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SERVIZIO PER LE INFORMAZIONI E LA SICUREZZA DEMOCRATICA

PER ASPERA
AD VERITATEM
RIVISTA DI INTELLIGENCE E
DI CULTURA PROFESSIONALE
N.5 maggio-agosto 1996

------------------------------ Servizio per le informazioni e la Sicurezza Democratica ------------------------------

Anche per l'albero c' speranza:


se viene tagliato, ancora ributta
e i suoi germogli non cessano di crescere;
se sotto terra invecchia la sua radice
e al suolo muore il suo tronco
al sentore dell'acqua rigermoglia
e mette rami come nuova pianta.
(Giobbe 14, 7-9)

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INDICE

Saggi e articoli

Oscar Luigi SCALFARO - Discorso al Parlamento in occasione del 50 anniversario della Repubblica italiana
Anna FERRI e Silvana LOTTI - Il Trattato di Maastricht: moneta unica e prospettive politiche future
Leonardo MAZZA - La acquisizione di informazioni riservate: diritto alla privacy e diritto alla notizia
Onorato SEPE - Aspetti procedurali del giudizio di responsabilit
Mirko VALENTI - Gli organismi d'intelligence: idee per un progetto per il futuro
Documentazione di interesse

Senato della Repubblica - XIII Legislatura - Resoconto sommario del programma di Governo presentato il 22 maggio
1996 dal Presidente del Consiglio dei Ministri Prof. Romano PRODI
Comitato Parlamentare per i Servizi di informazione e sicurezza e per il segreto di Stato. - Relazione sui documenti
trasmessi dalla Procura della Repubblica di Milano. Rilievi e valutazioni
Commissione Diocesana "Giustizia e Pace - - Diocesi di Milano" - Autonomie regionali e federalismo solidale
Relazione generale sulla situazione economica del Paese (1995). - L'evoluzione dell'economia nel 1995
Camera dei Deputati - XII Legislatura - Proposta di Legge n. 842 "Norme in materia di informazione e sicurezza dello
Stato, di segreto di Stato, di informazioni classificate" presentata dagli On.li DORIGO, COSSUTTA ed altri
Senato della Repubblica - XII Legislatura - Disegno di Legge n. 437 "Nuove norme in materia di istituzione e
ordinamento dei servizi per le informazioni e la sicurezza e disciplina del segreto di Stato" presentato dai Sen. DE
NOTARIS, RONCHI ed altri
Senato della Repubblica - XII Legislatura - Disegno di Legge n. 812 "Nuovo ordinamento dei servizi di informazione
per la sicurezza e disciplina del segreto di Stato" d'iniziativa del Sen. RAMPONI
Normativa e giurisprudenza di interesse

Decreto Legislativo 12 febbraio 1993 n. 39


Tribunale di Madrid (Spagna) - Sentenza 6 febbraio 1996
I Servizi di informazione e sicurezza degli altri Paesi

Stati Uniti: Central Intelligence Agency


Recensioni e segnalazioni bibliografiche

Giorgio BOATTI - Enciclopedia delle spie


William COLBY and Peter FORBATH - La mia vita nella CIA
Emilio Raffaele PAPA - Discorso sul federalismo
Carlo SARZANA di S.IPPOLITO - L'uso della realt virtuale e dei sistemi multimediali nel processo penale
Le Monde du Reinsegnement - Riforma non traumatica dell'intelligence USA
International Herald Tribune - Le riforme dell'Intelligence
Le Monde du Reinsegnement - USA: Informazione economica e competitiva
Notizie sui collaboratori

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CONTENTS

Essays and articles

Oscar Luigi SCALFARO - Speech before Parliament for the 50th Anniversary of the Italian Republic
Anna FERRI e Silvana LOTTI - The Maastricht Treaty: single currency and future political implications
Leonardo MAZZA - Gathering confidential information: right to privacy and right to information
Onorato SEPE - Procedural aspects of the responsiblity judgement
Mirko VALENTI - Intelligence bodies: ideas for a project for the future
Documents of interest

