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IMPIANTI ELETTRICI Parte 6 SBOBINATURE DI MOTZO GABRIELE.

SICUREZZA ELETTRICA.

La prima parte che riguarda la sicurezza elettrica riguarda sicuramente la protezione delle persone. A
riguardo si parla di due tipi di contatto il contatto diretto e il contatto indiretto. Il contatto diretto è quello
che può avvenire in modo accidentale con una parte che è normalmente in tensione, se avviene si ha una
situazione molto pericolosa che la maggior parte delle volte porta alla morte. La filosofia che si usa nella
protezione dei contatti diretti è quella di impedire il contatto accidentale mettendo una serie di ostacolo,
barriere schermi ecc.

Diverso il discorso che riguarda i contatti indiretti. Viene utilizzato l’aggettivo indiretto per indicare che il
contatto avviene attraverso una parte che nel normale funzionamento non va in tensione, in questi casi non si
tocca un filo che normalmente è in tensione ma tocco proprio la carcassa, questa carcassa va in tensione nel
momento in cui si verifica un guasto. Quindi si dice indiretto perché si va a toccare una parte detta massa
che normalmente non è in tensione ma se ci va è un problema.

Il contatto indiretto è più insidioso di quello diretto. Non si può evitare il contatto con le parti
ordinariamente non in tensione. Si utilizzando diverse metodiche di protezione che permettono di garantire
la sicurezza delle persone. Le cause che portano al contatto indiretto sono diverse: per esempio decadimento
nel tempo delle proprietà dielettriche del materiale, azione di roditori, ambienti particolarmente aggressivi
con grandi presenze di umidità ecc. Gli effetti di queste cause sono come già detto portare in tensione le
masse, creazione di archi elettrici localizzati e conseguenti surriscaldamenti, disturbi ai sistemi di
telecomunicazioni ecc.

Le misure di protezioni contro i contatti indiretti si dividono in misure passive e misure attive. Quelle
passive non prevedono l’interruzione del circuito, ma tendono a limitare la tensione applicata al corpo
umano in caso di cedimento dell’isolamento. Le misure attive consistono nel collegare a terra delle masse e
nell’interruzione automatica del circuito in un tempo tanto più breve quanto è maggiore la tensione sulle
masse.

MISURE DI PROTEZIONI PASSIVE.

Impiego di apparecchi con isolamento doppio o rinforzato. Prima di vedere questo tipo di protezione
innanzitutto bisogna vedere come si fa l’isolamento di un apparecchio. Per far si che non avvengono dei
cortocircuiti all’interno degli apparecchi si utilizza il cosiddetto isolamento funzionale, quindi il solo
isolamento funzionale permette di far funzionare il dispositivo.. Si hanno diversi tipi di componenti elettrici
che sono classificati diversamente.

Componente elettrico di classe 0, è dotato dell’isolamento principale non è


provvisto di alcun dispositivo per il collegamento delle masse; nel caso di
guasto la protezione rimane affidata alle caratteristiche dell’ambiente in cui è
posto il componente elettrico.

Componenti elettrico di classe I, sono i più comuni, sono dotati di isolamento


principale e di un dispositivo per il collegamento delle masse a un conduttore
di protezione

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Componente elettrico di classe II, sono dotati di doppio isolamento e non prevedono alcun dispositivo per il
collegamento a un conduttore di protezione. Gli apparecchi in classe II non vanno collegati a terra, perché è
molto più pericoloso collegarli all'impianto di terra che tenerli isolati da esso, perché dall'impianto di terra
possono tornare delle tensioni per guasti che avvengono altrove, e queste tensioni possono essere portate
all'apparecchio portatile in doppio isolamento, che per definizione non si guasta mai, data la qualità
dell'isolamento.

Componente elettrico di classe III, hanno un isolamento ridotto e sono destinati ad alimentati sono da un
sistema a bassissima tensione di sicurezza e nel quale non si generano tensioni di valore superiore a quello di
tale sistema.

Bassissima tensione di sicurezza. In questi casi l’apparecchio è alimentato da un sistema elettrico a tensione
non superiore ai limiti di sicurezza. Gli apparecchi destinati ad essere alimentati con questo sistema sono
quelli di classe III. Si hanno 3 tipi di sistema: SELV PELV FELV. Non occorrono misure di protezione
contro i contatti indiretti per SELV e PELV perché esse sono comprese nel sistema di alimentazione.

Sistema SELV (acronimo di bassissima tensione di sicurezza):

Per fare un sistema SELV si devono usare apparecchi di classe 3 che hanno isolamento ridotto e non sono
provvisti di morsetto di terra, si deve essere sicuri che in nessun modo la linea a 400 V possa andare a
contatto con quella a 50V, allora si deve interporre tra i conduttori delle barriere che garantiscono un doppio
isolamento. Altra caratteristica è che non ci deve essere alcun punto di collegamento a terra.

Il caso peggiore che si può avere è una persona che faccia un contatto diretto, come in figura, e il circuito
che nel frattempo abbia un altro contatto a terra. Finché c'è il contatto ma senza l'altro punto messo a terra
non c'è problema perché la corrente non può circolare. Se però si genera un punto a terra nel circuito, per
esempio un guasto, e c'è la concomitanza dei due eventi allora si genera una corrente di guasto che passa
attraverso la persona e si richiude risalendo attraverso il guasto.

In questo caso la persona si trova al massimo 50 V perché il circuito è un SELV, quindi la condizione più
critica è comunque una condizione sicura. Il problema è che non sempre possiamo realizzare circuiti
completamente flottanti, perché a volte ci serve un punto a terra fisso, ecco che allora nasce un PELV, in cui
valgono tutte le caratteristiche di un sistema SELV con l'unica differenza che ho il punto a terra. Questo
rende un sistema PELV intrinsecamente meno sicuro di un sistema SELV.

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Sistema PELV: (acronimo di bassissima tensione di protezione).

Un PELV è peggio di SELV infatti se una persona tocca il filo e la seconda fase è collegata a terra, una
apparecchiatura a monte va in condizioni di guasto quindi nell’impianto di terra passa corrente e quindi a
sua volta l’impianto di terra è soggetto a una tensione pari massima di 50 V. La persona che tocca il filo si
prende tutta la tensione U2 più la tensione Ut. Il fatto di aver messo a terra la fase mette la persona in
condizioni di rischio perché non si è più certi che sia 50 V.

