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In questo libro Barthes intonde affermare Pesistenza di una realth della forma indipendente dalla lingua c dallo stile, cercare di mo- strare come questa terza dimensione formale leghi lo scrttore alla sua societite di far risaltare che non vi letteratura senza morale del linguaggio. Al fine di individuare questi aspett, egli studia le tra: sformazioni del linguaggio letterario lungo un percorso che muove dalla scriteura trasparente dei classiei, passa per quella sempre pit torbida del x1x secolo sino a giungere alla scrittura d’oggi, priva di estranea al linguag. Bio, 8 come lo sguardo di un“intenzione che non gid pit quella del linguaggio. Questo sguardo pud benissimo es- SCRITTURE POLITICHE 7 sete una passione del linguaggio, come nella scrittura let- teratia; es30 pud essare anche la minaccia di una penalit), come nelle scritture politiche: Ia scrittura ha in questo cu- 50 il compito di congiungere in un sol trato la realth degli uti ¢ Videalith dei fini, E per questo_che il potere, 0 Vombra del potere, finiscono sempre per istituire unascrit- tare assologin incl pereorso che dsolto separ fat to dal valore & soppreiso hello spizio stess0_del termine, dato cont sialon € SOME Blo venta un alibi (clo uit fe scriture letterarie dove ‘unit’ dei segni & attratta contemporaneamente da zone di infra o ai ultraclinguaggio; ¢ Jo & ancor pit per le scriteure politiche, dove alibi del linguaggio & nello stesso tempo glorificazione ¢ intimidazione: in effetti, sono il potere o la lotta che producono i tipi pitt puri di scrittura, ‘Vedremo pitt avanti che la scrittura classica manifesta- va cerimonialmente Vinserimento dello serittore in una societ2 politica particolare ¢ che parlare come Vaugelas, volle dire prima di tutto rifarsi all'esercizio del potere. Se Ja Rivoluzione non ha modificato le norme di questa scrit- tura, in quanto elemento pensante restava tutto somma- to lo stesso e passava soltanto dal potere intellettuale a quello politico, le condizioni eccezionali della lotta hanno etd prodotto proprio in seno alla grande Forma classica ‘una serittura prettamente rivoluzionatia, non per Ja sun struttura, pitt aceademica che mai, ma per Ja sua chiusura ce pet le sue corrispondenze, dato che Vesercizio del lin- ‘guaggio era allora legato, come non si.era ancora mai dato nella Storia, al sangue versato, T rivoluzionari non aveva- no alcuna rigione di voler modificare Ia sritura classic ‘essi non pensavano affatto a mettere in causa la natura dell’uomo, ancor meno il suo linguaggio, ¢ uno «strumen- to» ereditato da Voltaire, da Rousseau o da Vauvenar- ‘gues, non poteva ai loro occhi risultare compromesso. Cid che ha formato V'identita della serittura rivoluzionatia & In singolaritA delle situazioni storiche, Baudelaire ha parlato da qualche parte della «verit’ enfatica del gesto nelle ‘grandi circostanze della vitan, La Rivoluzione fu per ec- cellenza una di quelle grandi circostanze in cui la verit, 18 IL GRADO ZERO DELLA SCRITTURA pet il sangue che costa, diventa cos! grave che richiede, per esprimersi, le forme proprie delPamplificezione tex trale, La scrittura rivoluzionaria fu quel gesto enfutico che sol pote far seuito alla fora qutidina, Cid che ong sembra ampollosih allora non era altro che la misura della realt), Quella scritara, che ha in s¢ tutti segnt dell’infla- one, fa una scrittura esatta: mai linguaggio fu pit inve- rosimile ¢ meno impostore. Questa enfasi non era soltan- to la forma modellata sul dramma; ne cra anche Ja co- scienza, Senza quel paludamento stravagante proprio di tutti i grandi rivoluzionari, che permetteva al gitondis Guadet, arestato a Saint-Emilion, di dichiarare senz'om- bra di ridicolo perché andava a morize: «St, sono Guadet. Bola, fail tuo dovere, Porta Ia mia testa ai tiranni della patria, Li ha fatti sempre impallidire: mozzata, li fara {mpallidire ancot pid», la Riveluzione non avrebbe potu- to essere quell’avvenimento mitico che ha fecondato la Storia e ogni idea futura di Rivoluzione, La scrittura rivo- Tuzionaria fu in qualche modo Ventelechia della leggenda rivoluzionaria: essa intimidiva ¢ imponeva una consacra- zione civica del Sangue. La scrittura marxista & tutt'altra cosa, Qui la chiusura della forma non proviene da un’amplificazione retotica né dd urvenfas del eloguio, ma ha un lessico funzionale come un vocabolatio tecnico; Te meta- fore vi sono sigidanente codicts, La Sxitura francese rivoluzionaria fondava sempre un diritto di sangue o una giustificazione morale;-all’origine, la scrittura marxista data come un linguaggio della conoscenza; qui la scrittura Sunivocn perehe & destnata a mantenere la coesione di tuna Natura, e cid che le permette di imporre una stabilith delle spiegavioni e una permanenza di metoclo & proprio la sun identi level, Solo al termine del so lingonggio marxismo raggiunge comportamenti puramente politici. ‘Quanto Ja serittura francese rivoluzionatia & enfatica tan- toa scrittura marxista 8 litotica, perché in essa ogni pato~ In tidotta a esiguo riferimento allinsieme dei princi che la sostengono in manera inconfessata. Pet esempio la SCRITTURE POLITICHE 19 parola , e la servilit dei giudici diventava la «paterna igilanza dei magistrati» (ai giorni nostri, mediante. un pprocedimento analogo, il gollismo chiama «separatisti» i Eomunisti). B evidente che qui In scittura fanziona come tana buona coscienza e che essa ha per missione di far toincidere in modo fraudolento Vorigine del fatto € la sua #4 Jontana trasformazione, dando alla giustifieazione del Pavione In garanzia della sua realth, Questo genere di sri tura del resto proprio a tuttii regimi autoritari; & cid che si potrebbe chiamare serittura polizesca: per esempio foto il contenuto eternamente repressivo della parola subito svanita, grazie allo sfondo perfettamente ‘convenzionale ed esile della terza person amente il percorso esemplare dei primi Cayrol. Ma mentre nei classici — ed & noto che per quanto riguarda la scrittura il classicismo azriva fino a Flaubert — Pallontanamento della persona biologica prova di una corrispondente installazione dell'somo come essenza, nei romanzieti come Cayrol invasione dell’«egli» & una con- quista progressiva condotta contro la spessa ombra del- Peio» esistenziale; cost il Romanzo, idestificato mediante i suo segni pit formali, & un atto di socialita; esso fonda «In Letteratura, ‘Maurice Blanchot ha dimostrato a proposito di Kafka che Velaborazione del racconto impetsonale ( da notare, ‘a proposito di questa espressione, che la «terza persona» & sempre data come un grado nepntivo della persona) er un atto di fedeltd allessenza del linguaggio, dato che questo tende naturalmente alla propria distruzione, Si capisce allora come I'«egli» sia una vittoria sull’¢io», nella misura in cui esso realizza una condizione che & al tempo stesso pit letteraria e pid distaccata, Tuttavia Ja vittoria 2 conti- ‘uamente compromessa: In convenzione letteraria del- Pacpli» & necessaria all’assottigliamento della persona ma rischin n ogni momento di ingombtarla con uno spessore inatteso. La Letteratura 2 come il fosforo: brilla di pid nel ‘momento in cui tenta di morire, Ma siccome, d'altea par- te, essa & un atto che implica necessariamente la durata — LA SCRIRTURA DEL oMANZD ¥ soprattutto nel Romanzo ~, in ulti isi Hi Komaugo tena Hele Lgee La tay penne det he sanzo ® quindl uno de segnt pit casesivi di quella trap fn ele sea ae ‘sec6l0 SCOFSO, Guado, sotto peso della Storin;-larLetteratuira si & i dalle soe ci-bcconaua. Teal terza persona a Bal zac e quella di Flaubert, c’ tutto un mondo (quello del 1848): Id una Storia aspra nel suo spettacolo, ma cocrente g,sicatay il trionfo di un ordine; qui un’arte che, per iggite alla cattiva coscienza, insiste nella convenzione 0 tenta di listraggetla con impeto. La modernita comincia con la aes ‘una Letteratura impossibile, Dive = henry whi EN ‘omapzo, Papparato distruttivo € Tere modern Ritroviamo cost, resutrezionale insien® proprio di tutta jntenzionale. lt darata, perché & impossibile sviluppare una negeai sel tempo, sea cra ore pis un erineche leve essere nuovamente distrutto, Cos Ie pi grandi re della moderith sf fermano il pia lungo posebil, per una sorta di miracolosa resistenza, ale soglie della Lette- ratura, in quello stato vestibolare in cui Io spessore della 2 dato, dsteso, senza essere ancora tuttavia distrutto dal coronamento di un ordine dei segni; c’t, per esempio, Ja prima persona di Proust, a cui opera ® tutta uno sforzo prolungato estardato nella diezione della Letteratura. © 2 Jean Cayrol, il quale accede volutamente al Romanzo solo al termine pit tardo del soliloquio, come se l'atto letterari, supremamente ambiguo, potesse produrre una ‘reazfone consacrata dalla societd solo nel momento in cut eriuscito a listruggere Ja densita esistenziale di una dura- (a priva fino a quel momento di significayo, a suna Mort; esso it i fee patentee toc significative, Ma questa trasformazione pud compier- x 1 onapo ZER0 DELLA ScRITTURA i soltanto sotto gli occhi della societa. sieta. a igor Roman, eb tun complesso pe come tre spa ¢ come Storia. co Ic Fare tone, cola pele cron dei segni narrativi si riconosce i] patterche-lege; con tutta fa solennita proptia delltte, Io seritiore alla societ. TL ato remoto ¢ la terza 0 TOR 30n0 ‘re chest gesipineuzabilecon-culo-eitore adda la sur maschieta, ‘atta la Letteratura pud dite: «Lereatus 7 indicando Ja mia maschera. Che sia l'e- Sperienza inumana del poeta, il quale si addossa la frattura pit grave, quella del linguaggio sociale, o che sia la men- zogna credibile del romanziere, a sinceritA ha qui bisogno__ i gegni fls fall aiscte ti Prodoti ala ine la font dt questa am- ‘Bigutta, & 1 scriteura- Questo linguageio speciale, il cul 1uso di allo sritfofe una funzione gloriosa ma controllata, ‘manifesta tna sorta di servitd invisibile nei primi passi, see ettarstcn a Opal responnabiiayfr eta, libera ai suoi esordi, finisce per esseréi avyine ce lo seritore a une Storia anch’essa incatenata: Ja societ Jo march ‘segnt trequivocabili fine di tra- scinarlo con pif sicurezza nella propria'alienazione. Esiste una serittura poetioa? In epoche classiche la prosa e Ia poesia sono delle gran- dezze, Ia loro differenza & misurabile; esse non sono né pit né meno lontane di due numeri differenti, contigue come questi, ma diverse proprio per la differenza della loro quantita, Se chiamo prosa un discorso minima, il veicolo pid economico del pensiero, e se chiamo a, b, c, certi attributi particolari del linguageio, inutili ma decorativi, come il metro, la rima o il rituale delle immagini, tutta la superficie delle parole start nella doppia equazione di Jourdain: Poesia = Prosa+a+b+e Prosa = Poesia~a—b~e Da cui risulta con evidenza che Ja Poesia & sempre differente dalla Prosa. Ma questa differenza non® di essen- 1a bensf di quantita. Essa non attenta dungue all’unith di Jinguaggio, che 2 un dogma classico, I modi di parlare vvengono dlosati diversamente secondo le oceasioni sociali: ‘ota prosa o eloquenza, ora poesia o preziosita, tutto un rituale mondano delle forme di espressione, ma dapper- tutto un solo linguaggio, che riflette le categorie eterne dello spitito. La poesia classica era semplicemente sentita come una vatiazione omamentale-delle-Prosa;il-frutto di un‘arte (cio8 di wna~teentea), tai come un linguaggio dene reomet, odo ans STA parole, a SS ae lecorativa, allusiva o enfatica, di una prosa virtuale che giace in es- senza 0 in potenza entro qualsiasi modo dell’esprimersi. «Poeticon, nelle epoche sich, non designa alcuna e- 32. {IL GRADO ZERO DELLA SCRITTURA stensione, alcun particolare spessore del sentimento, al- feuna coerenza, alcun universo diviso, ma solo V’inflessione Gi una tecnica verbale: quella di «esprimersi» secondo regole pit belle, dunque pit sociali, di quelle della con- vversazione, cio’ proiettare al di fuori di un pensiero in- tetiore, scaturito gid tutto attrezzato dallo Spirito, una parola socializata dalla stessa evidenza della sua conven- zione. Si sa che niente resta di questa struttura nella poesia moderna, Ia poesia che parte, non da Baudelaire, ma da Rimbaud, salvo riprendere su un modulo tradizionale ben collaudato gli imperativi formali della poesia classica: i poet! fanno ormai della loro parola come una Natura chit fa, tale da abbracciate al tempo stesso la funzione ¢ la struttura del linguaggio. Allora la Poesia non ® pid una rosa intessuta di ornament o privata di libert2. & invece ‘una qualita jrriducibile.¢ senza retaggio alcuno, Non pit attributo, (oa sostanza, p-di-conseguesiza pud benissimo inunciare al-segni,_giacché porta Ja propria natura in se Stessa ¢ non deve far altro che manifestare all'esterno a opria identi: i linguaget poetici e prosastici sono al i ti per poter fare a meno dei segni relativi alla loro alterita. v ets! rapporti dl pnsiro ¢ del Lingungsio sono eapovolti; nellatte classica un pensiero gid formato divite auna parola chelo «esprime>, che lo «traduce. IL ppensiero classico & senza durata, a poesia classica ha solo fuella che necessaria al suo congegnarsi tecnico, Nella poetica moderna, al contrario, le parole producono una Eorta di continuita formale da cui emana a poco a poco tuna densita intellettuale o sentimentale impossibile senza ddiesse; Ja parola diventa il tempo denso di una gestazione pid spirituale, durante la quale il «pensiero viene prepa- ato, localizzato a poco a poco dalla casualith delle parole. Questa possiblita verbale, da cui viene a cadere il fratto ‘muatturo di un significato, presuppone pereid un tempo poe- tieo che non & pit quello di una «fabbricazione», bens! wuello di un’eventuale avventura, Pincontro di un segno € dW o'intenzione, La poesia moderna si oppone allarte classiea per una differenza che comprende tutta Ia struttu- ESISTE UNA SCRITTURA POETICA? 