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Capitolo 6

Evoluzione temporale degli stati


quantici.
In questo capitolo riconsideriamo, con maggiore approfondimento teorico, principi e
fenomeni gi`a esposti nel capitolo 2.

6.1

Osservabili fisiche.

Tutte le propriet`a misurabili di un sistema a livello teorico si possono dedurre dalla


funzione donda. Consideriamo, ad esempio, una qualsiasi grandezza fisica F che
dipenda solo dalla posizione delle particelle, F = F (X). Se vi `e la probabilit`a
P (X, t)dX di trovare le particelle in prossimit`a delle posizioni X, allora vi `e la
stessa probabilit`a di trovare il valore F (X) quando si misura la propriet`a F . La
media dei valori di F `e una quantit`a che potrebbe dipendere dal tempo t e si ottiene
sommando ogni F (X), moltiplicato per il peso statistico P (X, t)dX:
hF (t)i =

|(X, t)|2 F (X)dX

(6.1)

Il significato delloperazione di media quantistica `e il seguente. Immaginiamo di eseguire la misura di una grandezza fisica su molti sistemi fisici identici, o di ripeterla
sullo stesso sistema preparato sempre nello stesso stato di moto rappresentato da
(X, t). Otterremo allora una distribuzione di valori che, a prescindere dagli errori
sperimentali, `e determinata dalla forma della funzione donda. La media di eq.(6.1)
si riferisce a tale distribuzione: in linea di principio, quindi, non `e una quantit`a
direttamente misurata, anzi, il suo valore potrebbe anche non essere tra quelli teoricamente ottenibili da una misura. Tuttavia, in molti casi, abbiamo a che fare con
grandi insiemi di atomi o di molecole: allora la misura di una grandezza fisica d`a

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come risultato una media statistica che implica una somma su tutti i sottosistemi
presenti. Anche se leffetto dei due tipi di medie pu`o occasionalmente coincidere
nella pratica, non bisogna confondere le due operazioni: la media quantistica `e una
propriet`a associata ad un determinato stato di moto, mentre la media statistica
coinvolge molti sistemi microscopici, che possono essere in stati quantici diversi.
` facile immaginare altri tipi di grandezze fisiche, le quali non sono semplici funzioni
E
della posizione, ad esempio lenergia cinetica o la quantit`a di moto. In generale ogni
ossia unentit`a matematica che
variabile fisica `e rappresentata da un operatore O,
altera la funzione cui viene applicato, non sempre o non solamente moltiplicandola
indica che loperatore
per unaltra funzione; convenzionalmente, la scrittura O

O opera sulla funzione donda . Ad esempio, gli operatori che rappresentano


limpulso e lenergia cinetica di una particella, implicano la derivazione della funzione
donda:
px = ih

h
2
T =
2m

(6.2)
2
2
2
+
+
x2 y 2 z 2

(6.3)

Tutti gli operatori importanti nella meccanica quantistica condividono unimportante propriet`a con quelli puramente moltiplicativi: essi sono operatori lineari, cio`e:
1) se moltiplichiamo per una costante la funzione, anche il risultato dellapplicazione
delloperatore alla funzione `e moltiplicato per la stessa costante:
c=cO

(6.4)

2) loperatore applicato ad una somma di funzioni produce la somma dei risultati


delle applicazioni separate a ciascuna funzione:
(1 + 2 ) = O
1 + O
2
O

(6.5)

Per operatori che non sono semplici funzioni delle coordinate, lequazione (6.1)
devessere generalizzata in:
hO(t)i =

(X, t) dX
(X, t) O

(6.6)

Se teniamo conto che le coordinate X comprendono lo spin delle particelle, occorre


anche sommare su tutti i valori di spin possibili; indicheremo sinteticamente questa
doppia operazione di somma ed integrazione, mediante i simboli h e i:

E
X Z

hO(t)i = (t) O (t)
D

s1 ...sN

(X, t) dX
(X, t) O

(6.7)

Il fatto che nellespressione di px compaia lunit`a immaginaria non significa, ovviamente, che la grandezza fisica impulso possa assumere valori complessi, perche la
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funzione donda stessa `e una funzione complessa; per esempio, se `e la funzione


periodica:
(x) = eikx

(6.8)

allora:
px (x) = ih

=h
k(x)
x

(6.9)

il che significa che il valore di px `e proprio h


k.
agendo su , la restituisce moltiplicata per una costante:
Quando un operatore O,
=
O

(6.10)

si dice che `e autofunzione di quelloperatore; se il sistema si trova in uno stato


di moto corrispondente alla funzione donda , detto autostato, una misura della
grandezza fisica rappresentata da quelloperatore dar`a sempre come risultato il valore
, detto autovalore. Cos`, nellesempio delle eq.(6.8) e (6.9), `e unautofunzione di
px con autovalore h
k.
In generale, gli autovalori di un operatore possono essere un numero finito o infinito
di valori distinti, 1 , 2 . . ., oppure gli autovalori possono coprire uno o pi`
u intervalli
reali, eventualmente non limitati (non ci occuperemo di operatori con autovalori
complessi). Nel primo caso si parla di spettro discreto; autovalori ed autofunzioni
saranno indicati con un indice intero, ad esempio:
k = k k
O

(6.11)

Nellaltro caso si parler`a di spettro continuo e useremo come indice lautovalore


stesso:
=
O

(6.12)

Un operatore pu`o anche avere uno spettro in parte discreto ed in parte continuo.
Ad esempio, gli operatori x
e px hanno uno spettro continuo che si estende da
a +; T ha uno spettro continuo nellintervallo [0, +], con le stesse autofunzioni
= costante ha come autovalore unico se stesso e ogni
di px ; loperatore banale O
`e sua autofunzione; loperazione di simmetria x x ha come autovalori 1 e -1,
corrispondenti alle funzioni pari e dispari.
Un operatore che non dipende esplicitamente dal tempo avr`a autovalori indipendenti
da t; anche le autofunzioni potranno essere indipendenti da t, benche un arbitrario
fattore di fase eif (t) non modificherebbe il loro significato fisico. Supponiamo che una
qualsiasi funzione donda si possa esprimere come combinazione lineare di autostati

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discreti delloperatore O:
(X, t) =

ck (t) k (X)

(6.13)