Sistema FELV (acronimo di bassissima tensione funzionale)

Il FELV è molto semplice da descrivere, è un impianto alimentato da un trasformatore a bassa tensione che
non ha però tutte quelle caratteristiche che contraddistinguono SELV e PELV. Se manca la separazione tra
circuiti è un FELV, se il trasformatore non è un trasformatore di sicurezza ma è un trasformatore qualunque
è un FELV. In un sistema di questo tipo non si hanno particolari requisiti di sicurezza perché può succedere
di tutto. Si può guastare il trasformatore e si può trasferire tutta la tensione dal primario al secondario quindi
230 V.

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La norma richiede di collegare a terra le masse se il primario è protetto contro contatti indiretti tramite
interruzione automatica)

Luoghi non conduttori: fanno parte delle misure di protezione passive, nei luoghi non conduttori sono evitati
i contatti simultanei con parti che possono trovarsi ad un potenziale diverso a causa di un cedimento
dell’isolamento principale di parti attive (praticamente irrealizzabile). Per garantire la sicurezza si deve
essere sicuri di non essere in grado di toccare due apparecchi contemporaneamente quindi si può applicare
solo a apparecchi fissi.

Gli apparecchi possono essere di classe 0 ma a delle condizioni. 1)il distanziamento delle masse da masse
estranee e delle masse tra di loro in modo che in circostanze ordinarie le persone non vengano
simultaneamente messe in contatto con due masse o con una massa e una massa estranea il distacco deve
essere almeno di due metri e mezzo. Detto in altre parole se si toccano due oggetti e magari uno e guasto a
potenziali diversi si crea una condizione di pericolo. 2) interposizione di ostacoli non collegati a terra o
massa e isolamento delle masse estranee.3) isolamento o disposizioni isolanti delle masse estranee.

Separazione elettrica. È molto utilizzata, l’apparecchio viene alimentato da una sorgente autonoma o dalla
rete di distribuzione tramite un trasformatore di isolamento che ha il compito di separare elettricamente il
secondario dagli altri circuiti e da terra. Se l’impianto è poco esteso un guasto nell’isolamento non è
pericoloso per le persone perché non è possibile la chiusura del circuito verso terra.

Collegamento equipotenziale non connesso a terra: un collegamento tra le masse degli apparecchi di classe
I e tra queste e le masse estranee elimina ogni differenza di potenziale che è causa del pericolo. Il
collegamento equipotenziale locale non deve essere connesso a terra, né direttamente, né tramite masse o
masse estranee altrimenti sarebbe molto pericoloso. La presenza del guasto non determina l’intervento delle
protezioni, proprio perché è tutto equipotenziale. Il pavimento deve essere isolante oppure conduttore e
collegato all’insieme equipotenziale. Questo tipo di protezione non trova mai applicazione nei locali ad uso
civile o similare a cause della poca disponibilità di tali locali a soddisfare le prescrizioni richieste per la sua
applicazione.

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MISURE DI PROTEZIONI ATTIVE.

Come detto prima le misure attive consistono nel collegare a terra delle masse e nell’interruzione automatica
del circuito in un tempo tanto più breve quanto è maggiore la tensione sulle masse. Il sistema di protezione
protegge l’utente dal pericolo mortale ma non dal danno fisiologico che in alcuni casi può comunque essere
grave. Per le protezioni attive ci si riferisce alla curva di sicurezza tensione-tempo, derivata da quella
corrente-tempo tramite la resistenza del corpo umano.

SISTEMA TT

Il neutro è collegato direttamente a terra tramite una resistenza Rn e le masse degli utilizzato sono collegato
ad un impianto di terra locale, elettricamente indipendente da quello del neutro, tramite una resistenza di
terra Rt. (approfondisce da pag 10)

SISTEMA TN.

Il sistema TN può essere fatto solo se gli utenti hanno la proprietà della cabina, quindi utenti di media
tensione. La prima lettera dice che il centro stella del sistema è messo a terra, la seconda lettera dice invece
che le masse di bassa tensione sono collegate al neutro. Il sistema Tn-C è il meno utilizzato la C sta a
indicare il conduttore di protezione ovvero conduttore di protezione e conduttore di neutro sono gli stessi.

Nel sistema TNC il conduttore di neutro non si può mai interrompere perché se si interrompe si toglie la
sicurezza. Il conduttore è di colore blu celeste con delle fasce giallo verdi questo proprio per indicare le due
funzioni. IN alternativa si può pensare un sistema TN-S. A questo punto il conduttore resta blu celeste e il
conduttore di protezione è giallo verde.

Concettualmente si ha un solo impianto di terra, se si guasto qualcosa si ha la corrente di guasto che torna
all’unico impianto di terra. Se si ha una cabina come in questo caso e si ha un unico impianto di terra si
potrebbe avere il problema di tensioni di contatto lontano. Si può allora iniziare un impianto con un sistema
TN-C e poi lo si trasforma in un TN-S

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Non si può però fare il contrario, infatti se si
immagina di mettere a valle del tratto TN-S un tratto
TN-C come nello schema si ha che il primo tratto
TNC è il conduttore PEN di neutro e protezione e
non si può mai interrompere. Il secondo quadro si
può decidere se separare il neutro con la protezione
inserendo un particolare interruttore che disattiva le
tre e fasi e il neutro ma lascia la protezione.

Terzo tratto si crea pericolo se si decide di fare un


PEN. Allora per non interrompere il PEN non usa più un interruttore quadripolare ma se ne usa uno
tripolare, questo fatto però non va bene perché è vero che il sistema TNC funziona bene ma nel tratto TNS si
rischia di staccare la protezione. (approfondimento da pag 16)

SISTEMA IT.

Nei sistema IT il neutro non viene distribuito e le masse degli utilizzatori sono collegate ad un impianto di
terra locale tramite una resistenza di terra Rt. La prima lettera indica che il centro stella del sistema è isolato,
la resistenza di messa a terra non c’è o è intenzionalmente molto grande, ed equivale di fatto a un circuito
aperto. (Approfondimento pag 19)

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INTERRUTTORE DIFFERENZIALE.

L’interruttore differenziale è un dispositivo che viene utilizzato per la sicurezza delle persone destinato ad
aprire automaticamente il circuito quando la corrente differenziale IΔ supera una valore di sogna prestabilito.
La corrente IΔ è la somma vettoriale delle correnti che fluiscono nei
conduttori attivi del circuito.

Il caso monofase sarà caratterizzato dal conduttore di fase e dal


conduttore di neutro. Il caso trifase invece sarà la somma delle tre
correnti dei conduttori di fase e della corrente che fluisce nel neutro. In
assenza di guasto IΔ =0.

