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matematici
per
l'ingegneria.
Lezioni del prof. Marco Codegone
di Marco Codegone
(professore di analisi matematica presso il Politecnico di Torino)
Capuzzo Alessandro
Numeri complessi
I numeri complessi si possono presentare in tre forme:
Forma cartesiana
Forma trigonometrica
Forma esponenziale
Forma cartesiana
Il numero complesso in forma cartesiana si scrive nel seguente modo:
z x jy
con j si intende l'unit immaginaria, ovvero quel numero complesso che verifica la seguente
uguaglianza:
2
j 1
Nei corsi di matematica normalmente l'unit immaginaria simboleggiata dalla lettera i , mentre
nei corsi di applicazione all'elettronica si utilizza la lettera j , perch la i riservata alla
corrente. Noi ci uniformiamo a quest'ultima indicazione in quanto il nostro corso ha una forte
inclinazione alle applicazioni elettroniche.
Il vantaggio della forma cartesiana che si possono leggere immediatamente la parte reale e la parte
immaginaria del numero complesso:
Re z x
Im z y
La forma cartesiana presenta invece qualche difficolt quando se ne vogliono cercare il modulo e
l'argomento. Rappresentando in un piano cartesiano il numero complesso, si utilizza l'asse delle
ascisse per la parte reale e l'asse delle ordinate per la parte immaginaria e la loro composizione
individua un punto nel piano che lo rappresenta.
rettangolo Oxz. In questo triangolo l'angolo adiacente al cateto Ox ed opposto al cateto xz,
quindi si ha, grazie alla trigonometria:
y y
tg arctg
x x
- Pag. 2
Appunti di Capuzzo Alessandro - Numeri complessi
Complesso coniugato
Il simbolo z * rappresenta il complesso coniugato di z e si ottiene cambiando il segno della
parte immaginaria :
se z x jy , z * x jy
Vediamo un esempio:
z 4 3 4j
dunque:
Re z 4 3
Im z 4
E' sempre molto importante valutare subito modulo ed argomento:
2 2
z 4 3 4 8 (osserviamo che il modulo sempre positivo)
Ci vuol dire che la distanza dall'origine di z 8. E'
molto importante da comprendere: come dire che il
nostro numero complesso sta su di una circonferenza di
centro l'origine e raggio 8 (vedi figura). Calcoliamo
adesso l'argomento: dobbiamo subito fare una
riflessione sul segno della parte reale. Nel nostro caso
negativa per cui dobbiamo aggiungere
4 1 7
arg z arctg arctg
4 3 3 6 6
Forma trigonometrica
Il numero complesso si scrive nella forma:
z cos j sen
Quando il numero complesso espresso in forma trigonometrica leggiamo subito il valore del
modulo ( ) e dell'argomento ( ).
E' invece necessario qualche calcolo per le parti reale ed immaginaria:
Re z cos Im z sen
Il complesso coniugato di z si ottiene cambiando il segno alla parte immaginaria oppure
cambiando il segno all'argomento:
z* cos j sen cos j sen
La validit del secondo membro facilmente verificabile in quanto il coseno una funzione pari,
dunque cos cos ed il seno una funzione dispari, dunque sen sen .
La forma trigonometrica evidenzia il fatto che il complesso coniugato si ottiene semplicemente
cambiando segno all'angolo (infatti in questo modo si ottiene la simmetria del numero
complesso rispetto all'asse delle x).
Vediamo un esempio.
4 4
z 5 cos j sen
3 3
Per rappresentare questo numero nel piano cartesiano osserviamo che il numero star su di una
4
circonferenza di raggio 5 ed il suo modulo former un angolo di con l'asse delle x.
3
Calcoliamo le parti reale ed immaginaria
4 1 5
Re 5 cos 5
3 2 2
4 3 5 3
Im z 5 sin 5
3 2 2
Il numero complesso pu essere cos espresso in
5 3
forma cartesiana: z 5
2 2
5 3
ed il coniugato z* 5 =
2 2
4 4
5 cos j sen
3 3
Vogliamo fare adesso delle considerazioni che ci introducano alla forma esponenziale. La seguente
uguaglianza sicuramente ovvia:
z
z z z
z
Circonferenza z
Geometricamente questo vuol dire che ogni unitaria z
numero complesso pu essere scritto come il
prodotto di un numero reale z per un numero
complesso che sta sulla circonferenza unitaria
z
.
z
Abbiamo fatto questa osservazione perch per ora vogliamo occuparci esclusivamente di numeri
complessi che hanno modulo 1.
Prendiamo i seguenti numeri complessi e scriviamoli in forma trigonometrica:
z1 1 z 1 cos 1 j sen 1
z2 1 z 2 cos 2 j sen 2
risulta
z 1 z 2 cos 1 2 j sen 1 2
Questo un risultato estremamente interessante perch illustra che per fare il prodotto di due
numeri complessi ci siamo ricondotti a fare una somma tra gli argomenti. Vi un'analogia con la
forma esponenziale:
a b a b
e e e
- il prodotto degli esponenziali si traduce in una somma degli esponenti;
il prodotto dei numeri complessi si traduce in una somma degli argomenti.
Questo ci porta a riflettere sulla possibilit che potrebbe esserci una forma di rappresentazione dei
numeri complessi come esponenziale. In effetti cos, ma certo non pu essere una forma
esponenziale di tipo reale, perch se si volesse rappresentare ad esempio il numero complesso j :
j cos j sen , chiaro che una forma esponenziale del tipo e 2 sarebbe un numero
2 2
reale, dunque non andrebbe bene. Bisogner in qualche misura introdurre un oggetto nuovo.
La forma corretta la seguente in quanto l'esponente non un numero reale ma un numero
immaginario:
j
z1 e 1
j
z2 e 2
Questa rappresentazione traduce molto bene anche il prodotto, infatti volendo fare il prodotto di due
numeri complessi dobbiamo fare la somma degli argomenti:
j j j
z1 z 2 e 1
e 2
e 1 2
Bisognerebbe per essere sicuri che questo tipo di notazione in qualche misura coerente con tutte
le propriet degli esponenziali. Pi avanti nel corso, quando avremo gli strumenti necessari,
dimostreremo che cos. Siamo dunque giunti alla
Formula di Eulero
ej cos j sen
Questa una formula fondamentale nel nostro cammino.
Familiarizziamo un po' con essa effettuando una divisione tra due numeri complessi:
j
z1 e 1
j
cos 1 2 j sin 1 2 = e 1 2
z2 e
j 2
Utilizzando la formula di Eulero possiamo scrivere un numero complesso nel seguente modo:
j
z e
La forma esponenziale una forma in cui si leggono agevolmente modulo e argomento ed
estremamente pratica per fare le operazioni di prodotto, di potenza, di radice n-sima.
Per esempio l'elevamento a potenza diviene il seguente:
n n
zn ej
n
ej
n
e jn
Esempi
Vediamo un esempio pratico.
Prendiamo z 3 3 3j
e facciamone la potenza ottava.
Diciamo subito che se dovessimo eseguire questo calcolo in forma cartesiana, ci ritroveremmo a
dover fare il prodotto di un binomio con due addendi per s stesso 8 volte, ed il calcolo
diventerebbe una cosa estremamente faticosa. Se invece scriviamo il numero complesso in forma
esponenziale questo diventa molto semplice:
2
z 3 3 32 36 6
Esempi - Pag. 6
Appunti di Capuzzo Alessandro - Numeri complessi
3
arg z arctg osserviamo che a 0 , quindi non si aggiunge
3 3 6
per cui la potenza
8
j j8
8 6 8 6
z 6e 6 e
E' molto importante verificare cosa succede z
graficamente, facendo una rappresentazione
geometrica; fare l'ottava potenza significato
elevare il modulo all'ottava potenza; ed avere fatto
una rotazione, moltiplicando l'argomento per 8. z8
Osserviamo adesso che se se noi facciamo variare k non otteniamo infinite radici distinte, perch
k 0 porta allo stesso angolo a cui porta k n , per cui sar sufficiente far variare k
nell'insieme k 0,1,2 ,... , n 1
Traduciamo in un esempio numerico.
Calcolare
4
2 2 3j
Il primo problema che affrontiamo scrivere il numero nella forma esponenziale:
2 2
2 2 3 2 2 3 16 4
2 3 4
arg z arctg (in questo caso a o per cui si aggiunge )
2 3 3
possiamo scrivere:
Esempi - Pag. 7
Appunti di Capuzzo Alessandro - Numeri complessi
4 4 2
4 j j kj
3 4 3 4
2 2 3j 4e 4e
z0
Rappresentiamo nel piano complesso le radici z1
quarte di z . Osserviamo che hanno tutte lo
stesso modulo: 4 4 2 2 . Quello che cambia
l'angolo perch dobbiamo variare il parametro k.
Osserviamo che al variare di k si ottengono
sempre gli stessi 4 punti, quindi per ottenere z3
radici distinte si prende, come gi detto, solo z2
k 0,1 ,2,3
I punti sono i vertici di un poligono regolare che
ha tanti lati quanto l'indice della radice (in
questo caso abbiamo un quadrato regolare inscritto nella circonferenza di raggio 2 .
Esempi - Pag. 8
Appunti di Capuzzo Alessandro - Numeri complessi
1 2
6 j kj
6 j j 6 6 6
1 e e e
In questo caso le altre radici si ottengono
2
attraverso una rotazione di
6 -1
j j j
z1 z2 1 e 1
2 e 2
1 2 e 1 2
z1
arg arg z 1 arg z 2
z2
Le dimostrazioni sono tutte immediate scrivendo il numero complesso sotto forma esponenziale.
2 2 j j4
z e
1 3j
Supponiamo di essere interessati, come spesso capita, a vedere subito il modulo e l'argomento di
questo numero complesso. Questo calcolo diviene semplice se noi utilizziamo le propriet che
abbiamo appena mostrato:
2 2j j 8
z e 4 1 2
1 3j 4
j
4
arg z arg 2 2 j arg 1 3j arg e arctg 1 arctg 3
4 4 3 4 6
Osservazione
z e j corrisponde ad una rotazione, in quanto il modulo di z non cambia, mentre l'argomento
viene moltiplicato per .
Si pu vedere dal grafico che effettivamente ogni prodotto per j corrisponde ad una rotazione di
, per cui calcolare le potenze di j diventa effettivamente semplice (si divide l'indice della
2
potenza per 4 e si prende il resto della divisione ...)
z 2j
vogliamo calcolarne il seno:
j 2j j 2j j 2 j 2
e e e e e e
sen 2j
2j 2j
se adesso riflettiamo su quanto vale e j , notiamo che ha modulo 1 ed argomento , dunque
j
il numero reale -1. Lo stesso vale per e . L'equazione diventa:
2 2
e e
sen 2j
2j
molte volte il j a denominatore disturba, quindi lo si porta a numeratore moltiplicando e
dividendo per j :
2
e2 j
2
e e e2
sen 2j j
2j j 2
Osserviamo che il seno di un numero complesso un numero complesso.
e e e e
senh cosh
2 2
Definizione in ambito complesso di seno e coseno iperbolico
ez e z
ez e z
senh z cosh z
2 2
Possiamo osservare che cos come seno e coseno complesso sono una combinazione di esponenziali
complessi, anche seno e coseno iperbolici complessi sono una combinazione di esponenziali
complessi, anche se ovviamente diversa. Dunque possiamo concludere che l'esponenziale
complesso comprende dentro di s tutte queste funzioni, ovvero, attraverso opportune combinazioni
di di esponenziale complesso si ottengono le funzioni seno e coseno circolari, seno e coseno
iperbolici, complessi.
Essendoci dunque questo legame con l'esponenziale complesso, possiamo dedurre che ci sar anche
un legame tra le funzioni seno e coseno circolari e seno e coseno iperbolici.
Calcoliamo il sen j z
ej jz
e j jz
e z
ez e z
ez j e z
ez ez e z
sen j z j j j senh z
2j 2j 2j j 2 2
Abbiamo trovato un legame molto stretto tra seno complesso di z e seno iperbolico complesso di z.
Analogamente si ottengono le altre relazioni. Il quadro generale risultante il seguente:
sen jz j senh z
senh jz j senz
cos jz cosh z
cosh jz cos z
Logaritmo complesso
Il logaritmo complesso si scrive nella forma
log z
Si utilizza la stessa notazione del logaritmo di un numero reale; sar il contesto a segnalarci se si
tratta del logaritmo di un numero reale o del logaritmo di un numero complesso. Prendiamo come
definizione di logaritmo quella che si ottiene in modo naturale, facendo il logaritmo del numero
complesso scritto sotto forma esponenziale:
j
z e per cui
log z log ej
diventa allora abbastanza naturale definire il logaritmo di un numero complesso in modo che siano
rispettate le propriet che avevano i logaritmi dei numeri reali. E' possibile scomporre il logaritmo
di un prodotto in una somma di logaritmi:
log ej log log e j
ricordando la periodicit dell'argomento, dobbiamo scrivere:
j j j k j
log e log log e log log e log j 2 k j
Dunque grazie ai conti che abbiamo fatto possiamo dare la definizione di logaritmo di un numero
complesso
log z log j 2 k j
Osserviamo il grafico.
Facendo il logaritmo, otteniamo un numero
2
complesso con parte reale uguale al logaritmo di
e parte immaginaria uguale a j 2 k j
Vediamo che solo la parte immaginaria ad essere
periodica di periodo 2 k . Questo, si traduce nel
fatto che esso star su di una retta parallela all'asse
delle ordinate (la x costante) ed apparir, partendo log
da un'ordinata uguale a (con k=0) con un
periodo di 2 j . Il logaritmo ci porta dunque ad
infiniti valori immaginari.
Vediamo un esempio.
j 2k j
3
log 1 j 3 log 2 e log 2 j 2k j
3
Esponenziale complesso
Attraverso il logaritmo complesso si pu anche definire l'esponenziale con base complessa:
log z log z j 2k j
z e e
Anche per l'esponenziale quando la base complessa otteniamo infiniti risultati.
Funzioni periodiche
Una funzione periodica tale se si verifica la seguente uguaglianza
x t x t T
Infatti aggiungere una costante reale alla nostra variabile t, significa traslare la nostra funzione a
sinistra di T , dal momento che la funzione traslata uguale alla funzione stessa ne consegue che
la funzione periodica di periodo T . Risulta immediato osservare che se T il periodo di
una funzione, risultano essere periodi della stessa funzione anche i suoi multipli, ovvero:
x t x t kT con k
se x t non una funzione costante e T il pi piccolo numero reale positivo, per il quale
si ha x t x t T
allora T detto periodo fondamentale o lunghezza d'onda.
Vediamo un esempio.
Quello rappresentato in figura un segnale
periodico di periodo T (traslando la
x t
funzione del periodo se ne ottiene una uguale)
Richiamiamo adesso alcuni altri oggetti che sono
importanti nella descrizione di una funzione
periodica:
T periodo
1 1 0 t
f frequenza T
T f
2
frequenza angolare
T
2
T
0 t
Polinomi di Fourier
I seguenti polinomi
n
Pn t 0 k cos k t k sen k t
k 1
n
Pn t 0 k sen k t k
k 1
n
jk t
Pn t k e
k n
*
k k k 2 Re k
*
k j k k 2 Im k
0 0
1k 1
osserviamo subito che k
k2 2
la frequenza angolare del polinomio 2 , quindi
2
T
k
osserviamo anche che il termine 1 1 vale -2 per k dispari e zero per k pari
Prendiamo adesso il polinomio per n = 1
1 2 j 2t 2 j 2t
P1 t e e
2 2 2
Vediamo i grafici.
P1 t
P3 t
P5 t
P7 t
Calcoliamo i polinomi
2j jt 2j
P1 t e e jt
2j
mettendo in evidenza otteniamo
2j 2j 4j
e jt e
jt
P1 t 2 j sen t j sen t
2j j 3t 2j jt 2j jt 2 j j 3t
P3 t e e e e
3 3
4
P3 t sen 3 t
3
Vediamo i grafici.
P1 t
P3 t
P5 t
P7 t
Questa volta abbiamo un'onda quadra. Anche in questo caso, all'aumentare di n ci si avvicina
sempre pi al segnale di base.
1 j2 t 1 j t 1 1 1 2
jej
t
j e j2
t
P2 t 1 je je 1 sen 2 t sen t
2 2
Vediamo i grafici.
P1 t
P3 t
P5 t
P7 t
quando h diverso da k siamo sicuri che l'integrale zero, in quanto l'esponenziale ha proprio
periodo T. Rimane dunque solo il caso in cui h=k che porta a
n n
T
2 2 2
Pn t o k dt T k
k n k n
Questo risultato ci dice che l'energia di un polinomio di Fourier strettamente legata ai suoi
coefficienti.
Se invece vogliamo esprimere l'energia nel caso in cui ci troviamo di fronte a polinomi di Fourier
nella forma reale sufficiente ricordare la relazione tra i coefficienti:
1
essendo k k j k e ricordando che 0 0 (la sommatoria comincia da 1), si ha
2
n
2 2 T 2 2
Pn t T 0 k k
2 k 1
e sostituirlo nell'integrale
n
T T T T
2 2 * jk t * jk t
= 0
x t dt 0
Pn t dt k 0
x t e dt k 0
x t e dt
k n
energia di x(t) energia di P n t T c *k T ck
n n
2
ck 2 T
*
= xc t T k ck k c*k =
k n k n
n n
2 2 2
= xc t T ck T k ck
k n k n
Riflettiamo adesso sul risultato ottenuto. Siamo partiti dalla differenza tra le energie del segnale e
del polinomio, dicendo che la loro differenza doveva essere minima.
Osserviamo che
il primo addendo l'energia di x(t), che data.
c k un coefficiente che si calcola ed ha valori ben precisi a seconda della funzione x(t).
invece un valore che possiamo cambiare, in quanto fa parte proprio del polinomio di
k
Fourier che vogliamo trovare.
Dunque i primi due addendi non cambiano al variare di k , perch sono legati ad x(t), mentre il
terzo addendo cambia il suo valore ed essendo un modulo lo cambia tra numeri positivi. Possiamo
dunque dire che la differenza minima quando minimo il terzo addendo, che minimo quando
uguale a zero. Per cui deve essere
1 T
jk t
k ck x t e dt
T 0
Questa espressione dunque molto importante perch ci fornisce il coefficiente del polinomio di
Fourier di x(t). Diamo dunque un nome a questo polinomio associato ad x(t) e ricapitoliamo la sua
espressione:
n
ck e j k
t
Xn t
x n
Ricordiamo anche che siamo partiti da una funzione periodica x(t) di periodo T. Trovata questa
espressione per un segnale complesso, il passaggio ai segnali reali rispetta gli stessi rapporti che ci
sono per i polinomi di Fourier gi visti:
n
Xn t a0 a k cos k t b k sen k t
k 1
1 T 1 T 1 T
a k c k c*k x t e jk t
dt x t e jk t dt x t e jk t
e jk t
dt
T 0 T 0 T 0
* 2 T
ak ck ck x t cos k t dt , k 0
T 0
1 T
a 0 c0 x t dt
T 0
2 T
a k c k c*k x t cos k t dt , k 0
T 0
2 T
bk j c k c*k x t sen k t dt k 0
T 0
Forma b x t a0 r k sen k t qk
k 1
rk a 2k b 2k
ak
q k arctan
bk se b k 0
c k e jk
t
Forma c x t
k
1 T
c0 a0 x t dt
T 0
1 1 T
jk t *
ck a j bk x t e dt k 0 c ck k 0
2 k T 0 k
Osservazione 1
Nel calcolo dei coefficienti di un polinomio di Fourier di un segnale x(t) interviene il calcolo di un
integrale tra 0 e T di una funzione periodica y(t). Fare questo integrale la stessa cosa che fare un
integrale tra t 0 e t 0 T , come si vede dal grafico
0 T t0 t0 T
Geometricamente evidente che le due aree sono uguali. Con semplici passaggi possibile
dimostrarlo anche analiticamente.
Lo scopo di questa osservazione che quando noi andiamo a cercarci i coefficienti del polinomio di
Fourier, possiamo farlo nell'intervallo pi comodo.
Generalmente l'applicazione pi usata di questa osservazione la seguente:
T
T
2
0
y t dt T y t dt
2
Osservazione 2
Abbiamo visto che
n n
2 2 2
0 x t Pn t xc t T ck T k ck 2
k n k n
n
ck 2
2
T xc t
k n
Questa viene chiamata disuguaglianza di Bessel e ci dice che l'energia del polinomio di Fourier
associato ad un segnale x(t) sicuramente minore o uguale all'energia del segnale stesso.
Serie di Fourier
Funzioni continue a tratti
Una funzione x(t) si dice continua a tratti in un intervallo I =[a,b] se continua in I eccetto che in
un numero finito di punti t i a , b e inoltre
lim x t esiste finito
-
t ti
Diciamo per esempio che i segnali considerati nei paragrafi precedenti (onda triangolare, onda
quadra, onda a dente di sega, ...) sono delle funzioni continue a tratti.
Se esistono i limiti descritti sopra infatti, le funzioni, nell'intervallo I, avranno un numero finito di
discontinuit (che sono discontinuit di 1 specie ovvero di tipo salto, appunto perch esistono finiti
il limite destro e sinistro, anche se diversi).
Nei paragrafi precedenti ci siamo occupati di vedere cos' la differenza tra l'energia di un segnale
periodico x(t) ed il rispettivo polinomio di Fourier. Abbiamo visto che essa
n
2 2 2
xc t Xn t xc t T ck
k n
ck e j k
t
x t nel senso della energia
k
Intendiamo x(t) uguale alla serie del secondo membro nel senso che la differenza tra x(t) e la
sommatoria finita tra -n ed n (che viene detta ridotta n-sima) tende a zero quando n tende a pi
infinito.
jk t
L'uguaglianza vista prima x t ck e
k
che era nel senso della energia, pu dunque essere definita un' uguaglianza nel senso delle norme (se
tende a zero una quantit, tende a zero anche la sua radice quadrata).
Si pu dire anche che la serie di Fourier, se x(t) continua a tratti, converge in norma quadratica
a x(t) .
Ipotizzando adesso che (come al solito) x(t) sia periodica di periodo T, definiamo il suo prodotto
scalare con un segnale y(t) anch'esso periodico.
T *
x t ,y t 0
x t y t dt prodotto scalare tra due funzioni definite in T
NOTA : E' lecito mettere il coniugato di y(t) in quanto si intende y(t) come un segnale reale che pu
benissimo essere espresso come funzione di variabile complessa; beninteso che se manca la parte
immaginaria, il coniugato di un numero reale non altro che il numero reale stesso.
Se noi facciamo il prodotto scalare di x(t) con s stessa, otteniamo
T T
* 2 2
x t ,x t 0
x t x t dt 0
x t dt x t
osserviamo dunque che c' un legame tra la norma quadratica ed il prodotto scalare: la norma
quadratica di un segnale il prodotto scalare di questo segnale per s stesso. Possiamo dunque
sfruttare questi nuovi strumenti per riprendere alcune considerazioni fatte in precedenza. Facciamo
il prodotto scalare delle seguenti armoniche elementari
T T
jk t jh t jk t jh t j k h t
e ,e 0
e e dt 0
e dt
se h k l'integrale vale 0 (essendo la funzione periodica)
se h k l'integrale vale T
dunque se le due funzioni sono uguali (h=k), il loro prodotto scalare uguale al periodo, se sono
diverse, nullo. Ricordiamo che la definizione di prodotto scalare di due vettori, dice che esso
nullo se questi sono ortogonali. Quindi, rispetto alla definizione che qui abbiamo dato di prodotto
scalare, possiamo dire che due armoniche distinte che siano diverse tra di loro, sono ortogonali .