Intuitivamente, questo significa che la situazione fisica `e in qualche modo intermedia


tra quelle corrispondenti agli autostati k che compaiono nella sommatoria. Pi`
u
precisamente, misurando la grandezza fisica O al tempo t potremo ottenere solo
valori corrispondenti agli autovalori k , ciascuno con la probabilit`a uguale al modulo
quadro dellampiezza relativa allautostato k , cio`e:
Pk = |ck (t)|2

(6.14)

Una situazione analoga si trova nel caso di uno spettro continuo, con la sommatoria
sostituita da un integrale; gli estremi di integrazione sono dati dallintervallo di
variabilit`a dellautovalore , per esempio a < < b:
(X, t) =

b
a

c(, t) (X) d

(6.15)

In questo caso, la misura potr`a dare un qualsiasi risultato compreso tra a e b, con
la distribuzione di probabilit`a:
P () = |c(, t)| 2

(6.16)

Questa legge `e una generalizzazione di eq.(2.2), perche possiamo vedere la funzione


donda stessa come lampiezza relativa agli autostati di x
(operatore corrispondente
alla coordinata x). Notiamo che, se moltiplichiamo la per un arbitrario fattore
complesso del tipo eif (t) , non cambia ne la densit`a di probabilit`a (2.2), ne il valor
medio (6.7), ne le probabilit`a Pk o P (); perci`o il fattore di fase non ha rilevanza
fisica.
Naturalmente, nulla garantisce che una qualsiasi funzione di X si possa scrivere
come nelle equazioni (6.13)
sotto forma di somma degli autostati di un operatore O,
e (6.15). Tuttavia, affinche la teoria appena esposta sia applicabile, ogni grandezza
fisica misurabile deve avere un insieme di autofunzioni tale che qualsiasi funzione
donda fisicamente accettabile sia espandibile come loro combinazione lineare. Una
grandezza fisica che soddisfi a questo requisito `e detta osservabile e si dice che
possiede un insieme completo di autostati, ovvero che i suoi autostati formano una
base per lo spazio vettoriale delle funzioni donda del sistema.
Tutti gli operatori che rappresentano osservabili fisiche devono godere di
unimportante propriet`a; date due qualsiasi funzioni donda, 1 e 2 , avremo:
D



1 O
2 = 2 O
1

(6.17)

Gli operatori che obbediscono allequazione (6.17) si dicono hermitiani. Nel caso
particolare in cui 1 = 2 la hermitianit`a evidentemente garantisce che il valor
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medio delloperatore sia una quantit`a reale.


Una propriet`a importante degli autostati di operatori hermitiani `e quella di essere
ortogonali; ci`o significa che la sovrapposizione tra due autofunzioni diverse `e nulla:
Sij hi |j i

X Z

s1 ...sN

i (X) j (X) dX = 0

per i 6= j

(6.18)

Osserviamo che il simbolo hi |j i, simile a quello introdotto con eq. (6.7), implica
anche una somma sulle variabili di spin, oltre che unintegrazione su quelle spaziali.
Ci`o `e vero necessariamente per autofunzioni con autovalori diversi, ma anche quando
gli autovalori sono identici (degenerazione) si possono scegliere le autofunzioni in
maniera che siano ortogonali tra loro. Ne segue che, se le i sono anche normalizzate
(Sii = 1), moltiplicando leq. (6.13) per i e integrando si ottiene il coefficiente c i :
hi |(t) i =

ck (t) hi |j i = ci (t)

(6.19)

Perci`o, con normalizzata e i ortonormali, la probabilit`a di misurare il valore k


`e |hk |(t) i|2 .
Come si vede dallesempio degli autostati dellimpulso p, le autofunzioni appartenenti
ad uno spettro continuo non possono essere normalizzate in modo che h | i = 1.
Conviene invece imporre unaltra condizione di normalizzazione, che fa uso della
funzione generalizzata delta di Dirac, (x). La (x) `e nulla per x 6= 0 e non `e
definita per x = 0, ma possiede le seguenti propriet`a:
Z
Z

(x)dx = 1

(6.20)

(x)f (x)dx = f (0)

(6.21)

1
2

eix d = (x)

(6.22)

La condizione di ortonormalizzazione per uno spettro continuo si esprime cos`:


h |0 i = ( 0 )

(6.23)

Analogamente al caso discreto, se si moltiplica leq. (6.15) per 0 e si integra, il


risultato `e il coefficiente c(0 , t):
h0 |(t) i =
=

c(, t) h0 | i d =

c(, t)(0 )d = c(0 , t)

141

(6.24)

6.2

Lequazione di Schr
odinger dipendente dal tempo.

Nella sezione precedente abbiamo visto come estrarre informazioni dalla funzione
donda. Vediamo ora quali leggi governano levoluzione nel tempo della funzione
donda stessa. Analogamente a quanto avviene in fisica classica, per determinare lo
stato del sistema ad un tempo t arbitrario occorre conoscere le condizioni iniziali
al tempo t0 (quale sistema, in quale stato di moto) e la legge fisica che governa la
successiva evoluzione temporale. La legge in questione, che in meccanica quantistica gioca un ruolo analogo a F = ma, `e espressa dalla equazione di Schrodinger
dipendente dal tempo:
ih

(X, t)
(X, t)
=H
t

(6.25)

`e loperatore hamiltoniano, che rappresenta lenergia del sistema. In una molecola,


H
sar`a la somma dellenergia cinetica di ogni nucleo ed elettrone (come
per esempio, H
in eq.(6.3)), e delle energie potenziali di attrazione e repulsione coulombiana tra le
cariche (trascuriamo per il momento i termini di interazione magnetica):
=
H

Ta +

X
a

1
Ta =
2ma
1
Ti =
2
Vab =

Ti +

Vab +

a,i

a>b

2
2
2
+
+
x2a ya2 za2
2
2
2
+
+
x2i
yi2 zi2

Vai +

Vij

(6.26)

i>j

= (energia cinetica del nucleo a) (6.27)

= (energia cinetica dell 0 elettrone i)

Za Zb
= (repulsione nucleo nucleo)
Rab

(6.28)

(6.29)

Za
= (attrazione nucleo elettrone)
Rai

(6.30)

1
= (repulsione elettrone elettrone)
Rij

(6.31)

