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Calcolo Delle Variazioni Per Principianti - Elio Cabib PDF
Calcolo Delle Variazioni Per Principianti - Elio Cabib PDF
ELIO CABIB
cabib@uniud.it
professore di Analisi Matematica
Universit`
a di Udine
Introduzione iii
2 Il Problema di Dirichlet 23
2.1 Cenni sulle PDE con condizioni varie . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23
2.2 Esempi con soluzioni esplicite . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28
2.3 Teorema della media, principio di massimo e disuguaglianza di Harnack 32
2.4 La formula integrale di Poisson . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 34
2.5 Risoluzione del problema di Dirichlet . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37
2.6 Formulazione variazionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 40
2.7 Il metodo diretto per il problema di Dirichlet . . . . . . . . . . . . . . 46
4 Omogeneizzazione e G-convergenza 63
4.1 Il caso unidimensionale e un esempio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 65
4.2 Le stime elementari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 68
4.3 Le stime ottimali per compositi a due fasi . . . . . . . . . . . . . . . . 70
4.4 Omogeneizzazione piana, il caso della scacchiera . . . . . . . . . . . . 73
4.5 La G-convergenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 74
Molti fenomeni in tutti i campi delle Scienze si prestano ad essere modellati e de-
scritti, dal punto di vista matematico, in termini di principi di massimo o di minimo.
Le configurazioni di equilibrio stabile di un sistema meccanico soggetto a forze conser-
vative sono quelle che rendono minima lenergia potenziale (principio di Dirichlet); in
un mezzo trasparente, il raggio di luce viaggia tra due punti dati scegliendo, fra tutte
le possibili, la traiettoria lungo la quale impiega il minimo tempo (principio di Fer-
mat); una lamina saponata con il contorno aderente ad una curva chiusa, realizzata
ad esempio in fil di ferro, si dispone secondo una configurazione di area minima (pro-
blema di Plateau). Affermazioni di questo tipo possono essere considerate principi
naturali, leggi della natura che noi ci limitiamo a descrivere con il linguaggio raziona-
le della matematica, la chiave giusta, secondo Pitagora, per comprendere larmonia
dellUniverso.
In altri casi invece, per motivi pratici, ci possiamo porre il problema del controllo
di un fenomeno, o di un evento, per costringerlo ad adeguarsi a certi requisiti di
massimo o di minimo. Ad esempio, in sede di progetto, disponendo di certi materiali,
vogliamo realizzare una struttura secondo criteri di minimo costo, di minimo peso, di
massima resistenza o di minima dispersione di calore e cos` via.
Tra i grandi problemi passati alla storia della Matematica, vale la pena citarne
alcuni, oltreche per il loro interesse soprattutto geometrico e fisico, per il ruolo che
hanno avuto nello sviluppo del Calcolo delle Variazioni (CdV). Nel problema isoperi-
metrico ci si chiede quale figura piana o spaziale renda massima larea o il volume, a
seconda della dimensione, a parit`a di perimetro o di area della superficie che lo rac-
chiude. Noto come problema di Didone, legato a una famosa leggenda sulla fondazione
di Cartagine, ha una storia millenaria, ma `e stato risolto da De Giorgi nella massima
generalit`a soltanto negli anni 50 del XX secolo (la soluzione `e il cerchio, o la sfera,
nessuno ha mai dubitato di questo, mancava solo una dimostrazione soddisfacente).
Non appena per` o si tiene conto di certi vincoli, ci si imbatte subito in questioni ancora
aperte, come nel caso in cui lo si voglia risolvere nella classe dei poliedri: le soluzioni
nel caso piano sono i poligoni regolari, come ognuno si aspetterebbe, ma nello spazio
i poliedri regolari sono solo di 5 tipi!
Un altro problema interessante `e quello della ricerca delle geodetiche di una su-
perficie, che sono le curve di minima lunghezza, di estremi assegnati e giacenti su di
essa. Per la sfera le soluzioni sono gli archi di cerchio massimo, ma si comprende
facilmente che superfici anche poco pi` u complicate danno luogo a notevoli difficolt`a.
Se la superficie rappresenta un vincolo rigido privo di attrito su cui si muove una
iv Indice
particella materiale, non soggetta a forze attive, la traiettoria che essa percorre `e
una geodetica. Un filo inestensibile e perfettamente flessibile, soggetto solo a forze di
trazione e vincolato a giacere sulla superficie, si dispone, in condizioni di equilibrio,
secondo una geodetica.
Il celebre problema della brachistocr`ona venne posto nel 1696 da Jean Bernoulli,
gi`
a in possesso della soluzione, in una delle sfide matematiche dellepoca. Si tratta
della traiettoria prestabilita liscia lungo la quale deve scivolare un punto materiale
pesante, con posizioni iniziale e finale assegnate, affinche il tempo impiegato per la
discesa sia minimo. Se le due posizioni sono allineate sulla verticale la soluzione `e
chiaramente la retta, altrimenti `e un arco di cicloide, la stessa curva descritta da
un punto della periferia di un disco che rotola senza strisciare. Linizio del CdV
viene convenzionalmente attribuito al periodo in cui venne posto questo problema,
accanto al quale `e per`
o doveroso ricordare anche il problema di Newton (1686) sulla
forma ottimale che dovrebbe possedere un corpo in movimento immerso in un liquido
affinche sia minima la resistenza offerta dal mezzo.
Nella sua forma pi` u generale un problema di minimo viene posto nei seguenti
termini:
dato uno spazio X di stati ammissibili e data una funzione F : X R, trovare
x X tale che
Nel CdV lattenzione `e sempre rivolta al caso un po meno generale dei funzionali
integrali
Z
(2) F (u) = f (x, u(x), Du(x)) dx ,
Limitandoci al caso (1.2), dove peraltro potrebbero comparire anche derivate di ordine
pi`
u alto, sembra ragionevole ambientare il problema di minimo (1.1) nello spazio
C 1 (, Rm ) con opportune condizioni al contorno che possono essere di vario tipo,
tra cui le pi`
u comuni sono quelle di Dirichlet, in cui si assegna sul bordo il valore di
u, e di Neumann in cui si assegna il valore della derivata normale. In alcuni casi si
assegnano condizioni miste: su una parte del bordo quelle di Dirichlet e sulla parte
complementare quelle di Neumann.
Ricordando come si procede nei problemi di minimo per le funzioni ordinarie, di
una o pi` u variabili, verrebbe spontaneo tradurre il problema (1.1) in termini di una
condizione del tipo
(3) F 0 (x) = 0
Nel CdV lattenzione `e costantemente rivolta al caso un po meno generale dei fun-
zionali integrali. Si considera dunque uno spazio X di funzioni u e un funzionale
integrale
Z
(1.2) F (u) = f (x, u(x), Du(x)) dx ,
di lunghezza l e soggetta alla condizione y (0) = y (1) = 0, rende massima larea della
regione che essa delimita insieme alla retta y = 0?
Essendo assegnata la lunghezza, conviene scegliere come parametro lascissa cur-
vilinea, inoltre non `e restrittivo supporre l = e y > 0. Il problema si affronta
facilmente usando unidea ricorrente: si d`a una ragionevole stima dallalto delle aree
di tutte le regioni ammissibili (dal basso nei problemi di minimo) in termini della
1.1 Presentazione informale di alcuni problemi variazionali 5
lunghezza del bordo e poi si spera che la stima scelta sia ottimale in modo da poter
esibire una regione particolare che realizza luguaglianza.
Indichiamo con un insieme ammissibile, cio`e una regione piana delimitata dalla
curva regolare
(x(s), y(s)) , s [0, ] , y(0) = y() = 0 ,
e dallasse x. Usando la formula di Gauss-Green, la disuguaglianza elementare
1 2
ab 6 (a + b2 )
2
e la disuguaglianza di Poincare
Z Z
2
(1.4) y ds 6 y 02 ds ,
0 0
che verr`
a chiarita tra poco, si ottiene
Z
y
Z Z Z
m() = 1 dxdy = dxdy = y dx = yx0 ds
y + 0
1 02 1 02
Z Z
6 (x + y 2 ) ds 6 (x + y 02 ) ds = ,
2 0 2 0 2
essendo (x0 , y 0 ) un versore. Ogni semicirconferenza della forma
(
x(s) = c + cos s
y(s) = sen s , s [0, ] ,
realizza luguaglianza.
Dimostriamo adesso la (1.4) per le funzioni regolari a tratti. Ricordiamo che se I
`e un intervallo limitato, una funzione y(s) definita su I viene detta regolare a tratti se
`e continua su I e se ammette derivata y 0 limitata e continua su I eccetto un numero
finito di punti, dove esistono finiti il limite destro e il limite sinistro. Se I `e un
intervallo non limitato si richiede che la sua restrizione ad ogni intervallo limitato
contenuto in I sia regolare a tratti.
Sia allora y(s) una funzione regolare a tratti su [0, ] tale che y(0) = y() = 0 e
indichiamo ancora con y(s) il suo prolungamento dispari e 2-periodico a tutto R. In
questo modo si ottiene ancora una funzione regolare a tratti che, per le ipotesi fatte,
pu`o essere rappresentata come somma della sua serie di Fourier
X
y(s) = y(n) sen ns
n=1
nel senso della convergenza uniforme. Applicando lidentit`a di Parseval alla y e alla
y 0 , somma della serie delle derivate, si ottiene
X X 2
Z Z
2
y ds = y(n)2 e 02
y ds = n y(n)2 ,
0 2 n=1 0 2 n=1
Geodetiche. Si tratta delle curve di una variet`a che rendono stazionario il funzio-
nale che ne esprime la lunghezza. Si pu`o dimostrare che, nel caso di superfici regolari,
le geodetiche sono quelle curve rettificabili la cui normale principale risulta parallela
alla normale alla superficie. Ricordiamo dalla Meccanica che il moto per inerzia di
un punto vincolato a una superficie liscia e fissa avviene lungo una geodetica e che
questa `e anche la configurazione equilibrata di un filo inestensibile soggetto a trazione
e vincolato alla superficie.
Volendo limitarci, in questi esempi introduttivi, solo a dei casi molto semplici,
consideriamo una curva qualunque (t), t [0, 1], regolare a tratti, il cui sostegno
`e contenuto nella superficie regolare e che abbia gli estremi in due punti dati
A, B . La lunghezza di `e espressa dal funzionale
Z 1
(1.5) L() = | 0 (t)| dt .
0
In assenza del vincolo, nella classe delle curve dello spazio con gli estremi fissi A e B
in Rn , si vede subito che la curva rettilinea
ma luguaglianza `e possibile solo se 0 (t) = p(t)00 (t) = p(t)(B A), da cui si ricava
(t) = A + P (t)(B A), con P (0) = 0 e P (1) = 1, che `e una parametrizzazione del
segmento AB.
La (1.6) `e in realt`
a un caso particolare dellimportante disuguaglianza di Jensen
che vale per i funzionali convessi
1 1
Z Z
(1.7) f (x) dx 6 f ((x)) dx ,
m() m()
Scegliendo
1
Z
= (x) e = hi = (x) dx ,
m()
si ha
f ((x)) > f (hi) + c ((x) hi) x ,
da cui segue la (1.7) per integrazione su .
1.1 Presentazione informale di alcuni problemi variazionali 7
La disuguaglianza di Jensen vale anche con lintegrale inteso rispetto ad una misura
positiva qualsiasi ed `e la generalizzazione naturale del caso discreto
n n
!
1 X 1 X
f mi i 6 mi f (i ) ,
m i=1 m i=1
P
dove f `e convessa, mi > 0 e m = mi .
