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tsunami
Una proposta organica e trasversale
per uscire dallimpasse
(di Gabriele Adinolfi)
ga@gabrieleadinolfi.it
Alle politiche del febbraio 2013 il voto populista nelle sue varie forme ha superato il 65% dei
suffragi.
Senza contare l'astensionismo che verosimilmente tradisce una ben maggior percentuale di italiani
non contenti della democrazia delegata, teleguidata, tecnocratica, globale, espropriatrice, esercitata
sotto tutela.
Con un misero 30% di sostegno, gran parte del quale determinato esclusivamente dal clientelismo e
dagli apparati partitici, si per confermata, anzi si nettamente imposta l'oligarchia
transnazionale, facendo leva sui poteri speciali esercitati da un Capo dello Stato che, in
contraddizione con la natura stessa della carica che riveste, ha affermato di muovere verso la
cessazione di sovranit.
1. In dbacle pur se in maggioranza assoluta
La breve quarantena trascorsa tra la formazione del nuovo Parlamento e la rielezione di Napolitano
a Presidente della Repubblica, stata contrassegnata da manovre di palazzo, stalli e trattative ed
scaturita in un governissimo, espressione dell'esatto opposto della volont degli elettori.
Il parallelo con le elezioni francesi del 1871, quando dopo la caduta di Napoleone III, la nuova
Assemblea parlamentare che doveva porsi come costituente elesse in maggioranza deputati
monarchici ma, in contrasto con la volont dell'elettorato, proclam la III Repubblica, clamoroso.
E non pu non suggerire anche ai pi sinceri democratici la necessit di leggere la politica non solo
come consensi pubblici, i quali, se non supportati da strutture, se non espressioni di rapporti di forza
e se non guidati da leader e stati maggiori, vengono sempre traditi quando cozzano con gli interessi
della casta dominante. Democrazia in fondo votate come volete purch votiate come vogliamo,
altrimenti vi dimostreremo che avete votato male.
Daltronde quanto ci stato detto quando ai referendum abbiamo abolito, a ragione o a torto, il
finanziamento pubblico dei partiti e il ministero dellagricoltura. Ed quanto stato detto ai danesi
quando hanno votato contro ladesione alla Ue o ai francesi e agli olandesi quando hanno rigettato
la costituzione europea.
Sicch, alle amministrative di giugno, gli elettori populisti, siano essi di marca leghista,
berlusconiana o grillina, dopo le evoluzioni parlamentari di primavera che non hanno digerito hanno
disertato in massa le urne consegnando ad un Partito democratico, tecnicista e globalista, una
maggioranza plebiscitaria, bench avesse perso anch'esso voti quasi ovunque, ma non implodendo
come la controparte.
Lo stesso accadde per i monarchistes in Francia dopo il capovolgimento dell'Assemblea del 1871.
Per la cronaca: i monarchici rimasero per decenni molto numerosi nell'opinione pubblica francese,
talvolta furono anche maggioritari, ma politicamente non si ripresero pi malgrado il sussulto
generato dall'Action Franaise.
Oggi, di fronte alla dbacle politica di chiunque si fosse posto come referente del populismo, si
aperto un dibattito per identificare i responsabili, i colpevoli, le mancanze, i difetti e per recuperare i
consensi smarriti.
E' un dibattito che per il momento coinvolge, in modi diversi, tanto il populismo di centrodestra
nelle sue varie componenti ed espressioni (I filoni di An, leghisti, Forza Italia) quanto le destre
radicali.
A mio parere il dibattito non vola alto perch s'impantana in spiegazioni parzialmente anche vere
ma del tutto insufficienti (ideologia, morale, proposte politiche) senza mai affrontare i nodi centrali
della realt del potere e perch viene quasi sempre fraintesa clamorosamente la psicologia
dell'elettorato. Sicch nell'attuale autocritica s'insiste o nell'accusare l'eccesso di
personalizzazione e di leadership (che invece un elemento cardine, se non una condicio sine qua
non del populismo) o nell'esaltare l'astensionismo come espressione della punizione elettorale nei
confronti di una classe dirigente incapace; il che vero in parte, ma nello specifico attesta
soprattutto una resa senza condizioni alla tutela oligarchica, una rassegnazione disincantata, non un
senso di rivolta e nemmeno una semplice reazione attiva.
Chiunque quindi voglia ripartire, dal populismo pi istituzionalizzato come da quello pi estremo,
mi pare in preda a convinzioni sbagliate e fuorviato da analisi semplicistiche, non solo superficiali,
ma erronee nella stessa superficialit.
