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Le dispense del corso di Matematica

Argomenti:
Il teorema dellesistenza degli zeri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1
Il teorema dellesistenza dei valori intermedi . . . . . . . . . . . . 3
Funzioni continue invertibili . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5
Il teorema di Cauchy. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .8
I teoremi di De LH
opital . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9
La formula di Taylor . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12
Lesponenziale complesso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15
Equazioni differenziali lineari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17
Equazioni differenziali lineari a coefficienti costanti . . . . 22
Prove desame . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 34
Programma del corso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 59

Il teorema dellesistenza degli zeri


Dimostriamo qui di seguito un teorema che riguarda la funzioni continue, definite su
intervalli, che cambiano segno agli estremi dellintervallo di definizione.
Teorema Sia f una funzione continua definita sullintervallo [a, b], e sia f (a) f (b) < 0.
Allora x0 (a, b) tale che f (x0 ) = 0.
Dim. Per fissare le idee, possiamo supporre che sia f (a) < 0, f (b) > 0. Sia c = 12 (a + b)
il punto medio di [a, b]. Se f (c) = 0, abbiamo finito, perch`e abbiamo trovato un punto
interno allintervallo [a, b] tale che f si annulla in questo punto.
Se f (c) 6= 0, allora definiamo a1 , b1 nel modo seguente:

se f (c) > 0;
[a, c]
(1)
[a1 , b1 ] =

[c, b]
se f (c) < 0.
Dalla definizione risulta che in entrambi i casi (sia f (c) > 0 o f (c) < 0) i punti a1 , b1
godono delle seguenti propriet`
a:
a a1 < b1 b;
(2)

b1 a1 =

ba
;
2

f (a1 ) < 0; f (b1 ) > 0.


Abbiamo cos` costruito un intervallo [a1 , b1 ], met`a dellintervallo di partenza [a, b], in
cui si ripresentano le ipotesi iniziali, nel senso che f (a1 ) < 0 e f (b1 ) > 0.
Sia c1 = 21 (a1 + b1 ) il punto medio di [a1 , b1 ]. Se f (c1 ) = 0, abbiamo finito. Se
f (c1 ) 6= 0, allora definiamo a2 , b2 nel modo seguente:

se f (c1 ) > 0;
[a1 , c1 ]
(3)
[a2 , b2 ] =

[c1 , b1 ]
se f (c1 ) < 0.
Come prima, dalla definizione risulta che in entrambi i casi (sia f (c1 ) > 0 o f (c1 ) < 0)
i punti a2 , b2 godono delle seguenti propriet`a:
a1 a2 < b2 b1 ;
(4)

b2 a 2 =

ba
b1 a1
=
.
2
22

f (a2 ) < 0; f (b2 ) > 0.


Questo procedimento di pu`o iterare per induzione. Una volta definito lintervallo
[an1 , bn1 ], poniamo cn1 = 12 (an1 + bn1 ). Se f (cn1 ) = 0 abbiamo finito. Se
f (cn1 ) 6= 0, allora definiamo an , bn nel modo seguente:
1

(5)

[an , bn ] =

[an1 , cn1 ]

se f (cn1 ) > 0;

[cn1 , bn1 ]

se f (cn1 ) < 0.

Dalla definizione risulta che in entrambi i casi (sia f (cn1 ) > 0 o f (cn1 ) < 0) i punti
an , bn godono delle seguenti propriet`a:

(6)

i)

an1 an < bn bn1 ;

ii)

bn a n =

iii)

f (an ) < 0; f (bn ) > 0.

bn1 an1
ba
= n .
2
2

Se n N tale che f (cn ) = 0, questo procedimento si arresta, e x0 = cn `e il punto


previsto dalla tesi del teorema. Altrimenti, si prosegue allinfinito, costruendo cos` due
successioni, {an } e {bn }.
Dalla (6-i) si ricava che an `e una successione monotona non decrescente, mentre bn `e
una successione monot
ona non crescente. Inoltre, an e bn sono successioni limitate, poich`e
a an b, a bn b n N. Pertanto, per il teorema della regolarit`a delle successioni
monotone, lim an = , lim bn = , con a b.
n+

n+

Ma, dalla (6-ii), si ricava che lim bn an = 0; pertanto = . Poniamo x0 = = .


n+

Risulta a x0 b. Vogliamo far vedere che f (x0 ) = 0.


Poich`e f (x) `e continua, risulta
i)
(7)
ii)

lim f (an ) = f ( lim (an )) = f (x0 );

n+

n+

lim f (bn ) = f ( lim (bn )) = f (x0 ).

n+

n+

Dalla (6-iii) sappiamo che f (an ) < 0 n N; pertanto, per il teorema della permanenza del segno, f (x0 ) = lim f (an ) 0. Ma la (6-iii) dice anche che f (bn ) > 0 n N,
n+

e quindi, sempre per il teorema della permanenza del segno, f (x0 ) = lim f (bn ) 0. In
n+

definitiva, f (x0 ) 0, f (x0 ) 0 e quindi f (x0 ) = 0. Poich`e f (a) < 0, f (b) > 0, x0 non
pu`o coincidere con uno degli estremi dellintervallo [a, b], e dunque x0 (a, b)
In chiusura, notiamo che lipotesi di continuit`a di f (x) `e intervenuta nella (7), per poter
commutare la f con loperazione di limite; notiamo, inoltre, che il teorema dellesistenza
degli zeri si regge anche sullassioma di completezza dei numeri reali, che interviene nel
teorema di regolarit`
a delle successioni monotone, qui utilizzato.
T
Ad esempio, la funzione f (x) = x2 2 definita sullintervallo [0, 2] Q `e una funzione
continua, e f (0) = 2, f (2)
= 2, ma non c`e nessun numero razionale x0 tale che f (x0 ) = 0
(si veda lirrazionalit`
a di 2).
In altre parole, il teorema di esistenza degli zeri non `e valido in assenza dellassioma
di completezza.
2

Il teorema dellesistenza dei valori intermedi


Il teorema dellesistenza degli zeri afferma, in sostanza, che se una funzione continua,
definita in un intervallo, assume due valori y1 < 0 < y2 , allora assume anche il valore zero.
Questa propriet`
a si generalizza facilmente al caso in cui il valore intermedio tra y1 e y2
non sia pi`
u necessariamente zero, ma un generico y.
Teorema (esistenza dei valori intermedi) Sia I R un intervallo, e f (x) : I R una
funzione continua in I. Supponiamo che f (x) assuma in I due valori y1 e y2 , con y1 < y2 .
Allora f assume tutti i valori compresi tra y1 e y2 .
Dim. Siano x1 , x2 due punti di I in cui f (x) assume rispettivamente i valori y1 e y2 .
Detto J lintervallo chiuso di estremi x1 e x2 , sappiamo che J I, essendo I un intervallo.
Sia ora y un generico valore compreso tra y1 e y2 , e consideriamo la funzione g(x) =
f (x) y. La funzione g(x) `e continua in J, e assume agli estremi di J valori discordi;
infatti, risulta g(x1 ) = y1 y < 0, mentre g(x2 ) = y2 y > 0. Pertanto, il teorema degli
zeri applicato a g(x) in J implica che esiste un punto x J (e quindi x I, perch`e J I),
tale che g(x) = 0. Ma questo equivale a dire che f (x) = y
Ricordiamo la definizione di intervallo: un insieme I R si dice un intervallo se, per
ogni coppia di punti t1 t2 di I, linsieme {t R : t1 t t2 } `e contenuto in I. In
altre parole, I `e un intervallo se consta di un solo punto, oppure se ha la propriet`
a che,
comunque scelti due suoi punti, tutti i punti compresi tra i due gli appartengono. Pertanto,
il teorema dellesistenza degli zeri si pu`o riformulare affermando che
Linsieme immagine di un intervallo I tramite una funzione continua f `e ancora un intervallo.
In altre parole, le funzioni continue mandano intervalli in intervalli.
Corollario 1 Sia I R un intervallo, e f (x) : I R una funzione continua in I;
denotiamo con l e L rispettivamente linf e il sup di f in I. Allora f assume tutti i valori
strettamente compresi tra l e L.
Dim. Sia y un qualsiasi valore strettamente compreso tra l e L, e dunque l <
y < L +.
Dalle propriet`
a dellestremo superiore e dellestremo inferiore segue che f (x) deve
assumere necessariamente un valore y1 < y e un valore y2 > y; dal teorema dellesistenza
dei valori intermedi si ha, pertanto, che y `e anchesso un valore assunto da f (x)
Corollario 2 Sia f (x) : (a, b) R una funzione continua in (a, b), con a < b
+. Supponiamo che
lim f (x) = ;

lim f (x) = +

xb

xa+

o viceversa; allora f (x) `e surgettiva su R.


3

Dim. Poiche la funzione f (x) tende a + a un estremo del suo dominio e a allaltro
estremo, `e evidente che il suo estremo inferiore `e , mentre il suo estremo superiore `e
+. Pertanto, dal corollario 1 discende che f (x) assume ogni valore compreso tra e
+, cio`e f (x) assume ogni valore reale
Corollario 3 Sia f (x) : [a, b] R una funzione continua nellintervallo limitato e chiuso
[a, b]; denotiamo con m e M rispettivamente il valore minimo e il valore massimo di f in
[a, b]. Allora linsieme immagine di [a, b] tramite f `e lintervallo [m, M ].
Dim. Per il teorema di Weierstrass, f assume in [a, b] minimo e massimo, cio`e m e M ;
dal corollario 1, segue che f assume tutti i valori compresi tra m e M . Daltra parte, f
non pu`o assumere nessun valore al di sotto di m o al di sopra di M , per definizione di
minimo e massimo. Pertanto, f assume tutti e soli i valori dellintervallo [m, M ]
Mettendo insieme il teorema di esistenza degli zeri e il corollario 3, possiamo in definitiva affermare che
Linsieme immagine di un intervallo I tramite una funzione continua f `e ancora un intervallo. Se I `e limitato e chiuso, anche f (I) `e limitato e chiuso.
In altre parole, le funzioni continue mandano intervalli in intervalli, e intervalli limitati
e chiusi in intervalli limitati e chiusi.

Funzioni continue invertibili


In questa sezione studieremo le funzioni continue invertibili definite su di un intervallo,
con particolare riguardo al problema della continuit`a della funzione inversa. Dimostreremo
il seguente
Teorema Sia f (x) : [a, b] R una funzione continua e invertibile. Allora f 1 (x) `e
anchessa una funzione continua.
La dimostrazione di questo teorema si articola in varie fasi. Cominciamo con lenunciare e dimostrare la seguente
Proposizione 1. Sia f (x) : [a, b] R una funzione continua e invertibile. Allora f (x)
`e strettamente monot
ona.
Dim. Ragioniamo per assurdo, e supponiamo che f (x) non sia strettamente monot
ona.
Allora, esistono tre punti x1 , x2 , x3 in [a, b] tali che x1 < x2 < x3 ma il segno di diseguaglianza che intercorre tra f (x1 ) e f (x2 ) `e opposto a quello che intercorre tra f (x2 ) e
f (x3 ). Per fissare le idee, possiamo in concreto supporre che
(x < x < x
1
2
3

(1)
f (x1 ) < f (x2 )

f (x2 ) > f (x3 ) .

(naturalmente, il ragionamento sar`a del tutto analogo nel caso che sia f (x1 ) > f (x2 ) e
f (x2 ) < f (x3 )).
Notiamo che i segni di diseguaglianza fra i vari f (xi ) sono stretti ; infatti, poiche f (x)
`e invertibile, essa `e iniettiva, e quindi non pu`o mai assumere due volte lo stesso valore.
Ci`o esclude a priori la possibilit`a che due dei tre valori f (x1 ), f (x2 ), f (x3 ) siano uguali tra
loro.
Per il teorema dellesistenza dei valori intermedi, f (x) assume, sullintervallo [x1 , x2 ],
tutti i valori compresi nellintervallo [f (x1 ), f (x2 )], e, sullintervallo [x2 , x3 ], tutti i valori
compresi nellintervallo [f (x3 ), f (x2 )]. In particolare, posto y = max{f (x1 ), f (x3 )}, risulta
che i valori compresi nellintervallo [
y , f (x2 )] sono assunti sia nellintervallo [x1 , x2 ], sia
nellintervallo [x2 , x3 ], e quindi sono assunti per lo meno due volte da f (x) in [a, b]. Pertanto
f (x) non `e iniettiva, e questo `e assurdo
Dunque, una funzione continua e invertibile su un intervallo `e sempre di un tipo molto
speciale: precisamente, `e una funzione strettamente monotona. Dimostriamo, ora, una
proposizione riguardante appunto le funzioni monotone. Concettualmente, la proposizione
che segue costituisce lanalogo, per le funzioni, del teorema di regolarit`a delle successioni
monotone.

