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a di Pisa
` DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI
FACOLTA
Corso di Laurea Triennale in Matematica
Candidato:
Relatore:
Alessandro Malus`
a
Chiarissimo prof.
Riccardo Benedetti
Sommario e convenzioni
Il mio obiettivo in questo lavoro stato quello di approfondire un argomento
che non solo fosse interessante di per s, ma che si prestasse anche ad applicazioni alla fisica. Con gli strumenti acquisiti in questo percorso mi stato
possibile formalizzare in maniera per cos dire pulita alcuni problemi classici
della meccanica trattata nei corsi di base e affrontare argomenti pi avanzati
dellelettrodinamica nel contesto della meccanica quantistica.
Nel primo capitolo affronto le propriet fondamentali dei fibrati su una variet M , ponendo particolare attenzione ai due principali punti di vista possibili:
luno globale, laltro locale. Nel primo, la struttura rappresentata da una mappa di proiezione definita su uno spazio totale E a valori in M con delle propriet
di banalizzazione per certi aspetti molto simili a quelle dei rivestimenti. Il secondo, invece, consiste nella ricostruzione del fibrato per mezzo di incollamenti
di insiemi della forma U F , dove U aperto in M , secondo le regole imposte
dalle mappe di transizione. Un aspetto molto importante, trattato alla fine, la
possibilit di ricondurre qualsiasi fibrato a uno principale che ne riassume molte
propriet. Questo oggetto permette gi di dare una formulazione compiuta ai
problemi di corpo rigido.
Passo poi alle connessioni, trattando prima quelle affini su variet generiche
e passando poi a quelle su fibrati principali. Le prime generalizzano a variet
qualsiasi la nozione di derivata covariante, gi affrontata durante i corsi, come un
oggetto che consente di formalizzare consistentemente lidea che un dato campo
vettoriale sia parallelo lungo una direzione, ed eventualmente di valutarne le
variazioni: in questo modo possibile dare una formulazione del principio
dinerzia anche per ambienti diversi da quello usuale di Rn . Nel contesto dei
fibrati principali viene introdotto uno strumento simile, espresso in due possibili
modi equivalenti: tramite unopportuna distribuzione o una 1-forma a valori
in unalgebra di Lie, richiedendo in entrambi i casi delle buone propriet di
traslazione. Vengono definiti i sollevamenti paralleli e lolonomia. Tutto questo
viene affrontato con una particolare attenzione per le regole di trasformazione
delle rappresentazioni locali degli oggetti in analisi: questo sar un punto chiave
nellaffrontare le applicazioni a problemi fisici avanzati.
Nel capitolo successivo approfondisco la nozione di curvatura, accennata
nello studio delle derivate covarianti, estendendola al caso delle connessioni su
fibrati principali. In termini della forma differenziale ad essa associata possibile
parlare di fibrati piatti, cio a curvatura nulla, e dimostrare che, in questo
caso, la distribuzione associata alla connessione integrabile. In questo modo
risulta ben definita una foliazione dello spazio totale, che consente di definire
un opportuno rivestimento di M che lega lolonomia allomotopia dello spazio.
SOMMARIO E CONVENZIONI
Tutto questo viene impiegato nellultima parte per costruire un modello per
lelettrodinamica come teoria di gauge, in termini di una connessione data dal
potenziale vettore. Tramite esempi classici come quello del monopolo di Dirac e
delleffetto Aharonov-Bohm illustro le applicazioni di quanto visto a questo contesto, dando una previsione teorica astratta e dando una descrizione consistente
di un fenomeno effettivamente osservato in laboratorio.
Salvo precisazioni ulteriori, in quello che segue assumo che tutte le variet
siano C , cos come tutte le mappe. User indistintamente le espressioni liscio,
differenziabile e C .
Prima di iniziare lesposizione, vorrei lasciare un saluto e un ringraziamento alla memoria del professor Pino Vigna Suria, dellUniversit degli Studi di
Trento, venuto a mancare la scorsa primavera.
Indice
1 Fibrati
1.1 Qualche esempio introduttivo . . . . .
1.2 Due parole sui rivestimenti . . . . . .
1.3 Definizioni e prime propriet . . . . .
1.3.1 Punto di vista globale . . . . .
1.3.2 Punto di vista locale . . . . . .
1.4 Operazioni sui fibrati . . . . . . . . . .
1.4.1 Pullback di un fibrato . . . . .
1.4.2 Operazioni su fibrati vettoriali
1.5 Fibrati principali . . . . . . . . . . . .
1.6 Curiosit e considerazioni a posteriori
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2 Connessioni
2.1 Motivazioni; principio dinerzia . . . . . . . . . . .
2.1.1 Il punto di vista delle coordinate . . . . . .
2.2 Connessioni affini . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2.2.1 La derivata covariante in sottovariet di Rn
2.2.2 Connessioni affini su variet generiche . . .
2.2.3 Il caso di variet riemanniane . . . . . . . .
2.3 Connessioni su fibrati principali . . . . . . . . . . .
2.3.1 Derivata covariante indotta . . . . . . . . .
2.4 Olonomia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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3 Piattezza
3.1 Ancora sulla curvatura nel caso affine .
3.2 Curvatura di una 1-forma di connessione
3.3 Condizioni equivalenti alla piattezza . .
3.4 Olonomia di una connessione piatta . .
4 Teorie di gauge
4.1 Background fisico . . . . . . .
4.1.1 Equazioni di Hamilton
4.2 Lelettrodinamica come teoria
4.3 Il monopolo di Dirac . . . . .
4.4 Leffetto Aharonov-Bohm . .
4.5 Continua... . . . . . . . . . .
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e di Schrdinger
di gauge . . . . .
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Bibliografia
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Capitolo 1
Fibrati
La struttura di fibrato molto utile per formalizzare e descrivere alcune idee
che in matematica e fisica ricorrono spesso.
1.1
CAPITOLO 1. FIBRATI
CAPITOLO 1. FIBRATI
1.2
La struttura di fibrato richiama quella di rivestimento, affrontata nei corsi istituzionali. Per tale motivo vale la pena riprendere le propriet fondamentali di
questa costruzione prima di introdurre la definizione precisa di fibrato.
Def 1.2.1: Siano X, E due spazi topologici, : E X una funzione continua.
Si dice che un rivestimento se ogni punto p X ammette un intorno aperto
U tale che, per ogni V componente connessa della controimmagine di U , la
restrizione |V : V U sia un omeomorfismo. Si chiamano aperti trivializzanti
quelli che realizzano questa propriet.
Se E localmente connesso, un rivestimento permette di ricoprire E con
aperti della forma Ui Fi , dove gli Ui sono aperti di X, mentre gli Fi rappresentano degli spazi discreti (con abuso di notazione, in questa sezione intender
con questa espressione totalmente sconnessi). Dal seguente diagramma, in cui
p denota la proiezione sul primo fattore, si pi concludere che, per qualsiasi
punto x Ui , lo spazio di Fi omeomorfo alla fibra di x tramite . Infatti, la
proiezione p0 : Ui Fi Fi sul secondo fattore induce un omeomorfismo tra Fi
e la controimmagine di x tramite p (si tratta di una bigezione tra spazi discreti),
mentre la funzione f un omeomorfismo sullimmagine. Per la commutativit
del diagramma, questo induce una bigezione tra Fi e 1 (x), spazio discreto
rispetto alla topologia di sottospazio: si ha lomeomorfismo cercato.
Ui Fi
f E
p
?
X
1.3
CAPITOLO 1. FIBRATI
1.3.1
Considero una variet M , e suppongo siano date unaltra variet E e una funzione differenziabile : E M con differenziale surgettivo. Suppongo inoltre che
la fibra di ogni punto p M (non lo specificher pi, ma salvo indicazioni ulteriori intender sempre tramite ) sia diffeomorfa ad una fissata variet F , che
chiamer genericamente fibra, con la seguente propriet: esistono un ricoprimento aperto { Ui }iI di M e una famiglia di diffeomorfismi i : Ui F 1 (Ui )
in modo che il seguente diagramma sia commutativo (pi denota la proiezione
sul primo fattore):
Ui F
i
1 (Ui )
pi
?
Ui
CAPITOLO 1. FIBRATI
[0, 1] (0, 1)
qC C
C
?
?
?
qS 1 - 1
1 qS 1
S
[0, 1] { 1/2 }
S
Nel diagramma, qN , qS 1 e qC denotano le proiezioni ai quozienti. Si verifica
immediatamente che C e N sono di classe C e che i rispettivi differenziali
CAPITOLO 1. FIBRATI
- E0
0
M
Se f un diffeomorfismo tra E ed E 0 come variet, allora si dice che un
isomorfismo di fibrati.
La condizione che f sia un morfismo di fibrati equivale a richiedere che
mandi le fibre di in quelle di 0 . Questa definizione di isomorfismo permette
di confrontare due fibrati e permetter di classificarli.
Un fibrato si dice banale se equivalente a M F , con la naturale struttura
di fibrato accennata nellesempio 1.3.1. Un esempio di fibrato banale su S 1 il
CAPITOLO 1. FIBRATI
10
E M.
1.3.2
Oss 1.3.2: Se { (Ui , i ) }iI un ricoprimento di M tramite aperti trivializzanti, le mappe di transizione tij godono delle seguenti due propriet:
tii = Id per ogni i I;
tij tjk = tik per ogni i, j, k per cui Ui Uj Uk 6= . Infatti, applicando
la definizione, si ha, per ogni p Ui Uj Uk , f F :
(p, (tij tjk (p)) f ) = (p, tij (p) (tjk (p) f )) =
= 1
i j (p, tjk (p) f ) =
1
= 1
i j j k (p, f ) =
= 1
i k (p, f ) =
= (p, tik (p) f )
CAPITOLO 1. FIBRATI
11
Sia ora E 0 M un fibrato con fibra tipica F e le tij come mappe di transizione. Allora le trivializzazioni locali i degli aperti Ui definiscono una mappa
: E E 0 di classe C , che passa al quoziente e induce una : E E 0
differenziabile. Poich le i sono diffeomorfismi sullimmagine, ciascuna di esse
ammette inversa differenziabile i1 a valori in E. Per definizione di mappe di
transizione, passando al quoziente in E le i1 coincidono dove i domini si intersecano e permettono quindi di costruire linversa di , anchessa differenziabile.
