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Prolusione all'VIII Forum del "progetto culturale" della Chiesa italiana, Roma, 2
marzo 2007
di Camillo Ruini
1. Vorrei accennare anzitutto agli orientamenti e ai compiti emersi per il
"progetto culturale" dal Convegno di Verona. Subito dopo aver proposto il
fondamentale obiettivo di allargare gli spazi della nostra razionalit, e in concreto
di riaprirla alle grandi questioni del vero e del bene e di coniugare tra loro la
teologia, la filosofia e le scienze, nel pieno rispetto dei loro metodi propri e della
loro reciproca autonomia come avventura affascinante nella quale merita
spendersi per dare nuovo slancio alla cultura del nostro tempo e per restituire in
essa alla fede cristiana piena cittadinanza , Benedetto XVI ha affermato che il
progetto culturale della Chiesa in Italia senza dubbio, a tal fine, unintuizione
felice e un contributo assai importante. Sono parole molto impegnative e
responsabilizzanti, che collocano il progetto culturale nel quadro del grande
servizio che lItalia chiamata a rendere allEuropa e al mondo e che implicano
una profonda continuit con le espressioni fondamentali del discorso di Giovanni
Paolo II al Convegno di Loreto citate dallo stesso Benedetto XVI allinizio del
discorso di Verona sulla fiducia di poter operare affinch la fede in Ges Cristo
continui ad offrire, anche agli uomini e alle donne del nostro tempo, il senso e
lorientamento dellesistenza ed abbia cos un ruolo guida e unefficacia trainante
nel cammino della nazione verso il suo futuro.
Questo compito, culturale nel senso pi specifico e pi alto (del fare cultura,
anzitutto al livello delle intuizioni e delle idee portanti), sta dentro al compito
globale del grande s che in Ges Cristo Dio ha detto alluomo e alla sua vita,
allamore umano, alla nostra libert e alla nostra intelligenza e che rappresenta il
modello fondamentale dellevangelizzazione e della pastorale proposto da
Benedetto XVI, oltre che naturalmente dello stesso progetto culturale. Questo
grande s il papa lo ha presentato e articolato come forte unit tra una fede
amica dellintelligenza e una prassi di vita caratterizzata dallamore reciproco e
dallattenzione premurosa ai poveri e ai sofferenti, unit che, oggi come nei
primi secoli, la chiave dellefficacia della missione cristiana nel mondo.
In concreto, il cammino del progetto culturale si collega strettamente alla
novit, non soltanto metodologica, che il Convegno di Verona ha proposto, sia
nella sua preparazione che nel suo svolgimento, e che consiste nellarticolazione
in cinque ambiti di esercizio della testimonianza (la vita affettiva e la famiglia, il
lavoro e la festa, leducazione e la trasmissione della cultura, la povert e la
malattia, i doveri e le responsabilit della cittadinanza): ciascuno di questi ambiti
assai rilevante per lesistenza umana e tutti confluiscono nellunit della
persona e della sua coscienza. Questa novit pertanto non solo adatta la
pastorale allattuale contesto socio-culturale, ma corrisponde allindole profonda
della filosofia della storia, essa comincia infatti a dubitare della forza
motivazionale delle sue buone ragioni.
Qual per il tipo di alleanza che Habermas propone? Non ambigui
compromessi tra ci che resta inconciliabile, ossia tra la prospettiva
antropocentrica della ragione moderna e quella derivante dal pensiero
geocentrico e cosmocentrico. Se le due ragioni o coscienze vogliono davvero
parlare luna con laltra (e non solo luna dellaltra), le religioni devono
riconoscere lautorit della ragione naturale (le virgolette sono di Habermas),
vale a dire i fallibili risultati delle scienze nonch i principi universalistici
dellegualitarismo giuridico, mentre la ragione secolare non deve impancarsi a
giudice delle verit religiose, anche se resta vero che essa, da ultimo, accetta per
ragionevole soltanto ci che si mostra traducibile nei suoi discorsi, che
devono essere, almeno idealmente, accessibili a tutti. In concreto si tratta di una
ragione che la scienza moderna ha costretto a sbarazzarsi per sempre della
metafisica, limitando la filosofia alle sole competenze generali dei soggetti di
conoscenza, linguaggio e azione. stata spezzata pertanto, secondo Habermas,
la sintesi di fede e ragione costruita a partire da S. Agostino fino a S. Tommaso.
La filosofia moderna ha saputo cos appropriarsi criticamente delleredit del
pensiero greco (cio appunto anzitutto della metafisica), ma ha drasticamente
respinto da s il sapere giudaico-cristiano della salvezza, ossia la rivelazione e la
religione. Non si tratta di incollare adesso questo strappo, ma di capire che la
ragione secolare supererebbe lattuale opacit del proprio rapporto con la
religione se prendesse sul serio quellorigine comune di filosofia e religione che
rinvia alla rivoluzione dellimmagine del mondo che accadde a met del primo
millennio avanti Cristo. Solo comprendendo entrambe le tradizioni che risalgono
ad Atene e a Gerusalemme come facenti sostanzialmente parte della propria
genesi storica, la ragione secolare potr comprendere pienamente se stessa e i
suoi figli (Habermas intende sia i credenti sia i non credenti) potranno accordarsi
circa la loro identit e posizione nel mondo.
Su queste basi, nellultima parte del suo articolo, Habermas critica il discorso di
Regensburg, con il quale Benedetto XVI avrebbe dato una piega
sorprendentemente antimoderna al dibattito su ellenizzazione o deellenizzazione
del cristianesimo, e in tal modo una risposta negativa alla domanda se i teologi
cristiani debbano sforzarsi di venire a capo delle sfide suscitate da una ragione
moderna e dunque postmetafisica. Richiamandosi alla sintesi di metafisica greca
e fede biblica elaborata a partire da Agostino fino a Tommaso, Benedetto XVI
negherebbe la bont delle ragioni che hanno prodotto nellEuropa moderna una
polarizzazione tra fede e sapere. Per quanto egli affermi di non voler tornare
dietro lilluminismo e congedarsi dalle scienze moderne, mostra tuttavia di
voler respingere la forza degli argomenti contro cui quella sintesi metafisica ha
finito per infrangersi. Habermas conclude che non gli sembra vantaggioso
mettere tra parentesi escludendole dalla genealogia di una ragione comune
di credenti, non credenti e altrimenti credenti quelle tre spinte di
dicevo, solido quel punto di partenza che J. Ratzinger Benedetto XVI ha posto
alla base di una tale speranza e dei percorsi che potrebbero scaturire da essa.
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2.3.2007