Vai =
Vij =

Qui gli indici a e b corrono sui nuclei, i e j sugli elettroni; Z a e Zb sono i numeri
atomici. Qui e nel seguito, quando sia conveniente, faremo uso del sistema di unit`a
di misura atomiche, definito dalle tre eguaglianze:
h
=1;
massa dellelettrone = 1 ;
carica dellelettrone = 1 ;
ne segue che:
1 a.u. di lunghezza = 0.529108 cm
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1 a.u. di energia = 4.36 1011 erg = 627.5 kcal/mole = 27.21 eV


1 a.u. di tempo = 2.42 1017 sec
velocit`a della luce = 137.04 a.u
massa del protone = 1836.15 a.u.
1 U.M.A. = 1822.89 a.u.
Dora in poi perci`o le quantit`a h
, carica e massa dellelettrone potranno essere omesse
dalle equazioni.
Lequazione (6.25) `e lineare nella funzione (X, t), ossia ha due importanti propriet`a: a) se (X, t) `e una soluzione, anche c(X, t), dove c `e una costante qualsiasi, `e soluzione; b) se 1 e 2 sono soluzioni, anche = c1 1 + c2 2 lo `e. La
prima propriet`a ha come conseguenza che una funzione non normalizzata, per
la quale cio`e non vale leq.(2.2), pu`o benissimo essere una soluzione dellequazione
di Schrodinger (6.25); come abbiamo visto, il suo significato fisico `e per`o identico
a quello della funzione donda normalizzata, ottenuta moltiplicando per un fattore
costante. La propriet`a b) `e ancora pi`
u importante. Il suo significato fisico `e espresso
dal principio di sovrapposizione: se due stati di moto del sistema, rappresentati
dalle funzioni 1 e 2 , sono possibili, allora anche una loro combinazione qualsiasi
(funzione ) `e permessa dalle leggi della fisica, e la sua evoluzione temporale `e fa`
cilmente deducibile da D
quelle
deiEdue termini separati. E facile mostrare che il valor

medio di un operatore O `e sempre una quantit`a reale, per qualunque scelta
`e hermitiano, cio`e obbedisce alleq. (6.17).
dei coefficienti c1 e c2 , solo se O
Lequazione di Schrodinger `e del primordine (contiene solo la derivata prima di )
rispetto a t; questo fatto ha limportante conseguenza che, se la funzione donda
`e nota ad un istante t0 , essa `e determinata anche per tutti i tempi successivi (o
e si ottiene
precedenti). Infatti, nota (X, t0 ), basta applicare loperatore ih H

t ; ma conoscere funzione e derivata prima significa conoscere la funzione ad un


tempo successivo molto vicino, t + dt:
(X, t0 + dt) = (X, t0 ) +

t0

dt = (X, t0 )

i
H(X, t0 )dt
h

(6.32)

Lequazione (6.32) si pu`o applicare successivamente, per tanti passi temporali


infinitesimi dt, quanti ne occorrono per arrivare da t 0 ad un tempo t qualsiasi, per
il quale si voglia conoscere (X, t); lequazione di Schrodinger `e quindi formalmente
risolta. Questa situazione `e diversa da quella della fisica classica, in cui lequazione
fondamentale, F = ma, contiene una derivata seconda rispetto a t: in quel caso,
infatti, `e necessario conoscere non solo la posizione istantanea della particella, ma
anche la sua velocit`a, per determinare il moto successivo. Per la presenza del fattore
immaginario i, anche partendo da una funzione (X, t 0 ) reale, a tempi diversi da
t0 la sar`a una funzione complessa: questa circostanza non pu`o essere ignorata.
La soluzione di un tipico problema di dinamica quantistica richiede schematicamente
quattro passaggi:
143

caratteristica della
1) impostare lequazione (6.25), con la forma dellhamiltoniano H
situazione fisica;
2) dedurre, dai dati del problema, la forma iniziale della funzione donda (X, t 0 )
(pu`o darsi che la (X, t0 ) non sia perfettamente determinata, ma che sia nota solo
una distribuzione statistica di stati iniziali);
3) calcolare la (X, t) a tempi successivi (o precedenti), applicando qualche metodo,
esatto od approssimato, per la soluzione di equazioni differenziali;
4) infine, dedurre dalla (X, t) la posizione probabile delle particelle o altre propriet`a del sistema, mediante leq.(6.7).
Questo schema sostanzialmente si applica a problemi tipo urti di particelle elementari, atomi, molecole (quindi reazioni chimiche), transizioni spettroscopiche, decadimenti spontanei, etc. Tuttavia, per ragioni che saranno chiare nel seguito, un
ruolo essenziale nella teoria `e riservato alle soluzioni stazionarie dellequazione di
Schrodinger, cio`e quelle funzioni donda che non variano nel tempo.

6.3

Stati stazionari.

Consideriamo un autostato dellhamiltoniano, la cui funzione donda obbedisce ad


unequazione ad autovalori, detta equazione di Schrodinger indipendente dal tempo:
(X) = E (X)
H

(6.33)

Una misura dellenergia del sistema rappresentato dalla funzione donda dar`a
sempre il risultato E, a meno di imprecisioni sperimentali. Supponiamo che (X, 0)
sia la funzione donda del sistema ad un certo istante t = 0; `e facile verificare che:
(X, t) = eiEt/h (X, 0)

(6.34)

`e la soluzione delleq. di Schrodinger (6.25) per le condizioni iniziali specificate. Poiche, in questo caso, la funzione donda a tempi diversi differisce solo per un fattore
complesso, tutte le propriet`a misurabili del sistema rimarranno invariate. Perci`o gli
vengono anche detti stati stazionari. Gli stati stazionari hanno molta
autostati di H
importanza nella fisica molecolare per due ragioni; la prima `e che, alle temperature
ordinarie, una molecola rimane per la maggior parte del tempo nel suo stato stazionario di pi`
u bassa energia (stato fondamentale), come richiesto dalla termodinamica
statistica. La seconda ragione `e che la conoscenza degli stati stazionari permette di risolvere, almeno in linea di principio, il problema dellevoluzione temporale
per qualsiasi condizione iniziale. Supponiamo infatti di conoscere tutte le soluzioni
delleq.(6.33), che distingueremo con un indice i:
i = E i i
H

(6.35)

