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6.1
Osservabili fisiche.
(6.1)
Il significato delloperazione di media quantistica `e il seguente. Immaginiamo di eseguire la misura di una grandezza fisica su molti sistemi fisici identici, o di ripeterla
sullo stesso sistema preparato sempre nello stesso stato di moto rappresentato da
(X, t). Otterremo allora una distribuzione di valori che, a prescindere dagli errori
sperimentali, `e determinata dalla forma della funzione donda. La media di eq.(6.1)
si riferisce a tale distribuzione: in linea di principio, quindi, non `e una quantit`a
direttamente misurata, anzi, il suo valore potrebbe anche non essere tra quelli teoricamente ottenibili da una misura. Tuttavia, in molti casi, abbiamo a che fare con
grandi insiemi di atomi o di molecole: allora la misura di una grandezza fisica d`a
137
come risultato una media statistica che implica una somma su tutti i sottosistemi
presenti. Anche se leffetto dei due tipi di medie pu`o occasionalmente coincidere
nella pratica, non bisogna confondere le due operazioni: la media quantistica `e una
propriet`a associata ad un determinato stato di moto, mentre la media statistica
coinvolge molti sistemi microscopici, che possono essere in stati quantici diversi.
` facile immaginare altri tipi di grandezze fisiche, le quali non sono semplici funzioni
E
della posizione, ad esempio lenergia cinetica o la quantit`a di moto. In generale ogni
ossia unentit`a matematica che
variabile fisica `e rappresentata da un operatore O,
altera la funzione cui viene applicato, non sempre o non solamente moltiplicandola
indica che loperatore
per unaltra funzione; convenzionalmente, la scrittura O
h
2
T =
2m
(6.2)
2
2
2
+
+
x2 y 2 z 2
(6.3)
Tutti gli operatori importanti nella meccanica quantistica condividono unimportante propriet`a con quelli puramente moltiplicativi: essi sono operatori lineari, cio`e:
1) se moltiplichiamo per una costante la funzione, anche il risultato dellapplicazione
delloperatore alla funzione `e moltiplicato per la stessa costante:
c=cO
(6.4)
(6.5)
Per operatori che non sono semplici funzioni delle coordinate, lequazione (6.1)
devessere generalizzata in:
hO(t)i =
(X, t) dX
(X, t) O
(6.6)
s1 ...sN
(X, t) dX
(X, t) O
(6.7)
Il fatto che nellespressione di px compaia lunit`a immaginaria non significa, ovviamente, che la grandezza fisica impulso possa assumere valori complessi, perche la
138
(6.8)
allora:
px (x) = ih
=h
k(x)
x
(6.9)
(6.10)
(6.11)
(6.12)
Un operatore pu`o anche avere uno spettro in parte discreto ed in parte continuo.
Ad esempio, gli operatori x
e px hanno uno spettro continuo che si estende da
a +; T ha uno spettro continuo nellintervallo [0, +], con le stesse autofunzioni
= costante ha come autovalore unico se stesso e ogni
di px ; loperatore banale O
`e sua autofunzione; loperazione di simmetria x x ha come autovalori 1 e -1,
corrispondenti alle funzioni pari e dispari.
Un operatore che non dipende esplicitamente dal tempo avr`a autovalori indipendenti
da t; anche le autofunzioni potranno essere indipendenti da t, benche un arbitrario
fattore di fase eif (t) non modificherebbe il loro significato fisico. Supponiamo che una
qualsiasi funzione donda si possa esprimere come combinazione lineare di autostati
139
discreti delloperatore O:
(X, t) =
ck (t) k (X)
(6.13)
(6.14)
Una situazione analoga si trova nel caso di uno spettro continuo, con la sommatoria
sostituita da un integrale; gli estremi di integrazione sono dati dallintervallo di
variabilit`a dellautovalore , per esempio a < < b:
(X, t) =
b
a
c(, t) (X) d
(6.15)
In questo caso, la misura potr`a dare un qualsiasi risultato compreso tra a e b, con
la distribuzione di probabilit`a:
P () = |c(, t)| 2
(6.16)
1 O
2 = 2 O
1
(6.17)
Gli operatori che obbediscono allequazione (6.17) si dicono hermitiani. Nel caso
particolare in cui 1 = 2 la hermitianit`a evidentemente garantisce che il valor
140
X Z
s1 ...sN
i (X) j (X) dX = 0
per i 6= j
(6.18)
Osserviamo che il simbolo hi |j i, simile a quello introdotto con eq. (6.7), implica
anche una somma sulle variabili di spin, oltre che unintegrazione su quelle spaziali.
