Lingresso di
Gest
a Gerusalemme
rene ae Faltas, Granados,
Poffet, Scalabrini, Sicari
ao Internazionale
di Teologia e Cultura °
communio
Jaca BookIndice
Editoriale, di Aldino Cazzago 3
Entrata di Cristo a Gerusalemme, Duccio di Boninsegna
(riproduzione) 8
Bambini in festa, di Maria Antonietta Crippa 9
Il nuovo Hosanna nel nuovo tempio, di José Granados 10
Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti!, di Patrizio Rota
Scalabrini 34
Tutti fanno in te le loro dimora, di Jean-Michel Poffet 46
La festa dei bambini, di Gaetano Passarelli 55
Iconografia dell’Ingresso di Gesti in Gerusalemme
nell’arte occidentale, di Maria Antonietta Crippa 67
Il ricordo di Gerusalemme nella poesia di Giovanni della Croce,
di Antonio M. Sicari 7
Essere cristiani oggi a Gerusalemme, di Ibrahim Faltas 78
Solienicyn: uno scomodo testimone e profeta, di Aldino Cazzago 84
Ruvista fondata da
Hans Urs von Balthasar, Henri de Lubac, Joseph Ratzinger
Redazione italiana
Rivista Internazionale di Teologia ¢ Cultura. Communto
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LE MIE RADICI SONO IN CIELO
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In copertina:Icona del sec. XVI, museo di Pskov (Nord-Ovest della Russia)
Composizione, impaginazione e stampa: Marzo 2009, New Press, Como
2Editoriale
di
Aldino Cazzago
Scegliendo di dirigersi «decisamente verso Gerusalemme» (Le 9,51),
Gesii si approssima definitivamente alla lunga e dolorosa fase finale della
sua esistenza terrena: quella della passione, morte € risurrezione, quella
dell’amore «folle» del Padre che «ha tanto amato il mondo da dare il
suo Figlio unigenito» (Gv 3,16; cfr. anche 1Gv 4,9; Rm 8,32).
A Gerusalemme Gesii si era recato per momenti importanti nella vita
di ogni buon ebreo, ora per quest’ultima sua salita verso la citta «salda e
compatta» (Sal 122, 3) é diversa da tutte le altre. Diversa perché a Geru-
salemme ora egli si reca con il titolo di «profeta» che la gente gli ha attri-
buito: «Un grande profeta é sorto fra noi» (Le 7,16), «Questi é davvero il
profeta!» (Gv 7,40). Anche ora, quando sul dorso di un puledro vi entra
per l'ultima volta e la gente lo acclama di nuovo come il «profeta da Na-
zaret di Galilea» (Mt 21,11). Certo anche se, come sostengono alcuni ese-
geti, egli non aveva mai rivendicato per sé questo titolo, tuttavia, agendo
con autorita e denunciando l'ipocrisia dei sommi sacerdoti, degli scribi e
dei farisei (cfr. Mt 15,7; Mc 11,15-17; Le 11,52), si era di fatto comportato
come uno dei profeti della storia d’Israele. Anche per questo la gente lo
considera appunto come tale.
Egli conosceva certamente la fine toccata in sorte a quegli stessi profeti: a
Elia (1Re 19,14), a Geremia (Ger 26,20-23) e Zaccaria (2Cr 24, 20-22). Di
conseguenza a quel destino di morte che la citta della «casa di Davide» (Sal
12,6) glista riservando («Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti
elapidi coloro che sono mandati a te», Le 13,34) é Gest che sceglie di andare
incontro: «Perd é necessario che oggi, domani e il giorno seguente io vada per
3 Communio 219Ja mia strada, perché non é possibile che un profeta muoia fuori di Gerusa-
Jemme> (Le 13,33)!, Ormai vicino alla cittd e consapevole di una ostilita
che di li a poco si sarebbe rivelata in tutta la sua mortale inimicizia (Le 19,
47), Gest nel pianto (cfr. Le 19,41) mostra tutto il suo amore e il suo dolore
per la citta di Davide: «Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, la via
della pace. Ma ormai é stata nascosta ai tuoi occhi» (Le 19,42).
Oltre che come profeta, in Gerusalemme Gest entra come re. Certo un
re ben diverso da quello molte volte immaginato dalle folle e dai suoi disce-
poli: perché «mite e umile di cuore» come dice di se stesso (Mt 11,29); per-
ché in lui trovano compimento le parole del profeta Zaccaria: «Ecco, il tuo
re viene a te mite, seduto su un’asina» (Mt 21,5); e infine perché é salutato
dalla folla come «figlio di Davide ... che viene nel nome del Signore» (Mt
21,9). A differenza degli altri potenti di questo mondo (cfr Mt 20,25), egli
«non é venuto per essere servito, ma per servire ¢ dare la sua vita in riscatto
per molti (Mt 20,28) e per questo non aspetta passivamente che qualcuno
gli tolga violentemente la vita, ma la offre da se stesso (cfr. Gv 10,18).
‘Al momento dell’Annunciazione langelo rivelé a Maria che il figlio che
avrebbe preso la sua carne sarebbe stato «grande» e avrebbe avuto in eredita
«il trono di Davide suo padre» (Le 1,32). Con lentrata in Gerusalemme le
parole dell’angelo svelano tutta la verita fino a quel momento celata: il «tro-
no» sul quale il re mite sta per assidersi non @ un trono awvolto dalla gloria di
questo mondo, mala croce perché «se il chicco di grano caduto in terra non
muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto» (Gv 12, 24).
Liinsolito «trono» della croce che, qualche decennio dopo gli eventi del Cal-
vario, Ignazio di Antiochia definira come «argano»’, si rivelera presto come il
centro del cosmo ¢ della creazione perché come aveva promesso lo stesso Ge-
sii «io, quando sar6 elevato da terra, attirerd tutti a me» (Gv 12,32).
