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Giorgio Rodano
Sapienza - Universit di Roma
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costringerebbe i nostri partner a fare buon viso a cattiva sorte. A mio parere
lanalisi di Biasco forse un po troppo pessimistica mentre quella di Bagnai
probabilmente un po troppo ottimistica. Resta il fatto che il problema
tecnico di come implementare il processo di uscita dalleuro stato oggetto di numerosi studi.4 Mi limito a citarne due, quello di Bootle5 e quello
di Sapir6 . La conclusione di entrambi che leventuale processo di uscita
tecnicamente complesso ma gestibile (certo non sarebbe una passeggiata). Rinviando eventualmente alla discussione per i dettagli (se ne avremo
il tempo), concludo su questo punto con due osservazioni. La prima. Per
un paese uscire dalleuro comporterebbe cambiamenti istituzionali molto rilevanti (per esempio: andrebbe messa in discussione lindipendenza della ricostituita Banca centrale; andrebbe limitato, soprattutto in una prima fase,
lutilizzo del contante; ecc.) e comporterebbe interventi drastici sul funzionamento dei mercati (per esempio: quasi certamente andrebbero introdotti
vincoli di portafoglio alle banche; controlli sui movimenti internazionali dei
capitali; blocchi temporanei dei prezzi e dei salari; ecc.). La seconda. Stando
a tutti gli studi sullargomento, condizioni necessarie per il successo delloperazione sono la segretezza nella preparazione e la rapidit nellesecuzione. Altrimenti i costi sarebbero elevatissimi e i benefici attesi sarebbero largamente
vanificati, in anticipo, dalle reazioni dei mercati.7
Ma quali sarebbero i costi e i benefici che un paese pu attendersi dalluscita dalleuro? Qui veniamo alla seconda domanda che compare nel titolo di
questa lecture, quella veramente importante: uscire dalleuro auspicabile?
Quali sono, cio, i costi e i vantaggi che si pu attendere un paese che decida
di lasciare la moneta unica? In questo caso penso soprattutto alla situazione
a regime, quella che si determinerebbe, per il paese, una volta completata la
fase transitoria che, per quanto gestita con capacit tecnica e sangue freddo,
ragionevole attendersi piuttosto tumultuosa. A mio avviso, il modo migliore
per provare a rispondere allinterrogativo se convenga o meno uscire dalleuro
allora quello di cominciare facendo un passo indietro. utile partire, cio,
Sicuramente, molti studi sono stati predisposti dai vari governi dellEurozona, ma, per
ovvi motivi, restano segreti. Lo stesso ministro tedesco delleconomia, Schuble, qualche
anno fa ha lapidariamente affermato che i governi deleurozona sarebbero stupidi se
non avessero gi pronto un piano B (Bagnai, 2012).
5
Roger Bootle (2012), Leaving the Euro: a pratical guide (scaricabile allindirizzo
http://www.policyexchange.org.uk/images/WolfsonPrize/wep%20shortlist%20essay%20%20).roger%20bootle.pdf
6
Jacques Sapir (2012), Sil faut sortir de lEuro ..., Document de travail, Centre
dtude des Modes dIndustrialisation (- ) (il testo scaricabile allindirizzo
http://www.econ-pol.unisi.it/petri/SapirSortie_de_l_euro.pdf).
7
Al riguardo, lesperimento in corpore vili delle vicende greche degli ultimi mesi
largamente istruttivo.
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competenze) che ricorrere ancora una volta alla teoria economica; la quale,
appunto, ci fornisce un criterio per provare a pesare vantaggi e costi di una
unione monetaria. Mi riferisco alla teoria delle aree valutarie ottimali.
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che va bene per un paese, andr bene anche per laltro.22 Nel breve periodo
le due economie subiscono gli effetti degli shock t . Quanto pi questi shock
sono sono comuni a entrambe (e non locali, nel senso che ne colpiscono
una sola) tanto pi il requisito dellomogeneit sar soddisfatto. In questo
caso, infatti le due economie hanno bisogno degli stessi interventi di politica
economica di breve periodo.
