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ORAZIO FRANCESCO PIAZZA

Elementi
di
Etica sociale
Anno accademico 2002

Dispense
per la Facolt di Economia
Universit degli Studi del Sannio
Benevento

Premessa
La richiesta di unetica si fa tanto pi urgente, quanto pi il disorientamento
manifesto delluomo, non meno di quello nascosto, aumenta senza misura (M.
Heidegger, Lettera sullumanesimo).
Ci assicurano dovunque che la filosofia morale tenuta attualmente in
grande onore. Poich una morale onorata dallopinione pubblica a priori
soggetta a cauzione, bisogna accogliere con qualche diffidenza queste
rassicuranti affermazioni (W. Janklvitch).

2
Queste, sono solo delle piccole tracce di un paradosso sempre pi evidente
che si va delineando nella questione della rinascita delletica, oggi. Il bisogno
etico, senza evidenti rimandi fondativi, altro non che lo svelamento di un
diffuso disorientamento delluomo della post e tardo modernit nella difficile
gestione del suo mondo e delle possibilit di intervenire in esso. Daltro canto,
la facile affermazione di una ritrovata centralit delletica, in un contesto in
cui frammentazioni e valutazioni autonomistiche in campo etico sono tese a
fondare particolari e interessate progettualit, fa supporre che l'etica possa
essere asservita, in modo pregiudiziale, a fattori predeterminati proprio da chi
richiede una oggettiva conferma e il riconoscimento-avallo delle proprie scelte
e volont.
Sono molti i pensatori, da P. Ricoeur a K.Otto Apel, a segnalare questa
paradossalit.
Si parla molto di etica, e da tutti, ma si fa fatica a riconoscere comuni e stabili
fondamenti; si , inoltre, passati da una condizione particolaristica a quella
universalistica e globalizzante. La scienza e la tecnica hanno reso mondiali le
strutture della gestione del vivente, ma anche i suoi effetti, e in questa nuova
dimensione i corrispettivi problemi richiedono un accentuato senso di
responsabilit; in tale contesto, nessuna etica particolaristica in grado di
regolamentare questioni sempre pi complesse che riguardano leconomia, la
scienza, la politica, la tecnica, la vita nella sua stessa struttura. Limpegno
teso a fondare norme autentiche avvolto dalla nebbia della postmodernit
che ha segnato la fine delle tradizioni; se fondare significa conferire alle cose
un principio di intelligibilit e una ragion dessere; individuare, cio,
attraverso riferimenti giusti e universali, il campo teorico e pratico di tali
questioni, si comprende, dunque, come divenga ancor pi problematica la
questione dell'etica. Sar necessario avere sempre pi consapevolezza dello
scarto, della distanza esistente tra domanda etica e sua fondazione; per
questo, il nostro tentativo si apre decisamente alla prospettiva di centrare il
discorso sulla sua fase fondativa, pi che sul semplice bisogno generato da
evidenti difficolt e questioni pi o meno diffuse oggi.
Accanto a questa tematica, risulta anche rilevante la diffusa la sensazione di
essere collocati in una contestualit fluttuante, dove la ricchezza e la
possibilit delle varianti della vita, in ogni sua forma, si traduce, in concreto,
nella flessibilit dei rapporti e delle regole che genera equilibri fragili ma,
comunque, sostenibili e praticabili. Sembra che ad una societ integrata da
una visione progettuale e realizzatrice, succeda una societ segmentata che si
appella alla partecipazione di tutti per la costruzione dellinsieme societario,
ma non avendo riferimenti eticamente riconoscibili non riesce ad esplicitare
giusti mezzi e finalit. il fenomeno della frammentazione delle singole sfere
dello scambio sociale. A livello di conoscenza, si afferma la figura della
scienza, come prisma del sapere; a livello della diffusione del sapere, si
evidenzia il fenomeno della comunicazione di massa, svincolata dalle
tradizionali forme del rapporto personale.
Si segnala il passaggio dalla societ organica alla societ complessa. In
questo passaggio decisivo il fattore della globalizzazione delleconomia e la
forza del mercato: questo comporta la necessit di una separazione tra i
momenti di scambio legati alla vita di lavoro (scambio materiale e della

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produttivit) e quelli delluniverso simbolico (familiare-affettivo, culturale,
religioso, politico). La vita pratica ben distinta dalle opinioni
politiche/religiose. La pluralit di codici di senso e di comportamento, pone il
delicato compito di produrre privatamente la sintesi dei diversi momenti di
vita che risultano appunto frazionati in diversi sistemi di scambio sociale. In
rapporto a questa nuova esigenza sono ancor pi decisivi il sapere e le forme
di diffusione del sapere. Il rapporto con il sapere mutuato dalluso
quotidiano dei suoi prodotti ed legittimato, come mentalit diffusa, dalla sua
diluizione nella opinione pubblica, da cui difficile prendere le distanze.
Non meno problematico risulta il livello delle forme di comunicazione del
sapere. Da un lato facilitato al singolo laccesso (facilit e quantit
dellinformazione), ma nel contempo reso pi complicato il suo compito.
Allinformazione accompagnata la modalit della sua acquisizione: il
pubblicista oltre al messaggio offre anche il
modo di recepirlo e di utilizzarlo; maestro di pensiero. La molteplicit quasi
infinita di queste informazioni e dunque dei maestri, costringe il soggetto al
dover scegliere. A scegliere, ma sicuramente a non giudicare: Al soggetto,
infatti, mancano competenza (altre informazioni) e criteri. Si crea il disagio
del dover, a tutti i costi, scegliere e prendere posizione, per tentare di uscire
da una condizione di disagiata incertezza, che ha riflessi diversificati
sicuramente sul piano della identit personale e su quello socio-culturale, al
punto da pervenire ad una acritica distinzione tra identit privata e identit
pubblica.
Lidentit personale diventa, essenzialmente, un fenomeno privato. questo
forse laspetto pi rivoluzionario della societ moderna. Il frazionamento
istituzionale ha lasciato non strutturate ampie zone della vita dellindividuo e
non determinato il contesto biografico globale di significanza. Dagli interstizi
della struttura sociale derivanti dal frazionamento istituzionale sorta quella
che potrebbe chiamarsi la sfera privata. La liberazione della consapevolezza
individuale della struttura sociale e la libert nella sfera privata costituiscono
la base per quel senso alquanto illusorio di autonomia che caratterizza la
persona tipica della societ moderna 1.
In questo articolato orizzonte risulter oltremodo importante mettere a
tema la centralit della dimensione relazionale-sociale della persona, come
realt strutturante il senso stesso dell'ethos umano. Inoltre, diventer
sicuramente sempre pi evidente che l'etica, per sua natura, rimanda al senso
pi autentico dell'uomo, a ci che degno della sua umanit. Sar importante
poter decifrare l'essere dell'uomo, nel suo poter e saper fare; ci che
umanamente giusto da ci che risulta all'uomo possibile. Questo nostro
percorso cercher, oltre l'attualit di tante problematiche, di presentare
l'essenziale per considerare la dimensione sociale dell'etica, poich questa
possibile definirla come "la scienza di ci che l'uomo deve essere, poich la
vita morale non consiste soltanto nel fare in senso stretto, ma nell'orientare
tutta la nostra attivit () in un determinato modo, verso un determinato
ideale umano"2.
1
2

TH. LUCKMANN, La religione invisibile, Il Mulino, Bologna 1969, 137.


S. VANNI ROVIGHI, Elementi di filosofia, III, Brescia 1963, 189.

4
CAPITOLO PRIMO
La Problematica
SOMMARIO: 1. Il paradigma perduto: etica e tecnica. - 2. Il paradigma
ritrovato: il ritorno all'ethos. - 3. Il perch e il come di unetica sociale. 4.
Chiarificazione terminologica.
1. Il paradigma perduto: ethos e techn. - Con questa definizione di N.
Luhmann, paradigma perduto (paradigm lost), viene portato allattenzione,
non solo teoretica ma anche ordinaria e pratica, lattuale e pi delicato
problema del mondo civilizzato: il disorientamento etico, e la sua concreta sua
rilevanza nella vita, rispetto alla straordinaria capacit del mondo tecnicoscientifico di intervenire e di modificare il reale, il mondo, luomo stesso. la
complessa situazione della sur-modernit, di una modernit delleccesso, una
modernit
in qualche modo imballata. Sua caratteristica chiave:
loscuramento del futuro, in favore della gestione funzionale e pragmatica del
presente; sua struttura: la complessit iscritta in una societ economicamente
sviluppata, secolarizzata e modernizzata; decentrata e policentrica; in crisi
dialettica tra desiderio e limite, e che vive un pluralismo estremizzato,
fortemente segnata da una distruttivit che vuole annullare ci che consuma.
Una societ immersa in un radicale cambiamento e i cui connotati sembrano
essere delineati da:
- Trasformazione della temporalit: spazializzazione del tempo.
- Crisi della progettualit: smarrimento e perdita dei punti di riferimento.
- Scomparsa dei luoghi: profonda trasformazione dello spazio e
destrutturazione del senso sociale del luogo.
- Scomparsa delle et
- Crisi della relazione generazionale
- Ipersocializzazione
- Crisi della parola e trasformazione della struttura logica del linguaggio in
favore di una struttura dinsieme (dal conseguenziale al reticolare)
- Pluriidentit: identit frammentata, composita, in continua evoluzione,
ambivalente, contraddittoria e mai compiuta; impossibilit di comprendere e
di dominare efficacemente la realt; perdita del centro sociale e creazione di
piccoli mondi vitali
- Crisi delle grandi narrazioni fughe nostalgiche: fine dei grandi riferimenti
storici; ritorno a miti e fughe dal mondo
Sono tratti di una societ globalizzata, cognitiva e multimediale, dal
carattere olistico, sistemico, reticolare, interconnesso del sapere e della
comunicazione e fortemente segnata dal meticciamento etnico-culturale.
Con una immagine, che rende ragione della situazione, Ulrick Beck vede i
parametri etici oggi del tutto insufficienti, almeno nella consueta
formulazione, alla potenza e alla determinazione della tecnoscienza: Letica
gioca nei modelli delle scienze divenute autonome il ruolo che possono avere i

5
freni di una bicicletta applicati ad un aereo intercontinentale 3. Questa ironia
nasconde il peso tragico della postmodernit, ma pone anche lineludibile
questione del rapporto tra etica e tecnoscienza. La configurazione classica
delletica, progetto normativo, sembra ormai non corrispondere pi ai
dinamismi tecnici, dei mercati, dei processi evolutivi. Letica diviene una
flebile voce rispetto alle esuberanti voci teconologiche: stata sostituita
nellorientamento e nella condotta umana da altre forme (tecnicheeconomiche-scientifiche) che si impongono senza possibilit di pausa riflessiva
alle scelte quotidiane delluomo. il paradigma della tecnoscienza, in cui
potere e sapere si sono alleati in un sodalizio epocale. La tecnoscienza
fornisce una condotta molto pi efficace e aderente allagire delluomo;
impone un obbligo che induce, pi di ogni altra morale, a rispettare le sue
regole; organizza la vita sul pianeta con la inesorabilit e la potenza di un
movimento geologico. In rapporto ai fenomeni tecnoscientifici, etica e morale
acquistano i connotati dei fossili 4. Si aggiunga a questa manifestazione di
effettiva potenza, lalleanza tra tecnoscienza, industria, economia, che palesa
la cruda e reale inadeguatezza, teorica e pratica, dellhomo simbolicus
allhomo faber, allhomo oeconomicus o al telematicus homo. Questi modelli,
alleati tra loro e ognuno armonico rispetto allaltro, mostrano come luomo
simbolico sia lontano dal poter acquisire una mentalit tecnoscientifica, in
quanto ancora dominato da parametri lontani dalle contestualit in atto.
In realt, se la questione del paradigma posta in questi termini ( di
autofondazione e di autoreferenzialit) la questione etica non potr mai
essere recuperata, se non facendo i conti con la realt tecnoscientifica
(adeguamento) o riducendo le sue istanze di senso ( dal senso ultimo al corto
raggio; dalla legittimit alla pura convenzionalit dei processi fattuali e
quotidiani). Senza cadere in opposizioni reciprocamente riduttive, o sul
versante etico o su quello tecnico, invece necessario tener presente
levidenza di queste due realt: etica e tecnica. Sembra opportuna
uninterazione, per altro necessaria, pi che una inutile opposizione in cui
entrambe risulteranno manchevoli. Vengono suggerite tre piste operative:
a. porre lattenzione sul carattere nuovo della tecnica moderna, come realt
da cui scaturita la ragione della perdita del paradigma etico; in tal senso
possibile leggere le linee di un orientamento etico della grande marcia
tecnologica dellumanit.
b. La necessit di aprirsi ad una prospettiva macro-etica che risulti adeguata
ai contesti globalizzati della scienza, delleconomia e della tecnica.
Guardare oltre la formulazione strettamente individuale della ragione
etica, per corrispondere ai contesti di macro-azione tecnologica.
c. Tracciare una free-zone che risulti riconoscibile sia al processo
tecnoscientifico, sia allorizzonte etico, come terreno comune dove poter
armonizzare questi procedimenti cos diversificati (individuo-societ; bene
economico e bene umano; progresso e natura). Potr essere forse la
Persona umana, oltre le varianti ideologiche che la possono definire, questa
zona di incontro? Appunto in questa linea, seguendo linterrogativo di H.
3
4

U.BECK, Gegengifte. Die unorganisierte Verantwortlichkeit, Frankfurt a.m. 1988, 194.


F. VOLPI, Le Paradigme perdu. Lthique contemporaine face la thecnique, 165.

6
Harendt che ci ricorda: possiamo forse sfuggire alla nostra condizione
umana? Alla ricerca di questa condizione si avvia il nostro viaggio, nel
tentativo di conciliare questi vari e complessi paradigmi.

2. Il paradigma ritrovato: il ritorno all'ethos. - Nel suo testo, Volont di


potenza, pensiero n.263, Nietzsche afferma Vedere e mostrare il problema
della morale- questo sembra il compito e la cosa principale. La nuova
condizione dell'uomo postmoderno costringe a ripensare i punti di partenza
per notare se ci che tecnicamente possibile lo anche moralmente. La
neutralit della tecnica rispetto al proprio oggetto (uomo-mondo) pone
l'urgenza di una integrazione di ordine etico. La nostra cultura non si mai
mossa senza tener presenti modelli di valore.
Si passa da una tradizione pi squisitamente speculativa ad una situazione
pratica. Il mondo da oggetto di osservazione diviene ambito di trasformazione.
Si apre lo scontro fra Pensiero e Volont (Wille), spostando l'attenzione su
obiettivi tesi al recupero dell'uomo nella sua esperienza artistica ed eticomorale. Dalla ratio (ragione) si passa alla dote morale: L'eccellenza morale
sta pi in alto di ogni sapienza teoretica...l'uomo moralmente nobile...rivela
con le sue azioni l'intuizione pi profonda, la pi alta sapienza 5.
Kierkegaard sottolinea il valore dell'esistenza come fonte di scelte che
portano l'uomo ad uno stadio qualitativamente superiore. All'ideale logico di
Hegel si contrappone la realt minuta dell'esistenza, dove si decide la sorte
dell'uomo6. Su questa linea, ma con ovvie diversificazioni, si collocano
Stirner e Feuerbach nel loro pensiero pratico; l'eros di Freud e Marcuse; la
prassi rivoluzionaria della Scuola di Francoforte; la volont di potenza di
Nietzsche e Adler; l'inconscio dello strutturalismo di Lacan e Foucault;
l'esperienza esistenziale di Heidegger e l'ansia della trasformazione sociale di
stampo neomarxista.
La riflessione si concentra sul concetto di salvezza (preservazioneliberazione), piuttosto che sulla questione ontologica dellessere delluomo.
Nel postmoderno
non emerge la sola sistemazione coerente
della
conoscenza, ma si fa spazio la sete di salvezza dall'alienazione economica,
dalle inibizioni psichiche, dalle astrazioni mistificanti, dalla frammentariet e
dalla mollezza della civilizzazione.
Gli influssi pi vicini che orientano verso una riproposizione dell'etica
aprono un ventaglio notevole di posizioni: positivistica (Popper-Albert);
analitico-linguistica
(Hare);
politica
(Strauss-Voegelin);
ermeneutica
(Gadamer-Ritter-Bubner); trascendentale (Vollrath-Apel); fenomenologica
(Landgrebe-Held); neomarxista (Habermas-Adorno); ecologica (Spmann).
Queste diversificate posizioni rimandano sostanzialmente ad un processo
comune che possibile identificare in tre passaggi7:
5

A.SCHOPENHAUER, Il fondamento della morale, tr.it. di E.Pocar, Laterza, Bari 1981, 279-80.
Cf S.KIERKEGAARD, Diario.
7
Cf S.ZAMAGNI, Sul reinserimento della dimensione etica nel discorso economico, in
M.MAGATTI (a cura), La porta stretta, FrancoAngeli, Milano 1993, 61-80.
6

7
- una pretesa neutralit della scienza, soprattutto economica, rispetto a quei
contenuti etici che sembravano limitarne autonomia e possibilit;
- la caduta dellassioma di questa certezza della autonomia della scienza
economica di fronte alle rilevanze e agli effetti delle interazioni sociali
(commons);
- il superamento del nodo cruciale tra equit ed efficienza. Il passaggio della
concezione del mercato da mezzo di calcolo a modello di calcolo apre il
versante simbolico di valutazioni legate a temi quali la blame-freeness
(assenza di biasimo) che molto richiama la prospettiva filosofica dellempatia
(porsi nella situazione dellaltro), o del vantaggio che nasce dal rispetto
singolo delle regole Il dovere va oltre il vantaggio, ma laccettazione del
dovere vantaggiosa8.
Questo processo segnala il cammino del ritorno delletica nel panorama della
scienza economica, ma evidenzia anche i limiti di alcuni tentativi (etica degli
affari) che in modo chiaro hanno cercato di eludere la questione di una
fondazione etica esogena (valore esterno) alle regioni stesse delleconomia.
Ma ora, senza addentrarci nello specifico delle varie teorie, cerchiamo, per le
caratteristiche del nostro percorso, di partire innanzitutto da una previa
chiarificazione terminologica, appunto per eliminare subito persistenti e
diffuse ambiguit concettuali.
3. Il perch e il come di unetica sociale.-. - Per quanto non siano mai
sfuggiti i problemi relativi alla dimensione sociale, politica ed economica
delluomo, si deve ritenere che lidea di unetica sociale a se stante
relativamente nuova. Essa, specificamente, suppone lo studio della realt
specifica della societ e dei gruppi sociali che le scienze sociologiche hanno
adeguatamente caratterizzato, preparando la strada al superamento delle
visioni individualistiche e moraleggianti delle etiche tradizionali. Queste,
infatti, pretendevano di trasferire la normativit delletica individuale e
intersoggettiva al piano delle istituzioni sociali, ignorando del tutto la
peculiarit delle strutture e il peso dei condizionamenti che queste esercitano
sullagire del singolo soggetto umano.
Al cambiamento di prospettiva hanno contribuito diversi fattori: riscoperta e
approfondimento di taluni orientamenti delle morali classiche a torto obliati in
favore di una casistica etica privatizzata; sviluppo del sapere sociologico;
influenza del movimento e dellideologia marxista. Si afferma da molti che il
merito del socialismo di derivazione marxista sia quello di aver stabilito che i
problemi delletica sociale sono problemi di struttura della societ non solo di
istituzioni, ma anche di forme diverse di stratificazioni sociali cio di classi e
di ceti le quali, pur essendo un prodotto dellattivit umana, condizionano la
vita delluomo e non possono essere modificate dallazione isolata delle
persone9.
Appunto queste caratteristiche delle strutture sociali danno fondamento e
oggetto alletica sociale, caratterizzandola come riflessione critica sulle
strutture sociali esistenti e orientamento normativo di una prassi, in vista di
una particolare visione delluomo (antropologia). Proprio lantropologia decide
8
9

D. GAUTHIER, Morals by Agreement, CUP, Cambridge Mass. 1986, 2.


G. MATTAI, Etica sociale, in Dizionario di Sociologia, EP, Cinisello Balsamo 1987, 798.

8
il passaggio da una etica individuale ad unetica sociale. Luomo posto
dinanzi a problemi etici di carattere planetario.
Si impone lesigenza di unetica della solidariet a livello mondiale, per
superare le profonde spaccature Nord-sud, Est-Ovest; per fronteggiare il
disastro ecologico e il suo progressivo estendersi a tutti i livelli; per
fronteggiare alle sempre pi diffuse condizioni di conflittualit etnica. Si
presentano, inoltre, radicali ripensamenti delluomo e del suo mondo
attraverso le straordinarie capacit di sviluppo della tecnologia applicate al
mondo del lavoro, della salute, della pedagogia; in particolare, informatica e
telematica non possono essere considerate al di fuori di una considerazione
etica che si rinchiuda nella torre del solo giudizio o di assoluzione o di
condanna. Tecnologie e informatica determinano nel mondo del lavoro
profondi cambiamenti di tipo quantitativo (riduzione del lavoro) e qualitativo
(modalit di rapporto a lavoro-non lavoro) che coinvolgono direttamente
letica sociale. E come tacere delle questioni che la tecnologia applicata ha
determinato nel contesto del mondo biologico e sanitario.
E la sfida dellingegneria genetica (embryo-tranfert, clonazione) e delle nuove
possibilit di prolungamento della vita o della sua interruzione. Si fa
pressante la domanda in questi ambiti: ma ci che tecnicamente possibile
anche legittimo attuarlo? Le possibilit scientifiche, le ricerche, corrispondono
immediatamente al decidere di realizzarle. Si spalanca lorizzonte del valore
etico della persona umana e delle domande di senso: a partire dal primato
assoluto delluomo, come persona, e della sua liberazione; dal rapporto di
comunione che deve caratterizzare i legami interumani, si va elaborando
unetica che sappia porre domande pertinenti allinformatica, alla telematica e
alle nuove tecnologie. Domande relative alla finalit delluomo e del suo agire,
del suo vivere e morire.
Ma come queste possibili valutazioni si riscontrano nel difficile processo di
armonizzazione tra la dimensione etica e il percorso economico e sociologico?
La riflessione etica ha vissuto un importante rinnovamento nel XX secolo. E
un rinnovamento che ha diverse motivazioni. In primo luogo, il rinnovamento
della filosofia analitica, lanalisi del linguaggio e linteresse per i sistemi logici
non classici. Questo un rinnovamento puramente teorico che, per, deve
necessariamente essere messo in parallelo con lo sviluppo dellesistenzialismo
sartriano che ha posto una notevole mole di problemi pratici. Ma, la
motivazione pi recente di questa rinascita da riscontrarsi nei movimenti di
opinione degli anni 60-70, che porta in evidenza questioni significative come
aborto, ecologia, eutanasia, pace, femminismo, dignit umanaAccanto a
queste sensibilit si sviluppa la grande koin del progresso di tipo biologico,
tecnico, genetico, che ha presentato situazioni inedite per luomo. Tutti questi
movimenti, teorici e pratici, hanno acceso infuocate discussioni che sono la
base della questione etica oggi. Per meglio caratterizzare questo ambito i
filosofi anglosassoni lo definiscono come etica applicata (applied ethics).
Questa idea di unetica applicata si fonda sulla distinzione tra teoria etica
(meta-etica) e etica pratica (sustantive-ethics), che riguarda i casi concreti.
Al di l delle discussioni classiche sul necessario apporto filosofico alla
questione, come si diceva appunto la visione esistenzialistica sartriana a
porre in concreto il problema. A partire da una data visione filosofica si

