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N.

57

MINIMANUALI

Ottobre 2015
Anno XII
DIRETTORE
CRISTINA PECCHIOLI

Manuale Tecnico-giuridico di In-formazione e Documentazione


per RSPP, RLS, Giuristi, Operatori, Tecnici e Medici della Prevenzione

SPECIALE
SEVESO 3 E DINTORNI

FOCUS
Legislazione sul controllo del pericolo di incidenti rilevanti connessi con sostanze pericolose (E. Galatola)
La gestione della prevenzione incendi negli stabilimenti a rischio di incidenti rilevanti di soglia superiore:
una proposta operativa (A. Romano, G. Romano, V. Romano, F. Arzuffi)
Rifiuti che possono trovarsi in stabilimenti con propriet similari alle sostanze pericolose individuate
nellallegato I del D.Lgs. 105/2015 (C. Paolella)
RSPP e Decreto Legislativo 105/2015 (F. Rossi)
La giurisprudenza della Cassazione sulla Normativa Seveso (A. Guardavilla)

ESPERIENZE DI SUCCESSO
Comunicazione: esigenza o opportunit? (G. Caputo)

www.amblav.it

GLI ESPERTI RISPONDONO

Rivista Ambiente e Lavoro

2010

IN QUESTO NUMERO

INDICE

FOCUS
Legislazione sul controllo del pericolo di incidenti rilevanti
connessi con sostanze pericolose (E. Galatola)
La gestione della prevenzione incendi negli stabilimenti a rischio
di incidenti rilevanti di soglia superiore:
una proposta operativa
(A. Romano, G.Romano, V. Romano, F. Arzuffi)
Rifiuti che possono trovarsi in stabilimenti con propriet
similari alle sostanze pericolose individuate nellallegato I
del D.Lgs. 105/2015 (C. Paolella)
RSPP e Decreto Legislativo 105/2015 (F. Rossi)
La giurisprudenza della Cassazione sulla Normativa Seveso
(A. Guardavilla)

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ESPERIENZE DI SUCCESSO
Comunicazione: Esigenza o opportunit? (G.Caputo)

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GLI ESPERTI RISPONDONO

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Rivista Ambiente e Lavoro


Manuale Tecnico-Giuridico di In-Formazione e Documentazione
Editore e propriet Associazione Ambiente e Lavoro
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633/72.
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LEGISLAZIONE SUL CONTROLLO DEL


PERICOLO DI INCIDENTI RILEVANTI
CONNESSI CON SOSTANZE PERICOLOSE

D.LGS. 26/6/2015 N. 105 RECEPIMENTO DELLA DIRETTIVA 2012/18/UE DEL


4/7/2012, COSIDDETTA SEVESO III
di Edoardo Galatola*

Approvato il testo della Nuova Direttiva Seveso


La DIRETTIVA 2012/18/UE DEL PARLAMENTO
EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 4 luglio 2012
stata pubblicata sulla Gazzetta ufficiale dellUnione
europea serie L 197/1 del 24.7.2012; modifica e abroga la direttiva 96/82/CE del Consiglio.
Il Governo ha approvato il DECRETO LEGISLATIVO
Governo 26 giugno 2015 n 105 Attuazione della direttiva 2012/18/UE relativa al controllo del pericolo di
incidenti rilevanti connessi con sostanze pericolose,
emanato dal Presidente della Repubblica e pubblicato
su: Gazz. Uff. Suppl. Ordin. n 161 del 14/07/2015, per
cui entrato in vigore a far data dal 29 luglio 2015.
Il Decreto detta disposizioni finalizzate a prevenire
incidenti rilevanti connessi a determinate sostanze
pericolose e a limitarne le conseguenze per la salute
umana e per lambiente, sostituisce ed abroga il
Decreto Legislativo 17 agosto 1999, n.334 e interessa
gli stabilimenti con presenza di sostanze pericolose
oltre determinati limiti.
Obiettivo del D.Lgs. 105/15
La modifica del testo comunitario scaturita dalla
necessit di adeguare la Direttiva 96/82/CE al
Regolamento CLP su Classificazione, Imballaggio ed
Etichettatura
delle
sostanze
chimiche
(1272/2008/CE).
Il D.Lgs. 105/15 ha recepito il testo comunitario e si
proposto di costituire un Testo Unico, comprensivo
dei decreti attuativi e di aumentare il raccordo con le
altre norme sulla sicurezza e igiene del lavoro.
Sono stati recepiti integralmente gli allegati comunitari, tradotti da 1 a 6. Sono stati quindi introdotti i
decreti applicativi della D.Lgs. 334/99 e i nuovi standard tecnici come Allegati da A ad M.
Nella sua stesura il Decreto partito dal concetto del
trasferimento alle Regioni delle funzioni amministrative relative alle attivit a rischio di incidente rilevante, previsto allarticolo 72 del decreto legislativo n.
112/1998, ma ha preso atto che tale trasferimento non
si ancora realizzato e che tali funzioni sono state
esercitate sino ad oggi, dallo Stato (Ministero dellinterno, tramite il CNVVF e le Prefetture). In considerazione di ci il decreto conferma lassetto delle com* Sindarl s.r.l. Lodi

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petenze previsto dal decreto legislativo n.334/99, ed


attribuisce, fino allavvenuto trasferimento alle regioni delle funzioni di cui allarticolo 72 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n.112, al Ministero dellinterno le funzioni istruttorie e di controllo sugli stabilimenti di soglia superiore, mentre alle Regioni quelle
per gli stabilimenti di soglia inferiore.
Ulteriori principi seguiti sono la congruenza, per
quanto possibile, con il D.Lgs. 334/99 e il coordinamento di amministrazioni e organi tecnici coinvolti.
Generalit
Campo di applicazione (Art. 2)
Il decreto si applica agli stabilimenti, come definiti
allarticolo 3 comma a, soggetti al controllo di un
gestore nei quali sono presenti sostanze pericolose
allinterno di uno o pi impianti, comprese le infrastrutture o le attivit comuni o connesse. Gli stabilimenti sono di soglia inferiore o di soglia superiore.
Per presenza di sostanze pericolose (art. 3 comma
n) si intende la presenza, reale o prevista, di sostanze
pericolose nello stabilimento, oppure di sostanze pericolose che ragionevole prevedere che possano essere generate, in caso di perdita del controllo dei processi, comprese le attivit di deposito, in un impianto in
seno allo stabilimento, in quantit pari o superiori alle
quantit limite previste nella parte 1 o nella parte 2
dellallegato 1 del D.Lgs. 105/15 e s.m.i.
Suddivisione in classi
Di seguito vengono elencate le diverse classi nellaccezione della previgente normativa (D.Lgs. 334/99) e
di quella attuale (D.Lgs. 105/15).
Classificazione ai sensi del
D.Lgs. 334/99

Classificazione ai sensi del


D.Lgs. 105/15

Art.8

Stabilimento di Soglia
Superiore

Art. 6

Stabilimento di Soglia
Inferiore

Art. 5

Esenzione

Esenzione

Esenzione

Tabella 1 Schema di suddivisione in classi secondo gli obblighi


del D.Lgs. 334/99 e D.Lgs. 105/15

Sostanze pericolose
Definizione
Si definiscono sostanze pericolose, le sostanze o
miscele di cui alla parte 1 o elencate nella parte 2 dellallegato 1, sotto forma di materie prime, prodotti,
sottoprodotti, residui o prodotti intermedi.
La base della norma pertanto lidentificazione di
quali siano le sostanze pericolose di riferimento. Le
direttive 67/548/CEE e 1999/45/CE sono state sostituite dal regolamento (CE) n. 1272/2008 del
Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre
2008, relativo alla classificazione, alletichettatura e
allimballaggio delle sostanze e delle miscele, che
attua allinterno dellUnione il sistema generale armonizzato di classificazione ed etichettatura dei prodotti
chimici (Globally Harmonised System of
Classification and Labelling of Chemicals) adottato a
livello internazionale nellambito della struttura delle
Nazioni Unite (ONU). stato pertanto necessario
modificare lallegato I della direttiva 96/82/CE per
renderlo conforme al regolamento.
Risulta evidente che lindividuazione delle soglie
pi complessa. Tra laltro non vi pi corrispondenza
biunivoca tra classe Seveso e frasi di rischio (frasi H
che hanno sostituito le frasi R). La frase H330, ad es.,
corrisponde a tossicit acuta Categoria 1 o 2. Poich
per la Categoria 1 prevista una soglia e per la
Categoria 2 ne prevista unaltra, ne consegue che
anche la frase H non individua univocamente la classe Seveso.
Elenco delle Sostanze pericolose per lapplicazione
della direttiva
Le sostanze, miscele e preparati di riferimento sono
individuati nellAllegato 1 suddiviso a sua volta in
due parti: la parte prima che individua le caratteristiche di pericolosit di interesse per la normativa e la
parte 2 che elenca nominalmente alcune sostanze.
Lordine dei due allegati, rispetto alla direttiva
96/82/CE, stato invertito.
Qualora una sostanza pericolosa sia compresa nella
parte 1 e sia elencata anche nella parte 2, si applicano le
quantit limite di cui alle colonne 2 e 3 della parte 2.
Somma pesata delle sostanze
Ai fini dellapplicazione della nota 4 dellAllegato I
(somma delle sostanze), occorre effettuare la media
pesata, sostanza per sostanza, dei rapporti tra quantit
e soglia, al fine di verificare leventuale superamento
dellunit.
Questa regola va utilizzata per valutare i pericoli per
la salute, i pericoli fisici e i pericoli per lambiente. Di
conseguenza, deve essere applicata tre volte:

Sezione H PERICOLI PER LA SALUTE


Sezione P PERICOLI FISICI
Sezione E PERICOLI PER LAMBIENTE
Novit ed elementi salienti del nuovo dettato normativo
Competenze
I ministeri di riferimento diventano due: Il Ministero
dellAmbiente e del mare e il Ministero dellInterno.
Il rafforzamento del ruolo di indirizzo e coordinamento attribuito al MATTM avviene attraverso una definizione pi puntuale dei suoi compiti e attraverso listituzione, presso il medesimo Ministero, di un
Coordinamento per luniforme applicazione sul territorio nazionale della normativa.
Per quanto riguarda invece il Ministero dellinterno,
lespletamento delle sue funzioni avviene attraverso
listituzione, nellambito di ciascuna regione, di un
Comitato tecnico regionale (CTR), congruentemente
al precedente ordinamento.
Il CTR, relativamente agli stabilimenti di soglia superiore, effettua le istruttorie sui rapporti di sicurezza e
adotta i provvedimenti conclusivi; programma e svolge le ispezioni ordinarie di cui allarticolo 27 e adotta
i provvedimenti discendenti dai relativi esiti; applica,
tramite la Direzione regionale o interregionale dei
Vigili del fuoco, le sanzioni amministrative pecuniarie
di cui allarticolo 28; fornisce al Ministero dellambiente e della tutela del territorio e del mare le informazioni necessarie per gli adempimenti di cui allarticolo 5 e allarticolo 27, comma 13.
Per gli Stabilimenti di Soglia inferiore in modo analogo operano le Regioni, che per possono anche delegare tale funzione.
Novit introdotte
Valutazione dei pericoli di incidente rilevante per una
particolare sostanza pericolosa (art. 4)
una novit introdotta dalla direttiva comunitaria.
Elimina lautomatismo per cui se una sostanza in
Allegato 1 anche in assenza di pericolo debba essere analizzata lo stesso. Le disposizioni affidano al
Ministero dellambiente il compito di effettuare
listruttoria sui pericoli connessi ad una determinata sostanza, su proposta del gestore o di altro soggetto interessato, per poi comunicare il tutto alla
Commissione europea che, se del caso, presenter
una proposta legislativa al Parlamento europeo e al
Consiglio per escludere la sostanza pericolosa interessata dallambito di applicazione della direttiva.
Il procedimento estremamente lungo, ma soprattutto la finalit la dimostrazione della totale
esclusione dei rischi, di conseguenza sembra di
difficilissima attuazione.

