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.A 4
A 3-1
1
20
Geometria 2
UNICA
Stefano Montaldo
ii
Indice
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27
27
iv
3
INDICE
Geometria euclidea del piano e dello spazio
3.1 Riferimento Cartesiano nello spazio . . . . . . . . .
3.2 Sottospazi affini del piano e dello spazio . . . . . . .
3.2.1 La retta affine . . . . . . . . . . . . . . . . .
3.2.2 Geometria piana della retta . . . . . . . . . .
3.2.3 Esercizi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
3.2.4 Il piano affine . . . . . . . . . . . . . . . . .
3.3 Problemi geometrici sulle rette ed i piani nello spazio
3.3.1 Esercizi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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33
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70
72
74
Geometria quadratica 1
76
5.1 Sfere e circonferenze . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 76
5.1.1 Circonferenza per tre punti e sfera per quattro punti . . 78
5.1.2 Parametrizzazione della circonferenza e della sfera . . 80
5.1.3 Intersezione di una sfera (circonferenza) con una retta
81
5.1.4 Potenza di un punto rispetto ad una sfera (circonferenza) 85
5.1.5 Intersezione di due circonferenze . . . . . . . . . . . 88
5.1.6 Fasci di circonferenze . . . . . . . . . . . . . . . . . 89
5.1.7 Circonferenza su un piano qualunque dello spazio . . . 90
5.1.8 Esercizi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 92
5.2 Cilindri e Coni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 95
5.2.1 Equazione cartesiana del cilindro e del cono . . . . . . 97
5.2.2 Cono e cilindro circoscritto ad una sfera . . . . . . . . 98
5.2.3 Esercizi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 98
5.3 Coniche come luogo geometrico . . . . . . . . . . . . . . . . 99
5.3.1 Esercizi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 104
5.3.2 Parametrizzazioni delle coniche in forma canonica . . 105
5.4 Superfici di rivoluzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 106
5.4.1 Equazione parametrica di una superficie di rivoluzione 107
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INDICE
5.5
v
Quadriche di rotazione
5.5.1 Ellissoidi . . .
5.5.2 Iperboloidi . .
5.5.3 Paraboloidi . .
5.5.4 Esercizi . . . .
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143
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148
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160
160
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161
162
163
163
vi
INDICE
1
Generalit`a sugli spazi
affini
1.1 Spazi affini
Definizione 1.1. Uno spazio affine una terna (A, V, ), dove A un insieme,
V uno spazio vettoriale mentre una applicazione
:AA V
de f
che ad ogni coppia ordinata (A, B), A, B A, associa un vettore v = (A, B) ====
AB , tale che:
(i) per ogni punto A A, lapplicazione A : A V definita, per ogni
B A, da A (B) = (A, B) una biezione;
(ii) per ogni A, B, C A vale la relazione AB = AC +CB (regola di Chasles).
Linsieme A si chiama spazio dei punti, mentre lo spazio vettoriale V prende
il nome di spazio vettoriale associato allo spazio dei punti A o giacitura dello
spazio affine.
S. Montaldo - Geometria Analitica - A.A. 2012/13
n
X
ai ei ,
i=1
ai R.
Definizione 1.14. Definiamo coordinate affini del punto A rispetto alla base
B ed al punto O la n-pla (a1 , . . . , an ) delle componenti del vettore OA rispetto
alla base B. La coppia (O, B) prende il nome di riferimento affine.
Al punto O resta associata la n-pla (0, . . . , 0) ed comunemente chiamato
origine.
Quando lorigine O e la base B sono fissate useremo la notazione breve
A = (a1 , . . . , an)
per indicare un punto di uno spazio affine. Facendo riferimento alla struttura di
spazio vettoriale definita su uno spazio affine nella Osservazione 1.3, si vede
facilmente che le operazioni ivi descritte diventano:
S. Montaldo - Geometria Analitica - A.A. 2012/13
Osservazione 1.15. Se A = (a1 , . . . , an) e B = (b1 , . . . , bn) rispetto ad un riferimento affine (O, B) su A, allora le componenti del vettore AB sono (b1
a1 , . . . , bn an ). Infatti, dalla regola di Chasles si ha
AB = AO + OB = OB OA.
i = 1, . . . n.
n
X
mi j a j .
(1.1)
j=1
n
X
j=1
aj ej =
n
X
j=1
n
n X
X
e ,
m
a
a j mi j ei =
i j j
i
i=1
i=1
j=1
n
X
ai ei .
i=1
AO,B
a1
= ...
an
x1 = 1 (x1 , . . . , xn )
..
x = (x , . . . , x )
n 1
n
n
per delle opportune funzioni i : Rn R, i = 1, . . . , n. Quindi per conoscere una trasformazione geometrica in coordinate sufficiente conoscere le n
funzioni i .
S. Montaldo - Geometria Analitica - A.A. 2012/13
x1 = x1
..
x = x .
n
n
10
e (O,
i riferimenti affini di A e A rispetto
B)
B)
Dimostrazione. Siano (O,
In particolare, si ha il seguente
Corollario 1.19. Siano V e W due spazi vettoriali di dimensione n pensati
come spazi affini. Allora una trasformazione geometrica : V W affine
se e solo se esiste un vettore w0 W ed un isomorfismo f : V W tale che
(v) = f (v) + w0 per tutti i v V.
Si osservi che se : A A una trasformazione affine, lapplicazione indotta f : V W un isomorfismo. La dimostrazione che f un isomorfismo
lasciata per esercizio.
Segue che una definizione alternativa di trasformazione affine la seguente
Definizione 1.20. Siano (A, V, ) e (A , V , ) due spazi affini. Una trasformazione geometrica
: A A
1.3 Esercizi
11
1.3 Esercizi
1. Siano A1 , A2 , . . . , An , n punti arbitrari di uno spazio affine. Un punto G si
chiama baricentro se
GA1 + GA2 + + GAn = 0.
Dimostrare che se G esiste allora unico.
12
2
Generalit`a sugli spazi
euclidei
2.1 Il prodotto scalare
Un prodotto scalare su uno spazio vettoriale V una forma bilineare
h, i : V V R
simmetrica e definita positiva, cio tale che:
(a) hv, wi = hw, vi per tutti i v, w V;
(b) hv, vi 0 per tutti i v V e hv, vi = 0 se e solo se v = 0.
Definizione 2.1. Uno spazio vettoriale euclideo uno spazio vettoriale dotato
di un prodotto scalare.
Esempio 2.2. Lo spazio Rn con il prodotto scalare canonico
hv, wi =
n
X
vi wi
i=1
14
1 se i = j
hei , e j i = i j =
0 se i , j
cio se i vettori della base hanno tutti norma 1 e sono a due a due
ortogonali.
15
Dimostrazione. (a) Dato un numero reale si ha, dalla positivit del prodotto
scalare, che per ogni v, w V
hv + w, v + wi 0.
Espandendo questultima si trova la disequazione quadratica in
hw, wi2 + 2hv, wi + hv, vi 0.
(2.1)
16
(2.2)
v = vW + v
con vW W e v W . Chiamiamo vW
la proiezione ortogonale di v su W. Se
dim(W) = k e se B = {e1 , . . . , ek } una base
orto-normale di W, segue che
vW =
k
X
i=1
hvW , ei i ei =
k
X
i=1
vW
hv, ei i ei .
w W.
(2.3)
La dimostrazione dellequivalenza tra le due definizioni di proiezione ortogonale lasciata per esercizio.
La proiezione ortogonale di un vettore su un sottospazio ha la seguente interpretazione geometrica. Dato un vettore v V ed un sottoinsieme S V
definiamo la distanza di v da S come
d(v, S ) = inf kv sk.
sS
Se S non uno spazio vettoriale non detto che linf sia raggiunto. Invece, nel
caso in cui S sia un sottospazio vettoriale di V, si ha la seguente
S. Montaldo - Geometria Analitica - A.A. 2012/13
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Proposizione 2.4. Sia V uno spazio vettoriale euclideo, sia W V un sottospazio vettoriale e sia v V. Allora
d(v, W) = kv vW k.
Dimostrazione. Sia w un vettore di W. Allora v vW = v ortogonale a
vW w W. Segue, dal Teorema di Pitagora, luguaglianza
kv wk2 = kv vW + (vW w)k2 = kv vW k2 + kvW wk2
la quale implica, se w , vW ,
kv wk2 > kv vW k2 .
hu1 , v3 i
hu2 , v3 i
u
u2 .
1
ku1 k2
ku2 k2
18
hvW , e1 i = hv, e1 i
hvW , e2 i = hv, e2 i
cio
3a0 + 6d = 13
6a0 + 14d = 29
Esempio 2.6. Sullo spazio delle funzioni continue C([a, b], R) si pu definire
il seguente prodotto scalare. Siano f, g : [a, b] R due funzioni continue.
Definiamo il prodotto scalare tra f e g come
Z b
( f, g) =
f (x)g(x)dx.
(2.4)
a
19
cio
( fW , 1) = ( f, 1)
( fW , x) = ( f, x)
a/2 + b = 1/3
le cui soluzioni sono a = 1 e b = 1/6. Si veda in, Figura 2.2, la rappresentazione grafica della funzione y = x2 e della approssimazione y = x
1/6.
y=x2
y=x 16
20
A, B E
(2.5)
ai R.
21
Le coordinate ortogonali sono un caso speciale delle coordinate affini. In particolare, tute le formule valide per le coordinate affini continuano a valere per
quelle ortogonali. Naturalmente nel caso delle coordinate ortogonali valgono
delle propriet peculiari. Per esempio, per i cambiamenti di coordinate si ha:
Proposizione 2.9. Sia (E, V, ) uno spazio euclideo e siano (O, B) e (O , B)
due riferimenti ortogonali. Allora per ogni A E si ha
AO ,B = M(AO,B OO,B ),
dove la matrice M del cambiamento di base soddisfa alla relazione
M T M = MM T = Id .
Dimostrazione. Basta dimostrare che la matrice di passaggio da una base ortonormale ad una base orto-normale soddisfa alla condizione M T M = MM T =
Id. Per definizione, posto M = (mi j ), si ha
X
ei =
mki ek
k
Segue che
XX
X
X
mki m j hek , e i
m j e i =
i j = hei , e j i = h mki ek ,
=
=
Xk X
k
X
mki m j k
mki mk j
22
v V.
1
kv + wk2 kv wk2 .
4
23
La propriet pi importante degli endomorfismi simmetrici che sono diagonalizzabili. Per dimostrarlo verifichiamo per primo che tutti gli autovalori
sono reali ed in seguito mostriamo che esiste una base dello spazio vettoriale
V costituita da autovettori dellendomorfismo simmetrico f .
Proposizione 2.13. Sia f : V V un endomorfismo simmetrico di uno spazio
vettoriale euclideo. Allora tutti gli autovalori sono reali.
Dimostrazione. Supponiamo che sia un autovalore e scriviamo = a + ib,
con a, b R e i lunit immaginaria. Sia adesso v , 0 un autovettore relativo
allautovalore . Rispetto ad una base B = {e1 , . . . , en } di V possiamo scrivere
P
P
P
v = nj=1 (x j + iy j )e j , xi , y j R. Sia X = nj=1 x j e j e Y = nj=1 y j e j . Allora
v = X + iY. La condizione f (v) = v diventa f (X + iY) = (a + ib)(X + iY) cio
f (X) + i f (Y) = aX bY + i(bX + aY) ,
la quale implica che
Segue che
f (X) = aX bY
f (Y) = bX + aY .
hY, f (X)i = hY, aX bYi = ahY, Xi bhY, Yi
e
h f (Y), Xi = hbX + aY, Xi = ahY, Xi + bhX, Xi .
Usando la simmetria di f si ottiene
b (kXk2 + kYk2 ) = 0 .
Lultima equazione, essendo kXk2 + kYk2 , 0, implica che b = 0 da cui la
tesi.
Siamo pronti per enunciare limportante
Teorema 2.14. Sia f : V V un endomorfismo simmetrico di uno spazio
vettoriale euclideo. Allora f diagonalizzabile.
Dimostrazione. Dimostriamo il teorema per induzione sulla dimensione n dello spazio vettoriale V. Sia n = 1 e sia un autovalore di f . Per la Proposizione 2.13 R. Sia adesso v un autovettore relativo allautovalore , allora
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Y = MY +
h f (v), f (v)iW
hM(Y X), M(Y X)iW = (Y X)T M T M(Y X)
(Y X)T (Y X) = h(Y X), (Y X)iV
hv, viV = kvk2V .
26
(2.6)
2.3 Esercizi
27
2.3 Esercizi
1. Perch il metodo delle proiezioni ortogonali non funziona se vogliamo
trovare la successione geometrica che meglio approssima (1, 1, 2)?
2. Trovare lequazione esplicita della retta (y = ax + b) che meglio approssima i punti (0, 0), (1, 1), (2, 1). Si illustri il risultato graficamente.
3. Si trovi una formula che descriva la pendenza di una retta per lorigine
che meglio approssima i punti (1, x1 ), (2, x2), . . . , (n, xn).