(ii) Apertura dei mercati e integrazione delle economie. Se le
imprese di un paese vendono (e/o producono) anche in altri paesi, la loro
salute dipende meno da come va leconomia del paese; questa, perci pi
stabile e ha meno bisogno di interventi di politica economica; e lo stesso
vale per gli altri paesi. C una evidente analogia con la strategia per cui,
in finanza, si tende a diversificare il portafoglio per ridurne il rischio. In
questo caso la strategia di diversificazione riguarda i mercati di sbocco e la
localizzazione delle attivit produttive.23
Questi due requisiti non sono mai completamente soddisfatti, neppure allinterno di un singolo paese.24 Tuttavia, anche se non sono pienamente integrate
e omogenee, le economie dellarea possono ugualmente dar vita a ununione
monetaria se sono soddisfatti altri due requisiti:
(iii) Flessibilit di prezzi e salari : Si tratta di uno dei meccanismi
tipici con cui uneconomia pu reagire a uno shock locale. Consideriamo
due paesi, A e B in cui, per ipotesi, i prezzi e i salari rispondono rapidamente
agli squilibri tra domanda e offerta. Se nel primo si registra una buona
congiuntura e nel secondo una cattiva congiuntura, i prezzi e i salari saliranno
in A e scenderanno in B, favorendo la convergenza delle due economie.
(iv) Mobilit degli input : Considerando la situazione del punto precedente, la domanda di lavoro in salir A e scender in B. Se il lavoro disposto
a spostarsi da uneconomia allaltra, questa situazione alimenter un flusso
di lavoratori da B ad A. E, se mobile anche il capitale, ci sar un flusso
simmetrico di questultimo da A a B.25
In particolare, i due paesi avranno, spontaneamente, la stessa inflazione. Assumendo
che la loss function dellautorit monetaria sia L = p2 + (1 ) u2 , dove misura appunto il peso della perdita imputabile allinflazione, si ottiene per linflazione di equilibrio
uL
il valore p = 1
. Perci linflazione nei due paesi sar la stessa se A = B , oppure
appunto se i due paesi hanno la stessa autorit monetaria.
23
Per un approfondimento su questo punto si veda lAppendice 2.
24
In alcuni casi, anche allinterno di un singolo paese i due requisiti sono ben lontani dallessere soddisfatti. Si pensi, per non andar lontano, ai problemi secolari del nostro Mezzogiorno. Un discorso simile pu essere fatto per le due Germanie dopo lunificazione. Notare
che anche in quel caso, nonostante le differenze strutturali e la mancanza di integrazione,
si fatta subito lunificazione monetaria (un solo marco).
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Perch il capitale si muove in direzione opposta al lavoro? In un mercato perfetto
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raggruppati nella sigla .26 Il modello, cio, era quello di una Eurozona
a due velocit. Come sappiamo, per, la storia andata diversamente.
Il quartetto inconciliabile. Per comprendere le motivazioni della decisione di Francia e Germania di dar vita a una unione monetaria limitata dobbiamo tornare agli anni che precedono il trattato di Maastricht, alla
fine degli anni 80 del secolo scorso. In quel periodo, infatti, lequilibrio
economico-politico tra i due paesi era diventato instabile. Negli anni precedenti, le relazioni economiche internazionali tra i principali paesi dellUnione
Europea erano state regolate da un sistema di cambi fissi, lo . Era
proprio lo che stava andando in crisi alla fine di quel decennio. Il motivo principale di quella crisi andava cercato nelle conseguenze economiche
dellunificazione tra le due Germanie. Semplificando drasticamente una questione molto pi complessa, ci limitiamo a dire che quellunificazione aveva
fortemente accresciuto il peso economico della Germania. E questo aveva
una conseguenza importante che la Francia non era disposta ad accettare: il
controllo dellofferta di moneta nellUnione europea stava passando, di fatto,
nelle mani della Bundesbank.
C un pezzo di teoria economica che ci aiuta a capire questo punto. Si
tratta di una implicazione del modello Mundell-Fleming, nota come teoria
del quartetto inconciliabile: non possibile avere contemporaneamente
libera circolazione delle merci, perfetta mobilit dei capitali, cambi fissi e una
politica monetaria indipendente in ciascun paese. Questultima viene gestita
dalla Banca centrale del paese col maggior peso economico. E appunto, dopo
lannessione della DDR, questo paese era la Germania.