Dire che si rischia di ripetere, ma in peggio, gli errori di vent'anni fa, un eufemismo; ho
l'impressione che le mentalit non solo non siano evolute ma che, di fronte ad un quadro ben
diverso, esprimano una condanna senz'appello alla totale sterilit e aprano solo prospettive di
fallimento.
2. Tutti i peccati originali del centrodestra (e della DR)
Dopo vent'anni di sfida populista, quasi sempre contrassegnata da consenso popolare visto che in
questo ventennio il centrosinistra quando ha esercitato il governo lo ha fatto quasi sempre grazie a
dei rovesciamenti di alleanze parlamentari e quasi mai ha vinto nelle urne, il caso di stabilire quali
sono state le manchevolezze della sua classe dirigente.
Non solo un fatto di questioni ideologiche o morali, contrariamente a quanto emerge dal
semplicismo analitico delle estreme. Si tratta soprattutto di uno straordinario pressapochismo
generale che si traduce nella triplice incapacit di selezionare e capitalizzare le risorse dei quadri, in
quella Bossi e Berlusconi esclusi - di cogliere la psicologia delle masse e di rapportarvisi
altrimenti che con la mediazione astratta e fuorviante della propria interpretazione soggettiva ed
erronea; nella convinzione di vivere di rendita del consenso politico raggiunto, un riflesso
pavloviano, questo, tipico della destra cui estranea la cultura industriale della sinistra di continua e
metodica costruzione e solidificazione di fasce di consenso.
C' insomma un difetto di fondo che si pu definire un presuntuoso dilattentismo.
Comprensibile, ma non perdonabile, per via dell'effetto petrolio nel deserto.
Esattamente come i beduini divenuti ultramiliardari perch altri avevano scoperto l'oro nero sotto la
loro sabbia, i quadri politici del centrodestra, in particolare quella missina, dopo Tangentopoli sono
diventati improvvisamente importanti e hanno dimenticato il perch. Miracolati da una legge
elettorale che erano certi li cancellasse (gi chiaro segno di lungimiranza), divenuti insomma
petrosceicchi, si sono lanciati a speculare in borsa e a investire senza avere le dovute conoscenze e
competenze e hanno cos sperperato il loro capitale.
Succede se non si capisce nulla degli indicatori e se, quando li si leggono e sono inquietanti, si
pretende che non siano importanti.
Di fatto non c' mai stata una classe dirigente vera e propria nel mondo del centrodestra; ha espresso
leader di celluloide come Gianfranco Fini, inconsistenti quando si passava dal virtuale alla
conduzione reale, malgrado tutti gli atout di cui potevano godere.
Oltre a Berlusconi e Bossi, come leaders nulla.
Qualcosa di meglio si pu riscontrare nella realizzazione di quadri intermedi (in particolare nella
comunit rampelliana e in parte nella componente augelliana) ma sempre e solo nel tatticismo e mai
su piani strategici.
Mai si ragionato in termini complessivi e con la visione dinsieme; chi ha saputo interpretare
strategicamente i singoli casi, al Rubygate a Montecarlo, dallaffaire Gheddafi alle intercettazioni,
invece di affrontarli singolarmente, secondo le sue impressioni soggettive, i propri gusti, le
aspirazioni del momento e le opportunit a breve? Ma chi ha una visione frammentaria ed episodica
dello scontro politico non pu che perderlo fronte a chi, invece, lo concepisce nel suo insieme e ha
gli obiettivi chiari.
Sostenere che si deve ripartire, o partire di nuovo, o partire tout court, dalla costituzione di quadri
talmente lapalissiano che non merita di essere sottolineato.
Il problema che di per s questo non significa nulla, perch nessuno pu insegnare ad altri quello
che non sa e perch a me pare che siano davvero in pochi a sapere qualcosa di concreto.
Prima di proporre quindi una rifondazione o una fondazione di un soggetto politico che nasca dai
suoi quadri dirigenti (e ci a prescindere dalla sua natura ideologica e della sua forma espressiva)
il caso d'individuare quali siano stati gli errori di fondo del populismo nostrano.
La lista probabilmente pi lunga, ho personalmente individuato tre equivoci di fondo e tre
mancate corrispondenze.