Ci`o `e vero necessariamente per autofunzioni con autovalori diversi, ma anche quando
gli autovalori sono identici (degenerazione) si possono scegliere le autofunzioni in
maniera che siano ortogonali tra loro. Ne segue che, se le i sono anche normalizzate
(Sii = 1), moltiplicando leq. (6.13) per i e integrando si ottiene il coefficiente c i :
hi |(t) i =
ck (t) hi |j i = ci (t)
(6.19)
(x)dx = 1
(6.20)
(6.21)
1
2
eix d = (x)
(6.22)
(6.23)
c(, t) h0 | i d =
141
(6.24)
6.2
Lequazione di Schr
odinger dipendente dal tempo.
Nella sezione precedente abbiamo visto come estrarre informazioni dalla funzione
donda. Vediamo ora quali leggi governano levoluzione nel tempo della funzione
donda stessa. Analogamente a quanto avviene in fisica classica, per determinare lo
stato del sistema ad un tempo t arbitrario occorre conoscere le condizioni iniziali
al tempo t0 (quale sistema, in quale stato di moto) e la legge fisica che governa la
successiva evoluzione temporale. La legge in questione, che in meccanica quantistica gioca un ruolo analogo a F = ma, `e espressa dalla equazione di Schrodinger
dipendente dal tempo:
ih
(X, t)
(X, t)
=H
t
(6.25)
Ta +
X
a
1
Ta =
2ma
1
Ti =
2
Vab =
Ti +
Vab +
a,i
a>b
2
2
2
+
+
x2a ya2 za2
2
2
2
+
+
x2i
yi2 zi2
Vai +
Vij
(6.26)
i>j
Za Zb
= (repulsione nucleo nucleo)
Rab
(6.28)
(6.29)
Za
= (attrazione nucleo elettrone)
Rai
(6.30)
1
= (repulsione elettrone elettrone)
Rij
(6.31)
Vai =
Vij =
Qui gli indici a e b corrono sui nuclei, i e j sugli elettroni; Z a e Zb sono i numeri
atomici. Qui e nel seguito, quando sia conveniente, faremo uso del sistema di unit`a
di misura atomiche, definito dalle tre eguaglianze:
h
=1;
massa dellelettrone = 1 ;
carica dellelettrone = 1 ;
ne segue che:
1 a.u. di lunghezza = 0.529108 cm
142
t0
dt = (X, t0 )
i
H(X, t0 )dt
h
(6.32)
caratteristica della
1) impostare lequazione (6.25), con la forma dellhamiltoniano H
situazione fisica;
2) dedurre, dai dati del problema, la forma iniziale della funzione donda (X, t 0 )
(pu`o darsi che la (X, t0 ) non sia perfettamente determinata, ma che sia nota solo
una distribuzione statistica di stati iniziali);
3) calcolare la (X, t) a tempi successivi (o precedenti), applicando qualche metodo,
esatto od approssimato, per la soluzione di equazioni differenziali;
4) infine, dedurre dalla (X, t) la posizione probabile delle particelle o altre propriet`a del sistema, mediante leq.(6.7).
Questo schema sostanzialmente si applica a problemi tipo urti di particelle elementari, atomi, molecole (quindi reazioni chimiche), transizioni spettroscopiche, decadimenti spontanei, etc. Tuttavia, per ragioni che saranno chiare nel seguito, un
ruolo essenziale nella teoria `e riservato alle soluzioni stazionarie dellequazione di
Schrodinger, cio`e quelle funzioni donda che non variano nel tempo.
6.3
Stati stazionari.