9
prende posizione su questioni generali: antisemitismo, tortura, uguaglianza
della donnaInoltre, diventano oggetto di discussione questioni concrete del
vissuto delluomo: pu, senza motivo, un datore di lavoro licenziare un
operaio? Si vedr che, in pratica, a seconda della visione filosofica
soggiacente si perviene a differenti conclusioni. Chi si rivolge alla teoria del
plus-valore, riterr questa uningiustizia; chi invece al diritto di propriet,
trova questa ipotesi normale. Tali problematiche sono affrontate nel contesto
risolutivo delle lotte sindacali e divengono oggetto di una specifica branca
delletica: etica degli affari (business ethics); particolarmente diffusa negli
Stati Uniti e affrontata anche attraverso il dibattito di due riviste specializzate
(journal of Business Ethics e Business and Professional Ethics Journal).
Quanto detto dimostra che la soluzione di tali questioni non affidata a teorie
globali, a opinioni politiche o religiose, ai vari rapporti di forza, ma a pensatori
che
professionalmente
riflettono
accademicamente,
e
dunque
sistematicamente, sui possibili esiti. Lautonomia che letica applicata
rivendica, corrisponde alla possibilit di esaminare dei casi particolari, di
discutere le possibili soluzioni e di valutare razionalmente i sistemi etici, in
funzione di questi obiettivi.
Ma, probabilmente, lespressione etica-applicata mal compresa. Essa
spesso lesatto contrario dellapplicazione di una teoria. Sarebbe opportuno
valutarla, piuttosto, come una casistica moderna. Per questo non tanto la
capacit di verificare il caso particolare in rapporto al principio universale,
quanto la possibilit di sapere se questa azione che si va compiendo
legittima. In definitiva, si cerca di valutare i problemi concreti e reali, legati
allo sviluppo della civilizzazione moderna. Vi sono evidentemente delle teorie
etiche (ad esempio lutilitarismo e il kantismo), ma queste riscontrano
attenzione nella misura in cui concorrono alla soluzione delle questioni
concrete che attraversano la vita delluomo. In estremo, come per R.M. Hare,
si tende a dire che pu ritenersi valida una teoria etica, nella misura in cui
riesce a risolvere i problemi pratici. In questa prospettiva funzionale, letica
applicata sembra aver ridato energie alletica classica legandola ai suoi effetti
concreti. In un mondo dove si diffonde la stessa capacit tecnica, appunto il
caso concreto e reale, empirico, che si offre come oggetto specifico delletica
e non tanto un insieme di teorie astratte, sottomesso alla variet di tradizioni
e di culture. In questa linea sembra evidente che letica applicata si avvia a
produrre un reale cambiamento dellassetto stesso delletica in quanto tale:
ridisegna il rapporto tra teoria e realt; tra soggetto e societ. E la posizione
di Marcuse o di Sartre che rileggono il rapporto con lo Stato e la societ
borghese, per recuperare lautenticit di un uomo alienato. Nel suo LUomo
unidimensionale, Marcuse critica violentemente le scienze umane; la
psicologia e la sociologia hanno il dovere di studiare i problemi concreti del
lavoro e del lavoratore, senza rifugiarsi in valutazioni universalistiche e
generali di sistemi economici e sociali. Letica degli affari, che prima abbiamo
citato, cade sotto lurto di queste critiche. Cos letica applicata non pi
riconducibile ad una funzione filosofica astratta e universale, ma

10
impersonata nelle figure attive di comitati etici che avviano la soluzione dei
problemi e li studiano nel contesto delle scuole economiche10.
Ci chiediamo: in ragione di un simile prospetto questa la nostra posizione?
Siamo in una Business School? in una Business ethics School? E riconducibile
letica, teorica o pratica, a questa dimensione particolaristica e meramente
funzionale? E ancora: ipotizzabile un percorso diverso che, rispecchiando
anche lutile funzionalit della risoluzione dei problemi pratici, sia capace di
avviare una riflessione che possa avere un suo ineludibile fondamento? In
definitiva, letica ha solo un carattere utile e funzionale o apre anche il varco
alla riflessione essenziale delluomo che vive problemi e concrete situazioni?
A tali quesiti risponde il nostro tentativo di analisi; il percorso tracciato per
ricondurre la domanda etica a quello stesso soggetto che vive i problemi
pratici; in realt, si pone la questione della persona e del suo fondamento
etico tra le tante e diffuse etiche oggi applicate e tra i vari modelli che nella
storia hanno descritto questo tentativo di armonizzazione.
3.Chiarificazione terminologica. - Per mostrare la complessit e la
complessificazione del rapporto tra etica e le dimensioni socio-economiche,
quanto mai opportuno far subito maggiore chiarezza sul termine etica, poich
non sono poche le ambiguit che si sono in questi ambiti generate.
Il termine etica, dal greco ethos, raccoglie un insieme di caratteri:
- Al singolare indica consuetudine, costume, modo abituale di agire; usato in
parallelo al latino mos-moris, da cui deriva il termine morale. Sostanzialmente
si pu notare la profonda affinit tra etica e morale, in quanto designano la
stessa dimensione e lo stesso campo di indagine, ma, come si vedr,
presentano condizioni profondamente distinte.
- Un secondo significato si dischiude allorquando ethos usato al plurale
(ethous): luogo consueto di abitazione, mondo o ambiente di vita umana,
mondo della coscienza, ambito e contesto di comportamento.
- Esiste, per, una terza forma, abbreviata (etos), il cui significato :
disposizione. Questa una definizione nominale che indica luso corrente del
termine, ma non possiamo ancor dire che sia il suo significato.
Allorigine di questo contenuto si trova il detto eracliteo: lethos un demone
(Frammento 119). Se si pone in relazione il senso del termine demone con
quello espresso nella dottrina socratica (Cratilo, 397d-398c; Apologia, 3c-d;
40a-b; 41d), si pu dedurre che questo demone altri non che la coscienza: la
dimensione in cui trae origine, si configura e si svolge il senso e la
destinazione delluomo in rapporto al bene e al male. Con questa
chiarificazione, il termine etica non pu ridursi alla semplice rappresentazione
del comportamento o dellazione, ma si estende fino a comprendere il mondo
interiore delluomo, la coscienza, che in effetti alla base del comportamento.
Per questo lindagine etica deve innanzitutto partire dalla chiarificazione di
questo centro vitale delluomo, in cui si determina il senso e la motivazione

10

Cfr. S. AUROUX, thique, in DPh, coll.870-872.

11
dellagire. In ragione di questa dimensione strutturale e strutturante, luomo
si costituisce essenzialmente come un soggetto etico e/o morale.
Si pu cos tentare una prima definizione, affermando che lo studio delletica,
altro non che lo studio della coscienza delluomo11. Ma la coscienza deve qui
essere colta nella sua condizione di esigenza delluomo stesso, come sua
nativa dimensione costitutiva, come sua essenziale caratteristica che lo
distingue dal resto della realt. In quanto coscienza, luomo si scopre come
essere capace di libert e dunque di decisione. Si pu, quindi, descriverla
come:
- esigenza nelluomo: in quanto a lui intimamente connessa e non pu dirsi,
in alcun modo, a lui esterna. Non frutto della sua volont, ma scoperta
nellatto stesso in cui luomo scopre il suo stesso essere;
- esigenza che si impone alluomo: un vincolo indistruttibile che pu
caratterizzarsi come comando o proibizione e a cui ci si rapporta con
lassenso;
- esigenza posta dalluomo: in quanto non pu essere definita come una
necessit istintuale o una costrizione interiore, ma si identifica con lattualit,
con le scelte che luomo stesso pone. E una esigenza che si collega alla
libert. Si pu anche dire che luomo la sua stessa libert.
Diventa logica una prima valutazione: se lattualit, la posizione delluomo si
identifica con lesigenza etica e se, inoltre, la sua concreta storicit si
identifica con la libert, si deve dedurre che lesigenza etica la sua libert.
Luomo si costituisce nel porre liberamente a se stesso lesigenza della sua
libert. Come si pu notare, tra libert ed esigenza etica si determina una
identit: si crea lo spazio vitale della coscienza. In sintesi: le tre
caratteristiche della esigenza etica e della coscienza, in cui essa si esprime,
qualificano luomo come soggetto etico: luomo stesso ad essere, per se
stesso, una esigenza che lui stesso pone. Ma quale il principio etico che
fonda questa affermazione? E un principio che fonda unitamente letica
stessa e lo stesso soggetto che lo pone. Per tanto etica assume:
- in primo luogo, il senso di quella dimensione reale per cui luomo soggetto
etico, cio la realt della coscienza, delle esigenze che essa pone, del suo
principio;
- e poi, designa il sapere o la scienza che indaga su quella realt.
Sono dunque convergenti queste due condizioni: quella del sapere, che
diventa immediatamente giudizio etico, regola e norma di azione; e quella
della libert, cio della personale capacit di decisione e di attuazione. Lunit
di questi due momenti costituisce lintero ambito della realt pratica, cio
della realt della coscienza e della sua costituzione. Su questa realt si
iscrive la riflessione etica: essa indaga teoricamente la realt pratica, cio
stabilisce la verit della realt etica riconducendola ai suoi princpi costitutivi
e fondanti. Essa diviene, in tal modo, teoria della pratica, teoria della
11

Cf A.MOLINARO, Etica del riconoscimento, in AA.VV., Lagire responsabile, Ed.Augustinus,


Palermo 1991, 100-101.

12
normativit pratica. La normativit risiede nella coscienza e nella sua
attuazione come giudizio (sapere) e decisione (libert). Ci non solo perch la
coscienza lintera etica, che in s trova la sua obbligatoriet, ma anche
perch fuori della coscienza non rintracciabile una sorgente diversa da cui
la normativit proviene; o perch, qualora vi possa essere una sorgente ad
essa esterna, tale normativit deve essere dalla coscienza accolta come sua
convinzione e la offre a se stessa come convinzione vincolante 12.
Il termine etica specificamente, dunque, significa:
- studio teorico dei principi che dirigono lazione umana nel contesto storico;
- insieme di principi che guidano lazione degli individui in quanto
appartenenti ad un gruppo sociale determinato e che da questa appartenenza
ricevono regole comportamentali.
Per questo spesso si parla, in modo indistinto, di teoria etica e di teoria
morale, si parla di etica professionale e non di morale professionale. E qui
opportuno porre la distinzione:
- letica orientata alla riflessione sui principi; cerca di decostruire le regole
di condotta che formano la morale, i giudizi di bene o male che la stessa
morale elabora.
- Cosa definisce letica? Non una morale, cio un insieme di regole proprie
tipiche di una cultura, ma una meta-morale, una dottrina che si colloca oltre la
stessa morale; una teoria ragionata dei giudizi e dei valori morali.
- Cerca di giungere allestremo limite e allessenza del dovere; le basi stesse
delle prescrizioni o dei giudizi morali. Cerca di giungere alle fonti; riguarda la
teoria e la fondazione della stessa morale.
Intanto oggi sempre pi diffusa una rarefazione di questa sua specificit: si
parla di etica degli affari, di etica del danaro, di etica dei media ecc.,
confondendo letica con un insieme di regole che la avvicina pi a forme
deontologiche che non alla sua natura metamorale e soprattutto a dottrina
fondatrice che enuncia principi e non regole. Se la morale si coagula in
prescrizioni, letica invece chiamata a fare operazione critica su di esse, ad
interrogare e a discernere. Dunque letica si definisce attraverso un duplice
significato: teoria ragionata del bene e del male ; imperativo pratico,
applicato, la cui coerenza concettuale deve essere valutata.
Capitolo secondo
Dimensione storica
1. Etica e sociologia. - a. Illuminismo sociologico o neoilluminismo debole; b. La riscoperta dell'etica come scienza della morale; c.
La prospettiva di Habermas e di Luhmann. La morale della comunicazione;
SOMMARIO:

12

Cf Ivi, p.103-104.

13
d. Analisi e critica della prospettiva di Luhmann; e. La fine del modello di
separazione tra morale personale e sistema sociale. 2. Etica ed economia. a. Approccio classico; b. Approccio moderno; c. Rilievi conclusivi. 3. Etica e
sviluppo. - a. Dimensione economica dello sviluppo; b. Limiti dello sviluppo ;
c. La risposta alla tesi apocalittica.; d. Aspetti umani (antropologici e dunque
etici) dello sviluppo; e. Alcune tracce di riferimento per un approccio etico. 4.
Variet di modelli etici.
1. Etica e sociologia. - La crisi delle ideologie ha condotto ad un
avvicinamento tra due poli che erano rimasti a lungo lontani. La crescente
complessit del nostro mondo vitale e la crisi dei modelli classici delle
scienze, ha reso necessario un confronto soprattutto fra l'etica e la sociologia.
Queste due scienze, dalla struttura metodologica classica quasi opposta:
ETICA
SOCIOLOGIA
Prescrizione
(semplice Registrazione
posizione di norme)
(osservazione
reale)

del

sono oggi impegnate in un nuovo stile di collaborazione che delinea ed


approfondisce nuovi spazi di ricerca. Di fronte alla molteplicit ed alla
specificit delle diverse scienze, si richiede oggi con insistenza una
prospettiva unitaria a partire dalla quale interpretare la realt per
intervenire, consapevolmente, su di essa. Necessita, dunque, una rilettura
della sociologia, dell'etica, e della reciprocit del loro rapporto 13.
a. Illuminismo sociologico o neo-illuminismo debole.
Negli anni settanta la sociologia vive l'et di un nuovo illuminismo che
assume, per, tratti del pensiero debole e caratteri tipici della post e
tardomodernit.
, pertanto, illuminismo sociologico, perch la realt vitale dell'uomo
considerata ancora a partire dalle potenzialit della ragione umana che
analizza le situazioni, eliminando ogni fantasia idealista, come avveniva per
l'illuminismo storico. Il sapere sociale, la considerazione dello sviluppo socioeconomico e culturale, supera tutte le utopie e le contestazioni, per divenire
un sapere della realt.
neo-illuminismo, perch cambia l'interpretazione della razionalit, che non
viene pi letta come potenziale di liberazione personale e comunitaria, ma
soltanto la struttura di funzionamento del sistema sociale.
debole perch viene meno la fiducia ottimistica nella ragione comune che
consente di realizzare condizioni sociali giuste; le capacit razionali pi
avanzate vengono considerate solo in relazione al progressivo adattamento
funzionale del sistema ai vari ambienti di vita. Un neoilluminismo debole
segnato dal rifiuto di due classici presupposti del vecchio illuminismo:
l'eguale partecipazione di tutti gli uomini a una ragione comune, posseduta
senza ulteriori mediazioni istituzionali, [e] la fiducia ottimistica nella
13

Cf O.F.PIAZZA, Teologia e sociologia di fronte al futuro, in RdT 35 (1994), 464-479.

14
possibilit di riuscire a realizzare condizioni sociali giuste 14.
la totale frattura con l'etica. Tutti i processi che organizzano la societ, sono
sistemi automatici e meccanici di selezione, che vanno liberati da ogni vincolo
di norme, valori o regole morali, in favore di capacit razionali avanzate
sempre pi astratte, sempre pi lontane dalla natura e dalla tradizione del
mondo-della-vita-quotidiana dei singoli.
Risultano evidenti alcune conseguenze:
- l'esclusione, dalle funzioni socio-sistemiche, della ricerca dellintegrazione
sociale secondo valori guida etico-sociali;
- la preoccupazione di ridurre linterferenza delle legittimazioni per via di
partecipazione popolare;
- la manipolazione dei bisogni dei singoli;
- il primato dell'adattamento funzionale del sistema sociale all'ambiente,
anzitutto umano, riducendo le interferenze fenomenologiche della
soggettivit, della coscienza e della intersoggettivit.
b. Riscoperta dell'etica come scienza della morale.
Alla fine degli anni ottanta questa lettura della societ presenta notevoli
problemi e, contemporaneamente, cresce l'attenzione per l'etica come scienza
della morale, ossia come teoria critica delle norme che guidano l'attivit
pratica dell'uomo. Ma anche l'etica sembra aver bisogno di una nuova
fondazione, perch le etiche classiche, sia quella della tradizione cristiana che
quella laica15, associavano il livello della morale personale a quello della
morale comunitaria, mentre, al contrario, si va sperimentando una netta
scissione tra:
MORALE

SOCIALE

MORALE
PRIVATISTICA

L'unica morale sociale


sembra essere quella
della
salvaguardia
e
crescita
del
sistema
stesso,
con regole di
condotta funzionali alla
sua conservazione.

Rifiuto
di
ogni
ingerenza
della
societ nelle scelte
individuali:
si
individuano regole
morali
solo
nell'immediatezza
dei
rapporti
interpersonali

L'idea che la morale possa cogliersi soltanto nella concreta comunicazione tra
le persone (morale privatistica), significa che il comportamento umano non
pi regolato da valori e principi assoluti che vincolano gli uomini, ma che esso
letto come un prodotto dell'agire
comunicativo. laffermazione
dellapproccio sociologico e comunicazionale alla morale. Si considera il
comportamento dell'uomo non in base ad una scala verticale e progressiva di
14

N. LUHMANN, llluminismo sociologico, Il Saggiatore, Milano 1983, pp. 74


In particolare le etiche che inquadrano l'utilitarismo del sentimento (Hume), dei desideri di
felicit del maggior numero di persone (Bentham), degli imperativi della ragion pratica (Kant).
15

15
valori stabiliti, ma come il risultato di un asse orizzontale di scambi, relazioni
e comunicazione tra persone. n approccio che tende sempre pi a
decentrare e a circoscrivere lo spazio dove vigono regole morali. un
approccio che, in qualche modo, riesce ad accomunare anche posizioni
teoriche molto distanti, come quelle di Luhmann16 e di Habermas.
c. La prospettiva di Habermas e di Luhmann.
Appunto queste due rilevanti posizioni, seppur distanti tra loro, ci aiutano a
capire come una lettura sociologica della morale tenda sempre pi a
decentrare e a ridurre lo spazio dove vigono regole morali, con notevoli ed
evidenti difficolt per l'uomo che deve conciliare in s vita privata e vita
sociale.
Per Habermas17 possibile gettare un ponte tra la morale intersoggettiva che
lega le persone ed un'etica sociale; tra la morale intersoggettiva di un mondo
vitale e le istanze universalistiche dell'etica, anche al di sopra delle barriere
nazionali, perch la morale, nella prospettiva dell'agire comunicativo 18, non
chiama in causa la coscienza personale, ma una cultura ed un sapere
comunitari; un patrimonio di certezze condivise, per nascita e storia, che
costituiscono una base comune a partire dalla quale possibile collegare
l'agire del singolo all'agire della comunit.
E' facile comprendere come questa prospettiva, che legge la morale come un
processo che avanza con gli stadi dell'evoluzione naturale, debba rinviare
sempre a responsabilit comunitarie e non soggettive. Pertanto, si pu
parlare di colpa soltanto in senso intersoggettivo, cio quasi nel senso
dellinvolontario prodotto di un intreccio comunicativo che gli agenti senza la
loro responsabilit individuale, devono attribuire ad una responsabilit
comunitaria19. Non essendo pi evidente un centro normativo e valoriale cos
forte da integrare tutte le soggettivit, queste sono raccolte nel dato di fatto
del mondo di vita comune. In questo modo la libert e la responsabilit
individuale rischiano di divenire una semplice appendice contingente del
livello generale e complessivo di comunicazione, che continuamente si
produce indipendentemente dalla volont dei singoli. In pratica, nella morale
concepita in termini di pura comunicazione- a differenza di quella in termini di
metafisica dei valori - l'asse orizzontale della comunicazione prende il
sopravvento su quello verticale della decisione [e] la finitezza del soggetto
deve presupporre che ogni sua decisione sia contingente 20.
Secondo Luhmann, al contrario, soltanto le persone concrete, nei loro
rapporti reciproci, sono chiamate in causa nella produzione di criteri morali di
16

Specificamente di N. Luhmann, cf: I fondamenti sociali della morale, in AA.VV., Etica e


politica. Riflessioni sulla crisi del rapporto fra societ e morale F. Angeli, Milano 1984, 9-20; e
in particolare, 12. Ancora, Il fenomeno della coscienza morale e l'autodeterminazione etica
della personalit in Giornale di Teologia 100 (1977) 151-77.
17
J. Habermas, Etica del discorso (a cura di E. Agazzi), Laterza, Roma-Bari 1985.
18
Cfr. J. Habermas, Agire comunicativo e logica delle scienze sociali, Il Mulino, Bologna 1980, p.
301.
19
Cf ID., Etica del discorso, op.cit., soprattutto alle pp.123-202.
20
M.G. Lombardo, Il senso etico della teoresi funzionalista, in Fenomenologia e societ,
gennaio-marzo 1984, pp. 21-43; v. in particolare p. 23.

16
condotta. In tutte le questioni morali c' un confronto tra persone 21. Il
sistema sociale complessivo, che procede mediante una selezione dell'utile,
risulta totalmente separato dalla morale soggettiva. Il sistema morale, a
differenza di quello sociale, tende invece ad essere pienamente
personalizzato. Non si pu, dunque, parlare in senso proprio di morale
societaria, essa ha senso solo come frutto di processi di riflessione e
valutazione dei macrosistemi sociali.
La selezione secondo l'utile, necessario a conservare l'identit del sistema,
separa per cos dire l'imperativo categorico del sistema sociale dalla morale
soggettiva, intersoggettiva e di mondo vitale. Specificamente questa
posizione, merita una pi approfondita valutazione critica.
d. Analisi e critica della prospettiva di Luhmann.
La diversit di natura tra le morali personali (che ovviamente sono molteplici)
ed il dovere di ogni sistema di selezionare l'utile, che Habermas vuole
comporre attraverso la prospettiva della comunicazione, viene presentata da
Luhmann come una separazione totale fra i due poli secondo quattro
principali argomenti:
1. Non vi pu essere congrua proporzione tra la prospettiva intenzionale del
singolo nel piccolo gruppo e la prospettiva del sistema sociale nel suo
insieme, perch il primo punto di osservazione della realt estremamente
limitato rispetto al secondo22.
2. Data la prima osservazione, ne consegue che ogni sistema sociale collettivo,
se vuole essere efficiente ed efficace, non pu essere vincolato a sistemi di
credenze e di valori che prescindano dalla prassi concreta e dal tempo
storico. Dunque l'amministrazione della cosa pubblica tenuta ad
esercitare razionali attivit manipolatorie nei confronti degli cittadini.
3. Quindi, il sistema perde ogni riferimento finalistico che non sia la sua
propria autoconservazione. Ci significa che nessuna azione sociale pu
essere legittimata in termini di maggiore o minore bene comune, o di
maggiore umanizzazione della vita, perch manca totalmente una
prospettiva trascendente di ottimizzazione globale. Il tutto si risolve nel
moderare solo gli egoismi individuali, secondo una concezione utilitaristica
della persona umana.
4. Ogni relazione all'interno del sistema, caduti i contenuti etici della
gerarchia, sar stabilita non secondo una struttura sociale definita in
termini di autorit e subordinazione, ma esclusivamente in base alla
diversit delle funzioni. L'uomo, sostanzialmente, ci che fa.
Diverse realt sociali, tra gli anni settanta ed ottanta, mostrano di
rispecchiare fedelmente la teoria di Luhmann (il contenimento del welfare
state con l'incremento della solidariet privata, la riduzione delle pretese di
moralit pubblica in diversi ambiti a patire da quello politico, nuovi tipi di
manipolazione delle masse, il ricorso a saperi specializzati per risolvere ogni
tipo di malessere sociale). Sembra che Luhmann si sia limitato ad analizzare
21
22

Luhmann, Illuminismo sociologico cit., p. 78.


Cf Luhmann, llluminismo sociologico, cit., p. 97.