Quel «trono» non é certo un «privilegio» riservato solo al maestro ¢ al
re mite; epli I’ha promesso in eredita anche a tutti coloro che decideranno
di seguirlo: «Ricordatevi della parola che vi ho detto: un servo non é pit
grande del suo padrone. Se hanno perseguitato me perseguiteranno anche
vob> (Gv 15,20), Il sapersi sulla stessa strada del «santo servo Gesti» (At
4,27) & un potente aiuto a non sognare un altro destino per il Nazareno o
altri re, maestri e profeti. Ha scritto Hans Urs von Balthasar: «Se noi dun-
que in questa situazione ci uniamo alla folla esultante ¢ gridiamo anche noi
il nostro Osanna al Messia, ricordiamoci perd seriamente che noi come cri-
\ILricordo delle sofferenze riservate da Gerusalemme ai profeti sara presente anche
nelle parole di Stefano poco prima di essere lapidato: «Quale dei profeti i vostri padri
non hanno perseguitato?» (At 7,52).
2 Ignazio di Antiochia, Aglt Efesini, IX,1
4stiani conosciamo solo un unico re ¢ messia: quello rigettato ¢ crocifisso da
tutti, anche da noi, quell’unico che conosce e apre la via verso il Regno di
Dio, colui che anche noi possiamo e dobbiamo seguire, una volta che que-
sta via é stata tracciata» >
Appena entrato in Gerusalemme tra le acclamazioni della gente, Gest
si dirige verso il tempio e qui, rovesciando i tavoli dei cambiavalute, ricor-
da a tutti la verita di quel luogo santo (Mt 21,12-13). Attorno a Lui si ra-
dunano i ciechi e gli storpi in cerca di guarigione, gli scribi attoniti per i
prodigi che egli va compiendo e i fanciulli che ripetono le parole («Osanna
al figlio di Davide» Mt 21,15) con le quali la gente lo aveva accolto all’in-
gresso della citta. Tra la folla che si domanda chi sia colui che avanza sul
dorso di un puledro («Chi é costui?, Mt 21,10) ¢ lo sdegno dei sommi sa-
cerdoti, Paria @ riempita dalle voci festanti e dalla gioia dei fanciulli, i soli
che dicono la verita («Osanna al figlio di Davide») su quel re e profeta.
Essi finiscono per essere, un po’ contro ogni logica, «dei fanciulli che in-
segnano ai padri4, come si legge in un inno di Romano il Melode. Un
giorno Gesii l’'aveva detto: «Chi non accoglie il regno di Dio come un
bambino, non entrera in esso» (Mc 10,15). A Gerusalemme é proprio que-
sto che accade: il regno di Dio é accolto dai bambini. In un mondo diven-
tato «adulto», i cristiani hanno, tra i tanti compiti, anche quello di lasciarsi
stupire e commuovere da questa verita.
«Benedetto colui che viene nel nome del Signore!» (Mt 21,9). Le pa-
role, che un giorno sono risuonate sulla bocca della folla festante che ac-
compagnava il Figlio di Dio, sono ripetute ad ogni celebrazione eucaristica
nel Sanctus. La loro quotidiana ripetizione poco prima delle espressioni
con le quali la Chiesa fa memoria dell’offerta de! corpo e del sangue di Cri-
sto sono un potente richiamo a non dimenticare che al cuore di ogni eu-
caristia sta il mistero pasquale.
Il tema del quaderno @ introdotto dall’articolo di Jos? Granados nel
quale si mostra come nell’ingresso di Gesit giungano a compimento alcune
figure ¢ profezie della storia sacra: quella della signoria, quella del regno di
Dio, ¢ quella del tempio. II drammatico rapporto tra Gerusalemme ¢ i pro-
feti lungo la storia d’Isracle @ oggetto del contributo di Patrizio Rota Sca-
labrini, Il domenicano Jean-Michel Poffet, forte della sua lunga permanen-
za nella Citta Santa, rilegge la storia di Gerusalemme secondo le sue
principali stagioni storiche: quella giudaica, quella cristiana ¢ quella mu-
> HU. von Balthasar, Tw coroni I'anno con la tua grazia, Jaca Book, Milano 1992,
p.53.
+ Romano il Melode, Inni, Paoline, Roma 1981, p.302. Si tratta dell'inno per la
Domenica delle Palme.
5 Communio 219sulmana, La liturgia ¢ liconografia bizantina dell'Ingresso di Gest a Ge-
rusalemme, con la particolare sottolineatura del ruolo dei bambini @ invece
al centro dell'articolo di Gaetano Passarelli. Maria Antonietta Crippa in-
vece, illustra brevemente la nostra scena, prendendo spunto dai dipinti
di Giotto e di Duccio di Boninsegna. In San Giovanni della Croce il bibli-
co ricordo di Gerusalemme si trasforma in una mistica nostalgia per il ri-
cordo ¢ l'incontro definitvo con Cristo; questo particolare aspetto della vi-
ta del mistico e poeta spagnolo carmelitano @ oggetto del breve contributo
di Antonio Sicari. Padre Ibrahim Faltas da una testimonianza delle condi-
zioni di vita dei cristiani a Gerusalemme e dell’opera per costruire la pace
in quella terra. A ricordo di Solzenicyn da poco scomparso, Aldino Caz-
zago ne ripercorre la vicenda politico-letteraria.
