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GUIDO FAVATI

LA CANZONE D'AMORE
DEL CAVALCANTI

ESTRATTO DALLA RIVISTA

LETTERATURE MODERNE
DIRETTA DA FRANCESCO FLORA

MALFASI EDITORE
MILANO
LA CANZONE D'AMORE
DEL CAVALCANTI
di GUIDO FAVATI

JUL 5" 19

849238

I. La di un Cavalcanti filosofo e dotto molto si tra-


tradizione
mandata nei a noi; e non c' dubbio che alla fama del Nostro
secoli fino
presso i posteri immediati, e soprattutto a quella di filosofo, contribu special-
mente la canzone Donna me prega la sua Canzone d'Amore. E, richiamati
:

dalla voce della tradizione, commentatori antichi e moderni (ogni secolo, si


pu dire, ha celebrato la canzone cavalcantiana con uno o pi commenti)
hanno cercato di individuare quale fosse la posizione filosofica di Guido.
Certo, una ricerca utile in tal senso si poteva fare solo quando fosse
stato criticamente ricostruito il testo della Canzone d'Amore; ed per questo
che dal Cicciaporci all'Anione, dall'Ercole al Rivalta fino al pi recente, Ca-
sella, gli sono affannati a tale lavoro.
studiosi si

Lo studio cultori della poesia cavalcantiana port risultati pi


di tanti
concreti quando si inizi la ricostruzione genealogica dei codici; ed essa fu
condotta dal Rivalta, che indic nei codici Cap, Ca, Mart e Ba i capostipiti
di altrettante famiglie, e progred col Casella, che ampli Ba in BG (1), e
raggrupp i quattro codici migliori in due superiori famiglie X, cui fanno :

capo Cap e Ca, e Y, cui fanno capo Mart e BG; ed importante che ad X
risalgano i capostipiti pi corretti. Meno corretti, quelli che fanno capo ad Y.
In seguito ai risultati degli studi caselliani, ormai ogni ricostruzione cri-
tica del testo della canzone dovr avere il sostegno della famiglia X; ci non
toglie che le lezioni di Y vadano tenute nella debita considerazione.

II. Le due famiglie, del resto, hanno, accanto ad altre elencate dal
Casella (cit. p. 99), due sole sostanziali differenze : al v. Cap e Ca leggono
11
sia,laddove Mart e BG leggono ; al v. 50 Cap e Ca leggono move sospiri, dove
Mart e BG recano move a sospiri; e chi sa quanto bene conoscesse l'uso del
congiuntivo il Cavalcanti accetter sia invece di ; e chi terr presente l'uso

1
GUIDO FAVATI

transitivo di movere ( provocare ) accetter ancora una volta la lezione di X


rispetto a quella di Y : tanto pi che in ambedue i casi si tratta di lectio
difficilior.
Peraltro, quando i due capostipiti facenti capo ad X presentano lezioni
diverse, sar da accettarsi quella lezione che trovi concordi esempi in Y; e
cos, quando al v. 51 Cap legge fermato e Ca formato, sar da preferirsi
formato perch la recano Mart e BG. Al v. 46, poi, tra riso in
stessa lezione
pianto (Cap e BG) ed o riposo en piato (Mart), sar lecito,
e riso e pianto (Ca)
secondo il Casella, accettare indifferentemente l'una o l'altra lezione seb- :

bene noi preferiamo riso in pianto perch la lezione e pianto di Ca, per le
caratteristiche grafiche di quel codice, si pu ricondurre ad en pianto (2) tanto :

pi che, come s' visto, Mart non legge e pianto, come vuole il Casella, bens
en piato.
Quando invece l'uno dei due codici di X concordi con la lezione di uno
dei due codici di Y, e l'altro di X
concordi con l'altro di Y, sar necessario
ricostruire induttivamente Cos, se al v. 28 Cap (di X)
la lezione originaria.
e Mart Y) recano largir di contro a l gir (Ca) o l ire (BG), bisogner
(di
concludere col Casella che largir dovette precedere le altre due lezioni e se-
guirla, tanto pi che si tratta di lectio difficilior.
Caso a s costituisce la lezione del v. 24, dove Ca e Cap leggono am-
bedue pesanza, come m' avvenuto di riscontrare direttamente di sui codici,
mentre Mart e G leggono posanza e Ba possanca, con la prima s espunta da
un puntolino sottoscritto. Orbene, la lezione posanza di questi codici di Y
effetto, come mostrer in uno studio gi pronto per la pubblicazione, dell'in-
fluenza esercitata su di essi dal commento dello Pseudo-Colonna; la lezione
originaria era possanza, come ci attesta codice Parigino italiano 557 (gi 7778)
il

della Nazionale di Parigi (Par 2 ), importantissimo ed assai antico, che male


stato giudicato dal Casella un codice secondario; e possanza leggono del resto
non pur quasi tutti gli altri codici di Y, ma tutti quelli discendenti da a, non-
ch i una terza famiglia. K, che, come mostrer
manoscritti facenti capo ad
nel mio studio nominato, si accampa fra X e Y.
Quando poi (come si vedr nel commento) tali lezioni vengano anche
suffragate da una esatta e documentata interpretazione del pensiero caval-
cantiano, ogni esitazione in proposito dovr scomparire; e ci anche contro
l'autorit del Casella, che, per esempio, accoglie pesanza.

III. La ricostruzione critica del testo, quale l'abbiamo prospettata e


discussa nei termini essenziali, gi di per s valida a rendere ormai inac-
cettabile lamaggior parte delle interpretazioni Che della canzone si sono date,
poich esse erano spesse volte basate su una lezione corrotta; ma di alcune
di esse converr pure far cenno.
Una delle nomi (dal Salvadori attra-
correnti interpretative pi folte di
verso il RossiVossler giunge fino al Nardi) e comunemente seguita
e il

nei risultati, quella che crede di individuare nella Canzone d'Amore


evidenti tracce d'averroismo, che gli antichi commentatori non avvertirono.
Altri invece (Casella) individua nella canzone tracce di agostinismo. Altri,
come l'Ercole fa sulla scorta di quanto ne scrisse Marsilio Ficino nel suo com-
LA CANZONE D'AMORE DEL CAVALCANTI

mento al Convivio
di Platone, la ritengono ispirata a motivi neo-platonici.
Lo Shaw esprime parere che il fondamento filosofico di Donna me prega sia
il

in un neo-platonismo scolastico che fa capo ad Alberto Magno. Altri infine,


come i Calcaterra_j3)', riconducono il pensiero del Cavalcanti a un pi ampio
l1

scolasticismo.
Per quello poi che riguarda l'interpretazione estetico-psicologica della
composizione cavalcantiana, anche l v' disaccordo che accanto ad una cor- :

rente che vi vede teorizzato l'amor lussurioso e venereo (ed la corrente pi


antica, che parte da Dino del Garbo [I 1327] e attraverso Filippo Villani
[sec. XIV] e Girolamo Fraschetta [sec. XVI] ed altri ancora giunge fino al
J Nardi e al Calcaterra) se ne accampa una che vorrebbe qui veder teorizzato
il mistico rapimento dell'amante per la forma ideale della donna, smateria-
lizzata e resa angelica (Azzolina, Zonta, Di Benedetto e, per qualche riguardo,
l'Ercole).
C' poi chi vede in Guido un epicureo (Boccaccio; ma il Nardi identi-
ficherebbe quell'epicureismo con l'averroismo) il Cic-
(4), e chi invece (come
ciaporci; ma
pi stringenti sono a questo proposito gli studi del Parodi e
del Barbi) vuol confutare la tesi della sua irreligiosit.
Orientarsi fra s disparate correnti non possibile se non rifacendo dac-
capo tutto quanto il lavoro interpretativo della canzone, e assodando quali
fossero i dati concreti di cultura e di gusto su cui essa fu costruita, per
fondare su di essi un giudizio finalmente scevro di incertezza e di preconcetti.

IV. Che Donna me pregainserisse in una tradizione poetica in-


si

staurata da Jacopo Mostacci che


primo aveva posto ai poeti italiani la

quistione intorno alla natura dell'amore cosa che gi il Nardi (5) ha dimo-
strato e cui anche il Santangelo aveva accennato, mentre dal canto suo il
Lazzeri [Antologia dei primi sec. d. lett. it. Milano, Hoepli, 1942) veniva
in quello stesso giro di anni sistemando cronologicamente i testi pi significa-
tivi sul concetto dell'Amore nel suo sviluppo; e da Jacopo da Lentini in poi
molti s'erano provati a determinare la natura d'amore. E prima che in Ita-
lia quella tradizione era gi fiorita in Provenza (6). E c' chi ha sostenuto
che la causa occasionale alla composizione della canzone fu forse offerta al
Nostro dal sonetto Onde si move e donde nasce amore? direttogli dall'Orlan-
di (7), nel quale l'autore lo invitava a rispondere a un certo numero di quesiti
intorno all'amore stesso.
Comunque stiano le cose, la canzone cavalcantiana si configura come un
tentativo di sistemazione organica, fatta al lume delle pi recenti teorie filo-
sofiche del tempo,
motivi della poetica del Nostro, sia dei motivi, delle
sia dei
ragioni , dei suoi predecessori, onde dare una soluzione definitiva (8) alla
questione della natura di amore, cos a lungo dibattuta.
E, accingendosi a cos arduo compito, il Cavalcanti adott la forma pi
nobile di componimento volgare, cio la_canzo ne ; e in particolare la canzone
didas calica , sullo schema di quelle guittoniane : bench poi quello schema com-
plicasse e frangesse con una strenua ricerca di rime al mezzo e rime di cesura,
che sar bene illustrare.
GUIDO FAVATI

V.
La Canzone d'Amore consta di cinque strofe, pi una di chiusura.
Le cinque strofe sono composte di una fronte di due terzine a cui segue
una sirima di due quartine.
I versi delle terzine i che compongono
due piedi della fronte sono di
diversa struttura : un endecasillabo con cesura quinaria e rima
il primo
col primo verso del secondo piede non solo nella rima finale, ma anche nella
rima di cesura; il secondo verso ha due cesure (quinaria e novenaria), e tanto
la rima finale quanto quelle di cesura ritornano nel secondo verso del se-
condo piede; il terzo verso ha rima al mezzo quinaria, e corrisponde al terzo
verso del secondo piede non solo per la rima finale, ma anche per tale rima al
mezzo.
Le volte della sirima hanno i versi 1 e 4 privi di cesura stabile; il

verso 2 ha rima al mezzo ternaria; il v. 3 l'ha quinaria, ed unito al v. 4 per


rima baciata.
Se indichiamo con la maiuscola le rime finali e quelle al mezzo; con la
minuscola le rime di cesura quinaria e novenaria corrispondenti nel seno del
verso; con la minuscola corsiva le rime di cesura quinaria del primo verso
di ciascun piede, ricaveremo il seguente schema :

a B
e D
D E
a B
e D
1) E
F
G
H
H
F
G
H
H

Ci indica che delle 154 sillabe che formano ogni strofa, ben 52 (cio
pi di un sono obbligate. Si osservi poi la ferrea catena delle rime,
terzo)
quasi tutte, nell'ordine di successione, baciate; e che delle 26 parole in rima
che ricorrono nei 14 versi di ogni strofa, ben 20 sono riunite in gruppi di
quattro (c,d,f,g,h) e solo 6 in gruppi di due (a,b,e). L'ordine di concatena-
zione il seguente: ab, ce, dd, e; ab, ce, dd, e; ff, gg, hh; ff, gg, hh. Non
tengo conto, per una diversa schematizzazione, di aude (v. 66) e fraude (v. 69)
che rimano all'interno fra loro e all'esterno con cade e rade, a proposito dei
quali v. Casella cit, p. 125.
Anche l'ultima composta di 5 versi (tanti quante sono le strofe
strofa,
che laprecedono), strutturalmente complessa: che, se i versi 1,2,5 sono
privi di cesura fissa, i versi 3 e 4 hanno cesura quinaria con rima al mezzo
LA CANZONE D'AMORE DEL CAVALCANTI

r sono collegati con il sistema di rime che appare dallo schema seguente :

A
B
... B .... A
... A .... C
C
con concatenazione a, bb, aa, ce.

VI.
Oltre allo schema di guittoniano rimasta nella canzone qualche
voce siciliana in rima (priso, v. 64). V' poi qualche voce emiliana (tome,
v. 17) (9); ma di voci e costrutti non toscani nel Cavalcanti parleremo in
altro studio. Qui occorre invece parlare delle difficolt che presenta il lin-
guaggio tecnico cavalcantiano che sono molte e serie, perch non facile
:

stabilire quale sia il limite fra l'uso lirico e l'uso tecnico-filosofico che Guido
fa dei termini che adopera; ed provato dalla storia dei commenti sbocciati
intorno alla canzone che un leggero sgarrare nell'adozione del criterio lirico
o di quello filosofico fa giungere a posizioni diametralmente opposte all'in-
tenzione dell'autore.
Pi grave ancora il quesito se si debba costantemente assegnare ai
termini filosofici un valore rigorosamente tecnico o accogliere talvolta criteri
meno rigidi. Tale , per es., il quesito che si presenta sulla interpretazione
del v. 27 : del quale peraltro si vedr, nel seguito di questo studio, che solu-
zione daremo.
In generale, per, ci fido lume la dichiarazione esplicita del poeta, che
egli vuol qui procedere per naturai dimostramene, e che vuole non pur
dire, ma provare, cio addurre le prove, di ci che dice, s che nessuno
potr non lodare la ragione di quanto sistematicamente avr esposto. Del resto,
non pur termini lampanti (accidente, intelletto possibile, memora, ragione,
virt, buonperfetto) e altri meno lampanti che esamineremo (simiglianza,
forma appartengono alla terminologia filosofica, ma perfino gli esempi,
ecc.)
che il poeta adduce per chiarire intuitivamente una enunciazione teorica, sono
desunti dai testi di filosofia e adoperati con lo stesso valore e la stessa fun-
zione con cui si trovano in essi usati. Cos, quando al v. 16 il Cav. dice che
amore condizionato dalla specifica influenza di Marte, la quale prende sede
nella memoria come nel suo subietto, e aggiunge che tale sua condizione pren-
de forma da quell'influenza come diaffan da lome, ha presente un esempio che
frequentemente ricorre sia in s. Tommaso sia negli altri commentatori medie-
vali di Aristotele (10): e colore e luce, che s'incontrano nominati ai vv. 67-68,
ricorrono anch'essi in frequenti esemplificazioni per es. nella Summa contra
:

Gentiles, II, LIX, ma anche in vari passi pwfc di Aristotele e di Averro, che
citeremo nelle note. E, d'altra parte, la canzone scritta per le persone ch'anno
intendimento.
Di fronte a tale insieme di considerazioni, pare giustificabile ogni pi
energica riduzione dei vocaboli cavalcantiani a termini tecnici della filosofia
medievale; e si pu essere convinti che, se un pericolo c', esso risieder piut-
tosto in un eccesso di ritegno che in un eccesso di decisione nel battere
tale via.
GUIDO FAVATl

VII. presentate le difficolt principali che incontra chi vuole ri-


Ma,
costruire e poi interpretare la canzone, ecco ora il testo di Donna me prega,

che poi interpreteremo. Omettiamo l'apparato critico, che di


facile consul-

tazione nello studio caselliano citato; ma annoteremo a pie di pagina i punti


in cui ci discostiamo dal testo del Casella i quali sono in parte di lettura,
:

in parte di interpunzione; e, fra questi, alcuni sono dovuti a


ragioni di inter-
pretazione, e altri al fatto che riteniamo che il tono della canzone, dida-
scalica, dovesse essere persuasivo, e non irto di frazionature. Si noti
solo che

per la grafia abbiamo con pi fedelt del Casella aderito a Ca.

Donna me prega, pcrch'eo voglio dire


d'un accidente che sovente fero,

3 ed s altero eh' chiamato amore :

s chi lo nega possa '1 ver sentire!


Ed a presente conoscente chero,
6 perch' io no spero ch'om di basso core
a tal ragione porti canoscenza:
che senza naturai dimostramento
non talento di voler provare
10 l dove posa e chi lo fa creare
e qual sia sua vertute e sua potenza,
l'essenza poi e ciascun suo movimento
e '1 piacimento che '1 fa dire amare
14 e s'orno per veder lo p mostrare.

