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Stratificazione legislativa e codice di p r o c e d u r a penale

di A n t o n i o M e n e

La legislazione processuale penale costituisce un caso di particolare inte-


resse per quanto riguarda il fenomeno della stratificazione legislativa succes-
siva.
In questo settore si realizzava, nel periodo compreso tra il 1987, data di
approvazione della legge delega 16 febbraio 1987, n. 81 per l'emanazione
di un nuovo codice di rito e il 1989, data di entrata in vigore del nuovo
codice approvato con d.p.r. 22 settembre 1988, n. 447, una riforma legi-
slativa di grande rilevanza: sia perché il nuovo codice di procedura penale
è stato il primo, e sinora unico, codice italiano approvato durante il perio-
do repubblicano, risalendo l'altra legislazione codicistica al periodo fasci-
sta; sia per il contenuto della riforma che ha interessato il sistema proces-
suale penale.
Questo secondo aspetto è particolarmente significativo. Il nuovo codi-
ce non si limitava, infatti, a svolgere una operazione di mera revisione o
aggiornamento di un modello processuale, risalente al 1930, che, a fron-
te delle modifiche e degli aggiornamenti, risultasse sostanzialmente con-
fermato, bensì procedeva al superamento del precedente modello pro-
cessuale inquisitorio e all'adozione, al termine di un ampio e approfon-
dito dibattito culturale, giuridico e politico di durata decennale, di un
nuovo sistema processuale in buona parte improntato al sistema accusa-
torio.
L'importanza e la portata della riforma è testimoniata anche dalla com-
plessità e lunghezza del procedimento legislativo che ha portato all'appro-
vazione del nuovo codice. L'esame e l'approvazione della legge-delega
impegnava il Parlamento dal 21 ottobre 1983, data di presentazione del
disegno di legge, al 4 febbraio 1987, data di approvazione finale del prov-
vedimento; successivamente operava in sede consultiva, dal gennaio 1988
al 23 ottobre 1992, una Commissione parlamentare a composizione bica-
merale espressamente istituita dalla legge-delega al line di esprimere pare-
re al Governo, prima sugli schemi di decreti legislativi recanti il testo del
>52 Antonio Mene

codice e delle norme di attuazione e complementari (') per l'emanazione


del codice e delle norme di attuazione e, successivamente, sugli schemi di
decreti legislativi correttivi e integrativi.
Il dato di partenza della nostra analisi è dunque rappresentato dall'appro-
vazione di una riforma caratterizzata dal massimo di organicità e stabilità dia-
cronica, sia in quanto riforma codicistica, sia in quanto riforma dal grande
contenuto innovativo e culturale.
L'analisi della legislazione successiva, compresa tra il 24 ottobre 1989,
data di entrata in vigore del nuovo codice e il 1994, rivela come il e.p.p. sia
stato oggetto di un'ampia opera di modificazione legislativa. In questo
periodo più di 50 sono state le norme del codice e dei decreti legislativi con-
nessi oggetto di una o più modifiche; altrettanto significativo è il dato delle
norme — H - oggetto di declaratoria di incostituzionalità da parte della
Corte costituzionale.
Il fenomeno è cosi ampio da esulare da un normale e prevedibile pro-
cesso di modifica che può concernere ordinariamente ogni testo norma-
tivo di così ampia portata. Dobbiamo dunque analizzare la tipologia
delle modifiche intervenute per valutare quali caratteristiche abbia
assunto la stratificazione normativa relativa al nuovo codice di procedu-
ra penale.
L'analisi delle modifiche recate al c.p.p è riconducibile a diversi fenomeni:
1. le modifiche recate con decreti legislativi correttivi ed integrativi ema-
nati in base a delega contenuta nella stessa legge n. 81 del 1987;
2. le modifiche recate al c.p.p. da leggi di diritto penale sostanziale, per
i connessi aspetti processuali;
3. l'intensa opera eli analisi giurisprudenziale da parte della Corte costi-
tuzionale che ha portato, sino all'aprile 1994, alla declaratoria di incostitu-
zionalità totale o parziale di ben 41 norme del codice;
4. i processi di modifica legislativa attivati da macrofenomeni di perico-
losità sociale a carattere emergenziale, quali la recrudescenza della crimina-
lità organizzata, segnatamente nel meridione d'Italia, e lo sviluppo delle inda-
gini sulla criminalità politico-amministrativa;

i ' ' Insieme .il il.p.r. n. 447 venivano emanati i dd.pp.rr. n. 44S 1 C>SS per il processo penale per i mino-
renni e ii. 44^' l'-'SS per l'adeguamento dell'ordinamento giudiziario al nuovo processo penale: nel luglio
1 k>Nl) venivano emanati i dd.pp.rr. mi. 27 1. 272 e 27 $ contenenti le norme di attuazione, di coordinamen-
to e transitorie riferite ai testi legislativi citati.
Stratificazione legislativa e coelice di procedura penale 353

5. le modifiche legislative introdotte facendo seguito a interpretazioni


giurisprudenziali, con una sorta di dialettica fisiologica tra potere legislativo
e potere giudiziario;
6. le innovazioni legislative che pur non riguardando direttamente norme
del codice hanno tuttavia un rilevante effetto indiretto sul sistema processua-
le nella sua realtà applicativa.