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Coordinamento per luniforme applicazione sul territorio nazionale (art. 11)


Al comma 1 prevista la costituzione, presso il
MATTM, del Coordinamento per luniforme applicazione sul territorio nazionale della normativa
Seveso. una novit di forte rilevanza (non prevista esplicitamente nel testo comunitario). Serve a
garantire quelluniformit di applicazione della norma
che spesso non stata riscontrata nellordinamento
precedente. uno strumento operativo che si spera
semplifichi e snellisca liter applicativo.
Sono previsti rappresentanti di vari Ministeri ed
organi tecnici e, a livello consultivo, di rappresentanti di portatori di interesse, fondamentali per fornire quella esperienza applicativa come riscontro
delle questioni da dipanare. I rappresentanti di portatori di interessi potranno inoltre raccogliere quesiti e proporli al comitato.
Adempimenti
Gli adempimenti previsti dal D.Lgs. 105/15 ricalcano
quelli gi richiesti dal D.Lgs. 334/99. Modalit applicative, tempistiche e dettagli sono per significativamente differenti.
Di seguito un approfondimento dei principali adempimenti.
Obblighi generali del gestore (Art. 12)
Il gestore di uno stabilimento (sia di SS che di SI)
tenuto ad adottare tutte le misure idonee a prevenire
gli incidenti rilevanti e a limitarne le conseguenze per
la salute umana e per lambiente.
Il gestore tenuto a dimostrare in qualsiasi momento alle autorit competenti e di controllo, in particolare ai fini delle ispezioni e dei controlli, ladozione
di tutte le misure necessarie previste dal presente
decreto legislativo.
Notifica (art. 13 e Allegato 5)
Il gestore dello stabilimento (sia di SS che di SI)
obbligato a trasmettere, con le modalit di cui al
comma 5, al CTR, alla Regione e al soggetto da essa
designato, al Ministero dellambiente e della tutela del
territorio e del mare tramite lISPRA, alla Prefettura,
al Comune, al Comando provinciale dei Vigili del
fuoco una notifica, redatta secondo il modulo riportato in Allegato 5. Poich nellAllegato D viene differenziato linvio di Notifica e Allegato 5, rispetto
allinvio del solo Allegato 5, (e cos anche per le sanzioni) sarebbe da arguire linvio di due documenti differenti; ci andrebbe per in contrasto con la definizione di modello unico. Si consiglia pertanto quantomeno di trasmetterla con una lettera di accompagnamento, almeno fino a quando i servizi di invio telematico non siano stati predisposti.

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La notifica viene aggiornata ogni cinque anni, 180 gg


prima della costruzione, 60 gg prima di ogni modifica
con possibile aggravio del rischio e in caso di chiusura o dismissione. Poich lAllegato 5 va trasmesso
anche per modifiche senza aggravio del rischio, una
possibile interpretazione che per queste modifiche
(in cui il cambiamento dellinventario ridotto) si
possa trasmetterla immediatamente prima. Questa
interpretazione per da verificare. In teoria la notifica va trasmessa anche ad ogni modifica delle informazioni contenute nellAllegato 5, il che pu essere di
ardua applicazione.
Politica di prevenzione degli incidenti rilevanti (Art.
14 e Allegato B)
Il gestore dello stabilimento (sia di SS che di SI) redige un documento che definisce la propria politica di
prevenzione degli incidenti rilevanti, allegando allo
stesso il programma adottato per lattuazione del
sistema di gestione della sicurezza; tale politica proporzionata ai pericoli di incidenti rilevanti, comprende gli obiettivi generali e i principi di azione del gestore, il ruolo e la responsabilit degli organi direttivi,
nonch limpegno al continuo miglioramento del controllo dei pericoli di incidenti rilevanti, garantendo al
contempo un elevato livello di protezione della salute
umana e dellambiente.
Il documento di cui al comma 1 redatto secondo le
linee guida definite allallegato B ed depositato presso lo stabilimento. LAllegato B chiarisce maggiormente (rispetto a quanto facesse il DM 9/8/2000)
scopo e contenuti del Documento di politica, in particolare precisando che il programma di attuazione ne
parte integrante solo nella prima stesura.
Sistema di Gestione della Sicurezza (Art. 14 e
Allegato B)
Il gestore predispone e attua la politica di prevenzione
degli incidenti rilevanti tramite mezzi e strutture idonei, nonch tramite un sistema di gestione della sicurezza, in conformit allallegato 3 e allAllegato B,
proporzionati ai pericoli di incidenti rilevanti, nonch
alla complessit dellorganizzazione o delle attivit
dello stabilimento. Il sistema di gestione della sicurezza predisposto e attuato previa consultazione del
rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.
Vengono indicati riferimenti che possono essere
seguiti per lattuazione del sistema, ma ne viene
lasciata libera la scelta; sistemi in conformit alle
norme UNI 10617 o OHSAS 18001 sono da considerare rispondenti alle specifiche. comunque opportuno procedere con unintegrazione dei sistemi adottati.
Informazione, formazione ed addestramento e equipaggiamento (Art. 14 comma 7 e Allegato B
Appendice 1)
Il gestore dello stabilimento (sia di SS che di SI) deve
informare ciascun lavoratore presente in stabilimento

sui rischi di incidente rilevante e sulle misure atte a


prevenirli o limitarne le conseguenze per la salute
umana e per lambiente.
Rapporto di sicurezza (Art. 15, 16, 17, 18 Allegato C,
Allegato 2)
Il gestore redige un rapporto di sicurezza (Solo stabilimenti di SS) che contiene il Documento di politica,
dimostra la conformit al SGS, individua i pericoli di
incidente rilevante e gli scenari connessi, descrive le
misure per prevenirli e per limitarne le conseguenze,
presenta il piano di emergenza interno, fornisce gli
elementi di interesse per la pianificazione urbanistica
ed il piano di emergenza esterna.
I contenuti minimi sono quelli precisati nellAllegato
2, ma i nuovi Rapporti di sicurezza sono redatti in
conformit alle specifiche dellAllegato C che ha
sostituito ed esteso quanto richiesto dallAllegato I al
DPCM 31/3/89 precedentemente in vigore.
Il rapporto di sicurezza deve essere redatto a partire
dal 1 giugno 2016. prevista ancora la presentazione
ed istruttoria in due step (preliminare e definitivo) ed
sempre soggetto ad autorizzazione. Occorre aggiornarlo almeno ogni 5 anni, per modifiche che potrebbero incrementare il rischio, a seguito di incidenti rilevanti e su esplicita richiesta dellautorit competente.
Per gli stabilimenti di soglia inferiore, in assenza di
obbligo del Rapporto di Sicurezza, occorre redigere
uno studio di sicurezza di contenuti similari a seguito
della cogenza del Sistema di Gestione della Sicurezza.
Comunicazione allautorit competente in materia
di valutazione di impatto ambientale (Art. 18,
Allegato D punto 1)
A seguito di modifiche che potrebbero costituire
aggravio del preesistente livello di rischio di incidenti rilevanti, cos come definite allallegato D,
occorre procedere, oltre al riesame e aggiornamento
di notifica e Allegato 5 (SS e SI), riesame e aggiornamento del Rapporto di Sicurezza (solo SS), ad una
comunicazione allautorit competente in materia di
valutazione di impatto ambientale, ai fini della verifica di assoggettabilit.
Modifiche che non costituiscono aggravio del preesistente livello di rischio di incidenti rilevanti (Allegato
D punto 2)
Per modifiche che non costituiscono aggravio del
rischio (n.a.r.) sia per stabilimenti di SS che di SI il
gestore deve presentare una documentata dichiarazione autocertificativa.
Per attivit, individuabili come impianti o depositi, di
cui allallegato I del DPR 151/11, lobbligo di presentazione della Scia assolto con la presentazione della
dichiarazione di non aggravio di rischio di cui allallegato D punto 2. Alla suddetta dichiarazione sono
allegati: a) la documentazione di cui agli allegati I e II

al DM 7.8.2012; b) lattestato di versamento degli


oneri di prevenzione incendi.
Per ogni modifica documentata occorre aggiornare
lAllegato 5.
Effetto domino (art. 19 e Allegato E parte 1)
Il CTR, in accordo con la regione o il soggetto da essa
designato individua gli stabilimenti o i gruppi di stabilimenti di soglia inferiore e di soglia superiore che
possono costituire Gruppo Domino Provvisorio. Gli
stabilimenti individuati producono congiuntamente e
trasmettono al Prefetto, entro quattro mesi dalla
comunicazione ricevuta, le informazioni necessarie
per gli adempimenti di cui al PEE. In caso venga individuato un Gruppo Domino Definitivo gli stabilimenti interessati coordinano i rispettivi documenti relativi
alla politica di prevenzione degli incidenti rilevanti, i
sistemi di gestione della sicurezza, i rapporti di sicurezza, i piani di emergenza interna.
Studio di sicurezza integrato darea (art. 19 e Allegato
E parte 2)
La definizione dello studio di sicurezza integrato darea
sviluppata nella parte 2 dellAllegato E. In particolare
vengono definite le aree ad elevata concentrazione di
stabilimenti, assoggettati agli obblighi di cui al presente
decreto, nelle quali il possibile effetto domino coinvolga gruppi di stabilimenti e le modalit predisposizione
dello studio di sicurezza integrato di area, finalizzato
alla predisposizione dei Piani di emergenza esterna, al
controllo dellurbanizzazione e allinformazione della
popolazione. Le modalit applicative saranno precisate.
Piano di emergenza interno (art. 20 e Allegato 4)
Per tutti gli stabilimenti SS il gestore tenuto a predisporre, previa consultazione del personale che lavora
nello stabilimento, ivi compreso il personale di imprese subappaltatrici a lungo termine, il PEI (piano di
emergenza interna).
Il piano di emergenza interna contiene almeno le informazioni di cui allallegato 4, punto 1, ed predisposto allo
scopo di controllare e circoscrivere gli incidenti in modo
da minimizzarne gli effetti e limitarne i danni per la salute umana, per lambiente e per i beni, mettere in atto le
misure necessarie per proteggere la salute umana e lambiente dalle conseguenze di incidenti rilevanti, informare
adeguatamente i lavoratori, e i servizi o le autorit locali
competenti, provvedere al ripristino e al disinquinamento
dellambiente dopo un incidente rilevante.
Per tutti gli Stabilimenti di SI il Piano di Emergenza
Interno (obbligatorio anche ai sensi del D.Lgs. 81/08)
deve gestire le eventuali emergenze allinterno dello
stabilimento connesse con la presenza di sostanze
pericolose secondo le procedure e le pianificazioni
predisposte dal gestore nellambito dellattuazione del
sistema di gestione della sicurezza di cui allarticolo
14 comma 5 e allallegato 3.

