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Eliminiamo in questo modo ogni problema relativo agli effetti statici delle forze e ogni possibile moto di
rotazione.
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Risultante delle forze significa somma vettoriale delle forze. Forze di risultante nulla sono forze che si
equilibrano: che non danno origine a nessun effetto dinamico su un punto materiale.
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Ma il secondo principio della dinamica ci dà ben poche informazioni scritto in questo
modo…Per comprenderlo in tutta la sua potenza e bellezza è necessario scriverlo in
forma differenziale. Sfruttando cioè il calcolo differenziale messo a punto da Newton.
Ricordiamo brevemente la definizione di derivata di una funzione in un punto
servendoci questa volta di una notazione generale che non si riferisce all’equazione
oraria o ad altre leggi fisiche ma ad una funzione qualunque: x → f (x) .
f ( x) − f ( x 0 )
DEF Derivata di f(x) nel punto x0 : f ' ( x0 ) = xlim = pendenza della retta
→x 0 x − x0
tangente, al grafico della funzione, nel punto di coordinate (x0;f(x0))
Abbiamo visto come l’accelerazione, in un certo istante, di un punto materiale che si
muove, può ottenersi come derivata rispetto al tempo della funzione velocità:
t→v(t); e che la velocità, in un certo istante, di un punto materiale, può ottenersi
come derivata rispetto al tempo della funzione che abbiamo chiamato equazione
oraria: t→s(t).
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Nel caso specifico del moto di caduta libera: s (t ) = ⋅ g ⋅ t 2 ⇒ v(t ) = g ⋅ t ⇒ a (t ) = g
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Ne abbiamo già concluso che l’accelerazione istantanea può ottenersi come
derivata seconda, rispetto al tempo, calcolata nell’istante desiderato, dell’equazione
oraria.
In simboli, nella notazione di Newton e di Leibnitz rispettivamente:
dv (t 0 ) ds (t 0 ) d 2 s (t 0 )
a (t 0 ) = v (t 0 ) = v(t 0 ) = s (t 0 ) = a (t 0 ) = s(t 0 ) =
dt dt ( dt ) 2
• Il secondo principio della dinamica diventa dunque, in forma differenziale:
F
F = ms o, equivalentemente: s =
m
È la prima “equazione differenziale” della storia della fisica (e della matematica).
Ma che cos’è un’equazione differenziale3.? Innanzitutto è un’equazione in cui l’incognita è
una funzione4. Inoltre la nostra funzione incognita non è presente solo “in prima persona”
ma anche mediante le sue derivate.
Il secondo principio della dinamica in forma differenziale ci permette,
-nota la forza applicata ad un punto materiale nel tempo,
- nota la massa del punto materiale,
- note la sua posizione e la sua velocità all’istante iniziale del moto,
di ricavare l’equazione oraria del moto del punto materiale. In che modo? Mediante il
percorso inverso della derivazione. Percorso che si chiama metodo di integrazione:
Nota la funzione temporale dell’accelerazione: a = a (t ) , si ricava la funzione temporale
della velocità: v (t ) = ∫a (t ) dt +v (0) , e da questa, l’equazione oraria: s = ∫v (t ) dt + s (0) .
Provando ad applicarlo al moto uniformemente accelerato (a=cost) si avrà:
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v = ∫ adt + v 0 = at + v 0 quindi s = ∫ ( at + v 0 ) dt + s 0 = at 2 + v 0 t + s 0 che è proprio l’equazione
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oraria del moto uniformemente accelerato nella sua forma più generale: cioè con il punto
materiale che, all’istante t=0, non parte dall’origine con velocità nulla come avevamo
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Differenziali erano in nomi che Leibnitz dava ai valori df(x) e dx che compaiono nell’espressione della derivata
di f rispetto ad x: ancora oggi i fisici, con grande orrore dei matematici ma con grande efficacia e semplicità,
trattano le derivate come rapporti di differenziali!
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Cioè una legge che lega fra loro dei valori numerici, nel nostro esempio l’incognita è l’equazione oraria del
moto del punto materiale: s = s (t )
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considerato sinora, ma parte dalla posizione s0 con velocità v0. s0 e v0 si chiamano
condizioni iniziali del moto.
F = ms : il problema fondamentale della meccanica (conoscere l’equazione oraria di
un punto materiale di massa nota, soggetto a forze note) viene tradotto in un problema
matematico e ridotto a questo.
