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Storia
il mar rosso
Lo scavo di 6 Sin dai tempi pi remoti il Mar Rosso stato canale di comunicazione per
pozzi per ricerche imbarcazioni che commerciavano i prodotti delle sue ricche coste o che,
petrolofere nella
piattaforma delle sospinte dai monsoni, si dirigevano fino in India per le preziose mercanzie
Dahlak di quelle lontane terre. La storia delle isole Dahalk data la loro collocazione
geografica si intreccia inevitabilmente alle vicende militari, commerciali e
umane che per oltre 4 millenni interessarono lantico Mare Erythraeum.
IL NEOLITICO
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penisola arabica. Schegge di
ossidiana lavorata e non, sono
quasi onnipresenti sulle isole,
talora visibili insieme a resti di
vasellame. Sullisola di Dahlak
Kebir si pu ancora vedere ci
che potrebbe essere un circolo
megalitico probabilmente usato
a scopo religioso. Altri indizi di
una civilt preistorica presente
sullisola sono pietre di basalto
importate dal continente che
presentano longitudinalmente
una larga incavatura arcuata
dovuta alluso di affilare gli attrezzi da parte delle popolazioni del neolitico. Lo scavo di 6
Tali pietre furono successivamente utilizzate come pietre tombali in un arco pozzi per ricerche
petrolofere nella
di tempo che si estende dal X al XV secolo. piattaforma delle
Dahlak
ANTICO EGITTO
I primi documenti che testimoniano dei traffici mercantili lungo il Mar Rosso
risalgono allEgitto dei Faraoni i quali, a partire dalla V dinastia (2500 a.C.
circa), iniziarono a inviare spedizioni verso la terra da loro denominata Punt
o Terra degli Dei. Era questa una fascia di territorio che oggi si ritiene essere
situata tra il Nord dellEritrea e il Sudan meridionale. La terra di Punt era
ricca di prodotti molto richiesti nellantico Egitto, come ed esempio la mirra,
indispensabile per i processi di imbalsamazione. Altra resina molto ricercata
dai faraoni era lincenso, la fragranza degli dei, essenza preferita della regina
Hatsheput (1503-1482) che nel 1493 a.C. organizz una spedizione di ben 5
navi dirette a Punt. Quel viaggio documentato da rilievi e dipinti murali che
si trovano presso il complesso funerario di Hatsheput nella localit di Deir el-
Bahri (immagine). Le opere raffigurano il villaggio di Punt, caratterizzato dalle
tipiche palafitte di forma conica (immagine), cos come la sua gente di carnagione
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rosso-scura (immagini). Come si
legge sulle iscrizioni tombali di
Deir el-Bahri, oltre alle essenze,
venivano importati nellantico
Egitto ebano e avorio puro,
con oro verde di Emu, con legno
di cinnamomo, legno di khesyt,
con due tipi di incenso, cosmetici
per gli occhi, con scimmie, cani,
e con pelli di pantere del sud,
con indigeni ed i loro figli.
piuttosto probabile che anche
la fascia costiera di Massawa e
le isole Dahlak, dove la mirra
cresce abbondante, facesse parte
delle rotte degli antichi egizi
le cui spedizioni verso la terra
di Punt seguitarono ad essere
documentate fino al regno di Ramses III (1197 -1165 a.C.).
I TOLOMEI
Con laffermarsi delle civilt greca e romana il Mar Rosso divenne uno dei canali
di collegamento pi importanti tra il Mediterraneo e lOriente. Limmensa
espansione della Grecia di Alessandro Magno determin un cambio decisivo
nei rapporti tra lAfrica mediterranea, che in Alessandria aveva il suo maggiore
centro politico, religioso e culturale, e il Mare Erythraeum, distesa dacqua
che nella concezione degli antichi si estendeva ben oltre il Mar Rosso fino alle
coste del subcontinente indiano
Alla morte di Alessandro, nel 323 a.C., il governo dellEgitto pass a Tolomeo
Sotere, generale del comandante macedone nonch capostipite di quella
che sarebbe stata la dinastia dei Tolomei. Durante la campagna militare in
India a fianco di Alessandro, Tolomeo aveva conosciuto luso degli elefanti in
battaglia, un vantaggio che i suoi successori vollero continuare a sfruttare. Fu
proprio la ricerca di elefanti a spingere i re tolomei e esplorare le coste del Mar
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Rosso fino a zone che andavano ben oltre la terra di Punt. In pochi decenni la
fascia costiera africana inizi pertanto a popolarsi di avamposti commerciali
e soprattutto di stazioni di caccia dove venivano raccolti i pachidermi da
combattimento catturati nellentroterra, che successivamente venivano
trasportati in Egitto in imbarcazioni denominate Elephantegoi.
A partire dalla seconda met dal III secolo a.C. il commercio si spost pi a
Sud raggiungendo le coste dellattuale Eritrea e, verosimilmente, anche le isole
Dahlak. Lavamposto di Adulis divenne, nel periodo dei Tolomei, una delle
stazioni pi importanti del Mar Rosso meridionale per la caccia allelefante.
Dal porto adulita transitavano anche prodotti quali oro, avorio, corni di
rinoceronte, pelli ed essenze che dallaltopiano africano, dominato dalla citt
di Axum, discendevano fino al mare per prendere la volta di Alessandria e
quindi del Mediterraneo ellenistico-romano. Risalgono a quegli anni le prime human
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testimonianze scritte di storici e geografi greci, come Agatartide (III sec a.C.)
e Artemidoro (II sec a.C.), che per primi descrissero le coste africane del Mar
Rosso ed i loro abitanti: i Trogloditi e gli Ittiofagi.
Delle loro opere, andate in gran parte perdute, ci informa il geografo greco
Strabone nella sua Geographia, composta nei primi anni dellera cristiana
(data?), dove sono citati per la prima volta il porto di Elaia, probabilmente
Dahlak Kebir, ed una non meglio identificata isola di Stratone. Qualche
decennio dopo anche lo storico romano Plinio il Vecchio fa riferimento, nella
sua Naturalis Historia (23-79), ad Aliaea (Elaia), allisola di Stratone e ad
Adulis.