33 1 del linguaggio, senza lasciare tra queste due poesie al- cun altro punto comune che non sia una stessa intenzione sociologica. L’economia del linguaggio classico (Prosa e Poesia) & relazionale, cio? le parole vi sono astratte il pit pence -vantaggio dei loro rappotti. In esso nessuna parola & den- sn di per se stessa: essa 2 appena il segno di una cosa ¢, assai pit, lo strumento di un Iegame, Lungi dall"immer- gersi in una realta interiore consustanziale al proprio di- segno, essa si estende, appena proferita, verso altre paro- Ie, in’ modo da formare una connessione superfciale di intenzioni, Uno sguardo al linguaggio matematico permet- teri forse di capire la natura relazionale della prosa ¢ della poesia classiche: & noto che nella seritrura matematica, ron solo ogni quantita & muita di segno, ma anche i ‘apport che leno quste quant sono a oro volta ie scritti, con un segno di operazione, di uguaglianza o di differenza; si pud dire che "aaoitmovmest del dices ‘matematico proviene da una lettura esplicita dei suoi le- ‘ami, Il linguaggio classico & animato da un movimento analogo, anche se evidentemente meno tigoroso: Je sue «parole», neutralizzate, allontanate mediante il ricorso severo a una tradizioné che assorbe Ja loro freschezza sfuggono allaccidente sonoro © semantico che potrebbe concentrare in un punto i sapore del linguaggio e arre- starne il movimento intellettuale a vantaggio di un edo- rismo mal distribuito. La continuita classica & una succes- sione di elementi la cui densita & uguale, soggetta a una stessa pressione emozionale, inibitrice di ogni tendenza n un significato individuale € come inventato. Lo stesso lessico poetico & un lessico uso, non d'invenzione: le immagini assumono carattere particolare nellinsieme, non isolatamente, per consuetudine, non per ereazione. a fursone del beta clasce non dunaue d paféle nuove, pid den: igo beta dl opsinre ‘uil ane protocollo, ite la stmmnetra of concisio- ne aT" aogenter- St Pao SERFS -pensicro al limite esatto di un metro, I concetti classic sono concetti 34. IL GRADO ZERO DELLA SCRITTURA ddi apport, non di parole: si tratta di un'arte dll'espres- sone, non delPinvenzione; qui le parole non riproducono, ome pid tardi, per una specie di violenta einattesaaltez- za, la profondita ¢ Ja singolarita di un'esperienza; sono ftdinate in superficie, secondo le esigenze di un'economi elegante o decorativa, Si resta incantati dalla formulazio- ne che le unis, non dalla potenzao bellezaa loro proprie. “Sena dubbIO il linguaggio classico non raggiunge Ja perferione funzionale del fessuto matematico: { mpport on vi sono precisti da sepni particolari ma solo da aci- denti formali o di costruzione. La natura relazionale del discorso classco nasce proprio dalla contrazione delle pa- role, da oro allineamento; usate in un numero limitato di apport sempre gual le parole del classicismo sono nella direzione di un'algebra: la figura retorica, il yé, SON fli strumentivituali di un Jegame; esse hanno perduto la Toro densitd a vantaggio di uno stato pid solidale del. seoro; operano come valenze chimiche, delineando un's: fen yerbule picna dl connesion simmettche, di stelle edi nodi da cui scatutiscono nuove intenzioni di significato Senza mal il riposo di un atto di meravigia. Non appena le particelle del discorso classico hanno espresso da sé il loro fenso, diventano come veicol o anntnc, trasportando sempre pit lontang un senso che non vuole depositarsi al fondo di una parola, ma estendersi a un gesto totale di i lezione, ciot di comunicazione. Ms ar Ja distorsione che Hugo ha tentato di far subire al verso alessandrino, cio’ al metro pit relazionale di tutti Contiene gid tutto Pavvenire della poesia moderna, tra. tandosi di ecalectais eee di rapporti per soni tuitle un’esplosione di parole. La poesia moderna, in effet- th poiché breogna ben opporia alla poesia classica ea ogni forma di prosa, distrugge In natura spontaneamente fan- zionale del linguaggio ¢ ne lascia sussistere Je strutture lessicali, Dei rapporti essa conserva solo il movimento, Ja mmusicn, non la venta, La parola esplode sopra una Tinea di rmppori svuotati, la grammatica & sprovvista della pro- pila fnalta, diventa prosodia, si tiduce a un‘inflessione The perdurs per presentare la parola, I rapporti non sono propriamente soppressi, essi sono come dei posti tenuti ESISTE UNA SCRITTURA POETICA? 35 libeti, sono una parodia dei rapporti, e questo nulla & necessario perché la densita della parola deve innalzarsi da un vuoto incantesimo, come un suono un segno senza sfondo, come «un furore ¢ un mistero». Se nel lr i classic proprio i rapport quidano la parola trascinandola poi subito verso un senso sempre proiettivo, nella poesia moderna i rapporti sono solo tina estensione della parola. La parola ® appunto la «dimo- ra» impiantata come un’origine nella prosodia delle fun- zioni, sottintese ma assenti, Qui i rapporti seducono, & Ia patola che nutre e appaga come la subitanea rivelazione di una verith; dire che questa verita & di ordine poetico, ‘equivale semplicemente a dire che Ia parola poetica non pud mai essere falsa perché & totale; brilla di una libertd infinita e si appresta a itraggiare verso mille incerti possibili rapporti. Aboliti i rpporti iss, alla parola resta solo una eomnotazione verticale, ® come un bloceo, un pilone che affonda in una totalita di sensi, di riflssi e di residui: & un segno eretto. La parola poetica ¢ qui un atto senza passato immediato, un gesto isolato, che propone solo ombra ftta dei riflessi di ogni provenienza a lei con- nessi, Cosf sotto ogni parola della poesia moderna giace una sorta di geologia esistenziale, dove si raccoglie il con- tenuto totale del Nome, e non pit il suo contenuto eletti- vo come nella prosa e nella poesia classiche. Ora la parola non é pitt preliminarmente orientata dall’intenzione gene- rale di un discorso socializzato; il consumatore di poesia, privato della dei rapporti selettivi, si imbatte nella parola, frontalmente, ¢ la riceve come uha quantita asso- Juta, accompagnata da tutti i sensi possibiti. La parola qui & edica, contiene simultaneamente tutte le acce- ber zioni tra le quall invece un discorso relazionale le avsebbe imposto di scegliere, Essa realizza dunque uno stato che & possibile solo nel dizionatio o nella poesia, dove il nome pud vivere privo del suo articolo,ricondotto a una sorta di livello zero, pregno insieme di tutte le specificazioni pas- sate € fours a parole hha qui una forma generica, & una categoria, parola poetica 2 cos un oggetto inatteso, tun vaso di Pandora da cui s"involano tutte le virtualita del linguaggio; essa 2 percid prodotta e consumata con una 36 11. GRADO ZHRO DELLA SCRITTURA tticolare curiosia, per una specie di sacra golosit®, Que- Sta Fame della parola, comune a tutta la Poesia moderna, fa della parola poetica una parola terrbile ¢ inumana, Tstituisce un discorso pieno di zone buie ¢ pieno di luci pieno di assenze e di segni inesauribilmente signifcativi, senza previsione né permanenza di intenzione, ¢ per cid stes50 cosi opposto alla funzione sociale del Linguaggio, che il semplice ricorso a una parola discontinua apre la via ‘ogni forma di Metanatura, Che cosa significs i, economia razionale del lin- ‘guaggio classicg; se non chella Nat rensi bi ta te ng ombre, it ai lncci die ‘arola? Tl gangs Gassico oi riduce ogo volta a ‘und continuitd persuasiva, postula il dialogo, istituisce ‘un universo dove gli uomini non sono soli, dove le parole non hanno mai il peso terribile delle cose, dove Pespres- sione & sempre I'incontro con altri Il linguaggio classico & portatore di euforia perché & un linguaggio immediata- mente sociale, Nonrc'-genere.o_sctitto classico che non presupponga tn consumo.collettivo-e-coive patlato; Parte Jetteraria classica 2 un oggetto che cixcola “tt” persone accomunate dalla classe, & w ha trasmissionc orale, per ufrconsumo regolato secondo Je ‘oceasioni mondane: & essenzialmente Un linguaggio-parle- to, malgrado Ia sua rigida codifcagjone. : Aes sbi vist eh ia. moderna di- strugge i zapporti del linguaggio elticonduce il discorso a momenti isolati di parole, Cid impliew unr tovesciamento nella conoscenza della Natura, Le dliscontinuita del nuovo Tinguaggio istituisce une Natur frammentaria che si tivela solo a bloc: Nel mometito stesso in cui ill e- stedite delle funaiont fa il buio sui nessi del mondo, Yos- setto acquista nel discorso una posizione preminente: poesia moderna & una poesia opgettiva. In essa la Natu diventa una discontinuith di oggetti solitari ¢ terribili, perché i loro nessi sono solamente virtualis nessuno sce- fie per loro un senso privilegiato o un impiego o un servizio, nessuno impone loro una gerarchia, nessuno Ii ESISTE UNA SCRITTURA POETICA? 37 riduee al significato di un comportamento mentale 0 di luna intenzione, cio, in fondo, di una tenerezza. Liesplo- dere della parola poetia istituisce allora un oggetto asso- Juto; la Natura diventa una successione di verticalita, Yog- sotto sterigedhunr mito, careo-dirturce te sue possbilihs 3:0 non pud che delimitare un mondo non appagato ¢ appunto per questo terribile. Queste parole-oggetto senza legume, munite di tutta la vilenzn della love eopostone, Ja cui vibrazione puramente meccanica influenza strana. mente Ia parola seguente ma che si estingue subito dopo, 4queste parole poetiche escludono gli uomini: non can umanesimo poetico della modernit’; questo discorso a verticali un discorso pieno di terrore, & ciot un dliscorso che mette gli uomini in contatto non con altri uomini, ma con le immagini pit inumane della Natura: il cielo, Vin- ferno, il sacro, 'infanzia, la follia, la materia pura, ecc. A questo punto é difficile poter parlare di una scrittura poetica, perché siamo di fronte a un linguaggio la cui violenza di autonomia distrugge ogni portata ética:-II ge- Sto orale mime qu-t tmodifare la Natura; ® una demi. gia; non 2 un’attitudine della coscienza ma un atto di coereizione. Tale 2 almeno il Iinguaggio dei poeti moderni che si spingon limite del loro intemto€ assumono Ja Poesia non come un esereizio spirituale, uno stato d's- ‘© una presa di posizione, ma come 10 splendore ¢ nediatezza di un linguaggio sognato, Per questi pocti, tanto vano parlare di seritturn quanto di sentimento poctico, La Poesia moderna, nel suo essoluto, in Char pet ‘sempio, t-alat tir adt_quel tono ellusivo, di. quellaura preziosa che ben costifuiscono una scrittura, ¢ che chia- miamo di solito sentimento poetico. Nessuna obiezione se vuol parlare di una scrittura poetica a proposito dei lassici e dei loro epigoni, o ancora della prosa poctica nel gusto delle Nowrritures terrestres, dove la poesia & vera- ‘mente una sorta di etica del linguaggio. La serittura, qui come la, assorbe lo stile e si pud ben capire come per gli wiomini del xvit secolo non fosse facile stabilire una diffe- renza immediata, ¢ soprattutto di ordine poctico, tra Ra- cine e Pradon, esattamente come non & facile per un letto- remodemo giudicare quei poeti contemporanei che usano 38 TL GRADO ZERO DELLA SCRITTURA Ja stessa scrittura poetica, uniforme ¢ indecisa, perché per Toro la Poesia 2 un clima, cio’ essenzialmente una conven- ione del linguaggio. Ma quando il linguagaio poctico ‘ette in questione la Natura in modo radicale, col solo effetto della propria struttura, senza. rigorrere.al contenu-~ to del discorso ¢ senza ricortere al conforto di un'ideolo- gia, nda’ pit scrittura, ci sono solo esempi di stile Parte seconda riediante quali Cuomo si espone completamente e arom. tailmondo oggettivo senza passare attraverso alcuna figu- ra della Storia o della sociabiliti. 7 ‘Trionfo e rottura della scrittura borghese Nella Letteratura preclassica c’8 Vapparenza di una plu- rolita di seritture; ma questa varietA sembra assai minore se si pongono questi problemi di linguaggio in termini di struttura enon pit in termini di arte, Esteticamente, il xvr secolo ¢ Pinizio del xvm mostrano una fiori 1m impegnati in una conoscenza della natura ¢ non in una ‘espressione dell’essenza umana; in virté di cid la scrittura cenciclopedica di Rabelais, o 1a serittura preziosa di Cor neille — per presentare solo momenti tipici — hanno per forma comune un linguaggio in cui Vornamento non & ancora rituale, ma costituisce in sé un procedimento di investigazione applicato a tutto il mondo nella sua esten- sione. Cid da a questa scrittura preclassica Fintonazione stessa della sfumatura e Peuforia di una liberta, Per un lettore moderno Vimpressione di varietA & tanto pid forte jn quanto la lingua sembra ancora voler tentare strutture instabili e non ha definitivamente fissato lo spitito della propria sintassi e le leggi di accrescimento del proprio vorabolatio, Per riprendere la distinzione tra «lingua» € «cscritturas si pud dire che fin verso il 1650 In Letteratura francese non aveva ancora superato una problematica del- Ja lingua, e che appunto per questo ignorava la scrittura. In effetti, finché a lingua esita sulla sua stessa struttura, tuna morale del linguaggio 2 impossbile; la scrittura com. pare soltanto nel momento in cui la lingua costituita e naionale diventa una specie di negativith, un orizzonte che separa cid che & proibito da cid che &lecito, senza pit indagate sulle origini o le giustiicazioni di questo tabs, 4a IL GRADO ZERO DELLA SCRITTURA Greando un ctiterio atemporale della lingua i grammatict lassici hanno liberato i Francesi da ogni. problema Lin- guistico, e questa lingua epurata & diventata una scrittura, ciod un valore del linguaggio, dato immediatamente come universale in virtd delle congiunture sto La diversiti dei ageneri» e il movimento degli stili al'interno del dogma classico sono dati estetici, non di struttura; né luna né Paltro debbono trarre in inganno: & innegabile che la societA francese nellintero petiodo in cui Pideologia borghese ha progredito ¢ trionfato, ha avu- 10 a disposizione una scrittura unica, strumentale e insie- me ornamentale, Strumentale, perché la forma era conce- pita in funzione del contenuto, come un'equazione alge- brica & in funzione di un’operazione; ornamentale, perché duesto strumento veaiva decorato di atribatl esti in ‘apporto alla propria funzione, senza che ci si vergognasse di attingere alla Tradizione; in altre parole questa scrittu- 1a borghese, sipresa da scrittori diversi, non provocava ‘mai il disgusto del suo retaggio, non essendo che il felice sfondo su cui si levava 'atto del pensiero, Certo, gli set tori classici hanno conosciuto anch'essi una problematica della forma, ma il dibattito era Iungi dal vertere sulla vatiete il senso delle scritture, ancor meno sulla strut 1a del linguaggios era in causa solo Ia retorica, ciod Vordi- ne del discorso pensato secondo un fine di persuasione, Alla singolarita della scrittura borghese corrispondeva ‘quindi Ja pluralira delle retoriche; inversamente, proptio ‘quando i trattai di retorica hanno cessato di destare inte- esse, verso la meta del secolo 21x, la scrittura classica ha cessato di essere universale e sono nate le scritture mo- dere. ‘Questa scrittura classica evidentemente & una scrittura di lasse. Nata nel secolo xv1t, nel gruppo immediatamen- te vicino al potere, formata a forza di dogmatiche risolu- zioni, rapidamente epurata di tutti i procedimenti gram- ‘matical che la spontanea soggettivita dell’animo popolare teva poruo laborate ¢indiizata,invece, aun compito definitorio, all’origine la scritwurn borghese venue offerta. col cinismo proprio dei primi trionfipolitici, come la lin. {Ut di una classe minoritaria e privilegiata; nel x647 Vau- LA SCRITTURA BORGHESE 43 gels raccomanda It sritturacasin come uno stato di fatto, non di diritto; la chiarezza & solo un'abitudine di corte, Nel 1660, al contratio, per esempio nella gramma- tien di Port Roya, a lingua classica si riveste dei caratterL dell'universolitd, Ia chtrezardventaun valore. Tn realid, fa chiarezza 2 un attributo puramente retorico, non & una qualita generale del linguaggio, possibile in tutti i tempi e Juoghi, ma solo l'appendice ideale di un certo tipo di discorso, proprio quello che & soggetto a un'intenzione permanente di persuasione. Appunto perché la pre-bor- thesia della monarchia e a borghesia dela post-rivoluzio- ne, servendosi della medesima scrittura, hanno sviluppato tuna mitologia essenzialista del? uomo, la serittura classica, una ¢ universale, ha abbandonato ogni esitazione a favore diuna continuita di cui ogni piccola parte era una scelta, cio’ una radicale eliminazione di ogni possibile del lin- ‘guaggio. L’autorita politica, il dogmatismo dello Spirito anita del linguaggio classico sono dunque le figure di uno stesso movimento storico. ‘Non c’é quindi da meravigliarsi se Ia Rivoluzione non ha provocato alcun cambiamento nella scrittura borghese; esec’t solo una differenza molto tenue tra la scrittura di un Fénelon e quella di Mérimée. II fatto @ che l'ideologia borghese ha resistito, esente da incrinature,fino-al 1848 senza vaeilare minimamente al passaggio.di una Rivolu- done die dava-alla borghesia i! potere politico e sociale, ¢ non quello intellettiiale che essa deteneva gid da lun; tempo. Da Laclos a Stendhal, Ia serittum borghese dovuto solo riprendersi e proseguite oltre il breve periodo dei disordini. E la rivoluzione romantica, anche se in teo- ria diretta a sconvolgere la forma, ha conservato saggia- mente la scrittura della propria ideologia. Un po’ di zavor- ra buttata via mescolando i geneti ¢ il lessico, le ha per- messo di preservare Pessenziale del linguagaio classico, la strumentalitd: senza dubbio uno strumento che acquista ‘sempre piti «presenza» (specialmente in Chateaubriand), ‘ma anche uno strumento utilizzato senza arroganza ¢ igna- 10 di ogni solitudine del linguaggio. Soltanto Hugo, traen- do dalle dimensioni materiali della propria durata e del proprio spazio una particolare tematica verbale, che non si 44 IL GRADO ZERO DELLA SCRITTURA poteva pitt leggere nella prospettiva di una tradizione ma solo in tiferimento al rovescio formidabile della sua esi- stenza, soltanto Hugo, col peso del suo stile, ha potuto