Possiamo cos` cercare di estendere il ragionamento per le geodetiche dello spazio al
problema delle geotediche in generale. Una variet`a differenziabile l-dimensionale pu`o
essere descritta localmente nella forma parametrica x(q) = (x1 (q), x2 (q), . . . , xn (q))
dove q = (q1 , q2 , . . . , ql ) `e il complesso delle l coordinate lagrangiane. La lunghezza di
una curva (t) = x(q(t)), t [0, 1], `e data dal funzionale
v
Z 1 Z 1u l Z 1p
0
uX x x
(1.8) L() = | (t)| dt = t qh qk dt = A(q)q q dt
0 0 qh qk 0
hk=1
x x
ahk = .
qh qk
A0 = min A(q) Rl
q
(t) = x((t), (t)), t [0, 1], tale che x((0), (0)) = A e x((1), (1)) = B
non ha minimo nella classe delle funzioni regolari a tratti su [0, 1] tali che u(0) = 0 e
u(1) = 1. Infatti a causa dei dati agli estremi u non pu`o essere identicamente nulla,
quindi la stima dal basso
Z 1 Z 1
0 0
F (u) > |u | dt >
u dt = 1
0 0
non pu` o essere raggiunta. Daltra parte il minorante trovato `e proprio lestremo
inferiore, basta osservare che sulla successione
(
0 se 0 6 t 6 1 1/n
un (t) =
n(t 1) + 1 se 1 1/n < t 6 1
si ha F (un ) 1.
Il principio di Hamilton. Un sistema meccanico olonomo a l gradi libert`a, con
variabili lagrangiane q = (q1 , q2 , . . . , ql ) e soggetto ad una sollecitazione conservativa
con potenziale generalizzato U (q) evolve nel tempo, tra due configurazioni assegnate
q(t1 ) e q(t2 ), in modo da rendere stazionario il funzionale
Z t2
F (q) = L (q, q,
t) dt ,
t1
dove L = T + U , essendo T lenergia cinetica. Nel moto per inerzia con vincoli fissi
U = 0 e T `e la stessa forma quadratica positiva in q associata al tensore metrico.
Pertanto il funzionale si riduce a
Z t2
F (q) = A(q)q q dt .
t1
con f convessa. Si trova banalmente che le funzioni lineari sono soluzioni e non ve ne
sono altre nel caso di stretta convessit`a. Ovviamente in dimensione maggiore bisogna
che anche i dati al bordo siano lineari, `e immediato infatti verificare, usando la (1.7),
che il problema
Z
min f (Du(x)) dx | u(x) = x x
che va reso minimo con le condizioni y(0) = 1 e y(l) = a. Non `e ovviamente restrittivo
supporre y(x) > 0 per ogni x [0, l].
Dimostriamo che ogni funzione regolare a tratti y(x) che minimizza F `e necessa-
riamente convessa e che se
a2 + 1
F (y) <
2
allora y(x) > 0 per ogni x [0, l]. Il significato `e evidente: la superficie di area minima
presenta la caratteristica strozzatura e se ha unarea inferiore a quella complessiva
delle basi non pu`o toccare lasse di simmetria. In altre parole, non appena y = 0 in
qualche punto si ha subito
a2 + 1 a2 + 1
F (y) > e inf F (y) = ,
2 2
le due lamine piane che occupano le basi realizzano la minima area.
Supponiamo che y sia una soluzione non convessa del problema di minimo per il
funzionale (1.9). Allora esiste un intervallo J = [, ] [0, l] tale che la funzione
y() y()
y() +
(x ) se x [, ]
(x) =
y(x) altrove
si ha
v !2
u
Z p Z p u Z
y 1 + y 02 dx = 1 + y 02 d > t(J)2 + y 0 d
v !2 v !2
u u
u Z u Z
= t(J)2 + yy 0 dx = t(J)2 + 0 dx
v !2 !2
u Z
u Z Z p
>t dx + 0 dx = 1 + 02 dx
essendo 0 costante su [, ].
Veniamo alla seconda affermazione. In primo luogo otteniamo una stima dal basso
del funzionale, sulle sole funzioni convesse, che dipende dallarea delle due basi e dal
minimo di y(x).
Sia x0 [0, l] un punto di minimo per una funzione convessa y(x). Poiche y 0 `e
crescente, si ha
quindi
l l x0 l
a2 + 1
Z p Z Z Z
F (y) = y 1 + y 02 dx > y|y 0 | dx = yy 0 dx+ yy 0 dx = y(x0 )2 .
0 0 0 x0 2
1.1 Presentazione informale di alcuni problemi variazionali 11
Se la soluzione del problema variazionale, che `e una y(x) tra queste convesse di classe
C 1 , avesse minimo nullo, y(x0 ) = 0, risulterebbe F (y) > (a2 +1)/2, larea della lamina
sarebbe superiore alla somma delle aree delle due basi. Ma questo non pu`o accadere
perche
a2 + 1
= inf F .
2
Si verifica infatti con facili calcoli che in corrispondenza della successione
1 nx
se 0 6 x 6 1/n
yn (x) = 0 se 1/n < x < l 1/n
a + na(x l) se l 1/n 6 x 6 l ,
- condizione di Neumann
u
= h su ,
n
- condizione mista
u
u=g su 1 , = h su 2 , dove 1 2 = .
n
1
Z Z
F (u) = Cu u dx f u dx
2
con condizioni di Dirichlet sulle zone vincolate del bordo e condizioni di Neumann
sulle zone soggette a forze di superficie.
La brachistocr` ona. Si tratta della curva liscia a cui deve essere vincolato un
punto materiale pesante, affinche il tempo impiegato durante la caduta, tra due po-
sizioni assegnate, risulti minimo. Supponiamo che il punto materiale P di massa m
debba partire con velocit` a nulla dalla posizione iniziale A = (0, 0) e debba raggiungere
la posizione finale B = (l, a), con a > 0, essendo lasse y del sistema di riferimento
verticale discendente. Per la conservazione dellenergia, si ha
1
mv 2 = mgy ,
2
con dati agli estremi y(0) = 0 e y(l) = a. Anche questo problema verr`a affrontato pi`
u
avanti.
che interviene nel modello generale classico della propagazione della luce attraverso
un mezzo trasparente. Ad ogni punto P del mezzo corrisponde il modulo v(P ) > 0
della velocit`
a con cui il raggio di luce passa attraverso P . Secondo il principio di
Fermat, che sta alla base dellottica geometrica, la luce viaggia lungo una traiettoria
di minimo tempo
ds
Z
min
v
tra due punti dello spazio. Chiaramente nel caso di un mezzo omogeneo, in cui v `e
costante, si ricade nel problema delle geodetiche; in uno spazio omogeneo la minima
lunghezza e il minimo tempo sono la stessa cosa e la luce viaggia in linea retta se lo
spazio `e quello ordinario euclideo.
Se la lastra `e piana si perviene al problema di minimo per il funzionale
1
p
x02 + y 02
Z
F (x, y) = dt
0 v(x, y)
14 Problemi variazionali in una variabile
sulla classe delle curve (x(t), y(t)) con estremi assegnati, ma se le propriet`a materiali
variano soltanto lungo y le curve soluzioni sono grafici y = y(x), come dimostreremo
pi`
u avanti, e il funzionale diventa
Z lp
1 + y 02
F (y) = dx ,
0 v(y)
cio`e il (1.10) con h(y) = 1/v(y). Volendo attribuire al funzionale (1.9) questo signifi-
cato, il fatto che v sia decrescente con la quota y fa pensare al fenomeno del miraggio:
in un caldo pomeriggio estivo gli strati dellaria pi`u vicini allasfalto sono pi`
u rarefatti
a causa della maggiore temperatura, il raggio di luce che parte dal sole e giunge ai
nostri occhi li preferisce e quindi si incurva verso il basso dandoci limpressione che
si tratti di un fenomeno di riflessione. Per questo ci sembra di vedere, in lontananza
sulla strada, una zona bagnata che fa da specchio.
Il riferimento alle geodetiche del caso omogeneo suggerisce di ribaltare il punto di
vista e, per estensione, di considerare le soluzioni dei problemi di minimo tempo come
le geodetiche di uno spazio non euclideo, le cui rette continuano a identificarsi con
le traiettorie della luce. Si pensi al caso del modello di Poincare per la geometria di
Lobacevskij, relativo al funzionale
Z lp
1 + y 02
F (y) = dx ,
0 y
che ha come rette le semicirconferenze con centro sullasse x contenute nel semipiano
y > 0.
Per adesso non abbiamo avuto bisogno di affrontare seriamente la questione della
scelta dello spazio pi` u naturale in cui ambientare i problemi variazionali, per ora ci
siamo limitati a illustrare dei problemi particolari insieme alle loro soluzioni, non ab-
biamo dimostrato teoremi di esistenza. E ` stato comunque inevitabile accennare a C 1 ,
1
C a tratti per la natura stessa degli integrandi, ma `e bene sottolineare subito che
questi spazi sono insufficienti per costruire teorie generali sullesistenza di soluzioni.
Gi` a per le funzioni ordinarie di una variabile, ricordiamo che senza la completezza di
R cade il teorema di Weierstra: la funzione sen x non ha minimo su Q[0, 2]. Ma la
completezza `e una nozione metrica; mentre la metrica giusta di R, per tutte le teorie
ragionevoli dellanalisi, `e quella della distanza euclidea indotta dal valore assoluto, per
i funzionali va cercata di volta in volta, a seconda del tipo di problema da risolvere.
Comunque, anche senza affrontare adesso il problema della completezza e dellesisten-
za, il passaggio da C 1 a C 1 a tratti `e gi`a di per se un miglioramento in quanto ci
permette di recuperare soluzioni interessanti sulle quali il funzionale integrale `e anco-
ra ben definito. Anche con integrandi molto regolari, possiamo assistere allesistenza
di estremali spezzate, cio`e di punti di minimo che sono funzioni continue ma con
qualche discontinuit` a sulle derivate.
Consideriamo ad esempio il problema di minimo per il funzionale
Z 1
F (u) = (u02 1)2 dx
1
con le condizioni u(1) = u(1) = 1. Sono soluzioni u(x) = |x|, u(x) = 2 |x| e tante
altre, ma tutte devono presentare dei salti sulle derivate, le quali possono valere solo
1 o 1. Tuttavia possiamo sempre trovare successioni di funzioni differenziabili un ,
uniformemente convergenti alle estremali spezzate, che siano minimizzanti per il fun-
zionale, cio`e tali che F (un ) min F . Valgono infatti i seguenti risultati che citiamo
senza dimostrazione:
1.1 Presentazione informale di alcuni problemi variazionali 15
ha minimo sulle u regolari a tratti tali che u(0) = 0 e u(1) = 1. Verificare che la
successione
1
0
se 0 6 x 6
un (x) = n
log x 1
1 +
se 6x61
log n n
`e minimizzante per F . Discutere rispetto ad il caso del funzionale
Z 1
F (u) = x u02 dx .
0
Sia Z 1
F (u) = (x u(x)3 )2 u0 (x)6 dx .
0
Ovviamente la funzione w(x) = 3 x `e lunica soluzione del problema
e F (w) = 0. Per`
o possiamo dimostrare che
72 35
(1.11) F (u) >
218 55
per ogni u W 1, (0, 1).
16 Problemi variazionali in una variabile
F (x0 ) 6 F (x) x U
che `e poi la norma rispetto alla quale linsieme delle funzioni continue C 0 [0, ] `e uno
spazio di Banach, e la norma debole
che fa di C 1 [0, ] uno spazio di Banach. La prima topologia `e pi`u fine della seconda
nel senso che ha pi` u aperti e quindi, per ogni elemento, pi`
u intorni. Di conseguenza
ogni punto di minimo debole `e anche di minimo forte, ma non viceversa.
Il funzionale F : C 1 [0, ] R definito da
Z
F (u) = u02 (1 u2 u02 ) dx , u(0) = u() = 0 ,
0
ammette la funzione nulla come punto di minimo relativo debole. Infatti se < 2e
kuk1, < allora
1 2
|u(x)u0 (x)| 6 u(x)2 + u0 (x)2 < <1
2 2
per ogni x [0, ], quindi F (u) > 0 e F (u) = 0 se e solo se u0 , e di conseguenza u per
via delle condizioni agli estremi, `e identicamente nulla.
La successione
2
un (x) = sen nx
n
soddisfa
1
lim kun k = lim = 0 ,
n n n
In realt`
a il funzionale lunghezza e, in modo analogo, anche quello dellarea sono solo
semicontinui inferiormente rispetto alla convergenza uniforme.
