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Capitolo 3: Analisi interna e organizzazione di impresa

3.1 Lanalisi interna dellimpresa


Un modo molto efficace per studiare unimpresa e comprendere meglio le determinanti
del suo successo sul mercato (o, viceversa, delle sue prestazioni insoddisfacenti)
considerare limpresa stessa come un sistema o una catena di attivit coordinate tra loro
per il raggiungimento degli obiettivi aziendali. Tra le attivit che le imprese realizzano
rientrano lo sviluppo di nuovi prodotti, la loro realizzazione, distribuzione, il marketing,
la vendita, la fornitura di servizi di assistenza.
Tali attivit possono modificarsi in funzione della dimensione dellimpresa: Se una
impresa cresce sia nel numero degli addetti che nel volume di affari, anche la
dimensione e il tipo delle attivit che essa svolge cambieranno. Pi in generale, la scelta
di quali attivit svolgere e su quale scala sia un problema operativo, sia una questione
di strategia aziendale. In alcuni casi limpresa potenzia tutte le attivit. In altri casi, essa
pu trovare conveniente continuare a svolgere in proprio alcune attivit (core activities)
e a far svolgerne altre ad imprese terze specializzate (outsourcing), che sono in grado di
eseguirle a costi pi bassi o con maggiore perizia. In generale, le imprese si trovano
spesso a dover valutare la convenienza fra svolgere in proprio alcune attivit o
commissionarle allesterno (make or buy).
Le attivit svolte dallimpresa possono inoltre mutare anche in conseguenza dei
cambiamenti tecnologici del settore industriale in cui opera limpresa. Anche in tal caso,
il management dellimpresa pu ritenere utile, in funzione della strategia, dare maggiore
enfasi e concentrare risorse economiche su alcune attivit piuttosto che su altre. Ad
esempio, unimpresa che sviluppa e commercializza personal computer pu progettare e
fabbricare tutti i componenti che costituiscono il personal computer. Tuttavia,
levoluzione rapida della tecnologia pu imporre al management dellimpresa di
focalizzare le proprie risorse ed i propri sforzi solo su alcune attivit a pi alto valore
aggiunto, quali la progettazione del sistema personal computer e della scheda madre
(motherboard) su cui montato il processore e lasciar sviluppare gli altri componenti a
imprese partner. Naturalmente, esistono soluzioni possibili diverse.
Possiamo quindi immaginare unimpresa come un sistema che dinamicamente assume
una specifica connotazione in funzione delle attivit che ingloba allinterno dei propri
confini. La decisione in merito a quali attivit eseguire allinterno e quali allesterno
legata a unanalisi di convenienza di tipo tecnico-economico. Limpresa realizzer
internamente quelle attivit

per le quali possiede la tecnologia necessaria,

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che forniscono un prodotto o un servizio il cui costo generalmente inferiore al


prezzo che dovrebbe pagare per acquistare lo stesso prodotto o servizio
allesterno,

che il management dellimpresa ritiene particolarmente critiche nella definizione


della strategia competitiva contro la concorrenza,

in generale quelle attivit che contribuiscono ad aumentare il valore prodotto


dallimpresa che si va ad aggiungere al costo sostenuto per acquisire le risorse
dal mercato. Proprio il concetto di valore aggiunto molto importante
nellanalisi interna dellimpresa.

Michael Porter classifica le attivit delle imprese in 2 macrocategorie, le attivit


primarie e le attivit secondarie o di supporto (Fig. 3.1). A loro volta, le attivit primarie
possono essere suddivise in 5 attivit, mentre le attivit di supporto sono suddivise in 4
attivit. Le attivit primarie sono quelle relative alla movimentazione fisica delle
materie prime e dei prodotti finiti, alla produzione dei beni ed alla erogazione dei
servizi, al marketing, alle vendite ed ai servizi che in genere accompagnano la vendita
del prodotto o del servizio che limpresa vende.

Attivit di supporto

M
Acquisti
Acquisti

Sviluppo
Sviluppo
tecnologia
tecnologia

Gestione
Gestione Infrastruttura
Infrastruttura
Risorse
Risorse dellimpresa
dellimpresa
Umane
Umane

ar

gi

ne

Attivit primarie
Attivit di
Attivit di
Logistica
Logistica
Logistica Trasformazione
Logistica
Trasformazione esterna
in entrata
in entrata (operations)
esterna
(operations)

Marketing
Marketing
eevendite
vendite

i
rg

ne

Servizi
Servizi

Fig. 3.1 - La catena del valore

Le attivit di supporto sono invece molto pi pervasive. Come indica il nome loro
attribuito, il loro ruolo essenzialmente quello di fornire un supporto non solo alle
attivit primarie, ma in modo reciproco e scambievole, ciascuna allaltra. Esse
comprendono linfrastruttura gestionale/manageriale dellimpresa che include tutti i
processi ed i sistemi in grado di assicurare un efficace coordinamento ed i sistemi di
contabilit, la gestione delle risorse umane, lo sviluppo della tecnologia e gli acquisti.
facile vedere come le attivit di supporto siano diffuse lungo tutta lorganizzazione
dellimpresa. La responsabilit per le risorse finanziarie, umane, tecnologiche non sono
solo del controller, del manager della R&S, del manager del personale. Questioni

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relative allo sviluppo della tecnologia, alla gestione delle risorse umane e alla
valutazione delle performance sono di interesse di tutti i senior manager.
La Tab. 3.1 mostra alcuni dettagli sulle attivit della catena del valore.
Tab. 3.1 Attivit primarie e di supporto della catena del valore

Attivit
primarie

Attivit di
supporto

Logistica in
entrata

ricezione, immagazzinamento e movimentazione dei materiali; gestione


del magazzino; controllo delle scorte; programmazione dei trasporti

Operations
(attivit di
trasformazione)

trasformazione degli input nel prodotto finale (ad esempio, lavorazione


alle macchine utensili, imballaggio, assemblaggio, manutenzione delle
attrezzature di produzione, collaudo)

Logistica
esterna

distribuzione del prodotto finito (ad esempio, immagazzinamento del


prodotto, movimentazione dei materiali, elaborazione degli ordini,
programmazione degli ordini)

Marketing e
vendite

Promozione dellacquisto e vendita del prodotto da parte dei clienti


(pubblicit, vendita, definizione del prezzo, selezione dei canali di
vendita, definizione delle quantit da vendere)

Servizi

Assistenza e servizi post vendita (installazione, riparazione, formazione,


fornitura di parti, aggiornamento del prodotto)

Acquisti

acquisto delle materie prime, forniture, acquisto di altri componenti di


consumo e dei servizi, impianti e attrezzature di produzione

Sviluppo della
tecnologia

Sviluppo del know how e di soluzioni tecnologiche necessarie per le


altre attivit

Gestione delle
risorse umane

selezione, promozione, e allocazione; valutazione; remunerazione;


sviluppo delle carriere

Infrastruttura
dellimpresa

sistemi gestionali; sistemi di pianificazione; sistemi finanziari e


contabili; sistemi legali; sistema di gestione della qualit

3.2 Le funzioni aziendali


Nella pratica tanto le attivit primarie che quelle di supporto coincidono con le attivit
svolte dalle classiche funzioni manageriali dellimpresa. Le funzioni aziendali sono
unit organizzative dellimpresa specializzate nella esecuzione di specifici compiti e
dotate di addetti in possesso di competenze specialistiche nellarea funzionale di
appartenenza.
Passiamo adesso ad un esame di dettaglio delle principali funzioni ed attivit aziendali.
3.2.1

Finanza.

La funzione Finanza, in particolare nelle grandi aziende, cerca di impiegare al meglio la


risorsa denaro, effettuando opportuni investimenti di carattere finanziario, per
esempio attraverso lacquisto di titoli e azioni, o negoziando con le banche e i terzi con
cui limpresa si indebita le migliori condizioni per il reperimento delle risorse
finanziarie (costo del denaro, emissione di titoli, ecc.). La funzione Finanza anche la
tesoreria dellazienda dove confluiscono tutti i ricavi e dove possibile reperire, a
tempo e luogo debito, il danaro per pagare i fornitori. I proventi derivanti dalla gestione

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finanziaria possono costituire, in particolare per le imprese di grandi dimensioni, una


fetta consistente dei profitti aziendali.
Oltre agli investimenti azionari, anche una oculata gestione della liquidit aziendale pu
dar luogo a proventi finanziari; si pensi ad esempio alle imprese che gestiscono una
elevata liquidit, come quelle che operano nella grande distribuzione (p.es. catene di
supermercati). In tali imprese i ricavi si trasformano immediatamente in incassi, poich i
clienti pagano cash, ma i tempi di pagamento dei fornitori possono essere
opportunamente dilazionati. Il gap temporale fra incassi ed esborsi e lenorme
quantitativo di denaro a disposizione consentono alle imprese di questo tipo di investire
finanziariamente tali risorse e di ottenere ritorni non trascurabili.
3.2.2

Ricerca e Sviluppo (R&S) e Industrializzazione

la funzione aziendale cui demandato il compito di progettare soluzioni tecniche


innovative per il miglioramento e lo sviluppo di nuovi prodotti e modelli. In alcune
aziende, per esempio quelle farmaceutiche, aeronautiche, o elettroniche, la R&S una
delle funzioni aziendali pi critiche e gestisce un patrimonio di tecnologie sofisticate,
risorse umane altamente specializzate, infrastrutture e laboratori di avanguardia, nonch
una rete di relazioni con numerosi enti di ricerca esterni, in particolare Universit, a
livello nazionale ed internazionale. Tipicamente compito della R&S sviluppare
tecnologia e ricerca orientate alla soluzione di specifiche problematiche tecniche o di
mercato, attraverso la gestione di opportuni budget.
In aziende commerciali, di servizi, o a contenuto di know-how non particolarmente
sofisticato tale funzione o non prevista o intesa in senso lato come sviluppo nuovi
prodotti o progettazione. Anche nella maggioranza delle piccole imprese tale funzione
non trova solitamente spazio per mancanza di risorse necessarie a effettuare
investimenti in genere molto costosi e dal ritorno incerto.
Nelle aziende manifatturiere, la R&S spesso chiamata anche a migliorare i processi
produttivi, attraverso lo sviluppo di soluzioni tecnologiche adeguate. Gestisce inoltre i
processi per la brevettazione delle soluzioni tecnologiche sviluppate dallimpresa.
Infine la R&S spesso responsabile anche dellindustrializzazione dei prodotti (o
ingegnerizzazione). Lindustrializzazione unattivit a cavallo fra lo sviluppo e la
produzione. Per una azienda, infatti, non sufficiente mettere a punto dei prototipi dalle
caratteristiche prestazionali adeguate o eccellenti, ma necessario affrontare il
problema della produzione del prototipo, spesso su grande scala, in modo
economicamente sostenibile. In altre parole bisogna mettere a punto opportuni processi
produttivi attraverso la scelta delle soluzioni tecniche pi economiche in termini di
macchine, attrezzature, ed impianti necessari a raggiungere i livelli produttivi necessari
a raggiungere il break-even in tempi ragionevoli.

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3.2.3

Amministrazione e controllo

la funzione che rileva i costi sostenuti dallazienda, identificati per singolo prodotto e
per singolo centro di responsabilit interno (centro di costo/profitto), per esempio unit
organizzative, funzioni, uffici e reparti. Attraverso un sistema di contabilit analitica
interna, distinto dalla contabilit generale, obiettivo della funzione valutare le
prestazioni di singole parti dellimpresa (unit o processi produttivi) in termini
economici, attraverso il calcolo dei costi generati nelle unit nello svolgimento delle
proprie attivit.
La contabilit analitica parte di uno dei sistemi gestionali pi importanti per
unimpresa: il controllo di gestione. Oltre al controllo attraverso la contabilit interna, il
sistema di controllo di gestione si occupa della redazione delle previsioni di spesa e
degli investimenti redigendo un documento, sulla base delle notizie fornite da tutti gli
enti aziendali, denominato budget. Sulla base del budget e tramite la contabilit interna i
responsabili del controllo rilevano gli eventuali scostamenti rispetto alle previsioni e
forniscono tali dati al management e ai responsabili delle unit organizzative al fine di
individuare le cause degli scostamenti e supportarli nellindividuazione di possibili
interventi correttivi.
opportuno precisare che il termine Amministrazione va inteso nella sua accezione
anglosassone (governo, controllo, ecc.) e non in quella italiana in cui viene spesso
riferito alla gestione di adempimenti burocratici o legali.
3.2.4

Gestione del Personale e organizzazione

la funzione responsabile della gestione delle Risorse Umane, vale a dire delle persone
che lavorano per lazienda. La funzione Personale gestisce un ventaglio di attivit molto
ampio. In primo luogo, e tradizionalmente, si occupa degli aspetti amministrativi e
legali relativi alle relazioni fra impresa e dipendenti (buste paga, contratti, permessi,
ferie, malattia, ecc.). Altro ambito di attivit tipico della Funzione Personale la
gestione delle Relazioni Industriali, cio dei rapporti Impresa/Sindacato; in tale campo
la funzione Personale assume le parti dellazienda nella definizione degli accordi
sindacali a livello aziendale o locale (orari di lavoro, aspetti retributivi, mobilit, ecc.)
nel rispetto di quanto stabilito dai contratti nazionali definiti tra Imprenditori, Governo e
Sindacati.
La funzione Personale si occupa inoltre della selezione, dellassunzione e
dellinserimento delle nuove risorse, della formazione del personale e dello sviluppo di
piani di carriera. inoltre responsabile delle politiche di compensation, cio delle
politiche retributive aziendali e dei sistemi di incentivazione (incentivi monetari,
benefit), nonch dello sviluppo di sistemi per la valutazione delle prestazioni e delle
competenze del personale.
Infine, la funzione Personale si occupa della redazione e dellaggiornamento degli
organigrammi, della descrizione delle posizioni di lavoro e talora della comunicazione

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verso i dipendenti e dellanimazione interna (organizzazione di eventi, proposte per il


tempo libero, ecc.).
3.2.5

Qualit

In passato la funzione Qualit era tradizionalmente collocata al di fuori della


produzione, poich era vista come controllo indipendente delle attivit produttive e
dei loro risultati. I compiti principali della funzione Qualit erano il collaudo, il
controllo e la gestione di laboratori e di officine di verifica; inoltre era compito della
funzione Qualit effettuare dei controlli statistici dellaffidabilit dei processi o delle
lavorazioni. In tale impostazione il collaudo era un giudice inflessibile che giudicava se
il prodotto o i materiali in arrivo fossero conformi ad alle specifiche e che
determinava le responsabilit delle anomalie attribuendo cio le colpe ora alla
progettazione del pezzo, ora alla fornitura, ora alla produzione.
In una visione pi moderna improntata ai principi della gestione totale della Qualit
(Total Qualit Management - TQM), la qualit nasce come risultato della
consapevolezza e della competenza di tutti coloro che sono coinvolti nel processo
produttivo, anzich come effetto del controllo dallalto. Collaudi e controlli sono
operazioni che effettuano in primo luogo gli operai stessi, certificando la qualit del
proprio lavoro. Anche i fornitori certificano la qualit, garantendo per contratto certi
livelli di prestazione. In ottica TQM, la qualit sta nei processi aziendali piuttosto che
nei prodotti, in quanto si assume che se il prodotto realizzato adottando opportune
procedure e standard, la sua qualit verr di conseguenza.
Molte imprese dispongono di una certificazione di qualit rilasciata da enti di controllo
esterni (norme ISO). La certificazione di qualit richiede alle imprese di realizzare i
propri processi interni nel rispetto delle normative previste da uno standard riconosciuto
a livello internazionale. Nelle imprese certificate la funzione Qualit ha il compito di
monitorare che le procedure previste dalla certificazione siano effettivamente
implementate secondo adeguati standard effettuando valutazioni (audit) periodiche.
Nelle aziende manifatturiere, i controlli su fornitori e prodotti sono effettuati a
campione; il controllo di processo avviene tramite il sistema dellSPC (Statistical
Process Control), un sistema gestionale, che anche attraverso lausilio di opportuni
supporti informatici consente di monitorare con continuit la variazione di certi
parametri produttivi critici (per esempio laq spessore di un manufatto) e rilevare se essi
restano, in senso statistico, allinterno di intervalli ritenuti accettabili.
3.2.6

Acquisti e logistica

La funzione Acquisti tradizionalmente la funzione aziendale che ha il compito di


acquistare gli input necessari allimpresa per realizzare i propri prodotti alle migliori
condizioni possibili e garantirne la disponibilit in funzione dei bisogni. Tali input si
possono classificare in
-

materiali diretti, che si ritrovano nel prodotto finito,

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materiali indiretti, che servono a lavorare il prodotto o a fare


manutenzione delle macchine, delle attrezzature e degli impianti,

i servizi/prestazioni di ditte esterne (per esempio guardiana, pulizia,


ecc.)