In quella parte dove sta memora


prende suo stato, s formato
17 diaffan da lome, d'una scuritate
la qual da Marte vene e fa demora,
Elli creato ed sensato nome,
20 d'alma costome e de cor volontate.
Ven da veduta forma che s'intende,
che prende nel possibile intelletto,
come in subietto, loco e dimoranza.
24 In quella parte mai non possanza
perch da qualitate non descende:
resplende in s perpetuai effetto:
non diletto ma consideranza:
28 s che non pot largir simiglianza.

Non vertute, ma da quella vene


ch' perfezione, (che se pone tale)
31 non razionale, ma che sente, dico.
For di salute giudicar mantene,
che la 'ntenzione per ragione vale :

34 discerne male in cui vizio amico.


Di sua potenza segue spesso morte,
se forte la vert fosse impedita,
la quale aita la contraria via:
38 non perch oppost'a naturale sia:
ma quanto che da buon perfetto tort'
per sorte, non p dire om ch'aggia vita,
che stabilita non segnoria.
42 A simel p valer quand'om l'oblia!
LA CANZONE D'AMORE DEL CAVALCANTI

L'essere quando lo voler tanto


misura
c'oltra di natura torna,
45 poi non s'adorna di riposo mai.
Move, cangiando color, riso in pianto,
i-vj,icrtc
d. fa. KjnSy bj 3 con paura storna.
48 Poco soggiorna. Ancor, di lui, vedrai
che 'n gente di valor, lo pi, si trova.
La nova qualit move sospiri
e voi eh' om miri n non formato loco,
52 destandos' ira la qual manda foco
(imaginar noi pot om che noi prova),
n mova gi, per eh' a lui si tiri,
e non si giri per trovarvi gioco;
56 n cert' mente gran saver n poco.

De simil, tragge complessione sguardo


che fa parere lo piacere certo.
59 Non p coverto star, quand' s giunto.
Non gi selvagge le bielt son dardo,
che tal volere per temere sperto.
62 Consiegue merto spirito eh' punto.
E non si p conoscer per lo viso :

compriso bianco in tale obietto cade:


e, chi ben aude, forma non si vede:
66 dunqu'elli meno, che da lei procede.
For di colore, d'essere diviso,
assiso 'n mezzo scuro, luce rade.
For d'ogne fraude dico, degno in fede,
70 che solo di costui nasce mercede.

Tu puoi sicuramente gir, canzone,


l 've te piace, ch'io t' s adornata
eh' assai laudata sar tua ragione
da le persone eh' anno intendimento.
75 Di star con l'altre, tu non i talento. (11)

Vili. La canzone consta di tre parti: una Proposizione (strofa I), una
Esposizione (Strofe II-V), un Congedo (strofa VI).
Nelle strofe II-V la esposizione delle questioni, che in numero di otto
l'autore si Proposizione proposto di affrontare e risolvere. Ogni strofa
nella
risponde a due questioni, che sono le seguenti 1" dove risieda amore; 2* chi :

lo metta in condizione di prodursi; 3" quale sia la sua perfezione intrinseca;


4* quale sia la sua efficacia attiva; 5* qual sia la sua essenza; 6" che cosa
provochi ;
7* qual sia il piacere che d, che gli merita il nome di amare ;

8" se sia visibile.


I due versi finali della strofa V fanno poi da conclusione generale del-
l'argomento.
GUIDO FAVATI

IX. Ecco la parafrasi.

Proposizione (st. I).

Poich una donna me ne prega, parler d'un accidente (12), che spesso
tormentoso (13), pur (14) essendo cos nobile (15) da esser chiamato amore;
e voglia il cielo che chi nega ci possa sperimentare com'esso realmente!
E per ascoltatore (a presente) chiedo una persona intenditrice (16), perch
non mi attendo che chi rozzo possa comprendere il valore di questo mio
discorso (17), perch soltanto per mezzo di dimostrazione rigorosamente scien-
tifica (18) ho piacere (19) di provare (20) dove amore risieda, chi faccia s
che si produca quale sia la sua perfezione intrinseca e quale la sua
(21),
efficacia attivaquale poi la sua essenza (23), quale ciascuna delle alte-
(22),
razioni che provoca (24) e quale il piacere, che gli merita il nome di ama-
re (25), e se sia visibile e si possa mostrare (26).

Esposizione (st. II-V).

St. II a) Dove posa b) Chi lo fa creare.

sua condizione nella virtus cogitativa, dove ha sede la


Amore assume la
memoria (27), e, come
la diafaneit (28) informata dalla luce, cos la condi-
zione dell'amore formata da una influenza (29) che procede da Marte (30),
e che si ferma nella virtus cogitativa.
Egli un essere creato (31), ed dotato di nome sensibile (32), e trae
dall'anima il proprio costome (33) e dal cuore la propria capacit di ap-
petire (34).
Procede dall'aver veduto una forma (35), che s'intuisce rappresentativa-
mente (36) e quindi prende stanza, e vi permane (37), nell'intelletto possi-
bile (38) come nel suo subietto (39).
Ma sull'intelletto possibile quella forma non incide mai (40) perch non
deriva dalle qualit sensibili (41) dell'oggetto, ma rispiende dall'interno della
propria assolutezza formale come in s inalterabilmente conclusa (42). Non
comporta, conseguentemente, diletto (43), ma solo una assorta contemplazio-
ne (44); cosicch non pu offrire all'intelletto alcuna simiglianza (45) di s.

St. Ili e) Qual sia sua virtute d) Sua potenza.

L'amore non una virt (46), ma deriva da quella perfezione sensi-


bile (47) (non intendo dunque dire la perfezione razionale) (48), che si con-
viene essere anch'essa virt (49).
Emette giudizi privi di serenit (50) perch il desiderio (51) tiene il
luogo della ragione; cosicch non riesce a discernere bene colui nel quale
quel desiderio, per sovrabbondare d'affetto, rende difettose (52) le sue facolt.
Dalla efficacia attiva dell'amore deriva spesso la morte (53), se ne sia vio-
lentemente (54) ostacolata (55) la virt (56), la quale sostiene la vita (57); non,
dunque, perch amore sia opposto alla costituzione fisica (58) dell'uomo, ma
perch allontana dal bene perfetto; e per quel tanto che (59) uno da

8
LA CANZONE D'AMORE DEL CAVALCANTI

questo accidente, ch' casuale, (60) allontanato dal bene perfetto (61), non
pu dire che abbia vita (62), poich non ha stabile dominio su di s (63).
A tal punto (64) pu aver valore (65) chi invece l'oblia (66)!

St. IV e) L'essenza f) Ciascun suo movimento.

L'essere dell'amore consiste in un desiderio (67) che divenuto cos in-


tenso da oltrepassare (68) ogni limite di natura, poich (69) non si acquieta
mai (70).
Provocando cambiamenti di colore, converte l'allegrezza in pianto (71)
e fa volgere viso in altra parte (72), infondendo paura. Dura poco (73).
il

Di lui riscontrerai anche che, per lo pi, si trova in gente di valore (74).
Questa nuova (75) qualit (76) provoca sospiri e impone che si erri con lo
sguardo di qua e di l (77), mentre si desta nell'amatore un'accesissima malinco-
nia (78) (n si pu fare un'idea di ci chi non ne fa diretta esperienza) (79),
e impone altres che l'amatore non riesca a muoversi nonostante l'attrazione
che viene su di lui esercitata (80), e che non si volga (81), per quanto potrebbe
in ci trovare piacere (82); e, certo, in siffatta situazione, la mente non pu
esercitare la sua saggezza n molto n poco (83).

St. V g) Il piacimento che '1 fa dire amare


h) S'orno per veder lo p mostrare.

Da una situazione (84) trae origine (85) uno sguardo (86) che
simile
manifesta certacompiacenza (87); e l'amore non pu rimanere celato
la
quand' colpito (88) da tale sguardo. N sono dardo d'amore (89) le belt
ritrose o ostili, perch l'amore si disperde (90) quando prova timore.
Ma chi raggiunto da tale sguardo (91) consegue la sua ricompensa (92).
N l'amore si pu vedere (93), perch esclude anche il pi elementare
rapporto di conoscibilit (94) e, del resto, chi ben comprende (95), neppure
la forma (96) si vede (97); tanto meno, dunque, si vedr l'amore, che da essa
procede (98).
Dunque Amore, privo di rappresentabilit (99), privo altres di esse-
re (100), avendo per di pi sede in un medio (101) opaco, elide (102) ogni
luce (103) di conoscibilit.
[Nonostante ci] (104), lungi da ogni inganno, affermo, degno di esser
creduto, che solo da costui scaturisce la gloria e l'onore (105).

Congedo (St. VI).

Ormai, canzone, tu puoi andare francamente dovunque ti piace perch :

t'ho cos adornata, che il tuo argomento (106) sar assai lodato dagli inten-
ditori (107). Di stare con gli altri, tu non hai invece piacere (108).

X. Dato della canzone il testo, la parafrasi, il commento, ci lecito


trarre alcune conclusioni intorno ai problemi trattati all'inizio.
Riguardo al carattere della filosofia cavalcantiana, esso (come mostrer*
in una recensione che ho gi pronta dell'ultimo libro dello Shaw, che solo di
GUIDO FAVATI

recente ho potuto vedere) non neoplatonico; n d'altra parte agostiniano in


senso proprio (109); ma non neppure strettamente averroistico, come invece
vorrebbero sia il Nardi sia altri studiosi tanto pi che la loro interpretazione
:

si basa spesso o su errori materiali di interpretazione letterale (cfr. vv. 24-28,


di cui erroneamente fatto soggetto l'intelletto possibile anzich la veduta for-
ma) o su errori di lezione (come posanza al v. 24 e in un fermato loco al
v. 51). Vi sono anzi profonde tracce di tomismo, che cercheremo ora di co-
gliere anche in alcune concordanze fra il problema morale quale esposto
dal Cavalcanti e quale stato teorizzato da s. Tommaso, dopoch, nelle note,
abbiamo colto le concordanze esistenti fra le posizioni dell'uno e dell'altro

riguardo alproblema della conoscenza.


L'ideale 4 del Cavalcanti poggia sul conseguimento del buon perfetto (quod
felicitas dicitur, come abbiam visto), ed regolato dalla virt (v. 26). N di-

versa la posizione di s. Tommaso felicitas hominis est operatio ipsius se-


:

cundum virtutem perfectam (S.c.G. Ili, XLIV). Anche s. Tommaso vuole


che tota hominis vita secundum rationem disponatur quod est propriae v'ir- :

tutis bonum... Hoc autem omnino complebitur quando ratio in summo vigore
erit. Del resto, est etiam... hominis desiderium, quod est sibi et aliis anima-
libus commune, ut delectationibus perfruatur; quod homines maxime prose-
cuuntur secundum vitam voluptuosam la quale, anch'essa, dovr essere mo-
:

derata e sorvegliata, perch per eius immoderantiam homines intemperantes


et incontinentes fiunt, e sono soggetti alla sollecitudine che li molesta (S.c.G.,
Ili, XLIII). E non forse questo stesso che afferma il Cav., che lo sviluppo
in noi dell'amore deve essere sorvegliato e moderato perch produce solleci-
tudine e angoscia, per la quale l'animo invilisce e l'uomo n' condotto a
morte? Di pi: l'amore, che pur pu provocare la morte, non ha la morte
come proprio fine; non infatti oppost'a naturale: la morte, se ne deriva,
ne deriva per accidens, in quanto amore provoca un tal desiderio dell'og-
getto amato, che, se non si modera, produce quel disordine spirituale e fisico
che contrario a virt. E anche questo ha la sua giustificazione teorica nel-
l'Aquinate propter aliquod bonum consequendum vult aliquis facere inordi-
:

natam actionem, non intendens inordinationem neque volens eam simpliciter,


sed propter hoc (cio, propter bonum consequendum) S.c.G. Ili, IV. Ora,
non saper obliare in s un fattore che cos letali effetti pu produrre,
indizio di disvalore (da un punto di vista non sociale, ma morale, s. Tom-
maso chiama tale disvalore peccatum); onde si impone un rimedio alla inor-
dinatio dell'amore. E dello stesso parere s. Tommaso, quando afferma :

Praecedit... in voluntate peccatum actionis defectus ordinis ad rationem et


ad proprium finem... Hic autem defectus voluntarius est; nam in potestate
voluntatis ipsius est velie et non velie (S.c.G. II, X); e tanto pi bisogner
reputare privo di valore chi insiste in amare una cosa che si scoperta vi-
ziosa Nec tamen iste defectus est malum morale; si enim ratio nihil consi-
:

deret vel consideret bonum quodcumque, nondum est peccatum quousque ad


finem indebitum tendat (ibi) e si potrebbe citare a questo proposito anche
:

Dante, che, in Purg. XVIII, vv. 66 sgg., pare parafrasi punto per punto que-
sti insegnamenti tomisti.

Peraltro, come doveroso sorvegliare che gli sviluppi di questo elemento


irrazionale non ci danneggino (110), cos doveroso non incodardire n per

li)
LA CANZONE D'AMORE DEL CAVALCANTI

timor di danno fuggire anche donde non necessario; e amore, infatti, in


gente di valor, lo pi, si trova. E cfr. S.c.G. Ili, LXIII Est ... naturale :

desiderium omnibus rebus commune, per quod conservationem sui desiderant,


secundum quod possibile est, per cuius immoderantiam homines timidi red-
duntur et nimis a laboribus sibi parcentes. Chi invece sa strenuamente amare
ma a tempo e luogo saggiamente moderarsi finch la donna non lo contenti
di s, raggiunger finalmente la pienezza dell'amore, perch amare ante ha-
bere est imperfectum, post habere perfectum (ibi, II, XXV).

XI.
In seguito a queste citazioni, non credo si possa negare pi che
esistono concordanze fra la posizione cavalcantiana e quella tomista anche
riguardo all'impostazione del problema morale bench non vogliamo poi
:

perentoriamente concludere che il Cav. fosse un tomista schietto. Il fatto


che, con ogni verisimiglianza, la Canzone d'amore si ricollega, per la sua
impostazione filosofica, a quel complesso dibattersi di idee di averroisti e di
tomisti o, con pi elasticit, di scolastici arabisti e di scolastici cristiani,
che, soprattutto in sede di commento alle posizioni aristoteliche, ebbe luo-
go ai tempi di Guido a Bologna (HI): nella quale citt tanto grande era
il numero degli studenti toscani, che essi formavano, internamente allo Stu-
dio , una Universitas tuscorum; alla quale appartenne anche quel Taddeo
d'Alderotto, spregiato da Dante in Par. XII, 83 e nominato da lui anche nel
Convivio, I, X, nonch da Filippo Villani, che gli dedic un'intera biografia
in : Liber de civitatis Florentiae famosis civibus, il quale fu maestro di
Dino Del Garbo e dei Torrigiano (112). Cercare perci tracce del pensiero
degli uni o degli altri nel pensiero cavalcantiano, e trovarcele, non difficile;
e del resto, nel commento a pie di pagina l'abbiamo mostrato; ma arbitra-
rio, dopo averne trovate di un genere o di un altro, concludere che Guido fosse
schiettamente tomista o schiettamente averroista. In generale, anzi, egli accetta
dell'uno e dell'altro pensiero le posizioni che fra loro dirimono nel senso, se:

non altro, che non apre mai spiragli sicuri da cui possiamo intravvedere
s. Tommaso o Averro da soli. Anzi, sar pi esatto addirittura dire che egli

dei tomisti e degli averroisti accetta soltanto ci per cui essi convergono ade-
rendo ad Aristotele; che, dove essi si staccano dal Filosofo, egli anzi li abban-
dona per seguire lo maestro di color che sanno come ci attestato da un
:

esperto conoscitore delle teorie filosofiche del suo tempo, Dino Del Garbo, il
quale, osservando che Guido pone la virtus sensitiva nel cuore, mentre i me-
dici, formatisi su Avicenna ed Averro (e con essi concorda s. Tommaso, cit.\
posuerunt quod habet esse in cerebro, dichiara che iste loquitur imitans Ari-
stotilem philosophum (cod. Chig. L. V. 176, carta 29 v., col. II, riga 53 sgg.);
e Aristotele infatti aveva asserito, secondo le parole di Dino, che appetitus
et omnis virtus sensitiva habet esse in corde asserzione che si trova in Arist.,
: :

De animalium motione, X.

