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Coaching organizzativo: andare oltre i limiti della formazione (e della consulen-

za)

Parte seconda

Ambiti di applicazione del coaching organizzativo

Il coaching organizzativo ha come obiettivo la soluzione di problemi di risultati organiz-

zativi, ottenuta mediante un processo di cambiamento che richiede, come tutti i reali cam-

biamenti, un momento di apprendimento. In questo caso si tratta di apprendimento colletti-

vo o condiviso; un gruppo di lavoro segue un percorso ben determinato che parte dal por-

tare alla luce le cause dei risultati non in linea con le attese, per arrivare allʼidentificazione

di possibili soluzioni.

Questo percorso si differenzia in base allʼoggetto del lavoro di gruppo, pur essendo

sempre un percorso di brainstorming strutturato. Operano direttamente su problemi opera-

tivi dovrà infatti essere in linea con la tipologia di problemi affrontati, dove si possono in-

travedere 3 macro aree: 1. analisi scenari e implementazione della strategia (applicazione

modello Kaplan Norton); 2. eccellenza operativa (miglioramento dei processi e della quali-

tà del servizio con Lean Six Sigma); 3. sviluppo organizzativo e dei modelli di gestione

(organizzazione, governance). In tutte e 3 le situazioni si agirà anche sul processo di ap-

prendimento, che rappresenta il meta-livello comune.

Lʼabbinamento a progetti Lean è naturale e molto efficace, in quanto Lean enfatizza la

centralità del cliente e il coinvolgimento dei lavoratori come elementi centrali dellʼintero

metodo. Rispetto a certi approcci Lean che prediligono lʼinsegnamento di metodi e tecni-
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che, il coaching organizzativo lavora maggiormente su aspetti quali il coinvolgimento, la

sensibilizzazione, il confronto, lʼaffiancamento, accompagnando il processo di apprendi-

mento e favorendo una reale efficacia allʼintero progetto.

Il coaching organizzativo si presta molto bene in tutti quei casi in cui sia prevedibile e/o

auspicabile un significativo impatto culturale, ad esempio nel momento in cui si renda ne-

cessario far evolvere il modello di servizio dellʼazienda o di un settore della stessa. E non

si tratta solamente di miglioramento del servizio rispetto al cliente finale: anche interna-

mente allʼazienda esistono aree dove spesso la cultura tecnica prevarica la logica del ser-

vizio e mi riferisco in modo particolare ai Sistemi Informativi, che possono essere diventare

leva strategica solo quando uniscono ad unʼottima competenza tecnica anche lʼorienta-

mento al servizio e al business, cosa non frequente in realtà. Altro interessante ambito di

applicazione si trova nelle situazioni legate a transizioni strutturali di mercato, come quella

che stiamo assistendo in questo momento nel mercato finanziario dove il modello basato

su alchimie e giochi di prestigio finanziari, che nulla aveva a che fare con le reali esigenze

dei clienti, sta lasciando il posto ad una maggior consapevolezza rispetto alla necessità di

ritornare ad un modello economico forte, che riparta dal cliente e dalle finalità istituzionali

degli enti finanziari1 . La riflessione necessaria per riconoscere il modello di servizio appli-

cato e valutarne gli effetti sul cliente e in generale sugli stakeholders richiede apertura,

condivisione, confronto, elementi che stanno alla base del lavoro di gruppo nellʼambito di

un intervento di coaching organizzativo.

Come si struttura un intervento di coaching organizzativo

1 un amico mi diceva poco tempo fa che “stiamo tornando a fare banca, come si faceva 15
anni fa, ponendo attenzione agli indici industriali e al cliente.”
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Il punto di partenza di un progetto di coaching organizzativo può essere, come abbia-

mo visto, un qualsiasi problema di perfomance o un obiettivo di miglioramento delle capa-

cità dellʼazienda, come ad esempio miglioramento del servizio al cliente nel settore finan-

ziario, riduzione dei tempi di pagamento delle fatture passive, riduzione dello spreco e dei

costi insiti nel ciclo passivo, miglioramento dellʼefficacia di gruppi di lavoro aziendali.