Lalternativa: fine dei cambi fissi o unione monetaria. Dalla crisi
dellequilibrio franco-tedesco si poteva uscire in due modi: (i) con un passo
indietro, ossia con la fine del regime di cambi fissi tra Francia e Germania (e
tutti gli altri paesi che avevano aderito allo SME); (ii) con un passo avanti , ossia appunto con lunificazione monetaria, nel quadro, naturalmente,
di unEurozona a due velocit, che lasciasse fuori tutti i paesi considerati
inaffidabili. In questo modo si sarebbe sostituito il controllo dellofferta di
moneta da parte della Bundesbank con quello di una Banca centrale europea
gestita di comune accordo da Francia e Germania.
Il passo indietro era considerato troppo costoso e rischioso. Sotto il profilo
economico: non conveniva alla Francia perch avrebbe frenato lintegrazione
dei mercati europei; non conveniva alla Germania perch linevitabile rivalutazione del marco avrebbe eroso la competitivit della sua industria. Sotto il
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allunione monetaria e quella che proviene dal resto del mondo. In entrambi
i casi il peso di queste componenti della domanda aggregata rilevante sul
livello di y (in entrambe le direzioni). Ovviamente la possibilit del paese
di influenzare direttamente queste componenti della domanda aggregata
trascurabile (o quasi);32
(iii) un aumento dellofferta di moneta m > 0. Lo strumento importante ed efficace, ma la sua gestione non spetta al paese, bens allautorit
monetaria dellunione;
(iv) il segno delleffetto di una svalutazione del tasso di cambio nominale
e > 0 ambiguo: la svalutazione sposta la AD verso destra e la AS verso
lalto, sicch leffetto netto sul prodotto dipende dai valori delle varie elas2
ticit; positivo se < +
, ossia se leffetto del cambio sui costi, e perci
1
2
sui prezzi, sufficientemente basso.33 Comunque anche il livello del cambio
non pu essere controllato dalla politica economica del piccolo paese aderente
allunione ma solo dallautorit monetaria dellunione;
(v) una riduzione del salario nominale w < 0, un aumento della produttivit x > 0, una riduzione della componente interna del mark-up z < 0.
Ciascuna di queste componenti agisce su y, facendo diminuire il livello dei
prezzi e perci provocando una svalutazione del cambio reale. Essa influenza
sia lofferta aggregata (si riducono i costi unitari e la curva AS si sposta verso
il basso) sia la domanda aggregata (migliorano le partite correnti e la curva
AD si sposta verso destra). Notare che allinterno dellunione monetaria lo
spostamento in basso della AS si manifesta come una riduzione del prezzo
relativo (ovvero delle ragioni di scambio con gli altri paesi dellunione).
In corrispondenza del valore di equilibrio y il saldo delle partite correnti della piccola economia aperta descritta dal modello pu presentare un passivo
32
Resta la possibilit di influenzare indirettamente (per via politica) le scelte di politica
economica degli altri paesi appartenenti allunione.
33
Il risultato intuitivo. La svalutazione del cambio nominale ha tre effetti sul prodotto:
(i) accresce la competitivit a parit di prezzi (2 ); (ii) fa salire i prezzi provocando una
riduzione della competitivit (2 ); (iii) fa salire i prezzi provocando una diminuzione
dellofferta reale di moneta secondo il cosiddetto effetto Keynes (1 ). Ne consegue che la
svalutazione del cambio nominale fa crescere il prodotto se leffetto negativo dellaumento
dei prezzi sul prodotto provocato dalla svalutazione del cambio, ossia (1 + 2 ), inferiore alleffetto positivo della svalutazione sulla competitivit e perci sul prodotto, appunto
2 . Si osservi infine che la condizione che il parametro che misura lelasticit del prodotto
di equilibrio al tasso di cambio 2 (1 + 2 ) sia positivo, ossia 2 > (1 + 2 ), pu
essere interpretata come la condizione di Marshall-Lerner generalizzata a una situazione di
prezzi variabili (in una situazione di prezzi fissi la condizione di Marshall-Lerner impone
semplicemente 2 > 0).