Nelle aziende molto grandi la quantit dei prodotti/servizi acquistati e la durata nel
tempo delle forniture possono avere un impatto rilevante sul prezzo di acquisto. Grazie
alla possibilit per tali imprese di conseguire elevate economie di scala esse si trovano
nella condizione di poter acquistare quantitativi enormi di prodotti su cui ricevono
sconti rilevanti, anche in virt dellelevato potere contrattuale nei confronti dei loro
fornitori.
Il prezzo di acquisto non lunico fattore che la funzione Acquisti deve tenere sotto
controllo. Essa deve gestire le relazioni commerciali e contrattuali con i fornitori, deve
valutare la qualit degli input gestire i tempi di approvvigionamento in modo da
garantire che il livello di scorte sia non inferiore, n superiore a un livello minimo.
Scorte eccessive comportano costi magazzino e riducono la liquidit primaria
dellazienda, scorte insufficienti possono far bloccare la produzione in concomitanza di
un picco di domanda. La politica del just-in-time, attraverso la sincronizzazione delle
fasi produttive che consente di minimizzare i tempi di giacenza e la quantit delle
scorte, e luso intensivo di complessi sistemi informatici per il monitoraggio dellintera
catena di fornitura consentono oggi alle aziende di lavorare con un quantitativo di scorte
virtualmente nullo e a costi di coordinamento contenuti. La funzione Acquisti, dunque,
in molte aziende si da qualche tempo trasformata in una funzione pi articolata e
critica nota come Supply Chain Management, cui demandata lintera gestione della
catena di fornitura, dagli acquisti alla logistica.
La logistica si occupa della corretta gestione della risorsa materiali svolgendo le
seguenti attivit: (1) sulla base dei programmi di produzione e con la conoscenza della
composizione analitica del prodotto, ordina ai fornitori esterni scelti dagli acquisti i
materiali diretti ed indiretti necessari; (2) provvede al ricevimento,
allimmagazzinamento ed al rifornimento dei materiali ordinati, curando che i livelli di
scorta siano i minimi concordati; (3) provvede infine ai trasporti verso lesterno del
prodotto finito verso i clienti esterni.
In uneconomia globale dai tempi sempre pi compressi e gli spazi sempre pi ampi gli
aspetti logistici sono altamente critici per le imprese. Spesso la gestione della logistica
viene affidata a operatori specializzati che offrono servizi di movimentazione, trasporto
e gestione delle merci e operano in strettissima collaborazione e contiguit con lazienda
cliente.
3.2.7

Produzione

la funzione che si occupa della realizzazione del prodotto nel rispetto dei programmi
di produzione concordati in termini di quantit, di qualit e di costi assegnati e con il
livello di servizio richiesto, gestendo le risorse assegnate. Provvede alla pianificazione

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delle attivit produttive per il rispetto dei programmi, alla gestione degli impianti e
allallocazione del personale sulle linee e nei reparti produttivi, nonch alla
implementazione di nuove linee.
Sulla base dei cicli di produzione concordati con la funzione R/S e industrializzazione
stima i fabbisogni di manodopera diretta (cio degli operai allocati sulle linee
produttive) ed indiretta (cio degli operai che svolgono attivit di servizio, quali
manutenzione, trasporto materiali, redazione di report qualitativi). La funzione
Produzione si occupa inoltre dellorganizzazione del lavoro nei reparti produttivi
(divisione del lavoro, modalit di esecuzione, definizione del lay out di
reparto/stabilimento, controllo, turnazione).
La funzione Produzione spesso si occupa anche della manutenzione degli impianti,
anche se, in molti casi, la manutenzione pu essere presente come funzione autonoma o
fornita da societ esterne di servizi. Compito della manutenzione mantenere
infrastrutture, strutture, impianti, macchinari, attrezzature, sempre in condizioni di
perfetta efficienza e di rispetto della normativa sulla sicurezza e sullambiente. Altri
compiti della manutenzione riguardano la stima dei costi, la redazione di programmi
delle attivit prevedibili (manutenzione ordinaria), il pronto intervento richiesto dalla
fabbricazione per la riparazione di guasti e malfunzionamenti (manutenzione
straordinaria).
3.2.8

Marketing e vendite

La funzione marketing interviene nella fase finale della catena del valore e gestisce le
relazioni con il mercato ed i clienti. La funzione marketing, assieme alla Ricerca &
Sviluppo, ha il compito di curare lo sviluppo dei nuovi prodotti e il miglioramento di
quelli attuali. A tal fine essa ha il compito di effettuare periodiche indagini di mercato
attraverso cui si cerca di rilevare il livello di soddisfazione dei clienti rispetto ai prodotti
dellimpresa e quelli dei propri concorrenti, ma anche di individuare in anticipo gusti e
tendenze. Spesso queste indagini sono commissionate dalle imprese a societ di
consulenza specializzate esterne.
Su un piano pi operativo il marketing si occupa della promozione dei prodotti aziendali
attraverso la realizzazione di campagne pubblicitarie, materiale informativo,
sponsorizzazione di eventi culturali e sportivi, ecc. In tale veste spesso il marketing la
funzione che pi di ogni altra cura e promuove allesterno limmagine aziendale.
inoltre responsabili delle politiche di prezzo dellimpresa (sconti, promozioni, ecc.),
nonch dellassistenza post-vendita (customer care, politiche di fidelizzazione del
cliente). Cura infine gli aspetti relativi alla distribuzione del prodotto e alla vendita, per
esempio attraverso la gestione diretta di reti di vendita (agenti di vendita, filiali, show
room, reti di franchising), le cui caratteristiche dipendono dal tipo di prodotto nonch
dalle politiche aziendali in materia.

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possibile collocare le funzioni aziendali sopra descritte nello schema della catena del
valore come illustrato in Fig. 3.2, in cui le frecce a tratto sottile evidenziano il flusso
fisico degli input dagli acquisti verso il cliente finale e la freccia vero il basso lattivit
di supporto e lallocazione di risorse dalle funzioni indirette verso le primarie.

Attivit di supporto
Finanza

Amministrazione

Acquisti

Personale e
Organizzazione

Ricerca &
sviluppo

Logistica in
entrata

Produzione

Logistica in
uscita

Qualit

Marketing
e vendite

Attivit primarie
Fig. 3.2 - Le funzioni aziendali e la creazione di valore

La seguente scheda pu essere utilizzata per una descrizione di dettaglio di funzione


aziendale che opera in una azienda reale.
Nome della funzione:
Responsabile (Nome)
Qualifica
Attivit principali del responsabile
Numero addetti
Tipologie di addetti
Principali attivit della funzione
Punti di forza
Punti di debolezza

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3.3 Le strutture organizzative


Perch limpresa possa effettivamente creare valore attraverso la realizzazione delle
attivit della propria catena del valore, occorre che le unit organizzative allinterno
delle quali tali attivit sono svolte siano coordinate coerentemente con la strategia e gli
obiettivi aziendali. La struttura organizzativa svolge un ruolo determinante nel
coordinare le attivit dellimpresa.
Nella definizione della struttura organizzativa, tre sono le componenti chiave:
1.

I rapporti di dipendenza formale, compresi il numero dei livelli gerarchici e


lampiezza del controllo di manager e supervisori (span of control), vale a dire il
numero di persone che un manager si trova a coordinare.

2.

Laggregazione di gruppi di persone in unit organizzative e di unit organizzative


nella totalit dellorganizzazione.

3.

I sistemi che assicurano la comunicazione ed il coordinamento efficaci tra le


diverse componenti delle unit organizzative.

Questi tre elementi (gerarchia, unit, sistemi) consentono di definire le modalit


attraverso le quali si realizzano le attivit dellorganizzazione, sia in senso verticale che
orizzontale.
In particolare i primi due rappresentano la forma strutturale e definiscono la struttura
gerarchica verticale. Il terzo definisce il sistema delle relazioni che consente di
realizzare una efficace interazione tre le diverse unit organizzative.
Lorganigramma lo schema logico-funzionale con cui si rappresentata la struttura
organizzativa; una rappresentazione schematica della gerarchia e dellarticolazione
dellimpresa in unit organizzative che d una prima idea sullinsieme delle attivit
svolte dallimpresa. La comprensione delle modalit di funzionamento di
unorganizzazione non pu esaurirsi nella lettura del suo organigramma; tuttavia,
questo documento rappresenta un valido riferimento e un punto di partenza per
individuare le parti di unorganizzazione, il modo in cui sono collegate e come ogni
posizione e unit si collocano nellinsieme.
Nella pratica le strutture organizzative adottate dalle imprese possono essere diverse, ma
in genere esse sono riconducibili a tre tipologie fondamentali o a combinazioni di queste
tre impostazioni di base:
a) funzionale
b) divisionale
c) a matrice

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3.3.1

La struttura organizzativa funzionale

In una struttura funzionale le attivit vengono raggruppate in base al criterio della


competenza specialistica; lorganigramma funzionale offre una lettura molto meccanica
dellorganizzazione: a partire dal livello immediatamente inferiore alla Direzione
Generale, ciascuna funzione collega in un dettaglio via via crescente tutte le
componenti che afferiscono allo stesso ambito di competenza specialistica (Fig. 3.3).

Fig. 3.3 - Un esempio di struttura organizzativa di tipo funzionale

La struttura funzionale, ancor oggi molto diffusa, rappresenta la forma pi classica di


organigramma; essa viene fatta risalire al modello della Grande Arme di Napoleone
Bonaparte di inizio 800. Il principio ispiratore di questo modello consiste nella ricerca
del massimo grado di specializzazione delle singole funzioni: lo sviluppo di questa
struttura prevalentemente di tipo verticale con una articolazione in sottofunzioni e
servizi la cui caratterizzazione molto ben definita (ad esempio, nellambito della
funzione produzione si collocano le seguenti unit organizzative: tempi e metodi,
tecnologie di produzione, programmazione, direzioni di stabilimento, reparti e/o linee di
produzione). Il criterio funzionale assume che tutte le funzioni concorrano, ciascuna in
modo indipendente e in misura diversa a raggiungere uno scopo unitario, che nel caso di
un esercito pu essere vincere una battaglia, nel caso di una impresa quello di realizzare
un prodotto.
In termini generali, questa struttura pu offrire livelli di efficienza specifica molto
elevati; essa richiede uno scarso livello di coordinamento orizzontale ed il controllo
tutto affidato ai collegamenti verticali (controllo gerarchico). Strutture del genere sono
tipiche per aziende di dimensioni medio piccole che producono un solo prodotto o
diversi prodotti simili.
Il principale vantaggio offerto dalla struttura funzionale consiste nelleconomia delle
risorse specialistiche: laggregazione delle risorse allinterno di una stessa funzione o di
uno stesso servizio, consente di ottimizzare lutilizzo delle stesse. Ci valido, a
maggior ragione, anche per le tecnologie di processo: la specializzazione funzionale
degli impianti (ad es: reparti di torneria, di fresatura, di rettifica) assicura una pi alta
resa dellinvestimento in quanto consente di beneficiare di accentramento produttivo ed
eventuali economie di scala.
In una struttura funzionale, anche lo sviluppo delle risorse reso pi efficiente: poich
laddestramento e la formazione del personale richiedono interventi verticali, una parte

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consistente delle attivit di sviluppo pu essere realizzata con la modalit


dellaffiancamento (loperaio specializzato addestra il collega pi giovane).
I limiti della struttura funzionale sono tutti riconducibili alla sua scarsa capacit di
diversificazione. In altre parole le strutture funzionali tendono a fare molto bene sempre
la stessa cosa, ma hanno difficolt a fare pi cose contemporaneamente o a fare cose
nuove.
Tab. 3.2 - Caratteristiche della struttura funzionale

Punti di forza
1.
2.
3.
4.
5.

Facilita le economie di scala allinterno delle unit funzionali, riducendo i costi di struttura
e privilegiando obiettivi di efficienza
Permette lo sviluppo di conoscenze e capacit approfondite dei dipendenti e facilita
laddestramento specialistico
da preferire se limpresa produce uno solo o pochi prodotti simili
Assicura un controllo centralizzato, accentramento delle responsabilit di profitto e
controllo dei costi delle funzioni
Offre una buona flessibilit operativa e una rapida gestione delle eccezioni operative del
sistema di comunicazione e decisionale tramite la gerarchia

Punti di debolezza
1.
2.
3.
4.
5.

Resistenza al cambiamento e tempo di risposta lento


Inadatta se limpresa produce prodotti per mercati molto diversi
Pu causare un accumulo di decisioni al vertice e il sovraccarico della gerarchia
Porta a uno scarso coordinamento orizzontale tra le unit organizzative che si traduce in
minore innovazione
Implica una visione locale e limitata degli obiettivi organizzativi

Cambiamenti rapidi nei mercati o nella tecnologia richiedono cambiamenti anche


nellorganizzazione. Linnovazione richiede lintegrazione e il dialogo fra pi saperi e
punti di vista attraverso un coordinamento orizzontale molto pi forte e la necessit di
gestire un volume di comunicazioni orizzontali molto ampio. Nella struttura funzionale
invece importante che ognuno esegua al meglio e in modo indipendente quello che sa
fare ed tenuto a fare, cos come accade per gli ingranaggi di una macchina. Quando si
presenta una forte esigenza di cambiamento la soluzione pi frequentemente praticata
nelle organizzazioni funzionali consiste nellintrodurre meccanismi di coordinamento.
Un esempio significativo di meccanismo di coordinamento dato dalla nascita di
funzioni trasversali quali la Logistica che, dai primi anni 80, ha rappresentato la
risposta pi efficace delle aziende manifatturiere alle esigenze di integrazione tra le
funzioni Acquisti e Produzione. Tali funzioni assumevano varie denominazioni volte ad
indicarne la finalit ed i limiti di intervento; a titolo di esempio si possono ricordare le
seguenti: Material Management, Logistica Integrata, Logistica dei Materiali,
Pianificazione dei Materiali, Pianificazione delle Risorse Produttive.

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La forza della struttura funzionale, la sua intrinseca capacit di sviluppare fenomeni di


compartimentazione spinta (la funzione vissuta come territorio, compartimento
stagno) ha sempre contrastato le funzioni trasversali ed in molti casi ha determinato un
vero e proprio rigetto di queste nuove unit. Tuttavia, a partire dalle esperienze delle
funzioni Logistica dei primi anni 80, lesigenza di introdurre meccanismi di
integrazione forte si fatta sempre pi stringente. La tendenza pi diffusa di ridurre
larticolazione su pi livelli gerarchici delle strutture funzionali per realizzare strutture
pi piatte ed orizzontali.
Nella Fig. 3.4 indicato un ulteriore esempio di meccanismo di integrazione molto
diffuso: i team interfunzionali. Si tratta di unit organizzative di progetto cui si demanda
lo sviluppo di uninnovazione specifica e mirata, per esempio lo sviluppo di un nuovo
prodotto, e che vengono sciolte quando il progetto terminato. importante non
confondere la struttura di fig. 3.4 con lorganizzazione a matrice che presenteremo nel
seguito. Per ora basti precisare che i team interfunzionali svolgono la loro attivit in una
struttura che resta funzionale e in cui le funzioni hanno comunque un peso e una
influenza molto pi elevata dei team di progetto.

Fig. 3.4 - Struttura funzionale con team interfunzionali

3.3.2

La struttura divisionale

La struttura divisionale nasce come risposta forte allesigenza di adattamento a


condizioni operative molto disomogenee. La complessit del business, la presenza,
allinterno di una stessa organizzazione, di pi linee di prodotto o di mercati molto
diversi non pu essere governata da una struttura di tipo funzionale. In questi casi si
passa a strutture che assumono particolari criteri di divisionalizzazione (separazione
delle risorse): un primo esempio dato dalla suddivisione della struttura in Strategic
Business Unit (SBU). Tali unit strategiche assumono frequentemente la
connotazione di linee di prodotto.

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La divisionalizzazione della struttura pu riguardare anche porzioni limitate


dellorganizzazione, ad esempio: struttura divisionale della funzione Commerciale e
della funzione Progettazione (mercato Professionale, mercato Hobbistica) e struttura
funzionale per la Direzione Industriale. Un tratto distintivo della struttura divisionale
il criterio di aggregazione prescelto: in ogni caso questultimo riconducibile alla
tipologia degli output dellorganizzazione.
La struttura per prodotto una struttura di tipo divisionale. Nella Fig. 3.5 si riporta un
esempio di organigramma di una ipotetica azienda che produce abbigliamento, tessuti e
prodotti di arredamento. Ciascuna divisione pu avere una struttura organizzativa
specifica, per esempio di tipo funzionale o a sua volta divisionale.
Direzione generale

Pianificazione e controllo

Direzione
finanza

Affari generali e
legali

Divisione Abbigliamento

Vendite e
Marketing

Produzione

Divisione
Tessuti

Direzione
del personale

Divisione
Arredamento

Vendite e
Marketing

Produzione

Direzione
Del personale

Fig. 3.5 Un esempio di struttura divisionale

Una struttura divisionale comporta una maggiore reattivit della struttura (flessibilit)
ed una maggiore capacit di adattamento grazie a una maggiore vicinanza delle
singole divisioni di prodotto al mercato in cui essa operano. Un secondo aspetto
rilevante dato dalle dimensioni dellorganizzazione; la divisionalizzazione di una
struttura funzionale comporta, ovviamente, una riduzione delle dimensioni nelle singole
divisioni a parit di addetti: le unit costitutive di una divisione ricreano quindi una
dimensione nella quale il coordinamento sicuramente pi agevole ed i processi
decisionali molto pi rapidi.
Pregi della struttura divisionale sono: focalizzazione della struttura sul mercato, sulle
tecnologie di prodotto. La tab. 3.3 elenca in sintesi opunti di forza e debolezza di questa
struttura. Tra gli altri, utile sottolineare che tale modello organizzativo trova
applicazione - prevalentemente - nelle imprese di grandi dimensioni; tuttavia, va ricordato
che anche allinterno di una struttura funzionale si possono ritrovare modelli di
divisionalizzazione del lavoro; ad esempio, nella funzione R&D, i progettisti possono
essere organizzati per funzione specialistica (elettronici, meccanici, idraulici) oppure per
linea di prodotto (carrelli di movimentazione, avvolgitori, magazzini automatici). Il

65

principale svantaggio a carico della struttura divisionale rappresentato dal suo costo: la
suddivisione delle risorse conseguente alla divisionalizzazione, riduce le economie di
scala e rende pi precario il coordinamento tra funzioni che apparten-gono a diverse
divisioni. In una struttura divisionale accade frequentemente che soluzioni gi
sperimentate allinterno di una divisione - con esiti positivi o negativi - siano oggetto di
studio presso unaltra divisione. Tuttavia, il costo del coordinamento tra divisioni spesso
pari ai vantaggi di tempo e costo che si potrebbero ottenere e questa considerazione,
certamente pessimistica, allorigine del fatto che solo in casi molto rari nelle strutture
divisionali si introducono meccanismi di coordinamento forte.
Tab. 3.3 - Caratteristiche della struttura divisionale

Punti di forza
1.
2.
3.
4.
5.
6.

E da preferire in organizzazioni di grandi dimensioni con molti prodotti


Permette alle unit di adattarsi alle differenze di prodotto, geografiche, di clientela
Il processo decisionale decentrato rispetto ai prodotti
Consente lo sviluppo dimensionale per aggregazione di unit e tramite la crescita
diversificata dei prodotti
Consente il decentramento delle responsabilit di profitto
Potenzia e sviluppa gli strumenti di pianificazione e controllo di gestione

Punti di debolezza
1.
2.
3.

Elimina le economie di scala nelle unit funzionali determinando spesso una duplicazione
delle risorse specialistiche distribuite nelle diverse divisioni
Porta ad uno scarso coordinamento tra le linee di prodotto
Pu creare difficolt di coordinamento tra obiettivi globali ed obiettivi divisionali

Nellesempio riportato in Fig. 3.6, il criterio di divisionalizzazione per area


geografica. Le ragioni che sono alla base di questa scelta organizzativa vanno ricercate
nella specificit del mercato di destinazione dei prodotti. Tali specificit sono destinate,
in prospettiva, ad attenuarsi per effetto del fenomeno della globalizzazione dei mercati
che comporta una progressiva omologazione dei comportamenti dacquisto dei
consumatori. Se la caratterizzazione dei prodotti per area-mercato sempre meno
marcata, permangono invece condizioni molto disomogenee nella struttura dei canali di
vendita e ci richiede una attenzione pi diretta da parte della struttura commerciale.
Un esempio concreto di questa particolarit dei mercati: in Giappone, la struttura dei
canali distributivi particolarmente intricata ed onerosa; per poter accedere ai punti
vendita necessario seguire un iter molto particolare teso a costruire un rapporto di
fiducia con il responsabile del punto vendita. Questa peculiarit ha spinto molte aziende
(europee e nord americane) a divisionalizzare la propria struttura commerciale per
sviluppare politiche di vendita mirate per quel mercato.