I ROMANI
La conquista dellEgitto da parte dei Romani nel 31 d.C. inaugur una nuova
stagione di commerci lungo il Mare Erytraeum le cui rotte conducevano
ora fino allIndia, terra rinomata sin dallantichit per i suoi prodotti, e in
particolare per le spezie. La scoperta, dal parte del greco Ippalo, dei venti
monsonici che per alcuni mesi lanno soffiano dal Mar Rosso fino al continente
indiano e viceversa, permise ai romani di raggiungere direttamente i lontani
mercati delle spezie evitando lintermediazione dei mercanti arabi. Il traffico
marittimo e commerciale aument notevolmente; ai tempi di Tiberio (14 37
d.c) almeno 100 imbarcazioni lanno attraversavano il romano Mare Rubrum.
Esisteva a quel tempo una guida rivolta ai viaggiatori e ai commercianti che
dallEgitto volevano intraprendere il viaggio verso lIndia: Il Periplo del Mar
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Eritreo. Si tratta di un testo anonimo, scritto in greco da un mercante egiziano
presumibilmente nella seconda met del primo secolo, ove vengono elencate
e descritte le varie stazioni che componevavo lantica rotta marittima delle
spezie.
Nel Periplo si trova la prima descrizione dellattuale isola di Dissei (foto profilo
Dissei), che nel testo chiamata Orein, ovvero la montuosa, distante 200
stadi dal punto pi interno del golfo verso il mare aperto e riparata dalla
terraferma su entrambi i lati. Oggi le imbarcazioni che prendono terra
ancorano in questisola per evitare attacchi dalla terraferma. Sullisola di
Dissei si pu ancora intuire il punto dellapprodo delle navi romane (foto
nostra) cos come, con un po dimmaginazione, possibile risalire ai resti
di un presumibile mercato. Nel dicembre 2009, presso la zona dellantico
mercato, stata ritrovata una moneta risalente al 126 d.c., ovvero al tempo
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dellimperatore Adriano. Il Periplo, inoltre, descrive con precisione il percorso
che, attraverso lattuale sito archeologico di Cohaito (Koloe) portava le merci
dalla capitale Axum fino al mare. ..Di fronte allIsola Orein, a 20 stadi
dal mare, c Adulis, un villaggio di giuste dimensioni. Dista tre giorni di
cammino dalla citt di Koloe nellinterno, il centro principale per il commercio
dellavorio. Da qui alla capitale, chiamata Axomite, ci sono altri cinque
giorni... Riguardo alla fauna che allepoca popolava lEritrea: la totalit
degli elefanti e dei rinoceronti pascolano negli altipiani, ma qualche volta
possibile vederli anche vicino al mare, proprio nei dintorni di Adulis.
Il nome Alalaios, riferito alle isole Dahlak, compare quando lanonimo
autore, parlando del porto di Orein aggiunge che di fronte al porto di
quellemporio, in mare aperto sul lato destro, giace una gran quantit di
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isolette sabbiose chiamate Alalaei, da cui provengono i gusci di tartaruga che
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vengono l trasportati dagli Ittiofagi per essere venduti. Lisola quindi, grazie ai
continui passaggi delle flotte imperiali di Augusto, Tiberio, Traiano, Adriano,
Marco Aurelio, divenne un punto strategico nello scambio delle merci tra il
Mediterraneo, lIndia e laltipiano etiopico. Le monete romane ritrovate nella
zona di Adulis e di Axum, cos come i cocci di anfora e frammenti di legno
al largo dellisola di Assarca, testimoniano dei traffici che ebbero luogo fino
al V secolo.
AXUM
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in greco. Cosma ricopi i due testi: uno si riferiva alle conquiste di Tolomeo
Evergete del 247 a.c.; nel secondo testo, purtoppo non datato, si riporta di un
grande re axumita che dopo aver conquistato gran parte dellAfrica orientale,
assoggetta anche le genti della penisola arabica a testimonianza della grandezza
raggiunta da Axum.
Sulle iscrizioni del trono, denominato Monumentum Adulitanum, non si fa
alcun riferimento alle isole Dahlak, tuttavia data la loro posizione, si pu
verosimilmente dedurre che facessero parte del regno axumita che si estendeva
su entrambe le coste del mar Rosso. Testimonianza sono, oltre alle monete
romane ritrovaTe a Dissei, i resti di un tempio axumita rinvenuti sullisola
di Dahlak Kebir presso il villaggio di Gemile, e quelli di una chiesa cristiana
a Dahlak Kebir. Il potente regno africano si preparava tuttavia a un rapido
declino.
I PERSIANI
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dal VI secolo iniziarono a controllare il commercio dei tradizionali prodotti
africani quali gusci di tartaruga, avorio, oro, essenze, perle e soprattutto schiavi.
Unipotesi per spiegare il gran numero di antiche cisterne presenti a Dahlak,
che sopravanza di gran lunga le esigenze della popolazione moderna, che
servissero ai bisogni delle migliaia di schiavi africani che per secoli transitarono
su Dahlak prima di prendere la volta dellEgitto, dellArabia, e dellOriente.
Sarebbe riduttivo tuttavia considerare i Furs come quei primi coloni persiani
del VI secolo; pi probabilmente tale titolo fu attribuito a tutte le genti che
dal golfo persico e dallOriente giungevano sulle coste abissine.
Larrivo dei persiani, e le conseguenti contese con i rivali, resero per alcuni
decenni il Mar Rosso un mare insicuro. Ma lascesa della potenza islamica ne
avrebbe presto determinato un nuovo ordine.
LISLAM
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guidate dal califfo omayyade
Suleyman b. Abd al-Malik.
linizio della storia documentata
dellarcipelago che, a seguito delle
conquista musulmana, divenne
inizialmente una postazione
avanzata contro le incursioni dei
pirati abissini e, in seguito, testa di
ponte dellIslam per lespansione
in Africa nord orientale. Numerose
testimonianza di storici, geografi,
poeti musulmani, a partire dal
VIII sec. d.c. fanno riferimento
alle isole. Terra di spine viene
definita Dahlak Kebir in Kitab al Agani, opera araba del X sec. dove si narra
del poeta al-Ahwas che nellanno 717 venne relegato sullisola per punizione.