Pur essendo un approccio piuttosto flessibile, vi sono alcuni elementi caratterizzanti

che devono essere presenti:

1. un gruppo di lavoro costituito da persone coinvolte operativamente sul processo

che si andrà ad analizzare;

2. trasparenza sugli obiettivi del progetto e sulle modalità di gestione dello stesso:

questo elemento è fondamentale per ottenere un buon coinvolgimento da parte dei

membri del gruppo di lavoro;

3. la disponibilità ad accettare le proposte provenienti dal gruppo, che dovranno esse-

re approvate, ma che devono trovare una giusta considerazione da parte della direzio-

ne;

4. un chiaro obiettivo di miglioramento e unʼaltrettanto chiara identificazione dei limiti

entro i quali il gruppo di può muovere;

5. uno o più facilitatori che dovranno garantire la corretta applicazione del metodo ed

in particolare creare le condizioni per un confronto costruttivo e affiancare le persone

nella fase di implementazione dei sotto-progetti di miglioramento individuati.

Il top management deve essere garante di questi elementi, fornendo la direzione verso

sui il gruppo dovrà muoversi e garantendo una adeguata sponsorship al progetto.

La fase preliminare del progetto prevede degli incontri con lʼente richiedente e con gli

stakeholders di progetto (solitamente i responsabili delle strutture coinvolte e i principali

clienti interni). Eʼ anche opportuno effettuare una prima rilevazione sul campo per poter
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valutare le condizioni operative in cui le persone successivamente coinvolte sul progetto

stanno operando. In questa fase è sempre opportuno ricordare le parole di Taichi Ohno,

padre del Toyota Production System, “go and see, ask why and show respect.”

La scelta delle persone da inserire nel gruppo è un elemento importante: dovranno

essere persone direttamente coinvolte nel processo che si andrà ad indagare, sia esso un

processo operativo o un processo di supporto (sviluppo software, elaborazione scenari,

ciclo passivo, ecc.). La vicinanza con il problema permette una conoscenza più diretta e

approfondita dello stesso; solitamente le persone che operano su una certa fase di un

processo sono anche i più profondi conoscitori delle problematiche ad esso connesse e

quindi possono offrire un valido contributo agli obiettivi del gruppo. Eʼ opportuno che tutti i

settori coinvolti sul processo da analizzare siano coinvolti, così da avere una visione com-

pleta sul processo stesso. Devono inoltre essere individuati uno o più sponsor del progetto

che individuino le risorse necessarie al buon funzionamento del progetto e che forniscano

al gruppo le linee guida e le informazioni necessarie.

Una volta costituito il gruppo di lavoro alternerà delle sessioni di formazione con delle

sessioni più operative che serviranno a definire lo stato attuale del processo o del modello

organizzativo analizzato, le principali criticità e le possibili proposte di miglioramento. Vi

sono varie tecniche di supporto a queste fasi di progetto fra cui il facilitatore può scegliere

quelle più consone al suo stile o più adatte alla specifica realtà in cui si trova ad operare,

come ad esempio G.R.O.W. (goals, reality, opportunities and way forward), o DMAIC (de-

fine, measure, analyze, improve, control).

Personalmente trovo più semplice utilizzare GROW per la gestione del gruppo, in

quanto questo metodo nasce come strumento di brainstorming di gruppo e risulta facile

dare ritmo comune e focalizzare lʼattenzione delle persone usando questo percorso a 4

fasi.
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Prima però di addentrarci nellʼuso di GROW cerco sempre di anteporre lʼascolto del

cliente (VOC). Lʼincontro diretto con i clienti (clienti veri in carne ed ossa, non studi di mer-

cato) consente di focalizzare lʼattenzione sullʼoutput di processo invece che su problemati-

che interne o di settore. Le esigenze del cliente diventano poi elementi fondamentali per

definire gli obiettivi del progetto (Goals).

