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3 – LA COMUNICAZIONE DI MASSA-
Metà del XX secolo, nel panorama degli studi sulla comunicazione si affaccia un nuovo termine: MEDIA. È il
plurale della parola latina medium , a cui viene in genere attribuito il significato di “mezzo”, “strumento”. La
forma plurale “media” è stata assorbita dalla lingua corrente inglese, in genere precedute dalla parola
“mass”. L’accezione “mass media” è entrata anche nel vocabolario italiano con il significato di “mezzi di
comunicazione di massa”.
I media si sovrappongono alle pratiche comunicative , senza sostituirle.
Nelle società occidentali contemporanee una quota crescente della comunicazione che si produce ogni
giorno è di tipo mediato. Questa significa che alla comunicazione interpersonale così come l’abbiamo
analizzata finora, costituita dalla sinfonia di strumenti espressivi offerti dal corpo umano, si affianca la
comunicazione che utilizza e attraverso artefatti tecnologici più o meno sofisticati.
Non si tratta solo di un cambiamenti quantitativo, ma anche e soprattutto di un cambiamento relativo alla
qualità della conoscenza: alcuni saperi sono andati perduti, soprattutto quelli di tipo immediatamente
pratico mentre molti altri ci lasciano perplessi o insicuri.
L’avvento dei media rappresenta quindi un problema e una nuova sfida per chi intende comprendere a
fondo il mondo della comunicazione.
LA STAMPA
L stampa in Europa era conosciuta già intorno al XIV secolo. Ciò che si utilizzava era il metodo della
xilografia: una tavoletta incisa con il testo o le immagini da riprodurre.
Quando si parla di “grande rivoluzione della stampa” inventata intorno 1456 dall’orafo tedesco Gutenberg
ci si riferisce quindi, ad una particolare tecnica: LA SCRITTURA A CARATTERI MOBILI. Ciò che rende questa
tecnica di stampa così importante è essenzialmente il fatto che i singoli caratteri sono riposizionabili e
riutilizzabili a piacere in modo semplice e rapido, permettendo la produzione di opere su vasta scala e
iniziando l’avvicinamento a quelli che diventeranno i mezzi di comunicazione di massa.
Anche nella loro veste esteriore i primi libri stampati ricordando le opere manoscritte e solo in un secondo
momento vengono introdotte quelle caratteristiche che rendono un libro facile e piacevole da leggere.
Il libro manoscritto costituisce un’opera unica, diversa da qualsiasi altra, irripetibile. Al contrario, il libro
stampato rappresenta ciò che è stata definita “ la prima merce uniforme e ripetibile” : può essere prodotto
in una serie attraverso un procedimento sempre uguale, che garantisce risultati omogenei e gli elevati costi
di impianto dei macchinari vengono ammortizzati con la creazione di un alto o altissimo numero di
prodotti. Il libro si trasforma così da oggetto sacro a oggetto di consultazione e consumo.
Pubblicare un libro diventa quindi anche un’attività economica regolata dal mercato e dall’apprezzamento
del pubblico più che dalla generosità di qualche mecenate.
La diffusione della stampa a carattere mobili si accompagna, oltre che al mutamento economico, anche a
una trasformazione di enorme portata delle forme di conoscenza e del sistema culturale. La tradizione
vuole che il primo libro a essere stampato sia stata la Bibbia : la diffusione popolare di quello che è anche
considerato il testo più antico conosciuto dall’uomo rappresenta il primo caso di generalizzazione della
conoscenza.
Attraverso la diffusione di libri stampati in lingua volgare si costruirono le varie LETTERATURE NAZIONALI; le
stesse lingue volgari conobbero una standardizzazione tale che le condusse a proporsi come collante
capace di unificare un intero popolo, che poteva in questo modo “immaginarsi” come un’unica comunità
pur non conoscendosi direttamente tra singole persone. Si tratta dell’alba del concetto moderno di STATO-
NAZIONE e, in seguito, del sentimento nazionalista.