Dahlak quindi, oltre che avamposto militare e commerciale, divenne ben
presto prigione e terra di esilio. Nel 760 vi furono relegati i figli del governatore
Hurasan Abd-al-Gabbar fatto giustiziare dal califfo Mansur. Alla fine del VIII
secolo riportata anche una ribellione del popolo di Dahlak contro il califfo
Harun al Rasid.
A partire dal IX secolo si assiste al grande spostamento di un popolo, i Beja che,
originari dalle valle meridionale nel Nilo, si insediarono nei territori dellex
impero axumita convertendosi al cristianesimo. Anche le isole Dahlak furono
interessate da questa migrazione suscitando nei musulmani preoccupazione
a cui segu linevitabile ricorso alle armi da parte dei governatori Sassanidi
della costa. Il trattato di pace dellanno 831 secondo il quale i Beja potevano
conservare la sovranit su Dahlak pagando un tributo conferma loccupazione
delle isole. Qualche anno dopo anche lo storico e geografo arabo al-Yaqubi
riferisce dellesistenza di un reame cristiano lungo il Mar Rosso che comprende
anche Dahlak. I Nagasi, ovvero i governatori cristiani di Dahlak, detennero
il potere sullisola fino alla fine del IX secolo, quando larcipelago entr
nellorbita yemenita.
I buoni rapporti tra gli abissini cristiani della costa africana e gli yemeniti
musulmani della riva araba fecero s che Dahlak, che posta al centro,
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conoscesse un periodo di grande prosperit. Dalla grande isola del Mar Rosso
transitavano enormi quantit di merci e schiavi africani diretti in Arabia e
da l in Oriente. Risale a quegli anni la pi antica menzione della pesca delle
perle presso le isole Dahlak. Storici e geografi arabi tra cui Ibn Hawqal nel
X secolo e Omarah nel XII attestano dei passaggi
commerciali che, attraverso Dahlak, univano
Abissinia e Yemen. Omarah scrive che, al tempo del
re yemenita Abul-Gays (900-981), il tributo che gli
abitanti di Dahlak pagavano al sovrano includeva,
tra laltro, 1000 schiave africane di cui 500 abissine
e 500 nubiane. Le stele funerarie ritrovate nella
necropoli di Dahlak Kebir testimoniano del
periodo di grande prosperit dellisola ormai
centro di commercio internazionale.
La vicinanza politica e commerciale con le capitali
yemenite rivali di Zabid e Sana fece s che, a partire
dallXI secolo, Dahlak diventasse lo scenario
delle faide che interessavano le rispettive corti. In
particolare le lotte tra la dinastia dei Sulayhids,
governatori della regione di Sana e quella dei
Nagahids, governatori di origine abissina che
dominavano la citt di Zabid, trovarono terreno
di scontro proprio sulle isole dellarcipelago. I
Nagahids, le cui truppe erano formate in prevalenza
da ex schiavi abissini, scelsero Dahlak come base
politica e militare da cui organizzare incursioni
contro la dinastia rivale con laiuto dei governanti
cristiani della costa abissina.
Tuttavia la crescente importanza assunta da Dahlak Kebir nel quadro delle
relazioni politico-commerciali del Mar Rosso musulmano avrebbe presto
condotto lisola verso autonomia. Alla fine dellXI secolo Dahlak si affranc
dalla dipendenza dal regno yemenita di Zabid e divenne una provincia
autonoma il cui governatore assunse il titolo di Sultano. Primo sultano di
Dahlak fu Al-Mubarak che govern fino al 1093 come attestato dalla sua stele
funeraria.
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I SULTANI
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avevano esteso la loro influenza nellentroterra etiopico, generarono spesso
tensione con limpero mamelucco dEgitto che, nel sultanato di Dahlak,
possedeva lultimo avamposto a fronteggiare lincombente minaccia dei
cristiani dAbissinia.
Ma non era sempre il fuoco delle armi a redimere le dispute nella regione.
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Quando se ne presentava loccasione
i sultani non disdegnavano il ricorso
alla diplomazia. Fondamentale nei
rapporti musulmano-cristiani fu
laccordo stipulato tra il Malik di
Dahlak e il potente abate cristiano
Abuna Filpos fondatore, nel 1375, di
un importante centro monastico in
cima al monte Bizen. Il monastero,
ancora visibile sulla strada Asmara-
Massawa, si trovava in una
posizione strategica per i commerci
che dallentroterra africano, in
prevalenza cristiano, conducevano al mare dominato dai musulmani. Da qui
la necessit di pervenire a un accordo che garantisse entrambe le parti. Negli
atti dellAbuna, il Gadla Filpos, si fa riferimento alla visita di un messo del
Seyuma Bahar presso il monastero di Bizen e il susseguente accordo, tra
i capi delle due religioni, che tutelava la libert dei transiti, lesenzione dai
pedaggi e lincolumit delle persone.
Ma il patto tra i musulmani della costa e delle isole, e i cristiani degli altipiani
era destinato ad avere vita breve.
LIMPERO ETIOPICO
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che intendeva estendere i confini dellEtiopia fino alla fascia costiera, ordin di
fortificare la penisola di Gherr proprio di fronte lisola di Massawa. Lattacco
era imminente. Nel 1464 sia Massawa che Dahlak furono messe a saccheggio.
Probabilmente i due avamposti musulmani diventarono di conseguenza
tributari dei signori dEtiopia come attesta un documento italiano del 1485
ove si narra di unambasceria cattolica che nel 1482 raggiunse lEtiopia.
Francesco Suriano, che compose il documento, riporta che di fronte alla
costa, che appartiene allimperatore dEpiopia, se trovano molte insule,
maxime una chiamata Alech, in la quale se pescano le matre perne; la qual
de saraceni tamen l raccomandata al Preteiane. Dove raccomandata
da intendersi soggetta al Prete Gianni come veniva allora chiamato dagli
europei limperatore dEtiopia.
segno questo della fase di declino di Dahlak il cui ruolo internazionale
iniziava a perdere dimportanza.
I PORTOGHESI
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risalivano fino alle coste egiziane, portarono inevitabilmente al conflitto con
i rivali egiziani, inizialmente a guida mamelucca, e quindi turchi ottomani
che nel 1517 avevano conquistato lEgitto. Le isole Dahlak divennero uno dei
terreni di scontro.