XII. Per quanto poi riguarda l'interpretazione estetico-psicologica


della canzone, in essa si tratta dell'amore in modo realistico non dunque :

propriamente dell'amor lussurioso n d'altra parte dell'amore angelico. Si

11
GUIDO FAVATI

tratta insomma dell'amore visto, s, nella sua natura e nei suoi effetti sia fisici

sia spirituali; ma, ancora una bisogna asserire che irrigidirsi in una
volta,
posizione tale, che dia esclusivo risalto all'uno o all'altro carattere, erroneo.
Il Cav. ha dichiarato di voler condurre un'indagine scientifica intorno

all'amore e, se una cosa c' da cogliere in questa sua disamina, appunto


:

il tono scientifico del suo ragionamento, inteso a fissare nella sua realistica
verit che cosa l'amore sia e come nasca e si manifesti.
Dopo prove astrologiche (e anche questo faceva parte
aver addotto le

della scienza del che spiegano la natura particolare dell'impulso


tempo)
amoroso, e dopo aver asserito che comunque ha un costome conforme alle
disposizioni spirituali del soggetto che n' investito, e che consiste in una
appetizione della cosa amata, si sofferma a indagare come esso nasca nel-
l'uomo. E dice che nasce dall'aver costruito intuitivamente in noi, aila vista
dell'individuo che ci ha impressionato, la forma assolutamente perfetta, l'idea-
le perfettamente bello e desiderabile dell'oggetto del nostro amore (che come tale
non si trova propriamente nelle qualit sensibilmente percepibili dell'individuo
veduto, ma ricavato dall'interno della nostra capacit, immaginativa), sul quale
si torna insistentemente col pensiero un pensiero cos affascinato dalla bellezza
:

formale che nell'individuo l'amante ha creduto di intuire, da farsi di essa


oggetto di desiderio prima ancora di aver indagato se essa sia effettivamente
rispondente all'individuo alla vista del quale s' generata in noi. La donna
si ama, insomma, per quell'ideale che se ne forma in noi non per ci che :

essa in s; l'oggetto si ama per quello che di assolutamente perfetto si crede


di riconoscere in esso senza che per ci si riesca a vedere se esso sia veramente
:

degno o no del nostro amore, perch, al suo primo apparirci, la mente non
agisce con calma meditazione, ma immediatamente dalla nostra capacit di
appetire sorge quell'inclinazione verso l'oggetto veduto, che propriamente
amore come desiderio, cos come asserisce Aristotele {De An. Ili, Vili, 1) :

cogtatio movet, quia est desyderatiua.


Ma desiderio, se non regolato, ci sopraffa a tal punto da non
questo
consentirci pi Pautodominio razionale in cui invece consiste il nostro valore
di uomini; e, preda del desiderio, ci allontaniamo sempre pi dal consegui-
mento di quel bene perfetto che costituisce invece il nostro ultimo fine.
Peraltro, anche in chi sappia poi riacquistare il proprio autodominio,
l'amore provoca per intanto un affanno interno che si traduce all'esterno in
un agire sconclusionato. Eppure proprio la gente di maggior finezza di
sentire, di maggior nobilt, quella che pi di sovente ama. E anche in essa,
come in tutti, sorge dall'intimo l'irritazione di trovarsi in un tale stato che
fa s che non si osi pi neppure alzare gli occhi verso la donna amata; ma
poi, quando quella condizione angosciosa dell'amante ha fatto scaturire nella
donna la piet per lui cosicch essa gli lancia uno sguardo di pietosa condi-
scendenza, finalmente l'amore si tramuta in gioia, e chi sta^to costante n'
rimeritato, perch quello sguardo arra di pi larghi favori.
Che cosa c' di particolarmente lussurioso in tutto questo? Niente, mi
pare : qui si parla dell'amore com' : com' in generale, per tutti, lussuriosi
e non com' nella sua natura.
lussuriosi;
N, d'altra parte, c' niente che autorizzi a definirlo piuttosto amore an-
gelico. Se nella seconda stanza si accenna al fatto che la forma della donna

12
LA CANZONE D'AMORE DEL CAVALCANTI

ci si presenta come un impenetrabile mistero, nel resto della canzone si sco-


pre poi che ci avviene perch, per il prevalere della facolt appetitiva su
quella conoscitiva, s'interrompe all'intenzione il processo conoscitivo; perch
quell'intenzione insomma, impulsivamente assunta ad oggetto di desiderio
,

prima che il processo conoscitivo sia condotto a termine. Ed inoltre si deb-


bono a questo' proposito tener presenti non solo alcuni accenni palesi (la scuri-
tate che procede da Marte, la mancanza di salute nell'uomo, Vinte?i-
zione che prevale sulla ragione), ma anche il tono generale della poesia caval-
cantiana e in genere della poesia stilnovista, che non tutta poesia di puri
amori, come mostreremo.
Per esempio, quando nella pastorella In un boschetto il Cav. dice Or :

stagione di questa pastorella gio' pigliare, egli vuol significare ben altro
che ora tempo di prender gioia di questa pastorella , come castamente
spiega il Di Benedetto. Gio' pigliare vuol dire ben altra cosa o non avrebbe
:

senso il fatto che Lapo Gianni (Gentil donna cortese) si rammarichi d'aver
perduto l'amore della sua donna, che si adirata contro di lui perch egli le ha
procurato disnoranza con l'aver rivelato di essersi preso gioia di lei (113).

XIII. N, del resto, tutti gli stilnovisti si ispirarono al concetto della


donna angelica. La donna veramente veduta come angelo dal Guinizelli
e da Dante; ma gli altri non adoperarono che generici aggettivi al riguardo.
Il Cavalcanti, in particolare, non ha che in Fresca rosa novella un angelica :

sembianza in voi, donna, riposa (per di pi, dunque, in un componimento


che deve certamente assegnarsi al suo primo periodo), ove quell'accenno si
rivela pi un riecheggiamento di scuola, concessione alla moda tradizionale
(simili proposizioni si possono facilmente ritrovare, assai prima che negli stil-
novisti, in tutti poeti italiani, da Jacopo da Lentini in poi), che non frutto
i

di una consapevole e intenzionale trasfigurazione lirica. D'altra parte, se cos


non fosse, non si spiegherebbe come nella Canzone d'amore, accanto a pro-
posizioni pi o meno auliche, si ritrovi perfino un sentore della tradizione
libcllistica contro la donna (v. 34: discerne male in cui vizio amico: col
che, come abbiamo mostrato, si viene implicitamente ad ammettere che anche
la donna si pu riscontrare, alla prova dei fatti, non rispondente all'ideale
che ce ne eravamo formati). Anzi, il problema centrale che il Cav. si affanna
a risolvere nella parte gnoseologica della canzone ci pare proprio questo e :

cio come si possa giustificare che la donna, la quale alla prova dei fatti
si potrebbe magari riscontrare tutt'altro che perfetta (e di questo aspetto
poetarono non pur Cecco Angiolieri o Rustico di Filippo o altri, ma perfino
Dante, se suo, come forse si rJu ritenere, il Fiore), possa in un primo mo-
mento apparirci come uno speculum perfectionis. Che poi il Cav. e i suoi
amici preferissero fermare la loro attenzione, poetando, piuttosto sul primo
aspetto della donna, quando ancora (nella fase in cui la si desidera e non si
ancora sperimentata) essa ci appare un radioso mistero, altro affare e :

un gentiluomo come il Cavalcanti, alieno da atteggiamenti plateali, discreto


signore della forma, non si vede come avrebbe potuto cantare della donna
l'aspetto realistico dell'acerbit e del fastidio piuttosto che quello pur ingan-
nevole della perfezione; ma non men vero che anche l'altro aspetto della

13 .
GUIDO FAVATl

donna era ad essi presente; e nella canzone Guido ne fa cenno. Del resto,
chi ricordi che lo stilnovismo si inser nel filone della pi raffinata poesia
aulica, trover anche naturale che esso portasse la sua attenzione piuttosto
sul primo che sul secondo aspetto della donna : i componimenti di Guido e
dei suoiamici risentono della tradizione cortigiana da cui derivano di :

quando i madrigali e i sonetti amorosi venivano inviati alle donne stesse che
si richiedevano di amore; e per corteggiare una donna giova esaltare le sue

virt e parlare delle sue perfezioni, piuttosto che dichiarare le sue imperfe-
zioni. Solo la severa mente di Dante si liber dal tono di derivazione corti-
gianesca ancora insito in molta della produzione stilnovista; e con trascen-
dentale vigoria identific la sua Beatrice non pure con una cosa venuta de
cielo in terra a miracol mostrare, ma, pi tardi, con la teologia. Dei suoi
amici non si pu peraltro dire altrettanto.

XIV. Chi poi si voglia pienamente render conto della ispirazione auli-
co-cortigianesca dell'amore teorizzato in questa canzone, cerchi di cogliere, al
di sotto del realismo scientifico della terminologia filosofica e della precisione
tecnica con cui il Cav. s'impegn a spiegare e teoreticamente giustificare le
raffinate e complesse sue teorie, il processo del movimento amoroso com' in

essa presentato; render conto come anche qui ritorni, in sostanza, lo


e si

stesso rituale cortese che alimentava la poesia cortigiana provenzale.


L'amore sorge alla vista della donna, la quale impressiona l'animo del-
l'amatore e ingenera in lui il desiderio di possederla. Ma la donna si mostra
schiva, piena di pudore e di celestiale virt tanto che l'amante la riguarda :

come una cosa di tanto valore, che egli neppur crede di poter giungere a
comprenderne l'altezza pregiata: gli appare alta come una stella (114), ana-
loga alle sostanze separate, che l'intelletto umano non pu capire in s.
E qui comincia il rituale cortese la donna non deve concedersi subito
:

all'amatore (n d'altra parte mostrarglisi rustica), ma deve farlo sospirare


alquanto egli acquister ai suoi occhi maggior pregio e valore.
:

E l'amatore, per l'ardore del desiderio, si volger e K rivolger nella


mente l'immagine della bella donna, cos alta e crudele, e s'infiammer viep-
pi, e patir perch non la potr avere; e se ne consumer tanto da credere
di morirne. Se poi la incontrer per la strada si smarrir, impallidir, volger
j il riso in pianto, e non sapr pi che fare tanto l'ardore del desiderio l'avr
:

privato del dominio di s; e si comporter come un forsennato.


Ma la donna voleva proprio questo provare, cio, la costanza dell'ama-
:

tore e la profondit del suo amore, di cui quel suo patire dovrebbe essere
sicura testimonianza; e alfine, soddisfatta, si muove a piet per lui: gli dirige
uno sguardo che fa parere lo piacere certo onde l'amatore si riconforta, per-:

ch in ci ha l'indizio di essere prossimo a perseguire il suo fine.


Come ben si vede, altro non , questo, che il rituale dell'amore cortese
quale i provenzali avevano per primi prospettato in termini di letteratura,
ma che in sostanza tanto antico quanto l'uomo Adamo stesso ed Eva :

l'avranno a lor tempo recitato solo che nella Bibbia rimane in ombra (ma
:

il Cav. ne fa cenno) il momento in cui Adamo si accorse che Eva non era
poi quel che sembrava.

14
LA CANZONE D'AMORE DEL CAVALCANTI

N, del resto, manca qualche concordanza tra certe posizioni di proven-


zali e pi particolari problemi trattati da Guido. Cos, Guilhelm de l'Olivier
pone il primo sorgere dell'amore nella vista della forma e parla del suo ingi-
gantirsi nella memoria e del suo pieno attuarsi nella plazensa {piacimento o
piacere, per dirla col Cavalcanti) :

... can huelh vezon cauz' agradan,


li

sempre cor o prezento denari;


al
e, s'al cor play ni a lor huelhs agensa,
d'aquel acort nais amors e comensa.
Car d'acqui 'nan le cor pens' e cossira
com puesc' aver la cauza que dezira,
e si li huelh nil cor no i an plazensa,
ja fin' amors no i venra a naisenza.
(Tant no puesc le gir ni pessar, vv. 5 sgg.) (115)

Aimeric de Belenoi, poi, asserisce che amore desiderio :

... fin'amors, so sapchatz,


no es als mas voluntatz.

(Puois lo gais temps de pascor, w. 41-42)

(e il gi citato Guilhelm de l'Olivier, nella suddetta canzone, aveva affermato

che amore non mas un [s] frane [s] voleri). N amore giudica secondo ra-
gione, che anche per i provenzali Y intenzione per ragione vale, come afferma
a un di presso Giraut de Calanson :

... lai on sa cort es,


no siec razo, mas plana voluntat,
e ja nul temps noi aura dreit jutjat.

(Celeis cui ani, w. 6-8; ma nonostante che cos leggano


l'incipit i pi degli editori, il codice Vaticano 5232 reca De
lieis cui am. Il Lazzeri, cit., legge invece A leis cui ani).

Infine, la dolcezza, mercede d'amore, d onore all'amante; e questo afferma


anche Gaucelm Faidit in tenzone con Savaric de Mauleon e Uc de la Baca-
larla; che allora
del cor mou aquela doussors
per qu' es cen tans maier honors.
{Gaucelm, tres jocs enamoratz, w. 18-19) (116)

E questo si detto per meglio completare l'excursus dal Nardi compiuto


attraverso le composizioni dei rimatori italiani che nel trattare di amore pre-
cedettero il Cavalcanti (v. Dante e la cultura medievale, cit.), e per confer-
mare quello che dicevamo all'inizio, che il Cav. cerc di sistemare organica- .

mente non solo iresponsi degli italiani in materia amorosa, ma anche quelli

degli altri poeti della Romania.

XV. Questa, e non altra, la sostanza della canzone; e questo era


pur necessario dire, per sfatare qualche residuo di leggenda intorno alla sua
interpretazione.

15
GUIDO FAVATI

Ma aver detto questo non ancora aver detto tutto, che finora non si

colta l'originalit di Guido se non da un punto di vista culturale, indi-

cando come egli, sue teorie amorose, non fosse insensibile alle
per esporre le

possibilit sistematiche che il rinnovato culto della filosofia,


gli offriva e non

si peritasse ad accoglierle per sottrarsi al pericolo di ripetere proposizioni trite

ed approssimative ed ingenue quali quelle dei suoi predecessori.


L'originalit di Guido in realt pi profonda, e risiede in questo che :

quel rituale amoroso che ancor serpeggia, come sotterraneo alimento, nella
sua canzone, non pi visto da lui come un atteggiamento pi o meno ispi-
rato alle convenienze "sociali per cui la donna deve lasciarsi alquanto sospi-
rare prima di concedersi, e l'amarore deve sottostare ad un pi o meno dove-
roso modo non pi riguardato, insomma, come una commediola
di agire;
che' i due (l'amante e l'amata) recitano con pi o meno convinzione
attori
o scaltrezza e distacco; non pi veduto, dunque, come un atteggiamento
volontario di due uomini, ma come la necessaria manifestazione, la fenome-
nologia, il dispiegarsi, il divenire di un terzo personaggio, che ambedue li
sovrasta, che anzi loro vero Essere in quanto amanti, e di cui i loro sen-
il

timenti e i non sono che momenti dialetticamente necessari; e questi


loro atti
Amore. La canzone cavalcantiana la teorizzazione dell'Amore come essere
e come divenire l'ontologia e la fenomenologia dell'Amore, di cui il poeta
:

cerca di stabilire quale sia la natura e quali le manifestazioni, quale l'essenza


I
e quali i momenti.
Cos, il dolore che l'amante prova per l'impossibilit di raggiungere il
possesso della donna non riguardato come passione dell'amante, ma come
attributo, propriet dell'Amore per la potenza che in esso, che ci av-
:

viene. N ilpianto sono reazioni autonome dell'amatore, ma sono


riso o il

movimenti, cio modi di attuarsi, dell'Amore. E cos la malinconia che prova


l'amatore non un suo moto irriflesso anch'essa una manifestazione di :

Amore nel suo dispiegarsi, nella sua fenomenologia.


Ecco dunque come quel rituale si rinnova, fondandosi su nuove basi; ed
ecco il segno della perentoria originalit di Guido quel rituale non pi vivo :

di autonoma vita, ma ha trovato altrove il fondamento della sua necessit che :

altro non , per il Nostro, se non la stessa vita fenomenologica dell'Amore, cio
il modo come Amore si articola e si dispiega. Esso , anzi, l'Amore stesso : cos
come tutti i modi dell'Essere sono sostanzialmente l'Essere stesso, nel quale si

riassumono, e di cui sono soltanto articolazioni fenomenologiche.