Ricordando la formula che ci descrive il coefficiente di un polinomio di Fourier
1 T
k ck x t e j k t dt , la possiamo riscrivere nel seguente modo, sfruttando la definizione
T 0
Traslazioni
sia il segnale periodico
x t x t T continuo a tratti e siano
1 T
jk t
ck x t e dt i suoi coefficienti e sia
T 0
x t ck e j k t
la sua serie di Fourier.
k
e supponiamo di traslarlo di t 0 :
x t x t t0
otteniamo, risolvendo il semplice seguente integrale (lascio al lettore il compito di farlo)
1 T
jk t jk t0
ck x t e dt c k e
T 0
x t ck e j k t
la sua serie di Fourier.
k
ck e j k
at
x t cambia la frequenza angolare
k
Convergenza puntuale
Prendiamo delle funzioni che dipendano da un indice (possiamo benissimo pensare anche a dei
polinomi di Fourier, se n va da pi a meno infinito possiamo pensare a delle serie di Fourier)
yn t con n oppure n
facciamo la ridotta k-sima
n
Sn t yk t
k 0
S t yk t
k 0
Si osserva abbiamo ottenuto una serie numerica, perch y n t 0 un ben preciso numero che
dipende appunto da y 1 , y 2 e cos via, calcolati in t 0 . Allora ha senso porsi la questione di
vedere cosa succede nel limite della successione numerica che abbiamo ottenuto
lim S n t 0
k
Se questo limite esiste finito e vale S, viene detto somma della serie nel senso puntuale.
lim S t 0 S t0 yk t0
k k 0
Se il limite esiste finito per ogni t o I , allora possiamo generalizzare il concetto e parlare di
convergenza puntuale in un intervallo
S t yk t con t I
k 0
Cerchiamo adesso di portare questo discorso alle serie di Fourier. Abbiamo la serie
2
x t ck e j k t
con T (uguaglianza sempre nel senso della energia)
k
n
jk t0
X n t0 ck e
k n
possiamo dire che abbiamo anche in questo caso una successione numerica, e per n che tende ad
infinito abbiamo
X t X t0
se e solo se sono verificate le seguenti condizioni:
x t continua a tratti in 0,T
x t regolarizzata
x' t anch'essa continua a tratti in 0,T
x 0+ x T-
e risulta x 0 x T
2
A queste condizioni la serie converge puntualmente al segnale x(t).
Se ci avviene l'uguaglianza
ck e j k
t
x t nel senso puntuale.
k
Convergenza uniforme
Prendiamo anche in questo caso delle funzioni che dipendano da un indice (possiamo benissimo
pensare anche a dei polinomi di Fourier)
yn t con n oppure n
facciamo la ridotta k-sima
n
Sn t yk t
k n
S t yk t
k
Osservazione.
Prendiamo il coefficiente di una serie di Fourier.
1 T 2
jk t 2
ck x t e dt
T T 2
T
moltiplichiamo ambo i membri per il periodo
T 2
jk t
T ck T 2
x t e dt
2 k
se consideriamo k possiamo scrivere
T
T 2 j t
T ck T 2
x t e k
dt X k
Come abbiamo detto per T molto grande si pu pensare di ottenere valori discreti sempre pi
ravvicinati fino ad ottenere quasi il grafico di una funzione continua.
Possiamo dunque, operando sulle serie di Fourier, pensare di operare anche su funzioni non
periodiche facendo tendere il periodo ad infinito (ottenendo cos funzioni continue nella
variabile k ) ed introducendo dunque la trasformata di Fourier, della quale ci occuperemo
per pi avanti.
Esempio 1.
Prendiamo la funzione
*
f z z
e facciamo il limite del rapporto incrementale lungo differenti direzioni.
Ricordiamo innanzitutto che z x j y
Iniziamo a fare il limite in una direzione parallela all'asse delle x ( y 0 ). Otteniamo
f z x f z
lim
z 0 x
y 0
f z z f z f 1
lim la derivata parziale fatta rispetto a y, con la costante .
z 0 z j y j
x 0
I calcoli si potevano infatti fare senza fare il limite del rapporto incrementale, ma semplicemente
esprimendo la funzione complessa in forma cartesiana e derivando rispetto ad x ed y.
Riprendiamo la funzione f z z* x
j y e facciamone le derivate parziali (moltiplicando la
1
derivata parziale della y per il coefficiente , pensando la funzione come una funzione di due
j
variabili reali in cui intervengono dei coefficienti immaginari (che sono costanti):
x jy x jy
1 1
x j y
Esempio 2.
Prendiamo la funzione
z
f z e
Iniziamo a fare il limite in una direzione parallela all'asse delle x ( y 0 ). Otteniamo
f z x f z
lim
z 0 x
y 0
cio
ez j y
ez ez e j y 1
lim lim
y 0 j y y 0 j y
a questo punto si potrebbe trarre subito la stessa conclusione raggiunta calcolando il precedente
limite (cio che siamo di fronte ad un limite fondamentale), ma siccome in questo caso
intervengono coefficienti immaginari che non erano presenti quando nei moduli precedenti
studiavamo i limiti, eseguiamo qualche ulteriore passaggio facendo intervenire la formula di Eulero
ez e j y 1 e z cos y j sen y 1 z cos y 1 j sen y
lim lim lim e
y 0 j y y 0 j y y 0 j y j y
abbiamo cos due limiti fondamentali
1 cos y 1 sen y 0
ez lim lim ez 1 ez
j y 0 y y 0 y j
Ci si accorge che la derivata parziale fatta rispetto ad x d lo stesso risultato della derivata parziale
fatta rispetto a jy .
Osservazione finale.
Abbiamo visto che ci sono funzioni complesse di variabile complessa per le quali, cambiando la
direzione di derivazione, cambia il valore del limite del rapporto incrementale, mentre sembrerebbe
che ce ne siano altre per le quali, anche cambiando la direzione dell'incremento, il valore del limite
del rapporto incrementale non cambia.
Pensiamo a f z come a una funzione decomposta in due funzioni reali di variabile reale nel
seguente modo f z u x , y j v x , y
e nello stesso modo trattiamo il differenziale di z
dz dx j dy
L'integrale risulta dunque essere il seguente
f z dz u x,y j v xy dx j dy =
u x , y dx v x , y dy jv x , y dx j u x , y dy =
quindi il nostro integrale di linea di partenza non altro che la somma di due integrali di una sola
variabile.
Applichiamo ad alcuni esempi il calcolo dell'integrale di linea e facciamolo su due diverse curve,
e 1 , che hanno per la caratteristica di avere in comune i punti di partenza e di arrivo.
Dunque ci sono funzioni complesse di variabile complessa per le quali cambiando il cammino di
integrazione cambia il valore dell'integrale, mentre ce ne sono altre per le quali, pur cambiando
il cammino d'integrazione, il valore dell'integrale sembrerebbe non cambiare.
Funzioni analitiche
Le considerazioni fatte nel paragrafo precedente ci consentono di proseguire il nostro cammino con
altre considerazioni molto importanti.
Definizione 1
Supponiamo di avere f z :
f z z f z
se lim esiste indipendentemente dalla direzione dell'incremento
z 0 z
allora si dice che la funzione f z : derivabile e si scrive
f z z f z
f' z lim
z 0 z
si usano anche le seguenti scritture equivalenti
df
f' z Df z
dz
Ci sono dunque dei casi di funzione complessa in cui si pu parlare di derivata.
Definizione 2
Supponiamo di avere f z :
essa detta olomorfa in (regione connessa e regolare di )
se z , f' z
(cio se in tutta la regione esiste la derivata, nel senso che abbiamo dato in Definizione 1
Prendiamo per esempio la funzione
*
f z z
abbiamo visto che d risultati differenti a seconda che noi facciamo il limite del rapporto
incrementale in una direzione parallela all'asse x o parallela all'asse y, quindi la funzione non ha
derivata, dunque non olomorfa.
Invece la funzione
f z ez
ha un limite del rapporto incrementale che non dipende dalla direzione (come avevamo infatti
dedotto dai conti fatti nei paragrafi precedenti) ed dunque derivabile in tutto ed ivi
olomorfa.
Teorema.
2 2
u u
0 uguaglianza che si usa anche scrivere nel seguente modo
x2 y2
2 2
2 2
u 0
x y
L'operatore tra parentesi tonde viene descritto col simbolo e viene chiamato operatore di
Laplace.
L'equazione di Laplace dunque
u 0
e, grazie ai passaggi che abbiamo appena svolto possiamo dire che se soddisfatta la condizione di
Cauchy Riemann, l'equazione di Laplace risulta vera.
Quando una funzione reale di due variabili reali soddisfa l'equazione di Laplace, possiamo dire che
una funzione armonica.
Un ragionamento analogo ci porta a dire che anche la parte immaginaria di un'equazione complessa,
che soddisfa la condizione di Cauchy-Riemann, una funzione armonica.
Lasciamo allo studente l'esercizio di verificare l'uguaglianza di Cauchy-Riemann secondo gli altri
due possibili procedimenti.
1 2 3 4
per riuscire a comprendere meglio questo integrale lungo un percorso , bisogna esplicitare
parte reale e parte immaginaria di f z , per cui
f z dz u x,y jv x,y dx j dy =
u x , y dx v x , y dy j v x , y dx u x , y dy
1 Perch ci possa essere detto necessario avere analiticit in una regione pi grande che contiene sia che il
suo bordo.
v u
0
x y
ma questa una delle condizioni di Cauchy-Riemann e siccome noi abbiamo supposto all'inizio che
f z analitica in siamo sicuri che verificata.
Allo stesso modo pu essere trattato il secondo integrale, quindi la loro somma uguale a zero, e
questo prova il teorema di Cauchy2.
Vediamo adesso quale interesse possiamo avere per il teorema di Cauchy con un esempio
esplicativo.
Supponiamo di essere in campo complesso e di avere una regione dove f z analitica, e
supponiamo di indicare con 1 il contorno
della regione. Supponiamo infine di voler fare
l'integrale su 1 di f z in dz . A 1
ma c' una propriet estremamente importante che riguarda i cammini di integrazione ordinari in
campo reale. Ricordiamo che quando si doveva calcolare l'integrale
b c b
a
f dt a
f dt c
f dt
si poteva spezzare il cammino di integrazione nella somma di due integrali.
Poich abbiamo visto che l'integrale di linea in campo complesso si riduce ad integrali ordinari in
campo reale, dove questa propriet vale, possiamo affermare che
f z dz f z dz f z dz 0
1 2 1 2
e di nuovo in modo analogo a quello che succede per gli integrali ordinari, possiamo dire che se
scambiamo gli estremi di integrazione, cambiamo il segno all'integrale, quindi cambiando il verso di
percorrenza di 2 cambiamo il segno all'integrale, per cui
f z dz f z dz f z dz f z dz 0
1 2 1 2
La straordinaria importanza di questa conclusione sta nel fatto di verificare che fare l'integrale su
2 Evidentemente rinviando i dettagli ad un problema che classico in ambito reale e che riguarda i campi vettoriali.
1 di f z in dz . Notiamo
innanzitutto che f z analitica
dappertutto escluso che nel punto 0. 2
Noi, per, grazie al teorema di Cauchy
possiamo disegnare la circonferenza
unitaria 2 ed osservare che la curva
1 pu essere sostituita dalla
circonferenza unitaria in quanto la
regione compresa tra le due curve tutta
di analiticit per f z .
Abbiamo quindi
1 1
f z dz dz dz
1 1 z 2 z
Poco fa abbiamo visto come possibile esprimere la curva come funzione, o della variabile x o della
variabile y, ma possibile esprimere la curva anche attraverso delle coordinate polari. Possiamo
descrivere i punti che stanno sulla circonferenza unitaria, attraverso gli esponenziali complessi, nel
seguente modo : z e j . Infatti al variare di descriviamo tutti i punti della circonferenza
unitaria quando 0 2 . E' dunque molto facile anche dire che dz D e j d jej d
Siamo dunque nelle condizioni di trasformare il nostro integrale in dz lungo una curva, in un
integrale ordinario lungo una circonferenza unitaria:
1 2 1 2
dz jej d j d j2
2 z 0
e
j 0
z0 , allora
1 f z
f z0 dz
2 j z z0
Vediamo qualche cenno di dimostrazione, z0
calcolando l'integrale della formula.
Prendiamo la regione (per semplicit
la prendiamo senza buchi ma la questione
non modifica il ragionamento che stiamo
facendo), con il suo bordo orientato .
Osserviamo subito che fare l'integrale su
, poich la regione tutta di
analiticit, la stessa cosa che fare
l'integrale su di una circonferenza di centro z 0 e raggio , proprio grazie al teorema di
Cauchy. Cerchiamo dunque di rappresentare i punti di : prendiamo l'equazione di una
j
circonferenza di raggio sul piano complesso z e ed effettuiamo una traslazione per
j
imporre che il suo centro sia z 0 , ottenendo z z 0 e . Il suo modulo dunque
z z0 , ed il suo differenziale, derivando ovviamente il secondo membro rispetto a ,
j
diventa dz j e d .
L'integrale che noi vogliamo calcolare allora diventa
j
1 2 f z0 e j 1 2 j
f z0 j e d f z0 e d
2 j 0
e
j
2 0
osserviamo adesso che, proprio grazie al teorema di Cauchy, questo integrale sempre uguale,
qualunque sia (purch la circonferenza di raggio stia dentro la regione ). Facendo
allora il limite per che tende a zero di tutto l'integrale, continueremo ad avere lo stesso
risultato, otteniamo dunque
1 2 f z0
f z0 f z0 d 2 f z0
2 0 2
Si dimostrato quindi che l'uguaglianza valida.
Facciamo adesso una interessante riflessione che mette in evidenza l'importanza di questa formula.
Sia f z analitica in , z0 , allora possiamo dire, grazie alla formula di Cauchy,
che la sua conoscenza determinata dalla conoscenza dei suoi valori nel bordo.
Riscriviamo infatti la formula utilizzando uno zeta generico e non fissato, cambiando il nome alla
variabile indipendente
1 f
f z d
2 j z
quindi possiamo conoscere il valore di un generico punto z se conosciamo la funzione sul bordo.
per cui
f 1 f
d
x 2 j z
2
per cui
f j f f 1 f
d d
j y 2 j z
2
y 2 j z
2
le due derivate parziali danno lo stesso risultato e questa uguaglianza dice che la funzione soddisfa
la condizione di Cauchy-Riemann.
Questo ci permette di dire che
df f f
dz x y
e quindi
1 f
f' z 2
d
2 j z
Partendo adesso dall'espressione di derivata prima di f appena ottenuta, possiamo derivare ancora
ottenendo
2 f
f '' z 3
d
2 j z
e se si prosegue cos, constatando che le due derivate parziali sono uguali, si giunge alla
n! f
fn z n 1
d
2 j z
espressione della derivata n-sima, che anche la giustificazione del fatto che una funzione
complessa, se ha derivata prima, ha ogni ordine di derivata.
Sviluppi in serie
Sviluppi in serie di Taylor
Sia f z analitica in , z0 .
Costruiamo la circonferenza centrata in z 0 , in modo tale che sia tutta contenuta in ed
abbia raggio . Abbiamo dimostrato nel
capitolo precedente che la funzione f z
ha infinite derivate in ogni punto di .
Dimostriamo adesso che sotto queste ipotesi z0
vale la seguente
n
z : z z0 f z an z z0
n 0
n
f z0
dove an
n!
Queste sono potenze con esponente positivo e si chiamano serie di Taylor e c' una perfetta analogia
con le serie di Taylor gi studiate in ambito reale (al posto della z c'era la x). E' importante per lo
studente imparare ad esplicitare ( bene farlo spesso le prime volte che si maneggiano le serie):
n
f z an z z0 a0 a1 z z0 a 2 z z 0 2 +...
n 0
z z0
osserviamo adesso il contenuto di 1
, esso corrisponde ad uno meno una certa
z0
quantit complessa, il cui modulo lo ritroviamo nella diseguaglianza che ci eravamo ricavati in
precedenza, ovvero
z z0 z z0
z0
osserviamo per che noi avevamo preso z in modo tale che fosse dentro la circonferenza di raggio
, per cui risulta ovvio che
z z0
k 1 questo rapporto uguale ad un valore k<1 e ne consegue che
z z0 z z0
k 1
z0
Dopo avere effettuato queste osservazioni, torniamo alla prima formula di Cauchy
1 f
f z d
2 j z
e sostituiamo il denominatore dell'integrale con quello che ci siamo ricavati
1 1
f z f d
2 j z z0
z0 1
z0
z z0
se adesso noi pensiamo al termine come alla ragione k di una serie (il ragionamento
z0
analogo a quello che si fa in campo reale), ricordando che una serie geometrica convergente aveva
1
come risultato , possiamo dire che abbiamo proprio il risultato di una serie geometrica
1 k
1 n
z z0 z z0
1
z0 n 0 z0
n
1
Vediamo adesso f z che ha sviluppo
1 z
f z 1 z z 2 z 3 + ... + z n zn
n 0
Questa funzione per non analitica nel punto 1 per cui, avendo calcolato lo sviluppo nell'origine,
ci accorgiamo che il raggio di convergenza 1, cio la serie converge per numeri complessi che
hanno modulo strettamente minore di uno. Dunque per calcolare il raggio di convergenza
sufficiente calcolare la distanza tra il punto z 0 e il pi vicino punto di non analiticit.
2 3 4
jt jt jt jt
e 1 jt +...
2! 3! 4!
esplicitiamo meglio gli sviluppi
2 3 4
jt t t t
e 1 jt j +...
2! 3! 4!
2 3 4
jt t t t
e 1 jt j +...
2! 3! 4!
sommiamo adesso le due serie membro a membro (e termine a termine per il membro di destra)
jt jt t2 t
4
e jt e jt
e e 2 2 2 +...= 2 cos t cos t
2! 4! 2
sottraendo membro a membro otteniamo
t3 e jt e
jt
jt jt
e e 2 jt 2 j +...= 2 j sin t sin t
3! 2j
Abbiamo ottenuto le definizioni di seno e coseno complessi. Se noi eseguiamo la seguente somma
e jt e jt
e jt e jt
jt
cos t j sen t j e
2 2j
otteniamo esattamente la formula di Eulero che quindi cos completamente giustificata.
1 f
cn n 1
d
2 j z0
osserviamo che l'espressione di c n formalmente la stessa di a n delle serie di Taylor, ma in
questo caso la dobbiamo calcolare non solo con n positivo ma anche con n negativo, facciamo
dunque attenzione al fatto che l'espressione non ci fornisce pi la derivata n-sima di f z ,
perch questo era possibile a due condizioni: con n positivo e con f z analitica in z 0 , ed
entrambe le condizioni non si verificano.
La dimostrazione si effettua separando la sommatoria in due pezzi nel seguente modo
n n n 1
n n n
f z cn z z 0 f z cn z z 0 f z cn z z 0
n n 0 n
e ragionando sui due pezzi separatamente, nello stesso modo in cui abbiamo ragionato per la serie di
Taylor.
Consideriamo
sen z
f z calcolata in z0 0
z3
osserviamo subito che in z 0 la funzione non esiste ed il suo modulo tende ad infinito, mentre
invece in tutti gli altri punti del piano complesso la funzione analitica, quindi possiamo pensare di
fare lo sviluppo di Laurent, con una corona dalla circonferenza interna molto piccola ed una esterna
molto grande.
Ma calcolare il coefficiente di uno sviluppo di Laurent vuol dire risolvere un integrale complesso, il
che molto difficile, quindi si ricorre ad alcuni artifizi che ci permettono di calcolare in realt uno
sviluppo di Taylor che ci porti poi a quello di Laurent cercato.
Vediamo come si fa in questo caso. Si pensa alla nostra funzione come ad un prodotto
sen z 1
f z sen z
z3 z3
osserviamo che il primo termine gi sviluppato in potenza di z per cui non necessita di nessun
ulteriore calcolo, mentre sen z per z 0 0 ha uno sviluppo di Taylor in quanto analitica in
tutto . Possiamo dunque scrivere
1 1 n z2n 1
f z serie di Taylor del seno in z 0 1
z3 z3 n 0 2n 1 !
ed esplicitando otteniamo
1 1 z2 z4
f z + ...
z2 3! 5! 7!
n 0 n 1 n 2 n 3
osserviamo che si tratta in realt di una serie di potenze di z, ma non si tratta solo di potenze
Consideriamo
cos z
g z
z
calcolata in z0 0
e procediamo con lo stesso metodo, ottenendo la serie di Laurent cercata
cos z 1 1 z2 z4 z6 1 z z3 z5
g z cos z 1 + ... + ...
z z z 2! 4! 6! z 2! 4! 6!
Singolarit
Vogliamo utilizzare gli sviluppi in serie di Laurent per classificare alcuni punti di interesse per le
applicazioni la cui caratteristica proprio legata al tipo di serie di Laurent, centrata in questi punti.
Iniziamo quindi dando il quadro delle ipotesi in cui ci muoveremo.
Supponiamo di avere una regione del piano complesso che ha le caratteristiche di essere un
insieme aperto, connesso, supponiamo inoltre di avere un bordo regolare e di sapere che, eccetto che
in un punto z 0 una funzione f z sia sicuramente analitica. In sintesi
f z analitica in z0
Adesso si pu prendere una corona circolare centrata in z 0 ed in essa fare lo sviluppo di Laurent.
Ovviamente dovr essere 0 z z 0 r , per
cui risulter
n
n
f z cn z z 0
n
1 f
con c n n 1
d r
2 j z0
z0
con bordo qualunque nell'intervallo di
analiticit. Osserviamo che potrebbero esserci delle
situazioni in cui i c n sono nulli. Aggiungiamo
adesso delle informazioni sulla f z e vediamo
cosa implicano.
f(z) analitica in z0 :
vediamo quali ripercussioni porta questa informazione sulla serie di Laurent. Cominciamo col
prendere n 1 e vediamo come fatto il denominatore
1 n 1
n 1
z0
z0
attenzione, essendo n 1 risulta essere n 1 0 , quindi in realt ci troviamo di fronte
ad un polinomio e non ad una fratta, quindi tutto l'integrando analitico, ne consegue che
1 f
cn d 0 n 1
2 j z0 n 1
E' facile osservare che lo sviluppo di Laurent si riduce ad uno sviluppo di Taylor. Di
conseguenza possiamo dire che lo sviluppo di Laurent ha tutti i coefficienti con n minore di zero
nulli. E' vero anche l'inverso, ovvero se tutti i coefficienti con n minore di zero dello sviluppo di
Laurent sono nulli, la funzione sicuramente analitica. Questa situazione ci porta ai seguenti due
sotto casi
f(z) analitica in z 0 e f z0 0
Singolarit - Pag.67
Appunti di Capuzzo Alessandro - Singolarit
osserviamo che per l'ipotesi iniziale il coefficiente c 0 diverso da zero, quindi la sommatoria
parte da zero, in quanto i coefficienti di n minore di zero sono nulli perch la funzione analitica
in z 0 .
f(z) analitica in z 0 e f z0 0
diciamo subito che il coefficiente c 0 deve essere uguale a zero e che lo sviluppo ha
molteplicit uguale a N. Infatti l'indice della sommatoria non parte pi da zero, perch in zero il
coefficiente nullo; partir dunque da un coefficiente pi grande di zero, che indicato proprio
dalla molteplicit. Costruiamo lo sviluppo in serie di Laurent
n
f z cn z z 0
n , c0 0
n N
In questo caso si dice anche che la funzione, analitica in z 0 , ha uno zero di ordine N.