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Informazioni da fornire al Prefetto per la redazione


del Piano di Emergenza Esterna (Art. 21)
Per gli Stabilimenti di SS e SI il Prefetto, dintesa con
le regioni e con gli enti locali interessati, sentito il
CTR e previa consultazione della popolazione e in
base alle linee guida previste dal comma 7, predispone il PEE (piano di emergenza esterna) allo stabilimento e ne coordina lattuazione.
Il gestore ha lobbligo di fornire le informazioni
necessarie. Per gli SSS il piano predisposto sulla
scorta delle informazioni fornite ai sensi degli articoli
19, comma 3 (effetto domino), e 20, comma 4 (piano
di emergenza interno), e delle conclusioni dellistruttoria di cui allarticolo 17, ove disponibili; per gli
Stabilimenti di SI il piano predisposto sulla scorta
delle informazioni fornite ai sensi degli articoli 13
(notifica e Allegato 5)e 19, comma 3 (effetto domino),
ove disponibili.
Informazioni da fornire al Sindaco per la redazione
dellElaborato Tecnico RIR (Art. 22)
Il gestore ha lobbligo di fornire le informazioni al
Comune che redige lERIR, verifica la compatibilit e
aggiorna PGT/PRG secondo il DM 9/5/2001.
Per lespletamento delle attivit di pianificazione territoriale e urbanistica le autorit competenti, nellambito delle rispettive attribuzioni, utilizzano, secondo i
criteri e le modalit stabiliti nel decreto di cui al
comma 3, le informazioni fornite dal gestore, comprese quelle relative alle eventuali misure tecniche complementari adottate di cui al comma 2, lettera c), gli
esiti delle ispezioni svolte ai sensi dellarticolo 27 e le
valutazioni del CTR. A tal fine il gestore degli
Stabilimenti di SI fornisce, su richiesta delle autorit
competenti, informazioni sufficienti sui rischi derivanti dallo stabilimento ai fini della pianificazione territoriale.
Procedure semplificate di prevenzione incendi (art. 31
e Allegato L)
Per la fase NOF il gestore deve documentare ai sensi
del D.M. Interno 7 agosto 2012, le attivit di cui
allAllegato I al D.P.R. n. 151/2011, non individuabili
come impianti o depositi di cui allart. 3, D.Lgs. n.
105/2015, e presentare la relativa documentazione alla
Direzione regionale dei vigili del fuoco unitamente
allattestato di versamento degli oneri di prevenzione
incendi, relativi alle sole precedenti attivit.
Per la fase parere tecnico conclusivo, controlli prevenzione incendi e rilascio CPI, lobbligo di presentazione della SCIA di cui allart. 4, D.P.R. n.
151/2011, assolto con la presentazione del rapporto
di sicurezza nella versione definitiva, unitamente alle
certificazioni e dichiarazioni di cui allAllegato II al
D.M. 7 agosto 2012, per le attivit soggette al controllo dei Vigili del Fuoco non individuabili come impianto o deposito. Per queste ultime attivit il gestore deve

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presentare lattestato di versamento degli oneri di prevenzione incendi.


Per il riesame periodico del rapporto di sicurezza e
lattestazione di rinnovo periodico di conformit
antincendio, lobbligo di presentazione dellattestato
di rinnovo periodico di conformit antincendio, di cui
allart. 5, D.P.R. n. 151/2011, per le attivit individuabili come impianto o deposito, in possesso del CPI,
assolto con la presentazione del rapporto di sicurezza
aggiornato. Lobbligo di presentazione dellattestato
di rinnovo periodico di conformit antincendio, di cui
allart. 5, D.P.R. n. 151/2011, per le attivit non individuabili come impianto o deposito, in possesso del
CPI, deve essere assolto con dichiarazione di assenza
di variazione delle condizioni di sicurezza antincendio
di cui allart. 5 del D.M. 7 agosto 2012 e asseverazione di cui allart. 5 del D.M. Interno 7 agosto 2012.
Deroghe alle norme di prevenzione incendi: Le
regole tecniche alle quali si intende derogare e le
misure alternative devono essere espressamente indicate dal gestore in un apposito allegato al rapporto di
sicurezza.
Modifiche senza aggravio di rischio ai sensi
dellAllegato D al D.Lgs. n. 105/2015. Lobbligo di
presentazione della SCIA assolto con la presentazione della dichiarazione di non aggravio di rischi, con
allegati la documentazione di cui agli Allegati I e II al
D.M. 7 agosto 2012; lattestato di versamento degli
oneri di prevenzione incendi;
Per una serie di modifiche elencate nellAllegato L,
il gestore tenuto a richiedere al comando provinciale dei vigili del fuoco lesame del progetto, ai sensi
dellart. 3, D.P.R. n. 151/2011;
Le verifiche ispettive (art. 27 e Allegato H)
Le disposizioni in materia di ispezioni ampliano ed integrano notevolmente quelle del D.Lgs. n. 334/1999;
viene predisposto un piano nazionale per le ispezioni
degli stabilimenti di SS (a cura del Ministero
dellInterno, Direzione nazionale dei VVF in collaborazione con ISPRA) e piani regionali per gli stabilimenti di SI (a cura delle Regioni). In base ai piani i
CTR, coordinati con le Regioni, stilano i programmi
di ispezione. Le frequenze massime sono conformi al
dettato comunitario. In base a criteri di priorit e pericolosit queste frequenze possono ridursi. Vengono
date tempistiche da rispettare per il completamento
delle ispezioni e la trasmissione dei relativi rapporti.
Infine viene affermato il principio per cui possono non
essere analizzati sempre tutti punti della norma. Nell
Allegato H sono riportati i criteri applicati e le check
list di verifica.
Informazioni al pubblico (artt. 23 e 24)
Si tratta delladeguamento alla Convenzione di
Aarhus del 1998 (UNECE), relativa allaccesso alle
informazioni, alla partecipazione del pubblico ai pro-

cessi decisionali e allaccesso alla giustizia in materia


ambientale, nonch alle direttive comunitarie di recepimento della convenzione (direttive 2003/4/CE e
2003/35/CE).
Disposizioni tariffarie (art. 30, Allegato I)
Vengono indicate disposizioni sulle tariffe da applicare in relazione alle istruttorie tecniche di cui agli
artt. 17 e 18, comma 1, lett. b), alle ispezioni di cui
allart. 27, alle istruttorie relative alle proposte di
valutazione dei pericoli di incidente rilevante per
una particolare sostanza pericolosa di cui allart. 4,
nonch ai servizi connessi con la verifica delle
informazioni inviate dai gestori ai sensi dellart. 13

e finalizzate alla predisposizione dellInventario


degli stabilimenti suscettibili di causare incidenti
rilevanti, di cui allart. 5, comma 3.
Norme finali e transitorie (art. 32)
Il comma 1 prevede una disposizione transitoria per la
conclusione delle procedure relative alle istruttorie e
ai controlli di cui al decreto legislativo 17 agosto
1999. n. 334, e successive modificazioni, in corso alla
data di entrata in vigore del presente decreto presso le
autorit competenti, previo adeguamento, ove necessario, alle disposizioni del presente decreto.
Vengono quindi indicati i criteri per gli aggiornamenti degli Allegati e la rideterminazione delle tariffe.

2015

LA GESTIONE DELLA PREVENZIONE INCENDI


NEGLI STABILIMENTI A RISCHIO DI INCIDENTI
RILEVANTI DI SOGLIA SUPERIORE:
UNA PROPOSTA OPERATIVA
di Alfredo Romano, Giovanni Romano, Viviana Romano, Francesca Arzuffi

PREMESSA
Levoluzione di un incendio ben difficilmente segue le
logiche complesse delle leggi e dei decreti ed ugualmente difficile che lo sviluppo successivo possa fare
distinzione tra attivit di cui allallegato I del DPR
151/2011 o in area a rischio di incidente rilevante,
oppure, aspetto poco considerato, da attribuire alla
normale prevenzione incendi e non soggette al controllo dei VVF.
Ci premesso, dopo anni di non facile gestione della
normativa prevenzione incendi, con conseguenti
difficolt nellapplicazione delle stesse procedure di
prevenzione incendi, che hanno comportato non
pochi ostacoli nella gestione del completamento
delle fasi istruttorie ed il conseguente rilascio del
certificato di prevenzione incendi, il recente
Decreto Legislativo del 26 giugno 2015, n105
Attuazione della direttiva 2012/18/UE relativa al
controllo del pericolo di incidenti rilevanti connessi
con sostanze pericolose, entrato in vigore il 29
luglio 2015, pur con alcuni limiti applicativi, costituisce unoccasione unica per migliorare la prevenzione incendi nella forma procedurale ma soprattutto negli aspetti sostanziali applicativi.
Il recente decreto infatti costituito da numerosi allegati di carattere tecnico necessari per la sua applicazione. Tra i pi rilevanti si citano:
- Allegato C: Criteri e informazioni per la redazione e
la valutazione del Rapporto di Sicurezza e del
Rapporto preliminare di sicurezza;
- Allegato D: Individuazione di modifiche di impianti,
di depositi, di processi o della natura o della forma
fisica o dei quantitativi di sostanze pericolose che
potrebbero costituire aggravio del preesistente
livello di rischio di incidenti rilevanti, nonch procedure e termini di cui allarticolo 18, comma 2;
- Allegato L: Procedure semplificate di prevenzione
incendi per gli stabilimenti di soglia superiore.
Il nuovo decreto ha finalmente unificato i percorsi
delle attivit soggette a controllo dei VVF pur facendo distinzione tra attivit di cui allallegato I del DPR
151/2011:
- individuabili come impianti e depositi oggetti di analisi di rischio nel rapporto di sicurezza;
- non individuabili come impianti e depositi.
* TRR srl Osio Sotto (BG)

10

2015

I gestori hanno inoltre la facolt di unificare in un


unico percorso la prevenzione incendi anche in relazione allart. 46, alla Sez. VI del D.Lgs. 81/2008 e
s.m.i., per tutte le altre attivit non soggette al controllo dei VVF.
Lesperienza maturata in oltre 30 anni di applicazione
delle direttive Seveso e delle normative di prevenzione incendi evidenzia che sovente la valutazione di
rischio incendio viene sottovalutata e, in particolar
modo se uno stabilimento rientra nel campo di applicazione del D.Lgs. 334/99, viene addirittura omessa,
ritenendo che la valutazione dei rischi di incidente
rilevante sia esaustiva rispetto al rischio incendio e al
D.Lgs. 81/08. In realt gli scopi delle due valutazioni
sono differenti; poich nei rischi di incidenti rilevanti
vengono analizzati gli eventi massimi possibili, non
viene verificata la rispondenza puntuale ai cinque criteri del rischio incendio e quindi la protezione del personale professionalmente esposto.
Lobiettivo della valutazione del rischio incendio e del
sistema di gestione di sicurezza antincendio, che ne
deriva, si identifica nel perseguimento della sicurezza
antincendio sin dalla fase della progettazione dellopera,
requisito essenziale da dover rispettare e rinnovare in
modo dinamico a maggior ragione durante lesercizio,
quindi in condizione di normale regime dellattivit.
Pi esplicita consistenza e definizione sono state attribuite al concetto in questione mediante pi giovani dettati normativi, in particolare, il D.M. 09/05/2007, nellart. 2 definisce una sicurezza antincendio proiettata
principalmente alla salvaguardia dellincolumit delle
persone e poi alla tutela dei beni e dellambiente.
stata predisposta anche una proposta operativa per
la gestione della prevenzione incendi negli stabilimenti a rischio di incidente rilevante di soglia superiore, che partendo dai riferimenti basilari dellattuale
panorama normativo consentisse di transitare attraverso le seguenti tematiche:
- individuazione dei pericoli di incendio, quindi definizione della probabilit degli scenari di incendio;
- individuazione dei lavoratori e di altre persone
presenti nel luogo di lavoro esposte a rischi di
incendio;

- individuazione dei beni/ dei comparti ambientali


esposti a rischi di incendio;
- valutazione quali-quantitativa del rischio intrinseco
della realt;
- individuazione e valutazione dei fattori di aggravamento del rischio;
- individuazione e valutazione delladeguatezza dei
fattori compensativi del rischio;
- valutazione qualitativa del rischio residuo di incendio;
- individuazione di misure di sicurezza cogenti e/o di
eventuali provvedimenti di miglioramento atti ad
eliminare o ridurre il rischio residuo.
ALL. L - Decreto Legislativo del 26 giugno 2015:
Procedure semplificate di prevenzione incendi per
gli stabilimenti di soglia superiore
Lallegato L: Procedure semplificate di prevenzione
incendi per gli stabilimenti di soglia superiore
parte integrante del nuovo Decreto Legislativo del 26
giugno 2015, n 105 Attuazione della direttiva
2012/18/UE relativa al controllo del pericolo di incidenti rilevanti connessi con sostanze pericolose,
entrato in vigore il 29 luglio 2015.
Questo allegato definisce le modalit di svolgimento delle verifiche antincendio per le attivit di cui
allallegato I del D.P.R. 151/2011 presenti allinterno di stabilimenti di soglia superiore e pertanto va a
disciplinare:
- nuove attivit soggette a rapporto di sicurezza;
- rapporti di sicurezza per stabilimenti preesistenti
allentrata in vigore della normativa e gestione del
transitorio;
- modifiche senza aggravio di rischio;
- gestione delle deroghe.
Ci premesso nellarticolo completo si riporter una
sintesi articolata di ciascuno dei punti sopraindicati,
soprattutto per schematizzazioni, al fine di evitare una
pedissequa ripresa dei punti della normativa.
PROPOSTA METODOLOGICA PER UNA ANALISI INTEGRATA DEL RISCHIO INCENDIO
Lobiettivo della valutazione dei rischi di incendio
quello di evidenziare i provvedimenti che sono effettivamente necessari per salvaguardare la sicurezza dei lavoratori e delle altre persone presenti nel luogo di lavoro.
Il percorso logico utilizzato per la Valutazione del
rischio incendio, presentato nellarticolo, permette
alla conclusione della valutazione del rischio incendio
di evidenziare a 360 tutte le problematiche connessa
al rischio incendio di attivit produttive complesse, sia
mediante lausilio del confronto con le norme e standard esistenti, dove esistono, sia mediante lanalisi di
rischio qualitativa dove invece non esistono riferimenti normativi specifici.