Si potr dire (ed vero) che in Donna me prega non riluce il minimo
bagliore di poesia (n il poeta voleva far opera lirica, ma schiettamente didasca-
lica) (117); ma la canzone rimane pur sempre documento di un vivace ed energico
ingegno di uomo colto, che non a torto ci stato tramandato circondato dal-
l'aureola di filosofo, e che nella sua Canzone d'Amore ha lasciato la pi conse-
quente sistemazione delle teorie amorose sue e dei suoi predecessori tanto con- :

sequente, da meritarsi che si cessi ormai di ripetere (come molti invece ancor
fanno) che essa infarcita di contraddizioni e di oscurit. E saremo paghi se ci
sar riuscito dimostrare come, ad uno studio attento e documentato, sia ormai
possibile sostenere la estrema chiarezza di ognuna delle proposizioni che Guido
enuncia, e la coerenza di ognuna in relazione alle altre (118).

Guido Fa vati

16
LA CANZONE D'AMORE DEL CAVALCANTI

(1) Per i pi recenti risultati dello studio l'episodio con intenzione allusiva della can-
genealogico dei codici, v. Mario Casella, zone cavalcantiana. Del resto, ogni volta
La Canzone d'Amore di Guido Cavalcanti. che Dante introdusse nel suo poema voci
in Studi di filologia italiana, Bullettaio non toscane, lo fece con fini allusivi; e qui
dell'Accademia della Crusca , voi. VII, potrebbe aver fatto lo stesso. Cfr. Heinrich
1942, pp. 95-160. Kuen, Dante in Reimnot? in Germanish-
Romanish Monatsschrift , XXVIII, Heidel-
(2) Cfr. per es. rimari figura sol e segno- berg 1940, pp. 305-314, e la recensione che
ria (anzich en), in: Voi che per li occhi, ne fece Silvio Pellegrini negli Annali
v. 7; i maggiore e in minor mezzo si pone della Scuola Normale Superiore di Pisa ,
(anzich in maggiore), in : Da
pi a uno, Serie II, voi. XI, 1942, pp. 63-65.
v. 2; e altrove fenomeni analoghi.
(10) Intellectus possibilis secundum suam
(3) Carlo Calcaterra, Donna mi pre- naturam est in potentia ad species intelligi-
ga di Guido Cavalcanti, in Nuove inda- bilesactu, unde comparatur ad eas sicut
gini, Bologna, Libreria Minerva, 1946, pp. diafanum ad lurcm. S. Tommaso, Summa
63-104. contro Gentiles, II, LXXVI, (Divi Thomae
Aquinatis, Summae contra Gentiles libri
(4) Bruno Nardi, L'averroismo del pri- quattuor, cura et studio P. A. Uccelli Pre-
mo amico di Dante, in Studi danteschi
sbyteri Bergomatis, apud Migne editorem,
XXV, Sansoni, Firenze, 1940, pp. 43-79. Lutetiae, 1863) e passim.

(5) Bruno Nardi, Filosofia dell'amore nei (11) Il presente testo differisce da quello
rimatori del 200 in: Dante e la cultura me- del Casella nei seguenti punti : v. 1 io vv.
dievale, Bari, Laterza, 1941. 3-4 amore. S 7 canoscenza; 8 che, senza
naturai dimostramento, 10 creare, 11 po-
(6) Cesare De Lollis, Poesie proven-
tenza: 13 amare, 17 diafan... scuritate, 18
zali sulla genesi d'amore, Roma, Libreria di
vene, 24 pesanza, 26 perpetuale 27 diletto,
scienze e lettere, 1927.
ma considerarla, 30 perfezione - che se po-
Il sonetto si pu leggere nell'edizione
ne tale - 33-34 vale. Discerne 3 7-38 via.
(7)
del Rivalta o in quella del Cecchi. Ma Non 40 pu... vita 41 volere 42 simil...
come mai il Cav. dice Donna me prega oblia. 44 torna; 46 riso e pianto 48 sog-

e non: L'Orlandi me prega? Cfr. Cal- giorna; ancor di lui 49 valor lo pi 53 om


caterra, cit. pag. 101. Il sonetto dell'Or- che lo prova -; 54 gi per 55 gioco, 56
landi fu per messo in relazione con la can- certamente 57 De simil ragge complessio-
zone cavalcantiana assai presto; n si dimen- ne sguardo, 58-59 certo non 59 star quan-
;

tichiche esso diretto ad un Guido, che d' 60 selvaggie 64-65 cade. E 66 meno
potrebbe pur essere il Nostro. che 69 ogni fraude, dico degno 72 ti 75
altre tu
(8) Tanto definitiva, che Dante stesso,
quando nel Purg. (XVII, 91-139 e soprat- (12) accidente= id quod accidit: ci che
tutto XVIII, 12-75) teorizz della natura non intrinsecamente proprio di un sogget-

to, ma sua condizione accessoria. Chia-
d'amore, si rifece in sostanza alla posizione
cavalcantiana. Analogamente descrisse in miamo accidente ci che non sempre n
modo cavalcantiano gli effetti d'amore il per lo pi (Aristotele, Metaf. VI, II, 7,
Boccaccio nel proemio del Decameron; n a cura di Armando Carlini, Bari, Laterza,

del resto ne fu immune il Petrarca, bench 1927). Cfr. Amore non per s s come su-
a proposito di lui converrebbe fare ben pi stanzia, ma ano accidente in sustanzia.
lungo discorso. (Dante, V. N., XXV).
Da un punto di vist<fc, morale, poi, si chia-
(9) Tale voce emiliana lome ricorre an- ma accidente ci che preterintenzionale
che in Dante, nel X deYInf., ed , insieme (cfr. Dante, Convivio, III, XII, 3 non :

al famoso sipa, l'unica voce emiliana che ri- dell'intenzione della cagione, ma acciden-
corra nella D. C. Ora, sia perch quella vo- tale effetto); e qui dovr intendersi anche
ce fa rima con come e nome proprio come che l'amore non concepito come sentimen-

nella canzone cavalcantiana (di cui ricorre to volontario, ma come
preterintenzionale :

l, inoltre, demora), e anche perch il di- col che il Cav. mostra di riappigliarsi alla
scorso in cui quelle voci ricorrono posto concezione cortigianesco-madrigalesca della
da Dante in bocca a Cavalcante Cavalcanti, ineluttabilit e preterintenzionalit dell'a-
si emessa dagli studiosi la verisimile ipo- more. Cfr. Dante, Inf. V, 103: Amor ...a
tesi che Dante tali voci abbia introdotte nel- nullo amato amar perdona.

17
GUIDO FAI' ATI

(13) fero tormentoso, crudele . Cfr. spirito destare, cio fa s che nella mente
Cav. questo tormento disperato e fero
:
si desti uno spirito .
:

Per il ragionamento
che strugg 'e f
dole e 'ncende e amareggia. cavalcatiano, si legga poi in S. Tommaso:
{La forte e nova, w. 13-14). Il Calcaterra Omne quod habet
inest alicui accidentaliter,
cita Ovidio Me quidem ferus est.
: causam quare insit, cum
praeter essen- sit
liam eius cui inest. (S.c.G., I, XXIII). E qui
(14) e bench, sebbene . Cfr. Dan- appunto il Cav. ricerca quella causa, che
te, Inf. XIII, 37: Uomini fummo, e or siam identificher poi nella veduta forma.
fatti sterpi.
(22) sua vertute e sua potenza : seguiamo
(15) altero. L'alterigia effetto della no- l'esegesi caselliana; ma non sfugga che i
bilt. Cfr. tant' d'altero e nobile paraggio
:
due termini di virtus e potentia sono nella
{L'Intelligenza, st. XIV, v. 9). filosofia scolastica in certo modo contrappo-
sti la virtus indica la perfezione in atto; la
:

(16) canoscente. Cfr. Guittone d'Arez-


potentia le attuazioni possibili. Potremmo
zo Perch'io rechiamo e chero lo savere -
:

forse parafrasare la sua realt e gli ef-


de ciascun om ch' prode e canoscente. {Ben
:

fetti ch' capace di produrre .


saccio, vv. 12-13). Per il significato di a
presente si noti che Dino Del Garbo, con- (23) essenza L'essenza ci che di una
:

temporaneo di Guido, nel suo Scriptum su- cosa si dice in se stessa considerata . (Ari-
per cantilena Guidonis de C aliale antibus la stotele, Metaf. VII, V, 1).
cui trascrizione dal Chigiano L V 1 76 ab-
biamo in corso di stampa, parafrasa per due (24) movimento = alterazione . Cfr.
volte con auditorem. Dino del Garb ; move = altera

(17) ragione discorso, argomentazio- amare. L'amore desiderio, appeti-


(25)
ne . Anche nei testi di filosofia medievale. to, si cova nell'interno dell'amante
finch ;

Prov. razo. diventa veramente amare quando anche


l'amata dimostra con lo sguardo il piace-
(18) naturai demostramento. Naturale
re , la compiacenza , e subentra in lei
significava scientificamente esatto;
lo-
la dedizione; quando l'amore, insomma,
gicamente rigoroso . Cfr. Boccaccio, Dee.
vien corrisposto. Cfr. w. 57-59. Cfr. inol-
II, 9 e quantunque io riconosca per na-
:

tre: lo nome d'Amore s dolce a udire,


turali e vere ragioni cos dovere essere, non
che impossibile mi pare che la sua propria
ne parlerei io cos appieno, come io fo, se
operazione sia ne le pi cose altro che dol-
io non fossi molte volte e con molte stato alla
ce, con ci sia cosa che li nomi seguitino le
prova . (Cfr. // Decamerone a cura di Giu-
nominate cose, s come scritto: Nomina
seppe Petronio, Torino, Einaudi, 1950, vo-
sunt consequentia rerum. (Dante, V.N.,
lume I, pag. 277).
XIII, 4). Siccome per qui certamente da
(19) talento piacere. Cfr. Dante, vedersi anche la presenza di una di quelle
Inf. V, 39: che la ragion sommettono al
pseudo-etimologie ''care ai medievali, credo
talento. Cfr. anche Boccaccio, Dee. II, 9 :
opportuno citare anche la sentenza di An-
M' venuto mostrarvi laddove
in talento di drea Cappellano: Dicitur autem amor ab
qualche novella prima recava: M' in pia- amo verbo, quod significat capere vel capi.
cere. Nam qui amat captus est cupidinis vinculis
aliumque desiderai suo capere hamo. (Nota
(20) provare: cio: dichiarare con pro- il giochetto di parole fra amo e hamo, che

ve, documentare . Per il valore modale di dovrebbe spiegare il derivare del primo dal
voler, che indica la spontaneit dell'azione, secondo)... Captus amore suis nititur alium
cfr. Casella, cit. p. 126 e, prima di lui, attrahere blandimentis totisque nisibus in-
Barbi, V.N. stat duo diversa quodam incorporali vinculo
corda unire vel unita semper coniuncta ser-
(21) fa creare: crea e genera (Dino vare. {Trattato d'Amore, a cura di Salva-
del Garbo, comm. cit. nella volgarizzazio- tore Battaglia, ed. Perrella, Napoli, 1948,
ne del Mangiatroie, recata dal Cicciapor- pag. 8).
ci, Firenze, 1813). Assegno a creare, in
questo costrutto, il valore riflessivo che han- (26) parsa, questa quistione, in corri-
no verbi analoghi in cosiffatti costrutti. spondenza con la domanda dell'ORLANDi :

Cfr. it. mod. : lofa stizzire = fa s Ae figura?


per s forma, o pur simiglia
che egli si stizzisca . Anche il Cav. {Pe- altrui? (son. cit.). N pareva domanda ozio-
gli occhi fere) ha, del resto, fa in la mente sa, se ancora Dante si soffermava ad asse-

18
LA CANZOXE D'AMORE DEI, CAVALCANTI

rire Ma io dico ch'amor non sustanza -


: (29) scuritale. merito di J. E. Shaw
n cosa corporal ch'abbia figura {Molti, vo- (Guido Theory of Love, The
Cavalcanti's
lendo dir), e si attardava di nuovo in V.N. Canzone d'Amore and Other related Pro-
XXV a dire che di Amorcsolo per metafora blems, University of Toronto Press, Toronto,
si dice che visibile e gli si rivolge la parola. 1949) aver determinato che per scuritate
si deve intendere quella obumbratio the la
(27) Quindi, nella memoria stessa. I me- luce emanante dalla Prima Causa subisce
dici, pi sbrigativamente (ma contro il pa- nel suo processo di discesa creatrice di Intel-
rere dello stesso Cav., come vedremo), dice- ligenza in Intelligenza, come effetto della
vano che Amore ha sede nel cervello (cfr. coarctatio o privatio luminis cui sottopo-
Dino del Garbo: Amor ...medici posuerunt sta durante tale processo di discesa. Quella
quod habet esse in cerebro); nel cervello, obumbratio caratterizzazione, che permane
s'intende, in quanto sede della memoria, del- acquisita a ciascuna Intelligenza; e l'Intel-
la quale dice giudiziosamente il Fra/chet- ligenza della sfera di Marte ha come sua ca-
ta (Guido Cavalcanti, La canzone Don- ratteristica (che poi infonde nei corpi su cui
na mi prega con la sposizione di Girola- agisce) quell' animositatis ardor che anche
mo Fraschetta, Venetia, Giolitti, 1585) che Macrobio riconosce come proprio di Marte,
rimembranza o conservamento de' phan- e che la condizione dell'amore come im-
tasimi: dei quali phantasimi avremo peral- moderata cogitatio.
tro modo di fare lungo discorso.
Del resto, Dante stesso pensava {Par. I, da Marte vene, Cfr. Guittone
(30) O :

24) che la memoria avesse sede nel capo : tu, nome amor, guerra de fatto ove si
de :

ci manifestamente detto l dove il poeta allude al carattere travaglioso di amore. Ma


prega la Divina Bont di prestarglisi tanto qui da vedersi un pi preciso riferimento
che egli possa manifestare <j\el beato regno astrologico. Cfr. nota prec.
l'ombra (cio il ricordo, sia pur imperfetto)
che gliene rimasta segnata nel capo. (31) creato: non ha, cio, in s le ra-
Per S. Tommaso, poi, la vis memorativa, gioni della sua essenza.
insieme con la vis imaginativa e la phanta-
sia, faceva parte della vis cogitativa {S.c.G. (32) sensato nome cio, nome che ricade
:

II, LX), che, seguendo Aristotele, s'identi- sotto i sensi (in questo caso, l'udito), e per-

fica per lui con l'intelletto passivo {virtus


tanto permette l'apprendimento del concetto
cogitativa, quam Aristoteles passivum intel- che esprime. Sensato, insomma, significa pro-
lectum vocat, S.c.G., II, LXXIII), e di cui priamente sensibile e Dante, citando
:

dice anch'egli che, secondo i medici, avreb- in Convivio, III, IX, 6, il trattato di Ari-

be sede in media cellula capitis. (S.c.G. II, stotele De sensu et sensibilibus, ne traduce
LX). Si noti peraltro che il Cav. non dice il titolo con Del senso e del sensato. (Cal-
:

qui che Amore risiede nella memoria, ma caterra, cit.). Ma


sar da osservare che il
che ivi assume la sua condizione, in quanto titolo di quel trattato di Aristotele era stato

amore procede dal ritornare continuamente reso anche in latino da alcuni traduttori con
con la memoria sul ricordo della donna: De sensu et sensato per esempio, dal tradut-
:

amor est passio quaedam innata procedens tore antico di tutto Aristotele con le anno-
ex visione immoderata cogitatione for-
et
tazioni di Averro, nell'opera Aristotelis
:

mae alterius (Andrea Cappellano,


sexus Stagiritae Opera omnia, cum Averrois
citato pag. 4) e la memoria, come abbia-
:
Cordubensis variis in eadem commentariis,
mo detto, fa appunto parte della virtus co- Venetiis, ap. Juntas, MDL.
gitativa. La sede dell'amore, per, nel E
sensato anche, qui, l'equivalente del
cuore (cfr. v. 30); infatti, essendo l'amore dantesco sensuale (Oportuit ... genus hu-
propriamente un motus in appetibile, ha, manum ad comunicandum inter se concep-
come ogni altro effetto della vis motiva, ori- tiones suas aliquod rationale signum et sen-
gine dal cuore. suale habere, quia, cum de ratione accipere
habeat et in rationem portare, rationale esse
(28) diaffan. Cfr. nota 10. Inoltre: lux... oportuit; cumque de una ratione in aliam
est actus diaphani (Arist., De An., II, 6, nichil deferri possit nisi per medium sensua-
3) e: color... non est visibilis absque luce, le, sensuale esse oportuit ... Hoc equidem ...
perquam diaphanum in potentia fiat dia- sensuale quid est, in quantum sonus est; ra-
phanum in actu (Averro, commento al tionale vero, in quantum aliquid significare
luogo citato di Arist.). Il diaffan dunque videtur ad placitum. Vulg. El. I, III, 2-3).
la condizione della visibilit, cos come l'in- E dare il nome ad una cosa significativa ri-
fluenza di Marte condizione dell'amore. conoscerne la esistenza effettiva e concet-