Questo rende un diffeomorfismo tra E ed E 0 , che manda banalmente fibre in
fibre, ed dunque un isomorfismo di fibrati.
Oss 1.3.4: Il risultato ora dimostrato non implica che la costruzione fatta con
due famiglie distinte di mappe dia luogo a fibrati non isomorfi: riprendendo la
trattazione del cilindro fatta nellesempio 1.3.2, ad esempio, scegliendo tij =
CAPITOLO 1. FIBRATI
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1.4
Dati uno o pi fibrati pu essere utile saperne costruire degli altri a partire da
1.4.1
Pullback di un fibrato
Siano E M un fibrato, N una variet ed f : N M una mappa differenziabile. Dal momento che permette, euristicamente, di incollare a ogni punto
di M una copia di F , ci si pu aspettare che f permetta di fare lo stesso su N ,
associando a ogni n la fibra di f (n). Ad esempio, se f un embedding, questo
permette di considerare non solo lo spazio tangente ad n in N , ma anche tutto
il tangente a f (n) in M . Un altro caso che pu essere interessante quello di
una curva in M che esprime il moto di un oggetto nella variet, con F un
gruppo che ne esprime le simmetrie: la traiettoria pu non essere iniettiva, ma
ha senso considerare a ogni tempo la fibra del punto in cui ci si trova.
Una tale costruzione possibile, ed detta pullback di : la definir adottando il punto di vista globale. Sia f (M ) definita come il sottoinsieme di N E
dei punti (p, u) tali che f (p) = (u), 1 e 2 le restrizioni a questo insieme delle
due proiezioni sui fattori di N E. Se { (Ui , i ) }iI un ricoprimento banalizzante per M , la controimmagine di Ui tramite f aperta in N per ogni i, e gli
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insiemi di questa forma ricoprono N . Dato (p, u) f (E) tale che f (p) Ui ,
possibile definire i : f 1 (Ui ) F f (E) tramite
i1 (p, u) = (p, fi )
dove fi la seconda componente di 1
i (u). Questo fornisce una bigezione
tra f 1 (Ui ) F e 11 (f 1 (Ui )), e mostra che 1 banale su f 1 (Ui ). Se
p f 1 (Ui ) f 1 (Ui ), allora fi = tij fj : dato che queste mappe sono lisce, le
rappresentazioni delle transizioni tra le i tramite coordinate in N ed F sono a
loro volta C , e questa costruzione permette di definire una struttura differenziale su f (E) che renda regolari tutte le funzioni ora definite, in modo che 1
definisca un fibrato. Le mappe di transizione tij sono definite per composizione
con f .
1.4.2
A fianco dei campi vettoriali, tra i primi oggetti che vengono definiti quando
si introducono le variet ci sono le forme differenziali: mappe che associano ad
ogni punto p M un funzionale sul tangente. In maniera del tutto analoga
al fibrato tangente, si pu definire il cotangente, la cui fibra sar il duale dello
spazio tangente.
CAPITOLO 1. FIBRATI
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1.5
Fibrati principali
CAPITOLO 1. FIBRATI
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Due fibrati ottenuti luno dallaltro tramite la costruzione descritta nella dimostrazione sono detti associati. Limportanza del risultato risiede nel fatto che
molte propriet di un fibrato sono riassunte in quelle del suo associato. Una di
queste, ad esempio, la banalit: infatti, questa equivalente allesistenza di un
ricoprimento banalizzante le cui mappe di transizione mandino costantemente
nellidentit di G.
Oss 1.5.3: Dato il G-fibrato P , la costruzione di quello associato con fibra F
pu essere fatta in maniera alternativa definendo lo spazio totale come quoziente
di un prodotto. Pi precisamente, se lazione di G su F (lomomorfismo di
G in un opportuno gruppo di trasformazioni di F che ne definisce lazione), si
indica con P F lo spazio P F quozientato sulla relazione di equivalenza
data da (u, f ) (u g, (g)1 f ); ben definita una mappa di proiezione
e data
CAPITOLO 1. FIBRATI
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CAPITOLO 1. FIBRATI
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Rn e uno tra GL(V ) e GLn (R) che indico con , il quale anche diffeomorfismo.
Sia { (Ui , i ) }iI un ricoprimento banalizzante di E con mappe di transizione
tij , le (tij ) definiscono una famiglia di mappe di transizione per un fibrato E 0
su M con fibra Rn e gruppo GLn (R). Se le i sono le trivializzazioni locali
naturalmente associate alla costruzione di E 0 ben definita una mappa f : E
E 0 tale che per ogni i
f (i (p, v)) = i (p, (v))
Infatti, se p Ui Uj , vale
j (p, (v)) = i (p, (tij (p)) (v)) = i (p, (tij (p) v))
f un diffeomorfismo e preserva le fibre, ed quindi un isomorfismo di fibrati.
In maniera analoga si mostra che il fibrato P 0 associato ad E 0 isomorfo a P
tramite una mappa naturale definita nello stesso modo di f .
Lipotesi ulteriore che V sia Rn e che G sia GLn (R), dunque, non lede la
generalit dellenunciato. Siano ora s1 , . . . , sn sezioni globali indipendenti su E,
e per ogni aperto banalizzante Ui , p Ui , sia vik (p) tale che
k
1
i (sk (p)) = (p, vi (p))
Detta Mi (p) la matrice ottenuta accostando gli n vettori colonna vik (p), risulta
ben definita la mappa
(p) = i (p, Mi (p))
Dato che i vik (p), fissati p e i, formano una base di Rn , Mi (p) una matrice
invertibile. La verifica della buona definizione di , a questo punto, immediata:
dalle sk si ricava quindi una sezione globale di P . La costruzione vista, infine,
pu essere invertita per mostrare limplicazione inversa.
1.6
Es 1.6.1 (Il teorema della palla pelosa): Una conseguenza dellultimo teorema enunciato, ad esempio, lequivalenza tra il cosiddetto teorema della palla
pelosa, secondo il quale ogni campo vettoriale tangente ad S 2 si annulla almeno
in un punto, e la non banalit del fibrato tangente di S 2 . Infatti, se esistesse
un campo tangente mai nullo sarebbe facile costruirne un secondo ortogonale
ad esso, e questi darebbero due sezioni globali indipendenti del fibrato tangente. Per dimostrare il teorema, quindi, sufficiente studiare T S 2 , o anche il suo
principale associato.
Sia : SO3 S 2 la mappa data da g 7 g e1 , dove la sfera quella unitaria
in R3 , ed e1 il primo vettore della sua base canonica. Dato che lazione C ,
differenziabile. Si avr che Tg SO3 = Lg (TId SO3 ) per ogni g, dove Lg
la naturale azione destra di g su SO3 : identificando TId SO3 con lalgebra di
Lie so3 , e indicando con Jei i suoi generatori standard, si ottiene che per ogni
g G il tangente in g generato dai Lg Jei . Siano inoltre i le curve date da
Lg exp(tJi ) per un certo g fissato. Con questa notazione facile mostrare che
il differenziale di surgettivo, e che la fibra di ogni punto diffeomorfa ad S 1 :
avr che 2 e 3 sono trasversali in quanto giacciono su piani distinti la cui
CAPITOLO 1. FIBRATI
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- SO3
- gp
(1.1)
dove i domini delle 1 sono quelli ovvi. A questo punto evidente, avendo
definito le trivializzazioni dei due fibrati in analisi come lazione di uno stesso
CAPITOLO 1. FIBRATI
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oggetto sugli elementi delle rispettive fibra tipiche, che le mappe di transizione
CAPITOLO 1. FIBRATI
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associato al pullback di T R3 tramite lembedding della sfera nello spazio tridimensionale. Tale fibrato, peraltro, banale: il pullback menzionato ammette
tre sezioni globali ortonormali date da quelle di T R3 .
Costruzioni di questo tipo possono essere applicate spesso in fisica per esprimere le simmetrie di un dato sistema meccanico. Negli esempi visti sopra il
fibrato considerato quello associato a un tangente: questultima condizione
specifica di queste situazioni, e in generale i fibrati considerati saranno s
principali, ma senza il bisogno che siano associati ad altri pi semplici.
Capitolo 2
Connessioni
Da qui in avanti adotter la convenzione di Einstein per le sommatorie: se in
prodotto compare due volte lo stesso indice, una volta in alto e una in basso, si
intende che la quantit vada sommata su tutti i possibili valori di quellindice,
salvo indicazioni contrarie.
2.1
In uno spazio affine A i vettori sono definiti in modo astratto come elementi
della sua giacitura V : si pu sempre parlare di vettore da un punto a un altro
o di vettore applicato a un punto senza bisogno di dare ulteriori specificazioni
sullo spazio a cui questi appartengono, perch si tratta sempre dello stesso (la
giacitura per lappunto). In questo modo non c difficolt nel definire i campi
vettoriali come funzioni da A in V , n vi alcuna ambiguit quando si parla
di campi costanti. Inoltre, spazi di questo tipo ereditano da Rn anche una
struttura differenziale, tramite la quale lo spazio tangente in qualsiasi punto
canonicamente isomorfo alla giacitura. La nozione di campo vettoriale, in questo
contesto, ben definita senza bisogno di distinguere un tangente per ogni punto,
n occorre introdurre alcuna struttura ulteriore sulla collezione di questi spazi:
in definitiva non evidente il bisogno di parlare di fibrati.