L'equivoco sulle ragioni del successo
La vittoria del populismo con l'avvento della triplice An-Fi-Lega, immediatamente successiva
all'improvviso successo missino del '93, aveva fatto dimenticare ai suoi protagonisti che questo non
era dovuto se non in minima parte a loro meriti ma era piuttosto il frutto della combinazione
Caduta del Muro / Mani Pulite e che fu lo scompaginamento del quadro fino allora determinante a
consentire l'espressione in un senso pi marcato da parte di elettori che fino a poc'anzi votavano Dc
turandosi il naso. I voti a destra non furono se non in misura infima il risultato dell'impegno della
dirigenza missina, furono da un lato il frutto del piacevole ricordo mussoliniano, dall'altro
dell'onest e della coerenza, quantomeno apparente, di un partito tenuto lontano dalle casse per
quarantasette anni, infine dall'improvvisa possibilit di esprimere anche in Italia quella resistenza
populista ai poteri forti che gi si manifestava in tutto l'Occidente, da Le Pen a Buchanan, da Perot
al Vlaams Blok e che presto avrebbe avuto espressioni anche ad est, innanzitutto con Putin.
Nessuno meno dei missini colse il senso di questo successo, da un lato lasciando prosciugare i
consensi dovuti all'onest a causa di qualche imbarazzante espressione di corruttela anche
dilettantesca ma, soprattutto, per colpa dello sforzo impegnato nel distanziarsi non solo dai
riferimenti mussoliniani ma dal tribunato populista di cui avrebbero dovuto rappresentare le
avanguardie pi avvedute e dal quale invece non hanno mai perso occasione di distanziarsi.
Nel che hanno ampiamente dimostrato quanto fossero prigionieri di una deformazione soggettiva,
propria ad una ristretta cerchia ambientale che subiva, senza filtri, la propaganda avversaria e che vi
si piegava con un senso d'inferiorit psicologica e culturale.
Fini e Alemanno - a furia di scuse, prese di distanze, inchini e avvicinamenti ai commissari politici
altrui si pu dire che abbiano davvero fatto scuola: nessuno in passato mai aveva frainteso il
proprio elettorato in modo cos totale.
Un fraintendimento abbastanza generalizzato visto che come ipotetica soluzione si sente sempre pi
spesso invocare quella soluzione risibile e suicida, in particolare per la psicologia del populismo
leaderista, delle primarie. Un mimetismo dei modelli altrui che non tiene conto della psicologia
profonda dellelettorato populista che invoca un leader e non dialettiche partitiche.
Il sistema della democrazia delegata nel quadro della sovranit nazionale e fondato sulla cultura
sociale in crisi di corrispondenza (o per dire meglio: non ha alcun potere per confrontarvisi):
- nei riguardi dei centri di potere privati e sovranazionali;
- nei confronti della cultura speculatrice, usuraia e di sfruttamento intensivo imperniato su banche e
multinazionali;
- di fronte alla concorrenza di mercato del Terzo Mondo che ignora lo stato sociale;
L'azione combinata di questi tre fattori sovranazionali ha costretto le classi politiche alla ritirata:
sono amministratrici di condomino, si limitano, giocoforza, a stabilire in che modo rateizzare le
fatture di riscaldamento, di gas, di ascensore, d'immondizia e a definire come dividere gli introiti
delle antenne della telefonia mobile.
A prescindere dalle motivazioni ideologiche e dalla pulizia morale della classe politica, in un quadro
di sovranit oggettivamente sempre pi limitata, essa non pu far altro che mediare. Ma per poter
mediare deve avere delle forze socioeconomiche, oltre che culturali, da promuovere, da difendere e
da contrapporre, sia pur avvedutamente, alle mire sovranazionali.
Altrimenti o si limita ad eseguire quello che le viene imposto dall'alto oppure fa appello, n pi n
meno delle estreme, a dei puri concetti astratti, non applicati n applicabili.
Insomma il tutto si traduce in slogan e in battaglie mediatiche ma, all'atto pratico, non si riesce ad
andare al di l del braccio di ferro legislativo sull'Imu o di battaglie verbose e generalmente
approssimative sull'Euro, sulla Ue, sulla trasparenza, sul ringiovanimento e sulla questione morale.
La destra radicale
Prima di avanzare alcune proposte dobbiamo parlare della destra radicale che, per cultura propria e
per abitudine antropologica, dovrebbe essere teoricamente pi attrezzata per confrontarsi con una
dittatura, quale quella che si costituita ultimamente, che essa denuncia da tempo immemore.
Si tratta purtroppo di una potenzialit molto relativa perch nel ventennio di eccezionalit populista
non che tale destra, da me pi volte definita terminale, abbia brillato molto.