(6.33)
Una misura dellenergia del sistema rappresentato dalla funzione donda dar`a
sempre il risultato E, a meno di imprecisioni sperimentali. Supponiamo che (X, 0)
sia la funzione donda del sistema ad un certo istante t = 0; `e facile verificare che:
(X, t) = eiEt/h (X, 0)
(6.34)
`e la soluzione delleq. di Schrodinger (6.25) per le condizioni iniziali specificate. Poiche, in questo caso, la funzione donda a tempi diversi differisce solo per un fattore
complesso, tutte le propriet`a misurabili del sistema rimarranno invariate. Perci`o gli
vengono anche detti stati stazionari. Gli stati stazionari hanno molta
autostati di H
importanza nella fisica molecolare per due ragioni; la prima `e che, alle temperature
ordinarie, una molecola rimane per la maggior parte del tempo nel suo stato stazionario di pi`
u bassa energia (stato fondamentale), come richiesto dalla termodinamica
statistica. La seconda ragione `e che la conoscenza degli stati stazionari permette di risolvere, almeno in linea di principio, il problema dellevoluzione temporale
per qualsiasi condizione iniziale. Supponiamo infatti di conoscere tutte le soluzioni
delleq.(6.33), che distingueremo con un indice i:
i = E i i
H
(6.35)
144
Una qualsiasi funzione donda iniziale si potr`a esprimere come combinazione lineare
di stati stazionari:
(X, 0) =
ci i (X)
(6.36)
(6.37)
Come prima, la variazione nel tempo della funzione donda `e affidata a fattori esponenziali complessi; ci`o significa, ad esempio, che la probabilit`a di misurare una certa
energia Ei e lenergia media del sistema sono costanti, in assenza di perturbazioni
esterne. Tuttavia, altre propriet`a del sistema possono variare, in virt`
u del fatto che
gli esponenti iEi t/h sono diversi uno dallaltro e quindi i rapporti tra i coefficienti
della somma (6.37) cambiano nel tempo. Prendiamo ad esempio il valor medio di
un qualsiasi operatore O:
hOi =
X
i,j
ci cj ei(Ei Ej )t/h i O
j
(6.38)
Questa quantit`a in generale dipende dal tempo. Tuttavia, se gli stati i sono au oltre che di H,
solo gli elementi diagonali della matrice rappresentativa
tostati di O
D E
X
i
|ci |2 i
(6.39)
Inoltre, la probabilit`a che una misura della grandezza fisica associata dia come ri rappresenta una costante del
sultato i `e |ci |2 , indipendente dal tempo. Perci`o O
moto. Condizione necessaria e sufficiente affinche due operatori hermitiani abbiano
una base di autovettori in comune `e che i due operatori commutino. Ci`o significa
`e una costante del moto se:
che la grandezza fisica associata con O
H]
=O
H
H
O
=0
[O,
(6.40)
Vediamo ora alcune propriet`a degli stati stazionari. Cominciamo con losservare che,
sono
contrariamente alle funzioni donda dipendenti dal tempo, le autofunzioni di H
essenzialmente funzioni reali. Prendiamo infatti (X) = r (X) + ii (X), con
r e i reali. Si possono dare due casi: r e i differiscono solo per una costante
moltiplicativa (r = ki ), oppure sono due funzioni sostanzialmente diverse. Nel
primo caso, r , i e = (1 + ki)r rappresentano tutte lo stesso autostato e il
fattore complesso 1 + ki `e del tutto inessenziale. Nel secondo caso, r e i sono due
con lo stesso autovalore E della :
autofunzioni distinte di H
r = H
+ = E + E = Er
H
2
2
145
(6.41)
e analogamente per i . Allora non occorre che un set completo di autostati di H
comprenda la complessa: dovr`a invece comprendere entrambe le componenti reali
r e i .
Consideriamo per semplicit`a lequazione di Schrodinger in una sola dimensione, come quella che caratterizza il moto vibrazionale in molecole biatomiche, dove lunica
coordinata interna nucleare `e la distanza tra i due nuclei, R. In questo caso lenergia
potenziale U (R) `e una funzione che tende ad un asintoto U per R + (dissociazione). Affinche la molecola possa esistere, ci dovr`a essere un minimo del potenziale
a distanza di legame, Umin . A distanze pi`
u corte la repulsione tra le nuvole elettroniche e tra i due nuclei fa salire il potenziale molto rapidamente. Non intendiamo qui
occuparci delle particolari condizioni al contorno relative al punto R = 0 in molecole
biatomiche: ci limiteremo a considerare un qualsiasi potenziale U (x), definito per
ogni x da a +, con almeno un minimo relativo U (x min ) = Umin che sia anche
il minimo assoluto. Possiamo riscrivere leq.(6.33) nella forma:
00 (x) =
2
= 2m(U (x) E)(x)
x2
(6.42)
infatti, non ha senso fisico una funzione donda, e quindi una densit`a di probabilit`a, che aumenta indefinitamente allontanandosi lungo lasse x. In conclusione, per
energie inferiori al limite dissociativo, le condizioni al contorno limitano i valori di E
permessi ad un set di valori discreti; la funzione donda `e diversa da zero anche nelle
zone classicamente proibite, ma deve tendere a zero asintoticamente allontanandosi
dalle zone permesse. Inoltre, deve esistere un intervallo finito in cui E > U (x),
per collegare la regione classicamente proibita di sinistra, dove la funzione donda
`e crescente (in modulo), con la regione proibita di destra, dove la funzione `e decrescente. Perci`o, il livello energetico pi`
u basso, E 0 , si trova sempre al disopra del
minimo del potenziale; la quantit`a E 0 Umin `e la cosiddetta energia di punto zero
(zero point energy).