HUMANITAS
NUOVA SERIE
ANNO LXIII - N. 6 - NOVEMBRE-DICEMBRE 2008
LA CHIESA E LA GUERRA
I CATTOLICI ITALIANI NEL PRIMO
CONFLITTO MONDIALE
cura di Daniele Menozzi
M. Mavrensa, I] sacrificio in guerra nelle lettere pastorali de!-
Tepiscopato
M. Paso, La preghiera e la guerra
C. Snacenu, Religione e religiosita nelle lettere e ne diari det
soldati della Grande Guerra
S. Lesti, «Per Ja vittoria, la pace, la rinascita cristiana». Padre
Gemelli e la consacrazione dei soldati al Sacro Cuore (1916-
1917)
G. Cxvnarmt, Le prime prove di un mito fascista. Padre Regi-
aldo Giuliani nella Grande Guerra
NOTE & RASSEGNE
A. Faxrivet, Dalla verita dellessere neoparmenidea di Ema-
nuele Severino all'ascolto di Ego sum qui sum di Carlo Arata
‘CRONACHE.
F Guu, Che cos e quando si pud parlare di pneumatologia
politica. Percorsi di ricostruzione e localizzazione storiograt\-
‘ea di un concetto teologico-politico in un seminario a Trento
Pp. 176, € 13.00Communio 219
sy4
i
i
cegna, Entrata di Cristo in
Duccio di BoninsBambini in festa
La festa, la gioia dei bambini é sempre strettamente connessa a quella de-
gli adulti; @ un intreccio che ha il tono ¢ la qualita dell’intimita, di una corri-
spondenza profonda, quasi non descrivibile né analiticamente dettagliabile
attraverso ragioni o fatti, che tuttavia non mancano. E festa e gioia per una
sicurezza, per un consenso e una reciprocita gratuita, é apertura alla realta cir-
costante, L’adulto é stimolato a rispondere, stupefatto e protettivo, a tanta
fresca spontaneita di cui scopre la nostalgia, E facile comprendere che rubare
non dare gioia ad un bambino & sottrargli vita, & chiudere il suo futuro, &
spezzare la vitalit del suo rapporto con le cose e con gli uomini. Eppure ac-
cade, in tanti modi antichi come il mondo 0 nuovi; uno dei pitt recenti e tra-
gicamente violenti, che si registra in varie nazioni del mondo, é quello della
costrizione dei bambini a essere soldati, a usare le armi per uccidere.
Nella festa per I’Ingresso di Gesi in Gerusalemme, nella gioia dei bim-
bi che gli vanno incontro con le palme, viene alla luce il valore di testimo-
nianza di lode della loro gioia. Essi non gioiscono da soli: stanno sulle spal-
le dei genitori, li precedono tenendosi ad essi aggrappati, li spingono, li
aiutano a stendere i mantelli pet terra, ne imitano i gesti, salgono agilmente
sugli alberi per fornire a tutti rami di palme. Partecipando alla festa dei
grandi, i piccoli ne radicalizzano le intenzioni, facendo esplodere in certez-
za la percezione del disegno di bonta di Dio, in azione nel mondo. In una
delle versioni evangeliche dell'episodio, quella di Matteo 21, 1-15, si dice
che, all’entrata di Gest in Gerusalemme, «i fanciulli cantano nel tempio».
La loro gioia trova forma di canto rivolto direttamente a Dio Padre, si tra-
sforma in stile espressivo, in bellezza. Per questo, perché questo continui
ad accadere, si potrebbe dire, é necessario che continuino a nascere bam-
bini nel mondo: perché nell'uomo la lode a Dio sgorghi da Lui, sorgente
della vita, e passi dalla spontaneita alla modulazione del canto, salvaguar-
dia della gioia dalle inevitabili sofferenze umane. Non sorprende che lo ab-
bia intuito Sartre nel 1940, quando, nel dramma Bariona o il figlio del tuo-
no, fece dire a Baldassare: «...ogni volta che un bambino sta per nascere,
Cristo nascera in lui e per lui ... Viene a dire ai ciechi, ai disoccupati, ai
mutilati e ai prigionieri di guerra: non dovete astenervi dal far nascere
bambini. Perché persino per i ciechi e per i disoccupati e per i prigionieri
di guerra e per i mutilati, c'@ gioia».
(Maria A. Crippa)
9 Communio 219Il nuovo hosanna
nel nuovo tempio
L’entrata di Gest in Gersualemme
di
José Granados
«ll Signore consegnd al mondo dieci misure di bellezza e nove di esse le
ricevette Gerusalemme. I] Creatore consegné al mondo dieci misure di sa-
pienza e Gerusalemme ne ricevette nove», Cosi un antico rzidrash esalta il pri-
mato della Citta Santa. Ma subito dopo aggiunge: «Il Creatore consegné al
mondo dieci misure di sofferenza e di esse Gerusalemme ne ricevette nover '.
La stotia sembra aver confermato questo privilegio della capitale della
Giudea, sia per quanto riguarda la gloria che il dolore. La citta é diventata
un simbolo di aspirazioni impossibili, icona di una pace che viene conti-
nuamente spezzata da conflitti politici ¢ religiosi. E in verita era gia cosi
al tempo in cui Gesit vi entrd montato su un asino ¢ acclamato dalla folla.
Sara utile analizzare questo momento per accostarci al mistero di Cristo,
ma anche per scandagliare la portata del suo operato nel centro politico
¢ religioso della societa ebrea del suo tempo.
mo nel momento della vita di Cristo in cui culmina il ministero pub-
blico che & consistito nella graduale ascesa verso Gerusalemme. Cosi lo de-
setivono i Sinottici, specialmente Luca (Le 9,51: «Si diresse decisamente
verso Gerusalemme»). Cosi, quando Gesti viene acclamato come re, si
concretizza nella sua persona ¢ nel suo operato il messaggio del Regno
dei Cieli. Con questo episodio dovranno confrontarsi tutti i tentativi di de-
cifrare questo concetto chiave, cuore della predicazione di Gesi.
1G, Ravasi, «La Madre Sion», in La Madre del Signo)
Quademi di lettara biblica, 36, EDB, Bologna 1986.