Proposizione 2. Sia f (x) : [a, b] R una funzione monot


ona. Allora, x0 (a, b),
lim f (x), lim+ f (x). Inoltre, lim+ f (x), lim f (x).
xx0

xa

xx0

xb

Dim. Per fissare le idee, supponiamo f (x) crescente. Ovviamente, f (a) f (x) f (b),
per cui f (x) `e una funzione limitata su [a, b].
Sia x0 (a, b). Poniamo y1 = sup f (x), y2 = inf f (x). Poiche f (x) `e una
x0 <x<b

a<x<x0

funzione limitata, y1 e y2 risultano essere due numeri reali. Faremo vedere che lim f (x) =
xx
0
y1 e lim+ f (x) = y2 .
xx0

Fissiamo > 0. Poiche y1 =

sup f (x), per le propriet`a dellestremo superiore


a<x<x0

x1 (a, x0 ) : f (x1 ) > y1 . Ora, avendo noi supposto che f (x) sia crescente, risulta che
y1 < f (x1 ) f (x)

(2)

x (x1 , x0 ) ;

daltra parte, per definizione di estremo superiore,


f (x) y1

(3)

x (x1 , x0 ) .

In definitiva, fissato un > 0 abbiamo trovato un x1 a sinistra di x0 tale che, x


(x1 , x0 ), y1 < f (x) y1 , il che equivale a dire che lim f (x) = y1 .
xx0

In maniera del tutto analoga si dimostra che lim f (x) = y2 e che lim f (x) =
xx+
0

xa+

inf f (x), lim f (x) = sup f (x).

a<x<b

xb

a<x<b

Osserviamo, infine, che i ruoli di sup e inf si scambiano, nella definizione di y1 e y2


nel caso in cui f (x) sia decrescente
Notiamo che, se f (x) `e crescente, risulta sempre
(4)

y1 f (x0 ) y2

x0 (a, b) .

Pertanto, facendo riferimento alla dimostrazione della proposizione 2, se x0 (a, b), si


danno due casi possibili: o y1 = y2 , e allora dalla (4) segue che f (x) `e continua nel punto
x0 (perch`e f (x0 ) coincide con lim f (x) e con lim+ f (x)), oppure y1 < y2 , e allora f (x)
xx0

xx0

assumer`
a valori minori o uguali di y1 a sinistra di x0 , valori maggiori o uguali di y2 a destra
di x0 , per cui non assumer`
a mai valori compresi tra y1 e y2 . In particolare, in questo caso
linsieme dei valori assunti da f (x) non sar`
a un intervallo. Analogamente si ragiona agli
estremi dellintervallo: per esempio, o f `e continua in a, oppure f (a) < y2 = inf f (x),
a<x<b

e f (x) non assumer`


a mai valori compresi tra f (a) e y2 , e quindi anche in questo caso
linsieme dei valori assunti da f (x) non sar`
a un intervallo. Ovviamente, discorsi del tutto
analoghi valgono per funzioni decrescenti.
Immediata conseguenza della proposizione 2 `e la seguente
6

Proposizione 3. Sia f (x) : [a, b] R una funzione monot


ona. Allora f (x) `e continua
linsieme immagine f ([a, b]) `e un intervallo.
Dim. Dobbiamo dimostrare solo limplicazione =, poiche sappiamo gi`a che, se una
funzione f (x) `e continua e definita su un intervallo, il suo insieme immagine `e un intervallo
(teorema di Bolzano Weierstrass), a prescindere da qualsiasi ipotesi di monotonia.
Sia dunque f (x) una funzione monot
ona su [a, b]; per fissare le idee, come al solito,
possiamo supporre che f (x) sia crescente. Supponiamo che linsieme dei valori assunti
f ([a, b]) sia un intervallo, ma supponiamo per assurdo che f (x) non sia continua.
Allora, per quanto osservato in margine alla proposizione 2, se f (x) non `e continua
in un punto x0 [a, b], questo implica che linsieme dei valori assunti da f (x) non `e un
intervallo, e questo `e assurdo
Passiamo ora alla dimostrazione del teorema. Sia f (x) : [a, b] R una funzione
continua e invertibile. Per i teoremi di Weierstrass e di Bolzano Weierstrass, sappiamo
che il suo insieme immagine `e ancora un intervallo limitato e chiuso, che indicheremo con
[c, d]. Pertanto, f (x) `e ua bigezione tra [a, b] e [c, d], e, quindi, f 1 (x) `e definita su [c, d] e
il suo insieme immagine `e [a, b].
Per la proposizione 1, f (x) `e strettamente monotona, e quindi anche f 1 (x) lo `e;
pertanto, si pu`
o applicare a f 1 (x) la proposizione 3. Poich`e linsieme immagine di f 1 (x)
`e un intervallo, precisamente lintervallo [a, b], f 1 (x) `e continua
Osservazione Nella dimostrazione di questo teorema non gioca nessun ruolo lipotesi
che il dominio di f (x) sia un intervallo necessariamente limitato e chiuso della forma [a, b];
`e invece importante che il dominio di f sia un intervallo.

Il teorema di Cauchy
Questo teorema, diretta conseguenza del teorema di Rolle, per quanto ci riguarda, `e
in realt`a un lemma che utilizzeremo nella dimostrazione dei teoremi di De lHopital.
Teorema Siano f, g due funzioni continue definite sullintervallo [a, b], derivabili nellintervallo aperto (a, b), tali che g(a) 6= g(b) e f 0 (x) e g 0 (x) non siano mai contemporaneamente nulle. Allora x0 (a, b) tale che g 0 (x0 ) 6= 0 e
f 0 (x0 )
f (b) f (a)
= 0
g(b) g(a)
g (x0 )

Dim. Definiamo una nuova funzione h(x) = c1 f (x) + c2 g(x) sullintervallo [a, b], con
c1 , c2 R, e scegliamo c1 , c2 in modo che h(x) soddisfi la condizione h(a) = h(b), per poi
poter applicare ad h(x) il teorema di Rolle. Risulta
h(a) = h(b) c1 f (a) + c2 g(a) = c1 f (b) + c2 g(b) c1 (f (a) f (b)) = c2 (g(b) g(a))

Pertanto, scegliendo c1 = g(b) g(a), c2 = f (a) f (b), risulta h(a) = h(b), e dunque,
in virt`
u del teorema di Rolle, x0 (a, b) tale che h0 (x0 ) = 0, ovvero, sostituendo a c1 e a
c2 i loro valori nella definizione di h(x),
(1)

(g(b) g(a))f 0 (x0 ) + (f (a) f (b))g 0 (x0 ) = 0

Esaminiamo questultima relazione, e mostriamo che g 0 (x0 ) 6= 0. Infatti, se g 0 (x0 ) = 0,


risulterebbe anche (g(b)g(a))f 0 (x0 ) = 0, e poich`e, per ipotesi, g(a) 6= g(b), dovrebbe necessariamente essere f 0 (x0 ) = 0. Ma allora, in x0 , f 0 (x) e g 0 (x) si annullerebbero entrambe,
contro lipotesi che f 0 (x) e g 0 (x) non si annullino mai contemporaneamente.
Quindi, g 0 (x0 ) 6= 0, e dalla (1) si ricava
(2)

f 0 (x0 )
f (b) f (a)
= 0
g(b) g(a)
g (x0 )

cio`e la tesi

I teoremi di De LH
opital
Questa famiglia di teoremi `e di particolare utilit`a per il calcolo dei limiti che si presentano in una forma indeterminata del tipo 00 o
, o che sono riconducibili a una di queste
forme. Cominciamo dal caso pi`
u semplice.
Teorema 1 (De LH
opital) Sia I R un intervallo, e x0 I. Siano f (x), g(x) : I
R due funzioni definite e continue in I, tali che f (x0 ) = g(x0 ) = 0. Su f (x) e g(x)
formuleremo, inoltre, le seguenti ipotesi:

f (x), g(x) sono derivabili in I \ {x0 };

g 0 (x) 6= 0 x I \ {x0 };

lim

f 0 (x)
0
xx0 g (x)

= l R.
f (x)
xx0 g(x)

Allora risulta g(x) 6= 0 x I \ {x0 }, e lim

f 0 (x)
0
xx0 g (x)

= lim

= l.

Dim. Dimostriamo la prima parte della tesi, ovvero g(x) 6= 0 x I \ {x0 }. Infatti, se
per assurdo x1 6= x0 : g(x1 ) = 0, allora, per il teorema di Rolle, x2 compreso tra x0 e x1
tale che g 0 (x2 ) = 0, e questo contraddice lipotesi che g 0 (x) 6= 0 x I \ {x0 }.
(x)
`e definito su I \ {x0 }, e ha senso porsi il problema se
Allora, il quoziente fg(x)
f (x)
;
xx0 g(x)

lim

a tal fine, utilizziamo la definizione di limite di funzione mediante successioni.

Sia pertanto {xn } una successione di punti di I, xn 6= x0 , xn x0 .


f (x0 ) = g(x0 ) = 0, risulta

Poich`e

f (xn )
f (xn ) f (x0 )
f 0 (yn )
=
= 0
,
g(xn )
g(xn ) g(x0 )
g (yn )
dove yn `e un punto compreso tra x0 e xn , e lultima eguaglianza sussiste in virt`
u del
teorema di Cauchy.
0
0
(yn )
(xn )
(yn )
Poich`e xn x0 , anche yn x0 , e quindi fg0 (y
l. Ma fg(x
= fg0 (y
, e quindi
n)
n)
n)
f (xn )
g(xn )

l. Per larbitrariet`
a della successione xn , dalla definizione di limite per funzioni
f (x)
xx0 g(x)

segue che lim

=l

Osserviamo che il meccanismo fondamentale della dimostrazione del teorema precedente consiste nel mostrare che, per ogni successione xn x0 , esiste una successione
f 0 (x)
(xn )
f 0 (yn )
yn x0 tale che fg(x
=
.
Questo
rende
evidente
il
fatto
che,
se
esiste
lim
0
g (yn )
g 0 (x) ,
n)
xx0

allora esiste anche

lim f (x)
xx0 g(x)

e i due limiti coincidono.

Veniamo ora al caso in cui f (x), g(x) sono entrambe divergenti quando x x0 .
Ricordiamo che una funzione h(x) si dice divergente (quando x x0 ) se lim h(x) = +
xx0

(o ).
Enunciamo, senza dimostrarlo, il teorema di De LHopital per le forme

Teorema 2 (De LH
opital) Sia I R un intervallo, e x0 I. Siano f (x), g(x) :
I \ {x0 } R due funzioni sulle quali formuleremo le seguenti ipotesi:

f (x), g(x) sono divergenti quando x x0 ;

f (x), g(x) sono derivabili in I \ {x0 };

g 0 (x) 6= 0 x I \ {x0 };

lim

f 0 (x)
0
xx0 g (x)

= l R.

f (x)
xx0 g(x)

Allora lim

f 0 (x)
0
xx0 g (x)

= lim

= l.

Esaminiamo ora il caso in cui x0 non sia pi`


u un numero reale, ma .
Teorema 3 (De LH
opital) Sia I un intervallo di R non limitato superiormente, e siano
f (x), g(x) due funzioni derivabili in I. Su f (x) e g(x) formuleremo, inoltre, le seguenti
ipotesi:

f (x), g(x) sono entrambe infinitesime quando x +, oppure f (x), g(x) divergono
entrambe quando x +;

g 0 (x) 6= 0 x I;

lim

f 0 (x)
0
x+ g (x)

= l R.
f (x)
x+ g(x)

Allora risulta g(x) 6= 0 in un intorno di +, e lim

f 0 (x)
0
x+ g (x)

= lim

= l.

Osservazione: il teorema 3 si pu`o, naturalmente, riformulare nel caso in cui x . In


questo caso supporremo che I sia un intervallo non limitato inferiormente.
Dim.

Definiamo le funzioni
1
F (t) = f ( );
t

1
G(t) = g( ) .
t

Sono funzioni definite in un intorno destro di t = 0 (sinistro se I non `e limitato inferiormente


e i limiti si effettuano per x ), per le quali valgono tutte le ipotesi del teorema 1 o del
teorema 2 (a seconda che f, g siano infinitesime o divergenti quando x +). Pertanto
G(t) 6= 0 in un intorno destro di x = 0, il che corrisponde a dire che g(x) 6= 0 in un intorno
di +. Inoltre risulta
f 0 ( 1t )( t12 )
f 0 ( 1t )
F 0 (t)
=
=
G0 (t)
g 0 ( 1t )( t12 )
g 0 ( 1t )
10

e pertanto, utilizzando il cambio di variabile x = 1/t,


lim+

t0

f 0 ( 1t )
F 0 (t)
f 0 (x)
=
lim
=
lim
= l.
G0 (t) t0+ g 0 ( 1t ) x+ g 0 (x)

Dai precedenti teoremi sappiamo dunque che esiste lim+


t0

zando ancora il cambio di variabile x = 1/t,


f ( 1t )
F (t)
f (x)
lim
= lim+ 1 = lim+
=l
x+ g(x)
t0 G(t)
t0 g( )
t

11

F (t)
G(t)

= l; ma allora, utiliz-

La formula di Taylor
In questa sezione affronteremo il seguente problema: assegnata una funzione f (x) su
un intervallo I e un punto x0 I, si determini, fra tutti i polinomi di un grado prefissato,
quello che meglio degli altri approssima f (x) vicino a x0 .
Teorema (Taylor) Sia I R un intervallo, e x0 I. Sia f (x) : I R una funzione
derivabile n volte in I. Allora esiste uno e un solo polinomio P (x) di grado minore o
uguale di n tale che f (x) P (x) = o((x x0 )n ). La formula esplicita di tale polinomio `e
data da
P (x) = f (x0 ) + f 0 (x0 )(x x0 ) +
(1)

1
1 00
f (x0 )(x x0 )2 + . . . + f (n) (x0 )(x x0 )n
2!
n!