La scienza prese nuovo slancio, sull’onda di un generale spinta all’innovazione. Grazie alla stampa divenne
possibile riprodurre testi tecnici senza gli errori frequenti nella ricopiatura a mano. Divenne possibile anche
un vero archivio della conoscenza, la sua accumulazione e l’idea di progresso scientifico per passi successivi.
Tutto questo, sommato alla crescente alfabetizzazione dovuta alla diffusione dei libri su larga scala, permise
la nascita della SCIENZA MODERNA separata dalla magia e dalla religione.
La cristallizzazione del sapere nella forma di un libro stampato, riproducibile all’infinito in copie sempre
uguali, introduce un concetto per noi scontato, ma all’epoca del tutto nuovo: quello di AUTORE. Prima della
stampa questa figura era del tutto marginale.
Accanto al concetto di autore nasce quello di PROPRIETA’ INTELLETTUALE: copiare un libro, a lungo
considerato un’opera meritoria in quanto contribuiva a diffondere un patrimonio di conoscenza raro e
prezioso, diventa un abuso. Modificare a proprio piacimento il testo di un libro aggiungendo glosse o
commenti, anch’essa pratica comune degli amanuensi, diventa a sua volta esecrabile portando, nel1709,
alla nascita in Inghilterra della prima legge su copyright.
Oltre alla letteratura e alla pubblicazioni scientifiche, la stampa prese presto anche la strada
dell’informazione, ma si usa far risalire i primi notiziari risalgono all’antica Roma“ acta diurna” affissi nella
città. Il primo vero periodico compare solo alla fine del Cinquecento a Venezia.
Tra il XVII e il XVIII sec. Si diffondono giornali quotidiani e settimanali che riportano regolarmente notizie
provenienti da paesi lontani. Successivamente la stampe periodica iniziò ad ospitare anche la
comunicazione di idee e programmi politici, proponendosi come un’arena virtuale di discussione aperta
potenzialmente a tutti i cittadini.
Fine del Settecento si può già iniziare a parlare di SITEMA DEI MEDIA riferendosi all’insieme di libri,
giornali, riviste ma anche alla rete della loro distribuzione e ai luoghi della lettura: locande, caffè e salotti.
Questo sistema rappresenta l’atto di nascita dell’OPINIONE PUBBLICA , intesa come dibattito razionale,
liberale e critico animato da alcuni settori della società civile indipendentemente l’autorità statale, su
argomenti di politica e attualità.
La nozione habermisiana di sfera pubblica come “luogo” intermedio tra società civile e stato costituisce il
punto di partenza della società occidentale propriamente moderna; tale nozione è indissolubilmente legata
alla diffusione della nuova tecnologia di comunicazione rappresentata dalla stampa.
La censura non era mossa esclusivamente da motivi religiosi: le autorità secolari potevano bandire un libro
sulla base di motivi morali o più spesso politici. La Rivoluzione francese affrontò anche questo problema,
tentando di tutelare una sfera pubblica libera e liberale.
La Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, afferma che: “la libera comunicazione dei pensieri e
delle opinioni è uno dei diritti più preziosi dell’uomo; ogni cittadino può dunque parlare scrivere, stampare
liberamente, salvo a rispondere dell’abuso di questa libertà nei casi determinati dalla legge”. Lo stesso
diritto è ribadito dall’art. 21 della Costituzione della Repubblica italiana. Nonostante ciò , ancora oggi il
diritto di stampa è imbrigliato ovunque da una serie di dispositivi di legge che prevedono per i trasgressori
reati come quello di stampa clandestina.
LA TELECOMUNICAZIONE
Agli inizi del XIX secolo, la diffusione delle notizie su lunghe distanze subiva inevitabilmente abissali ritardi
rispetto a oggi. Qualunque informazione doveva essere trasportata con il suo supporto fisico fino a
destinazione. Un evento, di qualunque importanza o gravità, poteva rimanere sconosciuto per interi mesi
alla popolazione dei cittadini vicini.
La storia della comunicazione umana vede diversi tentativi di superare il pesante vincolo della distanze
fisiche allo scopo di comunicare più velocemente.
Uno degli apparecchi più efficienti era il telegrafo ottico: un sistema di segnalazione costituito da grandi
lanterne semaforiche poste in cime ad apposite torri erette in successione a distanza opportune.