La prima spedizione portoghese ebbe luogo il 1513 quando il capitano Joo
Gomes, inviato a scopo esplorativo a Dahlak dal governatore dellIndia
Affonso dAlbuquerque, rifer che sullisola vi erano vari villaggi per un totale
di 600 capanne e che tra gli abitanti, secondo quanto affermava il sultano
locale Ismail, non vi erano mercanti ma solo soldati.
Quella prima ricognizione portoghese fu il preludio agli attacchi successivi. Nel
1517 Joo de Silveira prese possesso di Massawa e Dahlak. Il sultano dellisola
era Ahmad, figlio del precedente sultano Ismail, il quale fece subito atto di
sottomissione al comandante lusitano invitantolo a soggiornare sullisola.
De Silveira per, diffidando del signore di Dahlak, prefer stare sulla vicina
isola di Irwa. Uno dei membri della spedizione portoghese era lumanista
fiorentino Andrea Corsali cui si deve il resoconto di quel viaggio avventuroso.
La notizia del ritrovamento del resto della flotta portoghese presso le lontane
isole Kamaran, smorz dun tratto la cordialit e lamicizia ostentate dal Sultano
Ahmad e dagli abitanti di Dahlak nei confronti degli stranieri. Probabilmente
il sultano non temeva pi una rappresaglia da parte della marina lusitana che,
forse, aveva immaginato nei paraggi di Dahlak. Di fatto, qualche mese dopo,
in occasione di passaggio di una caravella a Dahlak Kebir, i cinque portoghesi
che sbarcarono furono uccisi in una imboscata probabilmente ordita dallo
stesso sultano Ahmad. La vendetta portoghese si consum tre anni dopo,
nel 1520, quando il comandante Diogo Lopes de Sequeira, organizz una
missione punitiva a Dahlak Kebir. Alla vista delle navi portoghesi gli abitanti
dellisola fuggirono nellinterno. Il villaggio venne raso al suolo, il sultano, di
fatto sbaragliato. La stessa flotta prese possesso anche dellisola di Massawa
trasformando la moschea in una chiesa. Nella lotta contro i musulmani per
il predominio sul mar Rosso i portoghesi strinsero patti di amicizia con il
sovrano cristiano dAbissinia Lebna Dengel il quale, qualche anno prima,
aveva gi inviato un proprio ambasciatore alla corte di Lisbona. Nel 1526 lo
stesso imperatore etiopico autorizz i portoghesi a edificare una chiesa e un
forte sia a Massawa che e a Dahlak. Di fatto, nel 1526, in seguito a un nuovo
cannoneggiamento delle isole da parte di Hector da Silveira, il sultano fece
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atto di sottomissione impegnandosi a pagare ai lusitani un tributo di 3000
pardaos (monete dargento) per Dahlak e 300 per Massawa. La proporzione
tra le due imposte testimonia levidente importanza di Dahlak rispetto a
Massawa.
Lasservimento del sultano ai portoghesi dur in realt pochi anni. Era
infatti un periodo di grandi rivolgimenti, e
la competizione tra cristiani e musulmani
per il controllo del Mar Rosso portava a
continui cambi nella distribuzione delle forze,
o nel gioco delle alleanze, rendendo la scena
geopolitica abissina quanto mai mutevole.
Nel 1534, con lappoggio dei turchi ottomani,
il signore di Zeila, Ahmad ibn Ibrahim al-
Ghazi, lanci una guerra di religione contro
limpero cristiano dEtiopia i cui ricchi pascoli
di montagna attiravano gli interessi dei pastori
musulmani del bassopiano. In pochi anni le
milizie del Mancino, cos era soprannominato
Ahmad ibn Ibrahim, dilagarono per tutto
lentroterra abissino mettendo a ferro e fuoco
citt, villaggi e chiese. Ahmad b Ismail, il
sultano di Dahlak descritto quasi 20 anni
prima da Corsali e probabile mandante
delleccidio dei 5 portoghesi del 1517, si schier
immediatamente a favore del Mancino al
punto che, dopo le prime vittorie, venne
insignito del titolo di sovrano dellimportante
cittadina costiera di Hirghigo appena strappata
al controllo del Bahari Negash cristiano. Il
sultano Ahmad b Ismail mor nel 1540. Sulla
sua stele funeraria, rinvenuta nella necropoli di Dahlak Kebir, viene definito
come il soldato della fede, il guerriero alla frontiera, il sultano dellIslam nella
marca della ben protetta Dahlak.
Ma la risposta portoghese, a difesa dei cristiani, non si fece attendere. Nel
1541 una grande spedizione mosse dallIndia in direzione del Mar Rosso. Il
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GAZZELLE
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piccolo di Mori cos chiamato), ci diede sullisola. di XX leghe di circuito, di sano
nuove di una isoletta congiunta con Dalaccia, aere, isola bassa e sterile con certi colli e
abondantissima dacqua e di bestiame, alla valli pieni di pruni e stecchi, senza nessuno
quale navigammo, in un porto chera fra una arboro fruttifero. Qui poco si semina, che
punta di Dalaccia e la ditta isola. Era il 1 la maggior parte della vettovaglia viene
maggio del 1517. Il sultano di Dahlak, Ahmed, di Etiopia, che sono mele, miglio, butiro e
accolse i naufraghi fornendo loro il necessario qualche poco di grano; buona solamente
per rifocillarsi. Tre giorni dopo il capo di Dahlak per pasture di capre, camelli e bovi, che qui
si rec a salutare il capitano portoghese: Dopo sono in gran quantit per tutta lisola, perch
tre giorni venne il re con 500 uomini da piedi, abbondantissima dacqua dolce, che rara
mal armati, con certi dardi, scudi e archi non in queste parti. Cominciossi ad abitare per
molto buoni e alcune spade a nostro costume; la commodit di questacque, e rispetto alle
i pi onorati venivano in camelli e dromedarii e perle chintorno ad essa e ne bassi dellisole
cavalli leggieri di Arabia, con varii instrumenti circonstanti si generano, che tutte sono di
e suoni, a costume di quelle parti. Il re veniva questo re. Pescansi nel fondo del mare con una
vestito alla moresca, con una vesta doro e di rete al collo, come vangaiuole, la quale dipoi
seta variata, e di sopra un panno attraversato ch piena di madre di perle, la legano ad una
allapostolica. Egli giovane di XXV anni, corda che pende con contrapeso dal navilio
di colore lionato bene scuro, come sono la (in che vanno a pescarle) insino al fondo del
maggior parte di Mori di Arabia Felice sino alla mare, e tornati di sopra la tirano.