Figura 6.1: Soluzioni delleq. di Schrodinger.
E > U (x)
x
E < U (x)
x
per grandi x
(6.43)
dove k = h
1 2m(E U ), `e una costante che dipende dalla forma del potenziale
a corte distanze e A `e un fattore in linea di principio arbitrario. Se si desidera la
normalizzazione alla dellenergia, cio`e h E |E 0 i = (E E 0 ), si pone A(E) =
[2m/ 2 h
2 (E U )]1/4 . Qualunque valore di E `e permesso; inoltre la probabilit`a di
trovare la particella non decresce andando a grandi x. Abbiamo quindi uno spettro
continuo e stati dissociativi.
147
6.4
(6.44)
(6.45)
(6.46)
= (H
+ V )
t
h
(6.47)
dt
eii t/h i =
i X ii t/h
ci e
V i
h
i
(6.48)
(6.49)
Se la probabilit`a di trovare la molecola nello stato k , |ck (t)|2 , aumenta nel tempo,
diremo che si verifica una transizione da altri stati i allo stato k . Lequazione
(6.49) mostra che ci`o `e possibile solo se sono popolati (hanno coefficiente non nullo)
stati i tali che:
Vki =
k V i dX 6= 0
(6.50)
148
(6.51)
i
h
t
0
(6.52)
dove h
k0 = k 0 = hk0 . La probabilit`a di transizione 0 k, espressa da
|ck |2 , `e proporzionale al quadrato dellaccoppiamento tra gli stati 0 e k , |Vk0 |2 . Il
modo in cui i coefficienti ck variano nel tempo `e legato alla differenza di energia tra
stato finale e stato iniziale k 0 , nonche alleventuale dipendenza temporale della
perturbazione V .
In prima istanza consideriamo due casi estremi:
1) V `e una perturbazione statica, tipicamente un piccolo termine dellhamiltoniano
trascurato in prima approssimazione: per esempio, linterazione di origine magnetica
tra gli spin delle particelle;
2) V `e linterazione tra la molecola e una radiazione monocromatica; il caso pi`
u
generale di luce non monocromatica si pu`o rappresentare come sovrapposizione di
onde monocromatiche di frequenze diverse.
Se Vk0 non dipende dal tempo, dalla (6.52) abbiamo:
2
|ck (t)| = h
= 4h2 |Vk0 |2
i t
Z t
2
k0 12
2 e
ik0 t0 0
2
|Vk0 | e
dt = h
|Vk0 |
=
2
k0
0
2
2
(6.53)
sin(k0 t/2)
k0
k0 0
sin(k0 t/2)
k0
2
t2
4
(6.54)
149
-4
-2
Una perturbazione debole, che si mantiene costante per un tempo abbastanza lungo,
non pu`o quindi causare transizioni tra stati che differiscono in energia pi`
u di h
/t:
possiamo vedere questo risultato come una manifestazione del principio di conservazione dellenergia. La precisione con cui viene osservata la condizione k = 0
dipende dalla durata dellinterazione. Se esistono pochi stati k con energia vicina a
0 , le probabilit`a di transizione sono funzioni piuttosto complicate del tempo e della
differenza k 0 , anche nellapprossimazione della teoria perturbativa.