Lo sviluppo delle reti ferroviarie, associato alle prima applicazioni della nascente elettricità, rese possibile
un nuovo, grande salto qualitativo negli strumenti di comunicazione: il TELEGRAFO. Le linee telegrafiche
resero possibile la separazione tra il modo dei trasporti fisici e quello della comunicazione. Le ripercussioni
sulla percezione delle distanze e sulle relazioni commerciali e politiche furono enormi.
Da quel momento in poi, il mondo della comunicazione cambia sempre più rapidamente, conoscendo
numerosi strumenti basati sull’elettricità, il primo dei quali è il TELEFONO (Antonio Meucci).
Rispetto al telegrafo, l’uso del telefono è più facile ed intuitivo. Non c’è quasi nulla da imparare: per
utilizzarlo è sufficiente la voce umana, non è richiesto personale specializzato nella trasformazione dei
messaggi in codici particolari e l’unico intermediario umano fu, nei primi tempi, la centralinista alla quale si
chiedeva il collegamento con l’utente desiderato. Con il tempo il telefono si è rilevato anche uno strumento
di comunicazione domestico, diffondendosi nelle abitazioni private e coinvolgendo categorie sociali spesso
escluse dalle tecnologie di comunicazione, come le casalinghe.
Nel loro complesso le reti ferroviarie, telegrafiche e telefoniche sviluppate nel corso XIX secolo hanno
comportato, una repentina riduzione delle distanze geografiche.
Il passo successivo fu quello del “telegrafo senza fili”, cioè la RADIO, proposta agli inizi del Novecento da
Guglielmo Marconi; le prime applicazioni della radio furono orientate al mondo militare.
Il segnale radiofonico, viaggiando liberamente nell’etere, era potenzialmente ricevibile da chiunque, era
visto come uno spiacevole inconveniente: le comunicazioni strategiche militari necessitavano ovviamente
di grande riservatezza, che si tentò di raggiungere ricorrendo a tecniche crittografiche sempre più
sofisticate in grado di rendere incomprensibili i messaggi che raggiungevano gli apparecchi riceventi del
nemico.
Solo dopo la prima guerra mondiale che ci si rese conto di come la diffusione delle onde radio potessero
costituire la base di un nuovo modo di fare comunicazione: “ BROADCAST” ( termine agricolo: l’atto di
seminare gettando i semi a spaglio , in modo casuale intorno a sé). La comunica zio broadcast, getta il
messaggio nell’ambiente circostante, senza avere un destinatario preciso. Negli anni ’20 furono trasmesse
le prime emittenti radiofoniche : ulteriore tassello nel nascente panorama dei MASS MEDIA.
Si può dire che la radio rappresenta il primo vero mass medium: la sua pervasività la fa entrare in tutte le
case a qualsiasi ora, si rivolge a persone di qualsiasi estrazione sociale, il suo ascolto non impegna
eccessivamente e non è incompatibile con i normali lavori quotidiani.
Il passaggio alla TELEVISIONE, il mass medium per eccellenza del XX secolo, fu quindi quasi scontato.
Il sistema televisivo conobbe una crescita molto rapida, potendo adottare in buona misura soluzioni e
strutture già sperimentate con la radio. Nel panorama dell’offerta televisiva l’Italia si avviava a diventare un
“caso atipico”, con la quasi totalità delle frequenze occupate da due soli soggetti, uno pubblico Rai e uno
privato Mediaset.
Attraverso una successione di innovazioni nelle tecnologie comunicative durata diversi secoli si arriva così,.
Finalmente, a definire il processo della COMUNICAZIONE DI MASSA come qualcosa di fondamentale
distinto dagli altri tipi di comunicazione. Essa si basa normalmente, su organizzazioni complesse per
produrre e diffondere messaggi indirizzati a pubblici molto ampi e inclusivi, comprendenti settori
estremamente differenziati della popolazione.