Questo processo tiene conto anche del fatto che si


tratta di attivit produttive complesse ed esistenti e
quindi prevede di trovare soluzioni alternative per
ridurre per quanto possibile il rischio di incendio e i
suoi effetti.
Nel caso di processi produttivi soggetti al campo di
applicazione del D.Lgs. 105/2015, la valutazione del
rischio incendio va integrata con le risultanze dellanalisi di rischio effettuata.
La proposta metodologica per unanalisi integrata del
rischio incendi prevede i seguenti punti:
1) Definizione dellattivit e dei sottosistemi.
Prima di iniziare la Valutazione necessario specificare chiaramente larea oggetto dellanalisi di rischio
incendio. Una volta identificata larea si procede alla
sua suddivisione in attivit o in sistemi e quindi, nel
caso di attivit a maggior complessit, allulteriore
suddivisione in sottosistemi.
Attivit soggette a controllo VVF
- processo produttivo in cui sono individuabili impianti e depositi in cui sono presenti sostanze pericolose
ai sensi del D.Lgs. 105/2015 analizzati nel Rapporto
di Sicurezza con tecniche Hazop, FMEA, Analisi
storica, What If;
- attivit soggette a controlli di prevenzione incendi da
parte del Comando provinciale dei VVF ai sensi del
D.P.R. 151/2011 non individuabili come impianti
e/o depositi.
Attivit non soggette a controllo VVF
- processo produttivo in cui sono individuabili
impianti e depositi non analizzati nel Rapporto di
Sicurezza (ad esempio aree in cui sono presenti
prodotti finiti non pericolosi ma che vengono
confezionati con catene cinematiche, nastri trasportatori, sistemi oleodinamici, circuiti di lubrificazione e prodotti similari che possono dar
luogo ad incendi);
- altre attivit (ad es. cabine Elettriche, uffici, etc).
Palazzine, utilities e impianti a servizio del processo produttivo nel suo insieme (con o senza sostanze
classificate pericolose).
2) Identificazione delle misure di mitigazione
del rischio e definizione di un piano di miglioramento.
Una volta determinato il rischio di incendio per ciascun sottosistema in cui stato suddiviso lo stabilimenti ed in base al risultato ottenuto possono essere
necessarie delle misure di mitigazione utili alla riduzione del rischio stesso:
- misure di prevenzione;
- misure di protezione.

2015

11

CONCLUSIONI
Il nuovo Decreto Legislativo del 26 giugno 2015,
n105 Attuazione della direttiva 2012/18/UE relativa
al controllo del pericolo di incidenti rilevanti connessi con sostanze pericolose ed in particolare lallegato L Procedure semplificate di prevenzione incendi
per gli stabilimenti di soglia superiore hanno modificato sostanzialmente il percorso autorizzativo per
lottenimento del certificato di prevenzione incendi
negli stabilimenti a rischio di incidenti rilevanti di
soglia superiore.
Per i gestori pu essere loccasione per una revisione formale e sostanziale di tutti gli aspetti di preven-

zione incendi indipendentemente dai codici di attivit previsti dal D.P.R. 151/2011 Regolamento
recante semplificazione della disciplina dei procedimenti relativi alla prevenzione incendi individuando, ove necessario, un piano di miglioramento in
linea con gli obiettivi comuni di politica di prevenzione di incidenti rilevante.
Con gli strumenti e le metodologie gi utilizzate per il
Rapporto di Sicurezza possibile procedere ad un
approfondimento delle tematiche di prevenzione
incendi e la proposta operativa cos come strutturata
consente di analizzare a 360 tutte le problematiche
legate al rischio di incendio.

www.amblav.it

DOSSIER AMBIENTE

12

2015

I RIFIUTI CHE POSSONO TROVARSI IN STABILIMENTI


CON PROPRIET SIMILARI ALLE SOSTANZE
PERICOLOSE INDIVIDUATE NELLALLEGATO I DEL
D.LGS. 105/2015
di Caterina Paolella*

Premessa
Le sostanze pericolose che non sono incluse nel regolamento (CE) n. 1272/2008, compresi i rifiuti, ma che
si trovano o possono trovarsi in uno stabilimento e che
presentano o possono presentare propriet analoghe
per quanto riguarda la possibilit di incidenti rilevanti, provvisoriamente assimilate alle voci ex Allegato 1
del D. Lgs. 105/2015 pi simili, devono essere prese
in esame e valutate nel processo di verifica di assoggettabilit dello stabilimento agli obblighi di cui
allanzidetto decreto oltre che nellambito dello sviluppo dellanalisi dei rischi.
Inquadramento dei rifiuti pericolosi nellAllegato 1
del D. Lgs. 105/2015
Il D. Lgs. n. 105 del 26 giugno 2015, recepimento e
attuazione della direttiva 2012/18/UE relativa al controllo del pericolo di incidenti rilevanti connessi con
sostanze pericolose, in soluzione di continuit con il dettato normativo da esso abrogato (D. Lgs. 334/99 s.m.i.)
continua a mostrare una particolare attenzione anche per
i rifiuti presenti o che possono essere presenti in stabilimento e che manifestano propriet similari alle sostanze pericolose di cui allAllegato 1 del citato decreto.
Linquadramento del rifiuto relativamente ai contenuti dellAllegato 1 al dettato normativo in esame, consente sia di definire le soglie di riferimento, funzionali per il calcolo dellindice di assoggettabilit per stabilimenti di soglia superiore e per stabilimenti di
soglia inferiore, sia di individuare in quali gruppi di
categorie di sostanze pericolose (ex nota 4 dellallegato 1, punti a, b, c, del decreto) conteggiare il contributo associato al rifiuto.
La caratteristica di pericolosit di un rifiuto ovviamente correlata alle caratteristiche di pericolosit
delle sostanze che lo costituiscono.
chiaro che ai rifiuti non applicabile il regolamento 1272/2008/CE. Dunque arduo inquadrare tale
contributo nellambito delle indicazioni tecniche contenute nellAllegato 1 al D. Lgs. 105/2015 applicazione dei criteri del regolamento.

Per i rifiuti, infatti, il 19 dicembre 2014 stato pubblicato il Regolamento n. 1357/2014/UE che ha sostituito, a partire dal 1 giugno 2015, lallegato III della
direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del
Consiglio relativa ai rifiuti. Esso consente la classificazione del rifiuto pericoloso secondo le classi di pericolo HP.
Risulta in tale contesto utile, partendo dalle indicazioni di pericolo e dalle informazioni supplementari sui
pericoli che caratterizzano i componenti dei rifiuti ai
fini della classificazione dei rifiuti medesimi come
pericolosi con frase HP , tracciare una corrispondenza, laddove esistente, tra questi ultimi e le categorie di sostanze pericolose dellAllegato 1 al D. Lgs.
105/2015.
A riguardo si precisa che linformazione fornita pu
essere di ausilio, partendo dalla pericolosit dei costituenti dei rifiuti, nel processo di assegnazione provvisoria del rifiuto di interesse mediante un semplice processo di assimilazione alla categoria o alla sostanza
pericolosa specificata pi simile che ricade nellambito di applicazione del Decreto n. 105 del 26 giugno
2015.
Segue uno schema di comparazione tra i contenuti
anzidetti:

* Sindar s.r.l. Lodi

2015

13

&RGLFL GL FODVVH H FDWHJRULD GL SHULFROR H


FRGLFL GL LQGLFD]LRQH GL SHULFROR SHU L
FRPSRQHQWL GL ULILXWL DL ILQL GHOOD
FODVVLILFD]LRQH GHL ULILXWL FRPH ULILXWL
SHULFRORVLGLWLSR+3
)UDVH
+3

&DUDWWHULVWLFDGL
SHULFROR

'HVFUL]LRQHGHOODFDUDWWHULVWLFDGL3HULFROR
&RGLFLGLFODVVHH
FDWHJRULDGLSHULFROR

+3

(VSORVLYR

5LILXWR FKH SXz SHU UHD]LRQH FKLPLFD


VYLOXSSDUHJDVDXQD
WHPSHUDWXUDXQDSUHVVLRQHHXQDYHORFLWjWDOL
GDFDXVDUHGDQQLQHOODUHDFLUFRVWDQWH
6RQR LQFOXVL L ULILXWL SLURWHFQLFL L ULILXWL GL
SHURVVLGL RUJDQLFL HVSORVLYL H L ULILXWL
DXWRUHDWWLYLHVSORVLYL

+

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+

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+
+

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$8725($77,9( ( 3(5266,',
25*$1,&,

6HOIUHDFW$

2[*DV2[
2[/LT
2[6RO
2[/LT2[/LT
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,QILDPPDELOH

5LILXWROLTXLGRLQILDPPDELOHULILXWROLTXLGRLOFXL
SXQWR GL LQILDPPDELOLWj q LQIHULRUH D  &
RSSXUHULILXWRGLJDVROLRFDUEXUDQWLGLHVHOHROL
GD ULVFDOGDPHQWR OHJJHUL LO FXL SXQWR GL
LQILDPPDELOLWjqVXSHULRUHD&HLQIHULRUHR
SDULD&
 ULILXWR VROLGR H OLTXLGR SLURIRULFR
LQILDPPDELOHULILXWRVROLGRROLTXLGRFKHDQFKH
LQSLFFROHTXDQWLWjSXzLQILDPPDUVLLQPHQRGL
FLQTXH PLQXWL TXDQGR HQWUD LQ FRQWDWWR FRQ
ODULD
 ULILXWR VROLGR LQILDPPDELOH ULILXWR VROLGR
IDFLOPHQWHLQILDPPDELOHRFKHSXzSURYRFDUHR
IDYRULUHXQLQFHQGLRSHUVIUHJDPHQWR
 ULILXWR JDVVRVR LQILDPPDELOH ULILXWRJDVVRVR
FKHVLLQILDPPDDFRQWDWWRFRQODULDD&H
DSUHVVLRQHQRUPDOHGLN3D
ULILXWRLGURUHDWWLYRULILXWRFKHDFRQWDWWRFRQ
ODFTXD VYLOXSSD JDV LQILDPPDELOL LQ TXDQWLWj
SHULFRORVH
 DOWUL ULILXWL LQILDPPDELOL DHURVRO LQILDPPDELOL
ULILXWL DXWRULVFDOGDQWL LQILDPPDELOL SHURVVLGL
RUJDQLFL LQILDPPDELOL H ULILXWL DXWRUHDWWLYL
LQILDPPDELOL

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2015

+
+

3/,48,',(62/,',3,52)25,&,
+
+
+

$HURVRO

+

$HURVRO

+

)ODP/LT

+

)ODP/LT

+

)ODP/LT

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)ODP6RO
)ODP6RO

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+

)ODP*DV

3*$6,1),$00$%,/,
3D
3E
,1),$00$%,/,
3D
3E
,1),$00$%,/,

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1213(57,1(17(

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6HOIUHDFW()
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+

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:DWHUUHDFW
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14

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2UJ3HUR[%

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&DWHJRULHVRVWDQ]HSHULFRORVH
FRQIRUPHPHQWHDOUHJRODPHQWR
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6HOIUHDFW%
5LILXWR FDSDFH LQ JHQHUH SHU DSSRUWR GL
RVVLJHQR GL SURYRFDUH R IDYRULUH OD
FRPEXVWLRQHGLDOWUHPDWHULH