4. Trovare la parabola y = ax2 + bx + c che meglio approssima i punti
(2, 0), (1, 0),(0, 1),(1, 1) e (2, 2).
5. Siano e1 , e2 , . . . , er , r vettori di Rn , r < n, diversi da 0 ed a due a due
ortogonali. Sia v un vettore di Rn e siano v1 , v2 , . . . , vr le proiezioni ortogonali di v sugli spazi generati da e1 , e2 , . . . , er rispettivamente. Mostrare
che la proiezione di v su L(e1 , e2 , . . . , er ) v1 + v2 + + vr .
6. Siano e1 , e2 , . . . , ek , k vettori ortogonali di Rn . Posto ai = hv, ei i, v Rn ,
mostrare che
k
X
a2i
hv, vi.
kei k2
i=1
7. Considerato lo spazio C([0, 2], R) con il prodotto scalare standard, mostrare che le funzioni
1, sin x, cos x, sin 2x, cos 2x, . . . , sin nx, cos nx
sono ortogonali.
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3
Geometria euclidea del
piano e dello spazio
In questo capitolo analizziamo in dettaglio il caso in cui lo spazio euclideo sia
di dimensione 2 o 3.
Segue che la terna (E3 , V, ), appena definita, soddisfa la Definizione 1.1 e quindi costituisce uno spazio affine. In realt la definizione di spazio affine stata
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(a)
(b)
formulata imitando e generalizzando lo spazio vettoriale dei vettori liberi associato allinsieme dei punti dello spazio.
Inoltre lusuale formula del prodotto
scalare dei vettori liberi dello spazio
hv, wi = kvk kwk cos ,
(3.1)
v
dove langolo tra i vettori (si veda
la Figura 3.2) mentre kvk e kwk sono
le lunghezze dei vettori v e w, rende
Figura 3.2 Angolo tra due vettori.
E3 uno spazio euclideo.
Come visto nel capitolo precedente, dato un punto O E e una base {e1 , e2 , e3 } dello spazio dei
vettori liberi definiamo le coordinate affini di un punto P E come le componenti del vettore OP rispetto alla base {e1 , e2 , e3 }. Cio
P ha coordinate affini P = (x, y, z) se OP = xe1 + ye2 + ze3 .
Esiste una base notevole dello spak
zio dei vettori liberi, detta base canonica, costituita da tre vettori
orto-normali {i, j, k} orientati positivamente. Con orientati positivamente intendiamo che, osservato dal vettore k, il vettore i ruota, per sovrapj
i
porsi a j seguendo langolo pi picFigura 3.3 La base canonica orientata pocolo, in senso antiorario (si veda la
sitivamente dei vettori dello
Figura 4.5).
spazio.
31
Ricordiamo che, rispetto alla base canonica {i, j, k}, il prodotto scalare ed
il prodotto vettoriale di due vettori
v = v1 i + v2 j + v3 k e w = w1 i + w2 j + w3 k sono dati da
hv, wi = v1 w1 + v2 w2 + v3 w3
j k
i
v w = v1 v2 v3
w1 w2 w3
Dalla (3.1) risulta, inoltre, che la lunghezza di un vettore e langolo tra due
vettori sono dati dalle formule
q
p
kvk = hv, vi = v21 + v22 + v23
(3.2)
cos =
hv, wi
v1 w1 + v2 w2 + v3 w3
.
= q
q
kvk kwk
v21 + v22 + v23 w21 + w22 + w23
(3.3)
(3.4)
dove 1 , 2 e 3 sono gli angoli che il vettore v forma con i vettori di base i, j
e k rispettivamente. I numeri (cos 1 , cos 2 , cos 3 ) sono detti coseni direttori
della direzione del vettore v e soddisfano la relazione, che segue dal fatto che
kvk = 1,
cos 12 + cos 22 + cos 32 = 1.
Definizione 3.1. Le coordinate affini di un punto P0 rispetto alla base canonica {i, j, k} sono chiamate coordinate cartesiane ortogonali (o semplicemente
coordinate cartesiane) (Si veda la Figura 3.4). Le tre rette orientate passanti
per O e parallele ai tre vettori {i, j, k} sono chiamate assi cartesiani.
Nel seguito, se non indicato diversamente, considereremo lo spazio E3 dotato delle coordinate cartesiane. Si deve comunque osservare che molte delle
costruzioni continuano a valere nel caso si considerino coordinate affini dello
spazio, cio coordinate rispetto ad una base qualsiasi dello spazio dei vettori
liberi non necessariamente orto-normale.
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P0
b
k
i
j
y0 j
x0 i
x
Figura 3.4 Coordinate cartesiane.
x + x y + y z + z
1
2
1
2
1
2
.
,
,
M=
2
2
2
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P1
P2
x
Figura 3.5 Punto medio di un segmento.
equivalentemente P = P0 + tu.
34
P0
b
V1
u
O
x
y
Figura 3.6 Retta affine.
x = x0 + l t
y = y0 + m t
z = z 0 + n t
(3.5)
x = x0 + lt
y = y0 + mt .
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(3.6)
(3.7)
che prende il nome di equazione cartesiana della retta nel piano. Andiamo ad
analizzare lequazione cartesiana della retta nei casi, esclusi in precedenza, in
cui l = b o m = a siano uguali a zero:
a = 0, b , 0. In questo caso lequazione diventa by + c = 0, cio y = c/b =
costante. Tutti i punti della retta hanno la stessa ordinata, mentre lascissa (non
comparendo nellequazione) pu essere qualunque. Si tratta quindi di una retta
orizzontale (si veda la Figura 3.7 (a)). Se c = 0 si ottiene lequazione dellasse
delle ascisse (delle x) y = 0.
a , 0, b = 0. Lequazione diventa ax + c = 0, cio x = c/a = costante. In
questo caso si tratta di una retta verticale (si veda la Figura 3.7 (b)).
Si osservi che data una retta di equazione cartesiana ax + by + c = 0 il vettore
n = (a, b) risulta perpendicolare alla retta. Infatti, il vettore direzionale della
retta u = (l, m) = (b, a) da cui segue che hu, ni = 0.
Retta per due punti
Dati due punti P1 = (x1 , y1 ) e P2 = (x2 , y2 ) esiste una ed una sola retta r
passante per P1 e P2 . Per determinare lequazione della retta r usiamo la (3.6).
Essendo i punti P1 e P2 appartenenti alla retta, il vettore P1 P2 = (x2 x1 , y2 y1 )
ha la stessa direzione della retta e possiamo dunque scegliere u = (l, m) =
S. Montaldo - Geometria Analitica - A.A. 2012/13
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y=cost.
x=cost.
(b)
(a)
(3.8)
o, equivalentemente, alla
x y 1
x1 y1 1 = 0 .
x2 y2 1
(3.9)
(3.10)
37
(3.11)
(3.12)
y
P
O
x
(a)
(b)
38
1
cos
sin
= tan .
cos
r : y = x + q,
i corrispondenti vettori direzionali sono
u = (1, ),
u = (1, ).
se e solo se
Se le rette r ed r sono perpendicolari, allora i vettori direzionali sono perpendicolare, cio hu, ui = h(1, ), (1, )i = 1 + = 0. Si ha quindi
r perpendicolare a r
se e solo se
= 1
Fascio di rette
Date due rette r e r di equazione cartesiana ax + by + c = 0 e a x + b y + c =
si consideri lequazione
F , = (ax + by + c) + (a x + b y + c ) = 0
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39
(3.13)
a2 + b2
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40
da cui
P0
r
tH =
hP0 , ui + c
.
kuk2
Segue che
H = P0 t H u .
Infine
d(P0 , H) = kH P0 k = |tH | kuk =
kuk
a2 + b2
3.2.3 Esercizi
1. Dati i punti A = (1, 2), B = (2, 2), C = (3, 4) del piano euclideo si
consideri il triangolo ABC. Determinare:
le equazioni cartesiane e parametriche delle rette contenenti i lati
del triangolo;
le equazioni cartesiane e parametriche delle rette contenenti le mediane del triangolo;
le equazioni cartesiane e parametriche delle rette passanti per un
vertice e parallele al lato opposto;
le equazioni cartesiane e parametriche delle rette passanti per un
vertice ed ortogonali al lato opposto.
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41
2. Si consideri
il fascio di rette individuato dalle rette r : x y + 1 = 0 e
x = 1 t
s:
y = 1 + t
Determinare la retta del fascio passante per il punto P(0, 1).
x = 1 + t
4. Date le rette r : x + 2y + 1 = 0 e s :
y = 1 2t
42
(3.14)
43
x = x0 + u1 t + v1 s
y = y0 + u2 t + v2 s
z = z0 + u3 t + v3 s
(3.16)
44
P
b
P0
V2
v
u
O
x
y
Figura 3.10 Piano affine passante per P0 e parallelo ai vettori u e v.
Osservazione 3.6. Lequazione parametrica (3.14) del piano e lequazione cartesiana (3.15) hanno carattere affine, mentre il significato geometrico dei coefficienti a, b, c nella (3.15) come le componenti di un vettore normale al piano
ha carattere euclideo.
45
Osservazione 3.8. Si noti che lequazione (3.18) rappresenta lequazione cartesiana del piano affine contenente i tre punti P1 , P2 e P3 anche rispetto a
coordinate affini qualsiasi. Il lettore dovrebbe fare, individualmente, tutto il
ragionamento per convincersi di questo fatto.
Equazione normale del piano
(3.21)
46
ax + by + cz + d = 0
a x + b y + c z + d = 0.
(3.22)
Dal punto di vista algebrico il fatto che i due piani siano incidenti vuol dire che
la matrice dei coefficienti del sistema (3.22)
a b c
a b c
ha rango 2, cos che il sistema ammetta 32=1 soluzioni, cio infiniti punti
che formano una retta affine. Le soluzioni del sistema forniranno le coordinate
dei punti della retta in funzione di un parametro, cio lequazione parametrica
della retta (questa costruzione ha valore affine).
Dal punto di vista geometrico (cio considerando coordinate cartesiane), data
lequazione cartesiana (3.22) di una retta, per trovare lequazione parametrica
servono un punto P0 = (x0 , y0 , z0 ) ed un vettore u = (l, m, n) parallelo alla retta.
Per determinare un punto P0 basta trovare una soluzione particolare del sistema
(3.22) mentre la direzione della retta data da u = n n dove n = (a, b, c) ed
n = (a , b, c ) sono i vettori normali ai piani ed rispettivamente (si veda
la Figura 3.11).
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47
nn
n
n
Viceversa, per passare dalla forma parametrica a quella cartesiana basta eliminare il parametro t dalla (3.5). Se l, m, n sono tutti diversi da zero si ottiene
x x0 y y0 z z0
=
=
l
m
n
che pu essere riscritta, per esempio, nella forma
m(x x0 ) = l(y y0 )
n(y y0 ) = m(z z0 )
dove ciascuna equazione rappresenta un piano dello spazio. Se uno dei coefficienti direttori della retta zero, per esempio l = 0, allora la retta appartiene
al piano x = x0 e laltro piano si ottiene eliminando il parametro dalle restanti
due equazioni. Se due coefficienti direttori della retta sono zero, per esempio
l = m = 0, allora la retta intersezione dei due piani x = x0 e y = y0 .
Terminiamo la sezione con la seguente
Proposizione 3.10. (a) Un piano affine nello spazio ha unequazione della forma (3.16) dove almeno uno dei coefficienti a, b, c diverso da zero.
Viceversa, unequazione del tipo (3.16), dove non tutti i coefficienti a, b, c
sono uguali a zero, lequazione di un piano.
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48
(b) Nello spazio una qualunque retta r rappresentata da un sistema del tipo
(3.22) dove la matrice dei coefficienti ha rango 2. Viceversa, ogni sistema del tipo (3.22), con matrice dei coefficienti di rango 2, rappresenta
una retta dello spazio.
(c) Nel piano, una retta ha unequazione generale del tipo (3.7) con a, b non
entrambi nulli. Viceversa unequazione del tipo (3.7) rappresenta una
retta nel piano.
Dimostrazione. Dimostriamo solo (a) e lasciamo come esercizio (b) e (c). Abbiamo gi visto che un piano ha unequazione cartesiana del tipo (3.16). Dimostriamo adesso che unequazione del tipo (3.16), dove non tutti i coefficienti
a, b, c sono uguali a zero, rappresenta lequazione di un piano. Supponiamo che
sia c , 0, allora, risolvendo in z, si trova
z = (a/c)x (b/c)y (d/c) = mx + ny + p
(3.23)
B = (1, 0, m + p),
C = (0, 1, n + p)
soddisfano la (3.23). Inoltre, essendo AB = (1, 0, m) e AC = (0, 1, n) linearmente indipendenti, segue che i tre punti non sono allineati. Calcolando, tramite la (3.18), lequazione del piano contenente A, B e C si trova la (3.23) e
quindi la (3.16).
a2 + b2 + c2
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49
u
b
(a)
(b)
a x + b y + c z + d = 0
a x + b y + c z + d = 0
ax + by + cz + d = 0
a x + b y + c z + d = 0
a x + b y + c z + d = 0,
si trova:
(3.24)
50
51
(a)
(b)
52
(a)
(b)
ax + by + cz + d = 0
r:
a x + b y + c z + d = 0
a x + b y + c z + d = 0
r :
a x + b y + c z + d = 0.