Mecca, con capelli lunghi e ricci. Fummo alla Da questo momento si perdono le tracce di
spiaggia col nostro capitano senzarme, per Corsali. Alcuni studiosi sostengono che fece
segno di maggior amicizia, stando nondimeno ritorno a Firenze dove si dedic allastronomia.
sempre col battello sopra aviso dalcun Un frate abissino di passaggio a Roma diffuse
tradimento a costume degli Arabi invece la notizia che lumanista fiorentino
I portoghesi si fermarono a Dahlak per un viveva in Etiopia dove aveva introdotto larte
mese e Corsali raccolse numerose informazioni della stampa e pubblicava libri in amarico.
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capitano era Estevo da Gama, figlio del celebre navigatore e vicer delle
Indie. Obiettivo della missione sbaragliare i numerosi fronti della minaccia
musulmana, a partire dalle basi disseminate lungo entrambe le coste del
Mar Rosso, fino allentroterra africano degli altipiani cristiani minacciati dal
Mancino. Uno degli ufficiali di Estevo da Gama, Joo De Castro, tenne un
diario di bordo che ci mostra la Dahlak Kebir nel 1541 come una terra molto
bassa e quasi sul livello del mare senza traccia di montagne. La citt pi
importante si trova quasi sulla punta dellisola, sul lato occidentale, di fronte
agli abissini. Si chiama Dallca, da cui tutta lisola prende il nome, che in
Arabo significa dieci lechi, e questo perch nel passato la sua attivit doganale
rendeva dieci lechi lanno al re. La terra di questa isola di Dallca rossa,
produce pochi alberi e erba quanto basta. Con riguardo al Sultano, De Castro
aggiunge che . il re dellisola un moro, e tutta la popolazione risiede per
gran parte dellanno a Massawa per via dei commerci con gli abissini. (leque
in portoghese significa ventaglio ma probabilmente al tempo era una unit di
misura o una valuta: dez leque=daleq?)
Massawa e Dahlak quindi, a seguito delle vittoriose campagne militari del
Mancino, erano tornate sotto la signoria del sultano, cosa che provoca un certo
risentimento nel cronista portoghese il quale scrive che fino che a poco tempo
prima la citt faceva parte dei possedimenti del Prete Gianni ma da alcuni
anni a questa parte stata usurpata dal re di Dallca, che vi risiede quasi tutto
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lanno eccetto i mesi di maggio e giugno quando, a causa del caldo torrido
di Massawa, fa ritorno sullisola. Secondo De Castro lassenza prolungata del
sultano e della sua corte dallisola ne aveva causato limpoverimento a tutto
vantaggio dei porti di Gedda, Aden e Suachem. Nel corso del 1541 il villaggio
di Dahlak Kebir, ormai abbandonato dalla popolazione e dal sultano che si
era rifugiato nellentroterra, fu nuovamente attaccato e distrutto dalle navi
portoghesi.
I TURCHI
Una nuova pagina della storia della costa abissina si apre nel 1557 quando
i turchi, per cercare di limitare la presenza dei portoghesi nel Mar Rosso,
passarono al contrattacco inviando il governatore dello Yemen Ozdemir
Pasci alla conquista di Massawa. Una volta occupata Massawa, gli ottomani
tentarono di impossessarsi degli altipiani ma ne furono respinti, nel 1576,
dall imperatore dEtiopia Sarsa Dengel che li costrinse a ripiegare e tornare ai
possedimenti costieri di Massawa, Hirghigo e larcipelago delle Dahlak.
I turchi mantennero il controlllo del litorale abissino per circa 300 anni
anche se ben presto, impegnati sul fronte mediterraneo e su quello persiano,
rinunciarono a qualsiasi iniziativa espansionistica. Nel 1591 lamministrazione
della regione fu affidata a un un Naib, ovvero a un delegato locale scelto tra
le nobili famiglie musulmane dEtiopia alleate dei turchi, con il compito di
riscuotere le tasse per conto degli ottomani e curare la guarnigione militare di
Massawa e Hirghigo. Anche le isole Dahlak furono incluse nella giuridizione
del Naib, tuttavia la loro importanza and via via decrescendo. Le poche
notizie riguardanti larcipelago sono solo alcune osservazioni del gesuita
Barradas che, nel 1633, scrive che Dahlak era stata residenza dei primi pasci
di Massawa nonch punto di scambio delle merci provenienti dallIndia e
dallentroterra africano.
Nel 1673 lo scrittore turco Evliya Celebi, in viaggio ai confini dellimpero
ottomano, sbarca a Dahlak Kebir. La citt che egli descrive, per quanto
decaduta, ancora un approdo che rivela una certa attivit. Se da un lato
infatti Evliya osserva che alcuni edifici ed un forte sono in rovina, dallaltro
registra la presenza di 600 case tutte fornite di cisterna, oltre una cinquantina
di magazzini pieni di mercanzie, una moschea, vari oratori e persino alcuni
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orti. La residenza del luogotenente del pasci era un palazzo prospiciente il
porto che fungeva anche da dogana. Le attivit erano la pesca delle perle
e la coltivazione del miglio. Lo scrittore si sofferma infine a rilevare che le
capre del luogo si cibavano di pesce e molluschi. Bench le note di Evliya
Celebi risentano probabilmente di un fare letterario tendente allesagerazione,
abbastanza plausibile che Dahlak vivesse un periodo felice. La prosperit
dellisola viene confermata, qualche decennio dopo, dal
medico francese Charles Poncet la cui imbarcazione, di
ritorno dallEtiopia, vi getta lancora nellottobre del 1700
Due giorni dopo aver lasciato Massawa giungemmo a
una piccola isola chiamata Deheleq. I vascelli provenienti
dalle Indie vi fanno sosta per rifornirsi di acqua e di
approvvigionamenti di cui vi grande quantit, eccezion fata
per il pane di cui gli abitanti scarseggiano, nutrendosi per lo
pi di carne e pesce. Trascorremmo otto giorni sullisola a
causa dei venti contrari
IL DECLINO
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foglie della palma dum. Le foglie
di questo albero, una volta seccate,
diventano di un bianco lucente, che
si pu erroneamente scambiare per
raso; ceste di sorprendente bellezza
e fattura si fabbricano con queste
foglie utilizzando un processo di
colorazione delle stesse nelle tinte
rossa e nera e lavorandole con
grande elaborazone. Ho visto alcune
di queste ceste, del tutto simili a
canestri di paglia, rimpite di acqua
per ventiquattro ore senza che
nemmeno una goccia permeasse. Le
ceste vengono vendute a Loheia e a
Gedda al costo di quattro commesh, o sei pence, per le pi grandi. questo il
lavoro, o piuttosto il passatempo, degli uomini che restano in casa.