L’interruttore differenziale è oramai obbligatorio dalla norma. Il dispositivo effettua la differenza tra la
corrente che passa in una fase e la corrente che torna dall’altra fase, le due correnti I1 e I2 devono essere
simili fra loro. Quando si verifica un guasto, questo è caratterizzato dal fatto che c’è un po’ di corrente che
va a terra e questa corrente di guasto che va a terra è corrente differenziale. A causa del guasto le correnti I1
e I2 diventano diverse tra loro e la differenza è proprio la quota parte che va a terra.

L’interruttore misura quindi questa differenza. La figura affianco spiega il principio di


funzionamento dell’interruttore. L’idea base è quella di avere un nucleo ferromagnetico
e i campi prodotti da due avvolgimenti, uno nella fase 1 e l’altro nella fase 2. Quando
non ci sono guasti la corrente I1 e la corrente I2 determinano dei flussi di segno opposto
e quindi nel toroide c’è un flusso praticamente nullo.

Si dispone un terzo avvolgimento che è quello più importante per far scattare la
protezione, è collegato a un relè a massima tensione. “V>” indica che quando la
tensione che viene indotta su quelle spire supera una certa soglia succede qualcosa e
questo qualcosa e appunto l’apertura dell’interruttore. Quindi quando si genere un
flusso nel toroide si apre l’interruttore e questo e il principio base per applicazioni
monofase.

Per le applicazioni di tipo trifase si può fare riferimento al seguente schema:

Anche in questo caso si ha un toroide, all’interno di questo toroide vengono fatti passare i fili del sistema
trifase più eventualmente il neutro, l’unica cosa che non passa dentro il toroide è il conduttore PE di
protezione (giallo-verde). Ogni singolo conduttore determina un campo magnetico e la loro somma è pari a
zero (con o senza neutro). Se si verifica un guasto una parte della corrente torna attraverso l’impianto di
terra, e non si ha più somma pari a zero e quindi anche il campo generato sarà diverso da zero. Sul toroide si
determina un flusso di induzione. Questo flusso di induce una tensione indotta che viene sentita dalla bobina
che fa scattare il relè.

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Due parametri molto importanti per l’interruttore differenziale sono la corrente nominale e la corrente di
intervento. Queste sono disgiunte, per esempio corrente nominale di 100 A ma con sensibilità di 30mA. E il
fatto di avere questa disgiunzione è il punto di forza dell’interruttore. Mentre nell’interruttore
magnetotermico la corrente che tipicamente garantisce la sicurezza delle persone è quella che fa intervenire
il dispositivo in meno di 5 sec ed è pari a 4//5 volte la corrente nominale quindi se si hanno 100 A di
corrente nominale devono passare almeno 400 A per far scattare l’interruttore e qui avviene appunto il limite
di questo tipo di interruttore.

Nel differenziale basta una corrente, come nell’esempio precedente superiore a 30mA che l’interruttore
scatta in un tempo che è vicino a 40//50 ms. quindi da quando sono nati gli interruttori differenziali si è
passati da un sistema TN al sistema TT caratterizzati dal famoso salvavita.

SCELTA DELL’INTERRUTTORE DIFFERENZIALE.

La scelta avviene in base alla corrente differenziale nominale di intervento Idn e la corrente differenziale
nominale di non intervento Idno.

-Idn è il valore minimo della corrente differenziale che determina l’aperura dei contatto entro i tempi
specifici delle norme (0,01 – 0,03 – 0,3 – 0,5 – 1)

-Idno: è il valore massimo della corrente differenziale che certamente non provoca l’apertura dei contatti
dell’interruttore. (cioè dati i valori molto piccoli si potrebbero avere degli scatti dell’interruttore senza però
che ve ne sia bisogno)

Quindi tra Idn e Idno l’interruttore non ha un comportamento definito.

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INTERRUTORI DIFFERENZIALI: CLASSIFICAZIONE.

In base alla corrente che si rileva si utilizzando diversi tipi di


interruttori. Si hanno quelli AC in cui lo sgancio è caratterizzato per
correnti alternative sinusoidali. Ed è in pratica quello che è stato
descritto in precedenza funziona bene in corrente alternata, perché
tutto il principio del funzionamento si basa sulla legge dell'induzione,
quindi su uso il flusso indotto e si usano materiali ferro magnetici.

Il problema è negli impianti delle apparecchiature elettroniche


quando si guastano non danno delle correnti differenziali sinusoidali,
ma danno delle correnti di guasto che sono pulsanti o addirittura
continue, e allora in questo caso si ha bisogno di interruttori
differenziali specifici, di tipo A e tipo B.

L’interruttore di tipo A si usa per correnti pulsanti, quindi componenti unidirezionali.

La figura a sinistra rappresenta al caratteristica di isteresi del materiale ferromagnetico che si utilizza di soli
se si lavora con correnti sinusoidali. Ma se si lavora in una zona in cui la corrente non diventa mai negativa
allora si va a lavorare in una ristretta zona della caratteristica e il rischio è che la differenza tra il valore più
grande e il valore più piccolo del flusso sia troppo piccola. Il sensore di tensione serve quindi a poco, perché
la tensione indotta sarà piccola.

Gli interruttori di tipo A vengono realizzati con materiali ferromagnetici particolari, caratterizzati da un ciclo
di isteresi stretto e molto alto per cui si va a lavorare nella zona solo positiva ma si riesce ad avere
comunque variazioni di flusso sufficientemente grandi.

Gli interruttori di tipo B si utilizzano per trattare correnti continue dove non ci si basa sulle leggi
dell’induzione, è un dispositivo elettronico, misura le correnti e fa le differenze in modo digitale.

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SISTEMA TT. (protezione contro i contatti indiretti)

Nello schema è rappresentato un sistema TT. Si analizza come viene fatta la protezione in questo tipo di
sistemi. In pratica il concetto di base è che quando c’è un guasto e la persona tocca l’apparecchio ma tocca
anche altre masse collegati tramite l’unico impianto di terra si deve trovare in condizioni di sicurezza. La
corrente di guasto Ig ha bisogno di percorsi chiusi per circolare, passa dal generatore, il filo, il guasto,
l’impianto di terra il terreno e poi ritorna dall’impianto di terra della cabina.

Dato che passa per la resistenza di terra allora al protezione deve essere attiva ancora prima che qualcuno
tocchi. Allora si ragiona in termini di tensione di contatto a vuoto. Se questa tensione sta sotto una tensione
limite allora non c’è pericolo

Si analizza se questo è sempre verificato. Si fa un esempio semplice:

Quello che interessa maggiormente è conoscere qual è la tensione a cui si trova sottoposta la persona
assumendo che si trovi con i piedi al potenziale di terra. Il circuito vedrà un impedenza del conduttore di
fase ZL, il punto A, il parallelo della resistenza di terra RT e della persona RB, il punto B, il terreno e poi si
torna alla resistenza di messa a terra del neutro in cabina RN.