Facciamo adesso la seguente considerazione: abbiamo detto che se una funzione ha uno zero in
z 0 analitica e i coefficienti del suo sviluppo hanno le seguenti caratteristiche
cn 0 n N 1 z z0
cN 0 f z
Singolarit isolate
Le singolarit sono i punti di non analiticit.
Abbiamo una regione di analiticit, come al solito, dove il punto z 0 un punto di non analiticit
e viene detto singolarit isolata se l'unico in un suo intorno ad avere questa caratteristica. In altre
parole possibile centrare una circonferenza su z 0 , dentro la quale z 0 l'unico punto di non
analiticit.
Parleremo delle seguenti singolarit, che vengono dette singolarit isolate uniformi
Polo di 1 ordine
Polo di ordine N
Singolarit essenziale
Faremo infine un accenno anche agli altri casi, comunque questi tre tipi di singolarit sono di gran
lunga le pi presenti nelle applicazioni e di conseguenza le pi importanti.
Poli di 1 ordine
Abbiamo f z analitica in z0 con il seguente sviluppo di Laurent
n
n
f z cn z z 0 con c 1 0 e cn 0 n 1
n 1
Inizialmente non sappiamo dire da quale indice parte la serie, ma sviluppando i calcoli termine a
termine osserviamo che b n 0 n 1 . In sintesi
1
analitica e nulla in z 0 di ordine 1, in quanto b1 0
f z
Riassumendo, abbiamo trovato tre modi per dire che una funzione un polo del primo ordine:
1) se il suo sviluppo di Laurent parte da un indice -1;
h z
2) se f z pu essere riscritta come f z con h(z) analitica e h z 0 0 ;
z z0
1
3) se analitica e nulla in z 0 di ordine 1.
f z
z2 z4 n z 2n n z2n
f z cos z 1 + ... + 1 1 in z 0 0
2! 4! 2n ! n 0 2n !
osserviamo che
non ci sono potenze negative
c0 0
Conclusione: cos z in z 0 0 analitica e non nulla.
z3 z5 n z 2n 1 n z2n 1
sen z z + ... + 1 1 in z 0 0
3! 5! 2n 1 ! n 0 2n 1 !
osserviamo che
non ci sono potenze negative
c0 0
c1 0
Conclusione: sen z in z 0 0 uno zero di 1 ordine
f z z sen z in z 0
il primo termine , z , gi sviluppato in potenze di z z0 , mentre se vogliamo
sviluppare il secondo termine dobbiamo porre t z ed essendo
t3 t5 n t 2n 1
sen t t + ... + 1
3! 5! 2n 1 !
si ottiene, sostituendo
3 5 2n 1
z z n z
sen z z + ... + 1
3! 5! 2n 1 !
lo sviluppo dunque
3 5 2n 1
z z n z
f z z z + ... + 1
3! 5! 2n 1 !
3 5 2n 1
z z n z
f z 2 z + ... + 1
3! 5! 2n 1 !
osserviamo che
non ci sono potenze negative
c0 0
c1 0
Conclusione: f z z sen z in z 0 uno zero di 1 ordine
sen z
f z in z 0 0
z
1 1 z3 z5 n z 2n 1
f z svil. del seno z + ... + 1 =
z z 3! 5! 2n 1 !
z2 z4 n z 2n
= 1 + ... + 1
3! 5! 2n 1 !
osserviamo che
non ci sono potenze negative
c0 0
sen z
Conclusione: f z in z 0 0 analitica e non nulla.
z
Il risultato ottenuto in quest'ultimo esempio interessante perch ci indica che la funzione
analitica pur essendoci una z a denominatore. Bisogna quindi stare attenti a non trarre mai
conclusioni azzardate. Ricordiamo come gi detto infatti che nel campo complesso, se una funzione
limitata in un intorno di un punto in tal punto analitica. Non si considera pi quindi il suo limite
ma proprio il valore che essa assume.
f z cn z z 0
n z0
n N
con c N 0 e cn 0 n N
Se esplicitiamo lo sviluppo e mettiamo in
1
evidenza otteniamo
z z0 N
1
f z N
cN cN 1 z z 0 + ...
z z0
h z
cos z
f z 4 in z 0 0
z
Ci sono due diversi modi per valutare le singolarit di una funzione. Il primo fare lo sviluppo in
serie di Laurent, utilizzando lo sviluppo in serie di Taylor
cos z 1 z2 z4 1 1 1
f z 1 + ... + ...
z4 z4 2! 4! z4 2 ! z2 4!
Osserviamo che 1 c 4 0 , per cui abbiamo un polo di ordine 4 in z0 0 .
z sen z 2 cos z 2
f z 6 in z 0 0
z
Se il numeratore, ponendo z 0 , venisse diverso da zero, potremmo subito dire di avere un polo
del 6 ordine in z 0 ; per zero, quindi dobbiamo per forza passare attraverso gli sviluppi di
Laurent.
3 5 2 4 6
z z z z z
z z + ... 2 2 2 2 + ... 2
3! 5! 2! 4! 6!
f z 6
=
z
z4 z6 z2 z4 z6
z2 + ... 2 2 2 + ...
3! 5! 2! 4! 6!
= =
z6
2 2 z4 z4 z6 z6 z4 z6
z z 4 2 6 2 + ... 2 4 + ...
4! 4! 6! 6! 4! 6!
= 6
= 6
=
z z
2 4
= + ...
4 ! z2 6!
si vede che la funzione un polo del 2 ordine in z0 0
1
f z prendendo in considerazione i punti
z 4 z3 z2 15
z1 4
z2 0
z3 j
z4 j
osserviamo che questi 4 punti sono i punti che annullano il denominatore. Esso infatti un prodotto
di pi fattori:
il 1 si annulla in 4
il 2 si annulla in 0
il 3 si annulla in j
Questi quattro zeri del denominatore sono candidati ad essere delle singolarit di tipo polare.
Facciamo uno studio per ciascuno di questi.
z1 4
La funzione pu essere riscritta nel seguente modo
1
3 2
z z 1
f z
z 45
e possiamo osservare che nel punto 4 il numeratore analitico e diverso da zero, quindi
1
corretto porre h z e si riscrive la funzione proprio nel seguente modo
z z2 1
3
h z
f z 5
z 4
Quindi la funzione in z 1 4 un polo di ordine N =5.
z2 0
La funzione pu essere riscritta nel seguente modo
1
5
z 4 z2 1
f z 3
z
ed anche in questo caso il numeratore analitico e diverso da zero in 0, per cui
h z
f z
z3
e la funzione in z 2 0 un polo di ordine N=3.
z3 j
Prima si fattorizza il termine z2 1 z j z j e la funzione pu essere riscritta nel
seguente modo
1
5
3
z 4 z z j h z
f z
z j z j
e la funzione in z3 j un polo del 1 ordine
z3 j
Si fattorizza nuovamente il termine z2 1 z j z j e la funzione pu essere riscritta
nel seguente modo
1
z 4 z3 z
5
j h z
f z
z j z j
e la funzione in z4 j un polo del 1 ordine
Singolarit essenziali
Siamo sempre nelle condizioni di poter
fare uno sviluppo in una corona circolare e
supponiamo che esso sia il seguente
n
n
f z cn z z 0 2
n r
ove c n 0 per infiniti n negativi. 1
z0
Osserviamo subito che in questo caso non
possibile avere un N dal quale la serie
parta, come nel caso dei poli. In questo
caso si dice che f(z) ha in z 0 una
singolarit essenziale.
Facciamo la seguente considerazione:
N
f(z) ha in z 0 una singolarit essenziale se z z0 f z non analitica in z0 N .
Per spiegarci meglio ricordiamo che quando avevamo una funzione che in z 0 aveva un polo di
ordine N, era valida la seguente
h z
f z N f z z z0 N
h z
z z0
bene, nel caso di singolarit essenziale non esiste N per il quale l'uguaglianza si verifica, ovvero lo
sviluppo in serie di Laurent ha infinite potenze negative.
Un'altra caratteristica delle singolarit essenziali la seguente
f z non limitata per z z 0 ed il lim f z non esiste.
z z0
f z ez
Cerchiamo lo sviluppo di Laurent in z0 0 .
La funzione analitica dappertutto escluso che nello zero, quindi possibile calcolare i coefficienti
c n , solo che un'operazione piuttosto laboriosa, cerchiamo dunque una scorciatoia.
Conosciamo il seguente sviluppo
2 3 n n
t t t t t
e 1 t +...+
2! 3! n! n 0 n!
e sappiamo che il suo raggio di convergenza infinito, in quanto la funzione analitica in tutto il
piano complesso. Quindi, se, come in questo caso, la funzione converge per ogni t, allora noi
1
possiamo prendere t , quindi possiamo sostituire
z
2 3 n
1 1 1
1
z 1 z z z 1 1 1 1 1
e 1 +...+ 1 +...+ n
z 2! 3! n! z 2
z 2!
3
z 3! z n! n 0
n
z n!
osserviamo per che abbiamo ottenuto infinite potenze negative. Abbiamo dunque una singolarit
essenziale.
1
f z sen da sviluppare in z0 0
z
E' una funzione analitica in tutto il piano complesso escluso lo zero, quindi cerchiamo il suo
1
sviluppo. Poniamo ancora t con z 0 e otteniamo
z
1 1 1 1
sen + ...
z z 3
z 3!
5
z 5!
Anche questo uno sviluppo convergente formato da infinite potenze negative. Abbiamo una
singolarit essenziale.
Osservazione.
Prendiamo l'inversa di f z :
1
g z
1
sen
z
1 1
questa si annulla per k z con k 0
z k
Se rappresentiamo nel piano questi punti, osserviamo
che si addensano verso l'origine del piano complesso,
e questo significa che in ogni intorno del punto z 0 ,
ci sono sempre degli zeri del denominatore che sono
tutti poli del 1 ordine. Abbiamo una singolarit non
isolata.
Punto all'infinito di C
Il modo pi efficace per rendere visivo
il punto all'infinito di ! quello di
operare come segue. Immaginiamo di
disegnare il piano complesso in modo
che sia ortogonale al foglio. Abbiamo
in questo modo un asse verticale che
non fa parte del piano. Appoggiamo
una sfera di raggio unitario al piano,
tangente nell'origine, ed operiamo
attraverso una proiezione geometrica
che viene chiamata proiezione
stereografica. Il centro della sfera si
trova nel punto di coordinate (0,0,1),
mentre il suo polo nord si trova nel
punto di coordinate (0,0,2) ed il polo
sud ha coordinate (0,0,0). Cerchiamo
di costruire una corrispondenza
biunivoca tra i punti che stanno sulla
superficie sferica ed i punti che stanno sul piano x,y, nel seguente modo: congiungiamo con una
retta il polo nord della sfera con un punto di coordinate x 0, y 0 nel piano, ebbene questa retta
interseca la sfera in un punto. Diciamo quindi che il punto del piano complesso ed il punto della
sfera sono in corrispondenza biunivoca. Ci si rende intuitivamente conto che in questo modo tutti i
punti del piano sono in corrispondenza con tutti i punti della sfera eccetto uno, il polo nord della
sfera. Questo ci permette di affermare che il polo nord rappresenta il punto all'infinito del piano
complesso.
Sempre ragionando sulla proiezione stereografica del piano complesso possiamo osservare che il
punto all'infinito non altro che un punto come tutti gli altri ed per questo che ci possiamo
chiedere cosa l'intorno del punto all'infinito. Sempre sulla superficie sferica possiamo prendere
una calotta che sta intorno al polo nord ed osservare che la sua proiezione sul piano complesso una
circonferenza che ha un raggio tanto maggiore quanto pi la calotta, cio l'intorno del polo nord,
piccola, ovvero tanto pi ci avviciniamo al polo nord stesso. I punti che stanno all'esterno della
circonferenza sul piano complesso, corrispondono a quelli che si trovano all'interno della calotta e
sono l'intorno di infinito.
La funzione analitica in z0 , w 0 0 se c n 0 n 1
Vi uno zero di ordine N se c n 0 n" N c N 0
Vi in polo di ordine N se c n 0 n"N c N 0
C' una singolarit essenziale se c N 0 per infiniti indici n"0 .
3
z in
f z z0
z 1 z 2 z 3
1
si fa subito il cambio di variabile z z0 w0 0
w
1 w3 1 w3
g w
w3 1 w 1 2w 1 3w w3 1 w 1 2 w 1 3 w
w w w
1
g w 1 in w 0 0
1 w 1 2w 1 3w
#e j2 ej 1
Nei punti distinti da z 0 0 la funzione analitica ma comunque molto particolare da studiare,
perch quando si fissa l'angolo % in realt si individua una determinazione, come se si
decomponesse il piano complesso in tanti piani complessi paralleli uno all'altro e collegati tra loro
dai punti di diramazione, quindi la funzione analitica in ciascuna delle determinazioni e quando se
ne fa il giro completo intorno ad un punto di diramazione non si torna al punto di partenza ma ci si
infilati in un'altra diramazione.
Questa una caratteristica delle funzioni che danno pi valori.
Se proviamo a mettere su di un grafico tutti questi valori ci accorgiamo che stanno tutti sull'asse
immaginario e si addensano avvicinandosi allo zero; z 0 0 dunque una singolarit non isolata.
Tabelle riassuntive
Tipi di singolarit
TIPO ESEMPIO NEL PUNTO
sen z
apparenti z0 0
z
1
poli z0 1
z 1
Singolarit 1
essenziali ez z0 0
punti di diramazione #z z0 0
1
non isolate 1 z0 0
senh
z
Maggiori singolarit
1
f SERIE LIMITE ESEMPIO
f
cos z
polo N zero N 2
N z
1
essenziale non polo non esiste e z
Osservazioni finali
Consideriamo la funzione
2 k 1
z
f z e in z 0
1
sostituiamo w
z
2k
1
w
f w e
2
e vediamo che abbiamo una singolarit
essenziale. Riscriviamo adesso la funzione come
f z e z e x e j % e prendiamo solo questi O
valori dell'argomento: 0 % 2 . Abbiamo in
pratica ristretto il dominio ad una fascia come
descritto in figura, dove gli assi rappresentano
modulo e argomento del numero complesso. Se
proviamo adesso a vedere qual' l'immagine di
questa restrizione del dominio, ci accorgiamo
che tutto il piano complesso escluso lo zero, in
quanto e x il modulo della funzione e ci da
tutti i valori, escluso lo zero, e j % l'argomento
e nella restrizione che ci siamo dati, vengono
comunque compresi tutti i possibili angoli. Se
adesso noi andiamo a cercare una circonferenza grande, centrata nello zero, ci accorgiamo che per
quanto grande essa sia (ovvero se prendiamo un intorno di infinito, per quanto piccolo esso sia) ci
accorgiamo che esister sempre una fascia esterna a questa circonferenza (dentro l'intorno di
infinito), che avr come immagine tutto ! e sar del tipo 2 k ,2 k 1 . Questo ci
chiarisce ulteriormente il significato del teorema di Piccard e della non esistenza del limite per una
singolarit essenziale.
Residui
Sia f z analitica in e sia z 0 una
singolarit isolata. E' dunque possibile
considerare una corona z z0 r ,
dove la funzione analitica e z 0 sia r
l'unica singolarit.
In questa regione possiamo fare lo
sviluppo di Laurent ed ottenere al solito z0
n
n
f z cn z z 0
n
con uguale a qualunque cammino chiuso all'interno della corona circolare (abbiamo inoltre
utilizzato il simbolo di integrale chiuso per sottolineare il fatto che una curva chiusa).
Osserviamo quindi che l'espressione di c 1 e quindi del residuo la seguente
1
Rf z z0 c 1 f z dz
2 j
Teorema dei residui.
Sia f z analitica in eccetto che in z k con k 1,2,3 ,... , n (ovvero eccetto che in
un numero finito di punti che evidentemente sono delle singolarit isolate per la funzione),
allora
n
f z dz 2 j Rf z zk
k 1
Residui - Pag.85
Appunti di Capuzzo Alessandro - Residui
k
zk
1
z1
2
z2
zn n
Consideriamoli inoltre percorsi in senso orario. Possiamo adesso considerare l'integrale di linea che
ha per cammino il bordo della regione alla quale sono stati tolti gli n cerchi (ovvero vi
abbiamo creato dei buchi) ognuno dei quali le ha sottratto un punto di non analiticit, per cui la
regione cos bucata tutta di analiticit.
Grazie al teorema di Cauchy risulta quindi vero che
... ...
f z 0
1 2 k n
ma per la propriet di addittivit degli integrali, l'integrale sopra pu essere visto come una somma
di integrali (o sottrazione, se si inverte il senso del cammino)
f z dz f z dz f z dz ... f z dz ... f z dz 0
1 2 k n
R f z1 R f z2 R f zn
osserviamo che ognuno dei termini tra parentesi quadre altro non che il residuo calcolato nel punto
z k . Questo ci porta alla stessa conclusione del teorema dei residui, ovvero
Residui - Pag.86
Appunti di Capuzzo Alessandro - Residui
n
f z dz 2 j Rf z zk
k 1
Si potrebbe osservare che il teorema dei residui ci complica la vita, in quanto siamo passati da un
unico integrale di linea ad n integrali di linea, ma non cos, poich vedremo che il calcolo pratico
dei residui in realt molto semplice. Quindi il teorema dei residui acquisisce una grande
importanza nei calcoli pratici.
Supponiamo di avere la funzione
1
f z singolare in z 0 0 e di chiederci qual' il suo residuo nell'origine.
z
Abbiamo
1 1
Rf 0 dz
2 j z
Essendo una curva arbitraria, scegliamo la circonferenza di raggio unitario centrata in z0 0 ,
j
ovvero : e 0 2
si ha
z ej
j
dz je d
e l'integrale diventa
1 2 1 1
Rf 0 jej d
2 j 1
2 j 0
e j
2 j
Osservazione.
Supponiamo di avere una regione che tutta di analiticit eccetto alcuni punti. La sua
particolarit di avere un numero m finito di singolarit anche sul bordo le quali chiameremo z i .
Osserviamo che la presenza di singolarit sulla curva di integrazione rende l'integrale di linea un
integrale improprio e non pi sufficiente cercare di parametrizzare le curve per dargli un
significato. Bisogna cercare di interpretarlo in un modo opportuno che prende il nome di valor
principale secondo Cauchy (v.p.).
Questa situazione modifica la formula del teorema dei residui nel seguente modo
n m
1
f z dz 2 j Rf z zk Rf z zi zk zi
k 1 2i 1
possiamo osservare che il contributo dei residui sul bordo viene dimezzato.
Residui - Pag.87
Appunti di Capuzzo Alessandro - Residui
2z 1
f z 2
z z 2
Vogliamo calcolare i residui nelle sue singolarit, che sono evidentemente, essendo una funzione
razionale, i punti in cui si annulla il denominatore, verificato che non si annulli nello stesso punto
anche il numeratore.
Risolviamo dunque l'equazione
z2 z 2 0
il denominatore si annulla in
z1 2
z2 1
Risolviamo l'esercizio utilizzando entrambe le regole
Applichiamo la 1 regola.
Riscriviamo f z evidenziando le singolarit
2z 1
f z
z 2 z 1
osserviamo che quando noi vogliamo calcolare il residuo nel punto z 1 2 avremo
2z 1
h z
z 1
f z
z 2
da calcolare appunto in z 1 2 ed otteniamo
2z 1 5
Rf 2
z 1 2 3
se invece vogliamo calcolare il residuo nel punto z 2 1 avremo
2z 1
h z
z 2
f z
z 1
da calcolare appunto in z 2 1 ed otteniamo
2z 1 1
Rf 1
z 2 2 3
Applichiamo la seconda regola
n z 2z 1
f z
d z 2
z z 2
n zk 2z 1
R f zk 1
d zk 2z 1
per cui nel punto z 1 2 avremo
n z1 2 z1 1 5
R f z1 1
d z1 2 z1 1 3
e nel punto z2 1 avremo
n z2 2 z2 1 1
R f z2 1
d z2 2 z2 1 3
- Pag.89
Appunti di Capuzzo Alessandro - Residui
se per noi ricordiamo che i coefficienti dello sviluppo di Taylor ci vengono forniti dalla derivata
n 1
n-sima, possiamo ritenere che h z0 n 1 ! c 1 per cui il calcolo pratico
h n 1 z0
c 1
n 1 !
L'espressione del residuo dunque la seguente
n 1
1 n 1 1 d
R f z0 h z0 R f z0 lim z z0 n f z
n 1 ! n 1 ! z z dz n0
1
osserviamo che per n 1 ci si ritrova esattamente la stessa definizione data per i poli di 1 ordine,
mentre non abbiamo una regola pratica per quanto riguarda funzioni espresse in forma frazionaria,
che un'esclusivit dei poli di 1 ordine.
2
z 1
f z 2
z 1
la funzione non analitica in z 0 1 dove vi un polo del 2 ordine.
vediamo che la funzione analitica
2
h z z 1
ed essendo n 2 dobbiamo farne la derivata prima calcolata nella singolarit ovvero nel punto 1.
1
h 1 2 z 1 z 1 4
quindi il residuo della funzione nel punto 1 uguale a 4.
sen z
f z 3
z
la funzione singolare nel punto z 0 0 e se facciamo lo sviluppo di Laurent ci accorgiamo che
un polo del 2 ordine.
sen z
Dobbiamo quindi pensare che sia analitica (in zero infatti il suo limite 1, un limite
z
fondamentale) e riscrivere la funzione nel seguente modo
sen z
z
f z
z2
per cui si ha che il residuo vale
d sen z z cos z sen z
Rf 0
dz z z 0 z
2
z 0
non dobbiamo dimenticarci mai che dobbiamo vedere questa funzione sempre come un limite, che
0
in questo caso, svolgendo i calcoli risulterebbe indeterminato . Per capire quanto vale
0
possiamo provare a fare lo sviluppo di Taylor a numeratore
z2 z3
1 + ... z z + ...
cos z sen z 2! 3!