66

Fig. 3.6 Un esempio di struttura per aree geografiche

3.3.3

La struttura a matrice

Il modello della struttura a matrice nasce con lintendimento di ricomporre i criteri di


aggregazione delle risorse tipici della struttura funzionale (specializzazione verticale) e
della struttura divisionale (specializzazione orizzontale). Quando pu convenire usare
questo tipo di struttura? Quando si verificano le due seguenti condizioni:
a) limpresa chiamata a sviluppare soluzioni molto specifiche con volumi
di produzione contenuti
b) la produzione delle specifiche soluzioni richiede diversi specialisti

Fig. 3.7 - Struttura a matrice

67

In questi casi una soluzione funzionale non sarebbe in grado di garantire un livello di
innovazione adeguato e una divisionale sarebbe inefficiente a causa dei ridotti volumi di
produzione per singolo prodotto.
Questa struttura adottata frequentemente nelle societ di engineering (studi tecnici,
aziende del settore impiantistico, cantieristico e nelle societ di servizi di consulenza) e
in generale nelle aziende che operano su commessa in settori a contenuto di know-how
medio alto. La peculiarit di questa struttura consiste nella possibilit di utilizzare in
modo efficace risorse scarse. Infatti, lattribuzione di una risorsa ad una linea di
prodotto (o ad un progetto) ne limiterebbe il tasso di utilizzo e, quindi, il rendimento
poich, lavorando su commessa, i volumi produttivi di ogni singolo progetto sono
contenuti.
Un ulteriore aspetto che assume rilevanza nelle scelte progettuali dellorganizzazione
dato dalla soluzione del trade-off specializzazione-innovazione: la specializzazione
consente di puntare alleccellenza specialistica, ma riduce la flessibilit, linnovazione
aumenta la flessibilit ma non consente lapprofondimento e la sedimentazione della
conoscenza. La struttura a matrice porta a superare (almeno nelle intenzioni) questa
dualit di obiettivi con lintroduzione di una dualit del rapporto organizzativo. Il
responsabile funzionale presidia la competenza specialistica e ne cura lo sviluppo mentre
il responsabile di prodotto, o di progetto, persegue obiettivi di costo, qualit e servizio al
cliente, utilizzando gli specialisti. Allinterno di queste strutture, dunque, le risorse si
collocano allincrocio di due distinte linee di governo, una funzionale e una di
progetto/commessa/prodotto. del tutto evidente che questa struttura si colloca in un
contesto caratterizzato da un elevato grado di instabilit e di incertezza. La manifestazione
pi evidente di tale turbolenza data dalla assenza, in queste organizzazioni, di un vero e
proprio catalogo prodotti: i prodotti stessi sono definiti pi in termini di ambiti di
applicazione, soluzioni custom, soluzioni e/o sistemi chiavi in mano. Una definizione
efficace dei prodotti offerti da queste realt dimpresa potrebbe essere la seguente:
offerta di specifiche tecnologie di risposta.
Tab. 3.4 - Caratteristiche della struttura a matrice

Punti di forza
1.
2.
3.

Assicura la condivisione flessibile delle risorse umane tra varie linee di prodotto
Offre opportunit per lo sviluppo di competenze sia funzionali sia di prodotto
E da preferire in organizzazioni di media grandezza che operano su commessa e che
hanno forti esigenze di personalizzazione dei prodotti

Punti di debolezza
1.
2.
3.
4.

Duplice autorit: pu creare confusione e risultare frustrante


Implica che i partecipanti abbiano buone capacit interpersonali e ricevano una
informazione approfondita
Assorbe molto tempo: frequenti riunioni e sessioni di risoluzione di conflitti
Richiede grandi sforzi per mantenere il bilanciamento del potere

68

Uno dei limiti pi forti della struttura a matrice la presenza di due linee di riporto
gerarchico per ciascuno dei membri dellorganizzazione. Ci fonte di possibile stress e
frustrazione per le risorse dellorganizzazione che pu degenerare in un vero e proprio
disordine organizzativo. Il governo di queste strutture richiede un forte impegno
personale da parte dei livelli direttivi; impegno che deve essere rivolto soprattutto alla
gestione delle relazioni interpersonali.
3.3.4

Le strutture orizzontali

Le strutture orizzontali rappresentano la risposta delle organizzazioni alle sfide poste dal
mercato sul livello delle prestazioni esterne: riduzione dei tempi di risposta e riduzione
dei costi. La necessit di orientare le organizzazioni al mercato (soddisfazione dei clienti)
fa si che nella progettazione organizzativa lenfasi sia trasferita dalle strutture ai processi.
Un processo definito come un insieme di attivit tra loro interrelate, finalizzate alla
realizzazione di un risultato definito e misurabile (il prodotto o servizio), che contribuisce
al raggiungimento della missione dellorganizzazione e che trasferisce valore al fruitore
del servizio (il cliente). Le caratteristiche distintive della struttura orizzontale possono
riassumersi in tre punti:
1.

Nella struttura sono introdotte delle unit di governo trasversali (Process Owners) cui
demandata la responsabilit di presidiare linsieme delle attivit che concorrono
allo sviluppo di un processo. Un processo per sua natura interfunzionale;
pertanto, i Process Owner agiscono come integratori forti della struttura
organizzativa. A differenza degli integratori full time, i Process Owner hanno la
facolt di incidere sul processo introducendo tutte le modifiche necessarie per
migliorarne le prestazioni. Ai responsabili di funzione demandato il compito di
presidiare le competenze specialistiche delle risorse (sviluppo delle risorse umane,
acquisizione delle tecnologie,), assicurando la competitivit nel tempo delle
diverse componenti dellorganizzazione.

2.

Le risorse sono organizzate in team auto-diretti: le attivit del processo sono


assegnate a gruppi di lavoro cui assicurata unampia visibilit del processo
(consapevolezza degli obiettivi di prestazione e delle relazioni che legano le leve di
gestione con le prestazioni stesse) e competenze pi trasversali ( cross training
formazione ed addestramento finalizzati ad ottenere operatori polifunzionali). La
disponibilit di informazioni ed una maggiore attitudine alla soluzione dei problemi
sono le caratteristiche che contraddistinguono i componenti di un team autodiretto;

3.

Il riferimento continuo dei processi (delle persone coinvolte) rappresentato dal/dai


clienti del processo stesso. Una struttura orizzontale poggia sulla applicazione
sistematica del modello cliente-fornitore a ciascuna delle componenti dei processi. I
sistemi di misura delle prestazioni sono concepiti in logica di back-chain: le
caratteristiche qualitative degli output diretti ai clienti rappresentano i riferimenti su
cui sono definiti gli indicatori delle performance interne al processo e gli indicatori
di misura degli input al processo.

69

Il principale pregio di queste strutture consiste nella sua specifica capacit di orientare
lorganizzazione al risultato utile; la visibilit del processo da parte dei singoli attori e
la misura delle performance del processo, basata su bisogni ed esigenze del cliente, sono
le due condizioni che portano ad escludere (o a limitare) il fenomeno della ricerca dell
ottimo locale tipica delle organizzazioni funzionali. In altre parole, il fatto che ciascuna
funzione cerchi di ottenere per s risultati ottimi (ottimo locale) non garantisce
lottimizzazione a livello complessivo dellazienda; infatti spesso le funzioni possono
avere obiettivi contrastanti, tipicamente enfasi sui costi e sullefficienza in Produzione,
enfasi su efficacia e attenzione al cliente da parte del Marketing.
Il limite pi evidente di queste strutture consiste nel profondo cambiamento culturale
che esse richiedono da tutte le componenti dellorganizzazione. Il riorientamento delle
strutture tradizionali in chiave di processo richiede un forte impegno da parte del
management ed un investimento in formazione di notevole entit: i programmi di
formazione investono tutti i livelli dellorganizzazione.

Fig. 3.9 - Le strutture orizzontali

Nellambito delle scuole manageriali Laffacciarsi di un nuovo modello (struttura) non


comporta necessariamente labbandono dei modelli che lo hanno preceduto: la complessit pu essere governata facendo ricorso allinsieme delle conoscenze disponibili.
Cos, nella realt possiamo osservare organizzazioni in cui sono contemporaneamente
presenti porzioni di struttura che appartengono a tutte le tipologie di modelli visti in
precedenza. Tali strutture ibride indicano un contesto caratterizzato da rapide
trasformazioni; la continua esigenza di adattamento a nuove condizioni di riferimento
porta queste organizzazioni a modificare la propria struttura seguendo esclusivamente il
criterio della massima flessibilit. La figura mostra una struttura ibrida, che combina
elementi della struttura funzionale con quelli della struttura orizzontale.

Nel seguito si riportano alcuni esempi di strutture organizzative con riferimento ad alcuni
casi aziendali.

70

Esempi di strutture organizzative: il caso Trenitalia


Il seguente organigramma e la sua descrizione sono disponibili sul sito www.trenitalia.com alla sezione
azienda.
La nuova organizzazione di Trenitalia semplifica strutture e processi decisionali e riconduce a unit ruoli
e responsabilit, distinguendo tra attivit operative, attivit di supporto e competenze tecniche. La nuova
architettura aziendale prevede (fig.1):
due Direzioni Generali Operative che rispondono all'Amministratore Delegato. La prima,
Direzione Generale Operativa Passeggeri, segue il trasporto locale, nazionale e internazionale,
la seconda, Direzione Generale Operativa Logistica, segue il trasporto delle merci
due Direzione Tecniche, l'una dedicata all'Ingegneria, Sicurezza e Qualit di Sistema, l'altra
alla Operazioni Tecniche
funzioni centrali di staff rese pi efficienti con lo snellimento dei livelli e dei processi, attraverso
la centralizzazione di tutte le "attivit di servizio" non strettamente legate alla gestione del
business.

Cos ristrutturata, Trenitalia potr rispondere con maggiore efficacia all'esigenza di accelerare la
capacit di intraprendere nuove azioni commerciali, di presidiare in modo pi specifico sia il mercato
dei servizi ai passeggeri che quello della logistica orientandosi verso obiettivi di sviluppo tecnologico e
di fatturato. Questa scelta organizzativa si traduce, fondamentalmente, nel raggiungimento di un unico
importante obiettivo: mettere al centro della propria attivit il cliente, sia esso un cittadino che pretende
dal suo viaggio qualit e sicurezza, sia esso un'azienda che ha necessit di trasportare i suoi prodotti nel
rispetto dei tempi.
La Direzione Passeggeri segue il trasporto Locale, Nazionale e Internazionale dei viaggiatori
assicurandone la progettazione, lo sviluppo, la produzione, la manutenzione, la gestione e la vendita del
servizio. Grazie al volume di traffico realizzato, questo settore divenuto una realt importante della
mobilit nazionale: in media ogni anno, quasi 500 milioni di italiani si affidano a Trenitalia per muoversi
nelle regioni, nel Paese e in Europa. Anche Per questo, all'interno della Direzione, con la specifica
missione di garantire l' integrazione dei processi di business dei tre segmenti di mercato e lo sviluppo del
traffico internazionale stata istituita opera la struttura organizzativa Integrazione Business
Internazionale in risposta. Trenitalia continua a mantenere attivo un sistema di analisi e valutazione del
mercato per la definizione di strategie, in vista dei nuovi scenari competitivi che si andranno a delineare
con la liberalizzazione del trasporto ferroviario. Trenitalia, per vincere la sfida, oltre al potenziamento e
rinnovamento della flotta, punta sul miglioramento della qualit con la proposta di un prodotto globale
innovativo per un viaggio piacevole e rilassante in tutte le sue fasi. A questo scopo mette a disposizione
dei clienti nuovi servizi per soddisfare tutte le esigenze dei viaggiatori prima ancora di salire sul treno,
durante il viaggio e allarrivo (meeting point, sito web, desk informazioni, parcheggio, hostess in stazione

71

, percorsi dedicati, nuove biglietterie self service, ecc.).


Particolare attenzione stata dedicata al servizio di biglietteria migliorando i sistemi esistenti e
introducendone dei nuovi: biglietteria online sul sito Internet, nuove macchine self-service nelle stazioni
biglietteria telefonica tramite call center, Ticketless Sportello veloce per comprare il biglietto in stazione
nei 15 minuti prima della partenza del treno
In ambito centrale la struttura organizzativa Integrazione Business Internazionale ha la specifica
missione di garantire l'integrazione dei processi di business passeggeri e lo sviluppo del mercato
internazionale.
In ambito territoriale la Direzione si articola in 8 Direzioni Territoriali aggreganti con compiti di
coordinamento delle restanti 13 Divisioni Regionali/Provinciali aggregate.
La Direzione Generale Operativa Logistica si occupa della logistica e del trasporto delle merci.
Trenitalia trasporta in un anno circa 82 milioni di tonnellate di merci lungo una fitta rete di relazioni che
collegano l'Italia ai principali centri economici europei ed ha nel trasporto combinato, che rappresenta
circa il 50% del traffico totale merci, la quota pi alta in Europa. Trenitalia ha puntato anche
sull'innovazione tecnologica per rafforzare la propria reattivit alle sollecitazioni del mercato. In
particolare, ha potenziato la capacit di trazione delle locomotive e aumentato la capacit di carico di
determinate tipologie di carri, come quelli dedicati al trasporto di elettrodomestici, e ha investito
fortemente nei sistemi informativi sia per ottimizzare i processi produttivi, nonch i rapporti con la
Clientela. Come per gli altri settori del sistema treno, anche per il trasporto merci, l'azienda ha poi
rafforzato inoltre il suo impegno per la qualit. L'elaborazione del 'Programma Qualit ha consentito di
avviare il circolo virtuoso del miglioramento continuo attraverso la Carta dei Servizi e il processo di
certificazione, conseguendo un primo importante risultato nel dicembre 2002: la certificazione secondo
la norma UNI EN ISO 9001:2000. In ambito internazionale, infine, sono state realizzate importanti
partnership con le nuove imprese che si affacciano sul mercato e accordi commerciali con le principali
imprese ferroviarie europee.
La Direzione Ingegneria, Sicurezza e Qualit di Sistema, polo tecnologico dell'azienda svolge per
Trenitalia attivit di ricerca e sperimentazione di nuove tecnologie in ambito ferroviario ed elabora, in
coerenza con gli indirizzi strategici del Gruppo Ferrovie, le politiche aziendali per l'ambiente, la
sicurezza di esercizio e la sicurezza del lavoro. La Direzione, inoltre, assicura il presidio complessivo del
Sistema Qualit, definendo le politiche e le azioni volte al miglioramento continuo dei risultati di
business e della performance aziendale. Trenitalia ha da sempre dedicato grande spazio alla ricerca
sulle nuove tecnologie, come testimonia la creazione dell'Istituto Italiano di Certificazione Ferroviaria,
che realizza prove di conformit e studi specifici relativi al trasporto ferroviario, da proporre sul
mercato internazionale. In questa ottica sperimentale, Trenitalia ha deciso di dotarsi di simulatori di
condotta dinamici per la formazione del personale di condotta. Il simulatore riproduce esattamente gli
interni della cabina di guida, e consente al personale in addestramento di ritrovarsi immerso in un
ambiente del tutto simile a quello di una missione di guida reale, con la supervisione di un istruttore che
gestisce i diversi momenti della simulazione da una postazione operativa di controllo.
La prima delle due Direzioni tecniche create con il nuovo modello organizzativo aziendale, dedicata
alla grande manutenzione della flotta, fornisce servizi di assistenza tecnica alle due direzioni operative e
offre una consulenza completa su ogni aspetto che riguardi i veicoli ferroviari in un'ottica di servizio di
tipo industriale alle direzioni generali operative e in una logica di minimizzazione dei costi. Coordina,
inoltre, i processi di logistica aziendale relativamente ai ricambi, componenti riparabili e materiali di
consumo, attraverso la determinazione dei fabbisogni e la definizione dei piani di acquisto. La
manutenzione dei mezzi si effettua nelle 10 Officine Grandi Riparazioni (OGR), dislocate su tutto il
territorio nazionale. Sono infatti queste strutture operative, specializzate per tipologia dei mezzi, che
provvedono concretamente alla manutenzione ciclica e al rinnovamento della flotta di Trenitalia.

72

Altri esempi di organigramma


1) Organigramma divisionale: Ministero delle Finanze

2) Organigramma funzionale: di una azienda di servizi di autotrasporto pubblico


DIREZIONE
GENERALE
Gestione Risorse
Umane

Esercizio e
manutenzio
ne

Amm.ne
Personal

Esercizio

Amm.ne e
Finanza

Controllo di
gestione

Affari
Generali

Direzione
Servizi
Tecnologici

Sicurezza

Manutenz.

Legali

Affari
Generali

Lavoro

Gare
(acquisiti)

Contabilit

Bilancio e
Tributi

Civile
E Penale

Contratti

Cassa

73

Pianificazione

Commerciale
e
Marketing

Servizi di
elaborazione
dati

Pian. e prog.
linee

Gestione
Comm.le
(esercizio)

Servizi di
Rete

Programmaz.
Servizio

Gare
(partecipazio
ne)

Comunic.
Esterna e
Marketing

3.4 Criteri per la scelta della struttura


Le opzioni tra le quali individuare la struttura pi coerente con gli obiettivi
dellorganizzazione si collocano, idealmente, su una linea continua che ha per estremi i
due modelli limite: la struttura verticale e quella orizzontale. La struttura verticale
orientata allottenimento di obiettivi di specializzazione e di efficienza; il controllo,
realizzato attraverso i collegamenti verticali assicura una coerenza forte con obiettivi di
massimizzazione dellutilizzo delle risorse specialistiche. In un contesto caratterizzato
dalla stabilit delle condizioni operative, questo modello di struttura appare il pi
coerente. Una struttura orizzontale risponde allesigenza di flessibilit e di adattamento
dellorganizzazione; tale struttura induce nellorganizzazione comportamenti coerenti
con lo sviluppo delle risorse (apprendimento), con la ricerca di soluzioni innovative
(creativit) e con la condivisione delle informazioni (coinvolgimento e partecipazione).
La matrice riportata nella Fig. 3.10 indica la relazione che lega gli obiettivi dominanti
dellorganizzazione con le opzioni strutturali fin qui analizzate.