In una generica variet M le cose non sono cos semplici: vettori tangenti
in punti distinti non possono essere confrontati, n tanto meno sommati, in
quanto appartengono a spazi definiti separatamente. Questa la ragione per
cui, in principio, stato definito il fibrato tangente. Passando a contesti pi
ampi, poi, ci si pu imbattere in altre situazioni che si presentano lo stesso
problema, ossia in cui ha senso considerare in ogni punto di M una copia di un
certo oggetto F , ma per qualche ragione necessario tenerle tutte distinte al
variare del punto in considerazione. La nozione di fibrato stata introdotta in
definitiva per risolvere questo problema, e ha permesso di definire come sezioni
di una certa mappa le funzioni che a ogni punto assegnano un elemento della
sua copia di F .
Si pone per un altro problema: mentre nel caso degli spazi affini ha senso parlare di campi vettoriali costanti, questo non possibile in generale, dal
momento che vettori applicati in punti distinti non possono essere confrontati.
Lintroduzione del fibrato tangente, in questo caso, non di aiuto: questo
21
CAPITOLO 2. CONNESSIONI
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CAPITOLO 2. CONNESSIONI
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2.1.1
Nella definizione di variet, o di struttura differenziabile, richiesta lesistenza locale di sistemi di coordinate compatibili, nel senso che i cambi di carta
debbano essere C . La maggior parte delle argomentazioni che si fanno oggi
nello studio di questi oggetti, le coordinate sono viste come oggetti transitori
che vengono introdotti alloccorrenza e dimenticati appena possibile. Esiste un
punto di vista, caro alla tradizione passata, utile in alcuni contesti, e largamente
impiegato in fisica, che si concentra invece sulle coordinate, e secondo il quale
molti oggetti vengono definiti attraverso di esse. Ad esempio, campi vettoriali,
tensoriali e forme differenziali vengono introdotti attraverso le regole secondo
cui le coordinate di questi oggetti variano nel passaggio da un sistema di coordinate a un altro. In questo modo, il vettore tangente a una curva definito,
in un particolare sistema di coordinate xk (k = 1, . . . , n), dallespressione:
=
dxi
ei
dt
dove xi (t) sono le coordinate del punto (t), mentre il differenziale di una
funzione scalare , come forma differenziale, definita da:
d =
i
dx
xi
CAPITOLO 2. CONNESSIONI
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X =
xh k
X
xk
2 xj xl h xj xl X h
X
=
X +
k
xl xh xk
xh xk xl
x
(2.1)
2.2
Connessioni affini
Alla luce delle considerazioni fatte nel precedente paragrafo, occorre definire un
oggetto che consenta di stabilire quando un certo campo vettoriale tangente a
CAPITOLO 2. CONNESSIONI
25
una variet M definito su una curva sia parallelo a se stesso in ogni punto,
e in caso contrario di misurarne la variazione nel tempo. Prima di definire assiomaticamente un simile strumento utile considerare un caso particolarmente
semplice: quello delle variet immerse in Rn .
2.2.1
(2.2)
Df X Y = f DX Y
La seconda e la quarta propriet esprimono la linearit di DX Y come funzione della sola X, mentre la prima e la terza rappresentano un analogo per la
regola di Leibnitz per D, e cio il fatto che questo operatore agisce su Y come
una derivata. Se poi X un campo liscio, anche quello cos ottenuto lo .
Va osservato che, in generale, loperatore D non d vettori tangenti a M : se
ad esempio (t) la curva piana data da (cos(t), sin(t)), il suo vettore velocit
1 Questo
CAPITOLO 2. CONNESSIONI
26
CAPITOLO 2. CONNESSIONI
27
si ottiene:
DX (DY Z) = DX DY Z hL(Y ), Zi N =
= DX DY Z hL(Y ), Zi N hL(X), DY Xi N =
= DX DY Z hL(Y ), Zi L(X) (X hL(Y ), Zi + hL(X), DY Xi)N
DY (DX Z) = DY DX Z hL(X), Zi L(Y ) (Y hL(X), Zi + hL(Y ), DX Y i)N
D[X,Y ] Z = D[X,Y ] Z hL([X, Y ]), Zi N
Sommando e separando i contribuiti tangenziali ad M da quelli ortogonali
si ottengono le equazioni:
DX DY Z DY DX Z D[X,Y ] Z = hL(Y ), Zi L(X) hL(X), Zi L(Y )
DX L(Y ) DY L(X) L([X, Y ]) = 0
(2.3a)
(2.3b)
dove nella (2.3b) sono stati sommati i coefficienti con cui compariva N nella
somma, e sono state applicate la bilinearit del prodotto scalare e larbitrariet
di Z. La (2.3a) si chiama equazione della curvatura di Gauss, la (2.3b), invece,
equazione di Codazzi (o Codazzi-Mainardi).
Lequazione della curvatura di Gauss mette in evidenza che, dati X, Y e Z
tangenti ad M , in un punto p fissato loggetto
R(X, Y )Z := DX DY Z DY DX Z D[X,Y ] Z
dipende solo dai valori dei campi in p, ed lineare in ciascuno argomento.
Inoltre, R espresso in termini della sola derivata covariante, senza riferimenti
espliciti allembedding di M in Rn (a cui loperatore di Weingarten prodondamente legato), e sembra in qualche senso definito a partire dalla sola struttura
intrinseca di M dato che, come osservato sopra, la stessa derivata covariante
stata introdotta nel tentativo di studiare delle propriet delle superficie che
prescindono dalla sua immersione.
Un risultato classico ed interessante il seguente:
Thm 2.2.1 (Theorema Egregium di Gauss): La curvatura di una superficie
in R3 pu essere espressa in termini della metrica riemanniana e della derivata
covariante.
Dim: Se p M e X, Y Tp M formano una base ortonormale, allora K(p), la
curvatura gaussiana in p, data da hR(X, Y )Y, Xi. Infatti:
hR(X, Y )Y, Xi = hhL(Y ), Y i L(X) hL(X), Y i L(Y ), Xi =
= hL(Y ), Y i hL(X), Xi hL(X), Y i hL(Y ), Xi = det L = K(p)
CAPITOLO 2. CONNESSIONI
28
mostrare, poi, che questultima pu essere costruita a partire dalla metrica stessa, a prescindere dallimmersione e dalloperatore D dal quale era iniziata la
discussione (si veda la sezione 2.2.3). Di conseguenza, la curvatura gaussiana
pu essere espressa in funzione della sola metrica riemanniana della superficie,
bench inizialmente sia stata introdotta in termini di oggetti strettamente legati
allembedding.
2.2.2
CAPITOLO 2. CONNESSIONI
29
da:
Dei ej = kij ek
Infatti, se X = X i ei e Y = Y j ej , varr:
DX Y = DX (Y j ej ) =
= X(Y j )ej + Y j DX ej =
= X(Y j )ej + Y j DX i ei ej =
= (X(Y k ) + kij X i Y j )ek
Secondo il punto di vista di Cartan questi coefficienti kij sono quelli che individuano le forme ji : da hji , ek i = h i , Dek ej i = ikj segue luguaglianza
ji = ikj k .
Dato che ogni carta permette di definire una base del tangente in ciascun
punto dellaperto, ad ogni sistema di coordinate possono essere associati i coefficienti della connessione kij . evidente che, dato un aperto coordinato U
e una qualsiasi famiglia di n3 funzioni, esiste ununica connessione D su U i
cui coefficienti rispetto alle date coordinate siano quelle assegnate. Pu essere
interessante, dati due aperti coordinati con intersezione non vuota e delle funk
zioni kij e ij associate rispettivamente ai due sistemi, sotto quali ipotesi queste
famiglie definiscano la stessa connessione sullintersezione delle carte; equivalentemente, questo corrisponde a cercare le regole di trasformazione dei coefficienti
di una connessione.
Siano , coordinate definite su uno stesso aperto U , con
(p) = (x1 (p), . . . , xn (p))
(p) = (y 1 (p), . . . , y n (p))
e basi associate rispettivamente (ei ) ed (fj ). Allora vale:
fj =
xi
ei
y j
k
ij
xm
k
em =ij fk = Dfi fj =
y k
h
x
2 xh
xl xh
eh =
eh + i j Del eh =
=Dfi
j
i
j
y
y y
y y
2 m
l
h
x
x x
=
+ i j m
em
y i y j
y y lh
k
ij =
xl xh y k m
2 xm y k
lh + i j m
i
j
m
y y x
y y x
(2.4)
CAPITOLO 2. CONNESSIONI
30
funzioni kij , esister ununica connessione che abbia queste come coefficienti.
Questa potr essere estesa ad un altro aperto coordinato con altri coefficienti se
e solo se le due famiglie soddisfano la regola di trasformazione, poich solo in
questo caso definiscono la stessa connessione sullintersezione.
Il secondo termine della (2.4) somiglia a quello indesiderato in (2.1): in
effetti, sostituendo loperatore D alle derivate direzionali (mal definite) del
campo considerato in quel contesto, si ottiene una regola di trasformazione che,
tenendo conto della relazione tra i coefficienti della connessione nelle varie carte,
mostra che il risultato ottenuto in effetti un vettore, secondo il senso del punto
di vista delle coordinate.
Naturalmente, dare le regole di trasformazione per i coefficienti kij equivalente a dare quelle per le forme ji . Se le ij sono le forme associate al sistema
, ricordando che in questo caso i = dxi e j = dy j , si dovr avere:
i
ij =kj dy k =
l
x xh y i m
2 xm y i y k a
=
+
dx =
y k y j xm lh y k y j xm xa
m k
i
h
x
y y i
l x y
m
= a j
+
dxa =
y xm lh y k y j xa xm
m
x
y i
xh y i m l
lh dx +
d
= j
=
m
m
y x
x
y j
y i
xm
xh y i m
+
d
= j
y xm h
xm
y j
(2.5)
CAPITOLO 2. CONNESSIONI
31
una nuova curva, definita sullo stesso dominio di ma a valori nello spazio
totale del fibrato, in modo che X = . Non detto che un campo in questo
senso possa essere esteso un aperto contenente la traccia di : ad esempio la
curva potrebbe non essere iniettiva, e X potrebbe avere valori diversi a tempi
in cui questa passa dallo stesso punto.