n
X
f (h) (x0 )
=
(x x0 )h
h!
h=0

Il polinomio P (x) definito da (1) prende il nome di polinomio di Taylor di punto


iniziale x0 e di grado n relativo alla funzione f (x). Nella (1) si `e convenuto di porre
f (0) (x) = f (x) e 0! = 1.
Prima di dimostrare il teorema di Taylor, sar`a utile premettere alcune notazioni e
alcuni lemmi. Stabiliamo innanzitutto un lemma che ci sar`a utile per dimostrare lunicit`
a
del polinomio di Taylor.
Lemma 1 Sia H(x) un polinomio di grado n, e supponiamo che esista un punto x R
tale che H(x) = o((x x)n ). Allora H(x) 0.
Dim. Ragioniamo per induzione sul grado n. Per n = 1, H(x) `e lequazione di una retta.
Una retta che si annulla in un punto x ha la forma H(x) = m(x x); poiche per ipotesi
H = o(x x), risulta m = 0, e quindi H 0.
Supponiamo ora il nostro lemma dimostrato per n 1, e sia H(x) di grado n. Poiche
H(x) = 0, dal teorema di Ruffini sappiamo che H `e divisibile per (x x), cio`e risulta
H(x) = (x x)H1 (x) ,
dove H1 (x) `e un polinomio di grado n 1.
Dato che H(x) = o((x x)n ), risulta H1 (x) = o((x x)n1 ); dallipotesi induttiva,
essendo il grado di H1 pari a n 1, sappiamo che H1 0, e quindi anche
H(x) = (x x)H1 (x) 0

12

Conseguenza immediata `e la dimostrazione dellunicit`a del polinomio di Taylor; infatti,


se P, Q sono due polinomi di grado minore o uguale a n tali che
f (x) = P (x) + o((x x0 )n )
f (x) = Q(x) + o((x x0 )n )
allora P (x) Q(x) = o((x x0 )n ); daltra parte, P Q `e ancora un polinomio di grado
minore o uguale a n, e pertanto, per il lemma 1, P Q 0, ovvero P (x) Q(x).
Nel seguito, denoteremo il polinomio definito da (1) come Pn (f ; x0 )(x). Osserviamo
che, quando n = 1, P1 (f ; x0 )(x) = f (x0 ) + f 0 (x0 )(x x0 ) non `e altro che la retta tangente
al grafico di f (x) nel punto x0 . Notiamo inoltre che, in generale, qualsiasi polinomio di
Taylor, calcolato nel punto iniziale, vale quanto la funzione nel punto stesso; in altre parole,
Pm (g; x0 )(x) = g(x0 ).
Il prossimo lemma calcola esplicitamente la derivata di un polinomio di Taylor.
Lemma 2

Dim.

Risulta

d
Pn (f ; x0 )(x) = Pn1 (f 0 ; x0 )(x)
dx

Si ha

"
#
n
n
X
X
d
f (h) (x0 )
f (h) (x0 )
d
h
Pn (f ; x0 )(x) =
f (x0 ) +
(x x0 ) =
h(x x0 )h1 =
dx
dx
h!
h!
h=1

n
X
h=1

n1
X
k=0

h=1

f (h) (x0 )
(x x0 )h1 =
(h 1)!

n
X
h=1

f 0 (h1) (x0 )
(x x0 )h1 =
(h 1)!

f 0 (k) (x0 )
(x x0 )k = Pn1 (f 0 ; x0 )(x)
k!

Dimostrazione del Teorema di Taylor


Lunicit`
a `e gi`
a stata provata; resta da far vedere che il polinomio P definito da (1)
soddisfa la condizione f (x) P (x) = o((x x0 )n ). In altre parole, dobbiamo far vedere
che
lim r0 (x) =

(2)

xx0

f (x) Pn (f ; x0 )(x)
= 0.
(x x0 )n

Quando x x0 , lespressione nella (2) assume la forma 00 ; pertanto possiamo provare


ad applicare il teorema di De LHopital, derivando numeratore e denominatore della (2).
Ricordando lenunciato del lemma 2, siamo ricondotti a calcolare
lim r1 (x) =

xx0

f 0 (x) Pn0 (f ; x0 )(x)


f 0 (x) Pn1 (f 0 ; x0 )(x)
=
lim
.
xx0
n(x x0 )n1
n(x x0 )n1
13

Quando x x0 , siamo evidentemente ancora in una forma 00 . Una reiterata applicazione


(complessivamente n 1 volte) del teorema di De LHopital conduce a considerare le
espressioni (tutte nella forma 00 )
r2 (x) =

f 00 (x) Pn2 (f 00 ; x0 )(x)


n(n 1)(x x0 )n2

r3 (x) =

f (3) (x) Pn3 (f (3) ; x0 )(x)


n(n 1)(n 2)(x x0 )n3

...

sino a
(3)

rn1 (x) =

f (n1) (x) P1 (f (n1) ; x0 )(x)


;
n!(x x0 )

se lespressione (3) tende a zero quando x x0 , allora la (2) `e verificata, e con essa il
teorema di Taylor.
Sostituiamo nella (3) a P1 la sua espressione esplicita; otteniamo

1  f (n1) (x) f (n1) (x0 )
f (n1) (x) [f (n1) (x0 ) + f (n) (x0 )(x x0 )]
=
f (n) (x0 ) .
n!(x x0 )
n!
x x0
Quando x x0 , si ha
f (n1) (x) f (n1) (x0 )
f (n) (x0 ) ,
x x0
e pertanto
lim rn1 (x) =
xx0

f (n1) (x) P1 (f (n1) ; x0 )(x)


= 0;
n!(x x0 )

risalendo n 1 volte tramite il teorema di De LHopital a tutte le espressioni rh (x) sino a


r0 (x), si verifica la (2), concludendo cos` la dimostrazione del teorema di Taylor

14

Lesponenziale complesso
In questa sezione ci occupiamo di dare un significato allesponenziale di un numero
complesso
Sia C, = a + ib un numero complesso; ricordiamo che a si dice parte reale di
, mentre b si dice parte immaginaria di ; a e b sono numeri reali, mentre i `e lunit`
a
immaginaria, definita dalla relazione i2 = 1.
Per denotare la parte reale e la parte immaginaria di un numero complesso si usano
anche le notazioni a = Re , b = Im . I numeri reali possono essere riguardati come un
sottoinsieme dei numeri complessi: precisamente, i numeri reali non sono altro che i numeri
complessi la cui parte immaginaria `e nulla.
Diamo ora una definizione di esponenziale di un numero complesso. Definiamo
(1)

e = ea (cos b + i sen b) .

Osserviamo che la (1) costituisce unestensione allinsieme dei numeri complessi della
funzione esponenziale reale; questo vuol dire che se, in particolare, = a `e un numero reale
(cio`e la sua parte immaginaria b `e nulla), allora la (1) restituisce il valore ea . Pertanto
lesponenziale complesso coincide, sui numeri reali, con lesponenziale reale.
Dalla definizione (1), e dalle propriet`a dellesponenziale reale e delle funzioni trigonometriche, segue immediatamente che
(2)

e1 e2 = e1 +2

1 , 2 C ;

infatti, posto 1 = a1 + ib1 , 2 = a2 + ib2 , si ha


e1 e2 = ea1 (cos b1 + i sen b1 ) ea2 (cos b2 + i sen b2 ) =
= ea1 +a2 (cos b1 cos b2 sen b1 sen b2 + i(sen b1 cos b2 + sen b2 cos b1 )) =
= ea1 +a2 (cos(b1 + b2 ) + i sen(b1 + b2 )) = e1 +2 .
Sia ora C, = a + ib. Coerentemente con la (1), definiamo la funzione di variabile
reale ex nel modo seguente:
(3)

ex = eax (cos bx + i sen bx) ,

x R.

La funzione x ex `e una funzione definita su R a valori in C. Dalla (3) abbiamo


che
(4)

Re ex = eax cos bx,

Im ex = eax sen bx .

In generale, se f : R C `e una funzione di variabile reale a valori complessi, posto


u(x) = Re f (x) e v(x) = Im f (x), si pu`o scrivere f (x) = u(x) + iv(x). La funzione f si
15

dice derivabile se e solo se le due funzioni reali u, v sono derivabili, e in questo caso si pone
f 0 (x) = u0 (x) + iv 0 (x).
Calcoliamo ora la derivata di ex . Si ha
D(ex ) = D(eax cos bx) + i D(eax sen bx) =
(5)

= a eax cos bx b eax sen bx + i (a eax sen bx + b eax cos bx) =


= eax cos bx (a + ib) + ieax sen bx (a + ib) = ex .

Pertanto, possiamo concludere che lestensione dellesponenziale ai numeri complessi


preserva le usuali regole di calcolo valide in campo reale, sia algebriche (vedi la (2)), sia
differenziali (vedi la (5)).

16

Equazioni differenziali lineari


Siano a1 (x), . . . an (x) n funzioni continue a valori reali o complessi definite su un
intervallo I, e consideriamo la seguente equazione differenziale lineare omogenea di ordine
n:
(1)

y (n) + a1 (x)y (n1) + . . . + an1 y 0 + an (x)y = 0

Ci poniamo il problema di caratterizzare lintegrale generale della (1), cio`e linsieme


di tutte le sue possibili soluzioni. A questo scopo, abbiamo prima bisogno di introdurre il
concetto di funzioni linearmente indipendenti . Diamo perci`o la seguente
Definizione Siano f1 (x), f2 (x), . . . , fn (x) n funzioni a valori reali o complessi definite
su un intervallo I. Le funzioni f1 (x), f2 (x), . . . , fn (x) si dicono linearmente indipendenti
se e solo se vale la seguente coimplicazione:
(2)

c1 f1 (x) + c2 f2 (x) + . . . + cn fn (x) = 0

x I c1 = c2 = . . . = cn = 0

In altre parole, le funzioni f1 . . . fn sono linearmente indipendenti se non `e possibile


esprimere una qualsiasi di loro come combinazione lineare delle rimanenti n 1. Ad
esempio, posto I = R, le funzioni 1, x, x2 , . . . , xn sono fra loro linearmente indipendenti.
Invece, le tre funzioni senh x, cosh x, ex non sono linearmente indipendenti, perch`e ex =
senh x + cosh x, e quindi senh x + cosh x ex = 0 x R, violando la (2).
Siamo ora in grado di enunciare un teorema (di cui omettiamo la dimostrazione) che
caratterizza la struttura dellintegrale generale della (1).
Teorema 1 Lequazione differenziale (1) ha n soluzioni linearmente indipendenti
y1 (x), y2 (x) . . . yn (x). Lintegrale generale della (1) `e dato da
(3)

y(x) = c1 y1 (x) + c2 y2 (x) + . . . + cn yn (x)

al variare di c1 , c2 , . . . , cn fra le costanti.


Si dice che le funzioni y1 . . . yn sono una base dellintegrale generale dellequazione
(1) (o anche si usa dire che y1 . . . yn generano lintegrale generale (3)). Si dice anche
che lintegrale generale dellequazione omogenea (1) `e uno spazio lineare di dimensione n,
intendendo con ci`
o esattamente quanto prescritto dalla tesi del Teorema 1.
Occorre notare che, in generale, non esiste la possibilit`a di esprimere esplicitamente
le funzioni y1 . . . yn in termini dei coefficienti a1 . . . an ; in altri termini, per le equazioni
differenziali lineari di ordine n, con n 2, non c`e una formula risolutiva analoga a quella
esistente per le equazioni lineari del primo ordine.
Esempio
Lequazione
(4)

y 00 + y = 0
17

`e risolta da y1 (x) = sen x, y2 (x) = cos x, che sono linearmente indipendenti. Dato che
lequazione (4) `e del secondo ordine, dal Teorema 1 sappiamo che il suo integrale generale
ha dimensione 2, e quindi, avendo gi`a trovato due soluzioni linearmente indipendenti,
sappiamo che tutte le soluzioni della (4) sono combinazione lineare di y1 e y2 . Pertanto
lintegrale generale della (4) `e dato da
(5)

y(x) = c1 sen x + c2 cos x .

Osserviamo che non c`e un unico modo di esprimere la base dellintegrale generale;
ad esempio, le due funzioni u1 (x) = cos x + sen x, u2 (x) = cos x sen x sono due soluzioni
linearmente indipendenti della (4). Anche loro generano lintegrale generale (5), perch`e
tutte le possibili combinazioni lineari di u1 e u2 ricoprono esattamente lo stesso insieme di
tutte le possibili combinazioni lineari di y1 e y2 .
Esempio
Lequazione
(6)

y 000 = 0

`e risolta da y1 (x) = 1, y2 (x) = x, y3 (x) = x2 , tre funzioni linearmente indipendenti. Poich`e


la (6) `e unequazione del terzo ordine, il suo integrale generale `e dato da
y(x) = c1 + c2 x + c3 x2
ovvero tutti i possibili polinomi di secondo grado.
Nel seguito sar`
a utile riscrivere lequazione (1) ricorrendo al concetto di operatore
differenziale. Ricordiamo che con il simbolo C n (I) indichiamo lo spazio delle funzioni
definite su I a valori reali o complessi derivabili n volte con derivata nsima continua.
Definiamo loperatore differenziale L nel modo seguente:
(7)

L[u] = u(n) + a1 (x)u(n1) + . . . + an1 u0 + an (x)u u C n (I) .