Senate - XIII th Parliament - Summary of the Government programme presented by Prime Minister Romano PRODI
on 22nd May 1996.
Parliamentary Oversight Committee on the Intelligence and Security Services and on State Secrecy. - Report on the
documents transmitted by the Milan Prosecutor's office. Remarks and assessment.
Diocesan committee "Justice and Peace" - Milan Diocese - Regional authonomy and a federalism in the spirit of
solidarity.
General report on the national economic situation (1995). - Economic developments in 1995.
Chamber of Deputies - XIIth Parliament - Bill n. 842 "Provisions on national Intelligence and Security, on State
secrecy and classified information" by Deputies DORIGO, COSSUTTA and others
Senate - XIIth Parliament - Bill n.437 "New provisions on the establishment and regulations of Intelligence and
Security Services and the discipline of State secrecy" by Senators DE NOTARIS, RONCHI and others
Senate - XIIth Parliament - Bill n.812 "New provisions on the Intelligence and Security Services and the discipline of
State secrecy" by Sen. RAMPONI.
Legislation and jurisprudence

Legislative Decree n.39 of 12.02.1993


Kingdom of Spain: Court of Madrid: Judgement of 6th February 1996
Other Countries Intelligence and Security Services

United States of America: the Central Intelligence Agency.


Reviews and bibliographic recommendations

Giorgio BOATTI - Enciclopedia delle spie


William COLBY and Peter FORBATH - La mia vita nella CIA
Emilio Raffaele PAPA - Discorso sul federalismo
Carlo SARZANA di S.IPPOLITO - L'uso della realt virtuale e dei sistemi multimediali nel processo penale
Le Monde du Reinsegnement - Riforma non traumatica dell'intelligence USA
International Herald Tribune - Le riforme dell'Intelligence
Le Monde du Reinsegnement - USA: Informazione economica e competitiva
News on our collaborators

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Oscar Luigi SCALFARO - Discorso al Parlamento in occasione del 50 anniversario della


Repubblica italiana

Onorevoli Presidenti della Camera e del Senato, un grazie e un saluto.


E un saluto caloroso a voi tutti qui presenti - tutti! - in particolare ai Costituenti, qui presenti o che ci
ascoltano da lontano.
Un saluto a chi in ascolto in Patria e a chi in ascolto all'estero, agli italiani all'estero.
Con un pensiero di riconoscenza a tutti: a tutto il popolo italiano, che in questi cinquant'anni ha operato, e
opera, con sacrificio e con amore, qui tra noi e in tante parti, italiani, nel mondo, sempre per l'Italia...
Sempre per l'Italia!
2 giugno 1946 - il popolo italiano, con voto libero, personale, segreto, a suffragio universale votando anche
le donne (conquista di civilt che si era espressa la prima volta nel precedente marzo per far risorgere i
liberi comuni), il popolo italiano ha scelto, come forma istituzionale dello Stato, la Repubblica.