Con riguardo alle donne lo scozzese continua dicendo le loro mogli e le
figlie sono molto ardite e pescatrici esperte. Molte di loro, completamente
nude, nuotavano fino alla nostra imbarcazione ancor prima che gettassimo
lancora, elemosinando manciate di grano, riso o dura
Questultima osservazione sembra poco plausibile, almeno secondo quanto
afferma qualche anno dopo, un altro viaggiatore britannico, Lord Valentia,
al secolo George Annesley Mountnorris, in transito da Dahlak assieme al
disegnatore Henry Salt, nel suo viaggio verso lIndia. Salt visit vari villaggi
dellarcipelago delle Dahlak e mai simbatt in alcuna donna nuda n
tantomento mendicante. Al contrario le donne, seguendo la consuetudine
musulmana, non si mostravano mai in pubblico. Pi di una volta le osservazioni
di Lord Valencia contrastavano con quanto pubblicato da James Bruce la cui
attendibibilit viene sovente messa in dubbio dal nobile inglese.
Valentia quindi salpa verso il villaggio maggiormente rinomato, quella Dahlak
Kebir che aveva raggiunto il suo massimo spendore 700 anni prima al tempo
dei sultani. Molte cose sono cambiate da allora, a partire delle condizioni del
porto che non consentono lattracco del loro vascello costringendo lequipaggio
a ripiegare sulla vicina isola di Nocra. L lequipaggio viene ospitato in una
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casa costruita con madrepore provenienti dal mare, tagliate e innalzate
fino a 12 piedi dal suolo. Il tetto era formato con una specie di fibre vegetali,
aveva una porta ma nessuna finestra. La nuda terra costituiva il pavimento e
non vi era mobilio se non cinque letti fatti di legno e corde tirate alle estremit
a circa tre piedi dal suolo. Le corde venivano coperte da stuoie fate di foglie i
palma dum.
Lord Valentia colpito dalla gran quantit di acqua
disponibile su quelle isole prive di sorgenti naturali;
prima di ripartire acquister dal villaggio ben 687
otri. Leconomia isolana, descritta allinizio dell800
da Valentia, traeva sussistenza dal mare e da piccole
attivit legate alla pastorizia. I prodotti che si
esportavano erano formaggio di capra e stuoie che
dal villaggio di Derbushet raggiungevano la citt
di Loheia sulla costa yemenita. Un commercio pi
proficuo invece pare esercitare lisola di Dissei dove
i viaggiatori inglesi trovano: in una delle valli,
una gran quantit di seghe ricavate dal pesce-sega;
queste venivano fatte portare e vendute al prezzo
di un tallero. Gli isolani uccidono questo pesce per
la sua pinna che viene esportata in gran numero
in India e che viene commercializzata, assieme alle
pinne di pescecane, anche in Cina dove si usa, allo
stesso modo dei nidi di uccello, per conferire una ricca glutinosit al brodo.
Continua invece la pesca delle perle che, dal porto di Massawa, vengono
esportate in India e Cina assieme a madreperla e gusci di tartaruga.
Lapertura, nel 1869, del Canale di Suez diede un nuovo impulso ai traffici
commerciali lungo il mar Rosso suscitando linteresse di potenze europee
quali Francia e Inghilterra a cui si contrapponeva lEgitto ottomano che, gi
nel 1865, aveva assunto il controllo della provicia di Massawa. Designato a
governare i territori della costa fu lo svizzero Werner Mnzinger che aveva gi
diretto varie missioni in Abissinia per conto del governo egiziano. Mnzinger
rileva che le isole maggiori di Dahlak e Nora hanno .una vegetazione molto
misera, piccoli alberi e spinosi e alcune palme della specie chiamata dum.
Si conserva in cisterne lacqua piovana. Gli abitatori, la cui lingua tradisce
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lorigine abissina, hanno molte capre, cammelli ed asini, animali tutti che,
mezzo selvatici, vagano per lisola a piacimento e si acchiappano solo quando
se ne ha bisogno. Sullisola di Doel vi sono anche vacche. Col latte delle
capre si fanno, in inverno, formaggi rotondi molto gustosi. Sulla grande
(p.80) isola Dahlac si trovano parecchi villaggi, ciascuno dei quali ha un capo
ereditario. Tutti questi capi dipendono dal pasci di
Massawa e pagano, per barche e schiavi, un tributo
annuo che tocca quasi i mille talleri: per riscuoterlo
si mandano soldati nellisola. In tutto il resto questi
isolani si governano da soli. Una volta i capi dei
villaggi erano molto ricchi, ma le rapine dei turchi
li hanno impoveriti. Per posseggono ancora molte
barche, che equipaggiano coi loro numerosi schiavi
e soggetti, e mandano alla pesca. Lantico splendore
si rileva ancora colla schietta patriarcale ospitalit.
Quando un forestiero si avvicina a un villaggio, il
capo gli va incontro a buona distanza, lo conduce
in una casa appositamente destinata per accogliere
i forestieri e lo provvede di cibo e bevanda...