forare Ia serittura classica e condurla al limite di una disintegrazione. Cost il disprezzo di Hugo di ogni volta ‘una garanzia alla stessa mitologia della forma, sotto cui si ritrova sempre la serittura settecentesca, testimone dei fasti borgheai, la quale continua a essere unica norma del francese di buona lega, ciot di quel linguaggio chiuso, separato dalla societA da tutto lo spessore del mito lettera- rio, specie di scrittura sacra ripresa indifferentemente da- i scrittori pit diversi in qualita di legge austera o di ghiotto piacere, tabernacolo di quel mistero prestigioso che ? Ia Letteratura francese. Ora, gli anni intorno al 1830 recano con sé la congiun- ione di tre grandi fatti storici nuovi: il eapovolgimento della demografia europea, Ia sostituzione del?industria metallurgica allindustria tessile, ciot In naseita del capi- talismo moderno, ¢ la secessione (consumata nelle gioma- te del giugno 1848) della societd francese in tre classi avverse, vale a dize la rovina defintiva dell illusioni del liberalismo. Queste congiunture pongono la borghesia in tuna situazione storica nuova. Fino a quel momento era Pidcologia borghese che dava la misura dell'universale, lo sctittore borghese, unico giudice dellinfelicita degli altci tuomini, non avendo di fronte a sé alcun altro simile che potesse osservarlo, non era tormentato dal contrasto tra la ‘sua posi 1¢ sociale ¢ Ia sua vocazione intellettuale. Da ora in poi, questa stessa ideologia si presenta solo come ‘una ideologia tra le tante possibili; l'universale le sfugge, non pud superarsi se non condannandosi; lo serittore di- venta preda di un’ambiguitA, perché la sua coscienza non coincide pit con Ia sua condizione, Nasce cost una tragici- ti della Letteratura, A questo punto le scritture cominciano a moltiplicarsi. Ormai tutte, Pelaborata ¢ In populista, la neutea, parlata, si propongono come Pato inizile per cui lo scrit- tore accetta o rfiuta la proptia condizione borghese. Tut- LA SCRITTURA BORGHESE 43 te sono un tentative di risposta a questa problematiea orfeica della Forma moderna: scrittori senza Letteratura, ‘Dacento anni, Flaubert, Mallarmé, Rimbaud, i Goncourt, i Surrealist, Queneau, Sartre, Blanchot o Camus, hanno disegnato ~ disegnano ancora ~ certe vie di integtazione, di esplosione o di naturalizaazione del linguaggio lettera- ro; ma la posta in gioco non & questa o quel avventura delia forma, questa 6 quella riuscita del lavoro retorico 0 audacia del vocabolario. Ogni volta che lo serittore traccia un complesso di parole & messa in questione V'esistenza stessa della Letteratura; ¢ cid che nella pluralita delle sue scritture la modernitA mette in luce & Pmpasse della pro- pria Storia, rtigianato dello stile «La forma costa cara», diceva Valéry quando gli do- mandavano perché non pubblicasse le sue lezioni al Col- lage de France, Eppure ct stato tutto un periodo, quello dla seittra borghese trlonarte, in cl forma costae, ‘quasi quanto il pensiero; si vigilava certo alla sun econo- mia, alla sua cufemia, ma la forma meno costava quanto pi lo scritore utilizeava uno strumento gi formato, i cui meccanismi si trasmettevano intatti senza aleana ricerea ‘ossessiva di novitd; la forma non era Poggetto di una pro- riet; Tuniversalita del linguaggio classico proveniva dal Fito che il lnguagglo eta un bene comune, ¢ slo ll pene iero era improntato di personalita. Si pottebbe dire che in tutto questo tempo la forma aveva un valore duso. Ora, si visto che verso il 1850 un problema di giu- stificazione comincia a porsi alla Letteratura: la scrittura si cerca degli alibi; e proprio perché ur’ombra di dubbio comincia a levarsi a proposito delPuso, tutta una classe di scrittori che si faceva scrupolo di assumere fino in fondo a responsabilitA della tradizione si accinge a sostituire al valore duso della scrittara un valore-lavoro. La scrittura si salvera non in virtd della sua destinazione, ma grazie al Javoro che sari costata. Comincia allora a formarsi untim- magine dello scrittore-artigiano che si chiude in un Juogo Jeggendatio, come un operaio nella sua stanza, ¢ sprossa, , Ieviga ¢ ineastona In sua forma, proprio come un jo che trac Parte dalla materia, passando a questo lavoro ore regolari di solitudine e di applicazione: scritto- ri come Gautier (maestro impeceabile delle Belle Lette- re), Flaubert (che lima le sue frasi a Croisset), Valéry LARTIGIANATO DELLO STILE 47 {nella sua camera, la mattina presto) 0 Gide (in piedi davanti al suo leggio come davanti a un banco di lavoro), formano una sorta di consorteria delle Lettere francesi, dove il lavoro della forma costituisce l'emblema e la carat tetistica di una corporazione. Questo valorelavoro 303 tuisce in parte il Iavoro-genio; con una sorta di civetteria si dice che si lavora molto ¢ a lungo Ia propria forma; talvolta si crea anche una preziosita della concisione (- vorare una materia in generale corrisponde a tidutla), del tutto diversa dalla grande preziosita barocea (quella di Corneille per esempio); Puna esprime una conoscenza del- Jn natura che provoca un allargamento del linguaggio; Valtra, cercando di produrre uno stile letterario aristocra- tico, pone le condizioni di una erisi storica, la quale scop- piera il giorno in cui una finalita estetica non bastera pit a siustificare la converzione di questo linguaggio anactoni- stico, cio’ il giorno in cui Ja Storia avr portato a una discrepanza evidente tra la vocazione sociale dello scritto- re € lo strumento atfidatogli dalla ‘Tradizione. Flaubert, con pit ordine degli altri, ha fondato questa scrittura artigianale, Prima di lui, il fatto borghese si inse- riva nellordine del pittoresco 0 dell’esotico; Videologin borghese dava la misura dell’universale e, presupponendo TFesistenza di un uomo puro, poteva considerare con eufo- tia il borghese come uno spettacolo incommensutabile con se stessa, Per Flaubert Ia condizione borghese & un male incurabile che impegola Jo scrittore e che egli pud tattare solo accettandolo con lucida, il che & la caratte- tisticn specifica di un sentimento tragico. Questa Necessi- {2 borghese, che & quella di Frédéric Moreau, di Emma Bovary, di Bouvard e di Pécuchet, esige, dacché la si affronta, un‘arte ugualmente portatrice di una necessiti, dotata di una Legge. Flaubert ha fondato una scrittura normativa che contiene, paradossalmente, le regole tecni- che d un pathos, Da un lat, eal costuise il suo raccon- to attraverso successioni di essenze, e non secondo un ordine fenomenologico (come farh Proust); fsa i tempi -verbali in un sistema d’uso convenzionale, in modo che a- 48 TL GRADO ZERO DELLA SCRITTURA giscano come i segn della Letteratura, come un'arte che ‘voglia richiamare I’attenzione sulla sua artificiosita; ela- bora un ritmo scritto, creatote di una specie di incantesi- ‘mo, che fuori dalle norme dellcloquenza parlaa, arriva al ‘esto senso, puramente letterario, intimo, dei produttori ¢ dei consumatori di Letteratura, Dall’altro, questo codice de lavoro letterario, questa somma di esercizi zelativi alla fatica della scrittura alimentano una saggezza, se si vuole, anche una tristezza, una franchezza, dal momento che arte flaubertiana procede additando Ia propria maschera. ‘Questa codificazione gregoriana del linguaggio mirava, se non a riconciliare lo scrittore con una condizione univer- sae «dali pelomeno la responebit dela us form, a fare scrittura offertagli dalla Storia, un’arte, ciot ‘una convenzione chiara, un patto sincero che permetta alluomo di trovare una posizione familiare in una natura ancora disparate, Lo scrittore da alla societd un'arte di- chiatata, visibile «tutti-nelle-sue norme, ¢ in-cambio la societd pud accettare-lo scrittore. In tal modo Baudelaire teneva a collegare Ia mirabile prosastcitd della sua poesia Gautier, come a un feticeio della forma elaborata, situa- ta certo fuori dal prigmatismo dell attivitd borghese © ‘tuttavia inserita in un ordine di lavori familiari, control- Tata da tna societd che siconosceva in essa non i propri sogni, ma i propri metodi, Visto che non si poteva sconfig- gere Ia Letterutura partendo da essa, non era forse prefe- ibile accettatla apertamente, ¢, condannati a questo cat- cere letterario, compiervi «un buon lavoro»? La flaubet- tizzazione della scrittura & quindi il tiseatto generale degli scrittori, sia che i meno esigenti vi si lascino andare senza problemi, sia che i pit puri iconoscano in essa ancora una volta la condizione fatale, Scrittura e rivoluzione Liattigianato dello stile ha prodotto una sottoscrittu- 1, detivata da Flaubert, ma adattata ai fini della scuola naturalista. La scrittura di Maupassant, Zola ¢ Daudet, che si potrebbe chiamare scrittura realista, 2 una combi- nazione di segni formali della Letteratura (passato remo- to, stile indiretto, ritmo scritto) e dei segni non meno formali del realismo (brani riportati dal linguaggio popo- Ince, patole scurry vor dafettal, ce), seek nerouna scrittura 8 pic artificiale di quella che ha preteso rappre- sentare pit da vicino la Natura: Senza dubbio il fallimento non solo al livello della forma ma anche della teoria: c’, nellestetica natutalista, una convenzione-del reale cost ‘come ¢'8 una fabbricazione della scrittura, I paradosso sta nel fatto che la mortificazione-degli argomenti non ha affatto comportato una contrazione della forma. La scrit- tura nentra & un fatto pitt recente, sarh inventata molto tempo dopo il realismo, da autori come Camus, non tanto per efletto di un'estetica del rifugio quanto attraverso la ricerca di una scrittura finalmente innocente. La scrittura realista non & affatto neutra, essa 2, al contratio, catica dei segni pid spettacolari della fabbricazione, Cost, degradandosi, abbandonendo V'esigenza di una Na- tura verbale decisamente estranea al reale, senza pet que- sto pretendere di ritrovare il linguaggio della Natura s0- ciale ~ come far’ Queneau — Ia seuola naturalista ha parse dlossalmente prodotto un’arte meccanica che ha espresso In convenzione letteraria con una ostentazione fino allora 50 TL GRADO ZERO DELLA SCRITTURA sconosciuta, La scrittura flaubertiana creava a poco a poco un incantesimo; & ancora possibile perdersi in tna lettura di Flaubert come in una natura piena di seconde voci dove i tegni persuadono aseal pid che exprimere; la scrittura realista invece, non pud mai convincere; essa & condanna- ta a rappresentare soltanto, in virni del dogma dualista che vuole che ci sia una sola forma ottimale per «esprime- re» una reat inerte come un oggetto, realta su cui lo serittore pud qualeosa solo con Ja sua arte di disporre Questi autori senza stile (Maupassant, Zola, Daudet ¢ i loro epigoni) hanno praticato una serttuta la quale fu per essi il rifugio ¢ l'esposizione delle operazioni artigianali che eredevano di aver eliminato da ur’estetica puramente passiva. Sono note le dichiarazioni di Maupassant sul la- voto della forma, tutti procedimenti ingenui della Scuo- J, grazie ai quai la frase naturale & trasformata in una frase artifciale destinata ad attestare Ja sua finalita pura- ‘mente letteraria, cio’ nel caso specifco, il lavoro che & costata, B noto che nella stilistica di Maupassant, V'in- tenzione artista & riservata alla sintassi; il lessico deve restare al di qua della Letteratura, Seriver bene ~ unico segno ormai del fatto letterario ~ equivale ingenuamente ‘cambiar di posto a un compleanno, a mettere una parola «cin tisalto» credendo di ricavamne un ritmo eespressivon. Ora, Pespressivit un mito: essa non & altro che la con. venzione dell’espressivita. Questa scrittura convenzionale & sempre stata oggetto di predilezione per In critica accademica che misura il pregio di un testo dall’evidenza del lavoro che & costato. (Ora, niente & pit spettacolare di una combinazione speri- mentale dei complementi, come nel caso di un opetaio che ripati un pezzo delicato. Cid che la scuola ammira nella sctittura di Maupassant o di Daudet, @ un segno letterario avulso dal suo contenuto; il che pone inequivocabilmente la Letteratura come una categoria senza alcun rapporto con altri ling ii, ¢ istituisce di conseguenza una intelli- Bibilitd ideale delle cose. Tra un proletariato escluso da ‘ogni forma di cultura ¢ una intellighenzia che ha minciato a mettere in discussione la stessa Letteratura, la SCRITTURA E RIVOLUZIONE ox clientela media delle scuole primatie e secondarie, e ciot ‘rosso modo la piccola borghesia, & destinata a trovare nella scrittura attistico-realista — a cui si devono molti romanzi commerciali~ immagine privilegiata di una Let- teratura che ha tutti i segni smaglianti e intelligibili della sua identitd. Qui la funzione dello scrittore non & tanto di cteate un’opera, quanto di fornire una Letteratura rico- noscibile da lontano. Questa scrittura piccolo-borghese & stata ripresa dagli scrittori comunisti, perché, per il momento, le norme ar- tistiche del proletariato non possono essere diverse da quelle della piccola borghesia (fatto del resto conforme alla dottrina), ¢ perché il dogma del realismo socialista obliga fatalmente a una sctittura convenzionale, mirante a segnalare ben visibilmente un contenuto incapace di imporsi senza una forma che I r plica i segni pid grossolani della Letteratura, ¢ lungi dal rompere con una forma, tutto sommato tipicamente bor- hese ~ almeno in passato ~ continua ad sccettare senza riserve gli scrupoli formali dello stile piccolo-borghese (acereditato del resto presso il pubblico comunista dai componimenti della scuola elementare). mo-socialista francese si 2 dunque rifatto alla del realismo borghese, meceanizeando senza-ti- ‘tegno tutti i segni intenzionali dell'arte, Ecco, per esem- pio, aleune righe di un romanzo di Garaudy: «...il bu- sto chino, buttato a corpo morto sulla tastiera delialino- type... la gioia cantava nei suoi muscoli, danzavano le sue clita leggere ¢ potenti... il vapore avvelenato del? antimo- nio faceva battere le sue tempie e cozzare le artetie, ren- dendo pid ardenti Ia sua forza, In sua collera e la sua cesaltazione». Come si vede, qui hiente & dato senza meta- fora, perché bisogna mettere bene in evidenza al lettore che «8 scritto bene» (ciod che egli sta consumando della Letteratura). Queste metafore, che si impadroniscono del benché minimo verbo, non sono affatto l’intenzione di un umore che cerchi di trasmettere la singolarita di una sen- py TL GRADO ZERO DELLA SCRITTURA szzione, ma solo un marchio letteratio che definisce un inguaggio, proprio come un'etichetta ci informa di un prezo, ‘Queste due fetture non sono contraddittorie poiché, nella raccolta di massime, il discorso spezzato resta un discorso chiuso; naturalmente, sul piano materiale, biso- ama scealire degre le masime per sca od squto e, in un caso 0 nellaltro, Veffetto che ne risulterd sara contrapposto: qui lluminante, 1a soffocante; ma il risulta- to del discontinuo e del disordine dell’opera & che, in un certo senso, ciascuna massima 2 Varchetipo di tutte le massime; vi & una struttura che ® al tempo stesso unica e variata; in altre parole, a una critica dello svolgimento, della composizione, dell'evoluzione, e direi quasi del con- 68 NUOVE SAgGE cRITICE tinuo, parrebbe giusto sostituire qui una critica dell’uni- 1 sentenziale, del suo disegno, in poche parole, della sua forma: & sempre alla massima, e non gia alle massime, che bisogna far capo. Ma, a proposito della struttura di cui s"t detto, bisogna anzitutto chiedersi: vi sono massime che ne siano sptov- iste? In altte parole, vi sono massime formalmente li- bere, cos{ come si dice: versi liberi? Si, queste massime csistono, ¢ anzi esistono proprio in La Rochefoucauld, so- lo che non si chiamano piti massime: sono Riflessioni. Le riflessioni sono frammenti di discorso, fest priv di strut- tura e di spettacolo; attraverso le siflessioni, scorre nuo- vvamente un linguaggio fluido, continuo, che & cio esatta- mente il contrario di quell’ordine verbale, assai arcaico, che disciplina lo schema della massima, Tn linea di princi. pio, La Rochefoucauld non ha incluso le sue Riflessioni nel corpus delle sue massime (quantungue esse trattino ali stessi temi), dato che qui si tratta di una letteratura completamente diversa, anche se in essa si trovano esem- pi di massime prive di qualsiasi struttura, La ragione di questo 2 che, senza coprize ancora molto spazio, esse h it abbandonato Vordine sentenzile, sono gid in cam- verso la Riflessione, ossia verso il discorso. Quando leggiamo: «Nulla possiamo amare se non in relazione a noi stessi, e quando preferiamo i nostri amici a noi stessi, non facciamo altro che seguire if nostro gusto e il nostro piacere, Nondimeno, solo mediante questa preferenza V’a- micitia pud essere vera e perfetta», noi siamo perfetta- ‘mente consci di trovarci in un ordine di linguaggio che non & piti quello della massima; qui manca qualcosa, € questo qualcosa @ il timbro, lo spettacolo stesso della pa- rola, in breve, la citazione; ma vi anche qualcosa di nuo- vo, a cui Ia massima non ci a abituati: una certa frai 12, una certa cautela del discorso, un linguaggio pit de cato, pid aperto alla bonta, come se, inversamente, la me sima non potesse essere che malvagia — come se 1a chiu- sura della massima fosse anche una chiusura del cuore. Nellopera di La Rochefoucauld vi sono dungue alcune ‘massime aperte e alcune massime-discorso (anche se esse nnon sono molto Iunghe); Je quali massime, non sono in LA ROCHEFOUCAULD: aMASSIME® 69 senere quelle su cui ci soffermeremo, dato che nessuna di esse attita Ia nostra attenzione. Esse sono soltanto le buo- ne ancelle del discorso: Je altre vi regnano come regine, In effetti, per queste altze, Ia struttura & If, pronta a trattenere la sensibilita, Yabbandono, lo scrupolo, Vesita- zone, il zimpianto, ¢ anche la persuasione, sotto forma di un apparecchio castratore. La massima un oggetto duro, lucido ~e fragile — come il corsaletto degli inset; inoltre, proprio come certi insetti, la massima & munita di un aculeo, costituito da quel ralio di parole che la conchiu- dono, la coronano ~ Ia chiudono armandola (essa ® armata perché & chiusa). Di che cosa 2 fatta questa struttura? 