1. Le modifiche recate dai decreti legislativi correttivi ed integrativi

Un primo filone di modifiche legislative è stato introdotto in attuazione


dello stesso modello di decretazione delegata per così dire "aperta e progres-
siva" deciso dal legislatore con la legge n. 81 del 1987. L'articolo 7 della legge
delega, infatti, ha attribuito al Governo il potere di emanare uno o più
"disposizioni integrative e correttive", nel rispetto dei principi e dei criteri
direttivi stabiliti dalla stessa legge, entro tre anni dall'entrata in vigore del
codice. Scopo della norma era consentire, con uno strumento di grande rapi-
dità procedurale, l'introduzione di modifiche suggerite dall'esperienza appli-
cativa del nuovo processo penale.
La facoltà prevista dall'articolo 7 è stata ampiamente utilizzata dal legisla-
tore delegato che dal 1989 al 1992 ha emanato 12 decreti (2).
Le modifiche al sistema processuale recate da tali decreti hanno, per
così dire, carattere "fisiologico", per una duplice ragione. Innanzitutto,
per la fonte di produzione delle nuove norme, in quanto lo stesso legisla-
tore delegante aveva preordinato la possibilità di consentire successivi
interventi di aggiustamento del testo codicistico da parte del legislatore
delegato, per evidenti ragioni inerenti alla complessità del nuovo corpo
legislativo e alla ragionevolezza di consentire modifiche; in secondo luogo
per l'entità delle modifiche predisposte: alcune di esse definivano proble-
mi di ordine transitorio, tra cui quelli per la conclusione di processi iniziati
con il vecchio rito, mentre altre avevano la natura di correzioni, anche
estese, ma coerenti con l'impianto del nuovo sistema processuale e ispira-
te dall'esigenza di eliminare lacune e difetti emersi in sede di applicazione
giurisprudenziale.

i2) G i à nel corso del 1989 veniva emanato un decreto c o r r e t t i v o , il n. 351/1989; nel corso del 1990
venivano emanati 7 decreti (un. 15, 24, 77, 1 M . 193, 293 e 369); nel 1991 e nel 1992 venivano emanati,
rispettivamente, un decreto, il n. 12 e tre decreti, i n n . 410, 41 1 e 41(3.
354 Antonio Mene

2. Le modifiche alla procedura penale derivanti da innovazioni di diritto penale

Il secondo Hlone di modifiche legislative interessanti il e.p.p. deriva da


alcune modifiche indotte da nuove leggi di diritto penale sostanziale, quali
quelle per la lotta alla discriminazione razziale (d.l. n. 122 del 1993 - legge n.
205 del 1993) relativamente all'arresto obbligatorio in flagranza, o di crimi-
nalità informatica, per la materia delle intercettazione di comunicazioni infor-
matiche o telematiche (legge n. 547 del 1993), o di riconoscimento delle sen-
tenze penali estere e confisca dei beni provento di reato (legge n. 328 del
1993 di ratifica della Convenzione di Strasburgo del 1990 sul riciclaggio). Si
tratta di modifiche rese necessarie dall'introduzione di nuove fattispecie
penali che o regolano per la prima volta determinate materie oppure deriva-
no da accordi di natura internazionale: modifiche in un certo qual senso
obbligate e che non implicano mutamenti significativi nell'impostazione
complessiva del codice.

3. // nuovo processo penale al vaglio della Coorte costituzionale

L a partire dal 1990 che il c.p.p è interessato da modifiche di rilevanza


sostanziale.
Le modifiche derivano da due diversi fenomeni: lo sviluppo di una cospi-
cua legislazione "emergenziale" per fronteggiare la recrudescenza della cri-
minalità organizzata e l'intensa opera di sindacato di legittimità costituziona-
le del nuovo codice operato dalla Corte costituzionale.
La giurisprudenza della Corte, in particolare, è stata piuttosto penetrante
e ragguardevole per dimensioni e rilevanza dei temi trattati. Alcuni dati con-
fermano TaHermazione: le ordinanze di remissione da parte dei giudici pro-
ponenti questione di legittimità costituzionale riguardanti il nuovo processo
penale hanno costituito, nel 1990 e nel 1991, ben il trentacinque per cento
del totale delle ordinanze di remissione pervenute alla Corte; sino al 1994 le
norme del codice oggetto di declaratoria di incostituzionalità totale o parzia-
le sono state 41.
Alcune di queste decisioni hanno inciso sulle linee londamentali dell'im-
pianto del nuovo codice; il numero delle decisioni in totale, la pluralità di
decisioni riguardanti temi connessi e la scelta di decidere avvalendosi di sen-
tenze di tipo additivo, ossia di una decisione che dichiara l'illegittimità della
norma nella parte in cui non prevede alcunché, ampliando di latto il conte-
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nuto della previsione normativa, sono le modalità operative di tale giurispru-


denza che accentua il ruolo della Corte nel mutamento di alcune impostazio-
ni della riforma processuale.
Due esempi esplicitano l'assunto.
a) Una delle riforme di maggiore portata del codice, i e d . riti speciali,
che prevedono la definizione dei procedimenti in via accelerata rispetto
all'ordinario schema dibattimentale o consentono di evitare la celebrazione
del dibattimento, con l'attribuzione alle parti processuali privata (difesa) e
pubblica (pubblico ministero) di un potere dispositivo della conclusione del
processo, sono stati oggetto di attento esame della Corte: ben 9 articoli del
e.p.p. sono stati dichiarati parzialmente incostituzionali (3). Particolarmente
nelle decisioni concernenti sia il giudizio abbreviato che l'applicazione della
pena su richiesta delle parti, la giurisprudenza della Corte ha affermato un
indirizzo che, ha ampliato la potestà decisoria del giudice nella definizione
del processo attraverso il rito speciale, particolarmente nella possibilità di
superare un eventuale dissenso del pubblico ministero circa la richiesta del
giudizio abbreviato; tale indirizzo costituisce un significativo mutamento
rispetto all'intento del legislatore di privilegiare la rapidità di definizione del
processo, accrescendo, nel quadro di un sistema accusatorio, il potere dispo-
sitivo delle parti.
b) Un altro "caso" emblematico è quello della giurisprudenza della
Corte sul delicato tema della formazione delle prove, tema centrale all'in-
terno della dialettica processuale e del rapporto tra garanzie di difesa e
svolgimento dell'azione penale da parte della pubblica accusa. Il caso è
molto interessante anche dal punto di vista dell'analisi della genesi delle
innovazioni legislative: si determina, infatti, una interrelazione tra emer-
genza sociale, indirizzi giurisprudenziali, indirizzo politico parlamentare e
modifiche legislative.
L'impianto del nuovo codice, come è noto, prevedeva che l'acquisizione
delle prove dovesse avvenire in dibattimento, in contraddittorio tra le parti
privata e pubblica, secondo i canoni dell'oralità; conseguentemente non ave-
vano valore processuale le attività probatorie compiute durante la fase delle
indagini preliminari dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria, salva