Dim (teorema 2.2.3): Ogni punto t [a, b] ammette un intorno connesso
controimmagine di un aperto coordinato. A meno di scegliere unopportuna
famiglia finita di sottoinsiemi di questo tipo (la cui esistenza garantita dalla
compattezza dellintervallo), si pu supporre che la traccia di giaccia per intero
in un aperto coordinato.
Dato un generico campo vettoriale X, la sua derivata covariante lungo il
vettore T della velocit di espressa in coordinate da:
dX k
+ kij ((t))x i X j ek
DT X = T (X k ) + kij ((t))T i X j ek =
dt
dove le xi (t) rappresentano le coordinate di (t). Il problema del trasporto
parallelo dunque ricondotto a quello di Cauchy:
k
dX
+ kij ((t))x i X j = 0
(2.6)
dt
i
X (a) = X0i
Questo problema ammette ununica soluzione (per via del teorema di CauchyLipschitz), e questa pu essere estesa a tutto lintervallo poich lequazione
lineare.
x
(0) = p
(0)
= X0
CAPITOLO 2. CONNESSIONI
32
Una volta che sia data una connessione su una variet naturale cercare
di estendere loperatore in modo da poter derivare campi tensoriali generici,
anzich solo quelli vettoriali. Il principio guida in questa estensione sar la
regola di Leibnitz: come si richiesto che DX (f Y ) = X(f )Y + f DX Y , cos sar
naturale imporre che, dati campi tensoriali T1 e T2 valga
DX (T1 T2 ) = (DX T1 ) T2 + T1 (DX T2 )
oltre alle regole di linearit. Inoltre, se una 1-forma e Y un campo, naturale
chiedere che valga
X(h, Y i) = hDX , Y i + h, DX Y i
(2.7)
R(X, Y )Z = DX DY Z DY DX Z D[X,Y ] Z
CAPITOLO 2. CONNESSIONI
33
(2.8)
Laltra pu essere ottenuta in modo del tutto analogo dalla definizione di torsione:
d i = T i ji j
(2.9)
CAPITOLO 2. CONNESSIONI
34
Lultimo punto di vista ancora da analizzare quello delle coordinate. Supponendo che la base e1 , . . . , en sia quella indotta da un sistema di coordinate,
si avr
i = dxi
ji = ikj dxk
i
T i = Tjk
dxj dxk
i
Rji = Rjkh
dxk dxh
(2.10)
i
i
dove si pu facilmente riconoscere che Tjk
= T i (ej , ek ) e che Rjkh
= Rji (ek , eh ).
In questa notazione, le equazioni strutturali di Cartan assumono la forma:
ijk
ijh
i
Questo risultato permette di affermare che una connessione affine biunivocamente determinata dal suo trasporto parallelo. Per verificare che due connessioni siano uguali, quindi, sufficiente mostrare che i campi paralleli rispetto
alluna lo sono anche rispetto allaltra, e viceversa.
CAPITOLO 2. CONNESSIONI
35
2.2.3
Nel seguito, per ogni oggetto espresso tramite pi indici, indicher il simmetrizzato rispetto a due di essi racchiudendoli tra parentesi tonde, e lantisimmetrizzato con le quadre. Ad esempio, si potranno esprimere i coefficienti del tensore
di torsione come Tijk = 2k[ij] .
Il lavoro svolto finora costituisce un buon punto di partenza nella ricerca dello strumento che occorre per studiare problemi come quelli presentati allinizio,
poich mette in luce le propriet che deve avere loggetto cercato per soddisfare
le nostre richieste ed elabora alcuni aspetti di linguaggio utili nella sua manipolazione. Tuttavia, in quanto visto finora non stato presentato alcun risultato
di esistenza e unicit di connessioni, e anzi le ultime osservazioni del paragrafo
precedente mostrano che un tale risultato non pu esistere, a meno di imporre
delle ulteriori restrizioni sulla connessione da costruire. A priori non ci sono
delle condizioni naturali da aggiungere, ma nel caso in cui la variet su cui si
lavora abbia della struttura aggiuntiva pu darsi che sia questa a suggerirle.
Il contesto in cui si affrontano generalmente i problemi di meccanica quello
delle variet provviste di una metrica riemanniana o pseudo-riemanniana. In
questo caso ragionevole richiedere che, se X e Y sono campi vettoriali paralleli
lungo una curva , il prodotto scalare di questi sia costante. Tale condizione
pu essere espressa chiedendo che il tensore metrico sia parallelo lungo qualsiasi
direzione. Sia infatti una curva in un aperto coordinato di M con (0) = p,
X, Y campi vettoriali lungo ottenuti per trasporto parallelo di due vettori X0
e Y0 qualsiasi. Allora varr:
0 = DV (g(X, Y )) = V k (Dek g) = V k X i Y j (Dek g)ij
Dallarbitrariet dei tre vettori segue che
gij
hki ghj hkj gih = 0
xk
CAPITOLO 2. CONNESSIONI
36
gij
gki
gjk
h
h
+
+
+ Tki
ghj + Tkj
gih 2h(ij) ghk = 0
xk
xj
xi
Dato che il tensore gij ha rango massimo, esister g ij tale che gij g jk = ik :
questo permette di esplicitare h(ij) moltiplicando tutta lequazione per g hk /2.
Definendo
( )
h
gki
gjk
1 hk
gij
+
= g
k +
2
x
xj
xi
ij
si ha:
kij =
( )
k
ij
1 k
k
T + Tji
+ Tij
2 ij
(2.11)
Questa la condizione che garantisce che una connessione la cui curvatura sia
rappresentata dai coefficienti Tijk sia compatibile con la struttura metrica. Resta
ancora in dubbio lesistenza di una tale connessione.
Se si riesce a far vedere che i
( )
k
ij
sono i coefficienti di una connessione, allora si sar dimostrato che, per ogni
tensore di coefficienti Tijk antisimmetrico rispetto a i e j, i kij come in (2.11)
definiscono una connessione. Dunque, a meno di questultimo passaggio, che
si riduce a una lunga manipolazione di indici e derivate, si pu dimostrare che
esiste ununica connessione simmetrica (cio a curvatura nulla) rispetto alla
quale il tensore metrico sia parallelo.
Def 2.2.7 (Connessione di Levi-Civita): Si chiama connessione di Levi-Civita
di una variet (pseudo-)riemanniana lunica connessione simmetrica che preserva
la metrica.
Es 2.2.1 (Ancora sulla derivata covariante in ipersuperfici di Rn ): La connessione data dalla derivata covariante nel caso di ipersuperfici preserva i prodotti
scalari: se X e Y sono paralleli lungo , con (0)
= T , si ha:
T (hX, Y i) = hDT X, Y i + hX, DT Y i = hDT X, Y i + hX, DT Y i = 0
e dunque hX, Y i costante lungo . Il passaggio intermedio giustificato dal
fatto che la derivata tramite D e quella con D differiscono per un vettore ortogonale alla superficie, che non contribiusce quindi ai prodotti scalari. Inoltre, la
connessione anche simmetrica:
DX Y DY X = DX Y + hL(X), Y i N DY X hL(Y ), Xi N = [X, Y ]
CAPITOLO 2. CONNESSIONI
37
= gX
l
X(0) = X0
X(0) = 0
p
Seguirebbe X(t) = cos(t)X0 , dove = g/l .
La teoria fin qui esposta permette di dare, invece, una previsione per il caso
in cui esista un sistema di riferimento inerziale solidale al centro della terra,
ma rispetto al quale questa ruoti intorno ad una retta, che senza perdita di
generalit pu essere supposto essere lasse z, con velocit angolare . Se R
il raggio terrestre e la latitudine a cui si trova il pendolo, dunque, il moto
del vincolo sar dato dalla curva
(t) = R (cos(t) sin(), sin(t) sin(), cos())
Le equazioni del moto del pendolo in questo caso diventano piuttosto complesse,
ma possibile affrontare il problema in un altro modo trattandolo da un punto
di vista intrinseco. Quella che nel caso precedente era la derivata temporale
valutava la variazione di un vettore nel tempo; in questo caso, il vettore X(t)
appartiene a T(t) S 2 , che varia nel tempo, e occorre quindi sostituire la derivata
rispetto al tempo con quella covariante. Se v la velocit di il problema
assume la forma:
Dv Dv X = l X
X(0) = X0
Dv X(0) = 0
Nel caso precedente la soluzione era data da un vettore costante modulato da un
fattore oscillante cos(t), e sar quindi ragionevole cercare una soluzione della
forma X(t) = cos(t)V (t) con V un campo parallelo lungo . In effetti si ha:
Dv Dv (cos(t)V (t)) = Dv (cos(t)Dv V (t) sin(t)V (t)) = 2 cos(t)V (t)
e lequazione differenziale soddisfatta. Il problema risolto se si sceglie V (0) =
X0 : in ultima analisi si tratta di trasportare X0 parallelamente lungo la curva
. La soluzione di questo problema un vettore la cui rappresentazione rispetto
CAPITOLO 2. CONNESSIONI
38
2.3
CAPITOLO 2. CONNESSIONI
39
(2.12)
Infatti, Yhj = Xij ghi una matrice che rappresenta dei campi Yh = Xi ghi in p,
per i quali vale:
Dej Yh = Dej Xi ghi = Dej Xi ghi = 0
poich i coefficienti ghi sono costanti e gli Xi sono paralleli lungo gli ej . Dunque,
poich lazione destra di ghi sui Dej X i il differenziale di quella sugli X i , vale
la relazione (2.12).
Tutto questo giustifica la seguente:
CAPITOLO 2. CONNESSIONI
40
Inoltre, se X Hu e g G, allora (Rg X) = Rg X = Adg1 ((X)): ancora una volta per ragioni di dimensione segue che Hu g = Rg Hu , e questo mostra
che i due punti di vista presentati sono equivalenti. Nel seguito confonder le
due nozioni di connessione di 1-forma associata.