144

Una qualsiasi funzione donda iniziale si potr`a esprimere come combinazione lineare
di stati stazionari:
(X, 0) =

ci i (X)

(6.36)

Anche in questo caso, sostituendo nelleq.(6.25) si verifica facilmente che:


(X, t) =

ci eiEi t/h i (X)

(6.37)

Come prima, la variazione nel tempo della funzione donda `e affidata a fattori esponenziali complessi; ci`o significa, ad esempio, che la probabilit`a di misurare una certa
energia Ei e lenergia media del sistema sono costanti, in assenza di perturbazioni
esterne. Tuttavia, altre propriet`a del sistema possono variare, in virt`
u del fatto che
gli esponenti iEi t/h sono diversi uno dallaltro e quindi i rapporti tra i coefficienti
della somma (6.37) cambiano nel tempo. Prendiamo ad esempio il valor medio di

un qualsiasi operatore O:
hOi =

X
i,j


ci cj ei(Ei Ej )t/h i O
j

(6.38)

Questa quantit`a in generale dipende dal tempo. Tuttavia, se gli stati i sono au oltre che di H,
solo gli elementi diagonali della matrice rappresentativa
tostati di O
D E

di O sono diversi da zero: i O


j = i ij ; allora:
hOi =

X
i

|ci |2 i

(6.39)

Inoltre, la probabilit`a che una misura della grandezza fisica associata dia come ri rappresenta una costante del
sultato i `e |ci |2 , indipendente dal tempo. Perci`o O
moto. Condizione necessaria e sufficiente affinche due operatori hermitiani abbiano
una base di autovettori in comune `e che i due operatori commutino. Ci`o significa
`e una costante del moto se:
che la grandezza fisica associata con O
H]
=O
H
H
O
=0
[O,

(6.40)

Vediamo ora alcune propriet`a degli stati stazionari. Cominciamo con losservare che,
sono
contrariamente alle funzioni donda dipendenti dal tempo, le autofunzioni di H
essenzialmente funzioni reali. Prendiamo infatti (X) = r (X) + ii (X), con
r e i reali. Si possono dare due casi: r e i differiscono solo per una costante
moltiplicativa (r = ki ), oppure sono due funzioni sostanzialmente diverse. Nel
primo caso, r , i e = (1 + ki)r rappresentano tutte lo stesso autostato e il
fattore complesso 1 + ki `e del tutto inessenziale. Nel secondo caso, r e i sono due
con lo stesso autovalore E della :
autofunzioni distinte di H

r = H
+ = E + E = Er
H
2
2

145

(6.41)


e analogamente per i . Allora non occorre che un set completo di autostati di H
comprenda la complessa: dovr`a invece comprendere entrambe le componenti reali
r e i .
Consideriamo per semplicit`a lequazione di Schrodinger in una sola dimensione, come quella che caratterizza il moto vibrazionale in molecole biatomiche, dove lunica
coordinata interna nucleare `e la distanza tra i due nuclei, R. In questo caso lenergia
potenziale U (R) `e una funzione che tende ad un asintoto U per R + (dissociazione). Affinche la molecola possa esistere, ci dovr`a essere un minimo del potenziale
a distanza di legame, Umin . A distanze pi`
u corte la repulsione tra le nuvole elettroniche e tra i due nuclei fa salire il potenziale molto rapidamente. Non intendiamo qui
occuparci delle particolari condizioni al contorno relative al punto R = 0 in molecole
biatomiche: ci limiteremo a considerare un qualsiasi potenziale U (x), definito per
ogni x da a +, con almeno un minimo relativo U (x min ) = Umin che sia anche
il minimo assoluto. Possiamo riscrivere leq.(6.33) nella forma:
00 (x) =

2
= 2m(U (x) E)(x)
x2

(6.42)

Dato un certo valore di E, si tratta di unequazione differenziale che si pu`o integrare


a partire da un x0 qualsiasi, purche si conoscano (x 0 ) e la sua derivata prima
0 (x0 ). Il comportamento delle soluzioni `e radicalmente diverso a seconda che ci
troviamo in unintervallo di x dove E > U (x) oppure E < U (x).
Nel caso E > U (x), la derivata seconda ha segno opposto a quello della funzione;
se > 0, la derivata prima `e decrescente: prima o poi la funzione cambia di
segno, eventualmente dopo essere passata per un massimo; viceversa, se < 0,
si pu`o avere un minimo, e poi il cambiamento di segno. Perci`o, nelle regioni dove
E > U (x), la funzione donda ha un comportamento oscillante, con massimi positivi
e minimi negativi, inframmezzati da nodi (punti in cui (x) = 0). Massimi, minimi
e nodi si succedono tanto pi`
u fittamente quanto maggiore `e la quantit`a 2m(E
U (x)). Notiamo che, secondo la meccanica classica, la condizione E > U (x) delimita
rigidamente la regione in cui `e possibile trovare il sistema: i punti in cui E = U (x)
sono i turning points classici.
In una regione classicamente proibita, dove E < U (x), la derivata seconda ha lo
stesso segno della funzione. Una funzione positiva ha quindi una concavit`a verso
lalto, mentre una funzione negativa ce lha verso il basso. La funzione pu`o cambiare di segno una sola volta, dopodiche funzione, derivata prima e derivata seconda
sono concordi. Se E `e minore dellenergia di dissociazione, la regione classicamente
proibita si estende a tutte le x > x0 . In questo caso, di norma la funzione donda
diverge verso + o per grandi x. Se esiste una regione dove E < U (x) per
tutte le x < x00 , analogamente la funzione donda diverge per x . Solo per
valori particolari di E pu`o verificarsi che la funzione donda e tutte le sue derivate
tendano a zero per x . Queste sono le uniche soluzioni fisicamente accettabili:
146

infatti, non ha senso fisico una funzione donda, e quindi una densit`a di probabilit`a, che aumenta indefinitamente allontanandosi lungo lasse x. In conclusione, per
energie inferiori al limite dissociativo, le condizioni al contorno limitano i valori di E
permessi ad un set di valori discreti; la funzione donda `e diversa da zero anche nelle
zone classicamente proibite, ma deve tendere a zero asintoticamente allontanandosi
dalle zone permesse. Inoltre, deve esistere un intervallo finito in cui E > U (x),
per collegare la regione classicamente proibita di sinistra, dove la funzione donda
`e crescente (in modulo), con la regione proibita di destra, dove la funzione `e decrescente. Perci`o, il livello energetico pi`
u basso, E 0 , si trova sempre al disopra del
minimo del potenziale; la quantit`a E 0 Umin `e la cosiddetta energia di punto zero
(zero point energy).
Figura 6.1: Soluzioni delleq. di Schrodinger.