17
una situazione di fatto, ma la sua teoria sostiene una de-eticizzazione
sistematica della realt sociale come componente necessaria per l'evoluzione
progressiva del sistema.
Da questa teoria segue che il sistema sociale non si pu avvantaggiare della
crescita di attenzione morale e di domanda di senso che si sviluppa dalla sfera
del privato verso il pubblico, anzi il sistema viene, in tal modo, intralciato nelle
sue funzioni. Mentre, d'altra parte, i centri di direzione politica non potranno
poi fare appello, nemmeno in situazioni difficili, all'impegno gratuito ed alla
corresponsabilit dei cittadini; non possono aspettarsi risposte positive dagli
ambienti che non rientrano nella competenza organizzativa. Si pu
concludere, in questa prospettiva, che nei momenti di maggiore difficolt,
questa separazione radicale, non fa che aggravare la crisi, senza in alcun
modo avviare a risolverla.
e. La fine del modello di separazione tra morale personale e sistema sociale.
Nonostante il grande contributo per l'interpretazione di processi che
realmente si sono verificati nelle societ avanzate dalla fine degli anni
sessanta in poi, le analisi dell'illuminismo sociologico non convincono al punto
da indurre ad eliminare l'etica dal processo dell'organizzazione sociale.
Variegate e consistenti controtendenze sono sempre pi presenti nella vita
sociale: crescita della domanda di senso nelle comunicazioni tra sistema
politico e mondo vitale dei cittadini; azione solidale per i diritti umani;
movimenti ecologisti; richiesta di umanizzazione dei servizi sociali pubblici e
privati; rilancio di identit collettive semplici; nuovi rapporti tra management
e lavoro dipendente; convergenza e interdipendenza tra ricerca scientifica e
problematiche etiche. Tutte queste situazione, ed altre, mostrano la crisi del
dualismo tra autonomia sistemica e morale personale. Sempre pi forte
l'esigenza di appellarsi almeno ad un nucleo di etica universale condivisa, nei
rapporti tra sapere e potere, tra natura e cultura, di fronte alla crisi
dell'ambiente-terra ed ai rischi di distruzione nucleare del pianeta.
La ricerca sociologica oggi va rivolta a conoscere ed integrare le reciproche
interpolazioni e corrispondenze tra la scelta etica di una morale personale ed
il dovere selettivo del sistema sociale. Sociologia ed etica si collocano sullo
stesso e irriducibile orizzonte delluomo e del suo mondo vitale. La reciprocit
e limplicanza tale che lunico modello proponibile, nel confronto e
nellapporto, unicamente quello del dialogo.
f. Etiche del nostro tempo.
In sintesi, ecco tracciato lo schema del nostro percorso di ricerca che tende a
delineare la free-zone di un possibile e doveroso dialogo tra ethos e
complessit sociale:
ETHOS
Struttura della persona umana

18

PRINCIPI VALUTABILI

ED

UNIVERSALIZZABILI IN
DELL'ETHOS

BASE ALLA STRUTTURA

Principi personali

PPLICAZIONI

Principi sociali Giustizia e Bene Comune

A
NORMATIVE DELL'ETHOS A TUTTI I CAMPI DELLA VITA UMANA

In ragione di questo quadro prospettico opportuno chiarire un latente


equivoco che si perpetua nella valutazione sociale dell'ethos. Con la
mediazione storica
del neo-illuminismo debole, tale struttura stata
completamente rovesciata: l'ethos non pi il punto di partenza di ogni
riflessione, il fondamento di ogni teoria e proposta personale o sociale; ma, a
partire dai vari fenomeni della vita umana, dai vari campi di interesse
scientifico, si cerca di raggiungere un comune accordo etico. Questo cambio
di prospettiva dal fondamento al fenomeno, ha determinato un moltiplicarsi
di teorie etiche che richiamandosi ai pi diversi principi, non pi armonizzati
da un'unica struttura di base, tendono essenzialmente a contrapporsi e
rischiano di spostare indefinitamente l'unit etica sul terreno impossibile
dell'utopia. Per cui il quadro si presenta come segue:
Neo-illuminismo debole

PRINCIPI DI VARIA ISPIRAZIONE


danno origine a diverse teorie etiche, non pi valutabili in base ad un
criterio stabile di riferimento e, dunque, di per s non universalizzabili.

APPLICAZIONE UTILITARISTE E FRAMMENTARIE


Le molteplici deontologie professionali

ETHOS = UTOPIA
In base alla diversa ispirazione dei principi che sono alla base delle pi diffuse
teorie etiche contemporanee, possiamo definire una griglia complessiva che ci
aiuti a districarci in questo campo articolato della ricerca. La divisione
principale quella tra etiche di orientamento immanentista ed etiche di
ispirazione trascendente o trascendentale.
TEORIE ETICHE

19

TEORIE ETICHE
DI MERA

TEORIE ETICHE
DELL'IMMANENZA

TEORIE

Changeux
Lipovetsky

Deleuze,
Guattari
Misrahi
Comte-Sponville
Conche, Rosset

Foucault
Gadamer

TEORIE

ETICHE
DI ISPIRAZIONE
RELIGIOSA

TEORIE

ETICHE
ISPIRATE A
PRINCIPI IDEALI

TEORIE

Levinas

Rawls
Jonas
Spamann

Apel
Habermas

OSSERVAZIONE
DEL REALE

ETICHE
DELL'UTILI
T

ETICHE
BASATE SU
REGOLE
TRASCENDE
NTALI

L'esigenza principale che emerge da questa variet di teorie etiche quella di


un dialogo costruttivo capace di definire responsabilit e criteri guida per il
nuovo millennio. In attesa di realizzare questa ideale societ della
comunicazione, si cerca di ovviare all'impellente richiesta di regole, che viene
dai pi svariati campi della vita e della ricerca umana, con etiche applicate
che spesso si rivelano limitate deontologie professionali. Dal momento che il
criterio che le ispira strettamente funzionale, possibile individuarle in base
ai vari ambiti operativi della vita dell'uomo.
ETICHE APPLICATE
AMBITO

AMBITO

AMBITO

NATURALE

RELAZIONALE

PROGETTUA
LE

Bioetica
Etica degli affari
Etica
Etica economica
dell'ambiente
Etica e media
Diritti
degli
animali

Etica
della
politica
Etica del
diritto
Etica
universale

Nuove possibilit vuol dire nuove scelte. Nuove libert vuol dire nuove
responsabilit. L'et della giovinezza quella del passaggio, problematica per

20
il disorientamento, stimolante per la ricerca ma anche cruciale per la
costruzione del futuro. Prima di cercare risposte giuste necessario porsi le
giuste domande. La dimensione concreta, utile e funzionale dell'etica, se offre
sicuramente nuovi stimoli per la ricerca, non pu ridurre la prospettiva etica
ad un orizzonte meramente applicativo, ma deve aprire il varco alla riflessione
essenziale sull'uomo. In tale prospettiva potranno essere valutati alcuni punti
di vista:
a. Etica come applicazione (H. G. Gadamer).
L'autore richiamando l'Etica nicomachea di Aristotele propone la lettura
ermeneutica dell'etica. Analizza le fasi che conducono al sapere praticomorale che si diversifica sia dal sapere teoretico (epistme) sia da quello
pratico della tecnica (techn).
L'etica, infatti, ha per oggetto l'uomo come soggetto in azione e in continuo
cambiamento, collocato in una esistenza che richiede continue scelte di
orientamento. L'uomo, nel sapere pratico, coinvolto, opera modifiche del
suo vivere, colpito da ci che conosce 23. Questo suo sapere (phronsis), non
si limita all'indagine delle situazioni ma determina una
decisione, una
distinzione di ci che si pu fare da quello che non si deve.
E un sapere non riducibile alla semplice conoscenza, ma implica il processo
dell'esperienza. Distingue la prassi della morale da quella tecnica. Pur avendo
punti in comune (passaggio dall'universale al particolare, presupposti previ
all'azione, variabilit dell'oggetto a cui si applicano), si diversificano per in
quanto la prassi tecnica arbitraria ma non pu esimersi dall'esercizio
della dignit, della solidariet, della giustizia...Inoltre il sapere morale non
pu essere insegnato prima della applicazione. L'agire in modo giusto va
misurato nel contesto della situazione. Il sapere morale sempre incarnato.
Non basta l'abilit tecnica, necessaria la partecipazione, il coinvolgimento
con la situazione, la responsabilit: si pu essere abili nel comprendere ma
finalizzare al male la conoscenza! Il soggetto morale si trova di fronte alla
situazione, come l'interprete rispetto al testo: fenomeno etico e
interpretazione per cogliere il valore e il dovere.
b. Normativit e verit etica (J. Habermas).
Critica serrata a Gadamer in quanto l'ermeneutica della situazione apre al
rischio di perdersi nel quotidiano, nell'opinione, nell'ethos. L'accusa di
relativismo etico. Habermas propone perci l'universalit, la normativit e la
verit del sapere etico. Le norme morali per loro natura si impongono a
tutti24. Ma come conciliare il particolare con l'universale? La situazione e la
norma? L'universalit cercata nel CONSENSO di tutti; la norma deve meritare
il riconoscimento da parte di
tutti gli interessati 25. Si richiede una
argomentazione reale che tutti devono accogliere: una argomentazione
intersoggettiva che pu condurre a un accordo di natura riflessiva. Il proprio
interesse deve cadere sotto la altrui critica.
Alla
universalit collegata la norma come elemento
essenziale del
23

H.G.GADAMER, Verit e Metodo, 365.


J.HABERMAS, Etica del discorso, 71.
25
Id., op.cit., 73.
24

21
comportamento etico. Non pu questa essere ridotta al puro patteggiamento
opportunistico, n alla utilit, n alla pura fattualit del convivere. L'accordo
non dato dai vari desideri ma dallosservanza di norme (verit, libert,
giustizia). Per assicurarsi che l'intesa sia giusta, rispetto al comodo,
opportuno distinguere l'agire comunicativo dal discorso: il primo ha come
obiettivo lo scambio di informazioni, il secondo rende le pretese di validit
tema. Ma cosa appaga l'esigenza di validit
della norma
oltre il
pragmatico? Il sussistere o il valore sociale di una norma non fonda la sua
validit. Si deve distinguere tra il fatto sociale del riconoscimento della
norma e il suo essere degna di venir riconosciuta 26. La ragione verifica la
motivabilit discorsiva della norma.
La ragione si immerge qui nel concetto di VERIT, non visto per come
adeguazione ma, come verit collocata nel vivo dei rapporti interpersonali,
situata
nel concreto quotidiano. Il consenso (universalit) e
la realt
(discorso), i definitiva, conducono alla attendibilit di un enunciato. La norma
etica crea cos una condizione esistenziale di coinvolgimento e di comunione.
Se la verit comunione, libert, falso tutto ci che indica soppressione,
dipendenza, aggressivit ideologica. Tuttavia, rimangono aperti interrogativi
circa la
verit, riproposta attraverso i criteri di coerenza e
di
corrispondenza. Evidente il legame proposto tra valori e esistenza.
c. Il diritto naturale (R. Spmann).
Se con Habermas si attua il tentativo di superare il principio Weberiano
dellAVALUTABILIT delle scienze, anche sociali, in quanto dove opera l'uomo
emerge il principio etico, con Spmann si presenta la necessit di dare una
risposta al problema ecologico, attraverso l'istanza del diritto naturale. Non
basta superare le imposizioni oppressive della societ con il consenso, ma
diviene
necessario liberare la natura stessa dalla vorace aggressione
dell'homo faber. La realt dei rapporti interpersonali non deve nascondere il
problema della sopravvivenza dell'uomo: si rischia l'ideologizzazione
dell'etica. Il diritto naturale centra l'attenzione sul tema della natura. Il
desiderio di dominio reso incontrastato dal senso opportunistico della scienza
aveva relegato la natura in una posizione non pi armonica con l'uomo.
Evidente il distacco e ancora pi evidente lo sfruttamento incontrollato. La
progressiva DISTANZA dell'uomo dalla natura, rende questa un oggetto
degradato a materia prima, disponibile per operazioni spesso arbitrarie. Lo
sviluppo, il progresso, staccati dalla matrice teleologica e dalla fonte dei valori
si traducono in abuso. Solo riconoscendo, per diritto naturale, a tutti gli
essere il loro senso possibile bloccare la espropriazione della natura e
dell'ambiente. Alla base della crisi ecologica si riscontra la perdita del diritto
naturale, che rimpiazzato da una ragione strumentale al sistema, lo svuota di
ogni valenza ontologica. Muovendosi sul binomia legge-natura cos si
esprime: Il concetto natura nella coppia dell'antitesi classica (physis-nomos)
sempre dialettico nel senso che esso, come il pi forte, include in s il suo
opposto. Il naturale di per s ci che non fatto dall'uomo. Per tutto ci
che fatto , in certo modo da definirsi pi dettagliatamente, pure naturale.
26

Id., Etica del discorso, 69.

22
Tutto l'operare pu essere un mutamento di ci che gi. E precisamente in
maniera tale che si deve adeguare alla struttura di ci che , dato che le
strutture inventate presuppongono sempre una base sottostante e gi di per
s organizzata27. Questo concetto di natura stato liquidato dal pensiero
moderno e quando di una cosa si desidera fare quello che si vuole, allora la
domanda sul
suo fine intrinseco non pu essere che di disturbo 28.
Aggiungeremo a tutto questo la verifica del pensiero postmoderno sulla
perdita del definitivo e della riduzione al provvisorio, all'immediato
fruibile. La riduzione ancor pi evidente dalla pro-gettualit alla programmazione tipica della techn. All'uomo postmoderno non interessa il
senso e il fine della storia e del mondo (problemi ecologici vissuti con lucida
razionalit ma al tempo stesso disattesi), ma l'immediata possibilit di
modificazione e organizzazione del vivere in ragione dei bisogni diretti o
indotti. Il pensare tutto secondo una antropologia esclusivista diviene una
concreta minaccia per l'uomo stesso. Se noi rapportiamo la natura a ci che
serve all'uomo ci mettiamo gi su una falsa traiettoria 29. Dallo sfruttamento
irrispettoso e selvaggio (strumentale) della natura a quello dell'uomo, il passo
breve. Tolto all'uomo il suo fine ontologico non meraviglia un suo
trattamento da arto utilizzabile all'interno di meccanismi di dominio
naturale30. Si legittima la manipolazione rifacendosi alla libert e alla
felicit dell'uomo, ma i due obiettivi diventano fragili e illusori se determinati
dalla semplice decisione umana e non dalla natura delle cose: la felicit
imposta non felicit e la libert vista come liberazione, cercata per in
modo irrispettoso dell'uomo e del mondo nel loro fine proprio, diviene caotica
frantumazione della realt dove la libert dovrebbe esercitarsi. La libert
assume consistenza solo nel giusto rapporto con la natura e l'uomo31.
L'immagine biologica dell'uomo futuro non pu essere oggetto sensato del
nostro volere e agire, dato che al riguardo ci mancano i criteri legittimi. I
criteri che abbiamo sono essi stessi posti arbitrariamente. Noi possiamo dire
come devono essere preparati dei maiali, dato che li vogliamo mangiare. Ma
come devono essere gli uomini? 32. Il diritto di natura diviene una via di
risposta in quanto riporta tutti nel contesto della vita. Se frutto di pura
convenzione allora la motivazione pragmatica; se poi lo si fonda sulla libert
e capacit di agire coscientemente restano esclusi i non ancora nati, i
minorati mentali e altri, la cui sorte affidata alla decisione della comunit
o del singolo. Il diritto di appartenenza e legittimazione non fissato da
nessun criterio se non dalla natura stessa.
2. Etica ed economia. - Larticolazione delle realt economica rende lo
scenario del mondo ancor pi complesso. Le considerazioni in positivo, del
progresso, dello sviluppo, dei mutamenti tecnologici con le relative grandi
27

R.SPMANN, Natur, in Id., Philosophische Essays, Reclam, Stuttgart 1983, 21.


Ivi, 23.
29
Id., Naturteleologie und Handlung, in op.cit., 54.
30
Natur, 37.
31
Cfr. Id., Die Aktualitaet des Naturrechts, in op.cit., 75.
32
Ivi,76.
28

23
potenzialit, mal si armonizzano con le difficolt, i paradossi, le
contraddizioni, le incoerenze e conflittualit, che queste potenzialit vanno
generando. Sviluppo, progresso, possibilit tecnologiche, nel loro evolversi
continuo e incalzante, si trasformano in potenti meccanismi di squilibrio che
se per un verso producono ricchezza e benessere, dallaltro generano povert
ed emarginazione, disparit di livelli e di condizioni nello stesso contesto
sociale e tra paese e paese. Si determina una paradossale specularit tra
povert estreme, al limite della stessa sopravvivenza, e ricchezza opulenta,
saccheggio della natura, al limite della distruzione.
Inoltre, leconomia, asservita al senso preminente, ai modelli imposti, ha
provocato cambiamenti indotti nei costumi e negli spazi di vita, non sempre
ben assorbiti o tollerati. Ritenendo luomo infinitamente plasmabile, disposto
a tutto, lo ha reso un oggetto tra i tanti oggetti. Luomo, in quanto tale,
trattato da estraneo nel contesto economico-sociale. Leconomia assume la
fisionomia dellinesorabilit, della crudelt, della durezza. Conduce
all'asservimento dei poteri pubblici agli interessi di gruppo e determina
l'imperialismo internazionale del denaro; distoglie il discorso intorno all'uomo,
dissolvendo di conseguenza il discorso all'interno dell'economia stessa.
Quindi, non difficile scorgere nel mondo economico strutture decisamente
negative per la formazione della persona umana, e per l'organizzazione e lo
sviluppo di una convivenza civile33.
Intanto, L'economia ha la fama di essere la regina delle scienze sociali: la
pi vecchia delle arti, la pi giovane delle scienze34, al punto che, per il
livello di astrazione raggiunto dalla teoria economica, non la ritiene inserita
nel contesto delle scienze del comportamento umano. All'economista si
richiedono, non solo conoscenze tecniche, ma fantasia, capacit di capire
l'intimo funzionamento delle cose e un acuto discernimento per intuire e
teorizzare l'essenza e le tendenze dei fenomeni, la ricerca della verit e il
servizio al progresso; ma si discute anche se non debba occuparsi oltre che
dei mezzi, anche dei fini della politica economica.
Ripercorrendo il tracciato del pensiero economico di questi ultimi anni
interessante verificare le diverse reazioni degli stessi economisti di fronte ai
risultati delle loro elaborazioni. Alcuni sono critici non solo intorno allo stato
attuale dello sviluppo economico, ma intorno allo stato in cui si trova la stessa
scienza economica. Essi sono convinti che il pensiero economico, in base
all'attuale teoria economica, non in grado di fornire spiegazioni convincenti
dei fenomeni sottoposti al suo esame e di proporre soluzioni adeguate a
situazioni ambigue e paradossali, e che alcuni meccanismi (mercato, sistema
dei prezzi), sono incapaci di porre l'uomo al centro della scena economica. Per
molti, quindi, la scienza economica, oggi, sta attraversando una fase di
profondo travaglio e di ripensamento radicale. I grandi temi cruciali legati ad
una intensa e persistente depressione, che Keynes aveva affrontato durante la
prima grande crisi del '29, sono ancora di grande attualit35. A tal ragione la
dichiarazione di J. Robinson che sottolinea l'evidente bancarotta della teoria
economica, la quale per la seconda volta non ha nulla da dire sulle questioni
33

Cfr. A. CORTINA, Razn comunicativa y responsabilidad solidaria, Salamanca 1985, parte II).
P. SAMUELSON - W. NORDHAUS, Economia, Bologna 1987, 3.
35
M.P.MONTEMURRO, Economia ed etica, in RtM 93 (1992), 77.
34

24
che per tutti, salvo gli economisti, appaiono dense di interrogativi e
sollecitano una risposta36.
Nella letteratura economica si riscontrano anche figure di economisti che
nutrono un interesse per gli aspetti etico-sociali della vita dell'uomo,
dimostrando fiducia nei suoi valori etico-spirituali. Per cui, quando essi si
propongono un problema, ne vedono le dimensioni, non soltanto tecniche, ma
anche sociali e umane. Inoltre segnalano che la natura dell'economia moderna
ha subito un sostanziale impoverimento a causa della distanza venutasi a
creare tra economia ed etica. Si cominciano a prospettare possibili
compatibilit di nuovi approcci, suggerendo nuovi percorsi e nuovi
orientamenti. Si fa osservare, che l'economia del benessere non solo non
esclude letica, ma pu essere sostanzialmente arricchita dal prestare una
maggiore attenzione ai risvolti etici, e che lo studio dell'etica, spesso rinchiuso
su versanti autonomistici, pu trovare certamente giovamento beneficiare nel
pi stretto contatto con l'economia.
Queste ipotesi teoriche, in realt non trovano facile applicazione. Esse ()
comportano ambiguit profonde e molti dei problemi sono intrinsecamente
complessi. Tuttavia la necessit di avvicinare maggiormente l'economia
all'etica non si basa sul fatto che questa sia una cosa facile da fare. Si basa
invece su ci che ricaveremo da questo... ci si pu aspettare che i vantaggi
siano alquanto cospicui37. Quindi, da pi parti, fuori e dentro il mondo
economico, il tema rapporto economia-etica tornato di grande attualit e
viene affrontato dai pi svariati punti di vista: quello del comportamento del
singolo soggetto, quello della modalit di funzionamento del sistema
economico considerato nel suo complesso, ed infine quello dei rapporti fra un
sistema economico ed un altro, o fra gruppi di un paese e un altro. Non
certamente lanalisi di tali aspetti ora ad interessarci, quanto lindividuare una
visuale etica nell'ambito della scienza economica, convinti che il contrasto tra
il carattere usualmente non etico dell'economia e l'evoluzione storica di
questa disciplina, quale derivato dall'etica, in realt sia solo formale e
apparente.
a. Approccio classico. - Non solo uno dei padri dell'economia moderna, A.
Smith, era professore di filosofia morale all'Universit di Glasgow, ma anche
la stessa materia dell'economia stata considerata a lungo una specie di
branca dell'etica e quindi insegnata nell'ambito del corso di scienze morali. E
nel discorso economico tutti i fenomeni e le questioni economiche (quali per
esempio: che cos' il giusto prezzo? L'usura pu essere giustificata?) erano
letti, valutati e largamente influenzati da problemi etici.
Fino al secolo scorso l'economia accettava senza discussione l'influenza di un
preciso orientamento filosofico-morale, l'utilitarismo, secondo il quale il
motivo ultimo delle azioni umane sempre quello dell'utilit, e il principio
etico, non pu non configurarsi se non nel senso che si operi al fine dell'utilit
del maggior numero possibile di individui38. Per l'utilitarismo quindi, una
36

M. LEBOWITZ, La crisi della teoria economica oggi, in M. D'ANTONIO (a cura), La crisi


postkeynesiana, Torino 1975, 173.
37
A. SEN, Etica ed Economia, (a cura di S. Maddaloni), Bari 1988, 110.
38
Utilitarismo, in Dizionario Enciclopedico Italiano Treccani, Roma 1961.

25
societ giusta quando le sue istituzioni sono congegnate in modo da
massimizzare l'utilit sociale, intesa come la somma o la media aritmetica
delle utilit individuali39. Inoltre la teoria dell'utilit era tesa a giustificare la
teoria del laisser faire (nessuna interferenza nel mercato; il mercato
risponde a tutto).
Verso la fine del secolo veniva messa sotto accusa proprio questa dottrina
etico-sociale dell'utilitarismo che ammetteva anche in economia la possibilit
di misurare e confrontare le utilit di persone diverse. I critici facevano
osservare che questa teoria dell'utilit in gran parte tautologica; che
l'utilit un concetto metafisico di una circolarit inafferrabile: l'utilit
quella qualit dei beni, che fa s che gli individui desiderino acquistarli, e il
fatto che gli individui desiderano acquistare i beni dimostra che questi hanno
una utilit40.
Secondo alcuni economisti il calcolo per misurare l'utilit (utilit cardinale),
era un calcolo in apparenza basato sulla matematica. Esso un calcolo
qualitativo pi simbolico che reale, in cui facile commettere errori, o
almeno formulare proposizioni scientificamente insignificanti. Quindi, la
misurabilit e confrontabilit non appartengono alla scienza economica, esse
vanno relegate alla sfera dell'etica, per cui ovvia la completa separazione
dell'etica dall'economia, perch ne inquina l'autonomia scientifica con
proposizioni non scientifiche. Negli anni '30 questa critica, che tenta di
separare il nucleo positivo delle leggi economiche dalle valutazioni di tipo
morale, raggiunge il culmine.
Con queste considerazioni e altre argomentazioni si arriva a un punto di svolta
per l'economia che sceglie di occuparsi dei singoli individui in quanto se stessi
e separati dagli altri e di considerare soltanto le motivazioni riferite
all'interesse dei singoli (utilit ordinale). Pertanto il consumatore razionale,
oeconomicus homo, non pi definito, in base alla dottrina etico-filosofica,
come colui che massimizza la sua utilit, ma come chi in grado di
scegliere il paniere preferito; sostituendo il termine di utilit con il
termine di preferenza.
Per quanto riguarda il bene collettivo, secondo questa nuova teoria
economica, sufficiente che ogni individuo agisca egoisticamente perch ne
risulti il bene di tutti41; quello che cambia in caso di egoismo o altruismo il
modo con cui egli si procura il massimo vantaggio.
Se nell'economia positiva dell'utilit (descrizioni di fatti, circostanze,
relazioni) l'approccio ordinalista diventato la pietra angolare della moderna
teoria della domanda, nel campo dell'economia normativa (giudizi di valore)
esso ha portato al rifiuto dei confronti tra le utilit di diversi individui e
conseguentemente
alla
sostituzione
dell'economia
del
benessere
utilitarista (utilit sociale intesa come la somma delle utilit individuali), con
la nuova economia del benessere, in cui il benessere sociale viene misurato
tramite un indice. L'indicatore del benessere collettivo maggiormente usato
rappresentato dal reddito nazionale lordo o netto. Tale grandezza, comunque,
non tiene conto di alcuni fattori quali la distruzione di risorse, la dispersione
39

Utilit, in Enciclopedia del Diritto e dell'Economia, Garzanti, Milano 1985.