Nello stesso giorno ha eletto l'Assemblea Costituente.
Era come il tirar delle somme di oltre due decenni di dittatura fascista, di cinque anni di guerra distruttrice
di uomini e di cose e di due anni di lotta di liberazione.
Si giungeva cos al primo traguardo.
Dentro quei tre grandi e tremendi eventi, violazioni di libert e sofferenze di ogni genere: il no alla libera
espressione del pensiero, i tribunali speciali, carceri, confino, esilio e infinite grandi e piccole, note e ignote
eroiche resistenze alla dittatura.
La libert ha sempre un prezzo e chi vi crede deve pagarlo ogni giorno; e se pochi sono disposti a pagarlo, il
prezzo per costoro diventa altissimo, quasi insostenibile.
Quanti caddero per via senza poter godere dell'alba della libert!
Allora furono in molti a credere davvero nei valori essenziali e negli ideali per i quali fu eroico il vivere e
dovere il morire.
Ma il 2 giugno fu risurrezione: la Patria risorge, sceglie una forma di Stato nuova che ha radici antiche nella
nostra storia; dalle Repubbliche marinare gloriose e potenti, alla Repubblica Romana, che nel suo Statuto
proclam libert e fratellanza.
Gli eletti iniziarono a scrivere la Carta Costituzionale, il nuovo patto che unisce il Popolo, ogni cittadino
alla Patria, diventata Stato democratico fondato sui diritti della persona umana, diritti riconquistati per tutti
da chi non chiese sconto alcuno sull'altissimo prezzo.
L'animo ripensa a quel clima di nuovo, a quella volont di ricominciare, di ricostruire, di tornare a vivere.
Il contrasto tra il nostro spirito pieno di speranza e la realt che ci circondava era aspro e capace di
sgomento; citt distrutte, comunicazioni annientate, migliaia e migliaia di persone stroncate e molte ancor
pi annientate nello spirito, anche se tornate vive da prigionie inumane.
Sulle macerie, la libert riconquistata accendeva negli animi entusiasmo, voglia di lavorare, di recuperare.
Avevamo tante ferite sanguinanti e, prima fra tutte, la divisione tra italiani, ultima tragica eredit della
dittatura: i fratelli hanno ucciso i fratelli.
Dopo cinquant'anni, la storia non pu mutare, n il mutarla pu essere fonte di pacificazione; la storia
prosegue e scrive, e deve scrivere altre pagine.
Se fossimo capaci di porre la parola "fine" a diatribe, a polemiche che, molte volte hanno turbato gli animi e
scavato divisioni nel nostro popolo!
Se fossimo capaci... ma lo siamo capaci, se lo vogliamo davvero.
Nelle molteplici celebrazioni dei 50 anni della Resistenza ho ripetuto sempre parole e auspici di
pacificazione.
un processo, quello della pacificazione, che ha fatto gi molta strada, ma per concludersi deve poggiare su
termini semplici e veri.
Anzitutto nessuno vuole, nessuno pu mutare la storia, e fu storia il no alla libert, alla vita democratica
violando i diritti essenziali della persona umana.