53
P0
b
r : P = P0 + tu
u
54
d(P, r) =
ku P0 Pk
kuk
(3.27)
55
r
u
P0
b
b
uu
b
P0
(a)
(b)
(3.29)
56
dove n = (a, b). Sia t1 il valore del parametro per il quale la retta r interseca la
retta r, cio P(t1 ) r. Allora dalla (3.29) segue che il simmetrico P0 del punto
P0 dato da
P0 = P(2t1 ).
Allo stesso modo si definisce e si calcola il simmetrico di un punto dello spazio
euclideo rispetto ad un piano di equazione cartesiana ax + by + cz + d = 0.
Problemi di separazione relativi a rette e piani
Proposizione 3.13. Siano P1 e P2 due punti del piano o dello spazio. Un punto
P appartiene al segmento di estremi P1 e P2 se e solo se
P = P1 + (1 )P2
con 0 1.
Dimostrazione. Lequazione parametrica della retta passante per P1 e P2 data
da
P = P2 + t(P1 P2 ) = tP1 + (1 t)P2 .
Per concludere la dimostrazione bisogna verificare che P appartiene al segmento se e solo se 0 t 1. Se 0 t 1 segue che d(P(t), P2 ) = tkP1 P2 k
kP1 P2 k. Allo stesso modo si dimostra che d(P(t), P1 ) kP1 P2 k. Quindi
P(t) appartiene al segmento. Viceversa se P(t) appartiene al segmento si ha
che |t|kP1 P2 k = d(P(t), P2 ) kP1 P2 k da cui |t| 1. Essendo P(0) = P2
e P(1) = P1 segue immediatamente che i punti P(t) per valori di t negativi non
appartengono al segmento P1 , P2 , da cui 0 t 1.
In generale si dice che un punto P combinazione convessa dei punti P1 e P2
se
P = 1 P1 + 2 P2
con 0 1 , 2 1 e 1 + 2 = 1. Generalizzando, dati n punti P1 , . . . , Pn si
definisce combinazione convessa degli n punti una combinazione
P=
n
X
i Pi
i=1
con 0 1 , . . . , n 1 e
Pn
i=1
i = 1.
57
Un fatto geometrico interessante che una retta r divide un piano in due parti,
chiamati semi-piani, in modo che due punti P1 e P2 appartengono a due semipiani distinti se la retta r interseca il segmento P1 P2 in un suo punto interno.
Allo stesso modo un piano divide lo spazio in due semi-spazi. Per determinare se due punti dati appartengono allo stesso semi-spazio (o semi-piano nel
caso della retta) si pu utilizzare il seguente criterio
Proposizione 3.14. Siano P1 e P2 due punti dello spazio (del piano) e sia
F(x, y, z) := ax + by + cz + d = 0
lequazione affine di un piano (F(x, y) := ax + by + c = 0 nel caso della
retta). Allora i due punti P1 e P2 appartengono a due semi-spazi (semi-piani)
differenti se e solo se
F(P1 ) F(P2 ) < 0.
Dimostrazione. Un punto P appartenente alla retta per P1 e P2 se esiste t R
tale che
P = tP1 + (1 t)P2 .
La funzione F si pu scrivere come F(x, y, z) = A(x, y, z) + d con A(x, y, z) =
ax + by + cz. Si osservi che A : R3 R lineare. Segue che
F(P) = A(P) + d = A[tP1 + (1 t)P2 ] + d = tA(P1 ) + (1 t)A(P2 ) + d
= t[A(P1 ) + d] + (1 t)[A(P2 ) + d]
= tF(P1 ) + (1 t)F(P2 ).
Un punto P della retta per P1 e P2 appartiene al piano se e solo solo se
F(P) = 0, cio se e solo se P = P(t) con t soluzione dellequazione
tF(P1 ) + (1 t)F(P2 ) = 0.
(3.30)
3.3.1 Esercizi
1. Sia r la retta dello spazio euclideo E3 passante per due punti P1 e P2 e
sia P0 un terzo punto dello spazio. Dimostrare che
S. Montaldo - Geometria Analitica - A.A. 2012/13
58
d(P0 , r)2 =
< P0 P1 , P2 P1 >
< P2 P1 , P2 P1 >
nel caso non siano allineati si trovi lequazione del piano che li
contiene;
si trovi lequazione cartesiana e parametrica delle rette ri j passanti
per Pi e P j , i < j, e si determini al variare di k il coseno dellangolo
formato da r12 e r13 .
x + y + z + k = 0
rk =
x + 2 = 0
x + kz + 1 = 0
rk =
kx + z + 1 = 0
59
x + y + k = 0
rk =
y kz 1 = 0
rk
x + kz + 2 = 0
=
ky kz 1 = 0
x = 1 + t
r=
y = 2t
z = t
4
Classificazione delle
isometrie del piano e
dello spazio
In questo capitolo daremo una classificazione completa di tutte le isometrie
(trasformazioni euclidee) del piano e dello spazio. Sia : E E una trasformazione euclidea da uno spazio euclideo in se stesso. Fissato un riferimento,
cartesiano abbiamo visto nel paragrafo 2.2.4 che la trasformazione euclidea si
scrive, in coordinate, come
X = MX +
dove M = (mi j ) rappresenta una matrice ortogonale e un vettore colonna. In
pi la trasformazione euclidea induce una trasformazione ortogonale
f : V V,
dove V indica la giacitura di E.
Per comprendere le trasformazioni euclidee iniziamo dando la classificazione
delle trasformazioni ortogonali.
S. Montaldo - Geometria Analitica - A.A. 2012/13
61
f(j)
f(i)
f(i)
i
f(j)
(a)
(b)
Figura 4.1 La base { f (i), f (j)}.
62
.
M =
sin cos
Osservazione 4.1. Si osservi che det(M + ) = 1 mentre det(M ) = 1. Tale
risultato non sorprendente visto che, dalla regola di Binet, il determinante di
una matrice ortogonale sempre uguale a 1.
cos v[
f (v) =
63
f(i)
f(w)
/2
(b)
(a)
Figura 4.2 La base {u, v}.
64
(4.1)
65
Traslazioni
Se M = I lisometria una traslazione in direzione del vettore = (1 , 2)
ed un movimento diretto (si veda la Figura 4.3 (a)). In questo caso la (4.1)
diventa
x = x + 1
y = y + 2 .
o, in forma matriciale,
P = T (P),
x = x cos y sin + 1
y = x sin + y cos + 2 .
(4.2)
(1 cos )x + sin y = 1
sin x + (1 cos ) y = 2 .
(4.3)
x = x cos y sin + 1
y = x sin + y cos + 2 ,
Essendo il determinante della matrice dei coefficienti 2(1 cos ) segue che per
, 0 esiste ununica soluzione. Sia quindi P0 = (x0 , y0 ) lunico punto fisso.
Dalla (4.3) si ottiene
2 = sin x0 + (1 cos ) y0 .
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66
P0
(a)
(b)
Simmetrie e glissosimmetrie
Supponiamo che la matrice ortogonale M corrisponda ad una simmetria ortogonale. In questo caso conviene fissare il riferimento cartesiano (O, {u, v})
dove O un punto del piano, u il versore invariante per M e v un versore perpendicolare ad u. Rispetto al riferimento (O, {u, v}) lisometria (4.1) si scrive
come
!
! !
!
1
1 0 x
x
+
=
2
0 1 y
y
da cui
x = x + 1
y = y + 2 .
67
Limmagine del punto di coordinate (x, 2 /2) (x + 1 , 2/2). Segue che i punti
della retta r di equazione y = 2 /2 sono trasformati in punti della stessa retta.
Si presentano due sottocasi.
Se 1 = 0 tutti i punti della retta r sono fissi e lisometria una simmetria
ortogonale rispetto alla retta r, Figura 4.4 (a).
Se 1 , 0, nessun punto fisso e lisometria si pu pensare come la composizione di una simmetria S , rispetto alla retta r, seguita da una traslazione T
parallela alla retta stessa, si veda la Figura 4.4 (b). Tale isometria chiamata
glissosimmetria. In formula
S
(x, y) 7 (x, y + 2 ) 7 (x + 1 , y + 2 )
(a)
(b)
Esempio 4.4. Da un punto di vista operativo se si vuole determinare la simmetria rispetto ad una retta r la cui equazione cartesiana, rispetto al sistema di
riferimento cartesiano (O, {i, j}), ax + by + c = 0 si opera nel modo seguente. Si sceglie un punto P0 r e si applica la traslazione T P0 in modo che la
retta passi per lorigine. Si cambiano le coordinate rispetto al riferimento {u, v}
dove u un versore parallelo alla retta r mentre v un versore perpendicolare a
u. Si opera la simmetria S 0 . Si ricambiano le coordinate rispetto al riferimento
originale (O, {i, j}) ed infine si trasla con T P0 . I vettori u, v sono dati da
1
u=
(b, a)
a2 + b2
1
v=
(a, b).
a2 + b2
68
a2b+b2 a2a+b2
A = a
b
a2 +b2
a2 +b2
a2 (2x0 x) + 2ab(y0 y) + b2 x
x
=
a2 + b2
a2 y + 2ab(x0 x) + b2 (2y0 y)
y =
.
a2 + b2
u U
(4.4)
segue che f (v) U da cui f (v) = v. Siccome gli autovalori di una trasformazione ortogonale1 sono 1 segue che f (v) = v. Di fatto non si pu avere
1
Se f ortogonale e f (v) = v, v , 0, allora hv, vi = h f (v), f (v)i = 2 hv, vi, da cui segue
che 2 = 1.
69
1 0 0
S 0 = 0 1 0 .
0 0 1
1
0
0
R = 0 cos sin .
0 sin cos
La trasformazione ortogonale rappresenta una rotazione antioraria di un angolo attorno alla direzione u invariante.
cos sin 0
cos 0 sin
0
0
1
1
0 , Rk = sin cos 0
Ri = 0 cos sin , Rj = 0
0
0
1
sin 0 cos
0 sin cos
Il caso: dim(U) = 0
In questo caso non esistono vettori invarianti. Il polinomio caratteristico associato alla trasformazione f , rispetto ad una base qualsiasi, un polinomio di
grado 3. Quindi esiste sempre una soluzione reale, cio f ammette un autovalore reale. Siccome f non ha vettori invarianti diversi dal vettore nullo, segue
S. Montaldo - Geometria Analitica - A.A. 2012/13
70
(a) Ri
(b) R
i
(c) Rk
0
0
1
S R = 0 cos sin .
0 sin cos
0
0 1 0 0
0
0 1
1
0 cos sin = 0 cos sin 0 1 0 .
0 0 1
0 sin cos
0 sin cos
71
i
N
Figura 4.6 Definizione degli angoli di Eulero.
cos sin 0
Rk = sin cos 0
0
0
1
che manda la terna {i, j, k} nella terna {N, j1 , k}.
72
1
0
0
RN = 0 cos sin
0 sin cos
che manda la terna {N, j1 , k} nella terna {N, j2 , k }.
cos sin 0
Rk = sin cos 0
0
0
1
Rk RN Rk =
cos cos cos() sin sin cos cos sin cos sin sin sin
cos sin + cos cos sin cos cos cos sin sin cos sin
sin sin
cos sin
cos
che rappresenta una generica matrice ortogonale del terzo ordine con determinante 1.
73
Traslazioni
Se la matrice associata a f rispetto ad un riferimento la matrice identit
lisometria una traslazione in direzione del vettore .
Simmetrie e glissosimmetrie
Se la matrice associata ad f , rispetto ad una base {v, u1 , u2 }, con u1 , u2 invarianti
e f (v) = v,
1 0 0
S 0 = 0 1 0
0 0 1
lisometria diventa
x = x + 1
y = y + 2
z = z + 3 .
0
0
1
R = 0 cos sin , , 0,
0 sin cos
lisometria diventa
x = x + 1
y = y cos z sin + 2
z = y sin + z cos + 3 ,
74
0
0
1
S R = 0 cos sin , , 0,
0 sin cos
lisometria diventa
x = x + 1
y = y cos z sin + 2
z = y sin + z cos + 3 .
4.6 Esercizi
1. Dimostare che la composizione di due rotazioni nel piano ancora una
rotazione.
2. Dimostrare che una rotazione piana qualunque pu essere scritta come
composizione di due simmetrie assiali piane.
3. Fissato un sistema di riferimento cartesiano. Scrivere la simmetria piana
rispetto alla retta r : x y = 0.
S. Montaldo - Geometria Analitica - A.A. 2012/13
4.6 Esercizi
75
5
Geometria quadratica 1
In questo capitolo iniziamo lo studio della geometria quadratica, cio della
geometria dei luoghi di punti del piano o dello spazio le cui coordinate soddisfano ad un polinomio di secondo grado. Chiameremo questi luoghi coniche
o quadriche a seconda che siano nel piano o nello spazio rispettivamente. In
questo primo capitolo analizzeremo alcune situazioni particolari per procedere,
nel capitolo seguente, ad uno studio generale.