Ibid.
41
Ibid.
40

26
di ricchezza nella distribuzione o la persistenza di sacche di povert: un
aumento di reddito nazionale, quindi, coincide con un aumento di benessere
collettivo senza introdurre altri giudizi di valore (Il PNL include molti elementi
che non portano un contributo evidente al benessere individuale e sociale
(comprende missili, ciminiere che emettono ossido di zolfo ecc.), mentre
esclude alcuni elementi fondamentali per il benessere. Il PNL un indice
difettoso del vero benessere economico di un paese.
Alcuni economisti negli Stati Uniti hanno tentato di correggere il peso
eccessivo che il PNL attribuisce alla produzione lorda con una differente
misurazione, denominato Benessere Economico Netto (BEN), che tenga conto
del tempo libero del lavoro domestico, dei costi dell'inquinamento, dei disagi
della vita urbana ecc. 42.
Pertanto nonostante la moderna scienza economica si sia andata sviluppando
senza far riferimento formale ad una precisa etica filosofica e precettistica,
non ha mai rinunciato a far riferimento, in modo esplicito o tacito, a alcuni
concetti metafisici su cui l'economia fondata, quali utilit (valutazione
soggettiva), e valore (valutazione oggettiva). L'utilit, nella moderna teoria
economica, considerata parte integrante delle scelte economiche dei
soggetti, in virt delle quali essi tendono a procurarsi un piacere, un
vantaggio, una somma di felicit, o ad allontanare un dolore, un danno, uno
sforzo. L'utilit, dunque, non solo, entra nel discorso economico, ma vi entra
come una delle categorie centrali, una delle finalit dello stesso processo
produttivo, infine come una delle cause che determinano il valore di scambio o
prezzo dei beni: utilit e valore costituiscono, quindi, le categorie
fondamentali dell'attivit economica in generale e della condotta umana in
quanto relazione fra scopi e mezzi scarsi applicabili a usi alternativi.
b. Approccio moderno. - Sviluppando il discorso in questa direzione, e
arricchendolo di ulteriori informazioni, alcuni economisti sono arrivati a
concludere che in una visione aggiornata della teoria utilitarista, si possono
trovare inglobati, in linea di massima, molti aspetti di moralit.
Sempre nella linea dell'approccio filosofico c' chi sostiene persino che
l'emergere della moderna teoria delle preferenze e delle decisioni ha reso
l'etica una parte organica della teoria generale del comportamento razionale.
E ci nella considerazione che il concetto di comportamento razionale il vero
fondamento delle discipline normative, della teoria dei giochi (interazione
razionale tra due o pi individui), e dell'etica, e che la stessa etica qui
considerata una teoria del comportamento razionale finalizzato a
massimizzare un livello di utilit media di tutti gli individui della societ.
Non manca chi propone un approccio alternativo, al moderno utilitarismo,
capace di fornire un resoconto particolarmente plausibile della motivazione
morale nell'ambito dell'economia; sostenendo che l'utilitarismo, come dottrina
sociale e morale, manca di una psicologia e di una politica, anche se esso
nato come una particolare teoria psicologica e, in una certa misura, con un
particolare atteggiamento nei confronti della politica. Le domande che ora
richiedono urgentemente risposta dall'economia sono, fra tante: come
42

Cf. SAMUELSON - NORDHAUS, Economia, 4, 5, 112, 113.

27
ciascuno potrebbe vivere?, come si potrebbe vivere qui e ora e in un futuro
prevedibile?, di quali istituzioni avremmo bisogno?. L'uomo di oggi ha
bisogno di usare nozioni che l'utilitarismo non pu n maneggiare n
spiegare43.
E se si ragionasse, pi semplicemente, intorno al sistema tradizionale della
scienza economica, partendo dai suoi attuali problemi, senza utilizzare n la
dottrina filosofica dell'utilitarismo, n la filosofia giuridica del contrattualismo,
si potrebbe arrivare a identificare l'etica di questa scienza? Intendendo per
etica, in questo discorso, la scienza normativamente pratica. Etica come
conoscenza sistematica e metodologica, razionale, delle leggi e della validit
del comportamento umano44.
L'attuale scienza economica, sviluppandosi in questo dopoguerra oltre ogni
limite in una sofisticazione formale di modelli matematici, rischiando di non
essere di grande utilit per politici e amministratori, manifesta un grave
problema prima di tutto di carattere conoscitivo (interpretazione della sua
economicit e del suo stesso oggetto formale), e nello stesso tempo evidenzia
l'esistenza di una spaccatura abbastanza netta tra l'economia empirica o la
politica economica, da una parte, e la teoria pura dall'altra.
Affermando che l'oggetto formale dell'economia l'attivit che l'uomo svolge
nella modificazione del mondo perch gli sia utile, facile individuare i due
termini che lo definiscono: l'uomo, colto nella sua umanit in un particolare
momento di attivit, per procurarsi determinati mezzi della vita, e di attuale
rapporto economico; e il fine, il quale di pi e diverso dal fine di lucro
dell'individuo: esso invece la realizzazione dell'esistenza per quel che
dipende dalle trasformazioni umane della vita. Un fine universale quindi:
costruire le condizioni esterne della vita, per la vita in s, cio mia. tua. di
chiunque (dimensione economica).
E proprio questo laborioso ridurre la natura a umano valore, questo fare la
vita dalle cose, nell'impegno che ci implica della persona in un dato modo...
che costituisce il vero scopo della scienza economica... E le cos dette
preoccupazioni della vita in relazione ai mezzi di sostentamento e agli sforzi
quotidiani compiuti per liberarsene sono le vicende su cui riflette il pensiero
economico45. E . . . se tu osservi con profondit questa attivit economica,
malfamata da un'opinione che la vede consumarsi nel lucro, ti apparir
imperniata sul principio che tanto pi tu provvedi alla tua vita, quanto pi
utile ti rendi agli altri, quanto pi gli altri riconoscono l'utilit del tuo servizio
e del tuo prodotto. Come potremmo soddisfare le nostre esigenze molteplici e
variabili, se gli altri non ce ne apprestassero i beni? E come potremmo
provvederci di questi se non producessimo uno o pi beni utili agli altri? Ma
questo noi e questo altri non sono distinzione di quell'unit che la vita,
onde noi e gli altri siamo costruttori di essa?46.
Quindi, affermando che il principio costitutivo dell'attivit economica sta nella
43

Uno strumento prezioso di riflessione e di studio offerto da A. SEN - B. WILLIAMS (a cura),


Utilitarismo e oltre, ed. italiana a cura di S. Veca, Milano 1990.
44
S. PRIVITERA, Etica filosofica ed etica teologica, in E. COMPAGNONI - G. PIANA - S. PRIVITERA
(a cura), Nuovo Dizionario di Teologia Morale, Milano 1990, 359.
45
A. BERTOLINO, Principi, ideali e fatti di economia, a cura di G. Becattini, Firenze 1979, 8.
46
Id.,9.

28
necessit della costruzione dell'esistenza umana, soggetto e oggetto
dell'esperienza economica, risulteranno individuati nella loro funzionalit due
caratteri: umanit e socialit, la cui conoscenza eviter all'indagine economica
le astrattezze e l'unilateralit lamentata.
Riscoprire questa umanit nei soggetti e nei beni (non cose) del rapporto
economico, il compito di quanti abbiano sete di verit e pensino di poterne
attingere alla fonte inesauribile della vita47, ed condizione necessaria
perch si possa recuperare l'economia nella sua concreta identit e unit e,
nello stesso tempo, si possa individuare il suo specifico ethos.
c. Rilievi conclusivi. - Partendo dal punto di vista che l'economia concorre con
le altre discipline allo sviluppo dell'uomo globale, di cui esprime una propriet
essenziale, quella di essere una creatura affetta da una quantit di bisogni che
richiedono mezzi per essere soddisfatti, si pu affermare che l'attivit
economica non pu essere disgiunta da postulati etici. L'uomo, soggetto
agente di questa specifica attivit, il principio fondamentale dell'etica
normativamente pratica, e ogni suo comportamento, ogni sua azione
economica ha rilevanza etica, ne la fonte.
L'economia, quindi, vanta un'anima etica che ben si accompagna a quella
fondata sul postulato scientifico che propone criteri in qualche modo
verificabili. L'ethos dell'economia un ethos distinto da quello delle altre
discipline, non separato (pluralit e non una babele di ethos). E da questo
ethos l'economia dovrebbe far scaturire il suo codice etico: economia etica, e

47

Ibid.

29
quello dell'economista48. Potrebbero essere delineate almeno tre possibili
proposte:
- Leconomia ha bisogno di confrontarsi con le istanze etiche, presenti nelle
concrete dimensioni economiche, per poter essere realmente la scienza che
studia il comportamento umano come relazione tra obiettivi e mezzi
applicabili ad usi alternativi. - La scienza economica spesso legata ad una
specifica forma ideologica. importante verificare quanto la forma ideologica
cancelli, in funzione economica, la prospettiva etica.
- Leconomia necessaria come fonte e via primarie attraverso cui si
concretizzano i valori, i diritti e le scelte umanizzanti delletica.
48

Su questo particolare argomento necessario avere uno minimo sguardo bibliografico:


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-SCHUMACHER E.F., Il piccolo bello. Una tecnologia dal volto umano , a cura di C. Doglio,
Milano 1977.

30
In ragione di tali prospettive si crea un connubio straordinario tra etica ed
economia che genera la delicata questione del progresso e dello sviluppo
umano.
3. Etica e sviluppo. - Partiamo da una doverosa premessa.
- I due termini in esame esprimono una notevole complessit, che si va
ulteriormente incrementando nellintreccio dei due orizzonti in esame.
- Ethos : condizione strutturale e strutturante lessere e lesistere della
persona, nel suo contesto sociale e relazionale: carattere simbolico (cultura)assiologico (valori morali)-politico (organizzazione sociale)- culturale
(tradizioni, lingua..).
- Sviluppo : in senso lato - lesigenza di un dinamismo che richiede la
consapevolezza della processualit e della complessit della storia ;
dellarticolazione dei singoli elementi dello sviluppo nella valutazione
prospettica e globale ; una progressiva conoscenza dei modi e dei paradigmi
attraverso cui possibile attuare scelte nellorizzonte dello sviluppo.
Ed ora opportuno analizzare il rapporto tra le due componenti.
a. Dimensione economica dello sviluppo. - molto spesso caratterizzata o da
frammentazione dei diversi sistemi, o da univocit dellassunto economico nel
contesto storico e sociale delluomo. Ecco alcuni tratti problematici:
Una caratterizzazione solo economica dellidea di sviluppo, come
ideologizzazione a svantaggio di una cultura. E invece importante rispettare
la multidimensionalit delluomo e della sua storia. Lo sviluppo della persona
e della societ a somiglianza della crescita organica di ogni vivente implica
molteplici e convergenti fattori di ordine fisico, economico, psicologico,
culturale, etico e religioso. Lidea generica di sviluppo si collega
necessariamente alle dimensioni della persona, senza privilegiarne alcuna in
particolare, ma richiedendo tenendo presenti i fini delluomo di prenderle
tutte in considerazione, qualora si voglia programmare in modo armonico la
crescita del singolo e della comunit49.
- Varie componenti e dimensioni, soprattutto antropologiche, sono state
disattese in favore di una connotazione esclusivamente economica e
materialistica che, attuando unetica propria, tipica del un sistema economico,
va alla ricerca solo dellimmediata quantificabilit dei risultati;
- Le teorie diverse economiche, con relative diversit di fini, rendono per
questo distinto il concetto di sviluppo da quello di crescita.
- Da alcune teorie economiche (liberismo) matura il convincimento che
allincremento dei beni economici corrisponda ipso facto il progresso e la
-SEN A., Scelta, benessere, equit, a cura di S. Zamagni, Bologna 1986.
-Id., Etica ed economia, a cura di S. Maddaloni, Bari 1988.
-SEN A. - WILLIAMS B. (a cura), Utilitarismo e oltre, Roma 1990.
-TIBERI VIPRAIO P. (a cura), Etica ed economia, Padova 1990. Atti del convegno L'enciclica
Sollicitudo rei socialis e i problemi economici del nostro tempo, Udine, 4-5 novembre 1988.
-VIOLA F., La societ astratta. Un sistema di indifferenza, Roma 1991.
-WICKSELL K., Lezioni di Economia Politica, Torino 1966, 15-111.
-ZAMAGNI S. (a cura), Saggi di filosofia della scienza economica, Roma 1982, 137-279.
-Id., Sui fondamenti metodologici della scuola austriaca, in Economia politica e filosofica,
Roma 1982, 137-178. IV.
49
G.MATTAI, Sviluppo, in Nuovo Dizionario di Sociologia, EP, Cinisello Balsamo 1987, 2155.

31
qualificazione dei vari contesti di convivenza. Si deve, invece, optare per una
opportuna distinzione tra sviluppo-progresso-civilt (Cfr. S.S.Acquaviva, Una
scommessa sul futuro. Sociologia e programmazione globale, ILI, Milano
1971).
- Lesperienza storica rende ancor pi evidente che arbitro del sistema
economico, e quindi di eventuali indirizzi, non di fatto il consumatore, ma le
lobbies economiche, il cui concetto chiave e fondante rimane il profitto.
Questo va a discapito di eventuali necessit sociali che, allopposto, hanno
come prioritaria la prospettiva della persona.
- Si ipotizzano vari interventi di armonizzazione tra queste due contrastanti
condizioni: quello che prevede limpegno dello Stato, con carattere
progettuale e non saltuario e occasionale ; o anche lintervento ispirato
allAffluent society e al perfezionamento del Welfare State.
b. Limiti dello sviluppo (tesi apocalittica). - La complessit dei problemi
relativi alla logica di uno sviluppo che difficilmente si articola in modo
universalistico, e che invece si va sempre pi concentrando in zone ristrette
del mondo, genera una sorta di radicale sfiducia, provocando una riduzione
del concetto stesso di sviluppo e della sua progettualit. Anche qui, si offrono
alcuni spunti di riflessione che, schematicamente, mostrano il quadro
concettuale di questa posizione.
La crisi della idea di sviluppo (rapporto del MIT) data in ragione della
crescita esponenziale di cinque variabili : popolazione-produzione alimentareindustrializzazione- utilizzazione delle risorse non rinnovabili.
Influisce in questa crisi anche il ruolo della telematica e della tecnologia : vi
sono a disposizione immense possibilit, ma sono spesso controllate da pochi
e non sono fruibili per tutti.
In pratica : necessario rifiutare una opposizione netta e acritica allidea di
sviluppo, ma criticamente contrastare uno sviluppo cieco, anarchico e
incontrollato. Al posto della religione dellespansione, necessario ipotizzare
unespansione che tenga conto del criterio degli equilibri : ecologici(mondo) e
antropologici (comunit).
Il rapporto dellMIT richiede, per questo, una riduzione drastica della crescita
della popolazione (ZPG : Zero Population Growth) e dello sviluppo (ZEG : Zero
Economical Growth).
c. La risposta alla tesi apocalittica. - Varie ipotesi sono suggerite per
scongiurare una visione drammatica e riduttiva (apocalittica), recuperando le
possibilit di intervento e di accurata, mirata finalizzazione dello sforzo umano
nel contesto sociale e ambientale.
Una prima proposta offerta da Barry Commoner ( Cfr. B. Commoner, Il
cerchio da chiudere, Garzanti, Milano 1973). Egli sostiene che non in crisi
lidea di sviluppo, ma quella della tecnologia, che ha spezzato il cerchio della
natura. Alla crescita zero sostituisce lidea di una crescita ragionevole,
capace dare indicazioni (creando un paradigma) non solo sulla quantit di
vita, ma sulla sua qualit. E lidea della selezione delle tecnologie.

32
Una seconda da Alfred Sauvy. Afferma che le due sigle, ZPG e ZEG, sono
levidenza di pessime idee, su pessima strada. Denota una inutile visione
apocalittica che crea una non accettabile contrapposizione con il concetto di
movimento, novit e crescita. Ironicamente sottolinea: al veicolo che deve
cambiare strada, non si pu asportare il motore 50.
d. Aspetti umani (antropologici e dunque etici) dello sviluppo. - E questo il
versante di collegamento critico su cui deve essere possibile ritrovare,
criticamente e ragionevolmente, condizioni di armonizzazione di collimazione
tra le prospettive contrastanti dellidea di sviluppo. Intanto, si deve
evidenziare che anche su questo versante il dibattito non meno serrato,
soprattutto dopo la notevole spinta ottimistica degli anni 60. Lidea di
sviluppo, verificata nelle sue componenti antropologiche e liberata dalla
eccessiva
caratterizzazione
di
tipo utilitaristico,
meccanicistico
e
materialistico, entra a pieno titolo nel panorama delle scienze umane e
storiche.
Grande rilievo al lavoro di ricerca di questo strutturante rapporto tra etica e
sviluppo dato dal Centro Economie et Humanisme di Louis Lebret (Cfr.
L.J.Lebret, Dynamique concrte du dveloppement, Paris 1965). Si criticano i
criteri esclusivamente economici e meccanicistici dellidea di sviluppo, per
rapportarla poi alla concezione dello sviluppo organico del vivente ;
In ragione di questa posizione avviene un cambiamento prospettico: dalle sole
teorie economiche, fondamentalmente astratte e predeterminate, si passa ad
una valutazione che ha il carattere della interrelazione (implicanza di altre
scienze quali la sociologia, la psicologia, la cosmologia, lantropologia...).
Lidea di sviluppo, per una sua autentica e reale valutazione, deve essere
correlata a quella di uomo-storia-mondo. I fattori umani appaiono allora
altrettanto essenziali, se non pi dei fattori economici. Disgraziatamente essi
sfuggono e sfuggiranno per molto tempo ancora alla semplificazione dei
modelli economici, pure necessari, il cui reale significato velato per dalla
opcit del contesto umano. Di conseguenza, soltanto a poco a poco gli
specialisti dello sviluppo danno ad esso tutte le sue dimensioni.
Dunque, una nozione armonica e organica di sviluppo implica,
necessariamente, radici e prospettive etiche :
- Il rispetto attivo di ogni persona (realt non astratta, ma radicata in un
vissuto storico e ambientale), e la volont di perseguire la logica del bene
comune, consentono di poter riequilibrare lavere di pi con lessere di pi, e
cos giungere ad uno sviluppo che coinvolga e riguardi tutti (non commisurato
solo sulla societ opulenta). Loperazione sviluppo diventa cos la serie dei
passaggi, per una popolazione determinata e per tutte le frazioni che la
compongono, da una fase meno umana ad una fase pi umana, al ritmo pi
rapido possibile, al costo meno elevato possibile, tenuto conto dei legami di
solidariet tra le sotto-popolazioni e le popolazioni.
- Questa definizione del Lebret, che implica tratti socio-antropologico-culturali
dello sviluppo, tende ad una sua valutazione sostanzialmente etica e ne

50

Cfr. A. SAUVY, Crescita zero?, Garzanti, Milano 1974.

33
determina il fondamento, la metodologia e la meta: lelevazione umana della
qualit della vita per singolo e per tutti.
- Inoltre, include in essa tutti gli elementi che lo sviluppo esige: tecnicatelematica...; ma pone al centro della sua logica, sempre e comunque il
soggetto dello stesso sviluppo: la persona umana. Il problema dello
sviluppo diventa il problema della civilt. (Cfr. L.J.Lebret, Leconomia a
servizio delluomo, Citt Nuova, Roma 1969).
e. Alcune tracce di riferimento per un approccio etico. - Solo
schematicamente, possibile fare riferimento a particolari condizioni che
leggono come complementari i versanti a confronto.
Non si deve separare leconomico dallumano : lo svilupponon semplice
crescita economica ; deve avere carattere autentico e integrale ; suo fine e
deve rimanere la promozione umana (Populorum Progressio di Paolo VI).
La pista di J.M.Aubert : dal punto di vista antropologico, luomo chiamato a
progredire, e il suo sviluppo deve avere il carattere integrale, sia a livello
individuale, sia a livello comunitario ; dal punto di vista strettamente etico, lo
sviluppo naturale e culturale, in quanto generale, unitario e solidale ;
questo crea una strutturale implicanza tra sviluppo e solidariet universale ;
nel concetto di dimensione solidale dello sviluppo ( come criterio etico) sono
per possibili dei rischi di eccessivi pendolarismi tra i vari elementi o tra le
componenti che caratterizzano un processo evolutivo (fattore demografico,
produzione, imprenditoria, capitale ; Stato, progresso tecnico, risorse naturali,
commercio, distribuzione dei beni). Questi rischi devono essere
accuratamente vagliati51.
Concludendo : Lo sviluppo non semplice determinismo che basterebbe
abbandonare alla sua forza dinerzia perch dia dei buoni risultati; piuttosto
un processo globale che coinvolge direttamente tutto luomo, come essere
responsabile e libero, soggetto e insieme oggetto, e perci processo che
impone alluomo di assumerlo direttamente. Dire che lo sviluppo al servizio
delluomo equivale a dire che esso ha senso soltanto se viene visto in una
prospettiva etica: di qui limportanza, sempre pi unanimemente ammessa,
della pianificazione o programmazione dello sviluppo, la quale dovr allora
venire subordinata anche al campo politico 52. Come si vede le implicazioni
etiche sono tali da impedire lomologazione dei due termini nel ristretto
spazio autonomistico del proprio orizzonte descrittivo :
- lo sviluppo, in quanto progresso (economico o tecnico scientifico), non pu
crearsi una propria ed esclusiva dimensione etica: sarebbe un corto circuito,
un circolo vizioso in cui leconomia o la tecnica creano i propri valori e
diventano valore di se stesse;
- letica non pu ridursi ad una enunciazione di valori, pi o meno riconoscibili
nella loro oggettivit e universalit, o di una serie di regole che prescinda
dalle necessarie implicanze con la realt delluomo e del mondo. Questa
51

Cfr. J.M.AUBERT, Per una teologia dellepoca industriale, Cittadella, Assisi 1973; H. ASSMANN,
Teologia della prassi dellepoca industriale, Cittadella, Assisi 1974.
52
Cfr. J.M.Aubert, op.cit..

34
attenzione ai fatti non deve per condurre ad unetica della situazione o al
semplice principio del male minore ;
- alla fine, etica e sviluppo sono coniugabili unicamente su un unico terreno :
la persona umana e la sua qualificazione come persona comunitaria: soggetto
costitutivamente relazionale e in strutturale connessione con laltro e il
mondo.
- Tra etica e sviluppo si iscrivono i valori ineliminabili dellheideggeriano aver
cura che sar riconoscibile in quei valori sociali delletica che sono:
responsabilit-sussidiariet-solidariet.
f. ETHOS

LA

LIO
Corporeit

Coscienza
Intenzion
alit

DELLA PERSONA E SVILUPPO SOSTENIBILE

PERSONA UN SOGGETTO RELAZIONALE

LALTRO

Il Tu
La
Societ

IL
MONDO
Ambien
t

Territori
o
Cultura
Tradizio
ni
Lingua

Valori

VALORE ASSOLUTO DELLA PERSONA


NEL QUADRO INCLUSIVO
DELLE SUE RELAZIONI

ANTROPOLOGIA
ASIMMETRICA
DIFFERENZIATA

ORIENTATA ALLA
UMANIZZAZIONE

Lthos della persona


ETHOS

35
COME

COLLO
CAZIONE

(Ethous)

ambiente

contesto

NORMA
RIFERIMENTO DI
VALORI

PERSONALI
Dignit
Libert
Responsabi
lit

SOCIALI
Respons
abilit
Solidariet

Sussidiari
et

MISURA DI RELAZIONE
COSCIENZA

DEL RAPPORTO CON


ALTRO-SOCIETA-MONDO

IN QUESTA COLLOCAZIONE SI QUALIFICA (MISURA) IL TIPO DI RELAZIONE (IN


RAGIONE DEI VALORI- ORIENTAMENTO DELLA VITA-POSSIBILITA TECNOSCIENTIFICHE E CULTURALI)

SVILUPPO E SOSTENIBILIT
SVILUPPO

espressione
DI LIBERT

espressione
DI RESPONSABILIT

Modificazioni
Progresso
Vitalit
Personalizzazio
ne
Massimizzazio
ne

Valutazione
del criterio di
libert in ragione
del contesto
e delle possibilit
(socialieconomiche-

36

SOSTENIBILITA

APPLICAZIONE DELLA DINAMICA LIBERTA-RESPONSABILITA IN


RAGIONE DELLETHOS (COLLOCAZIONE-RELAZIONE) E DI ALCUNI
PARAMETRI.