19
GUIDO FAVAT1

tuale, se vero che nomina sunt consequen- rabo Algazael/ a cui tutti gli scolastici si rial-
tia rerum. (V.N., XIII, 4). lacciano, dice che una virt conservativa
di quelle intenzioni che sono espresse dall'e-
(33) costome =
modo abituale di espli- stimativa, e perci il ricettacolo delle in-
carsi, manifestarsi, di agire
di gentile : tenzioni stesse), viene elaborata fino a dive-
nelle anime gentili, brutale nelle brutali ecc. nire un concreto phantasma (Intellectu pas-
Cfr. Aristotele, Eth. Nic, II, V, 2 abiti : sivo... simul cum virtute ymaginativa et
infine chiamo quelli secondo i quali ci com- memorativa praeparantur phantasmata, ut
portiamo bene o male rispetto agli affetti: recipiant actionem intellectus agentis, a quo
per es., se violentemente o debolmente ri- fiunt intelligibilia actu. S.c.C, II, LV) In-
spetto all'ira, ci comportiamo male; se mi- somma, il phantasma viene elaborato per
suratamente, bene. opera della virtus cogitativa nel suo com-
plesso (Virtus cogitativa habet ordinem ad
(34) de cor: perch nel cuore, appunto, intellectum possibilem ... per suum aduni,
risiede la potenza concupiscibile. Cfr. S. quo praeparantur phantasmata. S.c.C, II,
Tommaso: Prima immutatio appetitus ab LXXIII). Il phantasma della cosa veduta,
appetibili vocatur amor, qui nihil aliv.d est cos elaborato, prende loco nell'intelletto pos-
quam complacenta appetibilis: et ex hac sibile (che sta al phantasma come la materia
complacentia sequitur motus in appetbile, alla forma). E lo stesso dice Aristotele
qui est desiderium (Summa Theoi, I, II, (specialm. in De Anima, II, III, 3),nonch
26-3). Ora, la vis motiva, da cui appunto Averro commentandolo.
procede quel motus in appetibile citato, S.. Ma, perch si abbia la piena intellezione
Tommaso afferma altrove che est principali- della veduta, interviene un'illumina-
cosa
ter in corde per qitod anima in totum cor- zione da parte dell'intelletto agente, che
pus motum et alias hvivsmodi operationes rende il phantasma, elaborato in species in-
diffundit, (S.c.C, II, LXII). E Aristotele : telligibilis (Phantasmata illuminantur ab in-
appetitus et omnis virtus sensitiva habet esse tellectu agente et iterum per virtutem intel-
in corde {De animalium motione, X). lectus agentis ab eis species intelligibiles ab-
strahuntur, S. Theol. I, q. 75 a 1), una spe-
(35) forma. Qui si espone in generale la cies intellecta actu. (Intellectus agens est
teoria dell'amore, che ancora non investe il qui facit species, a sensibilibus acceptas, esse
problema amata sia piuttosto una
se la cosa intelligibiles. S.c.C, II, XCVI). E cos si
donna o conforme a quanto far an-
altro, conclude il processo conoscitivo a propo-
:

che Dante in Purg., XVIII, 15 sgg. La for- sito dei fattori che permettono il quale, bi-
ma (o species) visibilis di una cosa la sua sogna tener conto dal fatto che i tre intel-
figura, che ne permette l'apprendimento da letti, passivo, possibile, attivo, non sono che
parte del conoscente. Cfr. S. Tommaso, la ipostatizzazione dei tre momenti dell'uni-
S.c.G., II, LV-LXV, ove i due termini di co atto dell'effettivo intelligere.
forma e species sono spesso adoperati indif- Vedremo nel seguito di questo commento
ferentemente l'uno per l'altro. Della forma che il Cav. non accompagner la forma fino
il conoscente si forma una int enfio (cfr. v. 33 allo stadio di species intellecta actu, ma ne-
intenzione; v. 21 s'intende) o rappresen- gher anzi che di essa l'amatore raggiunga
tazione (Per hoc enim quod species intel- mai la piena conoscenza; ma tanto era ne-
ligibilis, quae est forma intellectus, et intel- cessario dire per chiarire qual il processo
legendi principium, est similitudo rei exte- della conoscenza secondo gli scolastici, onde
rioris, sequitur quod intellectus intentionem capir meglio il Cavalcanti, che alle loro
formet illius rei similem. S.c.C, I, LIV) la concezioni si rifa.
quale si dispone nell'intelletto passivo, dove, C' da aggiungere, per concludere, che la
attraverso l'immaginazione (la quale la species intellecta actu non difforme dalla
vis che se extendit ad omnia quae vires sen- cosa veduta, dalla res, di cui si percepita
suum cognoscunt, et plura, S.c.C, I, LXV, la forma, perch tutto il processo conosci-
in quanto la facolt di ritenere, riprodur- tivo avvenuto per similitudo, per simiglian-
re e combinare variamente le immagini o za (v. 28), secondo quanto detto in S.
intenzioni; e Averro pi precisamente, nel Theol. I, 5, 4: cognitio fit per assimilatio-
commento al De Anima di Aristotele, dice nem; similitudo autem respicit formam. S.
di essa che est aliqua ratio, et actus eius nihil Tommaso segue Aristotele, De An., Ili,
estahud quam ponere intentionem formae I, 1 erit dispositio eius (cio della potentia
:

imaginationiscum suo individuo apud re- intellectivd) secundum similitudinem, sicut


mcmorationem aut distinguere cam ab eo sensus ad sensibilia, sic intellectus apud in-
apud formationem) e la memoria (di cui l'a- telligibilia, cos come del resto fa Averro.

20
LA CAXZOXE D'AMORE DEL CAVALCANTI

(36) s'intende. E il verbo di cui sostan- movere [cio affinch abbiano la possanza di
tivo intendo, che equivale, come si detto, movere] intellectum possibilem. S.c.C, II,
a rappresentazione . (Il Trattato di ben LIX. Cfr. anche Averro : quemadmodum
che puoi leggere in Le rime di Gui-
servire, : lux facit colorem in potentia esse in actu,
do Cavalcanti a cura di Ercole Rivalta, ita quod possit movere diaphanum, ita in-
1902, e di cui faremo ancor cenno, ha il tellectus agens facit intentiones in potentia
verbo imaginare, son XIV). E l'atto del for- intellectas in actu. De An., Ili, I, 5).
marsi, della cosa, unaintentio, necessario Qui invece il Cav. afferma che la forma
(Intellectus... intelligit rem ut separatam a non possanza sull'intelletto possibile, e
conditionibus materialibus, sine quibus in quindi non potr mai venir conosciuta. Per-
rerum natura non existit; et hoc non posset ch? Evidentemente perch non interviene
esse nisi intellectus sibi intentionem prae- l'atto illuminante dell'intelletto agente. Ed
dictam formaret. S.c.C, I, LIV). anche Averro, nel commentare il cap. De
intellectu agente del libro III del trattato
(37) dimoranza: cio, permane in esso, De anima di Aristotele, dice Quemadmo- :

come pura e semplice intenzione della spe- dum visus (= la vista) non movetur a colo-
cies visibilis.E infatti, che della veduta for- ribus nisi quando fuerit in actu, quod non
ma non raggiunga mai, da parte di chi
si
complebitur nisi luce praesente, cum ipsa
se ne innamora, un grado di piena conosci-
sit extrahens eos a potentia in actum, ita
bilit, il Cav. afferma non pure ai w. 27-28
etiam intentiones imaginatae non movent
e al v. 65, ma anche in altre composizioni,
intellectum materialem (= intelletto possi-
e principalmente in Chi questa che ven;
bile) nisi quando fuerint intellecta in actu :

e lo vedremo meglio in seguito.


quod non perficitur eis nisi aliquo praesen-
te, quod sit intellectus in actu (in Calca-
(38) possibile intelletto. Esso la potenza
per cui l'uomo capace di conoscere e di
terra, cit. pp. 73 74).
capire. (Quum igitur puer sit intelligens po-
(41) qualitate: Sono qualit tutte le af-
tentia, etsi non actualiter
intelligat, oportet
fezioni naturali delle sostanze in movimen-
quod sit eo aliqua potentia qua sit po-
in
to (Aristotele, Metaf. V, XIV, 1). Ora,
tens intelligere. Haec autem potentia est in-
poich il Cav. asserisce qui che la forma
tellectus possibilis. S.c.C, II, LX. Inoltre:
non descende da qualitate, si deve intendere
Intellectus possibilis est quo cognoscit et in-
che propriamente non deriva dalle affe-
telligit anima. S.c.C, II, LXII. E Aver-
zioni naturali o qualit sensibili, fisiche,
ro defnitio intellectus materialis (che qui
dell'individuo amato, ma propriamente
:

vuol dire possibile ) est illud quod est in


una forma dell'immaginazione, una forma
potentia omnes intentiones formarum mate-
prodotta dalla virtus cogitativa, (sulla qua-
rialium universalium. De An. Ili, I, 1).
le, non si dimentichi, s' fermata la influen-
(39) subietto: Aristoteles dicit {De ani- za che proviene da Marte) rispetto alla quale
ma , III, text. comm. quod intellectus l'individuo reale non che uno stimolo oc-
18)
possibilis est in quo est omnia fieri, linde casionale, analogamente a quanto il Nostro
videtur quod sit subiectum... illornm quae asserisce in Quando di morte, w. 15-17:
sunt facta intellecta (S.c.C III, XLIII). Per Amor... dentro lo cor si posa, formando
subiectum s'intenda la materia che aspetta di disio nova persona. Del resto, e sia pure

di acquistar forma (Arist., De An. I, I, 3). in termini non filosofici, ma lirici, il Cav.

Dunque, l'intelletto possibile fa da materia cos prospetta in Veggio negli occhi (w.

alleforme intenzionali che su di esso s'im- 5-12) le varie fasi attraverso le quali quel-
primono. la forma dell'immaginazione si produce :

cosa m'aven, quand'i' le (cio alla donna)


(40) non possanza = non ha poten- son presente,
ch'i' no lo posso allo 'n-
za , scil. di muoverlo. Di muoverlo, s'in- telletto dire
veder mi par de la sua

:

tende, ad un atto di piena conoscenza. Di labbia ( aspetto fisico) una s


uscire
qui la nostra parafrasi. in generale pro- belladonna ( mente
intentio), che la
prio dell'intelletto possibile essere mosso dal comprender no la pu, che 'nmantenente
phaniasma che lo trae esso all'attualit della ne nascie un'altra di bellezza nova (cio
conoscenza (Phantasmata movent intellec- la nova persona nominata or ora) de la
tum possibilem sensum. S.c.C,
sicut sensibilia qual par ch'una stella si mova e dica :

II, XL); e ci avviene, come s' detto, per La salute tua apparita . Ma, se vero
opera di una illuminazione da parte dell'in- che essa non deriva dalle qualit sensibili
telletto agente (phantasmata per lumen in- dell'individuo che ci sta dinanzi, anche
tellectus agentis fiunt intelligibili a ut possint da concludere che di essa l'intelletto non

21
GUIDO FAVATI

pu formarsi un phantasma adeguato: che bili : le cose sublimi o che tali appaiono :

Tatto dell' intelligere non si esercita che sui come la Filosofia, come la Donna (e chi
dati dell'esperienza: anima rationalis indi- pensi alla riduzione dantesca Beatrice =
get considerare intentiones quae sunt in vir- Filosofia capir come il Cav. ponga qui
tute imaginativa, sicut sensus indiget inspi- in posizione tanto alta la forma della don-
cere sensibilia. Sed tamen videtur quod for- na). Peraltro, a far assegnare a quelle cose
mae rerum extrinsecarum movent hanc vir- una natura sublime e inattingibile contri-
tutem (Averro, De An., Ili, I, 3). Ora, di buisce anche lo scarso grado di conoscibilit
questa forma che si presenta con carattere che se ne pu avere il quale, per quel che
:

di unicit irrepetibile e che risplende dal- riguarda la donna, anche pi scarso a


l'interno della propria assolutezza formale causa dell'effetto perturbatore del pianeta
(v. 42), si pu ben asserire che ha tutte le Marte, che d all'amore carattere sensuale;
caratteristiche delle sostanze separate; ma e si legga in Dante, Conv. Ili, XIII, 4:
di appunto l'intelletto non riesce mai
esse quelli che secondo lo senso vvono... di lei
a formare un fantasma intellectus possibi-
: (cio della Filosofia) avere non possono al-
lis non potest intelligere substantias omnimo cuna apprensione.
a materia separatas, quia earum non sunt Qui il poeta, insomma, vuol dire che, nel
aliqua phantasmata; hic autem intellectus momento in cui ci se ne innamora, non si pu
nequaquam sine phantasmate intelligit. attingere la donna nella sua intima natura
S.c.G., II, LX. n nel suo intimo valore (reale o fittizio che
Se ne pu legittimamente ricavare che esso sia, esistente o inesistente), perch nella
la veduta forma non ha mai possanza sul- foga del desiderio si guarda ad essa come
l'intelletto possibile non solo perch, come ad un insondabile mistero, che non si pene-
abbiamo visto, non interviene l'atto illumi- trer se non alla prova dei fatti. (Cfr. n. 52).
nante dell'intelletto agente, ma addirittura
(ed questo che ne rende impossibile l'in- (43) 7io7i diletto delectatio est quae-
:

tervento) perch di quella forma l'intelletto dam operationis perfectio; ... nostrum intel-
non riesce a formarsi un phantasma adegua- ligere propter suam perfectionem est de-
to. (Va da s che ci che il Cav. qui afferma lectabile. (S.c.G., I, XC). E Averro In- :

pare debba piuttosto riferirsi alla virtude, telligere est valde voluptuosum (In Luigi :

cio al valore intrinseco, che non all'appa- Valli, II linguaggio segreto d Dante e dei
renza fisica della forma: a quella virtude di fedeli d'Amore , Biblioteca di Filosofia e
cui Dante dice che, in quella bellissima di scienza, Roma, 1923, p. 84). Se dunque qui
cui l'intelletto s'innamora, cio nella Filo- non c' diletto, vuol dire che non si rag-
sofia, Dio ne infonde di cos alta, che giunta la perfectio dell''intelligere il che il :

oltra la capacitade de la nostra natura. Cav. dice non pur qui, ma anche, come
Conv. Ili, XIII). abbiam visto, in Chi questa che ven, w.
Una cosa analoga dal Nostro affermata, 12-14 e anche in Io non pensava, vv. 17-18
bench in termini non filosofici, ma lirici, (mente di quaggi no la sostene s che la
in Chi questa che ven anche l si afferma
:
veggia lo 'ntelletto nostro) e in Posso de li
che la donna si vede (ogni om la mira), ben- occhi miei, vv. 16-17 (e non si p di lei giu-
ch, per il carattere sovrumano dell'appari- dicar fore
altro che dir: Questo novo
zione, l'intelletto non sia poi capace di com- splendore ). E infatti, perfectio intellectus
prenderla (Non fu s alta gi la mente no- possibilis dependet a phantasmatibus, quae
stra e non si pose in noi tanta salute movent ntellectum possbilem (S.c.G., II,
che in pria ne poss'aver om conoscenza). LX); ma della veduta forma, abbiamo visto,
Nota che il Nardi, a questo punto, assegna non si forma un phantasma adeguato: essa
come soggetto ad non gi forma, ma po- non possanza sull'intelletto possibile, il

sanza (che cos egli legge); e interpreta con- quale non pu cos raggiungere la sua per-
seguentemente per v' ma interpreta-
: fectio; ed perci logico che la veduta for-
zione fondata su una lezione errata. ma non comporti diletto non viene mai, :

infatti, intellecta actu.