18 Problemi variazionali in una variabile
La (1.13), detta equazione di Eulero in forma debole, deve essere soddisfatta per ogni
di classe C 1 e nulla agli estremi, ma la condizione che si otterrebbe sostituendo
V0 con D(]a, b[, Rm ) `e solo apparentemente meno restrittiva, in realt`a `e del tutto
equivalente per densit` a, quindi possiamo scegliere senzaltro lo spazio delle funzioni
test D(]a, b[, Rm ). Luso di questa classe pi` u ristretta sar`a necessario se nella (1.13)
compaiono generiche distribuzioni.
Con lipotesi aggiuntiva f C 2 ([a, b] D Rm ) `e lecito integrare per parti il
secondo termine della (1.13), quindi si ottiene lequazione di Eulero classica
m Z b
X d
(1.14) f (t, u(t), u0 (t)) f (t, u(t), u0 (t)) h (t) dt = 0
a zh dt h
h=1
per ogni D(]a, b[, Rm ). Scegliendo volta per volta tutte le componenti di
identicamente nulle eccetto una, la (1.14) si separa in un sistema di m condizioni
integrali indipendenti che per il seguente lemma si traduce nel sistema di equazioni
differenziali ordinarie del secondo ordine
d
(1.15) f (t, u(t), u0 (t)) f (t, u(t), u0 (t)) = 0 h = 1, . . . , m .
dt h zh
1.3 Esempi 19
come si pu`
o facilmente verificare, se f non dipende esplicitamente da t vale lintegrale
primo
n
X
u0h f (t, u(t), u0 (t)) f (t, u(t), u0 (t)) = costante ,
h
h=1
1.3 Esempi
Riprendiamo adesso lo studio di alcuni problemi variazionali che abbiamo gi`a
considerato, ma che non abbiamo ancora risolto completamente. Alcuni funzionali,
come quello della brachistocrona, li abbiamo scritti direttamente nella forma
Z b p
F (y) = h(y) 1 + y 02 dx
a
assumendo in modo del tutto arbitrario che la curva soluzione dovesse cercarsi tra
le funzioni y = y(x). Ma partendo pure dal problema parametrico di minimo per il
funzionale Z 1 p
F (x, y) = h(y) x02 + y 02 dt ,
0
20 Problemi variazionali in una variabile
h(y)x0
p =c
x02 + y 02
y(1 + y 02 ) = c , c > 0.
y = c (1 cos )
2
che sono le equazioni parametriche di una cicloide di raggio generatore c/2. Il pas-
saggio per il punto finale (l, a) determina il valore di c e lintervallo [0, 0 ] per la .
Questa funzione non `e un elemento della famiglia, quindi se a 6 m(l) il problema non
ha soluzione, o meglio, si ha solo la soluzione di Goldschmidt, altrimenti, se a > m(l),
vi sono due sono due valori di che verificano lequazione
y(l, ) = a ,
quindi lequazione di Eulero ammette due soluzioni, ma una soltanto `e quella che
minimizza il funzionale.
Il problema della catenaria lo proponiamo nel seguente esercizio.
Esercizio 1.7 Determinare la configurazione di equilibrio per il filo inestensibile
e perfettamente flessibile, sospeso e fissato agli estremi, tenendo conto che lenergia
potenziale della forza peso va penalizzata con la condizione vincolare sulla lunghezza
Z b p
1 + y 02 dx = l .
a
Il Problema di Dirichlet
che sono le pi` u comuni, se gli estremi della corda sono bloccati. Pi` u in generale
u(0, t) e/o u(l, t) possono essere funzioni assegnate di t. In un eventuale estremo non
vincolato, poniamo x = l, sar`a necessario assegnare la forza applicata mediante la
condizione
ux (l, t) = p(t) t > 0 .
Problemi simili possono essere posti in pi`
u variabili, per la membrana
- di Dirichlet: u = g su ,
u
- di Neumann: a = h su ,
n
u
- miste: u = g su 1 e a = h su 2 , dove 1 2 = e 1 2 =
n
24 Il Problema di Dirichlet
dove n indica il versore normale esterno. Vi sono anche altre condizioni come la
derivata in direzioni diverse dalla normale (derivata obliqua), combinazioni lineari di
u e della sua derivata normale, condizioni non locali espresse in termini della u stessa
come negli appoggi elastici per una struttura vincolata ecc.
Loperatore di somma delle derivate seconde rispetto alle variabili spaziali in Rn
`e detto laplaciano
Xn
u = uxi xi = div grad u .
i=1
(2.1) ut au = f , a > 0,
dove le condizioni iniziali si riducono alla u(x, 0) = g(x) e quelle al bordo sono le
stesse che abbiamo visto prima. Nel caso stazionario, quando f e i dati al bordo non
dipendono da t, si cercano soluzioni u della (2.1) indipendenti dal tempo e lequazione
si riduce a
u = f
nota come equazione di Poisson, di Laplace se f = 0. Questa equazione interviene nei
problemi di equilibrio
- per il potenziale elettrostatico o gravitazionale,
- per il flusso stazionario, termico o elettrico, attraverso mezzi conduttori,
- per la configurazione di equilibrio di tensostrutture quali fili e membrane
ed ha senso associare ad essa solo dati al bordo. Noi che siamo interessati al CdV ci
occuperemo solo di questultimo tipo di problemi che sono detti ellittici. I precedenti
sono, nellordine, iperbolici e parabolici secondo la classificazione standard che si basa
sulle propriet`
a dei coefficienti (aij ) delloperatore lineare del secondordine
n
X
2
u L(u) = aij Dij u, aij = aji .
ij=1
dove la parte del secondordine `e detta parte principale. In certi casi, ma non sempre,
la (2.2) pu`
o essere scritta nella cosiddetta forma di divergenza o variazionale
n X n
X u
(2.3) aij (x) + bi (x)Di u + c(x)u = f
ij=1
xj xi i=1
dove la parte principale non `e altro che div(Au) = D (ADu). La matrice A(x) dei
coefficienti nellequazione
D (ADu) = f in
2.1 Cenni sulle PDE con condizioni varie 25
Spendiamo adesso qualche parola sulla buona formulazione dei problemi cui ab-
biamo accennato e su che cosa significa risolverli. In generale lequazione da sola
ammette famiglie molto vaste di soluzioni, quindi le condizioni aggiuntive, al bordo
o iniziali, hanno un ruolo fondamentale, certamente pi` u rilevante che nelle equazioni
differenziali ordinarie. Tuttavia `e quasi sempre impossibile rappresentare le soluzioni
in forma chiusa, attraverso cio`e espressioni esplicite scritte in termini di funzioni note,
se risolvere significa questo, almeno nel senso letterale del termine. Nel XIX secolo
la ricerca di soluzioni esplicite ha stimolato la costruzione delle funzioni speciali, ha
fornito rappresentazioni per serie, ha permesso lo sviluppo della teoria delle funzioni
analitiche di variabile complessa (non a caso strettamente collegata con lequazione
di Laplace). In questo tipo di approccio `e gi`a presente, sebbene implicita, la scelta di
uno spazio funzionale in cui cercare la soluzione: quello delle funzioni analitiche anche
se loperatore differenziale `e del II ordine. Ogni funzione u C 2 () che soddisfa le-
quazione di Laplace, in quanto tale viene detta armonica, `e necessariamente analitica
in . Gi` a questa affermazione, che `e di tipo qualitativo, ha una rilevanza maggiore e
una maggiore utilit` a rispetto a improbabili e magari molto complicate rappresentazio-
ni esplicite. Per provarla, se siamo in R2 `e noto dalla teoria delle funzioni di variabile
complessa che la parte reale e la parte immaginaria di una funzione analitica sono
armoniche e che, viceversa, ogni funzione armonica reale `e la parte reale (o la parte
immaginaria) di una funzione analitica di variabile complessa di cui laltra parte `e la
armonica coniugata a meno di una costante. Altrimenti, in Rn , si pu`o ricorrere alla
formula integrale di Poisson sulla palla BR (0) Rn di centro 0 e raggio R:
assegnata la funzione g C 0 (BR (0)), lunica soluzione u C 2 (BR (0))C 0 (B R (0))
del problema di Dirichlet (
u = 0 in BR (0)
u=g su BR (0)
`e la funzione
2
R |x|2 g(y)
Z
n
d(y) se x BR (0)
(2.4) u(x) = n R BR (0) |x y|
g(x) se x BR (0)
tale che
Problema 2.1 Trovare u C 2 () C 0 ()
(
u = f in
u=g su .
Intanto osserviamo che u deve essere analitica nel semipiano y > 0 e siccome la prima
condizione al bordo, da sola, ci permette di costruire un prolungamento analitico
(principio di Schwartz) a tutto R2 ponendo
(
u(x, y) se y > 0
u
(x, y) =
u(x, y) se y < 0 ,
ammette sottosuccessioni divergenti in ogni punto che non sia del tipo (k, y). A
prescindere dalla scelta dello spazio funzionale, i dati di Cauchy non sono opportuni
per unequazione ellittica.
Ad unequazione iperbolica non si addicono dati di Dirichlet. Consideriamo ad
esempio lequazione
uxy = 0
che per integrazione diretta, con u C 2 (R2 ), porta alla rappresentazione
u(x, y) = (x) + (y) , C 2 (R)
con e arbitrarie. Su un rettangolo coi lati paralleli agli assi, come Q = [0, 1][0, 1],
pu`
o esistere una soluzione solo se su due lati opposti, ad esempio y = 0 e y = 1,
vengono assegnate due funzioni che differiscono per una costante, dovendo essere
u(x, 0) = (x) + (0) e u(x, 1) = (x) + (1) .
Tornando al laplaciano, o ad unequazione ellittica del tipo D (ADu) = f ,
una immediata relazione di compatibilit`a tra i dati va imposta per lesistenza della
soluzione nel problema di Neumann. Lo si vede con una semplice integrazione
Z Z Z Z
f dx = D (ADu) dx = ADu n d ADu n d ,
1 2
da cui
u
Z Z Z
f dx + g d + d = 0
2 1 n
che esprime lequilibrio delle forze esterne. Il terzo termine rappresenta la reazione
vincolare che non `e mai nota a priori, ma dipende dalla soluzione u, ed `e assente nel
problema di Neumann nel quale deve valere la condizione necessaria
Z Z
f dx + g d = 0 .
risolti i quali si ha u = v + w. Ci`o vale anche con gli altri dati al bordo e in presenza
di ogni operatore lineare.
28 Il Problema di Dirichlet
(u0 )0 = 0
da cui
u() = log + .
Trovare lespressione di u in coordinate sferiche per n = 3.
Vediamo ora come si comporta la soluzione quando il dato f nellequazione di
Poisson presenta una superficie discontinuit`a. Si tratta di un aspetto interessante
che faremo intervenire nel prossimo esempio per toccar con mano, sempre con
soluzioni esplicite, il primo passo verso formulazioni pi`u generali in cui la nozione di
soluzione va intesa in un senso che diremo debole per distinguerla da quella cui siamo
abituati, trattata finora, che invece diremo classica.
Se f ha una superficie di discontinuit`a allinterno di e u soddisfa
(2.10) u = f in ,
Si considerino le con supporto in una palletta col centro in e si fissi una direzione
per il versore normale nei punti di . La palla interseca in due regioni , da
cui esce, e + in cui entra. Dalla (2.11) si ottiene
u+
u
Z Z Z Z Z
f = Du D + Du D = d u
+
30 Il Problema di Dirichlet
Una membrana circolare B di raggio unitario `e bloccata sul bordo e caricata con
una pressione costante f = F/(R2 r2 ) sullanello r < |x| < R essendo 0 < r <
R < 1 e nulla al di fuori. Qual `e la sua configurazione di equilibrio u(x, y)? Siamo
di fronte ad un dato f discontinuo quindi non ci possiamo aspettare u C 2 , ma
essendo continuo in ognuna delle tre regioni Br = {|x| < r}, Ar,R = {r < |x| < R} e
AR = {R < |x| < 1}, u sar` a C 2 in ciascuna di esse e dovr`a soddisfare le condizioni
di raccordo appena viste attraverso il bordo di Ar,R : per la simmetria radiale u0 ()
deve essere continua. Essendo u(1) = 0 e imponendo la continuit`a di u0 (), con facili
calcoli si ottiene la soluzione del nostro problema
F
su Ar,R
(R2 r2 )
fr () =
0 altrove
F
Z
hfR , i = ds
2R R
F
fR = .