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(Bc < 0) oppure un surplus (Bc > 0).34 Nel primo caso il paese un importatore netto di capitali (Bk = Bc > 0); nel secondo invece un esportatore
netto (Bk = Bc < 0). Quanto detto vale per ogni paese aderente allunione
monetaria, ciascuno dei quali pu presentare una situazione di passivo o di
surplus. Assumendo, per semplicit, una situazione di pareggio per larea
valutaria nel suo complesso,35 si generano allora flussi di capitali dai paesi in
surplus (Bc > 0) verso quelli in passivo (Bc < 0).36 Il ruolo di questi flussi
di capitali per levoluzione dellarea valutaria merita di essere approfondito.
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economia aperta senza Stato in cui le imprese, che sono di propriet delle
famiglie, producono un solo bene omogeneo con la funzione di produzione
Y = F (K) (con F > 0 e F < 0). Il bene pu essere consumato oppure
utilizzato come input nel periodo successivo. Dato che leconomia aperta,
lo stesso bene pu essere comprato e venduto allestero. Facciamo anche
lipotesi che il prodotto impiegato come input si consumi integralmente nel
corso del processo produttivo; perci il capitale disponibile nel periodo futuro
il prodotto non consumato nel periodo corrente (KF = I). Partendo da un
endowment iniziale
K, nel periodo corrente viene prodotta dalle imprese la
. Essa viene venduta parte alle famiglie (costituisce il
quantit Y = F K
loro consumo corrente C) e parte alle imprese che la utilizzano come input
nel periodo successivo (costituisce il loro investimento I). Dato che I = KF ,
nel periodo successivo verr prodotta la quantit YF = F (I) che verr inte C, possiamo
gralmente consumata (YF = CF ). Ricordando che I = F K
scrivere
C CF = 0
F F K
che non altro che la curva di trasformazione della nostra economia. Essa ci d tutte le combinazioni di consumo corrente e consumo futuro che
Dalle ipotesi fatte sulla
possibile ottenere dato lendowment iniziale K.
tecnologia segue che essa avr, ponendo C in ascissa e CF in ordinata, il consueto andamento decrescente e concavo. Notare che lintercetta sullasse delle
ascisse pari al prodotto Y . Ogni suddivisione del segmento 0Y identifica
una distribuzione possibile tra consumo C e investimento Y C.
La scelta tra beni di consumo e beni di investimento (il punto della curva
di trasformazione) effettuata dalle imprese (price taker ) massimizzando iI
profitto, ossia la funzione38
max = C +
C
1
C
F F K
1+r
trollare che dKF = F (KF ) e che dC = 1; utilizzando queste due derivate si ottiene
immediatamente il risultato del testo.
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1
1
CF = E +
EF
1 + rF
1 + rF
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della finanza e degli intermediari finanziari; (iv) la presenza del settore pubblico. Fondere tutti questi elementi in un modello di scelta intertemporale
un compito troppo complesso per essere affrontato in poche pagine. Tuttavia possibile illustrare in modo qualitativo alcune implicazioni della loro
presenza.
Cominciamo dal primo.43 Per quanto riguarda le questioni che stiamo
trattando, la sua principale implicazione che gli squilibri di parte corrente
non si esauriscono necessariamente dopo un periodo ma possono cumularsi
nel corso dei periodi, dando vita a ingenti debiti e crediti esteri. La questione
del rimborso del debito, ovvero della compatibilit delle scelte col vincolo di
bilancio, delegata al rispetto di due condizioni: una no-ponzi game condition
(che, in sostanza, preclude la possibilit per un paese di indebitarsi senza
limiti) e una transversality condition (che, in sostanza, preclude la possibilit
per un paese di accumulare crediti senza limiti), ma si tratta di due condizioni
che si fanno sentire, appunto, allinfinito e non impediscono, nel breve periodo
laccumulo di rilevanti debiti e crediti esteri.
In un ambiente deterministico e con agenti razionali, informati e dotati di
perfect foresight, le implicazioni del modello continuerebbero a essere, nella
sostanza, quelle della versione semplificata illustrata in precedenza. In un
ambiente stocastico, invece, le cose possono cominciare a cambiare. Infatti,
i capitali che affluiscono nel paese (a compensazione del suo passivo di parte
corrente) non sono obbligati a finanziare progetti di investimento sulla base
del valore attuale del flusso dei dividendi attesi da questi ultimi, ossia del
loro valore fondamentale (fundamental ). Possono infatti puntare su profitti
di breve periodo associati allemergere di bolle speculative (bubbles). Se il
finanziatore prevede che il prezzo di un asset (un titolo, unabitazione, ecc.)