(5.1)
In altri termini, una sfera il luogo dei punti dello spazio che hanno distanza R
dal punto C.
Rispetto a delle coordinate cartesiane di E3 la condizione (5.1) diventa
(x )2 + (y )2 + (z )2 = R2 ,
S. Montaldo - Geometria Analitica - A.A. 2012/13
(5.2)
77
o, equivalentemente,
x2 + y2 + z2 2x 2y 2z + 2 + 2 + 2 R2 = 0
(5.3)
b = 2,
c = 2,
d = 2 + 2 + 2 R2
la (5.3) diventa
x2 + y2 + z2 + ax + by + cz + d = 0
(5.4)
che rappresenta una equazione polinomiale di secondo grado. Dato un polinomio della forma (5.4), ci si chiede se questo rappresenti una sfera per ogni
quaterna a, b, c, d di numeri reali non tutti nulli. La risposta merita qualche
riflessione. Se a2 + b2 + c2 4d > 0 allora la (5.4) pu essere riscritta nella
forma (5.2), mentre se a2 + b2 + c2 4d < 0 ci non possibile. Per esempio,
x2 + y2 + z2 2z + 2 = 0 diventa x2 + y2 + (z 1)2 = 1 che chiaramente non
ammette soluzioni reali.
Per ovviare a questo problema, da ora in poi, invece di limitarci a considerare punti dello spazio le cui coordinate sono numeri reali considereremo anche
il caso in cui le coordinate dei punti possano assumere valori complessi. Dal
punto di vista della definizione di spazio affine questo si traduce nella richiesta che la giacitura dello spazio affine sia uno spazio vettoriale su C invece
che su R. Tutto quello che abbiamo fatto sugli spazi affini continua a valere
senza bisogno di modificare la teoria. Possiamo, per esempio, considerare le
rette immaginarie del piano come i punti P le cui coordinate soddisfano ad una
equazione di primo grado ax + by + c = 0 con coefficienti a, b, c C e tali che
(a, b) , (0, 0). Allo stesso modo si possono definire i piani immaginari nello
spazio.
Fatta questa osservazione possiamo pensare che un polinomio della forma (5.4)
con a2 + b2 + c2 4d < 0 descriva una sfera i cui punti hanno coordinate immaginarie che chiameremo sfera immaginaria. Allo stesso modo definiamo una
circonferenza immaginaria.
78
Geometria quadratica 1
2
2
C = (a/2, b/2, c/2) e raggio R = a + b + c2 4d/2.
2
(5.5)
x2 + y22 + ax2 + by2 + c = 0
x2 + y2 + ax3 + by3 + c = 0
3
3
S. Montaldo - Geometria Analitica - A.A. 2012/13
79
x1 y1 1
x2 y2 1
x3 y3 1
e dalla Proposizione 3.3 segue che se i punti A, B, C non sono allineati il
sistema (5.5) ha rango massimo e quindi ammette un unica soluzione.
asse di BC
A
b
asse di
AB
B
b
Figura 5.1 Costruzione della circonferenza passante per tre punti non allineati.
1
1
= 0.
1
1
80
Geometria quadratica 1
Allo stesso modo lequazione della sfera per quattro punti non complanari A =
(x1 , y1 , z1 ), B = (x2 , y2 , z2), C = (x3 , y3 , z3) e D = (x4 , y4 , z4 )
2
x + y2 + z2 x y z 1
x2 + y2 + z2 x1 y1 z1 1
1
1
21
2
2
x
+
y
+
z
2
2
2 x2 y2 z2 1 = 0 .
x2 + y2 + z2 x3 y3 z3 1
3
3
23
x4 + y24 + z24 x4 y4 z4 1
Sia (O, {i, j}) un riferimento ortogonale del piano euclideo e sia C una circonferenza di centro C = (, ) e raggio R. Per parametrizzare la circonferenza, sia P
un punto di C e denotiamo con langolo che il vettore CP forma con la i come
mostrato nella Figura 5.2. Si ha immediatamente che CP = R(cos i + sin j)
da cui
OP = OC + CP = (i + j) + R(cos i + sin j) .
Segue che la circonferenza C pu essere parametrizzata da
() = P() = (R cos + , R sin + ) .
Sia adesso (O, {i, j, k}) un riferimento ortogonale dello spazio euclideo e sia
y
b
81
k
i
82
Geometria quadratica 1
quali valori di t i corrispondenti punti della retta appartengono alla sfera, cio
soddisfano allequazione della sfera. Per determinare tali punti basta sostituire
il generico punto P della retta nellequazione della sfera ed imporre che la
soddisfi. Si ottiene la condizione
k(P0 C) + tuk2 R2 = 0 ,
che equivalente alla
kuk2 t2 + 2h(P0 C), uit + kP0 Ck2 R2 = 0 .
(5.6)
(5.7)
Abbiamo quindi dimostrato che una retta r ha due soluzioni reali distinte, due
soluzioni reali coincidenti o due soluzioni complesse coniugate con una sfera S
a seconda che la distanza della retta con il centro della sfera sia minore, uguale
o maggiore del raggio della sfera.
Le stesse considerazioni fatte sino ad ora e che faremo nel seguito valgono nel
caso di una retta ed una circonferenza in un piano euclideo.
Chiameremo secante una retta che interseca una sfera in due punti reali distinti, esterna una che incontra la sfera in due punti immaginari. Nel caso in cui la
1
Se u, v V3 lidentit di Lagrange
ku vk2 = kuk2 kvk2 hu, vi2 .
83
retta incontra la sfera in due punti reali coincidenti diremo che la retta tangente alla sfera nel punto di contatto (il punto doppio ottenuto dallintersezione).
Si osservi che tale definizione di retta tangente puramente algebrica.
In ogni caso una retta r tangente ad una sfera in un suo punto P risulta perpendicolare al vettore posizione CP, dove C il centro della sfera. Tale propriet
discente direttamente dal fatto che la distanza di P da C pari al raggio R della sfera e che ogni altro punto della retta ha distanza maggiore di R dal centro C.
Consideriamo adesso, fissato un punto P0 dello spazio, il luogo delle rette per
P0 tangenti ad una data sfera dello spazio. Sia P un punto appartenente ad
una delle rette per P0 tangenti alla sfera S di centro C e raggio R. Allora il
vettore P P0 ha la direzione della retta tangente. Segue che la retta per P0 con
direzione P P0 interseca la sfera in due punti reali coincidenti. Dalla (5.7),
sostituendo u con P P0 , si ottiene
h(P0 C), (P P0 )i2 kP P0 k2 (kP0 Ck2 R2 ) = 0 .
Adesso, sostituendo nellultima equazione P P0 = P C + C P0 , si ottiene
(dopo qualche conto)
[h(P C), (P0 C)i R2 ]2 (kP Ck2 R2 )(kP0 Ck2 R2 ) = 0 .
(5.8)
La (5.8) rappresenta lequazione cartesiana del luogo delle rette per P0 tangenti alla sfera di centro C e raggio R. Geometricamente, se il punto P0 non
appartiene alla sfera, questo luogo rappresenta un cono di vertice P0 tangente
(circoscritto) alla sfera (per una definizione generale di cono si veda la sezione 5.2). Nel caso di una circonferenza il luogo delle rette per un punto P0
tangenti ad una circonferenza formato da due rette. Si noti che se il punto
P0 interno alla sfera si ottiene un cono immaginario, nel senso che un cono
costituito da rette immaginarie. Analogamente, nel caso della circonferenza,
se il punto P0 interno si ottengono due rette immaginarie.
Un caso notevole e di grande interesse quando il punto P0 appartiene alla
sfera. In questo caso la (5.8) diventa
h(P C), (P0 C)i R2 = 0 ,
(5.9)
che rappresenta linsieme di tutte le rette tangenti alla sfera nel punto P0 , cio
il piano tangente alla sfera nel punto P0 . Nel caso della circonferenza nel piano
S. Montaldo - Geometria Analitica - A.A. 2012/13
84
Geometria quadratica 1
85
tangente alla circonferenza in P1 , passa per il punto P0 ; dalla reciprocit la pollare di P0 passa per P1 . Si veda la Figura 5.4 (a). Se adesso supponiamo che il
punto P0 sia interno alla circonferenza si pu procedere nel modo seguente. Si
prenda una qualsiasi retta r1 per P0 . La retta r1 intersecher la circonferenza in
due punti Q1 e Q2 . Per il Teorema di Reciprocit il punto di incontro P1 delle
due rette tangenti alla circonferenza nei punti Q1 e Q2 appartiene alla polare di
P0 . Prendendo una seconda retta per P0 e ripetendo lo stesso procedimento si
ottiene un secondo punto appartenente alla polare di P0 . Si veda la Figura 5.4
(b).
P1
P2
Q1
P1
b
P0
P0
b
b
b
Q2
P2
(a) P0 esterno
(b) P0 interno
Figura 5.4 Costruzione della polare per un punto esterno (a) e per un punto interno (b).
86
Geometria quadratica 1
(5.10)
Mostriamo che la definizione di potenza non dipende dalla retta scelta per P0 .
Sia quindi r una generica retta per P0 che possiamo parametrizzare come P(t) =
P0 + tu con u vettore unitario. I punti di intersezione tra r e la sfera si trovano
risolvendo lequazione quadratica (5.6) con kuk = 1, cio
t2 + 2h(P0 C), uit + d 2 R2 = 0 ,
(5.11)
dove abbiamo indicato con d = d(P0 , C). Siano t1 e t2 le due soluzioni della
(5.11) e siano
P1 = P0 + t 1 u e P2 = P0 + t 2 u
i corrispondenti punti di intersezione della retta r con la circonferenza. Allora
P0 P1 = P1 P0 = P0 +t1 u P0 = t1 u e
P0 P2 = P2 P0 = P0 +t2 u P0 = t2 u
(5.12)
87
Segue che lasse radicale la retta per P1 e P2 (Si veda la Figura 5.5 (a)). Se
invece le due circonferenze non si intersecano si pu considerare una terza circonferenza C che intersechi sia C1 che C2 in due punti distinti ed abbia centro
non appartenente alla retta congiungenti i centri delle due circonferenze C1 e
C2 . Denotato con r1 lasse radicale tra C e C1 e con r2 lasse radicale tra C e
C2 il punto P12 di intersezione tra r1 e r2 ha chiaramente stessa potenza rispetto
alle tre circonferenze C, C1 e C2 e quindi appartiene allasse radicale di C1 e
C2 (Si veda la Figura 5.5 (b)). Scegliendo unaltra circonferenza e ripetendo il
procedimento si trova un altro punto dellasse radicale.
r2
r1
b
b
C1
C2
C1
C2
b
b
P12
Figura 5.5 Costruzione dellasse radicale per due circonferenze secanti (a) e per due
esterne (b).
(5.13)
88
Geometria quadratica 1
x2 + y2 + ax + by + c = 0
x2 + y2 + a x + b y + c = 0
x2 + y2 + ax + by + c = 0
(a a )x + (b b )y + (c c ) = 0 .
(5.14)
Se le circonferenze sono concentriche, cio se a = a e b = b , la seconda equazione del sistema (5.14) implica che non esistono soluzioni (reali o complesse)
se c c , 0 o che le circonferenze sono coincidenti se c c = 0.
Se le circonferenze non sono concentriche, allora uno tra aa e bb diverso
da zero. Esplicitando, nella seconda equazione del sistema (5.14), la variabile
con coefficiente diverso da zero e sostituendo nella prima equazione si ottiene
unequazione quadratica con coefficiente del termine di secondo grado sempre
diverso da zero (verificare) la quale, quindi, ammeter due soluzioni reali distinte, complesse coniugate o coincidenti. La Figura 5.6 mostra la posizione
reciproca delle due circonferenze e i corrispondenti punti di intersezione.
(a) Concentriche
(b) Secanti
(c) Esterne
(d) Tangenti
89
(5.16)
90
Geometria quadratica 1
la quale rappresenta una retta. Si osservi che lequazione del fascio (5.15)
si riduce allequazione di una retta se e solo se = . Dal confronto con
la (5.13) si evince che la retta (5.16) coincide con lasse radicale delle due
circonferenze base C1 e C2 .
Chiaramente se nella (5.15) si sostituisce una delle due circonferenze base
con una loro combinazione lineare si ottiene lo stesso fascio di circonferenze. Quindi lequazione del fascio (5.15), con circonferenze base C1 e C2 , pu
essere sostituita con lequazione
C1 + r = 0,
dove r = 0 lequazione dellasse radicale.
Se le due circonferenze base C1 e C2 si scelgono concentriche, allora la (5.15)
rappresenta una circonferenza concentrica per ogni coppia (, ) R2 , (, ) ,
(0, 0). Anche in questo caso si pu definire il fascio di circonferenze ma non
esistono sia i punti base che lasse radicale.