SOSTENIBILIT
1.

RISPONDE AD ESIGENZE DEL PRESENTE SENZA COMPROMETTERE QUELLE DELLE


GENERAZIONI FUTURE

2.

TIENE CONTO DI VARIE DIMENSIONI

ECOLOGICA
SOCIO-CULTURALE (ETHOS-ETHOUS)
ECONOMICA
TECNO-SCIENTIFICA

3.

BASATA SULLA RETINIT NET (RETICOLARIT)


(.KORFF): insieme di relazioni interdipendenza delle diverse dimensioni
PERSONALI

DIGNIT

SOCIALI

AMBIENTALI

SOLIDARIET

SUSSIDIARIET

SOSTENIBILIT
CONSIDERA LINSIEME
E IL RAPPORTO
GLOBALE-LOCALE

VALUTANDO LA REALT (possibilit/crisi)


LA DINAMICA (POSITIVA/NEGATIVA)
DEL RAPPORTO PERSONA/SOCIET/AMBIENTE

EVITARE DUE FACILI ERRORI:


esprimere buone intenzioni senza spiegare come si pu promuovere
lo sviluppo
sembra che lesaudimento dei bisogni desideri sia sostenibile in un
futuro non precisato
UN SERIO ESAME DELLA SOSTENIBILIT DEVE ESSERE VAGLIATO IN UN CONTESTO DI
INCERTEZZA

37

le generazioni future dovrebbero essere compensate per la riduzione


delle dotazioni di risorse causata dalla attivit delle generazioni
presenti (Pearce, 3).

ogni generazione dovrebbe lasciare a quella successiva una dotazione


di risorse rinnovabili che abbiano lo stesso valore di quella ereditata
IN RAGIONE

CRESCITA DELLA POPOLAZIONE


MODIFICAZIONE DEL VALORE DELLE
RISORSE
CAPACIT TECNOLOGICO-SCIENTIFICA
SITUAZIONE ECONOMICO-CULTURALE

ricerca di strategie appropriate


valutare la probabilit degli eventi
verificare ci che ha valore e ci che non lo ha
creare coerenza tra dimensione economica-scientifica-culturale

CONSIDERAZIONI

SOCIET

DEVE

(ETICA)

comunitaria
intergenerazionale

DIVENIRE

------- DOVERI PERSONALI


------- RESPONSABILIT VERSO IL BENE COMUNE

EDUCAZIONE dellopinione pubblica (mentalit diffusa)


-

DENUNCIA DELLE DISFUNZIONI

denunciati (ecologia-povert)
-

comportamenti che inaspriscono i problemi

CATTIVI COMPORTAMENTI

1.
2.

aspetti emozionali
rifiuto dellincertezza (desiderio di essere garantiti su tutto e contro ogni
rischio)

VALUTAZIONE DELLA PRIORIT TRA BISOGNI E DESIDERI


ARMONICA)
CONTROLLO DI DUE LIMITI

1.
2.

(CULTURA

MIRATA E

disattenzione per le conseguenze future


irreversibilit degli effetti dellazione umana sulle risorse e sulla natura

38

SOSTENIBILITA E SVILUPPO UMANO


Lo sviluppo tende a superare:
-

la pura estrapolazione (passatpo-presente) di tendenze (qualit/quantit)

utopia (distacco dalla realt)


esige un progetto determinato in base a valori prescelti
la cui sostenibilit verificata dalla coerenza dei valori e dalla analisi
delle tendenze
mirando
alla soddisfazione dei bisogni e delle aspirazioni della generazione
presente, senza compromettere la capacit di soddisfare quelli delle
generazioni future
valutando questa definizione in un contesto di complessit e di grande
disparit economico/sociale
Dunque

uno sviluppo da misurare non solo in chiave economica o nel suo prodotto
((PNL) o nel reddito pro capite. Questi elementi sono solo una parte della
realt delluomo
sostenibilit non solo in termini ambientali, ma anche umani e sociali
valutazione della vita nella sua interezza e non solo in ragione del
benessere materiale (civilt/civilizzazione)
valutare la diversit di persone/culture/situazioni per poter parlare di
sostenibilit in senso pieno
diritto alla vita di tutti e di ognuno
PER

evitare disparit
consolidare la responsabilit di ognuno nelle scelte del presente
per verificare (prognosi) se tali scelte possono essere confermate da altri e
in altre situazioni nel futuro ( chi segue non deve dilapidare parte delle
proprie risorse per correggere i guasti provocati.

39
5. Variet di modelli etici.
UMANISTICI
Luomo
virtuoso
ideale elitario
per il cittadino
civilizzato
(Aristotele)

Luomo del
dovere
Ideale
illuminato per
luomo
autonomo
(Kant)

Luomo
nuovo
ideale
rivoluzionar
io per
luomo
alienato
(Marx)
PRAGMATICI

Luomo stoico

Luomo del
provvisorio
ideale ascetico Ideale
per
per
luomo luomo
del
calato
nella dubbio
sofferenza
(Cartesio)
(Epitteto)

Luomo
utilitarista
ideale
individualist
a
per
latteggiam
ento
conservator
e
(S. Mill)

ANTIUMANISTICI
Il superuomo
Ideale
aristocratico
per
laffermazione
della potenza e
della volont
(Nietzche)

Luomo
scientifico
Ideale
positivista
(Monod)

CAPITOLO TERZO

Ideali
sociali
aristocratic
o,
democratico
, liberale,
fascista,
socialista

40

Elementi sistematici
SOMMARIO:

1. La questione del fondamento. - a. Il punto della riflessione; b.


Prospettiva teoretica; c. Le domande; d. Le Proposte dell'Unesco. 2. La
persona fondamento dellethos. 3. Una definizione di persona.- 4. Il soggetto e
lidentificazione dellethos. - 5. Principi etici personali e sociali. 6.
Dimensione sociale dellethos.
1. La questione del fondamento. - a. Il punto della riflessione. - Rabbi
Hanoch raccontava: c'era una volta uno stolto cos insensato che era chiamato
il Golem (stupido, uomo senza intelligenza). Quando si alzava al mattino gli
riusciva cos difficile trovare gli abiti che alla sera, al solo pensiero, spesso
aveva paura di andare a dormire. Finalmente una sera si fece coraggio,
impugn una matita e un foglietto e, spogliandosi, annot dove posava ogni
capo di vestiario. Il mattino seguente, si alz tutto contento e prese la sua
lista: 'Il berretto: l' e se lo mise in testa: 'I pantaloni: l', e se li infil; e cos
via fino a che ebbe indossato tutto. 'S, ma io dove sono?- si chiese
all'improvviso in preda all'ansia- dove sono rimasto?'. Invano si cerc e
ricerc: non riusciva a trovarsi. Cos succede anche a noi, concluse il Rabbi 53.
Questo breve racconto, ripreso da Martin Buber, rende il senso del
disorientamento che si insinua ormai in tutti gli ambiti del nostro mondo
vitale: diverse scienze specialistiche coprono oggi quelle che erano le nudit
della nostra ignoranza e della nostra impotenza, ma abbiamo dimenticato
troppo spesso che il senso dei vestiti quello di riscaldare l'uomo.
Etica e sociologia, etica ed economia, etica e sviluppo; risulta ormai evidente
la necessit di definire un piano di confronto critico fra la prospettiva etica ed
i vari ambiti scientifici del sapere umano: di ritrovare cio l'uomo sotto tutti i
vestiti nuovi che abbiamo creato, che a volte lo nascondono quando non
rischiano di soffocarlo. Interlocutore irrinunciabile per ogni progresso che
voglia essere realmente a misura d'uomo, l'ethos si propone come
esponente principale dell' ambiente uomo, base concreta e punto di
riferimento teorico per la fondazione antropologica ed il reale progresso di
tutti i diversi ambiti del nostro mondo di vita. Ma, se ormai chiara la
necessit di istituire un dialogo critico e proficuo, meno evidente il piano sul
quale intavolare il confronto, confuse e contraddittorie le proposte tematiche,
molto discusse anche le procedure metodologiche, come dire: baster un
foglietto per ricordarci dove abbiamo lasciato l'uomo? Scriveremo della testa,
del cuore o di tutto il corpo? Baster un semplice appunto o dovremo usare
una formula matematica?
b. Prospettiva teoretica. - Due premesse di carattere teoretico sono
necessarie per dare le coordinate della nostra riflessione.
- La questione etica la questione del fondamento etico. Come scrive Walter
Schulz: la discussione dell'etica va svolta sotto l'aspetto filosofico, nel senso
53

Martin BUBER, Il Cammino dell'uomo, Edizioni Qiqajon. Comunit di Bose 1990, pp.47-48.

41
di un procedimento circolare, cio di una esplicazione critica della propria
autocomprensione etica54, ossia ogni discussione sulle ragioni ed il senso
dell'etica come un cane che si morde la coda. Se infatti essa dovr fornire
un fondamento, un punto di riferimento critico per tutte le altre scienze,
interrogarsi sul suo proprio fondamento vuol dire cercare il fondamento del
fondamento, dove cercare una base d'appoggio non significa pi guardarsi
indietro, ma guardarsi dentro.
- La questione etica ambivalente. Da ci deriva il carattere peculiare di ogni
agire etico che sempre insieme soggettivo ed oggettivo, fondato e fondante,
libero e responsabile. Ovvero, fondato nella assoluta libert di una scelta di
coscienza e determinante nelle sue conseguenze per il contesto storico pratico
su cui si interviene. Fondato in se stesso per fondare gli altri, ogni agire etico,
ogni teoria etica, ogni prospettiva etica, si svolger sempre su due livelli: uno
interno di definizione dei principi, uno esterno di valutazione delle azioni.
A partire da questa considerazioni possiamo dunque chiederci:
Qual il fondamento dell'etica? Come possiamo determinarlo? Ovvero:
Se l'etica deve assumere il ruolo di coscienza critica di ogni tipo di
progresso scientifico e tecnologico, di ogni progettualit economica e politica,
di ogni realt ambientale e sociale: quale sar la coscienza critica
dell'etica?
Come determinare il cuore di questa proposta di rinnovamento, il nucleo di
senso di questa nuova esigenza, il punto di prospettiva di questa riflessione
critica, che deve andare ad incidere sulle altre scienze?
c. Le domande. Su queste domande di fondo, mille altre fioriscono ad indicare i tanti luoghi
oscuri di un campo che l'uomo non ha mai conquistato completamente, perch
ogni generazione ha il compito di compiervi nuovi passi: la verit su se stesso.
Proviamo dunque a coordinarle in tre principali filoni di ricerca e, seguendo il
filo delle domande cercheremo una strada per le risposte, che non sono mai
gi date ma sempre ancora da cercare. Ad ogni gruppo di domande seguono
quindi brevi riflessioni per avviare la ricerca.
- Un primo ordine di riflessione riguarda il tema della nostra ricerca.
E' possibile un fondamento etico universale? Una proposta etica valida per
tutti gli uomini, in tutti i tempi, per tutte le circostanze?
A partire dalla concreta realt storica, come si pu raggiungere l'unit e
valorizzare le differenze? Come raccogliere la saggezza e rispettare le
tradizioni?
La possibilit dell'etica si fonda su un rapporto ininterrotto in cui l'uomo sta
rispetto ai suoi simili ed alle cose del mondo. Questa struttura dialettica della
realt, che interazione di soggetto ed oggetto, fa s che l'uomo determina e
forma l'accadere quanto ne formato e determinato. Proprio perch il mondo
lo spazio aperto della libert, in cui l'uomo si orienta con la conoscenza per
potervi incidere con l'azione, esso fonda la possibilit di una prospettiva etica.
Ma la realt come connessione dialettica non fonda solo la possibilit
dell'etica, bens la sua necessit. L'uomo non sarebbe in grado di vivere se
54

Walter SCHULZ, Le nuove vie della filosofia contemporanea. Vol. 5. Responsabilit. p.108.

42
non si costruisse il proprio mondo con la conoscenza e con l'azione e non si
pu intraprendere questa costruzione senza un orientamento etico. L'etica
non un lusso estraneo alla vita, come in parte si pensa oggi, ma una dura
necessit. Senza un orientamento normativo della sua azione in vista del
comportamento degli altri e verso gli altri non pu esistere. 55
- Il secondo ordine della riflessione riguarda il livello della nostra ricerca.
Ammesso che sia possibile; come bisogna pensare un fondamento etico
universale: come un accordo di principio sui metodi o come un accordo di
fatto sui contenuti? Come possibile inoltre coordinare il piano della
prospettiva etica, libera e non-imponibile, con quello della legalit,
determinata ed imposta?
La possibilit e la necessit dell'etica non sono un mero dato antropologico
da esaminare nelle sue cause e conseguenze, perch questo significa mettere
tra parentesi ogni impegno morale concreto che si estende anche a me ed alla
mia situazione storica. Va detto espressamente che un'indagine storicoempirica va superata ed ampliata per mezzo dell'<<autoimpegno della
persona>> se si vuole comprendere adeguatamente la possibilit e la
necessit dell'etica. 56
- Infine, livello determinante per la riflessione il metodo della nostra
ricerca.
Ammesso che sia possibile e realizzabile; da chi deve essere stabilito un
fondamento etico universale: da uomini politici e diplomatici, da filosofi e
rappresentanti delle diverse religioni o da uomini comuni? E come infine
rendere efficace una tale proposta etica: con leggi, statuti e decreti o nuovi
programmi di educazione e formazione?
La possibilit e la necessit dell'etica indicano insieme il suo limite e la sua
grandezza. Scienza oggettiva con conseguenze storico-pratiche rilevanti, non
pu avvalersi di una metodologia neutrale e tecnica. Se universale nei suoi
principi, essa estremamente soggettiva ed affidata al libero impegno del
singolo per la sua attuazione pratica o, viceversa, determinata nelle sue
proposte tematiche, essa affidata a comunit religiose che sanciscono
l'osservanza di specifici precetti.
Come si pu notare, ciascun gruppo di domande presenta uno slittamento
semantico dovuto alla duplicit della prospettiva etica che abbiamo
precedentemente sottolineato; ogni domanda esprime il senso di una ricerca
che necessit di una fondazione interna prima di poter essere base
d'appoggio per il mondo esterno.
d. Le Proposte dell'Unesco. - Per rispondere a questa sempre pi pressante
richiesta di senso ed offrire proposte concrete che servano ad arginare il
disorientamento dilagante, l'UNESCO ha gi promosso due conferenze
mondiali sul Progetto per un'Etica Universale: la prima a Parigi nel marzo
del 1997 e la seconda a Napoli nel dicembre dello stesso anno.
Diversi ed autorevoli i contributi di storici, filosofi e teologi che si sono
confrontati nel tentativo di delineare almeno un piano comune sul quale
55
56

Ib. p. 109.
Ib. p. 110.

43
venirsi incontro. Se Karl Otto Apel e Ioanna Kucuradi sostengono l'importanza
di una teoria della fondazione critica dei principi etici, ponendo l'accento sulla
legittimit epistemologica di norme universali, Hans Kung e Samuel
Fleischacker insistono sulla necessit di un accordo politico concreto, una
proposta pratica che nasca dalla convergenza dei diversi movimenti religiosi e
gruppi sociali su un minimo comune denominatore di idee etiche che possano
essere accettate e sostenute da tutti i credenti ed anche dai non credenti;
mentre Henri Atlan e Vittorio Hosle centrano la loro riflessione sui diversi
criteri metodologici che consentano di passare dal livello descrittivo a quello
prescrittivo, per coniugare la ricchezza e l'estensione dei giudizi morali con
l'efficacia e la puntualit delle norme legali.
Ma, pur nella diversit di prospettive e di proposte una linea interpretativa
emersa in modo rilevante, quasi a costituire il filo rosso che apre e guida in un
unico orizzonte di ricerca: dopo l'era dei diritti questa l'era delle
responsabilit. Troppe volte gli uomini hanno fatto valere i propri diritti gli uni
contro gli altri come arma di offesa pi che come scudo della dignit umana,
giunto il momento di affiancare alla dichiarazione dei Diritti Umani una
dichiarazione delle Responsabilit Umane; se i primi sono ancora da difendere
in tante parti del mondo, perch quasi mai sono affiancati da una profonda
coscienza delle seconde.
Difficile e complessa tuttavia la strada di definizione di queste
responsabilit, a causa dell'evoluzione storica di questa idea. Secondo il suo
significato originario, il concetto di responsabilit caratterizza un fatto che va
al di l della sfera del singolo individuo. Alla responsabilit appartengono due
o pi persone. Io sono responsabile di fronte ad un altro per le mie azioni ed
omissioni, perch quest'altro ha in certo modo diritto su di me (l dove
inizialmente l'Altro era Dio) . Con il processo di secolarizzazione, questa idea
del legame interpersonale decade fino ad estrapolare lo stesso concetto di
responsabilit dal piano morale per collocarlo esclusivamente al livello
giuridico. Il concetto fondamentale dell'etica nel pensiero contemporaneo
diventato quello di autonomia. () L'atteggiamento etico viene limitato al
riferimento morale del singolo a se stesso. Non decisivo il riferimento
esterno dell'agire, ma l'intenzione di colui che agisce 57. Questa
interiorizzazione dell'etica si ripercuote sul fatto che il termine responsabilit
applicato esclusivamente alla dimensione esteriore della legalit, diventando
spesso sinonimo di competenza o colpa.
A fronte di questa diffusa comprensione del termine necessario un accurato
lavoro ermeneutico che possa riunire nell'idea di responsabilit quelli che
sono i due aspetti caratteristici del fondamento etico: la possibilit di
rispondere per s e per gli altri. La responsabilit etica se liberamente
assunta, essere responsabili vuol dire assumersi, coscientemente e
consapevolmente, le proprie responsabilit.
Dopo un'umanit liberata, o accanto ad essa, ora il tempo di un'umanit
responsabile, capace di creare il suo futuro.
Rabbi Shneur Zalman era stato calunniato presso le autorit ed era stato
incarcerato a Pietroburgo. Un giorno, mentre attendeva di comparire davanti
57

Ib. p. 119.

44
al tribunale, il comandante delle guardie entr nella sua cella. Di fronte al
volto fiero ed immobile del Rav che, assorto, non lo aveva notato subito,
quest'uomo si fece pensieroso e intu la qualit umana del prigioniero. Si mise
a conversare con lui e non esit ad affrontare le questioni pi varie che si era
sempre posto leggendo la Scrittura. Alla fine chiese: Come bisogna
interpretare che Dio Onnisciente dica ad Abramo: Dove sei? Credete voirispose il rav- che la Scrittura eterna e che abbraccia tutti i tempi, tutte le
generazioni e tutti gli individui? Si, lo credo- disse. Ebbene- riprese lo zaddikin ogni tempo Dio interpella ogni uomo: Dove sei nel tuo mondo? Dei giorni e
degli anni a te assegnati ne sono gi trascorsi molti: nel frattempo tu fin dove
sei arrivato nel tuo mondo? Dio dice, per esempio: ecco, sono gi quarantasei
anni che sei in vita. Dove ti trovi? All'udire il numero esatto dei suoi anni, il
comandante si controll a stento, pos la mano sulla spalla de Rav ed
esclam: Bravo! Ma il cuore gli tremava58
2.La persona come fondamento dell'ethos. -L'interpretazione assiologica
della persona si trova al centro della discussione tra etica e le varie scienze
umane59. Il discorso sull'etica sociale - il minimo morale comune all'interno
del pluralismo dei progetti morali esistenti nella societ democratica - si
muove entro l'orizzonte segnato dallaccettazione del valore assoluto della
persona. Senza questo presupposto la stessa nozione di etica sociale sarebbe
priva di significato.
Coerentemente con le formulazioni e la giustificazione dell'etica sociale ci
soffermeremo, qui di seguito, su ci che viene considerato il nucleo
assiologico dell'etica razionale: il valore assoluto dell'uomo. Tale affermazione
che contenuto etico racchiude? In quale misura rappresenta l'assunto centrale
dell'etica sociale? Esistono vari procedimenti per giustificare razionalmente il
valore assoluto della persona, e tra questi ricordiamo i seguenti:
1. ricorso alla constatazione storica:
diverse prospettive (lo stoicismo, il
kantismo e il marxismo) si uniscono nell'affermazione del valore assoluto
dell'uomo come base della struttura e del contenuto della realt etica.
2. Appello alla sensibilit di oggi: constatando come l'orientamento
antropologico della cultura moderna abbia generalizzato il primato
assiologico della persona.
3. Proposta di una giustificazione formale: cercando di stabilire una cornice
concettuale in cui la fondazione del valore assoluto dell'uomo sia
adeguatamente inserita all'interno della riflessione razionale.
Queste tre modalit hanno chiara validit critica, intanto necessario
integrarle
su presupposti e ragionamenti strettamente razionali. Se la
proposta raggiunge la criticit richiesta la possibilit di giustificare
razionalmente il valore assoluto della persona acquisisce validit.
La giustificazione del valore assoluto della persona avviene in due momenti
58
59

Martin BUBER, op. cit. pp. 17-18.


M.VIDAL, Etica civile e societ democratica, SEI, Torino 1992, pp.65-84.