Lantagonismo che ha espresso stato pi ideologico e teorico che concreto e si manifestato
maggiormente nei confronti della destra populista per un vero e proprio terrore di perdita
didentificazione che non dellintero insieme, relegandosi cos a vivacchiare in un orizzonte
ristretto e modesto.
Poca concretizzazione, poche azioni, poche solidificazioni, ma tante parole di fuoco.
Pi spesso la destra radicale stata contrassegnata da un puro e semplice spirito refrattario rispetto
alla realt e da espressioni di psicologia sociale da sottocultura urbana.
Raramente essa stata padrona di s, altalenando una forma di astratto e patetico salafitismo de
noantri con gli ammiccamenti al politicamente corretto.
N pi n meno dei cugini istituzionali, i destro radicali hanno regolarmente dimostrato dipendenza
psicologica dalla cultura dominante e dalla propaganda progressista, alternando le scontate
esternazioni ottusamente trinariciute a cedimenti morali, culturali e ideologici imbarazzanti.
E vero che, pur se tenute in frigorifero, la produzione analitica, la proposizione politica,
lidentificazione del nemico e la decifrazione del sistema proprie alla DR tuttora rappresentano un
capitale dal quale nessuno pu prescindere.
Ci detto, nel suo insieme la destra radicale ha mostrato non meno inadeguatezza politica e
psicologica di quella istituzionale ed ha le sue responsabilit nel fallimento globale.
Di sicuro ha espresso qualche individualit di spicco e non poca vivacit ad opera di alcune
minoranze.
Che, peraltro, sono anche state espressioni di destre istituzionali o ad esse contigue (penso ad
esempio a Casagg e al Foro; ma anche le migliori espressioni di Casa Pound o delle realt del nord
sono state centrate pi spesso in clima di cooperazione che disolamento. Persino il Blocco
Studentesco ha vissuto i momenti pi alti, tra piazza Navona e piazza Esedra, quando c stata
convergenza a destra e anche, trasversale, a sinistra).
Per tracciare un bilancio la destra radicale, quando riuscita ad esprimersi, stata in bilico tra
lavanguardia e la tribu urbana, centrando comunque qua e l delle innovazioni di linguaggio, di
costume, destetica, darte.
Ma quel poco di rilevante che ha politicamente espresso lo ha fatto quando non ha ragionato come
partito, come ghetto o come organizzazione autoreferenziale bens nella dinamica movimentista.
E da queste considerazioni e dalla sua ricchezza stipata in frigorifero che deve ripartire.
Se intende invece incorrere nelle astrazioni puerili e mitomaniacali dimmaginarsi come lunico e
provvidenziale soggetto antagonista o di fraintendere la delusione astensionista con un potenziale
rivoluzionario che potr guidare un giorno, lunica possibilit di non sparire che le resta quella di
essere tenuta in vita dallaccanita e gratuita repressione mossa dallodio e dal calcolo della
minoranza sediziosa oggi al potere.
In sintesi: sono state offerte a tutti per un ventennio delle opportunit irripetibili ma nessuno stato
allaltezza del compito e del momento.
Si tratta ora di compire unautentica rivoluzione culturale, soprattutto nella mentalit e nel metodo,
nella speranza di sopravvivere agli anni che verranno e di non seppellire tutto nel funerale della
presunzione e del pressapochismo.
3. Con quale governo e con quale regime abbiamo
ora a che fare
In preda agli equivoci, ignara o non realmente conscia della portata delle non corrispondenze tra
potere politico e potere reale, ubriacata dal facile successo ottenuto e paralizzata dai
condizionamenti dell'opportunismo e del tatticismo quotidiano, la classe dirigente del populismo
italiano a stento si resa conto di quanto e come le decisioni esterne, non solo americane, potessero
sconvolgere ogni piano; dal dettarci un'economia di guerra nel 2001 fino all'imporci un golpe nel
novembre 2011.
L'errore maggiormente ricorrente quando si osserva il cambiamento radicale in atto negli ultimi
mesi quello di fornirgli spiegazioni di politica interna, accusando magari gli eccessi populisti,
sovranisti e demagogici, che furono l'espressione di superficie dell'eccezionalit italiana e che
semmai andrebbero sostanziati e difesi, mentre invece solitamente si sostiene che, se rimossi, si
tornerebbe al governo.
A prescindere dal fatto che spera probabilmente di vincere un giorno la gara che ha per posta chi
far l'anchorman dei banchieri, il fatto stesso che ci sia chi ragiona cos lascia perplessi.