Rf 0 0
z2 z 0 z2 z 0
Sommando i termini del numeratore si vede che lo sviluppo di Taylor parte da una potenza cubica,
quindi di ordine maggiore e predominante sul denominatore. In questo caso il residuo zero,
bisogna dunque stare attenti a non pensare che siccome il residuo nullo la funzione sia analitica,
perch un polo del 2 ordine ed in z 0 abbiamo una singolarit.
ez
f z 2
z 1
si vede che z 1 un polo del 2 ordine e che h z e z , per cui
Rf 1 h1 1 ez z 1 e
f x dx
convergente, sempre nel caso che Q(x) non abbia zeri sull'asse reale. Estendendo la variabile x al
piano complesso dove Re z = x, il calcolo dell'integrale pu essere fatto col metodo dei residui:
siano gli z k poli di f z con Im z k !0, 1 k n (nella regione) e
siano gli z i poli semplici di f z con Im z i 0, 1 i m (nel bordo della regione)
allora abbiamo
n m
1
f x dx 2 j Rf z zk Rf z zi
k 1 2i 1
-R +R
Se noi scriviamo l'integrale di linea di f z dove la linea l'asse reale, che inizialmente
supponiamo privo di singolarit, abbiamo
R
f x dx ,
f z dz lim R
f z dz lim R, R
f z dz
R R
integrale improprio integrale di linea su "
integrale improprio pensato come limite integrale di linea su #
f x dx lim R, R
f z dz lim f z dz R,R
f z dz
R R R R
Se siamo invece nel caso in cui si hanno delle singolarit sull'asse reale esse contribuiranno per la
met della loro sommatoria; giungeremo cos alla formula inizialmente enunciata
n m
1 .
f x dx 2 j Rf z zk Rf z zi
k 1 2i 1
1
dx
1 x2
La prima osservazione che possiamo fare che noi questo integrale improprio lo sapevamo gi
calcolare. Quello che vogliamo fare infatti introdurre un metodo nuovo ed alternativo per il
calcolo degli integrali impropri, che si dimostra comunque pi rapido ed efficace di quello
tradizionale.
Il primo passo da fare dunque pensare all'integrale come cammino sull'asse reale del piano
complesso di una funzione complessa nel seguente modo.
1 1
2
dx , 2
dz
1 x 1 z
Le singolarit sono nel punto j e nel punto -j, nel semipiano positivo c' la sola singolarit j,
possiamo dunque subito dire che
1 1
dx 2 jR 1 j 2 j
1 x
2
1 x
2 2z z j
2 2
x z
2 2
dx , 2 2
dz
1 x 1 z
Anche in questo caso le singolarit sono nel punto j e nel punto -j, nel semipiano positivo c' la sola
singolarit j, ma adesso sono poli doppi.
Calcoliamo il residuo
2
z2 2 j z
2
d z2 2z j z 2j j j j2 2 j j
R z
2 =
1 z 2 2 dz j z 2
z j j z 4 z j j j 4
2 2
2j 2j j 2 2j 8j 4j 4j j
=
2j
4
16 16 4
L'integrale vale dunque
x2 j
dx 2 j
1 x
2 2
4 2
Per persuaderci sull'efficacia del metodo dei residui lasciamo allo studente il calcolo dell'integrale
secondo il metodo tradizionale ( molto pi complesso)
2 2
x z
dx dz
1 x4 ,
1 z4
Vediamo che le singolarit sono le radici quarte di z=-1
2
4 j k j
$4
1 $e j 2k j
e 4 4
Abbiamo quindi
x2 z2 z2 z2
dx dz 2 j =
1 x4 ,
1 z4 4 z3 e
j
4 4 z3 e
3j
4
1 j
4 1 3j
4 1 j2
4
j
4
j
4
j
2
=2 j e e 2 j e e e je 2 cos =
4 4 4 2 4
= j j 2 cos 2 cos
$2
2 4 2 4 2
singolarit sul semipiano negativo per gli z h che hanno parte immaginaria 0
P s jas
con f s e
Q s
Vediamo un esempio.
e jat
dt
1 t2
Dobbiamo dunque distinguere due casi
n a
e a
a!0 2 j R jat j 2 j e
k 1
e
1 t2
2j
n a
e a
a 0 2 j R jat j 2 j e
k 1
e
1 t2
2j
Infatti abbiamo
t!0
e& t & 0
st &t j%t
e e
&t t 0
e 0
&
La dimostrazione di nuovo legata al fatto che quando il cammino di integrazione una retta
parallela agli assi coordinati, possiamo pensare di nuovo all'integrale come il limite di un integrale
tra & 0 jR e & 0 jR , con R che tende a pi infinito e possiamo nuovamente chiudere il
cammino con delle semicirconferenze. Evidentemente bisogna scegliere il semipiano di destra od il
semipiano di sinistra a seconda che il modulo dell'esponenziale tenda a zero quando & o
quando & . Quindi il ruolo dell'esponenziale complesso quello di indicarci su quale
semipiano dobbiamo lavorare. Se t!0 sar allora il semipiano di sinistra, se t 0 sar il
semipiano di destra.
1 &0 j 1
2
e s t ds dove & 0 !0
2 j &0 j
s 1
Il lemma di Jordan ci dice che questo integrale uguale alle seguenti espressioni
n
1
t!0 2 j Rf sk Re s k & 0
1 &0 j 1 st 2 j s
e ds k 1
2 j &0 j
s2 1 1
n
t 0 2 j Rf s sk Re s k !& 0
2 j k 1
nel nostro caso i poli sono ' j e si trovano entrambi nel semipiano a sinistra della curva di
integrazione. Quindi nel semipiano di destra la funzione analitica e l'integrale vale dunque zero,
mentre nel semipiano di sinistra vale
1
2 j Rf s j Rf s j
2 j
Quindi non dobbiamo fare altro che calcolare i due residui e sommarli.
st
e e jt
Rf s j s j
2 s j 2
st jt
e e
Rf s j s j
2 s j 2
L'integrale risulta essere
jt jt
e e
per t!0 int j j sin t
2 2
per t 0 int 0
Si usa scrivere questo risultato come
u t sint dove u t la funzione
gradino unitario, la quale vale uno per
t>0 e zero per t<0 e che quindi riassume
bene il risultato ottenuto.
1 &0 j s st
2
e ds dove & 0 !0
2 j &0 j
s 1
Ci troviamo in una situazione analoga a quella dell'esempio precedente. Osserviamo che il grado del
numeratore uno ed il grado del denominatore due, quindi l'ipotesi necessaria per poter mettere in
pratica il lemma di Jordan, che richiede che il grado del denominatore sia strettamente maggiore del
grado del numeratore verificata.
Anche in questo caso le singolarit (j e -j) si trovano tutte a sinistra del cammino di integrazione.
Distinguendo i casi abbiamo di nuovo zero per t<0 mentre per t>0
1
2 j Rf s j Rf s j
2 j
st jt
se e
Rf s j
2s s j 2
per cui l'integrale vale
jt jt jt jt
e e e e
per t!0 int = cos t
2 2 2
per t 0 int = 0
Utilizzando la funzione gradino unitario possiamo scrivere
1 &0 j s
2
e s t ds = u t cos t
2 j &0 j
s 1
1 &0 j 1 st
e ds dove & 0 !0
2 j &0 j s
Ci troviamo nelle condizioni di poter applicare il lemma di Jordan. Guardando l'integrando ci
accorgiamo che c' un unico polo semplice nell'origine, abbiamo dunque
1
per t!0 int = 2 j Rf s 0
2 j
per t 0 int = 0
Il residuo in zero vale
Rf s 0 e st s 0 1 L'integrale vale dunque u t , la funzione gradino di t.
Ricordiamo al lettore che gli esempi appena svolti sono molto importanti perch in realt sono
esempi di trasformate di Laplace.
Supponiamo adesso di voler calcolare
sen t
dt
t
Questo integrale a prima vista non ha le caratteristiche degli integrali che si risolvono col lemma di
Jordan perch non c' l'esponenziale complesso, mentre in realt noi possiamo osservare che sen t
non altro che la parte immaginaria di un esponenziale complesso, quindi possiamo riscrivere
l'integrale nel seguente modo
jt
e
Im dt
t
chiaro che prendere la parte immaginaria prima dell'integrale, o prenderla dopo, la stessa cosa,
jt js
e e
possiamo dunque scrivere Im dt Im ds
t s
Ci ritroviamo dunque a dover risolvere un integrale con cammino di integrazione parallelo all'asse
delle ascisse e possiamo sfruttare il lemma di Jordan, dobbiamo dunque vedere dove il modulo
dell'esponenziale tende a zero
jz j& j j% %
e e e
che tende a zero nel semipiano delle %!0 , risulta dunque, facendo attenzione che in questo caso
l'unica singolarit non si trova all'interno della regione, bens sul cammino d'integrazione
js
e 1 e calcolando il residuo si ha
Im ds Im 2 j R 0
s 2 f s
e js 1
Im ds Im 2 j 1 Im j
s 2
Facciamo osservare con quale semplicit abbiamo calcolato un integrale che non era invece
integrabile elementarmente. Quindi passare al campo complesso risulta molto utile per il calcolo di
integrali difficili od impossibili da risolvere elementarmente.
2
2s 1 A B
F s q
s 2 s 1 s 2 s 1
con q, A e B costanti da ricavare.
Il metodo semplice : sufficiente rifare i passaggi all'incontrario (effettuando il m.c.d.)
A B qs 2 qs 2 qs 2 q As A Bs 2 B
F s q
s 2 s 1 s 2 s 1
ordinare il polinomio ottenuto a numeratore
qs 2 q 2q A B s 2q A 2 B
F s
s 2 s 1
e ricordarsi che trovandoci di fronte ad un'uguaglianza tra due frazioni,
2 s2 1 qs 2 q 2q A B s 2q A 2 B
s 2 s 1 s 2 s 1
tali frazioni, essendo i denominatori uguali, sono uguali solo se sono uguali i numeratori che,
essendo due polinomi, sono uguali se hanno uguali i coefficienti dei termini dello stesso grado. E'
sufficiente quindi imporre tali uguaglianze in un sistema
q 2
q A B 0
2q A 2 B 1
che da soluzioni
q 2
A 3
B 1
Riassumendo
2 s2 1 3 1
F s 2
s 2 s 1 s 2 s 1
Questa una via efficace e funzionante, ma possiamo osservare che se i poli sono numerosi,
aumentano le incognite ed il sistema diventa molto pesante.
Parliamo adesso della decomposizione con il metodo dei residui. Consideriamo
Nm s A1 A2 A
F s Qm n s + ... + n
Dn s s s1 s s2 s sn
con s1, s 2,... , s n poli semplici per F s
Proviamo a rappresentare questi poli nel piano complesso e poi contorniamo ogni polo con un
circoletto, in modo da avere un unico polo per ogni circoletto e diamo il nome al circoletto che
contorna s1 di 1 , e cos via.
1 k
3 k
Ak
F s ds
k k s sk
Ponendo s s k ej con 0 2
(sono due diversi modi per descrivere la circonferenza che ruota intorno a sk )
ed ovviamente
ds jej d
si ottiene
Ak 2 1
ds Ak jej d 2 j Ak
k s sk 0
ej
Mentre se prendiamo F s
, possiamo osservare che non altro che la definizione di residuo
k
2 s2 1 3
Rf s 1 1
s 2 s 1 3
per cui
2
2s 1 3 1
F s 2
s 2 s 1 s 2 s 1
Osserviamo che il metodo dei residui ci permette di calcolare i coefficienti in modo arbitrario ed
indipendente, senza doverli necessariamente calcolare tutti tramite un sistema.
15 s 4 10 s 3 45 s 2 16 s 12
F s
s 2 s 1 s s 1 s 2
Osserviamo subito che al numeratore abbiamo un polinomio di 4 grado ed al denominatore di 5,
quindi non ci sono termini polinomiali.
Avremo dunque una decomposizione composta da 5 addendi, a ciascuno dei quali corrisponde uno
dei poli della nostra funzione razionale (osserviamo che il numeratore in nessuno di questi poli si
annulla, abbiamo quindi effettivamente 5 poli del 1 ordine)
4 3
15 s 10 s 45 s 16 s 12
2
Rf s 2 Rf s 1 Rf s 0 Rf s 1 Rf s 2
F s
s 2 s 1 s s 1 s 2 s 2 s 1 s s 1 s 2
Calcoliamo i residui
15 s 4 10 s 3 45 s 2 16 s 12
Rf s 2 =
s 1 s s 1 s 2 s 2
4 3 2
15 2 10 2 45 2 16 2 12
= =
2 1 2 2 1 2 2
15 16 10 8 45 4 16 2 12 240 80 180 32 12 24
= 1
1 2 3 4 24 24
15 s 4 10 s3 45 s 2 16 s 12
Rf s 2 2
s 2 s s 1 s 2 s 1
4 3 2
15 s 10 s 45 s 16 s 12
Rf s 0 3
s 2 s 1 s 1 s 2 s 0
15 s 4 10 s 3 45 s 2 16 s 12
Rf s 1 4
s 2 s 1 s s 2 s 1
4 3 2
15 s 10 s 45 s 16 s 12
Rf s 2 5
s 2 s 1 s s 1 s 2
Suggeriamo allo studente di provare ad effettuare la stessa decomposizione con il metodo del
sistema algebrico, proprio per verificare che effettivamente il calcolo molto pi complesso.
Poli multipli
Siamo nel caso
Nm s Nm s An An 1 A1
F s Qm n s + ... +
Dn s s s0
n
s s0
n
s s0
n 1
s s0
1
solo se m n
Nm s Nm s Rs s0 n 1
f s
s0 Rs s0 n 2
f s
s0 Rf s s0
F s Qm n s + ... +
Dn s s s0 n
s s0 n
s s0 n 1
s s0 1
solo se m n
s5
F s 5
s 1
s 0 1 un polo del 5ordine, perch annulla il denominatore con uno zero del 5 ordine, mentre
non annulla il numeratore. Osserviamo anche che numeratore e denominatore hanno lo stesso grado,
quindi se effettuiamo la divisione dei due polinomi otteniamo una costante q 1 .
Abbiamo
s5 A5 A4 A3 A2 A1
F s 1
s 1 5
s s0 5
s s0 4
s s0 3
s s0 2
s s0
Osserviamo anche che nel nostro caso s0 1 , possiamo quindi gi mettere il valore del polo
s5 A5 A4 A3 A2 A1
F s 1
s 1
5
s 1
5
s 1
4
s 1
3
s 1
2
s 1
Abbiamo visto che
An R F s s so
n 1 s0
A5 R s 5
4
1 Rs 5 1 s5 s 1 1
s 1
s 1 5
s 1
An 1 RF s s so n 2 s0
d 5
A4 R s 5 1 Rs 5 1 s 5 s4 s 1 5
s 1 5
s 1 3
s 1 2 ds s 1
An 2 RF s s so
n 3 s0
1 d2 5 1
A3 R s 5 1 Rs 5 1 ! s ! 20 s 3 10
s 1
5
s 1
2
s 1
3 2 ds 2 s 1
2 s 1
An 3 RF s s so n 4 s0
1 d3 5 1 2
A2 R s 5 1 Rs 5 1 ! s ! 60 s 10
s 1 5
s 1
s 1 4
3 ds 3 s 1
3 s 1
1 d4 5 1
A1 R s
5 1 ! s ! 120 s 5
s 1 5 4 ds 4 s 1
4 s 1
Nel prossimo esempio mettiamo insieme sia un polo multiplo che un polo semplice.
3 2
2s 4s 3s 1
F s 2
s 1 s 1
Osserviamo che la funzione ha in
s1 1 un polo semplice
s2 1 un polo doppio
ed il polinomio a numeratore non si annulla n in 1 n in -1.
Il numeratore di 3 grado, come il denominatore, quindi prima di tutto nella decomposizione
dovremo tener conto di un polinomio di grado zero frutto della divisione tra di essi (q=2). Si ha
2 s3 4 s 2 3 s 1 Rf s 1 Rs 1 f s 1 Rf s 1
F s 2
s 12 s 1 s 1 s 1 2
s 1
polo semplice polo doppio
2 3 2
d 2 s3 4 s 2 3 s 1 d 6s 8s 3 s 1 2s 4s 3s 1
Rf s 1 0
ds s 1 s 1 ds s 12 s 1
Non ci dobbiamo stupire che il calcolo di un residuo sia uguale a zero, lo avevamo gi osservato.
2 s3 4 s 2 3 s 1
Rf s s 1 1 1
s 1 s 1
2 s3 4 s 2 3 s 1 2 1
F s 2
s 12 s 1 s 1 s 1
2
con 0 j 0 che sono le due soluzioni complesse coniugate. Aggiungiamo anche nelle ipotesi
che N m s sia un polinomio di grado m a coefficienti reali. Osserviamo anche che il
denominatore pu essere riscritto come un prodotto notevole
2 2
s 0 j 0 s 0 j 0 s 0 j 0 s 0 j 0 s 0 j 0 =
2 2
= s 0 0
che ci dice che in realt abbiamo un polinomio a coefficienti reali. Stiamo quindi trattando della
decomposizione in fratti semplici di una funzione razionale a coefficienti reali, il cui denominatore
ha soluzioni complesse coniugate. La prima osservazione che facciamo che possiamo trattare
questi poli complessi coniugati come poli semplici, possiamo quindi osservare che
Nm s RF s 0 j 0 RF s 0 j 0
F s Qm 2
s 0 j 0 s 0 j 0 s 0 j 0 s 0 j 0
se m 2
N.B.:
Tutte le volte che siamo in presenza di una funzione razionale a coefficienti reali, se abbiamo
un polo complesso c' anche il complesso coniugato;
Il residuo nei poli complessi coniugati d dei risultati complessi coniugati.
RF s 0 j 0 j
Riscriviamo nuovamente
Nm s j j
F s Qm 2
s 0 j 0 s 0 j 0 s 0 j 0 s 0 j 0
se m 2
Come gi accennato, abbiamo fatto la fatica di presentare la nostra funzione sotto questa forma
sempre in funzione di quello che sar il calcolo dell'antitrasformata di Laplace.
10 s 22
F s 2
s 4 s 13
Vogliamo decomporre la funzione in fratti semplici, evidentemente dobbiamo prima vedere che tipo
di singolarit polari ha. Il primo passo quindi sicuramente vedere dove si annulla il denominatore
s 2 4 13 2 j3
Il denominatore ha due zeri complessi coniugati, quindi la nostra frazione ha due poli complessi
coniugati ( facile osservare che il denominatore non si annulla in 2 j3 . Osserviamo ancora
che il numeratore di grado inferiore al denominatore (non abbiamo quindi il termine polinomiale).
Riprendendo la
s 0 0
F s Qm 2 2 2 2
2 2 2
s 0 0 s 0 0
se m 2
s 2 3
F s 2 2
2 2
s 2 9 s 2 9
Notazione che tra l'altro ci permette di individuare al volo i poli della funzione.
Calcoliamo adesso il residuo nel punto 0 j 0 che nel nostro caso 2 j3 . A tal fine
dobbiamo ricordare la formula per il calcolo dei residui in poli del primo ordine. Se ricordiamo il
metodo pi semplice, quando la funzione si presentava in forma frazionaria era prendere il
numeratore e la derivata del denominatore. Abbiamo
10 s 22 20 j30 22 42 j30 7 j5
RF s 2 j3 5 j7
2s 4 s 2 j3 4 j6 4 j6 j
Risulta
5
7
e sostituendo i risultati ottenuti abbiamo
s 2 3
F s 10 2
14
s 2 9 s 22 9
Ricordiamo infine di stare attenti, proprio al fine degli utilizzi futuri, di non semplificare
ulteriormente (ad esempio moltiplicando -14 e 3)e di lasciare il risultato nella forma ottenuta.
s2
F s 2
2s 2s 1
Vediamo dove si annulla il denominatore
1 1 2 1 1
s j
2 2 2
Ivi il numeratore non si annulla quindi siamo in presenza di due poli semplici complessi coniugati.
1
Osserviamo che numeratore e denominatore hanno lo stesso grado quindi q . A questo punto
2
applichiamo la formula
1 s 1 2 1 2
F s 2 2
2 s 1 22 1 4 s 1 22 1 4
Calcoliamo il residuo del polo semplice complesso utilizzando il metodo di fare la derivata del
denominatore
1 1 j
2
1 1 s 4 4 2 1
RF s j 1 1
2 2 4s 2 s
2
j
2
2 2j 2 4
Il residuo un numero reale, sostituendo abbiamo
1 1 s 1 2
F s
2 2 s 1 22 1 4
Vediamo adesso un esempio che racchiuda tutti gli argomenti che abbiamo trattato circa la
decomposizione in fratti semplici.
5
3s 7
F s 3 2
2s s 1
Vediamo innanzitutto quali sono le singolarit della funzione
s0 0 uno zero del 3 per il denominatore e non annulla il numeratore: polo del 3 ord.
s1,2 j poli semplici complessi coniugati.
Vediamo qual' l'espressione della decomposizione.
Prima di tutto osserviamo il grado di numeratore e denominatore: sono di pari grado per cui
comparir una costante q 3 2 . Prendiamo adesso in considerazione il polo del 3 ordine nello
zero. Effettuare la decomposizione di una frazione avente un polo del 3 ordine significa ritrovarsi 3
addendi
Rs F 2
s
0 R sF s 0 RF s 0
s
3
s
2
s
Prendiamo adesso in considerazione i poli semplici complessi coniugati ricordando che
0 0 0 1
e riscriviamo la decomposizione per essi
s 1
2 2
2 2
s 1 s 1
Abbiamo quindi
3 s5 7 3 Rs F2
s
0 R sF s 0 RF s 0 s 1
F s 2 2
2 s3 s 2 1 2 s
3
s
2
s s
2
1 s
2
1
Calcoliamo tutti i residui
Polo semplice, prendiamo la parte analitica
3 s5 7 7
Rs 2
F s
0 R 3 s5 7
0
2 s s2 1
2 s2 1 s 0
2
Distribuzioni
Le distribuzioni vogliono essere una generalizzazione delle funzioni, cio si vuole poter pensare le
funzioni come sottoinsieme delle distribuzioni le quali, nello stesso tempo, comprendono anche
oggetti nuovi. Detto diversamente, si fa in modo che le propriet che avevano le funzioni e tutte le
operazioni che si potevano fare su di esse, vengono ereditate tali e quali dalle distribuzioni che ne
permettono per di nuove.
Le distribuzioni vengono indicate con il simbolo ' .
Vogliamo studiare le distribuzioni su tre aspetti
Funzionali
Limiti
Derivate
Funzionali
Vogliamo prima di ogni cosa pensare ad una funzione come ad un funzionale. Supponiamo di avere
la funzione f t . Pensarla come un funzionale significa pensarla inserita nel seguente integrale
f t t dt
Ovviamente bisogner supporre che f t abbia determinate caratteristiche, per esempio, tali che
l'integrale abbia senso. Lo stesso deve valere per la funzione t che viene definita funzione di
prova, ed appartiene ad un insieme che viene detto insieme delle funzioni di prova, simboleggiato
da una Insieme che ha la caratteristica di contenere solo funzioni infinite volte derivabili e
nulle all'infuori di un certo intervallo finito. Funzioni di questo tipo non danno nessun problema di
integrazione.
La ragione per cui diamo la definizione di funzionale a questo integrale che ci permette di
associare ad una certa funzione di prova, un numero reale.