Fig. 3.10 - Il continuum delle strutture organizzative

importante osservare che il diagramma di fig. 3.10 puramente indicativo. Prima che
da considerazioni sulla turbolenza ambientale, la scelta della struttura influenzata da
fattori pi semplici, quali il numero e la variet di prodotti che lazienda realizza e le
sue dimensioni. Una media impresa mono prodotto adotter probabilmente una struttura
funzionale, anche se opera in un ambiente competitivo turbolento. Una grande impresa
multi-divisionale pu essere molto verticalizzata e burocratica. Una struttura a matrice
opportuna per lo pi solo quando si lavora prevalentemente su commesse di una certa
importanza.
Ladozione di criteri di carattere strategico per la scelta della struttura organizzativa
riconducibile a una serie di ricerche effettuate verso la fine degli anni 50 sui

74

cambiamenti della struttura organizzativa. Tali studi analizzarono la relazione fra i


cambiamenti che le imprese apportavano alla struttura organizzativa e le strategie
perseguite (approccio strategia/struttura). Altre ricerche, allinizio degli anni 60
analizzarono la relazione fra cambiamenti strutturali e caratteristiche dellambiente
competitivo: Lawrence e Lorsch, evidenziarono la necessit di adattare la struttura
organizzativa ai mutamenti ambientali e ricondussero le strutture a due paradigmi
organizzativi fondamentali: il paradigma meccanicistico, tipico di organizzazioni che
operano in ambienti stabili, e quello organicistico, caratteristico di organizzazioni che
operano in ambienti competitivi turbolenti (Fig. 3.11).
Ambiente
Ambiente
stabile
stabile

Cambiamenti
lenti e
prevedibili

Strutturediditipo
tipo
Strutture
meccanicistico
meccanicistico

Ambiente
Ambiente
instabile
instabile

Cambiamenti
rapidi e
imprevedibili

Strutturediditipo
tipo
Strutture
organicistico
organicistico

Fig. 3.11 Legame tra ambiente e strutture

Lambiente instabile richiede ladozione di modelli organizzativi riconducibili a un


paradigma di tipo meccanicistico, in cui lorganizzazione metaforicamente
rappresentata come una macchina votata al perseguimento dellefficienza attraverso
standardizzazione dei comportamenti, formalizzazione e controllo.
Lorganizzazione che si ispira a un paradigma meccanicistico solitamente caratterizzata
da una struttura verticale, di tipo piramidale in cui sono presenti numerosi livelli
gerarchici. La posizione nella gerarchia determina leffettivo potere di cui lindividuo che
occupa quel ruolo dispone. Il controllo dei comportamenti e delle prestazioni molto
intenso e formalizzato in quanto si tende a limitare lautonomia degli individui; lintensit
del controllo implica necessariamente che lampiezza del controllo sia molto ristretta in
quanto si pu ben controllare solo un numero limitato di persone.
La riduzione dellautonomia decisionale coerente con una forte centralizzazione delle
decisioni ai vertici pi elevati della gerarchia e con una forte specializzazione dei
compiti dei singoli, solitamente definiti in modo standard e non ambiguo attraverso
procedure operative, mansionari e job description molto dettagliate e rigide.
I processi di comunicazione si svolgono per lo pi in verticale, cio lungo la catena di
comando. La comunicazione orizzontale non incoraggiata e la stessa tendenza alla
specializzazione rende naturalmente difficoltoso tale processo (vedi commenti alla
struttura funzionale). A tale impostazione lorganizzazione tende a reagire attraverso la
creazione di flussi comunicativi orizzontali di tipo informale, attraverso cui si tenta
talora di aggirare la rigidit della struttura.
Pi in generale gli individui reagiscono alleccesso di formalizzazione dellorganizzazione meccanicistica sviluppando procedure informali, processi di comunicazione laterali,

75

conoscenze tacite che nellinsieme configurano quella che i teorici della Scuola delle
Relazioni Umane hanno definito organizzazione informale. La standardizzazione di
compiti, livelli di autorit e mansioni richiede una forte formalizzazione e quindi una
certa proliferazione di regole di natura burocratica.
La gamma retributiva (variet delle retribuzioni individuali) ristretta e piuttosto stabile. In
questo tipo di organizzazioni le retribuzioni sono strettamente collegate alle posizioni organizzative e soprattutto alla loro collocazione nella gerarchia; poich liniziativa e lautonomia individuale non sono incoraggiate sono scarsamente presenti forme di retribuzione
basate sul risultato; in altre parole laumento di retribuzione per lo pi legato ai passaggi
di carriera e allanzianit piuttosto che al raggiungimento o al superamento di obiettivi.
Un ambiente competitivo instabile richiede ladozione di modelli organizzativi
riconducibili a un paradigma di tipo organicistico, in cui lorganizzazione
metaforicamente rappresentata come un organismo biologico votato principalmente a
conseguire livelli di adattamento ambientale soddisfacenti, anzich allottimizzazione
efficientista della macchina (Morgan, 1991). Lorganismo instaura, infatti, un rapporto
di mutuo adattamento con lambiente e solitamente conosce il proprio ambiente solo in
modo parziale e incerto; anche le macchine operano in un ambiente, ma le
caratteristiche di questultimo si riducono a condizioni al contorno che necessario
assicurare per far funzionare la macchina in modo regolare e prevedibile. Stabilit
ambientale, per la macchina, significa essenzialmente che le condizioni al contorno non
mutano, o mutano lentamente e in ogni caso allinterno di intervalli di variabilit
accettabili.
Lorganizzazione che si ispira alla metafora dellorganismo solitamente caratterizzata
da una struttura piatta, in cui sono presenti pochi livelli gerarchici e che cambia con
elevata frequenza, per esempio attraverso laggiunta di unit organizzative a tempo
(team di progetto) o la creazione di nuove unit stabili. La posizione nella gerarchia non
necessariamente rappresentativa del peso politico di chi la occupa e lautorit per lo
pi basata sui livelli di professionalit, esperienza e conoscenze tecnico-manageriali
(competenze). Il controllo dei comportamenti e delle prestazioni debole in quanto si
tende a incoraggiare lautonomia degli individui. Limprevedibilit dei cambiamenti,
dovuta allinstabilit dellambiente esterno pu essere elaborata e risolta con successo
solo incentivando la creativit e lautonomia dei singoli. La riduzione dei livelli
gerarchici e lenfasi sullautonomia rende elevata lampiezza del controllo.
La crescita dellautonomia individuale coerente con un forte decentramento delle
decisioni dai vertici pi elevati ai livelli pi bassi della gerarchia. I compiti sono definiti
in modo generico e talora ambiguo, in quanto il loro grado di complessit rende
impossibile o comunque inutile una descrizione dettagliata e formale. Le organizzazioni
ispirate al paradigma organicistico dedicano poca attenzione alla standardizzazione del
comportamento attraverso procedure e job description e pongono invece enfasi su valori
e premesse generali che dovrebbero orientare lazione dei singoli, attraverso
lelaborazione di mission, carte dei valori, politiche di comunicazione e coinvolgimento
finalizzate a creare una cultura organizzativa in cui si enfatizzino specifici valori.

76

Tab. 3.5 Variabili organizzative e struttture


Variabili organizzative
Numero di livelli di autorit
Ampiezza del controllo
Centralizzazione delle decisioni
Compiti individuali
Processo di comunicazione
Possibilit di interazione fra membri
di diverse unit organizzative
Autorit
Quantit di regole formali
Gamma retributiva

Struttura meccanicistica

Struttura organicistica

Molti

Pochi

Ristretta

Ampia

Elevata (vertice)

Bassa

Specializzati e definiti

Ruoli, obiettivi e responsabilit

In senso verticale
(superiore -> subordinato)

Orizzontale e verticale

Bassa

Alta

Basata sulla posizione

Basata sulle competenze

Alta

Bassa

Bassa

Ampia

I processi di comunicazione si svolgono sia in verticale, cio lungo la catena di comando, sia in orizzontale in quanto la comunicazione orizzontale favorisce lintegrazione e
linnovazione e facilita il trasferimento delle informazioni e delle conoscenze.
La mancanza di standardizzazione dei compiti e laumento della autonomia dei singoli
comportano uno scarso ricorso alle regole e alla burocrazia.
La gamma retributiva, cio la variet delle retribuzioni individuali, ampia e instabile.
In questo tipo di organizzazioni le retribuzioni sono collegate sia alle posizioni
organizzative, sia ai risultati e la cosiddetta retribuzione di risultato rappresenta una
parte significativa della retribuzione complessiva. La valutazione del personale
soprattutto basata sui risultati ottenuti pi che sul processo necessario a ottenerli ed
finalizzata a premiare, e dunque a incentivare, la creativit individuale, il problem
solving e la propositivit.

3.5 Levoluzione della struttura organizzativa nella vita di


unimpresa
Come sottolineato nei precedenti paragrafi, un modo per descrivere lorganizzazione di
unazienda quello di individuarne la struttura organizzativa, di rappresentarla
graficamente attraverso gli organigrammi, di descrivere i compiti delle varie unit e le
relazioni che esitono fra di esse.
Sebbene ladozione di una struttura organizzativa da parte di unimpresa sia una
decisione formale che ha delle conseguenze durature sulla sua organizzazione interna,
non bisogna pensare alla struttura come qualcosa di statico e immutabile. Pi volte,
infatti, le imprese possono effettuare dei cambiamenti nella loro struttura organizzativa
nel corso della propria esistenza. Le ragioni del cambiamento possono essere molteplici,
ma sono riconducibili a due motivazioni principali:
a)

una di razionalizzazione interna, guidata soprattutto dalla necessit di accrescere


lefficienza, per esempio migliorando il controllo, riducendo eventuali sovrappo-

77

sizioni di responsabilit fra due o pi aree, creando nuove unit organizzative per il
controllo di processi critici non presidiati o accorpando pi unit esistenti
allinterno di una singola nuova unit;
b) una di adattamento allambiente competitivo, guidata cio dalla necessit
dellimpresa di rispondere in modo pi rapido o efficace ai bisogni del mercato e
alle sfide della concorrenza, per esempio attraverso la istituzione di nuove unit
organizzative cui demandata la responsabilit di presidiare certi settori e prodotti
strategici, o attraverso la creazione di team di progetto incaricati di sviluppare
innovazioni di prodotto e di processo.
La struttura organizzativa non va considerata dunque come stabile o immutabile. Al fine
di illustrare meglio questo aspetto, nel seguito si descrive una possibile traiettoria
evolutiva della struttura organizzativa basata sullipotesi della presenza di una relazione
tra le fasi del ciclo di vita di una impresa e le strutture organizzative adottate in corrispondenza dei cambiamenti che limpresa attraversa nel corso della propria esistenza.
importante precisare che tale traiettoria rappresenta solo unevoluzione plausibile
della struttura organizzativa, ma non una legge che tutte le imprese effettivamente
rispettano. solitamente agevole segmentare la vita di unimpresa in una successione di
stadi stabili intervallati da eventi critici pi o meno traumatici che possono mettere a
rischio la stessa sopravvivenza dellimpresa e comportano, in genere, profondi
cambiamenti nelle sue dimensioni, prestazioni e nella sua organizzazione interna.

First
Configuration

Second
Configuration
critical
event

Third
Configuration
critical
event

Time

Fig. 3.13 Configurazioni stabili ed eventi critici (Fonte: Raffa e Zollo, 2000)

Numerosi sono stati i tentativi di individuare delle fasi tipiche capaci di descrivere
levoluzione della maggior parte delle imprese effettuati dai sostenitori della cosiddetta
life-stage theory. Nel seguito assumiamo che nel suo sviluppo la maggior parte delle
imprese attraversi le seguenti cinque fasi:
1. Nascita (assenza di struttura)
2. Consolidamento (struttura semplice, organizzazione embrionale)
3. Formalizzazione (struttura formale, solitamente funzionale)
4. Gestione dellinnovazione (Strutture con team interfunzionali)
5. Diversificazione per crescita (struttura divisionale)

78

Fasi del ciclo di vita dellimpresa

Tipologia di struttura organizzativa

1. NASCITA

1. Nessuna struttura formale

Piccole dimensioni, centralit dellimprenditoremanager, un solo prodotto/mercato, attivit e decisioni


limitate
2. CONSOLIDAMENTO

2. Organizzazione semplice

Un solo prodotto/mercato, aumenta la complessit e il


numeri delle attivit e delle decisioni, necessit di
deleghe su attivit operative

Aree di responsabilit

3. FORMALIZZAZIONE

3. Organizzazione funzionale

Aumenta la gamma dei prodotti, le dimensioni crescono


in modo significativo, necessit di deleghe su attivit di
supporto, formalizzazione della delega, creazione di
unit di staff

Funzioni aziendali

4. GESTIONE DELLINNOVAZIONE

4. Organizzazione per progetto interfunzionale

Necessit di diversificazione di prodotto e/o di mercato,


innovazione come attivit ricorrente per lazienda,
necessit di maggiore flessibilit organizzativa interna
attraverso la creazione di team interfuznionali

Funzioni Aziendali

Capo
progetto A

5. DIVERSIFICAZIONE PER CRESCITA

Team di progetto

Capo
progetto B

5. Organizzazione divisionale

Diversificazione, anche notevole, su nuovi


prodotti/mercati attraverso creazione di divisioni
geografiche o di prodotto, anche tramite acquisizioni di
altre aziende, chiara separazione tra vertice strategico e
management operativo

Divisione A

Divisione B

Fig. 3.14 Fasi del ciclo di vita e strutture organizzative

79

Divisione C

Nella Fig. 3.14 riportiamo possibili schemi di strutture organizzative adottate da


unipotetica impresa in corrispondenza di ciascuna fase. Tale schema assume assimila lo
sviluppo dellimpresa alla sua crescita complessiva, sia in termini quantitativi (numero di
addetti, volume di affari), sia qualitativi (complessit organizzativa, tecnologica, dei
sistemi gestionali, del mercato di riferimento, ecc.). importante precisare che non tutte
le imprese devono necessariamente attraversare tutte le fasi; per esempio alcune non
sopravvivono alla fase di nascita perch la formula imprenditoriale non ha successo, altre
non vivranno la fase di formalizzazione, per esempio per la riluttanza dellimprenditore a
de-centralizzare la gestione e a delegare attivit o perch la mancanza di crescita rende
superflua lorganizzazione formale.
Infine, non tutte le imprese sentono la necessit di sviluppare una capacit innovativa
elevata (fase di gestione dellinnovazione); ci nonostante possono egualmente
sopravvivere in ambienti competitivi stabili, o attraversano la fase della diversificazione
per crescita diventando imprese multi-divisionali.
La fase della Nascita corrisponde alla fondazione dellimpresa da parte dellimprenditore.
Limpresa nasce solitamente da unidea imprenditoriale incentrata intorno a uno o pochi
prodotti. Le piccole dimensioni (5-20 dipendenti) consentono di fare a meno di una
organizzazione formale. Limprenditore fa anche da manager ed responsabile diretto di
molteplici processi e attivit aziendali. La delega molto scarsa. Non esistono organigrammi ufficiali ed impossibile o non ha alcun senso individuare una struttura organizzativa formale, data la mancanza di formalizzazione interna e la forte sovrapposizione fra
responsabilit e attivit. Non esatto dire che in tale fase limpresa priva di organizzazione; potremmo dire in alternativa che limpresa ha un modello organizzativo fluido e
soprattutto che non esiste nessuna descrizione formale delle responsabilit dei singoli.
Nella fase del consolidamento le dimensioni dellimpresa sono ancora contenute (alcune
decine di dipendenti) ma crescono a ritmi elevati, cos come il numero e la complessit
dei processi aziendali da controllare anche se possiamo assumere che in questa fase
limpresa si limiti a produrre pochi prodotti simili. La crescita della complessit dellimpresa, che pu essere misurata in termini di aumento del volume di affari, del numero di
clienti e di addetti, dellampiezza della gamma prodotti e pi in generale del mercato,
costringe limprenditore a delegare parte delle attivit a suoi collaboratori di fiducia. Si
tratta di una delega sostanziale ma non formale: in altre parole, possibile individuare
delle aree di responsabilit e dei responsabili di tali aree, ma tale suddivisione interna non
formale. difficile trovare in imprese in questo stadio un organigramma ufficiale e delle
descrizioni formali delle unit organizzative e delle attivit in carico ai loro responsabili.
Nello stadio che abbiamo definito della crescita limpresa non ha una organizzazione
formale. Tuttavia essa esiste a livello embrionale in quanto il processo di
differenziazione interno attraverso la delega, la creazione di aree di competenza e di
loro responsabili stato di fatto avviato. Nella fase della formalizzazione, dunque,
limpresa non fa altro che prendere atto dellesistenza di tale organizzazione informale o
progettarla consapevolmente e la riconosce in modo ufficiale e formale. In questa fase
limpresa si dota di una struttura organizzativa esplicita, generalmente semplice, di tipo
funzionale. I responsabili di funzione sono manager specialisti le cui attivit e

80

responsabilit vengono accuratamente definite e descritte attraverso appositi documenti


aziendali detti job-description. Una caratteristica di questa fase sovente la creazione di
unit funzionali di staff, quali per esempio la individuazione di un responsabile
dellamministrazione e controllo. Le unit di staff no sono direttamente coinvolte nelle
attivit di trasformazione (line) ma supportano la gestione dellimpresa soprattutto in
merito alla acquisizione e allallocazione delle risorse, alla misura delle prestazioni e al
controllo; hanno spesso il compito di fornire informazioni di sintesi e produrre report a
supporto dellattivit di governo dellimprenditore o di un suo delegato preposto al
governo operativo dellimpresa.
La fase di Gestione dellinnovazione vede limpresa intenta a superare le rigidit dello
schema funzionale per sviluppare un livello sufficiente di capacit innovativa. Come
illustrato nella descrizione della struttura funzionale, tale modello privilegia lefficienza
e la specializzazione a discapito della flessibilit e della capacit innovativa. Per poter
mantenere i vantaggi della struttura funzionale e contemperarne i punti di debolezza
relativi alla capacit di generare innovazione, le imprese tendono a costituire team
interfunzionali formati da vari specialisti presi in prestito dalle funzioni e temporaneamente allocati nei gruppi di progetto. Tali gruppi sono incaricati di portare a termine
dei progetti di innovazione sotto la guida di un responsabile di progetto nominato ad
hoc. I progetti di innovazione possono riguardare vari aspetti quali, per esempio, lo
sviluppo di un nuovo prodotto, la introduzione di una innovazione di processo (la
progettazione e la messa in opera di un impianto innovativo), la realizzazione di un
studio (di fattibilit, di mercato, ecc.), di un nuovo sistema di gestione (implementazione del sistema Qualit o lo sviluppo di un sistema di valutazione del personale).
La fase di diversificazione per crescita tipica di una impresa matura che innova
attraverso la diversificazione di prodotto o di mercato. Diversificare significa sviluppare
nuovi prodotti per accedere a settori in cui limpresa non presente; per esempio,
unimpresa che opera nel settore alimentare pu ritenere vantaggioso entrare nel settore
dei cosmetici. Per diversificazione di mercato si intende una strategia di espansione di
mercato che consiste nel vendere uno stesso prodotto su mercati diversi, per esempio
diversi mercati nazionali. La differenziazione geografica pu richiedere ladattamento di
alcune caratteristiche del prodotto a norme o gusti locali. Una impresa che adotta una
strategia di diversificazione di prodotto/mercato pu optare per una struttura divisionale.
Nel caso di imprese molto grandi, quali le imprese multinazionali, la struttura divisionale
consente di acquisire o dismettere una o pi divisioni senza che il resto dellimpresa ne
risenta; in tal caso laggiunta di una unit divisionale pu avvenire tramite acquisizione di
una impresa esterna o la creazione di una consociata estera. In imprese di questo tipo vi
una chiara distinzione fra il vertice strategico che si occupa prevalentemente della
elaborazione di piani dei sviluppo, della valutazione degli investimenti strategici e
dellallocazione delle risorse sui vari business aziendali e il management operativo a
livello di divisione che si preoccupa dello sviluppo del singolo business. La struttura
divisionale non necessariamente appannaggio di grandi conglomerate internazionali, ma
pu essere una scelta possibile anche per imprese che operano su scala minore.