salir nel prossimo futuro, si affretta ad acquistarlo per rivenderlo non appena laumento del prezzo si sar realizzato, lucrando appunto sulla differenza
tra prezzo corrente e prezzo atteso. Se questo comportamento diffuso tra
i finanziatori, le loro richieste di acquisto fanno effettivamente salire il prezzo, mettendo in moto la bolla speculativa. Naturalmente, se gli speculatori
cominciano a vendere (prevedendo una diminuzione del prezzo) la bolla scoppia, il prezzo comincia a scendere (un processo che pu essere molto rapido) e
gli ultimi ad aver acquistato lasset subiscono delle perdite.44 Per completezOsserviamo di passaggio che lintroduzione di un orizzonte temporale infinito nel modello unoperazione relativamente semplice (ce ne una versione anche nelle mie Dispense
per il Dottorato, sia pure per uneconomia chiusa). Di solito, assieme a quella di orizzonte
infinito viene introdotta anche lipotesi che il capitale sia durevole, ossia con un tasso di
ammortamento < 1.
44
La matematica di una bolla speculativa (in un ambiente semplificato e deterministico)
pu essere illustrata nel modo seguente. Il valore dellazione di unimpresa alla data
43
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iniziale e v
il valore fondamentale che si ricava dal flusso dei dividendi attesi dallazione
t
stessa (v0 =
1 dt (1 + r) , formula che si riduce a v0 = d/r nel caso semplificato di
dividendo atteso costante). Si verifica subito che la traiettoria descritta dallequazione alle
differenze instabile: quando, per qualunque motivo, si ha v0 > v si ottiene v1 > v0 ,
v2 > v1 e cos via. Appunto, si mette in moto la bolla speculativa.
45
Investimenti di questo tipo esistono e sono importanti. Vengono chiamati investimenti
diretti esteri () e si caratterizzano per due elementi: (i) hanno un orizzonte temporale
di lungo periodo; (ii) guardano alla redditivit del progetto e perci anche al quadro
istituzionale del paese.
46
I capitali (esteri) che affluiscono allo Stato possono finanziare investimenti (pubblici
e/o privati), e in tal caso creano le condizioni per una riduzione futura del debito estero;
oppure possono finanziare i consumi (pubblici e/o privati) e in tal caso creano le condizioni
per un ulteriore accumulo futuro di debito estero. Ma allinvestitore estero (o allintermediario) la destinazione del finanziamento non interessa: linvestitore (o lintermediario)
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misura inferiore ma non trascurabile, anche delle famiglie (si pensi ai mutui
e, pi in generale, al fenomeno del credito al consumo).
Se ora torniamo alla struttura macroeconomica di base e riprendiamo,
alla luce di quanto detto, la questione del saldo delle partite correnti e del
corrispondente movimento di capitali, ci rendiamo facilmente conto che la situazione appare molto meno semplice e tranquilla di come risultava quando
la guardavamo attraverso le lenti del modello semplificato.47 Consideriamo,
per esempio, un paese con un rilevante debito estero. Supponiamo che dal
resto del mondo si verifichi un improvviso ritiro di fondi. Questo lascia le
banche del paese in crisi di liquidit, soprattutto se avevano fatto un uso un
po troppo disinvolto della leva finanziaria. La crisi si trasmette alle imprese,
soprattutto quelle pi dipendenti dal credito. Ne consegue un aumento delle
sofferenze. Per evitare una catena di fallimenti, lo Stato rifinanzia le banche.
In regime di moneta unica, questa operazione provoca una trasformazione
del debito estero in debito pubblico. La crescita di questultimo costringe
il governo a politiche fiscali restrittive. Al contempo, il suo aumento fa
crescere i tassi di interesse sul mercato interno, il che fa s che le banche
preferiscano destinare le loro (scarse) risorse residue nellacquisto di titoli del
debito pubblico. Le imprese, a loro volta gi in difficolt, subiscono gli effetti
del credit crunch. Il risultato di tutto ci la recessione.
