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(Inferno, X, 22-120)
Nei versi iniziali del canto Dante e Virgilio, dopo essere entrati nella citt di
Dite che ospita il sesto cerchio dell'Inferno, passeggiano tra le tombe
infuocate che ospitano le anime degli eresiarchi, in particolare gli epicurei che
"l'anima col corpo morta fanno" (la filosofia epicurea era materialista e
riteneva l'anima mortale, per cui chiaro il contrappasso). Tra i dannati
Farinata a rivolgersi a Dante, che ha riconosciuto come suo concittadino
dall'accento, e il potente capo di parte ghibellina il protagonista assoluto
dell'episodio: Manente degli Uberti (detto Farinata, pare, per il colore biondo
dei capelli) aveva preso parte alla battaglia di Montaperti del 1260 e aveva
visto trionfare la sua fazione politica sui guelfi, che sarebbero rientrati nel
1266 dopo Benevento (ma lui era morto nel 1264); erano note le sue idee in
campo religioso e sub un processo postumo per eresia, in seguito al quale le
sue ossa vennero dissepolte e poste in terra sconsacrata. Dante lo dipinge
come una figura altera e disdegnosa, che sembra disprezzare l'Inferno e il
giudizio divino, ma Farinata anche prigioniero di un'ottica politica di parte
che gli impedisce di cogliere le ragioni della sua perdizione, cos come lo
rende indifferente al dramma che coinvolge il compagno di pena Cavalcante
(si veda oltre).
Il colloquio tra Dante e Farinata , almeno all'inizio, un vivace scambio
polemico tra i due sulla rispettiva appartenenza politica: Dante si presenta
come guelfo indicando i suoi "maggior" (antenati) e l'altro ribatte che lui, in
quanto ghibellino, ha inflitto due sonore sconfitte alla parte di Dante (nel
1248 e nel 1260, a Montaperti), al che il poeta risponde che in entrambi i casi
i guelfi seppero tornare (nel 1251 e nel 1266, dopo Benevento), mentre i
ghibellini "non appreser ben quell'arte". Dopo la parentesi di Cavalcante, che
non smuove Farinata dal suo assunto, questi riprende profetizzando in modo
velato a Dante l'esilio e, in particolare, la sconfitta della Lastra del 1304, dopo
la quale anche lui sapr "quanto quell'arte pesa": il dialogo tra i due si
configura come un "contrasto" di tipo politico e Farinata sembra indifferente a
tutto ci che lo circonda, poich non pone attenzione all'importante discorso
sulla salvezza che Dante fa a Cavalcante sul figlio Guido e che i due dannati
non sembrano neppure comprendere. Cavalcante era oltretutto un esponente
di parte guelfa, quindi nemico di Farinata, e il clima di scontro civile tra le due
fazioni rievocato anche col ricordo di Montaperti, la cui strage che color di
sangue le acque dell'Arbia aveva indotto i guelfi dopo il 1266 a consumare
molte vendette contro i ghibellini; Farinata si rammarica di ci, ricordando
che nel convegno di Empoli, quando altri avevano proposto di radere al suolo
Firenze, lui era stato l'unico a difenderla "a viso aperto". Come in altri passi
del poema, Dante condanna gli scontri e le lotte intestine ai Comuni italiani
(Firenze in particolare, ma non solo) come la causa principale dei disordini e
dell'ingiustizia di cui lui stesso era stato vittima nell'esilio, cosa che fra l'altro
lo aveva spinto a teorizzare la necessit che l'imperatore ristabilisse la sua
autorit sulla Penisola.
Cavalcante dei Cavalcanti, padre del poeta Guido amico di Dante, era un noto
esponente dell'epicureismo a Firenze (come del resto anche lo stesso figlio,
almeno secondo varie testimonianze) e quando si affaccia dalla tomba e non
vede Guido si stupisce, poich crede che Dante compia questo viaggio
nell'aldil "per altezza d'ingegno", per meriti esclusivamente intellettuali: in
realt Dante, come spiega al dannato, qui perch oggetto della grazia di
Dio ed guidato da Virgilio a Beatrice, anche se il suo discorso ambiguo e
induce Cavalcante a credere che Guido sia gi morto, mentre il poeta dello
Stilnovo morir solo nell'agosto del 1300 (qui siamo nella primavera). Lo
sconforto di Cavalcante si spiega anche alla luce del fatto che lui, in quanto
eretico, non comprende il discorso sulla salvezza fatto da Dante, come del
resto non lo capisce neppure Farinata, inoltre si preoccupa solo del fatto che
Guido non stato scelto per accompagnare Dante nell'Oltretomba, mentre
dovrebbe temere piuttosto per la sua salvezza spirituale. Guido Cavalcanti
sar protagonista anche di una novella del Decameron di G. Boccaccio (VI, 9)
in cui il poeta descritto come un intellettuale e un filosofo, spesso
impegnato in ragionamenti per dimostrare la non esistenza di Dio ( TESTO:
Guido Cavalcanti).
Nella conclusione dell'episodio Farinata spiega a Dante l'equivoco in cui
caduto Cavalcante: i dannati possono prevedere gli eventi futuri quando sono
lontani nel tempo, mentre quando si avvicinano o sono imminenti non
possono pi vederli e quindi ignorano quanto stia avvenendo nel presente. Le
ultime parole del dannato spiegano a Dante quali sono gli altri suoi compagni
di pena, tra cui cita solamente l'imperatore Federico II di Svevia (molto
ammirato da Dante, ma che aveva fama di epicureo) e il cardinale Ottaviano
degli Ubaldini, zio del pi famoso arcivescovo Ruggieri che Dante includer
fra i traditori del nono cerchio (canti XXXII-XXXIII).
L'invettiva all'Italia
(Purgatorio, VI, 76-151)
Il canto, di argomento politico come il sesto di ogni cantica, dedicato
all'Italia e segue il VI dell'Inferno che trattava della situazione di Firenze,
mentre il VI del Paradiso tratter dell'Impero nel suo complesso (dunque con
un climax tematico): l'invettiva di Dante scaturisce dal saluto affettuoso che
Sordello ha riservato a Virgilio in quanto mantovano come lui, senza neppure
sapere chi sia, mentre i cittadini dell'Italia del XIV sec. sono in perenne guerra
tra loro e anche gli abitanti di uno stesso Comune sono divisi da lotte interne
(come a Firenze), per cui nessuna parte della Penisola in pace e stabile