La nozione di connessione espressa tramite 1-forma si presta meglio dellaltra
a parallelismi col caso affine: assegnare ad ogni punto di un aperto di M un
elemento della sua fibra equivale a dare una sezione locale del fibrato P . Sia
questa , e X Tp M : la derivata di lungo X sar espressa da ( X) =
( ) X.
Es 2.3.1: Il toro pu essere visto comeun opportuno quoziente di [0, 1] S 1 ,
identificando il punto 0, ei con 1, ei : questo significa richiudere il cilindro
su se stesso in modo da identificare gli estremi di ogni segmento orizzontale. Intuitivamente, se invece che in questo modo si incollassero
i due estremi
ruotando il secondo, cio identificando (0, ei ) con 1, ei(+) per un qualche
fissato, si otterrebbe un oggetto diverso, in un qualche senso da precisare
meglio. La cosa si rende pi evidente se anzich una circonferenza si considera
un poligono P : in questo caso si ha un prisma anzich un cilindro, senza le due
CAPITOLO 2. CONNESSIONI
41
CAPITOLO 2. CONNESSIONI
42
Anche nel caso in analisi ora possibile una costruzione analoga: ad una
connessione possibile associare delle 1-forme locali su M a valori in g dalle
quali sia possibile ricostruire quella su P , e viceversa una famiglia di forme
compatibili definisce una connessione sul fibrato. Il punto di partenza della
prospettiva suggerita da Cartan unopportuna famiglia di campi vettoriali, cio
di sezioni locali di T M : sia allora una sezione di P . Lobiettivo di in questo
caso non quello di dare in ogni punto un elemento di G, ma di fornire una
trivializzazione locale di P , cosa che possibile grazie alla struttura di fibrato
principale (si veda la dimostrazione del teorema 1.5.5). Naturalmente, la forma
indotta su U sar il pull-back di tramite . Se invece A una 1-forma a valori
in g definita su U , la sezione permette di sollevarla ad una connessione su
P |U : la costruzione pu essere fatta definendo
e su U G e poi passando a P
tramite la trivializzazione locale. Naturalmente, T(p,g) (U G) = Tp U Tg G: se
X un vettore in (p, g) definisco
e (X) come somma di due contributi provenienti
dalla sua decomposizione. La proiezione su Tg G, che pu essere scritta come
dg, d un vettore tangente in g: per vederlo come elemento dellalgebra di Lie
occorre valutare nellorigine il campo invariante che vale dg(X) in g, cos che il
contributo della componente parallela a G g 1 dg. La proiezione su Tp U data
e := g 1 dg + Adg1 (U
A)
= Adt1 Ai +
ij
(2.13)
t1
ij dtij
2.3.1
CAPITOLO 2. CONNESSIONI
43
da cui
DX (f )(p) =
u, f P
(X)
u
+ X(f ) P (u) = f DX ()(p) + X(f )(p)
e questo conclude.
Pu essere utile a questo punto saper rappresentare la derivata covariante
associata ad in termini della 1-forma locale A legata alla sezione . Sia
: [0, 1] M una curva con vettore tangente X al tempo 0,
e un sollevamento
di in P con vettore tangente orizzontale in 0. Per unopportuna curva in G
vale
e(t) = (t) g(t), dove (t) = ((t)). Data una base e01 , . . . , e0m di V ,
induce m sezioni indipendenti di E, e di conseguenza una base di V lungo :
ei (t) = (t), e0i =
e(t), g(t)1 e0i
Derivando la seconda componente rispetto al tempo si ottiene:
dg
d
g(t)1 e0i = g(t)1 g(t)1 e0i
dt
dt
Valutando al tempo 0 si ha
DX ei =
dove A(X), essendo un elemento di g, agisce su V come una mappa lineare. Sia
dunque A(X) rappresentato in forma matriciale da
A(X)e0i = Aji (X)e0j
CAPITOLO 2. CONNESSIONI
44
e sostituendo in DX ei si trova:
DX ei = Ak ji X k ej
dove lindice k legato alla scrittura di A in coordinate come Ak dxk . Per un
generico campo Y = Y i ei si ottiene
DX Y = X(Y i )ei + Ak ji Yi X k ej
che ricorda la vecchia forma della derivata covariante espressa tramite i coefficienti kij .
2.4
Olonomia
dt . Identificando Tg G con g,
dg
dt
d
come elemento dellalgebra di Lie rappresentato da g 1 dt
g. La condizione
che
e sia orizzontale espressa da
Adg1 U ()
+ g 1
d
g=0
dt
(2.14)
CAPITOLO 2. CONNESSIONI
45
Applicando il teorema un numero finito di volte possibile rilassare la condizione di differenziabilit di chiedendo solo che sia C a tratti. Il risultato
vale quindi anche per curve ottenute per concatenazione: date e curve
differenziabili con (1) = (0) ben definita data da:
(2t)
per 0 t
2
(t) =
1
(2t 1)
per t 1
2
differenziabile a tratti, e il teorema con lipotesi rilassata pu essere applicato
ad essa.
Se dato un sollevamento orizzontale
e di con punto iniziale u0 , per
ogni g G le propriet della connessione fanno s che
e(t) g sia un sollevamento
orizzontale con punto iniziale u0 g. Dunque sufficiente sollevare con un punto
iniziale u0 qualsiasi per costruire in maniera immediata quello da u0 g, per ogni
g. Un sollevamento globale (cio definito su tutto lintervallo [0, 1]) di induce
una corrispondenza biunivoca tra le fibre di (0) e (1). Indicando con () la
bigezione associata alla curva, per ogni g G varr ()(u g) = (()(u)) g. Se
si indica con 1 (t) la curva (1 t),
e1 ancora una curva orizzontale, poich
il suo vettore tangente lopposto di quello di
e e di conseguenza orizzontale.
Dunque ( 1 ) (()u0 ) = u0 e () ( 1 )u1 = u1 , il che dimostra che la
corrispondenza biunivoca. Infine, se 1 2 la concatenazione di due cammini,
vale (1 2 )(u0 ) = (2 ) ((1 )(u0 )). Dunque i () con un cammino chiuso
con punto base p formano un sottogruppo di G, poich le osservazioni appena
fatte mostrano la chiusura per prodotto e per inverso. In questo caso indicher
con la bigezione di 1 (p) su se stesso indotta dalla curva. Se M connessa,
essendo localmente diffeomorfa ad Rn connessa per archi C a tratti, e se q
un altro punto su M un qualsiasi cammino che lo colleghi a p induce un
isomorfismo tra i sottogruppi di G associati ai due punti. Data una curva chiusa
in q, infatti, la concatenazione 1 fornisce lisomorfismo. dunque
ben posta la seguente:
Def 2.4.1 (Gruppo di olonomia): Sia P un G-fibrato su una variet M connessa, una connessione su P . Per ogni punto u P si chiama gruppo di olonomia
di in u, indicato con u (), il sottogruppo di G definito da:
u () = { g G : (u) = u g per qualche cammino chiuso }
Essendo i u () isomorfi tra loro, spesso si omette il riferimento al punto base
e si parla semplicemente del gruppo di olonomia di .
Si chiama olonomia ristretta in u il sottogruppo 0u ottenuto limitando
alla sola classe dei cammini omotopi a quello costante.
Es 2.4.1: Il trasporto parallelo sulla sfera unitaria (rispetto alla connessione
di Levi-Civita) lungo le curve a latitudine costante mostra che il gruppo di
olonomia S 1 . Infatti, per definizione della connessione, il trasporto parallelo
in questo caso conserva i prodotti scalari, e quindi SO2 . Daltronde, il
trasporto di un vettore alla latitudine d come olonomia 2 cos(): include
quindi un intorno dellelemento neutro di S 1 , e la tesi segue dal fatto che ogni
gruppo di Lie connesso generato da un suo qualsiasi aperto.
Capitolo 3
Piattezza
Lolonomia occupa una posizione centrale nello studio delle connessioni: una
volta definita la sua azione naturale chiedersi da quali propriet di un arco
dipenda il trasporto parallelo lungo di essa, oppure, equivalentemente, sotto
quali ipotesi lolonomia associata ad un cammino sia nulla. La piattezza della
connessione una condizione che garantisce la banalit locale del trasporto
parallelo; globalmente questo non sar comunque vero in generale, ma esister
una stretta relazione tra olonomia e omotopia.
3.1
46
CAPITOLO 3. PIATTEZZA
sono le curve
47
1 (t) = xi + ti
2 (t) = xi + i + t i
3 (t) = xi + t i
2 (t) = xi + i + ti
(p)
(p)
X l k m
hm
lk
xk lm
approssimato tramite uno sviluppo in Taylor e trascurando i termini di grado
superiore al secondo in i e i . Trasportando invece lungo 3 e 4 si ottiene
i
i
h
(p)
(p)
X l k m
X i ijk (p)X j k ijk (p)X j k
hk
lm
xm lk
e la differenza tra i due trasporti :
i
i
i
h
i
h
i
(p)
(p)
+
(p)
(p)
X l k m = Rlkm
X l k m
hm
lk
hk
lm
xk lm xm lk
In questo approccio euristico, dunque, il tensore di curvatura esprime la differenza tra i trasporti paralleli di X lungo due curve diverse, ottenute scambiando
due direzioni fissate. Questo giustifica il nome di tale tensore: intuitivamente ragionevole aspettarsi che la non commutativit di questi trasporti paralleli
dipenda dal fatto che lo spazio curvo, mentre ad esempio in Rn , che piatto,
ci si pu aspettare che il parallelismo non dipenda dal percorso lungo il quale
viene valutato.