In questo caso siamo partiti da una funzione f t e l'abbiamo pensata come funzionale, ma in
realt ci sono dei funzionali sulle funzioni di prova che non sono descritti da nessuna funzione e che
sono quindi dei nuovi oggetti.
Il pi importante il seguente
t t dt 0
L'oggetto t non una funzione, perch non esiste nessuna funzione tale che se fosse sostituita
ad esso nell'integrale, quest'ultimo non perderebbe di significato.
Questo nuovo oggetto viene definito delta di Dirac.
Per dare una giusta interpretazione a questi simboli bisogna pensare a f n t come ad una
distribuzione, ovvero un funzionale
fn t t dt
che, come abbiamo scritto sopra, fissata una funzione di prova, d come risultato un numero. Quindi
la nostra successione di funzioni diventa una successione numerica, della quale facciamo il limite
per n che tende ad infinito, e questo il limite nel senso delle distribuzioni.
Quello che otteniamo, in qualche caso sar ancora una funzione, in altri casi sar un nuovo
funzionale f t tale che, applicato a t , dia come risultato lo stesso risultato del limite.
n
fn t t dt f t t dt
Vediamo, con un esempio, cosa succede prendendo una famiglia di funzioni e facendo il limite in
questo nuovo senso ( importante prendere delle funzioni che tendano a dei nuovi oggetti, in modo
da farci capire il significato di questi oggetti per n molto grande).
Consideriamo la seguente famiglia di funzioni
1
n t
fn t 2n
1
0 t
2n
Rappresentiamo alcune di queste funzioni
n 1 n n m
olt grande n
1 1
2 2
Questa dunque una famiglia di funzioni rappresentata graficamente con dei rettangoli dove,
all'aumentare di n, la base si restringe e l'altezza aumenta. Possiamo dire che questo tipo di funzioni
caratterizzato dalle seguenti condizioni:
la funzione ha il suo massimo quando n tende a pi infinito, ed raggiunto nell'origine
l'integrale f n t dt della funzione, altro non che l'area del rettangolo disegnato dalla
1 1
funzione stessa, che ha come base , e come altezza n e vale 1.
2n 2n
Queste tre sono informazioni qualitative su questa famiglia di funzioni, che come vedremo, tende ad
una particolare distribuzione, che la delta di Dirac. Ovvero
n
fn t t
Dimostrare questo, significa che se noi pensiamo alla funzione come funzionale, il suo limite nel
senso delle distribuzioni tende alla delta di Dirac:
n
fn t t dt f t t dt 0
ovvero
0 n0 0 : n n0 si abbia fn t t dt 0
Bisogna quindi riuscire a stimare questa differenza, e grazie alle tre informazioni qualitative che
abbiamo dato prima, possibile renderla piccola quanto si vuole, quindi minore di . Sfruttando
la seconda di quelle osservazioni, che diceva che f n t dt 1 , possiamo riscrivere la
condizione di validit del limite moltiplicando 0 per 1, ovvero
fn t t dt 0 f n t dt
fn t t 0 dt
1 1
osservando adesso che f n t 0 fuori dall'intervallo , , l'integrale si riduce ad un
2n 2n
integrale in tale intervallo
1
2n
1 fn t t 0 dt
2n
Noi sappiamo che il valore assoluto di un integrale minore o uguale all'integrale dei valori
assoluti, sappiamo inoltre che la funzione f n t in questo intervallo vale n, quindi possiamo
scrivere
1 1
2n 2n
1 fn t t 0 dt 1 n t 0 dt
2n 2n
Prendiamo
1 n
fn t
1 n2 t 2
Il suo grafico, per n=1, quello indicato a destra, n 1
mentre se facciamo crescere n, ci accorgiamo che
l'andamento del grafico sempre pi allungato,
come indicato nella figura sotto per n=5.
1
n 5
n
1 n
l'integrale dt , pensando ad un cambio di variabile nt , diventa
1 n2 t 2
1 1 1
d arctg 1
1
2
2 2
Tutte queste caratteristiche sono del tutto analoghe a quelle della famiglia di funzioni studiata in
precedenza, ed analogamente si dimostra che
0 n0 0 : n n0 si abbia fn t t dt 0
n
e questo significa, come gi visto, che fn t t
Un altro esempio, tra l'altro molto importante nelle applicazioni, di una famiglia di funzioni che nel
senso delle distribuzioni tende alla delta di Dirac, il seguente
n n t2 (famiglia delle funzioni gaussiane, nota in statistica ... )
fn t e
che ha un grafico molto simile alla precedente (anche se quest'ultima decresce pi rapidamente). Lo
studio delle caratteristiche di questa famiglia di funzioni ci porta alle seguenti affermazioni
n n
il massimo della funzione nello zero fn t fn 0
n nt
2
n 2
n 6
Studiamone le caratteristiche
Per quanto riguarda il suo punto di massimo, la prima cosa che bisogna osservare che
nell'origine la funzione, secondo lo studio classico del dominio, non esiste. In realt
sin nt n n
prolungabile per continuit e vale lim
t 0 t
sen nt
l'integrale dt 1
t
In questo caso la propriet un po' diversa dalle precedenti e fa intervenire gli integrali di
b sen nt
funzioni di questo tipo, abbiamo lim a dt 0 con 0 a b oppure b a 0
n t
Con queste tre condizioni, analogamente a quanto abbiamo visto negli esempi precedenti, si riesce a
dimostrare che
n
fn t t
Derivate distribuzionali
Introduciamo una nuova forma di derivata, ovvero quando una funzione derivabile, sar sempre
valido il classico modo di derivare, ma per quando non lo , questo nuovo modo ci permetter di
derivare giungendo a dei nuovi oggetti, che sono le distribuzioni.
Pensiamo di avere una funzione a cui sia associabile un funzionale, che sia derivabile in senso
ordinario
fn t t dt
la cui derivata, calcolabile in modo ordinario, integrabile per parti
f 'n t t dt fn t t fn t ' t dt
ricordando adesso che la funzione di prova t diversa da zero solo in un certo intervallo
limitato, risulta f n t t 0 , quindi
f 'n t t dt fn t ' t dt
Questa uguaglianza ci permette di introdurre le derivate distribuzionali. Se consideriamo infatti il
primo membro come derivata di f n t , nel caso in cui non sia possibile calcolarla, perch
f n t non derivabile, essendo invece t infinite volte derivabile per definizione, il
secondo membro sempre calcolabile e pu essere definito, essendoci uguaglianza, come la
derivata, nel senso delle distribuzioni, di f n t .
u' t
Essa ha il seguente grafico e si vede subito che ha
una discontinuit di tipo salto (1 specie)
nell'origine, quindi non derivabile.
Ci chiediamo allora se possibile provare a farne 1
proprio la derivata nel senso delle distribuzioni.
Per far questo la prima cosa che dobbiamo fare
pensare ad u ' t come funzionale. t
Ovvero
u'n t t dt un t ' t dt
In questo modo diventa possibile derivare, nel senso delle distribuzioni, la funzione gradino, perch
il secondo membro perfettamente calcolabile.
u'n t t dt 0
' t dt t 0 0 t t dt
Possiamo quindi concludere che il comportamento
in ambito distribuzionale di u ' t uguale a u' t
quello della delta di Dirac.
Tutto questo discorso ci porta sempre pi a poter
maneggiare le distribuzioni come se fossero delle
funzioni. 1
Se vogliamo rappresentare graficamente la delta di
Dirac dobbiamo utilizzare la seguente convenzione:
si disegna una freccia nel punto dove centrata, la t
cui lunghezza pari al suo coefficiente
moltiplicativo. Vedi figura.
Vogliamo adesso fornire alcune regole pratiche per il calcolo delle derivate nel senso delle
distribuzioni, che ci saranno d'aiuto nel fare poi gli esercizi. Non le dimostreremo, anche se sono
rigorosamente dimostrabili, ci limiteremo ad elencarle. Innanzitutto dobbiamo trovare il modo per
distinguere la derivata classica da quella nel senso delle distribuzioni. Indicheremo con
f 'c t la derivata classica
f 'D t la derivata nel senso delle distribuzioni
se f ' c t allora f ' c t f ' D t Questa una delle ragioni per cui pensiamo alle
distribuzioni come ad un'estensione delle funzioni, infatti tutto quello che ha senso nelle
funzioni, non varia ed ha senso nelle distribuzioni, mentre cose che non hanno senso nelle
funzioni classiche, trovano sbocco in nuovi oggetti nel senso delle distribuzioni.
supponiamo che f t abbia in t 0 un punto angoloso (ricordiamo che un punto angoloso un
punto dove la funzione continua ma ha due derivate distinte), quindi la derivata in senso
classico non esiste. Esiste invece la derivata nel senso delle distribuzioni ed una funzione con
una discontinuit di tipo salto, la cui ampiezza (del salto) data dalla differenza della derivata
destra (nel senso classico) di f t in t 0 e la derivata sinistra (sempre nel senso classico) di
f t in t 0 .
supponiamo che f t abbia in t 0 una discontinuit di prima specie finita (un salto, ovvero il
limite da destra ed il limite da sinistra, esistono entrambi finiti ma sono diversi). Ovviamente non
esiste la derivata nel senso classico, ma esiste nel senso delle distribuzioni ed uguale alla delta
di Dirac traslata in t 0 e moltiplicata per una costante k che non altro che l'ampiezza del salto
(differenza dei due limiti). f ' D k t t 0
f t
Consideriamo la seguente funzione
1 2
f t t t 0
2
0 t 0
Vogliamo farne la derivata e ci chiediamo se esiste
nel senso classico. Andiamo per gradi. Innanzitutto t
siamo sicuri che per t 0 la derivata esiste e vale
0, mentre per t 0 esiste e vale t. Ci chiediamo f' t
adesso se c' la derivata nell'origine. Potremmo
verificarlo calcolando il limite del rapporto
incrementale, ma esiste un teorema che dice che se il
limite della derivata prima in t 0 - ed il limite della
derivata prima in t 0 + esistono e sono uguali, allora
la derivata prima in t 0 esiste e vale esattamente
quanto i due limiti, nel nostro caso zero. Esistendo la t
derivata in senso classico, esiste anche la derivata
distribuzionale ed uguale ad essa.
f '' t
Vogliamo adesso fare la derivata seconda e chiederci
se esiste. possiamo osservare che f ' t ha
nell'origine un punto angoloso che un punto di
continuit ma non di derivabilit. La prima 1
osservazione che possiamo fare che per t 0 la
derivata seconda esiste e vale zero, per t 0 esiste
e vale uno, l'origine, come gi detto, un punto di
discontinuit, per cui la derivata seconda nell'intero t
intervallo, nel senso classico, non esiste. Possiamo
invece affermare che esiste nel senso delle
distribuzioni e grazie alle tre regole pratiche, possiamo dire quanto vale
1 t 0
f ' 'D t abbiamo un salto di ampiezza 1 in t 0
0 t 0
Osserviamo che se proviamo a derivare ancora una volta otteniamo proprio la delta di Dirac.
Vogliamo adesso imparare a descrivere questo tipo di funzioni (polinomiali a tratti) in una sola riga,
attraverso la funzione gradino unitario. Risulta essere
1 2 1 2
f t t t 0 t u t
2 2
0 t 0
f c' t t t 0 tu t
0 t 0
f D' ' t 1 t 0 u t
0 t 0
Cerchiamo adesso di giustificare i passaggi che abbiamo fatto, dimostrando che la derivata classica
uguale alla derivata nel senso delle distribuzioni.
1 2 1 2 1 2
t u t ' t dt t u t ' t dt t ' t dt
2 2 0 2
abbiamo tolto la u t e ristretto l'intervallo di integrazione, adesso procediamo per parti
1 2 1 2 1 2
t ' t dt t t t ' t dt
0 2 2 0
0 2
osservando adesso che t vale zero a pi infinito, abbiamo
1 2 1 2
t ' t dt t ' t dt t t dt tu t t dt
0 2 0 2 0
1 2
Possiamo quindi concludere che t u t ' tu t , perch come funzionali si comportano nello
2
stesso modo.
Procedendo nello stesso modo si possono calcolare anche le altre derivate.
Adesso vogliamo osservare che le propriet di derivazione che conoscevamo ed applicavamo nel
senso classico permangono anche nel senso delle distribuzioni.
Proviamo a calcolare la derivata tramite queste propriet.
Essendo
1 2
f t t u t
2
un prodotto possiamo fare
1 2 1 2
f' t tu t t u' t tu t t t
2 2
A questo punto si potrebbe osservare che qualche conto non torna. Infatti la derivata sembrerebbe
diversa da quella calcolata precedentemente.
Introduciamo la propriet di prodotto del delta di Dirac con una funzione continua che, nel senso
delle distribuzioni, ci dice che
f t t f 0 t
che pu essere anche espressa in modo generalizzato per una delta traslata
f t t t0 f t0 t t0
Intuitivamente possiamo osservare che la delta nulla ovunque, tranne nel punto in cui centrata,
se quindi noi moltiplichiamo qualcosa per essa il risultato non pu che essere nullo se non nel punto
in cui centrata la delta.
Tornando alla nostra derivata, essendo che la funzione nello zero vale zero, otteniamo
1 2
f' t tu t t t tu t
2
Se proviamo a fare la derivata seconda otteniamo
f '' t tu t ' u t t u' t u t t t u t
E la derivata terza
f ''' t u t ' t
Se adesso provassimo a derivare la delta di Dirac, otterremmo per definizione di derivata nel senso
delle distribuzioni
' t t dt t ' t dt 0
Un altro metodo potrebbe essere sostituire la delta con delle funzioni che la approssimano (ad
esempio le gaussiane), che sono derivabili e quindi derivare esse.
Quello che ci interessa adesso mettere in evidenza le propriet della delta di Dirac.
Abbiamo gi visto che
f t t t0 f t0 t t0
Ci chiediamo adesso quanto vale f t ' t . Partiamo da f t t ' ed applichiamo le
propriet della derivata del prodotto.
f t t ' f' t t f t ' t
Osserviamo adesso che
f t t f 0 t che derivata, essendo f 0 una costante, diventa f 0 ' t
f' t t f' 0 t infatti abbiamo una funzione che moltiplica la delta
otteniamo quindi
f 0 ' t f' 0 t f t ' t f t ' t f' 0 t f 0 ' t
L'unica condizione indispensabile che f t abbia derivata prima continua.
e t y t
y t e t
Prodotto di convoluzione
Abbiamo visto che
f t t f 0 t
ovvero la delta di Dirac moltiplicata ad una funzione seleziona di essa soltanto il valore della
funzione nello zero (o meglio nel punto in cui centrata la stessa delta).
E' chiaro che traslando la delta di Dirac si ha
f t t a f a t a
Abbiamo anche visto che
f t ' t f 0 ' t f' 0 t
Anche questa propriet pu essere traslata
f t ' t a f a ' t a f' a t a
Vediamo qualche altra propriet del delta di Dirac
t t (la delta una distribuzione pari)
1
t t
Riassumiamo quindi le propriet della delta di Dirac che abbiamo fin qui visto
f t t f 0 t con f t continua
Vediamo una ulteriore propriet, che per ora chiameremo propriet *. Supponiamo di avere il
seguente integrale
X t d
Una prima osservazione che facciamo che la delta una distribuzione pari, quindi risulta essere
t t
Se poi applichiamo la propriet del prodotto della delta abbiamo
X t d X t t d X t
Se interpretiamo al contrario il risultato appena ottenuto, possiamo osservare che un segnale pu
essere descritto da un integrale nel seguente modo
X t X t d
Se adesso noi prendiamo un modello applicato ad un segnale, e descriviamo tale segnale secondo la
forma che ci consente la propriet * della delta, nel seguente modo
e t e t d
Supponiamo adesso che sia continuo e lineare e ricordando che in realt un integrale il limite
di una sommatoria possiamo scrivere
e t e t d e t d
Il modello applicato ad una funzione pu dunque essere considerato come il prodotto tra questa
funzione ed il modello stesso applicato alla delta. Supponiamo adesso di conoscere le risposte date
dal modello applicato alla delta e di avere
t h t,
in tal caso risulta
e t e t d e h t, d
Supponiamo adesso che abbia anche la propriet di invarianza nel tempo, cio si ha
t h t risulta allora
e t e h t, d e h t d
e questo ci fa comprendere che, per studiare la risposta che d un modello applicato ad un segnale,
sufficiente sperimentare una sola volta la risposta che il modello d, mandandogli in ingresso
proprio la delta di Dirac, o una sua approssimazione, in modo da conoscere t h t . Fatto
questo, non ci resta che risolvere l'integrale e h t d , che viene definito prodotto di
u t u t u u t d
Cerchiamo di capire quanto vale questo integrale studiando l'integrando per t 0 prima e t 0
dopo.
t 0
La funzione u vale zero per 0 ed uno per 0
La funzione u t vale uno per t e zero per t , essendo t negativo, vale uno per
0 e zero per 0 . Essendo l'integrando il prodotto di queste due funzioni, esso
sempre nullo.
Utilizzando la funzione gradino unitario possiamo quindi riscrivere l'integrale, per specificare
che per t 0 vale zero, nel seguente modo u t u t u t u u t d
t 0
La funzione u vale zero per 0 ed 1 per 0
La funzione u t vale uno per t e zero per t , essendo t positivo, vale uno per
t e zero per t . Avremo quindi un intervallo, ovvero l'intervallo 0, t in cui il loro
prodotto vale 1.
Riassumiamo le possibili situazioni
t 0 u t 0 u t
t 0 u t 0 u t
u t u t sin t u u t sin t d
integrale che, facendo lo stesso tipo di osservazioni fatte nell'esempio precedente si riduce al
seguente
t t
u t 0
sin t d u t cos t 0 u t cos 0 cos t u t 1 cos t
Il grafico sar il seguente
- se
x t 0 per t a t b
in quanto si riduce ad un integrale tra a e b.
(lo abbiamo visto nel terzo esempio)
[fortunatamente nelle applicazioni spesso ci si trova in uno di questi due casi, non abbiamo
quindi grossi problemi di questo tipo]
Il prodotto di convoluzione commutativo.
x t h t h t x t
In alcuni casi il prodotto di convoluzione non associativo
x t y t e t x t y t e t
Il prodotto di convoluzione associativo se tutti i segnali che intervengono sono nulli per t<0.
Esiste l'elemento unit: la delta di Dirac
x t t x t
x t t a x t a (se la delta traslata viene traslato il segnale)
La convoluzione rispetta la causalit, cio se si hanno
x t 0 per t 0
y t 0 per t a
allora x t y t 0 per t a
Per derivare il prodotto di convoluzione si deriva uno dei due fattori.
d
x t y t x' t y t x t y' t
dt
Trasformata di Fourier
Definiamo come trasformata di Fourier di un segnale x t la seguente
j t
x t x t e dt
Ovviamente necessario che l'integrale abbia senso, ovvero sia convergente e calcolabile. Il valore
rappresenta la frequenza angolare e pu anche essere espresso come 2 f . Il risultato
dell'integrale una nuova funzione nella variabile e viene cos espresso
j t
x t x t e dt X
Non solo di funzioni, si fa la trasformata di Fourier, ma anche di distribuzioni, quindi, pensando alle
distribuzioni come al limite di una successione di funzioni, abbiamo
lim x n t lim xn t X
n D' n D'
a a
n 10
n 7
n 4
n 1
Abbiamo
j
0 2 j RF = ... = e n
1 n j t
z
n
xn t e dt
1 n2 t 2 j n
0 2 j RF z = ... = e
n
Possiamo riscrivere il risultato ottenuto in maniera pi semplice ed efficace nel seguente modo
n
xn t e Xn
Vediamo il grafico della trasformata di Fourier
n 10
n 7
n 4
n 1
sostituire
n
t lim e
n D'
Osservando il grafico di tali trasformate abbiamo visto che al crescere di n ci si avvicinava sempre
pi alla retta y 1 . Quindi la trasformata di Fourier della delta di Dirac la funzione costante
uguale ad 1.
t 1
j t
Osserviamo adesso che e un esponenziale complesso, non un esponenziale decrescente, e va
riscritto come segue
t t
1 j t 1
xn t e cos t sin t
j t j t
Possiamo adesso osservare che il risultato ottenuto non esiste, quindi l'integrale non converge.
Siamo obbligati ad entrare in ambito distribuzionale, dobbiamo cercare una famiglia di funzioni che
tenda ad uno. Possiamo prendere la seguente famiglia di funzioni.
t
n n
xn t e D'
1
Dovremo quindi calcolare la trasformata di questa famiglia di funzioni e poi passare al limite nel
senso delle distribuzioni. Vediamo prima la trasformata:
t t
n n j t
e e e dt
E' opportuno spezzare questo integrale in due integrali tra meno infinito e zero e tra zero e pi
infinito, cos da poter togliere il modulo e semplificare i calcoli, nel seguente modo
t t t t 1 j n t 1 j n
0 j t j t 0
n n n n n
e e dt 0
e dt e dt 0
e dt =
t 1 j n 0 t 1 j n
n n n n n n
= e e =
1 j n 1 j n 0 1 j n 1 j n
n n n 1 j n n 1 j n 2n
= 2 2 2 2
1 j n 1 j n 1 n 1 n
Osserviamo che gli esponenziali, pur essendo complessi, tendono ad uno per t che tende a zero,
mentre tendono a zero per t che tende a pi o meno infinito in quanto sono modulati in ampiezza.
Abbiamo quindi effettuato il calcolo della trasformata di Fourier che risulta essere
2n
Xn 2 2
1 n
Se noi adesso la riscriviamo nel seguente modo
2n 1 n
Xn 2 2
2 2 2
1 n 1 n
possiamo osservare che la parte cerchiata corrisponde alla famiglia delle campane razionali che per
n che tende a pi infinito tendono alla delta di Dirac nel senso delle distribuzioni. Concludendo
abbiamo
Xn 2
Antitrasformata di Fourier
Supponiamo di avere la trasformata X di un segnale x t che per non conosciamo.
Conosciamo appunto solo la una trasformata e vogliamo sapere, di quale funzione. Passare dalla
trasformata alla funzione di cui essa la trasformata, possibile attraverso l'operazione di
antitrasformazione, ovvero facendo l'antitrasformata di Fourier. Questa si calcola nel seguente
modo
1
x t X ej td
2
Dobbiamo ovviamente porci nel caso in cui l'integrale converge. Per dimostrare la formula
dell'antitrasformata, possiamo riscrivere la trasformata nella sua espressione generale e sostituirla
nell'espressione dell'antitrasformata, come segue
1 1
ej td
j t
x t X x t e dt e j t d
2 2
a questo punto, la prima cosa a cui dobbiamo stare attenti che la variabile t d'integrazione per
l'integrale interno, ma non per quello esterno, dove una costante. Per non fare confusione
possiamo cambiargli nome nell'integrale interno (utilizzeremo t )
1 j
x t x e d ej td
2
abbiamo cos un integrale che pu essere visto come un integrale doppio e cos riscritto
1 j 1
x t x e ej td d x ej t
d d =
2 2
1
ej
t
= x d d
2
Propriet di linearit.