3. Il terzo principio, “A ogni azione si oppone sempre una reazione uguale e
contraria”, è la chiave mediante la quale Newton riesce a realizzare l’obiettivo di
unificare fisica terrestre e fisica celeste5. La Legge di Gravitazione Universale di
Newton, che Newton dimostra valere per i pianeti del cielo come per qualunque altra
coppia di corpi dotati di massa e ovunque situati. Newton si spinge addirittura oltre
teorizzando che lo stesso tipo di forza leghi insieme i corpuscoli di cui è composta la
materia.
- Determinismo e meccanicismo: f = ms La risoluzione di quest’equazione è già
complicata per forze dall’espressione piuttostosemplice, figuriamoci, per forze che si
comportino in modo “strano”! Comunque, per f continua, o poco più, è dimostrabile il
seguente Teorema: “Se è noto lo stato meccanico iniziale del punto materiale
[posizione e velocità nell’istante in cui inizia la nostra osservazione] allora l’equazione
determina in modo unico la traiettoria del punto, e la velocità con cui esso la percorre”.
L’equazione determina quindi in modo univoco tutti gli stati meccanici futuri (e
passati!) del sistema.
Questa non è altro che l’espressione di un principio generale della meccanica classica, che
va sotto il nome di principio del determinismo. La meccanica classica è tutta intrisa da
questo principio deterministico: da una legge di rigorosa causalità che fa rispondere ogni
effetto ad una determinabile causa, il quale, attenzione, precede l’invenzione delle
equazioni differenziali: al contrario, queste non sono che l’espressione matematica di
quella che in realtà non è altro che un’ipotesi, suggerita quanto si vuole dall’esperienza,
ma pur sempre un’ipotesi… Il principio del determinismo è quindi un tipico esempio di
miscela di idee filosofiche e conoscenze sperimentali…
Supponendo che la materia abbia una natura corpuscolare e di poter assimilare tali
corpuscoli a punti materiali (fatto questo di cui Newton era, aprioristicamente, convinto),
essa sarà composta di n punti materiali, con n grandissimo, e il moto di tutta la materia
sarà descritto da un sistema immenso di n equazioni differenziali del tipo: f i = mi ⋅ ai .
Supponendo inoltre che tutti i fenomeni naturali si riducano a fenomeni di tipo meccanico,
avremo un programma, al solito basato in parte su dati empirici e in parte su
speculazioni filosofiche, detto meccanicismo o riduzionismo meccanicista.
Pierre Simon de Laplace (1749-1827) fu il più fervente sostenitore di questo
programma. Agli inizi dell’Ottocento, nella introduzione al suo trattato sulla probabilità,
egli scriveva:
“Un intelletto che a un dato momento conoscesse tutte le forze che animano la Natura e le
mutue posizioni di tutti gli enti che questa comprende, se questo stesso intelletto fosse
sufficientemente vasto per sottoporre ad analisi questi dati, potrebbe condensare in una
singola formula tanto il m movimento dei più grandi corpi dell’universo, quanto quello
degli atomi più leggeri: per tale intelletto nulla potrebbe essere incerto e il futuro, come il
passato, sarebbero presenti ai suoi occhi”.
In realtà già Newton si rese conto delle enormi difficoltà che insorgevano nel risolvere il
moto di tre corpi con masse uguali interagenti solo dal punto di vista gravitazionale. Oggi
che pure possediamo calcolatori in grado di effettuare con velocità inaudita calcoli
immensi, abbiamo dovuto ammettere che il problema dei tre corpi è irrisolvibile se non in
casi estremamente particolari. Laplace avrebbe detto che la nostra intelligenza è troppo
limitata.
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Galileo, che pure l’aveva teorizzato, non aveva poi fornito poi la soluzione del problema, anzi ne era talmente
lontano da rimanere incatenato all’idea della perfezione delle orbite planetarie circolari, secondo la tradizione
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Poi venne il 1900: la teoria della Relatività di Einstein distrusse la concezione newtoniana
di spazio e tempo, la Meccanica Quantistica dimostrò l’impossibilità di conoscere le
condizioni iniziali delle particelle subatomiche, la Teoria del Caos scoprì fenomeni descritti
da equazioni talmente sensibili alle condizioni iniziali da risultare irrisolvibili (cfr le
previsioni del tempo!).