81

3.6 Limpresa come sistema: il modello delle 7S


La struttura di una organizzazione rappresenta una variabile importante su cui il
management pu agire per migliorare il grado di coerenza interno dellorganizzazione e
la sua capacit di rispondere alle sollecitazioni della competizione. Limportanza delle
strutture testimoniata dal fatto che quando le imprese effettuano dei cambiamenti
organizzativi per lo pi esse effettuano dei cambiamenti strutturali, per esempio
attraverso la creazione di nuove unit, la soppressione o il potenziamento di unit
esistenti, laccorpamento di pi unit in una, ecc. In altre parole le imprese modificano
la propria organizzazione ridisegnando lorganigramma.
Tuttavia, a partire da una serie di esperienze e di ricerche condotte verso la fine degli
anni '70, numerose furono le grandi aziende che si resero conto che il problema del
cambiamento organizzativo non poteva essere risolto unicamente attraverso interventi di
tipo strutturale. La variabile struttura organizzativa venne sottoposta ad unattenta
critica e si dimostr che la portata degli effetti derivanti da un cambiamento strutturale
nelle imprese non solo non realizzava i benefici attesi, ma spesso era molto ridotta.
Questa situazione viene molto bene sottolineata da un articolo pubblicato nel 1980 sulla
rivista "Business Horizons" da Waterman, Peters e Phillips che presentavano i risultati
di una serie di interviste effettuate, sul tema del cambiamento organizzativo a dirigenti
di grandi imprese statunitensi quali IBM, Kodak, Hewlett-Packard, Du Pont, ecc.
possibile condensare il risultato di tale indagine in uno slogan: la Struttura non
lorganizzazione. Waterman, Peters e Phillips spiegano cos questo concetto:
"Il surrealista belga Ren Magritte dipinse una serie di
pipe e intitol la serie "Ceci n'est pas une pipe": questa
non una pipa. In altri termini, la rappresentazione di
un oggetto non l'oggetto. Nello stesso modo, una
struttura non coincide con l'organizzazione. Dal punto
di vista razionale, ogni manager ed ogni consulente
sanno bene che il 'fare organizzazione' implica molto di
pi di quanto i diagrammi, le caselle, le linee
tratteggiate, le descrizioni delle posizioni e le matrici
possono indicare. Troppo spesso, per, tutti ci
comportiamo come se non lo sapessimo: se desideriamo
operare un cambiamento, modifichiamo la struttura"
(R.H. Waterman, T.J. Peters, J.R. Phillips, Structure is not Organization, Business Horizons, June 1980)

Non solo gli interventi di riorganizzazione di unimpresa effettuati attraverso la


modifica della struttura organizzativa possono non produrre gli effetti sperati, ma, in
diversi casi, l'intervento sulla struttura organizzativa pu mette in crisi l'organizzazione
e comportare un peggioramento delle prestazioni aziendali per varie ragioni, come
hanno dimostrato molte esperienze concrete. Se le prestazioni di una impresa non
dipendono strettamente da come fatta la sua struttura organizzativa allora si danno due
casi: o limpatto della struttura organizzativa irrilevante o devono esistere altre
variabili che, congiuntamente alla struttura, influenzano le prestazioni dellimpresa.

82

Waterman, Peters, e Phillips dopo aver riflettuto sui risultati delle loro ricerche decisero
di formulare uno schema di nuovo modello di organizzazione (il modello delle 7 S), che
in seguito discussero in una serie di seminari rivolti al top management di grandi aziende statunitensi ed utilizzarono per affrontare i problemi organizzativi di tali imprese.
Il modello delle 7 S (Fig. 3.15) considera lorganizzazione di un impresa come un
sistema complesso costituto da molteplici fattori interagenti che sono classificati in sette
macro-variabili:
1.

Strategia Indica come limpresa acquisisce il proprio vantaggio competitivo, su


quali leve essa concretamente agisce o punta per costruirlo (costi; qualit, servizi,
leadership tecnologica, ecc.), quali sono le priorit strategiche dellimpresa (entrare
in nuovi mercati, sviluppare nuovi prodotti, migliorare il customer service, ecc.) e i
suoi piani di sviluppo.

2.

Struttura Indica i rapporti di dipendenza formale, compresi il numero dei livelli


gerarchici e lampiezza del controllo/responsabilit di manager e supervisori,
laggregazione di gruppi di persone in unit organizzative, i sistemi che assicurano
la comunicazione ed il coordinamento tra le diverse componenti delle unit
organizzative.

3.

Sistemi Indica i processi formali, gli strumenti e le procedure utilizzati dal


management per gestire unorganizzazione (sistemi di controllo di gestione, sistemi
di gestione delle risorse umane, sistemi di pianificazione, sistemi informativi,
sistemi di distribuzione).

4.

Staff Indica il personale, il suo background, i suoi livelli di competenze, le


modalit attraverso cui i nuovi attori organizzativi vengono selezionati, assunti ed
inseriti nellimpresa, i percorsi di sviluppo delle risorse umane (formazione;
sviluppo delle carriere, etc.)

5.

Skills Indica le competenze intese come capacit, conoscenze, know-how


necessarie a svolgere le attivit di business. In certi casi si parla di competenze
distintive di unimpresa riferendosi a competenze che rendono i prodotti
dellimpresa e le loro prestazioni uniche ed inimitabili, nonch immediatamente
riconoscibili agli occhi del cliente. Pi in generale le competenze possono essere
riferite agli individui, alle unit organizzative o allimpresa. I loro contenuti
possono riguardare le pratiche manageriali, i sistemi gestionali o le tecnologie.

6.

Stile di leadership Indica lo stile di leadership del top management e, pi in


generale, lo stile decisionale di tutta lorganizzazione. Lo stile ha riflessi sulle
regole a cui gli individui si adeguano e come lavorano ed interagiscono tra di loro e
con i clienti ed i fornitori.

7.

Sistema di valori Indica i valori fondamentali condivisi dalla cultura aziendale e


che vengono utilizzati come principi guida (prevalentemente formale o informale,
partecipativo o verticistico, accentrato-decentrato, ecc.). Questi valori hanno un
significato molto importante. Focalizzano lattenzione degli individui e consentono
di individuare obiettivi di carattere generale.

83

Il modello delle 7 S evidenzia due aspetti


fondamentali dellorganizzazione di un'impresa:
a) laspetto sistemico dellorganizzazione
attraverso linterconnessione delle variabili
b) la coerenza interna del sistema, attraverso il
concetto di allineamento fra le variabili.
Le 7 S sono fortemente interconnesse fra di loro.
Lorganizzazione di una impresa non
riducibile ai suoi aspetti strutturali, ma a un
sistema pi complesso di variabili interrelate fra
loro che per comodit analitica sono ricondotte a
7 fattori principali. Linterconnessione fra le
variabili sta ad indicare che un qualunque
cambiamento effettuato in una sola delle
variabili, per esempio la Struttura, si propaga

Figura 3.15 - Il modello delle 7 S

attraverso lorganizzazione in modo non sempre prevedibile a priori.


Il principio della coerenza interna del sistema stabilisce invece che un cambiamento in
una delle variabili deve essere accompagnato da cambiamenti con esso coerenti anche
nelle altre variabili. In mancanza di cambiamenti coerenti il sistema organizzativo pu o
non mostrare alcun effetto o reagire in modo diverso dalle attese. Per illustrare il concetto
di congruenza interna pu essere utile la metafora della bussola; l'insieme delle 7 variabili
come un insieme di bussole: quando tutti e 7 gli aghi puntano tutti nella stessa direzione,
si pu dire che si di fronte ad una impresa bene organizzata. Nel seguito si riportano
alcuni esempi di coerenza organizzativa fra le variabili dello schema delle 7S.
1) Strategia-struttura: un cambiamento nella strategia aziendale pu richiedere
ladozione di una struttura organizzativa adeguata. Per esempio, unimpresa che
punta alla diversificazione del proprio business o che intende perseguire
opportunit di business in settori di mercato molto diversi dovrebbe optare per una
struttura organizzativa per prodotto.
2) Strategia-skills: una decisione strategica di espansione in un nuovo settore di
mercato richiede la necessit di disporre o di essere in grado di acquisire sul
mercato del lavoro le necessarie competenze tecniche. Per esempio una settore che
opera nel settore della distribuzione dellenergia elettrica che intenda entrare nel
business della telefonia deve pianificare lacquisizione di varie tipologie di personale tecnico specializzato, valutando leffettiva disponibilit di tali figure sul mercato
del lavoro, il loro costo, e pianificando delle iniziative di recruitment appropriate.
3) Struttura-sistemi-skills: la creazione di una nuova unit organizzativa o il
potenziamento di una unit esistente pu richiedere lo sviluppo di sistemi gestionali
opportuni. Per esempio la trasformazione di un ufficio di gestione del personale che
si occupa prevalentemente dellamministrazione delle risorse umane in una unit
Gestione e Sviluppo del personale, maggiormente orientato allo sviluppo e alla

84

gestione strategica delle Risorse Umane richiede in primo luogo un cambiamento


nella mission della funzione, ma anche la creazione di nuovi strumenti gestionali,
per esempio relativi alla rilevazione dei fabbisogni formativi, alla progettazione
della formazione, a nuovi sistemi di incentivazione, ecc. La costruzione di tali
strumenti pu avvenire anche grazie al ricorso a esperti e consulenti esterni, ma il
loro utilizzo e perfezionamento spetta allimpresa. Dunque lintroduzione dei nuovi
sistemi per la gestione del personale richiede lacquisizione (tramite assunzione) o
lo sviluppo di nuove skills (tramite formazione di personale gi presente in
azienda), per esempio attraverso la creazione di figure professionali specializzate
nella formazione del personale.
4) Sistemi/valori: lintroduzione di nuovi sistemi a supporto della gestione non sempre
ha successo. Tra le ragioni del fallimento vi possono essere ragioni di tipo culturale.
Per esempio, ladozione di un sistema di controllo di gestione informatizzato
richiede non solo linfrastruttura informatica, ma anche la disponibilit degli addetti
a condividere in modo trasparente le necessarie informazioni che consentono al
sistema di funzionare. Lutilizzo di sistemi di controllo qualit richiede un forte
orientamento al cliente in tutti i ruoli, anche in quelli pi operativi, ecc.
In generale, gli effetti di un qualsiasi cambiamento organizzativo in una delle variabili
dello schema delle 7 possono esser immaginati come una catena di ulteriori cambiamenti
che si producono secondo una logica causa effetto allinterno dello schema, e cio
dellorganizzazione. Tali catene causali si possono immaginare anche graficamente, come
percorsi che connettono pi S: struttura/strategia, struttura/strategia/skills/sistemi,
sistemi/skills/valori, ecc. Gli analisti dellorganizzazione dovrebbero progettare ogni
cambiamento organizzativo tenendo conto al meglio di tutte le possibili ripercussioni che
esso pu provocare nel sistema complesso che definiamo organizzazione.
Progettare lorganizzazione non significa solo definire organigrammi, layout, unit organizzative e job description, ma individuare lassetto organizzativo, cio linsieme delle
caratteristiche delle variabili sistemiche che compaiono nello schema delle 7 S, che si
riveli coerente con le esigenze di business dellimpresa (soddisfazione degli stakeholder,
struttura del settore e della concorrenza, evoluzione degli scenari competitivi, normativi e
tecnologici, partnership e alleanze strategiche, piani di sviluppo, ecc.).
In sintesi possibile affermare che lo schema delle 7 S ci insegna che:
lorganizzazione di unimpresa un sistema in cui interagiscono vari fattori e non
riconducibile alla sola struttura;
a causa dellinterconnessione delle variabili difficile ottenere gli effetti desiderati
su una delle S senza operare contemporaneamente cambiamenti coerenti anche
nelle altre;
l'insuccesso di molti tentativi di modifica dellorganizzazione di unimpresa
sovente riconducibile ad una mancata considerazione di tutti i fattori dello schema;
tra i diversi fattori non esiste una gerarchia implicita o un ordine sequenziale: a
priori non ovvio quale sar il fattore trainante del cambiamento. Tutte le variabili
hanno pari dignit;

85

lo schema va personalizzato per limpresa oggetto di studio: in casi specifici


alcune variabili possono essere poco rilevanti o assenti, alcuni collegamenti sono
pi importanti di altri, la rilevanza dei fattori e dei collegamenti pu dipendere dal
particolare momento o della fase del ciclo di vita che limpresa attraversa.

3.7 Analizzare lorganizzazione di unimpresa attraverso il modello


delle 7S
Lobiettivo di questo paragrafo fornire uno schema di analisi strutturato che consenta
lanalisi dell'organizzazione di una impresa attraverso lapproccio sistemico alla base
del modello delle 7 S.
Step 1: Approfondire la conoscenza del caso da analizzare.
Analizzare il numero pi ampio possibile di fonti di informazione sullazienda. Le fonti
si possono dividere in indirette (sito aziendale, documentazione aziendale, rassegne
stampa) e dirette (interviste con manager, imprenditori e personale aziendale).
importante analizzare documentazione aziendale ufficiale quali mission, carte dei valori,
organigrammi, job description, manuali della qualit, piani, procedure, ecc.
Step 2: Identificare le differenti parti del sistema organizzativo che sono alla base del
modello delle 7S.
Per fare ci, possibile utilizzare domande di diagnosi del tipo riportate nel seguito. Gli
esempi che seguono non sono naturalmente esaustivi. Le domande appropriate vanno
definite a partire dalle informazioni specifiche di cui si dispone e dipendono dalle
caratteristiche e del caso di studio e dalle finalit dellindagine.
1. Strategia Indica come acquisire un vantaggio competitivo
Quali sono le fonti di vantaggio competitivo dellimpresa (costi; qualit, servizi,
leadership tecnologica)?
Quali sono i punti di forza e di debolezza dei prodotti dellazienda?
Quali sono gli obiettivi strategici dellimpresa (entrare in nuovi mercati, sviluppare nuovi
prodotti, migliorare il customer service, integrarsi a monte/a valle, focalizzazione sul core
business, ridimensionamento)? Sono chiaramente definiti? Sono coerenti far di loro o
conflittuali?
Le strategie sono esplicite e note a tutti i membri dellazienda o solo al top management?
Esistono piani dettagliati di sviluppo coerenti con gli obiettivi strategici che individuano
sequenze di azioni precise e obiettivi operativi concreti?
Esiste un sistema di misurazione del raggiungimento degli obiettivi? Esistono dei
responsabili per ciascun obiettivo?
Quali strategie ha perseguito in passato limpresa? Perch (eventualmente) alcune sono
state abbandonate?
In cosa simile o differisce la strategia dellimpresa da quelle dei suoi concorrenti?

2. Struttura Indica i rapporti di dipendenza formale, compresi il numero dei livelli


gerarchici e lampiezza del controllo/responsabilit di manager e supervisori.

86

Laggregazione di gruppi di persone in unit organizzative. I sistemi che assicurano


la comunicazione ed il coordinamento efficaci tra le diverse componenti delle unit
organizzative
Qual la struttura di base su cui fa perno lorganizzazione (ad es. funzionale, divisionale,
etc.)?
Esiste un organigramma ufficiale? In caso contrario, possibile ricostruirlo?
Quanti sono i livelli gerarchici? Lampiezza del controllo ridotta o grande?
Il controllo dellorganizzazione intenso o blando?
Quali decisioni sono centralizzate o quali decentralizzate?
Che grado di autonomia hanno le differenti unit?
possibile individuare in modo chiaro responsabile, compiti e mission di ogni unit?
Si verificano sovrapposizioni di compiti, attivit o aree di responsabilit?
Alcune unit pesano pi di altre? Perch?
In che modo vengono individuati e descritti i compiti individuali (formale, informale,
divisione del lavoro, autonomia, formalizzazione delle attivit)?
Esistono gruppi di lavoro interfunzionali?

3. Sistemi Indica i processi formali e le procedure utilizzate per gestire unorganizzazione (sistemi di controllo di gestione; sistemi di gestione delle risorse umane,
sistemi di pianificazione, di budgeting, sistemi informatici, sistemi di distribuzione)
Quali sono i sistemi gestionali attualmente in uso? Quali sono i loro punti di forza e di
debolezza?
Il management utilizza i sistemi disponibili a supporto della propria attivit di gestione o
tende a farne a meno? In tal caso, per quale ragione specifica?
Come vengono misurate e valutate le prestazioni dellazienda e dei singoli?
I sistemi a disposizione dellazienda soddisfano le attese degli utenti e dellazienda?
Lorganizzazione dispone di sistemi necessari a svolgere il suo business? (ad es.
lorganizzazione ha un sistema per misurare la soddisfazione dei clienti?)
Quali sono i sistemi di management di cui ha bisogno la dirigenza per gestire
lorganizzazione?
Esistono competenze adeguate per lutilizzo di tali sistemi?

4. Staff Indica il personale, il suo background, le sue competenze. Le modalit


attraverso cui i nuovi attori organizzativi vengono selezionati, assunti ed integrati. I
percorsi di sviluppo delle risorse umane (formazione; sviluppo delle carriere; etc.)
Quali sono le principali tipologie di figure professionali che operano nellazienda?
A quanto ammonta lorganico aziendale e come si distribuiscono i dipendenti per
famiglie professionali, et, livello di istruzione?
Qual il peso dei lavoratori interinali sullorganico?
In che modo limpresa assume il personale (canali di reclutamento, procedure e criteri di
selezione, ecc.)
In che modo limpresa sviluppa il personale (attivit di formazione interna, contenuti e
pianificazione, ricorso allesterno, ecc.)?

87

Quali sono le caratteristiche del management (background, formazione, et, sesso,


nazionalit, esperienze)?
In quale parte dellorganizzazione ci sono leader pi forti (es. in quale funzione)? Ed i pi
deboli?

5. Skills Indica le competenze distintive che caratterizzano unorganizzazione. Esse


possono essere riferite allinsieme degli attori organizzativi, alle pratiche
manageriali, ai sistemi e/o alle tecnologie
In quali attivit lorganizzazione riesce a distinguersi con performance di alto livello?
Quali sono i punti di forza dei prodotti? Possono essere collegati a know-how e
competenze distintive?
Quali sono le nuove competenze di cui lorganizzazione ha bisogno per sviluppare il suo
business?
Quali sono le vecchie competenze che pu mettere da parte?
Le competenze dellorganizzazione sono adeguate ai propri fabbisogni?
Quali sono quelle pi importanti strategicamente?
Quali sono le competenze che limpresa intende sviluppare prioritariamente?

6. Stile Indica lo stile di leadership del top management e, pi in generale, lo stile


operativo di tutta lorganizzazione. Lo stile ha riflessi sulle regole a cui gli attori
organizzativi si adeguano e come lavorano ed interagiscono tra di loro e con i clienti
ed i fornitori
In che modo il top management prende decisioni (in maniera partecipativa oppure
imponendole dallalto - top-down)?
Quali sono i manager che hanno pi potere formale?
In che modo i manager impiegano il loro tempo (meeting informali; conversazioni
informali; sul campo, con i clienti, nei laboratori)?
Quali e quanti sono i livelli di management?
Quali sono le caratteristiche dei capi?
In che misura e in che modo i livelli pi operativi sono messi al corrente delle decisioni
aziendali?
In che misura e in che modo i livelli pi operativi sono messi in condizione di contribuire
al processo decisionale?
In che misura e in che modo lazienda sa ascoltare le esigenze del proprio personale?
Esistono o si effettuano indagini di clima organizzativo?
Come vengono formati e gestiti i gruppi di lavoro?
Com impostata la relazione capo collaboratore?
Tra i compiti del capo rientra anche la cura dello sviluppo e della crescita professionale
del collaboratore?
I capi valutano in modo formale i propri collaboratori?
I capi forniscono feedback ai propri collaboratori? Con che frequenza e in che modo?

7. Sistema di valori Indica i valori fondamentali che sono ampiamente condivisi


dallorganizzazione e vengono utilizzati come principi guida. Questi valori hanno un

88

significato molto importante. Focalizzano lattenzione degli attori organizzativi e


consentono di individuare obiettivi di carattere generale.
Esiste una mission esplicita?
I dipendenti conoscono la mission?
Gli stakeholder conoscono la mission?
Quanto i dipendenti condividono la mission e la sentono propria?
Quali sono i temi principali della mission?
Esistono slogan?
Gli attori organizzativi conoscono le strategie aziendali?
Gli attori organizzativi hanno una visione comune dellorganizzazione per cui lavorano?
Quali sono gli aspetti che ricevono il maggiore e/o il minor supporto da parte del top
management (aspetti di breve periodo/di lungo periodo; interni/esterni)?
In che modo gli attori organizzativi descrivono ci che distingue limpresa per cui
lavorano (qualit dei prodotti; collaborazione tra i dipendenti; etc.)