In fisica molecolare `e per`o frequente una situazione ben diversa, in cui moltissimi
livelli discreti, oppure un continuo di stati dissociativi, hanno energie vicine a quella dello stato iniziale. Gli esempi pi`
u tipici sono quello dellInternal Conversion e
dellInterSystem Crossing, in cui uno stato eccitato elettronicamente ma non vibrazionalmente interagisce con stati elettronici sottostanti, e precisamente con i loro
livelli vibrazionali di quasi uguale energia. Questi ultimi possono essere dissociativi
(spettro continuo) o formare un insieme di stati legati molto fitto, ossia con un grande numero di livelli in un piccolo intervallo di energie (vedi sezione 7.2). In questi
casi, piuttosto che indagare in quale stato finale si trover`a il sistema, ci accontentiamo di conoscere la probabilit`a che una qualsiasi transizione avvenga, cio`e la rapidit`a
con cui si spopola lo stato iniziale. Per ottenere questo risultato, sommiamo tutte le
probabilit`a di transizione a stati k diversi. Poiche siamo in presenza di uno spettro
continuo o quasi-continuo, sostituiamo la somma su k con un integrale sulla variabile , lenergia dello stato dissociativo. La quantit`a |V 0k |2 dovr`a essere sostituita da
|V0 ()|2 d, dove:
D
V0 () = 0 V
(6.55)
150
min
|V0 ()|
sin(0 t/2)
0
2
(6.56)
dove h
0 = 0 . Il risultato finale dipende da due approssimazioni solitamente
ben giustificate: a) si considera V0 () sostanzialmente indipendente da nel piccolo
intervallo di per il quale lintegrando non `e trascurabile; b) si pu`o estendere il limite
inferiore dintegrazione a , sempre perche lintegrando diventa molto piccolo
allontanandosi da = 0 . Con la sostituzione x = 0 t/2 otteniamo:
P (t) = 2h1 |V0 (0 )|2 t
sin2 x
dx
x2
(6.57)
2
|V0 (0 )|2 t
h
(6.58)
Questa equazione esprime la regola doro di Fermi. La probabilit`a totale che sia avvenuta una transizione dipende linearmente dal tempo, cio`e la velocit`a di transizione
`e costante e proporzionale al modulo quadro dellinterazione tra lo stato discreto e
quelli dissociativi pi`
u vicini in energia.
2
dP
=
|V0 (0 )|2
dt
h
(6.59)
(6.60)
(6.61)
dove = h
/2 |V0 (0 )|2 `e detto il tempo di vita dello stato 0 . Nella teoria perturbativa, si trascura la possibilit`a di ritorno da uno stato dissociativo a quello legato.
Tuttavia, in molte situazioni sperimentali, il destino di uno stato dissociativo non
`e governato dal solo hamiltoniano molecolare, ma piuttosto dalle interazioni con il
circondario. In altre parole, la molecola, una volta dissociata, non torna pi`
u indietro, perche i frammenti interagiscono e reagiscono con altre molecole: il processo `e
praticamente irreversibile su una scala di tempi molto pi`
u lunga di .
151
6.5
(6.62)
dove k = /c = 2/. Per una molecola interagente con luce infrarossa, visibile o
ultravioletta, la lunghezza donda `e tanto grande rispetto alle dimensioni del sistema
che la variazione del campo elettrico lungo z si pu`o ritenere trascurabile: la molecola
in pratica vede un campo elettrico costante nello spazio, ma variabile nel tempo.
In questo caso, lenergia di interazione `e data semplicemente dal prodotto scalare
(campo elettrico)(momento di dipolo):
~
V = E(t)
~ = E0 (
dove x =
elettroni.
qj xj ) cos(t)
(6.63)
(6.64)
~ ki =
+
X
k qj ~rj i
j
(6.65)
Lorientazione di questo vettore rispetto alla molecola `e fissata dalla natura delle
funzioni donda i e k ; lorientazione del vettore rispetto ad assi fissi dipende da
quella della molecola.
Applicando la teoria delle perturbazioni
unespressione analoga alla (6.52):
i
ck (t) =
E0 xk0
2h
dipendente
dal
tempo
ottengo
(6.66)
Come abbiamo gi`a visto, questo integrale ha un valore non trascurabile solo se uno
dei fattori negli esponenti, k0 , `e quasi nullo. Perci`o, uno solo dei due termini
dellintegrando d`a un contributo non trascurabile: se k > 0 lunico termine che pu`o
152
sin(t/2)
2
(6.67)
E02 2xk0
sin(t/2)
2
d '
2 2
E0 xk0 t
2h2
(6.68)
dPk
= 2 (E~0
~ k0 )2
dt
2h
(6.69)
cos = (4)
153
(6.70)
(6.71)
Il campo elettrico `e legato alla densit`a di energia (energia per unit`a di volume) dalla
relazione:
Utot =
E02
8
(6.72)
cE02
8
(6.73)
2
2
(6.74)
Itot
1 Itot
I()
=
=
2
2
(6.75)
oppure
(6.76)
dove:
Bk0 =
22k0
3h2
(6.77)
6.6
Nella sezione precedente abbiamo rappresentato la radiazione come unonda monocromatica di durata illimitata. In effetti, potremmo considerare levoluzione temporale della molecola sotto lazione della radiazione, fino al tempo t soltanto; se la
radiazione cessasse improvvisamente al tempo t, le popolazioni degli stati rimarrebbero invariate da quel momento in poi. Lo stesso varrebbe per lenergia, mentre altre
propriet`a continuerebbero a cambiare nel tempo (per esempio, la forma della mole-
154
cola, che pu`o vibrare, isomerizzare, dissociarsi, etc). Abbiamo anche visto che, per
tempi t finiti, la condizione di risonanza dellenergia di transizione con la frequenza
della radiazione non deve essere rispettata con precisione assoluta: in altre parole,
un lampo di luce molto breve non permette di fare spettroscopia di alta risoluzione.