(31 Attraverso 8 sentenze, prevalentemente interpretative di accoglimento ( e d . sentenze di tipo addi-


tivo) che dispongono l'illegittimità nella parte in cui non prevede alcunché: sentenze nn. 183, 313 e 443
del 1990. n n . 8 1 . 176 e 363 del 1991. n. 23 del 1992 e n. 265 del 1994.
356 Antonio Mene

l'attivazione di uno strumento specifico (incidente probatorio) per l'acquisi-


zione di prove durante la fase precedente al dibattimento.
Il periodo 1990-1992 era caratterizzato da una recrudescenza dei gravi
fenomeni di criminalità organizzata di stampo mafioso segnatamente nel
Meridione del paese. 11 periodo successivo all'entrata in vigore del nuovo
codice si caratterizzava per un dibattito critico sull'impianto del nuovo codi-
ce, ritenuto da settori dell'opinione pubblica e, particolarmente, da alcuni
settori della magistratura di risultare essere eccessivamente garantista e ini-
doneo a sostenere le esigenze di difesa sociale nelle inchieste contro le orga-
nizzazioni criminali (4).
Tale dibattito culturale trova riscontro in una serie di interventi istituzio-
nali.
La prima risposta, in ordine cronologico, è di ambito parlamentare: va
infatti ricordato che nel quadro dell'attività della Commissione di inchiesta
parlamentare sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali
veniva svolto un approfondito dibattito che portava all'approvazione di una
relazione sul tema della prova processuale, nella quale trovava esplicitazione
un indirizzo politico sostenitore, tra l'altro, della necessità di ampliare la pos-
sibilità di acquisizione al dibattimento di prove raccolte in altri processi o di
dichiarazioni rese al pubblico ministero, con sostanziale temperamento del
principio della formazione della prova in dibattimento.
Successivamente, nel corso del 1992, era la Corte costituzionale ad affron-
tare il medesimo tema, affermando, in alcune importantissime sentenze, un
indirizzo giurisprudenziale che, collegandosi esplicitamente alle esigenze di
accrescimento della tutela sociale contro la criminalità organizzata, costituiva
sensibile mutamento del principio di oralità e di formazione delle prove in
sede dibattimentale, cardine del sistema accusatorio. Tali principi, secondo la
Corte (5) devono essere temperati dal principio di non dispersione dei mezzi
di prova, che consente l'utilizzazione in dibattimento anche degli elementi di
prova raccolti nella fase delle indagini preliminari, segnatamente delle dichia-
razioni rese al pubblico ministero e alla polizia giudiziaria e della testimo-
nianza indiretta degli appartenenti alla polizia giudiziaria, con un sostanziale
superamento del principio della formazione della prova nel dibattimento in

l'i l'n.i efficace ricostruzione ile-I dibattito sul ritenuto "ipeniarantismo" del e.p.p. si ha nella relazio-
ni.' introduttiva al \ 1 Convegno dell'Associazione tra p\\ studiosi elei processo penale, tenuta il 25 ottobre
l l ' l '2 dal prot. Pisapia. presidente della Commissione ministeriale incaricata della redazione del codice
i Riv. ital. dir. proc. penale 1 1 W > .
is> Sentenze mi. 24. 241. 2^4 e 2TT del 1W2.
Stratificazione legislativa e codice di procedura penale 357

contraddittorio tra le parti. L'importanza delle sentenze è stata accuratamen-


te analizzata dalla dottrina, che ha sostenuto che proprio tale giurisprudenza
ha aperto la strada ad un parziale recupero di alcuni dei principi propri del
codice del 1930, ispirati al modello inquisitorio.
Il profilo che qui interessa è quello dei collegamenti con la legislazione suc-
cessiva. L'interrelazione e l'influenza reciproca sono evidenti.
In questa ideale catena di eventi istituzionali a rilevanza normativa, il suc-
cessivo momento di collegamento è rappresentato da un importante provve-
dimento legislativo: il decreto legge n. 306 del 1992 (legge n. 356 del 1992),
recante "Modifiche al nuovo e.p.p. e provvedimenti di contrasto alla crimi-
nalità organizzata".
L'impostazione culturale del decreto, comunemente nominato come
decreto "Scotti- Martelli", dal nome dei ministri dell'interno e di grazia e giu-
stizia pro-tempore presentatori del provvedimento, è analoga a quella avviata
dalla Commissione antimafia e teorizzata dalla giurisprudenza costituzionale.
La normativa in tema di prove viene modificata nel senso di temperare il
principio di oralità del sistema accusatorio con le esigenze della non disper-
sione e usura dei mezzi di prova nei processi, con particolare riferimento a
quelli per reati di criminalità organizzata: le numerose modifiche hanno l'am-
piezza della novella codicistica e non già della mera correzione di aspetti mar-
ginali, se solo si considera che ben 12 norme del codice sono modificate o
introdotte ex novo (6).
Nel compiere tale operazione il provvedimento, come espressamente afferma-
to nella relazione del d.d.l di conversione del decreto, si collegava esplicitamente
alle citate sentenze della Corte, ponendosi in sintonia con il nuovo indirizzo cul-
turale. Il legame tra giurisprudenza della Corte e legislazione si coglie con evi-
denza anche da un dato formale: la sostituzione di ben tre articoli del c.p.p.