In pratica, L `e una trasformazione fra funzioni: L associa a ogni funzione u definita


sullintervallo I e derivabile n volte la funzione continua L[u] definita dalla (7). Evidentemente, con questo simbolo, lequazione (1) pu`o molto pi`
u brevemente essere riscritta come
L[y] = 0.
Osserviamo che L `e lineare, cio`e commuta con le combinazioni lineari: `e infatti ovvio
che L[c1 u1 + c2 u2 ] = c1 L[u1 ] + c2 L[u2 ] per ogni scelta delle costanti c1 , c2 , per ogni coppia
di funzioni u1 , u2 C n (I).
A ogni equazione differenziale lineare di ordine n resta associato uno e un solo operatore differenziale lineare di ordine n, e viceversa. Ad esempio, loperatore associato
allequazione y 00 + y = 0 `e L[u] = u00 + u, mentre loperatore associato allequazione y 000 = 0
`e L[u] = u000 .
18

Vogliamo ora studiare come si modifica lintegrale generale di unequazione lineare


quando passiamo dal caso omogeneo al caso non omogeneo. Sia f (x) una funzione continua
su I a valori reali o complessi, e consideriamo lequazione
(8)

L[y] = y (n) + a1 (x)y (n1) + . . . + an1 y 0 + an (x)y = f (x)

La presenza del termine noto f (x) differenzia la (8) (equazione non omogenea) dalla (1),
in cui f (x) 0. La (1) prende il nome di equazione omogenea associata alla (8).
Vale il seguente
Teorema 2 Siano y1 , y2 , . . . , yn n soluzioni linearmente indipendenti dellequazione
omogenea associata (1), e sia y una qualsiasi soluzione dellequazione non omogenea (8).
Allora lintegrale generale dellequazione (8) `e dato da
(9)

y(x) = y(x) + c1 y1 (x) + c2 y2 (x) + . . . + cn yn (x)

al variare di c1 , c2 , . . . , cn fra le costanti.


Dim. Dire che lintegrale generale della (8) `e espresso dalla (9) vuol dire che le funzioni
nella (9) sono tutte e sole le soluzioni della (8). Pertanto, dobbiamo mostrare che:
a) una qualsiasi funzione y espressa dalla (9) `e soluzione della (8);
b) ogni soluzione della (8) `e espressa nella forma (9).
Verifichiamo a). Sia y = y + c1 y1 + c2 y2 + . . . + cn yn . Essendo L lineare, e ricordando
che le yi sono soluzioni dellequazione omogenea associata (1), mentre y `e soluzione della
(8), abbiamo
L[y + c1 y1 + c2 y2 + . . . + cn yn ] = L[y] + c1 L[y1 ] + . . . cn L[yn ] = L[y] = f .
Verifichiamo b). Sia y una soluzione della (8), dunque L[y] = f . Essendo anche
L[y] = f , si ha
L[y y] = L[y] L[[y] = f f = 0 .
Pertanto, y y `e una soluzione dellequazione omogenea associata (1), e dunque, in base
al Teorema 1, `e della forma (3), cio`e esistono costanti c1 , c2 , . . . , cn tali che
y y = c1 y1 + c2 y2 + . . . + cn yn y = y + c1 y1 + c2 y2 + . . . + cn yn
Il significato del Teorema 2 `e che lintegrale generale di unequazione non omogenea
si ottiene addizionando a quello dellomogenea associata una qualsiasi soluzione della non
omogenea. La scelta della particolare soluzione y della non omogenea da inserire nella
formula (9) `e perfettamente irrilevante, dato che, come abbiamo visto nella verifica b)
della dimostrazione appena conclusa, due qualsiasi soluzioni dellequazione non omogenea
differiscono fra loro per una soluzione dellomogenea associata.
19

Osserviamo che lequazione (1), che talvolta prende il nome di equazione omogenea
associata alla (8), pu`
o evidentemente essere anche considerata come un caso particolare
della (8), cio`e la (1) non `e altro che la (8) con il termine noto f identicamente nullo.
Coerentemente, la formula (9) contiene, come caso particolare, la formula (3): se il termine
noto `e identicamente nullo, allora y 0, e la (8) diventa la (3).

Esempio
Consideriamo lequazione y 0 = f . Il suo integrale generale `e dato dallinsieme delle
primitive di f sullintervallo I. Lomogenea associata `e y 0 = 0, le cui soluzioni sono
le funzioni costanti. Utilizzando il Teorema 2 in questo esempio particolare, ritroviamo
concetti ben noti: le primitive di f (cio`e lintegrale della non omogenea) sono uguali a una
qualsiasi primitiva pi`
u tutte le possibili costanti additive (ovvero lintegrale dellomogenea
associata). Due primitive (ovvero due soluzioni della non omogenea) differiscono fra loro
per una costante (ovvero per una soluzione dellomogenea associata).
Esempio
Determiniamo lintegrale generale dellequazione
y 00 + y = x

(10)

Lequazione omogenea associata `e la (4), il cui integrale generale `e espresso dalla (5). Una
soluzione particolare della (10) `e evidentemente y(x) = x. Pertanto lintegrale generale
della (10) `e dato da
y(x) = x + c1 sen x + c2 cos x
al variare di c1 , c2 nelle costanti.
Mentre, come si `e detto sopra, non `e possibile determinare esplicitamente una base
dellintegrale generale dellequazione omogenea associata, `e sempre possibile determinare
una soluzione particolare y dellequazione non omogenea in termini della base y1 , y2 , . . . , yn .
Esiste un metodo, che consiste nel cercare y nella forma
y(x) = c1 (x)y1 (x) + c2 (x)y2 (x) + . . . + cn (x)yn (x)
dove, stavolta, c1 (x), c2 (x), . . . cn (x) non sono pi`
u costanti, ma funzioni variabili opportunamente scelte (da qui il nome di metodo della variazione delle costanti arbitrarie).
Noi non illustreremo questo metodo, anche perch`e la conoscenza esplicita delle yi (x),
come si `e appena ripetutto, in generale manca. C`e per`o un caso particolare, ma molto
importante, in cui `e possibile determinare esplicitamente le funzioni y1 (x), y2 (x), . . . , yn (x),
ed `e il caso in cui i coefficienti a1 (x), a2 (x), . . . an (x) sono costanti . A questa situazione `e
dedicata la sezione Equazioni differenziali lineari a coefficienti costanti .

20

Il problema di Cauchy
Abbiamo visto che lequazione (8) ha infinite soluzioni, fornite dalla (9). Le soluzioni
si ottengono al variare di c1 , . . . , cn fra tutte le possibili costanti; si usa dire, in situazioni
` pertanto ragionevole ipotizzare che, assegnando
del genere, che ci sono n gradi di libert`
a. E
n condizioni aggiuntive alla (8), ci possa essere una e una sola soluzione y che verifichi la
(8) pi`
u le n condizioni aggiuntive.
In realt`
a ci`
o non `e sempre vero, e dipende strettamente dal tipo di condizioni aggiuntive. Noi esamineremo qui di seguito solo un tipo di condizioni aggiuntive, le cosiddette
condizioni di Cauchy.
Assegnare le condizioni di Cauchy per lequazione (8) vuol dire, per definizione, fissare
un punto x0 I, dove ricordiamo I `e lintervallo in cui sono definiti
coefficienti e soluzioni dellequazione differenziale, e prescrivere nel punto x0 gli n valori
y(x0 ), y 0 (x0 ), . . . , y (n1) (x0 ).
Linsieme dellequazione (8) e delle condizioni di Cauchy prende il nome di problema
di Cauchy. Dunque un problema di Cauchy per unequazione differenziale lineare di ordine
n ha la forma seguente:

(11)

L[y] = y (n) + a1 (x)y (n1) + . . . + an1 y 0 + an (x)y = f (x)

y(x0 ) = y0
y 0 (x0 ) = y1

. .(n1)
y
(x0 ) = yn1

dove x0 I, y0 , y1 , . . . , yn1 sono numeri arbitrariamente assegnati, che prendono anche


il nome di valori iniziali .
Per il problema di Cauchy (11) sussiste il seguente risultato, che non dimostreremo:
Teorema 3 Il problema di Cauchy (11) ha una e una sola soluzione y per ogni scelta di
x0 I e dei valori iniziali y0 , y1 , . . . , yn1 .

21

Equazioni differenziali lineari a coefficienti costanti


Il caso omogeneo
Consideriamo lequazione differenziale lineare omogenea a coefficienti costanti
(1)

y (n) + a1 y (n1) + . . . + an1 y 0 + an y = 0

e sia L loperatore differenziale associato allequazione (1),


(2)

L[y] = y (n) + a1 y (n1) + . . . + an1 y 0 + an y .


Il polinomio P (z), definito su tutto il piano complesso come

(3)

P (z) = z n + a1 z (n1) + . . . + an1 z + an

prende il nome di polinomio associato alloperatore L, o anche di simbolo delloperatore L.


Confrontando la (2) e la (3), si vede subito che il polinomio P associato a L si ottiene da
L sostituendo formalmente i monomi alle derivazioni.
Vogliamo determinare una base dellintegrale generale della (1). A tale scopo, sia
C e calcoliamo L[ex ]. Risulta
(4)

L[ex ] = n ex + a1 n1 ex + . . . + an1 ex + an ex = P ()ex ;

pertanto la funzione y = ex `e soluzione di (1) se e solo se P () = 0, vale a dire se e solo


se `e una radice del polinomio associato alloperatore L.
Osservando che il grado di P `e n e ricordando che, in base al teorema fondamentale
dellalgebra, un polinomio di grado n ha n radici (contate con la loro molteplicit`
a), possiamo concludere che, se P ha n radici differenti 1 , 2 , . . . , n , le n funzioni linearmente
indipendenti
(5)

e1 x , e2 x , . . . , en x

costituiscono una base per lintegrale generale della (1).


Esempio
Determiniamo lintegrale generale dellequazione
y (3) + y 00 2y 0 = 0
Il polinomio associato P (z) = z 3 + z 2 2z ha tre radici distinte, z = 2, z = 0, z = 1,
a cui corrispondono tre soluzioni linearmente indipendenti e2x , 1, ex ; pertanto lintegrale
generale dellequazione proposta `e dato da
y(x) = c1 e2x + c2 + c3 ex .

22

Abbiamo dunque risolto il nostro problema nel caso in cui il simbolo di L ha radici
distinte; resta da esaminare la situazione in cui una o pi`
u radici di P sono multiple. In
questo caso, le radici distinte sono in numero inferiore a n; dette 1 , 2 , . . . , h le h radici
distinte di P , con h < n, la tabella (5) di soluzioni linearmente indipendenti della (1) si
riduce a h funzioni, e ne dobbiamo determinare altre n h indipendenti, per costruire una
base dellintegrale generale della (1).
Definiamo m1 , m2 , . . . , mh le molteplicit`a rispettivamente di 1 , 2 , . . . h , di modo
che in base al teorema di Ruffini vale la scomposizione
(6)

P (z) = (z 1 )m1 (z 2 )m2 . . . (z h )mh

Alcuni fra i numeri mi possono anche essere uguali a 1, il che vuol dire che le corrispondenti
radici sono semplici (hanno cio`e molteplicit`a pari a 1), ma la somma di tutte le molteplicit`
a
deve essere pari a n, come mostra la (6), dato che i gradi dei polinomi ai due membri
delluguaglianza devono coincidere.
Mostreremo ora come ogni radice j con molteplicit`a mj contribuisca esattamente
con mj soluzioni linearmente indipendenti allintegrale generale della (1), di modo che,
alla fine, avremo m1 + m2 + . . . + mh = n soluzioni linearmente indipendenti, risolvendo
completamente il problema di determinare lintegrale generale della (1).
Osserviamo preliminarmente che una radice j di P ha molteplicit`a mj se e solo se j
`e radice di P, P 0 , . . . , P (mj 1) , cio`e `e radice di P e delle sue derivate sino allordine mj 1.
Questo si ottiene facilmente da (6). Ad esempio, ragioniamo su 1 , supponendo che abbia
una molteplicit`
a m1 > 1.
Sappiamo che 1 `e una radice di P , e infatti 1 annulla il membro di destra di (6).
Deriviamo ora la (6), ponendo Q(z) = (z 2 )m2 . . . (z h )mh . Risulta
(7)

P 0 (z) = m1 (z 1 )(m1 1) Q(z) + (z 1 )m1 Q0 (z)

e dunque, a condizione che m1 1 6= 0, ovvero m1 2, si ha che 1 `e radice anche di


P 0 (z).
Ovviamente questo discorso si pu`o iterare; se m1 3, derivando a sua volta la (7)
abbiamo
P 00 (z) = m1 (m1 1)(z 1 )m1 2 Q(z) + 2m1 (z 1 )(m1 1) Q0 (z) + (z 1 )m1 Q00 (z)
da cui si vede che 1 `e radice anche di P 00 (z), e cos` via.
Fatta questa premessa, ragioniamo ancora (per fissare le idee) su 1 , e supponiamo che
m1 2. Mostriamo che 1 contribuisce alla base dellintegrale generale di (1) esattamente
con m1 funzioni.
Gi`
a sappiamo che L[e1 x ] = 0. Calcoliamo ora L[xe1 x ]. Posto y = xe1 x , si ha
y 0 = e1 x + 1 xe1 x
y 00 = 21 e1 x + 21 xe1 x
y (3) = 321 e1 x + 31 xe1 x =
...
(n1) 1 x

y (n) = n1

23

+ n1 xe1 x

da cui, ricordando che 1 `e radice non solo di P , ma anche di P 0 , dato che la sua molteplicit`
a
`e m1 2, si ha
(8)
(n1)
(n2)
L[xe1 x ] = e1 x (n1
+ a1 (n 1)1
+ . . . + an1 )+
+ xe1 x (n1 + a1 n1
+ . . . + an1 1 + an ) = P 0 (1 )e1 x + P (1 )xe1 x = 0 .
1
Abbiamo cos` dimostrato che, in corrispondenza della radice 1 per la quale stiamo
ipotizzando una molteplicit`
a m1 2, ci sono due soluzioni indipendenti di (1): e1 x e
xe1 x .
Questo procedimento si pu`
o iterare per molteplicit`a ancora maggiori. Infatti, se calcoliamo loperatore L nelle funzioni x2 e1 x , x3 e1 x , x4 e1 x . . . otteniamo, con calcoli analoghi
a quelli sviluppati sopra,
L[x2 e1 x ] = (P 00 (1 ) + 2P 0 (1 )x + P (1 )x2 )e1 x
(9)

L[x3 e1 x ] = (P (3) (1 ) + 3P 00 (1 )x + 3P 0 (1 )x2 + P (1 )x3 )e1 x


L[x4 e1 x ] = (P (4) (1 ) + 4P (3) (1 )x + 6P 00 (1 )x2 + 4P 0 (1 )x3 + P (1 )x4 )e1 x
...

