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LA TESTIMONIANZA

"Ecco la mia notte da incubo"


Ora per ora, cronaca dalla A1
Il racconto di uno degli inviati di "Repubblica" rimasto bloccato dopo Firenze. La notte al gelo e
tra la neve, senza nessun aiuto per ore. I racconti e gli espedienti degli automobilisti. "E la
radio dice: non muovetevi". Ma siamo gi qui! di MEO PONTE

PERUGIA - Io c'ero. E vorrei tanto non esserci stato. Nel finire prigionieri di un'autostrada ghiacciata non
c' nulla di eroico o di avventuroso. In pi ti senti dare dell'incosciente da tutti, dal responsabile della
Protezione Civile ai dj della stazione radio specializzata in traffico. Tu sei li al gelo e in coda e loro ripetono:
"Non mettetevi in viaggio, fatelo solo per motivi gravi e partite attrezzati. Gomme termiche montate e catene
a bordo". A queste condizioni per io sarei a posto. Un motivo grave ce l'ho: parto per lavoro. E anche le
catene sono a bordo. Mi fanno compagnia perch non ho la minima idea di come si montino. Alle nove di
venerd per io da Torino parto per Perugia. Nevica gi ad Alessandria per il traffico scorre bene. I mezzi
antineve sono all'opera di buon'ora. Uno mi gratifica di un lancio di sale sulla fiancata. Dicono che porti bene.
Genova e quel labirinto che chiamano autostrada per gi nel caos. Fila comunque tutto liscio sino a
Carrodano dove un tabellone enorme ti avverte che obbligatorio avere le catene a bordo ("Ce l'ho, ce l'ho")
e dove scopri che comunque il maltempo ti ha gi fatto cumulare un'oretta di ritardo rispetto al solito
quando fai Torino-Perugia in cinque ore. Alle 11 dovresti essere gi a Lucca e invece sei ancora a Carrodano.
Perlomeno vai. Da Lucca l'autostrada gi Via Crucis. Ci vuole una vita per arrivare a Prato est e rischi di
saltare lo svincolo per Roma. E sarebbe
una fortuna perch riesci appena ad imboccare la bretella e ti areni l, sulla neve. Di solito la coda la si trova
dopo Scandicci perch lo sanno tutti che quello svincolo un tappo dove approda chi arriva da Milano,
Genova e Torino e quelli che sono invece partiti da Bologna, Parma. Venerd alle 17 per ci si blocca ben
prima della corsia ristretta per gli eterni lavori del passante.
Si resta l, l'auto che anche in prima pattina sui dieci centimetri di neve che coprono l'asfalto. Intorno a te ci
sono Tir ansimanti, famigliole strette su un'utilitaria, stranieri che gremiscono un pulmino Volkswagen. Tutte
gente che prima hai maledetto perch ti hanno sorpassato sulla destra o ti hanno fatto i fari per invitarti a
correre. Ora hanno delle facce. Parli con loro perch condividono la tua condizione di prigioniero. Condizione
che dapprima non ti chiara: speri che la sosta sia temporanea. Pensi: "Siamo andati sulla Luna, vuoi che
un po' di neve fermi un'autostrada?". Invece proprio cos. E tu che ingenuamente avevi convinto due
fratelli calabresi, Salvatore e Angelo Agostino, a scendere dal loro camion e a montarti le catene con uno
sguardo compassionevole per la tua imbrataggine ti rendi conto che per ora le catene sono inutili. E lo
saranno sino alle tre di notte. Resterai in quello svincolo innevato e senza traccia di pala (meccanica o
manuale lo stesso) per dieci ore.
Le prime due le passi a farti raccontare la storia dei fratelli Agostino che ti offrono un arancio e ti spiegano
che per non pagare il pizzo fanno i falegnami pendolari. Costruiscono in Calabria e montano in Liguria.
Ascolti anche il ragazzo di Avellino che vive a Montpellier e che ha stipato moglie e due figlie su una Peugeot