C1) Si tratta degli articoli 190-bis 210, 238. 295, 351. 357, 362, 431, 495, 500, 503. 51 I-bis c.p.p. Il
decreto prevede 1 equiparazione dell'assunzione di informazioni condotta dal RM. alla testimonianza, sia
per quanto riguarda le regole che ne disciplinano l'assunzione e gli obblighi, sia per quanto concerne il
loro valore probatorio; l'ampliamento del novero degli atti ili cui può essere data lettura in dibattimento
e che possono così acquistare valore di prova; il valore probatorio delle dichiarazioni assunte dal giudice
dell'udienza preliminare; l'equiparazione della posizione dell'imputato e dell'imputato in procedimento
connesso a tini probatori; l'utilizzazione di verbali di prove raccolte in altri processi anche senza il con-
senso delle parti, salvo l'esame dibattimentale delle persone le cui dichiarazioni sono state acquisite nei
processi "ordinari" (mentre nei processi di "criminalità organizzata" spetta al giudice valutare se sia asso-
lutamente necessario ascoltare tali persone); I acquisizione e la valutazione a fini probatori ili sentenze irre-
vocabili ili altri processi. Va poi ricordata l'introduzione di una nuova tonte di prova, rappresentata dalle
intercettazioni ambientali, ossia da intercettazioni, realizzate con strumentazioni elettroniche, ili conver-
sazioni tra persone presenti.
358 Antonio Mene

oggetto di censura di illegittimità parziale (7) da altrettanti articoli del decreto


legge n. 306 del 1992, con una sorta di riformulazione progressiva delle norme
realizzata con la convergenza di intenti tra Corte, Governo e Parlamento.
Nell'ambito dell'esercizio della funzione legislativa, particolarmente spiccato,
sul tema in oggetto è il ruolo del Governo. La normale dialettica Governo-Parla-
mento, che nell'elaborazione del codice aveva conosciuto un fecondo modello di
collaborazione, con la definizione a livello parlamentare di una legislazione di
principio e l'attuazione a livello governativo delle norme codicistiche, con una
penetrante fase consultiva della Commissione parlamentare istituita ad hoc, cono-
sce, nel momento di mutamento di principi rilevanti nell'economia del nuovo
sistema processuale, uno spostamento dal Parlamento al Governo dell'iniziativa
legislativa. Va intatti osservato che in questo caso lo strumento del decreto legge
non ha vissuto quella fase di meditazione parlamentare che, di regola, con la suc-
cessiva reitera del decreto, consente al Parlamento di incidere sul merito del prov-
vedimento. Va infatti ricordato che il Governo, il 24 luglio 1992, poneva al Sena-
to la questione di fiducia sull'approvazione di un emendamento interamente sosti-
tutivo dell'articolo unico del disegno di legge di conversione del decreto legge (8).
li interessante osservare ancora come questo processo di importante ride-
tinizione legislativa si attui in un periodo di tempo estremamente limitato (un
biennio), rispetto al lungo periodo di gestazione del codice, nonostante un
periodo di tempo limitato di attuazione nelle aule di tribunale delle nuove
regole e comunque a meno di 3 anni dall'entrata in vigore del nuovo codice.
Da ciò si può concludere, innanzitutto, che in tale fenomeno di stratificazio-
ne legislativa il fattore emergenziale è premiarne rispetto alla necessità di assi-
curare coerenza di indirizzi legislativi nel tempo; inoltre, l'introduzione di
una riforma di taglio codicistico tanto laboriosa e meditata non costituisce
ostacolo alla realizzazione di oscillazioni o pendolarismi contenutistici atti a
ripristinare principi propri della legislazione precedente.

4. Le modifiche legislative dinanzi crii'emergenze! della lotta alla criminalità mafiosa

Dopo il 1989 e sino al 1992 il codice di procedura è sottoposto ad un'in-


tensa opera di modificazione legislativa, ascrivibile, come spesso è capitato

i7 i Arti. ì^O in tema ili poteri della polizia pillili/lana. 406 in tenui ili indagini preliminari e 'JOO in tenia
ili prove.
'Si Approvata eon 1M voti favorevoli e li Hi eontran.
Stratificazione legislativa e codice di procedura penale 359

nella storia della legislazione italiana penale e processual-penale, alla neces-


sità di rispondere ad un fenomeno emergenziale: nella specie l'attacco della
criminalità organizzata di stampo mafioso.
Il numero di provvedimenti, di norme introdotte e di temi trattati si può
definire eccezionale. Tra il 1990 e il 1992, prima del d.l. n. 306 del 1992 già
citato, vengono approvati ben 8 provvedimenti legislativi (9) che incidono sul
nuovo codice di procedura, in alcuni casi anche con interventi sostanzial-
mente innovativi. Le finalità dei provvedimenti sono diverse e concorrenti:
una diversa organizzazione delle forze dell'ordine, per assicurare il coordina-
mento tra le forze di polizia; la specializzazione e il coordinamento degli orga-
ni giurisdizionali inquirenti; l'inasprimento delle pene; l'esclusione dei bene-
fici nell'esecuzione di pene per gli appartenenti alla criminalità organizzata;
l'inasprimento delle misure preventive; l'attribuzione di valore probatorio a
dichiarazioni rese durante la fase delle indagini preliminari al pubblico mini-
stero e alla polizia giudiziaria, con il temperamento del principio di oralità e
di formazione della prova in dibattimento; le misure di favore, sia in materia
penale che di trattamento penitenziario, per chi collabora con la giustizia.
Da un punto di vista delle fonti di produzione legislativa, si deve osserva-
re che la legislazione emergenziale "antimafia" viene introdotta con lo stru-
mento emergenziale per definizione, ossia la decretazione di necessità e d'ur-
genza. Eccettuata la legge n. 55 del 1990, che inasprisce la materia delle misu-
re di prevenzione, tutti gli altri provvedimenti intervenuti in materia sono
stati decreti legge. All'organico intervento codicistico si contrappone dunque
un intervento estremamente concentrato nei tempi, compreso sostanzialmen-
te nel corso dell'anno 1991, realizzato con lo strumento di iniziativa legislati-
va privilegiata a disposizione del Governo. Il ruolo del Parlamento, come del
resto è avvenuto in generale per lo strumento della decretazione legislativa
d'urgenza nel periodo di riferimento, è stato comunque significativo, dal