(si noti nella (9) la comparsa dei coefficienti binomiali). Pertanto, L[x2 e1 x ] = 0 se e
solo se contemporaneamente P (1 ) = 0, P 0 (1 ) = 0, P 00 (1 ) = 0, cio`e se e solo se 1
ha molteplicit`
a m1 3. Analogamente, L[x3 e1 x ] = 0 se e solo se contemporaneamente
0
P (1 ) = P (1 ) = P 00 (1 ) = P (3) (1 ) = 0, cio`e se e solo se 1 ha molteplicit`a m1 4.
In generale, L[xh e1 x ] = 0 se e solo se m1 h + 1. Pertanto, abbiamo ottenuto
che la radice 1 (e ovviamente questo discorso vale per tutte le altre radici) contribuisce
alla base dellintegrale generale dellequazione (1) esattamente con un numero di funzioni
linearmente indipendenti pari alla sua molteplicit`a: se 1 `e semplice, contribuisce con la
sola e1 x , altrimenti contribuisce con
e1 x , xe1 x , x2 e1 x , . . . , xm1 1 e1 x .
Siamo quindi pervenuti a dimostrare il seguente
Teorema 1 Lintegrale generale dellequazione (1) `e generato dalle seguenti n funzioni
linearmente indipendenti:
e1 x , xe1 x , x2 e1 x , . . . , xm1 1 e1 x
(10)

e2 x , xe2 x , x2 e2 x , . . . , xm2 1 e2 x
...
eh x , xeh x , x2 eh x , . . . , xmh 1 eh x

dove 1 , 2 , . . . , h sono le radici del polinomio caratteristico delloperatore L associato


alla (1), con molteplicit`
a rispettivamente m1 , m2 , . . . , mh .
24

Esempio
Determiniamo lintegrale generale dellequazione
y 00 + 6y 0 + 9y = 0
Il polinomio associato P (z) = z 2 + 6z + 9 ha una radice z = 3 con molteplicit`
a 2,
2
dato che P (z) = (z + 3) . A questa radice doppia corrispondono due soluzioni linearmente
indipendenti e3x , xe3x ; pertanto lintegrale generale dellequazione proposta `e dato da
y(x) = (c1 + c2 x)e3x .

Abbiamo dunque risolto il problema di determinare lintegrale generale dellequazione


omogenea (1): la tabella (10) fornisce n funzioni linearmente indipendenti, e le soluzioni
di (1) sono tutte e sole le combinazioni lineari delle funzioni in (10).
Osserviamo che, anche nel caso particolare in cui i coefficienti ah della (1) siano tutti
numeri reali, e quindi il polinomio P sia a coefficienti reali, la tabella (10) in generale
`e costituita da funzioni a valori complessi: infatti, le radici 1 , . . . , h di P possono
` il caso, per`
essere numeri complessi anche nel caso in cui P abbia coefficienti reali. E
o,
di osservare che, se lequazione (1) ha coefficienti reali, allora `e possibile trovare una base
dellintegrale generale di (1) costituita da funzioni a valori reali .
Per verificare questa affermazione occorre prima dimostrare un risultato che riguarda
le radici di un polinomio a coefficienti reali. Stabiliamo dapprima alcuni concetti preliminari.
Dato z = a + ib un numero complesso, si dice coniugato di z, e si denota col simbolo
z, il numero complesso z = a ib. In altre parole, il coniugato di z `e un numero complesso
che ha stessa parte reale di z e parte immaginaria opposta a quella di z. Ovviamente, un
numero complesso coincide col proprio coniugato se e solo se la sua parte immaginaria `e
nulla, cio`e se `e un numero reale. Altrettanto ovviamente, il coniugato di z `e z.
Posto z1 = a1 + ib1 , z2 = a2 + ib2 , si ha
z1 + z2 = (a1 + ib1 ) + (a2 + ib2 ) = (a1 + a2 ) + i(b1 + b2 )
z1 z2 = (a1 + ib1 )(a2 + ib2 ) = (a1 a2 b1 b2 ) + i(a1 b2 + a2 b1 )
da cui
z1 + z2 = (a1 ib1 ) + (a2 ib2 ) = (a1 + a2 ) i(b1 + b2 ) = z1 + z2
z1 z2 = (a1 ib1 )(a2 ib2 ) = (a1 a2 b1 b2 ) i(a1 b2 + a2 b1 ) = z1 z2
cio`e il coniugato della somma `e la somma dei coniugati, il coniugato del prodotto `e il
prodotto dei coniugati . In altre parole, loperazione di coniugio commuta con somma e
prodotto.
Siamo ora in grado di dimostrare la seguente
25

Proposizione 1 Sia P (z) = z n + a1 z n1 + . . . + an1 z + an un polinomio a coefficienti


reali. Allora, C `e radice di P se e solo se `e radice di P .
Dim. Sia P () = 0. Allora
(11)

n + a1 n1 + . . . + an1 + an = 0 .

Coniughiamo ambo i membri della (11); ricordando che il coniugato di 0 `e 0, che il coniugio
commuta con somma e prodotto e che i coefficienti di P sono reali, e quindi coincidono
con i propri coniugati, si ha
n

n1

+ a1

+ . . . + an1 + an = 0

Dunque, un polinomio P a coefficienti reali pu`o avere radici complesse, ma, in tal
caso, queste sono a due a due coniugate.
Sia ora P il polinomio caratteristico delloperatore L associato alla (1), e supponiamo
che la (1) (e quindi P ) abbia coefficienti reali. In base a quanto appena dimostrato,
possiamo catalogare le radici di P come un gruppo di radici reali, denotate come 1 , . . . , p ,
con molteplicit`
a rispettivamente m1 , . . . , mp , e un gruppo di radici complesse a due a due
coniugate, denotate come 1 , 1 , . . . , r , r , con molteplicit`a rispettivamente 1 , . . . , r .
I due gruppi di radici possono essere non vuoti, oppure uno dei due pu`o essere vuoto
(cio`e il polinomio pu`
o avere solo radici reali, o solo radici complesse coniugate, o entrambe
le tipologie); ovviamente, essendo n il grado di P , deve comunque risultare m1 + . . . + mp +
21 + . . . + 2r = n (si noti il fattore 2 che moltiplica le molteplicit`a delle radici complesse
coniugate, perch`e ogni i `e la molteplicit`a di una coppia di radici).
Vogliamo costruire, come preannunciato, una base dellintegrale generale della (1)
fatta esclusivamente di funzioni a valori reali. Le radici reali i generano, come spiegato
sopra, funzioni a valori reali della forma ei x e, in caso di molteplicit`a maggiore di 1, xei x
e cos` via. Una radice complessa j = j + ij genera una funzione a valori complessi della
forma
(12)

ej x = ej x (cos j x + i sen j x)

e, se la sua molteplicit`
a `e maggiore di 1, genera anche le funzioni della forma xej x e cos`
via. Ma ad ogni radice complessa j corrisponde una radice coniugata j = j ij , che
genera
(13)

ej x = ej x (cos j x i sen j x) .

Prendendo combinazioni lineari di (12) e (13), si possono isolare i termini con il solo
coseno o con il solo seno. Pi`
u precisamente, se j , j sono due radici complesse coniugate
di P , allora le due funzioni indicate in (12) e (13) sono soluzione della (1), ma anche le
combinazioni lineari
(14)

1 j x
(e
+ ej x ) = ej x cos j x ,
2

1 j x
(e
ej x ) = ej x sen j x
2i
26

sono soluzioni linearmente indipendenti della (1), e, stavolta, sono a valori reali.
Abbiamo cos` osservato che la coppia di radici complesse coniugate j , j genera due
funzioni, soluzioni linearmente indipendenti di (1), a valori reali, espresse nella (14). Se
poi la coppia j , j ha molteplicit`a 2, genera anche le altre due soluzioni xej x , xej x da
cui, con le stesse combinazioni lineari della (14), ricaviamo altre due soluzioni a valori reali
xej x cos j x, xej x sen j x, e cos` via per molteplicit`a superiori. In definitiva, abbiamo il
seguente
Teorema 2 Supponiamo che lequazione (1) abbia coefficienti reali. Allora il suo integrale generale `e generato dalle seguenti n funzioni linearmente indipendenti a valori reali:
e1 x , xe1 x , x2 e1 x , . . . , xm1 1 e1 x
...
ep x , xep x , x2 ep x , . . . , xmp 1 ep x
(15)

e1 x cos 1 x, xe1 x cos 1 x, . . . , x1 1 e1 x cos 1 x


e1 x sen 1 x, xe1 x sen 1 x, . . . , x1 1 e1 x sen 1 x
...
er x cos r x, xer x cos r x, . . . , xr 1 er x cos r x
er x sen r x, xer x sen r x, . . . , xr 1 er x sen r x

dove 1 . . . , p sono le radici reali e 1 i1 , . . . , r ir le radici complesse coniugate del


polinomio caratteristico delloperatore L associato alla (1), con molteplicit`
a rispettivamente
m1 , . . . , mp e 1 , . . . , r .
Esempio
Determiniamo lintegrale generale dellequazione
y (4) + 4y = 0

(15)

Il polinomio associato P (z) = z 4 + 4 `e di quarto grado; per risolvere lequazione


P (z) = 0, che `e in forma biquadratica, poniamo w = z 2 . Si ha w2 + 4 = 0, da cui w = 2i.
Ora, dobbiamo risolvere le due equazioni
z 2 = 2i ;

z 2 = 2i .

Cominciamo con la prima; poniamo z = a + ib, e risolviamo (a + ib)2 = 2i. Si ha


2

a b + 2i ab = 2i


da cui

a2 b2 = 0
ab = 1

che ha soluzioni a = b = 1, a = b = 1. Pertanto z1 = 1 + i, z2 = 1 i sono due


radici di P (z). Le altre due si ricavano analogamente risolvendo z 2 = 2i, oppure, ancor
pi`
u semplicemente, ricordando che, in base alla Proposizione 1, anche z3 = z1 = 1 i e
z4 = z2 = 1 + i sono radici di di P (z).
27

In definitiva, il polinomio di quarto grado P (z) ha come radici le due coppie di numeri
complessi coniugati 1i, 1i. Sono quattro radici semplici, cui corrispondono le quattro
soluzioni linearmente indipendenti della (15) y(x) = ex cos x, ex sen x, ex cos x, ex sen x.
Pertanto lintegrale generale dellequazione (15) `e dato da
y(x) = ex (c1 cos x + c2 sen x) + ex (c3 cos x + c4 sen x) .

Esempio
Determiniamo lintegrale generale dellequazione
y (4) + 2y 00 + y = 0

(16)

Il polinomio associato `e P (z) = z 4 +2z 2 +1 = (z 2 +1)2 , che ha radici z = i, ciascuna


con molteplicit`
a pari a 2. Pertanto lintegrale generale dellequazione (16) `e dato da
y(x) = c1 sen x + c2 cos x + c3 x sen x + c4 x cos x .

Il caso non omogeneo


Studiamo ora il caso di unequazione lineare di ordine n a coefficienti costanti non
omogenea, vale a dire
(17)

L[y] = y (n) + a1 y (n1) + . . . + an1 y 0 + an y = f (x) .