Questo esempio chiarisce il significato geometrico della curvatura, ma non
suggerisce in che modo definirla nel caso di connessioni su fibrati principali. A
questo scopo utile riprendere la deifnizione nel caso affine:
R(X, Y )Z = DX DY Z DY DX Z D[X,Y ] Z
Una volta fissato il campo Z, la derivata covariante DX Z una funzione lineare
di X, e pu essere vista come una forma differenziale. Scrvendo questa forma
come Z , lequazione sopra diventa:
R(X, Y )Z = DX (Z (Y )) DY (Z (X)) Z ([X, Y ])
Questa richiama una nota espressione per la valutazione del differenziale di una
1-forma:
(d)(X, Y ) = X((Y )) Y ((X)) ([X, Y ])
In effetti, le due scritture sono formalmente analoghe: in un caso si tratta di una
forma a valori in R per cui ben definita lusuale derivata direzionale, mentre
nellaltro il codominio lo spazio (tangente a) Tp M , e per derivare quantit di
questo tipo necessario ricorrere alla connessione. La curvatura R(, )Z pu
essere quindi vista come il differenziale della forma Z nel senso dato dalla
derivata covariante.
CAPITOLO 3. PIATTEZZA
3.2
48
CAPITOLO 3. PIATTEZZA
49
Dim: Valutando in X, Y si ha
2( )(X, Y ) = [, ](X, Y ) = [Ti , Tj ] i j (X, Y ) =
= [Ti , Tj ] i (X) j (Y ) j (X) i (Y ) =
= [(X), (Y )] [(Y )(X)] = 2[(X), (Y )]
Dunque la tesi equivalente a
d(X, Y ) = (X, Y ) [(X), (Y )]
per ogni X, Y Tu P . Per le propriet di linearit e alternanza delle forme
differenziali basta dimostrare lasserto nei seguenti casi:
X, Y Hu : allora (X) = (Y ) = 0. Inoltre, in questo caso particolare
coincide proprio con il differenziale di , e la tesi verificata.
X Hu e Y Vu : per la bilinearit del commutatore anche in questo
caso [(X), (Y )] = 0, e (X, Y ) = 0 dato che Y H = 0. Per valutare
d(X, Y ) possibile estenderli a campi in un intorno del punto in analisi
ed applicare:
d(X, Y ) = X((Y )) Y ((X)) ([X, Y ]) = X((Y )) ([X, Y ])
Essendo Y verticale, il campo pu essere scelto come quello indotto da
V g: in questo modo (Y ) = V , una costante, e d(X, Y ) si riduce
a ([X, Y ]). Daltra
parte tale vettore orizzontale: lo si scriva come
limt0 Rg(t) X X /t con g(t) una curva in G in modo che il tangente
di u g(t) sia Y . Allora Rg(t) X orizzontale, e cos anche [X, Y ].
X, Y Vu : allora (X, Y ) = 0. In modo analogo al passo precedente si
ha d(X, Y ) = ([X, Y ]). Sia A = ([X, Y ]): allora
A = ([X, Y ]) = ([(X)# , (Y )# ] = ([(X), (Y )]# ) = [(X), (Y )]
da cui finalmente d(X, Y ) = [(X), (Y )].
CAPITOLO 3. PIATTEZZA
50
t1
ij dtij )
1
+ (Rt1 Ai + t1
ij dtij ) (Rt1 Ai + tij dtij ) =
ij
ij
ij
3.3
Come osservato nella sezione 3.1, la curvatura di una connessione affine esprime
la dipendenza del trasporto parallelo dal cammino scelto. Ci si potrebbe quindi
aspettare che tale dipendenza venga meno nel caso in cui la curvatura si annulli
identicamente: questo vero soltanto localmente.
Def 3.3.1: Si dice che una connessione piatta se la sua curvatura nulla. Si
usa anche dire che un fibrato piatto se su di esso definita una connessione e
non si corrono rischi di ambiguit.
Prima di proseguire occorre introdurre della terminologia comune nellambito della geometria differenziale. Sia data una variet M di dimensione n, e
sia assegnato, per ogni punto p M , un sottospazio (p) di dimensione d di
Tp M . Se M pu essere ricoperta tramite aperti sui quali siano definite d campi
vettoriali lisci che formino basi per (p), allora si dice la famiglia di questi spazi
costituisce una distribuzione d-dimensionale su M . La condizione sullesistenza
dei campi vettoriali serve per fare in modo che, in un senso intuitivo, (p) vari in
modo liscio su M . Una distribuzione pu essere vista anche come un sottofibrato
tel tangente ad M . Una distribuzione si dice involutiva se, comunque date X, Y
sezioni di come sottofibrato (cio due campi vettoriali i cui valori in qualsiasi
p appartengano a (p)) anche il loro commutatore lo . In modo pi stringato,
una distribuzione si dice involutiva se chiusa rispetto al commutatore.
Data una distribuzione ha senso chiedersi se per ogni punto p M esista
una sottovariet N 3 p il cui tangente sia (q) in ogni punto q N . Una tale
CAPITOLO 3. PIATTEZZA
51
CAPITOLO 3. PIATTEZZA
3.4
52
Sia F una foliazione orizzontale. Una prima propriet di F la seguente: poich Rg Hu = Hu g , H invariante per traslazioni. Ne segue che anche F lo .
Sia V un aperto coordinato in P con una carta che soddisfa la definizione di
foliazione. Al variare di g G gli insiemi Vg = V g definiscono un ricoprimento
di 1 ((V )), ciascuno dei quali fornisce una carta che rispetta la foliazione,
essendo questa invariante sotto lazione destra. Queste carte permettono di dare
un diffeomorfismo tra (V ) G e 1 ((V )) che manda la foliazione F nella
partizione in insiemi del tipo (V ) { G }. Si ha dunque una banalizzazione
locale di tramite mappe che rispettano la struttura della foliazione. Ogni punto p M ammette un tale intorno banalizzante, e tutte queste trivializzazioni
sono tra loro compatibili nel senso che la transizione dalluna allaltra manda le
foglie di Ui G in quelle di Uj G. Ne segue che le mappe di transizione sono
funzioni da Ui in G costanti.
Fatte queste premesse, possibile introdurre una nuova struttura differenziale su P , con una topologia diversa da quella originale, che corrisponde ad
una discretizzazione del gruppo G. Sia dato un ricoprimento { Ui }iI di M con
delle banalizzazioni i come quelle descritte nel precedente paragrafo. A meno
di restringere gli Ui lecito assumere che si tratti di aperti connessi coordinati,
e dunque diffeomorfi a sottoinsiemi Wi di Rn tramite i . La nuova topologia su
P sar quella indotta dalle carte
i,g :(Ui { g })
(p, g)
- Wi
- i (p)
facile vedere che queste mappe definiscono un atlante su P . Inoltre, le banalizzazioni per possono essere viste in questa nuova struttura come delle
mappe C rispetto a quella su Ui G data dalla topologia discreta su G: in
questo senso il procedimento ora svolto corrisponde ad una discretizzazione di
G. Il fatto che le mappe di transizione siano costanti una condizione necessaria e sufficiente affinch siano continue, e in questo caso sono differenziabili.
Se u (Ui { g }), la carta induce un isomorfismo canonico tra lo spazio
tangente in u rispetto a questa nuova struttura e il sottospazio Hu del tangente
in quella vecchia. Dunque rimane differenziabile per costruzione, e questa
osservazione permette di concludere che viene preservata anche la surgettivit
del differenziale, che ora diviene addirittura un isomorfismo. Si ha dunque una
nuova struttura di fibrato di P su M , con la stessa proiezione. Infine, le foglie di
F sono aperte in quanto per costruzione sono date da unioni di aperti coordinati, e connesse per archi. Infatti, se (t) un arco in una foglia F , differenziabile
rispetto alla struttura originale, le sue rappresentazioni in coordinate tramite le
banalizzazioni locali danno curve lisce con seconda componente costante. Sono
dunque C rispetto alla struttura di Ui G con G discreto, e ricostruendo si
ha la tesi, ricordando che inizialmente F era connesso e localmente diffeomorfo
ad Rn , dunque connesso per archi. Le foglie sono quindi le componenti connesse
di P rispetto alla nuova topologia.
Sia ora p M , u 1 (p), F la foglia passante per u. La mappa di
proiezione pu essere ristretta ad F , e poich Tu F isomorfo a Tp M tramite
segue dal teorema della mappa inversa che esistono un intorno U di p in M ed
CAPITOLO 3. PIATTEZZA
53
- 1 (F )
1 (M )
()
- 0
Si pu dunque concludere:
Thm 3.4.1:
quoziente
o pi succintamente
1 (M )/1 (F )
dove F un qualsiasi elemento della foliazione indotta dalla distribuzione H.
1 Questi argomenti sono stati trattati nei corsi istituzionali nel caso C 0 , ma valgono anche
in contesto differenziabile.
CAPITOLO 3. PIATTEZZA
54
Il fatto che la costruzione fatta non dipenda dalla scelta specifica della foglia di facile dimostrazione: basta ricordare che la foliazione invariante per
traslazione destra e che = Rg .
Es 3.4.1: Sia una connessione sul toro come quella introdotta nellesempio
2.3.1. Il campo che genera la distribuzione, come detto, integrabile e d
delle curve sul toro definite su tutto R. Poich S 1 ha dimensione 1 deve valere
[(X), (Y )] = 0 per ogni X, Y . Dunque lequazione di struttura d = d.
Essendo = dt + g 1 dg, con costante, varr d = 0, e la connessione
piatta. Il gruppo di monodromia dipende fortemente da : si tratter sempre
di un gruppo ciclico, e sar finito se e solo se il rapporto tra e 2 razionale.
Innanzi tutto, le curve integrali del campo non sono altro che i sollevamenti
orizzontali di (t) = e2it su S 1 , che ne genera il gruppo fondamentale. Se
una di queste curve si autointerseca allora periodica: la sua velocit infatti
determinata dalla posizione, e per la parte di unicit del teorema di CauchyLipschitz due curve che in uno stesso punto abbiano la stessa velocit e risolvano
lo stesso problema coincidono.