La relazione tra durata e spettro della luce eccitante si chiarisce facendo ricorso
allanalisi di Fourier. Supponiamo che il campo elettrico della radiazione abbia
unampiezza dipendente dal tempo, che `e massima nelle vicinanze di t = 0 e si
annulla per tempi molto precedenti o molto successivi:
E(t) = E0 (t) cos(t)
(6.78)
(6.79)
r
i 2
i
=
xk0 E(k0 ) =
xk0 E0 ( k0 )
h
h
2
(6.80)
E0 , ampiezza del campo elettrico; livelli con frequenze di transizione k0 vicine alla
frequenza centrale saranno pi`
u popolati di quelli lontani; tuttavia, pi`
u limpulso
`e breve, pi`
u larga sar`a la sua distribuzione in frequenze, quindi impulsi molto brevi
possono popolare simultaneamente livelli distanti in energia.
Con un impulso ad inviluppo gaussiano:
E0 (t) = E00 et
(6.81)
(6.82)
6.7
(6.83)
(6.84)
Supponiamo che lhamiltoniano del sistema si possa separare in due termini, uno
che dipende solo da x e opera solo su funzioni di x, laltro che dipende e opera solo
su y:
=H
x + H
y
H
(6.85)
x e H
y `e anche autofunzione di
In questo caso, ogni prodotto di autofunzioni di H
con autovalore uguale alla somma degli autovalori di H
x e H
y :
H,
(x) (y) = (y) H
x (x) + (x) H
y (y) =
H
156
(6.86)
Perci`o, abbiamo indipendenza dei moti se lhamiltoniano `e separabile. Lindipendenza si conserva anche nel corso dellevoluzione temporale di stati non stazionari.
Infatti, consideriamo una funzione donda al tempo t = 0, scritta come prodotto di
combinazioni lineari di stati stazionari per il moto lungo x e quello lungo y; dovremo
x e l per quelli di H
y:
introdurre due indici, k per gli autostati di H
(x, y, 0) =
"
ak k (x)
# "
bl l (y)
(6.87)
(6.88)
k,l
"
ak e
iExk /
h
k (x)
# "
bl e
iEyl /
h
l (y)
(x, y, t) `e ancora un prodotto di due fattori, uno che dipende solo da x e laltro da
y.
Vediamo un esempio che chiarisce la relazione tra separazione dei moti ed evoluzione temporale. Consideriamo due molecole o atomi a grande distanza uno dallaltro.
Lhamiltoniano totale `e la somma dei due hamiltoniani relativi a ciascun sottosistema. Le funzioni donda sono prodotti come nelle eq.(6.83) o (6.88), dove x sono le
coordinate di nuclei ed elettroni della molecola A e y quelle di B. Quando la molecola A si eccita, decade o collide con un terzo corpo, levoluzione della funzione
donda di B non ne `e affatto influenzata. Se per`o le due molecole si avvicinano,
non potremo pi`
u trascurare la parte di hamiltoniano che esprime linterazione tra
di loro: attrazioni e repulsioni coulombiane tra particelle di A e di B. Se si tratta di molecole neutre, linterazione complessiva pu`o restare piccola fino a distanze
abbastanza ridotte, perche attrazioni e repulsioni si compensano quasi esattamente.
Tuttavia, gli autostati esatti dellhamiltoniano non sono pi`
u i prodotti (x)(y).
In altre parole, questi prodotti non sono stati stazionari: essi evolvono nel tempo.
Supponiamo che la molecola A sia inizialmente in uno stato eccitato, A , e B nel
fondamentale. Laccoppiamento dei moti delle particelle che compongono A e B, ossia linterazione tra i due sottosistemi, pu`o causare transizioni ad uno stato diverso
con energia sufficientemente vicina, per esempio:
A + B A + B
(6.89)
157