Riguardo alle attivit legate al mare il governatore
svizzero descrive la micro societ isolana dove gli
uomini lavorano come proprietari di imbarcazioni,
capitani, o pescatori di perle, madreperle e
tartarughe marine, mentre le donne e i bambini si dedicano allallevamento
degli animali e alle attivit domestiche. .. Il mare di Dahlac la vera regione
delle perle; esse si trovano nei gusci di madreperla o in una piccola conchiglia
chiamata bulbul. Si riguarda una gran pioggia come un buon indizio per la
raccolta delle perle; le quali sono credute lacrime del cielo, cristallizzate in
fondo al mare. Sembra che la gran pioggia faccia ammalare i molluschi delle
conchilie perlifere e che effetto della malattia sia unemissione di materia, la
quale induritasi diventa perla. .. In quegli anni il commercio delle perle si
teneva presso il villaggio di Debellu, sede del rappresentante di tutti i capi-
villaggio delle isole nonch maggiore mercato di perle dellarcipelago. L,
in occasione della fiera annuale, affluivano i commercianti provenienti da
Massawa, dalla penisola araba, dalla Persia e soprattutto dallIndia. Le perle
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tuttavia non erano lunica fonte di reddito che il mare forniva alle isole: molto
praticata era anche la pesca della tartaruga marina di cui Mnzinger fornisce
una descrizione dettagliata: si equipaggia una barca con una ventina di
uomini che visitano luna dopo laltra tutte le isole dellarcipelago, per vedere
se si trovano uova di tartaruga sulla sabbia. Ove questo sia il caso si lascia sul
luogo un uomo di guardia, con la provvista di viveri ed acqua; egli spia la
tartaruga quando viene a terra, la lascia avanzare fino a che le possa tagliare la
ritirata e poi le piomba sopra da tergo. Uccisala, aspetta la barca che frattanto
fa il giro delle altre isole. Al ritorno della spedizione si preleva anzi tutto ci
che spetta allarmatore e il resto viene diviso in parti uguali fra i marinai: per
si d ordinariamente al marinaio che ha preso la tartaruga il pezzo esagonale
come speciale ricompensa.
Dalle note del governatore svizzero di Massawa emerge un quadro
dellarcipelago che si presenta come un prospero centro commerciale in grado
di offrire alle rinomate piazze asiatiche ed europeee i preziosi prodotti del
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mare. Questi diversi prodotti del mare danno lavoro e guadagno alla (82)
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massima parte degli abitatori delle coste, ma quelli delle isole di Dahlac,
privilegiati per la loro posizione, ne traggono maggiore profitto degli altri.
Bruce nella sua descrizione dellisola maggiore, dice di non capire come della
gente possa abitarvi, e ascrive questo fatto allattaccamento degli uomini per
il paese dove sono nati. A me per sembra che questa gente sarebbe pazza se
lasciasse le sue isole e il suo mare che la compensa abbondantemente delle sue
fatiche, per trapiantarsi sulle coste della terraferma cos poco sicure.
Essa pu, non disturbata da guerre n da turbolenze, attendere al commercio,
il cui sviluppo le promette sempre maggiore prosperit. Il suolo le consente di
tenere le greggi, che non sono minacciate da sciacalli e sul ristretto pascolo non
abbisognano neppure di sorveglianza. Anzi la stessa coltivazione del suolo, in
conseguienza delle piogge invernali sarebbe abbastanza produttiva; lacqua
abbondante e dolce, il clima buono e non troppo caldo, nemmeno in estate.
Oltre a ci, queste isole cos disprezzate da Bruce, non sono senza relazioni
colla terraferma; ogni giorno tra esse e Massawa, Loeia e Gedda corrono barche
che mantengono un attivo commercio e portando agli abitanti delle Dahlac
tutto ci che a loro abbisogna; burro dura, riso, datteri ed altri frutti..
Negli stessi anni il naturalista genovese Arturo Issel, al seguito di una
spedizione italiana in Abissinia, visit larcipelago alla ricerca dei famosi
banchi di ostriche perlifere. Nei pressi dellisola di Sarad limbarcazione di
Issel avvista il primo banco, ma il luogo appare piuttosto affollato: punto
di ritrovo ove stanno gi 13 barche. La tinta verde impartita dai bassifondi
al mare indica esattamente la forma e lestensione del banco perlifero, di
cui attraverso le aque limpide, fra i 5 e i 7 metri di profondit, si distingue
daltronde perfettamente la superficie, coperta di alghe e di ostriche a perle,
specie peculiare del genere Melagrina.
Della pesca delle perle il naturalista italiano ci offre una vivida descrizione
Attorno ad ogni barca, stanno nellacqua, nuotando od appoggiati a un
galleggiante di legno, molti uomini e ragazzi che cantano, ridono, sinseguono
a nuoto, spruzzandosi acqua, e sembrano curarsi poco della pesca. Ciascuno
ha una fascia di tela avvolta intorno alla vita e tiene appesa al collo una sottile
reticella di spago, fatta in forma di sacco; tutti o quasi tutti portano legati
alle braccia e al collo amuleti, i quali altro non sono che versetti del Corano
scritti sopra pezzi di pergamena ed acclusi in cilindretti di cuoio, molti hanno
anche il costume di allacciarsi le gambe con una cordicella, con lo scopo di
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preservarsi dal granchio. Di quando in quando un pescatore si tuffa col capo
allingi e colle braccia protese allinnanzi, ed agguantato il fondo ad una
profondit che varia fra i cinque e i sette metri, arraffa il numero che pu
maggiore di meleagrine, e ripostele nella sua reticella, ritorna a galla dopo
essere rimasto sottacqua non pi di un minuto.
Le barche rientrano a Sarad nel pomeriggio e l si procede allapertura delle
ostriche per la ricerca delle perle. le aprono ad una ad una con gran
destrezza, per mezzo di un lungo coltello a manico di legno. Divaricate le
valve, premono collestremit della lama le carni del mollusco e conoscono
cos se contiene o no le preziose produzioni. Quando trovano qualche perla, la
pongono in serbo in un pezzetto di tela legata con filo, e conservano linvolto
annodato ad un lembo della loro cintura o nel loro turbante. Disegno otrica
perlifera Issel p.100
Leconomia marittima dellarcipelago conobbe il suo periodo di maggiore
sviluppo nelle ultime due decadi del 19 secolo quando circa 450 barche
solcavano i mari intorno alle isole in cerca di perle e madreperle impiegando
una forza lavoro di circa 10.000 unit. A gestire il commercio delle perle
erano i Baniani, commercianti indiani residenti a Massawa, i quali, attraverso
una politica commerciale aggressiva che prevedeva il pagamento anticipato
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di piccole somme ai padroni delle barche, riuscivano ad accaparrarsi a basso
costo il prodotto della pesca. Le perle del mare di Dahlak, spesso sfuggendo
al pagamento del dazio, raggiungevano quindi i mercati internazionali,
da Baghdad, di Mumbay e delle capitali europee. I Nakuda (padroni o
comandanti delle barche), provenenti in gran parte dalla costa araba, spesso
utilizzavano come pescatori schiavi africani liberati che venivano pagati in
natura con i prodotti della pesca. Alcune decine di imbarcazioni appartenevano
tuttavia alle famiglie di Dahlak che si dedicavano a questa attivit. Dopo
larrivo dei nuovi coloni italiani, che operaronno una raccolta di perle di
tipo estensivo, le famiglie isolane cercarono di conservare gelosamente le
conoscenze tramandate da generazioni e riguardanti non solo la pesca delle
perle ma anche lindividuazione dei banchi.