45
complementari:
- uno di carattere ontico (persona legata alla realt-fenomenologia);
- l'altro di carattere esplicitamente etico (dimensione personale e relazionale).
In questo modo ontologia ed etica si uniscono per affermare criticamente il
valore assoluto dell'uomo.
A. Nel primo elemento: per poter parlare criticamente del valore morale della
persona necessario stabilire come punto di partenza l'affermazione della sua
consistenza ontica come soggetto. Tale interpretazione viene definita
personalistica o umanistica. Il termine personalismo viene usato per
indicare ogni tendenza mirante a dare un fondamento teorico alla realt
mediante l'affermazione del valore autonomo e assoluto dell'uomo.
In alcuni ambienti intellettuali, di impegno sociale, la pretesa di formulare
un'interpretazione della realt basata sul fondamento dell'umanesimo , del
personalismo, o del valore dell'uomo viene accolta con grandi riserve. La
crisi del personalismo si colloca nell'ambito pi vasto della cosiddetta morte
dell'uomo. Considerando la scomparsa dell'uomo dall'orizzonte delle scienze
positive e tenendo in conto la disumanizzazione del nostro mondo tecnicizzato,
alcuni insigni rappresentanti dello strutturalismo (Foucault, Levi-Strauss)
dell'interpretazione non umanistica del marxismo (Althusser) parlano
dell'uomo come di un'invenzione recente o di un mito filosofico.
Secondo un'interpretazione scientifico-positivistica il termine uomo
privo di un significato reale: partendo dall'uomo non si pu costruire un
edificio assiologico cos come pretendono varie forme di umanesimo, e a
un'identica conclusione giunge anche lo strutturalismo, che considera l'uomo
sostegno delle strutture. Dal canto suo, l'interpretazione scientifica del
materialismo storico (come quella di Althusser) rlega tutte le considerazioni
umanistiche al regno delle ideologie, poich l'uomo viene ridotto al complesso
delle relazioni sociali. A queste correnti di pensiero bisogna aggiungerne altre
che derivano da una determinata interpretazione della condotta umana: nella
psicologia di Skinner, per esempio, l'individuo, in quanto origine e meta dei
valori, resta al di fuori di qualunque considerazione scientifico-tecnologica
della condotta umana, soggetta al gioco variabile e manipolabile del
condizionamento operante.
La diffidenza nei confronti dei sistemi assiologici basati sull'umanesimo e
sul personalismo deriva dal discredito del pensiero esistenzialista. Dopo il
predominio della moda esistenzialistica , durante il quale le domande
ruotavano attorno ai problemi della finitudine, della libert, della morte,
ecc., segue l'orizzonte del pensiero dialettico, che privilegia le mediazioni
sociali dell'esistenza storica (mediazioni non privatizzate, mediazioni politiche,

46
mediazioni della condizione pubblica, critica, prassica e utopica dell'esistenza
umana).
In concordanza con la critica mossa all'interpretazione personalistica in
generale, il personalismo etico concreto viene giudicato un fattore
reazionario, apolitico ed ideologico . Si afferma che il linguaggio
morale personalistico
suscettibile d'essere colmato dai contenuti pi
diversi.
Ma nella storia occidentale il valore della persona costituisce il nucleo
primario delle principali visioni del mondo; basta citarne tre: quella stoica,
quella kantiana e quella marxiana.
1. Lo stoicismo, seguendo un itinerario singolare (omologia con la natura,
apatia e atarassia come modello di vita, ecc.), culmina in un
umanesimo di grandi qualit. L'uomo non si sente cittadino esclusivamente
di una citt, ma dell'umanit intera; dato che sono Antonio la mia patria
Roma; ma siccome sono un uomo la mia patria il mondo (Marco Aurelio).
Cos nasce il concetto di humanitas come ambito adeguato alle relazioni
interpersonali (anche se tra padrone e schiavo) e con il mondo.
2. Nel vasto e profondo sistema kantiano, la persona umana rappresenta il
centro di tutti i valori. Il valore morale un qualcosa che appartiene all
autonomia dell'uomo. Il contenuto della bont morale costituito
dall'operare coerente della volont in rapporto alla realt dell'essere
umano. Nella seconda formulazione dell'imperativo categorico si trova la
valutazione pi importante dell'uomo: agisci in modo tale da usare
l'umanit, nella tua persona o in quella degli altri, sempre come un fine e
mai come un mezzo. Secondo Kant l'uomo un fine in s e come tale deve
essere trattato. Dalla considerazione di ciascun uomo come un fine in s
nasce il regno dei fini .
3. Pur partendo da presupposti diversi, anche Marx basa lo spirito etico del
suo pensiero sul valore dell'uomo. La deformazione dell'uomo causata
dall'alienazione viene descritta da Marx come il rovescio della dignit
umana. Certamente il lavoro produce meraviglie per i ricchi, ma produce
lo spogliamento dell'operaio. Produce palazzi, ma caverne per l'operaio.
Produce bellezza, ma deformit per l'operaio. Esso sostituisce il lavoro con
le macchine, ma respinge una parte dei lavoratori ad un lavoro barbarico, e
riduce a macchine l'altra parte. Produce spiritualit, e produce
l'imbecillit, il cretinismo dell'operaio. Nel corso della sua produzione nelle opere giovanili come in quelle della maturit - Marx intravede la
societ futura nella quale vivr l'uomo che egli definisce nuovo, totale,
pieno, ricco, universale, completo, multilaterale, ecc.
Quest'uomo futuro, che rappresenta la dignit umana positiva, il fine di

47
tutte le lotte per l'emancipazione dell'essere umano.
Il riferimento a tre sistemi ideologici cos diversi come lo stoicismo, il
kantismo e il marxismo vuole sottolineare, a nonostante le differenze di fondo,
la concordanza di opinioni nell'affermazione del valore dell'uomo.
Nonostante le critiche sollevate al personalismo, o per meglio dire, proprio
nell'attuale contesto di critica, proponiamo laffermazione dell'uomo come la
realt pi valida; o addirittura come il nucleo da cui hanno origine tutte le
realt. L'uomo una realt che va oltre l'invenzione ideologica, infatti, grazie
ai dati delle varie scienze (biologia, psicologia, sociologia, filosofia, ecc.)
possiamo formulare un'interpretazione dell'uomo che lo vede come un essere
denso di significati ultimi e valori assoluti.
Riconoscendo la consistenza dell'uomo in quanto soggetto reale, si
comprende l'umano non a partire dalle mediazioni (politiche, economiche,
culturali), bens a partire dalloriginalit di un essere che rappresenta la
realt originaria. Le mediazioni hanno grande importanza nella costruzione
della storia umana, ma sempre a partire dalla presenza originale e immediata
della persona. In questo modo il carattere unico e insostituibile dell'essere
umano acquista rilievo: ogni uomo gode di tutto il valore del genere umano,
dato che nella realt personale non ha solo importanza la quantit, ma
soprattutto la qualit.
Per questo decisiva:
1) Laccettazione dell'irrinunciabile orientamento antropologico della vita e
della riflessione sulla persona teso a rilevare e plasmare i valori
fondamentali dellumanit: libert, dignit, rispetto, uguaglianza, diritto,
ecc.
2) Laccettazione della critica proveniente dall'orizzonte delle prospettive
scientifico-culturali che, tuttavia, non dimenticano l'affermazione del
primato pragmatico dell'umanit. D'altra parte, pur riconoscendo le
esagerazioni delle citate prospettive scientifico-culturali (scientismo,
strutturalismo, marxismo antiumanistico, ecc.), dobbiamo accettare gli
elementi positivi che esse apportano - a guisa di correttivi all'interpretazione critica dell'uomo.
Partendo da queste due accettazioni, il discorso etico sulla persona potr
articolarsi correttamente: integrer il valore dell'uomo e quello delle
mediazioni in una sintesi che superi le deviazioni ideologiche del
personalismo e le riduzioni indebite dell'orizzonte scientista.
B. Nel secondo elemento, il momento etico, si valuta la dignit etica della
persona.

48
Cos si esprime K. Rahner: L'uomo la persona che si possiede
coscientemente e liberamente. Quindi oggettivamente riferito a se stesso, e
per tale motivo non ha ontologicamente il carattere di mezzo, bens di fine;
segue, nonostante ci, una tendenza che lo porta ad uscire da se stesso e a
spingersi verso altre persone, non verso le cose (che sono piuttosto orientate
verso le persone). Per questo gli spetta un valore assoluto e, di conseguenza,
una dignit assoluta. Ci che noi consideriamo esperienza assoluta e
incondizionata dei valori morali si basa essenzialmente sul valore e sulla
dignit assoluti della persona spirituale e libera.
Il passaggio dalla dignit ontica a quella etica, pur poggiando su una
distinzione di dimensioni, non presuppone discontinuit con la dignit ontica
dell'essere umano.
Per dare un fondamento umanistico all'etica della persona non bisogna
soltanto affermare la consistenza dell'uomo e dell'uomo inteso come
persona, invece necessario comprendere questa realt preferibilmente
dal punto di vista assiologico. Non mancano le interpretazioni della persona
in cui il fattore decisivo di definizione quello assiologico: ricordiamo ad
esempio l'interpretazione stoica e quella kantiana. In concordanza con il
pensiero di Ricoeur e di Bonhoffer, Martn Velasco afferma: Essere
personalmente significa fare atto di essere; farsi carico non di alcune qualit
o propriet, ma del fatto stesso dell'essere. Questa esistenzializzazione della
persona introduce cos la responsabilit, la decisione e la libert nel seno
stesso dell'essere personale. L'etica, di conseguenza, appare non come una
sfera sovrapposta alla persona, che condizioni i suoi atti o gli effetti dei suoi
atti, ma come una componente intima della persona. Come afferma Ricoeur:
farsi persona significa dare all'individualit che in noi una certa
importanza.
Per oggettivare la dimensione etica della persona sono state usate varie
categorie, ma nessuna di esse ha avuto un'utilizzazione tanto estesa come
quella che esprime il valore morale della persona in termini di grandezza
e/o dignit. Possiamo affermare che questa categoria costituisce un
luogo primario di appello etico, sia nei sistemi morali religiosi sia in quelli
che pretendono di costruire un'etica sociale fondata sull'autonomia della
ragione umana.
Anche nelletica razionale si avverte il costante appello alla dignit umana.
Dalla proposta delletica umanstica di E. Fromm, sino all umanesimo
della responsabilit, la riflessione etica odierna ha acquisito tratti
nettamente personalistici. Se nella presente cultura esiste un primato
delletica, in questultima si avverte il primato delluomo. La regola doro
delletica continua ad essere la dignit riconosciuta dall'altro e l'affermazione

49
radicale di Protagora secondo la quale luomo misura di tutte le cose.
La persona, dunque, un valore assoluto. Ma quale il contenuto etico
che si pretende di oggettivare mediante l espressione del valore assoluto della
persona? Seguendo una metodologia semplice e lineare possiamo smembrare
tale contenuto in un insieme di aspetti che costituiscono la ricchezza
significante della persona come valore assoluto. Si tratta di ricostruire in
modo critico questo importante luogo di appello etico rappresentato dal
valore assoluto delluomo.
comunque necessario ammettere che la persona ha valore etico nella sua
duplice realt privata e pubblica, intendendo questi due aspetti con
riferimento alla dialettica permanente. Se riduciamo la persona unicamente al
suo valore privato incorriamo nell'ingiustizia del totalitarismo individualistico,
mentre se la riduciamo al suo valore pubblico cadiamo nell'ingiustizia del
totalitarismo collettivistico, ed evidente che non pu esistere un valore etico
dove ci sia un'ingiustizia di base.
Per quanto concerne l'ambito di riferimento del valore assoluto della
persona necessario precisare che:
- non si riferisce ad una natura astratta, bens agli esseri concreti; la dignit
umana deve avere significato per gli uomini storici concreti che si muovono
all'interno delle contraddizioni della realt;
- non ammette privilegi nella sua significazione primaria: la dignit umana
un a priori etico comune a tutti gli uomini. La dignit umana una qualit
ontica e assiologica che non accetta il pi il meno;
- tuttavia la categoria etica della dignit umana ha un orientamento
preferenziale verso tutti quegli uomini la cui dignit umana deformata
(poveri, oppressi, emarginati, ecc.).
Il valore deve basarsi sull'essere; ma non sull'essere in quanto tale. In
altre parole: la capacit di servire da fondamento del valore non propria di
qualunque essere. In effetti, il valore fonda mentale quello che degno
d'essere cercato per se stesso. Dunque soltanto un essere che fine per s,
pu essere amato dagli altri come fine. In definitiva, impossibile amare un
essere che non sia intellettualmente cosciente, si pu amare solo una
persona. Un ideale degno di essere perseguito per se stesso perch esprime
ci che la persona o la comunit umana deve essere. Secondo questa
concezione la persona l'oggetto proprio della volont nel suo essere e nel
suo dover-essere: ci rende necessario attribuire un senso personalistico e
comunitario alla tesi classica del bene come oggetto proprio della volont.
Per quanto riguarda il suo intimo significato, il valore assoluto della persona

50
si apre a tre nuclei che devono essere intesi in modo circolare:
-affermazione del valore dell'individuo (l'io). Di fronte alla tentazione di
scomporre la realt in strutture o mediazioni sociali, la categoria
della dignit umana ricorda fermamente che ciascuno di noi unico,
insostituibile, necessario; ha valore per se stesso, libero e pu scegliere
da solo il proprio destino, deve costruirsi la sua vita. Naturalmente questa
interpretazione dell'individuo come un qualcosa di assoluto non porta ad
una posizione privatistica e ad uno scarno soggettivismo.
- Affermazione dellalterit (l'altro) . L'uomo considerato chiuso in se stesso
non il soggetto n il valore fondamentale dell'etica; solo l'uomo in quanto
soggetto relazionale merita attenzione etica. I valori etici nascono quando
sorge la persona e il fatto decisivo che d origine alla persona il tra, per
usare la terminologia di Buber. L'alterit corregge la possibile tendenza
individualistica e astratta del personalismo.
- Affermazione delle strutture come mediazioni etiche dell'individuo e
dellalterit. Al fine di recuperare il soggetto reale concreto dell'impegno etico
occorre introdurre nel mondo delle persone la realt delle strutture. La
dignit umana deve essere mediata politicamente, perch soltanto cos potr
avere il significato etico che le corrisponde.
Questo spessore significativo pu essere espresso attraverso le categorie
etiche bipolari di fine/mezzo, e assoluto/relativo.
La categoria bipolare fine/mezzo (assoluto/relativo) pu essere utilizzata
come categoria etica a condizione che assuma il seguente valore semantico:
- l'essere umano un fine per se stesso e non pu essere ridotto a mezzo
- la persona la protocategoria dell'universo etico e, in quanto tale,
origine e meta di ogni impegno morale;
- l'uomo richiede un rispetto incondizionato e, in tal senso, assoluto.
Nel caso in questione il termine assoluto non significa infinito bens
incondizionato . La persona umana nel suo essere e nella sua dignit
reclama un rispetto incondizionato, indipendente da qualunque libera
valutazione e finalit; in una parola: assoluto. Il rispetto, inteso come
atteggiamento fondamentale nei confronti
dell'uomo, rappresenta la
disposizione incondizionata a considerare e a difendere ogni essere umano
come una realt della quale non si pu disporre.
Per quanto riguarda l'ideale normativo che scaturisce dall'affermazione del
valore assoluto della persona, dobbiamo accennare ai due aspetti della

51
questione:
- Aspetto negativo: l'ideale etico della dignit umana deve correggere i
possibili riduzionismi a cui potrebbe essere sottoposto l'ideale dell'uomo: da
una parte, riduzionismo di tipo elitistico e privatistico, dall'altra quello
gregaristico e comunitario.
L'ideale da perseguire non l'uomo gregario o livellato a causa delle
scarse esigenze della massa, bens l'uomo continuamente stimolato. L'ideale
dell'uomo si basa su poli o aspetti complementari: interiorit e interrelazione.
La totale adesione alla sfera pubblica spersonalizza l'uomo, ma anche la
riduzione all'ambito meramente privato provoca la stessa conseguenza.
- Aspetto positivo: la categoria etica della dignit umana orienta il dinamismo
etico verso la meta dell'umanizzazione. A nostro giudizio, esiste
un'equivalenza tra la categoria etica dell'umanizzazione e quella della
dignit umana.
A livello ontico il cristianesimo ha dato un contributo storico-concreto
all'elevazione della dignit dell'uomo ed stato un fattore importante nella
genesi e nello sviluppo della nozione e valutazione dell'uomo come persona.

3.Definizione della persona. - In pratica, il concetto di persona estraneo


alla nostra cultura antica e viene messo a punto, nella sua specificit, solo
attraverso il rapporto tra pensiero filosofico-teologico cristiano e il pensiero
giuridico. un termine segnato da una etimologia incerta: personare,
rimbombare, oppure per se una; o ancora fersu, in etrusco maschera, e
richiama il greco prosopon-viso, che indica la maschera dell'attore e il suo
ruolo. Ma sar solo con le elaborazioni teologiche e filosofiche dei primi
secoli60 (unio hypostatica e qualificazione delle relazioni personali nella unit
di Dio) e con una serie di elementi derivanti dal versante filosofico-giuridico
(in relazione alla concezione dell'autocoscienza umana) che questo termine
assumer un suo preciso contenuto concettuale.
La prima definizione formale a carattere ontologico data da Boezio:
Persona est naturae rationalis individua substantia 61; perfezionata, questa, dal
concetto della incommunicabilis substantia di Tommaso d'Aquino, ma,
soprattutto, da Riccardo da S.Vittore, con lintellectualis naturae
incommunicabilis existentia62.
Definizioni che si riferiscono all'atto unico e irripetibile, intero e indiviso,
immediato-insostituibile, alla realt, all'essere (Dasein) di una natura
spirituale. Questa realt l'affermazione del possesso di s e pertanto
60

Cf TERTULLIANO, Adversus Praxean 12 e 27; le controversie filosofico-teologiche sui termini


ousa, hypstasis, prsopon, maturate fino alla chiarificazione avvenuta al Concilio di
Calcedonia.
61
62

Cf BOEZIO,De duabus naturis 3.


Cf RICCARDO DA S:VITTORE,De Trinitate IV,22-24.

52
dell'autofinalit, la forma di realt propria della libert di un essere
spirituale, nella quale si fonda la sua intangibile dignit 63. Ma tale lettura,
quando stata ritenuta in modo esclusivamente autoreferenziale dal soggetto,
ha costruito unimmagine di uomo che induce a selezionare decisamente
laltro e il mondo in modo contrapposto: o come amico, se affine e
riconducibile a s; o come nemico-straniero, se la sua diversit diviene
inconciliabile con la propria visione del mondo.
Questa immagine autoreferenziale e chiusa della persona, che ha dominato
nell'era della modernit e che spesso nella vita vissuta ancora quella
prevalente, inizia a lasciare il posto a nuove interpretazioni che tendono a
recuperare, al livello della struttura ontologica, lo stretto legame che unisce la
persona umana ai suoi simili ed al suo mondo vitale.
Ricominciare a pensare la persona nelle sue componenti essenziali, significa
rinunciare alla prospettiva classica e, al posto di una sostanza indivisa e
chiusa in se stessa, leggere una struttura composita che non mai data una
volta per tutte, ma si costituisce in una apertura relazionale.
Se adottiamo pi chiavi di lettura (come quella fenomenologica, quella
simbolica e quella logico formale) per avvicinarci alla struttura della persona,
possiamo osservare come essa si costituisce su tre livelli principali :
LETTURA
FENOMENOLOGICA
(da fainomai: ci
che si mostra)

LETTURA
SIMBOLICA
(da syunballo:
unire)

KORPER: fisicit
Io ho un corpo.

ESTERIORIT:
significante.

LEIB: coscienza.
Io sono un corpo.
LEIBLICHKEIT:
capacit
relazionale

INTERIORIT:
significato.
SENSO:
contesto
relazionale.

LETTURA
LOGICOFORMALE
(interpret
azione
razionale)
L'UOMO
NEL
MONDO.

L'UOMO

IN
SE STESSO.

L'UOMO
CON
L'ALTRO.

Questa nuova lettura dell'idea di persona, che sempre pi emerge nella


riflessione filosofica, sociale e giuridica sostenuta da Paul Ricoeur 64.
Secondo l'Autore francese, non possibile equiparare il concetto di persona a
quello di individuo perch la persona si costituisce sempre nella pluralit
di una relazione e si configura come realt non statica, ma dinamica e
progettuale.
E' nella apertura istituita dalla relazione, che si da la possibilit della
63

M.MUELLER-A.HALDER, Persona, in Sacramentum Mundi, (a cura di K.RAHNER), Vol.VI,


Morcelliana, Brescia 1976, col.345.
64
P. RICOEUR, La Persona, Morcelliana, Brescia 1997.

53
coscienza di s; si acquista la consapevolezza della propria identit rispetto
all'Altro; si diventa responsabili della gestione del mondo in cui si vive. In
questa ottica la persona non mai una realt statica e definita una volta per
sempre, ma, grazie all'apertura costante della relazione, perennemente
suscettibile di mutamenti, in un processo di crescita mai compiuto.
La persona dunque un soggetto attitudinale, perch ogni atto va
inquadrato e letto alla luce di questa struttura di relazione che non chiude mai
il soggetto in se stesso, ma immediatamente coinvolge gli altri ed il mondo.
Per Ricoeur una fenomenologia ermeneutica della persona, che non pu
prescindere da questa apertura relazionale ed attitudinale, si struttura su
quattro piani: linguaggio, azione, racconto e vita etica. In altre parole; per una
chiara interpretazione della relazione che costituisce la struttura essenziale
della persona importante considerare quattro principali momenti vitali:
l'uomo che agisce (e che soffre), l'uomo che parla (e comunica), l'uomo che ha
memoria della sua storia (e la tramanda), l'uomo nei suoi costitutivi valori etici
(ossia l'uomo responsabile). Sebbene l'uomo responsabile sia la meta cui
tende questa interpretazione, Ricoeur sottolinea che solo partendo dall'ethos
possibile comprendere gli altri piani vitali dell'azione della persona. La
struttura etica si rivela immediatamente un fondamentale punto di partenza e
non una conquista dell'interpretazione.
Quattro piani per una fenomenologia ermeneutica della persona.
1. L'uomo responsabile.
Ricoeur definisce l'ethos :auspicio di una vita compiuta - con e per gli altri all'interno di istituzioni giuste65. Questa definizione gli consente di tracciare
una struttura che, prima di tutto, rivela le componenti essenziali della persona
in quanto apertura relazionale, ed, inoltre, permette di avere uno stabile
punto di riferimento per leggere gli altri piani della vita dell'uomo. Dunque
costituzione etica della persona la seguente struttura ternaria:
Auspicio di una Con e per gli
vita compiuta: altri:
STIMA DI S
SOLLECITUDIN
E

Elemento etico
di
questa
aspirazione
alla
felicit
(etica
del
desiderio) la
stima di s che
definisce
un
soggetto:
65

Id. p. 39.

Il movimento
del s verso
l'altro
esprime
l'istanza etica
della
sollecitudine,
caratterizzata
dalla:

All'interno di
istituzioni
giuste:
ISTITUZIONI
GIUSTE
L'istituzione
il luogo del
rapporto
etico
modulato
dalla giustizia
distributiva.
Se l'etica del
ciascuno

54
consapevole,
cosciente,
responsabile.

reciprocit,
similitudine,
riconoscime
nto.

l'etica
della
giustizia,
ciascuno non

l'amico,
ciascuno

l'anonimo.

E' importante sottolineare che per Ricoeur i primi due livelli di costituzione
etica della persona (stima di s e sollecitudine) sono in stretto rapporto di
reciprocit; non posso mai giungere ad avere una profonda coscienza della
mia identit se non nel confronto costante con l'alterit, ed proprio su
questa relazione fondamentale che possibile poggiare l'idea di istituzione.
Cos, conclude Ricoeur: L'idea di ethos comprende in un'unica formula, ben
articolata, la cura di s, la cura dell'altro e la cura dell'istituzione. 66 A partire
da questi punti di riferimento possiamo ora affrontare una pi approfondita
lettura della persona nei suoi vari piani di azione.
2. L'uomo che parla.
Ricoeur sostiene che il contributo della filosofia linguistica ad un filosofia della
persona si pu cogliere sul piano semantico (per identificare la persona nella
sua singolarit) e sul piano pragmatico (dove la persona non pi l'oggetto
del discorso, un egli logico, ma il s che agisce e si impegna in prima
persona). La sua tesi che: possibile ridefinire la teoria degli atti del
discorso, e per suo mezzo tutta la pragmatica, sulla base della triade
analizzata nell'ethos morale67, questa omologia, che diventa implicazione
reciproca nel caso dello specifico atto linguistico della promessa, si presenta
come segue:
PIANO ETICO
Stima di s
Sollecitudine
Istituzione

PIANO LINGUISTICO
Autodesignazione
Allocuzione
Linguaggio

3. L'uomo che agisce.


Nell'ambito della teoria dell'azione (che si interroga sul senso- che cosa?sulla motivazione- perch?- e sull'attribuzione- chi?- di una azione), Ricoeur
sostiene che :la triade dell'ethos pu essere di aiuto per orientarsi nella
problematica del chi?68 secondo la seguente prospettiva:

66

Id. p. 48.
Id. p. 53.
68
Id. p. 59.
67

55

PIANO ETICO
Stima di s
Sollecitudine
Istituzioni

PIANO DELL'AZIONE
Agire intenzionale
ed efficace
Interazione
Modelli di
eccellenza

Ma riusciamo a cogliere pi chiaramente lo stretto legame tra il piano etico e


quello pratico dell'azione se consideriamo non pi soltanto l'uomo che agisce
ma anche quello che subisce l'azione: l'uomo sofferente. Se ogni agire avere
potere su qualcuno, fondamentale per una teoria dell'azione completare
l'esame dell'agire con quello del patire. Nel confronto tra agente e paziente
risulta evidente che : E' sempre la diseguaglianza tra agenti a porre il
problema etico nel cuore della struttura non egualitaria dell'interazione 69.
Dal momento che ogni interazione pu essere cooperazione ma anche
competizione, si vede come la triade etica venga ad essere la base ontologica
di ogni teoria della prassi morale e politica; avere cura di s, cura dell'altro e
cura delle istituzioni vuol dire essere coscienti delle proprie azioni, essere
consapevoli delle ripercussioni che queste hanno sugli altri uomini ed essere
responsabili e rispettosi delle regole del nostro mondo di vita.
4. L'uomo che racconta.
La mediazione narrativa, per Ricoeur, prende in considerazione i problemi
connessi alla considerazione del tempo nella costituzione della persona.
Superato il modello classico della naturae rationalis individua substantia,
che consentiva un ancoraggio stabile per il concetto di persona, si riapre
l'annoso problema filosofico dell'identit, che oscilla fra l'idea della
permanenza di una sostanza immutabile- medesimezza, che cosa sono io ?- e
la necessit di conservare una forma di riconoscimento del s nonostante gli
inevitabili mutamenti dovuti alle vicissitudini della vita- ipseit, chi sono io ?.
Mentre la vita scorre in questa alternanza di piani (tra medesimezza e ipseit)
il filo del racconto, la memoria storica e l'invenzione letteraria che, secondo
Ricoeur, riescono a dare un senso unitario alla frammentariet del vissuto. La
sua tesi che: la mediazione narrativa ci consente di ritrovare, e nel caso di
arricchire, la struttura ternaria che costituisce la cellula melodica (etica) di
tutto questo studio70, e presenta, anche a questo livello, il parallelismo con la
triade della struttura etica:
PIANO ETICO
Stima di s
Sollecitudine
Istituzioni

69
70

Id. p. 63.
Id. p. 67.

