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Sopportare Pazientemente Le Persone Moleste
Sopportare Pazientemente Le Persone Moleste
a. la vita
b. la Parola
Il riferimento a Cristo e alla sua croce riferimento al vertice della storia di Dio con l'umanit che
anche storia della pazienza di Dio verso l'uomo e della sua sopportazione verso il popolo dalla dura
cervice (Dt 9,6.13; 2Cr 30,8; Ne 9,29; Ger 17,23; Bar 2,30; Ez 3,7). E la storia della perseverante
fedelt di Dio nei confronti di un popolo infedele. La pazienza di Dio non affatto impassibilit o
passivit, ma il lungo respiro della sua passione, passione di amore che accetta di soffrire attendendo
i tempi dell'uomo, la sua conversione: Il Signore non ritarda nell'adempiere la promessa, ma usa
pazienza (makrothyme) verso di voi, non volendo che alcuno perisca, ma che tutti giungano a conver-
sione (2Pt 3,9). Per questo, il tempo concesso all'uomo va considerato come narrazione della
longanimit di Dio, della sua makrothymia, e dunque colto come salvezza (2Pt 3,15).
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La pazienza di Dio appare frutto della scelta di Dio, della sua volont, di un lavoro interiore in cui
egli messo a confronto con la possibilit di lasciar esplodere la sua ira. Dice il Siracide:
Non dire: "Ho peccato, e che cosa mi successo?"
perch il Signore paziente ...
Non dire: "La sua compassione grande;
mi perdoner i molti peccati",
perch presso di lui c' misericordia e ira,
e il suo sdegno si riverser sui peccatori (Sir 5,4.6).
L'ebraico biblico parla di Dio come lento all'ira (Es 34,6; Nm 14,18; Ne 9,17) per indicare la sua
pazienza. Pazienza che dunque intenzione di amore verso l'uomo, ma anche sofferenza di fronte al
peccato dell'uomo: Fino a quando sopporter questa comunit malvagia che mormora contro di me?,
dice Dio a Mos e Aronne (Nm 14,27). La pazienza infatti non vuole divenire complice del male
commesso (cf. Ger 44,22). La pazienza divina non assenza di collera ma capacit di elaborarla, di
domarla, di frapporre un'attesa fra il suo insorgere e il suo manifestarsi:
Molte volte trattenne la sua ira
e non scaten il suo furore;
ricordava che essi [i figli di Israele] sono di carne,
un soffio che va e non ritorna (Sal 78,38-39).
La pazienza lo sguardo grande di Dio nei confronti dell'uomo, sguardo che non si arresta al
dettaglio, all'incidente di percorso, non considera come ultimativo il peccato, ma lo colloca all'interno
dell'intero cammino esistenziale che l'uomo chiamato a percorrere. Pertanto essa espone Dio al rischio
di non essere preso sul serio, di essere usato dall'uomo. Paolo chiede retoricamente al giudeo: Ti
prendi forse gioco della pazienza di Dio? (cf. Rm 2,4).
In Cristo, e particolarmente nella sua passione e morte, la pazienza di Dio raggiunge il suo vertice
in quanto assunzione radicale dell'inadeguatezza e debolezza dell'uomo, del suo peccato. In Cristo, Dio
accetta di portare il peso, di sopportare l'incompiutezza e inadeguatezza umane assumendo la
responsabilit dell'uomo nella sua fallibilit. La pazienza di Cristo (2Ts 3,5) esprime cos l'amore di
Dio, ne sacramento: L'amore, infatti, pazienta (makrothymei) (1Cor 13,4); l'amore tutto sopporta
(hypomnei) (1Cor 13,7).
c. la vita nuova
Per il cristiano poi, la pazienza frutto dello Spirito (cf. Gal 5,22) e si declina come perseveranza
e costanza nelle tribolazioni e nelle prove, come capacit di sopportazione e di tolleranza nei confronti
di chi procura fastidi e suscita opposizioni, come sguardo longanime nei confronti delle inadeguatezze
altrui. La pazienza l'arte di vivere l'incompiutezza. E l'incompiutezza noi la incontriamo negli altri,
ma anche in noi stessi, nella realt e in Dio.
La sopportazione paziente dell'altro che sentito come fastidioso o ostile va di pari passo con la
pazienza verso se stessi e le proprie incongruit, verso gli eventi che resistono ai nostri desideri e alla
nostra volont, verso Dio il cui disegno di salvezza resta incompiuto.