2 fatta di alcuni elementi stabi, del tutto indipendenti dal- Ja grammatica, uniti tra loro da una relazione fissa, la quale, anch’essa, nulla deve alla sintassi. Noa solo Ia massima 2 una proposizione separata dal dliscorso: all'interno di questa stessa proposizione regna ancora un discontinuo pid sottile, Una frase normale, una frase parlata, tende sempre a fondere le sue patti le une con le altre,a livellare il flusso del pensiero; essa insomma evolve conformemente a un divenize che & solo in appa- renza inorganizzato. Nella massima, avviene esattamente il contrario, La massima & un blocto unico composto di blocchi singoli; ossatura - ¢ le ossa sono cose dure — 2 pid che apparente: & spettacolare, L’intera struttura della massima é visibile, proprio nella misura in cui essa é erra- tica, Quali: sono questi blocchi interni che sostengono Tarchitettura della massima? Non le parti che di solito sono le pitt vive della frase, ossia le correlazioni, ma al contrario le parti immobili, isolate, sorta di esseaze il pid delle volte sostantivali, ma talvolta anche aggettivali 0 verbali, ciascuna delle quali rimanda ad un significato pie- no, etetno, pottemmo dire autarchico: amore, passione, orgoglio, ferire, ingannare, delicato, impaziente: ecco i significati chiusi su cui si edifica la’ massima, Indubbia- mente, cid che definisce queste essenze formali &, in ulti- ma analis,il fatto che esse sono i ¢ermrin (i relata) di un rapporto (di paragone, di antitesi); ma 'apparenza di que- sto rapport ast minore di quella delle sue componen- ti; nella massima, Pimtlletto percepisce innanzitutto delle 70 NUOV: SAGGI cRITICr sostanze piene, © non git il lusso progressivo del pensie- 10, Se io leggo: «Tutti si lamentano della propria memo- ria, nessuno del proprio giudizio», il mio animo 8 colpito pienezza di questi termini isolati: memoria, giudizio, lamentarsi; ¢ siccome, nonostante tutto, queste parole-ve- detta si staccano da un certo sfondo pitt modesto, io ho la sensazione (petaltro profondamente estetica) di avere a che fare con tna vera e propria economia metrica del pen- siero, distrbuita nello spazio fisso ¢ finito che le & asse- gnato (Ia lunghezza di una massima) in tempi forti (Ie sostanze, le essenze) e in tempi deboli (parole-strumento, parole relazionali); si pud facilmente individuare in que- sta economia un succedaneo dei linguagei versificati: co- me si sa, esiste une particolare affinita tra il verso € la massima, tra la comunicazione aforistica e la comunica- zione divinatoria. Come il verso, che & essenzialmente un linguaggio ms Surato, cos{ anche i tempi forti di una massima sono pri- ionieri di un numero: di conseguenza, vi sono massime a due, tre, quattro, cinque o sette tempi, secondo il numero di accenti semantici. Se io lengo: «di tutti gli adulator, il muaggiore 2 Vamor propriox, il rapporto WidentitA mi de- signa solamente due termini forti (amor proprio e adula- tore), Ma se io leggo: «la felicita e Vinfelicita degli uomini dipendono dal loro carattere non meno che dalla sorte, capisco subito di avere a che fare con una massima a guattro tempi, Questi_ numeri non hanno Ja medesima importanza; ogni massima tende evidentemente, in base ai canoni dellarte classica, allantitesi, ossia alla simme- tria; i metri che saturano con maggior naturalezza la mas- sima sono pertanto i metri pari (si tratta sempre di metti -«semantici»). Il quaternario & senz’altro il metro piti com- pleto poiché permette di sviluppare una proporzione, vale a dire un‘armonia ¢ contemporaneamente ut ‘complessi- ti; in La Rochefoucauld, gli esempi, fondati retoricamen- te sulla metafora, sono numerosi; si tratta di massime del tipo: «L’elevazione sta al merito come Vornamento alle belle persone, ove i quattro termini forti sono legati fra Joro da un rapporto di compensazione. E questo un esem: pio privlegiato di economia binaria; ma di fatto gli alti LA ROCHEFOUCAULD: «MASSIME>. ” tipi di massime, nonostante le appatenze, pervengono sem- pte a un'organizzazione a due termini; & il caso i tutte le inassime che hanno tempi forti in numero dispat; infati, in queste massime il termine dispati ha sempre tna fan. vione eccentrica; esso resta estraneo alle struttura pati © ‘non fa altro che agghindatla, Se io lengo: «Occorrono le id grandi virtié per sostenere tanto la buona che la mala sorte», mi risulta chiato che in questa massima vi sono tre tempi forti (virtd, buona sorte, mala sorte); ma questi tre termini non ricevono il medesimo accento: gli ultimi due (uona e mata sorte) costituiscono i veri pilast! della relazione (essi servono a costruire un’antitesi), mentre in- vece il primo (le virtd) in fondo non & altro che il riferi< mento generale rispetto a cui la relazione diventa. significa. tiva, Questo termine dispati (e lo stesso avviene nelle massime a cinque o a sette tempi) ha quindi una funzione singolare, che & al tempo stesso generale, distante e tutta. via fondamentale; in logica antica, diremmo che esso é il soggetto della massima (cid di cui essa parla), mentre invece i termini pari ne sono il predicato (cid che si dice del soggetto); in logica moderna, esso & un po? quello che sichiama un percorso di significazione, vale adire In classe referenziale di oggettiallinterno della quale il raflronto di certi caratteri non risulta assurdo: infatti, secondo la momentanea verita della massima, la contrapposizione fra | buona e la mala sorte & in un certo senso valida sola- mente rispetto alle virtii. Ne consegue che il termine di- spari occupa un posto sulfcientemente eccentrico per fat si che Ja struttura della massima sia in definitiva sempre pati ~ ossia binatia dato che, essendo pari itermini della telazione possono sempre essere distribuiti in due blocchi contrapposti, Questo carattere ostinatamente duale della struttura & importante, giacché disciplina la relazione che unisce i suoi termini, Questa relazione 2 tributaria della fora, della ravith ¢ della parita dei tempi che essa concatena, Quando un lingunggio ~ ed 8 appunto il caso della massi: ‘ma ~ presenta qualche termine con senso marcato, essen. Zale fatale che ln telaions si hastotoe treet eae sostantivi sono forti, tanto pid la relazione tende all’im- 72 NUOVE SAGOI CRITICE mobilita. In effetti, se vi vengono presentati due oggetti forti (mi rfetisco a degli oggetti psicologici), per esempio Ja sincerita ¢ la dissimulazione, il rapporto che s'instaura spontaneamente fra di loro tende sempre a essere un 1 porto immobile di manifestazione, vale a dire di equiva- Jenza: la sinceritd equivale (o non equivale) alla dissimu- lazione: a forza stessa dei termini, la loro solitudine, la loro intensitA non consentono affatto, quali che siano le variazioni terminologiche, una diversa impostazione di rapporto, Si trata insomma, per Ia condizione stessa della struttura, di una relazione di essenza, non di maniera, di identita, © non di trasformazione. Nella massima, il tin- ‘auaggio ha in effetti sempre un’attivita definitoria e non gid un’attivied transitiva; una raccolta di massime & sem- re piti o meno (e cid & manifesto nel caso di La Roche- Foucauld) un dizionario, non un libro di ticette: sina certi comportamenti dell'essere, non i loro loro tecniche. Questa relazione di equivalenza & di tipo assai arcaico: definite le cose (servendosi di una relazione immobile) equivale sempre pitt o meno a sacralizea questo, malgrado il suo disegno razionalista, ® appunto cid che Ia massima non mana di fare. La massima @ quindi generalmente sottoposta a una relazione di equivalenza: un termine vale (© non vale) altro. La pid elementare condizione di questa relazione & puramente comparativa: la massima mette a confronto due oggetti, per esempio /a forza e la volonta, e si accon- tenta di porte in risato il loro rapporto quantitative: «Abbiamo pit fora che volonta»; questo impianto 8% rigine di un gran numero di massime. Abbiamo qui i tre aradi di paragone: pit, altrettanto, meno; ma siccome la ‘massima asseconda soprattutto un disegno di denuncia, ed avere la meglio sono con ogni evidenza i comparativi criti- 85 ‘arattere sconcertante, per lo meno se le consideriamo dal nostro punto di vista moderno; nel suo discontinuo, Y’o- pera passa incessantemente dalla piti grande originalitd alla pig grande banaliti; ecco quindi che abbiamo qui delle massime la cui inteligenza, la eui stessa modernit3, sbalordisce ed esalta, ¢ la det truismi pintti (il che non vuol dire che siano giusti), tanto pid incolori in quanto tutta una letteratura li ha Banalizeati fino alla nausea, La massima 2 un essere bifronte, ora tragico, ora borghese; nonostante il suo impianto austero, Ia sua serittura sfer- zante ¢ pura, essa & essenzialmente un discorso ambiguo, situato sulla Linen di confine di due mondi. Quali mondi? Possiamo dite: quello della morte e quello del gioco, Dal- la parte della morte, vi? la domanda tragica per eccellen- za, che Puomo rivolge al dio muto: chi sono io? B Viinter- rogativo continuamente formulato dall’eroe raciniano, per esempio Erifilo, il quale non cessa mai di volersi co- noscere, fino a moriene; ess0 & anche l'intecrogativo delle Massime, a cui viene risposto con il terribile, il funebre tion 2 che dellidenti restrittiva, anche se, come abbiamo visto, questa risposta 2 poco sicura, dal momento che Tuomio non abbandona mai sinceramente il sogno della virtd. Ma questo interrogativo fatale &, per eccellenza, anche Fintezrogativo di tuti i giochi, Tnterrogando Edipo sullessere dell'uomo, la Sfinge ha gettato le basi del di- scors0 tragico € del discorso lucico, del gioco della morte (dal momento che per Edipo la morte era il prezzo dell gnoranza) e del gioco da salotto. Chi sei tu? Questo eni ma & anche l’interrogativo delle Massime; come si 2 vi sto, nella loro strattura, tutto assai simile « un gioco verbale ¢ non, beninteso, a una casualitd delle parole que- le avrebbero potuto concepitla i surrealist! (che pure ert- no anch’essi dei facitori di massime), ma per lo meno a una subordinazione del senso a certe forme prestablte, come se la regola formale fosse uno strumento di veritd. E noto che le massime di La Rochefoucauld sono effettiva- mente nate da giochi da salotto (ritratt, indovinelli, sen- tenze); e questo incontro frm il tragico ¢ il mondano, che porta Puno a sforare Paltro, non & la minore fra le vert che le Massime ci prospettano: alcune delle loro scoperte 86 NUOVE SAGGI CRITICE possono passare, trascinate vin dalla storia degli uomini, ma il loro proposito resta¢ ci dice che il gioco conceme la morte del soggetto, 3961. Le tavole dell’Eneyelopédie La nostra letteratura ha impiegato molto tempo prima di scoprire loggetto: 2 necessario arrivare a Balzac perché iT romanzo non sia pid, semplicemente, lo sprzio &i puri rapporti umani, ma anche di cose ¢ usi destinati a recitare Ja loro parte nello sviluppo delle passioni: senza i suoi moceoli, le sue zollette di zucchero, il suo crocilisso d’oro avrebbe potuto Grandet essere avaro (letterariamente par- Jando)? Prima della letteratura, Encyclopédie, in parti- colare nelle sue tavole, pratica’ quella che pottemmo in ‘qualche modo chiamare una filosofia dell’oggetto; in altre parole, riflette sul suo essere, ne compie una rilevazione, tenta di definilo; il disegno tecnologico obbligava a de- scrivere oggetti, certamente; ma, separando le immagini dal testo, 'Eneyclopédie si impegnava in un’iconografia ‘qutonoma dell'oggetto, di cui noi ogi gustiamo intera Ia forza, proprio perché, come vorrei mostrare qui, non guar- diamo quelle illustrizioni a fini esclusivi di’ apprendi- mento. Le tavole dell’ Encyclopédie presentano Voggetto, ¢ tale presentazione aggiunge git, allo scopo didattico, una giu- stificazione pit gratuita, di ordine estetico 0 onitico: a niente le tavole dell’Encyclopédie no accostare cosf bene come alle grandi esposizioni che da un centinaio di anni si organizzano qua e Ja per il mondo, ¢ di cul i ca fu, a suo tempo, quasi Pante- nata: in entrambi i casi si ha a’che fare con un bilancio e, insieme, con uno spettacolo: per questo e altri motivi, lo spitito con cui le tavole dell’Encyclopédie chiedono di essere avvicinate non diferisce da quello con cui ci si reca 88. NUOVI SAGGr cRITICE alle esposizioni di Bruxelles e di New York. Gli oggetti ‘che esse presentano sono enciclopedici in senso stret altre parole, inglobano Pintera sfera delle cose cul 'uomo i forma; abiti, veicol, utensili, ami, strumemti, mobili, tutto quello che "ome titaglia dentro il legno, il metallo, ilvetro ola fibra, 8 qui catalogato, dalle forbici alla statua, dal fore arifcile ala nave, L’oggeto encielopedicn solito catturato dall'immagine a tre livelli: antologico, quando oggetto,isolato da qualsasi contesto, & presen: tato di per sé; aneddotico, quando & «naturalizzato» dal suo inserimento in una grande scena vivente (8 quella che si chiama «vignetta»); genetico, quando Pimmagine ci mostra il petcorso della materia bruta alloggetto finito: Toggetto é cos! individuato in tutte le sue. categorie, gene- si, essenza, prassi: ora &, ora fatto, ofa fa, Di queste tre condizioni, alternativamente assegnate all'oggetto-imme- aine, senza dubbio una & nell’ Encyclopédie privilegiata: gpuella della nascita ® bello mostrare come sia possibile far sorgere le cose dal cuore della loro inesistenza, e at buire cost all'uomo un inaudito potere di creazione; ecco un pacsggio di campagna: il peno dela natura (pad, colline, alberi) costituisee una sorta di vuoto umano da cui non si sa cosa possa uscire; tuttavia Vimmagine si ‘muove, degli oggetti nascono,araldi dell uomo: del solchi sono tracciati sul terreno, dei pali confit, delle buche ‘scavate; una sezione ci mostra sotto la natura deserta un imponente complesso di cunicoli ¢ di vene di mineralet una miniera 2 nata. Tutto cid & quasi un simbolo: 'uomo enciclopedico scava la natura intera con segni umani; non si8 mai soli, nel paesaggio enciclopedico; in mezzo ale. Gayle dal element sempre un prodoti fala dell'uomo: Voggetto 2 ia sigla umana del mondo. E noto come in una semplice cosa si possa leggere tutta uuna storia: Brecht ha riscoperto l'essenza miserabile della Guerra dei Trent’anni trattando a fondo di stoffe, di vi ini c di legnami. L'oggetto enciclopedico emerge da un universo di matetiali che appartengono ancora all'epoca artigianale, Se noi visitassimo oggi un'esposizione inter. nazionale, individueremmo, attraverso tutti gli oggetti esposti, due 0 tre materie dominanti, vetro, metallo c, UB TAVOLE DELL'«zNc¥CLOPEDIED 89 ‘Gs bbl patna materi longi econ dico appartiene a un’epoca pis vegetale: & il legno a sinare in questo vasto catalogo; il mondo che a partire da esso viene creato & di oggetti dolci a vedersi, gid umani per Ja materia di cul sono fatti, compatta ma non fragile, manipolabile ma non plastica. Niente mostra il potere di uumanizzazione del egno meglio dell Encyclopédie; in que- sto mondo della teeniea (tecnica artigianale, perche la grande industria non é ancora nata), la machina ¢ eviden- temente un oggetto capitale; ora, ia maggior parte delle imacthine dell Encyclopédie sone in los a trates, enormi impaleature, molto complicate, che quasi sempre hhanno di metallico i soli ingranaggi. IL legno, che le costi- tuisce, le assoggetta a una certa aura di gioco: queste macchine sono, per noi, come grandi giocattoll; contra. riamente a quello che avviene nelle immagini moderne, uomo, sempre presente a un angolo della macchina, non ha con lei un semplice rapporto di sorveslianza; girando Ja manovella, premendo su un pedal, tessendo tn filo, partecipa alla macchina in maniera insieme attiva e legge. 