2R R
F
log R se 6 R
2
uR () =
F
log se R < 6 1
2
2.2 Esempi con soluzioni esplicite 31
hf0 , i = F (0)
da cui = 1 e log
2
se n = 2
() =
1
se n > 2 .
n (n 2)n2
Allora la media su B
1
Z
(2.13) u d
n n1 B
da cui
n
Z
u(x) =6> u(y) dy
n Rn BR
n
Z
M = u(x0 ) 6 u(x) dx 6 M ,
n Rn BR (x0 )
e u >
Teorema 2.4 (Principio di massimo debole) - Se u C 2 ()C 0 ()
0 (u 6 0) allora
sup u = sup u inf u = inf u .
In particolare se u = 0
Si conferma anche, per altra via, lunicit`a della soluzione del problema al bordo (2.8):
se u, v sono due soluzioni e w = u v allora w = 0 in e w = 0 su . Per il
principio di massimo w(x) = 0 per ogni x , quindi u = v.
Un altro modo per dimostrare il principio di massimo per le funzioni C 2 subarmo-
niche `e il seguente, ma il ragionamento richiede che sia limitato. Se u > 0 in e
x0 `e un punto di massimo allora la traccia dellHessiano in x0 , che `e la somma
dei suoi autovalori, `e non positiva. Ma questa `e proprio il laplaciano e si otterrebbe
lassurdo u 6 0. Se invece u > 0 poniamo
Per 0 si ha la tesi.
`e armonica allora
Esercizio 2.2 - Mostrare che se u C 2 () C 0 ()
sup u 6 C inf0 u
0
da cui
n
Z
sup u 6 u dy .
BR (x) n R n B2R (x)
da cui
n
Z
inf u > u dy .
BR (x) n (3R)n B2R (x)
6 32n inf u 6 32n sup u 6 33n inf u 6 . . . 6 3rn u(x2 ) 6 3kn u(x2 )
B2 B3 B3 B3
u u( )
Z Z
(|x y|)u(y) dy = (|x y|) d(y) + ()n n1
y y
Z
u(y) d(y) + 0 ()n n1 u( )
y
Ora prendiamo una funzione h(x, y) di classe C 2 ( ) tale che y h(x, y) sia
1 per ogni x e che h(x, y) = (|x y|) per ogni x e per ogni y .
C ()
Poiche
h u
Z Z Z
h(x, y)u(y) dy + u(y) d(y) h d(y) = 0 ,
y
R2 |x|2 g(y)
Z
u(x) = d(y) x B
n R BR |x y|n
R2 |x|2
K(x, y) = , x B , y B ,
n R|x y|n
ha integrale unitario Z
K(x, y) d(y) = 1 ,
B
2
La formula integrale di Poisson ha notevoli conseguenze.
- Una funzione u C 2 () che soddisfa il teorema della media `e armonica? Pos-
siamo vedere subito che `e vero, basta prendere, per ogni palla B = BR (x) , una
funzione w armonica in B e uguale a u su B, cos`, per w vale la propriet`a della
media e w(x) = u(x) e questo vale perogni x , quindi anche u `e armonica.
- Il limite uniforme di una successione di funzioni armoniche `e una funzione ar-
monica. Basta ricordare che lintegrale su ogni palla passa al limite rispetto alla
convergenza uniforme.
- Dal punto precedente segue che su un aperto limitato , se (uh ) C 2 ()C 0 ()
`e una successione di funzioni armoniche le cui restrizioni a formano una successione
2.5 Risoluzione del problema di Dirichlet 37
n n
Z Z
Du(x) = Du(y) dy = u(y) d
n R n B n Rn B
da cui
n
|Du(x)| 6 sup |u|
R B
e prendendo il massimo R > 0 per cui BR (x) , posto dx = dist(x, ), si ottiene
n
|Du(x)| 6 sup |u| .
dx
dove d = dist(0 , ).
Conseguenze della (2.17) sono:
(a) compattezza: ogni successione limitata di funzioni armoniche contiene una sot-
tosuccessione che converge uniformemente sui compatti (ad una funzione neces-
sariamente armonica, come sappiamo),
max(u h) = max (u h) .
0
0
38 Il Problema di Dirichlet
u(x2 ) u(x1 )
(x) = u(x1 ) + (x x1 ) x [x1 , x2 ] ,
x2 x1
si ha
max (u(x) (x)) 6 max{u(x1 ) (x1 ), u(x2 ) (x2 )} = 0
[x1 ,x2 ]
| v armonica e v 6 g su } .
Sg = {v C 0 ()
Definito un insieme simile per le funzioni superarmoniche tali che v > g su , `e chiaro
che la soluzione u del nostro problema, se esiste, deve appartenere ad entrambe le
classi, dato che, in quanto armonica `e sia super che subarmonica, inoltre la condizione
al bordo u = g equivale a u 6 g e u > g insieme. Ci`o suggerisce di definire la u come
inviluppo superiore della classe Sg .
formano una successione crescente di funzioni subarmoniche tali che vh (x0 ) u(x0 ).
Presa una palla B di centro x0 le troncate armoniche wh = vhB stanno nella
stessa classe Sg , quindi vh 6 wh 6 u e wh (x0 ) u(x0 ) crescendo. Quindi (wh )
converge in B uniformemente ad una funzione armonica w, ma sappiamo solo che
w(x0 ) = u(x0 ) e dobbiamo dimostrare che w(x) = u(x) per ogni x B. Allora
scegliamo un punto qualsiasi x B distinto da x0 e, come sopra, una successione
uh ) Sg tale che u
( h (
x) u(x), definiamo le vh = max{ u1 , . . . , u
h , vh } > vh e le
relative troncate w h > wh che formano una successione crescente tale che w h (
x)
u(x). Per le stesse ragioni di prima wh converge uniformemente in B ad una funzione
armonica w > w con w(x 0 ) = w(x0 ). La differenza w w `e armonica in B ed ha
minimo, nullo, nel centro x0 B, quindi w = w e dal momento che w( x) = u( x) e x
`e arbitrario, w e w coincidono con u e anche u `e armonica.
2
Rimane da stabilire se la u cos` costruita `e continua su tutto in modo che sia
soddisfatta la condizione xxlim u(x) = g(x0 ) per ogni x0 .
0
x
tale che
Un punto `e detto regolare se esiste una funzione C 0 ()
(a) `e superarmonica,
Poiche g `e continua, fissato > 0 esiste > 0 tale che |g(x) g()| < per ogni
x B (). Su B () si ha
(x)
|g(x) g()| 6 sup g inf g 6 osc(g) = k (x) ,
inf
B ()
quindi
|g(x) g()| < + k (x) x
che equivale a
ma non `e lunica, anche una condizione sul cono esterno garantisce la regolarit`a di
un punto del bordo. Un controesempio `e quello della spina di Lebesgue che riguarda
la cuspide rivolta verso linterno. Una condizione necessaria e sufficiente `e quella di
Wiener Z 0
cap(B () )
d = +
0 n1
dove Z
cap(E) = inf |D| dx | D(R ) , > 1 su E
2 n
Rn
Visto che ogni spazio di Hilbert ammette se stesso come duale, H01 non dovrebbe
fare eccezione e la cosa sarebbe del tutto accettabile. Ma se consideriamo H01 come
sottospazio di L2 , che coincide col suo duale, si deve ammettere anche (H01 ) L2
strettamente. Questo ci soddisfa, altrimenti ci dovremmo limitare ai soli dati f H01 .
3. Se f D 0 () `e una distribuzione qualsiasi, in assenza di ulteriori ipotesi non
si pu`o uscire dallo spazio D() e anche u va cercata tra le distribuzioni, quindi il
problema assume la seguente (debolissima) forma.
Problema 2.12 Data f D 0 (), trovare u D 0 () tale che
Z
(2.21) u dx = hf, i D() .
(2.22) u = in Rn ,
da cui
c1
u0 () = + c2 .
n1
Tra queste soluzioni radiali si pu`o scegliere c1 e c2 in modo che u soddisfi la (2.22). Lo
lasciamo per esercizio suggerendo di considerare una generica a supporto compatto
K e, definito K = K B (0), integrare per parti u su K . Rimarranno da trattare
solo degli integrali su B (0) di cui si pu`o calcolare facilmente il limite per 0
usando il teorema della media. La soluzione di (2.22) `e detta soluzione fondamentale
del laplaciano e vale
log
2
se n = 2
() =
1
se n > 2 .
(n 2)n n2
42 Il Problema di Dirichlet
Da ora in poi ci interesseremo del Problema 2.11 relativo al punto 2. Questa formu-
lazione viene anche detta variazionale in quanto equivalente al seguente problema.
(2.23) div(A(x)Du) = f in .
essendo
1
Z
F (v) = A(x)Dv Dv dx hf, vi v H01 () .
2
Lesistenza e lunicit`
a della soluzione del Problema 2.14 `e conseguenza di un teorema
astratto negli spazi di Hilbert che vediamo tra poco.
Siano H uno spazio di Hilbert reale con prodotto scalare h., .i e norma k k e H
il suo duale con laccoppiamento : H H R
(f, u) hf, ui .
Definizione 2.15 Diciamo che a(u, v) `e coerciva se esiste una costante > 0
tale che
a(u, u) > kuk2 u H .
p
Una forma bilineare continua e coerciva definisce la norma a(u, u) che `e equivalente
alla norma di H.
Teorema 2.16 (Lax-Milgram) Sia a(u, v) una forma bilineare coerciva su uno
spazio di Hilbert H. Allora per ogni f H esiste ununica u H tale che
1
F (v) = a(v, v) hf, vi .
2
Poiche
1 kf k2
f
2 2
hf, vi 6 kf kkvk =
kvk 6
+ kvk ,
2 2
44 Il Problema di Dirichlet
I = inf F (v) .
vH
Per differenza si ha
a(u1 u2 , v) = hf1 f2 , vi
e scegliendo v = u1 u2 si ottiene
da cui
1
ku1 u2 k 6kf1 f2 k .
Ci`
o mostra non solo lunicit`
a, ma anche la dipendenza continua.
2
Come rientra il nostro problema di Dirichlet allinterno dello schema astratto che
abbiamo appena discusso? Lo spazio che ci interessa, H01 (), `e di Hilbert come
sottospazio chiuso di H 1 (), ma le condizioni di continuit`a e di coercivit`a della forma
bilineare a(u, v) non coinvolgono tutta la norma, bens` solo la parte che contiene il
gradiente. Lo schema generale pu` o essere applicato direttamente ad un problema
come questo
(
div(A(x)Du) + k(x)u = f in
(2.27)
u=0 su
2.6 Formulazione variazionale 45
Se u W01,p () esiste una successione (uh ) C01 () tale che kuh ukW 1,p () 0.
Per ogni uh vale la disuguaglianza (2.28) e la norma `e continua, quindi la (2.28) `e
stabile nel passaggio al limite e rimane vera per ogni u W01,p ().
La costante trovata per questa disuguaglianza `e semplicemente r, il raggio di una
palla che contiene , e non sembra dipendere da p, ma la costante ottimale, la minima
per cui la disuguaglianza `e vera, dipende da p.
2
La relazione
kDukp 6 kukp + kDukp 6 (1 + c)kDukp u W01,p ()
mostra che in W01,p () la norma di W 1,p () e la norma in Lp () del solo gradiente
sono equivalenti, quindi la forma bilineare
Z
a(u, v) = A(x)Du Dv dx
`e coerciva inH01 (). Rimane da verificare, con riferimento al Teorema 2.16, che il
funzionale F (v) della (2.24) `e limitato inferiormente, ma questo `e vero perche
1 2
F (u) > kDukL2 () hf /, ui > kDukL2 () 2 kf k2H 1 () kuk2L2 ()
2 2 2 2
c2 2 1 2 1 2
> kDukL2 () 2 kf kH 1 () > 2 kf kH 1 ()
2 2 2
46 Il Problema di Dirichlet
pur di scegliere 2 < /c2 . Da queste considerazioni possiamo dedurre che il Proble-
ma 2.14 ammette una ed una sola soluzione in H01 ().