LA SCUOLA DI TORONTO
La scuola di Toronto vede la sua figura centrale in McLuhan. Le basi di partenza possono essere riassunte in
un approccio allo studio dei media fortemente interdisciplinare, in un’ attenzione nei confronti dei mezzi di
comunicazione concepiti come “ambiente ecologico umano”, ma soprattutto in una decisa tendenza a
considerare la tecnologia come una variabile indipendente nello studio dei processi di mutamento sociale.
La tecnologia viene vista come il motore del mutamento, una forza autonoma capace di spingere la società
in una direzione piuttosto che in un’altra o addirittura di determinare la direzione del mutamento.
La scuola di Toronto ha esercitato un’influenza molto estesa in numerosi studiosi di estrazioni molto
diverse.
Innis studia l’evoluzione storica della civiltà umana collegandola allo sviluppo successivo delle diverse
TECNOLOGIE DELLA COMUNICAZIONE . Ogni tecnologia porta con sé un BIAS , cioè una tendenza verso una
specifica organizzazione delle forme trasmissive del sapere, che a loro volta condizionano le strutture
politiche ed economiche della società. Tali tendenze possono favorire una trasmissione della conoscenza
che predilige la dimensione dello spazio o quella del tempo.
L’analisi storico-economia di Innis trova la sua naturale continuazione nell’opera di McLuhan, esaminando i
mutamenti impliciti nelle forme di tecnologia a livello psichico e sociale. In particolare, studia l’impatto
della stampa e dei media elettrici sulla psiche umana, impatto che si manifesta a un livello molto profondo.
McLuhan non si limita a considerare l’evoluzione delle forme di organizzazione politiche ed economiche ,
ma arriva a presentare il passaggio dalla cultura orale a quella alfabetica, alla stampe e infine ai media
elettrici come vere e proprie mutazioni antropologiche della specie umana. I media vengono considerati
cvome estensioni dell’uomo, come prolungamenti dei suoi sensi. Tutti i media sono, quindi considerati
estensioni dle sitema nervoso e fisico dell’uomo, ma anche ESTENSIONI DI CONSAPEVOLEZZA.
I media elettrici ed elettronici, oggi, innescano ulteriori cambiamenti che McLuhan identifica nella fine delle
grandi narrazioni e delle grandi ideologie, nella riduzione della vita sociale del pianeta e quella di un unico,
grande villaggio: è la metafora del VILLAGGIO GLOBALE.
Accanto al villaggio globale troviamo la suddivisione in MEDIA CALDI e MEDIA FREDDI.
I media caldi sarebbero quelli che saturano un solo senso con informazioni molto dettagliate, lasciando
poco spazio alla libertà di percezione del fruitore, come il cinema o la radio. Al contrario i media freddi
offrono informazioni che si potrebbero definire a bassa definizione, colpiscono tutti i sensi umani ma
richiedono la partecipazione attiva e il coinvolgimento del destinatario per dare un senso alla
comunicazione. ( suddivisione la cui applicazione pratica rimane incerta)
La “temperatura” di un medium è legata non solo alle caratteristiche tecnologiche ma anche al contesto e
al tipo di esperienza con cui tale mezzo viene vissuto.
L’espressione di McLuhan in assoluto più famosa è “il medium è il messaggio”, intendeva richiamare
l’attenzione sul fatto che il vero messaggio di un medium è nel mutamento che produce,
indipendentemente dal suo contenuto.
Allo stesso modo, secondo la Scuola Di Toronto, i mezzi di comunicazione moderni come la radio, la
televisione e Internet hanno modificato e stanno modificando la società in un modo che non dipende dal
loro contenuto.
McLuhan si mostra in generale poco interessato ad analizzare nei dettagli il contenuto dei media, per lui il
contenuto di un medium consiste sempre, semplicemente, in un altro medium. Ogni nuovo mezzo di
comunicazione che fa la sua comparsa nella società non sostituisce i media già esistenti ma tende piuttosto
a inglobarli.
L’opera McLuhan risulta difficile da accostare al resto degli studi sulla comunicazione. Un’eccezione è
rappresentata da Meyrowitz, che attinge a due autori così distanti come McLuhan e Goffman per mostrare
come i media elettronici modifichino la nostra percezione dello spazio, permettendoci di accedere a
SITUAZIONI nuove o precedentemente precluse.