&RGLFLGL
LQGLFD]LRQHGL
SHULFROR

8QVW([SO

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+3

$OOHJDWR'/JV

+

1213(57,1(17(

&RGLFL GL FODVVH H FDWHJRULD GL SHULFROR H


FRGLFL GL LQGLFD]LRQH GL SHULFROR SHU L
FRPSRQHQWL GL ULILXWL DL ILQL GHOOD
FODVVLILFD]LRQH GHL ULILXWL FRPH ULILXWL
SHULFRORVLGLWLSR+3
)UDVH
+3

&DUDWWHULVWLFDGL
SHULFROR

'HVFUL]LRQHGHOODFDUDWWHULVWLFDGL3HULFROR
&RGLFLGLFODVVHH
FDWHJRULDGLSHULFROR

5LILXWR OD FXL DSSOLFD]LRQH SXz SURYRFDUH


LUULWD]LRQHFXWDQHDROHVLRQLRFXODUL

+3

+3

,UULWDQWH
,UULWD]LRQHFXWDQHD
HOHVLRQLRFXODUL

7RVVLFLWj VSHFLILFD
SHU
RUJDQL
EHUVDJOLR
6727 7RVVLFLWjLQ
FDVRGLDVSLUD]LRQH

ULILXWR FKH SXz FDXVDUH WRVVLFLWj VSHFLILFD SHU


RUJDQL EHUVDJOLRFRQ XQHVSRVL]LRQHVLQJROD R
ULSHWXWD RSSXUH SXz SURYRFDUH HIIHWWL WRVVLFL
DFXWLLQVHJXLWRDOODVSLUD]LRQH

5LILXWRFKHSXzSURYRFDUHHIIHWWLWRVVLFLDFXWLLQ
VHJXLWR DOOD VRPPLQLVWUD]LRQH SHU YLD RUDOH R
FXWDQHD R LQ VHJXLWR DOOHVSRVL]LRQH SHU
LQDOD]LRQH

+3

7RVVLFLWjDFXWD

$OOHJDWR'/JV

&RGLFLGL
LQGLFD]LRQHGL
SHULFROR

,O ULILXWR FKH FRQWLHQH XQD R SL VRVWDQ]H LQ


FRQFHQWUD]LRQL VXSHULRUL DO YDORUH VRJOLD FKH
VRQRFODVVLILFDWHFRQXQRGHLVHJXHQWLFRGLFLGL
FODVVH H FDWHJRULD GL SHULFROR H FRGLFL GL
LQGLFD]LRQHGLSHULFRORHXQRRSLGHLVHJXHQWL
OLPLWLGLFRQFHQWUD]LRQHqVXSHUDWRRUDJJLXQWR
qFODVVLILFDWRFRPHULILXWRSHULFRORVRGLWLSR+3

,O YDORUH VRJOLD GL FXL WHQHUH FRQWR LQ VHGH GL
YDOXWD]LRQH ULJXDUGR DL FRGLFL 6NLQ FRUU $
+ 6NLQLUULW + (\HGDP + 
H(\HLUULW + qSDULD
6H OD VRPPD GHOOH FRQFHQWUD]LRQL GL WXWWH OH
VRVWDQ]HFODVVLILFDWHFRQLOFRGLFH6NLQFRUU$
+  q SDUL R VXSHULRUH D  LO ULILXWR q
FODVVLILFDWRFRPHULILXWRSHULFRORVRGLWLSR+3
6H OD VRPPD GHOOH FRQFHQWUD]LRQL GL WXWWH OH
VRVWDQ]H FODVVLILFDWH FRQ LO FRGLFH + q SDUL
RVXSHULRUHDLOULILXWRqFODVVLILFDWRFRPH
ULILXWRSHULFRORVRGLWLSR+3
6H OD VRPPD GHOOH FRQFHQWUD]LRQL GL WXWWH OH
VRVWDQ]HFODVVLILFDWHFRQLFRGLFL+H+
qSDULRVXSHULRUHDLOULILXWRqFODVVLILFDWR
FRPHULILXWRSHULFRORVRGLWLSR+3
6L QRWL FKH L ULILXWL FRQWHQHQWL VRVWDQ]H
FODVVLILFDWHFRQLOFRGLFH+ 6NLQFRUU$%
R &  LQ TXDQWLWj VXSHULRUL R SDUL D  VRQR
FODVVLILFDWL FRPH ULILXWL SHULFRORVL GL WLSR +3 
/DFDUDWWHULVWLFDGLSHULFROR+3QRQVLDSSOLFD
VHLOULILXWRqFODVVLILFDWRFRPH+3

67276(

+

67276(

+

67276(

+

67275(

+

67275(

+

$VS7R[

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$FXWH7R[ 2UDO 

+

&DWHJRULHVRVWDQ]HSHULFRORVH
FRQIRUPHPHQWHDOUHJRODPHQWR
Q&(

1213(57,1(17(

+ 7266,&,7$ 63(&,),&$ 3(5


25*$1, %(56$*/,2 6727  
(6326,=,21( 6,1*2/$ 6727
6(&DWHJRULD

1213(57,1(17(



+ 7266,&,7$ $&87$ &DWHJRULD


WXWWHOHYLHGLHVSRVL]LRQH
+7266,7$$&87$

&DWHJRULD  WXWWH OH YLH GL
HVSRVL]LRQH

&DWHJRULD  HVSRVL]LRQH SHU
LQDOD]LRQH

$FXWH7R[ 2UDO 

+



$FXWH7R[ 2UDO 

+



$FXWH7R[ 2UDO 

+



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+



+ 7266,&,7$ $&87$ FDWHJRULD


WXWWHOHYLHGLHVSRVL]LRQH

+7266,7$$&87$
6LYHGDQRWD$OOHJDWR
1213(57,1(17(

$FXWH7R[ 'HUPDO 

+



+7266,7$$&87$

&DWHJRULD  WXWWH OH YLH GL
HVSRVL]LRQH

&DWHJRULD  HVSRVL]LRQH SHU
LQDOD]LRQH

$FXWH7R[ 'HUPDO 

+



121$33/,&$%,/(

$FXWH7R[ 'HUPDO 

+



121$33/,&$%,/(

2015

15

&RGLFL GL FODVVH H FDWHJRULD GL SHULFROR H


FRGLFL GL LQGLFD]LRQH GL SHULFROR SHU L
FRPSRQHQWL GL ULILXWL DL ILQL GHOOD
FODVVLILFD]LRQH GHL ULILXWL FRPH ULILXWL
SHULFRORVLGLWLSR+3
)UDVH
+3

&DUDWWHULVWLFDGL
SHULFROR

'HVFUL]LRQHGHOODFDUDWWHULVWLFDGL3HULFROR
&RGLFLGLFODVVHH
FDWHJRULDGLSHULFROR

+3

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5LILXWR FKH FDXVD LO FDQFUR R QH DXPHQWD


OLQFLGHQ]D

&RUURVLYR

&RGLFLGL
LQGLFD]LRQHGL
SHULFROR

&DWHJRULHVRVWDQ]HSHULFRORVH
FRQIRUPHPHQWHDOUHJRODPHQWR
Q&(

$FXWH7R[ ,QKDO 

+



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WXWWHOHYLHGLHVSRVL]LRQH

$FXWH7R[ ,QKDO 

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+7266,7$$&87$

&DWHJRULD  WXWWH OH YLH GL
HVSRVL]LRQH

&DWHJRULD  HVSRVL]LRQH SHU
LQDOD]LRQH

$FXWH7R[ ,QKDO 

+



+7266,7$$&87$

&DWHJRULD  WXWWH OH YLH GL
HVSRVL]LRQH

&DWHJRULD  HVSRVL]LRQH SHU
LQDOD]LRQH

$FXWH7R[ ,QKDO 

+



121$33/,&$%,/(

+



+



6LYHGDODSSOLFDELOLWjGHOODYRFH
VRVWDQ]H &DQFHURJHQH 3DUWH 
GHOO$OOHJDWR

&DUF$
&DUF%
&DUF

5LILXWR OD FXL DSSOLFD]LRQH SXz SURYRFDUH


FRUURVLRQHFXWDQHD
+3

$OOHJDWR'/JV

,O ULILXWR FKH FRQWLHQH XQD R SL VRVWDQ]H


FODVVLILFDWH FRPH 6NLQ &RUU $ % R &
+  H OD VRPPD GHOOH ORUR FRQFHQWUD]LRQL q
SDULRVXSHULRUHDqFODVVLILFDWRFRPHULILXWR
SHULFRORVRGLWLSR+3

1213(57,1(17(

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1213(57,1(17(

2015

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FRGLFL GL LQGLFD]LRQH GL SHULFROR SHU L
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(8+

(FRWRVVLFR

+3

$OOHJDWR'/JV

Conclusioni
Stante quanto riportato linquadramento di un rifiuto
ai sensi dellAllegato 1 del D. Lgs. 105/2015 pu
essere approcciato solo mediante un processo di assegnazione provvisoria del rifiuto, in attesa di indicazioni pi chiare da parte del Legislatore, alla categoria o
alla sostanza pericolosa specificata pi simile che
ricade nellambito di applicazione del Decreto n. 105
del 26 giugno 2015. Ovviamente tale assegnazione
pu essere realizzata effettuando un ragionamento sui
costituenti del rifiuto e sulla propria caratteristica di

&DWHJRULHVRVWDQ]HSHULFRORVH
FRQIRUPHPHQWHDOUHJRODPHQWR
Q&(

3UHYLD FODVVLILFD]LRQH GHO ULILXWR


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( 3HULFRORVR SHU ODPELHQWH
DFTXDWLFRFDWHJRULDGLWRVVLFLWj
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(VSORVLYLDOODOXFHGHOODSSOLFD]LRQH
GHO PHWRGR $ GHO UHJRODPHQWR
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pericolosit, espressa in modo coerente con i criteri


contenuti nel regolamento 1272/2008/CE. Ad ogni
modo non si pu prescindere dalla conoscenza degli
elementi costituenti del rifiuto.
Il Legislatore, infine, implicitamente estende i criteri
di analisi, tipici per la definizione dei rischi di incidenti rilevanti, anche alla categoria dei rifiuti pericolosi. Lanalisi di sicurezza deve infatti mostrare che la
gestione dei rifiuti pericolosi e la loro collocazione
siano tali da garantire assenza di situazioni pericolose
allinterno dello stabilimento.