PIANO DEL RACCONTO


Identit narrativa
Intreccio narrativo
Identit
narrative
trans-storiche

56
Osservazioni conclusive
La riflessione di Ricoeur sulla persona approda al punto da cui partita: la
triade etica e si chiude sul bellissimo concetto di fedelt creatrice 71 che
rende il senso profondo di questa struttura etica che costituisce la persona
umana.
Il senso pi autentico della propria identit, la fedelt a se stessi, si esplica in
questa facolt creatrice che nelle parole, nelle azioni, nella storia, ci pone in
relazione con gli altri e con le istituzioni. Relazione che, appunto perch
creatrice, immediatamente debito di responsabilit e dovere di cura (i
doveri pi alti e imprescindibili sono infatti quelli che ci legano a ci che noi
stessi abbiamo creato). Sono veramente e profondamente me stesso se sono
in grado di rispondere per l'altro, di averne cura; esattamente come io parlo
se l'altro mi interpella, agisco in relazione al paziente che mi di fronte e vivo
la mia storia se intrecciata con quella degli altri uomini. La reciprocit
componente essenziale nella costituzione della persona, che vive del rapporto
con gli altri; se la fedelt a me stesso passa attraverso la mia capacit
creatrice che mi apre agli altri ed alla comunit, cos la mia fedelt agli
altri ed alla comunit che mi consente di creare, maturare fino in fondo me
stesso come persona. Si comprende dunque facilmente, come l'istituzione
giusta altro non che il luogo di questo rapporto, il luogo istituito da questo
giusto rapporto tra le persone. Non ricerchiamo sostanze fisse dietro a
queste comunit- scrive Ricoeur- ma non neghiamo loro la capacit di
mantenersi in relazione, attraverso una fedelt creatrice, agli eventi fondatori
che le instaurano nel tempo72 ed agli uomini che le vivono nel tempo.
Listanza delloggettivit dei valori. - Come si potuto a pi riprese notare,
listanza del valore e della sua oggettivit, apparso costantemente come lo
sfondo su cui si andata disegnando limmagine assiologica della persona.
appunto sulla tematica delloggettivit del valore che concentriamo ora
lattenzione per offrire un ulteriore sviluppo al nostro discorso.
Tentare una definizione del VALORE apre il rischio ad una formulazione
riduttiva; perci opportuno rilevarne alcuni caratteri salienti, tenendo in
considerazione il rapporto fra schema e realt. Infatti tutto ci che
incontriamo ha un rapporto con noi: pratico, estetico, morale, con diverse
accentuazioni. sotto l'egida del dinamismo della storia. Tutto ci che capita
riveste un SENSO e provoca una reazione (assenso o rifiuto). Alla
comunicazione di SENSO fa seguito una valutazione. un senso che si
qualifica come valido in se stesso; si impone per un suo significato autonomo
(Cfr. H.Reiner). Il valore ha dunque un significato oggettivo, e non dipende
dalla possibilit o meno di accettazione o di
comprensione. Ha
una
oggettivit logica (senso) e ontologica (il suo
essere), non
dipende
dall'inventiva; oggettivamente dato. Il valore non dipende dal giudizio della
ragione: non il parere di chi valuta a dare consistenza, ma la materia del
suo predicato (Cfr.M.Scheler).
Non tutti, per, concordano sul tema dell'oggettivit del valore. Ad esempio,
Nietzsche (Geneologia della morale) riduce il valore ad un dato psicologico,
71
72

Id. p. 71.
Id. p. 70-71.

57
frutto del senso di colpa o di risentimento. Ancor prima, gli empiristi e gli
utilitaristi lo riconducono alla comodit convenzionale che inventa strategie
per orientare le azioni. Chi, come Hobbes (Leviatano del 1651), lo assimila a
puro nominalismo, dove il giudizio morale considerato come un grido, una
scarica emotiva che risponde ad uno stimolo. Ogni espressione di valore non
altro che l'espressione di un desiderio rivestita di apparenza morale, il cui
rispetto o rifiuto viene fatto coincidere con il bene o il male.
A queste posizioni risponde Scheler. Che dietro l'affermazione di un valore
ci siano sensazioni e emozioni, non implica la perdita dell'oggettivit reale di
quel valore. Il giudizio, pi che rapportarsi a ci che attraversa la mia psiche,
intende rivolgersi a oggetti a tutti accessibili (es. il panorama). La stima per
un nemico, indipendente dal disprezzo che emotivamente sento per lui. Il
valore, pi che semplice emozione esprime un significato ontologico. Come
per un colore, il valore oltre alla sensazione ci conduce in una realt
oggettiva73. Ci si deve chiedere: come mai una stessa azione pu essere
oggetto di giudizi diversi e contrastanti?
proprio del valore morale, in quanto indipendente , riscuotere giudizi.
Questa indipendenza che rende il valore invariato pur mutando l'entusiasmo,
l'emozione, nei suoi confronti determinata da suo intimo rapporto con la
realt ontologica (essere)
dell'uomo stesso. I valori si dischiudono al
soggetto morale senza fermarsi alle sole volont e ragione ma interessando il
soggetto nella sua costituzione ontologica. H.Reiner, distingue l'Ich-zentrum o
sfera del volere, dall'ich-umgrund o sfera ontologica che precede la
volont74. Il valore si presenta in modo evidente al soggetto da un lato come
rivolto alla esistenza e dall'altro nel sua intima realt che indipendente
dalla recezione. La giustizia e l'amore si collocano in una condizione che
precede la convenienza e il piacere. (Vedi la polemica fra Aristippo e Socrate.
Aristippo critica il male ricevuto ma giustifica il male fatto; Socrate, pur
subendo una
ingiustizia non offende l'altro. Il valore qui si sottrae
all'emozione e si costituisce nella sua autonomia, mentre per l'edonista
decisivo il carattere soggettivo). La giustizia non si osserva perch
vantaggiosa, ma perch un bene in s a prescindere dai suoi effetti. Vale lo
steso per l'amore che capace di oggettivit perch punta al bene. L'amore
non teme situazioni di sacrificio o di disagio perch desidera il bene
dell'altro, cerca l'oggettivamente buono per il partner; va al di l di ci che
soggettivamente appagante.
Collegato al tema della oggettivit la loro rilevanza empirico storica.
Essendo collocati nella dimensione ontologica potrebbero essere ridotti a
pura sfera ideale. Qui necessario richiamare che il soggetto umano un
soggetto incarnato, collocato in una storia, vive gli avvenimenti seppur non
esaurendosi in essi. Il valore quindi si colloca nella sfera del trascendentale:
ha una valenza fenomenologica che lo fa incontrare nella storia, e una
valenza ideale che lo colloca sul piano del pensiero. Il valore dunque si
colloca nella dimensione misterica dell'essere dell'uomo. Vive di questa
valenza di continuo rimando ad un oltre che non mai riducibile alla sua
semplice esperienza (es. la giustizia non pu ridursi mai al modo in cui un
73
74

Cfr. M.SCHELER, Formalismus.


Cfr. H.REINER, Grundlagen der Sittlichkeit.

58
soggetto la incarna, ma rimanda sempre ad un senso previamente e
globalmente pi pieno). Appunto questo rimando (um-grund) permette di
operare giudizi sul concreto agire. L'amicizia non riducibile al modo con
cui il singolo la vive e non si incrina nel suo valore se tradita. I valori non
si confondono con chi li incarna, anche se nella realt si incontrano
attraverso questi stessi e
a
questi sono orientati. Anche se la
concretizzazione di un valore pu assumere vesti non aderenti all'ideale ( e
questo tipico della posizione incarnata dell'uomo rispetto al suo stesso limite
storico e umano) in s porta una EVIDENZA che nessuna situazione pu
azzerare. Ci che oggettivo si manifesta per quello che in forza della sua
evidenza. Il bello riconoscibile in un volto, un panorama, un quadro anche
quando queste realt subiscono deturpazioni. C' una INTUIZIONE del valore
al di l della sua percezione 75, seppur la percezione ne diventa la via di
accesso. Ritorna qui il problema della CONOSCIBILIT del valore attraverso
le indicazioni dellintuizione-definizione concettuale-comprensione dinamica
La
visione intuitiva apprende l'essenza, il quid cos come
in s
immediatamente e, tuttavia, soggetta alla progressione dinamica della
comprensione. Non si deve ignorare per che il valore morale si esplicita alla
coscienza lentamente, passando attraverso errori e costumi devianti. Si
devono guardare sia la coscienza del valore,sia il percorso storico, spesso
velato e irriconoscibile, della sua applicazione. Questa IMMEDIATEZZA
dell'intuizione, che riguarda tutto l'essere dell'uomo, non frutto di pura
argomentazione (logica) ma soprattutto di SENSIBILIT. Non questione di
puro ragionamento ma di RICONOSCIMENTO. L'evidenza spesso
indimostrabile non per oscurit ma per eccesso di chiarezza. Tra evidenza e
dimostrazione si d un grado di conoscenza diverso: infatti la dimostrazione
si rif all'evidenza. Lodo un 'azione buona per la sua evidenza e non per
eventuali ragioni di convenienza.
L'evidenza del valore ha una sua ragione contro cui non possono valere altre
ragioni escogitate da calcolo riflessivo. Si propone a me anche contro i miei
interessi e sentimenti, e proprio perch evidente risulta anche libero.
L'evidenza, il riconoscimento sono legati alla SENSIBILIT, alla capacit di
risposta motivata della persona! Una persona o una societ rese insensibili da
condizioni fin troppo utilitaristiche rendono queste ciniche. La carenza di
sensibilit per i valori diviene indice di una povert spirituale, di una
indifferenza cinica, di una negazione del proprio essere, in una parola, di una
condizione non pi umana.
La sensibilit per si iscrive nella conoscenza e nell'educazione ai valori.
L'apprendimento richiede l'onest della persona: la disposizione d'animo, la
finezza, la rettitudine da un lato, e la fuga dall'INDIFFERENZA dall'altro. La
conoscenza adeguata quando sostenuta da una forza affettiva. L'emozione
si deve aggiungere all'atto conoscitivo. Il grado di partecipazione al valore
cresce
se
dall'informazione di ordine conoscitivo si
passa
al
COINVOLGIMENTO di tutta la persona. Alla ragione va aggiunta l'emozione, il
lasciarsi colpire e sorprendere. La sfera emotiva diviene l'apertura alla
dimensione profonda del valore. Ovviamente questa sfera va riconosciuta
75

Cfr. HILDEBRAND, Ethik.

59
nella sua valenza e non come campo di torbidi impulsi. Escludere la sfera
emotiva altrettanto rischioso quanto l'escludere la ragione. Ragione e
sentimento vanno coniugati. Su questo problema si affacciano varie linee di
tendenza:
- linea razionale: la ragione il trait-union fra oggettivit e soggettivit
rispetto al valore. Il valore sufficientemente chiarito nell'ambito della
ragione pur non escludendo l'esperienza esistenziale (Esclusione dei
fattori emozionali)76.
- linea emozionale: non solo la ragione stabilisce un rapporto chiaro con le
cose; ad essa va aggiunto un cuore. Riconosciute le ragioni del cuore
(Pascal) non si dovr distinguere pi fra ragione in s e esperienza (Cfr.
Scheler, Hartmann, Hildebrand).
Della sfera etica tipico il SENTIRE oltre che il CAPIRE, in quanto il suo
oggetto un valore e non solo una verit speculativa. Questa situazione
rischia di spaccare in due l'uomo in un novello dualismo cartesiano.
Come sfuggire a questa strettoia? Un tentativo fatto attraverso il concetto di
INTENZIONALIT. Innanzitutto distinguendo tra atti emozionali e stati
emozionali. Si opera una disgiunzione perch negli stati emozionali
(stati d'animo: noia ecc.) manca un SENSO, una intenzionalit. Che un atto
emozionale (amore, passione) sia accompagnato da stati d'animo (calma, ira,
gioia), questo non ne legittima il fraintendimento.
Per questo il valore non pu essere spiegato con una convenzione, con una
motivazione razionale. La facolt adeguata il sentire, di cui si deve
riconoscere oltre che l'intenzionalit, anche la capacit conoscitiva, intuitiva
originaria e oggettiva.
L'esperienza etico-morale apre alla sfera del
trascendere, eleva nel contesto dei
valori e rompe il cerchio
dell'egocentricit. Diventa altruismo, apertura, donazione, perch spinge oltre
se stessi e garantisce il rispetto del bene oggettivo. Questa trascendenza si
afferma tanto nell'intenzionalit quanto nel gioco relazionale fra proposta di
valore e libera accettazione che supera l'imprigionamento nell'io. Va detto
comunque che questa relazione non turbata dagli effetti positivi determinati
dall'azione morale: se fare il bene mi procura felicit questo non
pregiudizievole per l'atto morale in s. Se amo sinceramente un amico, non
l'amo per appagare una mia esigenza, ma perch degno di essere amato.
Questo risponde alla
costituzione dell'uomo. Il carattere intenzionale,
oblativo, non soppresso per il fatto che nellaltruismo assecondo la tendenza
naturale del mio essere. In questo gioco di rapporti vedremo come la
COSCIENZA trova il suo specifico ruolo. Ma, intanto, procediamo ad una
opportuna chiarificazione di alcuni passaggi significativi per il tema delletica
sociale.

76

Cfr.HUME, Trattato sull'intelletto umano.

60
Soggetto e identificazione dell'ethos. - Alla oggettivit del valore corrisponde
nell'uomo una capacit che accoglie l'appello e lo conduce verso il concreto
agire morale. Per questo la coscienza una realt soggettiva, appartiene
interamente al soggetto. Risultano evidenti alcune considerazioni: coscienza
e valore non coincidono, per cui la coscienza non pu dirsi valore di se
stessa; la coscienza ha un carattere creativo oltre che applicativo: in quanto
coinvolta nel vivere della persona con tutte le varie implicazioni e
possibilit il suo compito non l'adempimento delle norme stabilite, ma
l'autentica realizzazione dell'io nella realt esistente 77; al carattere creativo
si aggiunge un lavoro interpretativo (epikeia) segnato dalla novit e dal
particolare. una operazione ermeneutica dettata dalla situazione in cui
concretamente si opera una scelta. L'epikeia ha dunque un
carattere
dinamico.
Con
l'esercizio
delle
sue
operazioni: applicare, creare,
intuire, leggere e rileggere, la coscienza si consolida, essendo una facolt
che nasce, si forma e si evolve 78. Queste caratteristiche conducono alla
domanda sulla genesi e natura della coscienza morale. Ovviamente genesi e
natura, seppur distinte, sono correlate e solo per chiarezza di indagine
vengono ora separatamente analizzate.
a. La genesi della coscienza un dei temi pi dibattuti, e vari sono i
tentativi di ridurla a fenomeno
sociologico (Durkheim)
e psicologico
(Nietzsche-Freud), annullandone ogni valore etico. L'analisi
della base
empirica sottostante alla coscienza non mi d ancora la sua natura.
Indubbiamente essa chiarifica aspetti importanti dell'esperienza morale ma
va integrata con considerazioni etico-filosofiche che trascendo il livello della
pura esperienza.
- Durkheim spiega la coscienza e i suoi imperativi come riflesso della societ.
Ogni volta che riflettiamo come dobbiamo comportarci, si eleva in noi una
voce che dice: questo tuo dovere. E se questo dovere che parla in noi in tal
modo non seguito, si eleva la stessa voce per protestare contro la nostra
azione. Dato che essa parla in tono imperativo, sentiamo che essa proviene
da qualcosa che ci superiore; non vediamo per chiaramente chi questo
qualcosa n che cosa 79. Poi l'A. esplicita l'origine della voce interiore
identificandola con la societ che ci ha modellati e inoculati quei sentimenti
che prescrivono il nostro comportamento e insorgono quando si disattendono:
Quando la nostra coscienza parla la societ che parla in noi80. senza
dubbio importante questo richiamo alle condizioni contingenti e ai fini
pedagogici della societ, ma in realt la societ aiuta ad esprimere la
coscienza non la
presuppone. Di fatto spesso avviene il contrario: la
coscienza sviluppa personalit che si contrappongono al sentire sociale, alla
morale , alla mentalit dell'ambiente. Se la coscienza si identificasse con la
societ che la genera non avremmo mai un progresso morale. Inoltre la
coscienza oltre a determinare un rapporto con gli altri interpreta anche la
realt individuale, dice rapporto del soggetto con se stesso. Possiamo
77

J.FUCHS, Responsabilit personale e norma morale, 197.


Cfr. M. BIZZOTTO, La rinascita dell'etica, Torino 1987, 195 ss.
79
E.DURKHEIM, Erziehung, Moral und Gesellschaft, Suhrkamp, Frankfurt a.M.1984,137.
80
Ivi.
78

61
invece dire che nella concezione sociologica il soggetto scompare assorbito
dal meccanismo della collettivit81.
- Nietzsche parte da una interpretazione psicologica. La coscienza un
fenomeno della decadenza, una malattia dello spirito e non pu essere che
cattiva perch con la sua nascita segna la fine dell'uomo innocente. Gli istinti
liberi gli si ritorcono contro e si ritrova di fronte a se stesso come di fronte ad
un nemico, dal quale non sa come liberarsi. Appena la societ ha imposto
delle leggi in nome della giustizia e della pace gli istinti sani della natura,
mortificati nella loro espressione spontanea, dovettero cercare nuovi e
per cosi dire sotterranei appagamenti. Tutti gli istinti che non si scaricano
all'esterno, si
rivoltano all'interno,
insorgono contro l'uomo
stesso.
L'inimicizia, la crudelt, il piacere della persecuzione, dell'aggressione, del
mutamento, della distruzione, tutto quanto si volge contro i possessori
di
tali istinti: ecco l'origine della cattiva coscienza...Con essa fu introdotta
la pi grande e la pi sinistra delle malattie, di cui fino ad oggi l'umanit non
guarita, la sofferenza che l'uomo ha dell'uomo, di s: conseguenza di una
violenta separazione dal suo passato d'animale, d'un salto e di una caduta...in
nuove situazioni e condizioni esistenziali, di una dichiarazione di guerra
contro gli antichi istinti, sui quali fino allora riposava la sua forza, il suo
piacere e la sua terribilit82.
Non per l'organizzazione dello Stato la causa originaria della cattiva
coscienza ma la divisione in due classi: nobili e plebei, signori e schiavi,
capaci e inetti. Specialmente in questi
ultimi si annida il tarlo del
risentimento e dell'odio, la sete di vendetta contro i loro dominatori: non
potendosi confrontare con essi con la forza hanno escogitato una gerarchia di
valori a cui si collegata una facolt: la coscienza. L'A. aspira al riscatto
dell'uomo dalla coscienza, prospettando un rapporto di riconciliazione che
supera il risentimento e la sete di vendetta. La liberazione dal veleno
dell'invidia stronca alla radice la coscienza
e all'uomo riconsegnata
l'innocenza originaria al di l del bene e del male. Questo bisogno di
autenticit rispetto alla ipercivilizzazione ha i suoi punti deboli. La
spiegazione
psicologica soggettiva: ognuno pu liberamente porre
premesse e da queste trarne delle conseguenze a proprio piacimento. Inoltre
la stessa visione dell'innocenza riscattata dalla legge utopica in quanto
scavalca e sfugge la storia. L'uomo liberato dalla coscienza veramente
libero o immediatamente aperto alla barbarie? Sembra questa una teoria di
un signore nel deserto che esprime la sua volont di potenza. Ma con chi e
per chi? Slegato da qualsiasi vincolo secondo lo spirito romantico, l'uomo
pi che salvarsi finisce nella autodistruzione83.
Possiamo tuttavia dire che le riflessioni dei due autori ci spingono
a
considerare la concretezza del fenomeno coscienza e al tempo stesso ci
inducono a considerare che origine e natura di un fenomeno non vanno mai
separate.
b. Natura della coscienza: infallibile, oggettiva, incondizionata.
81

Cfr. J.MARITAIN, La filosofia morale , 314.


F. NIETZSCHE, Genealogia della morale, II,16.
83
Cfr. H.THIELICKE, Theologische Ethik, Tubingen 1955, 470ss.
82

62

Nel
suo stesso nascere la coscienza
si manifesta come
capacit
trascendente, tanto da venir qualificata come la voce di Dio nell'uomo 84, il
ponte di congiunzione fra il divino e l'umano. Per sua natura essa ordinata
all'apprensione del bene, superando le seduzioni del puro piacere, e il suo
giudizio infallibile seppur non irreformabile. La conclusione cui arriva
dipende dalle premesse, cambiando le quali si modifica pure la sua
valutazione. L'infallibilit non riguarda la norma, ma la soluzione del dilemma:
devo o non devo?
La coscienza non la norma ma la sua segnalazione secondo le proprie
conoscenze. Non il criterio del bene e del male in s, ma della bont o
meno di un comportamento. L'infallibilit sul da farsi non esclude la
fallibilit delle premesse. necessario il confronto con la norma e la ricerca
del bene per non cadere in errori oggettivi e in pericoli di manipolazioni 85.
Condizionamenti e pregiudizi, tra cui la presunta sicurezza di essere nel
giusto, pretendono di rendere come oggettiva la soggettivit di una scelta.
La ricerca incessante e responsabile, la fatica del
confronto spezzano
l'angusto spazio del perbenismo morale diretto o indotto (condizione dello
struzzo).
La stessa oggettivit ha bisogno di precisazioni per non creare pregiudizi o
illazioni. L'uomo resta sempre in cammino verso la verit. Quello che la sua
intelligenza e onest raggiunge vero e giusto, ma in forma graduale e
prospettica, non il vero e giusto come si vorrebbe far intendere con il
termine -oggettivit- necessario un processo ermeneutico nel reale, con i
graduali avvicinamenti alla norma e gli inevitabili condizionamenti culturali.
La coscienza capace di volere in modo universale, ci permette di superare
noi stessi, tanto da sollevare la domanda su ci che bene in s, al di l del
proprio tornaconto, senza con questo pretendere di essere giunta al possesso
del bene. Infatti, essendo situata nella temporalit non pu pretendere di
emanciparsi radicalmente da essa (principio della GRADUALIT). Un altro
carattere importante della oggettivit riguarda il progetto d'essere che
sorpassa i propri condizionamenti e la propria volont: Non quello che
voglio ma quello che devo il mio progetto d'essere. C' una oggettivit
ontologica che sprona la mia volont e che si impone come progetto da
perseguire, che induce alla fatica dell'impegno. Il volere che non ha alcun
supporto ontologico ricade su se stesso e ripropone il rischio della
manipolazione della coscienza.
Altro elemento portante della coscienza l'INCONDIZIONATEZZA. La coscienza
la capacit dell'incondizionato, comprende VALORI come fine a se stessi
(dignit della persona). Abilita ad azioni disinteressate e a volere il valore in
se stesso. Mai sono tanto fedele a me stesso quanto mi attengo alle esigenze
del valore. L'incondizionato costitutivo del mio essere razionale e morale,
non una imposizione ma il mio modo di essere profondamente uomo al di l
dei condizionamenti. In forza della coscienza l'uomo, pur situato nella
precariet dell'effimero e dell'accidentale, non si perde nella contingenza,
avendo in s la capacit dell'incondizionato che lo esprime nella sua
84
85

Cfr. J.J.ROUSSEAU, Emilio, 318.


Cfr. H.E. HENGSTEMBERG, Grundlegung der Ethik, 156-162.

63
autenticit. Non posso astrarmi dal reale, psicologico e sociologico, ma
questo non soffoca la mia esigenza di incondizionatezza86. Attraverso la
coscienza l'uomo esprime il meglio di s. La stessa stratificazione linguistica
riconosce nella coscienza l'apice nell'uomo.
Il termine latino (cum-scientia) pone in evidenza l'elemento sintetico,
ordinatore e assiologico;
Il termine greco (sin-eidesis) accenna ad una visione d'insieme condivisa con
un altro, che diviene testimone. come se si fosse seguiti da uno che vede e
si rapporta al nostro agire chiamandoci alla verifica.
La coscienza al centro della persona, rappresenta l'uomo nella sua totalit e
con l'intera rete dei suoi rapporti. il punto di convergenza tra uomomondo87. Se per per sua natura la coscienza capace del divino, non
detto che di fatto adempia la sua funzione. necessaria una EDUCAZIONE.
Pu essere una bussola che perde la bussola, pu ammonire ma pu essere
messa a tacere, sensibile per sua natura ai valori, ma pu divenire ottusa e
insensibile. Pu essere incatenata attraverso condizioni che tacitamente la
inducono alla insensibilit, alla progressiva estraneazione dai valori e dalle
relative domande. A volte ci si crede liberi, in realt non si altro che
esecutori di imperativi occulti. La manipolazione, diretta o soffusa, non
risparmia la coscienza in quanto si interpone disturbando il rapporto di
questa con i valori88. Per questo la coscienza ha bisogno di continua
attenzione e dunque di progressiva educazione.
c. Caratteristiche e vocabolario.
1. Coscienza come facolt:
- coscienza originaria (etica) la capacit naturale dell'uomo di essere in
rapporto con la verit oggettiva e col bene. Fare il bene ed evitare il male.
Volont e intelletto sono armonicamente uniti;
- coscienza morale: la coscienza originaria connaturale all'uomo, ma
il concetto di bene morale e le modalit della morale sorgono solo
gradualmente sulla base dell'esperienza e della formazione. In tal modo e su
questa coscienza si costruiscono nell'uomo la scienza morale, la coscienza
dei valori e gli atteggiamenti morali (habitus).
2. Funzioni:
- coscienza antecedente: Essa si sottopone al giudizio della riflessione: nella
forma di un giudizio pratico un concreto comportamento viene rapportato su
una scala di valori morali. Le norme vengono concretizzate e si rimuovono,
possibilmente, le oscurit che permangono. Il dovere esorta ad essere fedeli
ai valori. Si fa sentire la voce che esorta a non evadere e a non bloccare
il movimento della coscienza. La prudenza in questo caso la virt propria
della coscienza; suo compito valutare la realt.
86

Cfr. A.RIGOBELLO, L'oggettivit della coscienza, 35-36.