Step 3: identificazione degli aspetti cruciali


A questo punto necessario realizzare una tabella con 7 colonne (una per ognuno dei
fattori sopraelencati).
Il modello delle 7 S deve essere utilizzato come un filtro che consente di operare una
distinzione tra le informazioni indispensabili e quelle non cruciali.
Una volta stilata una lista preliminare per punti di aspetti cruciali per il modello delle
7S, necessario operare una semplificazione. Ci pu essere fatto identificando aspetti
simili che possono essere accorpati. Alla fine necessario ottenere una lista che
contempli solo ed esclusivamente i fatti cruciali. Rileggere il caso di studio e verificare
se sono stati messi in luce i fattori chiave rispetto alle dimensioni del modello delle 7S.
Se necessario, apportare modifiche alla lista.
Il risultato dellanalisi sin qui svolta dovrebbe essere riassunto in una tabella simile a
quella riportata di seguito:
Strategia

Struttura

Sistemi

Staff

Skills

Stile di
Leadership

Sistema di
Valori

Come comprendere ci che importante alla luce del modello delle 7 S? Confrontarsi
con il mondo reale rappresenta una sfida in quanto i problemi appaiono complessi ed
ambigui. Una delle difficolt maggiori legata alla gestione di un gran numero di
informazioni, molte delle quali sono di scarsa rilevanza ai fini dellanalisi. In
questottica, il modello delle 7 S rappresenta una guida, un paio di occhiali attraverso

89

cui osservare lorganizzazione di una impresa per individuare i fattori che sono veramente importanti al fine di realizzare unanalisi di un sistema organizzativo complesso.
In termini pratici, necessario in primo luogo individuare tutti i fattori che
potenzialmente rientrano in una delle categorie del modello delle 7S.
Successivamente, bisogna selezionare solo i fattori che hanno una forte rilevanza
rispetto allimpresa analizzata. In altri termini, bisogna focalizzare la propria attenzione
sui fattori che incidono sul successo (RISULTATI) dellimpresa in esame.
Spesso le informazioni di carattere storico (quando limpresa stata creata, da chi,
dove, etc.) non aiutano a comprendere il contesto attuale allinterno del quale
lorganizzazione opera. In altri casi invece possono essere molto utili.
Questa una fase critica della metodologia legata allapplicazione del modello delle 7
S. Se necessario, bisogna investire pi tempo di quanto inizialmente previsto.

Step 4: Alla luce del modello delle 7S identificare i problemi chiave e le sfide che
lorganizzazione deve affrontare.
E necessario osservare lorganizzazione come un sistema integrato di elementi diversi
fortemente correlati tra loro.
Dove sono le interrelazioni chiave tra i diversi elementi che compongono il sistema?
Quali sono i fattori che maggiormente contribuiscono a creare problemi al sistema?
Dove possibile osservare difficolt relative allintegrazione dei diversi elementi che
compongono il sistema?
Per esempio, la scarsa soddisfazione dei dipendenti pu essere originata da una vasta
gamma di fattori che va dalla poca chiarezza con cui sono stati definiti i ruoli e/o le
mansioni (struttura), allinadeguatezza del sistema di ricompensa (sistema),
dallapproccio negativo al lavoro (staff); alla supervisione inadeguata (stile). Molti
problemi organizzativi sono complessi; necessario quindi studiare a fondo il sistema
organizzativo per isolare un problema e comprenderne le cause.
Il risultato di questa indagine dovrebbe essere riassunto in una tabella simile a quella
riportata di seguito:
Problema

Variabili organizzative
interessate

Incoerenze

Problema # 1
Problema # 2
Problema # 3

La spiegazione dei singoli problemi deve essere chiara e concisa. Inoltre, deve essere
focalizzata su questioni specifiche. E necessario tener sempre presente che ci deve
essere un legame diretto tra il modello delle 7S ed i problemi identificati in questa parte
dellindagine. Nella logica delle 7 S i problemi originano da incoerenze interne

90

allassetto organizzativo. Siete in grado di spiegare i problemi in termini di incoerenze


fra due o pi variabili?

Step 5: Piano dazione/raccomandazioni


Sulla base dei problemi identificati nella fase precedente, sviluppare una serie di
raccomandazioni per fare fronte alle problematiche di cui sopra. Le raccomandazioni
devono essere specifiche e operative. In altri termini, bisogna indicare quali interventi
realizzare per risolvere i problemi organizzativi identificati in precedenza. Lintroduzione di cambiamento deve tener conto della coerenza e della interconnessione delle
variabili. Cercate di individuare tutti i possibili effetti che le vostre raccomandazioni
possono produrre e verificate le possibili incongruenze che possono sorgere come
conseguenza dellattuazione delle vostre raccomandazioni. Provate a immaginare come
si propagano i cambiamenti nel sistema e ipotizzate delle contromosse.
Il risultato di questa indagine dovrebbe essere riassunto in una tabella simile a quella
riportata di seguito:

Problemi

Raccomandazioni

Problema # 1

Raccomandazione(i) per il problema # 1

Problema # 2

Raccomandazione(i) per il problema # 2

Problema # 3

Raccomandazione(i) per il problema # 3

necessario identificare prima i problemi e successivamente utilizzare il modello delle


7 S. Lobiettivo del modello delle 7 S avere un approccio sistemico riguardo ai
differenti fattori che rivestono unimportanza cruciale allinterno di unorganizzazione.
In questottica il modello delle 7 S deve essere utilizzato come una sorta di filtro per
separare i fattori importanti da quelli marginali. Quindi, necessario in primo luogo
sviluppare il modello delle 7 S per poi utilizzarlo nella selezione dei problemi legati ai
fattori su cui fa perno il modello stesso. Una volta identificati i problemi, ci si occuper
di risolverli attraverso soluzioni appropriate.
Il modello pu essere applicato anche a livello di singola unit organizzativa.

91

Domande di riepilogo capitolo 3


1. Cos la catena del valore?
2. Che differenza c tra attivit di supporto e attivit primarie?
3. Sai collocare le funzioni aziendali nella catena del valore?
4. Illustrare le principali attivit svolte dalle principali funzioni aziendali
5. Cosa significa, in campo organizzativo, il termine gerarchia? Come si pu
rappresentare la gerarchia?
6. Cosa si intende per struttura organizzativa?
7. Quali eventi possono comportare la necessit di modificare la struttura
organizzativa?
8. Illustra e commentare le principali differenze tra struttura organizzativa di
tipo meccanicistico e struttura organizzativa di tipo organicistico
9. Illustrare, anche attraverso esempi, quali sono i principali criteri di scelta
che danno origine ad una specifica tipologia di struttura organizzativa
10. Cosa si intende con il termine organigramma? Con il termine job
description?
11. Illustrare graficamente lo schema di una struttura organizzativa di tipo
funzionale e descrivere vantaggi e svantaggi di un tale tipo di struttura
12. Illustrare graficamente lo schema di una struttura organizzativa di tipo
divisionale per prodotto e descrivere vantaggi e svantaggi di un tale tipo di
struttura
13. Confrontare lo schema di una struttura organizzativa di tipo funzionale con
quello di tipo divisionale descrivendo vantaggi e svantaggi di entrambi.
14. Illustrare graficamente lo schema di una struttura organizzativa per progetto
e descrivere vantaggi e svantaggi di un tale tipo di struttura
15. Illustrare graficamente lo schema di una struttura organizzativa a matrice e
descrivere vantaggi e svantaggi di un tale tipo di struttura
16. In che senso la struttura organizzativa evolve? Quali sono le cause generali
di cambiamenti di struttura?
17. Sei in grado di delineare levoluzione tipica della struttura organizzativa di
unimpresa nel corso della sua crescita? Sai descrivere le caratteristiche
della struttura organizzativa in ciascuna fase?
18. Cosa intendono Waterman, Peters e Phillips quando affermano che la
struttura non lorganizzazione?

92

19. A quali variabili si riferiscono le S del modello di Waterman, Peters e


Phillips? Sai fornire una sintetica descrizione del significato di ciascuna
variabile?
20. Cosa si intende per coerenza tra le variabili organizzative?
21. Che significa che le tutte le S hanno pari dignit?
22. Che significa che le tutte le S sono interconnesse fra di loro?
23. Sai fornire esempi di coerenza/incoerenza organizzativa tra le variabili dello
schema delle 7 S?

93

4. La valutazione degli Investimenti

4.1 Il concetto di investimento industriale


Per investimento industriale, in senso lato, si intende unoperazione in virt della quale
limpresa acquisisce beni o servizi il cui impiego prevedibilmente procurer nel tempo
una prefigurata utilit (Lando, 1984)1.
Tale definizione abbraccia una lunga serie di possibili tipologie di investimenti
industriali che differiscono tra loro per vari motivi. Esempi di investimenti industriali
sono: lacquisizione, da parte di unaerolinea, di un nuovo aereo da trasporto da
utilizzare in sostituzione o in aggiunta ai velivoli esistenti; lintroduzione, in unimpresa
costruttrice, di un Flexible Manufacturing System (F.M.S)2, che sostituisce o si
aggiunge al parco macchine gi esistente, per la realizzazione di manufatti meccanici;
lintroduzione di un Material Requirement Planning (M.R.P.)3 che permette di
ottimizzare la gestione del flusso dei materiali e di ridurre le scorte in magazzino;
ladozione di una rete Electronic Data Interchange (E.D.I.)4 per migliorare la
circolazione delle informazioni con i clienti e i fornitori.
La definizione di investimento industriale mette in luce che un investimento legato a
tre implicazioni:
lutilit, ovvero il beneficio atteso dallinvestimento;
il tempo, vale a dire il periodo di durata dellinvestimento;
il rischio, cio il livello di incertezza legato ad unoperazione che richiede un
esborso iniziale contro un ritorno non sicuro ma probabile e, comunque, differito
nel tempo.
Nel seguito illustreremo sinteticamente le problematiche connesse a queste tre
implicazioni.

4.2 Le tre implicazioni di un investimento: utilit, tempo e rischio


4.2.1

Utilit

Lutilit il beneficio connesso allinvestimento. Tale beneficio non sempre


chiaramente percepito dallimpresa in quanto lintroduzione di una nuova tecnologia
pu avere una variet di implicazioni (maggiori ricavi, maggiori profitti, migliore
flessibilit, vantaggi strategici, ecc.) non facilmente visibili. Per chiarire questaspetto,
faremo ricorso a due esempi.
Lintroduzione di un nuovo aereo da trasporto pu assicurare allaerolinea una migliore
economicit, in termini di costi operativi sulle attuali rotte, ma pu anche garantire una
maggiore flessibilit, ovvero capacit di operare economicamente su rotte che

94

presentano diverse caratteristiche, in termini di distanza di collegamento e numero di


passeggeri da trasportare. In questo caso, lutilit del nuovo aereo consiste in una
maggiore economicit ed una migliore adattabilit dellaerolinea a possibili futuri
cambiamenti delle rotte. Se laerolinea, nel valutare lopportunit di introdurre la nuova
tecnologia, considerasse solo laspetto economico, potrebbe valutare non conveniente
sostituire il vecchio velivolo con quello nuovo, perdendo cos la possibilit di operare
efficientemente anche su tratte diverse, cosa che comporterebbe un possibile vantaggio
strategico rispetto ai concorrenti.
Un ulteriore esempio riguarda lintroduzione di un sistema per la gestione dei materiali
del tipo Material Requirement Planning. Tale tecnologia ha il principale obiettivo di
ridurre le scorte di magazzino ma pu anche garantire allimpresa un vantaggio in
termini strategici, in quanto permette di rispondere rapidamente ai cambiamenti della
domanda di mercato. Anche in questo caso limpresa potrebbe sottostimare il beneficio
dellinvestimento considerando solo laspetto economico, connesso alla riduzione delle
scorte e dei magazzini, trascurando i vantaggi di una maggiore flessibilit alla domanda.
4.2.2

Tempo

La seconda implicazione il tempo, ovvero la durata dellinvestimento. Per durata


dellinvestimento si intende la pi breve tra la vita fisica, la vita tecnica e quella
commerciale. Individuare la durata dellinvestimento importante perch da essa
dipende larco temporale dei benefici attesi e quindi la convenienza dellinvestimento.
Un investimento pu durare appena pochi mesi o avere durata pluriennale. Ad esempio
lacquisto di un velivolo da parte di unaerolinea un investimento che pu avere
implicazione anche ventennale poich il ciclo di vita operativo di un aereo raggiunge
mediamente i venti anni. Per contro lacquisto di un personal computer per una azienda
di software pu avere una vita operativa anche di pochi mesi in quanto il software
evolve velocemente e richiede macchine sempre pi potenti, per cui in poco tempo il
personal computer diventa tecnologicamente obsoleto.
4.2.3

Rischio

Un investimento unoperazione che richiede un esborso iniziale in cambio di un


possibile ritorno differito nel tempo. Un investimento , dunque, collegato ad un
possibile (ma non sicuro) sviluppo futuro, come tale richiama il concetto di incertezza e
di rischio. Il rischio condiziona la scelta dellinvestimento, in genere maggiore il
rischio maggiore deve essere la remunerazione dellinvestimento5. Non sempre facile
riconoscere il livello di rischio ad esso associato. In alcuni casi il livello di rischio
sembra molto basso, poi, il mutare delle condizioni tecniche e/o economiche durante il
periodo di vita dellinvestimento pu innalzarlo anche considerevolmente.
Ad esempio, alla fine degli anni ottanta le imprese subfornitrici del settore aeronautico
realizzarono grandi investimenti in macchine, attrezzature e risorse umane, per
potenziare le loro capacit produttive in vista di una domanda crescente da parte dei

95

grandi committenti. Una volta realizzato linvestimento, tutto sembrava procedere per il
verso giusto, la domanda di mercato cresceva e le imprese cominciarono ad
ammortizzare linvestimento fatto. Allinizio degli anni novanta, si verific un
repentino cambiamento dello scenario politico ed economico che restrinse drasticamente la domanda e, in pochi mesi, molte imprese cessarono le attivit ed altre
entrarono in crisi. Ancora oggi, le imprese sopravvissute attraversano una fase
drammatica poich alla grave situazione di mercato si aggiunge una debolezza
finanziaria dovuta agli investimenti realizzati alla fine degli anni ottanta.
Queste tre implicazioni (utilit, tempo e rischio) sono fra loro strettamente connesse e
possono intrecciarsi in una variet di possibili combinazioni. Esistono investimenti
estremamente rischiosi e con ritorni di lungo periodo (acquisto di un aereo da trasporto
da parte di unaerolinea), cos come esistono investimenti a basso rischio e con ritorni
nel breve periodo (forniture agro-alimentari). Il modo in cui utilit, tempo e rischio si
combinano condiziona anche lattrattivit dellinvestimento. Ad esempio, unimpresa si
orienter verso un investimento ad elevato livello di rischio solo in previsione di grandi
profitti e, a tale scopo, cercher di valutare accuratamente leffettivo ritorno economico
dellinvestimento. Se, invece, linvestimento riguarda una tecnologia in rapida
trasformazione, limpresa sar attratta solo se il periodo di recupero dellinvestimento
breve, a tal uopo cercher di valutare con accuratezza in quanto tempo le entrate
ripagheranno o almeno pareggeranno lesborso iniziale.
Dunque, il riconoscimento dei benefici, il tempo di durata e il livello di rischio associati
allinvestimento, influenzano sia lattrattivit dellinvestimento sia i criteri attraverso
cui limpresa ne valuta la convenienza. Per questo motivo nella letteratura si trova
unampia variet di metodi di valutazione degli investimenti industriali.
Nel prossimo paragrafo verranno presentati sinteticamente i tre principali approcci.

4.3

La valutazione degli investimenti industriali

I numerosi metodi di valutazione degli investimenti industriali sono sostanzialmente


riconducibili a tre principali approcci: quello tradizionale, quello strategico, quello
combinato che sposa lapproccio tradizionale e quello strategico.
Secondo lapproccio tradizionale, linvestimento pi conveniente quello che assicura
la massima redditivit. Per tale motivo, le tecniche di valutazione degli investimenti che
si sviluppano in questambito sono anche dette tecniche economico/finanziarie.
Lapproccio strategico, invece, riconosce come fondamento di una scelta di
investimento lesame della coerenza dellinvestimento con la collocazione strategica
dellazienda. Le tecniche di valutazione degli investimenti industriali che seguono
questo approccio vengono definite tecniche non finanziarie.
Il terzo approccio, che combina le caratteristiche dei primi due, quello pi recente.
Esso considera come fattori fondamentali per la valutazione degli investimenti sia la
redditivit che la coerenza strategica dellinvestimento con la missione dellimpresa. I

96

metodi utilizzati combinano le tecniche tradizionali con quelle basate sulla valutazione
strategica.
Per illustrare la differenza tra i tre approcci si fa ricorso allesempio di un investimento
relativo ad un sistema di produzione. In questo caso si pu affermare che, lapproccio
tradizionale considera che il mix produttivo, che deve processare il sistema di
produzione, sia fissato e quindi valuta linvestimento attraverso la convenienza
economica in quelle specifiche condizioni. Lapproccio strategico, invece, pone
laccento sulle opportunit strategiche che la nuova tecnologia offre allimpresa.
Lapproccio combinato, infine, pone particolare enfasi sulle possibilit di adattamento
del sistema allambiente esterno.
Nella tabella 4.1 sono indicati i tre approcci e, per ciascuno di questi, vengono
evidenziate alcune tecniche utilizzate per valutare la convenienza degli investimenti. Per
ogni tecnica sono riportati i principali punti di forza e di debolezza. Si va dalla tecnica
del periodo di recupero, utilizzata nellambito dellapproccio tradizionale, che
particolarmente semplice da utilizzare ma che non attualizza i flussi di cassa (ricavi
meno i costi) relativi allinvestimento e, quindi, non considera che essi hanno un diverso
valore nel tempo; ai metodi a punteggio, sviluppati allinterno dellapproccio strategico,
che propongono degli indici che hanno il vantaggio di sintetizzare la capacit di un
investimento di soddisfare le esigenze strategiche dellimpresa, ma che si basano su un
non oggettivo meccanismo a punteggio; alle nuove tecniche del valore attualizzato netto
modificato, che fanno parte dellapproccio combinato, il cui obiettivo di quantizzare
limpatto delle prestazioni tecniche sui flussi di cassa, ma hanno il difetto che
richiedono una notevole conoscenza della tecnologia che si valuta.

97

98

Combinato (che sposa i primi


due approcci)

Strategico
(non finanziario)

Approccio
Tradizionale
(economico/finanziario)

Attualizza i flussi di cassa.

Valore Attualizzato Netto.


Spesso indicato con NPV (Net
Present Value)
Tasso Interno di Rendimento o
Internal Rate of Return (IRR)
Il Metodo a Punteggio

Metodo delle Opzioni


Strategiche

Analisi del Vantaggio


Competitivo
Valore Attualizzato Netto
Modificato

Permette di confrontare il rendimento


dell'investimento con quello medio
dell'azienda o con un parametro
esterno.

Tasso di Remunerazione del


Capitale Investito, detto anche
Tasso di Rendimento Contabile
o Return on Investment ed
indicato con l'acronimo ROI.

Quantizza il valore delle opzioni


strategiche connesse all'investimento

Quantizza l'impatto delle potenziali


prestazioni strategiche sui flussi di
cassa.

Considera gli aspetti strategici.