Per capire cosa succede alla persona si deve isolare la tensione tra i punti A e B, ai capi della resistenza
dell’impianto dei terra, perché da li appunto si capisce che tensione ha a disposizione la persona. Si utilizza
quindi Thevenin per ricavare la tensione a vuoto e poi l’impedenza vista dai morsetti. L’impedenza ZL è
tipicamente trascurabile, per poter fare thevenin quello che interessa è la tensione a vuoto al nodo A, quindi
senza la resistenza RB quindi si ha la tensione di un partitore di tensione:

in cui E è la tensione stellata del circuito.

Per quanto riguarda l’impedenza di Thevenin, si passiva il generatore di tensione e resta il parallelo con le
due impedenze quindi

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Il circuito di Thevenin visto dai punti A e B che sono rilevanti per la persona è un circuito che vede in serie
un generatore Uco e un impedenza Zth, e poi ci sarà la resistenza del corpo umano RB della persona. RN non
si considera perché è un valore molto piccolo sotto l’ohm.

Non si commette un errore se si trascura anche Zth perché anch’essa è molto


piccola. In pratica quindi la tensione di contatto che si ritrova la persona cioè la
tensione tra i punti A e B è praticamente uguale a Uco :

L’unico parametro di progetto su cui si può agire è Rt perché E è la tensione della cabina ed è imposta per
legge e Rn e lo stesso all’interno della cabina che non è in possesso di chi fa il progetto ma è in possesso dal
distributore. Se si esplicita Rt risulta:

Questa relazione è impossibile da rispettare nella pratica, infatti UL può essere 50 o 25 V, “E” e la tensione
di rete 230 V quindi sicuramente quel parametro è più piccolo di 1 50/180… seguendo questa strada questa
relazione dice che bisogna fare una resistenza di terra inferiore a quella della cabina. Quindi un sistema TT
non si progetta in questo modo ma si segue un altro percorso ovvero quello di sfruttare un altro parametro
che non si è ancora considerato.

Nella realtà si hanno delle coppie di valori di tensione e di tempo di sopportabilità, e quello che si è detto
che c’è il valore estremo di 50 V. La norma CEI 64-8 dice in sostanza che il sistema è sicuro se l’impianto di
terra RT è realizzato in modo da rispettare la disuguaglianza

Si può ritenere sicuro l’impianto in termini probabilistici se viene rispettata tale disequazione.

Quando si verifica un guasto si verificano due situazioni che fanno capire il significato di tale relazione. Una
prima condizione è quella che la corrente di guasto è più grande della corrente di intervento in cinque
secondi: Ig >=I5s, in questo caso il dispositivo di protezione interviene in meno di 5 secondi. L’altra
condizione è che la corrente di guasto, a causa dell’impedenza di guasto e a causa del topo che si rosica il
filo ma non troppo, quindi la dispersione è minima, la corrente di guasto può essere anche più piccola della
corrente di intervento in 5 secondi Ig < I5s

Nella prima situazione il fatto di avere la corrente di guasto maggiore significa che la tensione di contatto
che si può avere sarà data da:

in cui l’ultimo termine rappresenta il valore massimo della tensione


accettabile con quella determinata resistenza di terra.

Se la corrente di guasto è più grande della corrente che fa intervenire il dispositivo in meno di 5 secondi la
tensione di contatto a vuoto sarà più grande della tensione limite. La tensione sulle masse può essere più
grande della tensione limite, ma si è certi che verrà tolta in meno di 5 secondi.

Se si analizza l’altra situazione Ig < I5s la relazione è sempre la stessa:

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La tensione di contatto la si ottiene moltiplicando la tensione limite sempre per lo stesso rapporto ma se
Ig < I5s significa che il dispositivo non si sa in quanto tempo intervenga, di sicuro più di 5 secondi, ma dato
che la tensione di contatto sarà la tensione limite moltiplicata per un numero più piccolo di 1 quindi sarà
meno della tensione limite e se è meno non ci sono problemi. Questa è la strategia che viene utilizzata per
proteggere le persone dai contatti indiretti nei sistema TT.

In sintesi si parte dal concetto della corrente di 5 secondi: che contiene dentro anche il differenziale

Quindi per poter fare la protezione dei contatti indiretti in un sistema TT ci vuole l’interruttore

Differenziale perché l’interruttore differenziale è un dispositivo che nasce proprio con lo scopo di proteggere
le persone non è un dispositivo che protegge le liee o le macchine come un magnetotermico per far fronte a
sovraccarico o cortocircuito.

Un esempio per confermare quanto detto: si suppone di fare un impianto di terra e si ha a disposizione molto
terreno. Passano gli anni e di decide di aumentare i macchinari, stessa area, stesse persone stesso livello di
sicurezza. Quindi aumentando i macchinari si passa da una corrente nominale di 10 A a quella di 20A. Si
cambiano gli interruttori linee ecc.

La cosa assurda che accade è che se si usa un magnetotermico per proteggere le persone con 10 A si ha
bisogno di un impianto di terra di 1hm, quando si mette l’interruttore da 20 A siccome la corrente di 5
secondi sarà circa 5 volte la nominale viene fuori un impianto di terra con una resistenza dimezzata. Cioè le
persone sono le stesse, l’area è la stessa la sicurezza è la stessa ma di deve usare il doppio dell’area.

Chiaramente è un assurdo che è dovuto al fatto che si sta usando il magnetotermico che è uno strumento che
protegge le macchine e non le persone. Se si usa un differenziale con 10 A si avrà una corrente di intervento
di 50 mA, si aumenta la corrente 20 A si cambia l’interruttore ma la corrente di intervento sarà sempre di
50mA e quindi l’impianto di terra non cambia.

Perché si fa un solo impianto di terra e non impianti di terra separati?

Per rispondere a questa domanda innanzitutto si dice che si deve fare in modo che il sistema sia gestito da un
unico interruttore differenziale messo a monte degli impianti. Si hanno 2 apparecchi A e B e per ipotesi si
assume che entrambi hanno una terra distinta, inoltre i due apparecchi sono su fasi diverse. Il primo
apparecchio si guasta, ma il guasto, il difetto di isolamento è sul neutro. In generale sul neutro ci sono
tensioni molto basse, in teoria non ci dovrebbe essere tensione ma se non c’è tensione non c’è corrente di
guasto e quindi nessuno si accorge di niente.

Succede dopo un certo tempo un guasto nell’apparecchio B, questa volta il guasto è su una fase, quindi
circola corrente di guasto. La corrente di guasto tramite l’impianto di terra tornerà sicuramente in cabina, m
la corrente ha anche a disposizione un altro percorso di risalita che coinvolge il guasto precedente.