La trasformata di Fourier lineare, ovvero risulta
ax t by t a x t b x t
7 1
5 u t 1 u t 1
1 t2
Riconosciamo tra gli addendi funzioni di cui abbiamo gi calcolato la trasformata: abbiamo una
porta di ampiezza 2 ed una campana razionale. Sfruttando la propriet di linearit possiamo andare a
prendere i risultati gi ottenuti ed inserirli nel nostro calcolo
7 1 1 1 2 sin
5 u t 1 u t 1 2
5 p2 t 7 2
5 7e
1 t 1 t
Invitiamo il lettore, se non le ricorda, ad andarsi a rivedere le trasformate utilizzate.
Le prossime due propriet le studieremo in coppia in quanto vi una certa simmetria tra esse.
- Traslare nel dominio dei tempi significa moltiplicare per un esponenziale complesso nel
dominio delle frequenze
- Traslare nel dominio delle frequenze significa moltiplicare per un esponenziale complesso nel
dominio dei tempi
Esempio di trasformata di Fourier calcolata con la propriet di traslazione nel dominio dei
tempi.
5
u t u t 5 p5 t
2
5
Abbiamo una porta di ampiezza 5 non centrata rispetto all'asse verticale ma traslata a destra di .
2
Applicando la propriet di traslazione nel dominio dei tempi possiamo scrivere
5
5 2
j
p5 t e p5 t
2
La trasformata di Fourier della porta una delle trasformate fondamentali che conosciamo, non ci
sono dunque problemi a scrivere
5
5 5 2 sin
2
j
2
j 2
e p5 t e
Che la nostra trasformata, volendola poi scrivere in maniera pi compatta, possiamo riscrivere il
seno in forma esponenziale
5 5 5
5 5 2 sin 5
j j
2
j
2
j 2 2
j 2 e2 e 2
1 e j5
e p5 t e e
2j j
1 2 sin 1 1 2 sin 1
=
2j 1 2j 1
Propriet di riscalamento
Supponiamo che sia nota la trasformata
x t X
La propriet di riscalamento ci permette, tramite il parametro a , di calcolare (facendo quindi
un riscalamento e, nel caso di a negativo, anche una simmetria) la trasformata ottenuta, nel seguente
modo
1
x at X
a a
Le prossime due propriet sono le pi importanti e anche tra loro c' una certa analogia, sar dunque
bene osservarle con occhio attento, cos da comprenderne le simmetrie e le differenze. Si tratta di
derivata nel tempo e derivata in frequenza.
Salvo un fattore moltiplicativo,
derivare nel tempo corrisponde a moltiplicare per la variabile in frequenza
derivare in frequenza corrisponde a moltiplicare per la variabile t nel tempo.
x t x' t
5 5 5
Esempio di applicazione.
t u t u t 3
Abbiamo una porta moltiplicata per una funzione di t. Per prima cosa dobbiamo riscrivere la
funzione in modo da poter evidenziare un fattore jt , nel seguente modo
t u t u t 3 j j t p3 t 3 2
adesso applichiamo la linearit
j j t p3 t 3 2 j jt p 3 t 3 2
la derivata in frequenza
d
j jt p 3 t 3 2 j p3 t 3 2
d
la traslazione nel tempo
3
3 3 2 sin
d d 2
j d 2
j 2
j p3 t 3 2 j e p3 t j e
d d d
possiamo adesso scrivere il seno sotto forma esponenziale
3
3 2 sin 3 j 3 j 3 j 3 j
d 2
j 2 d 1 e d 1 e 3 je 1 e
j e j 2
d d j d
che la trasformata di Fourier che si cercava.
Propriet di simmetria
Supponiamo di avere un segnale di cui ci nota la trasformata di Fourier, che una funzione di
variabile reale.
x t X
Per comodit cambiamo il nome della variabile della trasformata da a t e ci poniamo il
problema di fare la trasformata di X t . La propriet di simmetria ci dice che essa sar
X t 2 x
Abbiamo quindi una vera e propria simmetria, fatto salvo un fattore moltiplicativo ed un segno.
Propriet di coniugazione
Il problema che ci poniamo quello di vedere cosa succede trasformando il coniugato di un segnale.
Supponiamo di avere un segnale a valori complessi di cui ci nota la sua trasformata di Fourier
x t X
La propriet di coniugazione ci dice che vera la seguente uguaglianza
* *
x t X
adesso ci dobbiamo ricordare della propriet della delta che dice che una funzione pari ed quindi
possibile cambiare il segno del suo argomento. Inoltre essendo di fronte ad una funzione di soli
valori reali, il suo coniugato uguale alla funzione stessa
jt * * *
cos t j sin t e 2 1 2 1 2 1
Esempio.
Consideriamo
x t p10 t u t 5 u t 5
La sua trasformata di Fourier
2 sin 5
p10 t
Il segnale di partenza un segnale reale e pari, la sua trasformata di Fourier il rapporto tra due
funzioni reali dispari, quindi una funzione reale e pari.
Propriet di disparit
Sia il segnale x t reale e dispari. Abbiamo
*
*
X X
x t x t
1
x t x t X X
1 1
ovvero
*
X X *
X X
X X
Si vede che fare l'operazione di coniugazione della trasformata di un segnale dispari significa farne
l'opposto, quindi essa un immaginario puro.
Per cui se un segnale reale dispari, la sua trasformata un immaginario puro dispari.
Esempio.
1
x t tp t
2 2
Facciamo la trasformata. La prima cosa che osserviamo che abbiamo la variabile t come fattore
moltiplicativo. Facciamo comparire un -j cos da poter sfruttare la propriet di derivata in frequenza
1 1 1 d 1 d 2 sin cos sin
tp t j jt p 2 t j p2 t j j
2 2 2 2 d 2 d 2
Si vede subito che abbiamo ottenuto una funzione dispari che immaginario puro (c.v.d.).
x t y t x y t d
questa propriet ci dice che altro non che il prodotto ordinario delle trasformate
x t y t x y t d X Y
Esempio.
p2 t p ' 10 t
La propriet del prodotto di convoluzione ci dice che tale trasformata
2 sin 2 sin 5
p2 t p ' 10 t p2 t p ' 10 t j
Un'altra via per fare questa trasformata sarebbe stata fare il calcolo del prodotto di convoluzione e
poi trasformare il risultato.
Esempio.
sin t 1 2 sin
p2 t p2 t
t 2
Altre trasformate
Finora abbiamo fatto le trasformate di Fourier della porta, della delta di Dirac, della campana
razionale e della costante 1. Queste non sono sufficienti come bagaglio, ci manca la trasformata del
gradino unitario. Per arrivare ad essa ne faremo un paio di prologo.
Calcoliamo
1 1 j t
e dt
t t
Se osserviamo il segnale, per t 0 va ad infinito e l'integrale non calcolabile in un intorno dello
zero (con metodi elementari). Per poter calcolare l'integrale siamo costretti a passare in campo
complesso, ponendo l'uguaglianza z t jy con t parte reale di z.
L'integrale diventa
1 1 j z
e dz
t , z
Vediamo che nello zero l'integrando ha un polo del 1 ordine.
Osserviamo adesso che il polo si trova sul cammino d'integrazione (ricordiamo che siamo passati ad
un integrale di linea dove la linea il cammino d'integrazione e corrisponde all'asse reale).
Ricordiamo che quando si trovano delle singolarit di tipo polare sul cammino di integrazione si
pu dare un significato pi allargato all'integrale, che viene definito del valor principale secondo
Cauchy e le singolarit, che appunto si trovano sul cammino di integrazione contribuiscono
all'integrale con mezzo residuo.
Siamo quindi nel caso in cui si pu applicare il lemma di Jordan1.
Dobbiamo valutare dove tende a zero l'esponenziale
j z j t jy j t y y
e e e e
segue che
se 0 l'esponenziale tende a zero per y
se 0 l'esponenziale tende a zero per y
Decomponiamo l'integrale in due tratti, uno in cui 0 (ed in questo caso il lemma di Jordan ci
dice di chiudere il cammino nel semipiano inferiore) ed uno in cui 0 (ed in questo caso il
lemma di Jordan ci dice di chiudere il cammino nel semipiano superiore)
1 0 j Rf z 0 j
j sgn
t 0 j Rf z 0 j
Vogliamo adesso fare la trasformata di Fourier della funzione segno di t.
sng t
1 Spesso in questo tipo di calcoli funzioni come 1 t vengono prefisse dai simboli p.f. (pseudo funzione) che stanno
ad indicare proprio che porterebbero ad integrali non convergenti e quindi non calcolabili, i quali vengono prefissi a
loro volta dai simboli v.p. (nel senso del valor principale) che indicano proprio che devono essere interpretati in maniera
pi allargata.
trasformata impossibile da calcolare con l'integrale e se non si riesce ad utilizzare qualche propriet
delle trasformate, si deve passare alle distribuzioni.
Osserviamo per che proprio nell'esempio precedente abbiamo ottenuto
1
j sgn
t
Possiamo quindi applicare la propriet di simmetria che ci dice che
1 1 2
j sgn t 2 j sgn t 2 sgn t
j
Osserviamo anche che la funzione di partenza era reale e dispari e la sua trasformata immaginaria
pura e dispari (come impongono le propriet delle trasformate).
Questi esempi sono serviti per introdurre la
1 2 sin
= u t 2 j sin 2 j sin 2 j sin
j
Osserviamo che il risultato non sembrerebbe coincidere con quello che ci aspettavamo. Abbiamo
infatti un primo addendo di troppo. Ma proviamo ad interpretarlo: se noi ci ricordiamo la propriet
della delta di Dirac che dice che
x t t x 0 t (se x t continua) ovvero x x 0
ma nel nostro caso il seno di zero zero, per cui tutto l'addendo nullo.
evidentemente nei punti in cui il polinomio si annulla, si avranno delle singolarit o delle singolarit
apparenti. Per rappresentare tutte le soluzioni in ambito distribuzionale invece, dobbiamo
cominciare col porci nella seguente ipotesi:
Pn ha n soluzioni distinte 1 2 3 ... n
si pu allora affermare che tutte le soluzioni in ambito distribuzionale sono date dalla soluzione in
ambito funzionale sommata ad n delta di Dirac centrate negli zeri del polinomio
Y
X k1 1 k2 2 k3 3 + ... + k n n
Pn
Dimostriamo adesso che quella sopra sicuramente una soluzione dell'equazione (non
dimostreremo invece che anche tutte le soluzioni possibili, anche se sarebbe molto semplice
farlo). Procediamo inversamente moltiplicando la nostra soluzione con il polinomio P n
Y
Pn Pn k1 1 Pn k2 2 + ... + P n kn n
Pn
osservando adesso che i termini p n 1 , pn 2 , ... , p n n erano gli zeri del polinomio, e si ha
Y 0 0 + ... + 0 (c.v.d.)
Se invece ci poniamo nell'ipotesi in cui P n ha degli zeri multipli, compariranno anche delle
derivate, ma questo non ci interessa per il nostro corso.
trasformata e attraverso la 1
x' t t 1 t 1
essendo che si hanno delle traslazioni nel tempo si procede come segue
j j
x' t e t e t
ed essendo la trasformata della delta uguale ad uno
j j
x' t e e 2 j sin
Abbiamo cos ottenuto la trasformata di Fourier della derivata prima della nostra funzione, ma se
ricordiamo adesso, la propriet delle trasformate che dice che
x' t j X
possiamo scrivere
j X 2 j sin
che un'equazione in ambito distribuzionale la quale possiamo risolvere con i metodi che abbiamo
visto in questo capitolo, ovvero
2 j sin 2 sin
X k k
j
Non ci resta che da determinare il valore di k. Possiamo farlo con il seguente ragionamento: se noi
siamo sicuri che la trasformata della funzione non una distribuzione, bens una funzione (e lo
siamo perch calcolabile attraverso l'integrale della trasformata [infatti il segnale nullo
all'esterno di un intervallo limitato, quindi l'integrale converge]) allora possiamo dire che k=0.
x' t
1
Facendone la derivata prima avremo quindi delle
a
discontinuit in tali punti, come mostrato in figura,
ottenendo una funzione continua a tratti.
a a t
1
a
a a t
1 2 1
2 x' ' t t a t t a
a a a
a
Diventa allora molto semplice fare la trasformata di Fourier del segnale x ' ' t che risulta essere
1 2 1
x' ' t t a t t a
a a a
Ricordando adesso che traslazione nel dominio dei tempi vuol dire moltiplicazione per un
esponenziale complesso nel dominio delle frequenze otteniamo
1 j a 2 1 j a
x' ' t e t t e t
a a a
ed essendo la trasformata della delta uguale ad 1 :
a a 2
1 j a 2 1 j a 1 j a j a 1 j 2
j
2
x' ' t e e e 2 e e e
a a a a a
Osserviamo che nell'ultimo passaggio si sono interpretati i tre termini come il quadrato di un
binomio. In definitiva si ha
a a 2 2
1 j 2
j
2 1 a
x' ' t e e 2 j sin
a a 2
Applicando la propriet delle derivate della trasformata si ha
2
1 a
j x' t x' ' t 2 j sin
a 2
ovvero, ritornando alle equazioni in campo distribuzionale
2
a
2 j sin
1 2 eventuali termini impulsivi
x' t k
a j
Ma se adesso noi osserviamo l'andamento della funzione x ' t vediamo che nulla al di fuori di
un certo intervallo finito. Siamo dunque sicuri che la sua trasformata di Fourier si pu calcolare con
l'integrale e che si tratta dunque di una funzione, ovvero non sono presenti termini impulsivi, per cui
k 0 . Proseguendo si ha
2
a
2 j sin
1 2
j x t x' t
a j
2
a
2 j sin
1 2
x t k
a 2
Ma anche in questo caso la funzione x t vediamo che nulla al di fuori di un certo intervallo
finito (-a,a). Siamo dunque sicuri che la sua trasformata di Fourier si pu calcolare con l'integrale e
che si tratta di una funzione, per cui k 0 . Si ha
2
a 2 a
2 j sin 4 sin
1 2 2
x t
a 2
a
2
Esercizio 2
Consideriamo il seguente segnale, che una porta moltiplicata per una retta nel seguente modo
x t 1 1
x t p2 a t
2a 2
1
Vogliamo calcolarne la trasformata di Fourier. Lo
1
si potrebbe fare in vari modi, applicando le
2
propriet della trasformata. Noi scegliamo un
a a t metodo un po' diverso, sempre per mostrare allo
studente le varie possibilit che ci sono per
risolvere questi esercizi.
Volendo fare la trasformata di Fourier di questo segnale, la prima cosa che facciamo applicare la
linearit
1 1
x' ' t t a t a ' t a
2a 2a
adesso ci dobbiamo ricordare che la trasformata di una delta traslata la moltiplicazione di un
esponenziale per la trasformata della delta che 1.
1 j a 1 j a j a 1 j a
x' ' t e e j e 2 j sin a j e
2a 2a 2a
j sin a j a
x' ' t j e
a
Abbiamo ottenuto la trasformata di Fourier della derivata seconda del nostro segnale. Risaliamo
adesso col solito metodo
j sin a j a
j x' t x' ' t j e
a
j sin a j a
j x' t j e
a
Anche in questo caso si tratta di una funzione (i termini impulsivi sono nulli), per cui possiamo
scrivere
j sin a j a sin a j a
x' t e e
j a a
Risaliamo ancora, ricordandoci ancora che anche in questo caso i termini impulsivi sono nulli
j a
j sin a j a sin a j a sin a e
j x t x' t e e x t
j a a j 2a j
che la trasformata di Fourier del segnale che ci eravamo proposti.
Esercizio 3
Consideriamo il seguente segnale
x t Possiamo osservare che un segnale uguale a
quello dell'esercizio precedente, al quale dobbiamo
1 per aggiungere una u(t) traslata in a
1
2
1 1
x t p2 a t u t a
2a 2
a a t
La trasformata di Fourier di questo segnale sar
dunque uguale alla somma della trasformata
ottenuta nell'esercizio precedente e della
trasformata di u t a , ovvero
j a j a
sin a e sin a e j a 1
x t 2
u t a 2
e =
j a j j a j j
osserviamo che il prodotto dell'esponenziale per la delta fa 1
j a j a
sin a e e sin a
=
j 2a j j j 2a
Osserviamo adesso che la trasformata ottenuta non una funzione, ma una distribuzione. Abbiamo
infatti un termine impulsivo che pu essere spiegato dal fatto che se noi prendiamo il segnale
iniziale, ci accorgiamo che non era trasformabile attraverso l'integrale, il quale non converge.
Osserviamo adesso che se avessimo invece voluto risolvere l'esercizio seguendo il metodo
precedentemente usato, ci saremmo accorti che la derivata prima distribuzionale del segnale una
porta, la cui trasformata la seguente
sin a
x' t
a
che porta, attraverso il metodo delle equazioni distribuzionali, alle seguenti
sin a sin a
j X x' t X 2
k
a j a
Seguendo questa strada per, il problema che non abbiamo nulla che ci dice quanto vale la
costante k (in realt ci sarebbero dei procedimenti che ci permetterebbero di darle un valore, ma noi
non li affronteremo).
Esercizio 4
Vogliamo fare la seguente trasformata
sin 0 t
Mettiamo il seno in forma esponenziale
j t j t
e 0
e 0
sin 0t
2j
e ricordando la propriet di linearit otteniamo
j t j t
e 0
e 0
1 j t 1 j t
sin 0t e 0
e 0
2j 2j 2j
ricordando adesso che la moltiplicazione per un esponenziale complesso nel dominio dei tempi d
luogo ad una traslazione nel dominio delle frequenze, possiamo osservare che dobbiamo fare delle
trasformate di 1 e traslarle di 0 , come segue
1 j t 1 j t 1 1
sin 0 t e 0
e 0
2 0 2 0
2j 2j 2j 2j
sin 0 t j 0 0
Osserviamo che il segnale reale e dispari e la sua trasformata immaginaria pura e dispari, cos
come dicono le propriet della trasformata.
Esercizio 5
Vogliamo fare la seguente trasformata
cos 0 t
cos 0 t
2
e ricordando la propriet di linearit otteniamo
j t j t
e 0
e 0
1 j t 1 j t
cos 0 t e 0
e 0
2 2 2
1 j t 1 j t 1 1
cos 0 t e 0
e 0
2 0 2 0
2 2 2 2
cos 0 t 0 0
Osserviamo che in questo caso il segnale di partenza reale e pari cos come la sua trasformata.
Esercizio 6
Vogliamo fare la seguente trasformata
u t sin 0 t
Mettiamo il seno in forma esponenziale
j t j t
e 0
e 0
u t sin 0t u t
2j
e per la propriet di linearit abbiamo
j t j t
e 0
e 0
1 j t 1 j t
u t sin 0t u t u t e 0
u t e 0
2j 2j 2j
la moltiplicazione per esponenziali complessi d luogo a traslazione nel dominio delle frequenze
1 1 1 1
u t sin 0 t 0 0
2j 2j 0 2j 2j 0
NOTA: Normalmente si usa sommare gli addendi che non contengono termini impulsivi insieme e
gli addendi che contengono termini impulsivi insieme, come segue
j 0
u t sin 0 t 0 0
2 2 2
0
Esercizio 7
Vogliamo fare la seguente trasformata
u t cos 0 t
Mettiamo il coseno in forma esponenziale
j t j t
e 0
e 0
u t cos 0 t u t
2
e procedendo come nell'esercizio precedente otteniamo
1 1 1 1
u t cos 0 t 0 0
2 2j 0 2 2j 0
Ovvero
j
u t cos 0 t 0 0
2 2 2
0
Esercizio 8
Si vuole trasformare il segnale Re t
u t e Re 0
t
u t e
Cominciamo col riflettere sul parametro , esso
complesso e per fare il grafico del segnale
dobbiamo restringere il campo di tale parametro a
diversi casi, supponiamo di prendere la sua parte
reale e che essa sia maggiore di zero.
Allora la trasformata di Fourier del segnale t
t
t t j t j t 1 j t
u t e u t e e dt e dt e
0 j t 0
Adesso dobbiamo vedere come si comporta l'esponenziale per t che tende a pi infinito. Una prima
riflessione da fare pensare che ha lo stesso comportamento del proprio modulo (essendo un
esponenziale complesso). Possiamo quindi, osservando che la parte immaginaria perde di
significato e che abbiamo fatto l'ipotesi che la parte reale di positiva, scrivere
j t Re t
lim e lim e 0
t t
Re t
u t e Re 0
Vediamo cosa succederebbe se Re 0 .
Il grafico risulterebbe quello mostrato in figura,
ovvero per t 0 si avrebbe un esponenziale
crescente.
Mentre se volessimo completare il grafico,
ovvero includere anche la parte immaginaria,
quindi fare il grafico della funzione
t
Re t Im jt
x t u t e e
si otterrebbe un'oscillazione modulata in u t e
Re t
e
Im jt
Re 0
Verificato che delicato a volte capire quando una trasformata calcolabile o no, bisognerebbe per
essere in grado di capirlo senza crearsi troppe preoccupazioni,
Esercizio 9
Questo esercizio strettamente legato al
precedente. Consideriamo la funzione x t 0 0
t
x t u t e 0
sin 0 t
Per poter vedere il grafico dobbiamo fare qualche
ipotesi sulle costanti che intervengono, t
prendiamo 0 0 e vediamo che abbiamo
un esponenziale decrescente che modula un seno.
Mentre se vogliamo fare la trasformata di
Fourier, dobbiamo esprimere il seno come
combinazione di esponenziali complessi, nel
seguente modo
j t j t
t e 0
e 0
1 j t 1 j t
x t u t e 0
u t e 0 0
u t e 0 0
2j 2j 2j
Si vede che entrambi gli addendi rientrano nella tipologia dell'esercizio precedente, nel momento in
cui si vuole fare la trasformata di Fourier del segnale, (sempre che 0 0 ).
Osserviamo adesso che se invece 0 0 la trasformata esiste, ma non calcolabile attraverso
l'integrale, bens attraverso le propriet delle trasformate; mentre se 0 0 la trasformata non
esiste.
Ricapitolando, con la modulazione di ampiezza da parte di un esponenziale, si hanno tre casi,
- se l'ampiezza decrescente, la trasformata esiste ed calcolabile con l'integrale,
- se l'ampiezza costante, la trasformata esiste ma non calcolabile con l'integrale,
- se l'ampiezza crescente, la trasformata non esiste.
Esercizio 10
Prendiamo il segnale
t
x t u t e 0
cos 0 t
Mettiamoci nel caso in cui 0 0 . Siamo in una situazione analoga alla precedente.
Riscriviamo la funzione
j t j t
t e 0
e 0
1 j t 1 j t
x t u t e 0
u t e 0 0
u t e 0 0
2 2 2
e vediamo che calcolando la trasformata di Fourier si ottiene
j 0
2 2 0 0
u t e
t
cos j
0t
0
0 0
Esiste in ambito distribuzionale 0 0
NON ESISTE 0 0
Distribuzioni limitate
Noi sappiamo cos' una funzione limitata, quella funzione che, in valore assoluto, minore di una
costante, cio il cui grafico tutto compreso in una striscia orizzontale del piano.