.d, Clara Burini ¢ AA VV,
10Certamente la scena presenta una novita rispetto al resto della vita
publica di Cristo. II Maestro che aveva ripetutamente rifiutato di essere
acclamato e chiedeva il silenzio a molti di quelli che guariva perché non
rivelassero che era il Messia, ora mette in scena questo trionfo dei rami
dolivo e di palma e degli hosanna,
Questo comportamento nuovo, di cui dobbiamo cercare di dare una
spiegazione, non ci deve far dimenticare la continuita con il resto della vita
di Gesit. Lo sfondo é sempre quello di una profonda obbedienza al Padre
suo, espressa nell'ascolto attento delle antiche Scritture nelle quali si rivela
la voce di Dio. In realta, entrando nella Citta Ges realizza un segno pro-
fetico che ricupera correnti vitali dell’ Antico Testamento, Solo in questa
prospettiva si chiariscono alcuni enigmi della scena: il puledro d’asina
non ancora montato da nessuno sul quale sale Gesi ¢ il grido di hosanna
con cui lo accoglie la gente.
Cavalcando un puledro d'asina
esi ordina ai suoi discepoli di portargli un puledro che troveranno in un
villaggio vicino. La lunga descrizione é permeata di una certa oscurita, Perché
ipadroni dell asino lasciano che: discepolilo sciolgano con la vaga scusa che il
Maestro ne ha bisogno? Sembra che Gesii si avvalesse della legge dell”an-
gheria”, vigente ai suoi tempi: un pubblico ufficiale poteva requisire un ani-
male da trasporto se ne aveva bisogno nell esercizio delle sue funzionie anche
obbligare qualcuno a portare un peso, come accade con Simone di Cirene?, I
Vangeli sottolineerebbero cosi la signoria di Cristo. Di fronte ai padroni del-
Yasino («signorin, secondo il racconto evangelico), Gesi si presenta come il
vero «Signore», con potere regale, che pus disporredi tutto. Allora a risposta
dei discepoli potrebbe essere tradotta cosi: «ll Signore ne ha bisogno», ma
anche: «ll suo Signore (il Signore di esso) ne ha bisogno».
Si preannuncia cost il significato di quanto Gesti realizzera: entra nella
Citta come il re atteso da Israele. In effetti, gli evangelisti vedono nella sce-
na il compimento di un’antica profezia. II testo di Matteo segue molto da
vicino Ze 9,9: «Esulta grandemente, figlia di Sion: Ecco, a te viene il tuo
re... umile, cavalca un asino...». La profezia risale a tempi anteriori al pro-
feta: in essa Zaccaria raccoglie un passo del libro della Genesi. Si tratta
della benedizione data a Giuda da Giacobbe, suo padre:: «Non sara tolto
2 J. Duncan M, Derrett, «Law in the New Testament: the Palm Sunday colt», in
Novum Testamentum 13, ».4(1971), 241-258,
il Communio 219lo scettro da Giuda né il bastone del comando tra i suoi piedi, finché verra
colui al quale esso appartiene € a cui é dovuta l'obbedienza dei popoli.
Egli lega alla vite il suo asinello ¢ a una vite scelta il figlio della sua asina»
(Gn 49,10-11)°. Giacobbe lega il suo asinello alla vite, mentre Gesti chie-
de ai suoi discepoli di sciogliere un asinello ¢ di portarglielo. I commenta-
tori ebrei avevano sempre letto in questa benedizione di Giacobbe un ora-
colo messianico. L’entrata su un asinello viene letta come l’ingresso del
Messia atteso dai profeti, il figlio di Davide. Aleune tradizioni rabbiniche
dicono dell’asino montato dal Messia: «E un asino speciale, lo stesso che
aveva usato Abramo per portare Isacco e lo stesso sul quale, alla fine, si
manifestera il re Messia, come dice il profeta (Zaccaria)...». E parlando
dell’asino con cui Mosé torné in Egitto (Es 4,20) dicono: «Quanto é scrit-
to del primo Salvatore... vale anche per ultimo Salvatore...» 4.
A tutto questo dobbiamo aggiungere che l'oracolo andava oltre le fron-
tiere del popolo di Israele, acquisendo toni universali, In qualche modo la
profezia faceva parte della cultura ellenistica del tempo, anch’essa in attesa
di un enigmatico re proveniente dall'Est, indicato per questo con il nome
di Oriente. Qualche scrittore antico identificd questo nuovo re con V'impe-
ratore Vespasiano, che combatteva in Giudea quando scoppié la crisi per
Ja successione di Nerone’. Per questo il modo in cui Gesi interpreta que-
sto oracolo ¢ lo realizza influisce sulla concezione della portata universale
del cristianesimo ¢ del suo rapporto con i poteri del mondo.
Anzitutto, questo re cavalca un asino. Il segno si capisce alla luce del
suecessivo versetto di Zaccaria che identifica i cavalli con il potere militare
(Zc 9,10; «Fara sparire i carri di Efraim ¢ i cavalli da Gerusalemme, l’arco
3 J. Blenkinsopp, «Oracle of Judah and the messianic entry», in Journal of Biblical
Literature 80, n. 1(1961), 55-64, 56. Cfr, anche Deborah Krause, «The one who comes
unbinding the blessing of Judah: Mark 11,1-10 as a midrash on Genesis 49,11,
Zechariah 9,9 and Psal 118,25-26», in Early Christian interpretation of the scriptures of
Israel, Sheffield Academic Press, Sheffield 1997; secondo lui Gesit scioglie lasinello
indicando cosi che la benedizione di Giacobbe, la prosperiti materiale promessa
nell abbondanza delle vigne, stava per essere tolta da Gerusalemme.
4 Citazione di Pirge di Rabbi Eliezer, in $. Dominique de la Maisonneuve, «La
Messie et son ane a la lumiere de la tradition rabbinique», in Kecharitomene: Mélanges
René Laurentin, Desclée, Paris 1990, 139-144 141.