12; nella maggior parte dei casi Pincisore ce lo presenta rosamente vestito, con abiti da borghese; non un operaio, ¢ un piccolo signore che si diletta con una sorta dit organo tecnico i cui ingranaggi sono tutti allo scopertos «quello che colpisce, nella macchina enciclopedica, & a sua sssenza di segreto; in lei niente di nascosto (molla, cofa- no) che dia magicamente asilo allenergia, come saccade nelle nostre macchine moderne (8 il mito dellelettriita; quello di essere una forza che si genera da se stessa, quindi chiusa), Qui Ienergia 8 essenzialmente trasmissione, amplifca- zione di un semplice movimento umano; Ia macchina en- ciclopedica non & mai niente di pit di'un enorme rela; Tuomo da una parte, Poggetto dalleltra; fra loro un’ar- chitettura di travi, di corde e di ruote,attraverso Ia quale, come un raggio di luce, la forza umana luppa, si affina, si accresce ¢ contemporaneamente si orienta; cosf, Ti dove si descrive la fabbricazione della garaa, un piccolo vuomo in farseto, seduto davanti alla tastiera di un’im- mensa macchina di legno, produce una gntzn estremamen- 90 NUOVI SAGGT CRITICE te fine, come se stesse eseguendo musica; altrove, in una stanza interamente vuota, occupata soltanto da tun gioco di assi e di cavi, una giovane donna seduta su una panca sitm una manovella, mentre Paltra mano resta dolcemente appoggiata sul ginocchio, B impossibile immaginare un'i- lea pitt semplice della tecnica. Semplicita quasi ingenua, sorta di leggenda dorata dellartigianato (in queste tevole fon vi traccia di male sociale): Encyclopédie mescola il semplice, 'clementare, lessenzialee il causale. La tecnica enciclopedica & semplice perché confinata in uno spazio a due dimensioni: descrive il percorso cnusale che va dalla materia alloggetio; cost tutte le tavole che presentang tuna qualche operazione tecnica (i trasformazione) mobi- liteno un’estetica della nudita: grandi stanze wuote, ben illuminate, dove soli conbitano Puomo e il suo lavoro: spazio senza parassiti dalle pareti nude, dai tavoli lsc: il semplice indica qui il vitale; lo si vede nella panetteria; il pane, bene di prima necessita, implica un Iuogo austero; allopposto Ia pasticceria, che’ appartiene all'ordine del superfluo, prolifera di strumenti, operazioni, prodotti il ‘cui agitato insieme da luogo a una sorta di baroceo, In linea generale Ia produczione delloggetto conterisce alli. ‘magine una semplicitA quasi sacra; I'uso al contrario (rap- presentato al momento della vendita nel negorio) autor 2a un abbellimento della scena, pit varia di strumenti di accessori, di atteggiamenti: austerita della creazione, lus- s0 del commercio, ecco il doppio regime dell oggetto en- ciclopedico: la densita dell’immagine, e ogni sovraccarico ornamentale, significano sempre che si passa dalla produ- one al consumo. Beninteso, in questo mondo la preminenza dell'oggetto procede da una volonta d’inventario, ma I'inventario non 2 mai un'idea neutra; inventariare non yuol dire soltanto constatare, come pud sembrare a prima vista, ma anche appropriarsi. L’Encyclopédie & un vasto bilancio di pro- prietd; Groethuysen ha patuto opporte allorbis pictus del Rinascimento, animato dallo spirito di una conoscenza avventurosa, Penciclopedisme del xvittsecolo, fondato su un sapere di. appropriazione. Formalmente (e Ia cosa & molto sensibile nelle planches), Ia proprieta dipende es- LE TAVOLE DELL'«ENCYCLOPEDIE> on senzilmente da una certa frammentazione delle cose: ap- proptiarsi vuol dire frantumare il mondo, dividerlo in ongetti finiti, tanto pid assoggettati all'uomo quanto pi dliscontinui: non si pud infattl separare senza nominare e classificare, e a questo punto la proprieti & nata. Mitice- mente, il dominio sul mondo non ® cominciato con la Genesi, ma con il Diluvio, quando l'uomo & stato costret- toadare un nome a tutte le specie animali,e ad assegnare loro un posto, vale a dire a separarle dalle specie vicin Encyclopédie ha d'altronde, dell'arca di Nod, una vis ne essenzialmente pragmatica; area non & pet lei un’ ‘bareazione — oggetto sempre piti o meno frasognato — ma tuna Junga enssa gelleggiante, un forziere che occulta ¢ pprotegge; il solo problema che essa sembra porreall’Ecy- clopédie non ¥ certo di carattere teologico: & quello della sua costruzione, o anche, in termini piti tecnici, come & iusto, della sua intelaiatura e, pit in particolare, delle sue finestre, perché ad ognuna di esse corrisponde una coppia tipica di animali, cosf divisi, nominati, addomesticati (e che passano cortesemente la testa attraverso L'apertura), La nomenclatura enciclopedica (nonostante il suo sal- tuario esoterismo teenico) fonda un possesso familiare, La cosa & notevole perché niente, sul piano logico, obbligava Toggetto ad essere amico dell'uomo. Al contratio, Vogget- to umanamente una cosa molto ambigua; si & visto che pet lungo tempo la nostra letteratura non lo ha individus- to; pit tardi (cio’, grossolanamente, oggi), all’oggetto & stata attribuita un’infelice opacith, Lo si & assimilato a uno stato inumano della natura, ¢ si & pensato alla sua proliferazione con un sentimento di apocalisse o di males- sere; Pongetto moderno oil soffocamento (Tonesco}, 0 1a nausea (Sartre). L’oggetto enciclopedico, al contrario, & dominato (si potrebbe dire che & puro oggetto nel senso ctimologico del termine), per una ragione molto semplice ¢ costante: perché ogni volta @ firmato dall'uomo; Pim- ‘magine ® il tramite principale di questa presenza umana, perché permette di disporre discretamente sullorizzonte dell'oggetto un uomo permanente; le planches dell"En- eyelopédie sono sempre popolate (in questo hanno una stretta parentela con un’altra «iconografia progressista> 92 NuoVE sAccr crtTict ©, per essere pit precsi, borghese: la piteura olandese del xvit secolo); immaginate pure Poggetto pit solitatioe pid selvaggio; site sicuro che I'uomo appati in ogni caso in un angolo dell’immagine; guardera l’oggetto, o lo misure+ 1, 0 Jo sorveglicr’, o ne usufruird come di spettacolo; aguardate il pavé dei giganti, ammasso spaventoso di basal- ti edifiato dalla natura ad Antrim in Scozia; questo pac- saggio inumano formicola di umanita; degli uomini in tricomo e delle belle dame contemplano Porribile paesag- gio chiacchierando familiarmente; pié lontano, degli uo- mini pescano, degli scienziati soppesano il minerale: ana- Jizzato nelle sue funzioni (spettacolo, pesca, scienza), il basalto & ridotto, addomesticato, seso familiar, perché & iviso: quello che colpisce in tutta Encyclopédie (e in particolare nelle sue immagini) & che essa propone wt mondo senza paura (vedremo subito che il mostruoso non ne 2 escluso, ma vi appare a titolo pid asurredlista» che terrificante), Si pud persino precisare meglio a cosa si riduca 'uomo. dell'immagine enciclopedica, cosa costituisca lessenza del- Ja sua umanita: sono le sue mani, In molte planches, che non sono tra le meno belle, delle mani separate dal corpo volteggiano intorno all’opera (Ia loro leggerezza & estre- ‘ma); queste mani sono senza dubbio il simbolo del lavoro attigianale (i mestieri sono ancora tradizionali, poco mec- ‘canizzati, la macchina a vapore ® messa in ombra), come si pud constatare dal?importanza dei tavoli (grandi, lise, ben illuminati, spesso attorniati da mani); ma al di Ja dell artigianato, le mani diventano un segno induttore del- Pessenza umana: non si vede ancora oggi, in maniera pit indiretta, In nostra pubblicitA tornare continuamente si questo motivo misterioso, insieme naturale e natu tale, come se non finisse mai la meraviglia dell vomo avere mani? Non & facile farla fnita, con la civiled della mano. Cost, al livello delle sue rappresentazioni immediate, Encyclopédie non si stanca di rendere familiare il mondo det ongett che & Is oun materi pring) aggingendovi Ja cifra assillante dell'uomo, Tuttavia, al di Ih dell imma gine presa letteralmente, questa umanizzazione implica LE TAVOLE DELL‘«ENCYCLOPEDIE® 93 un sistema intellettuale di un’estrema sottighiezza: limma- sine enciclopedica ® umana, non solo perché Puomo vi figura, ma anche perché essa costituisce una struttura di informazione. Questa struttura, benché iconografica, si articola nella maggior parte dei casi come un vero lin- funggo (il tipo dliguaggo che noi chime artiol- 10); diesso riproduce le due dimensioni messe in luce dalla linguistica strutturale; si sa che ogni discotso comporta delle unit significanti e che queste unitd si otdinano se- condo due assi, uno di sostituzione (0 paradigmatico), altro di contiguita (0 sintagmatico); ‘ogni unita pud cost variare (virtualmente) con unith affini, 0 incatenatsi (real- mente) con unita vicine. E quello che accade, grosso mo- do, in una planche dell'Encyclopédie, La maggioranza di queste planches sono divise in due parti; nella parte infe- siore, T'utensile o il gesto (oggetto dellllustrazione) isolato da ogni contesto reale,® mostrato nella sua essen 2a; e880 costituisce Vunita dinformazione, e questa unith 2 nella maggior parte dei casi variate: se ne mostrano in dettaglio gli aspetti, gli elementi, le specie; questa parte della planche ha il compito di declinare Voggetto, ci mo- stramne il paradigma; al contrario nella parte superiore, 0 Vignetta, questo stesso opgetto (e le sue vatietd) & colto allintemo di una scena (generalmente una scena di vendi- 20 di confezione, di negozio o di fabbrica) e collegato ad altsi oggett!all’interno di una situazione reale: si ritrova pila dimension sintagmatiea del messaggo; e, come nel iscorso orale il sistema della lingua, percepibite soprat- tutto a livello paradigmatico, @ in qualche modo nascosto dictro la colata vivente delle parole, cost la planche enci- clopedica si vale insieme della dimostrazione intellettuale (con i suoi oggetti) e della dimensione romanzesca (con le sue scene). Ecco una planche dedicata a un mestiere (quel- lo di pasticiere): in basso, il complesso degli svariati strumenti necessari al lavoro; in questa condizione para- digmatica, lo strumento non ha alcuna vita: it erte, fisso nella sua essenza, non 2 che uno schema dimostrativo, analogo alla forma scolastica di un paradigma verbale 0 nominale; in alto, al contrario, la frusta, il tagliere (i pasticcieri confezionavano dei patés en croute), lo stace 34 NUOVI SAGGI CRITICE cio, il catino, Jo stampo sono dispersi, collegat, agiti in un quadro vivente, esattamente come i casi individuati dalla ‘grammatica sono di solito usati senza pensarci nel discor. 40 reale, con questa sola differenza: che il sintagma encl clopedico ha un'estrema densita di senso: in linguaggio informazionale, si direbbe che la scena comporta pochi «tumori» (si veda ad esempio atelier in cui sono riunite Ie principali operazioni dell incsione). La maggior parte degli oggetti presi dal paradigms is feriore si ritrovano dunque nella vignetta a tholo el segals mentre 1a nomenclatura per immagini degli strumenti, degli utensili, dei prodotti e dei gesti non comporta pet lefinizione alcun segreto, a vignetta, cui viene attribuito ‘un senso disseminato, si presenta sempre un po” come un rebus; 2 necessario decifratla, scoprire in lei le unita di infotmazione. Del rebus la vignetta ha la densith: bisogna che tutte le informazioni entrino a forza nella scena vissu- ta (da qui, durante la lettura, un certo modo di esplorate il senso); nella planche consacrata al cotone alcuni partico- lari devono necessariamente sottolineare I'esotismo del vegetale: Ia palma, lacapanna, isola, la testa tasata del nese, Ia sua Junga pipa (poco pratica« dire il vero per chi lavora il cotone, ma che richiama immagine dell’oppio); ‘nessuna di queste informazioni & innocent immagine & satura di significzioni dimostrative; alla stessa maniera lanterna di Demostene 2 ammizevole perché due wor ‘ne parlano ¢ la indicano con il dito; & una cosa antic perché vicina a una rovina; @ situato in Grecia perché ce i mare ¢ una barca; noi contempliame il suo stato presen- te perché un gruppo di uomini balla in circolo, If vicino, qualche cosa come il buzuki, Di questa vocazione critto- atafica dell'immagine non c’8 miglior simbolo delle due planches consacrate agli emisferi; una sfera, chiusa da un sottile reticolo di linee, mostra il disegno del continenti; ‘ma queste linee e questi contorni nen sono che un sipario trasparente c leggero oltre il quale gallegpiano, come un senso nascosto dietro, le figure delle costellazioni (Boote, il Delfino, la Bilanca, il Cane). ‘Tuttavia a vignetta, che & un condensato di senso, offre anche una resistenza al senso, e si pud dire che parados- Li TAVOLE DELL'«RNGYCLOPADIE > 93 salmente, attraverso questa resistenza, il linguaggio della planche diventi un linguaggio completo, un linguaggio adulto, 8 infatti evidente che per il lettore dell’epoca la scena in sé comporta spesso un numero molto limitato di informazioni nuove: chi non aveva visto un negozio di pasteles sun campagaa arta, del pescator! fungo un fiume? La funzione della vignetta & dungue un'altra: il sintagma (ancora di imo occupando) testimor ‘qui, una volta di pid, che il linguaggio, ¢ a maggior ragio- ne il linguaggio iconico, non & pura comunicazione intel- Tettuale: il senso non & completo che quando viene in qualche mondo naturalizzato all’interno di un’azione tota- Te dell'uomo; anche per Encyclopédie c’& messaggio sol- tanto in situazione. Si pud da cid quanto la didatti- ca dell Encyclopédie sia in definitiva ambigua: molto for. te nella parte inferiore (parudigmatica) della planche, si diluisce a livello sintagmatico e raggiunge (senza smarritsi del tutto) Ja verita romanzesca di ogni azione umana (aon sapremmo definitla altrimenti). Nel piano inferiore, la planche enciclopediea costivuisce una lingua radical, fatia di puri concetti, senza parole-chiave né sintassi; nel supe- riore questa lingua radicale diventa lingua umana e perd volontariamente in intelligibilitd quello che guadagna in vissuto. La vignetta non ha soltanto una funzione esistenziale, ma anche, se cos{ si pud dite, epica; ¢ incaricata di rappre- sentare i termine glorioso di un grande perors, quello della materia, trasformata e sublimaca dall’uomo attraver- so una serie di episodi di stazioni; cid & simboleggiato dalla sezione del mulino, in cui si vede il grano spostarsi di piano in piano