Larte non pu vivere che dentro un processo di liberazione.

Per costruire arte bisogna costruire liberazione nella sua figura collettiva
Toni Negri, Arte e Moltitudo

Il MAAM, il Museo dell'altro e dell'altrove di Metropoliz, citt meticcia, viene istituto a Roma il 26
maggio del 2012.
I suoi locali si situano nell'ex stabilimento, dismesso da venti anni, dellex salumeria Fiorucci, sito
in via Prenestina 913.
Questa struttura venne occupata da circa 200 persone il 28 marzo 2009 grazie alla volont dei BPM,
i Blocchi Precari Metropolitani, collettivo romano che da anni si mobilita nel fornire una soluzione
abitativa, anche se illegale, a chi non ha un luogo in cui vivere.
Gli abitanti della fabbrica abbandonata hanno ribattezzato questo luogo Metropoliz, la citt
meticcia, a sottolineare l'intenzione di istituire una citt nuova, con un nuovo modello di convivenza
sociale e abitativa.
Il MAAM, museo assolutamente unico nel suo genere e nella sua storia, collocato dunque in una
realt abusiva, in un contesto di occupazione abitativa, portato avanti da migranti, disoccupati,
precari, emarginati di tutte le nazionalit: dagli italiani che hanno perso il lavoro e non hanno pi
risorse per garantirsi un mutuo o un affitto, agli emigrati di origine eritrea, marocchina, ucraina,
peruviana giunti nel nostro paese in cerca di una vita migliore e, per la prima volta all'interno di
un'occupazione in cui vivono famiglie italiane, anche una comunit di rom rumeni.
Il contesto sociale dove ha dimora questo museo gi sufficiente da solo a definire la realt, dove si
svolgono e sviluppano gli interventi degli artisti, unica.
Il curatore del MAAM, Giorgio De Finis, fotografo, antropologo, videomaker, curatore d'arte
contemporanea indipendente, ha procurato alla fabbrica la soluzione alla minaccia dello sgombero.
Come un Ulisse moderno, ha fornito alla cittadella di Metropoliz l'arma migliore per vincere la
guerra: l'intelligenza di un'idea.
Lo sgombero di centinaia di famiglia, che occupano abusivamente una fabbrica abbandonata, ma
con un proprietario che ha nome e cognome non avrebbe destato alcuno scandalo, avrebbe forse
occupato qualche riga in qualche foglio di giornale.
Lo sgombero di centinaia di opere d'arte per non sarebbe mai potuto passare sotto silenzio.
Ecco dunque come l'arte, in questa vicenda unica che non ha paragoni n in Italia n all'estero, si
amalgamata nel tessuto sociale, ne diventata il portavoce, si fatta baluardo e bandiera di un
messaggio ben preciso, fornendo inoltre a se stessa una nuova identit: non pi mera speculazione
intellettuale, ma partecipazione sostanziale e concreta ai fatti di ogni giorno.
Al MAAM l'arte non si fatta da parte, ma si schierata in maniera netta e senza ambiguit verso il
mondo con cui vuole stare e che vuole rappresentare.