(9) Vantiti ricordati: la legge n. 55/1990 in materia di misure di prevenzione; il d.l. n. S/199] (lentie n.
82/19911, in materia di lotta ai sequestri di persona e di protezione ilei pentiti; il d.l. n. 60/1991 (legge n.
13 5/1991) di interpretazione autentica degli artt. 297 e 304 e.p.p. e in materia di custodia cautelare; il d.l.
n. 152/1991 (legge n. 203/19911, provvedimento "owtiihus" in materia di ordinamento penitenziario, cir-
costanze aggravanti, armi, coordinamento della polizia giudiziaria, intercettazioni teleioniche, controllo
sulle attività amministrative; il d.l. n. 292/1991 (legge n. 356/1991 ) in materia di custodia cautelare, avo-
cazione dei procedimenti penali per reati eli criminalità organizzata, e trasferimenti d'ufficio dei magistra-
ti: il d.l. n. 345/1991 (legge n. 410/1991 ) in materia ili coordinamento delle attività investigative e infor-
mative nella lotta contro la criminalità organizzata: il d.l. n. 367/1991 (legge n. <S<1992> in materia ili coor-
dinamento ilelle indagini sui reati di criminalità organizzata; il d.l. n. 419 1991 (legge n. 172 1992i istilli
tivo del tonilo di sostegno per le vittime delle estorsioni.
360 Antonio Mene

momento che ognuno di questi decreti, alcuni dei quali reiterati più volte, è
stato oggetto di significative modificazioni in sede di conversione parlamen-
tare dei relativi disegni di legge.
Se si guarda al tipo di modificazioni introdotte al e.p.p. con le nuove
norme è possibile effettuare alcune considerazioni.
La modifica di alcuni dei principi e degli istituti regolati dal nuovo pro-
cesso ad opera della legislazione emergenziale avviene, in alcune occasioni,
prevedendo deroghe alla disciplina generale del nuovo processo per i pro-
cessi relativi alla criminalità organizzata. L'impostazione adottata porta alla
creazione di un "doppio regime" per quanto attiene alla disciplina di singoli
istituti processuali nei processi "ordinari" e nei processi per fatti di "crimi-
nalità organizzata" (ad esempio in tema di perquisizioni e ispezioni, di inter-
cettazioni telefoniche, di ritardo nell'emissione nei provvedimenti limitativi
della libertà per consentire l'acquisizione di ulteriori elementi probatori, in
tema di utilizzazione di prove, ecc.).
In altri casi la tumultuosa stratificazione normativa segna l'affermazione di
indirizzi legislativi che realizzano una vera e propria inversione di tendenza
rispetto ai principi affermati nel nuovo codice del 1988, con una sorta di
"pendolarismo" nell'impostazione di alcuni principi basilari del sistema pro-
cessuale.
Il caso della custodia cautelare è emblematico, in quanto su tale tema di
grande rilevanza politica e culturale si manifesta appieno il fenomeno che
potremmo definire di "pendolarismo" nell'individuazione di un indirizzo
politico-legislativo.
Una delle innovazioni di maggiore significato del nuovo codice è stata
quella di abolire le ipotesi nelle quali, secondo il codice del 1930, il mandato
di cattura era obbligatorio; il nuovo codice dispone invece che la custodia
cautelare in carcere costituisca Yexfrcwci ratio tra le diverse misure cautelari
coercitive e interdittive che il giudice può disporre per il soddisfacimento
delle esigenze cautelari precedenti alla definizione del processo.
Nel 1991, prima il d.l. n. 151 (1. n. 203 del 1991) e poi il d.l. n. 292 (1. n.
356 del 1991 ), per dare una risposta di contrasto alla criminalità organizzata,
modificavano sostanzialmente l'indirizzo codicistico, prevedendo che per i
reati di criminalità organizzata o per gravi reati dovesse essere applicata in via
ordinaria la custodia cautelare in carcere; finalità della misura era quella di
consentire che gli esponenti malavitosi arrestati dalle forze dell'ordine rima-
nessero in carcere nelle more del processo, combattendo in tal modo il feno-
meno della latitanza; da notare che l'inasprimento della disciplina veniva rea-
Stratificazione legislativa e codice di procedura penale 361

lizzato progressivamente con due provvedimenti successivi, adottati, l'uno a


modifica dell'altro, a distanza di pochi mesi.
Si tratta, dunque, di una manovra contrassegnata dall'obiettivo di privile-
giare le esigenze di difesa sociale rispetto alla garanzia dei diritti della difesa,
con una sorta di "pendolarismo all'indietro" rispetto all'impostazione del
codice, che presenta, come notato in dottrina, aspetti di simiglianza rispetto
al principio del mandato di cattura obbligatorio previsto dal codice del 1930.
Se la modifica del 1991 nasce da un'emergenza che accentua il ruolo del
e.p.p. nella difesa sociale, il periodo successivo, a partire dal 1992, mostra,
segnatamente nell'attività parlamentare, il manifestarsi di un indirizzo legi-
slativo di segno inverso, finalizzato a ripristinare lo spirito originario del codi-
ce.
La tendenza si sviluppa in coincidenza con l'esplosione nel paese delle
inchieste per i casi di corruzione politico-amministrativa (ed. inchieste "mani
pulite"), nel corso delle quali l'istituto della custodia cautelare in carcere
viene ampiamente utilizzato, divenendo misura cautelare quasi "ordinaria" e
non più residuale, con un grande impatto - anche emotivo - sull'opinione
pubblica, determinato dalla rilevanza anche politica avuta da tali inchieste e
dall'ampio risalto ad esse dato dai mezzi di comunicazione di massa.
In questo caso, tuttavia, l'indirizzo volto a ricondurre la custodia cautelare
in carcere nel quadro della impostazione ordinaria codicistica che la configu-
rava come strumento a carattere straordinario e residuale, si sostanzia in
un'intensa attività parlamentare che non ha sino ad ora determinato innova-
zioni legislative. Il tema, infatti, è stato oggetto di ampio esame parlamentare
presso la Commissione giustizia della Camera sia nel corso dell'XI legislatu-
ra, senza tuttavia giungere all'approvazione di una legge di riforma, sia nel
corso dell'attuale XII legislatura, nonostante l'intensità dei lavori svolti.
Recentemente la Camera, nel febbraio 1995, ha approvato, al termine di un
complesso iter in Commissione giustizia, un organico disegno di legge di
riforma della custodia cautelare, che si propone di ripristinare il contenuto
originario della norma codicistica per quanto attiene ai requisiti e alle condi-
zioni che ne consentono l'adozione e di accrescere i meccanismi procedurali
di garanzia dei diritti della difesa. Il disegno di legge è attualmente all'esame
del Senato.
In queste iniziative legisiative si manifesta dunque un indirizzo legislativo
a carattere nuovamente pendolare, questa volta in senso inverso rispetto al
primo mutamento introdotto nel 1991.
Analogo movimento oscillatorio, del resto, si aveva per i termini massimi
362 Antonio Menò