Allo stesso modo si possono considerare i fasci di sfere generati dalla combinazione lineare dellequazione di due sfere non concentriche, chiamate sfere
base. Il lettore dovrebbe ripercorrere quanto fatto in questo paragrafo per il
caso dei fasci di sfere.
Esempio 5.6. Mostriamo, con un esempio, lutilizzo della nozione di fascio
di circonferenze per determinare la circonferenza passante per tre punti non
allineati del piano. Siano P1 , P2 e P3 tre punti del piano non allineati. Per
determinare la circonferenza passante per i tre punti si pu considerare il fascio
di circonferenze con punti base P1 e P2 determinare lunica circonferenza del
fascio che passa per P3 . Per determinare il fascio di circonferenze possiamo
considerare la retta passante per P1 e P2 , che rappresenta lasse radicale di due
date circonferenze del fascio, e una qualsiasi altra circonferenza passante per
P1 e P2 , per esempio si pu considerare la circonferenza con centro nel punto
medio tra P1 e P2 e raggio R = d(P1 , P2 )/2.
91
kP Ck2 R2 = 0
P = P0 + su + tv
si perviene allequazione in s e t
k(P0 C) + su + tvk2 R2 = 0 ,
che equivalente alla
s2 + t2 + 2h(P0 C), uis + 2h(P0 C), vit + kP0 Ck2 R2 = 0
la quale rappresenta, tranne in un caso, una circonferenza del piano (eventualmente immaginaria). Il caso singolare si verifica quando lequazione dellintersezione diviene s2 +t2 = 0. Questo succede quando P0 tale che (P0 C)
perpendicolare sia u che a v ed inoltre la distanza di P0 da C pari al raggio della sfera, cio P0 un punto della sfera. Non difficile convincersi che
sotto queste condizioni il piano risulti tangente alla sfera nel punto P0 . Lintersezione del piano con la sfera contiene il solo punto P0 di coordinate reali
(s, t) = (0, 0). Ci nonostante, il polinomio s2 + t2 pu essere decomposto in
C nella forma (t + is)(t is) quindi lequazione s2 + t2 = (t + is)(t is) = 0
rappresenta due rete immaginarie incidenti in un punto reale.
Questo fatto suggerisce che lequazione di una circonferenza di un piano
possa essere data come intersezione del piano con una opportuna sfera. Bisogna verificare che dati e una circonferenza C di con centro in C esista una
sfera S la cui intersezione con sia C. La verifica di questo fatto immediata,
infatti basta prendere un qualsiasi punto C sulla retta per C perpendicolare al
piano e considerare la sfera di centro C e raggio pari alla distanza di C da
un qualsiasi punto di C.
S. Montaldo - Geometria Analitica - A.A. 2012/13
92
Geometria quadratica 1
k(P C)k2 R2 = 0
ax + by + cz + d = 0 .
2
2
2
2
d(C, P)
p = d(C, C ) + (C , P) , ovvero, R = d(C, C ) + R , da cui segue che
R = R2 d(C, C )2 .
Se invece si vuole determinare lequazione parametrica della circonferenza
S si procede nel modo seguente. Sia C il centro della circonferenza e sia
P un suo punto. Sia {u, v} una base ortonormale della giacitura del piano .
Denotiamo con langolo che C P forma con il vettore u, segue che OP =
OC + C P = OC + R cos u + R sin v. Sostituendo, in questultima, le
componenti di OC , u e v rispetto ad una base ortonormale {i, j, k} dello spazio
euclideo si ottiene la parametrizzazione della circonferenza.
5.1.8 Esercizi
1. Determinare lequazione della circonferenza avente centro nel punto di
intersezione delle rette y = x e x + y + 2 = 0 e passante per lorigine degli
assi .
2. Determinare lequazione della circonferenza avente per diametro il segmento OA con A = (6, 4).
3. Determinare lequazione della circonferenza avente centro nel punto C =
(3, 2) e tangente allasse x.
4. Determinare lequazione della circonferenza di centro C = (4, 1) e
tangente alla retta di equazione x + y + 1 = 0.
S. Montaldo - Geometria Analitica - A.A. 2012/13
93
94
Geometria quadratica 1
R2 (P C)
+C
kP Ck2
95
2y
x2 + y2 1
2x
,
,
=
1 + x2 + y2 1 + x2 + y2 1 + x2 + y2
2
2
Dimostrare che lapplicazione prN pr1
S : R \ {O} : R \ {O}
linversione per raggi reciproci rispetto alla circonferenza del piano
centrata nellorigine di raggio 1.
t (a, b) R .
96
Geometria quadratica 1
v
V
b
(a)
(b)
Determiniamo le parametrizzazioni del cilindro e del cono. Sia L(t) = (x(t), y(t), z(t))
e sia v = (v1 , v2 , v3 ), allora un punto P appartiene al cilindro con direttrice L e
generatrici parallele a v se e solo se, per qualche t (a, b), il vettore P L(t)
parallelo a v, cio se esiste s R tale che P L(t) = sv. Segue che i punti del
cilindro sono dati da
P(s, t) = L(t) + sv = (x(t) + sv1 , y(t) + sv2 , z(t) + sv3 ) .
Per determinare la parametrizzazione del cono con vertice in V = (x0 , y0 , z0)
e direttrice L(t) = (x(t), y(t), z(t)) basta osservare che un punto P appartiene al
cono se e solo se, per qualche t (a, b), il vettore P V parallelo al vettore
L(t) V, cio se esiste s R tale che P V = s(L(t) V). In questo caso il
cono risulta parametrizzato dalla
P(s, t) = V + s(L(t) V) = (x0 + s(x(t) x0 ), y0 + s(y(t) y0 ), z0 + s(z(t) z0 ) .
Un cono C si dice rotondo se la direttrice una circonferenza di un piano ed
il vertice appartiene alla retta per il centro della circonferenza e perpendicolare
al piano .
Un cilindro C si dice rotondo se la direttrice una circonferenza di un piano
e le generatrici sono perpendicolari ad .
97
x = R cos t
y = R sin t
z = s
x = s cos t
y = s sin t
z = s .
98
Geometria quadratica 1
Il lettore pi attento avr subito osservato che il polinomio sopra un polinomio omogeneo di secondo grado. Questo fatto non una coincidenza ed infattii
si pu dimostrare la seguente affermazione (la cui dimostrazione lasciata per
esercizio): il luogo geometrico dei punti dello spazio le cui coordinate soddisfano una equazione polinomiale omogenea rappresenta un cono con vertice
nellorigine.
Se adesso operiamo una traslazione T P0 , con P0 = (x0 , y0 , z0 ), si conclude immediatamente che un polinomio omogeneo nelle variabili x = xx0 , y = yy0
e z = z z0 rappresenta un cono con vertice in P0 . A titolo di esempio, lequazione (x 1)2 + (y + 2)2 (z 3)2 = 0 rappresenta un cono con vertice in
P0 = (1, 2, 3).
5.2.3 Esercizi
1. Date le rette
2x + y + z = 1
r=
x + 2y = 1
2x z + 1 = 0
r =
3x + y + z = 0
99
Scrivere lequazione parametrica e cartesiana del cilindro con direttrice r e generatrici parallele alla retta r .
Scrivere lequazione del cilindro con direttrice L e generatrici parallele alla retta r.
100
Geometria quadratica 1
(5.17)
y
b
b
a
b
F2
F1
a
x
(b )2 = (a )2 c2
(5.18)
101
102
Geometria quadratica 1
y
y= ba x
y= ba x
P
b
F2
F1
Figura 5.9.
Descriviamo adesso lellisse e liperbole utilizzando unaltra costruzione geometrica la quale ci permeter di definire una terza curva. Il problema geometrico si pu formulare nel modo seguente: fissati un punto F, detto fuoco, ed una
retta r nel piano, detta direttrice, (con F < r), determinare il luogo di punti P
del piano tali che
d(P, F)
=e
d(P, r)
dove e una costante reale positive chiamata eccentricit. Si veda la Figura 5.10.
Rispetto ad un qualsiasi riferimento cartesiano dove lasse delle x la retta per
F perpendicolare ad r, le coordinate del fuoco sono F = (c, 0), c R, mentre
la direttrice ha equazione x = d, d R. La condizione
dist(P, F)
=e
dist(P, r)
diventa
p
(x c)2 + y2 = e |x d| .
(5.21)
103
F
x
104
Geometria quadratica 1
r
F
x
5.3.1 Esercizi
2
x
1. Trovare due punti P e Q dellellisse 36
+
(6, 0) formino un triangolo equilatero.
y2
9
y
x
2. Sia R un rettangolo con vertici nellellisse 49
+ 24
= 1 e con due lati
perpendicolari allasse delle ascisse e passanti per i fuochi. Calcolare
larea di R.
105
=1
a2 b2
ammette una parametrizzazione data da
P() = (a cosh , b sinh ) .
Il caso della parabola risulta immediato. Normalmente per una parabola di
equazione
y2 = 2px
si sceglie la parametrizzazione
P(t) = (2pt2 , 2pt) .
S. Montaldo - Geometria Analitica - A.A. 2012/13
106
Geometria quadratica 1
F(x, z) = 0
(5.24)
y = 0 .
107
z
d
d
b
P0 = (d, 0, z)
P = (x, y, z)
x
y
Figura 5.12 Superficie di rivoluzione.
0
0
1 z(t)
= x(t) cos , x(t) sin , z(t) .
(5.26)
108
Geometria quadratica 1
5.5.1 Ellissoidi
Si consideri nel piano y = 0 lellisse di equazione
x2 z2
+
= 1.
a2 b2
Ruotando lellisse attorno allasse z si ottiene una superficie di rotazione, chiamata ellissoide di rotazione, la cui equazione, tenendo conto della (5.25),
x2 + y2 z2
+ 2 = 1.
(5.27)
a2
b
Laspetto della superficie, a seconda che a sia maggiore o minore di b, mostrato nelle Figura 5.13 e Figura 5.14. un esercizio utile descrivere le curve
ottenute intersecando lellissoide di rotazione con piani perpendicolari agli assi
coordinati. Per esempio, le intersezioni con piani perpendicolari allasse delle
z di equazione z = c, c R, sono circonferenze (eventualmente immaginarie)
di equazione
z = c
x2 + y2 = a2 1 c22 ,
b
in accordo con il fatto che la superficie di rotazione attorno allasse z. Il lettore dovrebbe descrivere i rimanenti casi.
In teoria si potrebbe considerare la superficie ottenuta dalla rotazione dellellisse attorno allasse delle x invece che attorno allasse delle z. Non difficile convincersi che il risultato di tale operazione genera una superficie di
equazione
x2 y2 + z2
+
=1
a2
b2
la quale, dopo il cambiamento di coordinate cartesiano x = z , y = y e z = x ,
si trasforma nella (5.27).
Generalizzando quanto visto in questo paragrafo definiamo ellissoide la superficie dello spazio che, rispetto ad un opportuno sistema di riferimento cartesiano, ha equazione
x2 y2 z2
+
+
= 1.
(5.28)
a2 a2 c2
S. Montaldo - Geometria Analitica - A.A. 2012/13
109
La (5.28) rappresenta una superficie il cui aspetto simile a quello delle Figure 5.13 e 5.14. Lunica differenza che nel caso in cui a, b, c siano distinti la
superficie non di rotazione rispetto ad alcun asse.
z
5.5.2 Iperboloidi
Procedendo allo stesso modo del paragrafo precedente si consideri, nel piano
y = 0, liperbole di equazione
x2 z2
= 1.
a2 b2
Ruotando liperbole attorno allasse z si ottiene una superficie di rotazione,
chiamata iperboloide di rotazione ad una falda, la cui equazione, tenendo
conto della (5.25),
x2 + y2 z2
2 = 1.
(5.29)
a2
b
Laspetto della superficie, mostrato nella Figura 5.15. Anche in questo caso
il lettore dovrebbe studiare le intersezioni delliperboloide ad una falda con i
piani perpendicolari agli assi coordinati.
110
Geometria quadratica 1
z
= 1,
a2 b2 c2
(5.30)
= 1,
a2
b2
S. Montaldo - Geometria Analitica - A.A. 2012/13
(5.31)
111
z
= 1,
a2 b2 c2
(5.32)
5.5.3 Paraboloidi
In questo paragrafo consideriamo il caso in cui si ruota una parabola attorno ad
uno degli assi coordinati. Si consideri quindi, nel piano y = 0, la parabola di
equazione
x2 = 2pz .
S. Montaldo - Geometria Analitica - A.A. 2012/13
112
Geometria quadratica 1
x4 = 4p2 (y2 + z2 )
la quale rappresenta una superficie la cui equazione data da un polinomio di
quarto grado. Siccome il nostro interesse nelle superficie la cui equazione
data da un polinomio di secondo grado, questo esempio esula dalla nostra
trattazione e non verr considerato.
Se invece ruotiamo la parabola attorno allasse delle z si ottiene la superficie di
equazione
x2 + y2 = 2pz ,
(5.33)
chiamata paraboloide di rotazione. Una rappresentazione del paraboloide di
rotazione mostrata in Figura 5.17.