microscopica e che dice: "Faccio il muratore ma suono pure la chitarra. Stile latino. Se ci fermiamo tanto la
tiro fuori e suono qui". Trovi simpatico anche l'autista del mastodontico Tir con rimorchio che fa il CB con il
nome di Baffo arrabbiato e che pare l'unico a sapere perch non ci muove. "C' un camion rovesciato a
Incisa, l'autista morto. Aspettano il magistrato. E' successo alle 14". Le informazioni per sono confuse: il
camionista in realt morto a Cortona, i Tir "intraversati" come dicono alla radio sono pi vicini. Il freddo
per ti spinge in macchina dove puoi finalmente capire l'utilit che cappuccio del parka che hai tolto perch
fa troppo Inuit. Avercelo ora ti farebbe somigliare ad un'eschimese ma avresti la testa asciutta. In pi
cominci a fare l'elenco delle cose di cui hai bisogno: una coperta prima di tutto. Pensare che negli anni '60
non mancava mai il plaid a bordo. Qualcuno lo portava arrotalato anche sul sellino della Gilera. E poi cibo e
acqua. Hai contato troppo sulla regolarit delle aree di servizio. Ora sono isole irraggiungibili. In pi oltre a
capire per la prima volta che cosa prova un detenuto (aspettare in un luogo ristretto che qualcuno ti dica vai)
ti rendi conto di quanti bisogni ha il tuo corpo. Per la pip non c' problema. Uno che sta andando a Caserta
su un'Audi ammette di aver tagliato una bottiglia di acqua minerale. E se ti accosti al guard rail nessuno ci fa
caso. Per il resto pi difficile. Bisognerebbe aver la disinvoltura della signora di Montpellier che scavalca il
guard rail e si accovaccia nella cunetta.
Quello che ti manca veramente l'informazione. Alla radio parlano di tutte le code del mondo tranne che di
quella che ti tiene prigioniero e che vanta gi ottanta chilometri. "Otto chilometri a Pisa nord" li senti dire e
capisci che potresti azzannarli. Parlano del Veneto, di Bolzano persino del raccordo anulare di Roma ma di
questo cuore d'Italia paralizzato dalla neve manco una parola. In compenso dicono che le persone in coda
sono assistite dalla protezione civile con viveri di conforto e coperte. Sino alle tre di notte non vedo nessuno,
se non ombre che spinte dal bisogno raggiungono l'area di servizio pi vicina a piedi. Un agente della
Polstrada mi illude: "In galleria tutto a posto, ora ci muoviamo". Dopo due ore sospetto che l'abbia detto
per evitare il linciaggio.
Alle tre finalmente ci muoviamo. E' una partenza spontanea. Per tutti, tranne che per me dato che l'autista
che ho davanti si addormentato. Sino all'area di Chianti tocca fare lo slalom. Fortuna che mi hanno
montato le catene. Non riesci neanche a prendere un caff. La coda di ottanta chilometri si trasferita alla
cassa. Sino a Firenze sud si va. Piano ma si va. Poi Improvvisamente lo stop. Resti l sino alle cinque. Due
vigili del fuoco appaiono dal buio e ti danno una coperta dicendo: "La tenga per ricordo di questa notte". Alle
cinque si riparte per arriva ad Incisa poi nuovamente fermi per ore. C' un tabellone luminoso che ordina a
chi non ha catene n gomme termiche ad uscire obbligatoriamente a Regello. Rischio. Le catene le ho tolto e
non sono riuscito a convincere un gruppo di studenti romani a rimontarle. Si va nell'epicentro della tempesta.
Da Incisa a Valdarno, 17 chilometri si va in prima, massimo seconda. Alle otto alla radio il direttore del
troncone autostradale toscano ha giurato di aver mobilitato il mondo. Ha persino detto: "Anche gli impiegati
sono sulla strada da ieri". Non certo nel tratto che da Incisa va ad Arezzo. L c' coda su entrambe le
direzioni. L'asfalto coperto da una coltre di ghiaccio sedimentato e neve. Si va a passo d'uomo. Quando
raggiungi Arezzo il mondo torna normale. Puoi inserire la terza e vedere l'asfalto sotto le tue ruote. C'
anche il sole ma gi sabato. Mezzogiorno. Dovrei uscire a Val di Chiana ma due Tir rovesciati hanno
bloccato la strada. Esco a Chiusi. Al Casello c' un uomo di mezza et simpatico che dice: "Se ha il telepass
lo disattivi. Se ha il biglietto lo dia a me. Oggi non si paga". La mia anima genovese esulta, ma solo per un
momento. Poi la rabbia riprende il sopravvento.
(18 dicembre 2010) Riproduzione riservata

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