di durata della custodia in carcere, che con due provvedimenti del 1991 (10)
venivano ampliati, relativamente alle diverse fasi processuali e nei limiti mas-
simi complessivi, revocando scelte compiute dal legislatore nel corso della
medesima X legislatura parlamentare, nelle quali si era manifestamente affer-
mato l'indirizzo di limitare i termini massimi di durata della custodia in misu-
ra tale da non risultare eccessivamente gravosa per i sottoposti a procedi-
mento penale. Il caso è analogo al precedente, perché anche qui, pur dopo
un intervento di organica codificazione, si accedeva ad una tipologia di inter-
vento non nuovo nella storia del processo penale: una scelta analoga (o inver-
sa, secondo ritmi ciclici e del o occasionali) era già stata più volte ripetuta in
costanza di vigenza del codice del 1930.

5. Le /modifiche legislative connesse ad interpretazioni giurisprudenziali

Un'altra tendenza che si può individuare nella stratificazione normativa


successiva al nuovo codice è rappresentata dai provvedimenti legislativi inter-
venuti per modificare orientamenti giurisprudenziali emersi nei primi anni di
applicazione delle norme processuali.
Il fenomeno di "genesi normativa" qui in esame non è specifico del codi-
ce di procedura, ma è diiluso e costante nella legislazione italiana: in questo
senso esso rappresenta un dato fisiologico nell'ambito di una visione dinami-
ca del diritto, che vive anche di una dialettica tra potere legislativo e ordine
giudiziario e tra costruzione teorica delle norme e loro pratica applicazione.
Per quanto riguarda il e.p.p. numerosi sono gli esempi di provvedimenti
legislativi approvati per modificare tendenze giurisprudenziali in atto.
a) Si è visto in precedenza il caso della custodia cautelare. Tale materia
non è stato oggetto soltanto di modifiche legislative (quelle introdotte nel
1991 ) dovute ad un nuovo indirizzo sostenuto dal legislatore sulla scorta delle
esigenze emergenziali manifestatesi nel periodo; accanto a tali innovazioni si
sviluppa un ampio Hlone di modifiche legislative, non ancora compiuto e
tutt'ora /// itinere, ma già rilevante come procedimento legislativo da analiz-
zare, che ha occupato intensamente l'attività parlamentare nelle due ultime
legislature. Le proposte di legge esaminate a partire dal 1993 sono diretta-
mente ed esplicitamente collegate, come desumibile dai lavori parlamentari,

i '"i Decreti l e ^ c un. 60 W->1 il. 1 V-> del 1WD e 2^2 del 1W1.
Stratificazione legislativa e codice di procedura penale 363

all'obiettivo di avvicinare il contenuto di alcuni istituti e di alcune norme al


contenuto originario del codice o comunque, qualora il contenuto .di tali
norme sia suscettibile di interpretazioni difformi, di affermare un indirizzo
legislativo difforme rispetto alla prassi giudiziaria realizzatasi. Si tratta dun-
que di un caso emblematico ove l'iniziativa legislativa viene attivata per bilan-
ciare, con un evidente rapporto dialettico tra funzione legislativa e funzione
giudiziaria, l'interpretazione giurisprudenziale.
b) Nella legislazione processual-penalistica degli ultimi cinque anni vi
sono però altri esempi interessanti. Va qui citato il caso della modifica intro-
dotta all'istituto dell'udienza preliminare al dibattimento dalla legge n. 105
del 1993.
Come è noto, tale istituto processuale, a causa anche di un'interpretazione
giudiziaria "restrittiva" del concetto di "evidenza" riferito alla sussistenza di
cause di non punibilità che giustificano l'assoluzione immediata dell'imputa-
to, non era riuscito ad operare, diversamente da quanto ipotizzato dal legi-
slatore, come strumento di filtro e di decongestionamento processuale, facen-
do giungere alla fase dibattimentale solo i fatti controversi. Il legislatore inter-
veniva, espungendo il riferimento all'"evidenza" tra quelli richiesti per giun-
gere ad una sentenza di non luogo a procedere in sede di udienza prelimina-
re; di fatto, la modifica testuale aveva l'obiettivo, peraltro espressamente
dichiarato nel corso dei lavori preparatori, di ripristinare la funzione origina-
ria dell'istituto. L'intervento si giustificava, pertanto, come nel caso della
custodia cautelare, non tanto nell'affermazione di un nuovo indirizzo politi-
co, quanto nella necessità di ribadire il significato originario di una norma
interpretata in senso difforme da quanto ipotizzato.
e) Particolarmente interessante, infine, è la vicenda del decreto legge (")
emanato dal Governo per ovviare a decisioni giurisprudenziali assunte dalla
prima sezione della Corte di cassazione che disponevano l'annullamento di
provvedimenti di custodia cautelare, con la conseguente scarcerazione di
appartenenti alla mafia. Il decreto recava interpretazione autentica degli arti-
coli del codice relativi al computo e alla sospensione dei termini di durata
della custodia (12), disponendo l'immediato ripristino della carcerazione qua-
lora la liberazione fosse stata disposta in base ad interpretazione delle norme
diversa da quella fornita dal decreto.