5 J. Blenkinsopp, «Oracle of Judah and the messianic entry», 61: «Questo oracolo,
nel periodo precristiano, era gif stato inteso ed usato nel contesto politico religioso pitt
ampio del tema del dominio del mondo o impero. Giuseppe Flavio, Guerre giudaiche,
65-4: «Cid che pit li incoraggié (i Giudei) nell’intraprendere questa guerra fu un
oracolo ambiguo, presente anche nelle loro sacre scritture, secondo il quale, ad un dato
momento, un uomo sorto dalla loro terra sarebbe diventato signore del mondo
abitato»
12di guerra sara spezzato, annunziera la pace alle gentiv. II messia non viene
montando un cavalo, segno di forza, ma un asino, quale inviato di pace.
Non si tratta di un Cristo rivoluzionario, ma di uno che predichera il regno
con tranquillita e mitezza. Gesii aveva detto beati i miti e aveva esortato i
suoi discepoli a imparare la sua mitezza di cuore®.
Importante é notare anche che questo ingresso é collegato al Tempio di
Gerusalemme. Esaminiamo allora di nuovo il contesto della citazione di
Zaccaria, profeta della restaurazione del Santuario. Leggiamo: «Mi porrd
come sentinella per la mia casa» (Zc 9,8), dove la casa é il Tempio di Dio
che, alla fine dei tempi, si estende a tutta la terra di Giudea, impregnando
di santita divina ogni pitt piccolo aspetto della vita umana (Zc 14,20)’.
Inoltre, Gesii inizia il suo ingresso in Gerusalemme partendo dal monte
degli Olivi, da dove la gloria del Signore aveva lasciato il Tempio prece-
dendo lesilio del popolo in Babilonia (Ez 11,23). E cavalca un asino sul
quale nessuno @ mai montato prima, cioé, adatto all’uso cultuale (Sam
6,7-8)§. Tutto questo significa: Il re che viene e porta un dominio univer-
sale; realizzera questo dominio in rapporto al Tempio, alla casa di Jahva.
Troviamo qui, trasformate in azione concreta e riunite nella persona di
Gesii le caratteristiche essenziali della predicazione del Regno. Da una
parte, @ il suo carattere escatologico: viene un re che governera tutto il
mondo ¢ che si presenta come compimento dei tempi. A cid dobbiamo
aggiungere P'umilta del suo ingresso: il regno é il regno dei piccoli, che
non conquista il potere con la violenza ma con la pace ¢ la mitezza. Questi
due aspetti si uniscono nel riferimento al Padre: @ un regno che viene sta-
bilito nel Tempio, cio’ che ha per base fondamentale il rapporto stesso di
Gesii con Dio. Proprio questa presenza speciale del Padre conferisce al
regno sia il carattere di evento conclusivo della storia che di azione para-
dossale di Dio che solo i piccoli capiscono e passa inosservata agli occhi
dei potenti del mondo. Cio’, essendo Dio il Padre di Gesti, questi pud
presentarsi come re definitivo ¢ unire la signoria del suo regno con Pumilta
dei figli, di quelli che hanno ricevuto tutto dall‘alto. Vediamo qual é ’ap-
porto dell’esclamazione «Hosanna» in tutto questo.
6K. Stock, Las bienaventuranzas de Mateo 5,3-10 a la luz del comportamiento de
Jesis, Madrid 2004
7 A, Spadafora, Dal «tempio di Dio» a Dio del tempio: uno studio teologico biblico det
tempio nel libro della Rivelazione, Tesi gregoriana. Serie teologia, Edittice Pontiticia
Universita Gregoriana, Roma 1997, 50-51
® J. Nieuviarts, L’entrée de Jésus @ Jérusalem (Mt 21,1-17): messianisme et
accomplissement des Ecritures en Matthieu, vol. 176, Lectio divina, Cerf, Paris 1999,
35,55-56.
B Communio 219Hosanna, benedetto colui che viene!
Per capire questo grido dobbiamo leggere il Salmo 118. Si trata di un
Jungo inno nel quale il re rende grazie a Dio per averlo liberato da un gra-
ve pericolo di morte. Sconfitti i suoi nemici, trasformata in pietra d’angolo
la pietra rifiutata dai costruttori (Sal 118,22), il monarca @ acclamato dal
popolo ¢ ricevuto dai sacerdoti nel santuario al grido di Hosanna, II Salmo
veniva usato nella liturgia in forma dialogica, con due cori che si alterna-
vano nei versetti della parte finale. Entra a far parte dell'Hallel, cioé del
gruppo di Salmi (113-118) che venivano recitati molto spesso, tanto che
gli ebrei devoti riuscivano a impararli a memoria’.
Ricordiamo che il grido «Hosanna» all'inizio era una richiesta urgente
di aiuto, fatta in estremo pericolo di vita: «Salvaci! Salvaci subito!». Con il
tempo, l'esclamazione venne accolta nella liturgia pet ricordare la libera-
zione stessa operata da Dio. Se pronunciata in clima di gioia, acquistava
tono festivo: «ll Signore ha salvato!». Per questo sant’ Agostino poteva dire
che Phosanna, in ebraico, era un’esclamazione, un grido che esce dallin-
timo dell’'uomo dove conta pitt emozione di chi parla che la concreta ar-
ticolazione dei suoni. I Vangel, eccetto Luca, ci hanno conservato, senza
tradurla, la forma ebraica, traslitterata in lettere greche. Segno che il grido
era gid entrato nella liturgia del Tempio ed era diventato una formula fissa.
Questo non vuol dire che fosse stato dimenticato il significato originale,
evidente nel contesto di tutto il Salmo. Gest @ acclamato come re che vie-
ne a portare la salvezza imminente di Jahvé ¢ nello stesso tempo come pre-
senza stessa di quella salvezza in Gesit. Dio sta salvando proprio ora.