Come si fa a non capire cosa sia successo dal novembre 2011, come quanto accaduto sia connesso
all'offensiva delle primavere arabe e all'aggressione arancione/arcobaleno dei Soros boys & girls,
che cosa stia producendo, dove punti e su chi faccia saldamente affidamento?
Come si pu non capire come e fino a qual punto si sia entrati in un sistema di leggi speciali, in
un'era di colpo di Stato permanente che punta a smantellare lo stato sociale, la cultura classica, ogni
tradizione consolidata e qualsiasi fondamento di civilt, di societ, d'indipendenza e di libert?
Se non si coglie questo dato elementare non si pu fare politica in nessun schieramento; neppure in
quello che tale colpo di Stato permanente e che questa sovversione dall'alto intende portare a
termine.
In cosa si traduce l'azione combinata della soddisfazione degli interessi sovranazionali e del
fanatismo liberal/trozkista?
Nell'applicazione rigida degli accordi di Basilea, nella svendita degli asset strategici italiani e
nelle privatizzazioni selvagge ad asta pilotata.
Tutto ci sta scientemente e volutamente mettendo in ginocchio l'economia e il futuro della nostra
nazione. A questo si aggiunge la rivoluzione culturale dall'alto che corrisponde esattamente a
quello che il docente di geopolitica francese Aymric Chauprade ha recentemente denunciato alla
Duma russa.
Ne riportiamo un estratto essenziale.
Ma la guerra geopolitica che l'oligarchia occidentale conduce contro la Russia e contro
l'indipendenza degli europei, si accompagna ad una guerra ideologica. Ieri, le rivoluzioni "colorate"
in Georgia e in Ucraina, oggi Femen, il "Pussy Riot", o il matrimonio gay in Francia, sono
espressioni di un unico fenomeno: l'alleanza tra il globalismo occidentale e il nichilismo anarchico,
questa ideologia distruttiva, che, sotto varie forme nella storia, ha costantemente attaccato le basi
della civilt, la dignit della persona, la famiglia, la nazione sovrana.
Bench ultra-minoritario, questo anarchismo nichilista controlla gran parte dei media occidentali,
terrorizza la classe dirigente europea, e riceve il sostegno dei finanzieri e degli affaristi mondialisti
filoamericani.
Di fronte a questa nuova forma di terrorismo, per difendere il mondo multipolare che vogliamo,
unica garanzia di una pace giusta e globale, giunto il momento di constatare che un nuovo
bipolarismo ideologico si sovrappone al multipolarismo geopolitico.
Il nuovo bipolarismo mette di fronte, in un confronto che si amplificher, da un un lato questo
totalitarismo globale, che ha distrutto la famiglia e la nazione, riducendo la persona ad un
consumatore schiavo di pulsioni mercantili e sessuali e dall'altro i popoli traditi dalle loro lites,
assopiti davanti alla perdita di sovranit e all'immigrazione di massa, ma che di fronte all'attacco
contro la famiglia iniziano a risvegliarsi.
Ma attenzione! Contrastato sul terreno geopolitico, grazie al multipolarismo, il progetto globalista
sta cercando di rilanciare mediante l'affermazione di una nuova ideologia rivoluzionaria.
In questo nuovo combattimento, signore e signori, quelli che non vogliono lo scudo anti-missile
degli Stati Uniti, il predominio della NATO, la guerra contro la Siria e l'Iran sono nello stesso
campo di quelli che rifiutano la perdita di sovranit, la massiccia sostituzione di popolazione, le
FEMEN, la teoria del genere, il matrimonio gay, e le altre mercificazioni del corpo umano.
Il nichilismo liberal/trozkista
Qui dobbiamo capire bene cosa accade realmente.
Come giustamente rileva Chauprade questo nichilismo ultra-minoritario all'interno stesso di
governi che a loro volta godono di sostegni popolari minoritari.
Chi lo rappresenta si comporta come nel 1917-20 si comportarono i bolscevichi e soprattutto i
menscevichi durante la rivoluzione russa, grazie ad ingenti sostegni finanziari e diplomatici
internazionali.
Questo nichilismo in azione liberal/trozkista, ovvero erede diretto della concezione oligarchica
della rivoluzione permanente che fu propria di Trotsky e di Wall Street e che, dopo che questi venne
sconfitto ed eliminato da Stalin, si svilupp nel dopoguerra tramite strutture Onu e l'Internazionale
socialista e conquist culturalmente New York e l'lite americana che oggi, particolarmente nella
destra, guidata da trozkisti storici.