E > U (x)
x

E < U (x)
x

Consideriamo ora la situazione in cui lenergia E rimane pi`


u grande di U (x) per tutte
le x > x1 (un solo turning point, o un numero dispari di essi). In questa regione la
avr`a un comportamento oscillante, senza necessariamente divergere. In particolare,
se il potenziale diventa costante per grandi x (U (x) U per x +), la funzione
donda avr`a la forma asintotica:
E (x) = A(E) cos[k(E)x + (E)]
p

per grandi x

(6.43)

dove k = h
1 2m(E U ), `e una costante che dipende dalla forma del potenziale
a corte distanze e A `e un fattore in linea di principio arbitrario. Se si desidera la
normalizzazione alla dellenergia, cio`e h E |E 0 i = (E E 0 ), si pone A(E) =
[2m/ 2 h
2 (E U )]1/4 . Qualunque valore di E `e permesso; inoltre la probabilit`a di
trovare la particella non decresce andando a grandi x. Abbiamo quindi uno spettro
continuo e stati dissociativi.
147

6.4

Perturbazioni ed evoluzione temporale.

Un fenomeno comune nella fisica molecolare `e che un sistema, inizialmente in uno


stato stazionario, venga disturbato da una forza esterna, come un campo elettrico
(0)
o magnetico statico, una radiazione, o lavvicinarsi di unaltra molecola. Se H
`e lhamiltoniano del sistema imperturbato, e V `e la perturbazione, lhamiltoniano
completo sar`a:
=H
(0) + V
H

(6.44)

Una situazione formalmente identica si ha anche in assenza di perturbazioni esterne,


(0) e V , e
quando lhamiltoniano completo viene comunque separato in due parti, H
(0) :
si pu`o supporre che inizialmente il sistema si trovi in uno degli autostati di H
(0) i = i i
H

(6.45)

Scriviamo la funzione donda dipendente dal tempo come:


(X, t) =

ci (t)eii t/h i (X)

(6.46)

Il modulo quadro di ogni coefficiente nello sviluppo, |c i (t)|2 , esprime la probabilit`a di


trovare il sistema nello stato i al tempo t. Lequazione di Schrodinger dipendente
dal tempo `e:
i (0)

= (H
+ V )
t
h

(6.47)

(usando unit`a atomiche, h


= 1). Sostituendo lo sviluppo (6.46) otteniamo:
X dci
i

dt

eii t/h i =

i X ii t/h
ci e
V i
h
i

(6.48)

La derivata rispetto al tempo di un coefficiente c k si isola dalle altre moltiplicando


ambo i membri per k e integrando su tutte le coordinate; poiche h k |i i = ki ,
ottengo:
dck
i X i(k i )t/h D E
ci e
k V i
=
dt
h
i

(6.49)

Se la probabilit`a di trovare la molecola nello stato k , |ck (t)|2 , aumenta nel tempo,
diremo che si verifica una transizione da altri stati i allo stato k . Lequazione
(6.49) mostra che ci`o `e possibile solo se sono popolati (hanno coefficiente non nullo)
stati i tali che:
Vki =

k V i dX 6= 0

(6.50)

148

Questo `e il fondamento di tutte le regole di selezione, in spettroscopia o pi`


u in
generale nella dinamica molecolare. Quando la condizione (6.50) `e verificata, si dice
che la perturbazione V accoppia, o fa interagire, gli stati k e i .
Supponiamo ora che un solo stato, 0 , fosse popolato al tempo t = 0, ossia che
c0 (0) = 1, ci (0) = 0 per i 6= 0. Se ci limitiamo a tempi sufficientemente brevi e perturbazioni non troppo forti, possiamo valutare dc k /dt nellapprossimazione che tutti
i coefficienti ci siano ancora trascurabili tranne c 0 (t) ' 1 (teoria delle perturbazioni
dipendenti dal tempo):
dck
i
= ei(k 0 )t/h Vk0
dt
h

(6.51)

Integrando rispetto al tempo:


ck (t) =

i
h

t
0

eik0 t Vk0 (t0 )dt0

(6.52)

dove h
k0 = k 0 = hk0 . La probabilit`a di transizione 0 k, espressa da
|ck |2 , `e proporzionale al quadrato dellaccoppiamento tra gli stati 0 e k , |Vk0 |2 . Il
modo in cui i coefficienti ck variano nel tempo `e legato alla differenza di energia tra
stato finale e stato iniziale k 0 , nonche alleventuale dipendenza temporale della
perturbazione V .
In prima istanza consideriamo due casi estremi:
1) V `e una perturbazione statica, tipicamente un piccolo termine dellhamiltoniano
trascurato in prima approssimazione: per esempio, linterazione di origine magnetica
tra gli spin delle particelle;
2) V `e linterazione tra la molecola e una radiazione monocromatica; il caso pi`
u
generale di luce non monocromatica si pu`o rappresentare come sovrapposizione di
onde monocromatiche di frequenze diverse.
Se Vk0 non dipende dal tempo, dalla (6.52) abbiamo:
2

|ck (t)| = h

= 4h2 |Vk0 |2

i t

Z t
2
k0 1 2


2 e
ik0 t0 0
2

|Vk0 | e
dt = h
|Vk0 |
=
2
k0
0
2

2

(6.53)

sin(k0 t/2)
k0

Per t > 0 lespressione (6.53) `e una funzione di k0 con un massimo molto


pronunciato per k0 = 0:
lim

k0 0

sin(k0 t/2)
k0

2

t2
4

(6.54)

e massimi secondari per k0 ' (2n + 1)/t, n = 1, 2 . . ., con valori rapidamente


decrescenti t2 /(2n+1)2 2 ; per k0 = 2n/t abbiamo gli zeri della funzione (minimi).