Nel caso delle distribuzioni le cose si complicano un po', perch c' la presenza della delta di Dirac
che approssimata da funzioni non limitate. Per capire quando una distribuzione limitata bisogna
utilizzare il seguente metodo: si prende la distribuzione e si fa la convoluzione con una funzione di
prova (ricordiamoci che la funzione di prova deve essere infinite volte derivabile e nulla all'esterno
di un certo intervallo finito, per definizione)
x t t x t d
Il risultato di tale prodotto di convoluzione una funzione infinite volte derivabile. Se adesso diamo
un nome al prodotto di convoluzione, ovvero diciamo che h t x t t allora possiamo
sostenere che
se h t limitata come funzione allora x t limitata in D'.
NOTA: Il fatto di rappresentare nei grafici la delta con una freccia di ben precise dimensioni
(l'ampiezza del salto) indica bene la limitatezza della delta, nel senso che abbiamo appena visto.
- Pag.160
Appunti di Capuzzo Alessandro - Trasformata di Fourier
Treno di impulsi
Introduciamo le trasformate di distribuzioni
periodiche, la pi significativa delle quali proprio sT t
il treno di impulsi, che anche una distribuzione
1
limitata.
sT t t nT
n
T T 2T t
Questa distribuzione, che una sommatoria di delta
di Dirac traslate, ha due caratteristiche importanti:
periodica ovvero s T t s T t T (notare
che valida la stessa definizione di periodicit
che si utilizzava per le funzioni; in questo caso, anzich pensare alle funzioni si pensa ai
funzionali)
limitata.
Per verificare che effettivamente ci troviamo di fronte ad una distribuzione limitata facciamo la
convoluzione con una funzione di prova
sT t t t nT t
n
ricordando che convolvere una sommatoria vuol dire convolvere ciascun addendo della sommatoria,
possiamo scrivere
sT t t t nT t
n
osserviamo adesso che la convoluzione con una delta traslata ci d la traslata della funzione che
convolve la delta, ovvero
sT t t t nT
n
Ricordiamoci adesso che t una funzione infinite volte derivabile e diversa da zero in un
intervallo finito. Noi ne dobbiamo prendere la sommatoria e verificare che non tenda mai ad infinito
cos da poter verificare che limitata.
Non abbiamo un'informazione precisa sul periodo, ci sono comunque due possibili casi:
T b a e T b a
Nel primo caso la sommatoria sar data da un unico addendo, che sar quello in cui la traslata, per
quel valore della t diversa da zero. Nel secondo caso ci saranno delle sovrapposizioni, ma non
potranno che essere in numero finito, cos come finito il valore dell'intervallo ab. Quindi il
risultato della sommatoria non pu che non essere il risultato di una funzione limitata. Vedi grafici.
T ab T ab
a b a b
sT t t nT
n
sT t t nT t nT
n n
Vorremmo adesso poter esprimere la sommatoria in una forma pi chiara. Per far ci dobbiamo fare
alcune osservazioni:
2
1 La trasformata di Fourier del treno di impulsi periodica di periodo 0 . Questo perch
T
2
ogni termine della sommatoria periodico di periodo . Per verificarlo, prendiamo un termine
nT
sommato al supposto periodo
2
nT j
nT 2 j nT j
e2
nT j nT j nT j
e e e e 1 e
abbiamo ottenuto il termine di partenza e verificato la periodicit.
2
Ma dire che ogni termine periodico di periodo significa dire che periodico di ogni
nT
2
multiplo di tale periodo, quindi tutti i termini sono periodici di periodo .
T
2 Nulla ci vieta di riscrivere la trasformata facendo un cambiamento di indice come segue
nT j n 1 T j
sT t e e
n n
ovvero
n 1 T j T j nT j T j nT j n 1 T j
e e e e e e 0
n n n n
Si vede quindi che la trasformata del treno di impulsi soddisfa questa equazione distribuzionale.
Quando nei capitoli precedenti abbiamo affrontato le equazioni distribuzionali, abbiamo visto che
come fattore moltiplicativo dell'incognita (che adesso la trasformata del treno di impulsi) c'era un
polinomio, mentre adesso abbiamo il termine e T j 1 . Ma la cosa interessante di quel
polinomio era che aveva degli zeri del primo ordine. Se noi adesso osserviamo il termine
e T j 1 ha zeri del primo ordine quando e T j 1 ovvero quando T 2k cio
con
2k
k 0
T
Soluzione dell'equazione distribuzionale dunque
nT j 0 2k
e Ak
n e T j
1 k T
ovvero la trasformata del treno di impulsi la sommatoria delle delta di Dirac traslate negli zeri del
termine e T j 1 e moltiplicate per opportuni coefficienti
nT j 2k
e Ak
n k T
Riassumiamo adesso i risultati delle nostre osservazioni
2
- sT t periodica di periodo 0
T
2k
- sT t Ak sT t Ak k 0
k T k
La prima osservazione ci dice che la funzione periodica, per cui i termini della sommatoria della
seconda osservazione devono essere tutti uguali, compresi i coefficienti Ak . Possiamo dunque
svincolarli e vederli semplicemente come coefficiente A ottenendo
sT t A k 0
k
Siamo quindi giunti alla conclusione che la trasformata di Fourier di un treno di impulsi a sua
volta un treno di impulsi nella variabile che ha come periodo la frequenza angolare del treno di
partenza
sT t As 0
1 p2 t 2 n
k
adesso, grazie alle propriet del prodotto di convoluzione, la porta traslata pu essere vista come
una porta non traslata convoluta con la delta traslata, nel seguente modo
1 p2 t t 2n
k
p2 t t 2n p2 t t 2n
k k
ma osserviamo che il termine dato dalla sommatoria altro non che la trasformata di Fourier di un
treno di impulsi di periodo T 2 , che per i ragionamenti appena fatti ci d s2 A s .
L'identit ci porta dunque a
2 sin 2 sin
2 As A n
k
A
Se pensiamo adesso che siamo giunti a questo risultato partendo da un periodo di 2, possiamo
concludere che
2 2
A 0
2 T
Trovato il coefficiente A, possiamo finalmente scrivere in modo completo la trasformata di Fourier
del treno di impulsi
sT t 0 s 0 .
Trasformata di Fourier di distribuzioni
periodiche
Abbiamo detto che una distribuzione periodica se x t
coincide con una sua traslata di un periodo T.
x t x t T
E' anche vero che una distribuzione periodica se
coincide con una sua traslata di un multiplo del
periodo T. T T t
2 2
x t x t nT
Prendiamo adesso un segnale periodico, ad
esempio l'onda triangolare, con periodo T, ma
consideriamo solo un singolo periodo di tale x0 t
segnale, mettendolo a zero nella sua rimanenza.
T T
x t "t
x0 t 2 2
T T
0 t opp. t# T T t
2 2
2 2
Ricavato questo segnale, proviamo adesso a farne
delle traslate. Proviamo ad esempio a traslarla a
destra di T . Allo stesso modo si potrebbe traslare a
sinistra o diversamente, ad esempio traslare di x0 t T
multipli del periodo. Si pu visivamente osservare
che il segnale di partenza pu essere visto come
somma dei segnali traslati sottostanti. Possiamo
quindi pensare al segnale periodico come ad un
segnale che possibile decomporre nel seguente
T T t
modo 3
2 2
x t x 0 t nT
n
Questa un'operazione che pu essere fatta per ogni segnale periodico. Ricordiamo adesso la
propriet della convoluzione che dice che un segnale convoluto con una delta traslata altro non
che il segnale stesso traslato allo stesso modo. Ragionando inversamente possiamo quindi sostenere
che un segnale traslato pu essere riscritto come segnale non traslato convoluto con una delta
traslata. Ne risulta che un segnale periodico pu essere cos riscritto
x t x0 t t nT x0 t t nT
n n
Ma osserviamo che abbiamo ottenuto il segnale x 0 t convoluto proprio con un treno di impulsi.
Possiamo scrivere
x t x0 t sT t
Possiamo quindi concludere che un segnale periodico si pu presentare come la convoluzione del
segnale stesso preso in un solo periodo e nullo all'esterno, con un treno d'impulsi.
Vogliamo adesso fare la trasformata di Fourier di un segnale periodico
x t x0 t sT t
se ricordiamo la propriet delle trasformate, che dice che la trasformata di un prodotto di
convoluzione si traduce in un prodotto ordinario delle trasformate, otteniamo
x t x0 t sT t
Possiamo osservare che, avendo noi ben presente quanto vale la trasformata di Fourier del treno
d'impulsi, abbiamo ricondotto il calcolo della trasformata di un segnale periodico, al calcolo della
trasformata del segnale in un unico periodo
x t x0 t sT t X0 0 s 0
In altre parole un segnale periodico una funzione che modula il treno d'impulsi. Facendo due conti
possiamo inoltre scrivere
x t X0 0 s 0
X0 0 n 0 X0 n 0 0 n 0
n n
Consideriamo adesso un segnale che sia una funzione periodica e scriviamolo sia come serie di
2
Fourier, sia come prodotto di convoluzione e ricordiamo che o , poi facciamone le
T
trasformate
2
j nt
x t x0 t sT t $ x t cn e T
X0 n 2
0 0 cn 2 n
n T
Riscriviamo la prima trasformata in modo pi opportuno
X0 0 n 0 X0 n 0 0 n 0
n
E' facile pensare che se siamo partiti da due modi diversi di descrivere lo stesso segnale, le due
trasformate di Fourier sono uguali
2
X0 n 0 0 n 0 cn 2 n
n n T
Osserviamo adesso che abbiamo una sommatoria di delta in entrambi i membri, esattamente
centrate in multipli di 0 . Dovranno quindi essere uguali i loro coefficienti
X0 n 0 0 cn 2
Abbiamo trovato un legame molto stretto tra i coefficienti delle serie di Fourier ed i coefficienti
delle delta di Dirac della trasformata di Fourier
0 1 2
cn X0 n 0 X0 n
2 T T
Se adesso specifichiamo la trasformata da calcolare otteniamo
1 2 1 j t
cn X0 n x0 t e dt 2 n
T T T T
Abbiamo ritrovato esattamente l'espressione del coefficiente di una serie di Fourier partendo da
considerazioni sulle trasformate di Fourier.
parl delle serie di Fourier. Si invita dunque il lettore a mettere in paragone i modi diversi di
procedere.
Esempio 1
Prendiamo in considerazione l'onda triangolare con periodo ed andiamo a considerare il segnale
in un unico periodo
x t x0 t
T T t T T t
2 2 2 2
Proviamo a descrivere il segnale nei due sotto intervalli (tra e zero e tra zero e )
2 2
2 2
x0 t tp t tp t
2
4 2
4
Vogliamo dunque fare la trasformata di Fourier di questo segnale. Non vogliamo certo metterci a
calcolare l'integrale, per cui cercheremo di utilizzare una trasformata nota e le propriet delle
trasformate.
La trasformata nota in questo caso quella della porta e le propriet da utilizzare sono quella di
traslazione nel tempo e di derivata nel dominio delle frequenze.
Per far comparire la traslazione dobbiamo per usare la malizia di aggiungere e togliere .
4
2 1 2 1
x0 t t p t p t t p t p t
4 2
4 2 2
4 4 2
4 2 2
4
Proponendoci adesso di fare la trasformata possiamo immediatamente applicare la propriet di
traslazione nel tempo
2 j4 1 j4 2 j4 1 j4
x0 t e tp t e p t e tp t e p t
2
2 2 2
2 2
Ricordiamo che per avere la derivata in frequenza c' da considerare un fattore costante che j ,
ma se noi moltiplichiamo per j e per j , ricordando che j j 1 , possiamo scrivere
2 4 j 1 j4 2 j4 1 j4
x0 t e j jt p t e p t e j jt p t e p t
2
2 2 2
2 2
2 j
4 2 j
4 1 j4 1 j
4
x0 t e j e j jt p t e e p t
2
2 2 2
2 j
4
j
4
x0 t j e e jt p t cos p t
2
4 2
2
x0 t j 2 j sin jt p t cos p t
4 2
4 2
2 sin 2 sin
4 d 4 4
x0 t sin cos
4 d 4
Facciamo adesso il calcolo della derivata
cos sin 2 sin cos
8 4 4 4 4 4
x0 t sin
4 2
2
2 sin cos 8 sin 2 sin cos
4 4 4 4 4
x0 t 2
Ed abbiamo trovato il segnale che modula il treno d'impulsi. E ricordando che nel nostro caso risulta
0 2 si ha
x0 t X X0 0 s 0
X 0 2n 2 2n
n
Per avere i coefficienti della sommatoria dobbiamo adesso calcolare X 0 nei multipli di n,
ricordando la formula dei coefficienti
0 1 2
cn X0 n 0 X0 n
2 T T
Il caso che generalmente bisogna fare a parte quello per n 0 , in quanto si ha un limite
lim X 0
0 2
e risulta
2 1
c0
2 2 2
Cerchiamo adesso il valore di X 0 nei multipli di 2n.
2
4 sin 2 n cos 2 n 8sin 2n
4 4 4
X 0 2n
2n 2n
2
n n n
4 sin cos 8 sin 2
2 2 2
X0 2n
2n 2n
2
Ma osserviamo che nel numeratore del primo termine, quando il seno vale 1 il coseno vale zero, e
viceversa, per cui il suo contributo sempre nullo. Possiamo scrivere
2 n
8 sin
2
X0 2n 2
2n
Osserviamo che con n pari abbiamo zero, mentre con n dispari abbiamo
8
X0 2n
2n 2
Possiamo riassumere il tutto con la seguente notazione
n
4 1 1
X0 2n
2n 2
e ricordando la formula dei coefficienti si ha
0 12 1
cn X0 n 0 2 2
2 n
Esempio 2
Prendiamo in considerazione l'onda quadra di periodo T 2 e quindi di frequenza angolare
0 1 e consideriamone un singolo periodo tra e
x t x0 t
1 1
T
2
T T t T t
2 2 2
1 1
x t x0 t t nT Xo n 0 0
n n
2 sin
2
X0 t 2 j sin
2
2
4 j sin
2 (e questa la funzione modulante)
X0 t
Esempio 3
Si vuole considerare l'onda a dente di sega di ampiezza 2 e periodo 2, quindi con frequenza angolare
e consideriamo il periodo compreso tra 0 e 2. Dobbiamo necessariamente osservare che fino ad
T T
ora avevamo considerato i singoli periodi tra e , mentre adesso (per una maggiore
2 2
comodit nella descrizione del segnale) stiamo considerando un periodo tra 0 e T. Questo non un
problema in quanto tutte le considerazioni fatte per un periodo simmetrico rispetto all'origine sono
valide anche per un periodo traslato rispetto ad essa.
x t x0 t
2 2
0 2 t 0 T t
x t x0 t t nT Xo n 0 0
n n
che in questo nostro esempio risulta essere
x t Xo n
n
Dobbiamo quindi adesso descrivere e trasformare il segnale nel singolo periodo:
x 0 t t p2 t 1
Anche in questo caso, come nell'esercizio 1, utile poter leggere prima una traslazione e poi una
derivata.
Procediamo
d 2sin 2 sin
X0 t t 1 p2 t 1 p2 t 1 e j t p 2 t e j p2 t e j j
d
j 2 cos 2 sin 2 sin j 2 j cos 2 sin 2 sin
X0 t e j 2
e 2
Esempio 4
Consideriamo adesso il segnale che ci fornisce il treno d'impulsi di periodo 1.
x t s1 t t n
n
T T
Si tratta di una distribuzione periodica e nel periodo tra e abbiamo una sola delta di
2 2
Dirac
x t x0 t
1 1
0 1 t 0 t
X t 2 X0 s2 2 2 n
n
Abbiamo ritrovato le considerazioni che avevamo gi fatto: la trasformata di un treno d'impulsi un
altro treno d'impulsi che ha per periodo la frequenza angolare del segnale di partenza ed il fattore
moltiplicativo la frequenza angolare.
Ci che vogliamo fare adesso l'antitrasformata del treno di impulsi che abbiamo appena ottenuto.
1
X 2 e 2 njt e 2 njt
n 2 n
A questo punto qualcuno potrebbe osservare che essendo che abbiamo, attraverso
l'antitrasformazione, ottenuto il segnale di partenza, il nostro risultato potrebbe rappresentare la
serie di Fourier di un treno d'impulsi, ma in realt la sommatoria ottenuta una serie che non
converge nel senso delle energie, nel senso puntuale o uniformemente, ma una serie che converge
nel senso delle distribuzioni, il quale inteso in modo molto pi ampio.
Dobbiamo comunque farvi delle riflessioni.
Osserviamo che i coefficienti della serie sono tutti uguali ad 1, questa anche la ragione per cui la
serie non converge, mentre per tutti i segnali che abbiamo visto negli esempi precedenti il
comportamento dei coefficienti era il seguente
1
Esempio 1: comportamento del tipo c n% 2
n
1
Esempi 2 e 3: comportamento del tipo c n%
n
Riassumendo la decrescita per n che tende ad infinito dei coefficienti legata alla regolarit del
segnale che noi trasformiamo:
se siamo in ambito distribuzionale, cio se non abbiamo convergenza della serie di Fourier nel
senso delle energie, si hanno dei coefficienti che possono non decrescere
1
se si hanno delle discontinuit di prima specie, ci sono decrescite del tipo
n
1
se si hanno punti angolosi ci sono decrescite del tipo 2
n
1
se si hanno funzioni continue e derivabili ci sono decrescite del tipo 3 .
n
Trasformata di Laplace
Inizieremo questo argomento parlando ampiamente della trasformata di Laplace bilatera che
quella che ha dei legami pi stretti con la trasformata di Fourier. Successivamente parleremo della
trasformata di Laplace unilatera che invece quella maggiormente utilizzata nelle applicazioni.
t t t
x t e e 1
e 1
x t
Se andiamo a vedere cosa succede per t che tende a pi infinito, il secondo termine a crescita lenta
per ipotesi, e viene moltiplicato per un esponenziale che decresce in quanto 1 , quindi il
nostro segnale, per t che tende a pi infinito, a crescita lenta.
Ma possiamo anche scrivere
t t t
x t e e 2
e 2
x t
Se andiamo a vedere cosa succede per t che tende a meno infinito, il secondo termine a crescita
lenta per ipotesi, e viene moltiplicato per un esponenziale che decresce in quanto 2 , quindi il
nostro segnale, per t che tende a meno infinito, a crescita lenta.
Globalmente quindi, il segnale a crescita lenta e la trasformata di Laplace definita all'interno di
questa striscia verticale.
Fondamentale dunque il valore della parte reale ( ), mentre non incide il valore della parte
immaginaria ( ).
Possiamo concludere che la trasformata di Laplace definita se esiste almeno una retta verticale per
la quale il segnale a crescita lenta, o meglio, se esistono due valori, uno superiore ed uno inferiore,
della parte reale di s ( ), per i quali ci avviene.
A questo punto un problema che ci dobbiamo porre di capire quali sono questi punti che
definiscono la massima striscia di esistenza della trasformata di Laplace e che noi definiamo come
dominio della trasformata di Laplace:
dominio x t s : ' x Re s ' 'x
dove
' x inf 1 estremo inferiore del domino (viene definito ascissa di convergenza)
' ' x sup 2 estremo superiore del dominio
Esempio 1
Vogliamo calcolare la trasformata di Laplace del
seguente segnale x t p 2 a t . x t
Vogliamo risolvere questo primo esempio 1
attraverso il calcolo dell'integrale.
Ricordiamo che
st a
x t x t dt a t
t a sa
st
a
st 1 st e e sa 2 sinh sa
x t p2 a t e dt e dt e
a s t a s s
Confrontiamo adesso trasformata di Fourier e trasformata di Laplace bilatera della porta
2 sin a
X t
2 sinh sa
X t
s
Come possiamo osservare le analogie sono molteplici. Ma il legame ancora pi stretto. Se noi
prendiamo infatti, della variabile s solo l'asse immaginario, ovvero poniamo s j otteniamo
2 sinh j a
X t
j
se adesso ricordiamo i legami che abbiamo trattato tra seno iperbolico e seno circolare, sappiamo
che sinh j a j sin a , possiamo quindi scrivere
2 j sin a 2 sin a
X t
j
e vediamo che la trasformata di Fourier della porta altro non che la trasformata di Laplace
Esempio 2
Vogliamo fare la trasformata di Laplace del gradino unitario. Osserviamo che quando abbiamo
parlato della trasformata di Fourier questo segnale stato molto faticoso da introdurre, ed stato
possibile solo dopo alcuni capitoli.
Vogliamo dunque fare la seguente trasformata di Laplace
t
st st 1 st
u t u t e dt e dt e
0 s t 0
Il prossimo passo cercare di capire come si comportano gli esponenziali per t che tende a pi
infinito. Ricordiamoci che
st t j t t
e e e e cos t j sin t
st t
quindi a pi infinito e tende ad un valore finito se e un'esponenziale decrescente, quindi
t
e st 0, per 0 (dominio della trasformata, zero l'ascissa di convergenza della
trasformata bilatera di Laplace)
che la condizione necessaria perch l'integrale converga e la trasformata sia calcolabile come
segue
t
1 st 1
u t e
s t 0 s
che la trasformata di Laplace del gradino unitario.
Osserviamo adesso che in questo esempio l'asse immaginario non compreso all'interno del
dominio della trasformata di Laplace, ma si trova sul confine, non si pu quindi utilizzare
l'uguaglianza X j X , che in questo caso non corretta. Se ricordiamo quanto valeva
la trasformata di Fourier del gradino unitario, ovvero
1
u t
j
possiamo osservare che otterremmo solo una parte di essa, perch la trasformata di Fourier ha dei
Esempio 3
Vediamo un esempio di trasformata di Laplace in ambito distribuzionale. Vogliamo trasformare la
delta di Dirac.
Utilizzeremo quindi la seconda definizione
t t
x t x t e ovvero t t e
Ricordiamoci che quando la delta moltiplica una funzione continua seleziona di questa funzione il
suo valore nell'origine, che in questo caso 1, per cui si ha
t
t t e t 1
Dobbiamo solo fare attenzione al fatto che in questo caso abbiamo la costante uno di una funzione
complessa, che quindi situata nel piano complesso e non sull'asse reale.
Vediamo adesso qual' il dominio della trasformata. Se osserviamo che la delta nulla all'infuori
dello zero comprendiamo subito che una distribuzione a crescita lenta per ogni ed il suo
dominio tutto il piano complesso.
In questo caso il passaggio alla trasformata di Fourier secondo l'uguaglianza X j X
possibile ed addirittura banale, in quanto, essendo una costante, sufficiente pensarla uguale ad uno
sull'asse immaginario.
Esempi
Propriet di linearit.
Vogliamo trasformare il segnale
x t 3u t 5 t
Si ha
1
x t 3 u t 5 t 3 5
s
Propriet di riscalamento.
Vogliamo calcolare
p2 t
la propriet ci dice che
s
2 sinh
1
p2 t
s
d
Dt p2 t NOTA: Dt
dt
La propriet ci dice che
2 sinh s
Dt p2 t s 2 sinh s
s
Possiamo osservare la semplicit di questa propriet, che quella che ha in qualche modo provocato
il successo della trasformata di Laplace: il fatto che un operatore di derivazione si trasformi in una
variabile, cos da trasformare un'equazione differenziale in un'equazione algebrica.
Propriet di coniugazione.