Indice (punteggio) che sintetizza la
capacit della tecnologia di rispondere
alle esigenze strategiche dell'impresa.
Considera gli aspetti strategici.

Attualizza i flussi di cassa.

Punti di forza
Semplicit

Tecniche utilizzate
Periodo di Recupero
(Payback o Pay-out)

Difficolt nel determinare affidabili relazioni tra


prestazioni della tecnologia e obiettivi dell'impresa.
La variet dell'importanza degli obiettivi nel tempo
pu modificare il valore dell'indice.
Approccio molto qualitativo.
Stessi limiti del metodo a punteggio.
Necessaria una forte conoscenza della tecnologia che
si vuole valutare.
Modelli complessi che si riferiscono a specifici casi e
non facilmente trasferibili ad altre situazioni.
Necessaria una forte conoscenza delle possibili
opzioni strategiche derivante dall'investimento.

Trascura i vantaggi non monetari.

Punti di debolezza
Non considera i flussi di cassa successivi al periodo
di recupero.
Non attualizza i flussi di cassa.
Trascura il momento in cui si manifestano i flussi di
cassa.
Trascura i vantaggi non monetari.
Difficolt nel definire il periodo da prendere in
considerazione.
Non tiene conto della vita utile del progetto.
Possibilit di modificare il risultato cambiando la
politica degli ammortamenti.
Non tiene conto del valore del denaro nel tempo.
Trascura i vantaggi non monetari.
Criticit nella scelta del tasso di sconto da utilizzare.
Trascura i vantaggi non monetari.

Tabella 4.1 - Approcci alla valutazione degli investimenti industriali

Appendice A
Alcuni criteri di valutazione degli investimenti industriali

L'obiettivo di questa appendice quello di presentare sinteticamente i tre principali


approcci relativi alla valutazione degli investimenti industriali: l'approccio tradizionale
o economico/finanziario, secondo cui l'investimento pi conveniente quello che
assicura la massima redditivit; L'approccio strategico o non finanziario, che considera
come fondamento della scelta di un investimento l'esame della coerenza
dell'investimento con la strategia dell'azienda; l'approccio combinato che sposa
l'approccio tradizionale e quello strategico. Si rimanda alla bibliografia quanti
desiderano approfondire l'argomento.

A.1 L'approccio tradizionale


Si riportano quattro tecniche tradizionali comunemente utilizzate per la valutazione
degli investimenti industriali. Per ciascuna tecnica vengono indicati i punti di forza e di
debolezza ed proposto un esercizio3.
A.1.1 Il periodo di recupero

Il periodo di recupero (payback o pay-out) del capitale investito il tempo richiesto


affinch tutti i flussi di cassa (ricavi meno i costi, al netto delle tasse e a lordo degli
ammortamenti) ripaghino, o almeno pareggino, l'esborso iniziale. E' un parametro utile
in campi caratterizzati da rapida trasformazione tecnologica. Pu indicare il periodo
durante il quale l'investimento rappresenta un pericolo.
Esempio 1

Supponiamo che l'impresa Alfa stia valutando la possibilit di acquistare un centro di


lavoro che richiede un investimento iniziale di circa un miliardo. Tale cifra include il
costo della macchina e quello del software, i costi dell'attivit di formazione, i costi di
riorganizzazione, ecc. Con l'introduzione di tale centro di lavoro, l'impresa Alfa prevede
di incrementare i flussi di cassa come da tabella 1.

Questi appunti non si pongono l'obiettivo di una trattazione esaustiva delle tecniche di
valutazione degli investimenti industriali. A tal uopo si presentano solo alcune tecniche che hanno il
pregio di sintetizzare le principali problematiche connesse alla valutazione degli investimenti industriali.
Si rimanda alla bibliografia quanti desiderano approfondire l'argomento.

99

Tabella 1 - Flussi di cassa attesi relativi allutilizzo del centro di lavoro


Anno

Flusso di cassa annuo (milioni Lire)

-1000

200

300

400

600

400

300

200

Flusso di cassa netto

-1000

-800

-500

-100

500

900

1200

1400

(milioni Lire)

Nel primo anno, l'azienda recupera 200 dei 1000 milioni spesi per l'acquisto del centro
di lavoro, durante il secondo anno recupera altri 300 milioni che aggiunti ai 200 milioni
del primo anno fanno 500 milioni, al terzo anno si aggiungono ulteriori 400 milioni che
portano il recupero a 900 milioni. A questo punto l'impresa Alfa ha quasi recuperato
l'investimento iniziale, infatti mancano soltanto 100 milioni che riuscir a realizzare nei
primi due mesi del quarto anno4. Quindi il periodo di recupero risulter pari a quattro
anni e due mesi. Nel caso in cui i flussi di cassa non variano nel tempo possibile
utilizzare sinteticamente il rapporto:
PR= I/F

(1)

in cui:
PR= periodo di recupero
I= ammontare dell'investimento iniziale
F= flusso di cassa annuale
Esempio 2

L'azienda Beta a fronte di un investimento iniziale di 20 milioni per l'acquisto di un


computer prevede un incremento del flusso di cassa annuale di 5 milioni, come indicato
in tabella 2.
Utilizzando la (1) si ricava immediatamente che il periodo di recupero :
PR = 20/5=4 anni

La tecnica del periodo di recupero pu anche essere utilizzata per confrontare due
progetti alternativi. In questo caso verr scelto il progetto che osserva il periodo di
recupero pi breve.

Tabella 2 - Flussi di cassa attesi relativi allutilizzo del personal computer


Anno

Flusso di cassa annuo (milioni Lire)

-20

Flusso di cassa netto

-20

-15

-10

-5

10

15

(milioni Lire)

Si ipotizzato che i flussi di cassa del quarto anno siano divisi in maniera uniforme sui 12 mesi
che costituiscono l'anno solare. In realt ci non sempre vero, pur tuttavia, all'interno del livello di
approssimazione connesso alla tecnica del periodo di recupero tale ipotesi pu considerarsi accettabile.

100

Esempio 3

L'azienda Gamma deve scegliere tra due possibili investimenti che richiedono ciascuno
un esborso iniziale di lire 900 milioni ed a cui corrispondono i flussi di cassa indicati in
tabella 3.
La tecnica del periodo di recupero suggerisce all'impresa Gamma che l'investimento C
preferibile all'investimento D poich esso ha un periodo di recupero di tre anni contro i
quattro anni dell'investimento D.
In base alla tecnica del periodo di recupero due progetti di investimento che hanno lo
stesso periodo di recupero sono da considerare indifferenti.
Tabella 3 - Flussi di cassa attesi dagli investimenti C e D
Anno

Flusso di cassa annuo

Investimento C

-900

300

300

300

300

Flusso di cassa netto

Investimento C

-900

-600

-300

300

300

Flusso di cassa annuo

Investimento D

-900

400

200

200

100

Flusso di cassa netto

Investimento D

-900

-500

-300

-100

Esempio 4

L'impresa Delta posta di fronte alla scelta tra l'investimento E e l'investimento F che
ad un esborso iniziale di 600 milioni fanno corrispondere i flussi di cassa riportati in
tabella 4.
La tecnica del periodo di recupero suggerisce che i due investimenti sono equivalenti,
poich per entrambi il periodo di recupero di tre anni.
Tabella 4 - Flussi di cassa relativi agli investimenti E ed F
Anno

Flusso di cassa annuo

Investimento E

-600

100

200

300

400

100

Flusso di cassa netto

Investimento E

-600

-500

-300

400

500

Flusso di cassa annuo

Investimento F

-600

100

200

300

100

100

Flusso di cassa netto

Investimento F

-600

-500

-300

100

200

Dagli esempi fatti si evincono i principali punti di forza e di debolezza della tecnica del
periodo di recupero. Per quanto riguarda i punti di forza, appare evidente che questa
tecnica ha il pregio della semplicit e dell'immediatezza. Utilizzando il periodo di
recupero unimpresa ha immediatamente una prima idea del periodo che occorre per
recuperare l'investimento iniziale. Per quanto riguarda i punti di debolezza, essi sono
principalmente tre:
questa tecnica non considera tutti i flussi di cassa relativi all'investimento, in
particolare non considera i flussi di cassa successivi al periodo di recupero. Se si
considerassero questi flussi di cassa l'impresa Delta, dell'esempio precedente,

101

opterebbe per l'investimento E che nei cinque anni indicati in tabella 4, ha un flusso
di cassa positivo di 500 milioni contro i 200 milioni dell'investimento F;
non si attualizzano i flussi di cassa, quindi non si considera il valore del denaro nel
tempo. Ad esempio un milione di lire vale pi oggi che domani poich questa cifra
potrebbe essere investita e dare un certo rendimento;
si trascura il momento in cui si manifestano i flussi di cassa. Ad esempio a parit di
periodo di recupero indubbiamente preferibile un investimento che concentri i
flussi di cassa pi alti negli anni iniziali.

Esempio 5

L'impresa Epsilon deve scegliere tra l'investimento G e l'investimento H che presentano


le caratteristiche riportate nella tabella 5. indubbio che, anche se per la tecnica del
periodo di recupero i due investimenti sono equivalenti, essa opter per l'investimento H
in quanto i flussi di cassa pi alti si manifestano nei primi due anni.
Tabella 5 - Flussi di cassa attesi dagli investimenti G e H
Anno

Flusso di cassa annuo

Investimento G

-600

100

200

300

100

100

Flusso di cassa netto

Investimento G

-600

-500

-300

100

200

Flusso di cassa annuo

Investimento H

-600

300

200

100

100

100

Flusso di cassa netto

Investimento H

-600

-300

-100

100

200

A.1.2 Il tasso di remunerazione del capitale investito

Il tasso di remunerazione del capitale investito, detto anche tasso di rendimento


contabile oppure ROI (Return on Investment), uno degli indici che misurano il tasso di
redditivit. Il ROI generalmente definito come il rapporto fra la media degli utili
(profitti) generati da un investimento ed il capitale investito.
ROI =

Profitto medio
Investimento

(2)

Esempio 6

Limpresa Eta deve acquistare un FMS che richiede un investimento iniziale di 2,1
miliardi di lire. I flussi di cassa a lordo delle tasse, lammortamento annuo5 e lutile (al
lordo delle tasse ed al netto dellammortamento) sono riportati in tabella 6.
Il ROI risulter:
ROI = 300/2100= 14,3%

Per determinare l'ammortamento si considerato un periodo di sette anni ed una legge lineare,
conseguentemente all'investimento di 2100 milioni corrisponde un ammortamento annuo di 300 milioni.

102

Tabella 6 - Caratteristiche economiche del FMS


Anno

Flusso di cassa annuo

(milioni Lire)

500

600

700

700

600

600

500

Ammortamento annuo

(milioni Lire)

300

300

300

300

300

300

300

Utile

(milioni Lire)

200

300

400

400

300

300

200

La tecnica del ROI molto semplice e permette di confrontare il rendimento


dell'investimento proposto con quello medio dell'azienda o con un parametro esterno,
per esempio quello medio del settore. Un'impresa opter per un investimento solo se il
suo ROI risulter superiore a quello medio aziendale o a quello medio del settore.
Le perplessit relative a tale metodo derivano dai seguenti punti:
difficolt nel definire correttamente il periodo da prendere in considerazione;
non si tiene conto della vita utile del progetto;
possibilit di modificare il risultato cambiando la politica degli ammortamenti;
non tiene conto del valore del denaro nel tempo.
A.1.3 Il valore attualizzato netto

Si tratta del pi noto e forse del pi utilizzato criterio di valutazione degli investimenti
industriali. Sommando i flussi di cassa attualizzati (DCF=discounted cash flows),
ovvero scontati al costo del capitale, si ha il Valore Attualizzato Netto o NPV (Net
Present Value) che mette, quindi, in relazione i profitti futuri attesi con il costo
dell'investimento iniziale:
N

NPV =


i-1

CASHFLOW i
-I 0
(1+R) i

(3)

dove:
Io = investimento iniziale;
N = vita operativa stimata dell'investimento;
cash flowi = flussi di cassa all'anno i;
R (Discount rate) = tasso di sconto che permette di attualizzare i flussi di cassa;
1/(1+R)i = fattore di attualizzazione.

Tale tasso di sconto, in linea di massima, varia a seconda del settore e della particolare
impresa. Se NPV negativo l'azienda rifiuter l'investimento, se positivo esiste un
recupero dell'investimento fatto.

103

Esempio 7

L'azienda Theta sta valutando l'opportunit di acquistare un nuovo sistema di


produzione che richiede un investimento iniziale di 1 miliardo. Il costo medio ponderato
del capitale del 15%. L'ufficio tecnico prevede che la vita tecnica di tale investimento
sia di 5 anni e che i flussi di cassa saranno quelli indicati nella tabella 7.1.
Tabella 7.1 - Flussi di cassa relativi all'investimento dell'impresa Theta
Anno
Flusso di cassa

(milioni Lire)

350

450

400

200

100

Per determinare il NPV dell'investimento si costruisce una tabella in cui sono riportati
per ciascun anno il flusso di cassa, il fattore di attualizzazione (nel nostro caso nella
formula di attualizzazione si pone R uguale al costo del capitale 15%), i flussi di cassa
attualizzati e il NPV come somma dei flussi di cassa attualizzati.
Poich il NPV al quinto anno positivo (ed uguale a 72,0) l'investimento accettabile.
Tabella 7.2 - Net Present Value dell'investimento
Anno

Flussi di cassa

Fattore di
attualizzazione

Valori
Attualizzati

Valori Cumulati
(attualizzati)

-1000

1,000

-1000

-1000,0

350

0,870

304,5

-695,5

450

0,756

340,2

-355,3

450

0,658

263,2

-92,1

200

0,572

114,4

22,3

100

0,498

49,7

NPV=72,0

Esempio 8

L'ufficio acquisti dell'impresa Iota deve valutare l'opportunit di acquistare un sistema


di verniciatura computerizzato, il cui costo di 2 milioni. Le previsioni dell'ufficio
tecnico, relative alla vita della tecnologia ed ai possibili flussi di cassa, sono quelle
riportate nella tabella 8.1.

Tabella 8.1 - Flussi di cassa relativi al sistema di verniciatura computerizzato


Anno
Flusso di cassa

(milioni Lire)

500

500

500

500

500

In analogia all'esempio precedente, e considerando un costo del capitale del 15%, si


costruisce la tabella del Net Present Value.

104

Tabella 8.2 - Net Present Value del sistema di verniciatura computerizzato


Anno

Flussi di cassa

Fattore di
attualizzazione

Valori
Attualizzati

Valori Cumulati
(attualizzati)

2000

1,000

-2000

-2000

500

0,870

435

-1565

500

0,756

378

-1187

500

0,658

329

-858

500

0,572

286

-572

500

0,498

249

NPV=-323

In questo caso il NPV negativo (-323), quindi, i flussi netti di cassa non riescono a
ripagare l'investimento, questo significa che l'investimento da rifiutare.
La tecnica del NPV pu essere utilizzata per un confronto tra progetti alternativi. In tal
caso, a parit di ogni altra condizione, l'impresa opter per l'investimento che presenta il
valore migliore del NPV.

Esempio 9

L'impresa Kappa sta valutando l'opportunit di acquistare due nuovi sistemi di


produzione. Il primo sistema richiede un investimento di 1,2 miliardi (investimento A),
mentre il secondo di 2,1 miliardi (investimento B). Il costo medio ponderato del capitale
del 20%. I flussi di cassa per l'investimento A e B sono indicati nella tabella 9.1.
Tabella 9.1 - Flussi di cassa relativi agli investimenti A e B dell'impresa Iota
Anno

Flusso di cassa Investimento A

(milioni Lire)

500

400

500

300

200

100

Flusso di cassa Investimento B

(milioni Lire)

600

900

900

600

400

400

Si costruiscono le tabelle del NPV per i due investimenti.


Tabella 9.2 - Net Present Value dell'investimento A
Anno

Flussi di cassa

Fattore di
attualizzazione

Valori
Attualizzati

-1200

1,000

-1200

-1200

500

0,833

416,5

-783,3

400

0,694

277,6

-505,9

500

0,579

289,5

-216,4

300

0,482

144,6

-71,8

200

0,402

80,4

8,6

100

0,335

33,5

NPV = 42,1

Tabella 9.3 - Net Present Value dell'investimento B

105

Valori Cumulati
(attualizzati)

Anno

Flussi di cassa

Fattore di
attualizzazione

Valori
Attualizzati

Valori Cumulati
(attualizzati)

-2100

1,000

-2100

-2100

600

0,833

499,8

-1600,2

900

0,694

624,6

-975,6

900

0,579

521,1

-454,5

600

0,482

289,2

-165,3

400

0,402

160,8

-4,5

400

0,335

134,0

NPV = 129,5

Poich al sesto anno il NPV dell'investimento A (NPV=42,1) inferiore a quello


relativo all'investimento B (NPV=129,5), l'impresa opter per il secondo investimento.
E' importante sottolineare che il valore attualizzato dei flussi di cassa dipende dal tasso
R utilizzato. Pi alto il valore di R utilizzato, minori saranno i valori attualizzati dei
flussi futuri.
Esempio 10

Si riconsideri la scelta dell'investimento dell'esempio 9 supponendo che il costo medio


del capitale per l'impresa Kappa sia del 15% anzich del 20% come in precedenza.
Si ricostruiscono le tabelle del NPV per i due investimenti.
Tabella 10.1 - Net Present Value dell'investimento A
Anno

Flussi di cassa

Fattore di
attualizzazione

Valori
Attualizzati

Valori Cumulati
(attualizzati)

-1200

1,000

-1200

-1200

500

0,870

435

-765,0

400

0,756

302,4

-462,6

500

0,685

342,5

-120,1

300

0,572

171,6

51,5

200

0,498

99,6

151,2

100

0,432

43,2

NPV = 194,3

Tabella 10.2 - Net Present Value dell'investimento B


Anno

Flussi di cassa

Fattore di
attualizzazione

Valori
Attualizzati

Valori Cumulati
(attualizzati)

-2100

1,000

-2100

-2100

600

0,870

522,0

-1578

900

0,756

680,4

-897,6

900

0,685

592,2

-305,4

600

0,572

343,2

37,8

400

0,498

199,2

237,0

400

0,432

172,8

NPV = 409,8

106

Come si vede, i valori attuali netti dei due investimenti sono aumentati. Il NPV
dellinvestimento A passato da 42,1 a 194,3 mentre quello dellinvestimento B
cresciuto da 129,5 a 409,8. Il NPV un indicatore sensibile al tasso di sconto ed alle sue
variazioni. Una sua non corretta stima potrebbe comportare un grave errore nella
valutazione dellinvestimento o peggio, nel caso di confronto tra diverse tecnologie,
orientare limpresa verso un investimento che in realt non affatto la soluzione pi
conveniente. La scelta del valore del tasso di sconto R da utilizzare nella valutazione del
NPV un'operazione critica che dipende dalla specificit del caso trattato. Ad esempio,
se l'azienda nuova, si potrebbe utilizzare il tasso medio di remunerazione del capitale
nel settore in cui deve operare l'impresa. Se l'azienda gi esistente, si potrebbe
utilizzare il tasso di remunerazione del capitale dell'impresa. Infatti, molto probabile, a
meno che l'investimento non sia obbligato da fattori strategici, che l'impresa si orienti
verso investimenti che migliorino il tasso di remunerazione del capitale dell'impresa.
A.1.4 Il tasso interno di rendimento

Il tasso interno di rendimento (IRR=Internal Rate of Return) di un progetto di


investimento definito come quel tasso di sconto che rende uguali il valore attualizzato
dei flussi di cassa attesi a quelli dell'investimento iniziale. Esso quindi quel tasso di
sconto che verifica la condizione NPV=0.
Ovviamente, a meno di motivi strategici, il valore dell'IRR deve essere maggiore del
costo del denaro. In termini analitici si ha:
N

NPV =


i-1

CASHFLOW i
-I 0 = 0
(1+R) i

Considerando il cash flow medio o i cash flow costanti:


N

CF .