113
z
y
Figura 5.17 Paraboloide di rotazione.
(5.34)
= 2z .
a2 b2
(5.35)
114
Geometria quadratica 1
z
Come mostreremo nel prossimo capitolo le equazioni delle coniche e delle quadriche viste in questo paragrafo e riassunte nella Tabella 5.1 sono, in qualche
modo, fondamentali per la comprensione dellequazione generale di una conica
o di una quadrica e, per questo motivo sono chiamate equazioni canoniche.
5.5.4 Esercizi
1. Dato lellissoide Q di equazione x2 + y2 + 4z2 = 1
Scrivere lequazione del cono con vertice nellorigine e direttrice L
data come intersezione di Q con il piano z = k.
Scrivere lequazione del cono con vertice V = (2, 0, 0) e direttrice
L data come intersezione di Q con il piano x = k.
Scrivere lequazione del cilindro con generatrici parallele a k e
tangenti allellissoide.
S. Montaldo - Geometria Analitica - A.A. 2012/13
Nome
Ellissoide
Iperboloide ad una falda
Iperboloide a due falde
Paraboloide ellittico
Paraboloide iperbolico
115
Equazione
Di rotazione
x2 y2 z2
+
+
= 1 se due tra a, b, c sono uguali
a2 b2 c2
x2 y2 z2
se a = b
+
=1
a2 b2 c2
x2 y2 z2
se b = c
=1
a2 b2 c2
x2 y2
se a = b
+
= 2z
a2 b2
x2 y2
= 2z
mai
a2 b2
Tabella 5.1 Equazioni canoniche delle cinque quadriche incontrate in questo paragrafo.
=z
16 4
con il piano y = 2.
6
Geometria quadratica
2: quadriche e coniche
affini
La geometria quadratica studia i luoghi dei punti del piano e dello spazio le cui
coordinate, rispetto ad un riferimento affine, soddisfano ad unequazione quadratica di secondo grado. Nel piano tali luoghi sono chiamati coniche e nello
spazio quadriche. Nel capitolo precedente abbiamo studiato diversi esempi di
coniche e di quadriche. Il presente capitolo si occupa della trattazione generale di questi luoghi di punti. In particolare, ci occuperemo dello studio delle
quadriche e delle coniche dal punto di vista affine.
117
(6.1)
con a11 , a22 , a33 , a12 , a13 , a23 non tutti nulli.
(b) Fissato un sistema di riferimento affine nel piano una conica Q il luogo dei punti P le cui coordinate (x, y), rispetto al sistema di riferimento
affine scelto, soddisfano ad una equazione del tipo
a11 x2 + a22 y2 + 2a12 xy + 2a10 x + 2a20 y + a00 = 0 ,
(6.2)
x
P = y
z
a11 a12
A = a12 a22
a13 a23
a13
a23 ,
a33
a10
a = a20
a30
una verifica diretta mostra che lequazione di una quadrica (6.1) si pu scrivere
nella forma matriciale
P AP + 2a P + a00 = 0.
(6.3)
118
Questo fatto ci permette di trattare la teoria delle coniche e delle quadriche senza distinzione, baster tener conto che la matrice A nel caso di una quadrica
di ordine 3 mentre di ordine 2 per una conica. Le stesse osservazioni valgono
per il vettore colonna a.
La matrice A prende il nome di matrice dei termini quadratici mentre il vettore a rappresenta i coefficienti dei termini di primo grado. bene osservare
sin da adesso che la matrice A simmetrica.
Se adesso denotiamo con
x
y
P = ,
z
1
e con
a11
a
A = 12
a13
a10
a12
a22
a23
a20
a13
a23
a33
a30
a10
a20
a30
a00
P A P = 0.
(6.4)
a11 a12 a10
x
A = a12 a22 a20 e P = y .
a10 a20 a00
1
Proposizione 6.3. La definizione di quadica (conica) non dipende dal riferimento affine scelto.
Dimostrazione. Sia
P AP + 2a P + a00 = 0
lequazione di una quadrica Q rispetto ad un riferimento affine (O, B). Sia
(O , B) un altro riferimento affine allora, tenendo conto della Proposizione 1.16,
P = MP + ,
dove M una matrice non singolare e un vettore colonna. Segue che lequazione della quadrica rispetto al riferimento (O , B)
(MP + ) A(MP + ) + 2a (MP + ) + a00 = 0 .
S. Montaldo - Geometria Analitica - A.A. 2012/13
119
(a ) = AM + a M ,
a00 = Q(),
assume lespressione
(P ) A (P ) + 2(a ) (P ) + a00 = 0 ,
che, essendo A = M AM una matrice simmetrica, rappresenta unequazione
quadratica nel riferimento (O , B).
Unispezione attenta della dimostrazione della Proposizione 6.3 ci permette di
provare la seguente
Proposizione 6.4. Siano A e A le matrici associate ad una quadrica Q rispetto
ad un riferimento affine dello spazio (O, B) e siano A e A le matrici associate alla stessa quadrica Q rispetto ad un altro riferimento affine dello spazio
(O , B). Allora,
rank(A) = rank(A ) ,
= rank(A )
rank(A)
e
det(A) = det(A ) ,
= det(A ) ,
det(A)
con > 0 .
120
Sia adesso
x
!
y
P
P = =
1
z
1
P
= M P ,
=
P =
0 1 1
1
dove M una matrice di ordine 4 con lo stesso determinante della matrice M.
Lequazione (6.4) della quadrica diventa, dopo il cambiamento di riferimento,
P ) = (P ) (M AM
)(P ) = 0 .
(M P ) A(M
Segue che
A = M AM
da cui A e A hanno lo stesso rango e
) = det(M )2 det(A)
.
det(A ) = det(M AM
hanno un imporLa Proposizione 6.4 mostra che i due numeri det(A) e det(A)
tanza nello studio affine delle quadriche. Da ora in poi indicheremo questi due
numeri con le seguenti lettere
= det(A) ,
.
= det(A)
Vediamo adesso quanti punti sono necessari per determinare una conica o una
quadrica. Si ha la seguente
Proposizione 6.5. Dati cinque punti nel piano in posizione qualunque esiste
una conica che li contiene. Dati nove punti nello spazio in posizione qualunque
esiste una quadrica che li contiene.
S. Montaldo - Geometria Analitica - A.A. 2012/13
121
=0
=0
=0
=0
=0
(6.6)
il quale, essendo un sistema omogeneo di cinque equazioni nelle sei variabili a11 , a22 , a12 , a10 , a20 , a00 , ammette (6) soluzioni (dove il rango della
matrice dei coefficienti). Siccome al massimo 5 esiste una soluzione non
banale. Se tale soluzione avesse a11 = a22 = a12 = 0, la (6.2) diventerebbe
lequazione 2a10 x + 2a20 y + a00 = 0 di un piano ed, in ogni caso, la conica
(2a10 x + 2a20 y + a00 )2 = 0 passerebbe per i cinque punti dati.
La dimostrazione per la quadrica analogo e quindi lasciata come esercizio.
Osservazione 6.6. La conica passante per i cinque punti non unica. Lunicit si ha quando il rango della matrice dei coefficienti del sistema (6.6) 5,
infatti, in questo caso, si avrebbero 1 soluzioni ed, essendo i coefficienti dellequazione di una conica univocamente determinati a meno di un fattore di
proporzionalit non nullo, si deduce che si ottiene ununica conica. La stessa
discussione vale nel caso delle quadriche.
122
P AP + 2a P + a00 = 0
P = P0 + sv + tw ,
dal quale si ottiene la condizione
Se (v Av), (w Aw) e (v Aw) non sono tutti nulli la (6.7) rappresenta lequazione di una conica nelle coordinate affini (s, t) del piano rispetto al riferimento
affine (P0 , B = {v, w}) del piano.
Non discutiamo adesso tutti i casi in cui (v Av) = (w Aw) = (v Aw) = 0 i
quali saranno trattati pi agevolmente una volta nota la classificazione delle
quadriche. A titolo di esercizio, se (v Av) = (w Aw) = (v Aw) = 0 definiamo
la forma bilineare simmetrica : R3 R3 R come (u1 , u2 ) = u1 Au2 .
Rispetto ad una base di R3 con primi due vettori v e w, cio {v, w, e3 }, la matrice
associata alla forma bilineare
0
0 m13
0 m23 ,
M = 0
123
P AP + 2a P + a00 = 0
P = P0 + tu .
Sostituendo la seconda equazione nella prima, svolgendo i calcoli e raccogliendo i termini, si perviene allequazione in t:
(u Au) t2 + 2(u AP0 + u a) t + Q(P0 ) = 0 .
(6.8)
Gli eventuali punti di intersezione della quadrica con la retta si ottengono risolvendo la (6.8) ed andando a sostituire le eventuali soluzioni nella parametrizzazione della retta.
La (6.8) pu presentare una delle seguenti tipologie:
(a) esistono due soluzioni reali o due soluzioni complesse coniugate;
(b) esistono due soluzioni reali coincidenti;
(c) esiste al massimo una soluzione (quindi reale);
(d) non esiste nessuna soluzione (reale o complessa);
S. Montaldo - Geometria Analitica - A.A. 2012/13
124
Analizziamo per primo i casi (c). Se esiste al massimo una soluzione vuol dire
che il coefficiente del termine di secondo grado della (6.8) vale zero. In questo
caso diamo la seguente
Definizione 6.8. Una direzione u si dice asintotica per la quadrica Q se tutte
le rette con direzione u (non contenute nella quadrica) intersecano la quadrica
in al massimo un punto, cio se u soddisfa alla condizione
u Au = 0 .
Se u = (l, m, n) linsieme delle direzioni asintotiche di una data quadrica
caratterizzato dallequazione
u Au = a11 l2 + a22 m2 + a33 n2 + 2a12 lm + 2a13 ln + 2a23 mn = 0 .
(6.9)
(6.10)
u AP0 + u a = 0 ,
Q(P0 ) , 0 .
Nella definizione precedente dire che lintersezione di una retta con una quadrica linsieme vuoto significa che non ci sono punti di intersezione sia con
coordinate reali che complesse.
Osservazione 6.10. La retta r completamente contenuta in una quadrica se la
(6.8) soddisfatta per ogni valore di t, cio se
u Au = 0 ,
u AP0 + u a = 0 ,
Q(P0 ) = 0 .
Quindi le rette contenute in una quadrica hanno, formalmente, direzione asintotica, nel senso che u Au = 0.
S. Montaldo - Geometria Analitica - A.A. 2012/13
125
(6.11)
1 = 0,
a2 b2
con + nel caso dellellisse e in quello delliperbole. Le
sono
1
1
!
a2
0
0
, a=
A = a
, A = 0 1
0
0 1
b2
b2
0
0
matrici A, a ed A
0 .
126
= 1/(a2 b2 ). Le
Si osservi che = det(A) = 1/(a2 b2 ), mentre = det(A)
= 0,
a2 b2
la quale si pu riscrivere come
!
!
l m l m
= 0,
+
a b a b
o
l
m
i
a
b
!
l
m
= 0,
+i
a
b
Si conclude che, nel caso delliperbole, esistono due direzioni asintotiche reali
u1 = (a, b) ,
u2 = (a, b)
1
0 x! x y
2
u1 AP + u1 a = (a, b) a
= =0
0 1 y
a b
b2
e
!
1
0
x
2
x y
= + = 0,
u2 AP + u2 a = (a, b)
1
0 y
a b
2
b
in accordo con quanto trovato nella sezione 5.3, si veda anche la Figura 5.9.
Nel caso dellellisse si trovano le due direzioni immaginarie
u1 = (a, ib) ,
u2 = (a, ib)
x
y
i = 0.
a
b
127
Le matrici A, a ed A sono
A=
0 0
,
0 1
a=
p
,
0
0 0 p
A = 0 1 0 .
p 0 0
= p2 . Le direzioni
In questo caso = det(A) = 0, mentre = det(A)
,
=
u A = (1, 0)
0
0 1
quindi, per la parabola, non esiste alcun asintoto.
128
Ellisoidi;
l 2 m2 n 2
= 0,
a2 b2 c2
Iperboloidi;
l 2 m2
= 0,
a2 b2
Paraboloidi.
A questo punto non difficile convincersi (il lettore deve per convincersi)
che le rette generatrici dei seguenti coni con vertice nellorigine (chiamati coni
asintotici) sono asintoti delle corrispondenti quadriche.
x2 y2 z2
+
+
= 0,
a2 b2 c2
x2 y2 z2
= 0,
a2 b2 c2
x2 y2
= 0,
a2 b2
Nel caso dellellissoide il cono asintotico immaginario, nel caso degli iperboloidi si trova un cono reale, mentre nel caso dei paraboloidi il cono asintotico
degenera in due piani incidenti reali (paraboloide iperbolico) o incidenti immaginari (paraboloide ellittico).