pet risolversi in farina, La dimostrazione pee eo pit evidente quando & xolouiatlanents ar tiftciale: dalla porta aperta di un negozio di armi si scor- sgono due uomini che duellano: Ia scena & poco probabile, e tuttavia logica se si vuol mostrare il termine ultimo di quell’operazione (il soggetto della planche) che & la forbi- tura: c’é un percorso dell’oggetto che deve essere onorato sino in fondo, Questo percorso & spesso paradossale (da qui Vinteresse che c’8 a mostrame i poli); una massa e- notme di legno e di corde produce una graziosa tappezze- 96 NUOVI SAGGI CRITICE tia a fiori: oggetto finito, cost differente dallo strumento the lo hn prodotto, & mostrato Ilr frome, Pelicve Ie ‘aan, gistappost,formano una figura di senso per cons tiguita (che si chiama metonimia); I’intelaiatura della mac+ ching significa in deGnitva la tappezzri. Tl patadosso ragglunge il suo colmo quando non si pub percepitealcan rapporto di sostanza feu il materiale alla partrza e Po sett alfativo: presso i fabricante di carte, le carte iuoco nascono dan voto da un buco in un eartone, hell'tlier dl fabbricante di fon artfeiall non soltato niente ricorda il ore, ma fe operuioni che vis compions ‘sono contrastanti con I’idea di fiore: si tratta di punzona- ture, di martllintore, di fustellaare; che rapporto ¢® tra questi pesanti lavori e Ja fragile fiotitura dell’anemone dal manuncolo? Esattamente un rapporto umano, quello dellonnipotente fare delPuomo che da nalla pub tarte tutto, L'Eneyelopéietesimonia dungue continuamente una certa epopea della materia, ma questa epopen ® anche in qualche modo quella dello spirto il pereoteo della mace: Hanon luo ne ilps che progres della ragione: immagine ha ache una forzione lagien Dide- rot lo dice chiatamente u proposto della meechian pet fare le calze, di cui l'immagine riproduce la struttura: «La sipud guardare come un solo e unico ragionamento, di cui Jn fabbricazione del oggeto & la concusione; fra rtte Te ‘sue patti regna una cost grande cotrelazione che eliminar- ne una soltanto, altenre la forma di quelle che sem brano le meno important, votrebbe dire nuocere tot i meccanismo 8 trova qui profetcamente formulato fl principio del insiemi elbernetii; la planche, immagine Gell macchinn,& a suo modo un cérvello: vi introduce. no del martial, si dispone un «programm; la vignetta Gt sintagma) serve de conclusione. Questo extatere log co dellimmagine ha un altro modello, quello della dale. tica: immagine comincia con Tanaliceae econ Lenume: rare pli element sparsi del oggettoe dellopeazione eI fa, come su un tavolo, sotto gl occ del lettore, pol Tioompone, agpiungendo loro per finite lo spessore del- la scena, ciod vita, Le TAVOLE DELL' 97 Il montaggio enciclopedico & fondato sulla ragione: inge a fondo Panalisi quanto & necessario per «coglicre i elementi senza confusione (altra frase di Diderot, a proposito di tavole nate da inchieste condotte dai disegna- tori negli ateliers): immagine & una sorta di sinossi ra- zionale: non illustra soltanto Poggetto o il suo percorso, ma anche lo spirito che lo pensa; questo doppio movimen- to cortisponde a una doppia lettura; se voi leggete Ja planche dal basso verso Palto ottenete in qualche modo tuna lettura vissuta, rivivere il percorso epico dell’oggetto, il suo sboceiare nel mondo complesso dei consumi: andate dalla natura alla societa; ma se voi leggete Pimmagine dallalto in basso, partendo dalla vignetta, riproducete Vitinerario dello spitito analitico; il mondo vi offre le cose uusuali, evidenti (la scena); con Venciclopedista, voi di scendete progressivamente alle cause, ai materiali, a element primi, andate dl wnat al uae, intel izzate Voggetto. 1! privilegio dellimmagine, opposta in cuesto alla seritura, che incare, & ion ebthgare ad alcun senso di lettura: un’immagine & sempre priva di vettore logico (esperienze recenti tendono a provarlo) quelle dell’Encyclopédie possiedono una preziosa citcol rit: le si pud leggere a partie dal vissuto o, al contrario, dall'intelligibile: i mondo reale non & ridotto, ma sospe- so tra due grandi ordini di realtA non riducibili. ‘Questo @ il sistema informativo dell’immagine enciclo- pedica. Tuttavia la questione delll’informazione non & chiu- sa una volta che si 2 parlato di quello che Pimmagine poteva trasmettere al lettore dell’epoca: il lettore moder- no riceve da queste vecchie illustrazioni delle informazio- ni che Lenciclopedista non poteva prevedere: informa- oni storiche, in primo luogo: ® evidente che le planches dell Encyclopédie sono una miniera di notizie preziose sulla civiltd del xvirr secolo (o almeno della sua prima ‘meti); informazioni con una valenza di sogno, se cost si ppud dire: Poggetto di allora suscita in noi analogie mo- derne; & questo un fenomeno di connotazione (la conno- tazione, nozione linguistica precisa & costituita dallo evi- lupo di un senso secondo), che giustfica in profondita le nuove edizioni dei documenti antichi, Prendete per esem- 98 NUOVE SAGGr cRITTCE pio la Diligenza di Lione; la Encyelopédie non mirava a niente altro che alla riproduzione oggettiva — piatta, si potrebbe dire ~ di un certo mezzo di trasporto; ora, acca: deche questo srgno massccio e sereto save subito in noi quelli che si pottebbero chiamare ricordi dell'immagi- nnazione; le stotie ci bandit, i rapimenti i ziscati i trasfe- timenti notturni di prigionieri misteriosi e, pid vicini a noi, i western, tutto il mito eroico ¢ sinistro della Diligen- 242 li, in quelPoggetto nero che ci viene offerto innocen: fgmente, come avrebbe potuto ofrreslo una fotogaa epoca.’ Ct una projondita dell'immagine enciclopedica che & quella del tempo che trasforma oggetto in mito. ‘Tutto questo conduce a quella che bisogna pur chiama- ze Ia Poetica dell'immagine enciclopedica, se si accetta di definite In Poetica come la sfera delle vibrazioni infinite del senso, al centro delle quali 8 Poggetto preso alla lette- ', Spud dite che none una sla planche del Eneylo- édie la quale non vibri al di I& del suo scopo dimostrati- vo. Questa singolare vibrazione & prima di tutto uno stu- pore. L'immagine enciclopedica & sempre chiata, certo; ‘ma in una regione pi. profonda di noi stessi, al di 1A deltntelletto 0 almeno in una sua dimensione sfuggente, delle domande nascono e ci sopralfanno, Guatdate In stu: pefacente immagine dell'somo ridotto al suo sistema di vene; Faudacia anatomica raggiunge qui la grande inter- rogazione poetica e filosoficn: che cos’? Che nome dat- sli? Come dargli un nome? Mille nomi sorgono, si sosti- tuiscono Pano alfaltro: un albero, un ors, un mostro, ‘una eapigliatura, una stoffa, tutto quello che va al di IA della silbouette'umana, In dilata, Pattiza verso regioni Tontane da lei, le fa vareare le divisioni della natura; tut. tavia, come nello schizzo di un pittore lintrico dei segni si sisolve alla fine in una forma pura c esatta, petfettamente significante, cos{ qui tutte le vibrazioni del senso concor rono a imporei una certa idea delloggetto; in questa for- ma dapprima umana, poi animale, poi vegetale, noi rico- nosciamo sempre una sorta di sostanza unica, vene, capel- oo filo,e accediamo a quella grande materia indiffere he In poesia, verbale o dipinta, ci fa conoscere: davanti all'uomo dell’ Encyclopédie si & costrettia dite if fibroso, Li TAVOLE DELL'CENCYCLOPEDIED 99 come gli antichi Greci dicevano Humido, 0 il caldo, o i tondo. Una cetta essenza della materia & qui alfermata, Non ci pud essere poesia anarchica, I'iconografia della Encyclopédie & poetica perché gli straripamenti del senso ‘sempre una certa unit’, suggeriscono un senso ul- timo, trascendente a tuti i fentativi del senso. Per esem- pio: Pimmagine della matrice ¢ in verita assai enigmatica; tuttavia le sue vibrazioni metaforiche (si di ¢ squartato in una macelleria 0 Vinterno di un corpo che si Aisfa e galleggia) non contraddicono il trauma originario collegato a questo oggetto. C’e un certo orrore e un certo fascino comuni ad alcuni oggetti, e che collegano proprio questi oggetti in una classe omogenea, di cui Ia Poetica afferma l'unita e identita. B questo ordine profondo del- a metafora a giustifeare ~ poeticamente ~ il xicorso alla categoria del mostruoso (che percepiamo, secondo Ia leg- se di connotazione, in certe planches): mostri anatomici, come nel caso dell’enigmatica matrice o in quello del bu- Sto dai brace tags, dal petto aperto, dal vis stralunato (destinato a mostrarci le artetie del torace); mostri sur- realisti (le statue equestri dentro le loro armature di cera € cordami); oggetti immensi ¢ incomprensibili a mezza stra- dlatrs una cab eun attaccapennl (oeleplanches dedicate alla fabbricazione delle calze), mostri pit sottili(piatti di veleno dai cristalli nerie acuminati), tutte queste trasgres- soni della natura fanno comprendere che il poetico (e il mostruoso non potrebbe essere altzo che poctico) ® sem- pre fondato da uno spostamento del livello di percezione: & una delle grandi ricchezze della Encyclopédie quella di variare (nel senso musicale del termine) illivelo al quale ‘uno stesso oggetto pud essere percepito, liberando cost i segreti della forma: vista al microscopio la pulee diventa un mostto orribile, copetto di placche di bronzo, munito di aculei pungenti, con Ia testa ci uccello cattivo; un mo- stro che raggiunge il sublime strano dei draghi mitologi altrove, ¢ in un altro registro, ilcristallo di neve ingrandi- todiventa um ore comple armerios, La possia non consiste forse in un cetto potere di. sproporzione, come Baudelaice ba capito cosf bene desctivendo gli effetti di riduzione e di messa a fuoco dello hashish? 100 NUovr SAGGr cRITICE Altra categoria esemplare del poetico (accanto al mo- struoso) una certa inmmnobilit2, Si vanta sempre il movi mento di un disegno, E tuttavia, per un paradosso inevi tabile, Vimmagine del movimento non pud essere che fer- ‘ma; per significare se stesso il movimento deve immobi- lizzarsi nel punto di maggior impeto; questo riposo inaudito, insostenibile, che Baudelaire chiamava la verita cenfatica del gesto, ¢ che si ritrova nella pittura dimostra- tiva, quella di Gros per esempio; questo gesto sospeso, soprasignificante, si pottebbe chiamare numer, perché si tratta proprio del gesto di un dio che erea silenziosamente il destino dell'uomo, vale a dire il senso. Nella Encyclopé- die i gesti numinosi abbondano, perché quello che fa l'uo- ‘mo non pud essere insignificante. Nel Iaboratorio di chi- mica, per esempio, ogni personaggio ci presenta degli atti leggermente impossibili; un atto, invero, non pud essere eflicace e significante, un gesto non pud essere in- sieme un atto: il ragazzo che lava i piatti non guarda, stranamente, quello che fo; il suo viso, girato verso di noi, operazione in una sorta di solitudine dimostrativa; €se i due chimici discorrono tra loro, & necessario che uno diss azi un dito per significare con quel gesto enfatico il carattere dotto della conversazione. Cost, anche nella scuo- Ja di disegno, gli allievi sono sorptesi in un momento di agitazione quasi improbabile a forza di verita. C’2 in effet- tin ordine fisico in cui il paradosso di Zenone di Elea 8 vero, in cui la freccia vola e non vola, vola di non volate, € questo ordine 8 quello della piteura’ (qui del disegno), Come si pud constatate, Ia poetica enciclopedica si defi nisce sempre attraverso un certo ietealismo, B impegno dell’Encyclopédie (nelle sue planches) essere insieme ope- 1m didattica, fondata quindi su una rigida esigenza di og- gettivita (di realta), € opera poctica, nella quale il reale & continuamente scavaleato da qualcasa d'altro (Ialtro & il segno di tutti i misteri), Con mezzi puramente grafici, che non fanno mai ricotso al nobile alibi delPate, il diseguo enciclopedico fa esplodere il mondo esatto da cui era par- tito. Si pud precisate il senso di questa sovversione, che non. tocea soltanto Tideologia (e in questo le planches dell’Encyclopédie allargano singolarmente le dimensioni LE TAVOLE DELL'«ENcYcLoPépIE» ror dellimpresa), ma anche, in maniera infinitamente pid gta- ve, la razionalied umana, Gid nel suo ordine (deseritto qul sotto i profili del sintagma e del paradigma, della parte alta e della parte bassa della pagina), la planche enciclo- pedica corre questo rischio.Gella regione. La vignetta, rappresentazione realistica di un mondo semplice, fami- liare (negozi, ateliers, pacsaggi) & legata a una certa evi- denza tranquilla del mondo: la vignetta quieta, rassicu- rante; cosa ¢’é di piti deliziosamente domestico dell’orto chiuso tra i suoi muti ¢ con le spalliere esposte al sole? Cosa di pid felice ¢ di piti saggio del pescatore con la canna, del sarto seduto alla finestra, delle venditrici di plume e del bambino che parla con loro? In questo cielo enciclopedico (in alto nelle planches) il ‘male &rar0; appena un certo disagio davanti al duro lavo- 10 degli operai nelle fabbriche del vetzo, dotati di poveri ‘utensili¢ mal protetti contro il ealore; e quando la natura si aggronda, ct sempre in qualche punto un uomo_ per rassicurarla: pescatore alla luce di una fiaccola davanti al ‘mare notturno, sapiente che parla davanti ai basalti neti di Antrim, mano leggera del chirurgo posata sul corpo che pgs mblert del sapere, dspost in germe pel peno della tempesta (nella planche sulle trombe matine). Tut- tavia, non appena si lascia In vignetta per planches o im- magini pit analitiche, Lordine tranquillo del mondo @ sconvolto a favore di una certa violenza, Tutte le forze della sagione © dell'trazionalita concorrono allinguietu- dine poctica; ® in primo Iuogo la metafora a fare di un oagetto semplice e aletterales qualcosa di infinitamente terremotato: il riccio di mare 2 ache sole ¢ ostensotio: il mondo in cui si da un nome non @ sicuro ¢ nuamente gravitato da essenze divinate ¢ inaccessibili; ¢ soprattutto (2 questa linterrogazione finale posta da que- ste planches) lo stesso spirito analitico, arma della ragione trionfante, non pud che duplicare il mondo spicgato con un mondo da spiegare, secondo un proceso di circolariti infinita che & lo stesso del dizionario, in cui la parola non pud essere definita che da altre parole, in cui il definito 8, nel suo spossante movimento, continuamente tributario del definibile: entrando nei dettagli, spostando i livelli di ro2 NUOvE SAGI cRITICT ne, svelando il celato, isolando gli elementi dal 70 contesto pratico, dando agli oggetti un’essenza astrat- ta, in breve «aprendo» la natura, Pimmagine enciclopedi- ea non pud a un certo punto che scavalcarla, raggiungere ‘una sovranatura: & a forza di didattismo che emerge qui un surrealismo smatrito (fenomeno che sititrova in modo ambiguo nell'inquietante enciclopedia di Flaubert, Bou- ard et Pécuchet); si vuole mostrare come vengono fuse Te statue equestri? Bisogna ricopritle di una stravagante armatura di cera, di bende e di supporti: quale irazionali- £2 potrebbe raggiungere questo limite (senza patlare della demistificazione violenta che riduce Luigi XIV da guer- tieto a bambola mostruose)? In generale Encyclopédie & alfascinata, a forza di ra- sione, dal rovescio delle cose; essa tag, amputa, mette in evidenza, rivolta, e vuol passare dietro Ia natura, Ora ogni rovescio @ inquietante; scienza e parascienza sono mesco- late, soprattutto al livello dellimmagine. L’Encyclopédie non si stanca di procedere ad un’empia frammentazione del mondo, ma quello che essa trova l termine di questo spezzettamento non 2 Io stato primitivo delle cause put nella maggior parte dei casi Pimmagine la obbliga a ric comporre un oggetto irrazionale; una volta dissolta la prima natura, un’altra ne sorge, che he una forma non ‘meno della prima, In una parola, la frattura del mondo & impossible: basta uno sguardo — il nostro — perché il mondo sia eter- rnamente pieno. 