I grido, quindi, contiene un senso di urgenza: si aspetta un aiuto divi-
‘no imminente, altrimenti 'uomo perira. Hosanna non chiede una salvezza
atemporale, ma 'aiuto che arrivera attraverso le vicissitudini della storia
del’'uomo. Per questo il Salmo, giunto all’hosanna, ha una frase contenuta
anche nel racconto evangelico: «Benedetto colui che viene nel nome del
Signore». In essa é sintetizzato Paspetto vitale della storia di Dio con il
suo popolo. Jahvé, infatti, € un Dio che agisce, un Dio che manda uomini
scelti a incarnare la sua salvezza.
9% ABrunson, Psalw 118 in the Gospel of Jobn: An Intertextual Study of the New
Exodus Pattern in the Theology of Jobn, vol. 158. Wisseneschaftiliche Untersuchungen
zum Neuen Testament 2. Reibe, Mohr Siebeck, Tiibingen 2003
10 Sant’Agostino, In Iohannem LI, 2 (CCL 36, 440). «Vox autem obsecrantis est,
Hosanna, sicut nonnulli dicunt qui hebraeam linguam nouerunt, magis affectum
indicans, quam rem aliquam significans; sicut sunt in lingua latina quas interioectiones
vocant, velut cum dolentes dicimus: Heu! Vel cum delectamur: Ua! Dicimus...»
14Cerchiamo di arrivare a qualche conclusione. Sia il grido di Hosanna
che la profezia di Zaccaria concordano nel presentare Gest come il re at-
teso, che viene a ereditare il dominio universale; entrambi situano questo
regno con lo sguardo rivolto al Tempio. L’enfasi @ posta sul rapporto di
Gesit con Dio, di cui Gesti proclama la salvezza. Egli é re perché lo ha in-
viato Jahvé e viene a instaurare non un regno di uomini, ma il regno del
Padre suo. La forma concreta che assumera questo regno verti chiarita so-
lo studiando lintenzione che aveva Gest entrando nella Citta Santa.
Per ora sottolineiamo il fatto che il cammino di Gesii, piti che ingresso
in Gerusalemme é in realta ingresso nel Tempio. Marco lo fa capire dicen-
do: «Ed entré in Gerusalemme, nel Tempio» (Mc 11,11), quasi identifi-
cando la citta con il recinto sacro. Questo vuol dire che il mistero dei rami
dolivo e di palma é solo la meti di un dittico, che si completa con ’azione
di Gesii nel Santuario, testimoniata in Matteo e Luca: la cacciata dei mer-
canti, Marco lascia passare un giorno tra i due eventi, ma lo fa solo per
accrescere la tensione drammatica: Gesit entra nel Tempio, osserva la con-
dizione del culto e agisce il giorno dopo, dopo aver passato la notte con i
suoi discepoli'', Per lui, come per Matteo e Luca, il punto di arrivo del-
Vingresso di Gest, montato su un asinello, @ il Tempio, dove agira con
energia: anzitutto cacciando i mercanti e poi proclamando da li una parola
nuova, detta con autorita.
In questa luce acquistano un significato nuovo V'entrata di Gesite il gri-
do di Hosanna con cui viene accolto. L’hosanna evoca diverse feste colle-
gate con il Tempio. Quella dei Tabernacoli ricordava la permanenza di
Isracle nel deserto ¢ la presenza di Dio nella Tenda dell’Incontro, Ricor-
dava la benedizione che la vicinanza divina porta al popolo, simboleggiata
nelle acque che sgorgano dal Tempio. L’ultimo giorno era detto il giorno
del grande Hosanna, ¢ Hosanna si diceva anche per le fronde che la gente
agitava in quell’occasione, In questo contesto dell'entrata di Gesit possia-
mo leggere la salvezza attesa dal popolo, la benedizione di Jahvé per cui
Vacqua vera sgorghera dal Santuario. La festa della Dedicazione, poi,
era stata istituita dai Maccabei quando purificarono il Tempio profanato
¢ lo riconsacrano a Dio. Se I’hosanna alludeva a questa celebrazione, cac-
ciando i mercanti Gesit operava come una nuova dedicazione del Tem-
pio”.
11 Per Pesegesi della pericope in Marco, eft. Klemens Stock, «Gliederung und
Zusammenhang in Mk 11-12», Biblica 59, n.4(1978), 491-515.
2 ‘Secondo F.C. Burkitt, «Studies in the Western text of StMark», Jounal of
Theological Studies, 17(1916), 139-152, se V'ingresso di Gest si intende nel contesto
della festa della Dedicazione del Tempio, allora si spiega perché fu possibile a Gesit
15 Communio 219Inoltre, Phosanna veniva cantato anche al termine della cena pasquale,
insieme agli altri salmi dell’Hallel ¢ poteva essere associato ai sacrifici del
Tempio. L’hosanna dell’ingresso accanto all’hosanna dell’ultima Cena,
avrebbe collegato l'ingresso di Gesii con la sua morte sulla croce, che met-
teva fine all’antico culto ¢ inaugurava il nuovo. A quale di queste feste si
riferiscono i Vangeli? Non sembra che Pazione possa riferirsi a una in con-
creto, escludendo le altre. Vi si rispecchia piuttosto l'intera liturgia del
Tempio in tutta la sua ricchezza. L’analisi della cacciata dei mercanti ci
aiutera ad approfondimne il simbolismo.