Lungi dall'essere sinonimo di debolezza, la pazienza forza nei confronti di se stessi, capacit di
non agire compulsivamente, attesa dei tempi dall'altro, capacit di supportare l'altro, di sostenere e
portare l'altro. Si tratta dunque di un momento particolarmente importante nell'edificazione delle
relazioni interpersonali ed ecclesiali. Non a caso il Nuovo Testamento esorta spesso alla pazienza e alla
sopportazione proprio in relazione ai difficili rapporti comunitari: Sopportatevi a vicenda e perdonatevi
gli uni gli altri, se qualcuno ha di che lamentarsi nei riguardi di un altro (Col 3,13). La sopportazione
vicendevole manifestazione di carit finalizzata a conservare l'unit e la pace nella comunit:
Comportatevi ... con ogni umilt, dolcezza e magnanimit, sopportandovi a vicenda nell'amore (Ef
4,1-2). Nella comunit cristiana si fa l'esperienza di essere un peso gli uni per gli altri, ma questa
esperienza pu divenire occasione di esercizio di carit e di sequela di Cristo: Portate i pesi gli uni
degli altri: cos adempirete la legge di Cristo (Gal 6,2).
Nella tradizione cristiana la pazienza considerata una virt, perfino la pi grande virt (summa
virtus). Per Cipriano essa essenziale per la vita teologale: Il fatto di essere cristiani appartiene alla
fede e alla speranza. Ma necessaria la pazienza perch la speranza e la fede possano giungere a dare
frutto. Gregorio Magno lega la perfezione cristiana alla pazienza:
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Non molto forte chi si lascia abbattere dall'iniquit altrui. Chi non sa sopportare le contrariet
come se si uccidesse con la spada della sua propria pusillanimit. Dalla pazienza nasce poi la
perfezione. Infatti davvero perfetto chi non perde la pazienza per le imperfezioni del suo prossimo.
Chi si impazientisce per i difetti altrui, ha in questo la prova d'esser ancora imperfetto.
Oggi per la pazienza ha perso molto fascino: i tempi frettolosi spingono all'impazienza, al non
differimento, al tutto e subito, al possesso che non lascia spazio all'attesa. L'individualistica
affermazione di s diventa non volont di attesa e di comprensione dell'altro che troppo rapidamente
rischia di diventare molesto o fastidioso, certamente di intralcio. Ecco allora che la pazienza, la quale
era un tempo modalit sapiente e umana di abitare il mondo, ormai posta nel dimenticatoio.
Al tempo stesso, occorre realisticamente riconoscere che la pazienza non sempre una virt, cos
come l'impazienza non affatto sempre una non virt. Una pazienza che inibisca la capacit umana (del
singolo come di un popolo) di dire no di fronte al perpetuarsi di un abuso, di una violenza, di un sopruso,
di uno sfruttamento, una perversione della pazienza che diviene complice dell'ingiustizia e non n
umana n evangelica.
La perversione di una virt diviene costruzione di un inferno: una pazienza che diventi passivit e
rassegnazione semplicemente da rigettare. La pazienza evangelica attiva, intelligente e coraggiosa
opera di decostruzione dei meccanismi di provocazione del persecutore rifiutandosi di rispondere al
male con il male, di offrirsi al nemico in qualit di avversario. Con la pazienza non cedo alla tentazione
mimetica di fare come il malvagio, di scendere sul suo piano, di usare le sue armi.
Occorre ricordare il diritto alla collera che osa dire e gridare basta!, come fa Dio nei confronti
delle ingiustizie che imperversano nel mondo e di cui si fanno ministri i profeti, come fa Ges quando
grida le sue invettive contro gli uomini religiosi (cf. Mt 23,13-36) o quando scaccia dal tempio i
venditori e i compratori e rovescia i tavoli dei cambiavalute (cf. Mc 11,15). Se l'impazienza pu divenire
cancellazione dell'alterit e della distanza che ci mantengono in un rapporto corretto con Dio e con gli
altri, la pazienza pu diventare fatalismo, rifiuto della necessaria decisione che spezza l'inerzia del
tempo e pu condurre l'uomo a sparire, ad annientarsi, a non assumere la responsabilit di diventare
uomo. Senza contare che vi un contenuto che determina la bont o meno della pazienza. Agostino di
Ippona ricorda la grande pazienza di cui danno prova tanti uomini per le false ricchezze, i vani onori
e le frivole soddisfazioni ed elenca l'incredibile capacit di sopportazione di disagi di ogni tipo che il
criminale pone in atto per compiere la sua azione delittuosa. Sicch per Agostino vi una vera e una
falsa pazienza.
La pazienza un'arte. Che non ha nulla a che fare con il subire passivamente. E invece chi non
pazienta che, molto pi spesso, subisce. La paziente ma libera e amorosa sopportazione nei confronti di
chi fastidioso, antipatico, noioso, lento, in linea con l'amore del nemico (cf. Mt 5,38-48; Lc 6,27-
35). E chiede lavoro su di s per imparare a conoscere e ad amare il nemico che in noi, ci che in noi
molesto, ci che insopportabile a noi stessi e che Dio, in Cristo, ha sopportato pazientemente amando
noi in modo incondizionato.
In questo modo la pazienza diventa apertura di futuro per laltro, conferma di fiducia in lui, lotta
insieme a lui e per lui contro la tentazione della disperazione.