Per lʼanalisi della situazione attuale (Reality) si possono utilizzare vari strumenti (nu-

merici, visuali; mappe di processo, diagrammi cause-effetto, analisi statistiche, ….) a se-

conda dellʼoggetto sul quale il gruppo sta lavorando.

Una volta individuate possibili proposte (Options) è importante poter valorizzare i mi-

glioramenti previsti e sviluppare un nuovo modello di processo e/o un nuovo modello or-

ganizzativo. La misurazione dei potenziali benefici (riduzione dello spreco, tempi di pro-

cesso e di ciclo, costi della non qualità, …) è fondamentale per la successiva valutazione

VOC Piano delle


ascolto del GROW azioni (pro-
cliente getti)

delle strade da intraprendere (Way forward) che dovrà essere discussa con i committenti

interni al fine di ottenere le risorse necessarie allʼimplementazione delle proposte. Questa

misurazione è inoltre fondamentale per “chiudere il cerchio” rispetto al tema iniziale, ovve-

ro alla necessità di dimostrare lʼutilità di formazione e organizzazione per il business.

Prima della decisione sulla via da intraprendere può essere opportuno sviluppare spe-

rimentazioni limitate, in modo da raccogliere dati sul miglioramento effettivo realizzabile.

Ultimo passo, una volta definite le proposte da sottoporre al top management, è la co-

struzione di una matrice che lega obiettivi, metriche di misurazione e progetti (Piano delle
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azioni) che serve per valutare pianificare le azioni di implementazione e per controllarne

lʼavanzamento.

Lʼinsieme di proposte, risultati delle sperimentazioni e possibile piano delle azioni vie-

ne sottoposto allʼapprovazione degli sponsor di progetto e/o della direzione generale.

Fin qui siamo rimasti a livello operativo, ovvero al livello di analisi del problema di per-

formance assegnato al gruppo. Esiste però anche il meta-livello relativo al sistema di rela-

zione interno al gruppo e del processo di apprendimento, che deve essere adeguatamente

presidiato per la miglior efficacia del gruppo stesso.

Qui possono essere utilizzate diverse tecniche specifiche di interventi di team building:

fra le varie possibili, io solitamente mi rifaccio alle tecniche di empowerment e self-em-

powerment2 e alla teoria U 3. A seconda della composizione del gruppo e dellʼevoluzione

del percorso di apprendimento potrà essere utile/necessario individuare specifiche aree di

approfondimento al fine di ridurre potenziali tensioni, migliorare il livello di comunicazione,

stimolare lʼemergere di nuove idee.

Nel coaching organizzativo lʼobiettivo del lavoro svolto sul meta-livello consiste nel fa-

cilitare il lavoro di gruppo (condivisione delle cause, produzione di nuove idee) e ridurre la

latente resistenza al cambiamento. Il coinvolgimento e la partecipazione permettono di li-

berare energia solitamente repressa o incanalata verso altri obiettivi extra-lavorativi. Ho

conosciuto molte persone che sul lavoro si limitano ad un contributo minimale, per poi

scoprire che al di fuori dellʼambito lavorativo gestiscono realtà complesse quali un gruppo

2 per un approfondimento sul self empowement rimando alle diverse opere pubblicate da
Massimo Bruscaglioni fra le quali ricordo M. B. e S. Gheno, “Il gusto del potere. em-
powerment di persone e azienda” , Franco Angeli
3 vedi “Theory U, Leading from the Future as it emerges” di Otto Scharmer, che potete tro-

vare su www.presencing.com
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jazz, una corale4, o associazioni con varie finalità. Questa energia rappresenta la differen-

za fra eseguire un compito con coscienza (e il minimo di sforzo possibile) ed essere proat-

tivi e generativi.