Spelonca di ladri
Abbiamo visto che l'entrata di Gesii ha come punto di arrivo il Tem-
pio. II Salmo 118 dice: «Vi benediciamo dalla casa del Signore... ordinate
il corteo con rami frondosi, fino ai lati dell’altare» (Sal 118,26-27), Il re era
atteso ¢ accolto con gioia nel Tempio. Secondo Marco, l'episodio termina
in modo brusco: Gest entra nel recinto, si guarda intorno e torna al Mon-
te degli Olivi. Chiaramente l’accoglienza non si svolse come prevedeva la
cerimonia: Gesit trova rifiuto o indifferenza da parte dei sacerdoti. La si-
tuazione presente nel Tempio non piace al Maestro che caccera da li i mer-
canti?.
Non siamo di fronte a un gesto rivoluzionario con il quale Gesit cerca
di sollevare il popolo contro la casta sacerdotale ¢ il Tempio: il re entra
cavalcando un asino, segno della mansuetudine messianica. Le strade scel-
te per instaurare il Regno di Dio non saranno quelle dei cavalli di guerra
Come intendere allora il gesto di Gesi? Si tratta senza dubbio di un’azione
simbolica, come quelle fatte dai profeti nell’Antico Testamento. La cosa
non ammette dubbi se la scena viene letta in rapporto con lingresso trion-
fale, carico di valore simbolico (i rami frondosi, Phosanna, Pasino). Ma
questo simbolo non si rifetisce solo a una restaurazione del culto originale,
come fosse una riforma che elimina abusi introdotti nel corso degli anni.
La vendita di animali, infatti, risultava necessaria per mantenere i sacrifici
secondo lordinamento cultuale voluto dalla Legge. Si deve trattare, allora,
di una trasformazione radicale, dell’arrivo di un nuovo Tempio ®. Si com-
gettare a terra le tende dei cambiavalute: quelli che lo avevano acclamato il giorno
prima aspettavano un gesto del genere.
BCA, Evans, «World Biblical Commentary: Mark 8,27-16, Vol. 34B», Word Books,
Dallas 2001, 145-146.
14M. Hengel, Was Jesus @ revoluzionist?, Fortress Press, Philadelphia 1971, 16-18.
15 Su questo punto siamo d’accordo con E.P. Sanders, Jesus and Judaism, Fortress
16pirebbe cosi l'oracolo del profeta Zaccaria, che aveva gid predetto che in
tutta la spianata non ci sarebbe pitt stato alcun mercante (Zc 14,21)",
Qual é il nuovo Tempio che Gesii viene a instaurare? Secondo il libro
dell"Esodo (Es 25,9) Dio mostré a Mosé un modello da seguire nel costrui-
re il Santuario. Alla base di quel versetto era contenuta l’idea di un Tem-
pio o dimora celeste che era servita da modello per erigere quello di Ge-
rusalemme. I profeti avevano predetto un rinnovamento universale che
avrebbe portato con sé la discesa del Tempio celeste sulla terra, un Tem-
pio non costruito da uomini. Sullo sfondo di queste aspettative, Gesii in-
serisce una novita: il Tempio nuovo, costruito da Dio é la sua persona stes-
sa ¢, pit precisamente, il suo corpo.
Qui abbiamo un’ulteriore prova che I’attesa escatologica, l’urgenza del
messaggio di Gesti e dell’annuncio di un tempo nuovo, non possono esse-
re disgiunti dalla sua persona e, piti concretamente, dal nuovo rapporto
con Dio da Lui inaugurato, dal modo familiare di chiamare suo Padre Ab-
ba. Se Cristo mette il punto finale alla storia & perché porta in sé Punita
definitiva tra linizio ¢ la fine, tra 'uomo e Dio, secondo |'espressione di
sant’Ireneo”. La storia qui @ concepita non come semplice succedersi
di azioni umane, ma come cammino che viene da Dio e che va verso
Dio. Il finale del tempo é artivato perché ora é presente, come orizzonte
definitivo della storia, una nuova forma di rapportarsi con Dio incarnata in
Gesi. In base a questo l’attesa escatologica ¢ la confessione di Gest, figlio
di Dio, si intrecciano.
Tutto episodio dell’ingresso nel Tempio é carico di questo significato:
cirivela la speciale identita di Gest, che é pitt grande di Giona, dei profeti
e dello stesso Santuario (Mt 12,6). Il momento chiave della confessione di
questo mistero si ha di fronte al sommo sacerdote Caifa, nel contesto delle
accuse riguardanti alcune parole di Gesit sul Tempio. Secondo i falsi testi-
moni il Maestro aveva parlato di distruggere il Tempio costruito da mani
d’uomo e di innalzarne uno non fatto da mani d’uomo (cfr. Mc 14,58).
Press, Philadelphia 1985, sebbene la sua interpretazione di questo gesto escatologico di
Cristo sia molto riduttiva. Per la storia dell'esegesi di questa pericope, cfr. C. Metzdorf,
Die Tempelaktion Jesu: Patristische und historisch-kritische Exegese im Vergleich, Mobt
Siebeck, Tiibingen 2003.
16 Letteralmente @ detto che nel Tempio non ci sari pit nessun cananeo, Nel
contesto dell’universalismo in cui si trova l'oracolo non sembra che si tratti
dell'esclusione di una etnia. In realta i cananei erano un popolo dedito al commercio
¢ ai traffici. Questo spiega la traduzione delle versioni,
17 Sant'Ireneo, Adv. Haer., IV, 20, 4 (SC 100, 634).
7 Communio 219Sappiamo dal Vangelo di Giovanni che Gesit pronuncié quella frase
sul nuovo tempio ¢ che non era stata capita dai suoi ascoltatori: quella in-
comprensione motiverebbe le diverse versioni dei testimoni. Allora i! Som-
mo Sacerdote, vedendo che la cosa non portava a niente, cambia il tono
dell interrogatorio ¢ chiede a Gesii se lui éil Messia, il Figlio del Benedetto
(Mc 14,61), Osserviamo che qui Caifa non sta soltanto cambiando argo-
mento, lasciando il filo delle accuse e dimenticando l'argomento del Tem-
pio: al Figlio di Dio infatti era riservata la ricostruzione di un tempio de-
finitivo'®, Quando Gesi dice di essere Messia e Figlio di Dio afferma la
sua missione speciale rispetto al Tempio. Ebene, le parole del Signore
non affermano soltanto la sua pretesa messianica, ma provocano nel sacer-
dote anche scandalo e la conseguente accusa di blasfemia. Di fatto ha osa-
to identificare se stesso con il Tempio di Dio, mettendosi cosi sul piano
divino: «Vedrete il Figlio dell’uomo seduto alla destra della Potenza ¢ ve-
nire con le nubi del cielo» (Mc 14,62)”.