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Fu storia l'eroismo, e ne esprimiamo riconoscenza, di chi non cedette alla violenza di ogni genere in nome
della fede nella libert.
N pu mutarsi la valutazione dei fatti storici che non consente di porre sullo stesso piano chi ha lottato per
la dignit e la libert dell'uomo e chi ha combattuto sulla sponda opposta.
La Pace figlia della verit, della chiarezza.
Ma guardiamo, tutti insieme, guardiamo con rispetto a chi lott comunque in buona fede, con la retta
convinzione di combattere per la Patria; e chiniamo il capo alla memoria di coloro che sacrificarono la vita
nella serena coscienza di adempiere a un sacro dovere.
Ripeto le parole che il Poeta rivolgeva al Re spentosi a Oporto: "Ora, Signore, anch'egli morto, come noi
morimmo, Dio, per l'Italia".
In questa pagina di pacificazione non si pu non imbattersi in altra questione, che vorrei il Parlamento
esaminasse per vedere se non sia, come a me pare, e come mi parve e scrissi quando ero Ministro
dell'Interno, "ormai idonea a soluzione": mi riferisco alla tredicesima disposizione transitoria della
Costituzione, in relazione al divieto per i successori maschi dei Savoia di entrare in Italia.
Anche qui non si vuole mutare n turbare la storia, ma solo affrontare questo problema con una visione, il
pi possibile giuridicamente attuale e, soprattutto, umana.
Veda il Parlamento quale possa essere oggi, dopo quasi cinquant'anni, la validit, l'efficacia di questa
norma.
Di fronte alla Repubblica, universalmente accettata dal popolo italiano, decida il Parlamento.
La Repubblica, certo, non ha timori... la Repubblica, certo, non ha timori!
Fra otto giorni, il 10 giugno, saranno cinquantasei anni dalla dichiarazione dell'ultima guerra: una vera
pacificazione pu cancellare le conseguenze che possono essere cancellate, poich ve ne molte che
nessuno potr cancellare mai!
La pi valida conclusione quella di rendere sempre attuali le parole icastiche che la Costituzione esprime
con efficacia all'articolo 11: L'Italia ripudia la guerra.
Questa mattina un Cappellano militare, decorato di medaglia d'oro, ci ha fatto pregare per i Caduti di tutte le
guerre e di tutti i fronti.
Da Costoro, che pagarono il prezzo pi alto, esce per noi un solenne e impegnativo invito alla Pace.
Non penso sia mio compito un esame storico di questi 50 anni.
Mi fermo sinteticamente su momenti qualificanti del passato per poi esaminare qualche problema presente.
Anzitutto nel contesto internazionale la scelta di alleanza con i popoli liberi, a cominciare dagli Stati Uniti
d'America, fu scelta di pace e port ad anni di pace.
Il sogno di un'Europa unita divenne volont politica e inizi con tanto entusiasmo il viaggio che ancora
oggi ci trova fortemente impegnati.
Il grave pericolo sovietico, che fu ben pi che minaccia in tanti momenti e in tante parti del mondo, fu cos
contenuto con decisione ed efficacia, e fu Pace.
Vivaci scontri politici e sociali trovarono nello Stato democratico fermezza e capacit di dialogo e
portarono a trasformazioni considerevoli con sensibile elevazione delle condizioni di vita del nostro popolo.
La vita economica si estese dai grandi centri e si moltiplic nelle citt e nei paesi, con una potenza vitale e
una creativit senza pari.
Grande lode ai coraggiosi che seppero rischiare, moltiplicando lavoro e benessere. Grande lode alle migliaia
di lavoratori, impegnati nella mirabile ripresa del nostro popolo.
I Sindacati, usciti dalla clandestinit, iniziarono e condussero un dialogo, a volte assai aspro, ma sempre
indispensabile alla vita democratica.
Non si vinse il pesante divario tra Nord e Sud, malgrado grandi impegni di mezzi, e oggi si deve
constatare, con preoccupazione, che il divario, la distanza, lo squilibrio sono di gran lunga accentuati.
Questa piaga grave che richiede intervento saggio e forte dello Stato.
Quante realizzazioni in 50 anni di democrazia, quanta strada percorsa sostanzialmente insieme anche tra
posizioni assai dialettiche e, a volte, marcatamente e vivacemente contrapposte!
La proclamazione dei diritti inviolabili dell'uomo, sancita nella nostra Costituzione, ebbe fedele
applicazione: la libert fu affermata e difesa.
Ma due mali gravi hanno colpito la nostra vita democratica in questi cinquant'anni:

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il terrorismo, aggressione sanguinaria all'ordinamento dello Stato;


la corruzione, che minava dall'interno lo Stato e ne feriva gravemente la fiducia dei cittadini.
Il terrorismo non portava con s finalit di arricchimento, ma mirava ad abbattere lo Stato
contrapponendogli visioni e fini troppe volte quasi deliranti; un no allo Stato attuato con violenza
indiscriminata che ha fatto delitti innumerevoli e fini a se stessi, irrazionali e crudeli.
All'inizio, non tutti si schierarono per lo Stato e contro gli aggressori dello Stato: e fu scelta senza n
princpi, n dignit; poi si gener una solidariet sentita ed efficace e divenne solidariet di popolo; fu
questa che don forza allo Stato per vincere la difficile prova.
Oggi si pu ben dire che dopo le armi si sono arresi gli animi, e la quasi totalit dei responsabili, con le
parole, o pi ancora con la vita, hanno riconosciuto l'errore e il male.
Leggo cosa scrive un giovane di quella terribile stagione che ha gi scontato, e sta scontando, molti anni
della sua lunga pena:
"Ci che rimane di quel periodo, soprattutto nella mente di chi volente o nolente, lo ha vissuto in prima
persona, sono i lutti, le inutili morti in nome di una rivoluzione politica impossibile e fuori della storia".
E prosegue: "Rimane il fallimento di tanti giovani (presuntuosi) che anche attraverso la riflessione in
carcere si sono resi conto di avere sbagliato tutto: il fine non giustifica i mezzi, n viceversa".
Qui finisce il breve stralcio di un lungo e considerevole scritto.
Con il passare degli anni il delitto non muta n nome, n sostanza e la giustizia verso le vittime, e chi ne ha
sofferto e ne soffre, merita rispetto; ma lo Stato democratico se vuol essere ricco di umanit non pu non
fermarsi per cercare una via che non abbia i caratteri della generalit, ma valutando con intensa cura le
singole situazioni, sia idonea a tutelare quei diritti, senza mai spegnere la speranza.
Altrettanto grave, di una gravit pi corrosiva del tessuto dello Stato, la corruzione.
Straripamento di competenze da parte dei partiti politici, prevaricazioni, sete di ricchezza, ubriacatura di
potere, sono alla base di questa degenerazione che ha duramente ferito la coscienza democratica del nostro
popolo allontanandolo dalle Istituzioni.
Occorrono, a mio avviso, due precisazioni:
Anzitutto vero che con i colpevoli sono stati travolti non pochi del tutto innocenti.
Questo oggettivamente male, perch ingiusto; persone ferite in ci che hanno di pi geloso, la propria
onorabilit, gettati in pasto alla pubblica opinione ignara, - presentati come colpevoli, a volte arrestati, poi
dichiarati innocenti; uomini politici raggiunti da avvisi di garanzia il cui processo dopo mesi e mesi giace
senza una decisione di colpevolezza o di assoluzione.
Non pu chiamarsi giustizia.
Ma non pu mancare l'elogio e il grazie a quei Magistrati che, sereni e giusti, hanno accertato abusi gravi e
chiamato i responsabili a risponderne.
stato ed servizio alla giustizia, servizio alla stessa democrazia.
Inoltre, mi pare opportuno tornare a volgere attenzione al delicato, ma indispensabile problema della vita
dei partiti, dei movimenti politici.
In passato, per reagire giustamente a gravi degenerazioni e a inammissibili compromessi, fu stabilita tra
l'altro, per legge, l'illiceit, salvo limiti assai ristretti, del sovvenzionamento ai partiti.
Ora il problema di salvaguardare la libert e la trasparenza della vita politica, condizioni essenziali di
fiducia; esclusione quindi di ogni legame con interessi di parte, di categoria e di gruppi, interessi che
condizionano in modo illecito, i doveri e la responsabilit dell'eletto dal Popolo.
Il problema di consentire ai partiti, ai movimenti politici, di svolgere il proprio compito senza
compromissioni o sotterfugi; il problema che senza questa mediazione tra i cittadini e le Istituzioni, la
democrazia rischia seriamente la sua essenza pluralistica del tutto vitale ed essenziale.
Il cittadino deve essere tranquillo sulla linearit, trasparenza, correttezza della vita democratica; deve poter
leggere senza fatica non solo l'esterno, ma l'interno dello svolgersi, del muoversi di ogni organismo
necessario alla vita dello Stato democratico.
Una grande bufera ha largamente mutato la classe politica a cominciare dal 1992.