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Questo ritorno della corrente di guasto è un caso critico perché si indebolisce l’interruttore differenziale. In
pratica l’interruttore non sente una parte della corrente di guasto che torna dall’impianto di terra A. Quindi
tenere due terre separate implica un indebolimento dell’interruttore. Se l’impianto è unico invece:

A prima vista sembrerebbe anche peggio perché se prima il ritorno avveniva sia da parte di Ra che da parte
di Rn ora praticamente tutta la corrente torna attraverso il guasto A, perché il collegamento tra A e B è un
filo. In questo caso l’interruttore differenziale si dice che è inibito. In pratica si ha la condizione di
cortocircuito perché se tutta la corrente passa attraverso il filo è un corto. Ma se la corrente è molto grande
allora sarà sentita dal magnetotermico e quindi la protezione da corto viene fatta. Nel caso precedente la
corrente non è talmente grande da far scattare il magnetotermico e nel frattempo si rende difficoltoso il
compito dell’interruttore differenziale.

Un'altra situazione molto critica è rappresentata nella figura successiva:

Si hanno due utilizzatori connessi allo stesso impianto di terra, ma si è scelto un interruttore differenziale da
500 mA e l’altro invece è magnetotermico. Quando si parla di selettività orizzontale si deve dimensionare
l’impianto di terra sulla corrente di intervento in 5 secondi che risulta la più grande fra quelle considerate.

Le due condizioni sono accettabili, bisogna però capire chi prevale. Per questo tipo di collegamento si parla
di selettività orizzontale, cioè tutti gli apparecchi sono sulla stessa linea dal punto di vista elettrico.
L’impianto di terra viene dimensionato sulla base del dispositivo meno sensibile, quindi se si vuole fare un
impianto di terra di questo tipo dovrà essere:

il 5 si mette perché ci vuole 5 volte la nominale per avere un intervento in meno di 5 secondi

e 20 deriva dal fatto che l’interruttore meno sensibile è da 20. Prima si è detto che le condizioni sono
accettabili, in realtà la condizione è pericolosa perché l’impianto di terra viene dimensionato sulla base
dell’interruttore differenziale di B quindi 500 mA e quindi:

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Servono 100 ohm per fare l’impianto, e un valore un po’ impegnativo. Se si verifica

un guasto in A scatta la corrente solo quando si superano i 100 A (5 volte la corrente nominale che è 20A).
Quindi fino a 100 non si è sicuri dell’intervento, non c’è nessuno scatto fino a 100. La tensione che si avrà
nelle masse sarà pari a , ovviamente questo vale per questo
esempio. In A si può avere anche un corrente più piccola! Se per esempio fosse 1A su tutte le masse ci
sarebbero 100 V e ci sarebbero per sempre perché il magnetotermico non si inserisce.

Se uno non rispetta la selettività orizzontale, con i guasti del proprio apparecchio si mette a rischio anche
tutti gli altri perché sono collegati mediante lo stesso impianto di terra. Un appartamento può essere anche
dotato di interruttore differenziale molto sensibile ma in questi particolari casi non interviene perché il
dispositivo sente i guasti che sono a valle del punto in cui e lui ma non i guasti degli altri.

Esiste anche una selettività verticale per esempio un interruttore differenziale prima della sbarra e un
interruttore differenziale dopo la sbarra,

Si ha per esempio un interruttore da 500 mA, e a valle un altro da 30mA, l’impianto di terra è uno solo e si
deve trovare un valore:

In questi casi, e quindi si è sicuri che i guasti possono avvenire soltanto a valle
dell’ultimo interruttore differenziale allora per la selettività verticale basta
dimensionare l’interruttore più sensibile ovvero quello da 30mA.

Tornando alla selettività orizzontale bisogna tenere sotto controllo anche un’altra cosa:

Se si hanno diversi utilizzatori, tutti sotto interruttore differenziale per esempio da 30mA con un impianto di
terra utilizzando la nota relazione si avrà:

in realtà non si dimensiona l’impianto su questo valore perché ogni singolo interruttore differenziale lascia
passare 15 mA senza interromperla (corrente di non intervento circa il 50% di quella di intervento), quindi si
vuole che l’interruttore non intervenga sotto la metà della corrente di intervento differenziale.

Quindi il primo ne fa passare 15, il secondo altri 15 e il terzo altri 15, si è già a 45mA. La tensione che
compare sulle masse nell’ipotesi che la terra sia 1667 ohm:

Quindi maggiore di 50V, ma questo c’era da aspettarselo perché l’impianto di terra è tarato su 30 mA. Si è
in una situazione di pericolo. Questo è il caso peggiore, perché si è considerato una corrente di non
intervento del 50% e di solito è minore, si è considerato che le correnti sono tutte in fase ma sono nella realtà
sfasate e quindi c’è un effetto di compensazione, in ogni caso bisogna analizzare il problema perché se tutte
quelle piccole correnti passano nell’impianto di terra si rischia poi di far passare troppa corrente nel corpo.

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Ecco il motivo per cui un impianto di terra se ha per esempio il limite di 1600 ohm viene dimensionato su
200 300 400 500 perché l’impianto uno si deteriora e due per i motivi appena detti.

Oggi maggiormente vengono utilizzati gli interruttori differenziali con sensibilità di 30 mA, non c’è un
motivo ben definito ma si può fare l’esempio che se una persona prende in mano un filo si fa un contatto
diretto, tutta la corrente passerà attraverso il corpo. Se all’origine dell’impianto si è inserito il differenziale è
possibile che il differenziale intervenga in tempi sufficientemente rapidi da garantire la sicurezza di quella
persona.

Tenuto conto del livello di isolamento tipico, delle scarpe delle persone
ecc, questo livello di sicurezza aggiuntiva per quel tipo di contatto si può
ottenere soltanto fino a 30 mA. Se l’interruttore è meno sensibile non è più
una protezione addizionale. La protezione addizionale non è obbligatorio
anche se oggi le norme in pratica la obbligano.

Si analizza ora un contatto diretto: Se una persona tocca due fasi è


molto difficile individuare il contatto per il differenziale. Perché il
differenziale è uno strumento che sente una corrente che passa da una
mano e che torna dall’altra mano e se la persona ha le scarpe isolate si è
ancora in una condizione più critica. Quello che si può sperare è che
venga percepito un cortocircuito dall’altra protezione ma comunque gli
effetti per la persona sono devastanti.