I sollevamenti corrispondono alle curve su [0, 1]
S 1 date da t 7 t, ei(+t) : lazione di monodromia di n quindi data da
t, ei 7 t, ei(+n) . Se il rapporto tra e 2 non razionale, tale azione
libera, e pertanto il morfismo di Z in () iniettivo. Essendo questo surgettivo
per quanto argomentato sopra, si tratta di un isomorfismo: il gruppo di olonomia
quindi Z. Se invece e 2 sono in rapporto razionale, esiste un n Z
positivo per cui la curva si richiude. Scegliendo n minimo si ottiene che il
nucleo dellazione il sottogruppo nZ, e si ha () ' Z/nZ.
Capitolo 4
Teorie di gauge
Alla luce della teoria esposta finora possibile costruire un modello della teoria
dellelettrodinamica in termini di connessioni su fibrati principali, come esempio
di teoria di gauge.
4.1
Background fisico
Quanto svolto di seguito vuole essere una giustificazione sintetica del formalismo
usato nelle prossime sezioni; per ulteriori dettagli si vedano [2], [3] e [7].
Richiamo brevemente qualche elemento di relativit ristretta. In questa
teoria lusuale spazio R3 viene sostituito dallo spazio di Minkowski, cio R4 con
la metrica espressa da
1 0
0
0
0 1 0
0
gij =
0 0 1 0
0 0
0 1
Le variabili spaziali sono espresse da x , con = 0, 1, 2, 3: x0 rappresenta il
tempo moltiplicato per la costante c (la velocit della luce, talvolta posta a 1 tramite unopportuna scelta delle unit di misura) mentre le altre coordinate sono
quelle usuali. In questo modo, i cambiamenti di sistema di riferimento non sono
elementi di SO3 , ma di quello che si chiama gruppo di Lorentz, formato dalle
trasformazioni che preservano questo prodotto scalare. Naturalmente, qualsiasi
prodotto scalare tra vettori in R4 tramite questa metrica indipendente dalla
scelta del sistema di riferimento.
Dato che questo nuovo modello si basa su una geometria diversa da quella
classica di R3 , naturale aspettarsi che le vecchie grandezze vettoriali, come
velocit e momento, non siano invarianti sotto le trasformazioni di Lorentz, e in
definitiva non siano quantit fisicamente consistenti. Certamente non potranno
essere pi considerate come vettori, poich il nuovo sistema in dimensione
quattro. A questo scopo vengono introdotti i cosiddetti quadrivettori, il cui
primo esempio quello di posizione, ottenuto da quello classico per laggiunta
di una componente ct.
Sia data una curva nello spazio di Minkowski: essa rappresenter il moto
di un oggetto rispetto a un dato sistema di riferimento. Come curva parame55
56
v2
c2
In generale, la derivata rispetto al tempo proprio uguale a quella rispetto a t
moltiplicata per .
In maniera simile vengono definiti degli altri quadrivettori, le cui componenti spaziali sono proporzionali a grandezze vettoriali della meccanica classica, mentre quella temporale unopportuna quantit che nel vecchio modello
rappresentava uno scalare. Ad esempio:
1
0 Ex Ey Ez
Ex
0
Bz By
F ij =
Ey Bz
0
Bx
Ez By Bx
0
In termini del potenziale vettore si ha F = dA come forma differenziale, cio
Fij = i Aj j Ai .
Anche in questo nuovo modello possibile descrivere la dinamica tramite un
principio di azione stazionaria, e di conseguenza tramite le equazioni di EuleroLagrange che sono equivalenti ad essa. Per la particella libera, ad esempio, si
scrive lazione come
Z
Z
mc2
2
dt
S = mc d =
57
4.1.1
Sia H lhamiltoniana di una particella carica in un sistema in cui non siano presenti campi elettromagnetici: classicamente, se questa non dipende dal tempo
rappresenta lenergia della particella. Si introduca ora un quadrivettore (covariante) potenziale elettromagnetico A = dt + A dx , e si considerino le nuove
coordinate momento definite da
p = p + A (t, q)
Allora possibile descrivere la dinamica del nuovo sistema tramite queste coordinate e lhamiltoniana
H (q, p , t) = H(q, p eA, t) e(t, q)
e le equazioni sono le solite, usando le nuove variabili al posto delle vecchie.
Poich si potr avere una dipendenza di H dal tempo, si aggiunge unequazione:
H
dp
dt
q
dq
H
=
dt
p
dH = H
dt
t
Dunque le equazioni della fisica sono in definitiva quelle classiche, purch
la variabili in uso vengano opportunamente modificate. Per la dimostrazione
rimando a [2].
Una cosa simile avviene in meccanica quantistica. In questo contesto, le
grandezze misurabili, dette osservabili, sono rappresentate da operatori autoaggiunti che agiscono su uno spazio di Hilbert complesso i cui elementi sono
i possibili stati del sistema, indicati con |i. Si postula che i possibili esiti
di unoperazione di misura siano gli autovalori delloperatore, e gli autovettori associati rappresentino stati in cui losservabile assuma il valore assegnato
(gli autostati del sistema). Uno stato generico sar combinazione lineare di autostati o, quando questi siano in numero infinito, sar rappresentato da una
58
= H
t
p2
+ V (x)
2m
~
+V
i~
=
2
t
2m
(x )
Considero ora la dinamica di una particella carica in presenza di campi
elettromagnetici rappresentati da un potenziale vettore. Per analogia con il
caso relativistico classico (cio non quantistico) riscrivo lequazione sostituendo
al momento p e allhamiltoniana H che si avrebbero in assenza di campi quelli
ottenuti sommando i contributi dovuti ad A. Si ha dunque:
i~
ie
~
2 X
2
~
ie
=
A + V
2m
x
~
Il potenziale vettore non determinato dai campi: la fisica del sistema rimane
invariata se ad A si somma , dove = /x e una qualsiasi funzione
59
4.2
~
Delle trasformazioni simili erano gi state incontrate nel contesto delle connessioni su fibrati principali. Se tij la mappa di transizione tra due banalizzazioni locali i e j , le forme di connessione locali trasformano come
Aj = Adt1 Ai + t1
ij dtij
ij
t1
ij dtij
tij
x
Questo suggerisce di descrivere lelettrodinamica secondo il modello che segue. La funzione donda pu essere considerata come una sezione di un fibrato
vettoriale complesso di dimensione 1, la cui struttura andr specificata in seguito 1 . La trasformazione di quando si cambia il potenziale un prodotto per un
numero complesso unitario: si potr quindi pensare che una scelta della gauge
corrisponda a un cambiamento della banalizzazione locale del fibrato tramite la
mappa di transizione data dallelemento di U (1) rappresentato da exp(ie/~).
Si chieder dunque che il gruppo di struttura del fibrato sia proprio U (1), che
abeliano. Se si indica con A la quantit complessa iA si ottiene una 1-forma di
connessione locale: essendo il potenziale un vettore covariante reale, moltiplicarlo per lunit immaginaria fornir in effetti una forma differenziale a valori
in iR, lalgebra di Lie di U1 . La trasformazione A 7 A + i mostra che A
rappresenta in effetti una connessione sul fibrato principale associato a quello
di cui una sezione. Segue che loperatore
e
e
A = + i
A
+
~
~
1 Se si immagina di lavorare su tutto R4 , senza singolarit nei campi, il fibrato necessariamente banale, per via di un teorema di omotopia che garantisce lesistenza di un unico fibrato
su uno spazio retraibile una volta che sia fissata la fibra.
60
~2
2m
X
3
D2 + V
=1
4.3
61
Il monopolo di Dirac
E(t, r) = 0
B(t, r) = 4g(r)
E(t, r) = 0
B(t, r) = 0
Le equazioni sono disaccoppiate, e quelle per il campo magentico sono formalmente identiche a quelle dellelettrostatica. Il campo magnetico fuori dallorigine
sar quindi:
g
B(t, r) = 3 r
r
Va osservato che ha senso studiare solo la regione esterna allorigine, e questo
non solo perch il campo non definito in quel punto, ma anche per una ragione
teorica. Il modello introdotto sopra mostrava che le equazioni di Maxwell omogenee discendono naturalmente dallidentit di Bianchi, e sono pertanto legate
alla struttura geometrica dellambiente. Se la fisica di una certa regione pu
essere descritta tramite un potenziale vettore allora la distribuzione di carica
magnetica in tale spazio deve annullarsi. In altre parole, il modello introdotto
pu descrivere i fenomeni dovuti alla presenza di monopolo magnetico, ma solo
fuori dalla regione in cui questo concentrato.
Nellipotesi che il sistema sia statico (rispetto ad un particolare riferimento)
la componente temporale trascurabile, e ha senso restringere lo spazio a R3 .