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Questo non breve e faticoso periodo di transizione ha mutato assetti politici, ha fatto sorgere nuovi
movimenti, ha reso particolarmente viva, e a volte assai accesa, la dialettica politica.
Ha costretto per motivi diversi a due successivi scioglimenti del Parlamento ogni volta dopo due anni di
vita, e anche di intensa e meritoria attivit delle due Assemblee legislative.
Vi sono dunque situazioni di malessere che doveroso enunciare per poterle affrontare con determinazione.
Emergono sempre pi vive e motivate le richieste di autonomia e di federalismo, di abbattere una
concezione centralistica dello Stato.
Le diverse Regioni e i cittadini stessi chiedono che si riconosca loro il diritto di sostanziale autonomia per
assumersi responsabilit dirette e poterne rispondere.
L'affermazione regionalistica nella nostra Carta Costituzionale non nasce dalla negazione dell'unit del
popolo e dello Stato, ma nel pensiero dei Costituenti, regionalismo anzitutto un no severo e motivato
all'accentramento del potere, e una rivendicazione di veder riconosciuta la identit e con essa la dignit
stessa delle diverse Regioni dell'Italia, ciascuna ricca di forze vitali, di energie diverse, di caratteristiche
peculiari.
Nacque la Regione, ma poco matur una coscienza regionale, un sentirsi regione e cittadini della propria
Regione.
L'autonomia fu parziale e molte volte fin per presentarsi al cittadino come una moltiplicazione di istituzioni
e di uffici, come una complicazione anzich, come era negli auspici, una semplificazione a vantaggio dei
cittadini stessi.
Il tema federalista, la questione del decentramento ci richiama a quanto i Costituenti hanno precisato senza
equivoci all'articolo 5 della Costituzione in riferimento alle autonomie locali.
In quell'articolo, non certo a caso, si ripete la impegnativa formula dell'articolo 2: "La Repubblica, una e
indivisibile, riconosce ... la Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali",
confermando l'indiscusso presupposto dell'unit nazionale e la preesistenza del diritto all'autonomia, che
non certamente, n lo potrebbe, concessione o elargizione dello Stato.
Ma questo richiamo deve farci concentrare l'attenzione sui Comuni, non dimenticando le Provincie.
L'Italia patria dei Comuni, e i Comuni sono naturalmente vivi e sentiti nella vita del nostro Popolo, nella
vita di ogni cittadino.
Una visione ampia, completa, della riforma deve impegnarsi a dare pienezza di vitalit a questa autonomia
che rimane punto vitale di equilibrata organizzazione dello Stato.
anche necessario il rapporto Stato-Comuni, Provincie, Stato-Autonomie locali, ma indispensabile che
sia armonizzato nel rapporto Stato-Regioni; ed opportuno che, negato il centralismo statale, si
garantiscano gli enti locali anche dal possibile centralismo regionale, egualmente dannoso per ogni
autonomia.
questa una grande pagina della annunziata pi ampia, Riforma dello Stato, che nelle discussioni, nei
pregevoli studi e lavori parlamentari, ha toccato il sistema bicamerale, ha toccato la stabilit governativa, ha
toccato una diversa struttura della Presidenza della Repubblica; ma ha confermato, pressoch in modo
unanime, la difesa delle prerogative del Parlamento, suprema espressione della Sovranit Popolare.
Riforma pi volte affrontata e studiata, ma che ancora non ha trovato la necessaria volont politica per
essere attuata.
E la volont politica non pu essere di una parte sola, anche maggioritaria, del Parlamento; non tanto perch
norme costituzionali richiedono maggioranze diverse e maggiori per mutare la Costituzione, ma soprattutto
perch la Riforma della Carta Costituzionale deve poter nascere, come fu nel 1948 per la Costituzione, da
una volont corale che consenta ad ogni cittadino di riconoscersi in quel documento fondamentale per la
vita del Popolo Italiano.
Questa volont politica costituisce la prova di volere davvero scrivere pagine nuove nella nostra
Costituzione.
Mi fermo alla enunciazione, poich, ripeto, compito, competenza del Parlamento, di tutte le forze
politiche presenti nel Parlamento, nessuna esclusa.
E non si pu ancora attendere, n sarebbe valida una risposta generica; la risposta deve essere chiara,
lineare, razionale ed efficace.
Questa pagina di largo respiro democratico deve essere scritta e attuata e vissuta; deve saper fare sintesi tra
una autonomia vera e vitale e l'Unit nazionale condizione essenziale e preesistente allo stesso dettato