C 1 ) d.l. n. 60 del 1991 (legge n. 133 eie! 1991 ).


I12) Artt. 297 e 304 del e.p.p.
364 Antonio Menò

Ci si trova dinanzi, in questo caso, ad una autentica legge-prowedimento:


di latto, il provvedimento legislativo ha l'efficacia di un provvedimento giu-
risdizionale revocatolo delle decisioni assunte dalla suprema Corte di legit-
timità. A riprova di ciò va ricordato come il relativo disegno di legge di con-
versione sia stato oggetto di serrato dibattito parlamentare (13).

6. Le innovazioni legislative "indirette"

Esaminato come fenomeno normativo, il nuovo codice di procedura costi-


tuisce anche momento di attivazione di una cospicua legislazione derivata e
di contorno per assicurare supporto organizzativo e ordinamentale alla rifor-
ma o completare il disegno di riforma del processo penale e che tuttavia esu-
lano dal tema in oggetto: provvedimenti di amnistia (14), di patrocinio a spese
dello Stato per i non abbienti, o di adeguamento delle circoscrizioni giudi-
ziarie ( n ).
In talune occasioni rilevanti effetti indiretti sul sistema processuale penale
sono stati prodotti anche da normative aventi effetti "indiretti", ossia da leggi
che pur non modificando in alcun modo il testo di norme contenute nel codi-
ce, purtuttavia incidono, appunto in via indiretta, ma non per questo in
maniera meno rilevante, sul codice di procedura.
Si esamini il caso dell'incremento dell'importanza della fase pre-proces-
suale delle indagini preliminari nell'economia complessiva del processo, a
scapito della preordinata centralità del dibattimento, nonché il connesso
tema dello squilibrio tra il ruolo e le prerogative del pubblico ministero e i
diritti della parte privata che nella prassi processuale si è determinato. A
determinare tale fenomeno, oltre allo sviluppo di una prassi giudiziaria e giu-
risprudenziale, contribuivano anche una serie di modifiche legislative: sia
quelle introdotte direttamente nel codice con una pluralità di provvedimenti

( ' ') Duranti.' l'esame in Assemblea, alla Camera, venivano discusse e respinte, nella seduta del 20 marzo
1991, ilue questioni pregiudiziali ili costituzionalità che affermavano il carattere retroattivo della normati-
va di interpretazione autentica e. in rapporto al principio della separazione dei poteri dello Stato, la vio-
la/ione del giudicato formatosi sulle questioni incidentali relative alla libertà personale. Diversamente dai
due casi precedenti, invece, l'intervento legislativo si muove nella direzione di accrescere i profili di dite-
sa sociale degli istituti processuali rispetto a quelli di garanzia dei diritti della difesa.
I14) Concessa con i d.p.r. nn. 7 T e 20* del 1990 sulla base della legge n. 75/1990.
I ,s> Legge n. H) 1989, d i . n. 17 V 1989-1. 25 1 1989 per la costituzione delle preture circondariali, a loro
volta vettori di una pluralità di leggi istitutive di uffici giudiziari al di fuori di un organico disegno ili geo-
grafia giudiziarie (leggi nn. ^ 2 1 9 8 9 , n . 42 1990. n . 219/1990. n . W 1 9 9 0 ) .
Stratificazione legislativa e codice di procedura penale 365

a cavallo del biennio 1991-92 (con misure quali il prolungamento a due anni
dei termini massimi di durata delle indagini, l'incremento delle attribuzioni
della polizia giudiziaria recato dal citato decreto legge n. 306 del 1992, ecc.);
sia altri interventi normativi non incidenti direttamente sul testo del e.p.p.,
ma volti a soddisfare esigenze diverse e classificabili in settori diversi da quel-
lo processuale, quali il diritto penale sostanziale, l'ordinamento giudiziario e
penitenziario, le misure strutturali di organizzazione giudiziaria, eccetera.
Si possono includere in questi provvedimenti ad effetto "indiretto" alcune
ipotesi.
a) Rientrano in tale ambito il rafforzamento delle funzioni della polizia
giudiziaria (16), ma soprattutto, le innovazioni ordinamentali degli organi
inquirenti, con la creazione di una struttura ad hoc e di coordinamento per lo
svolgimento delle indagini in tema di criminalità organizzata: segnatamente,
la costituzione presso le procure della Repubblica delle Direzioni distrettua-
li antimafia per lo svolgimento delle indagini di criminalità organizzata e l'i-
stituzione di un Procuratore nazionale antimafia nell'ambito della procura
generale presso la Corte di cassazione. E evidente come la riorganizzazione
strutturale degli organi della pubblica accusa, secondo canoni di specializza-
zione, di accentuazione della componente professionale e di lavoro collettivo,
disposta per ovviare alle lacune organizzative rivelatisi nello svolgimento di
indagini contro la criminalità organizzata, incide sulle funzioni e sull'efficacia
dell'azione inquirente, con un potenziamento del ruolo del pubblico mini-
stero che non è indifferente all'accrescimento della rilevanza della fase delle
indagini preliminari nell'economia processuale.
b) Va poi ricordato l'introduzione nel codice penale C7) di una nuova fat-
tispecie delittuosa, il reato di false informazioni al pubblico ministero, che
appresta una tutela penale ai comportamenti di mancala collaborazione con
il pubblico ministero da parte di chi, richiesto di fornire informazioni nel
corso delle indagini preliminari, taccia o renda false dichiarazioni. Si tratta di
una norma delicata da un punto di vista costituzionale, in quanto investe
direttamente il diritto di difesa e di non collaborazione con la pubblica accu-