Possiamo ricordare in questo contesto la risposta di Stefano ai suoi per-
secutori, quando, dopo aver parlato a lungo del Tempio, afferma di vedere
lo stesso Gest, seduto alla desta del Padre (At 7,56). Anche il Protomar-
tire vede il Figlio di Dio glorioso come la pienezza dell’abitazione di Dio
nel Tempio di Gerusalemme. Nel Vangelo di Giovanni troviamo una frase
di Gest riferita a questa stessa visione. Si tratta di una risposta data da Ge-
sii a Natanaele. Il discepolo, sorpreso per le rivelazioni appena ricevute,
dovra vedere cose ancora maggiori: «Vedrete il cielo aperto e gli angeli
di Dio salire e scendere sul Figlio dell’uomo» (Gv 1,51). Qui abbiamo
un riferimento alla scala di Giacobbe, sulla quale gli angeli salivano e scen-
devano. Allora la risposta di Gesii é stata interpretata cosi: Gesii si iden-
tifica con il Tempio, luogo santo attraverso il quale si sale e si scende dal
cielo, come aveva affermato Giacobbe: «Questa é proprio la casa di Dio,
questa é la porta del cielo» (Gn 28,17).
Inoltre, dopo lingresso in Gerusalemme ¢ la cacciata dei mercanti, il
Maestro cita altri versetti dello stesso Salmo 118: «La pietra scartata dai
18 J.D.G. Dunn, Jesus Remembered. Christianity und the Making 1, Eerdmans, Grand
Rapids 2003, 633.
19 Il tema del Tempio torna in Mc 16,28-29. La gente prende in giro il crocifisso
perché non & capace di scendere dal patibolo e tanto meno di ricostruire il Tempio,
Senza saperlo, i passanti fanno riferimento al suo mistero (la Croce come nuovo
Tempio), riconfermato quando il velo del Tempio si squarcia (Mc 15,38).
2 ALR. Kerr, The Temple of Jesus’ Body: The Temple Theme in the Gospel of John,
Journal for the study of the New Testament. Supplement series, Sheffield Academic
Press, London 2002, 136-166.
18costruttori é diventata testata d’angolo» (Sal 118,22). La citazione serve
per concludere la parabola dei vignaioli omicidi, nella quale Gest presenta
se stesso come il figlio, diversamente dai profeti, servi inviati nella vigna
prima di Lui (Mt 21,33-42). Qui c’é un gioco di parole tra «figlio» (in ara-
maico, ben) e «pietra» (eben). Mentre i vignaioli pensavano di impadronir-
si della vigna, che é la terra di Israele, con il Tempio al centro, di fatto han-
no scartato la pietra angolare; e chi sostiene veramente la costruzione é il
Figlio, che nella Pasqua diventera fondamento di un nuovo edificio, di una
nuova famiglia di Dio”.
Ire che entrava cavalcando un asino, colui al quale gridavano Hosan-
na e abenedetto colui che viene» superava di molto il Messia atteso dai
discepoli. Entra in Gerusalemme colui che viene dall’eternita stessa di
Dio, in quanto suo Figlio ¢ che sari quindi in grado di trasformare il San-
tuario, rendendo presente Dio in modo nuovo. E questa filiazione speciale
che consente a Gesit di trasformare il Tempio e la sua funzione. Perché
Lui é il Figlio di Dio, in un senso trascendente e unico e il Tempio che
costruira avri caratteristiche singolari. II Vangelo di Giovanni lo dice
esplicitamente: «Egli parlava del tempio del suo corpo» (Gy 2,21).
Approfondiamo il significato di questa frase.
Si riferiva al tempio del suo corpo
E opportuno interrogarci anzitutto sul significato del Tempio nell’ Anti-
co Testamento. Spazio e tempo dell’uomo qui entrano in contatto con la
presenza sacra del divino. Gia durante la traversata del deserto Dio si faceva
presente tra il suo Popolo posando la sua gloria nel Tabernacolo. Jahvé abita
con i suoi e cosi li invita a camminare oltre se stessi ¢ ad addentrasi sempre
pitt nella sua trascendenza. Invece la costruzione del Tempio come edificio
duraturo si avra solo con I’arrivo nella terra che Dio aveva dato in eredita
al? uomo. Il protomartire Stefano iniziera il suo discorso sul tempio con il
ricordo della terra promessa ad Abramo (At 7,3) e della terra santa nella
quale Dio cra apparso a Mosé (At 7,33)”. Il Tempio simboleggia quindi
una presenza di Dio sulla terra, questa terra che unifica i desideri del popolo
dandogli un destino comune, terra feconda che gode della benedizione di
Jahvé. Nel corso della storia di Israele, con le sue vicissitudini, si aspettera
21 Sullidentificazione di Gesit con il Tempio nei vangeli, fr. Y. Congar, I mistero det
Tempio, cut. Monastero domenicano di Alba, Borla 1963.
2 Sul discorso di Stefano, eft. S. Légasse, Stephanos. Histoire et discours d'Etienne
dans les Actes des Apotres, vol. 147, Lectio divina, Cerf, Paris 1992.
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