Il Teorema 2.17 ci dice che limmersione W01,p () , LP () `e continua. Per
induzione vale banalmente il seguente corollario.
u W01,p () .
X
kukW k,p () 6 c(, p) kD ukLp ()
||=k
e sono anche chiusi perche, come abbiamo gi`a visto, F `e addirittura continua, ma in
uno spazio vettoriale in dimensione non finita come H01 (), la cui metrica `e quella
della norma, gli insiemi chiusi e limitati non sono in generale compatti. Insomma, le
cose non sembrano andare tanto bene, ma adesso ci procuriamo gli ingredienti che ci
servono per farle funzionare.
Sia X uno spazio che soddisfa il I assioma di numerabilit`a, per esempio uno spazio
metrico, in modo che tutte le sue propriet`a topologiche siano caratterizzabili in termini
delle successioni convergenti.
quindi se xh x e F `e s.c.i. si ha
Viceversa, sia (xh ) una successione convergente a x e indichiamo con l il minimo limite
di F (xh ). Per ogni > 0 e per ogni h N esiste kh N tale che
F (xkh ) 6 l + h N ,
quindi
F (x0 ) = I ,
I `e il minimo e x0 `e un punto di minimo per F . Il minimo trovato `e anche il minimo
di F su tutto X dal momento che per ogni x / S si ha F (x) > t > F (
x) > F (x0 ).
Se in pi`
u ogni successione minimizzante gi`a converge a x0 il punto di minimo `e
unico, ma se vi sono pi` u successioni minimizzanti convergenti a punti distinti ognuno
di questi `e di minimo e non vale lunicit`a.
2
Per far rientrare il nostro caso in questo schema astratto bisogna sostituire la topolo-
gia della norma con una topologia pi` u ricca di compatti, quindi con meno aperti, in
modo che ogni successione limitata ammetta sottosuccessioni convergenti, daltra par-
te diminuendo la quantit` a di aperti diminuisce anche la quantit`a di funzioni continue.
Bisogna dunque introdurre nello spazio una nozione abbastanza debole di convergen-
za da garantire la compattezza dei limitati e, dovendo rinunciare alla continuit`a di F ,
allo stesso tempo non troppo debole da conservarne perlomeno la semicontinuit`a. La
convergenza che fa al caso nostro `e detta appunto convergenza debole, ci limitiamo
per il momento ad uno spazio di Hilbert separabile, che ammette cio`e un sottoinsieme
numerabile e denso. Ricordiamo che ogni spazio di Hilbert H separabile ammette una
base ortonormale numerabile, cio`e un sistema numerabile (eh ) tale che heh , ek i = hk
e tale che linsieme di tutte le combinazioni lineari finite degli eh `e denso in H.
hv, uh i hv, ui .
48 Il Problema di Dirichlet
H 1 ()
Ad esempio uh * u se per ogni v H 1 ()
Z Z
(uh v + Duh Dv) dx (uv + Du Dv) dx .
H01 ()
Oppure uh * u se per ogni v H 1 (), cio`e v = v0 div V con v0 L2 () e
V L2 ()n , si ha
Z Z
(uh v0 + Duh V ) dx (uv0 + Du V ) dx .
Viceversa, se uh * u e in pi`
u kuh k kuk allora uh u, basta osservare che
da cui
2hu, uh i kuk2 6 kuh k2
e passando al limite sul primo membro e al minimo limite sul secondo si ottiene
k=n
Dallidentit`
a di Parseval
X
2
kun k = |cni |2
i=1
segue che se `e limitata la (un ), mettiamo kun k 6 1 per ogni n N, anche |cni | 6 1 per
ogni n, i N. In particolare (cn1 ) `e limitata in R, quindi esiste una sottosuccessione
(1) (1) (1)
(un ) (un ) con i relativi coefficienti di Fourier (cni ) (cni ) tali che cn1 c1 .
(1) (1)
Prendiamo adesso la (cn2 ) che `e anchessa limitata in R. Allora dalla (un ) possiamo
(2) (2) (1)
estrarre una sottosuccssione (un ) con i coefficienti di Fourier (cni ) (cni ) tali che
(2) (1)
cn2 c2 . Si noti che cn2 continua a convergere a c1 . Andando avanti con questo
(k) (k1)
ragionamento, al k-esimo passo si estrae una sottosuccessione (un ) (un ) con i
(k) (k1) (k)
coefficienti di Fourier (cni ) (cni ) tali che cnj cj per ogni j = 1, . . . , k.
(n)
Con procedimento diagonale si costruisce la successione (un ), anchessa estratta
(n)
dalla (un ). Essa ammette la (cni )iN come successione dei coefficienti di Fourier la
quale soddisfa
(n)
(2.29) lim c = ci i N .
n ni
(n) (n)
Tenendo presente Pche cni = hun , ei i, se al posto degli ei mettiamo una combinazione
lineare finita v = i vi ei , dalla (2.29) si ricava
(n)
X X
lim hun(n) , vi = vi lim cni = vi ci ,
n n
i i
50 Il Problema di Dirichlet
quindi il funzionale
hu(n)
n , vi hu, vi v V .
Veniamo adesso alla stessa conclusione per ogni v H. Per ogni > 0 scegliamo
v V tale che kv v k < . Per n abbastanza grande si ha
6 ku(n) (n)
n uk + 6 (kun k + kuk) + < 3 .
2
Questo risultato si estende facilmente anche al caso in cui H non `e separabile. Basta
considerare la chiusura del sottospazio generato dalla successione (un ), indichiamolo
che `e evidentemente uno spazio di Hilbert e separabile per costruzione, allora
con H,
esiste un elemento u H e una sottosuccessione (uk ) (un ) tale che uk * u. Ci`o
n n
si ha huh , vi hu, vi. Ma H = H
significa che per ogni v H H , ogni w H si
k
Abbiamo ora a disposizione tutti gli strumenti che ci servono per trattare il Problema
di Dirichlet 2.14, nella versione variazionale(2.24), col metodo diretto del CdV.
Dimostrazione. Il funzionale
1
Z
A(x)Dv Dv hf, vi v H01 ()
2
`e fortemente continuo quindi s.c.i. rispetto alla convergenza forte, ma siccome `e anche
convesso ogni sottolivello
St (F ) = {v H01 () | F (v) 6 t}
1 2
F (uh ) > kDuh k2L2 () 2 kf k2H 1 () kuh k2H 1 ()
2 2 2 0
2
1
= kuh k2H 1 () 2 kf k2H 1 ()
2 0 2
2.7 Il metodo diretto per il problema di Dirichlet 51
Lunicit`
a discende dalla stretta convessit`a del funzionale.
2
Per fare un esempio, anche il funzionale convesso
Z 1
(2.31) F (u) = x |u0 |2 dx , > 0,
0
`e fortemente, e quindi debolmente, semicontinuo inferiormente in H01 ]0, 1[, ma non per
ogni ammette minimo con le condizioni agli estremi u(0) = 0 e u(1) = 1, ricordiamo
il caso = 1 gi`
a visto tra i primi esempi del corso. Vediamo intanto che lequazione
di Eulero
(x u0 )0 = 0
ammette lintegrale generale
u(x) = c1 x1 + c2
(2.32) u(x) = x1
Deve assere allora r = 2/p e 2/p = r > + 1, cio`e p( + 1) < 2, in modo che lultimo
integrale sia convergente e si abbia
Z 1 Z 1 p2
0 p 0 2
|u | dx 6 C x |u | dx .
0 0
Dunque per ogni 1 < p < 2/( + 1) esiste ununica soluzione del problema di minimo
per il funzionale (2.31) in H 1,p ]0, 1[ che `e data dalla (2.32).
52 Il Problema di Dirichlet
Capitolo 3
Inoltre, affinche F sia ben definito sullo spazio di Sobolev W 1,p (, Rm ), con p > 1,
possiamo assumere ad esempio che f soddisfi una condizione del tipo
d
(3.2) F (u + t)|t=0 = 0 C0 () .
dt
Il primo membro non `e altro che lanalogo della derivata direzionale per le funzioni
ordinarie
L() = hF 0 (u), i
54 Problemi non lineari
Vale anche qui ci`o che `e stato detto nel 1.2 del Cap. 1, la condizione di stazionariet`a
diventa sufficiente, affinche u sia di minimo, nel caso che F sia convessa. Se poi F `e
strettamente convessa il minimo `e unico. Problema a parte `e capire quali condizioni
su f garantiscano la convessit` a di F .
per ogni C0 (), allora diciamo che u risolve la (3.3) nel senso delle distribuzioni,
oppure che u `e una soluzione debole della (3.3).
Il caso classico richiede che f sia di classe C 2 , altrimenti, affinche F 0 (u) sia ben definito
su W 1,p , dobbiamo fare delle ipotesi sul comportamento di z f e f per le quali
rimandiamo a [9].
Vediamo la forma che la (3.3) assume nei vari casi.
Se m = n = 1 si tratta dellequazione differenziale ordinaria in u
d f f
(x, u, u0 ) (x, u, u0 ) = 0 ;
dx z
d f f
(x, u, u0 ) (x, u, u0 ) = 0 , i = 1, . . . , m .
dx i zi
Come esempio, tra i tanti possibili, citiamo il seguente, sia per la sua importanza, an-
che storica, sia perche ci richiama ala mente il nostro vecchio problema della superficie
di rivoluzione di area minima col quale ha degli aspetti comuni.
Il problema di Plateau. Lequazione di Eulero per il problema dellarea minima
Z
p
min 2
1 + |Du| dx | u = u0 su
Se cancellare u non fa aumentare il valore del funzionale vuol dire che il minimo
viene raggiunto da una funzione che non dipende da , quindi, a parte il fattore 2,
il funzionale da minimizzare diventa
Z R p
F (u) = 1 + u0 ()2 d .
r
per ogni x X.
F `e sequenzialmente semicontinua inferiormente (seq-s.c.i.) se
Per i nostri scopi, X sar`a uno spazio di Banach, o almeno sicuramente uno spazio
metrico, quindi useremo solo la semicontinuit`a sequenziale. Ricordiamo che F `e s.c.i.
se e solo se per ogni t R linsieme St = {x X | F (x) 6 t} `e chiuso. Ricordiamo
inoltre che una successione minimizzante per F `e una successione (xh ) X tale che
F (xh ) inf F e che dalle propriet`
a dellestremo inferiore una tale successione esiste
sempre.
Teorema 3.6 (Il metodo diretto) Se X `e uno spazio metrico compatto ogni
funzione F : X R s.c.i. ammette minimo in X.
3.2 Il metodo diretto 57
{x X | F (x) 6 t} K .
Osservazione 3.9 Sul Teorema 3.8 si basa luso della topologia debole: se X `e
uno spazio di Banach riflessivo, dove i limitati sono debolmente compatti, allora
Infatti se t viene scelto come prima, per un certo r > 0 F (x) > t se kxk > r, quindi
{x X | F (x) 6 t} Br (0) che `e debolmente compatto.
Se per la coercivit`
a dobbiamo usare la topologia debole, luso congiunto con la se-
micontinuit`
a ci costringe a porci la domanda: quali funzioni sono debolmente s.c.i.?
Ovviamente costituiscono un sottoinsieme di quelle fortemente s.c.i. in quanto
St -chiuso in X St -chiuso in X ,
Allora il funzionale Z
F (u) = f (x, u(x))d(x)
Dimostrazione. Dalla (i) segue che la parte negativa, f , dellintegrando f (x, u(x))
ha integrale finito, quindi F `e ben definito.