Come gi`
a sappiamo dalla teoria generale delle equazioni differenziali lineari, lintegrale
generale della (17) si ottiene dallintegrale generale della (1) aggiungendo una qualsiasi
soluzione particolare y della (17).
Abbiamo anche fatto un cenno allesistenza di un metodo generale, detto variazione
delle costanti arbitrarie, che, permette, noto lintegrale generale dellequazione omogenea
associata (1), di ottenere una soluzione particolare della (17), e quindi, in definitiva, di
determinare lintegrale generale della (17).
Noi ci limiteremo a studiare il caso non omogeneo quando il termine noto f (x) `e di
tipo particolare. Tratteremo il caso in cui f (x) = Q(x)ex sen x o f (x) = Q(x)ex cos x,
con , reali, dove Q(x) `e un qualsiasi polinomio, e forniremo un metodo per trovare una
soluzione particolare y della (17).
Ovviamente rientrano in questa situazione i casi particolari in cui f `e un polinomio
(basta prendere = = 0), oppure f `e una funzione trigonometrica (Q(x) 1, = 0) o
un esponenziale reale (Q(x) 1, = 0).
28

f (x) = M ex , P () 6= 0
Sappiamo dalla (4) che L[ex ] = P ()ex ; pertanto, se P () 6= 0, cio`e se non `e
radice del polinomio caratteristico P , una soluzione particolare y della (17) `e data da
y(x) =

M x
e .
P ()

Dunque, se P () 6= 0, basta cercare una soluzione particolare y(x) = Cex , sostituirla


nella (17) e ricavare C. Questo metodo, ovviamente, va bene anche se `e complesso; ad
ogni modo, se f (x) = M ex sen x o f (x) = M ex cos x, pu`o essere desiderabile trovare
una soluzione particolare a valori reali. In questo caso, adatteremo cos` la nostra ricerca:
se + i non `e radice del polinomio caratteristico P , cercheremo una soluzione particolare
y(x) = Aex sen x + Bex cos x, sostituendola alla (17) e ricavando le costanti A e B.
Esempio
Determiniamo lintegrale generale dellequazione
L[y] = y 00 y = 7e2x

(18)

Il polinomio associato allequazione (18) `e P (z) = z 2 1, con radici z = 1. pertanto


lintegrale generale dellomogenea associata alla (18) `e dato da
y(x) = c1 ex + c2 ex .
Cerchiamo ora una soluzione particolare della (18). Il termine noto `e f (x) = e2x , e 2 non `e
radice del polinomio associato. Pertanto cercheremo una soluzione particolare della forma
y = Ce2x . Sostituendo nella (18) abbiamo
4Ce2x Ce2x = 7e2x
da cui C = 7/3. Pertanto lintegrale generale della (18) `e dato da
y(x) = c1 ex + c2 ex + 37 e2x .

Esempio
Determiniamo lintegrale generale dellequazione
(19)

L[y] = y 00 + y = 3ex sen 2x

Il numero complesso 1 + 2i non `e radice del polinomio P (z) = z 2 + 1 associato alla


(19). Pertanto cerchiamo una soluzione particolare della forma
y(x) = Aex sen 2x + Bex cos 2x .
29

Sostituendo y nella (19) otteniamo


L[Aex sen 2x + Bex cos 2x] = (4A 2B)ex cos 2x (2A + 4B)ex sen x = 3ex sen x
e quindi siamo ricondotti a risolvere il sistema algebrico
n

4A 2B = 0
2A 4B = 3

da cui

A=

3
3
,B = .
10
5

Pertanto una soluzione particolare della (19) `e data da


3 x
y(x) = 10
e sen 2x 53 ex cos 2x

mentre lintegrale generale della (19) `e


y(x) = c1 cos x + c2 sen x

3 x
10 e

sen 2x 53 ex cos 2x .

f (x) = M ex , P () = 0
Nel caso in cui f (x) = M ex e `e una radice del polinomio associato, ovviamente
non `e possibile avere una soluzione particolare della (17) della forma y = Cex , dato che
L[Cex ] = 0. Dobbiamo allora ricordare che (si veda la (8)),
L[xex ] = P 0 ()ex + P ()xex .
Pertanto, se `e una radice semplice di P , cio`e di molteplicit`a pari a 1, risulta
P () = 0, P 0 () 6= 0, e quindi una soluzione particolare y della (17) `e data da
y(x) =

M
xex .
P 0 ()

Dunque, se `e una radice di P () di molteplicit`a pari a 1, basta cercare una soluzione


particolare y(x) = Cxex , sostituirla nella (17) e ricavare C.
Analogamente, considerando che (si veda la (9))
L[x2 ex ] = P 00 ()ex + 2P ()xex + P ()x2 ex
si ha che, se `e una radice di P () di molteplicit`a pari a 2, e quindi P () = P 0 () = 0,
P 00 () 6= 0, risulta
L[x2 ex ] = P 00 ()ex
e una soluzione particolare di (17) `e data da
y(x) =

M
P 00 ()
30

xex .

Dunque, se `e una radice di P () di molteplicit`a pari a 2, basta cercare una soluzione


particolare y(x) = Cx2 ex , sostituirla nella (17) e ricavare C.
Come ormai `e chiaro, nel caso in cui `e radice di P con molteplicit`a pari a k, basta
cercare una soluzione particolare y(x) = Cxk ex , sostituirla nella (17) e ricavare C.
Anche in questa situazione, cos` come nel caso in cui P () 6= 0, il metodo
esposto si applica anche se `e complesso; daltronde, come abbiamo osservato sopra, se
f (x) = M ex sen x o f (x) = M ex cos x, pu`o essere desiderabile trovare una soluzione
particolare a valori reali. In questo caso, adatteremo cos` la nostra ricerca: se + i `e
radice del polinomio caratteristico P con molteplicit`a k, cercheremo una soluzione particolare y(x) = xk (Aex sen x + Bex cos x), sostituendola nella (17) e ricavando le costanti
A e B.
Esempio
Determiniamo lintegrale generale dellequazione
(20)

y 00 y = 4ex

Il termine noto `e f (x) = 4ex , e 1 `e radice semplice del polinomio associato P (z) = z 2 1.
Pertanto cercheremo una soluzione particolare della forma y = Cxex . Sostituendo nella
(20) abbiamo, dopo facili calcoli,
2Cex = 4ex
da cui C = 2. Pertanto una soluzione particolare di (20) `e data da y = 2xex , mentre
lintegrale generale dalla (20) `e
y(x) = c1 ex + c2 ex + 2xex .
Esempio
Determiniamo lintegrale generale dellequazione
(21)

y (4) + 2y 00 + y = sen x

Risulta P (z) = z 4 + 2z 2 + 1 = (z 2 + 1)2 , che ha radici z = i, ciascuna con molteplicit`


a
pari a 2; pertanto, lintegrale generale dellomogenea associata `e dato da
y(x) = (c1 + c2 x) sen x + (c3 + c4 x) cos x .
Il termine noto sen x `e parte dellesponenziale complesso eix . Essendo i radice del polinomio
associato con molteplicit`
a pari a 2 e volendo determinare una soluzione particolare a valori
reali, cerchiamo y(x) della forma y(x) = x2 (A sen x + B cos x). Sostituendo y(x) nella (21),
dopo alcuni passaggi otteniamo
8B cos x 8A sen x = sen x
da cui B = 0, A = 1/8. In definitiva, lintegrale generale della (21) risulta quindi
y(x) = (c1 + c2 x) sen x + (c3 + c4 x) cos x 81 x2 sen x .
31

f (x) = Q(x)ex , Q(x) polinomio


Dalle discussioni precedenti, avendo studiato il comportamento di L[xh ex ], segue
facilmente che, in questa situazione, occorre ricercare una soluzione particolare y della
forma
y(x) = R(x)ex
se P () 6= 0;
y(x) = R(x)xk ex
se `e radice di P di molteplicit`a pari a k, dove in entrambi i casi R(x) `e un generico
polinomio dello stesso grado di Q(x), i cui coefficienti vengono determinati sostituendo
y(x) nella (17).
Analogamente a quanto visto in precedenza, se f (x) = Q(x)ex sen x o f (x) =
Q(x)ex cos x, cercheremo una soluzione particolare y della forma
y(x) = R1 (x)ex sen x + R2 (x)ex cos x

se + i non `e radice di P ;
y(x) = R1 (x)xk ex sen x + R2 (x)xk ex cos x

se + i `e radice di P di molteplicit`a pari a k, dove in entrambi i casi R1 (x), R2 (x) sono


due generici polinomi dello stesso grado di Q(x), i cui coefficienti vengono determinati
sostituendo y(x) nella (17).
A conclusione, segnaliamo anche che, se il termine noto f (x) della (17) si presenta
nella forma f (x) = f1 (x) + f2 (x) + . . . + fh (x), dove ciascuna delle fi (x) `e di un tipo trattato in precedenza, la linearit`
a delloperatore L permette di procedere nel modo seguente:
si cercano soluzioni particolari della (17) y 1 , y 2 , . . . , y h relative rispettivamente ai singoli
termini noti f1 , f2 , . . . , fh ; posto y = y 1 + y 2 + . . . + y h , si ha che y `e soluzione della (17),
in quanto

L[y] = L[y 1 + . . . + y h ] = L[y 1 ] + . . . + L[y h ] = f1 (x) + . . . + fh (x) = f (x) .

32

Esempio
Determiniamo lintegrale generale dellequazione
y (4) y = x sen x cos x

(22)

In questo caso P (z) = z 4 1, che ha radici z = 1, 1, i, i. Pertanto lintegrale generale


dellomogenea associata `e dato da
y(x) = c1 ex + c2 ex + c3 sen x + c4 cos x .
Cerchiamo una soluzione particolare y della (22). Il termine noto f (x) = x sen x cos x
pu`o essere riguardato come f (x) = 21 x sen 2x. Dato che 2i non `e radice di P (z), cerchiamo
una soluzione particolare della forma
y(x) = (a1 x + b1 ) sen 2x + (a2 x + b2 ) cos 2x .
Dopo facili calcoli, otteniamo
y (4) (x) y = (32a1 + 15b2 + 15a2 x) cos 2x + (32a2 + 15b1 + 15a1 x) sen 2x = 12 x sen 2x
da cui ricaviamo

15a1 = 21

15a2 = 0

32a1 + 15b2 = 0
32a2 + 15b1 = 0

a1 = 30

a2 = 0
=
b1 = 0

16
b2 = 225

Pertanto lintegrale generale della (22) `e dato da


y(x) = c1 ex + c2 ex + c3 sen x + c4 cos x +

33

1
30 x sen 2x

16
225

cos 2x

Prove desame

Matematica
prova desame del 10/1/2008

Si consideri f : (0, +) R definita da


f (x) = log

x2
x3
+
x
log
2 arctg x + 4x(arctg x )
(1 + x2 )2
1 + x2

dove `e un parametro reale.


a) Si calcoli
lim x log

x+

x2
,
1 + x2

lim x(arctg x /2) ;

x+

b) Utilizzando il punto a) si calcoli lim f (x) e lim f (x), giustificando esplicitamente


x+
x0
i risultati ottenuti;
c) Si calcoli per quali valori di la funzione f (x) `e rispettivamente surgettiva, iniettiva,
bigettiva.

34

Matematica
prova desame del 29/1/2008

1) Si studi la funzione
g(x) = x2 log x
2) Si consideri la funzione f (x) : (0, +) R definita da
f (x) = 8x4 log2 x + x4 8x2 + 16x2 log x 4x4 log x + 7 + (2x2 log x + 4 log x x2 + 1)
dove `e un parametro reale.
Si calcoli per quali valori di la funzione f (x) `e surgettiva, giustificando esplicitamente i risultati ottenuti;
Si calcoli per quali valori di la funzione f (x) `e una bigezione;
Si calcoli, al variare di , il numero delle radici di f (x).
Suggerimento: lespressione di f 0 (x) si scompone algebricamente in espressioni che contengono la
funzione g(x) definita nel punto 1).

Matematica
prova desame del 29/1/2008

1) Si studi la funzione
g(x) = x2 log x
2) Si consideri la funzione f (x) : (0, +) R definita da
f (x) = 8x4 log2 x + x4 8x2 + 16x2 log x 4x4 log x + 7 + (2x2 log x + 4 log x x2 + 1)
dove `e un parametro reale.
Si calcoli per quali valori di la funzione f (x) `e surgettiva, giustificando esplicitamente i risultati ottenuti;
Si calcoli per quali valori di la funzione f (x) `e una bigezione;
Si calcoli, al variare di , il numero delle radici di f (x).
Suggerimento: lespressione di f 0 (x) si scompone algebricamente in espressioni che contengono la
funzione g(x) definita nel punto 1).

35

Matematica
prova desame del 12/2/2008

Si consideri la funzione f : (0, +) R definita da


f (x) = log x((x2 2) log x x2 + 12x 2) (x2 2)
dove `e un parametro reale.

Si calcoli
lim f (x);

lim f (x),

x+

x0

giustificando esplicitamente i risultati ottenuti;

Si calcoli per quali valori di la funzione f : (0, +) R `e una bigezione;

Si disegni un grafico qualitativo di f (x) al variare di ;

Si calcoli il numero delle radici di f (x) quando +

Suggerimento: conviene studiare la funzione g(x) = f 0 (x)/x. Per quanto riguarda il numero delle
radici di f (x), conviene considerare il segno di f in x1 e x2 , dove x1 e x2 sono due punti in cui il
moltiplicatore di , cio`
e (x2 2), assume segni discordi.

36

Matematica
prova desame del 26/2/2008

1) Si discuta, sul suo campo di esistenza, il segno della funzione


h(t) = 2t arctg t log

 1 + t2 
2

considerandone, in particolare, eventuali simmetrie e tenendo conto del valore di h(1).


2) Si consideri la funzione f (x) : R R definita da
f (x) = 2 arctg x x(2

 1 + x2 

(2x arctg x log(1 + x2 ))


) + x log
2
2

dove `e un parametro reale.