("') Attraverso misure di coordinamento dell attività della polizia giudiziaria, con l'istituzione ili seni-
zi interni specializzati per la lotta alla criminalità organizzata e di servizi "intertorze" tra Polizia, Carabi-
nieri e Guardia di Finanza e di strutture collegiali (Consiglio generale per la lotta alla criminalità) od ope-
rative (la Direzione investigativa antimafia - DIA), introdotte dai decreti-legge n. 152/1991 (legge n.
203/1991), n. 8/1991 (legge n. 82/1991) e n. 345/1991 (legge n. 410/199] ).
C7) L'art. 37I-bis c.p. introdotto dal d.l. n. 306/1992.
366 Antonio Mene

sa da parte dell'indagato, in ossequio al tradizionale principio immanente al


sistema penale nemo tenetur se detegere; non sfugge, anche in questo caso, la
rilevanza di essa sul piano della dinamica processuale al fine di accrescere la
capacità operativa del pubblico ministero.
e) Un'altra ipotesi, infine, nella quale una legislazione "collaterale" al
c.p.p produce rilevanti effetti indiretti sul sistema processuale, è quella della
e d . legislazione premiale per i collaboratori di giustizia. Tale normativa pre-
vede il godimento di una serie di benefici connessi a comportamenti di colla-
borazione con la giustizia: l'attenuazione della responsabilità penale, con la
previsione di circostanze attenuanti collegate ad ipotesi di ravvedimento ope-
roso e di dissociazione ( ls ); il condizionamento del godimento dei benefici del
trattamento penitenziario, per gli appartenenti alla criminalità organizzata,
alla realizzazione di fattivi comportamenti di collaborazione nell'individua-
zione dei collegamenti con le organizzazioni criminali; la realizzazione di ade-
guati programmi di tutela e di reinserimento sociale (19). L'influenza sullo
svolgimento dei processi è stata testimoniata dalla grande rilevanza che l'uso
dei così detti "pentiti" ha avuto nella conduzione di indagini relative a fatti
di criminalità organizzata, tanto da divenire, nei processi di criminalità orga-
nizzata, una fonte probatoria privilegiata, non sul piano giuridico ma per
quanto attiene all'incidenza pratica e alla dinamica processuale. Anche in
questo caso l'economia processuale, sul piano fattuale piuttosto che su quel-
lo giuridico formale, si determina un incremento dell'importanza della fase di
indagine preliminare, laddove si raccolgono le fonti di prova testimoniali,
che, per effetto delle innovazioni legislative delle interpretazioni giurispru-
denziali della Corte costituzionale, sono idonee a costituire elementi di prova,
anche se raccolte in processi connessi, anche nella fase dibattimentale.

A riprova della rilevanza di tali modifiche indirette per lo spostamento di


tatto degli equilibri processuali rispetto alle previsione del legislatore delegan-
te e delegato, va ricordato come ampia sia stata l'iniziativa legislativa, sia ài ori-
gine parlamentare sia di origine governativa, finalizzata all'introduzione di
modifiche al codice atte a ripristinare la centralità del dibattimento e l'equili-
brio tra le parti. Si collocano in questo quadro le numerose proposte legislati-
ve esaminate, ma non approvate, dal Senato nel corso dell'XI legislatura, tra

( |s ) Stabilito dall'art. 8 ilei decreto legge n. 1 "J2 del 1991 per il delitto di associazione di stampo mafio-
so e dall'art, o del decreto legge n. 8 del 1991 (legge n. 82/1991 ) por i sequestri di persona.
I^> Decreti-legge n. 8 1991 0 ?()(-,. 1992 (legge n. ^(v'1992).
Stratificazione legislativa e codice di procedura penale 367

le quali alcune ricomprese nel e d . "pacchetto giustizia" presentato dal Guar-


dasigilli Conso, Ministro di grazia e giustizia nei governi Amato e Ciampi in
tema di semplificazione dei procedimenti per delitti contro la pubblica ammi-
nistrazione e illeciti ad essi collegati, recante misure in materia di patteggia-
mento (20), di modifica del giudizio abbreviato (21), di modifica del procedi-
mento pretorile (22) e di partecipazione al dibattimento a distanza (25). Analo-
gamente alla Camera vanno ricordate le iniziative in tema di custodia cautela-
re e diritto di difesa sopra ricordate, nel corso dell'XI e XII legislatura.

7. Conclusioni

Dall'esame dei fenomeni di stratificazione succedutisi nel quinquennio


1989-1994 si evidenziano come rilevanti, per l'attivazione di procedimenti
legislativi, gli interventi della Corte costituzionale, i fenomeni di emergenza
sociale, nonché il rapporto tra funzione legislativa ed interpretazione giuri-
sprudenziale delle norme e prassi giudiziarie. In questo contesto la scelta dello
strumento codicistico non ha garantito la stabilizzazione normativa della
materia processuale e il contenimento del pendolarismo nella fissazione del-
l'indirizzo legislativo e dei principi fondamentali dell'impianto processuale.
Sul piano delle fonti normative, infatti, il codice di procedura penale
approvato con decreto legislativo non ha alcun grado di resistenza particola-
re rispetto a qualsiasi legge successiva che lo modifichi. Questo effetto, per
quanto riguarda l'uso delle fonti, dovrebbe essere oggetto di attenta riflessio-
ne specie se si raffrontano la complessità della procedura legislativa che ha
presieduto all'elaborazione e approvazione del codice e l'ordinarietà e rapi-
dità, talvolta, l'estemporaneità, delle procedure ordinarie, particolarmente
della decretazione d'urgenza, per l'inserimento di modifiche con legge ordi-
naria. Il mutamento frequente di regole, il superamento di principi ed istitu-
ti sotto la spinta emergenziale, l'impossibilità di consentire un periodo di
tempo sufficientemente ampio per la sperimentazione sul campo delle nuove
regole, costituiscono in questo modo, un problema di coerenza complessiva
della legislazione del settore.

(20> A. S. 1085.
(21) A. S. 1086.
<22) A. S. 1087.
I25) A. S. 1167.

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