1
 (1+IRR)
i

-I 0 = 0

i-1

ovvero:
N

CF .

1
 (1+IRR)
i

= I0

i-1

Sostituendo alla progressione geometrica la sua somma si ottiene:


CF .

(1+IRR)N - 1
= I0
IRR . (1+IRR)N

da cui:
CF
=
I0

IRR
1
1(1+IRR)N

107

Nella formula i termini noti sono: il valore dell'investimento iniziale (Io), i valori dei
flussi di cassa per ciascun anno (Cash Flow), la durata dell'investimento (N).
L'incognita rappresentata da IRR.
Il valore dell'IRR si individua per tentativi. Ad un progetto di investimento si applica un
tasso di sconto e si determina il NPV, se questo diverso da zero si modifica il tasso di
sconto finch si ottiene il tasso al quale il progetto in pareggio, ovvero NPV eguale a
zero (Figura 1). Il valore finale del tasso ottenuto il tasso interno di rendimento del
capitale investito nel progetto.

R=X

Calcolo
NPV

=0

IRR=R

<0

>0

R= X - D

R= X + D

Figura 1 - Schema per determinare il valore di IRR

Per chiarire il metodo di determinazione di IRR ricorriamo ad un esempio.


Esempio 11

Determinare il tasso interno di rendimento di un aereo da trasporto il cui costo di 40


miliardi di lire ed a cui corrispondono dei flussi di cassa annui di 8,5 miliardi di lire. Si
supponga che la vita operativa del velivolo sia di 20 anni. Il problema consiste nel
trovare quel valore di R che annulli il NPV. Utilizzando lo schema di figura 1 e
ponendo inizialmente R=15% si ricava un valore del NPV=13,2 miliardi di lire.
Aumentando R al 25% si ottiene NPV= -6,39. Dopo alcuni tentativi (Fig. 2) si converge

108

verso il valore di R che rende NPV=0, ovvero R=20,76. Tale valore deve risultare
almeno superiore al costo del capitale affinch l'investimento sia accettabile6.
La tecnica dellIRR consente di confrontare, a parit di ogni altra condizione, diversi
investimenti. Linvestimento migliore risulter quello a cui corrisponde il pi alto
valore dellIRR. Riprendendo il caso dell'impresa Kappa (esempio 9) il problema
potrebbe essere risolto attraverso la tecnica dell'IRR. In questo caso il tasso interno di
rendimento dell'investimento B (IRRB=22,7) risulta maggiore di quello
dell'investimento A (IRRA=21,7), ci conferma la scelta dell'investimento B, cos come
emerso con la tecnica del NPV.

NPV=12,3

R=15

R=21

NPV=-0,415

NPV=0,018

R=20,75

NPV=-0,0

R=20,76

R=20,8

NPV=-0,067

R=25

NPV=-6,39

Figura 2 - Determinazione del Tasso Interno di Rendimento

Si pu includere nell'analisi un tasso di protezione contro il rischio ponendo la condizione IRR x


r > costo del capitale, dove r il fattore di rischio.

109

A.1.5 Limiti delle tecniche tradizionali

Le tecniche tradizionali di valutazione degli investimenti industriali hanno quasi tutte il


pregio della semplicit ed il vantaggio di ricondurre il problema della valutazione
dell'investimento ad un problema di convenienza economica. Tuttavia, essi non
considerano gli attributi non monetari che sono invece molto importanti7. Alcuni esempi
di attributi non monetari sono:
1) Flessibilit = rapidit di risposta ai cambiamenti (tecnici ed economici).
2) Espandibilit = possibilit di rimuovere e/o aggiungere componenti nuovi al
sistema senza disturbare le normali operazioni.
3) Affidabilit = capacit di operare con minime interruzioni dovute a rotture o danni.
4) Integrit = capacit di minimizzare la trasmissione degli errori.
5) Sicurezza = protezione da eventuali alterazioni da parte di personale non
specializzato.
6) Funzionalit = minimizzare i tempi di risposta e di attesa.
7) Accessibilit = facilit di accesso per la manutenzione.
8) Gestibilit = minimizzare il numero di tecnici specializzati per ciascuna macchina.
9) Integrazione = capacit di interagire con altre tecnologie e con altri sistemi.
10) Livello di rischio = minimizzare il rischio dell'investimento.
Utilizzare le tecniche tradizionali di valutazione degli investimenti industriali per
confrontare due tecnologie equivale ad ipotizzare implicitamente che gli attributi non
monetari delle diverse tecnologie abbiano lo stesso impatto o un impatto trascurabile
sull'impresa.
Fino a qualche anno fa questa ipotesi appariva valida poich le vecchie tecnologie e
quelle che le sostituivano appartenevano alla stesso paradigma tecnologico e quasi
sempre avevano benefici intangibili simili e, pertanto, differenze trascurabili8. Con la
diffusione delle tecnologie dell'informazione il peso dei benefici intangibili cresciuto
ed il loro impatto sulle prestazioni aziendali diventato troppo importante per essere
trascurabile. Infatti, le nuove tecnologie migliorano la qualit del prodotto, i tempi di
risposta al mercato e, con limitato incremento dei costi, il livello di personalizzazione
dei prodotti. Queste caratteristiche delle nuove tecnologie aggiungono valore al
7

Tali attributi danno una serie di benefici dei quali solo alcuni sono quantificabili facilmente in
valori monetari. Questo il motivo per cui spesso tali benefici sono denominati benefici intangibili. E'
difficile pervenire ad una esaustiva quantificazione dei benefici intangibili, data l'intrinseca difficolt e
complessit di un siffatto compito. Esistono per delle possibilit di stimare indirettamente l'impatto
economico di tali benefici. Ad esempio, il fatto di avere una pi motivata forza lavoro pu essere
misurato in termini di risparmio sul costo dell'assenteismo. Cos come i benefici relativi alla qualit
possono essere espressi attraverso il valore economico della riduzione dei componenti difettosi.
8
In realt, alcuni autori ritenevano non necessaria un'analisi delle variabili intangibili, soprattutto
perch si pensava che qualsiasi stima non sarebbe stata completamente esatta; si pu, per, obiettare che
il non considerare i benefici intangibili equivale a porli in ogni caso uguali a zero, fornendo quindi una
stima errata dell'investimento (Seamans, 1987).

110

prodotto, influenzano positivamente la quota di mercato dell'impresa e, pi in generale,


rappresentano una fonte di vantaggio competitivo. Tutto questo significa che se i
benefici intangibili non vengono considerati nell'analisi dell'investimento si sottostima il
potenziale vantaggio strategico conseguente alla loro adozione.
Per tali motivi molti autori considerano l'uso delle tecniche tradizionali per valutare gli
investimenti industriali controproducenti e suggeriscono la loro sostituzione con
tecniche non finanziarie. Nel prossimo paragrafo illustreremo sinteticamente queste
ultime evidenziando i punti di forza e di debolezza.

A.2 L'approccio strategico


Quest'approccio suggerisce di affrontare l'analisi dell'investimento industriale come un
tipico problema multi-obiettivo dove la profittabilit solo uno degli elementi da
considerare nella decisione, assieme a obiettivi di tipo strategico. Due sono le principali
tecniche proposte dalla letteratura: il metodo a punteggio e l'analisi del vantaggio
competitivo. Nei prossimi due paragrafi illustreremo sinteticamente queste due tecniche.
A.2.1 Il metodo a punteggio

un metodo orientato al risultato che trova larga applicazione soprattutto nella pratica
aziendale. Il metodo si basa sulla determinazione di un indice (punteggio) che sintetizza
la capacit della tecnologia di rispondere alle esigenze strategiche dell'impresa.
L'indice viene costruito in tre fasi:

vengono definiti gli obiettivi e la loro importanza relativa. A ciascun obiettivo "i"
(flessibilit, efficienza, qualit, tempi di risposta, ecc.) assegnato un peso
normalizzato ai che rappresenta la sua importanza relativa. In tal modo si costruisce
il vettore importanza degli obiettivi A=(a1, a2, , an);

all'investimento "j" associato un vettore Tj = (tj,1, tj,2, , , tj,n) in cui ciascuna


coordinata rappresenta la capacit di risposta della tecnologia "j" all'obiettivo "i".
Per tale motivo Tj lo chiameremo vettore prestazioni della tecnologia "j" rispetto
agli obiettivi A;
il punteggio finale dell'investimento j determinato da un indicatore Pj che tiene
conto del vettore importanza degli obiettivi Ae del vettore prestazioni della
tecnologia Tj. Generalmente si utilizza il prodotto scalare Pj =
x Tj, ovvero la
somma pesata dei punteggi assegnati alla tecnologia Tj:

Pj =

ai T ji

In accordo al criterio utilizzato, pi alto il valore di Pj migliore l'adattamento della


tecnologia Tj agli obiettivi dell'impresa. Conseguentemente, dovendo scegliere tra
diversi possibili investimenti, l'impresa sceglier quello che ottiene il massimo valore
del punteggio fra tutte le tecnologie considerate.

111

Esempio 12

L'impresa Omega deve acquistare una nuova macchina di lavorazione. L'impresa ha


individuato il vettore importanza degli obiettivi A (flessibilit, sicurezza, economicit,
integrit) a cui ha associato i seguenti valori A (0.2; 0.7; 0.3; 0.9). La scelta fra tre
diverse tecnologie presenti sul mercato che indichiamo con T1, T2 e T3. L'ufficio
tecnico dell'impresa Omega ha valutato il vettore delle prestazioni delle tre tecnologie:
T1 = (8, 2, 5, 7)

T2 = (8, 8, 3, 4)

T3 = (2, 7, 6, 8)

Per il calcolo del punteggio P da associare alle tre tecnologie si costruisce la tabella 12.1
dalla quale emerge che la tecnologia T3 risulta la pi idonea agli obiettivi dell'impresa
Omega in quanto realizza un totale di 14,3 punti rispetto agli 11,7 della tecnologia T2 e
ai 10,8 della T1.
Tabella 12.1 - Calcolo del punteggio P delle tre tecnologie T1, T2 e T3
Flessibilit

Sicurezza

Econom.

Integrit

Punteggio
totale

Importanza dell'obiettivo

0,2

0,7

0,3

0,9

Prestazioni tecnologia T1

P1 =10,8

Prestazioni tecnologia T2

P2 =11,7

Prestazioni tecnologia T3

P3 =14,3

Dall'esempio emergono anche i limiti del metodo a punteggio:

l'impresa pu non essere in grado di stabilire affidabili relazioni fra prestazioni


della tecnologia e obiettivi dell'impresa. Quando ci si verifica non si in grado di
determinare il vettore prestazioni della tecnologia;

l'impresa in quanto sistema complesso ha una variet di obiettivi tra loro non
indipendenti, il rischio quello di considerare parzialmente pi volte lo stesso
obiettivo. Ad esempio, l'obiettivo sicurezza potrebbe essere in parte incluso nella
integrit, in tal caso, considerare entrambi equivarrebbe a far pesare due volte la
stessa variabile;

l'impresa pu avere difficolt nel determinare in maniera oggettiva il vettore


importanza degli obiettivi;
la variet dell'importanza degli obiettivi nel tempo pu modificare il valore dei pesi
assegnati ai diversi obiettivi.

Per illustrare i limiti di questo approccio, si riconsideri il caso dell'impresa Omega. Si


supponga che ad un riesame dell'importanza degli obiettivi i tecnici dell'impresa
modifichino i pesi da assegnare a ciascun obiettivo. Sia A (0.5; 0.8; 0.3; 0.6) il nuovo
vettore degli obiettivi. Ripercorrendo lo schema precedente si costruisce la tabella 12.2.
Il nuovo risultato suggerisce di optare per la tecnologia T2 mentre con i precedenti pesi
si preferiva la tecnologia T3.

112

Tabella 12.2 - Calcolo del punteggio P delle tre tecnologie T1, T2 e T3


Flessibilit

Sicurezza

Econom.

Integrit

Punteggio
totale

Importanza dell'obiettivo

0,5

0,8

0,3

0,6

Prestazioni tecnologia T1

P1 =11,3

Prestazioni tecnologia T2

P2 =13,7

Prestazioni tecnologia T3

P3 =13,2

A.2.2 Analisi del vantaggio competitivo

un metodo di valutazione degli investimenti industriali molto qualitativo. Esso


considera che l'analisi dei vantaggi competitivi consentiti dai nuovi investimenti
dovrebbe essere privilegiata rispetto alle mere valutazioni di tipo economico finanziarie.
Quest'approccio suggerisce di giustificare un investimento in base alla sua capacit di
soddisfare l'obiettivo strategico dell'impresa.
Se, ad esempio, l'impresa persegue una strategia di diversificazione produttiva, la
tecnologia pi efficace dovrebbe essere quella che assicura il pi ampio mix produttivo.
Evidenti appaiono i limiti di questo approccio riguardo il problema della scelta:

come gi si sottolineato per il metodo a punteggio, l'impresa spesso incapace di


stabilire una precisa relazione tra prestazione della tecnologia e obiettivo
dell'impresa;
l'impresa un sistema complesso che spesso ha una variet di obiettivi. In tal caso,
ciascuna tecnologia pu avere differenti impatti sui diversi obiettivi aziendali.

A partire da quest'approccio si sono sviluppate numerose tecniche tra cui quella


dell'opzione strategica. Questa tecnica parte dalla considerazione che l'introduzione di
una nuova tecnologia pu essere fonte di apprendimento e di esperienza da parte di
un'impresa (Kester, 1984). Quindi, l'introduzione di una nuova tecnologia pu dare
all'impresa la possibilit di esplorare nuove opportunit che non sarebbero altrimenti
disponibili. Secondo questa tecnica, l'investimento pi idoneo va considerato valutando
anche le opportunit strategiche che esso offre all'impresa9. Il concetto di opzione
strategica appare di grande utilit quando si confrontano due tecnologie con
caratteristiche differenti, come ad esempio una tecnologia tradizionale rispetto ad una
tecnologia assistita dal calcolatore. Le prime sono generalmente pi economiche ma
rigide poich anche quando sono automatizzate si tratta di tecnologie dedicate, le
seconde sono pi costose ma caratterizzate da automazione flessibile che le rende pi
idonee a rispondere ai cambiamenti della domanda di mercato. Quindi, esse offrono
all'impresa che le adotta un'opzione strategica che le tecnologie tradizionali non sono in
grado di dare. Questa tecnica suggerisce che fra le tecnologie tradizionali e quelle
nuove, le imprese dovrebbero scegliere queste ultime poich offrono loro delle opzioni
strategiche che possono aprire nuove possibilit.
9

Il tentativo di determinare il valore economico delle opzioni strategiche fa inserire questa tecnica
all'interno dell'approccio del Net Present Value modificato (Azzone, Bertel, 1991).

113

A.3 L'approccio combinato


Secondo una tendenza pi recente, la valutazione di un investimento non deve essere
fondata solo sull'aspetto di tipo economico-finanziario ma anche sull'esame della
coerenza dell'investimento con la strategia dell'impresa. In linea con quest'approccio,
negli ultimi anni, si sono diffuse una serie di tecniche che sposano l'approccio
tradizionale (finanziario) con quello strategico (non finanziario). Quasi tutte queste
nuove tecniche si basano sui seguenti presupposti:

l'investimento pi coerente con il posizionamento strategico dell'azienda quello


che garantisce la massima redditivit;
la profittabilit di un investimento non dipende solo dal mix iniziale, ma anche
dalla sua dinamica, cio dal posizionamento strategico dell'azienda;
I flussi di cassa utilizzati per calcolare la redditivit dell'investimento vanno
espressi in funzione del posizionamento strategico dell'impresa.

Diversi sono i metodi proposti per la valutazione delle variabili, economiche e


strategiche, per la costruzione di modelli che integrino i due tipi di risultati in un unico
valore, qualitativo o quantitativo10.
Un approccio molto fertile sembra essere quello del Net Present Value modificato
(Azzone, Bertel, 1991). Tale approccio parte dal presupposto che il problema non se
usare o meno le tecniche finanziarie, quanto il modo in cui tali tecniche sono impiegate.
Se il problema non nelle tecniche finanziarie ma nella loro applicazione allora
necessario esplicitare come le prestazioni di tipo strategico hanno effetto sui flussi di
cassa dell'impresa. Quest'approccio si pone quindi il problema di quantizzare i benefici
intangibili, il che equivale a far passare alcuni benefici da intangibili a tangibili
misurandone l'effetto sui flussi di cassa dell'impresa.
Numerosi sono i lavori che mostrano come alcuni benefici intangibili possano diventare
tangibili. Ad esempio Kaplan (1986) ha evidenziato come la qualit che deriva
dall'utilizzo dei sistemi CIM11 (qualit di conformit e la riduzione degli scarti e delle
rilavorazioni) ha un valore quantificabile e quindi tale beneficio non intangibile ma
tangibile e come tale va utilizzato nelle analisi finanziarie di valutazione di un
investimento industriale del tipo CIM.
Un altro esempio quello relativo all'automazione flessibile. Azzone e Bertel (1991)
hanno evidenziato come la flessibilit ha un valore economico. Attraverso un modello
dinamico i due autori sono riusciti a determinare un criterio di valutazione del valore
economico della flessibilit nel caso dell'automazione flessibile.
Queste nuove tecniche hanno, dunque, il vantaggio di conciliare le tecniche tradizionali
di valutazione degli investimenti con quelle relative al posizionamento strategico delle
imprese in quanto un differente posizionamento strategico in termini di qualit, tempi di
attraversamento, flessibilit, si riflette sui differenti valori dei flussi di cassa generati
dall'investimento.
10
11

Per una trattazione su quest'approccio si rimanda ai contributi di Azzone e Bertel (1990, 1991)
CIM l'acronimo di Computer Integrated Manufacturing

114

I principali limiti di quest'approccio sono riconducibili ai seguenti:

per tradurre i benefici intangibili in tangibili necessaria un'approfondita


conoscenza della tecnologia che si vuole valutare;
lo sviluppo di modelli riconducibili a quest'approccio richiede sia conoscenze
economico-finanziarie sia conoscenze tecnico-ingegneristiche;
quasi tutte le tecniche sviluppate si riferiscono a specifici casi e non sono
facilmente trasferibili ad altre situazioni;
anche se l'approccio concettualmente semplice, quasi tutte le tecniche sviluppate
all'interno di tale approccio sono particolarmente complesse poich richiedono un
consistente costrutto teorico ed empirico.

Nonostante questi limiti, negli ultimi anni si sono sviluppate numerose tecniche
riconducibili a quest'approccio. Per quanto ci interessa il capitolo 5 interamente
dedicato allo sviluppo di un modello di valutazione della tecnologia nel settore del
trasporto aereo che si colloca nell'ambito di questo filone di analisi.

115

Bibliografia

Capitolo 1
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