La Scuola di Toronto ha sempre mostrato il fianco a una Critica fondamentale: quella di essere permeata da
un forte DETERMINISMO TECNOLOGICO, ovvero una tendenza a trovare nella tecnologia in sé le cause
sufficienti e necessarie del mutamento sociale.
La relazione tra tecnologia e società è ben lontana dall’assumere una forma causale in cui la prima
determina la seconda, configurandosi piuttosto come un sistema complesso all’interno del quale la
comunicazione continua a svolgere un ruolo affascinante e multiforme.
I DIFFERENZIALI DI CONOSCENZA
IL MODELLO DEI DIFFERENZIALI ( O SCARTI ) DI CONOSCENZA è stato tra i primi ad attribuire nuovamente ai
media effetti potenti.
Il modello trova le sue premesse nell’idea che l’informazione sia diventata essa stessa una risorsa
fondamentale.
Secondo questo modello la sempre maggiore diffusione dei media accentua le disuguaglianze tra gruppi
sociali poveri e gruppi sociali ricchi di informazione.
I motivi per cui i divari di conoscenza crescono invece di diminuire vanno ricercati in diversi fattori,
acquisire nuove informazioni, la capacità di elaborare in modo utile le informazioni che si ricevono e
l’accesso a tecnologie che garantiscono “rifornimenti supplementari” di risorse informative. Questi fattori si
presentano in misura maggiore tra chi ha già accesso a notevoli quantità di informazioni, innescando
quindi un processo di feedback positivo a un accrescimento ulteriore delle conoscenze. Le nuove
tecnologie, se da una parte hanno rappresentato i protagonisti principali dell’abbondanza informativa di
questi ultimi decenni, dall’altra parte secondo questo modello hanno paradossalmente accentuato il
processo di ampliamento degli scarti. Le Tecnologie complesse sono utilizzate da chi ha già accesso a un
buon numero di altre tecnologie. Al contrario chi è escluso, per motivi culturali o economici, dalle
tecnologie di base, lo sarà ancora di più da quelle maggiormente sofisticate.
Tale modello non afferma: “ poveri diventano sempre più poveri, i ricchi ancora più ricchi”, ma denuncia il
fatto che il generale accrescimento delle conoscenze (che riguarda tutti gli strati sociali) avviene con
velocità diverse. I divari crescenti si manifestano soprattutto sui temi ignorati dai media a grande
diffusione, le formulazioni più sofisticate di questo modello non assumano come base degli scarti la pura e
semplice disponibilità di informazioni, ma considerano piuttosto le capacità cognitive di utilizzare le
informazioni in modo critico senza restarne sommersi; ovvero la capacità di far fronte al cossi detto
SOVRACCARICO INFORMATIVO.
Il DIVARIO DIGITALE di cui tanto si parla in questi anni non è altro che una rivisitazione in chiave telematica
del vecchio modello degli scarti di conoscenza.
LA COLTIVAZIONE TELEVISIVA
La TEROIA DELLA COLTIVAZIONE si rivolge agli effetti a lungo termine del mezzo televisivo, inteso come più
potente degli altri media a causa delle sue caratteristiche peculiari. La “coltivazione” si riferisce alle
rappresentazioni della realtà graduali e cumulative elaborate nel corso del tempo in seguito alla fruizione
televisiva. Secondo i sostenitori di questa teoria il pubblico assorbe gradualmente nel tempo le concezioni
della realtà presentate dalla televisione, che vanno a sostituire la realtà vissuta nella vita di tutti i giorni.
Questa sostituzione di realtà avviene in misura proporzionale al consumo televisivo: i forti consumatori di
televisione mostrano gli effetti più evidenti.
La teoria considera in modo particolare la fiction, ovvero l’insieme di film, telefilm, soap opera e sit-com, in
quanto propone un mondo fatto di ruoli stereotipi, emozioni, comportamenti, situazioni, rapporti
interpersonali di un certo tipo. Questi vengono “coltivati” negli spettatori, che finiscono per credere di
vivere nella realtà proposta dalla televisione, applicando nella loro vita quotidiana quegli stessi modelli.