Vogliamo fare la seguente trasformata
*
u t e jt
La propriet ci dice che
* *
* 1 1
u t e jt
s* j j j
ricordando che fare il coniugato di un quoziente vuol dire coniugare il numeratore ed il
denominatore, per cui si ha
* 1 1
u t e jt
j j s j
2 sinh
p2 t
u t u t u u t d
osservando che se t 0 tutto nullo e se t 0 si ha una porta tra zero e t. si ha
t
u t u t u u t d u t 0
d tu t quindi
u t u t tu t
Facciamo adesso la seguente osservazione. In generale si ha a che fare con segnali che sono nulli
prima di un certo istante t, ovvero segnali che sono diversi da zero a destra di un certo valore.
Avevamo osservato che il dominio di questi segnali un semipiano destro. Bene, per calcolare il
dominio della trasformata, stabilito questo, si pu semplicemente dire che la trasformata di Laplace
ha dominio in un semipiano destro, ed una volta calcolata, si va a vedere dove sono le sue
singolarit. Il dominio della trasformata sar dunque il massimo semipiano destro che non contiene
delle singolarit.
Nell'ultimo esempio, la singolarit nell'origine, quindi il dominio il semipiano destro formato
dalle parti reali di s strettamente maggiori di zero.
Concludiamo il capitolo con un ultimo esercizio che ci consenta di fare ancora qualche riflessione.
Vogliamo fare la seguente trasformata
u t et
Abbiamo una traslazione
1
u t et
s 1
Cerchiamo il dominio della trasformata
u t cos ot u t
2
applicando la propriet di linearit si ha
j t j t
e o
e o
1 j t 1 j t
u t cos ot u t u t e o
u t e o
2 2 2
ricordiamo adesso che la moltiplicazione per un esponenziale complesso d luogo nella variabile s
1
ad una traslazione e ricordando che u t si ha
s
1 j t 1 j t 1 1 1 1
u t cos o t u t e o
u t e o
2 2 2s j 0 2s j 0
Esercizio 2
Si vuole fare la seguente trasformata
u t sin o t
Abbiamo dunque da trasformare un segnale che
nullo fino allo zero e che poi ha un andamento
2 t
sinusoidale di periodo T .
0
u t sin ot u t
2j
applichiamo la linearit
1 j t 1 j t
u t sin o t u t e o
u t e o
2j 2j
applichiamo la propriet delle traslazioni nel dominio della variabile s e ricordando che
1
u t si ha
s
1 1 1 1 0
u t sin o t
2j s j 0 2j s j 0 s
2 2
0
Il dominio della trasformata un semipiano destro che incontra la prima singolarit nell'origine. Si
ha infatti che essa ha due poli semplici in j 0 , allora il massimo semipiano destro possibile il
semipiano con parti reali di s strettamente maggiori di zero dom Re s 0 .
Anche in questo caso non possiamo passare in modo semplice alla trasformata di Fourier e valgono
le stesse considerazioni dell'esercizio precedente.
Esercizio 3
Si vuole fare la seguente trasformata
t
u t e o
cos o t
Abbiamo dunque da trasformare un segnale che nullo fino allo zero e che poi ha un andamento
esponenziale.
Questo segnale lo vogliamo trasformare utilizzando le propriet che abbiamo visto nel capitolo
precedente.
2 2 2
utilizziamo adesso la propriet di moltiplicazione per un esponenziale nel dominio dei tempi che
provoca una traslazione nel dominio della variabile s, si ha
t 1 1 1 1
u t e o
cos o t
2s 0 j 0 2s 0 j 0
evidenziando i denominatori nel seguente modo possiamo raccogliere a fattor comune come una
differenza di quadrati
t 1 1 1 1
u t e o
cos o t
2 s 0 j 0 2 s 0 j 0
t s 0 j 0 s 0 j 0 2 s 0 s 0
u t e o
cos o t 2 2 2 2 2 2
2 s 0 0 2 s 0 0
s 0 0
come alla trasformata di u t cos o t traslata nel dominio della variabile s si otteneva subito
t s 0
u t e o
cos o t 2 2
s 0 0
(ricordiamo che traslare nel dominio della variabile s significa aggiungere la traslazione ovunque
compare la s).
Vogliamo adesso fare alcune importanti considerazioni circa il dominio di questa trasformata di
Laplace. Per far questo, dobbiamo riflettere sul grafico del segnale di partenza. Questo si pu
presentare in due diversi modi a seconda del segno di 0 .
0 0
t t
0 0 0 j 0 0 0
0 j 0
0 t 0 t
0 j 0
0 j 0
Dunque il segnale ha sempre trasformata di Laplace, ma a seconda del valore di 0 il suo dominio
formato da semipiani che comprendono l'asse immaginario o che non lo comprendono (ci sarebbe
ancora da discutere il caso di 0 0 ma esattamente il caso discusso nel primo esercizio).
Osserviamo quindi che per 0 0 l'asse immaginario compreso nel dominio, il segnale di
partenza un segnale a crescita lenta e quindi ha sicuramente trasformata di Fourier. La quale si
ottiene semplicemente ponendo al posto di s, j .
Quando invece 0 0 l'asse immaginario non sta n dentro n sul confine del dominio, quindi
siamo certi che il segnale non ha trasformata di Fourier. In questo caso non infatti un segnale a
crescita lenta ma un segnale a crescita esponenziale crescente.
Esercizio 4
Vogliamo fare la trasformata di Laplace del segnale
t
u t e o
sin o t
Abbiamo dunque da trasformare un segnale che nullo fino allo zero e che poi ha un andamento
esponenziale.
Questo segnale lo vogliamo trasformare utilizzando le propriet che abbiamo visto nel capitolo
precedente.
Vogliamo per in questo caso richiamare quella che era la trasformata u t sin o t e pensare
all'esponenziale come a quell'elemento che ci provoca una traslazione nel dominio della variabile s.
Abbiamo immediatamente
t 0
u t e o
sin o t 2 2
s 0
Anche per questo segnale facciamo delle riflessioni analoghe a quelle fatte per l'esercizio precedente
per quanto riguarda il dominio e la possibilit di trasformare secondo Fourier.
Esercizio 5
Vogliamo fare adesso la trasformata di Laplace della gaussiana.
t2 1
e
2
Osserviamo adesso che e t e st
pu essere riscritto nel seguente modo
2
s s2
t
t2 st 2 4
e e e
e possiamo quindi scrivere
s2
2
s s2 s 2
s2 4 s 2
t2 1 1 t
2 4 1 t
2 4 e t
2
e e dt e e dt e dt
s
Poniamo adesso t u e facendo alcune riflessioni che in questo caso trascuriamo possiamo
2
scrivere
s2 s2
4 4 s2
t2 1 e u2 e 4
e e du e
Questo un risultato abbastanza interessante perch possiamo osservare che abbiamo fatto la
trasformata di Fourier di una gaussiana ed abbiamo ottenuto ancora una gaussiana.
Antitrasformata di Laplace
Qualche capitolo fa abbiamo definito la trasformata di Laplace nel seguente modo
t
x t x t e X
Il pedice nella X indica la dipendenza del segnale dal parametro . Avevamo anche
osservato che l'insieme dei per i quali definita questa funzione un intervallo dell'asse reale.
Se noi adesso consideriamo come la parte reale e come la parte immaginaria di un numero
complesso s, possiamo scrivere
t
x t x t e X X s con s j
ed ecco che s cos definita, costituisce proprio il dominio (una striscia verticale) della nostra
trasformata di Laplace.
Se ne pu concludere che
t
e x t X
t
x t e X formula per le distribuzioni
Si pu inoltre dimostrare che il valore dell'antitrasformata non dipende dal valore di (sempre
purch stia all'interno del dominio).
Supponiamo adesso che sia possibile calcolare l'antitrasformata con l'integrale e vediamo come
diventa l'espressione
t 1
x t e X ej td
2
e portando l'esponenziale dentro l'integrale
1 j t
x t X s e d
2
osserviamo che stiamo integrando lungo una parallela dell'asse immaginario che passa per .
Riscriviamo adesso l'integrale nel seguente modo
1 j t
x t X s e jd
2 j
ed osserviamo che j d d j , quindi
1 j
x t X s e s t ds dove dom
2 j j
e st e t
t 0
0 t 0 t 0
e st e t
0
t 0 0 0 t
in ciascuno di questi due casi il lemma di Jordan ci
dice in quale dei due semipiani bisogna chiudere il
cammino d'integrazione per applicare il teorema
dei residui.
Se t 0 il semipiano quello per per cui chiuderemo il cammino d'integrazione
attraverso una semicirconferenza a destra del cammino d'integrazione. Osserviamo subito che in
1
questa regione la funzione analitica, quindi il risultato zero.
s
Se t 0 il semipiano quello per per cui chiuderemo il cammino d'integrazione
attraverso una semicirconferenza a sinistra del cammino d'integrazione. Osserviamo subito che in
questo caso la funzione ha un polo del primo ordine per cui, applicando il teorema dei residui si ha
1 1 j 1 st 1
e ds 2 j R1 0 1
s 2 j j s 2 j s
e st
Il risultato quindi un gradino unitario (risultato che gi conoscevamo ma che abbiamo voluto
raggiungere attraverso la formula di antitrasformazione).
Esercizi di antitrasformazione
Nei seguenti esercizi si vogliono calcolare le antitrasfromate, non attraverso l'integrale, bens
riconoscendo delle trasformate note e giungendo all'antitrasformata attraverso le propriet della
trasformata.
Esercizio 1
Vogliamo fare l'antitrasformata del seguente segnale
2
3s 6s 3
X1 s
s2 s 2
A prima vista non sembrerebbe di riconoscere nessuna trasformata nota.
Il metodo per poter riconoscere delle trasformate note quello di decomporre la frazione in fratti
semplici (invitiamo il lettore ad andarsi a rileggere i capitoli che ne parlano). La prima cosa da fare
quindi cercare gli zeri del denominatore. Si ottengono due poli semplici
s1 1
s2 2
e la decomposizione d il seguente risultato
3 s2 6 s 3 2 1
X1 s 3
2
s s 2 s 1 s 2
Osserviamo adesso che i termini dell'ultimo membro sono tutte trasformate note. Si ha infatti
3 3 t
perch si ha la trasformata della delta che uno moltiplicata per 3;
2
2 et u t
s 1
perch si ha la trasformata del gradino traslata di +1 nella variabile s e moltiplicata per 2;
1 2t
e u t
s 2
perch si ha la trasformata del gradino traslata di -2 nella variabile s.
In conclusione si ottiene la seguente antitrasformazione
3 s2 6 s 3
2 et u t
2t
x1 t 3 t e u t
s2 s 2
Esercizio 2
Vogliamo antitrasformare un segnale che presenta un polo doppio
2 s3 5 s 2 2 s 3 2 s3 5 s 2 2 s 3
X2 s
s3 s 2 s2 s 1
E' una funzione razionale che ha i seguenti poli
s 0 polo doppio
s 1 polo semplice
Si ottiene
3 2
2s 5s 2s 3 3 1 4
X2 s 2
s3 s 2 s2 s s 1
Che porta alle antitrasformate note
3 2
2s 5s 2s 3 t
3 2
x2 t 2 t 3t u t u t 4e u t
s s
Esercizio 3
Vogliamo antitrasformare un segnale che presenta poli complessi coniugati
s 2 3 s 24
X3 s
s2 9
I poli sono i complessi coniugati
s j3
e la decomposizione in questo caso, se ricordiamo, viene espressa in maniera un po' diversa
2
s 3 s 24 s 3
X3 s 2
1 3 2 2 5 2 2
s 9 s 3 s 3
risulta quindi
x3 t t 3 u t cos 3 t 5 u t sin 3 t
Esercizio 4
Vogliamo antitrasformare la funzione
2 s 2 11 s 74
X4 s 2
s 4 s 29
I poli sono
s 2 j5
si ha
2 s 2 11 s 74 3 s 2 5
X4 s 2 2 2 1
2
s 4 s 29 2 s 2 2 52 s 2 2 52
2t 2t
x4 t 2 t 3 u t cos 5 t e 2u t e sin 5 t
Esercizio 5
Vogliamo adesso fare l'antitrasformata di un polinomio razionale moltiplicato per un esponenziale
complesso. Osserviamo che la moltiplicazione per l'esponenziale provoca una traslazione nel tempo
(si trasla la variabile t ovunque compare).
2
2s 1 5s
X5 s e
s2 s 2
I poli sono
s 1
s 2
Si ha
2 s2 1 5s 1 3 5s
X5 s e 2 e
s2 s 2 s 1 s 2
a questo punto si risolvono le trasformate come al solito tenendo per conto della traslazione
t 5 2 t 5
x5 t 2 t 5 u t 5 e 3u t 5 e
Esercizio 6
In questo esercizio vogliamo antitrasformare un segnale che presenta esponenziali complessi. In
questi casi si fa molto uso di seni e coseni circolari e iperbolici, che altro non sono che
combinazioni lineari appunto di esponenziali complessi.
1
X6 s sinh s
s
Si potrebbe vedere subito che questa una trasformata nota, ma supponiamo di non accorgercene
per procedere con metodo. Mettiamo il seno in forma esponenziale e applichiamo le propriet di
linearit e traslazione
1 1 es e s
X6 s sinh s
s s 2
1 1 s 1 1 s 1 1 1
x6 t e e u t 1 u t 1 p t
2 s 2 s 2 2 2 2
Esercizio 7
es e
s
1 1
X7 s cosh s
s s 2
1 1 1 1
es
s
X6 s e
2 s 2 s
1 t 1 1 t 1
x6 t u t 1 e u t 1 e
2 2
Osserviamo che l'esponenziale provocato dalla traslazione nel dominio delle s mentre la
traslazione nel dominio dei tempi provocata dal fatto che si ha il prodotto con un esponenziale.
x0 t x t 0 t T
0 t 0 o t T
E supponiamo che il segnale x t sia ottenuto attraverso la somma di traslate di multipli positivi
di T. Ovvero il segnale di cui stiamo parlando uguale a
x t ! x0 t kT
k 0
x t
a 2a t
x0 t
t
x0 t 2 a
t
x0 t 4 a
E' facile osservare che un altro modo per descrivere la somma di queste traslate ( un discorso
analogo a quello che si faceva quando si parlato di segnali periodici tra pi e meno infinito), di
pensare alla traslata come il prodotto di convoluzione del segnale non traslato per una delta traslata
x t ! x0 t kT x0 t ! t kT
k 0 k 0
Questa dunque l'espressione dei segnali che vogliamo trasformare. Ma se vogliamo fare la
trasformata di Laplace di un prodotto di convoluzione, sappiamo che per le sue propriet uguale al
prodotto ordinario delle trasformate, ovvero
x t x0 t ! t kT
k 0
! t kT
k 0
in quanto l'altra trasformata che compare un caso ormai ampiamente trattato. Utilizzando la
linearit e la continuit della trasformata di Laplace possiamo scrivere
! t kT ! t kT
k 0 k 0
Essendo la trasformata della delta uguale ad uno, possiamo scrivere, tenendo conto che una
traslazione nel dominio dei tempi d luogo ad una moltiplicazione per un esponenziale nel dominio
della variabile s, la seguente uguaglianza
kTs
! t kT ! t kT !e
k 0 k 0 k 0
Esempio
Vediamo un esempio utilizzando proprio un'onda triangolare di periodo T 2 a ed ampiezza 1. La
prima cosa da fare la trasformata di Laplace del segnale x 0 t . Lasciamo al lettore il compito di
calcolare tale trasformata, noi ci limiteremo a darne il valore
sa
4 sinh
2 as
X0 s 2
e
as
La trasformata del segnale periodico dunque la seguente
sa
4 sinh
2 as 1
x t 2
e 2 as
as 1 e
Il dominio della trasformata di Laplace il seguente
dom s : Re s 0
Infatti il fatto che il segnale di partenza nullo per t 0 fa si che il dominio sia sicuramente un
semipiano destro. Se poi osserviamo il termine dato da X 0 s possiamo vedere che in realt
nell'origine abbiamo una singolarit apparente, in quanto sia numeratore che denominatore vi hanno
un polo del 2 ordine. Quindi le singolarit della trasformata sono date dal secondo termine che ha
infiniti poli del 1 ordine sull'asse immaginario.
Dal dominio possiamo osservare che di questo segnale si poteva fare la trasformata di Fourier (che
in effetti a suo tempo abbiamo gi calcolato), ma che non sarebbe stata calcolabile con l'integrale e
che andava fatta nel senso delle distribuzioni in quanto compaiono delle delta di Dirac (l'asse
immaginario al confine del dominio). Per tali ragioni si deduce che non neanche possibile
passare dalla trasformata di Laplace a quella di Fourier con un semplice passaggio.
- Pag.199
Appunti di Capuzzo Alessandro - Trasformata di Laplace
Considerazioni pratiche
Vorremmo adesso fare delle osservazioni che ci permettano di fare delle considerazioni su di un
segnale avendone la trasformata, senza dover necessariamente calcolarne l'antitrasformata, cio
semplicemente sulla base di alcune sue caratteristiche.
Supponiamo di avere una trasformata che sia un prodotto di una funzione razionale per degli
esponenziali, ovvero X s Y s e st con Y s razionale e che gli s k siano i poli di Y s .
i
Osserviamo che l'esponenziale una funzione analitica in tutto il piano complesso. E' semplice fare
le seguenti considerazioni.
Se la parte reale di tutti i poli minore di zero allora il segnale, ovvero l'antitrasformata,
tende esponenzialmente a zero per t che tende a pi infinito.
Se invece ci sono anche delle singolarit sull'asse immaginario e se tali singolarit sono poli
del 1 ordine, allora l'antitrasformata limitata per t che tende a pi infinito.
Se invece ci sono anche delle singolarit sull'asse immaginario e almeno una di queste un
polo del 2 ordine, oppure esiste almeno una singolarit con parte reale strettamente
maggiore di zero, allora l'antitrasformata non limitata per t che tende a pi infinito.
- Pag.200
Appunti di Capuzzo Alessandro - Trasformata di Laplace
allora
lim x t lim sX s con arg s k
t 0+ s
2
lim x n t lim s n
1
X s con arg s k
t 0+ s 2
- Pag.201
Appunti di Capuzzo Alessandro - Trasformata di Laplace
Siamo dunque nel caso di segnali che cominciano all'istante zero e vengono applicati ad un modello
dalle condizioni iniziali nulle.
Detto questo, torniamo alla nostra equazione
D y t D x t s Y s s X s
Osserviamo che, mentre risolvere un'equazione differenziale un'operazione piuttosto complessa,
risolvere lo stesso modello trasformato diventata una normale equazione nella variabile s, la
seguente
s
Y s X s
s
e poi, facendo l'antitrasformata
y t Y s
otterremo la soluzione dell'equazione differenziale.
Tornando al nostro esempio concreto avremo
D2 3 D 2 y t 3 Dx t
2
s 3s 2 Y s 3 sX s
3s
Y s 2
X s
s 3s 2
A questo punto non ci resta che fare l'antitrasformata per avere la soluzione dell'equazione
differenziale.
v R t Ri
i Cv ' C t
v t vC t vR t
Quindi abbiamo
RCv ' C t vC t v t
E questa l'equazione differenziale del modello concreto che abbiamo ottenuto a partire dalle sue
leggi costitutive.
Se indichiamo con
T RC
y t vC t
x t v t
l'equazione diviene
Ty ' t y t x t
o se vogliamo
TD 1 y t x t
Se adesso facciamo la trasformata di Laplace abbiamo
Ts 1 Y t X t
Non dimentichiamo mai che in questo caso abbiamo fatto la trasformata di Laplace bilatera e quindi
ci dobbiamo porre in condizioni iniziali nulle, ovvero con il circuito in quiete.
A questo punto si ottiene facilmente
1
Y t X t
Ts 1
e baster antitrasformare per ottenere il segnale cercato.
Proviamo adesso a prendere come segnale in ingresso una delta di Dirac, cio un impulso. Allora, se
noi indichiamo con h t la risposta all'impulso, l'equazione differenziale che descrive il modello
RC passa basso diventa
Th ' t h t t
Facciamo la trasformata di Laplace ed abbiamo
TsH s H s 1
1
1 T
H s
Ts 1 1
s
T
Essendo H s la trasformata di Laplace di un segnale che noi consideriamo nullo fino a quando
non inizia la sua risposta alla delta di Dirac, il suo dominio sar un semipiano destro che si
1
estender fino ad incontrare la prima singolarit che in questo caso in .
T
Se adesso facciamo l'antitrasformata otteniamo
t
1 T
h t u t e
T
t
Vediamo un altro esempio. Applichiamo le
considerazioni fatte ad un circuito che abbia come ingresso una porta
x t p2 a t a
Vogliamo cercare la risposta y t . Abbiamo l'equazione
Ty ' t y t p2 a t a
La trasformata di Laplace di questa equazione la seguente
2 sinh sa as
Ts 1 Y s e
s
pensando poi al seno iperbolico come combinazione di esponenziali complessi
e as e
as 2 as
2 sinh sa as as 1 e
Ts 1 Y s e e
s s s
1 e 2 as
Y s
s Ts 1
che allo scopo di fare l'antitrasformata scriviamo nella forma
1 e 2 as
Y s
s Ts 1 s Ts 1
otteniamo, dopo la scomposizione in fratti semplici
T 1 T 2 as 1 2 as
Y s e e
Ts 1 s Ts 1 s
ed antitrasformando si ottiene
t t 2a
T T
y t u t e u t u t 2a e u t 2a
Osserviamo che la risposta uguale alla somma dei primi due termini fino all'istante 2 a ,
dopodich si aggiungono gli altri due termini.
2a t
Ty ' y ! t n
n 0
La trasformata di Laplace
1
Ts 1 Y s s
1 e
e si ricava
1 1
Y s
Ts 1 1 e s
Fare l'antitrasformata di questo segnale non una cosa immediata. Possiamo per adottare il
seguente metodo: decomponiamo il primo termine come se fosse un addendo e giungiamo alla
seguente
1
RY s
T Y Regime
Y s s
1 1 e
1
T
dove Y Regime una funzione incognita che possiamo ottenere, avendo noti tutti gli altri termini.
Essendo
1
1 T
RY s
T 1
1 eT
cerchiamo la Y Regime che ha la seguente espressione
s
1 1 e
Y Regime s
1 1
1
T s T 1 e T
s
T T
adesso possibile antitrasformare
t t t 1
1 T 1 T 1 T
y Regime t u t e u t e u t 1 e
T 1 1
T T
T 1 e T 1 e
Con qualche conto si pu osservare che y Regime t "0 solo per 0 t 1 (dove, ricordiamo, 1 il
periodo che avevamo dato al treno di impulsi). Tornando quindi alla trasformata
1
RY s
T Y Regime
Y s s
1 1 e
1
T
osserviamo che il secondo addendo un segnale periodico (il periodo dato dal denominatore,
essendo periodico l'esponenziale).
Il primo addendo invece il transitorio, che come abbiamo visto, quando viene antitrasformato
porta ad un esponenziale che modifica, in maniera anche abbastanza consistente, la risposta al
segnale, quando si vicini allo zero, ma che poi va via via scemando fino ad approssimarsi allo zero
in maniera definitiva.