(42) perpetuai effetto. Commenterei con
le parole di S.Tommaso: immobilis et sem- (44) consideranza. Essa propriamente
per eodem modo se habens (S.c.G. II, l'atto supremo conoscenza ([homo]
della
LXXIV): che un altro degli attributi del- primum adsciscit et ... postmodum vult con-
le sostanze separate. siderare in actu quae prius didicit. S.c.G.,
Le sostanze separate
non erano conosci- II, LXXIV), ed propriamente posta dai
biliad intelletto umano ma molte cose si filosofi come successiva alla scientia, la qua-
ponevano come allo stesso modo inconosci- le conclusionem demonstrativam cognoscit

22

i
LA CASZOXE D'AMORE DEL CAVALCANTI

et comprehendit, quia perfecte ipsom co- za di una res che (come qui la donna) ap-
gnoscit. (S.c.C, Ili,LV). Ci sarebbe quindi pare inattingibile, non lo afferma solo il

da concludere, contro tutto quello che ab- Cav. ma, ancora una volta, Dante: Suo es-
biamo finora asserito, che il Cav. pone la sere (i. e. della Filosofia) piace tanto a chi
forma come effettivamente conosciuta. Ci liele d (cio Dio) ... che in lei la sua vir-
sovviene per l'aiuto, oltrech dello stesso tude infonde sempre, oltre la capacitade
S. Tommaso, che altrove adopera il termine de la nostra natura, la quale la fa bella
di consideratici in un senso meno rigoroso, e Onde, avvegna che a
virtuosa. l'abito di
anche di Dante (Conv. Ili, XII, 13), dove quella per alquanti si vegna, non vi si viene
egli, parlando della Filosofia (cio, come ab- s per alcuno, che propriamente abito dire si
biamo visto, della bellissima di cui l'intel- possa; per che 7 primo studio per lo quale
letto s'innamora) dice che solo Dio pu l'abito si genera, non puote quella perfetta-
comprenderla nella sua interezza e perfe- mente acquistare. (Conv. II, XIII). In altro
zione, mentre ne le altre intelligenze per luogo, poi, parlando di cose pur certissime,
modo minore, quasi druda, de la quale nullo come Dio e la eternitate e la prima mate-
amadore prende compiuta Cav. di-
gioia (il ria, che certissimamente si veggono, dice pe-
ce diletto), ma nel suo aspetto (il Cav. ha raltro che quello che sono, intender noi non
consideranza) contenta la sua vaghezza. Per potemo, [e nullo], se non co[me] sognando,
consideranza dovremo perci intendere l'e- si pu appressare alla sua conoscenza, e
quivalente del dantesco aspetto, o, come non altrimenti (ibi, III, XV, 4).
abbiamo parafrasato, contemplazione. Del
resto, gi Temistio, filosofo noto del IV A compimento del commento della pre-
sec. d. C, che Averro cita nel commento sente strofa, giova qui soffermarsi sulle po-
al III, III, 4 del De Anima, ci avverte che sizioni raggiunte. Prima di tutto, vien qui
il considerare opera propria dell'intelletto a cadere un luogo topico dei commentatori,
passivo - possibile, non dell'intelletto agen- dal Pasqualigo in poi, i quali, appuntandosi
te, la cui opera consiste nel dar forma, sul contrasto fra diletto e consideranza, e in-
universale, a ci che si comprende formare :
terpretando l'uno come piacere sensibile e
per intellectum et consyderare sunt diversa, l'altro come mistica contemplazione, ne in-
ita quod intus corrumperetur aliquod aliud, ducono che il Cav. parli qui dell'amor puro

ipsum autem in se nullam habet occasio- contrapposto all'amor materiale. In realt,


nem. Distinctio autem et amor non sunt nonch di amore, qui si parla soltanto del
causae illius, sed istius. Per comprender me- processo conoscitivo per cui la forma della
glio il quale passo conviene citare Arist. :
donna giunge a depositarsi sull'intelletto
intellectus passibilis est corruptibilis, et sine possibile, e si afferma solo che essa rimane
hoc nihil intelligit. di fronte ad esso un incomprensibile mi-
stero.
(45) simglianza. Essa la similitudo del- A proposito del v. 28, poi, da definire
la cosa quale si fa presente alla mente dopo assolutamente priva di senso la interpreta-
il processo della conoscenza (res intellecta zione di alcuni, che pensano che la donna,
visionis modo cognoscitur, cuius similitudo divenuta tutta astratta e ideale durante il
in intellectu existit, sicut et similitudo rei processo della conoscenza, non largisca pi
corporaliter visae est in sensu videntis. S.c.C, alcuna simiglianza fra ci che ora e ci
III, XLI). Ora, qui si nega che la forma che era in re. Con ci, infatti, si verrebbe a
offra di s la sua esatta similitudine pro- dire che la forma intellecta sarebbe diffor-
prio perch, come abbiamo veduto alle note me dalla res il che abbiamo visto quanto
:

41, 42, 43, l'intelletto dell'amante non rie- sia contrario alla filosofia cui
si ispira il Ca-
sce mai a raggiungere della forma una com- valcanti. Non ma, come abbiamo ve-
solo;
piuta conoscenza. E ci pare opportuno ci- duto, l'impossibilit di una simiglianza
tare, a conferma di ci, un altro passo di causa di non-conoscenza, e non gi effetto
S. Tommaso: L'anima stessa forma in s di conoscenza.
la similitudine delle cose in quanto che il Ebens vero che quei commentatori ap-
lume agente rende intelligi-
dell'intelletto puntano qui la loro attenzione sul processo
bili in atto le forme astratte dai sensibili di astrazione cui la veduta forma sottoposta
affinch possano essere ricevute dall'intel- durante il processo della conoscenza per in-
letto possibile (De mente, a. 6, in S. Tom- : durne poi che la donna divenuta angelica,
maso d'AQUiNO, // problema della cono- s' tutta idealizzata; ma anche ci proviene
scenza, traduz. e comm. di Giuseppe Ma- da scarsa dimestichezza con la filosofia: che
rino, Torino, Paravia, 1951). il processo di astrazione dalle qualit sen-
Che non si possa raggiungere la conoscen- bili avviene sempre, qualunque sia la cosa

23
GUIDO FAVATI

che si conosca (Arist., De An., Ili, VI, 2 : propriamente perfezione la virtus intel-
lapis enim non est in anima, sed species lectiva, come
ricava dal seguente passo
si

lapidis; e S. Thom
res exterior intellecta
: di S. Tommaso: Si ... anima intellectiva,
a nobis in nostro non existit se-
intellectu sensitiva et nutritiva sunt diversae virtutes
cundum propriam naturam, sed oportet quod aut formae in nobis, ea quae secundum has
species sit in intellectu nostro...; intellectus formas nobis conveniunt, de invicem prae-
intelligit rem
separatam a conditionibus
ut dicantur per accidens. Sed secundum ani-
materialibus. S.c.G., I, LUI) n si deve : mam intellectivam dicimur homines, secun-
perci credere che si angelicizzi. dum sensitivam ammalia, secundum nutri-
Inoltre, quei commentatori, e gli altri, tivam viventia. Erit igitur haec praedicatio
sbagliano quando parlano di conoscenza del- per accidens: homo est animai, vel animai
la forma perfettamente raggiunta dall'intel- est vivum. Est autem per se (cio irrelata)
letto : di essa, come abbiamo visto, la cono- talis praedicatio. Il Nardi {L'averroismo
scenza non si raggiunge mai. ecc.), traducendo perfezione che sente con
perfezione del corpo , commenta giusta-
(46) Non conclude, cio, un modo di es- mente L'amore dunque, per il Cav.,
:

sere consustanziale all'uomo infatti un :


una passione che non viene dalla potenza
accidente (v. 2). Bene il Calcaterra ver-
razionale dell'anima, cio dall'intelletto, ma
:

tute significa qui vis formativa. Che amore


da quella che sente, cio dall'anima sensi-
fosse virtus quaedam aveva invece, fra gli
tiva, la quale perfezione del corpo e tale :

altri, asserito Dionigi (cfr. Casella, cit.,


ritenuta dagli averroisti (diremo meglio :

pag. 139, nota). dagli scolastici in generale, perch anche S.

(47) perfezione... che sente. La parola


Tommaso, come abbiamo visto, pone Vani-
perfezione traduce il termine irreXs/jia, ma sensitiva, come una delle virtutes del-

che effettivamente nella traduzione del De l'uomo, ed esattamente come la virtus della
Anima dall'arabo, come nel commento di sua corporeit). Ma prosegue Se l'anima
:

Averro, reso costantemente con la parola sensitiva perfezione dell'uomo, vuol dire
perfectio, mentre nelle due versioni dal gre- che perfezione non l'intelletto, che resta
co tradotto con actus. E perfectio, actus e una sostanza separata, e ... che, unendosi al-
forma sono, nel linguaggio filosofico del M. l'anima vegetativo-sensitiva, come insegnava
E., termini perfettamente equivalenti . Sigieri, forma con questa un'anima compo-
(Nardi, L'averroismo ecc.). E anche S. Tom- sta . E qui ci pare che il Nardi voglia ve-
maso adopera quei termini in senso affine dere nel Cav. pi di quello che c', sosti-
{forma autem omnis tam propria quam com- tuendo alla locuzione perfezione del cor-
munis, secundum quod est perfectio quae- po l'altra di perfezione dell'uomo , che
dam... S.c.G. , I, LIV, e passim.; e meglio ben diversa dalla prima; e del resto, se
ci si osserva nelle due traduzioni dj^Ari- vero che Averro asserisce che intellectus
stotele citat, De Anima, II, II, 13, nel- materialis est prima perfectio hominis, ag-
l'una delle quali detto forma est endele- giunge per, proseguendo, che intellectus
cheia e nell'altra forma est actus): e si noti speculativus est postrema (scil. perfectio) :

che perfectio anche equivalente a virtus. col che Averro stesso riconosce che la vera
Perfezione, dunque, indicher la traduzione perfezione dell'uomo quella razionale. {De
sul piano dell'atto di tutto ci che era con- An. Ili, I, 5). Pi esplicito era stato Aristo-
tenuto nella potenza e che in tal modo si tele anima [materialis] est perfectio prima
:

attua come forma: e perfezione che sente corporis naturalis organici (ibi). In realt,
sar la risoluzione in atto, la forma, di tutto non della perfezione dell'uomo si tratta qui,
ci che vi nell'uomo di sensoriale, cio la ma della perfezione, appunto, del corpo in
forma o virtus o anima sensitiva. E in essa quanto sede della facolt appetitiva ( per-
appunto ha sede l'amore in quanto un fezione della facolt appetitiva potremmo
motus in appetibile. Ma cfr. nota seg. dirla, meglio, col Casella); in quanto, cio,
principio del movimento dell'appetito sen-
(48) perfezione razionale. Le virtutes o sitivo, come anche S. Tommaso la riteneva
formae dell'uomo sono tre: in quanto esso (Cfr. Casella, cit. p. 139, nota).
un vivente, dotato di virtus nutritiva; in E bens vero, peraltro, che il Cav. insi-
quanto animale, di virtus sensitiva; in ste energicamente sul fatto che amore pro-
quanto uomo, di virtus intellectiva. Ora, cede dalla virt sensitiva e non da quella
ognuna di queste virtutes (o, come si vedr, razionale; ma adoperare questa constatazio-
animae), una vera e propria perfezione ne per affermare come fa il Nardi che que-
solo se considerata per se, irrelatamente al- sta psicologia perfettamente averroistica
le altre; ma del completo esser dell'uomo arbitrario : non diceva anche S. Tommaso

24
LA CANZONE D'AMORE DEI. CAVALCANTI

che amor est quaedam complacentia appe- che piace) verace tragge intenzione , e
tibilis? Equella complacentia appeti-
se dentro voi la spiega
s che l'anima ad

bilis, non pu aver sede che nell'anima sen- essa volger face. Insomma: ncll'emettere i

sitiva, cio, proprio, nel]a perfezione che suoi giudizi sullaforma Amore non agisc-
sente. Che c' di averroistico in tutto que- con calma meditazione, ma si ferma sull'im-
sto? Piuttosto, giovava soffermarsi pi a lun- mediata apparenza della forma stessa se <

go sul valore della distinzione che il Cav. in- la propone come fine da raggiungere impul-
troduce, e su cui insiste, fra perfezione che sivamente, prima cio di averla vagliata :

sente e perfezione razionale. Egli non nega come oggetto immediato di desiderio.
che la perfezione razionale sia la vera per-
fezione dell'uomo: nega solo che da essa (52) vizio difetto di perfectio ; e se

proceda l'amore. Anzi, introdotta la distin- vero che amare ante habere est imperfec-
zione, fa di pi poich per perfezione tutti
:
tum, post habere perfeclum (S.c.G., II,
avrebbero inteso quella razionale, vuol chia- XXV), se ne deduce che la sovrabbondanza
di quell'Amare in quanto desiderio intensis-
rire che non si tratta della perfezione in sen-
so assoluto, ma di quella relativa alla cor-
simo che tende, ma non ancora lo raggiunge,
all'oggetto del suo affetto, determina, in
poreit, che, presa per se, cio irrelatamen-
te, se pone (cio si conviene , si ricono-
quanto imperfectum, uno stato di squilibrio
nelle virt umane: pone in difetto (cfr. fa
sce ) essere virt col che, mi pare, limita
:

la sua vert 'n vizio cadere, in: Quando


quanto mai il valore di perfezione che pure
di morte, v. 18) le capacit affettive e razio-
assegna alla virt che sente .
nali dell'uomo, s che egli pur di raggiun-
= gere la perfectio del suo amare non pi
(49) che se pone che si conviene ,
che si asserisce , che si riconosce : an- nemmeno capace di giudicare se ci che
che se ci non corrisponde ad un'assoluta forma l'oggetto del suo desiderio sia degno
verit. Cfr. Dante, Inf., IV, 136: Demo- o no del suo amore. Si legga Dante, Conv.,
Ili, X: quando la cosa desiderata pi ap-
crito, che 'l modo a caso pone. E, meglio
non
:

Lo cielo i vostri movimenti inizia;


propinqua al desiderante, tanto lo desiderio
dico tutti, ma posto ch'i' 'l dica, lume maggiore, e l'anima, pi passionata, pi
si unisce a la parte concupiscibile e pi ab-
l' dato a bene e a malizia (Purg., XVI,
73-75). bandona la ragione. S che allora non giu-
dica come uomo la persona, ma quasi come
(50) salute stato di grazia ,di sere- altro animale, pur secondo l'apparenza, non
nit spirituale; equilibrio razionale , che discernendo la veritade. Con ci si viene
solo l'autodominio razionale pu instaurare, anche implicitamente ad ammettere che, al-
e donde proviene calma che consente la
la la prova dei fatti, la veduta forma, che ci si
perfezione della conoscenza. Si legga in Dan- era presentata come perfetta, possa poi sve-
te, Conv., Ili, III Dico dunque che la gen-
: lare di non corrispondere alle caratteristiche
te clic s'innamora in questa vita, la (cio la
... effettive dell'individuo (la donna) in cui s'
Filosofia) sente nel suo pensiero, non sem- creduto di coglierla, e cio che la donna
pre, ma quando Amore sua pac. fa della sia tutt'altro che perfetta. N questa affer-
sentire. L'amante, insomma, potrebbe affer- mazione in contrasto con quanto altri af-
rare razionalmente la conoscenza della don- fermarono.jfer cs. Dante
(Conv., Ili, XIII,
na se avesse in s quella pace, quella sere- 4) dice che, nel primo imbatterci nella Filo-
nit che invece non ha. Cfr., del Cav., non sofia, e anche dopo, essa ci appare, per l'im-
se pose en noi tanta salute che 'n pria possibilit di penetrarla appieno, cos per-
ne poss'aver om conoscenza. fetta, che, perfetta o imperfetta, nome di
perfezione nor. perde col che viene anche
:

(51) intenzione. La
intentio non solo la egli ad ammettere, sia pure per ipotesi fitti-
rappresentazione intuitiva della cosa nella zia, che quella perfezione apparente potreb-
sua apparenza immediata, ma anche la be poi insultare inesistente. N solo qui, ma
rappresentazione del fine da raggiungere, anche in Purg., XVIII e segnatamente ai
del progetto da attuare; non avviene soltan- vv. 34-39, cui si deve far seguire la chiosa
to su un piano teoretico, ma anche in vista dei vv. 65-66, afferma che la nostra appren-
eliun'azione pratica. (In illud enim tendit in- siva pu vigliare e buoni e rei amori. E
o quod appreher.ditur ut finis. S.c.C, nel Trattato di ben servire , cit. si legge :

III, IV). I due aspetti della intentio sono ma vano penser...


lo le n' eppresenta tuttor
ben indicati da Dante, Purg., XVIII, 22-24: amorose
e la pi vii ne mostra che sia
Vostra apprensiva da essa (cio dalla cosa vaga (son. XXVIII).