Cfr. G.EBELING, Riflessioni teologiche sulla coscienza, 229-246 Cfr. G.EBELING, Riflessioni
teologiche sulla coscienza, 229-246)..
88
Cfr. D.HILDEBRAND, Veri e falsi principi di morale, Morcelliana, Brescia 1962,161 Cfr.
D.HILDEBRAND, Veri e falsi principi di morale, Morcelliana, Brescia 1962,161)..
87

64
- decisione:
L'uomo naturalmente orientato verso il bene prende una
decisione concreta liberamente e se ne assume la responsabilit. L'io si
sperimenta nella identit o nella separazione radicale con se stesso.
- coscienza conseguente: Conferma o riprova la decisione presa. Si scopre
l'alienazione da se stessi connessa a decisioni che negano i valori, si
coscienti della colpa. Tranquillit o rimorso sono frutto di questa terza fase.
3. Caratteristiche della coscienza come habitus.
- attenzione: Indica la capacit di reazione ai valori; coscienza vigile o
assopita. L'attenzione pu essere completa o parziale.
- sensibilit: Indica la capacit di sfumatura fra bene e male.
Una
eccessiva sensibilit porta alla coscienza scrupolosa. La scrupolosit pu
nascere da situazione di rimozione, da ansiet inconscia. Lo scrupolo ha
bisogno di guida perch da se stesso non opera un retto giudizio.
4. Giudizio della coscienza.
- Rettitudine: Retto il giudizio che corrisponde alla oggettiva norma morale.
- Certezza: Con coscienza certa si intende la certezza del giudizio sul valore
o sul contenuto. Coscienza
dubbia

data dall'incertezza del giudizio


personale o in ragione
delle circostanze o in ragione dell'oscurit del
diritto. (Dubbio di fatto o di diritto) oppure (Dubbio teorico o pratico).
5. Alcune considerazioni sulla coscienza morale.
- Circa la concezione soggettivistica. Si
deve
mantenere il rapporto
essenziale della coscienza morale ad un bene oggettivo e reale, senza il
quale sarebbe impossibile definirla e giustificarla. Infatti la coscienza
morale una attivit dell'intelletto pratico che comprende dei beni/fini reali
e un fine ultimo e poi effettua il suo giudizio.
a) verso il formalismo kantiano: si supera la condizione sensitiva
dell'imperativo kantiano in quanto l'uomo possiede funzioni intuitive per
comprendere se stesso e un bene reale. Il rischio e di cadere in un circolo in
cui la coscienza rispetta i fini che lei stessa autodetermina (selbstweck). La
legge
morale, contro ogni autonomismo, fondata invece su un bene
oggettivo ed data dalla ragione.
b) verso il deontologismo contemporaneo: qui la coscienza ridotta
a pura obbligazione a certe azioni. Il principio obbligante cercato nelle
conseguenze (utili e piacevoli)
delle azioni dalle quali partono le
argomentazioni (metaetica). Ma tale posizione fruibile anche nel male
(regola d'onore nella camorra, non fare quello che vuoi esser fatto).
necessario perci la coscienza del vero e del bene nella sua oggettivit.

65
c) verso il decisionismo. il rischio di confondere la coscienza morale
con la prudenza. La coscienza prepara delle scelte che possono poi essere
applicate con prudenza. La coscienza alla base delle decisioni.
- Circa loggettivismo etico.
La ragione non si trova fuori del bene oggettivo che l'essere buono
umano, ma in esso. Il soggetto pu divenire oggetto a se stesso in quanto
ente (infatti l'ente di un carattere trascendentale che comprende soggetto e
oggetto).
a) verso il naturalismo, che riduce (in modo sensualistico) la natura
dell'uomo alla sua corporeit e sensualit, si deve precisare che la ragione
appartiene alla natura umana e che la legge naturale esprime una moralit
naturale insita nella natura dell'uomo89.
b) verso il conseguenzialismo, che intende il fine/scopo solo come
conseguenza delle azioni (in modo empirico) si afferma che il fine non solo
il termine dell'esecuzione delle azioni ma il primo nell'intenzione della
ragione. la causa finale che precede con la sua intenzionalit le azioni
che seguono come effetti. Non c' divario fra teoria e prassi. L'autorit
interiore della ragione (che dice rimando ad una autorit superiore) la
condizione indispensabile per il
riconoscimento delle autorit esteriori.
Questo esclude una lettura psicologica o sociologica circa gli influssi
esteriori praticati attraverso l'educazione.
c) verso concezioni religiose che riducono Dio ad essere coscienza
dell'uomo (fondamentalismi), si deve dire che Dio come causa prima non
elimina la causa seconda nell'uomo: anima-ragione pratica. La coscienza
morale la voce della ragion pratica, nella quale l'uomo parla con se
stesso e con gli altri, orientata a Dio. La voce della coscienza un effetto
causato da Dio nell'uomo, come la legge naturale morale causata in lui
dalla legge divina a cui partecipa. Direttamente Dio parla all'uomo con
rivelazioni in cui l'agente diretto Dio stesso. Coscienza umana e Dio
dunque non sono in alternativa ma in complementariet.
A conclusione possiamo tracciare dei caratteri tipo nella coscienza
morale:
-
un con-sapere, realizzato
dall'intelletto
o
dalla ragione, nelle
funzioni intuitive o giudicative, riguardo i fini universali e nell'applicazione di
questi a fini concreti;
- diretta al bene;
- si deve distinguere l'intelletto nella coscienza (sinderesi) che comprende i
principi universali in modo vero (anche se vagamente o indeterminatamente)
e la coscienza giudicante che pu essere erronea (tanto da richiedere
una formazione che porta ad una conoscenza pi chiara e a giudizi pi
89

Cfr. H.SEIDL, Natuerliche Sittlichkeit in The Ethics of St.Thomas Aquinas, Roma 1984, 95117.

66
maturi);
- non si identifica con nessun affetto. una caratteristica dell'intelletto
pratico capace di influire sulla volont. Assume caratteri di testimonianza, di
stimolo, di apertura ecc.
- con i suoi giudizi prepara le decisioni. Si considera che il bene reale si trova
nell'essere stesso dell'uomo e la coscienza l'atto formale iniziale
dell'autoconoscenza.
Tutto quanto detto apre finalmente la porta sullessenziale di tutto il nostro
discorso: la persona e il suo statuto etico.

III.5. PRINCIPI ETICI: PERSONALI E SOCIALI.


5. Principi personali: dignit-libert-responsabilit
6. Principi sociali: responsabilit-solidariet-sussidiariet
7. Giustizia e Bene Comune.

a. La responsabilit.
Si deve differenziare le diverse figure della responsabilit etica, e mostrare
che il soggetto si inserisce nell'intersezione di responsabilit diverse ed
eterogenee, quasi a configurare un soggetto etico a geometria variabile.
La responsabilt di chi si serve della vulnerabilit dell'altro non dello
stesso tipo di quella che consiste nel tener conto nella propria azione dei suoi
effetti pi lontani. Questa doppia identificazione rimanda al concetto di
risponsabilit secondo E.Lvinas e H.Jonas. Inoltre non lo stesso soggetto
quello che si pone davanti ad un giudice, davanti al suo Amico, davanti alla
Storia, o davanti a Dio.
In un articolo apparso in Le Christianisme social, del marzo 1949, P.Ricoeur
distingueva: 1.colpevolezza criminale, dove il soggetto colpevole un
individuo criminale, posto davanti ad un tribunale e suscettibile di ricevere
una condanna; 2.colpevolezza politica, dove il colpevole il popolo dei
cittadini consensienti, posto davanti alla storia e suscettibile di azione
riparatoria; 3.colpevolezza morale, dove il soggetto ognuno, non importa chi,
posto davanti ad un amico, e suscettibile di pentimento; 4.colpevolezza
metafisica, dove il soggetto colpevole costituito dall'insieme dei
sopravvissuti, posti davanti a Dio nel confessare come si venuti meno alla
solidariet totale.
Quale sar dunque la coerenza del soggetto, la sua fedelt, in ragione delle
tante e cos varie responsabilit che si vanno presentando?
Si deve forse collocare il concetto di responsabilit in una tensione tra un
polo soggettivo e un polo istituzionale. Parlare di sggettivizzazione della
responsabilit significa considerare il soggetto come abbandonato alla sua
responsabilit, anche in assenza di regole valide o univoche. Istituzionalizzare

67
la responsabilit, significa definire la formazione del soggetto responsabile
con procedure e accorgimenti che organizzano lo spazio sociale.
Queste posizioni, a carattere estremo, sembrano indurre a valutare le
posizioni in senso complementare.
1. La responsabilit del soggetto.
Il civilista J.Carbonnier distingue la responsabilit morale da quella
giuridica, attribuendo alla prima il carattere della non-limitazione e quello
della limitazione alla seconda. Insiste sia sulla sproporzione fra le due, sia
sulla necessit di ripensare oggi un concetto di responsabilit limitata.
La morale, dal canto suo, si preoccupa soprattutto di aumentare e affinare il
senso della responsabilit in senso illimitato al punto da favorire la'ttenzione
verso le negativit e le sofferenze possibili, un modo di essere avvertiti, una
facolt di giudicare per se stessi. Una simile resposnabilit aperta al futuro
e dispone alla prudenza.
Il diritto, per suo conto, procede invece alla sua limitazione, in modo da non
lasciare campo aperto. In pratica tende
a precisarla, ad imputarla o,
paradossalmente, a prescriverla. Una simile responsabilit rivolta al passato
e si codifica con una sanzione (penale) o con una riparazione (civile).
In verit appunto questa sproporzione a caratterizzare la struttura intima
della responsabilit che ha bisogno di concrete codificazioni, ma anche di
rimandi a questa qualit intima del soggetto nel suo pi profondo rimando
all'Altro. Ma tale sproporzione indica soprattutto l'impossibilit di una
riduzione della responsabilit morale a condizioni di convenzione o di
convenienza, operando quindi un rimando alla qualit intima del suo essere
abbandonati alla propria responsabilit di giudicare il giusto e il bene.
Cos essa si manifesta soprattutto l dove non ci sono risposte precostituite:
si definisce e si decide in assenza di regole prestabilite; essa stessa capace
di fissare regole nuove e pone degli obblighi che cerca di rispettare. Cos il
soggetto si scopre capace di atti inediti, di azioni non riconosciute o retribuite,
di contrastare cos l'irresponsabilit. La moralit del soggetto, infatti, non
consiste nell'essere felice ma nel modo dignitoso di esserlo. In tal senso
rinuncia a pensare in termini di ricompensa e di punizione e si apre alla
coscienza di una reciprocit anche per le situazioni dell'umanit futura.
Queste considerazioni pongono una serie di questioni che dispongono
naturalmente alla valutazione del secondo polo, quello istituzionalizzato.
2.La responsabilit istituzionalizzata.
La via soggettiva tendeva a circoscrivere e a limitare il diritto in favore
della responsabilit morale. Se questo riguarda soggetti responsabili sembra
positivo, ma di fronte ad interessi economici forti, in materia di biotecnologia,
a forze brute, ad azioni di sottile convinzione e plagio? Non necessario
proteggere il pi debole rispetto al pi forte? di proteggere le vittime da se
stesse e dalla propria irresponsabilit? Non sarebbe necessario dare al diritto
un posto pi centrale? Non sarebbe necessario rinforzare, cos, il tessuto delle
istituzioni che consentono di stabilizzare la responsabilit sociale, di tener
viva l'attenzione? L'istituzione non forse la via della responsabilizzazione?

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Su questo versante, P. Legendre, il soggetto morale non si forma se non
attraverso l'istituzione della filiazione rispetto alle istanze di autorit,
leggittimit, normativit.
Lasciare il soggetto abbandonato alla sua
responsabilit significa sottoporlo al rischio del desiderio di tirannia.
Un altro elemento negativo, in tal senso, scaturirebbe dal concetto di
peccato-colpa su due livelli:
- il livello individualista di una societ pi liberista che solidarista e che
rinuncia a mutualizzare i rischi;
- il livello religioso di una societ che richiede riferimenti simbolici forti.
L'interesse della nozione di responsabilit senza colpevolezza nasce dal
desiderio di porre la distanza tra vittima e
colpevole. Si preferisce
considerare il male e le sofferenze come punizioni piuttosto che considerarne
l'assurdit. E' una visione penale del mondo certamente non tramontata, anzi
maggiormente radicata sotto una forma secolarizzata di retribuzione: ogni
male deve essere la conseguenza di una colpa o di un errore. Diviene dunque
preminente cercare i colpevoli per purificare la societ dai suoi mali.
Ma vi una irriducibile incommensurabilit tra la posizione di sofferenza
della vittima e quella maliziosa del colpevole. Quando il lavoro di imputazione
finito rimane un eccesso di sofferenza che non pu essere in alcun modo
imputato (Cf P. Ricoeur, Le Mal, Labor et Fides, Genve 1986). Non perch
non sia possibile risalire ad ogni atto di colpevolezza, ma perch la logica
della imputazione, in quanto derivata dalla logica della retribuzione, dovr
comunque fermarsi.
Qui compare di nuovo la istituzione. La sua funzione quella di
desoggettivizzare, di stabilire una condizione opaca nel circuito della
retribuzione, della reciprocit e della riconoscenza. permette di toccare il
problema su due versanti:
- senza abbassare la guardia di fronte ai mali, si preoccupa di identificare le
azioni, di riconoscerne gli autori e di obbligarli alla prudenza;
- consente di far accogliere quella parte del danno che nob pu essere pi
imputabile o riparabile.
Se noi mettiamo in opposizione vittime e colpevoli, come due categorie
massive, se noi rifiutiamo un mondo dove possibile avere anche vittime
senza colpevoli, ci disponiamo ad un mondo di vittime senza responsabili. Sar
un mondo puerile che consente la promessa di una realt assicurata contro
ogni male; una societ dove si pu credere che ogni male sar imputato e
riparato. L'appello alla giustizia sar ridotto a riparazioni compensative di tipo
economico e la responsabilit giuridica si ridurr alla solvibilit: non si
cercher altro che l'assicurarsi, l'essere garantiti.
In una simile societ nessuno responsabile. Nessuno prende pi dei rischi
imputabili. Si prendono rischi prudenti e intanto si lasceranno correre quei
rischi non imputabili, che sono i pi grandi. La responsabilit, per esempio,
per la scelta di una civilizzazione imperniata su condizioni con effetti
chiaramente deleteri per l'umanit. Una chiara colpevolezza a tali livelli lascia
intatta la responsabilit politica, gli interessi economici e l'assenso di tutti.
3. La responsabilit consapevole.

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L'etica della responsabilit si muove simultaneamente sul versante della
soggettivit, oltre la dimensione giuridica, e sul versante della istituzione, per
garantire la tutela della minorit. E' un conflitto di responsabilit che
attraversa il soggetto etico e che lo forma. Il problema diviene quindi quello
della consapevolezza, della coerenza e della fedelt. Potrebbe questo far
apparire che il versante pubblico e politico, istituzione di istituzioni, divenga il
contesto ideale per la coesione sociale, per la solidariet e la definizione di
regole comuni e condivise. Ma intanto una simile affermazione quanto mai
contraddetta oggi e ripropone la necessit di ricondursi sul versante della
responsabilit, della capacit di fedelt e di coerenza del soggetto.
Una responsabilit consapevole e a pi sfere, suppone soggetti capaci di
seguire regole e al tempo stesso, in casi estremi, di produrre azioni etiche
eccedenti le stesse regole stabilite inizialmente. Responsabilit consapevole,
dunque, come capacit di rispondere all'imprevisto, ad un surplus di richiesta,
attraverso una coerenza ragionevole.
Far credito al desiderio di coerenza tenere conto della incapacit del
soggetto a sopportare l'incoerenza oltre una certa soglia. E' il bisogno di
coerenza, infatti, a garantire una societ. Questo non elude il bisogno della
istituzione politica e giuridica di tale coerenza, ma mostra che il peso della
domanda di coerenza consapevole non pu essere caricato esclusivamente sul
polo istituzionale della responsabilit.
Il rischio di credere che possa esserci una responsabilit totale che pu
condurre ad un potere totale. E un potere totale e una signoria morale che
non esistono, sia per ritornare sugli effetti irreversibili delle nostre azioni
ormai avvenute, sia per simulare e fingere di non sapere sulle manipolazioni
di vario genere e sulle varie violenze praticate nella nostra realt.
b. Alcuni tratti e tipologie del concetto solidariet.
Questo concetto ha svolto e svolge nel pensiero degli ultimi due secoli un
ruolo importante. E' legato, nella sua origine e sviluppo, all'et dei Lumi che
attraversa e anima tutta la cultura europea. Nell'ambito cattolico, a partire
dalla Rerum Novarum del 1891 e dalla Quadragesimo Anno del 1931, questo
concetto diviene pietra angolare di ogni sistema di giustizia sociale e
universale. E' cos evidente che i termini solidale-solidariet risultano
relativamente recenti e conservano la stessa radice linguistica e lo stesso
senso in molteplici contesti culturali: l'inglese solidarity, il tedesco
solidaritaet, l'olandese solidariteit, il polacco solidarnosc...
Proviamo
a
darne
una
qualche
definizione:
le
espressioni
solidariet/solidale si applicano alle situazioni in cui molte persone entrano in
comunione di interessi e responsabilit e dipendono tra loro reciprocamente
in modo tale che ci che interessa l'una, nel bene o nel male, riguarda anche
tutte le altre.
In ragione di questa traccia possono essere segnalati alcuni tratti distintivi
di questo nostro concetto:

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1. La solidariet implica una comunanza di interessi cos molteplice tanto da
poter non essere ben valutata da uno sguardo puramente esterno;
2. Emerge dalla convinzione che un singolo o un gruppo troppo debole per
raggiungere gli obiettivi prefissati;
3. Prevede la diretta partecipazione, la implicanza, agli sforzi da compiere in
difesa di interessi comuni, con conseguente capacit di privazione o sacrificio;
4. L'impegno che nasce da un rapporto di solidariet non pu rimanere saldo
senza una libera, esplicita, scelta dei soggetti interessati, con conseguente
valutazione morale sui valori implicati.
Si pu notare che, malgrado una definizione abbastanza realistica, il
concetto permane fluttuante e consente, di fatto, una sua diversificata
applicazione, in quanto, non tutti e non sempre gli elementi segnalati trovano
diretta e globale concretizzazione.
Ulteriori precisazioni nascono da una serie di tipologie, a carattere
psicologico e sociale, che identificano in concreto questo nostro concetto:
1. Distinzione tra solidariet in quanto fatto naturale e quella intesa come
virt. In questo primo caso essa esiste indipendentemente dalla nostra
volont. Scaturisce dalle condizioni fisico-biologiche, economiche e politiche,
intellettuali e morali nelle quali la nostra natura ci ha collocato.
Per questa solidariet naturale, l'individuo ha dei doveri di dedizione e
abnegazione in quanto doveri di semplice giustizia e molto diversi da quelli
derivanti dalla solidariet-virt.
2. Distinzione tra solidariet materiale e solidariet morale. Questa prima,
detta anche attiva, si impegna in atti concreti; la seconda, invece, si limita
all'appoggio morale espresso in atti di adesione, in segni di approvazione, di
incoraggiamento.
3. Valutazione del tipo di solidariet in ragione delle facolt della persona
umana: solidariet cognitiva, volitiva, affettiva, motrice.
4. Determinazione del tipo di solidariet che scaturisce dalle diverse
aggregazioni sociali.
c. Giustizia sociale.
Significato complesso (teologico-giuridico).
Idea generale di Giustizia.
Giustizia specifica, determinante per l'etica sociale, tre nuclei principali:
Nozione di giustizia.
Definizione di Simonide: giustizia dare a ciascuno il suo.
Definizione di Platone: giustizia fare ciascuno il suo.
Definizione di Ulpiano: giustizia ferma volont di dare a ciascuno il suo.

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Elementi specifici di etica sociale sono:


2. stretta esigibilit (dovuto)
3. uguaglianza.

1. alterit

Condizioni necessarie: 1. uguaglianza valore oggettivo (atti esterni)


2. uguaglianza atto personale (rettitudine interna)
3. uguaglianza sia atto esterno che atto interno, un
adeguarsi all'oggetto (giusto mezzo)
Divisione del concetto
Tre sistemi di relazione:
1. tra persone o gruppi sociali.
2. tra la societ ed i suoi membri.
3. tra membri particolari e societ.
Quindi tre criteri di giustizia:
1. giustizia che riguarda soggetti particolari (commutativa)
2. giustizia che riguarda i membri di una societ (distributiva)
3. giustizia generale (legale)
Giustizia commutativa: soggetto la persona privata (o anche la societ
come persona giuridica), vi esigenza di equivalenza assoluta e di equilibrio
che si basano su delle obbligazioni.
Giustizia distributiva: soggetto passivo la persona rispetto alla societ che
con i suoi organi ufficiali ripartisce benefici ed uffici fra i suoi membri.
Giustizia legale: ha per oggetto il Bene Comune a cui ognuno deve
contribuire proporzionalmente, che significa:
1.
2.
3.
4.

evitare l'eccessiva soggettivizzazione


concretizzare l'oggetto
rigida esigibilit
alterit

Giustizia come cifra dell'etica sociale.


Significa
*capacit critica in cui il legale non prevale sull'etico
*dinamica di cambiamento ossia umanizzazione.
d. Bene Comune.
Il Bene Comune l'orientamento etico della realt sociale; la configurazione
pi esplicita e ideale di tale realt. Per meglio offrirne le linee di definizione,
se ne presentano tratti e caratteristiche.
1. Funzioni.
Il Bene Comune si esprime attraverso varie funzioni: etica, quando esprime il
valore normativo della realt sociale; finalistica, quando una meta da
conseguire; mitica, quando un modello che concretizza l'idealit e si esprime
attraverso scelte concrete.

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2. Nozione formale.
Il Bene Comune vive in un equilibrio da definirsi costantemente tra
dimensione individuale e dimensione sociale. La dimensione individuale: un
bene non omologabile a beni particolari, che a loro volta possono essere
compresi alla luce del Bene Comune. La dimensione sociale: un bene non
astratto ma legato agli individui, n omologabile ad un idea totalizzante
(razza, nazione etc)
E' un bene della persona in quanto relazionate ed orientate alla realizzazione
di un progetto unitario di cui possano giovare tutti. La nozione di Bene
Comune si evidenzia quando il bene personale ed il progetto sociale si
armonizzano e convengono, perch allora il Bene della Comunit coincide con
quello dei singoli.
3. Contenuto.
Perch abbia una funzione etico-critica necessario pensarlo non solo nei
beni economici (benessere), ma nella qualit della vita sociale, ossia nel
complesso di beni, di fini e di condizioni a cui tutti possono partecipare.

4. Bene Comune e opzioni sociali.


Il Bene Comune dipende dalle opzioni sociali e a sua volta le condiziona.
Opzioni che devono essere dunque umaniste e personaliste ovvero solidali e
sussidiarie. Il bene comune assume alcuni specifici caratteri operativi:
pluralista e democratico; dinamico (tra storia passata ed obiettivi futuri);
intenzionale e soggettivo (opera della volont, ma anche di giuste strutture
sociali); totalizzante e individuale (espressione della singola persona, ma
articolato in un orizzonte pi ampio di senso).

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