Lʼaltro elemento fondamentale per il buon funzionamento del gruppo è il processo di

apprendimento, ovvero le modalità che ogni membro del gruppo adotta per assimilare no-

zioni (ascolto, letture, confronto) e imparare dallʼesperienza (prove ed errori, sperimenta-

zione). Questʼultima parte è spesso lasciata un poʼ al caso, come se fosse cosa spontanea

e naturale. Ciò è vero solo in parte, infatti la maggior parte delle persone non adotta un

processo strutturato di apprendimento e raramente è in grado di lavorare per migliorarlo.

Per lo più quando di parla di studio e apprendimento ci si riferisce allʼassimilazione di no-

zioni ovvero a quella limitata frazione dellʼapprendimento legata allʼesperienza scolastica.

Ma per una persona lʼapprendimento più importante è dato dallʼesperienza o dalla speri-

mentazione, che poi è esperienza in vitro. Ma quante volte in azienda ci si sofferma sulle

“lezioni apprese” o ci si occupa di diffondere una esperienza positiva? Il biasimo, la ricerca

del colpevole, lʼinvito esplicito o implicito a “stare al proprio posto” sono comportamenti

assai diffusi nelle grandi organizzazioni burocratiche e rappresentano altrettanti blocchi al

manifestarsi del processo di sviluppo e condivisione della conoscenza, che invece si fon-

dano sullʼaccettazione dellʼerrore e sulla sua valorizzazione. Lʼapprendimento si sviluppa

in un percorso per prove ed errori, quando però gli errori vengano utilizzati come fonte di

nuova conoscenza.

La complessità di un intervento di coaching organizzativo risiede proprio nel lavorare

contemporaneamente su queste tre dimensioni (miglioramento operativo, coinvolgimento,

processo di apprendimento), tenendo insieme competenze solitamente relegate a specia-

4 sto parlando di casi reali, da me incontrati


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listi settoriali, che spesso appartengono a diverse aree aziendali (Formazione, Organizza-

zione, Sviluppo, …). Chiameremo “funzionamento del gruppo” lʼinsieme delle azioni volte a

favorire il coinvolgimento, consentire un corretto confronto allʼinterno del gruppo, permette-

re il manifestarsi di un processo di apprendimento reale e strutturato.

Eʼ proprio grazie a questa “pluralità” che si riesce ad affrontare i progetti in modo più

ampio, con un approccio sistemico che consenta di “vedere da più punti di vista” i problemi

e quindi offra più opportunità di comprensione dei fenomeni personal-socio-tecnici insiti in

qualsiasi cambiamento organizzativo.

La complessità derivante dallʼinteragire di elementi personali, sociali e tecnici si som-

ma alla complessità di gestire contemporaneamente livello operativo (miglioramento del

processo) e meta-livello cognitivo (processo di apprendimento). Per dominare questo livel-

lo di complessità e valorizzarla senza operare riduzioni semplificatrici e banalizzanti, è au-

spicabile che ogni intervento di coaching organizzativo sia pianificato e gestito da persone

con competenze diverse e complementari, ovvero da un team di facilitatori che possano

operare su più dimensioni e a più livelli contemporaneamente. La composizione ottimale

da me sperimentata consiste in un team composto da due persone di cui una con compe-

tenze psicologico-sociali ed una con competenze più orientate agli aspetti organizzativi e

maggior vicinanza ai problemi del business. Un team di facilitatori così formato è in grado

di osservare efficacemente sia il livello operativo, sia quello che abbiamo chiamato di fun-

zionamento del gruppo.

Conclusioni

Lʼefficacia di un intervento di coaching organizzativo è duplice in quanto permette di

operare per il raggiungimento di una miglior efficacia/efficienza operativa, trasmettendo

know-how organizzativo ai membri del gruppo in modo che possano a loro volta diffondere
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nellʼorganizzazione le tecniche apprese. Inoltre opera anche sulla consapevolezza delle

persone aumentandone la capacità di leggere dinamiche relazionali, di gestire il proprio

processo di apprendimento e di interagire con maggior efficacia con i colleghi. Questo a

condizione di gestire lʼintervento con un adeguato mix di competenze che consentano di

tenere insieme prospettive diverse.

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