2015

17

RSPP E DECRETO LEGISLATIVO 105/2015


di Franco Rossi*

Diciamocelo subito: il D. L.vo 105/2015 coinvolge, pi


volte, il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza,
ma non mostra lo stesso interesse per gli RSPP!
Meglio: ne parla nella sezione A2 dellallegato 5 (del D.
L.vo 105/2015) dove pare che il Responsabile dello
Stabilimento possa essere anche lRSPP (ma non c un
qualche contrasto con lart. 34 del D. L.vo 81/08?), ma
scritto in caratteri talmente piccoli che il riferimento
addirittura scompare nella versione online di ISPRA1
Poi il RSPP viene citato nellappendice 1 dellallegato B, al punto 4: Organizzazione: lottemperanza alle
presenti disposizioni deve essere garantita dal gestore
attraverso lindividuazione delle responsabilit allinterno della propria organizzazione e la definizione di
procedure scritte, attuate nellambito del sistema di
gestione della sicurezza e, comunque, con riferimento
ai compiti e responsabilit del Servizio di Prevenzione
e Protezione di cui allart. 31 del decreto legislativo n.
81/2008 e successive modifiche e integrazioni.
Stiamo parlando di informazione, formazione ed
addestramento del personale che lavora in uno stabilimento RIR. Si tratta di un copia-incolla del vecchio
Decreto 16 marzo 1998 (quello dei lavoratori in
situ), con una differenza: nel vecchio decreto al posto
di comunque cera un eventualmente. Insomma:
prima lRSPP era coinvolto a discrezione del fabbricante; adesso sembra essere lui (lRSPP) colui che
deve organizzare formazione, informazione ed addestramento. Non fossaltro per la frequenza (incontri
trimestrali magari con lavoratori su pi turni), non
un compito semplice!
Ma non credo che lRSPP possa fermarsi qui, neanche
se lattuazione del Sistema di Gestione della
Sicurezza affidata ad un altro.
Torniamo al D. L.vo 81/2008 che prescrive di analizzare TUTTI i rischi e quindi, a maggior ragione,
anche quelli di incidenti rilevanti. Nel DVR, che il
datore di lavoro dovrebbe attuare con la collaborazione dellRSPP (e del Medico Competente), ma che in
realt viene approntato dallRSPP, occorre quindi
inserire almeno un riferimento alla Notifica o al
Rapporto di Sicurezza; senza contare che, buona parte
dei dati utilizzati da chi (normalmente un esterno)
effettua lanalisi dei rischi, sono forniti dallRSPP.
Larticolo 33 (dell81) ci dice quali sono i compiti del
SPP: 1. Il servizio di prevenzione e protezione dai
rischi professionali provvede: a) allindividuazione
dei fattori di rischio, alla valutazione dei rischi e
* RSPP
* http://www.isprambiente.gov.it/files/seveso-iii-1/NOTIFICAinWORD3.odt

18

2015

allindividuazione delle misure per la sicurezza e la


salubrit degli ambienti di lavoro, nel rispetto della
normativa vigente sulla base della specifica conoscenza dellorganizzazione aziendale; b) ad elaborare, per
quanto di competenza, le misure preventive e protettive di cui allarticolo 28, comma 2, e i sistemi di controllo di tali misure; c) ad elaborare le procedure di
sicurezza per le varie attivit aziendali; d) a proporre i
programmi di informazione e formazione dei lavoratori; e) a partecipare alle consultazioni in materia di
tutela della salute e sicurezza sul lavoro, nonch alla
riunione periodica di cui allarticolo 35; f) a fornire ai
lavoratori le informazioni di cui allarticolo 36.
chiaro che i compiti dellRSPP spesso sconfinano
nel campo del D. L.vo 105: in particolare quando si
parla di elaborazione di procedure o di programmi di
informazione e formazione.
Ma ci sono altre situazioni che coinvolgono lRSPP
nell81 e nel 105. Le principali:
- la gestione delle emergenze (art. 43) ed in particolare per quanto riguarda il Piano di Emergenza;
- la valutazione del rischio chimico, soprattutto per la
parte sicurezza;
- la protezione da atmosfere esplosive;
- i modelli di organizzazione e gestione dellart. 30.
Di nuovo, torniamo a quanto dice il D. L.vo 81/2008;
in particolare:
Art. 223 - Valutazione dei rischi
1. Nella valutazione di cui allarticolo 28, il datore di
lavoro determina preliminarmente leventuale presenza di agenti chimici pericolosi sul luogo di lavoro e valuta anche i rischi per la sicurezza e la salute
dei lavoratori derivanti dalla presenza di tali agenti,
prendendo in considerazione in particolare:
a) le loro propriet pericolose;
b) le informazioni sulla salute e sicurezza comunicate dal responsabile dellimmissione sul mercato
tramite la relativa scheda di sicurezza predisposta
ai sensi dei decreti legislativi 3 febbraio 1997, n.
52, e 14 marzo 2003, n. 65, e successive modifiche
(ora: REACH e CLP);
c) il livello, il modo e la durata della esposizione;
d) le circostanze in cui viene svolto il lavoro in presenza di tali agenti tenuto conto della quantit
delle sostanze e dei preparati che li contengono o
li possono generare;

e) i valori limite di esposizione professionale o i


valori limite biologici; di cui un primo elenco
riportato negli allegati XXXVIII e XXXIX;
f) gli effetti delle misure preventive e protettive
adottate o da adottare;
g) se disponibili, le conclusioni tratte da eventuali
azioni di sorveglianza sanitaria gi intraprese.
2. Nella valutazione dei rischi il datore di lavoro indica quali misure sono state adottate ai sensi dellarticolo 224 e, ove applicabile, dellarticolo 225. Nella
valutazione medesima devono essere incluse le attivit, ivi compresa la manutenzione e la pulizia, per
le quali prevedibile la possibilit di notevole esposizione o che, per altri motivi, possono provocare
effetti nocivi per la salute e la sicurezza, anche dopo
ladozione di tutte le misure tecniche.
3. Nel caso di attivit lavorative che comportano
lesposizione a pi agenti chimici pericolosi, i rischi
sono valutati in base al rischio che comporta la combinazione di tutti i suddetti agenti chimici.
Art. 226 - Disposizioni in caso di incidenti o di emergenze
1. Ferme restando le disposizioni di cui agli articoli 43
e 44, nonch quelle previste dal decreto del Ministro
dellinterno in data 10 marzo 1998, pubblicato nel
supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 81
del 7 aprile 1998, il datore di lavoro, al fine di proteggere la salute e la sicurezza dei lavoratori dalle
conseguenze di incidenti o di emergenze derivanti
dalla presenza di agenti chimici pericolosi sul luogo
di lavoro, predispone procedure di intervento adeguate da attuarsi al verificarsi di tali eventi. Tali
misure comprendono esercitazioni di sicurezza da
effettuarsi a intervalli connessi alla tipologia di
lavorazione e la messa a disposizione di appropriati
mezzi di pronto soccorso.
2. Nel caso di incidenti o di emergenza, il datore di
lavoro adotta immediate misure dirette ad attenuarne gli effetti ed in particolare, di assistenza, di evacuazione e di soccorso e ne informa i lavoratori. Il
datore di lavoro adotta inoltre misure adeguate per
porre rimedio alla situazione quanto prima.
3. Ai lavoratori cui consentito operare nellarea colpita o ai lavoratori indispensabili alleffettuazione
delle riparazioni e delle attivit necessarie, sono forniti indumenti protettivi, dispositivi di protezione
individuale ed idonee attrezzature di intervento che
devono essere utilizzate sino a quando persiste la
situazione anomala.
4. Il datore di lavoro adotta le misure necessarie per
approntare sistemi dallarme e altri sistemi di comunicazione necessari per segnalare tempestivamente
lincidente o lemergenza.
5. Le misure di emergenza devono essere contenute
nel piano previsto dal decreto di cui al comma 1. In
particolare nel piano vanno inserite:

a) informazioni preliminari sulle attivit pericolose,


sugli agenti chimici pericolosi, sulle misure per
lidentificazione dei rischi, sulle precauzioni e sulle
procedure, in modo tale che servizi competenti per
le situazioni di emergenza possano mettere a punto
le proprie procedure e misure precauzionali;
b) qualunque altra informazione disponibile sui
rischi specifici derivanti o che possano derivare
dal verificarsi di incidenti o situazioni di emergenza, comprese le informazioni sulle procedure elaborate in base al presente articolo.
6. Nel caso di incidenti o di emergenza i soggetti non
protetti devono immediatamente abbandonare la
zona interessata.
I due articoli citati sono in pratica un bel riassunto di
quanto prescritto dal D. L.vo 105/2015. Ovvero, il
DVR e la Notifica/Rapporto di sicurezza debbono
essere coerenti; lRSPP deve verificare questa coerenza che, invece, spesso non c (probabilmente perch
i due documenti sono preparati da autori diversi).
Anche perch il punto di partenza comune la scheda
di sicurezza delle sostanze/preparati utilizzati in stabilimento. Le schede sono normalmente gestite
dallRSPP, che deve, per esempio, controllare come
viene attuato il punto 6 Misure in caso di rilascio
accidentale delle stesse (SDS). Non dimentichiamo
poi che lessere o meno azienda RIR dipende proprio
dalle schede; lECHA da parte sua ha riconosciuto
questa dipendenza integrando il suo sito2.
LRSPP deve verificare anche la coerenza del Piano
dEmergenza Interno: ci sono almeno tre norme che
prescrivono i contenuti del PEI: il DM 10 marzo 1998,
il comma 5 dellart. 226 sopra citato, ed il D. L.vo
105/2015 (in particolare lallegato 4 e lappendice 1
dellallegato B). compito dellRSPP approntare un
PEI che tenga conto di tutte queste norme.
Non dimentichiamo infine che l81 obbliga le aziende
RIR ad istituire il servizio di prevenzione e protezione
allinterno dellazienda stessa. evidente che, essendoci appunto un rischio rilevante, il legislatore ha voluto la presenza costante di almeno una persona esperta.
Appunto: una persona ESPERTA che, se non assolve
adeguatamente i compiti che le competono, in caso di
incidente, viene chiamata a giudizio. In merito alle
responsabilit del RSPP, si pu vedere, ad esempio,
quanto dice la Cassazione Penale, Sez. IV, 4 gennaio
2011, n. 104: Ed condivisibile, in quanto corretta
in punto di diritto, lulteriore affermazione secondo
cui tutto ci costituisce laddebito di colpa che
penalmente esigibile da chi professionalmente tenuto al pi spinto aggiornamento tecnico su base mondiale, e ci - in virt della chiara previsione contenuta
nel D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 4 -indipendentemente
da eventuali carenze di normative di settore, non
ancora adeguate alla migliore tecnica, ovvero a rassicurazioni di organi tecnici.

* http://echa.europa.eu/en/view-article/-/journal_content/title/update-of-the-c-l-inventory-with-seveso-iii-categorisation-of-substances
* http://olympus.uniurb.it/index.php?option=com_content&view=article&id=4311:cassazione-penale-sez-4-04-gennaio-2011-n-104-&catid=17:cassazione-penale&Itemid=60

2015

19

LA GIURISPRUDENZA DELLA CASSAZIONE


SULLA NORMATIVA SEVESO
di Anna Guardavilla*

La giurisprudenza della Cassazione si in vari casi


occupata della normativa relativa alle aziende a
rischio di incidente rilevante in attuazione della precedente disciplina (D.Lgs. n. 334 del 1999, oggi abrogato e sostituito dal D.Lgs. 26 giugno 2015 n. 105 Attuazione della direttiva 2012/18/UE relativa al controllo del pericolo di incidenti rilevanti connessi con
sostanze pericolose).
Non potendo in questa sede esaminare tutte le sentenze che si sono pronunciate sulle responsabilit legate
alla gestione delle aziende a rischio di incidente rilevante, prendiamo in considerazione due casi esemplificativi atti a fungere da esempio.
La gestione del rischio incendio (elevato) nello stabilimento torinese della Thyssenkrupp quale
azienda a rischio di incidente rilevante soggetta
alla normativa Seveso
(Sentenza Cassazione Penale, Sez. Unite, 18 settembre 2014, n. 38343)
In materia di gestione del rischio incendio, le Sezioni
Unite della Cassazione, nel riferirsi alla precedente
pronuncia di merito, premettono che la sentenza
asserisce altres che la linea APL5 andava ritenuta a
rischio elevato di incendio in quanto impianto collocato in uno stabilimento rientrante nella categoria di
cui allart. 8 del d.lgs. n. 334 del 1999 e ci alla stregua del combinato disposto dellart. 2 del d.m. 10
marzo 1998, dellart. 1.4.4. del suo all. I e del suo all.
IX che definisce, appunto, a elevato rischio di incendio le industrie rientranti nella categoria di cui agli
artt. 4 e 6 del d.P.R. n. 175 del 1988 e successive integrazioni tra cui il d.lgs. n. 334 (legge Seveso).
Tale classificazione avrebbe comportato lapplicazione dellarticolo 1.4.4., lettera C, dellallegato I del
richiamato decreto ministeriale, il quale prescrive che
nei luoghi di lavoro ad alto rischio di incendio grandi o complessi possibile ridurre il rischio medesimo
attraverso misure di protezione attiva di tipo automatico, quali impianti automatici di spegnimento,
impianti automatici di rivelazione di incendi o
impianti di estrazione fumi.
Nella fattispecie, cio nel caso dello stabilimento
Thyssen di Torino, la Corte ricorda che si omesso
di valutare correttamente il rischio di incendio ai
sensi della normativa ministeriale che indica lobbligo di ridurre la probabilit di innesco di fiamme, di
garantire la pronta evacuazione dei lavoratori, di rea* Giurista