Si calcoli per quali valori di la funzione f (x) `e surgettiva, giustificando esplicitamente i risultati ottenuti;

Si calcoli per quali valori di la funzione f (x) `e una bigezione;

Sugg.: la condizione che determina la costanza del segno di f 0 (x) si pu`


o esprimere in termini di
h()

Facoltativo: si disegni, al variare di , un grafico qualitativo di f 0 (x), e si calcoli


il numero delle radici di f (x) per .

37

Matematica
prova desame del 4/3/2008

1) Si disegni il grafico della funzione h : R R definita da


h(x) = x4 3x3 + 3x2 x 2 .
Si dimostri, in particolare, che h(x) ha ununica radice positiva e, sapendo che `e un numero
naturale, la si calcoli esplicitamente.
2) Si consideri la funzione f (x) : (0, +) R definita da
f (x) = x4 6x3 + 18x2 + (24 12x) log x (x 1) 13
dove `e un parametro reale.
Si calcoli per quali valori di la funzione f (x) `e surgettiva, giustificando esplicitamente i risultati ottenuti;

Si calcoli per quali valori di la funzione f (x) `e una bigezione;

Osservato che f (1) = 0 , si calcoli per quali valori di la funzione f (x) ha


radici nellintervallo (0, 1), e in questo caso si dica quante radici ha f (x) in (0, +).

38

Matematica
prova desame del 8/4/2008

1) Si calcoli per quali valori del parametro reale il trinomio (t) = 4t2 t + 1
ha due radici 0 < t1 < t2 ; in questo caso, tenendo conto del segno di (1/2), si dimostri
che t1 < 1/2;

ha due radici 0 < t1 < 1 < t2 (sugg.: che segno deve avere (1)?)

2) Si consideri la funzione f (x) : R R definita da


f (x) = (6x2 + 6x + 5)e2x (3x2 + 4)ex + x3 + 3x2 + 4x
dove `e un parametro reale.
Si calcoli per quali valori di la funzione f (x) `e surgettiva, giustificando esplicitamente i risultati ottenuti;

Si calcoli per quali valori di la funzione f (x) `e una bigezione;

Si calcoli per quali valori di la funzione f (x) `e iniettiva in [0, +);

(Facoltativo) Si disegni un grafico qualitativo di f (x) al variare di ; in particolare,


si dimostri che f (x) ha per ogni una e una sola radice mediante i seguenti passi:
a) Si disegni il grafico di f (x) per = per il quale f 0 (x) si annulla in un unico punto;
b) Si dimostri che, se 1 < 2 , il grafico di f (x) per = 1 `e al di sotto del grafico di
f (x) per = 2 ;
c)

Tenendo conto di tutta la discussione precedente, si disegni il grafico di f (x) per


> .

39

Matematica
prova desame del 6/5/2008

Si consideri la funzione f : (0, +) R definita da


f (x) = 4 log x 9 log(1 + 2x2 ) + x
dove `e un parametro reale.
Si calcoli per quali valori di la funzione f (x) `e surgettiva, giustificando esplicitamente i risultati ottenuti;

Si calcoli per quali valori di la funzione f (x) `e una bigezione;

Si disegni un grafico qualitativo di f (x) al variare di e, in particolare, si calcoli


il numero delle radici di f (x) al variare di .

Matematica
prova desame del 17/6/2008

Si consideri f : (0, +) R definita da


f (x) = (4x4 + 8x2 + 8) log x x4 (6x3 log x 2x3 + 9x)
dove `e un parametro reale.
a)

Si dimostri preliminarmente che

g(x) = 1 + 2x2 log x > 0

x > 0;

h(x) = 6x3 log x 2x3 + 9x > 0

x > 0

b) Si calcoli per quali valori di la funzione f (x) `e surgettiva, giustificando esplicitamente i risultati ottenuti;
c) Si determini per quali valori di la funzione f `e una bigezione; si osservi, a tal
fine, che f 0 (x) contiene g(x) come fattore;
d) Si disegni un grafico qualitativo di f (x) al variare di , osservando che, in base
al punto a), se 1 > 2 il grafico di f per = 1 `e al di sotto del grafico di f per = 2 .
In particolare, si dimostri che f ha una sola radice per ogni valore di .

40

Matematica
prova desame del 24/6/2008

Si consideri f : (0, +) R definita da


f (x) = 72 log x + 16 log(1 + x2 ) 49 log(1 + 4x2 ) + (arctg x 2 arctg 2x)
dove `e un parametro reale.
a)

Si dimostri preliminarmente che


arctg x < 2 arctg 2x

x > 0;

b) Si calcoli per quali valori di la funzione f (x) `e surgettiva, giustificando esplicitamente i risultati ottenuti;
c)

Si determini per quali valori di la funzione f `e una bigezione;

d) Si disegni un grafico qualitativo di f (x) al variare di , osservando che, in base


al punto a), se 1 > 2 il grafico di f per = 1 `e al di sotto del grafico di f per = 2 .
In particolare, si dimostri che f ha una sola radice per ogni valore di

41

Matematica
prova desame dell8/7/2008

a) Si consideri la funzione

2x2 1
h(x) = log(x4 x2 + 1) 2 log(x2 + 1) + 2 3 arctg
3
Detto X il suo campo di esistenza, si studi la funzione h : X R, evidenziando, in particolare, asintoti, intervalli di crescenza e decrescenza, intervalli di convessit`a e di concavit`
a,
eventuali propriet`
a di simmetria, e disegnandone il grafico.
b) Si calcoli per quali valori del parametro reale la funzione f : X R definita da
f (x) = h(x) + x
`e una bigezione.
c) Detto Y = X (0, +), si calcoli per quali valori del parametro reale la funzione
g : Y R definita da
g(x) = h(x) log x
`e una bigezione.
Suggerimento: Per risolvere il punto c) pu`
o essere conveniente separare i casi < 0, = 0 e > 0.
La conoscenza di h(x) rende immediato lo studio dei casi < 0 e = 0.

42

Matematica
prova desame del 22/7/2008

a) Si studi la funzione h(t) : R R definita da h(t) = 16t3 + 16t2 + 6t + 1, determinandone intervalli di crescenza, decrescenza, convessit`a e concavit`a; in particolare, se ne
determini esplicitamente lunica radice reale;
b)

Utilizzando la regola di Ruffini e il punto a), si scomponga il polinomio


16t4 10t2 5t 1 ;

c)

Si consideri la funzione f : R R definita da


1
f (x) = x sen 4x (2x2 ) cos 4x 12x sen 2x + (12x2 6) cos 2x+
4
2
+ (80x 160) sen x + 160x cos x + x3

dove `e un parametro reale, 6= 0, e si calcoli:

per quali valori di la funzione f `e surgettiva, giustificando esplicitamente


i risultati ottenuti;

per quali valori di la funzione f `e una bigezione.

Suggerimento: Per rispondere allultima domanda conviene studiare g(x) =

` vietato luso della macchina calcolatrice.


N.B. E

43

f 0 (x)
x2

e utilizzare il punto b).

Matematica
prova desame del 2/9/2008

1) Si dimostri, senza fare uso di macchina calcolatrice, che 8 > e2 . Partendo da


2
questo, si dimostri che log 2 > .
3
2) Si dimostri la seguente disequazione:
4x4 6x3 + x2 + 1 0

x R

3) Si consideri la funzione f (x) : (0, +) R definita da


7
9
f (x) = (2x4 6x3 + 3x2 6) log x 3 log2 x x4 + 5x3 x2 + x
6
2
dove `e un parametro reale.
Si calcoli per quali valori di la funzione f (x) `e surgettiva, giustificando esplicitamente i risultati ottenuti;
Si calcoli per quali valori di la funzione f (x) `e una bigezione;
Si disegni, al variare di , un grafico qualitativo di f (x); in particolare, confrontando i valori di f (1) e f (2), e utilizzando il punto 1), si dimostri, senza fare uso di
macchina calcolatrice, che esistono dei valori di per i quali f (x) ha pi`
u di una radice
reale.

Matematica
prova desame del 9/9/2008

Si consideri
f (x) =

3
x
2
x log(1 + ) + 2 log(1 + ) + (x + 1) log(x + 1) x
3
x
3

dove `e un parametro reale.


Si determini il campo di esistenza X di f (x);
Si determini per quali valori di la funzione f : X R `e iniettiva;
Si disegni un grafico qualitativo di f (x) al variare di ;
Si determini il numero e il comportamento delle radici di f (x) quando +.

44

Matematica
prova desame del 7/10/2008

Attenzione: `
e espressamente vietato luso della macchina calcolatrice
Si consideri f : (0, +) R definita da
f (x) = (6 + x) log x 5x log(1 +

1
) 10 arctg x x
x2

dove `e un parametro reale.


a) Si calcoli per quali valori di la funzione f (x) `e surgettiva, giustificando esplicitamente i risultati ottenuti;
b) Si determini per quali valori di la funzione f `e una bigezione; a tal fine, risulta
utile sapere che
11 log 3 5 log 5 ' 4, 038 .

Matematica
prova desame del 18/11/2008

1)

Si studi la funzione g : R R definita da


g(x) =

2)

15x4 40x3 + 30x2 5


3x2 + 1

Si consideri la funzione f (x) : R R definita da


f (x) = 3x5 10x4 + 10x3 5x (x + x3 )

dove `e un parametro reale.

Si calcoli per quali valori di la funzione f (x) risulta bigettiva;

Si disegni, al variare di , un grafico qualitativo di f (x), calcolando, in particolare,


numero, segno delle radici e comportamento asintotico quando +.

45

Matematica
prova desame del 2/12/2008

Si consideri la funzione f : R R definita da


f (x) = (6 sen x + 12 cos x + 15)e2x (10 sen x + 10 cos x + 202 )ex + 30(sen x + x)
dove `e un parametro reale.

Si calcoli per quali valori di la funzione f (x) `e iniettiva;

Si calcolino i seguenti limiti, giustificando esplicitamente i risultati ottenuti:


lim f (x)

al variare di ;

lim f (2n)

n+

per 0;

lim f ((2n + 1))

n+

per 0;

Utilizzando i risultati del punto precedente, si calcoli per quali valori di la funzione f (x) `e surgettiva;

Matematica
prova desame del 13/1/2009

Si consideri la funzione
f (x) = x3 + x4 + x5 + (x2 1) arctg x x log(1 + x2 ) + senh x
dove `e un parametro reale.
Detto X il campo di esistenza di f (x), si determini per quali valori del parametro
la funzione f : X R `e surgettiva, giustificando esplicitamente i risultati ottenuti;
Limitandosi al caso in cui 0, si determini per quali la funzione f : X R
`e una bigezione (suggerimento: posto g(x) = f 0 (x), si dimostri che g 0 (x) si pu`o scrivere
come somma di funzioni crescenti);

Si studi, al variare di in [0, +), numero e segno delle radici di f (x).

46

Matematica
prova desame del 27/1/2009

Si consideri la funzione
f (x) = 9e2x (log(1 + 2ex ) + ) + 14ex 4
dove `e un parametro reale.
Detto X il campo di esistenza di f , si calcoli per quali valori di f `e iniettiva in
X, e in questo caso si calcoli f (X) (suggerimento: per calcolare il segno di f 0 (x) conviene
studiare la funzione g(x) = e2x f 0 (x));
Si disegni, al variare di , un grafico qualitativo di f (x). In particolare, detto
il valore di al di l`
a del quale non si ha pi`
u iniettivit`a, si disegni il grafico di f (x) per
= ;
Si dimostri che, quando 1 < 2 , il grafico di f per = 1 `e al di sotto del grafico
di f per = 2 , e si calcoli il numero delle radici di f (x) al variare di .

Matematica
prova desame del 10/2/2009

a) Si studi la funzione
h(x) = 3x4 7x3 3x2 + 24
sullinsieme x [0, +)
b) Si consideri la funzione f : (0, +) R definita da
f (x) = (3x4 14x3 18x2 288) log x144 log2 x+27x2 +

7
(20x3 3x4 5)+(x1)34
12

dove `e un parametro reale.


Si calcoli per quali valori di la funzione f : (0, +) R `e surgettiva, giustificando esplicitamente i risultati ottenuti;

Si calcoli per quali valori di la funzione f : (0, +) R `e una bigezione;

Si disegni un grafico qualitativo di f al variare di , calcolando, in particolare, il


numero delle radici.

47

Matematica
prova desame del 24/2/2009

a) Si studi sulla retta reale la funzione


h(x) = 4x3 + 12x2 + 9x + 2
e si determini, in particolare, linsieme {x R : h(x) = 0}.
b) Si consideri la funzione f : R R definita da
3x2 + 3x
4 log(x2 + x + 1) + x
f (x) = 2
x +x+1
dove `e un parametro reale.
Si calcoli per quali valori di la funzione f : R R `e surgettiva, giustificando
esplicitamente i risultati ottenuti;
Si calcoli per quali valori di la funzione f : R R `e una bigezione;
Si disegni un grafico qualitativo di f (x) nei casi = 1, = 1, indicando, in
particolare, numero e segno delle radici di f (x).
Alcuni suggerimenti:
Conviene studiare la funzione g(x) = f 0 (x)
P (x)
Quando si deriva il quoziente di due polinomi Q2 (x) , conviene usare la formula
D[

P (x)
P 0 (x)
2P (x)Q0 (x)
]= 2

2
Q (x)
Q (x)
Q3 (x)

Nello studio della funzione f (x) quando = 1, `


e conveniente calcolare il segno di f (2).