La sua azione di sconvolgimento permanente si sviluppa con metodi orwelliani e si manifesta con le
tecniche recentemente illustrate dal sociologo svizzero Eric Werner e dal russo Alexandre
Zinoviev.
Essa si fonda sulla promozione del sentimento di terrore, di discordia, d'insicurezza, di guerra civile
e d'inquisizione e, nel promuovere questo clima e le leggi speciali consequenziali finalizzate a
costruire il paradiso artificiale dell'uomo nuovo, utilizza la mistificazione e le tecniche di agitazione
propagandistica ereditata dal leninismo.
Ha bisogno sempre di un cattivo, di un colpevole, di un capro espiatorio, di un essere inferiore da
imbavagliare e da eliminare, e quanto pi uno normale, ovvero pi difficile da rendere uomo
nuovo nel paradiso terrestre, tanto pi esso meritevole di essere additato al disprezzo pubblico.
Leggi d'emergenza
Terrore, odio, senso di colpa, discordia, punizione.
Da quando in carica questo governo stata scatenata una serie ininterrotta di pressioni da parte
della polizia postale contro la libera espressione e si andati persino oltre.
Non ci riferiamo soltanto ai processi politici a Berlusconi che sono comunque allarmanti. Per il
Rubygate, un processo senza parte lesa, senza testi daccusa e con tutti i testi che hanno di fatto
scaricato limputato (e sono stati incriminati per falsa testimonianza!) il tribunale, andando oltre la
richiesta della pubblica accusa, ha pronunciato una condanna a sette anni, esattamente quella che gli
aveva gi comminato anni fa al cinema Nanni Moretti ne Il caimano.
Sembra il sigillo teatrale ad un testamento politico affidato dal vecchio Pci nelle mani della
giustizia.
Ci sono i processi ai reati dopinione, come quello inquisitorio a Stormfront che ha peraltro fornito
il pretesto per la scrittura di una rigorosissima legge sul pensiero e sulla storia che va ben al di l
dellargomento invocato a pretesto; ma dobbiamo anche registrare che abbiamo avuto la primizia di
una condanna a sei mesi per responsabilit oggettiva del gestore di una pagina fecebook, reo di
non aver cancellato un commento non suo e che neppure aveva letto che risultava sgradito alla sua
controparte economica.
Un precedente inquietante che rende chiunque potenzialmente colpevole di reati che magari non
commetter mai ma che pagher ugualmente se lo stabilir un soviet. Baster che qualsiasi
provocatore pubblichi quel che vuole sulla sua pagina e che lo salvi in foto. Se anche il suo
bersaglio canceller immediatamente il commento rester traccia della sua responsabilit
oggettiva: basta un secondo.
Paradigmatica poi la richiesta di chiusura della Skinhouse di Milano, un locale privato, reo di aver
organizzato niente pop di meno che un concerto musicale.
Di fronte alla relazione del ministro dell'interno che spiegava come l'associazione che gestisce la
Skinhouse non abbia mai creato problemi a nessuno e sia impegnata sul fronte animalista, la
deputata che a Montecitorio ne aveva chiesto la chiusura ha argomentato con il fatto che questa
gente non ha a monte alcun diritto di esistere o di esprimersi.
Marcer, fanatico, iniquo, sleale e feroce, alla demolizione del bene comune per la costruzione
artificiale del paradiso terrestre e delluomo nuovo, atomizzato e privato didentit, di appartenenza,
di continuit, di orientamento, di riferimenti e di prospettive.
4. Sotto regime per unefficace controffensiva
A nulla dunque servirebbe interrogarsi sul passato o adoperarsi per il futuro se non si tiene conto di
chi ha approfittato de i varchi aperti dalla crisi di non corrispondenza a cui il centrodestra
populista non ha trovato alcuna soluzione. E men che meno se non si parte dalla considerazione
oggettiva che oggi una minoranza sediziosa detiene i poteri assoluti, semina odi e discordie,
sconvolge societ, cultura e nazione, impone leggi speciali e si fa regime.
Se qualcuno vuole insistere nel leggere il confronto politico come normale ed equo, se si attende
lealt dalla controparte e se continua a confondere il potere formale con quello reale, questo
qualcuno politicamente insulso e la sua iniziativa, qualunque essa sia, sar irrilevante.
Si deve partire dalla considerazione elementare che siamo in dittatura da parte di una minoranza e
che la maggioranza disarticolata e destrutturata.
