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costituzione repubblicana. La ragione della loro ostilit alla monarchia sia sociale che politica. I loro dubbi
di natura sociale derivano dal fatto che essi associano i sovrani con le corti e con il ruolo dei cortigiani e,
conseguentemente, con una politica di deferenza e, infine, di servilismo. Ma la loro ostilit principalmente
politica, perch essi pensano i monarchi come detentori di poteri arbitrari, e ritengono che lesercizio di poteri
arbitrari generi automaticamente dipendenza e, quindi, non libert.
Nellintroduzione lei accenna rapidamente a Marx e alla sua analisi del capitalismo. Qual lassetto
economico che meglio coniuga la neo-roman theory? Il capitalismo oggi dominante non consente, in
fondo, solo una libert dal dominio solo per una ristretta minoranza?
Una delle peculiarit della visione neo-romana che la sua politica di libert porta ad andare di pari passo
anche con una economia di libert, riguardo alla quale io penso potremmo forse essere pi diffidenti, come
immagino la domanda sottintenda.
Vale la pena ricordare che, nella sua teoria politica, Adam Smith era in qualche modo un neoromano, cosa che potrebbe aiutare a spiegare la sua insistenza sulla necessit della libert dei mercati come
una condizione della prosperit e della grandezza delle nazioni. Questo impegno sorge, nella teoria neoromana, dalla grande paura relativa alle conseguenze delluso dei poteri dello Stato di interferire con le
aspirazioni dei liberi cittadini a perseguire i loro fini propriamente individuali e specialmente i fini di gloria e
ricchezza. I teorici neo-romani ritengono che il solo modo che consente agli stati di rimanere liberi e diventare
prosperosi sia di liberare, tramite i loro governi, le energie di tutti i loro cittadini per perseguire questi
risultati, che, come Machiavelli un po dogmaticamente afferma, sono infatti gli obiettivi verso cui ogni
cittadino vorr tendere. Essi pensano che se tali energie sono controllate, i cittadini finiranno per diventare
probabilmente depressi e scoraggiati; cio, essi perderanno quel tipo di spirito civico dal quale, come abbiamo
visto, essi credono dipenda la libert e, similmente, la prosperit.
Dal nostro punto di vista, i teorici neo-romani non hanno mai prestato sufficiente attenzione alla
necessit che simili energie vengano regolate. Per i nostri parametri, essi hanno avuto una concezione
piuttosto ottimisticamente unitaria del bene comune, e nessuna teorizzazione dei modi in cui lo sviluppo delle
nostre migliori energie potrebbe condurre conseguenze negative, specialmente per lambiente in cui dobbiamo
vivere. Tantomeno essi - per venire al nocciolo della domanda - hanno avuto scrupoli riguardo
allimperialismo, e quindi riguardo al fatto di rendere pi poveri paesi dipendenti da altri pi ricchi. Come si
denota, anche questa stata certamente una delle conseguenze del capitalismo internazionale nel nostro
tempo.
A mo di conclusione, necessario ancora una volta ribadire che leredit del neo-romanism stata
altamente ambigua, moralmente parlando. La cosa che io credo valga la pena riconsiderare senza dubbio in
questa tradizione , nel complesso, la sua filosofia politica e sociale. Ci che ritengo valga la pena
riconsiderare specificamente la sua particolare visione della libert, insieme con le relazioni molto strette
che questi pensatori hanno visto tra il conseguimento della libert e la promozione delleguaglianza.
p.m.
[1] I due autori, come si osservato da pi parti, condividono una concezione del pensiero politico come ricerca sui concetti linguistici e
sulla evoluzione dei linguaggi, ispirata alla filosofia del secondo Wittgenstein e alla teoria degli atti linguistici di J.L. Austin. Skinner si
formato a Cambridge e - dopo un periodo trascorso a Princeton - insegna attualmente nellUniversit inglese. Pocock, neozelandese,
attualmente lavora alla John Hopkins University, stato pure egli a lungo a Cambridge. Di qui il nome di Scuola di Cambridge con cui
Pocock e Skinner sono spesso indicati, insieme a John Dunn. Per una dettagliata analisi delle tesi di questa scuola, che hanno suscitato un
vivacissimo dibattito nel corso degli anni Ottanta, e per i numerosi riferimenti bibliografici, si veda A. dOrsi, Guida alla storia del
pensiero politico, Firenze, La Nuova Italia, 1995, pp. 210-222. Per le differenze che hanno via via caratterizzato le filosofie di Skinner e
Pocock, cfr. M. Geuna, La tradizione repubblicana e i suoi interpreti. Famiglie teoriche e discontinuit concettuali, Filosofia politica, 1,
1998, pp. 101-132; L. Baccelli, Non possiamo non dirci repubblicani?, Iride, 22, 1997, pp. 545-560, a cui si rimanda anche per una pi
estesa trattazione delle informazioni qui fornite. In estrema sintesi se Pocock ha interpretato la tradizione repubblicana come
unelaborazione protomoderna dellaristotelismo, Skinner ha, dapprima, distinto concettualmente lumanesimo civile - aristotelico - dal
repubblicanesimo classico. Secondo Skinner possibile ricostruire nellItalia del XIII secolo una precisa ideologia repubblicana che si
ispira al pensiero romano - in particolare Cicerone, Livio e Sallustio - e che si sviluppata anteriormente alla stessa ricezione
occidentale della filosofia pratica aristotelica. A questa tradizione, definita classical republicanism per distinguerla dal civic humanism
di ascendenza aristotelica, si collega direttamente Machiavelli. Pi recentemente, proprio a partire da Liberty before Liberalism, Skinner,
riferendosi al pensiero inglese del XVI e XVII secolo, ha adottato lespressione neo-roman theory of liberty. Infatti lespressione classical
republicanism pu indurre confusione dato che non tutti gli autori che condividevano tale teoria erano anti-monarchici (cfr. Q. Skinner,
Liberty Before Liberalism, Cambridge University Press, 1998, in particolare p. 11 e p. 55).
[2] Su questo punto cfr. Q. Skinner, Two Views on the Mainteinance of Liberty, in Ph. Pettit, Contemporary Political Theory, New York,
1991, pp. 35-58.
[3]Alla figura di Machiavelli Skinner ha dedicato molti dei suoi studi, si vedano Le origini del pensiero politico moderno (1979),
Bologna, Il Mulino, 1989, 2 voll.; Machiavelli (1981), Bologna, Il Mulino, 1999 (la prima traduzione italiana era uscita presso la casa
editrice di Milano, DallOglio, 1982). Skinner ha anche curato, con R. Price, una recente edizioni del Principe: The Prince, Cambridge,
Cambridge University Press, 1988, e, insieme a G. Bock e M. Viroli, il volume dedicato a Machiavelli and Republicanism, Cambridge,
Cambridge University Press, 1993, in cui contenuto il suo Machiavellis Discorsi and Pre-Humanist Origins of Republican Ideas, pp.
121-141.
[4] Ch. Mouffe, Dimensions of Radical Democracy. Pluralism, Citizenship and Community, London, Verso, 1992, pp. 211-224