Abbiamo visto che il processo appena illustrato viene innescato da un
ritiro dei fondi esteri. Da che cosa pu essere provocato? Ci limitiamo a
considerare due possibilit. La prima uno shock che colpisce il paese in
surplus da cui provenivano i fondi esteri. Pu trattarsi di una recessione che
riduce leccesso di risparmio.48 Oppure pu trattarsi di una crisi finanziaria
che colpisce gli intermediari del paese in surplus e li costringe a ridurre la
loro esposizione verso il resto del modo. O pu trattarsi di una combinazione
delle due. La seconda possibilit non riguarda la situazione del paese in surplus, ma lammontare e la dinamica del debito estero del paese in deficit.
Losservazione di un debito estero elevato e rapidamente crescente pu far
emergere, presso alcuni investitori esteri, la percezione (pi o meno giustificata) di un rischio paese crescente, ossia laumento della probabilit che gli
intermediari, le imprese e persino lo Stato non siano in grado di far fronte ai
guarda soprattutto al rendimento atteso; in realt guarda anche al rischio, che per, nel
caso di debiti sovrani stato a lungo considerato trascurabile (una valutazione che negli
ultimi anni drammaticamente cambiata).
47
Quel modello mantiene una buona capacit esplicativa per quanto riguarda il lungo
periodo (sempre che si faccia in tempo ad arrivarci, o per lo meno ad arrivarci vivi, un
traguardo che, come diceva Keynes, tuttaltro che scontato).
48
il ben noto meccanismo dei libri di testo elementari di macroeconomia: Y < 0
S < 0.
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loro debiti e siano indotti perci, prima o poi, a ricorrere al default. La teoria
economica afferma che a livello individuale, le risposte razionali a questo tipo
di rischio sono due: laumento dei tassi di interesse (la crescita dello spread)
e il razionamento. A livello aggregato queste risposte individuali, alimentate
da meccanismi di contagio,49 finiscono con laccrescere il rischio paese e la
probabilit del default.
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strutturali tra paesi. (ii) Come abbiamo visto, il ruolo dei mercati finanziari
e degli intermediari non necessariamente virtuoso: i movimenti internazionali dei capitali, soprattutto quando vengono guidati da prospettive di
breve periodo e da considerazioni di carattere speculativo, possono destabilizzare i mercati invece di favorire lallocazione efficiente delle risorse.51 (iii)
Si ricorder anche che quando la gestione dei passivi delle partite correnti
affidata esclusivamente ai movimenti di capitale provenienti dai paesi in
surplus, possono emergere improvvise difficolt di finanziamento che possono
anche non dipendere da problemi interni del paese che le subisce e il cui esito pu essere anche la recessione. Servirebbero allora istituzioni (e fondi)
adeguati per finanziare i paesi in difficolt, consentendo loro di correggere
gradualmente i propri problemi interni. Su questo terreno lUnione Europea
appare ancora parecchio carente. Ma questo uno dei casi tipici in cui le
difficolt nel breve periodo rischiano di pregiudicare i risultati attesi per il
lungo periodo.
La gestione dellequilibrio macroeconomico di breve periodo. Esaminando lequazione (2), ossia la soluzione per y del modello AD-AS relativo
a una piccola economia aperta partecipante allunione monetaria, abbiamo
visto quali sono gli strumenti di cui dispone la politica economica per controllare il livello di equilibrio del prodotto. Se non ha a disposizione gli strumenti
della politica di bilancio, il singolo paese che vuole contrastare una recessione
resta con poche frecce al suo arco: pu intervenire sulla posizione della scheda AS, contenendo i salari (w < 0), accrescendo la produttivit (x > 0)
e accrescendo la concorrenza (z < 0). Le autorit di policy dellunione
hanno per altre armi, e anche abbastanza potenti: possono agire sullofferta
di moneta (m > 0) e sul cambio (e > 0). Il problema con questi strumenti che essi agiscono in modo indifferenziato; vanno bene per contrastare
gli effetti di uno shock generale, ma non per contrastare quelli di uno shock
locale. Infine, il policy maker dellunione potrebbe agire anche sulla spesa
autonoma interna, ma questo solo se dispone degli strumenti della politica di
Quando le politiche economiche e istituzionali si confrontano col tema dei mercati
finanziari, oscillano continuamente tra due poli: quello di favorire la loro completa liberalizzazione, contando sulla loro capacit di allocare in modo efficiente il risparmio, e quello
di intervenire per accrescere la loro regolamentazione, al fine di frenarne i comportamenti
destabilizzanti. Negli ultimi decenni il pendolo ha puntato nella direzione della liberalizzazione. In passato non stato sempre cos: per esempio, per alcuni decenni del secolo
scorso (dalla fine degli anni 40 alla fine degli anni 70) i mercati finanziari interni e internazionali e pure gli intermediari erano molto pi regolamentati. non detto che
fosse poi cos male. Il premio Nobel delleconomia James Tobin (lideatore della famosa
Tobin Tax ) sosteneva che un po di sabbia negli ingranaggi dei mercati finanziari poteva,
paradossalmente, finire col migliorarne il funzionamento.