Si osservi infine che i coni asintotici sopra descritti non esauriscono tutti i
possibili asintoti di una quadrica. Per esempio se prendiamo il paraboloide
iperbolico di equazione z = x2 y2 , ogni piano z = costante interseca il paraboloide lungo uniperbole i cui asintoti sono anche asintoti delliperboloide e
non passando per lorigine non appartengono al cono.
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129
u AP0 + u a = 0 ,
Q(P0 ) = 0 .
In questo testo non faremo un analisi teorica partendo dalle condizioni indicate
sopra ma ci limiteremo a dimostrare la seguente
Proposizione 6.12. Il paraboloide iperbolico e liperboloide ad una falda
possiedono due famiglie ad un parametro di generatori rettilinei.
Dimostrazione. Lequazione (5.30) di un iperboloide ad una falda si pu scrivere come
x zx z
y
y
= 1
1+
.
+
a c a c
b
b
Segue che, per ogni t R, t , 0, le rette di equazione
x z
x z
y
y
=t 1
=t 1+
b
b
a c
a c
, rt :
rt :
x z 1
x z 1
y
y
1+
1
+ =
+ =
a c t
b
a c t
b
appartengono alliperboloide ad una falda. Si veda la Figura 6.1 per una rappresentazione grafica della famiglia rt .
Allo stesso modo si fa vedere che, per ogni t R, t , 0, le rette
x z
x z
=
2t
+ = 2t
a
c
a c
rt :
, rt :
x z z
x z z
=
+ =
a c t
a c t
S. Montaldo - Geometria Analitica - A.A. 2012/13
130
Figura 6.1 Una delle famiglie di generatori rettilinei dellIperboloide ad una falda.
Il lettore dovrebbe dimostrare adesso che le altre tre quadriche descritte nella
sezione 5.5 e riassunte nella Tabella 5.1 non contengono generatori rettilinei.
si ricava immediatamente che una retta per P0 tangente alla quadrica se e solo
se il vettore direttore u soddisfa alla condizione
(u AP0 + u a)2 (u Au) Q(P0 ) = 0 .
S. Montaldo - Geometria Analitica - A.A. 2012/13
(6.12)
131
Cerchiamo adesso il luogo geometrico delle rette per P0 tangenti alla quadrica Q. Se un punto P appartiene al luogo cercato, allora P appartiene ad una
delle rette del luogo e, di conseguenza, il vettore P P0 ha la direzione della
retta tangente. Segue che lequazione del luogo delle rette per P0 tangenti alla
quadrica si ottiene sostituendo u = P P0 nella (6.12). Si ottiene
[(P P0 ) AP0 + (P P0 ) a]2 [(P P0 ) A(P P0 )] Q(P0 ) = 0 .
(6.13)
(6.14)
La (6.13) diventa
Q(P, P0 )2 2Q(P0 ) Q(P, P0 )+Q(P0 )2 [(P P0 ) A(P P0 )] Q(P0 ) = 0 . (6.15)
Metendo in evidenza Q(P0 ) negli ultimi tre addendi della (6.15) e svolgendo i
calcoli si perviene alla condizione
Q(P, P0 )2 Q(P0 ) Q(P) = 0 .
(6.16)
La condizione (6.16) del tutto analoga alla (5.8) trovata nel caso in cui la
quadrica fosse una sfera. Lespressione di Q(P, P0 ) si ottiene per polarizzazione
del polinomio di secondo grado che definisce la quadrica. Operativamente
Q(P, P0 ) si ottiene tramite le seguenti sostituzioni
x2
y2
z2
xy
xz
yz
x
y
z
7
7
7
7
7
7
7
7
7
xx0
yy0
zz0
(xy0 + x0 y)/2
(xz0 + x0 z)/2
(yz0 + y0 z)/2
(x0 + x)/2
(y0 + y)/2
(z0 + z)/2 .
132
(6.19)
Nel caso di una conica la (6.19) rappresenta due rette parallele, mentre nel caso
di una quadrica la (6.19) un cilindro con generatrici parallele a u.
S. Montaldo - Geometria Analitica - A.A. 2012/13
133
P AP + 2a P + a00 = 0.
P1 + P2
.
2
Se parametrizziamo la retta r come P = C + tu i due punti di intersezione sono
P1 = C + t1 u e P2 = C + t2 u dove t1 e t2 sono le soluzioni dellequazione
C=
(t1 + t2 ) =
2(u AC + u a)
u Au
da cui
u AC + u a = 0 .
Infine, siccome esiste sempre una base dello spazio formata da direzioni non
asintotiche, lultima equazione implica che AC + a = 0 come richiesto.
Ripercorrendo i passaggi al contrario si ottiene immediatamente il viceversa.
S. Montaldo - Geometria Analitica - A.A. 2012/13
134
Osservazione 6.16. Dato un punto C si definisce riflessione centrale con centro in C la trasformazione affine : E3 E3 definita da (P) = 2C P.
Una definizione alternativa di centro di simmetria la seguente: C un centro di simmetria per una quadrica Q se il polinomio F(x, y, z) che definisce la
quadrica soddisfa alla condizione
P Q ,
F(P) = F(2C P) ,
R, , 0,
(6.21)
135
136
F 1 (P ) = F(P) = F(2C P)
F(21 (C) 1 (P ))
F 1 (2C P )
F (2C P ) .
(6.24)
La (6.24) dice esattamente che C = (C) un centro per la quadrica Q . Il lettore dovrebbe per fare attenzione che la trasformazione affine non lineare,
quindi luguaglianza tra la seconda e la terza riga della (6.24) non discende per
linearit e, di conseguenza, va dimostrata (per esercizio) esplicitamente.
Se una quadrica (conica) ha un centro di simmetria C possiamo scegliere un
riferimento affine con origine in C. Rispetto a tale riferimento lequazione che
definisce la quadrica (conica) di tipo speciale, come mostra la seguente
Proposizione 6.19. Rispetto ad un riferimento affine con origine in un centro
di una quadrica (conica) Q il polinomio F(x, y, z) che definisce la quadrica
(conica) non presenta i termini di primo grado. Viceversa, se il polinomio
F(x, y, z) che definisce la quadrica (conica) non presenta i termini di primo
grado lorigine un centro di simmetria.
Dimostrazione. Supponiamo che il centro di una quadrica Q di equazione
P AP + 2a P + a00 = 0
sia lorigine. Sia P un punto della quadrica, allora, essendo lorigine il punto
medio tra P e P = P, segue che P = P Q. Si ottiene quindi
P AP + 2a P + a00 [(P) A(P) + 2a (P) + a00 ] = 0 0 = 0 ,
la quale, dopo le ovvie semplificazioni, implica che
4a P = 0 ,
P Q.
137
(6.26)
138
u AP + u a = 0
P = P0 + tv ,
139
(6.28)
Allora esiste una trasformazione affine rispetto alla quale la conica ha equazione
y2 = Ax2 + 2Bx + C , A, B, C R .
(6.29)
Dimostrazione. Possiamo supporre che a22 , 0. Infatti, se fossero a22 = 0 e
a11 , 0, basterebbe considerare la trasformazione affine che manda x in y e y
in x per ricondursi al caso a22 , 0. Se invece fossero a22 = 0 e a11 = 0, allora,
necessariamente, a12 , 0 e la trasformazione affine
x 7 (x y)
y 7 (x + y)
x 7 x
y + a12 x + a20 7 y
si ottiene la (6.35).
140
(6.30)
Allora esiste una trasformazione affine rispetto alla quale la conica assume
una delle seguenti forme canoniche:
(i)
(ii)
(iii)
(iv)
(v)
(vi)
(vii)
(viii)
(ix)
y2
y2
y2
y2
y2
y2
y2
y2
y2
= x2 1
= x2 + 1
= x2 + 1
=x
= x2
= x2
= 1
=1
=0
(Ellisse immaginaria)
(Ellisse reale)
(Iperbole)
(Parabola)
(Rette immaginarie incidenti)
(Rette reali incidenti)
(Rette immaginarie parallele)
(Rette reali parallele)
(Rette reali coincidenti).
x 7 x
y 7 y
y2 = (x + B)2 + C 2 B2
y2 = (x B)2 + C + 2 B2 .
In entrambi i casi esiste una trasformazione affine che trasforma lequazione
nella
y2 = x2 + D , D = C 2 B2 .
(6.32)
S. Montaldo - Geometria Analitica - A.A. 2012/13
141
x 7 x
y 7 y
la (6.32) diventa
y2 = x2 +
D
.
2
(6.33)
y2 = x2
y2 = x2
(6.34)
(2Bx + C) 7 x
y 7 y
la (6.34) diventa il tipo
(iv) y2 = x
(Parabola) .
142
= rank(A )
rank(A)
e
det(A) = det(A ) ,
= det(A ) ,
det(A)
con > 0 ,
dove con A e A abbiamo indicato le matrici dellequazione della conica trasformata. Quindi i due ranghi e i due determinanti sono degli invarianti affini,
anche se va osservato che mentre il rango rimane numericamente uguale i due
determinanti vengono moltiplicati per una costante positiva. In ogni caso se
uno dei determinanti zero rimane zero. Bisogna per osservare che il segno
di non un invariante. Infatti, sebbene tramite una trasformazione affine
viene moltiplicato per una costante positiva, il segno di per una data conica
non univocamente determinato: se moltiplichiamo lequazione di una conica
essendo
per 1 si ottiene la stessa conica ma il determinante della matrice A,
3
di ordine 3, viene moltiplicato per (1) = 1 e quindi cambia segno. Al contrario, il segno di un invariante affine poich la matrice A di ordine 2.
Con un calcolo diretto degli invarianti sopra descritti per i nove tipi di equazioni canoniche determinati nel Teorema 6.25 si ottiene la Tabella 6.1. Dalla
Tabella 6.1 rimane da verificare che non sono affinemente equivalenti (i) con
(ii) e gli ultimi tre tipi (vii), (viii) e (ix). La conica (i) ha solo punti immaginari
S. Montaldo - Geometria Analitica - A.A. 2012/13
Equazione
(i)
y2 = x2 1
(ii)
y2 = x2 + 1
Nome
,0 >0
(Ellisse immaginaria)
,0 >0
(Ellisse reale)
(iii)
y2 = x2 + 1
,0 <0
(Iperbole)
(iv)
y2 = x
,0 =0
(Parabola)
(v)
y2 = x2
=0 >0
(vi)
y2 = x2
=0 <0
(vii)
y2 = 1
=0 =0
(viii) y2 = 1
=0 =0
y2 = 0
=0 =0
(ix)
143
mentre (ii) reale quindi non possono essere affinementi equivalenti. Per lo
stesso motivo (vii) non pu essere affinemente equivalente con (viii) o con (ix).
In fine, la matrice A del tipo (ix) lunica con rango uno.
La Tabella 6.1 mostra che le coniche affini si dividono in quelle con , 0
e quelle con = 0. Chiamiamo coniche non degeneri quelle con , 0
e coniche degeneri quelle con = 0. Un osservazione attenta della Tabella 6.1 mostra che una conica non degenere se non contiene nessuna retta e
di conseguenza il polinomio che la descrive irriducibile, nel senso che non
si pu scrivere come prodotto di due polinomi (eventualmente con coefficienti
complessi) di primo grado.
(6.35)
144
z2
z2
z2
z2
z2
z2
z2
z2
z2
z2
z2
z2
z2
z2
z2
z2
z2
= x2 y2 1
= x2 y2 + 1
= x2 + y2 + 1
= x2 + y2 + 1
= y2 + x
= y2 + x
= x2 y2
= x2 + y2
= y2 1
= y2 + 1
= y2 1
=y
= y2
= y2
= 1
=1
=0
(Ellissoide immaginario)
(Ellissoide reale)
(Iperboloide ad una falda)
(Iperboloide a due falde)
(Paraboloide ellittico)
(Paraboloide iperbolico)
(Cono immaginario)
(Cono reale)
(Cilindro immaginario)
(Cilindro ellittico)
(Cilindro iperbolico)
(Cilindro parabolico)
(Piani immaginari incidenti)
(Piani reali incidenti)
(Piani immaginari paralleli)
(Piani reali paralleli)
(Piani reali coincidenti)
Dimostrazione. Dalla Proposizione 6.26 esiste una trasformazione affine rispetto alla quale la quadrica assume la forma
z2 = F(x, y) ,
dove F(x, y) un polinomio di secondo grado in x e y. Se F(x, y) = 0 descrive
una conica esiste una trasformazione affine
x 7 x = 1 (x, y)
y 7 y = 2 (x, y) ,
del piano z = 0, rispetto alla quale la conica F(x, y) = 0 assume una delle nove
forme canoniche descritte nel Teorema 6.25. Quindi rispetto alla trasformazioS. Montaldo - Geometria Analitica - A.A. 2012/13
145
x 7 x = 1 (x, y)
y 7 y = 2 (x, y)
z 7 z
z2
z2
z2
z2
z2
z2
z2
z2
z2
z2
z2
z2
z2
= x2 y2 1
= x2 y2 + 1
= x2 + y2 + 1
= x2 + y2 + 1
= y2 + x
= y2 + x
= x2 y2
= x2 + y2
= y2 1
= y2 + 1
= y2 1
= y2
= y2
(Ellissoide immaginario)
(Ellissoide reale)
(Iperboloide ad una falda)
(Iperboloide a due falde)
(Paraboloide ellittico)
(Paraboloide iperbolico)
(Cono immaginario)
(Cono reale)
(Cilindro immaginario)
(Cilindro ellittico)
(Cilindro iperbolico)
(Piani immaginari incidenti)
(Piani reali incidenti).