25
ClDO FAVATl

(53) Di sua potenza segue spesso morte. naturale. Cfr. Tommaseo - Bellini
(58)
una delle iperboli care agli stilnovisti, ma e Vocabolario degli Accademici della Cru-
non a loro soli; si legga per es. amor
: est ... sca, sotto naturale .
dubium vite, come asserisce Cecco d'Asco-
dell'amore che sorge in chi nato quando quanto che. Cfr. Di te me dole, di
(59)
li
Marte in casa di Venere (cit. da Nardi. me guata quanto
che me ne fiede mia
L'averroismo ecc. da G. Boffito, // com- :
donna 'n traverso, in Certo non de lo 'n-
mento di Cecco d'Ascoli all' Ale abizio, Fi- telletto accolto, di Guido.
renze, Olscki, 1905, pp. 34-35); e vedi poi
(60) per sorte. A lettera: dal caso, il
Dino Del Garbo: veggiamo i corpi di co-
amore cos fervente, e non quale costituito dall'aver veduto la donna
loro, ne' quali
e dal conseguente innamoramento. E la ca-
conseguitano, e non adempiono il loro desi-
sualit di tale inizio dell'amore bene c-
derio, e inaridirsi, e finalmente
disseccarsi
consumarsi e morirsi. Ci sar da aggiungere, spressa da Guido delle Colonne in: Amor,
che lungiamente, w. 59-60 Gli ochi al core

:
peraltro, che qui il Cav. intende la morte
dell'anima. Infatti amore si oppone all'eser-
sono gli messagi de' lor cominciamenti
cizio della virt, che la regolatrice della
per ventura..
vita sia corporea sia spirituale dell'uomo.
Nota comunque la contrapposizione esi-
stente fra vert e sorte sorte ci che
Ma cfr. n. 56.
: la
per antonomasia non si pu regolare razio-
(54) forte assegniamo alla parola la pie-
:
nalmente; la virt invece il dominio ra-
nezza del suo significato. zionale di s. Ora, poich l'amore ostacola
della virt, pone l'uomo in balia
l'esercizio
Mentre nella strofa prece-
(55) impedita. della cio di una forza irrazionale
sorte,
dente V impedimentum costituito dall'amor quale appunto l'amore. Per quanto poi ri-
lussurioso era riguardato nei suoi effetti su guarda il disvalore che l'etica medievale as-
quella parte dove sta memora, ora riguar- segnava alla sorte, si leggano i seguenti versi
dato negli effetti che produce sulla vertt. di Rustico di Filippo, dove ventura indica
ci che per eccellenza privo di valore Fa-
Virtus in hoc consistit, quod

:
vert
(56) :

stel messer, fastidio della cazza, disbassa


tam interiorum quam corporalium rerum
i Ghebellini a dismisura, e tutto il giorno
usus ratione reguletur. (S.c.C, III, CXXI).
Essa , cio, il controllo razionale su di s,
arringa sulla piazza,
e dice che gli tiene
una ventura.
l'autodominio, la directio voluntatis {De
Vulg. El., II, 2, in fine) la vis intellectualis
(61) buon perfetto = bonum perfectum,
di cui parla Dante, Mon., I, si conside- V :
quod felicitas dicitur (Aristotele, Eth. Nic,
remus unum hominem, hoc in eo contingere secondo l'esposizione di S. Tommaso, I, 19,
videbimus quia cum omnes vires eius or-
nn. 112-114, edit. Pirrotta, in: Casella,
dinentur ad felicitatem, vis ipsa intellec-
cit.); e la felicit, come ormai si sa, il fine
tualis est regulatrix omnium aliarum ali- :
ultimo dell'uomo consegue con l'auto-
; e si
ter ad felicitatem pervenire non potest. Il
dominio razionale. L'amore, dunque, pu
termine usato in senso assoluto.
allontanare l'uomo dal suo fine ultimo, che
la felicit.
(57) la contraria via: la via contraria
alla morte, cio la vita . Anche il Sacchet-
(62) aggia vita. L'uso del congiuntivo, ab-
ti consiglier il rifugio nella virt come biamo osservato, in Guido oculatissimo, e
antidoto alla morte Perch virt fa l'uom eventualit. Il Casella
indica
:
incertezza,
costante e forte, a virt corra chi vuol per vita, bene intende la vita spirituale, il
fuggir morte. valore.
La totalit dei commentatori unisce vert
a la quale aita la contraria via come a sua (63) cli stabilita non segnoria: infatti
proposizione attributiva, e interpretano la non esercita pi la virtus, che, come ormai
intera frase chi con spirito naturale , chi si vuole che l'uso di tutte le facolt, sia
sa,
con virt vitale , chi altrimenti. In real- corporali, sia spirituali, dell'uomo, ratione
t non si tratta di proposizione attributiva, reguletur. E Dante (Conv., VI, VII, 11-
ma appositiva n deve, a tale riguardo,
:
14): Vivere nell'uomo ragione usare... e
sfuggire la forza di quel relativo la quale, cos da quello uso partire partire da essere
cos risolutamente dichiarativo. Del resto, uomo e cos essere morto... morto uomo e
sii esempi da noi addotti ci autorizzano be- bestia E
ricorda anche la dantesca
rimaso.
ne a scindere vert dal resto, e a conside- condanna di coloro che la ragion sommet-
rarla a s, con valore assoluto. tono al talento (Inf., V, cit.).

26
LA CALZONE D'AMORE DEL CAVALCANTI

(64) a siml. Ha valore eclamativo. (75) nova. Il significato di novo nella


lingua delle origini quanto mai ricco di sfu-
(65) valer
aver valore con tutta la :
mature. noto che oscilla fra nuovo e
gamma di sfumature che un tale termine strano . Fra l'uno e l'altro di questi sensi
comporta. si trova quello di spontaneo , sorgivo ,

imprevedibile , imprevisto , a indicare


(66) l'oblia. A lettera : lo dimentica ;
ci che par sorgere senza una ragione evi-
cio sa non farsene una preoccupazione co-
dente (Cfr. Andrea Cappellano, cit., p. 6:
stante; sa non ritenerlo (Cfr. Dante, Purg.,
lo dia ex nulla oritur actione subtilitrt
XVIII, 70-72). Il poeta, insomma, mi pare
ventate inspecta). Ed anche ha quello di
voglia dire: se vero che amore conduce
irrepetibile , non prima sperimentato ,
a morte, valente chi a tempo e luogo sa
unico . Cos Dante (Conv., II, VI, 2)
-

rifuggirne, perch non si espone cos al ri-


commentando suoi versi udite il ragionar
i
schio di morire bench, poi, corregga
:

questa sua savia proposizione nel modo e


ch' nel mio core
ch'io noi so dire al-
trui, s mi par novo, dice: la novitade de
per le ragioni che vedremo.
la mia condizione... per non essere da li altri

(67) volere. L'essenza dell'amore il de-


uomini esperta... . Orbene qui nova deve
:

siderio della cosa amata: e desiderium est essere assegnato ad una di queste due zone
inclinatio voluntatis in aliquod bonum con- di significati. Anzi, lo Pseudo-Colonna qui
sequendum (S.c.C, III XXVI). bene intende: L'amore detto accidente,
imperoch novamente viene nell'Anima, e ...
Cfr. Guinizelli (A cor gen-
(68) torna. non ha via determinata, n certo modo nel
til, 33): Gentil per schiatta torno. Ca-
v. venire, che viene di subbito, e viene per
sella: torna
factus est. modo e per via inconsiderata , in // Can- :

zoniere Vaticano Barberino Latino 3953 (gi


(69) poi poich . Non necessario Barb. , XLV
47), pubblicato per cura di Gi-
addurre esempi. Altri, men bene, interpreta no Lega, Bologna, Romagnoli Dall'Acqua,
inoltre .
1905, p. 10.
non s'adorna di riposo mai. A let-
(70)
(76) qualit. Qualitas est occidens in alio
non si fregia mai di riposo . Di ci
tera:
(S.c.G.). Di questo accidente riguardato in
adduce la ragione psicologica Dino DEL s e per s il Cav. ha cercato finora di defi-
Garbo: Dice, l'amore sollecitudine malin- nire la essenza; ora che lo riguarda nell'a-
conica, simile alla maninconia, nella quale come una
matore (cio in alio), ne parla di
gi l'uomo induce incitazione di cogitazione
qualit.
sopra le bellezze d'alcune forme e figure,
che sono in lui. (77) in non formato loco. A lettera: in
un luogo privo di forma cio indetermi-
(71) move ... riso in pianto. Cfr. e l'alle- nato. Lo Shaw (che cita il Ficino: con
grezza mia ritorna in pianto (Ser Marino ci sia cosa che molti segni scuoprino gli in-
Ceccoli). namorati, ci il guardare simile al toro e
fiso... ) intende decisamente: he sighs and
(72) storna. Casella distoglie dal suo
:

fine. Intenderemo: distoglie dal suo og- stares into empty space . Il Nardi legge :

in un fermato loco: lezione composita, che


getto , cio dalla donna.
nessuno dei codici principali reca tale e qua-
(73) Poco soggiorna. Nota di pessimismo? le, ma ottenuta dalla fusione del fermato
O di realismo? Comunque, dura poco, per- di Cap e dell';;; un di BG e Par-.
ch poco durevole l'incanto della perfe-
zione della donna. (78) ira. Questa ira dell'amante rivolta
contro se stesso. Non saprei commentare
(74) in gente di valor in gente nobi- questo passo meglio che citando versi se-
i

le . S'intende, nobile di spirito. Questa con- guenti di Dante l'anima folle, che al suo

:

cezione aristocratica dell'amore non con- mal s'ingegna, com'ella (cio, l'immagine
traddice al v. 42 purch si fugga il danno della cosa amata) bella e ria
cos di-

:

che dall'amore deriva in quanto, se non sor- pinge, e forma la sua pena; poi la ri-
vegliato, produce la distruzione di ogni ener- guarda, e quando ella (cio, l'anima dell'a-
gia morale dell'uomo, l'amore pu (anzi matore) ben piena
del gran disio che
deve) essere coltivato. Di pi il ritrarsene : de li occhi si tira,
incontro a s s'adira,
per eccessiva paura dei suoi effetti ingenera ch' fatto il foco ond'ella trista incende,
vilt : che danno da evitarsi quanto l'al- (Amor, da che conven, w. 19-24). Dunque
tro. Cfr. pi avanti parag. X e n. 110. Vira che sorge nell'amatore dovuta al fatto

27
GUIDO FAVAI!

che egli non sa ormai pi liberarsi dall'in- non sa quanto frequenti fossero i nessi nei
cendio che pur egli stesso ha provocato in codici? Si tratta solo di vedere fino a che
s con la immoderata cogitazione . Il Ca- punto sia legittimo risolverli o mantenerli;
sella parla invece di irritata malinco- e qui Cap e BG ci autorizzano a risolvere
nia di un'anima la quale si sente esiliata questo.
nell'imperfetto, mentre anela alla pienezza
della sua spiritualit originaria. Aristote-
(84) De simil. Il Cav. vuol dire che la

le (De Ar... I, II, 1). la definisce filosofica-


donna si impietosisce alfine dell'amatore, e
gli manifesta la sua compiacenza (cio la
mente appetitus recontristationis; e sar la
sua condiscendenza affettuosa) per lo smar-
spiegazione pi appropriata.
e
rimento di cui il Cav. ha finora parlato {de
imaginar noi potche noi prova. om simil), che manifesta la sua sofferenza. Cfr.,
(79)
II verso si legge in BG imaginar noi p del Cav. Se la sofferenza lo servente aiuta,
hom che noi pruoua; in Mart: imaginar
:

pu di leggier conoscer nostro sire,


noi poi om che no prona; in Par
2
imaginar :
lo quale porta di merzede insegna. {Se vedi

noi pu hom che no! pruoua. da ritenersi Amore, w. 12-H) cio: Se la sua soffe-
errata (anche perch con la lez. dei codici renza giova all'amatore, se l'amatore sop-
di Y concorda quella dei codici di K) la le- porta pene... .
zione di X, che reca in ambedue i suoi pi
tragge complessione si origina,
(85)
autorevoli rappresentanti imaginar noi po-
t om che lo proua lezione ch' invece se-
:
:

nasce A lett. s'incarna . Cfr. Cecco


. :

Angiolieri lo ho un padre s complessio-


:

guita dal Casella.


nato.

(80) si tiri. Naturalmente, da parte della


(86) sguardo. La maggior parte dei com-
donna. Fer il significato del verbo, si legga mentatori unisce sguardo a simil, e intende :

poi: Chi colla moglie ansio e curioso


Amore trae complessione da sguardo simi-
di quelle cose che sono del mondo, ed di-
le ma non si vede il perch di cos arzi-
:

viso, per che egli tirato da molte angu-


gogolata sintassi. Il Casella, invece, co-
stie ed ingiurie. (Volgarizzamento trecente-
struisce Amore trae uno sguardo da com-
:

sco del De contemptu mundi di Lotario


plessione simile ma anche cos, ci pa-
;
Diacono, in Levasti, Mistici del 200 e 300,
re, si complica ci che nel testo piano.
Milano, Rizzoli, 1935).
Simil, insomma, andr inteso come un neu-

(81) si giri. Naturalmente, verso la donna tro.


Lo sguardo dell'amata.
amata. compiacenza della per-
(87) piacere. la

= sona amata, della donna, quella che riscatta


(82) gioco piacere,
Cfr. gioia .
l'amore, da desiderio dell'amante (cfr. n. 25),
Guittone Ma non
p l'omo aver gioia n

:

gioco
de locho altro che quello ch'ai
in corrispondenza amorosa. Cfr. Cino da Pi-
stoia Sta nel piacer de la mia donna amo-
:
cor piace e a bella. {Ai, bona donna, st. III).
re, e Dante: Amor... mi prese del costui

(83) n cert' mente gran saver n poco. piacer (Inf. V). N manca S. Tommaso:
E la stessa situazione di cui si accora Ru- Ipsum appetibile dat appetitili quidem pri-
stico di Filippo: Amor, merz, ch'io non mo quondam coaptaptionem ad ipsum, quac
so ch'io mi jr.ccia {Madonna, quando eo voi, est quaedam compiacenza appetibilis, ex qua
v. 14). sequitur motus ad appetibile {S. Theol., I, II,

Casella
Il legge
n certamente ecc. e
:
26 2 e 3 e passim).
intende N si rigiri per trovare a ci un
:

qualche ristoro, n certamente una saggezza (83) ginto = raggiunto, colpito . Cfr.

n poca n grande . Ancora una volta, pe- Ser Marino Ceccoli : perch tu m'i con
tua soletta gionto. {Signore, io so remaso,
r, mi pare che la spiegazione giusta di que-
v. 12).
sto verso ce la dia Dante Quale argomen-

:

to di ragion raffrena ove tanta tempesta


(89) dardo. Giustifica l'interpretazione del
in me si gira? {Amor, da che convien). Si
v. precedente.
noti che il Casella ritiene arbitrario spez-
zare il certamente di Mart e Ca in cert' (90) sperto. Il Petrocchi {Novo Diziona-
mente; ma tanto BG quanto Cap leggono rio della lingua italiana) elenca sperto
certa mente: il che autorizza la nostra le- sparito, sperso , e lo Zingarelli ha :

zione (che del resto abbiamo corroborato sperto, Nap. * EXPERDITUS =


vagan-
di interpretazione, ci pare adeguata) pur te . Meglio di tutti il Calcaterra, cit. :

se Par 2 concordi con Mart e Ca. Ma chi da spergere disperdere .