Che la risposta politica non pu neppur essere immaginata se non si tiene conto che essa deve fare i
conti con una dittatura pi che orwelliana.
Che si deve, quindi, iniziare a costituire un alternativo, autonomo, articolato, plurale, sistema di
libert.
Ripartire schmittianamente
Se non si tengono finalmente nel dovuto conto quelle non corrispondenze sottovalutate finora; se
non si d la necessaria importanza alla volont della minoranza sediziosa che ha approfittato della
situazione venutasi a creare; se si continuano ad alimentare equivoci; si potr pensare di riprendersi
solo in un modo superficiale, offrendosi, istituzionalmente, come dei lacch di seconda scelta nella
speranza di un futuro cambio dei camerieri o, da irriducibili, quali icone da marciapiede.
Solo chi sia disposto a prendere atto della situazione, dellimpreparazione e della faciloneria che lo
hanno messo fuori gioco e della necessit di fare un salto di qualit, pu cambiare realmente
qualcosa.
Partendo da idee infine chiare, sul potere, sulla sociologia, sullo scarto esistente tra sistema
apparente e potere reale ma, soprattutto, operando a fondo lidentificazione e la definizione
schmittiana del nemico.
Esattamente quello che non mai stato fatto, perch se il populismo istituzionale si illuso di non
averne, la destra radicale a furia di indicare come nemici pi o meno tutti, come se non ne avesse
indicato nessuno.
Ergo, schmittianamente parlando, n la destra istituzionale n quella estrema hanno fatto realmente
politica.
Partendo dallidentificazione e dalla definizione del nemico che non si confuso, lui, n ha
esitato ad annunciare il colore, lui, non appena ne ha avuto loccasione, si pu invece rinascere per
contrapposizione.
1) Se si consapevoli che la minoranza sediziosa che ha usufruito del colpo di Stato permanente si
comporta in maniera dittatoriale e non fa prigionieri, la prima considerazione da farsi che si in
lotta impari e vitale per la sopravvivenza e per la libert.
2) Ne consegue che tutti coloro che sono attaccati dalla minoranza sediziosa (culture politiche, fasce
sociali) sono potenziali alleati, magari saltuari od occasionali, e che necessario operare per giocare
con tutti di sponda, di domino e di carambola.
3) In conclusione, trattandosi di uno scontro di libert e non di una competizione regolare, bisogna
iniziare a ragionare a sistema perch solo un sistema di forze, plurale, pu avere la meglio su di una
dittatura, purch in esso agiscano una o pi minoranze che siano a loro volta strategiche.
Certo, si tratta di assumere una linea di fondo che verta sui concetti di sovranit e di autonomia e
che faccia proprie le leggi geopolitiche dindipendenza della nostra Penisola, tutte cose finora
ignorate o enunciate alla rinfusa, spesso insieme al loro esatto contrario.
Se la leggiamo secondo unaltra ottica, ci troviamo di fronte al conflitto kantiano tra eteronomia
(ovvero legge dettata da altri) e autonomia.
La minoranza sediziosa che sta edificando il suo infernale paradiso terrestre, distruggendo ogni
vestigia della storia, della societ e della civilt, assertrice della pi totale eterononomia; di cui
peraltro alcune regole imperanti (per esempio gli accordi di Basilea) altro non sono se non delle
imposizioni assolute.
Contrapporre la collaborazione organica tra i ceti produttivi, sia mobilitandoli verso soluzioni
legislative nuove e verso la partecipazione, come sta facendo il Cesi del professor Rasi, sia offrendo
ad esse soluzioni economiche alternative efficaci, come fa il Centro Studi Polaris,
importantissimo.
Ma un vero soggetto politico deve riuscire a collegare le fasce di resistenza produttiva fino a
permettere loro di ottenere il credito, aggirando (pur mantenendo intaccate le forme) i diktat di
Basilea.
Deve farlo perch altrimenti il suo impegno non avrebbe direzione n senso, ma soprattutto perch
se riesce a consolidare un potere autonomo e a rappresentarlo, alla classe politica si offrir la
possibilit di mediare non pi come oggi tra i poteri forti e il nulla, ma tra i poteri forti e i poteri
organici del tessuto sociale. Questo ci porterebbe, quantomeno, a contare quasi come la Germania
che in tal senso ha tanto da insegnare a tutti.
Muovere la controffensiva
Andremmo oltre con una proposta politica precisa.