51
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bilancio, nel qual caso, tra laltro, potrebbe intervenire anche con politiche
regionali per contrastare gli effetti di shock locali. Questo in generale.
Se rileggiamo quanto appena scritto alla luce della situazione dellEurozona,
vediamo subito che il numero degli strumenti a disposizione si riduce nettamente, e che mancano del tutto quelli per contrastare gli shock locali.
Le conclusioni su questo punto sono allora le seguenti: (i) finch leconomia
mondiale va bene (nei termini dellequazione (2) si ha v2 > 0) allora le
eventuali difficolt dellEurozona tendono a diluirsi; e il breve periodo non
ostacola il lungo periodo; (ii) quando invece la domanda mondiale non le d
una mano, allora i problemi della politica economica si fanno pi complicati;
e lo diventano ancora di pi se le singole economie dellarea presentano, per
qualche motivo, dinamiche divergenti.
Questi problemi possono essere gestiti in modo efficace solo se lEurozona si dota di strumenti per effettuare interventi di politiche di bilancio e
di politiche regionali. Finch questi strumenti mancano, al singolo paese non
rimangono che due strade: o quella ardua e accidentata delle politiche dellofferta (per spostare in basso la propria scheda AS ); oppure (soprattutto
se appesantito da un ingente debito estero e/o un ingente debito pubblico)
quella di sganciare il proprio destino da quello del resto dellunione, scegliendo, appunto, di uscire dalla moneta unica. Cosa pu attendersi chi decide di
percorrere questa seconda strada?
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del mercato chiuso.52 Il pareggio delle partite correnti compatibile con lequilibrio interno assicurato dalla variabilit del tasso di cambio. Assumendo
una specificazione loglineare per lequazione Bc = 0 che descrive lequilibrio
esterno, possiamo scrivere
0 1y + 2 (e p) = 0
(3)
dove 0 la componente esogena delle esportazioni nette, 1 misura lelasticit delle importazioni rispetto al prodotto e 2 misura lelasticit delle
partite correnti rispetto al cambio reale e p. Assumendo P = 1 e perci
ln P = p = 0 (ipotesi di prezzi fissi) segue
e = y
dove si posto = 1 e = 0 . Qualunque sia il livello del prodotto y
2
2
determinato dalle politiche di bilancio e dalla politica monetaria, c sempre
un livello del tasso di cambio che garantisce lequilibrio esterno. Ovviamente
il livello del cambio sar tanto pi basso quanto maggiore la domanda estera
(questultima non conta per y ma conta per e).
Prezzi variabili. Vediamo come cambiano le cose quando assumiamo prezzi
variabili. Di fatto dobbiamo costruire un modello AD-AS con cambi variabili
e senza mobilit dei capitali. Assumiamo provvisoriamente che i salari nominali siano fissi nel breve periodo (siano stabiliti in contratti); porremo cio
w = w.
Riducendo il modello allessenziale, abbiamo le seguenti equazioni
(scritte in logaritmi):
(AD) y = m + v p
(AS) p = w x + (z + e)
(BB) 0 1 y + 2 (e p) = 0
(4)
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stessa formulazione gi utilizzata nel modello (1). Anche in questo caso, come
nel modello (1), assumiamo la costanza, nel breve periodo, della produttivit
del lavoro x e della componente interna del mark-up z. Infine la BB non
altro che la (3).
Eliminiamo il tasso di cambio dal sistema (4) risolvendo la BB per e:
e = p + y
dove abbiamo posto =
p otteniamo
p=
1
2
e =
0
.