164, Chateaubtiand: Vita di Rancé To non sono pitt altro che tempo. Vita di Ranck, Nessuno ha mai letto, per lo meno espressamente, la | Vita di Rancé cos{ come fu scritta, cio’ come un’opera di penitenza e di edificazione? Cosa pud mai dire of iscredente, a un uomo addestrato dal suo secolo a non cedere al prestigio delle «frasi», questa vita d'un frate ‘trappista dell’epoca di Luigi XIV scritta da un romanti- co? Eppure noi possiamo amare questo libro: esso pud dare Ja sensazione del capolavoro 0, meglio ancora (dal ‘momento che questa ® una nozione troppo contemplati- va), di un Ibo pieno di fervore, in cui alcuni di noi jono ritrovare certi loro problemi, vale a dire certi Fore limit. Come pub Popera devota dun vecchlo retore, scritta per accondiscendete alle insistenze del suo confes- sore, nata da quel romanticismo francese col quale la no- | stra modernit’ ha cosf poche affinita, come pud quest’ope- ra, dicevamo, riguardatci, stupirci, soddisfarci? Questa sorta di distotsione imposta dal tempo fra la scrittura e la lettura 8 appunto la sfia di cid che nol chiamiamo lettera- | tura: opera letta ¢ anacronistica e questo anacronismo & In questione capitale che essa pone al critico: poco a poco, si riesce a spiegare un'opera attraverso Ia sua epoca 0 attraverso il suo intendimento, ossia a giustificare Jo sean- dalo della sua apparizione; ma come ridurre quello della sua sopravvivenza? A che coss, a noi che abbiamo letto Marx, Nietzsche, Freud, Sartre, Genet o Blanchot, la Vita | i Rancé pud dunque convertirci? x04, NUVI SAGGr cRITICt La regione del profondo silenzio, Chateaubriand sctive la Vita di Rancé a scttantasette anni; 2 Ja sua ultima opera (morind quattro anni dopo). B questa un’eccellente base di partenza per sviluppare un Juogo comune (nellaccezione tecnica del termine: un fo- pos) della letterarura classiea: quello della vanitd delle ose; considerando che epi stesso sta vivendo i suo pas- faggo, ed essendo ans alla fine del suo eamminos lvoe chio non pud cantare altro che cid che & destinato a passa. re: Pamore, la gloria, in poche parole, il mondo, Questo tema della vanitas non & estraneo alla Vita di Rancé; spesso crediamo di leggere PEaclesiaste: «Societa da lun 80 tempo svanite, quante altre vi sono succedute! le danze sintrecciano sulla polvere dei morti e le tombe affiorano sotto i passi della gioia... Dove sono oggi i mali di ieri? Dove saranno domani le felicita di oggi?» Qui dunque ritroviamo, accompagnato da digression senza fine, tutto il epertorio classico delle vanith umane: gli amori che sfioriscono (si veda il celebre passaggio sulle lettere d’a- more), le tombe, le rovine (Roma), i castelli abbandonati (Chambord), le dinastie che si estinguono, i boschi che dlilogano, le belle donne dimenticate, le gran dame che in- vecchiano ¢ di cui si ode appena il richiudersi della tom. ba; per Chateaubriand forse solamente il libro non si consuma, Eppure il tema sapienziale, cost frequente nella lewtera- tura classica e cristiana, & quasi completamente scomparso dalle opere moderne: la vecchiaia non & pid un’eta lettera. tia; il vecehio & ben di rado un eroe romanzesco; oggi il bambino che commuove, & I'adolescente che sedluce, che turba; forse non vi2 pid un'immagine di vecchio, non vie iti una filosofia della vecchiaia pecché il vecchio & in-de- siderabile. E tuttavia una simile immagine pud essere stta- ziante, molto pid di quella del bambino e quanto quella dell'adolescente, coi quali il vecchio condivide del resto la situazione esistenziale d’abbandono. La Vita di Rancé, il cui vero tema & Ia vecchiaia, pud commuovere quanto wn romanzo d'amore, poiché la vecchiaia (questo Iungo sup- CHATEAUBRIAND: «VITA DI RANGE ® 105 plizio, diceva Michelet) pud essere una malattia come lo & amore: Chateaubriand era malato della sua vecchiaia (e, rispetto al ¢opos classico, questo & un fatto nuovo); la vecchiaia ha una sua propria consistenza, essa esiste come un corpo estranco, fastidioso, doloroso, e il vecchio ha con essa dei rapporti magici: una metafora ininterrotta e va- riata la munisce di una vera e propria materia, dotata d'un colore (2 Ja viaggiatrice della notte) e d'un canto (2 1a regione del profondo silencio). Ed appunto questo lan- yore di essere vecchio, che emana da tutte le pagine delle Memorie, ad essere qui condensato nella figura d'un soli- tario, ossia di Rancé; infatti, colui che abbandona volon- tatiamente il mondo pud facifmente confondersi con colui che dal mondo & abbandonato: il sogno, senza il quale non vi sarebbe scrittura, abolisce qualsiasi distinzione tra la voce attiva e quella passiva: qui, Pabbandonatore e Pab- Nato non sono che uno stesso womo: Chateaubriand pud essere Rancé A ventinove anni, prima di convertirsi, Chateaubriand setiveva: «Moria interamente per pauradi dover soffri- re altrove. Questa vita ci deve correggere dalla mania di essere», La vecchiaia ® un tempo in cui si muore a meta: & Jn morte senza il nulla. Questo paradosso ha anche un altro nome: & la Noia (cos{ Madame de Rambouillet, or mai avanti negli anni: «Essa aveva cessato di esistere gid dla pareccbio tempo, a meno di contare anche i giorni che «annoiano>); Ia noia'é Vespressione di un tempo di troppo, di una vita di troppo. In questo totale ablsandono, ce brato lungo tutte le pagine della Vita dé Rancé sotto le sembianze della pieta (Dio 8 un comodo mezzo per parlare del nulla), & riconoscibile un tema adolescenziale: fa vite ‘mi fu inflitta, ~ Che cosa faccio fo al mondo?; a causa di guesto sentimento profondo esistenziale (e anzi esisten- “alista), benché calata in un contesto cristiano, la Vita di Rancé fa pensare a La nausea; le due esperienze hanno del resto il medesimo shocco: serivere: solo la sctittura pud daze un signicao al nonsgnifcante a deren sta nel fatto che Ia derelizione esistenziale & inflita all'uomo in ‘maniera metafisica, al di a delle etd; per quanto riguarda Chateaubriand, egli & di troppo rispetto a un tempo ante- 106 NUOVI SAGGI CRITICT rote, a un essere dei suoi sicordi; quando il ricordo appa+ te come un sistema completo di rappresentazioni (8 il caso delle Memorie),la vita finita e incomincia la vecchiaia, la quale & puro tempo (io non sono pit altro che tempo); Vesistenza non & dunque regolata dalla fisiologia, ma dalla ‘memoria; non appena questa pud coordinare, strutturaze (e cid pud avvenire prestissimo), ecco che L'esistenza die venta destino, ma proprio per questo essa ha fine, giac- ché il destino non pud mai coniugarsi altro che al trapas- sato remoto: il destino & un tempo conchiuso. Essendo Jo sguardo cid che trasforma la vita in destino, Ia vec- chiaia fa della vita un’essenza, solo che essa non 2 pit la vita, Questa situazione paradossale fa dell'uomo che dura a lungo un essere sdoppiato (Chateaubriand parla della vita anteriore di Rancé), il quale non approda mai a istenza completa: prima le chimere, poi i ricordi, ma ‘mui i possesso: 8 ultima impasse della vecchiaia: le cose sono cose solo quando non sono pit: (in’ particolare, Chateaubriand non deforma Raneé per vivere dentro di lui), ma & anzi concisa, scabra. Chateaubtiand non si proietta si sovrappone; ma siccome il discorso & apparentemente lineare ¢ dato che qualsiasi operazione di simultaneita gli riesce problematica, I'auto- re non pud far altro che penetrare di forza, e a sprazz, in ‘una vita che non & la sua; la Vita di Rancé non 8 un'opera tuniforme, ma un’opera spezzettata (noi amiamo questa «caduta» continua); di continuo, anche se ogni volta pet 1p0c0, il filo del discorso del Riformatore viene spezzato per far posto a un repentino ricordo del narratore: Rancé arriva a Comminges dopo un terremoto: Chateaubriand giunse a Granada in una identica situazione; Rancé tradu- ce Doroteo: Chateaubriand poté vedere tra Giaffa e Gaza il deserto in cui visse il santo; Bossuet ¢ Rancé passeggia- vano nel convento dopo il vespro. «Ho osato profanare coi passi che mi servirono a sognare René it chiostro in cui Bossuet ¢ Rancé discorrevano di cose divine»; per soffo- x08 NUovr Sacer cRITtcr ‘care col sudore i suoi pensieri, San Girolamo camminava Tungo le rive del mar Morto con sacchi di sabbia sulle spall, Zo stesso bo percorso quelle lande sotto it peso lel mio animo». In questa reiterazione continuamente spezzata, che 2 il contratio di un’assimilazione e di conse- guenza, secondo il significato corrente, di una «creazio. ne», vidun che dire: isacea: si pud dimenticare I'fo: senza mai risucchiarlo, Ranoé la- scia periodicamente allo scoperto Chateaubriand: mai un auutore si liberato meno di se stesso; c’é in questa Vita di Rancé qualcosa di rigido: & un’opera fatta di schegge, di frammenti abilmente mescolati ma non amalgamati; Cha- teaubriand non fa un doppione di Rancé: eal fo interrom- prefigurando in tal modo una leteeratura del frammen- to, secondo la qual lecoscienze inesrablmente separate (dell’autore € del personaggio) non si servono pid ipocti- tamente di una stessa voce composita, Con Chateaubriand, ha inizio la solitudine delPautore: Pautore nom 2 il suo personaggio: tta di loro s'instaura una distanza, che Cha- teaubriand registra ma a cui non si adegua; di qui, quegli alti c bassi che dinno alla Vita di Rancé la sua particolare vertigine, La testa mozzata, In effetti, la Vita di Rancé cisulta essere composta in modo irsegolare; 2 vero che le quattro parti principali seguono all'ncirea In eronologia: la piovinenzn dt Rac, In sua conversione, la sua vita a La Trappe, la sua morte: ‘ma se si scende al livello di quelle mistetiose unith del discorso che la stilistica non ha ancora ben definito ¢ che stanno a meti fra Ja parola e il enpitolo (talora una frase talaltra un paragtafo), la frantumazione del senso & conti- ‘nua, come se Chateaubtiand non potesse mai impedirsi di sitare improvvisamente Ia testa verso «qualcos'altro» (Jo sctittore sarebbe dunque uno shadato?); questo disordine si avverte chiaramente nel come vengono presentat tratti dei personaggi (che nella Vita di Rancé sono assai umerosi); non si sa mai quando Chateaubriand patlera (CHATEAUBRIAND: i qualeuno; la digressione non & prevedibile, il suo rap- to col filo del racconto & sempre improvsiso e frag lc; per esempio, Chateaubriand ha avuto diverse occasioni pet patlare del cardinale di Rete quando descrive la gio- Venti frondista di Raneé; eppure,ilrtratto di Retz viene fuori solo molto pit avanti, e precisamente quando parla d'un viaggio che Rancé fa a Roma, A proposito di quel xv secolo che ammirava, Chateaubriand parla di quei tempi in cui niente era ancora classificato, suggerendo cost Ja profonda componente barocca del classcismo. Dal ean- to suo, la Vita di Rancé reca anch'essa Timpronta del Darocco (Ia parola & qui adoperata senza rigore storico), nella misura in cui Pautore accetta di organizzare senza strutturare secondo il canone classico; c' in Chatenu- briand un’esaltazione della rottura e della ramificazione, Benché a dire il vero questo non sia un fenomeno pro- priamente stlistico, dal momento che pud superare i limi- ti della pura ¢ semplice frase, gli si pad comungue asse- gnare un modello retorico: Panacoluto, i quale & contem- Poraneamente rottura della costruzione e punto di par- ‘tenza d'un nuovo senso, Come si sa, nel discorso ordinario il rapporto tra le parole & soggetto a una certa probebilita, Chateaubriand dirada questa probabilita; che possiilita ci sono di veder compatite Ia parola alga nella vita di Marcelle de Caste! lane? Eppure, a proposito della morte di questa giovane donna, Chateaubriand improwvisamente ci dice: «Le far ciulle di Bretagna si lasciano morire sulla spiaggia dopo essersi attaccate alle alghe d’uno scogliow. In greco, il piccolo Raneé & un vero prodigio: che rapporto c'& con la parola guanto? Eppure, in quattro e quattr’otto, il rap- ore viene stabilito (il gesuita Caussin mette alla prova il ranciullo nascondendo il suo testo coi suoi guanti). Attra- verso questa divagazione colta, cid che fa irruzione nel discorso ® sempre un elemento sorprencente (alga, guar 40), La patola letteroria (dato che & di lei che si tratta) appare cos{ come un immenso e sontuoso rudere, il resto frammentario di un'Atlantide in eui le parole, troppo ca- riche di colore, sapore, forma, in breve di qualith e non di idee, brillano come i detriti d'un mondo diretto, impensa- VITA DI RANCE® 109 110 Nuov! sacot crrrict to, che non offuscano, che non nuocciono ad alcuna logica: Je parole devono pendere come dei bei frutti dall’elbero indifferente del racconto: tale 2 in fondo il sogno dello sctittore; gli si potrebbe dare per simbolo l'incredibile anacoluto che, a proposito di Retz, fa parlare Chateau- briand di aranceti («a Saragozza egli vide un prete che passeggiava solo perché aveva sotterrato il suo parroc- chiano appestato. A Valenza, gli aranceti formavano le palizzate delle sirade maestre, Retz respirava l'aria che ‘anche Vannozia aveva respirato»). La stessa frase tichia- ma diversi mondi (Ret, la Spagna) senza curarsi mini- mamente di metterli in rapporto fra loro, In effetti, attra- verso questi anacoluti sovrani il discorso s'instaurn j ‘base a una profondita: Ja lingua umana sembra ricordarsi invocare, ticevere un’altra lingua (quella degli di, com detto nel Cratifo). Da solo, Panacoluto costituisce infatti , una ratio, un principio; forse quello di Cha- teaubtiand inaugura tna nuova logica, sffatto moderna, il cui opetatore 2 la sola ed estrema rapid del verbo, senza Ja quale il sogno non avrebbe potuto investie la nostra Tetteratura, Questa sconfinata paratassi, questo silenzio delle articolazioni comporta, s'intende, ‘profonde conse- spuenze per economia generale del senso: I'anacoluto ob- bliga a cercare il senso, lo fa «vibrare» senza fissatlo; da Retz agli aranceti di Valenza, il senso gira intorno ma non si ferma; una noova rottura, una nuova fuga ci porta a Maiorca dove Retz «udi alcune devote fanciulle attraver- 0 la grata d'un convento: esse stavano cantando»: che rapporto c’® tra questi due fatti? In letteratura, tutto viene dunque oferto alla comprensione, ¢ tuttavia, pro- prio come nella nostra vita, alla fin fine non c’t niente da capite, In effetti, 'anacoluto introduce a una poetica della di- ‘stanza. Di solito si pensa che lo sforzo letteratio consista nel ricercare delle afinita, delle consonanze, delle simi tudini e che la funzione dello scrittore sia quella di wnire Ja natura ¢ P'uomo in un unico mondo (2 cid che si potreb- bbe chiamare la sua funzione sinestetica). Eppure la meta- fora, fignta fondamentale della letteratura, pud anche es- ‘sere intesa come un efficacissimo strumento di disgiunzio- CHATEAUBRIAND: «VITA DI RANGE» xrr ne; in modo patticolare in Chateaubriand, ove abbondh, ssa ci rappresenta la contiguith ma anche Pincomunicabi. lita di due mondi, di due lingue luttuant, solidali e al tempo stesso separate, come se una non fosse mai altto che Ja nostalgia dell’atra; il raeconto fornisce alcuni elementi letterari(esso rende anzi obbligatorio il loro inserimento) che, attraverso In metafora, vengono improvvisamente shetmiti, sollevati, scollati, separati e poi abbendonati alla naturalezza dellaneddeto, proprio nel momento in cui la parola nuova, che come si visto? stata introdotta a viva forza, senza preparazione, conformemente a un ana- coluto perentotio, ci mette bruscamente in presenza d'un altrove irtiducibile. Chateaubriand pazla del sorriso d'un iovane monaco moribondo: «Pareva di udire quell uccel- fo senza nome che rincuora il viandante nelle vallate del Kashmir. E in un altro punto dice: «Chi nasceva qui? chi moriva? chi piangeva? Silenzio! Lassi in cielo degli uccelli volano verso altri lidi». In Chateaubriand, la me- tafora non avvicina aflatto degli oggetti: semmai essa se- para dei mond; tecnicamente parlando (dato che pat tecnicamente 0 metafisicamente & la stessa cosa), oggi si direbbe che essa non conduce a un solo significato (come nel caso della comparazione poetica), ma che, estesa alle grand unita del discorso, partecipa alla vita stessa dels tagma, il quale, stando a quanto ci dicono i linguisti, & sempre strettamente connesso alla parola, Dea della divi sione delle cose, Ja grande metafora di Chateaubriand sempre nostalgica. Mentre pare moltiplicare gli