20

2015

lizzare misure per la rapida rivelazione del fuoco, di


assicurare lestinzione, di fornire una adeguata informazione e formazione ai lavoratori, di redigere un
documento di valutazione dei rischi con indicazione
delle misure conseguenti di prevenzione primaria e
secondaria soggette a periodica revisione anche in
caso di cambiamenti nellattivit, di adottare un efficace piano di emergenza.
Le indicazioni pi significative che si possono trarre
dagli allegati al richiamato d.m. sono che fra i pericoli di innesco vi sono laccumulo di carta e derivati
del petrolio, gli attriti tra gli organismi in movimento,
la scarsa manutenzione; e fra i pericoli di propagazione lassenza di rivelatori precoci e la scarsa informazione e formazione dei lavoratori con particolare
riferimento agli addetti alle emergenze.
In particolare, fra le misure di prevenzione primaria
figurano la manutenzione degli impianti, eliminando
gli accumuli di materiale combustibile; la formazione
del personale. Fra le misure di prevenzione secondaria la presenza di impianti di rivelazione e di spegnimento automatici, particolarmente con riguardo alle
situazioni di maggiore pericolosit. Fra le misure di
emergenza rileva la diffusione e chiarezza del piano
di evacuazione con specifiche indicazioni per allertare i vigili del fuoco.
In conclusione, secondo i giudici dappello, plurimi
significativi indicatori di allarme segnalavano il
rischio di flash fire ed imponevano, in conseguenza, di
installare limpianto di rivelazione e spegnimento
oggetto della contestazione del reato di cui allart.
437 cod. pen.
Un passo assai interessante della sentenza delle
Sezioni Unite riguarda il rapporto tra lobbligo di
installazione dellimpianto di rivelazione e spegnimento e il documento di valutazione dei rischi.
La difesa aveva tentato, con le sue prospettazioni, di
dimostrare linesistenza di un obbligo giuridico in
tal senso, pervenendo le discusse indicazioni solo da
fonti non propriamente normative.
Ma la Cassazione ribatte che attraverso il documento di valutazione dei rischi occorre anche approntare
la previsione delle misure adeguate per evitarli. Tale
obbligo di autonormazione giuridicamente rilevante. []
Una volta correttamente individuato il rischio, il
datore di lavoro deve organizzare ed aggiornare le

misure di prevenzione secondo la propria esperienza e


secondo la migliore evoluzione della tecnica, tenendo
conto dei mutamenti organizzativi e produttivi irrilevanti per la sicurezza. Tale obbligo non dipende da
stimoli provenienti dallesterno. Tali generali criteri
non soffrono alcuna eccezione ed informano in via
generale gli obblighi dei garanti.
La Corte approfondisce cos il concetto di autonormazione alla luce dellimpianto della normativa di
salute e sicurezza sul lavoro.
E afferma: quando si parla di cautele da approntare
per fronteggiare un rischio si fa riferimento ad un obbligo giuridico e non solo meramente morale o sociale.
Peraltro, tale obbligo giuridico non sempre trova la
sua fonte diretta in un asserto normativo. Ma si tratta comunque di un obbligo giuridico
Infatti il presente dellesperienza giuridica mostra
contesti di rischio oggetto di una articolata disciplina
di settore: la sicurezza del lavoro e la circolazione
stradale ne costituiscono gli esempi pi noti. Si tratta
di corpi normativi che dettano regole plurime, spesso dettagliate. Tali normative hanno importante rilievo, contribuendo significativamente a conferire determinatezza allillecito colposo ed a concretizzare quindi, nello specifico contesto, il principio di legalit.
Esse, tuttavia, non possono certamente esaurire ed
attualizzare tutte le possibili prescrizioni atte a
governare compiutamente rischi indicibilmente vari
e complessi.
Questo perch linadeguatezza deriva da un lato dalla
variet delle situazioni di dettaglio, che non consente di
pensare ad una normazione direttamente esaustiva; e
dallaltro dal continuo sviluppo delle conoscenze e delle
tecnologie, che rende sovente inattuali le prescrizioni
codificate. Per questo la normativa cautelare ha bisogno di essere integrata dal sapere scientifico e tecnologico che reca il vero nucleo attualizzato della disciplina prevenzionistica. Per tale ragione il sistema, come
correttamente esposto dalla Corte di merito, prevede
che ciascun garante analizzi i rischi specifici connessi
alla propria attivit; ed adotti le conseguenti, appropriate misure cautelari, avvalendosi proprio di figure
istituzionali, come il responsabile del servizio di prevenzione e protezione, che del sapere necessario sono
istituzionalmente portatori. Correttamente si parlato
al riguardo di autonormazione: espressione che ben
esprime la necessit di un continuo autoadeguamento
delle misure di sicurezza alle condizioni delle lavorazioni. Lobbligo giuridico nascente dalla attualizzata considerazione dellaccreditato sapere scientifico e tecnologico talmente pregnante che sicuramente destinato a prevalere su quello eventualmente derivante da
disciplina legale incompleta o non aggiornata.

Con riguardo alle linee guida, dunque, la Corte


propone le seguenti riflessioni: illusorio pensare
che ogni contesto rischioso possa trovare il suo compiuto governo in regole precostituite e ben fondate,
aggiornate, appaganti rispetto alle esigenze di tutela.
In tali situazioni si rivela il pericolo che il giudice
prima definisca le prescrizioni o larea di rischio consentito e poi ne riscontri la possibile violazione, con
una innaturale sovrapposizione di ruoli che non sufficientemente controbilanciata dalla terziet.
Se ci si chiede dove il giudice, consumatore e non produttore di leggi scientifiche e di prescrizioni cautelari, possa rinvenire la fonte precostituita alla stregua
della quale gli sia poi possibile articolare il giudizio
senza surrettizie valutazioni a posteriori, la risposta
pu essere una sola: la scienza e la tecnologia sono
le uniche fonti certe, controllabili, affidabili.
Traspare, cos, quale interessante rilievo abbia il sapere extragiuridico sia come fonte delle cautele, al fine di
conferire determinatezza alla fattispecie colposa, sia
come guida per lappezzamento demandato al giudice.
Tale ordine di idee trova puntuale conferma in una corretta lettura del pi volte richiamato d.m. del 1998. Il
documento va esaminato considerando in primo luogo
che lallegato I, costituente una delle sue componenti
pi importati, afferente alla valutazione dei rischi,
viene espressamente definito come linee guida. Le
linee guida, come esplicitato diffusamente dalla richiamata sentenza Cantore costituiscono nulla altro che
sapere scientifico e tecnologico qualificato e reso
disponibile in forma chiara, condensata, codificata, per
orientare agevolmente le scelte affidate ai soggetti
gestori di un rischio. Come tale lallegato va letto.
E allora interessante notare che vengono esemplificativamente indicati come combustibili o infiammabili i prodotti chimici infiammabili da soli o per
reazione, nonch i derivati del petrolio. Al contempo vengono individuate le sorgenti di innesco: tra
laltro e sempre esemplificativamente, la presenza
di scintille da saldatura, attriti, fonti di calore. Il
comma 1.4.4. di tale allegato indica alcuni luoghi
con rischio di incendio elevato: tra laltro siti con
presenza di materiali infiammabili nei quali vi elevata probabilit di sviluppo e propagazione delle
fiamme. Orbene, agevole cogliere nello stabilimento torinese caratteristiche corrispondenti ai fattori di rischio indicati. Vi erano, infatti, elevate
quantit di olio di laminazione, anche imbevuto in
carta interspira, ed idraulico.
Questultimo, poi, era diffuso in tubature che percorrevano lintero impianto e che, come si ripetutamente posto in luce, non erano protette. La verificazione
di principi di incendio era inoltre ricorrente, quotidiana, come pure si visto. Le fonti di innesco erano
altrettanto evidenti: le procedure di saldatura dei
nastri con conseguente produzione di scintille; gli
attriti ricorrenti, determinati, tra laltro, dal non cor-

2015

21

retto avanzamento dei nastri di acciaio e dal conseguente urto contro le strutture della linea.
Non vi dubbio che le indicate linee guida definissero la linea APL5 come un sito ad alto rischio.
Corretto appare quindi il richiamo alla lettera C del
richiamato comma 1.4.4., che testualmente afferma
che nei luoghi di lavoro grandi o complessi possibile ridurre il livello di rischio attraverso misure di
protezione attiva di tipo automatico quali impianti
automatici di spegnimento, impianti automatici di
rilevazione di incendi. Tutto ci anche a prescindere dal pure invocato allegato IX che, sempre esemplificativamente, indica i luoghi di cui agli artt. 4 e 6
del d.P.R. n. 175 del 1988 e successive modifiche
come siti ad alto rischio.
Conclusivamente, nessun errore logico o giuridico
inficia lapprezzamento dei giudici di merito in ordine
alla rischiosit del sito ed alla necessit dellimpianto di spegnimento di cui si discute, tanto pi in una
situazione di scadimento degli altri strumenti di cautela per la prevenzione degli incendi.
Quando cambiano la tabelle delle sostanze in virt
di modifiche alla normativa Seveso: i criteri che si
applicano in caso di successione di leggi penali nel
tempo (art. 2 c.p.) e lapplicazione, nel caso di specie, della sopravvenuta pi favorevole disciplina
(Cassazione penale, Sez. III, 25 febbraio 2008 n. 8374)
Questa interessante pronuncia della Cassazione ha ad
oggetto lidentificazione della normativa applicabile ad
un caso concreto, nellambito di un procedimento penale, a seguito dellintroduzione nellordinamento giuridico nel 2005 del Decreto Legislativo n.238 che ha a suo
tempo ampiamente modificato il D.Lgs. 334/99.
Per quanto linteresse della questione possa apparire
limitato in quanto trattasi di norme ormai abrogate dal
D.Lgs. 26 giugno 2015 n. 105, in realt qui la
Suprema Corte riepiloga i criteri che si applicano in
caso di successione di leggi penali nel tempo ai sensi
dellart. 2 c.p. e che possono essere applicati anche in
occasione dellattuale passaggio normativo in caso di
procedimenti penali ancora in essere per violazioni
della precedente normativa Seveso.
La Cassazione inquadra cos la questione: nelle
more del giudizio di appello sopravvenuto il
D.Lgs.21 settembre 2005, n. 238, art. 18 (recante
norme di attuazione della direttiva 2003/105/CE, che
modifica la direttiva 96/82/CE, sul controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate
sostanze pericolose) che, novellando il D.Lgs.17 agosto 1999, n. 334 (di attuazione della direttiva
96/82/CE cit.), ha sostituito lallegato 1 al citato
D.Lgs. n. 334 del 1999.
In particolare la nuova tabella delle sostanze pericolose prevede pur sempre i prodotti petroliferi, ma, ai