Il differenziale da 30 mA in questo ambito aiuta perché se non la persona non è isolata completamente da
terra e quindi attraverso i piedi qualcosa viene disperso anche questo qualcosa se è più 30 mA il dispositivo
lo sente. Si può fare il calcolo per vedere qual è il difetto di isolamento delle scarpe rispetto a terra che
garantisce sicurezza.

Esempio caso monofase. Il neutro va a massa e


l’interruttore differenziale non se ne accorge, in
generale non se ne accorge perché se non ci sono
tensioni sul neutro non circola nessuna corrente di
guasto.

C’è una persona che fa il contatto diretto e si ha un


interruttore di 30mA. Il percorso della corrente
attraversa il terreno ritorna in parte dall’impianto
di terra della cabina Rn e in parte dall’impianto di
terra localizzato Rt.

Una gran parte di corrente passa nel differenziale attraverso il neutro. Il neutro a massa indebolisce il
differenziale cioè questo tipo di protezione non è efficiente perché come si vede dalla figura c’è la corrente
che passa nel toroide e ritorna nel toroide questo sta a significare che la differenza di potenziale sta vicino
allo zero e quindi il l’interruttore è meno sensibile.

L’ideale sarebbe che la corrente tornasse tutta da Rn, ma questo significa che il neutro deve essere isolato. Il
neutro quindi è un conduttore attivo a tutti gli effetti e deve essere isolato rispetto agli altri fili e rispetto a
terra.

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SISTEMA TN.

La filosofia che si usa è sempre la stessa. Si ha l’interruzione automatica, la tensione si toglie prima che il
contatto avvenga. E allora se la si toglie prima in un sistema Tn per come è fatto il guasto a massa non
esiste, è un cortocircuito fase neutro. La corrente di guasto torna attraverso il neutro, o torna attraverso il
conduttore di protezione (nella figura torna attraverso il conduttore di protezione).

Siccome si verifica un corto è facile individuarlo perché le correnti sono di grandi dimensioni. Il vantaggio
del TN è proprio questo. L’importante è coordinare correttamente i valori e scegliere il dimensionamento del
magnetotermico in modo che sia adeguato allo scopo. Anche in questo caso si utilizza Thevenin.

In figura a sinistra è rappresentato uno schema TN-C monofase. Non si possono trascurare le impedenze
delle linee, l’impedenza della fase Zf, l0impedenza del conduttore di protezione ZPE, non si possono
trascurare perché la corrente non passa nel terreno, passa sui fili. Si deve poi sempre ipotizzare il contatto
con la persona. Nella figura di destra si nota il circuito in cui la persona che può fare il contatto ha i piedi a
potenziale zero.

Da Thevenin la tensione di contatto a vuoto è pari a

Il partitore è a vuoto perché la tensione è vista a vuoto, e quindi su Rn non passa corrente e non si conteggia.

Quando invece si calcola l’impedenza di Thevenin si ha:

il circuito equivalente quindi è un circuito che vede la tensione e l’impedenza di thevenin, e questo è ciò che
la persona può avere qualora facesse un contatto.

Uo rappresenta al tensione stellata . l’impedenza di Thevenin anche qui è


trascurabile: l’impedenza dei fili in parallelo è un valore molto piccolo e
l’impedenza di terra della cabina è un valore di 1ohm.

La condizione di sicurezza la si ottiene sempre se viene verificata la condizione UCO < UL con UL tensione
limite. Bisogna individuare i parametri di progetto, Uo è la tensione di rete e non è un parametro di progetto,
si può scegliere Zf e ZPE , ZF è l’impedenza della sezione del punto di contatto e serve per portare potenza, il
filo PE serve per la protezione ed è sicuramente il parametro più importante in termini progettuali. Si può
scrivere:

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Da questa relazione consegue che se Uo =230V e UL = 50V si deve trovare un conduttore di protezione che
ha un impedenza pari a circa un terzo di quella della fase, quindi il conduttore di protezione dovrà essere
grosso circa 3 volte di quello di fase e ingegneristicamente parlando non è una soluzione accettabile. Infatti
per garantire la sicurezza in questo ambito si sceglie di passare attraverso il rispetto della curva di sicurezza
tensione-tempo

Si fa l’ipotesi di avere la stessa sezione quindi Zf = ZPE, praticamente la


tensione di contatto a vuoto è circa la metà della tensione di rete perché
il rapporto

Quindi se Uo =230V si ha Uco =115.

Ma Uco=115V non si avranno mai perché questo è un valore che si


arriva se i piedi sono a potenziale zero, la tensione reale e quindi non
quella a vuoto è un valore un po’ ridotto infatti ammonta a 92V.

Quindi nella curva tensione-tempo si entra con 92V e si trova per quanto
tempo si può sopportare… 0,4 secondi.

La norma dice che si può fare tutto quello che si vuole l’importante è che l’impianto intervenga in meno di
0,4 sec. Quindi a differenza di quello che succede nei sistemi TT dove c’è il riferimento ai 5 secondi nei
sistemi Tn in generale il riferimento è ai 0,4 secondi. Il sistema garantisce di intervenire in meno di 0,4 sec
se nel sistema si inserisce un interruttore magnetotermico:

Si vuole che il sistema intervenga in meno di 0,4 secondi allora la


corrente di guasto Ig deve essere maggiore della corrente di apertura
Ia. Ma la corrente di guasto dipende dall’anello di guasto, cioè
dall’impedenza vista dal guasto, essendo in A l’anello di gusto
conterrà Zf e ZPE.

L’impedenza dell’anello di guasto vale Zs= Zf + ZPE e si sa che la


corrente di guasto è data dal rapporto tra la tensione e l’impedenza
dell’anello di guasto Ig= Uo/ ZS.

Da questa relazione si ricava l’entità massima della corrente che deve far aprire il dispositivo in un tempo
prestabilito, in questo caso 0,4 sec che deve essere inferiore alla corrente dell’anello di guasto:

Nella pratica si va a fare il calcolo alla fine di ogni circuito perché alla fine contano le impedenze dei fili.
Allora se con il più gravoso degli anelli di guasto si è riusciti a rispettare la condizione vista prima allora il
circuito è protetto

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COLLEGAMENTI EQUIPOTENZIALI NEI SISTEMI TT

La figura rappresenta una situazione tipica del sistema


TT in cui si ha l’impianto di terra Rn, le masse A,B,C
collegate all’impianto di terra locale RE, e poi un tubo
dell’acqua A’B’C’ collegato all’impianto di terra
locale RA.

La figura simula un guasto sulla massa B. Si ha quindi


un generatore di corrente di guasto Uo che manda la
corrente nell’impianto di terra. Se si è messo a terra un
tubo allora ci sarà il parallelo del tubo con tutto il resto
come appunto di nota dalla linea tratteggiata che
collega l’impianto di terra portato dal tubo, massa
estranea col resto.