GLI ITALIANI
Alla fine dell800 lEgitto entr in crisi: il fallimento del progetto di espansione
verso lEtiopia, le rivoluzioni nel Sudan appena conquistato, e lo stato di
bancarotta causata dai debiti contratti in occasione dellapertura del canale
di Suez, misero il paese in ginocchio. A trarne vantaggio fu la Gran Bretagna
che nel 1882 vi stabil un protettorato ereditandone i possedimenti. Linteresse
inglese nei confronti delle ex provincie egiziane di Massawa e Dahlak era
tuttavia minimo al punto che lasci che a prenderne possesso fossero gli
italiani, preferiti ai rivali francesi e allimperatore dEtiopia Menelik. LItalia
aveva appena avviato la sua politica coloniale nella regione attraverso
lacquisto della baia di Assab nel 1882. Loccupazione italiana di Massawa del
1885 avvenne quindi con il beneplacito della Gran Bretagna.
La presenza italiana in Eritrea regolament il mercato marittimo e, attraverso
labolizione delle tasse doganali, diede inizialmente un forte impulso alla
pesca e alla commercializzazione delle perle e della madreperla. Il rapido
sviluppo della citt di Massawa, prima capitale della colonia italiana,
determin uno spostamento dei commerci sulla terraferma ed il conseguente
declino delleconomia isolana. Alla fine dell800 si assistette pertanto ad un
graduale spopolamento delle isole le cui genti si trasferirono a Massawa, anche
se bisogna registrare che negli stessi anni alcune popolazioni costiere come
Arabi, Afar e Aquiq, si trasferirono sulle isole.
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Nei primi decenni del novecento, dalla nuova capitale Massawa, il commercio
delle perle si spost sempre pi verso lItalia a discapito dellIndia che fino ad
allora, dagli avamposti di Dahlak Kebir, aveva dominato il mercato dirigendolo
verso oriente. Tale cambio di rotta ebbe delle dirette conseguenze anche sulla
geografia commerciale dei villaggi della grande Dahlak: quelli orientati verso
Est, come Debullo e Sal, perdettero rapidamente di importanza a favore di
Dahlak Kebir, Jemile e Nocra che, orientati ad occidente, verso la capitale
Massawa, ebbero modo di prosperare.
Lutilizzo che gli italiani fecero delle isole non si limit
alla raccolta e al commercio delle perle. A Nocra fu
aperta una cava di calcare corallino che fu utilizzato
per ricostruire molti edifici distrutti dal terremoto di
Massawa del 1921. Nel 1936 le Dahlak furono inserite in
un piano della Marina Militare Italiana che prevedeva,
lungo la costa della colonia africana, la creazione di
una serie di infrastrutture e impianti con il compito di
rafforzare e proteggere il litorale del neonato impero
da potenziali nemici quali Francia e Inghilterra che
non vedevano di buon occhio lespansione coloniale
italiana. Il Piano fu avviato alla fine del 1936 ma non
fu mai portato a termine. Massawa fu dotata di varie
strutture difensive atte a prevenire incursioni aeree e
navali. Sulle isole Dahlak vennero schierate batterie
di piccolo e medio calibro. Batterie sulle isole: Capo
Grabau (3 cannoni da 120/45) Isolotto Assarca (2
cannoni da 76/30) I. Shumma Quarto (4 cannoni da
120/45) Dahlach Chebir (4 cannoni da 102/35) Isolotto
Dur Gaam (3 cannoni da 120/45, tra cui due recuperati
dal cacciatorpediniere Nullo) I.Dehel (3 cannoni da
152/45 pi 4 cannoni da 120/45) I. Sceik-al-Ab (2 cannoni da 76/50) I.Hamil
(4 cannoni da 120/45). I resti di queste postazioni sono ancora visibili su tutte
le isole bench distrutti dagli italiani prima di arrendersi, ad eccezione di
quelli di Dohul che sono ancora intatti.
Sullisola di Nocra, gli italiani istituirono un penitenziario dove confinarono
criminali e dissidenti eritrei in condizioni di estrema durezza. Il carcere
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continu a funzionare fino al 1941, anno della sconfitta italiana, ad opera degli
inglesi, ed alla susseguente perdita della colonia.
Le isole Dahlak furono uno degli scenari dove ebbe luogo lo scontro tra
italiani e inglesi. Dopo la presa di Massawa infatti, diversi gruppi di militari
italiani, cannonieri e mitraglieri continuarono la resistenza sullisola grazie alle
scorte di acqua e cibo accumulate.
Alle Dahlak la resistenza dur soltanto pochi giorni: prima di arrendersi gli
italiani affondarono le proprie navi, la Nazario Sauro e lUrania. Il relitto di
questultima, nel mare interno di Dahlak Kebir, emerge in parte dal mare ed
oggi una delle mete preferite dagli appassionati di snorkeling e diving.
Dopo la resa dellItalia le isole Dahlak, cos come tutta lEritrea, conobbero
un periodo di amministrazione britannica. Nel 1949, nellambito della
politica britannica di diffusione dellistruzione per gli eritrei, fu istituita la
prima scuola a Nocra con insegnanti somali e sudanesi che insegnavano in
inglese e arabo
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LINDIPENDENZA ERITREA
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continuata lopera di sviluppo di scuole e cliniche che sono attualmente
presenti in vari villaggi dellarcipelago
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