Occorre inoltre rimuovere lorigine: ha quindi senso scegliere la sfera S 2 come
ambiente in cui studiare i fenomeni dovuti alla presenza del monopolo. Il tutto
sar quindi espresso in termini di un fibrato su S 2 con fibra C e del suo principale
associato, la cui struttura andr stabilita in seguito. Dato che la sfera privata
di un qualsiasi punto diffeomorfa al piano e in particolare retraibile, sui due
aperti ottenuti rimuovendo rispettivamente i due poli Nord e Sud (cio
z)
possibile trovare delle banalizzazioni del fibrato, e dunque dei potenziali estesi
a tutta la regione. Non sar invece possibile trovarne uno definito sullintera
sfera, poich altrimenti per il teorema di Gauss si avrebbe:
Z
Z
Z
ds =
ds =
4g =
Bn
An
A dl = 0
S2
S2
S 2
I due potenziali
AN = g
ydx + xdy
r(r + z)
AS = g
ydx xdy
r(r z)
sono definiti rispettivamente sulle calotte Nord e Sud, e il loro rotore effettivamente il campo magnetico B sul dominio di ciascuno. Fuori dallasse z ben
62
2ydx + 2xdy
r (r2 z 2 )
2g
d = (2g)
r sin
US
Z
=
(AN AS ) d = 4g
0
Si supponga ora che nella regione perturbata dalla presenza del monopolo
magnetico venga introdotta una carica elettrica di prova sufficientemente piccola da non modificare apprezzabilmente i campi. Questo teoricamente possibile
a prescindere dallipotesi che non esista una carica elettrica non nulla di modulo
arbitrariamente piccolo, poich in questa eventualit basta sovrapporre pi monopoli magnetici in modo da soddisfare la condizione. Se q il valore di questa
carica, lequazione di Schrdinger per questo sistema, diviene
i~
N
=
t
~2
2m
X
iq
~
2
(AN )
per la calotta Nord, e analogamente per quella Sud. La regola che trasforma
N in S data dunque da
q
2qg
S
N = exp i S = exp i
~
~
Da qui si ricava la funzione di transizione
2qg
tSN = exp i
~
Se il modello buono, tSN rappresenta una ben definita funzione di , e in
quanto tale devessere 2-periodica. Questo equivale alla condizione di quantizzazione:
2qg
Z
~
Ecco dunque una prima previsione ricavata da questa teoria: cariche elettrica
e magnetica sono quantizzate. Infatti, fissando il valore di q si ottiene una
condizione su g che le impone di avere un valore multiplo intero di una data
costante, e dunque esiste una carica fondamentale g0 per cui il valore di qualsiasi
63
monopolo magnetico sia g = kg0 per qualche k Z. In modo del tutto analogo
si ricava la quantizzazione della carica elettrica. Questo risultato del tutto
indipendente da quello mostrato da Millikan in laboratorio, e anzi non d alcuna
previsione sul valore di queste cariche fondamentali. Ci che si pu concludere
che, se la teoria di gauge per lelettrodinamica un buon modello, e se esiste
nelluniverso un monopolo magnetico, allora le cariche elettrica e magnetica
sono quantizzate.
4.4
Leffetto Aharonov-Bohm
Non mai stata provata fino ad oggi lesistenza di alcuna carica magnetica. I
risultati della sezione precedente potrebbero essere visti come fini a se stessi,
senza significato fisico in quanto basati solo su ipotesi sperimentalmente prive
di fondamento. In definitiva, quellesempio non giustifica fino in fondo lintroduzione della teoria di gauge elettrodinamica, o per lo meno non la rende davvero
necessaria. Quello che viene presentato di seguito, invece, un risultato che ha
trovato un riscontro sperimentale, e pu quindi essere pi convincente.
Uno dei primi risultati sperimentali nellambito della meccanica quantistica
fu quello messo in luce dalla cosiddetta esperienza della doppia fenditura. Agli
inizi del XIX secolo Young aveva fatto passare della luce attraverso due fenditure
verticali su una parete, rilevando su uno schermo una figura di interferenza ed
evidenziando cos il comportamento ondulatorio dei fotoni (bench allora non
si usasse questo linguaggio). Analogamente, questo nuovo esperimento consiste
nello sparare attraverso una doppia fenditura un fascio di elettroni, ottenendo
anche in questo caso un fenomeno di interferenza.
Classicamente questo fenomeno non ha senso: se lelettrone una particella massiva naturale aspettarsi che la distribuzione rilevata sullo schermo sia
concentrata in due punti corrispondenti alle fenditure. Secondo la meccanica
quantistica, invece, questo ha perfettamente senso. Se si suppone che un certo
elettrone abbia superato il piano su cui sono incise le fenditure, senza per sapere
da quale delle due sia passato, il suo stato potr essere scritto come combinazione lineare dei due fondamentali |1 i e |2 i, ciascuno dei quali rappresenta
il caso in cui la particella abbia attraversato una delle due fessure. Tali stati,
essendo autovettori per loperatore hermitiano che rappresenta losservazione
della fenditura da cui passato lelettrone, sono ortogonali. Se si suppone che
le situazioni siano equiprobabili, allora:
2
(|1 i + |2 i)
|i =
2
64
esterna al solenoide il campo elettromagnetico trascurabile), sperimentalmente si osserva uno shift della figura di interferenza proporzionale al flusso del
campo magnetico nel solenoide, misurato considerando positivo il verso dellasse
z verso lalto.
Fenditura 2
2
P
Solenoide
Sorgente
Fenditura 1
La trattazione fisica pu essere svolta nel modo che segue. Le due funzioni
donda 1 (x) e 2 (x) corrispondenti ai due autostati delloperaore che misura da quale fenditura sia passato lelettrone sono identiche nella sorgente. Si
ipotizza che lemissione di particelle sia isotropa e abbia propagazione sferica;
sotto la condizione che la distanza tra le fessure sia trascurabile rispetto alle lunghezze caratteristiche dellapparato sperimentale (distanza sorgente-fenditure e
fenditure-schermo) si pu approssimare il comportamento nei punti di interesse,
in condizioni di particella libero, come quello di unonda piana. Scelgo un sistema di riferimento in cui il piano delle fenditure corrisponde a x = 0, e i punti in
cui queste si trovano siano individuati dai vettori r1 ed r2 , mentre la sorgente
posta in rS . Lo scopo della trattazione studiare cosa avviene in un punto P
sullo schermo, individuato da rP .
Per prima cosa occorre valutare le due funzioni donda in r1 ed r2 rispetto
ad una particolare scelta di gauge. Per ora comodo usarne una in cui il
potenziale vettore identicamente nullo nel semipiano delimitato dalle fenditure
e contenente la sorgente. In questo modo vale
j (ri ) = j (rS ) eik(rj rS )
dove il vettore k una costante che caratterizza la propagazione degli elettroni,
mentre i lunit immaginaria e j un indice che varia tra 1 e 2 (cio identifica
lo stato che si sta considerando). Fin qui non vi stata nessuna influenza da
parte del solenoide.
Si suppongano note le funzioni donda nei punti corrispondenti alle fenditure per una differente scelta di gauge, quella cio in cui il potenziale si annulla
identicamente nellaltro semipiano. Qui si sta ipotizzando che il solenoide sia
sufficientemente sottile da renderne trascurabile la sezione. Allora i valori delle
funzioni in P sono ottenuti nuovamente in maniera analoga al caso senza solenoide, e cio moltiplicando per il termine di fase eik(rP rj ) . Anche qui non c
alcun contributo dalla presenza del solenoide. Questo per diviene importante
65
quando si cambia la gauge: passando dalla prima alla seconda ogni funzione
donda viene sfasata di un termine che dipende dal potenziale di gauge , che
pu essere espresso come integrale di linea della differenza tra i potenziali. In
questo modo la j (rj ), rispetto alla seconda gauge, diviene:
Z rj
ie
A dl
j (rS ) eik(rj rS ) exp
~ rS
In definitiva, le funzioni donda in P sono le stesse del caso senza solenoide, a
meno di una fase determinata dal potenziale. Questo pu essere rilevante se la
fase relativa tra le due viene modificata. La variazione di tale fase rispetto al
caso senza solenoide data da
Z
Z
ie
ie
exp
A dl +
A dl
~ 1
~ 2
Il percorso 1 + 2 pu essere chiuso con un qualsiasi arco 3 nella regione in
cui il potenziale nullo, senza dare alcun contributo. La fase cercata diviene
dunque
Z
e
ie
A dl = exp i
exp
~ 2 +3 1
~
Segue che la figura dinterferenza risulta shiftata di una lunghezza proporzionale
al flusso del campo magnetico attraverso una spira del solenoide.
Il fenomeno pu essere descritto geometricamente nel modo che segue. La
regione di interesse quella esterna al solenoide, e ha la stesso tipo di omotopia
di una circonferenza, perci il fibrato da introdurre avr spazio base S 1 (e fibra
C, come sempre). I due stati fondamentali |1 i e |2 i corrispondono ad archi di
circonferenza 1 e 2 che connettono un punto S, che rappresenta la sorgente,
a P , posto sullo schermo, in cui si vogliono valutare le nuove funzioni donda.
Suppongo che la fenditura corrispondente al percorso 1 sia posta in y = d,
laltra, invece, in y = d, con d > 0, in modo che 1 2 dia la circonferenza
percorsa in verso antiorario partendo dalla sorgente. Queste sono ottenute dalle
vecchie (|1 iV e |2 iV ) moltiplicandole per una fase ei(x) , cio una sezione
del fibrato principale associato a quello in uso, con la condizione che questa
sia trasportata parallelamente lungo gli archi. Questo giustifica la restrizione
dello spazio ad un suo retratto per deformazione: dato che la curvatura della
connessione rappresentata dai campi, che in questo caso sono nulli nella regione
di interesse, il trasporto parallelo lungo una curva non dipende che dalla sua
classe di omotopia. Per questo sistema possibile scegliere un potenziale globale:
le condizioni che questo deve soddisfare sono che il suo rotore sia nullo, e che il
suo integrale lungo la circonferenza, percorsa in senso antiorario, dia i 2 . La
forma
ydx + xdy
A = i
2r2
soddisfa tali richieste. Lequazione del trasporto parallelo lungo la curva (s)
sar
d exp (i((s))) e
exp (i((s)))
A(s)
=0
ds
~
2 Il
flusso deve essere uguale allintegrale di linea del potenziale A = iA. Moltiplicando
per i si ha la relazione data.
66
4.5
Continua...
La formulazione presentata ora dellelettrodinamica non che un esempio particolare di teoria di gauge. Pi in generale, si possono presentare situazioni fisiche
in cui il sistema in analisi abbia dei gradi di libert teorici in pi rispetto a quelli
effettivamente osservabili. Nel caso trattato finora, questa variabile in eccesso
il potenziale di gauge , che nella soluzione delle equazioni si manifesta chiaramente, ma che fisicamente non rappresenta nulla di evidentemente concreto. I
gradi di libert in pi vengono parametrizzati punto per punto da un opportuno
gruppo di Lie G, formato dalle trasformazioni che lasciano invariato il resto del
67
Bibliografia
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