2
(w x + z)
+
y
1
1
1
1
(w x + z) 1
e = 1
.
dove appunto abbiamo
= 1
Possiamo infine risolvere il modello costituito dalla AD e da questa nuova
AS in modo da ottenere i valori di equilibrio del prodotto nazionale e del
livello dei prezzi:
1
y = 1+
(m + v
)
1
p = 1+
(m + v) + 1+
dy
dp dy dy
1
30
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dy
d
a d
variabili la domanda estera conta ( d
= dy
d
a d
d 0 > 0) perch un suo aumento, rendendo
0
meno stringente il vincolo delle partite correnti, sposta in basso la AS.
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facile verificare che nel corrispondente modello a prezzi fissi lelasticit del tasso di
cambio rispetto al prodotto pari a , ed perci pi piccola.
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(m + v e)
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a quelle delleconomia americana. Di fatto verrebbe a disporre di un governo per il controllo delleconomia,60 come gi dispone di una Banca centrale.
Per questultima, daltra parte, sarebbe auspicabile qualche miglioramento
istituzionale che ne accresca i margini di manovra in linea con la capacit di
intervento di cui dispongono altre Banche centrali, come per esempio la .
I vantaggi, come abbiamo visto incerti e problematici, associati alluscita dalla moneta unica non compenserebbero i vantaggi associati alla permanenza
nellarea.61 In questo caso non sarebbe neppure necessario (e probabilmente,
per vari motivi, non sarebbe neppure utile) concedere ai singoli governi dellarea ulteriori margini di flessibilit per effettuare in proprio interventi di
politiche anticicliche.62
Attualmente, per, questi strumenti lEurozona non ce li ha, n sembra
che, al momento, si stia orientando a dotarsene. Il che riapre la questione
sullopportunit o meno di uscire dalleuro. Lanalisi fatta nelle pagine precedenti ha messo in luce, per, un punto importante: la strategia dellexit pu
pagare se il paese che ladotta disposto ad accettare una diminuzione dei
salari reali, oppure se in grado di realizzare in tempi rapidi riforme capaci
di accrescere la produttivit (x > 0) e la concorrenza nei mercati (z < 0).
Ma abbiamo visto anche che, se si disposti ad accettare una diminuzione
Sarebbe importante che le istituzioni dellEurozona deputate alle politiche di bilancio
siano sottoposte a qualche forma di controllo democratico (del resto, la mancanza di
accountability di tutte le istituzioni europee, compresa per certi versi la stessa , un
problema grave, che contribuisce ad allontanare lEuropa dai cittadini). Su questo punto
considero molto interessanti alcuni suggerimenti contenuti nellultimo capitolo del lavoro
di Piketty (2013).
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Un confronto tra il modo con cui gli hanno affrontato la grande recessione dello
scorso decennio e il modo con cui lha affrontata lEuropa, quanto mai eloquente. Basta
pensare alla diversa durata delle crisi nelle due regioni, ai costi sopportati, alla diversa
velocit della crescita che si messa in moto dopo la crisi. Nel caso dellEuropa non
cera solo la volonta di non usare gli strumenti disponibili in chiave espansiva; cera anche
questo, ma cera soprattutto una minore disponibilit di strumenti.
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La richiesta pressante di margini di flessibilit finisce per essere la risposta naturale a
una situazione in cui, appunto, mancano gli strumenti per implementare politiche anticongiunturali e regionali a livello comunitario. Le obiezioni alla concessione di questi margini
sottolineano spesso il rischio di moral hazard dei singoli paesi, ossia la loro propensione
ad adottare comportamenti non coerenti con lequilibrio dellEurozona. Come si detto
in precedenza, se i paesi non costituiscono unarea valutaria ottimale, le loro politiche
di bilancio sono naturalmente divergenti (e proprio per questo vanno vincolate). Unobiezione a mio avviso pi seria quella che le richieste di flessibilit spingono la ricerca di
un accordo su un terreno di second best, allontanando il dibattito politico da quella che
dovrebbe essere la vera priorit, appunto la costituzione di unautorit di bilancio dellEurozona (possibilmente dotata di risorse proprie). Ritengo che una proposta di scambio tra
minore flessibilit a livello degli Stati contro una maggiore capacit di intervento al livello
dellEurozona, potrebbe far fare qualche significativo passo avanti al confronto politico.
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