149

La funzione si riduce a valori trascurabili rispetto al massimo per | k0 |  1/t, ossia


per |k 0 | t  h
.
Figura 6.2: Funzione x2 sin2 (x/2).
0.25
0.2
0.15
0.1
0.05
0
-6

-4

-2

Una perturbazione debole, che si mantiene costante per un tempo abbastanza lungo,
non pu`o quindi causare transizioni tra stati che differiscono in energia pi`
u di h
/t:
possiamo vedere questo risultato come una manifestazione del principio di conservazione dellenergia. La precisione con cui viene osservata la condizione k = 0
dipende dalla durata dellinterazione. Se esistono pochi stati k con energia vicina a
0 , le probabilit`a di transizione sono funzioni piuttosto complicate del tempo e della
differenza k 0 , anche nellapprossimazione della teoria perturbativa.
In fisica molecolare `e per`o frequente una situazione ben diversa, in cui moltissimi
livelli discreti, oppure un continuo di stati dissociativi, hanno energie vicine a quella dello stato iniziale. Gli esempi pi`
u tipici sono quello dellInternal Conversion e
dellInterSystem Crossing, in cui uno stato eccitato elettronicamente ma non vibrazionalmente interagisce con stati elettronici sottostanti, e precisamente con i loro
livelli vibrazionali di quasi uguale energia. Questi ultimi possono essere dissociativi
(spettro continuo) o formare un insieme di stati legati molto fitto, ossia con un grande numero di livelli in un piccolo intervallo di energie (vedi sezione 7.2). In questi
casi, piuttosto che indagare in quale stato finale si trover`a il sistema, ci accontentiamo di conoscere la probabilit`a che una qualsiasi transizione avvenga, cio`e la rapidit`a
con cui si spopola lo stato iniziale. Per ottenere questo risultato, sommiamo tutte le
probabilit`a di transizione a stati k diversi. Poiche siamo in presenza di uno spettro
continuo o quasi-continuo, sostituiamo la somma su k con un integrale sulla variabile , lenergia dello stato dissociativo. La quantit`a |V 0k |2 dovr`a essere sostituita da
|V0 ()|2 d, dove:
D


V0 () = 0 V

(6.55)
150

`e linterazione tra lo stato discreto 0 e lo stato dissociativo . Le funzioni donda


dissociative devono essere normalizzate in modo che: h |0 i = ( 0 ). La
probabilit`a di transizione sar`a allora:
P (t) = 4h

min

|V0 ()|

sin(0 t/2)
0

2

(6.56)

dove h
0 = 0 . Il risultato finale dipende da due approssimazioni solitamente
ben giustificate: a) si considera V0 () sostanzialmente indipendente da nel piccolo
intervallo di per il quale lintegrando non `e trascurabile; b) si pu`o estendere il limite
inferiore dintegrazione a , sempre perche lintegrando diventa molto piccolo
allontanandosi da = 0 . Con la sostituzione x = 0 t/2 otteniamo:
P (t) = 2h1 |V0 (0 )|2 t

sin2 x
dx
x2

(6.57)

Lintegrale nella (6.57) `e una semplice costante e vale , perci`o:


P (t) =

2
|V0 (0 )|2 t
h

(6.58)

Questa equazione esprime la regola doro di Fermi. La probabilit`a totale che sia avvenuta una transizione dipende linearmente dal tempo, cio`e la velocit`a di transizione
`e costante e proporzionale al modulo quadro dellinterazione tra lo stato discreto e
quelli dissociativi pi`
u vicini in energia.
2
dP
=
|V0 (0 )|2
dt
h

(6.59)

Ricordiamo che questa regola `e stata ottenuta partendo dallapprossimazione che


lunico stato significativamente popolato rimanga 0 , con coefficiente c0 = 1. Naturalmente, per un insieme di molecole inizialmente nello stato 0 , la frequenza delle
transizioni che spopolano 0 sar`a proporzionale al numero di molecole rimaste in
quello stato, N (t): perci`o, avremo una forma di decadimento esponenziale:
dN
dP
2
=
N (t) = |V0 (0 )|2 N (t)
dt
dt
h

(6.60)

N (t) = N (0) et/

(6.61)

dove = h
/2 |V0 (0 )|2 `e detto il tempo di vita dello stato 0 . Nella teoria perturbativa, si trascura la possibilit`a di ritorno da uno stato dissociativo a quello legato.
Tuttavia, in molte situazioni sperimentali, il destino di uno stato dissociativo non
`e governato dal solo hamiltoniano molecolare, ma piuttosto dalle interazioni con il
circondario. In altre parole, la molecola, una volta dissociata, non torna pi`
u indietro, perche i frammenti interagiscono e reagiscono con altre molecole: il processo `e
praticamente irreversibile su una scala di tempi molto pi`
u lunga di .

151

6.5

Transizioni stimolate dalla radiazione.

Consideriamo ora la perturbazione indotta dalla presenza di radiazione; linterazione


con le cariche contenute nella molecola `e dovuta soprattutto al campo elettrico oscillante. Consideriamo unonda monocromatica che si propaga lungo z ed `e polarizzata
linearmente lungo x:
~ t) = E0 cos(t kz) x
E(z,

(6.62)

dove k = /c = 2/. Per una molecola interagente con luce infrarossa, visibile o
ultravioletta, la lunghezza donda `e tanto grande rispetto alle dimensioni del sistema
che la variazione del campo elettrico lungo z si pu`o ritenere trascurabile: la molecola
in pratica vede un campo elettrico costante nello spazio, ma variabile nel tempo.
In questo caso, lenergia di interazione `e data semplicemente dal prodotto scalare
(campo elettrico)(momento di dipolo):
~
V = E(t)
~ = E0 (
dove x =
elettroni.

qj xj ) cos(t)

(6.63)

qj xj dipende dalle cariche e coordinate di tutte le particelle, nuclei ed

Posso inserire questa espressione del perturbatore nellequazione (6.49), tenendo


conto che 2cos(x) = eix + eix :
X
i
dck
ci [ei(ki +)t + ei(ki )t ] hk |x | i i
=
E0
dt
2h
i

(6.64)

Lintegrale hk |x | i i `e la componente x del vettore dipolo di transizione tra gli


stati i e k:

~ ki =


+


X

k qj ~rj i
j

(6.65)

Lorientazione di questo vettore rispetto alla molecola `e fissata dalla natura delle
funzioni donda i e k ; lorientazione del vettore rispetto ad assi fissi dipende da
quella della molecola.
Applicando la teoria delle perturbazioni
unespressione analoga alla (6.52):
i
ck (t) =
E0 xk0
2h

dipendente

[ei(k0 +)t + ei(k0 )t ]dt0

dal

tempo

ottengo

(6.66)

Come abbiamo gi`a visto, questo integrale ha un valore non trascurabile solo se uno
dei fattori negli esponenti, k0 , `e quasi nullo. Perci`o, uno solo dei due termini
dellintegrando d`a un contributo non trascurabile: se k > 0 lunico termine che pu`o
152

essere importante `e ei(k0 ) , mentre ei(k0 +) sar`a trascurato; viceversa se k < 0 .