Siano uh , u Lp (, Rn ) tali che uh u in Lp (, Rn ). A meno di passare a
sottosuccessioni, uh u puntualmente quasi ovunque e per la (ii)
sotto le ipotesi:
1. f (x, ) s.c.i.;
2. f (x, ) convessa;
Una funzione u W 1,1 (1, 1) non nulla agli estremi non pu`o essere quasi ovunque
nulla su ] 1, 1[, quindi
Z 1 Z 1
0 0
F (u) > |u (x)| dx >
u (x) dx = 2 .
1 1
|f (x, )| 6 gR (x)
w(x) = 1 (x e) + 2 (1 (x e))
Di wj Dj wi = 0
Scegliendo come supporto di una piccola palla che interseca il piano x e = , dopo
facili calcoli si vede che e deve essere parallelo al vettore 1 2 .
Du = 2 l
Du = 1
Du = 2
Du = 1
e *
ku l k = (1 )|1 2 | .
Introdotta la successione
1
uh (x) = u(hx) ,
h
si ha
1 (1 )|1 2 |
kuh l k = kuh l k = 0
h h
mentre Duh * in L (Rn ), quindi uh * l in W 1, (Rn ). Tenendo presente che
Duh (x) = 1 h (x e) + 2 (1 h (x e)), dove h (t) = (ht)/h e h * , dalla
3.2 Il metodo diretto 61
semicontinuit`
a di F segue
Z Z
F (l ) = f (x, ) dx 6 lim inf F (uh ) = lim inf f (x, Duh (x)) dx
h h
Z
= lim inf [f (x, 1 )h (x e) + f (x, 2 )(1 h (x e))] dx
h
Z Z
= f (x, 1 ) dx + (1 ) f (x, 2 ) dx .
vh = uh + (1 )l ,
` evidente che vh = uh su B, vh = l su
dove uh `e la successione costruita sopra. E
1,
A e vh * l in W (). Dunque
Z Z
f (x, ) dx 6 lim inf f (x, Dvh (x)) dx
h
Z Z Z
= lim inf f (x, Duh ) dx + f (x, Dvh ) dx + f (x, ) dx
h B AB A
dove
Z Z Z
lim f (x, Duh (x)) dx = f (x, 1 ) dx + (1 ) f (x, 2 ) dx .
h B B B
Su A B
Dvh = Duh + (1 ) + (uh l )D ,
da cui
e quindi
Z Z
|f (x, Dvh )| dx 6 gR (x) dx .
AB AB
non ha soluzione.
Costruiamo una successione (uh ) di funzioni zig-zag come nel Teorema 3.13, con-
vergente uniformemente a 0, tale che D2 uh = 0 e che D1 uh = 1, in modo che
F (uh ) = 0. Siccome questa successione non soddisfa i dati al bordo, la modifichiamo
con luso di una funzione di taglio. Per ogni B siano C0 () tale che = 1
in B e vh = uh . Allora
dove
lim lim sup Rh (B) = 0 .
B% h
Poiche F (uh ) = 0, inf F = 0. Se esistesse una funzione ammissibile u tale che F (u) =
0, dovrebbe essere D2 u = 0 in e u dipenderebbe solo da x1 , ma imponendo i dati
al bordo si otterrebbe u = 0 in . Questo `e assurdo perche F (0) = m() = 1.
Capitolo 4
Omogeneizzazione e G-convergenza
hi = C he(u)i .
in cui i valori caratteristici dei componenti possono annullarsi (in corrispondenza dei
vuoti, o degli isolanti). Essi presentano difficolt`a aggiuntive a causa della perdita di
coercivit`a dellequazione di equilibrio.
cio`e a1
converge debolmente* in L (R) a ha
1
i. Quindi la successione (u ) converge
alla soluzione u del problema limite
(
a u00 = f in ]0, 1[
u (0) = u (1) = 0 ,
66 Omogeneizzazione e G-convergenza
(4.1) a = ha1 i1 .
Osserviamo fin da ora che questo nuovo tipo di convergenza, sebbene sia definita
attraverso un problema con dati allinterno e sul bordo, `e di natura locale e dipende
solo dal coefficiente a(x). Infatti il coefficiente effettivo nel seguente problema con a
periodica
(
(au0 )0 = 0 in R
(4.2)
u0 1-periodica ,
au0 = c = hau0 i ,
inoltre
c
u0 = e hu0 i = cha1 i
a
` evidente quindi il carattere puramente locale
e dalla (4.3) si ricava subito la (4.1). E
dellomogeneizzato.
Come applicazione, consideriamo il seguente esempio unidimensionale di problema
di controllo sui coefficienti. Per progettare una trave che occupa lintervallo =]0, 1[
siano disponibili le due sole rigidezze assiali , > 0. Siano 1 e 2 sottoinsiemi aperti
e disgiunti di tali che 1 2 = .
Indicando con la funzione caratteristica di
1 (
1 se x 1
(x) = ,
0 se x 2
riempire 1 con materiale del tipo e 2 con quello del tipo corrisponde a definire
la rigidezza variabile
a(x) = (x) + (1 (x)) .
Ci proponiamo di distribuire i due materiali in modo ottimale, come richiesto nel
seguente problema modello.
+
w(x) = (x x2 ) ,
4
`e facile verificare che per nessun coefficiente ammissibile essa soddisfa (4.4) perche
altrimenti verificherebbe luguaglianza
+
[(x) + (1 (x))] (1 2x) = c x , x ,
4
in cui a sinistra compare una funzione discontinua e a destra una funzione discontinua.
Per`o esiste una successione (ah ) di coefficienti ammissibili tale che la corrispondente
successione (uh ) delle soluzioni del Problema 4.1 converge a w in L2 (). Precisamente,
se nella definizione di a scegliamo per il prolungamento 1-periodico della funzione
che vale 1 sullintervallo ]0, 1/2[ e 0 su ]1/2, 1[, posto
ah (x) = a(hx) , x ,
si ottiene
1 1
* in L () e uh w in L2 () ,
ah a
dove a = 2/( + ) `e lomogeneizzato di a e w soddisfa
(
a w00 = 1 in
w(0) = w(1) = 0 .
A = .
ed in particolare per = 0
A 6 hAi .
4.2 Le stime elementari 69
Per la stima dal basso possiamo usare il principio variazionale per lenergia comple-
mentare
Z
1 1 1
(4.9) A = sup A dx
2 div =0 Q 2
equivalente a
(( + D) A1 ) (A( + D) ) > 0 ,
che vale con luguaglianza se e solo se = A( + D), da cui
1 1
A( + D) ( + D) > ( + D) A1 .
2 2
Per integrazione termine a termine si ottiene
1 1
Z Z Z Z
A( + D) ( + D) > A1 + D
2 Q Q 2 Q Q
1
per ogni CQper (Rn ). Ma siccome il campo vettoriale per cui vale luguaglianza
soddisfa div = 0 e in tal caso lultimo termine `e nullo, non `e restrittivo passare
allestremo superiore a destra su tutte le a divergenza nulla ottenendo
Z
1 1
Z
A( + D) ( + D) = sup A1 dx
2 Q div =0 Q 2
e passando al minimo a sinistra si ottiene la (4.9). La stima dal basso si ottiene subito
osservando che hi = hA( + D)i = A in corrispondenza della ottimale, quindi
la (4.9) diventa
1 1
Z
A =A inf A1 ,
2 2 div =0 Q
hi=A
da cui
Z
A 6 A1 1
CQper (Rn ) : div = 0 , hi = A .
Q
A = (A )1 6 hA1 i
Meccanica che coinvolgono unenergia W non convessa, come nel caso gi`a citato dei
cristalli, certe propriet`
a del fenomeno si colgono studiando il problema rilassato
Z
min W (Du(x)) dx
u
dove W `e il convessificato, o meglio il quasiconvessificato trattandosi di un problema
vettoriale, di W Z
W () = inf W ( + D) dx ,
C01 (Q) Q
` dunque ragionevole chiamare soluzioni
simile ad una versione non lineare della (4.8). E
omogeneizzate quelle del problema rilassato.
`e lequazione
p + q(1 ) = 1 ,
p = q
attraverso linterfaccia dove a cambia valore. Dalle due condizioni si ricavano i valori
di p e di q (
p = ()1 /
q = ()1 /
che sostituiti nella (4.10) ci danno la forma quadratica relativa al materiale effettivo
n n
Z " # Z " #
X X
A = (()1 /)2 + i2 + (()1 /)2 + i2
=1 i=2 =0 i=2
n
X
= ()12 + () i2 .
i=2
La forma diagonale che abbiamo ottenuto per A `e dovuta alla scelta iniziale dei ver-
sori della base, evidentemente `e principale la direzione ortogonale agli strati, lungo cui
il materiale effettivo offre una conduttivit`a pari alla media armonica dei componenti,
come lo sono tutte le altre direzioni, nella giacitura ortogonale, dove le conduttivit`a
principali coincidono tutte con la media aritmetica. In particolare per n = 2
A = ()12 + ()22 .
` stato dimostrato, con tecniche diverse e in maniera indipendente da vari autori,
E
che al variare della disposizione geometrica di e , in proporzioni locali fissate, i
valori caratteristici dei materiali effettivi sono quelli che nel caso bidimensionale sono
rappresentati nella piccola regione H() caratterizzata dal sistema di disequazioni
1 1 1 1
1 + 2 6 () + ()
(4.12)
1 1 1 1
+ 6 +
1 2 () ()
nelle quali le uguaglianze corrispondono alle due curve che delimitano H(). Si vede
anche dalla figura che se un autovalore coincide con la media armonica laltro deve
72 Omogeneizzazione e G-convergenza
1 = 2
6
((), ())
H()
((), ())
coincidere con la media aritmetica e viceversa, che corrisponde, come abbiamo appena
visto, al caso degli strati.
La simmetria rispetto alla retta dei materiali isotropi, di equazione 1 = 2 , `e do-
vuta allinvarianza nello scambio tra gli autovalori che corrisponde ad una rotazione
del composito di /2, ma se si stabilisce di ordinarli ponendo 1 6 2 si ottiene la
sola parte superiore senza perdere nessuna informazione. Per ottenere tutti i materiali
effettivi, a prescindere dalla frazione di volume locale, bisogna calcolare lunione degli
insiemi H() al variare di [0, 1], quindi basta eliminare dalla curva parametri-
ca ((), ()) dei materiali estremi con gli autovalori ordinati, ottenendo larco di
iperbole
(4.13) =
+
che insieme alla retta degli isotropi delimita lunione delle parti superiori delle regioni
H() ed ha equazione
(4.14) 6 1 6 2 6 .
+
in cui, a differenza del caso bidimensionale, `e stata riportata anche la terza condizione
perche non discende dalle altre. Infine abbiamo anche la descrizione completa, a
prescindere dalla percentuale locale, di tutto linsieme dei materiali effettivi
(n 2) +
n 6 n1
,
X 1
1+
i=1 i
e hDvi = allora
Z
(4.17) RA1 RT = RA1 RT Dv Dv dx .
Q
rot(A1 RT Dv) = 0 ,
74 Omogeneizzazione e G-convergenza
4.5 La G-convergenza
Finora abbiamo parlato del fenomeno dellomogeneizzazione periodica, senza trop-
pe pretese, rimanendo ad un livello presoche intuitivo e superficiale, e cos` abbiamo
visto matrici periodiche che possono tendere in un qualche senso nuovo verso una
matrice necessariamente costante per linvarianza rispetto alle traslazioni delle fun-
zioni periodiche, abbiamo visto funzioni scalari, cio`e matrici isotrope, che tendono
a vere e proprie matrici, anche anisotrope, fenomeno veramente inusuale nella conver-
genza delle successioni di funzioni, a causa di disposizioni geometriche dei componenti
che non sono invarianti per rotazione. Allo scopo di comprendere con maggiore chia-
rezza gli aspetti essenziali di questa teoria, lomogeneizzazione va inquadrata in un
contesto pi` u generale, con unappropriata nozione di convergenza delle successioni di
operatori ellittici. In certi casi essa si riduce alla convergenza forte in qualche norma,
ad esempio uniforme, dei coefficienti, ma in generale `e un tipo di convergenza pi` u
debole, sebbene non sia equivalente, altro che in situazioni eccezionali, v. [7] e [8],
alla vera e propria convergenza debole che conosciamo.