48

Matematica
prova desame del 10/3/2009

a) Si disegni il grafico della funzione h : R R definita da


h(x) =

x3 x
+ arctg x
(1 + x2 )2

b) Si consideri la funzione f : R R definita da


f (x) = x(arctg x + ) +

1
cos x
1 + x2

dove `
e un parametro reale.
Si calcoli per quali valori di la funzione f : R R `
e surgettiva, giustificando esplicitamente
i risultati ottenuti;

Si calcoli per quali valori di la funzione f : R R `


e una bigezione;

Si disegni un grafico qualitativo di f (x) per = 0

Suggerimento: conviene calcolare soltanto sup e inf di f 0 (x), tenendo conto del grafico di h(x).
Per rispondere alla terza domanda conviene osservare le propriet`
a di simmetria di f (x); pu`
o inoltre
risultare utile conoscere il valore numerico di h(/2) ' 1, 2.

49

Matematica
prova desame del 21/4/2009

Si consideri la funzione f : R \ {0} R definita da


f (x) = 3x3 log2 |x| + (10x5 2x3 6x) log |x| 7x5 + 3x + x3
dove `e un parametro reale.
Si prolunghi f (x) nellorigine in modo da renderla continua, e si dica se la funzione
cos` ottenuta `e derivabile;

Si dica se la funzione ha propriet`a di simmetria;

Si calcoli
lim f (x) ;

lim f (x)

x+

giustificando esplicitamente i risultati ottenuti;

Si calcoli per quali valori di la funzione f : R R `e una bigezione;

Si calcoli il numero delle radici di f (x) per .

Suggerimento: Si consiglia di studiare la funzione g(x) =

50

f 0 (x)
.
x2

Matematica
prova desame del 12/5/2009

Attenzione: `
e proibito luso della macchina calcolatrice
5
4

> 15 , si dimostri che 4 + 24 log 4 25 log 5 < 0.

Sapendo che log

Si consideri la funzione f (x) definita da


f (x) = 13 log

x
12 log(x + x2 ) + x
|x + 1|

dove `e un parametro reale.


Detto X il suo campo di esistenza, si calcoli per quali valori di la funzione
f : X R `e una bigezione;
Si disegni il grafico di f (x) per = 0 e per = , dove `e il valore di al di l`
a
del quale f `e bigettiva;
Si disegni, al variare di , un grafico qualitativo di f (x), calcolando, in particolare,
il numero delle radici di f (x) al variare di .
Suggerimento: se 1 < 2 , il grafico di f (x) quando = 1 `
e al di sotto del grafico di f (x) quando
= 2 .

51

Matematica
prova desame del 16/6/2009

a) Si dimostri, senza uso di macchina calcolatrice, che, posto


(x) = log x +

3
log(1 + x2 )
2

risulta ( 12 ) > 0. Si dimostri inoltre, utilizzando le propriet`a di monotonia di , che


(x) > 0 x > 12 .
b) Si consideri la funzione f : (0, +) R definita da
f (x) = log x +

log(1 + x2 ) +
2
1 + x2

dove `e un parametro reale.

Si calcoli
lim f (x) ;

lim f (x)

x+

x0

giustificando esplicitamente i risultati ottenuti;

Si calcoli per quali valori di la funzione f (x) `e una bigezione;

Si dimostri che, R, f (x) ha una e una sola radice reale. A tale scopo,
limitandosi agli per i quali f non `e una bigezione, risulta utile:

disegnare un grafico qualitativo di f (x);

considerare il segno di f 0 ( 12 );

utilizzare il punto a) per determinare il segno del valore di minimo relativo di f (x).

52

Matematica
prova desame del 23/6/2009

Si consideri la funzione f : (0, +) R definita da

6
f (x) = x x log(x)
x
dove > 0 `e un parametro positivo.
Si calcoli
lim f (x),

x0

lim f (x)

x+

giustificando esplicitamente i risultati ottenuti;

Si calcoli per quali valori di la funzione f (x) `e una bigezione;

Si disegni, al variare di , un grafico qualitativo di f (x), dimostrando, in particolare, che f (x) ha una e una sola radice per ogni > 0.
Suggerimento: per rispondere allultima domanda, conviene disegnare il grafico di f (x) per = ,
` necessario, inoltre, dimostrare che i
e il valore di al di l`
a del quale f (x) `
e iniettiva. E
dove `
grafici di f (x), al variare di , sono ordinati rispetto ad .

53

Matematica
prova desame del 7/7/2009

Si consideri la funzione f : R R definita da


f (x) = e2x (cos x + 3 sen x + 5) + 5(sen x + cos x) + 10x ex
dove > 0 `e un parametro reale.
Si calcoli
lim f (x),

lim f (x)

x+

giustificando esplicitamente i risultati ottenuti;

Si calcoli per quali valori di la funzione f (x) `e una bigezione;

Si disegni, al variare di , un grafico qualitativo di f (x), dimostrando, in particolare, che f (x) ha una e una sola radice per ogni > 0.
Suggerimento: Conviene studiare la funzione g(x) = ex f 0 (x).
e il
Per rispondere allultima domanda, conviene disegnare il grafico di f (x) per = , dove `
`
valore di al di l`
a del quale f (x) non `
e iniettiva. E necessario, inoltre, dimostrare che i grafici di
f (x), al variare di , sono ordinati rispetto ad .

54

Matematica
prova desame del 21/7/2009

Attenzione: `
e proibito luso della macchina calcolatrice

Si consideri f : (0, +) R definita da


f (x) = (30x3 + 90x + 36) log x 10x3 + 18x2 90x (10x2 log x 5x2 + 8x)
dove `e un parametro reale.
a)

Si dimostri che
g(x) = 5 log x +

2
>0
x

x > 0;

10 log x 5 +

8
>0
x

x > 0

b) Si determini per quali valori di la funzione f `e una bigezione; si osservi, a tal


fine, che f 0 (x) contiene g(x) come fattore;
c) Si disegni, al variare di , un grafico qualitativo di f (x), dimostrando, in particolare, che f (x) ha una e una sola radice per ogni .
Suggerimento: per rispondere allultima domanda, conviene disegnare il grafico di f (x) per = ,
` necessario inoltre dimostrare,
dove `
e il valore di al di l`
a del quale f (x) non `
e iniettiva. E
utilizzando il punto a), che i grafici di f (x), al variare di , sono ordinati rispetto ad .

55

Matematica
prova desame del 8/9/2009

a)

Si studino brevemente nel loro campo di esistenza le due funzioni


g(x) = x log x,

h(x) = x2 log x

determinandone in particolare il rispettivo valore minimo.


b)

Si consideri la funzione f : (0, +) R definita da

f (x) = 9x3 log2 x2x3 (3 log x1)+6x(log x1)+4+(18x2 log x+8 log x9x2 +9)
dove `e un parametro positivo.

Si calcoli
lim f (x),

x0

lim f (x)

x+

giustificando esplicitamente i risultati ottenuti;

Si calcoli per quali valori di la funzione f (x) `e una bigezione;

Si disegni, limitandosi ai valori di per i quali f `e surgettiva, un grafico qualitativo di f (x);


Considerando il segno di f ( e12 ) e di f 0 (1), si calcoli il numero delle radici di f (x)
quando 0+ .
Suggerimento: lespressione di f 0 (x) si scompone in fattori che possono essere facilmente studiati
dopo aver svolto il punto a). Si tenga anche presente che, ovviamente, se una funzione (x) assume
un minimo m e c1 , c2 sono due costanti di cui c2 > 0, la funzione c1 + c2 (x) ha valore minimo
pari a c1 + c2 m.

56

Matematica
prova desame del 13/10/2009

Si consideri la funzione f (x) : (0, +) R definita da

f (x) = 8(x + 1) x + x2 6x log x x


dove `e un parametro reale.

Si calcoli
lim f (x),

x0

lim f (x)

x+

giustificando esplicitamente i risultati ottenuti;


Si prolunghi f (x) nellorigine ponendo f (0) = 0, e si dica se la funzione cos`
ottenuta `e derivabile o continua in x = 0;
Si calcoli per quali valori di la funzione f (x) `e iniettiva;

Si disegni un grafico qualitativo di f al variare di in R;

Per + si calcoli il numero delle radici di f (x) e se ne descriva il loro


comportamento.

Matematica
prova desame del 10/11/2009

Si consideri la funzione f (x) : R R definita da


f (x) = (x + ) arctg x log(1 + x2 ) + 2x
dove `e un parametro reale.

Si calcoli
lim f (x),

lim f (x)

x+

giustificando esplicitamente i risultati ottenuti;

Si calcoli per quali valori di la funzione f (x) `e una bigezione;

Si disegni un grafico qualitativo di f al variare di in R, calcolando, in particolare, il numero delle radici di f (x) al variare di .

57

Matematica
prova desame del 1/12/2009

a) Si studi la funzione h : (0, +) R


h(x) = x(x 1) log x
determinandone, in particolare, il segno.
b) Si consideri la funzione f : (0, +) R definita da
x3
2x2 + x
f (x) = (x + 1) log x + (4x 2) log x +
3
2

dove `e un parametro reale.


Si calcoli per quali valori di la funzione f : (0, +) R `e surgettiva, giustificando esplicitamente i risultati ottenuti;
Si calcoli per quali valori di la funzione f : (0, +) R `e una bigezione; a tal
fine, posto f 0 (x) = g(x), si osservi che g 0 (x) contiene h(x) come fattore;
Tenendo conto del fatto che, se 1 < 2 , il grafico di f (x) per = 1 si trova
al di sotto del grafico di f (x) per = 2 , si disegni un grafico qualitativo di f al
variare di , calcolando, in particolare, il numero delle radici.

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Facolt`a di Farmacia - Corso di Laurea in C.T.F.


Programma del corso di Istituzioni di Matematiche
A.A. 20092010
Titolare: prof. Enrico Jannelli
Insiemi e numeri reali Gli assiomi dei numeri reali. Numeri naturali, interi,
razionali. Propriet`
a dei numeri reali. Disequazioni. Il principio di induzione. Massimo,
minimo, estremo superiore, estremo inferiore.
Relazioni e funzioni Il piano cartesiano. Relazioni e funzioni. Funzioni lineari.
Funzioni elementari: polinomi, esponenziale, logaritmo, seno, coseno, tangente, funzioni
razionali. Funzioni inverse. Visualizzazione grafica di alcune operazioni elementari sulle
funzioni.
Limiti Limiti di successioni. Teoremi e operazioni sui limiti. Forme indeterminate.
Teoremi di confronto. Alcuni limiti notevoli. Successioni monotone. Il numero e. Limiti
di funzioni. Intorni. Punti di accumulazione. Principio di soppressione degli infinitesimi
di ordine superiore e degli infiniti di ordine inferiore.
Funzioni continue Concetto di funzione continua in un punto. Continuit`
a delle
funzioni elementari. Teoremi sulle funzioni continue: teorema della permanenza del segno,
teorema dellesistenza degli zeri, teorema dellesistenza dei valori intermedi, teorema di
BolzanoWeierstrass, teorema di Weierstrass, continuit`a della funzione inversa.
Calcolo differenziale Definizione di derivata e suo significato. Operazioni sulle
derivate. Derivate delle funzioni composte e inverse. Derivate delle funzioni elementari.
Retta tangente al grafico di una funzione. Teoremi fondamentali del calcolo differenziale:
Rolle, Lagrange, Cauchy, De LHopital. Criterio di monotonia. Criterio di convessit`
a.
Formula di Taylor con resto di Peano. Formula di Taylor con resto di Lagrange (solo
enunciato). Studio del grafico di una funzione.
Le funzioni integrabili secondo Riemann Concetto di integrale. Le funzioni
integrabili secondo Riemann. Propriet`a dellintegrale di Riemann: linearit`a, positivit`
a,
monotonia. Teorema di Cantor sulluniforme continuit`a. Integrabilit`a delle funzioni continue.
Calcolo integrale Teorema della media integrale. Teorema fondamentale e formula fondamentale del calcolo integrale. Primitive. Lintegrale indefinito. Alcuni metodi
di integrazione: per somma, per sostituzione, per parti. Integrazione delle funzioni razionali con denominatore di secondo grado.

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Equazioni differenziali Equazioni differenziali lineari del primo ordine: integrale


generale, problema di Cauchy. Equazioni di Bernoulli. Equazioni del primo ordine a
variabili separabili. Applicazioni delle equazioni differenziali del primo ordine ad alcuni
modelli di dinamica delle popolazioni. Equazioni differenziali lineari omogenee a coefficienti
costanti: integrale generale e problema di Cauchy. Equazioni differenziali lineari non
omogenee a coefficienti costanti con secondo membro di tipo particolare. Applicazioni
delle equazioni differenziali del secondo ordine ad alcuni modelli fisici.

Testi consigliati:
P. Marcellini & C. Sbordone Calcolo Liguori Editore, Napoli
P. Marcellini & C. Sbordone Esercizi di istituzioni di matematica, vol. I,
parte I e II Liguori Editore, Napoli
A. Alvino, L. Carbone & G. Trombetti Esercitazioni di matematica, vol. I,
parte I e II Liguori Editore, Napoli
Si vedano, inoltre, le dispense del prof. Enrico Jannelli.

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