Una volta che le due parti sono collegate si assume lo stesso potenziale. Questo avviene perché le correnti in
gioco nel sistema TT sono basse e quindi il prodotto della resistenza per la corrente è un valore piccolo. Nei
sistemi TT quindi basta un solo punto per far si che tutto sia equipotenziale poi se ne possono aggiungere
per aumentare la robustezza. L’equipotenzialità è una cosa molto importante perché se come in questo caso
se c’è un tubo dell’acqua e un guasto tutto deve essere equipotenziale, il tubo dell’acqua riporta il potenziale
zero perché arriva da lontano e se una persona tocca ad esempio un apparecchio che è in difetto di
isolamento ci si trova nella condizione più critica.

COLLEGAMENTI EQUIPOTENZIALI NEI SISTEMI TN.

Nei sistemi TN le cose sono un po’ più complicate.


Le correnti in gioco in questo caso sono grandi,
migliaia di ampere. Una corrente di cortocircuito se
entra in B perché si è verificato un corto da luogo ad
una caduta di tensione e tra B e C c’è già differenza
di potenziale perché c’è la caduta nel filo.

Nel sistema TT la corrente andava a terra e quindi


contava il parallelo delle due resistenze, in questo
caso nel terreno non passa nulla perché è un TN e
quindi passa tutta sul circuito.

RA non viene in pratica coinvolto. Quindi bisogna


stare attenti a come fare i collegamenti
equipotenziali perché appunto il sistema non garantisce equipotenzialità.

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SISTEMI IT

Il sistema IT è principalmente destinato alle applicazioni industriali, a chi possiede la cabina, e decide di
gestire la cabina isolata da terra. Le norme sconsigliano di distribuire il neutro in questo tipo di sistema.
Nella figura viene rappresentato l’ipotesi di un guasto a terra. La resistenza RN non c’è, il sistema è isolato.
Se non ci fossero le capacità si potrebbe dire che la persona che fa il contatto non le succede niente.

In realtà si sa che le correnti di guasto tornano attraverso le capacità e si forma l’anello di guasto, la corrente
passa in RE e siccome passa una corrente in questa resistenza la massa assume un potenziale, dopodiché
risale attraverso la capacità delle parti che non sono state oggetto di guasto (parti tratteggiate nella figura). In
questa situazione la corrente è di tipo prevalentemente capacitiva.

Nei sistemi IT di bassa tensione, essendo di bassa tensione si hanno fili relativamente corti e capacità verso
terra relativamente basse. La corrente di guasto che si verifica in questa situazione è talmente piccola che
moltiplicata per RE da luogo ad una tensione più bassa della tensione limite. In altre parole la tensione di
contatto a vuoto che si manifesta per questo tipo di guasto in generale è al di sotto della pericolosità e questa
condizione è praticamente sempre verificata.

Quindi il grande beneficio di un sistema IT è proprio questo, quando si verifica un guasto, il primo guasto
non c’è bisogno di interrompere perché non c’è pericolo. È un sistema orientato alla continuità del servizio.

è un sistema isolato da terra quindi quando si verifica il guasto si ha una fase che va a
terra ma si hanno due fasi che vanno in sovratensione, in pratica il centrostella sposta il
suo vertice, le tensione stellate diventano tensioni concatenate.

Si è fatta questa precisazione perché teoricamente un guasto può durare all’infinito ma


siccome il sistema va in sovratensione si possono guastare gli apparecchi i fili ecc. e
quindi si passa dal primo guasto al secondo guasto

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Dopo che si verifica il secondo guasto si genera un anello in ci la corrente può passare, il sistema IT evolve
in un TN. L’unica differenza che in questo caso l’anello è alimentato dalla concatenata. quando si verifica
una situazione di questo tipo bisogna togliere tensione. In un TN quando c’è questa condizione si elimina in
0,4 secondi. Dato che ci sono due guasti la corrente appunto è influenzata dai due guasti, quindi
teoricamente si devono esaminare tutte le coppie di guasti possibili.

Se il guasto interessa due apparecchi vicini le impedenze sono di un tipo, se il guasto interessa due
apparecchi lontani le impedenza saranno diverse. Siccome è impossibile trattare tutto, la norma in questi
termini viene incontro e dice: tratta il sistema con un TN e applica sempre la stessa regola, poi vai nei punti
lontani applica la regola ma dimezza il valore dell’impedenza.

la radice di 3 è dovuta al fatto che nel TN si hanno solo stellate mentre nel IT col
doppio guasto le concatenate quindi √3Uo, il 2 al denominatore serve per dimezzare
l’impedenza.

Se il sistema è efficiente non si dovrebbe mai arrivare al secondo guasto, perché il sistema dovrebbe
riconoscere già il primo di guasto. Per capire se c’è un guasto in un sistema IT bastano 3 lampade collegate a
stella.

Se 2 fasi vanno in sovratensione due lampade si


illuminano di più e una si spegne. Nella realtà si
usano sistemi più sofisticati che vengono chiamati
verificatori permanenti di isolamento. Questi
sistemi provano a iniettare sempre una corrente,
applicano una tensione e quindi se questa corrente
riesce a circolare oltre un certo livello vuol dire che
qualche fase è in sovratensione.

NEUTRO DISTRIBUITO O NON DISTRIBUITO NEI SISTEMI IT.

Nel sistema IT distribuire il neutro è sconsigliato perché ci si può trovare nella situazione in cui si ha il
guasto su una fase e un guasto sul neutro. In una situazione di questo tipo si trova una circolazione di
corrente anche nel circuito del neutro con il problema di alimentare il guasto in monofase e quindi la
corrente di guasto sarà più piccola. La corrente sarà più piccola anche perché si mette in gioco il circuito del
PE che ha un impedenza più grande.

Questa tensione si sarà più bassa ma durerà più a lungo.


Quindi la norma sconsiglia di utilizzare questa metodologia.
Se si utilizza il neutro bisogna soddisfare la condizione
scritta in precedenza (Ia <=…)

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APPROFONDIMENTO GUASTI SISTEMA TT.

Se si analizza un sistema TT si può andare a esaminare un difetto sulla media tensione. Un guasto sulla
media tensione determina la circolazione di corrente nell’impianto di terra della cabina che si richiude
attraverso le capacità delle linee di media o eventuali punti di connessione a terra. Le correnti di guasto sono
dell’ordine di 100//200A se la media tensione è a neutro isolato e si scende a 40 A se la media tensione è a
neutro compensato. Circa il 70% delle linee sono a neutro compensato.