Sia M lo spazio delle matrici introdotto al 4.2. Assegnata una successione
(Ah ) M , per ogni aperto limitato Rn e per ogni f H 1 () la successione
(uh ) delle soluzioni dei problemi
(
div Ah Duh = f in
(4.18)
uh H01 ()
Ah Duh * ADu in L2 ()
76 Omogeneizzazione e G-convergenza
e delle energie
Ah Duh Duh * ADu Du in L () .
G
Viceversa, se per ogni e per ogni scelta dei dati le energie convergono allora Ah A.
Un altro viceversa `e questo
h h * in L () .
Dagli anni 70 del secolo passato `e stata poi sviluppata la teoria della -convergenza
per i funzionali, anche non quadratici, come generalizzazione di questa ai problemi
` facile immaginare la vastit`a di questa teoria e dei
non lineari di tipo variazionale. E
suoi campi di applicazione.
Appendice A
(M )1. X M ,
[
(M )2. (Eh )hN M Eh M ,
h=1
(M )3. E M {E M .
`e numerabilmente additiva:
!
[ X
() (Eh )hN M e Eh Ek = se h 6= k Eh = (Eh ) .
h=1 h=0
I limiti nelle (c) e (d) esistono per la monotonia. Per (c) poniamo E 1 = E1 , E
h =
Eh Eh1 per h > 1 e osserviamo che gli E h sono a due a due disgiunti e hanno la
stessa unione degli Eh , quindi
!
h ) = (E1 ) +
[ X X
Eh = (E1 ) + (E [(Eh ) (Eh1 )] = lim (Eh ) .
h
h=1 h=2 h=2
T h = E1 Eh per h > 2 e osserviamo che E
h E
h+1
Per (d) poniamo E = h=1 Eh e E
S
e che E1 E = h=1 Eh . Dalla (c) segue
h ) = (E1 ) lim (Eh )
(E1 ) (E) = (E1 E) = lim (E
h h
che `e la tesi.
2
Lipotesi (E1 ) < + non si pu` o togliere, basta pensare alla successione di intervalli
[h, +[ che hanno misura di Lebesgue infinita, ma intersezione vuota.
Una misura viene detta completa se tutti i sottoinsiemi di ogni insieme misurabile
di misura nulla sono misurabili (e di conseguenza hanno misura nulla). Una misura
viene detta -finita se X `e unione numerabile di insiemi misurabili Xk di misura finita.
Se X `e anche uno spazio topologico indichiamo con B(X) la -algebra di Borel che
`e quella generata dagli aperti. I suoi elementi, detti boreliani, sono gli aperti, i chiusi
e tutte le loro unioni e intersezioni numerabili. In altre parole B(X) `e la pi` u piccola
-algebra contenente gli aperti, quindi `e chiusa rispetto alle operazioni di unione e
intersezione numerabili e passaggio al complementare. Una misura (X, B(X), ) non
`e in generale completa, per` o pu`
o essere completata scegliendo come misurabili gli ele-
menti della classe pi`u vasta B(X) {E X | B B(X) : (B) = 0} e ponendo
(E) = 0.
Esempi
A.1 La misura di Lebesgue 79
A.2 La funzione che associa ad ogni insieme E X il numero dei suoi punti, nel
senso della definizione
(
n. punti di E se E `e finito
c(E) =
+ se E `e infinito ,
`e una misura.
A.3 Uno spazio di probabilit`a `e una terna (X, E , P ) dove E `e una -algebra i cui
elementi sono gli eventi e P `e una misura finita tale che P (X) = 1 che si chiama
a. Ad ogni evento E E corrisponde la sua probabilit`
misura di probabilit` a P (E).
da cui gi`a si capisce che la misura non risente della presenza o meno di facce e
spigoli nel rettangolo, cio`e del carattere chiuso, aperto o semiaperto degli intervalli
che compongono R. E ` naturale dunque aspettarsi che la misura di Lebesgue n-
dimensionale di una variet` a k-dimensionale in Rn `e nulla se k < n (una curva ha area
e volume nulli, una superficie ha volume nullo ecc.).
Definiamo plurirettangolo una unione finita di rettangoli
m
[
P = Rj .
j=1
Esercizio A.1 - Verificare che il volume `e una funzione crescente sugli aperti e
sui compatti, cio`e
m (A) = inf
0
v(A0 ) = v(A) = sup v(P ) 6 sup v(P ) = m (A)
A A P A KA
m (K) = sup v(K ) = v(K) = inf v(P ) > inf v(A) = m (K) .
0
K 0 K AK
P K
sup v(P ) 6 sup v(K) = m (E) 6 m (E) = inf v(A) 6 inf v(P ) ,
P E KE AE P E
essere PJ-misurabile per linsieme E significa che il primo e lultimo termine sono
uguali, ma allora coincidono anche quelli intermedi e quindi E `e L-misurabile, mentre
il viceversa non `e detto. Per`
o si pu`
o dimostrare che un insieme L-misurabile `e anche
PJ-misurabile se e solo se la frontiera di E ha misura di Lebesgue nulla.
della scelta bisogna accettare che tutti gli insiemi siano misurabili. Pi` u semplice `e in-
vece verificare che linsieme D = Q [0, 1], che come si ricorder`a non `e PJ-misurabile,
lo `e secondo Lebesgue ed ha misura nulla. Si tratta infatti di un insieme numerabile
di punti. Ora, se E = {xh | h N} Rn consideriamo per ogni > 0 e per ogni
h N il cubetto (n-dimensionale) di centro xh e volume 2h . La loro unione `e un
aperto A contenente E e per definizione di misura esterna si ha
X
0 6 m (E) 6 m (E) 6 m(A) 6 2h = .
h=1
Per larbitrariet`
a di m (E) = m (E) = 0, quindi E `e misurabile ed ha misura nulla.
La nozione di misura esterna ci permette di applicare un ragionamento dello stesso
tipo per dimostrare che ogni sottoinsieme di un insieme misurabile di misura nulla `e
misurabile ed ha misura nulla.
` naturale chiedersi a questo punto se non esistano insiemi di misura nulla con
E
potenza superiore al numerabile. La risposta `e affermativa e linsieme di Cantor ne `e
un esempio. Questo insieme `e ci`o che si ottiene dallintervallo [0, 1] togliendo lunione
degli intervalli I(h/2k ) di centro h/2k , con h dispari e minore di 2k , e raggio 21k .
Esprimendo i numeri di [0, 1] in forma ternaria ci`o che si toglie `e linsieme di tutti i
numeri che contengono la cifra 1, quindi ci`o che rimane, linsieme di Cantor, `e formato
dai soli numeri con due cifre e quindi equipotente a [0, 1] (in forma binaria).
Da quanto detto, la misura di Lebesgue `e dunque completa, la classe M dei
misurabili contiene la classe B(Rn ) degli insiemi di Borel avendo in pi` u qualunque
sottoinsieme di ogni boreliano di misura nulla, `e regolare per costruzione, nel senso che
ogni misurabile ha misura approssimabile con gli aperti dallesterno e con i compatti
dallinterno, infine `e ovviamente -finita. Si pu`o dimostrare, ma noi lo evitiamo, che
la funzione m che abbiamo ora costruito soddisfa la () e insieme ad essa anche tutte
le conseguenze elencate allinizio, quindi `e una vera misura.
Definizione A.11 - Diciamo che una propriet` a p(x) definita su Rn vale quasi
ovunque, e scriviamo p(x) q.o., se linsieme {x Rn | p(x)} ha misura nulla.
R
Esercizio A.3 - Dimostrare che f = 0 se f = 0 q.o., quindi modificare una
funzione integrabile (o semi-integrabile) su un insieme di misura nulla non ha nessuna
influenza sul valore del suo integrale.
R
Esercizio A.4 - Dimostrare Rche se f > 0 su E e E = 0 allora f = 0 q.o. su E
e che se f ha segno qualunque e E f = 0 per ogni insieme misurabile E Rn allora
f = 0 q.o. su Rn .
con E misurabile `e numerabilmente additiva e quindi `e a sua volta una misura positiva,
se f > 0, di cui si pu`o riconoscere la f come densit`a. E ` facile dimostrare che la
84 Elementi di Analisi Funzionale
soddisfa la propriet`
a di essere assolutamente continua rispetto alla misura di Lebesgue,
nel senso che per ogni > 0 esiste > 0 tale che
A.3 Spazi Lp
Abbiamo detto che linsieme L1 (E) delle funzioni integrabili su un dominio misu-
` naturale dotarlo della
rabile E Rn , o anche su tutto Rn , `e uno spazio vettoriale. E
norma Z
kf k1 = |f (x)| dx
E
e definiamo L1 (E) = L1 (E)/ . Gli elementi di questo spazio sono classi di equi-
valenza di funzioni e da ora in poi quando si considera un elemento f Lp si deve
intendere quella funzione o una qualsiasi che differisca da essa solo su un insieme di
misura nulla. Ci` o comporta un po di attenzione in pi`u nel definire una funzione, per
esempio specificare quale sia il valore di f in un punto non ha pi` u senso. Lo spazio
L1 (E) `e di Banach.
Oltre alla norma integrale appena vista, `e possibile definirne una che generalizza
quella uniforme e si basa su una nozione di estremo superiore che non dipende dai
valori della funzione su un insieme di misura nulla. Si tratta dellestremo superiore
essenziale
sup ess f = inf{M R | m{x E | f (x) > M } = 0} .
E
kf k = sup ess |f | ,
E
ma che la (A.3) definisca una norma non `e cos` ovvio come nei casi appena visti p = 1
e p = +, bisogna dapprima dimostrare una importante proposizione.
Teorema A.15 (disuguaglianza di H older) - Per ogni coppia p, q [1, +]
tali che 1/p + 1/q = 1, detti esponenti coniugati, se f Lp (E) e g Lq (E) allora
f g L1 (E) e
Dimostrazione. Se una delle due funzioni `e (quasi ovunque) nulla la (A.5) `e banal-
mente vera, quindi supponiamo che entrambe le norme siano positive. Anche il caso
estremo p = 1 e q = + `e banale, basta passare allestremo superiore dentro lintegra-
le e portarlo fuori. Supponiamo allora 1 < p, q < +. Poniamo F (x) = |f (x)|/kf kp
e G(x) = |g(x)|/kgkq , usiamo la disuguaglianza di Young
1 p 1 q
FG 6 F + G
p q
e integriamo
1 1 1 1 1
Z Z Z Z
F G dx = |f g| dx 6 F p dx + Gq dx = + = 1.
E kf kp kgkq E p E q E p q
p q
Se |f | = |g| q.o. la disuguaglianza diventa unuguaglianza.
2
La seguente versione della disuguaglianza di Holder `e pi`
u generale.
Proposizione A.16 - Date f1 , f2 , . . . , fk tali che fi Lpi , se 1/p1 + 1/p2 + . . . +
1/pk = 1/r 6 1, allora f1 f2 fk Lr e
dove a secondo membro il primo fattore sta in Lp (E) e il secondo in Lp/p1 (E) =
Lq (E). Allora possiamo applicare la (A.5)
Z "Z 1/p Z 1/p # Z 11/p
p p p
|f + g| dx 6 |f | dx + |g| dx |f + g|p dx
E E E E
e dividendo a sinistra e a destra per lultimo fattore si ottiene la tesi. Vale lugua-
glianza se una delle due funzioni `e nulla o se f = g per qualche R.
86 Elementi di Analisi Funzionale
2
Dunque vale la disuguaglianza triangolare, le altre sono banali, e la (A.3) definisce
una norma. Si dimostra che Lp (E) `e uno spazio di Banach.
Se il dominio dintegrazione ha misura finita possiamo ricavare una relazione din-
clusione interessante fra tutti questi spazi, precisamente vale il seguente risultato.
(A.5) kf kp 6 Ckf kq .