(Cilindro parabolico),
Nel secondo caso F(y, x) = c, con c costante, e, a seconda che il valore di c sia
maggiore, minore o uguale a zero, si trovano le ultime tre forme canoniche:
(xv)
z2 = 1
(xvi) z2 = 1
(xvii) z2 = 0
146
Equazione
(i)
z2 = x2 y2 1
(ii)
(iii)
z2 = x2 y2 + 1
z2 = x2 + y2 + 1
(A))
((A),
Nome
>0 ,0
(4, 3)
(Ellissoide immaginario)
<0 ,0
(4, 3)
(Ellissoide reale)
>0 ,0
(4, 3)
(iv)
z2 = x2 + y2 + 1
<0 ,0
(4, 3)
(v)
z2 = y2 + x
<0 =0
(4, 2)
(Paraboloide ellittico)
(vi)
z2 = y2 + x
>0 =0
(4, 2)
(Paraboloide iperbolico)
(vii)
z2 = x2 y2
=0 ,0
(3, 3)
(Cono immaginario)
=0 ,0
(3, 3)
(Cono reale)
=0 =0
(3, 2)
(Cilindro immaginario)
z2 = y2 + 1
=0 =0
(3, 2)
(Cilindro ellittico)
z =y 1
=0 =0
(3, 2)
(Cilindro iperbolico)
(viii)
(ix)
(x)
(xi)
z2 = x2 + y2
z2 = y2 1
2
(xii)
z2 = y
=0 =0
(3, 1)
(Cilindro parabolico)
(xiii)
z2 = y2
=0 =0
(2, 2)
(xiv)
z2 = y2
=0 =0
(2, 2)
(xv)
z2 = 1
=0 =0
(2, 1)
z2 = 1
=0 =0
(2, 1)
(xvii) z2 = 0
=0 =0
(1, 1)
(xvi)
Per terminare dobbiamo verificare che i diciassette tipi di quadrica nella Tabella 6.2 non sono a due a due affinementi equivalenti. Tramite luso degli
invarianti, rimangono ancora alcuni casi irrisolti dei quali discutiamo adesso.
S. Montaldo - Geometria Analitica - A.A. 2012/13
147
Il tipo (i) non equivalente al tipo (iii) in quanto in un caso la quadrica immaginaria e nellaltro caso reale. Il tipo (ii) non equivalente al tipo (iv) poich
il cono asintotico di (ii) immaginario mentre quello di (iv) reale. Il tipo (vii)
essendo immaginario non equivalente al tipo (viii). Il tipo (ix) essendo immaginario non pu essere equivalente al tipo (x) o al tipo (xi), mentre i due tipi
(x) e (xi) avendo coni asintotici rispettivamente immaginari e reali non sono
equivalenti. Il tipo (xiii) una quadrica immaginaria e quindi non equivalente
al tipo (xiv). In fine il tipo (xv), poich immaginario, non equivalente al tipo
(xvi).
7
Geometria quadratica
3: quadriche e coniche
euclidee
Questo capitolo dedicato allo studio delle quadriche e delle coniche dal punto di vista euclideo. In particolare, daremo la classificazione euclidea delle
quadriche e delle coniche.
149
nella forma
hP, APi + 2ha, Pi + a00 = 0.
Diamo adesso limportante
Definizione 7.1. Una direzione u una direzione principale per una quadrica
(conica) se perpendicolare a tutte le direzioni ad essa coniugate.
In pratica una direzione u principale se hu, vi = 0 per ogni direzione v tale
che hu, Avi = 0. Segue immediatamente che il piano diametrale (il diametro)
coniugato ad una direzione principale u perpendicolare ad u.
Geometricamente, dalla definizione di diametro coniugato, si ottiene immediatamente che se un punto P appartiene ad una quadrica (conica), allora il
suo simmetrico rispetto ad un piano diametrale coniugato (diametro coniugato) ad una direzione principale appartiene ancora alla stessa quadrica (conica).
Questa propriet implica che un diametro coniugato ad una direzione principale divide la quadrica (conica) in due parti simmetriche rispetto al diametro.
Questo fatto suggerisce la seguente
Definizione 7.2. Il diametro coniugato ad una direzione principale prende il
nome di piano di simmetria nel caso di una quadrica e asse di simmetria nel
caso di una conica.
Diamo adesso un criterio per determinare le direzioni principali.
Proposizione 7.3. Sia Q una quadrica (conica) di equazione
hP, APi + 2ha, Pi + a00 = 0.
Una direzione u principale se e solo se un autovettore della matrice A
relativo ad un autovalore diverso da zero.
Dimostrazione. Sia u una direzione principale, per ogni direzione v tale che
hAu, vi = 0 si ha hu, vi = 0. Segue che sia Au che u sono perpendicolari alla
giacitura del piano coniugato ad u la quale ha dimensione 2. Quindi Au e u
appartengono ad un sottospazio vettoriale di dimensione 1 e quindi sono proporzionali, cio esiste un , 0 tale che Au = u.
150
(7.1)
o, equivalentemente,
a12 xy + a10 x = 0.
(7.2)
151
Siccome le equazioni in (7.2) devono essere soddisfate entrambe dalle coordinate di tutti i punti della conica si perviene, dopo un attenta analisi, alla conclusione che lequazione della conica deve essere una delle due di (7.2) mentre i
coefficienti dellaltra devono essere nulli (cio la condizione unidentit). La
dimostrazione per le quadriche analoga e viene lasciata come esercizio.
A questo punto il lettore dovrebbe ripercorrere gli esempi di coniche e quadriche visti nel Capitolo 5 e determinare per ognuno le direzioni principali e i
corrispondenti piani o assi di simmetria.
(7.3)
152
(i)
(ii)
(iii)
x2 y2
+
= 1
a2 b2
x2 y2
+
=1
a2 b2
x2 y2
=1
a2 b2
(Ellisse immaginaria)
(Ellisse reale)
(Iperbole)
(iv)
y2 = 2px
(Parabola)
(v)
x2 + b2 y2 = 0
(vi)
x2 b2 y2 = 0
(vii)
x2 = a2
(viii)
x2 = a2
(ix)
x2 = 0
(7.4)
(7.5)
153
(m R)
(i)
(iii)
(vii)
x2 x2
+
= 1
a2 b2
x2 x2
= 1
a2 b2
x2 = a2
Ellisse imm.
Iperbole
(m R)
x2 x2
+
=1
a2 b2
x2 x2
=1
a2 b2
x2 = a2
Ellisse reale
Iperbole
(vi)
(ix)
x2 = 0
(a22 = 0).
154
(iv) y2 = 2px
Parabola
(p = a10 /a22 ).
x2 = a2
x2 = a2
y2 = 0
Rette coincidenti.
(i)
(ii)
(iii)
(iv)
(v)
(vi)
(vii)
(viii)
(ix)
(x)
(xi)
x2
a2
x2
a2
x2
a2
x2
a2
x2
a2
x2
a2
x2
a2
x2
a2
x2
a2
x2
a2
x2
a2
+
+
+
+
+
+
+
y2
b2
y2
b2
y2
b2
y2
b2
y2
b2
y2
b2
y2
b2
y2
b2
y2
b2
y2
b2
y2
b2
z2
c2
z2
+ 2
c
z2
2
c
z2
2
c
+
= 1
(Ellissoide immaginario)
=1
(Ellissoide reale)
=1
=1
= 2z
(Paraboloide ellittico)
= 2z
(Paraboloide ipererbolico)
z2
=0
c2
z2
2 =0
c
+
155
(Cono immaginario)
(Cono reale)
= 1
(Cilindro immaginario)
=1
(Cilindro ellitico)
=1
(Cilindro iperbolico)
(xii)
y2 = 2px
(Cilindro parabolico)
(xiii)
x2 + b2 y2 = 0
(xiv)
x2 b2 y2 = 0
(xv)
x2 = a2
(xvi)
x2 = a2
(xvii)
x2 = 0
156
(7.6)
= rank(A )
rank(A)
e
det(A) = det(A ) ,
= det(A ) ,
det(A)
157
Con un calcolo diretto degli invarianti euclidei per i nove tipi di equazioni canoniche di coniche, come descritte nel Teorema 7.6, si ottiene la Tabella 7.1 dove
per gli autovalori della matrice A usiamo la notazione che + + indica autovalori
dello stesso segno (non necessariamente positivi), + indica due autovalori di
segno opposto e + 0 indica che un autovalore zero.
Tipo
(i)
(ii)
(iii)
Equazione
x2 y2
+
= 1
a2 b2
x2 y2
+
=1
a2 b2
x2 y2
=1
a2 b2
Autov. (,
) Nome
,0 >0
++
(3, 2)
(Ell. imm.)
,0 >0
++
(3, 2)
(Ell. reale)
,0 <0
(3, 2)
(Iperbole)
(iv)
y2 = 2px
,0 =0
+0
(3, 1)
(Parabolga)
(v)
x2 + b2 y2 = 0
=0 >0
(2, 2)
(vi)
x2 b2 y2 = 0
=0 <0
(2, 2)
(vii)
x2 = a2
=0 =0
+0
(2, 1)
(viii)
x2 = a2
=0 =0
+0
(2, 1)
(ix)
x2 = 0
=0 =0
+0
(1, 1)
158
nella classificazione euclidea ogni tipo presenta infinite coniche che non sono
equivalenti per isometrie e quindi distinte dal punto di vista euclideo.
Nel caso delle quadriche il calcolo degli invarianti euclidei per i 17 tipi di equazioni canoniche, come descritte nel Teorema 7.7, conduce alla Tabella 7.2.
Tipo
(i)
(ii)
(iii)
(iv)
(v)
(vi)
(vii)
(viii)
(ix)
(x)
(xi)
Equazione
x2
a2
x2
a2
x2
a2
x2
a2
x2
a2
x2
a2
x2
a2
x2
a2
x2
a2
x2
a2
x2
a2
+
+
+
+
+
+
+
y2
b2
y2
b2
y2
b2
y2
b2
y2
b2
y2
b2
y2
b2
y2
b2
y2
b2
y2
b2
y2
b2
z2
c2
z2
+ 2
c
z2
2
c
z2
2
c
159
Autov. (,
) Nome
= 1
>0 ,0
+++
(4, 3)
(Elliss. imm.)
=1
<0 ,0
+++
(4, 3)
(Elliss. reale)
=1
>0 ,0
++
(4, 3)
=1
<0 ,0
++
(4, 3)
= 2z
<0 =0
++0
(4, 2)
(Parab. ellittico)
= 2z
>0 =0
+0
(4, 2)
(Parab. iper.)
=0 ,0
+++
(3, 3)
(Cono imm.)
=0 ,0
++
(3, 3)
(Cono reale)
= 1
=0 =0
++0
(3, 2)
(Cilindro imm.)
=1
=0 =0
++0
(3, 2)
(Cilindro ell.)
=1
=0 =0
+0
(3, 2)
(Cilindro iper.)
z2
+ 2 =0
c
z2
2 =0
c
(xii)
y2 = 2px
=0 =0
+00
(3, 1)
(Cilindro parab.)
(xiii)
x2 + b2 y2 = 0
=0 =0
++0
(2, 2)
(xiv)
x2 b2 y2 =0
=0 =0
+0
(2, 2)
(xv)
x2 = a2
=0 =0
+00
(2, 1)
(xvi)
x2 = a2
=0 =0
+00
(2, 1)
(xvii)
x2 = 0
=0 =0
+00
(1, 1)
160
(7.7)
M = 2 ,
N = 3 .
161
.
1 2 3
(7.8)
I coefficienti L e M sono come nel caso delle coniche a centro i due autovalori
1 e 2 della matrice A diversi da zero, quindi
L = 1 ,
M = 2 .
Per determinare P si utilizza come nel caso delle coniche a centro linvariante
. Si ottiene
= LMP2
da cui
.
1 2
Si osservi che il segno di e degli autovalori 1 e 2 , nel caso dei due paraboloidi, assicurano che /(1 2 ) sia una quantit positiva.
2 =
M = 2 ,
(7.9)
162
7.4 Esercizi
163
7.4 Esercizi
Delle quadriche seguenti determinare: leventuale centro, gli eventuali coni
asintotici, le direzioni principali e i piani di simmetria; il tipo. Determinare poi
un cambiamento di riferimento rispetto al quale lequazione della quadrica si
riduce ad una delle forme canoniche euclidee e determinare la forma canonica.
1. z xy = 0
2. 6xz + 8yz 5x = 0
3. 6xz + 8yz 5 = 0
4. 3x2 + 2y2 + 2xz + 3z2 4 = 0
S. Montaldo - Geometria Analitica - A.A. 2012/13
164