28
LA CANZONE D'AMORE DEL CAVALCANTI

(91) punto. Cio, colpito dal dardo co- (98) Acuto saggio di ragionamento per
stituito dallo sguardo che fa parere lo pia- assurdo. Che l'amorederiva dalla veduta
cere certo. forma il Cav. aveva detto al v. 21.
Il Cav. adopera altrove que-
(99) colore.
(92) merto. L'amore nobilita; e chi giun-
sta parola per indicare un certo grado di
ge a percepire uno sguardo di compiacenza
rappresentabilit. Cfr. Non la sua beltade
negli occhi della donna rimeritato e no-
bilitato (e con ci riscattato) del suo lungo
conosciuta
da gente vile, che lo suo co-
patire, e pertanto la sperata ricompensa si
lore - chiama intelletto di troppo valore.
(Posso de li occhi miei, vv. 8-10). E anche
fa certezza.
pi chiaramente Lagrime scendon de la

:

mente mia, s tosto come questa donna


Per lo viso. Cfr. Dante, cit. E io
(93)
dico ch'amor non ha... cosa corporal ch'ab- sente, che vati facendo per li occhi una
bia figura. Il Calcaterra, ma ci pare non ria per la qual passa spirito dolente,
opportunamente, fa soggetto di questo verso che entra per li miei s debilmente,
il piacimento. ch'oltra non puote color discovrire che
'l maginar vi si possa finire. (I' prego voi,

(94) bianco. Cfr. Dino del Garbo vult di- :


vv. 18-24): dove colore pare indicare l'og-
cere quod amor non est res que possit cogno- getto del maginar cio la rappresenta-
sci per visum, quemadmodum cognoscitur co- zione mentale della figura di donna:
lor albus vel alius color: nam circa tale o- che il senso che assegneremo anche al
biectum cadit potentia visiva, scilicet circa colore che qui introdotto. Del resto, si
colorem. Intenderemo: amore non ha nep- veda anche il Vocabolario degli Accademici
pure il pi elementare grado di rappresen- della Crusca, sotto colore , dove dar co-
tabilt . Infatti il color bianco era allora lore a una cosa annotato come l'equiva-
ritenuto come il colore elementarissimo (sirn- lente di darle apparenza di; n si di-
plicissimus color... albus est. Dante, De mentichi la frase sotto colore di , che
Vulg. El., I, 16, 7); e_die cosa si debba equivale a sotto l'apparenza, sotto l'infin-
in-
tendere davvero per colore si vedr pi gimento di . Cfr. Tentarono, sotto colore di
sotto. Per bianco cfr. anche Arist., Metaf., difendere la libert del popolo milanese, di
X, II, 4. farsi signori di quelli stati. (Guicciardini,
Casella unico tra i commentatori legge
Il Storia d'Italia, I, 1).
Viene. Egli anzi ricava un articolo 7 dalla Apparenza , dunque; o rappresenta-
lezione dei codici compriso bianco, per la bilit che significheranno, qui, la impossi-
:

considerazione che i codici stessi omettono bilit di una rappresentazione dell'amore


spesso la nasale o la liquida residuo di sil- perfino su un piano fantastico: e colori e
laba proclitica dinanzi ad altra consonante; figure erano appunto le rappresentazioni che
bench, secondo noi, ricavare 'l non sia stret- di Amore si facevano come di un presto ar-
tamente necessario, dato il valore generico der e simili. Si veda anche Cino da Pi-
dell'espressione. Per intende L'amore o:
stoia, che, in S incarnato Amor, v. 6,
essere-tendenza non si pu conoscere sub definisce Amore come una pintura. Del re-
specie non pu essere afferrato mediante
:
sto, sia pure per accidente, Aristotele stesso

la vista la quale si porta su tale oggetto (in


:
ammette il passaggio di genere da colore a
tale obietto cade) dopo aver intuito il pal- figura: Passare da un genere a un genere
lore del volto . diverso non possibile salvo che per acci-
dente, poniamo da colore a figura . (Metaf.
(95) aude comprende Cfr. Dan- X, VII, 1); e i pitagorici, a sentire Aristo-
te, Par., XV, 70-71 Io mi volsi a Beatrice,
: tele, facevano di colore e di superficie due
e quella udio- pria ch'io parlassi. E Conv. II, termini equivalenti (Pytagorici superfciem
6, 1 dico udite , cio con quello udire ...
: colorem vocant. in: De sensu et sensibili-
ch' intendere per intelletto. bus, I, 3). Tornando ora al v. 69, esso si-
gnifica riguardo all'amore (tale obietto)
:

(96) forma. la forma di cui al v. 21. non possibile instaurare alcun rappor-
to di conoscibilit (colore) perch perfino
(97) non si vede. A si vede si dovr asse-
(compriso) il grado pi elementare di cono-
gnare, piuttosto che senso fisico, senso spiri-
noscenza (bianco) impossibile sussista
tuale (si vede = si comprende ). Il verso
(cade) .
ha pertanto questo significato del resto, :

chi ben comprende, neppure la forma si at- (100) essere. Cfr. S. Tommaso, S. Theol.
tingeva nella sua conoscibilit . Cfr. V non I, 54, 1 esse est actualitas substantiae, vel
:

pensava, v. 18. essentiae ; ma amor non sustanza.

29
GUIDO FAVATl

che i moderni fisici che propriamente costrui-


la filosofia su cui
(101) mezzo. ci
chiamerebbero mezzo ambiente . Cfr. ta la canzone quella tomista: della quale
Dante, Purg. I, 15: s'accoglieva nel sereno conclusione parleremo tra poco.
aspetto del mezzo puro fino al primo gi-
(110) Questo concetto del fuggire il pro-
ro. di metafora, si dovr qui intendere
Fuor
prio danno cos radicato nella etica me-
l'anima sensitiva, in cui risiede amore, la
dievale, che perfino Guittone a chi vuol
quale priva della luce razionale.
diventar prode (in senso morale) prescrive
= (Calcaterra). Cfr. che de' fuggir agio e poso, e giorno e notte
(102) rade elide
Dante,

Inf. 118-19:
Vili, le ciglia avea
affanno
seguir, fuggendo danno : finch,
rase d'ogni baldanza. cio, non ne consegua danno.
Intendo per Iute, l'equivalen-
(103) luce. (Ili) Per ora vedine alcuni cenni in Cal-
te di quel lumen senza la presenza del qua- caterra, cit.
le l'oggetto non si fa visibile, n quindi
co-
noscibile. Infatti non si pu conoscere nisi (112) Cfr. Carlo Calcaterra, Univer-
sitas, in: Convivium , 1947, pp. 481-504.
lumine praesente, cit.

(113) Cito i versi di Lapo: In tal manera


(104) La contrapposizione non si ricava
direttamente dal testo cavalcantiano, ma da
fece dimostranza
meo cor leggiadro del-
la gio' che prese,
che 'n grande orgoglio
analoghe argomentazioni di suoi predeces-
sori, per es. Pier delle Vigne Per ch'a- sovente salio,
fora scoprendo vostra di-

:

e non si tratta
snoranza.
more non si pu vedere
corporalemente,
manti ne sono di s folle
E Giacomino Pugliese aveva
sapere
che credono ch'Amore sia niente.
(114)
chiamato la donna Isplendiente stella.
gi

(105) mercede. Il senso che assegniamo (115) Anche qui sar da notare la con-
a questa voce anche in Dante, Par., XXI, cordanza esistente col Trattato di ben ser-
52-53: Ed incominciai: La mia mercede

io
non mi fa degno della tua risposta :
vire, che peraltro sviluppa questo motivo in
senso pi rigorosamente cavalcantiano

:

ma, per colei che 'l chieder mi concede... .


Amor un solicito pensiero continuato
sovr'alcun piacere
che l'occhio ha rimi-
il provenzale razo, e in-
(106) ragione. rato volontiero
s che, imaginando quel

:

dica insieme l'argomento e il modo come vedere, nasc'indi amor, ched segnore
trattato. Corrisponde alla ragione del v. 3.
altero,
nel cor ch' detto ch' gentil va-
lore, (son. XIV).
(107) ch'anno intendimento. Sono i cono-
scenti del v. 5. Per il significato cfr. Per :
Abbiamo seguito la lezione del De
(116)
gli intendenti giudicato fu ch'egli errasse, Lollis, cit.
ecc. (Filippo Villani, Cronica, in: Palma-
rocchi, / cronisti del 200 e del 300, Bolo- (117) Il Calcaterra, cit., individua in-
gna, Rizzoli, 1936 p. 351). vece un centro lirico della canzone nel fatto
che essa sia diretta a una Donna. Le sue
(108) Si riaffaccia il motivo aristocratico pagine rimangono a tutt'oggi il pi serio
(aristocrazia non di nascita, ma di spirito; tentativo di cogliere una luce di poesia in
diremmo, d'intelligenza) altre volte notato. Donna me prega.
Per il significato di talento cfr. n. 19.
(118) Mi sia lecito, a conclusione di que-
(109) Bruno Nardi, Di un nuovo com- sto studio, ringraziare pubblicamente la fa-
mento alla Canzone del Cavalcanti sull'a- miglia dei conti Martelli, che mi ha con-
more, in Cultura neolatina , VI - VII, cesso di esaminare direttamente il codice
1946-47, pp. 123-135. Si pu per onesta- prezioso che abbiamo indicato con la sigla
mente dire che tracce di agostinismo nella convenzionale Mart, di sua propriet, e il
canzone ci sono; solo c' da domandarsi se prof. Luigi Ferrarino pel cui interessamento
non vi siano confluite attraverso gli scola- mi stato possibile procurarmi una ripro-
stici. E, del resto, altrove il Casella dichiara duzione fotografica del codice Par2 .

30
LA CANZONE D'AMORE DEL CAVALCANTI

BIBLIOGRAFIA

Utili indicazioni bibliografiche si possono trovare in Di Benedetto, Rimatori del


Dolce Stil Nuovo, Torino, Utet, 1925 (di cui esisteuna seconda edizione, migliore ma
priva di bibliografia, Bari, Laterza, 1939), e in: Flora, Storia della letteratura italiana,
Mondadori, Milano, 1941, voi. I, nonch in Carlo Cordi, Dolce stil nuovo, Bianchi-
Giovini, Milano, 1942.
Occorre per completarle con le seguenti :

Mario Casella, La Canzone d'Amore di Guido Cavalcanti, in Studi di Filologia


italiana, Bullettino dell'Accademia della Crusca, VII, 1942, pp. 95-160. (In questo arti-
colo, importante per molti rispetti, e specialmente per lo studio dei codici, si trova
anche la citazione delle edizioni e dei commenti italiani antichi del componimento caval-
cantiano).

Bruno Nardi, del primo amico di Dante, in Studi danteschi ,


L'averroismo
XXV, Le Monnier, 1940, pp. 43-79. (Dotto articolo, utile a consultarsi anche
Firenze,
per conoscere l'affacciarsi e lo svilupparsi della tesi dell'averroismo di Guido, ma le cui
conclusioni abbiamo confutate in parte nel presente studio).

Bruno Nardi, Filosofia dell'Amore nei rimatori del 200 in: Dante e la cultura me-
dievale, Laterza, Bari, 1941. (Anche qui, bench siano notevolissimi i contributi culturali
che il N. porta allo studio delle concezioni amorose dei nostri primi poeti, si insiste sul-
l'averroismo cavalcantiano).

J. E. Shavv, Canzone d'Amore. The second Stanza and its Relations


Cavalcanti's
to the others, in: American Association of Teachers of Italian ,
Italica, Bullettin of the
voi. XVI, 1939, pp. 81-94. (La tesi centrale dello Shaw presenta il Cavalcanti come un
neo-platonico scolastico sulla scorta di Alberto Magno^ determina il significato della scuri-
tate la qual da Marte vene. S. Alberto, ripudiando la tesi esposta nel Somnium Scipionis
secondo cui le anime discendono ciascuna da una particolare stella, la trasforma suppo-
nendo che ciascun'anima, formata dalla luce della Causa Prima, discenda nel corpo pas-
sando attraverso una delle stelle come sua particolare via di passaggio. Attraverso quel
passaggio la luce che informa l'anima is more and more deprived of semplicity and
power, and this process of privation, says St. Albert, is called darkening, obumbratio, by
the philosophers. {De intellectu, I, Tr. I, cap. V) . C' per da obiettare che il Cav. non
parla di specifici individui, nei quali soli si trovi quell' animositatis ardor che Marte in-
fonde, bens di un effetto che quel pianeta esercita su tutti, e che in tutti permane solo
finch in essi permane l'amore).

Guido Zaccagnini, Lirici dell'et di Dante, Barbera, Firenze, 1927.

Piero Bigongiari, Studi, Vallecchi, Firenze, 1942. (Di questo studio da tener di
conto l'esigenza fondamentale che lo informa riguardo al problema delle ricerche espres-
sive del Cav., bench il linguaggio adottato da B. sia quasi sempre assolutamente incom-
prensibile).

Ezra Pound, Guido Cavalcanti, Rime, edizione rappezzata fra le rovine, Marzano,
Genova, anno IX (Inutile agli effetti degli studi ma presenta un certo interesse per
;

buone riproduzioni fotografiche di codici cavalcantiani).

Carlo Salinari, Poetica e poesia di G. Cavalcanti, in Aretusa , gennaio-feb- :

braio 1946. (Il S. sostiene, per la Canzone d'amore, la stessa tesi del Nardi; ma affaccia
di suo qualche buona esigenza intorno all'interpretazione della generale poetica cavalcan-
tiana, bench svolga tale argomento per cenni e non esaurientemente).


31
GUIDO FAVATI

Bruno Nardi, Di un nuovo commento alla Canzone del Cavalcanti sull'amore, in:
Cultura neolatina, VI e VII, 1946-47, pp. 123-135. (Analizza lo studio del Casella,
cit., facendo alcune osservazioni giuste bench assai crude, e
ribadisce la propria interpre-
tazione. Non riconosce per i meriti della ricostruzione critica del testo). Tanto questo
articolo quanto l'altro (L'averroismo ecc.) sono ora stati inclusi nella nuova ediz. di Dante
e la cult. med. Bari, 1949.

Carlo Salinari, In margine al testo di Donna mi prega , in Cultura neolatina ,


anni VI e VII, 1946-47, pp. 136-140. (Si domanda, ricostruendolo per quanto possibile
dal commento e dalle citazioni, se sia da riconoscere autorit ed importanza al testo se-
guito per il suo commento da Dino del Garbo: cosa che a noi non sembra).

Carlo Calcaterra, Donna mi prega di Guido Cavalcanti, in Nuove indagini,


:

Bologna, Libreria Minerva, 1946, pp. 63-104. (Presenta innovazioni notevoli rispetto alle
interpretazioni sia del Nardi sia del Casella; ma non risolve sempre alcuni problemi di
capitale importanza, per non essersi il C. preoccupato di ricostruire criticamente il testo
della canzone cosicch ne rimane impedito nella sua indagine. Inoltre, non si sganciato
:

dalla interpretazione nardiana della seconda stanza, e riferisce anch'egli all'intelletto pos-
sibile ci che detto nei w. 24-28. Ma ha l'indiscutibile merito di essersi in gran parte
liberato da una interpretazione rigidamente averroista e di aver ricollegato il pensiero caval-
cantiano ad una pi ampia posizione neo-aristotelica o scolastica).

Mario Marti, Arte e poesia nelle rime di Guido Cavalcanti, in Convivium 1949,
pp. 178-195. (Accurato articolo nel quale il M. individua con finezza quale sia il tono
poetico del Cav. e distingue ci che nella sua produzione liricamente valido da ci che
scuola e tradizione).

Guido Favati, Sul testo di Donna me prega in Cultura Neolatina , anno VIII,
1948, fase. III.

J. E. Shaw, Guido Cavalcanti' s theory of love :the Canzone d'amore and other related
problems, University of Toronto Press, Toronto, 1949. (Su quest'opera in preparazione uno
studio del Casella; per ora stata recensita in Italica , cit. giugno 1950; vedr anche la
luce una recensione da noi curata).

Maria Corti, La fisionomia stilistica di Guido Cavalcanti, in Atti della Accademia


:

Nazionale dei Lincei , rendiconti della classe di scienze morali, storiche e filologiche,
serie Vili, voi. V, 1950, pp. 530-532. Maria Corti, Dualismo e immaginazione visiva di
Guido Cavalcanti in Convivium, Torino, num. 5, pp. 641-666 e Luzi, Sulla poesia di
Guido Cavalcanti in L'inferno e il Limbo , Marzocco, Firenze, 1949, pp. 45-52.

Enzo Robaud, Guido Cavalcanti, Editoriale Fonte Gaia, Siena, 1951 (Ha una abbon-
dante, per qualche verso superflua anche perch non ragionata, bibliografia l'unica cosa
:

buona di tutto questo inutile libretto).

Guido Favati, Tecnica ed arte nella poesia cavalcantiana in Studi petrarcheschi ,


voi. Ili, Libreria Editrice Minerva, Bologna, 1950, pp. 117-141.

Otto Bird, The canzone d'amore of Cavalcanti according to the commentar)' of Dino
Del Garbo. Text and Commentar)), in: Mediaeval Studies , Toronto, Canada, voli. II e
III, 1940 e 1941. (Contiene la riproduzione del teto del Del Garbo, ma con vari errori.
Di quel testo abbiamo pronta una trascrizione noi).

Antonino Pagliaro, Il disdegno di Guido, in: Letterature moderne, anno I, 1950,


pp. 447-459. (Segue anch'egli la tesi dell'averroismo di Guido. Gli nuoce poi, per la vali-
dit di alcune sue induzioni, la mancanza di un testo critico di tutte le rime del Cavalcanti).

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