Dimostrazione. E ` ovvio che L (E) Lp (E) per ogni p > 1. Supponiamo q <
+. La funzione costante 1 su E appartiene a tutti questi spazi. Scelta una f
Lq (E), pensiamo alla funzione |f |p come prodotto |f |p 1 dove |f |p Lq/p (E) e
1 q
1 L(1p/q) (E) = L qp (E) in modo da applicare la (A.5) e dedurre che |f |p =
|f |p 1 L1 (E). Inoltre
Z
|f |p dx 6 k|f |p kq/p k1kq/(qp) = kf kpq m(E)1p/q ,
E
kf kp 6 m(E)1/p1/q kf kq .
2
Lapplicazione p kf kp , per i p per i quali `e definita, gode di alcune propriet`a, una
delle quali `e la seguente:
Se f L (E) allora lim kf kp = kf k . Infatti |f (x)| 6 kf k q.o., inoltre
p+
per ogni > 0 esiste un insieme misurabile E E di misura positiva tale che
|f (x)| > kf k q.o. in E . Quindi, elevando alla p e integrando, si ha
Il lettore lo pu`
o verificare facilmente per esercizio. Nella disuguaglianza di Holder si
riconosce quella di Cauchy-Schwarz e la norma stessa pu`o essere scritta in termini del
prodotto scalare p
kf k2 = hf, f i .
Se hf, gi = 0 le due funzioni f e g si dicono ortogonali. Essendo completo, di Banach
come gli altri, e munito di una norma indotta dal prodotto scalare, L2 (E) `e uno spazio
di Hilbert.
Sulla relazione tra la convergenza puntuale e la convergenza in norma vale il
seguente risultato.
Per ogni p [1, +[ indicheremo con Lploc (Rn ) linsieme delle funzioni su Rn che
appartengono a Lp (K) per ogni compatto K Rn .
La teoria dellintegrazione e la costruzione degli Lp si pu`o ripetere nello stesso
modo per funzioni a valori reali (estesi) definite su uno spazio munito di una misura.
Un esempio importante `e quello dei numeri interi con la misura della cardinalit`a c(A)
per ogni A Z. In questo caso ogni funzione misurabile pu`o essere identificata con
una successione (cn ) R, n Z, e la condizione che sia integrabile coincide con
quella della convergenza della serie
X
(A.6) cn
nZ
di cui per`o non `e chiaro in quale ordine vanno presi i termini, a meno che non si
sostituisca Z con N. Comunque `e ben noto che il suo carattere, e anche il valore della
somma quando converge, pu` o dipendere dallordine dei termini. Se per`o `e incondizio-
natamente convergente, che equivale ad essere assolutamente convergente, la somma
della serie non dipende dallordine dei termini e possiamo senzaltro interpretare la
(A.6) arbitrariamente, ad esempio nel senso
n
X
lim ck .
n
k=n
Indichiamo con `1 (Z), `p (Z), ` (Z) gli insiemi delle successioni x = (xn ) (reali o
complesse) tali che
!1/p
X X
p
kxk1 = |xn | < + , kxkp = |xn | < + , kxk = sup |xn | < + .
nZ
nZ nZ
A.4 Dualit`
a e convergenza debole
Siano X e Y due spazi vettoriali normati e A : X Y un operatore lineare.
Definizione A.20 - Diciamo che A `e limitato se esiste M R tale che
kAxk 6 M kxk x X .
Il minimo M per cui vale questa relazione `e la norma di A
kAxk kAxk
kAk = sup = sup = sup kAxk .
xX kxk kxk61 kxk kxk=1
Teorema A.23 (Teorema di Riesz) - Per ogni q [1, +[ (Lq (E))0 = Lp (E)
nel senso che per ogni F (Lq (E))0 esiste ununica f Lp (E) tale che vale la (A.7)
e kF k = kf kp quindi (Lq (E))0 e Lp (E) sono isometrici. Il caso q = + fa eccezione
nel senso che (L (E))0 % Lp (E).
Dunque gli spazi Lp con 1 < p < + sono riflessivi, ma L1 e L non lo sono. Le
stesse propriet`a valgono anche negli spazi `p .
Facciamo un esempio di funzionale su L [1, 1] che non ammette rappresentazio-
ne in L1 . Il funzionale F () = (0) `e ovviamente lineare e continuo su C 0 [1, 1]
perche (0) 6 kk . Allora ammette unestensione con la stessa norma a tutto L
per il Teorema A.23. Se esistesse una f L1 tale che
Z 1
F (g) = f (x)g(x) dx g L [1, 1]
1
Linsieme delle funzioni assolutamente continue su [a, b] viene indicato con AC[a, b].
Scegliendo k = 1 si vede subito che ogni funzione assolutamente continua `e uniforme-
mente continua. Il viceversa non `e detto, vi sono funzioni continue su [a, b] che non
sono AC[a, b] come la funzione di Cantor, sulla quale si consiglia di consultare lin-
teressante presentazione di Gorni in cui viene chiamata funzione di Vitali. LAutore
mostra tra laltro che `e h
olderiana con esponente log3 2, quindi le funzioni holderiane
non sono necessariamente AC.
Una condizione invece sufficiente `e quella di Lipschitz: ogni funzione lipschitziana,
in particolare ogni funzione di C 1 [a, b], `e assolutamente continua. Infatti se per ogni
x, y [a, b]
|f (x) f (y)| 6 K|x y|
scelto () = /K nella Definizione B.1, si ha
k k
X X
|u(i ) u(i )| 6 K (i i ) < K = .
i=1 i=1
K
Le funzioni assolutamente continue sono, in qualche senso che ora vediamo, quelle
derivabili.
Teorema B.2 (di derivazione di Lebesgue) - Se u AC[a, b] allora esiste
quasi ovunque la derivata u0 (x), u0 L1 [a, b] e
Z x
u(x) u(y) = u0 (t) dt x, y [a, b] .
y
Evidentemente c(x) non `e assolutamente continua, non coincide con la funzione inte-
grale della sua derivata. E` molto semplice invece dimostrare, con laiuto dellassoluta
continuit`a dellintegrale (A.2), che le primitive di funzioni L1 sono AC come viene
affermato nel seguente teorema.
Teorema B.3 - Siano v L1 [a, b] e
Z x
u(x) = v(t) dt .
a
B.2 Distribuzioni
Lappendice precedente `e finita proprio con un esempio di distribuzione, ora qua
di seguito la vediamo pi`
u precisamente.
Indichiamo con D() lo spazio vettoriale C0 () delle funzioni con derivate di
ogni ordine a supporto compatto nellaperto Rn munito della seguente nozione
di convergenza.
Definizione B.5 - Una successione (h ) D() converge in D() a D()
per h se esiste un compatto K che contiene tutti i supporti delle h e la
successione delle derivate di ogni ordine (D h ) converge uniformemente a D .
Che lo spazio non sia vuoto lo si vede ad esempio con la funzione : Rn R
1
(
e 1|x|2 se |x| 6 1
(x) =
0 se |x| > 1
B.2 Distribuzioni 93
continua. Infatti gli elementi h di una successione che tende a 0 in D() hanno tutti
lo stesso compatto K come supporto, quindi
Z Z
|hTf , h i| = f h dx 6 kh k
|f | dx 0 .
K
Ci`
o mostra che le comuni funzioni possono essere viste come distribuzioni e possiamo
identificare Tf con la f stessa. Dal punto di vista della (B.1) lesempio precedente
pu`o essere quindi rivisto in questo modo equivalente:
per ogni K compatto si ha
Z Z
f dx 6 kk |f | dx .
K
n
Una misura di Radon su R `e una misura boreliana, regolare e finita sui compatti.
o essere interpretata come la distribuzione D 0 ()
B.2 Ogni misura di Radon pu`
Z
h, i = d .
hx0 , i = (x0 ) .
94 Cenni sugli spazi di Sobolev
Gli esempi precedenti sono misure di ordine 0 in quanto m = 0, cio`e viene coinvolta
la , ma non le sue derivate. InR una variabile, tanto per fare qualche esempio, le
distribuzioni 0 (0) e f 0 dx sono distribuzioni del I ordine. Esistono
anche distribuzioni di ordine infinito, come nel caso di una somma numerabile di
concentrate su una successione di punti che tende al bordo con ordine di derivazione
della via via crescente. Ad esempio ha ordine infinito la distribuzione di D 0 ]0, 1[
X
(k) 1
hT, i = .
k
k=1
Definizione B.7 - Il pi`u piccolo m N per cui vale la (B.1) per qualche M > 0
per ogni compatto K si chiama ordine della distribuzione. Se tale m non esiste
diciamo che la distribuzione ha ordine infinito.
Esempi
(0) (h)
h00 , i = 0 (0) = lim
h0 h
Vediamo di spiegare meglio questi due esempi. Supponiamo che le gaussiane della
successione 2
fh (x) = hehx , h N,
rappresentino densit`a di cariche elettriche distribuite (da cui il termine distribuzione)
sulla retta. Al crescere di h le cariche si concentrano sempre di pi` u nelle vicinanze
B.3 Gli spazi di Sobolev 95
dello 0 e i picchi delle fh sono sempre pi`u alti, ma la carica totale, lintegrale su R,
rimane costante ed `e pari a 1. Studiando come si comportano le distribuzioni associate
+ +
1 y
Z Z
hx2 y 2
hfh , i = n e (x) dx = e dy ,
n
Dimostriamo adesso che gli elementi di W 1,1 ]a, b[ altro non sono che le funzioni di
AC[a, b].
appartiene ad AC[a, b], allora sta anche in W 1,1 ]a, b[ e Dv = Du q.o. in [a, b]. Dal
Lemma B.11 segue che v u = c q.o. in [a, b]. Baster`a allora scegliere u = v c.
2
Le propriet` a viste per gli spazi Lp ]a, b[ hanno delle conseguenze ovvie sugli spazi
W 1,p ]a, b[, per esempio 1 6 p < q 6 + W 1,q ]a, b[ W 1,p ]a, b[, essendo W 1, ]a, b[
lo spazio delle funzioni assolutamente continue che ammettono derivata distribuzio-
nale, ma a questo punto nel senso classico q.o., essenzialmente limitata, si tratta
cio`e delle funzioni lipschitziane. Abbiamo visto che nel pi` u grande di questi spazi,
W 1,1 ]a, b[, ci sono funzioni non holderiane come 1/ log x con 0 < x < 1/2, mentre gli
elementi di W 1,p ]a, b[ con 1 < p < + sono tutte funzioni holderiane con esponente
1/q con q il coniugato di p. Infatti, per la disuguaglianza di Holder, se a 6 y < x 6 b
Z x Z x
u0 (t) dt 6 |u0 (t)| dt 6 ku0 kp |x y|1/q .
|u(x) u(y)| =
y y
Dobbiamo tener presente che gli elementi di questi spazi sono classi di equivalenza di
funzioni, quindi quando si dice che una funzione `e regolare, nel senso che `e continua,
lipschitziana o h
olderiana ecc., si deve intendere che nella sua classe ce n`e una con
queste propriet`a e con la quale si pu`o identificare.
In dimensione maggiore, e considerando anche le derivate successive fino ad un
certo ordine m N, si definiscono nello stesso modo i vari spazi di Sobolev. Dato un
aperto Rn , definiamo
W m,p () = {u Lp () | D u Lp () : || 6 m} .
In altre parole `e elemento di W m,p () ogni funzione u Lp () tale che per ogni
multiindice || 6 m esiste u Lp () tale che
Z
hu , i = (1)|| uD dx D() .
e rispetto ad essa `e uno spazio di Banach. Nel caso particolare p = 2 si ottiene uno
spazio di Hilbert col prodotto scalare
XZ
hu, vi = D uD v dx .
6m
nel senso delle distribuzioni. Il duale di H01 () viene pertanto indicato con H 1 ().
u in generale, W m,q (), 1/p + 1/q = 1, `e linsieme delle distribuzioni f D 0 ()
Pi`
tali che per ogni || 6 m esistono f Lq () tali che
X Z
hf, ui = f D u dx u W0m,p () .
||6m
X
Per indicare la f si scrive f = (1)|| D f .
||6m
Bibliografia
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Mech. Anal., 100, 13-52, 1987.
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[27] W. Velte, P. Villaggio, Are the optimum problems in structural design well posed?,
Arch. Rat. Mech. Anal., 78, 199-211, 1982.