Nel primo caso, la transizione corrisponde ad un aumento di energia della molecola
a spese del campo elettromagnetico: si ha quindi assorbimento di radiazione. Nel
secondo caso, la molecola cede energia al campo, per effetto della perturbazione
causata dalla radiazione stessa: chiamiamo questo fenomeno emissione stimolata.
Il trattamento dellassorbimento o dellemissione stimolata secondo la teoria perturbativa implica praticamente le stesse equazioni che abbiamo incontrato a proposito
dellevoluzione temporale in presenza di perturbazioni costanti, salvo che in luogo
di k0 troviamo = k0 . La probabilit`a che sia avvenuta la transizione dopo
un tempo t `e:
|ck (t)|2 = h
2 E02 2xk0

sin(t/2)

2

(6.67)

Analogamente al caso delle perturbazioni costanti, la condizione di risonanza ' 0,


o meglio = |k0 | , si impone con precisione crescente con la durata dellinterazione: t ' 1. Ad esempio, con una luce monocromatica e coerente per la durata
di 1012 sec si ha unincertezza sullenergia di circa 10 cm 1 ; con 106 sec, lincertezza `e circa 105 cm1 . Nella maggior parte dei casi, i valori di coprono un
intervallo molto pi`
u grande di , soprattutto per due ragioni: a) la radiazione non
`e veramente monocromatica; b) lenergia di transizione k 0 non `e perfettamente
definita, perch`e esiste un insieme molto numeroso (o anche infinito, nel caso di spettro continuo) di stati k con energie e dipoli di transizione che differiscono di poco.
` quindi giustificato calcolare la probabilit`a di transizione allo stato o al gruppo di
E
stati k mediante un integrale su , come nella sezione precedente:
Pk (t) = h

E02 2xk0

sin(t/2)

2

d '

2 2
E0 xk0 t
2h2

(6.68)

Qui E0 e xk0 dipendono da e k0 ; nella formula cos` ottenuta si intendono valutati


alla risonanza, con k0 = max , la frequenza centrale della radiazione. Per luce
polarizzata in una direzione qualsiasi ( E~ = E~0 cost):

dPk
= 2 (E~0
~ k0 )2
dt
2h

(6.69)

In un campione allo stato liquido o gassoso, le molecole si presentano con orientazione


casuale rispetto alla polarizzazione del campo elettrico, perci`o bisogna valutare una
media della quantit`a (E~0
~ k0 )2 = E02 2k0 cos2 , dove `e langolo tra il vettore fisso
E~0 e il vettore variabile
~ k0 .
D

cos = (4)

cos2 sin d d = 1/3

153

(6.70)

Perci`o, in fluidi isotropi:


E02 2k0
dPk
=
dt
6h2

(6.71)

Il campo elettrico `e legato alla densit`a di energia (energia per unit`a di volume) dalla
relazione:
Utot =

E02
8

(6.72)

mentre lintensit`a della radiazione (potenza per unit`a di superficie) `e:


Itot = c Utot =

cE02
8

(6.73)

Cos`, nellequazione (6.71), in luogo di E 02 potremmo introdurre 8Utot = 8Itot /c.


Come E0 `e funzione di , cos` lo sono Utot e Itot : densit`a di energia (o intensit`a
luminosa) per unit`a di ; se le esprimiamo in unit`a di frequenza , introduciamo un
fattore 2:
1 Utot
U ()
Utot
=
=

2
2

(6.74)

Itot
1 Itot
I()
=
=

2
2

(6.75)

oppure

Perci`o, lespressione finale della probabilit`a di transizione `e:


dPk
Bk0 I()
22k0 I()
=
=
= Bk0 U ()
dt
c
3h2 c

(6.76)

dove:
Bk0 =

22k0
3h2

(6.77)

`e detto il coefficiente di Einstein per lassorbimento o lemissione stimolata.

6.6

Perturbazioni di durata finita.

Nella sezione precedente abbiamo rappresentato la radiazione come unonda monocromatica di durata illimitata. In effetti, potremmo considerare levoluzione temporale della molecola sotto lazione della radiazione, fino al tempo t soltanto; se la
radiazione cessasse improvvisamente al tempo t, le popolazioni degli stati rimarrebbero invariate da quel momento in poi. Lo stesso varrebbe per lenergia, mentre altre
propriet`a continuerebbero a cambiare nel tempo (per esempio, la forma della mole-

154

cola, che pu`o vibrare, isomerizzare, dissociarsi, etc). Abbiamo anche visto che, per
tempi t finiti, la condizione di risonanza dellenergia di transizione con la frequenza
della radiazione non deve essere rispettata con precisione assoluta: in altre parole,
un lampo di luce molto breve non permette di fare spettroscopia di alta risoluzione.
La relazione tra durata e spettro della luce eccitante si chiarisce facendo ricorso
allanalisi di Fourier. Supponiamo che il campo elettrico della radiazione abbia
unampiezza dipendente dal tempo, che `e massima nelle vicinanze di t = 0 e si
annulla per tempi molto precedenti o molto successivi:
E(t) = E0 (t) cos(t)

(6.78)

La trasformata di Fourier di E(t) esprime la decomposizione in frequenze della


radiazione:
+
0
0 ) = 1
E(
E0 (t)cos(t)ei t dt =
2
Z +
1
0
0
E0 (t)[ei( )t + ei( +)t ]dt =
=
2 2
1
1
= E0 ( 0 ) + E0 ( 0 + )
2
2

(6.79)

Se la funzione E0 (t) varia abbastanza dolcemente, la sua trasformata E0 () tender`a