I risultati: chi guarda molta televisione sembra mostrare una percezione della diffusione della violenza
largamente sovrastimata, riconducibile alla quantità di violenza rappresentata nella fiction dal mezzo
televisivo.
La teoria della coltivazione televisiva ha il merito di spostare l’attenzione dagli effetti di singoli programmi
mediali, all’azione complessiva dei media come AGENTI SOCIALIZZAZIONE e COSTRUTTORI DI REALTA’ a
lungo termine.
Il pubblico non è mai completamente passivo, ma la contrario sottopone i contenuti di cui fruisce a
molteplici processi di interpretazione, rielaborazione e mediazione, tramite le proprie reti di conoscenza
interpersonali. Sostenere un puro e semplice effetto di sostituzione della realtà appare dunque
anacronistico, se non vengono coinvolte altre variabili. La stessa funzione non può essere descritta in
termini solamente quantitativi ma è necessario interrogarsi sulle modalità qualitative di questa fruizione e
sui rapporti tra fruizione del mezzo televisivo e consumo di altri mezzi di comunicazione. Rimane il
problema metodologico di imputare una direzione causale precisa: si sostiene che la televisione provoca
nelle persone una maggiore ansia, ma si può sostenere che sono le persone già ansiose a guardare più a
lungo la tv.
L’AGENDA SETTING
Essa è un’ipotesi, perché costituisce in realtà una parola chiave che unisce molteplici programmi di ricerca e
prospettive teoriche di diversa ispirazione. L’agenda setting ipotizza sì effetti potenti, ma con un
orientamento più aperto e meno deterministico.
Il punto di partenza è costituito dalla constatazione del crescente divario che separa la realtà vissuta in
prima persona dalla realtà di cui si viene a conoscenza attraverso i media. Per i cittadini delle società
occidentali una quota crescente di patrimonio cognitivo non proviene più da esperienze condotte in prima
persona, bensì dalle rappresentazioni offerte dai mezzi di comunicazione di massa.
L’effetto agenda setting si attua su due punti: in primo luogo, i media dicono alla gente quali sono i temi, gli
argomenti, i problemi veramente importanti e di cui bisogna occuparsi; in secondo luogo, i media
impongono un ordine di priorità, che rispecchia il grado di importanza assunto da ogni tema sia con la sua
collocazione all’interno delle diverse impaginazioni, sia con il tempo o lo spazio a esso dedicato, sia con la
costanza con cui viene trattato in un certo arco di tempo.
Con la parola “ agenda” si intende, quindi, semplicemente l’elenco degli argomenti degni di ricevere
l’attenzione.
L’effetto di agenda setting ( o impostazione dell’agenda) consiste nel fatto che l’agenda dei modelli finisce,
dopo un certo periodo di tempo, per riflettersi fedelmente nell’agenda del pubblico.
In questo caso l’effetto non riguarda il merito di ciò che la gente è indotta a pensare in seguito all’azione
dei media, ma “solo” il fatto che su alcuni argomenti sia indotta a pensare qualcosa, mentre altri argomenti
non vengono nemmeno presi in considerazione.
Se è vero che la stampa “può non riuscire per la maggior parte del tempo nel dire alla gente cosa pensare,
essa è sorprendentemente in grado di dire ai propri lettori intorno a quali temi pensare qualcosa.
Sono state condotte numerose ricerche sull’ampiezza del periodo di tempo necessario ( time lag) affinchè
determinati argomenti nell’agenda dei media si riflettono in quella del pubblico. Altre ricerche hanno avuto
come obiettivo la misurazione del differente potere di agenda da parte dei diversi media, scoprendo che la
stampa sembra avere un potere maggiore della televisione.
L’effetto di agenda è massimo su quegli argomenti sui quali il pubblico non ha alcuna possibilità di farsi
un’esperienza in prima persona.
L’avvento dei nuovi media contribuisce a mutare il quadro della situazione: la possibilità di accesso a media
in qualche modo alternativi sottrae ai media tradizionali una buona fetta di potere agenda.