22

2015

fini dellapplicazione dei citati artt. 6 e 7 relativi al


controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi
con determinate sostanze pericolose, fissa la soglia
limite di 2500 tonnellate, cos elevando quella in precedenza stabilita in 500 tonnellate. La tabella si salda
con il precedente D.Lgs. n. 334 del 1999, art. 2,
comma 1, che stabilisce che le disposizioni del medesimo decreto si applicano agli stabilimenti in cui sono
presenti sostanze pericolose in quantit uguali o superiori a quelle indicate nellallegato I.
Le condotte penalmente rilevanti, sanzionate dallart.
27, sono quelle fissate dal citato D.Lgs.n.334 del 1999,
art. 6, comma 2, e art.7, comma 1, e sanzionate come
reato contravvenzionale dal successivo art. 27.
In particolare lart. 6 prevede che il gestore degli stabilimenti di cui allart. 2, comma 1, obbligato a trasmettere al Ministero dellambiente, alla regione, alla
provincia, al comune, al prefetto e al Comitato tecnico regionale o interregionale del Corpo nazionale dei
Vigili del fuoco, una notifica entro determinati termini contenente una serie di informazioni, tra cui le
notizie che consentano di individuare le sostanze pericolose o la categoria di sostanze pericolose, la loro
quantit e la loro forma fisica. Inoltre il gestore, contestualmente alla notifica suddetta, tenuto ad inviare al Ministero dellambiente, alla regione, al sindaco
e al prefetto competenti per territorio le informazioni
di cui allallegato 5.
Il successivo art. 7, comma 1, poi prescrive che il gestore degli stabilimenti di cui allart. 2, comma 1, deve
redigere, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore
del presente decreto, un documento che definisce la
propria politica di prevenzione degli incidenti rilevanti, allegando allo stesso il programma adottato per lattuazione del sistema di gestione della sicurezza.
Quindi la fattispecie di reato risulta, nei suoi elementi
soggetti ed oggettivi, dal combinato disposto degli artt.
2, 6, 7 e 27 e dellallegata cit. tabella; la quale ultima
vale a definire direttamente lambito oggettivo della
condotta penalmente; non si tratta invece di norma
extrapenale integratrice del precetto penale.
Pertanto la normativa succeduta nel tempo, che ha
novellato la tabella, ha inciso direttamente sulla fattispecie penale disegnando un ambito pi ristretto della
stessa. Questa Corte (Cass., Sez. 3, 1 febbraio 2005 10 marzo 2005, n. 9482) ha affermato in proposito che
si ha successione delle leggi penali nel tempo, ai fini
dellapplicabilit dellart. 2 c.p., quando mutano le
norme che definiscono la struttura essenziale e circostanziata del reato (cfr. anche Cass., sez. 5, 26 settembre 2002 - 11 dicembre 2002, n. 41499).
E quindi corretta limpugnata sentenza che ha fatto
applicazione della sopravvenuta pi favorevole disciplina, senza necessit di invocare un orientamento
maggiormente garantista (Cass. Sez. 3, 29 gennaio
1998 - 7 aprile 1998, n. 4176) secondo cui per norma
incriminatrice si intende la norma che definisce la

struttura essenziale e circostanziale del reato, comprese le fonti extrapenali che contribuiscono ad integrare la fattispecie penale, talch qualsiasi modifica
delle fonti integratrici comporta un mutamento della
norma incriminatrice, mutamento che disciplinato
dai principi stabiliti dallart. 2 c.p.
Orientamento questo per contrastato da altra giurisprudenza (Cass., Sez. 4, 22 febbraio 2006 - 18 maggio 2006, n. 17230) secondo cui in caso di successione nel tempo di norme extrapenali integratrici del precetto penale, deve ritenersi inapplicabile il principio

previsto dallart. 2 c.p., comma 3, qualora si tratti di


modifiche della disciplina integratrice della fattispecie penale che non incidano sulla struttura essenziale
del reato, ma comportino esclusivamente una variazione del contenuto del precetto delineando la portata del comando.
Ma - si ripete - non occorre prendere partito tra tali
due orientamenti giurisprudenziali atteso che nella
specie la cit. novella normativa del 2005 ha inciso
proprio sulla struttura essenziale del reato.

RIVISTE DELLA PREVENZIONE


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2015

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Esperienze di successo

COMUNICAZIONE: ESIGENZA O OPPORTUNIT?


di Giancarlo Caputo*

Molte attivit incontrano spesso opposizioni nellopinione pubblica; opposizioni che arrivano al rifiuto.
Innumerevoli sono gli esempi: le centrali nucleari, i
trattamenti dei rifiuti (discariche, inceneritori), alcune
attivit industriali, ecc.
In alcuni casi la reazione dellopinione pubblica
derivata da episodi catastrofici (Seveso, Bhopal,
Chernobyl), in molti altri casi invece, da uninformazione incompleta portata pi a sottolineare gli aspetti
negativi e molto meno o per nulla quelli positivi.
Infatti certi aspetti sono pi facilmente ed immediatamente percepiti e quindi determinano la decisione in
merito allaccettazione o al rigetto.
Questa considerazione ha portato a sviluppare progetti
di comunicazione mirati a fornire elementi di giudizio
comprensivi dei vantaggi oltre che degli svantaggi.
Esempi di questi progetti possono essere:
1- il Programma volontario dellIndustria Chimica
mondiale denominato Responsible Care
2- il documento di Comunicazione Ambientale previsto nel regolamento EMAS
Responsible Care il Programma volontario
dellIndustria Chimica mondiale, basato sullattuazione di principi e comportamenti riguardanti la
Sicurezza e Salute dei Dipendenti e la Protezione
Ambientale, e sullimpegno alla comunicazione dei
risultati raggiunti, verso un miglioramento continuo,
significativo e tangibile.
Il programma avviato in Canada nel 1984 dalla
CCPA (Canadian Chemical Producer Association),
adottato nel 1988 dalla ACC (American Chemistry
Council). Nel 1989 lo stesso programma stato proposto anche in Europa dal CEFIC (European
Chemical Industry Council).
In Italia il Programma Responsible Care, avviato
nel 1992 e gestito da Federchimica, attualmente
perseguito con impegno e determinazione da circa
170 imprese di grande, media e piccola dimensione,
italiane e estere.
Tradizionalmente la comunicazione delle aziende
riporta produzione, profitti e consumi; la sottoscrizione degli impegni al programma Responsible
Care comporta per ogni azienda, anche la comunica-

zione dei risultati raggiunti con la propria attivit in


merito alla protezione dei dipendenti e a quella dellambiente.
Come in ogni attivit produttiva, anche nei processi
chimici, per ottenere la trasformazione di materie
prime in prodotti finiti, necessario limpiego di
risorse naturali energetiche (combustibili usati direttamente o trasformati in energia elettrica o vapore) e
idriche (emungimento di acque da falda, mare, fiume
e acquedotto).
Inevitabile e logica conseguenza dei processi di trasformazione sono gli impatti ambientali delle lavorazioni, intesi come rumore, polvere, odori, emissioni in
atmosfera, scarichi idrici e produzione dei rifiuti. Di
quanto avviene allinterno del perimetro di fabbrica
solo questi ultimi sono percepiti dalla popolazione.
Laccettazione di quegli aspetti negativi pu essere
migliorata dalla conoscenza degli usi e dei vantaggi
connessi ai prodotti fabbricati
La comunicazione estesa permette di evidenziare
oltre ai risultati di riduzione degli impatti ambientali, attraverso lottimizzazione dei consumi di energia, riduzione di rifiuti, scarichi ed emissioni, anche
i campi di applicazione dei prodotti e di utilizzo
della produzione, fornendo cos elementi di valutazione circa i vantaggi.
EMAS (Eco Management and Audit Scheme) uno
strumento volontario creato dalla Comunit Europea
per le organizzazioni (aziende, enti pubblici, ecc.) con
lo scopo principale di fornire al pubblico e ad altri
soggetti interessati, informazioni sulla propria gestione ambientale, verificate e garantite nella loro veridicit dalle Autorit nazionali.
Scopo non ultimo di questi progetti, quello di offrire al giudizio dellopinione pubblica un quadro completo, obiettivo e attendibile, dellattivit aziendale.
La conoscenza di tutti gli aspetti legati a una attivit produttiva: consumi (materie prime, energia, risorse, ecc.),
impatti (emissioni, rifiuti, rumore, ecc.), prodotti (applicazioni, usi, ecc), stata ritenuta fondamentale per permettere un giudizio responsabile attraverso la conoscenza dei costi a fronte dei benefici per la comunit.
Risultato atteso di questa comunicazione lottenimento del consenso degli interlocutori sociali e dei
consumatori.

* Collaboratore Certiquality e Associazione Ambiente e Lavoro


1 http://www.federchimica.it/docs/default-source/responsiblecare/20_Rapporto_Responsible_Care_2014.pdf?sfvrsn=0
2 http://www.isprambiente.gov.it/it/certificazioni/emas

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Rivista Ambiente e Lavoro

2015

Esperienze
di
successo
Un esempio per tutti pu essere rappresentato dalla
plastica.
Delle materie plastiche sono noti: il deturpamento
del paesaggio, il soffocamento di pesci, tartarughe
marine a causa di fogli, sacchetti, bottiglie, imballaggi in genere.
Meno noto invece che la sostituzione dei materiali
tradizionali (metallo, vetro, legno) con la plastica ha:
- Ridotto del 300% il peso delle confezioni;
- Ridotto del 150% il volume delle confezioni;
- Dimezzato il consumo energetico della produzione;
- Ridotto del 15% il consumo di carburante delle autovetture.

cie coltivabile in ettaro per abitante si quasi dimezzata negli ultimi 30 anni, ponendo quindi un notevole
interrogativo su come alimentare tutti.
Tempo fa NORMAN BORLAUG (premio Nobel per
la pace nel 1970 e propugnatore della rivoluzione
verde) scrisse:
Se lagricoltura dovesse fare a meno dei mezzi chimici (fertilizzanti e pesticidi) a causa di una legislazione
aberrante, auspicata da un potente gruppo di pressione
nel quale militano certi maniaci dellambiente, che terrorizzano il mondo predicendo che morir avvelenato,
allora si che il mondo perir, ma di fame
Banalizzando si pu dire che tali comunicazioni si
prefiggono lo scopo di capire che se ti piace il latte
non dovresti rifiutare le stalle.

forse anche il caso di ricordare che mentre previsto che la popolazione mondiale potrebbe aumentare
dai 7 miliardi attuali ai 9 miliardi nel 2050, la superfi-

Trimestre
III T
rimestre 2015
anno XXVIII

n111
n111

*ISSN 1825-5396

Salute Sicurezza Lavoro

Analisi dei Rischi


per la salute
nel Testo Unico

Direttore Cristina Pecchioli

P
Poste
oste Italiane
Italiane S.
S.p.a.
p.a. - Sped.
Sped. in a.p.
a.p. D.L.
D.L. 353/2003
353/2003 ((conv.
conv. in L
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27/02/2004
/02/2004 n
n.. 46) ar
art.1,
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I.P.
P.

Trimestrale dellAssociazione Ambiente e Lavoro fondato da Rino Pavanello


Segretario Nazionale Norberto Canciani

Aggiornato al Regolamento CLP


e alle nuove norme ISO - UNI EN
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Nellambito di

In collaborazione con

ASSOCIAZIONE AMBIENTE
AMBIENTE
MBIENTE E LAVO
LA
LAVORO
VOR
VO
ORO
O

I COMMIT
COMMIT MYSELF
MYSELF TO
TO PREVENTION
PREVENTION
E
Environmental
nvironmental
a Food
Food Health
Health Safety
Safety Work
Work

Rivista Ambiente e Lavoro

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Gli esperti rispondono

GLI ESPERTI RISPONDONO

Guardando ai ruoli di salute e sicurezza riferiti alle


figure di linea nellambito della scala gerarchica
aziendale (Datore di lavoro, Dirigente, Preposto,
Lavoratore), pu un Datore di lavoro conferire una
Delega di funzioni ai sensi dellart. 16 D.Lgs.81/08 ad
un Lavoratore cos come definito dallart. 2 c. 1 lett.a)
D.Lgs.81/08?

Risponde la Dott.ssa Anna Guadavilla - Giurista


La Cassazione Penale ha affermato, con la sentenza
Cass. Pen. Sez. IV, 4 dicembre 2009 n. 46769, che lat-

tuazione degli obblighi in materia di sicurezza nellambiente di lavoro non delegabile al lavoratore che
non pu essere debitore e creditore degli stessi obblighi di garanzia della sua salute e sicurezza.
Nella fattispecie, a fronte della tesi difensiva secondo
cui alla persona offesa sarebbe stata delegata losservanza delle norme a tutela della sua salute, sicch alla
stessa dovrebbe imputarsi la responsabilit per linfortunio patito, la Cassazione ribatte, qualificando
tale tesi difensiva come contraria alla ratio
legis, che la ratio legis non prevede che lattuazione degli obblighi in materia di sicurezza nellambiente di lavoro sia delegabile al lavoratore, non potendosi in capo a questultimo riconoscersi al contempo la
qualit di debitore e creditore dei doveri di sicurezza
a garanzia della salute di s medesimo.

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Rivista Ambiente e Lavoro

2015

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