La quale, per quanto ci riguarda, verte sulla necessit di andare in questa direzione, operando nei
quattro settori precedentemente elencati (destra populista, destra radicale, fasce sociali attive,
populismo di sinistra non rappresentato). In unottica diveniristica, puntando quindi soprattutto ,
come scelta della punta di diamante, alla terza categoria elencata che a nostro avviso dovrebbe finire
con lesprimere sia il grosso della base sia le figure di spicco del futuro.
A questo punto lecito che ogni soggetto politico, vero o presunto che sia, pensi di operare nella
direzione che meglio crede e che cerchi di portare a casa, opportunisticamente, tatticamente o
mediaticamente, i risultati che ritiene possibili e opportuni.
In una logica di vasi comunicanti dinterazione, di osmosi, di reciproco arricchimento, sar
frattanto possibile andare verso una progressiva omologazione comune e verso lacquisizione dei
fondamentali strategici ed operativi nonch muovere i primi passi per la coniugazione di unidea-
forza che si opponga - e teoricamente e nella prassi - allutopia dominante e devastante.
Non credo che esista alcun soggetto politico in grado da solo di diventare strategicamente decisivo o
di rappresentare in futuro unalternativa vincente; penso piuttosto che in questo magma possa
progressivamente formarsi qualche cosa di efficace e di dirompente solo e soltanto grazie
allinterazione, allintercambio e allacquisizione del metodo e di una mentalit strategica.
Ritengo sia il caso, da parte di chiunque ne abbia lintenzione, di operare con tal intendimento a 360
gradi e con scambi dinformazione e di formazione.
Da cui, per ragioni oggettive di mezzi, di forze, di predisposizioni, potr delinearsi anche una
differenziazione funzionale; nellauspico che le diverse funzioni non sintendano fini a se stesse,
competitive tra loro e pienamente autosufficienti, com stato erroneamente ritenuto finora.
Perch, sgombriamo il campo da equivoci, non ci sono risposte immediate possibili in quanto non
esistono eserciti che possono battersi senza armi, logistica, strategie, sostegni e stati maggiori e
quanto noi possiamo annoverare oggi, e per giunta di fronte ad un nemico formidabile, solo
qualche reparto di polizia municipale pi alcune bande garibaldine, prive del resto di un adeguato
sostegno internazionale.
Dare o restituire metodo, consapevolezza, strategia, a classi dirigenti da formare; avvicinare tra loro
le fasce sociali pi attive; creare interrelazioni tra esse e i residui di tutto limploso della destra
populista, della destra radicale e della sinistra non liberaltrozkista e non parassitaria; offrire
soluzioni concrete sia sul piano legislativo sia su quello, pi immediato, del come fare, cos, ora e
senza aiuti dallalto; essere insomma al tempo stesso think-tank, coordinamento, sinergia e centro
dinfluenza; questa una vera e propria rivoluzione culturale possibile e, al tempo stesso,
lembrione di una nuova forza politica che potr essere solo la risultante e la sintesi di quanto di
vivace si sprigioni dagli spezzoni frantumati.
Sia personalmente che come centro studi sono/siamo a disposizione di chiunque operi in quella
direzione, fermo restando che sappiamo perfettamente che molti di loro hanno e manterranno il
difetto di sentirsi capi predestinati, uomini di carriera, o persino grandi strateghi e che quindi non
compiranno in questa direzione che passi incerti e condizionati. Ma non ce ne preoccupiamo oltre
misura.
Confidiamo nella forza delle cose e nel conto impietoso che verr servito alla fine della disfatta,
forza e conto che avranno comunque ragione della superba presunzione dei dilettanti.
Dal che, se non ci sar la definitiva nuclearizzazione di ogni ambito di libert, emergeranno
inesorabilmente equilibri nuovi, nuove forme, nuove gerarchie, che lo pensino o lo temano, lo
vogliano o lo paventino gli attuali protagonisti. Dei quali alla lunga rester a stento qualcuno.
Nessun dramma: Omega e poi Alfa. Ma non varr per gli analfabeti n per chi pretenderebbe di
vivere di rendita durante e dopo una metamorfosi.
Noi siamo disponibili e, date le premesse contenute in questo documento, di sicuro oggi non
pretendiamo n chiediamo esclusive n tantomeno esigiamo il possesso di tessere o la comprova di
specifiche appartenenze a coloro che sono dellavviso di coagire e di fare sinergia, purch con uno
scopo, con grinta e con le idee chiare.
Gabriele Adinolfi
ga@gabrieleadinolfi.it