echi, essa lascia Yuomo come spenzo nella natura e alla fin fine gli risparmia la falsitt duna autenticita diretta: per esempio, eimpossibile parlare umilmente di se stessi; ma con un’ul- tima astuzia, pur senza risolvere questa’ impossibiliti, Chateaubriand Ia supera trasportandoci altrove: « Riguar- do me stesso, per quanto amore io possa nutrire per la mia meschina persona, so bene che non sopravuivr® oltre la mia morte. Nelle isole di Norvegia si portano alla luce delle urne su cui sono incisi dei caratteri indecifrabili. Di chi sono quelle ceneri? I venti non lo sanno». Chateau briand sa perfettamente che eli sopravvivra anche dopo Ja sua morte; ma cid che egli el vuol fare intendere non & 12 Nuovi SAGcr cRrrict Vimpossibile umiltd; quello che Purna, la Norvegia, il vento insinuano in noi & qualcosa che ha del nottumo del nevoso, una certa desolazione dura, grigia, fredda, in poche parole qualcosa che non 2 Poblio, che di quella costituisce il semplice senso anagogico. La letteratura, in- ‘somma, non 2 mai altro che un certo connotato, nel quale ci si perde; Ia letteratura separa, distoglie. A proposito della morte di Madame de Lamballe: « La sua vita vold via come quel passerotto d'un barcone del Rodano che, ferito a morte, fa inclinare dibattendosi la chiglia del battellino troppo carico; econ questo il gioco & fatto: ci ritroviamo bizzarramente assai lontani dalla Rivoluzione. Stando cost le cose, la grande fonzione della retorica ¢ delle sue figure sarebbe dunque questa: far capire, nello stesso tempo, qualcos’altro. Il fatto che la Vita di Rancé sia un'opera letteraria (e non, 0 non solo, apologetica), ci porta molto lontano dalla religione, e qui, ancora una volta, a svolta & determinata da una figura retorica: P'an- titesi, Per Rousseau, Pantitesi & antica quanto il linguag- gio; ma nella Vita di Rancé, che essa struttura interamen- te, Pantitesi non favorisce soltanto un disegno dimostta- tivo (Ia fede capovolge le vite): qui essa 2 un vero e pro- prio adititto di ricupero» dello scrittore sul tempo. Vi- vendo la sua vecchiaia come una forma, Chateaubriand non poteva accontentarsi della conversione «oggettiva » di Raneé; dando a quella vita la forma di una parola ordinata (quella della letteratuta), era necessatio che il biografo la suddividesse in un prima (mondano) ¢ un dopo (solita- rio), adattabili a una serie infinita di contrapposizioni; ¢ aifinché le contrapposizioni fossero rigorose, bisognava separazle mediante un avvenimento netto, sottile, aguzzo ¢ decisivo come il crinale di una sommita che separa due pacsi completamente differenti; Chateaubriand individua questo avvenimento nella decapitazione dell'amante di Raneé; innamorato, letterato, battagliero, in poche pazole mondano, una sera Rancé rineasa da una battuta di caccs vede la testa della sua donna accanto alla bara ¢ immedia tamente, senza una parola, passa dalla parte della pit fera € ferrea religiositA: egli realizaa cosf, nella sua forma e CHATEAUBRIAND: eVITA DI RANCH» 13 nella sua astrazione, loperazione stessa della contrariet’, Lravvenimento & dunque, letteralmente, poetico («Tutti i poeti hanno adottato la versione di Larroque ~ che & Pipotesi della decapitazione ~, tutti i religisi I’banno re- Spinta»); se vogliamo, Pavvenimento 2 possibile solo in letteratura; esso non & né vero né falso, ma fa semplice- ‘mente parte d'un sistema, senza il quale non vi sarebbe nessuna Vita di Rancé, © per lo meno senza il quale, procedendo per gradi, la Vita di Rancé non concererebbe ‘Chateaubriand € neppure quei lontani lettori che siamo noi. Cosf, a una verita contingente, Ia letteratura sosti- tuisce una plausibilita eterna; affinché la conversione di Raneé abbia ragione del tempo, del nostro tempo, bisogna che essa perda Jn sua propria durata: per poter essere detta, essa doveva compiersi tutta in una volta, Per questa ragione, nessun oggetto affidato al linguaggio pud essere dialettico: il terzo termine ~ il tempo ~ manca sempre: Pantitesi & Ia sola sopravvivenza possibile della storia, Se «il destino d'un grand’uomo 2 tna Musa», allora bisogna pure che esso patli per mezzo di tropi. Ul gatto gillo dell'abate Séguin. Nella sua Prefazione, Chateaubriand ci parla del suo confessore, abate Séguin, il quale gli ordind di scrivere, pet penitenza, la Vita di Rancé. L’abate Séguin aveva un gatto giallo, Quel gatto giallo 2 forse tutta Ia letteratura; infatt, se le notazione rimanda senza dubbio all'idea che tun gatto giallo 8 un gatto sgraziato, randagio, dunque trovato ¢ in quanto tale apportatore di altri particolari della vita dell'sbate, tutti attestanti Ia sua bonti e la sua povertd, questo giallo &allora semplicemente giallo, es50 cio’ non implica soltanto un senso sublime, ossia intellet- tuale, ma resta, caparbio, al livello dei colori (contrappo- nendosi per esempio al nero della vecchia perpetua o a quello del crocifisso): dire un gatfo giallo e non un gatto randagio, & in un certo qual modo Patto che distingue lo 114 NUOVE SAGGI CRITICE scrittore dallo sctivente, non perch¢ il giallo «rende I'm magine», ma petché avvolge in un incantesimo il senso intenzionale, perché volge la parola verso una sorta di al di qua del senso; il getto gillo esprime la bonta dell'abate ‘Séguin, ma anche esprime di meno, ed ® appunto qui che si manifesta lo scandalo della parolaletteraria, In un certo senso, la parol letteratia dispone di una doppia lunghezza onda; l'onda pid Lunga & quella del senso (abate Séguin % un uomo pio che vive in povertd in compagnia d’un gato randagio); quella pi corta non trasmette alcuna informazione, eccetto Ia letteratura stessa: & la pit miste- tiosa, poiché, a causa di lei, noi non possiamo tidarre la Jeteeratura a un sistema interamente decifrabile: la lette- Jatur, I cxtoa non sono dele puree semplic rmencs- tiche. Per tutta la vita, Chateaubriand si 2 occupato di atgo- ‘menti che non sono specificamente letterati: Ia politica, la teligione, il viaggio, ecc.; ciononostante, egli 2 stato sem- Pre in tutto ¢ per tutto un vero scrittore: la sua conver- sione religiosa (di gioventi) 8 stata da lui immediatamen- te trasferita in letteratura (Id genio del eristianesimo); lo stesso & accaduto per la sua fede politic, i suoi dolor, la sua vita; egli ha inserito interamente nella nostra lingua guella seconda lunghezza d’onda che tiene sospesa la pato- 1a tra il senso e il non-senso. Certo, In prosa-spettacolo (Lepidittico, come dicevano i Greci) & molto antica; essa presente in tutti i nostri Classici, poiché dal momento in cui la retorica non serve pi fini giudiziai (i quali sono le sue origin’) essa pud solo pi rinviare a se stessa, ed ecco che allora ha inizio la letteratura, ossia un lingueggio mi stetiosamente tautologico (if giallo 2 giallo); cionondime- xno, Chateaubriand contribuisce a istituire una nuova eco- nomia della retorica. Sino ad epoca tarda, nella nostra letteratura la parola-spettacolo (per esempio quella degli scrittori classici) non si esprimeva mai senza far ricorso a un sistema tradizionale di soggetti (di argonrenti: la topi- ca, Abbiamo visto che Chateaubriand aveva trasformato il ‘topos della vanitas e che in lui la vecchiaia era diventata tun tema esistenziale; faceva cos{ Ia sua comparsa in lette- CHATEAUBRIAND: «VITA DI RANGE my atura un nuovo problema, o, se si prefetisce, una nuova forma: il matrimonio fra I'autenticita e lo spettacolo, Ma al tempo stesso l'inspasse si restringe. La Vita di Rancé rappresenta molto bene questa impas- se. Rancé & un ctistiano assoluto; come tale, secondo le sue stesse parole, egli deve essere senza ricordo, senza memoria ¢ senza rancore; possiamo aggiungere: senza let- teratura, Naturalmente, Vabate Rancé ba scritto (delle opere religiose); egli ha persino avuto delle civetterie da autore (salvando un manoscritto dalle fiamme); cionono- stante, In sua conversione religiosa ha rappresentato il suicidio di uno scrittore; in gioventd, Rancé amava le ettere, anzi vi eccelleva; diventato monaco ¢ messosi a vinggiate, egli «on scrive e neppure tiene wn diario> (nota Chateaubriand), Tuttavia, a questa morte letteraria Chateaubriand deve dare una vita letteraria: tale & il pa- radosso della Vita di Rancé e questo paradosso ? generale, 330 porta ben pit lontano di quanto non porti un pro- blema di coscienza posto da una religione dell'bnegazio- ‘ne. Ogni uomo che sctive (e dungue che legge) ha dentro di sé un Rancé e un Chateaubriand; Rancé gli dice che il suo io non potrebbe reggere il teatro di nessuna parola, se non a rischio di perdersi: dire Jo signfiea fatalmente apri- re un sipatio, non tanto sollevare un velo (cid ha ormai poca importanza) quanto piuttosto inaugurate il cerimo- niale dellimmaginario; da parte sua, Chateaubriand gli dice che le sofferenze, i malesseri, Ie esaltazioni, in poche parole Ja pura percezione di esistenzn di quell'o, non ‘possono che calare nel linguaggio, che I'animo asensibile» condannato alla parola e di conseguenza al teatro di questa parola, Da quasi due secoli questa contraddizione aleggia intorno ai nostri scrittori: di conseguenza ci ritro- viamo a fantasticare intorno alla figura di uno scrittore cche non intende scrivere. E evidente che non siamo di fronte a un problema morale; non si tratta di prendere partito per una ostentazione fatale del linguaggio; come aveva osscrvato Kierkegaard, semmai il linguaggio che, estendo la general rappresenta la cuegoia della mors Te: come essere dell'assolutamente individuale, Abramo 2 che sacrifica suo figlio deve rinunciare al linguaggio: x16 NUOVI SAGGI CRITICr condannato a non patlate, Lo scrittore modemno & Abra- ‘mo e, insieme, non lo & epli ha bisogno di essere fuori della ‘morale ¢ al tempo stesso dentro il linguaggio, ha bisogno di fare del generale utiizzando delltriducbile, di ritrovare Pamoralita della sua esistenza attraverso Ja generalitt morale del linguaggio: Ja letteratura & appunto questo rischioso paesaggio. ‘A che cosa serve dungue Ia letteratura? A cosa serve dire gatto giallo invece di gatto randagio? definire la vec- chiaia viaggiatrice della notte? parlare delle palizzate for- sate dagli aranceti di Valenza a proposito di Revz? A cosa serve la testa movzata della duchessa di Montbazon? Per- ché trasformare P'umilta di Rencé (del resto dabbia) in uno spettacolo munito di tutta Postentazione dello stile (stile d'essere del personaggio, stile verbale dello scritto- 1e)? Questo insieme di operazioni, questa tecnica, alla cui {ncongruitd (sociale) bisogna sempre far ritomo, serve 4 questo: @ soffrire di meno, Noi non possiamo ‘sapere se Chateaubtiand trasse qualche piacere o ebbe qualche solievo peril fauo ai aver serito ln Vite di nee certo ® che Ieggendo questo libro, ¢ ashbene lo stesso Rancé ci sia indifferente, noi afferriamo la potenza aun linguaggio inutile. Certo, definire la veechiain fa vag. rice della notte non pad continuamente guarire iattura di invecchiare; infatt, da una parte ¢'2 il tempo dei mali reali i quali possono avere soltanto una soluzione dialettiea (cio’ innominata), ¢ dallaltra qualche metafora che risplende, che rischinrn senza agive, E tuttavia questo sfavillfo della parola introduce nel nostro malessere Ia scossa di una distanza: Ia nuova forma per la sofferenza ‘come un’acqua lustrale: usata sin dall’origine nel linguag- sio (esistono alti sentimenti oltre a quel nominat?), & tuttavia il Jinguaggio ~ ma un linguaggio altro ~ che tin- nova ilpatetico. Questo distacco, stabi dalla scitura, dovrebbe avere un nome soltanto (se gli si potesse toglie- re ogni stridote): V'ironia, In rapporto alla difficolt3 di essere, di cui essa 8 un'osservazione costante, la Vita di Rancé'® un'opera sommamente ironica (cironeia significa interrogexione); In si potrebbe definire una schizofrenia nascente, prudentemente formata in quantitA omeopatica: CHATEAUBRIAND: «VITA DI RANGED ny del resto, non & forse essa un certo «distacco» applicato dall’eccesso delle parole (ogni scrittura 8 enfatica) alla sordida mania di soffrire? 1965. Proust ¢ i nomi Come si sa, Alla ricerca del tempo perduto & la storia una scrittura, Forse, per meglio capire come questa sto- tia sia andata svolgendosi, non @ inutile rievocarla, tanto piti che questo svolgimento simboleggia cid che, in defini- tiva, permette allo serittote di scrivere, La nascita di un libro che noi non conosceremo ma il cui annuncio @ il libro stesso di Proust, si compie, come un dramma, in tre atti, Nel primo atto @ rappresentata la volonti di sctivere: il giovane narratore avverte dentro di sé questa volonta attraverso il piacere erotico che gli pro- curano le frasi di Bergotte ¢ attraverso Ia gioin che ll prova nel descrivere i campanili di Martinville. II secor atto, assai lungo, dal momento che occupa la parte sostan- ziale de It tempo perduto, tratta dell’impotenza a sctive- re, Questa impotenza si articola in tre scene, 0, se si pteferisce, in tre situazioni di sconforto: dapprima ¢ Nor- pois che di riflesso rimanda al giovane narratore un’im- magine scoraggiante della letteratura: immagine ridicola che tuttavia egli non avrebbe neanche Ja capacita di far sua; molto pit tardi, a gettarlo ancora di pid nello scon- forto 2 un’altra immagine: un passaggio del Journal dei Goncourt, insieme prestigioso ¢ beffardo, gli di la con- ferma, nfffiante un'operazione di confronto, della sua impotenza a trasformare la sensazione in notazione; in- fine, fatto pid grave ancora, giacché riguarda direttamente Ja sua sensibilita ¢ non pitt foto talento, un ultimo inci- dente lo dissuade definitivamente dallo scrivere: scorgen- do, dal treno che lo riporta a Parigi dopo una lunga malat- tia, un filare d'alberi in aperta campagna, dinanzi alla loro PROUST E I NOME 119 bellezza il nartatore non prova altro che indifferenza; eglt conclude che non scriveri mai; tristemente liberato da ‘ogni obbligo nei riguardi d'un voto che & manifestamente incapace di realizzare, egli accetta di rientrare nella frivo- lezza del mondo e di andare a un ticevimento in casa della duchessa di Guermantes, La, attraverso un capovolgimen- to effettivamente drammatico, giunto proprio alle soglie della rinunzia, il narratore ritroverd, offerto alla sua por- potere della scrittura. Questo terzo atto occupa wil Tempo ritrovato e compiende anch’esso te episo- di; il primo episodio si compone di tre illuminazioni che st susseguono: sono tre reminiscenze (San Marco, gli albert visti dal treno, Balbec), originate da tre minuscoli inci- denti che si verficano al momento del suo artivo al palaz- z Guermantes (il lastricato disuguale del cortle, i tinnfo dun cucchiaio contro un piatto, un tovagliolo inamidato che un maggiordomo gli porge); quest reminiscenze sono deicolpi di fortuna, che oa a ttatta di comprendere ele si vuole serbare 0 per lo meno rievocare a volonti; nel secondo episodio, che forma il nucleo della teoria prou- stiana della letteratura, il narratore si dedica sistematica- ‘mente a esplorare i seghi che ha ricevuto e a compre! in tal modo, con un'unica mossa, il mondo e il Libro, il Libro come’ mondo e il mondo come Libro. Un'ultim: suspense giunge perd a ritardare il potere di scrivere: mantle! ad osservarealeunl inet che cegli aveva cempo, il natratore nota con stu Piempo, che gli hn restituito la scriteura sembra ora volerglicla togliere: vivri abba- stanza da portare a compimento Ja sua opera? Sf, se egli ‘accetta di ritirarsi dal mondo, ci perdere Ia sua vita mon- dana per salvare Ja sua vita di scrittore. ‘La storia che viene raccontata dal narratore ha dunque tutti i caratteri drammatici d’una iniziazione; ¥i tratta di una vera ¢ propria mistagogia, articolata in tre momenti dialettici: il desiderio (il mistagogo postula una rivelazio- ne), linsuccesso (egli si accolla i pericoli, la notte, il nul- Jn), Vassunzione (proprio quando il fallimento sembra es- sere completo, egli ottiene la vittoria), Ora, per scrivere la Recherche, Proust ha vissuto di persona questo iter inizia-

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