0 ), uno solo `e
rapidamente a zero per grandi ; quindi, dei due contributi a E(
0
0
importante: il primo, se ' , il secondo, se ' .
Applicando la teoria delle perturbazioni, integriamo eq.(6.51), questa volta partendo
da t = , cio`e un tempo lontano e precedente linizio dellimpulso di radiazione,
e arrivando a t = +, quando limpulso `e finito. Il coefficiente dello stato k , dopo
linterazione con la radiazione, `e:
+
i
ck (+) = xk0
E(t)eik0 t dt =
h

r
i 2
i

=
xk0 E(k0 ) =
xk0 E0 ( k0 )
h

h
2

(6.80)

Largomento di E0 conterr`a + se k0 > 0 (assorbimento) e se k0 < 0


(emissione).
Lequazione (6.80) mostra che lo stato finale della molecola, dopo linterazione con
un impulso di radiazione, `e una combinazione lineare di stati stazionari, quindi
in generale uno stato non stazionario. Dopo leccitazione, la molecola sar`a quindi
soggetta ad una dinamica (evoluzione temporale dello stato eccitato), che pu`o dipendere dalle caratteristiche della radiazione. Infatti, i coefficienti di combinazione
che definiscono lo stato eccitato sono proporzionali alla trasformata della funzione
155

E0 , ampiezza del campo elettrico; livelli con frequenze di transizione k0 vicine alla
frequenza centrale saranno pi`
u popolati di quelli lontani; tuttavia, pi`
u limpulso
`e breve, pi`
u larga sar`a la sua distribuzione in frequenze, quindi impulsi molto brevi
possono popolare simultaneamente livelli distanti in energia.
Con un impulso ad inviluppo gaussiano:
E0 (t) = E00 et

(6.81)

la trasformata di E0 (t) `e ancora una gaussiana:


E00
0
2
E0 ( 0 ) = e( ) /4
2

(6.82)

Qui la variabile 0 esprime la differenza rispetto alla frequenza centrale della


radiazione (definita nella 6.78). La durata dellimpulso si pu`o esprimere come lintervallo tra listante in cui lintensit`a della radiazione arriva per la prima volta a met`a
del suo massimo, e quello in cui ridiscende allo stesso valore (FWHM Full Width
at Half
a `e proporzionale a E 2 , la durata `e
p Maximum). Tenendo conto che lintensit`
in frequenze, troviamo che
t = (2ln2)/; definendo analogamente la dispersione
p
`e inversamente proporzionale alla durata: = (8ln2) = (4ln2)/t.

6.7

Separazione dei moti ed evoluzione temporale.

In un qualsiasi sistema fisico, i moti relativi a due diverse coordinate (o insiemi di


coordinate) x e y si dicono separabili quando la probabilit`a di trovare il sistema tra
x e x + dx non dipende da y, e viceversa. Ci`o si verifica se gli stati stazionari si
possono scrivere come prodotti di funzioni della sola x e della sola y:
(x, y) = (x) (y)

(6.83)

P (x, y) = |(x, y)|2 = |(x)|2 |(y)|2 = P (x) P (y)

(6.84)

Supponiamo che lhamiltoniano del sistema si possa separare in due termini, uno
che dipende solo da x e opera solo su funzioni di x, laltro che dipende e opera solo
su y:
=H
x + H
y
H

(6.85)

x e H
y `e anche autofunzione di
In questo caso, ogni prodotto di autofunzioni di H
con autovalore uguale alla somma degli autovalori di H
x e H
y :
H,
(x) (y) = (y) H
x (x) + (x) H
y (y) =
H

= (y) Ex (x) + (x) Ey (y) = (Ex + Ey ) (x) (y)

156

(6.86)

Perci`o, abbiamo indipendenza dei moti se lhamiltoniano `e separabile. Lindipendenza si conserva anche nel corso dellevoluzione temporale di stati non stazionari.
Infatti, consideriamo una funzione donda al tempo t = 0, scritta come prodotto di
combinazioni lineari di stati stazionari per il moto lungo x e quello lungo y; dovremo
x e l per quelli di H
y:
introdurre due indici, k per gli autostati di H
(x, y, 0) =

"

ak k (x)

# "

bl l (y)

(6.87)

Secondo la soluzione generale, eq.(6.37), ad un tempo t qualsiasi avremo:


(x, y, t) =

ak bl ei(Exk +Eyl )t/h k (x) l (y) =

(6.88)

k,l

"

ak e

iExk /
h

k (x)

# "

bl e

iEyl /
h

l (y)

(x, y, t) `e ancora un prodotto di due fattori, uno che dipende solo da x e laltro da
y.
Vediamo un esempio che chiarisce la relazione tra separazione dei moti ed evoluzione temporale. Consideriamo due molecole o atomi a grande distanza uno dallaltro.
Lhamiltoniano totale `e la somma dei due hamiltoniani relativi a ciascun sottosistema. Le funzioni donda sono prodotti come nelle eq.(6.83) o (6.88), dove x sono le
coordinate di nuclei ed elettroni della molecola A e y quelle di B. Quando la molecola A si eccita, decade o collide con un terzo corpo, levoluzione della funzione
donda di B non ne `e affatto influenzata. Se per`o le due molecole si avvicinano,
non potremo pi`
u trascurare la parte di hamiltoniano che esprime linterazione tra
di loro: attrazioni e repulsioni coulombiane tra particelle di A e di B. Se si tratta di molecole neutre, linterazione complessiva pu`o restare piccola fino a distanze
abbastanza ridotte, perche attrazioni e repulsioni si compensano quasi esattamente.
Tuttavia, gli autostati esatti dellhamiltoniano non sono pi`
u i prodotti (x)(y).
In altre parole, questi prodotti non sono stati stazionari: essi evolvono nel tempo.
Supponiamo che la molecola A sia inizialmente in uno stato eccitato, A , e B nel
fondamentale. Laccoppiamento dei moti delle particelle che compongono A e B, ossia linterazione tra i due sottosistemi, pu`o causare transizioni ad uno stato diverso
con energia sufficientemente vicina, per esempio:
A + B A + B

(6.89)

Lenergia di eccitazione `e passata da A a B. Un trasferimento di energia tra moti


separabili in prima approssimazione, ma accoppiati da una piccola interazione, pu`o
essere tipicamente governato dalla regola doro di Fermi, eq.(6.58).

157

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