Questi 40 A che passano nella resistenza dell’impianto di terra possono essere problematici in base al valore
della resistenza di terra quindi bisogna andare effettivamente a controllare. L’impianto di terra della cabina è
di proprietà del distributore e poi si ha l’impianto di terra locale. Il sistema TT ha il grande vantaggio di non
creare problemi quando c’è un guasto sulla media. Perché ai capi della resistenza della cabina viene a crearsi
una tensione che sarà data dal prodotto della resistenza per la corrente di guasto.

Questa tensione la si ritrova sul centro stella e quindi tutte le fasi, neutro compreso, avranno una tensione
che per ogni fase sarà data dalla tensione di fase più la tensione imposta dalla resistenza di terra. In una
situazione come questa in cui la cabina ha un guasto si può dire la persona che tocca non è in pericolo
perché la massa è al potenziale imposto dall’impianto di terra locale e siccome si sta ipotizzando la bassa
tensione con dei guasti la persona è al potenziale che gli riporta l’impianto di terra. E se l’impianto di terra
di cabina e l’impianto di terra utente sono indipendenti è sufficientemente distanti questa tensione è
trascurabile.

Uno dei motivi per cui la distribuzione viene fatti col TT e non col TN è proprio questa. Ma dall’altra parte
ci sono anche gli aspetti negativi. Da questo punto di vista bisogna andare a considerare la tensione UfT a cui
è sottoposto l’isolamento interno dell’apparecchiatura dell’utente rispetto a terra.

Se si considera la maglia tratteggiata in figura si


trova che al tensione della fase rispetto a terra UfT
sarà pari alla tensione stellata del sistema più la
tensione del centro stella rispetto a terra dovuta al
guasto media tensione, e data da RN Ig , poi
continuando la maglia si trova la tensione ai capi
della resistenza dell’impianto di terra la quale
però per ipotesi è zero perché non sta passando
nessuna corrente.

L’isolamento dell’apparecchiatura è sottoposto ad una tensione

Più grande rispetto a quando non c’è il guasto. Il sistema TT è uno schema orientato alla sicurezza delle
persona ma pone sotto stress l’isolamento. L’entità dello stress è correlata al valore di RN, tanto più grande è
la resistenza tanto più si avrà sovratensione. Se il contributo di sovratensione è ci si trova in
una condizione di stress eccessivo.

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Una strada per risolvere questo problema potrebbe essere quella di separare la messa a terra di
funzionamento RN di media tensione dalla messa a terra di sicurezza RA . Con le due terre separate la
corrente di guasto passa attraverso la terra di sicurezza e non coinvolge la terra di funzionamento e allora il
termine RN Ig è trascurabile e quindi UfT = E. Affinché le due terre siano indipendenti RN e RA devono distare
4 o 5 volte la distanza della dimensione dell’impianto di terra più grande.

Anche questa scelta non molto comune nella realtà ha


un suo risvolto negativo, perché se si analizza cosa
succede quando il guasto si manifesta su un
apparecchiatura di bassa tensione, il guasto induce
sovratensioni sulla media e dato che mantenere isolate
parti che sono 15//20 KV costa di più che farlo sulla
bassa, questo è un problema di contatto per cui questa
soluzione non viene adottata facilmente.

Quando si ha il guasto la corrente di guasto passa attraverso la RT che risale nella terra di funzionamento RN
e quindi sul lato BT della media ci si ritrova una tensione aumentata.

Tornando al caso più comune e quindi con un impianto di terra ora si analizza il caso con riferimento ai
guasti BT. Con un guasto in bassa tensione la sicurezza delle persone la si ottiene se la resistenza
dell’impianto di terra risulta

Questo implica che per garantire la sicurezza si deve per forza usare il differenziale. Ecco che in
sintesi quindi si può dire che un sistema TT non ha nessun problema per le persone sul lato media,
e per quanto riguarda i guasti in BT ci pensa il differenziale per garantire la sicurezza.

APPROFONDIMENTI GUASTI SISTEMI TN.

Per approfondire i guasti nei sistemi TN si scegli di utilizzare un sistema TN-S ma le considerazioni sono
uguali anche per un TN-C. Si esamina prima il guasto MT. Nel caso del guasto di media tensione si ha una
corrente che circola nella resistenza RN e quindi ci si ritrova una tensione pari a RN Ig . Questa tensione
attraverso il collegamento PE viene trasferita su tutte le masse comprese quelle estranee. Quindi una persona
che tocca è legata a questa tensione UTT e quindi il guasto di media mette in pericolo le persone.

Rispetto al sistema TT c’è una grossa differenza. Si


dimensiona l’impianto di terra RN con riferimento ai
problemi che induce quando c’è un guasto sulla media.
(nei TN si dimensionava in base ai guasti della bassa).

Quindi si dimensiona RN per limitare la tensione di


passo US e tensione di contatto UT… Il sistema TN è più
critico del TT perché si ottiene sicurezza solo
espandendo l’area dell’impianto di terra e se questo ha dei limiti arrivano i problemi.

Se per il sistema TT andava bene per le persone e non bene per le apparecchiature qui avviene il contrario.
Lo stress sull’isolamento non c’è perché la massa dell’apparecchio è flottante e non è vincolata a terra. Il
centro stella del sistema sale di una quantità che è data da RN Ig, il centro stella cambia ma sale il potenziale
del neutro, della fase e della masse, e siccome salgono tutti della stessa quantità l’isolamento
dell’apparecchiatura non è indotta a stress.

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Il sistema TN ha una finalità più industriale che per il pubblico perché si preoccupa di più della sicurezza
delle apparecchiature. Per garantire la sicurezza delle persone si deve investire sull’impianto di terra della
cabina, che è l’unico impianto di terra. Quando i guasti si verificano sul lato di BT all’interno di una
apparecchiatura il guasto non deve coinvolgere la terra e si deve eliminare prima che qualcuno tocchi
effettivamente.

La corrente attraversa il PE e fa assumere un potenziale alla mano. Il potenziale è dell’ordine di 92 V e deve


essere eliminato in 0,4 secondi. In generale la relazione che si deve rispettare è quella di avere un impedenza
dell’anello di guasto pari a:

dove Uo è la tensione stellata del sistema.

Con riferimento ai contatti indiretti provocati dai guasti in bassa tensione l’impianto di terra non svolge
nessun ruolo. Zs dipende dalle impedenze di fase e del conduttore di protezione, Uo è la tensione di rete,
I0,4s è una proprietà dell’interruttore. Anche l’uso del differenziale è facoltativo, si utilizza quando non si
hanno altre soluzione, in un sistema TT non è obbligatorio infatti.

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