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Costituzionale.
Unit nazionale, che soprattutto unit di popolo, condivisione di speranze e di sacrifici, di conquiste e di
sconfitte. Unit che questo nostro popolo sa affermare e rendere intoccabile.
Ma non basta.
doveroso constatare con serena obiettivit che, specie in particolari momenti, la fiducia del cittadino nello
Stato va affievolendosi, e rischia di mutarsi in protesta, in ribellione.
Ho gi parlato di casi gravi di corruzione, che non lasciano indenni i settori pi delicati della vita dello
Stato.
Ma desidero qui sottolineare l'antica e non risolta questione, peraltro vitale, del rapporto Cittadino-Stato.
E' ancora alquanto raro, se non eccezionale, il dialogo tra cittadino e Stato, un dialogo aperto e fiducioso.
In tante occasioni, in tanti rapporti, l'Amministrazione dello Stato si comporta come chi non crede nelle
dichiarazioni rese dal cittadino; e il cittadino immediatamente, di fronte all'Amministrazione pubblica, in
posizione di difesa, a volte legittima, a volte no.
Non si tratta in genere di cittadini ribelli al concetto stesso di Stato; si tratta piuttosto di chi teme, nello
Stato, nei suoi uffici, di non trovare voce amica e comprensiva, e risponde con diffidenza, come chi sospetta
quasi di esserne raggirato.
Sono passati decenni da quando la voce autorevole di De Gasperi e il severo richiamo di Vanoni
proponevano un rapporto di limpida schiettezza, di lealt, di collaborazione.
Bisogna lavorare con intensit perch questo rapporto si ricostruisca.
Occorre coraggio per una semplificazione indispensabile dei rapporti, per una limpidit accessibile, una
disponibilit delle amministrazioni pubbliche la pi ampia, per essere in grado di servire il cittadino, di
servirlo davvero, perch senta che lo Stato la casa comune.
Ho il dovere di aggiungere che queste considerazioni, queste constatazioni, nulla tolgono ai meriti di
migliaia di dirigenti, di dipendenti fino ai pi umili, che consumano trentacinque, quaranta e pi anni negli
uffici pubblici con sacrificio, con puntualit, con onest e tante volte senza una parola di gratitudine.
Costoro troppe volte sono piuttosto vittime di procedure defatiganti, di adempimenti eccessivi o poco
comprensibili.
L'altra tremenda questione una concentrazione di umana sofferenza ed un richiamo sostanziale di
giustizia: la disoccupazione.
Scendendo dal Nord all'estremo Sud, la percentuale sale in modo preoccupante: il 10, il 20, il 55... il 66 per
cento per le donne in Sicilia! L'ho constatato qualche settimana fa.
Ognuno sa che piaga della societ di oggi, che piaga dell'Europa... Se ne discute in ogni incontro
internazionale ed tema all'ordine del giorno dei paesi pi industrializzati (G7).
Ma quando la piaga invade pi della met del corpo... si teme per la vita!
Qui, prima che impegno politico e sociale, prima che programma politico, qui la coscienza umana che non
pu, non vuole non deve trovare pace, se non si fatto tutto il possibile e l'impossibile per affrontare un
problema che coincide con la dignit della persona umana.
La grave questione diventa gravissima quando si considera la situazione dei giovani.
Dico a voi del Parlamento, a voi del Governo, a voi responsabili dell'economia e della finanza: non
possiamo, assolutamente non dobbiamo, spegnere nei giovani la speranza.
Guai a noi! Non si tratta di rispondere domani o doman l'altro alla storia, si tratta di rispondere oggi, di
rispondere adesso alla nostra coscienza e a chi, parte del nostro popolo, soffre e ancora attende.
Si aggiunga l'incubo della criminalit organizzata che pu fare proseliti tra giovani disperati.
Della criminalit non ho parlato perch totalmente alla attenzione dello Stato che non risparmia impegno e
sacrifici.
Quante vittime e quanti delitti! Lo Stato, con la Magistratura, le forze dell'ordine, con le forze armate a
presidio territoriale, ha risposto come non mai a questa invasione di potere illegittimo e violento, ha
scoperto colpevoli, ha colpito connivenze, ha moltiplicato la sua presenza vigile ed efficace.
La strada irta di difficolt: i silenzi, le compromissioni, i pentiti che sono di aiuto, ma possono anche
volersi servire dello Stato per le loro vendette, le difficolt negli uffici giudiziari e per gli stessi avvocati,
sono tutti ostacoli da superare con volont ferma e determinazione.
Occorre mettere la popolazione in condizioni di liberarsi da motivate paure e da antichi pregiudizi per

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schierarsi compatta con chi lotta senza tregua per liberare il nostro paese da questo male sanguinario e
degradante.
Solo citando le maggiori questioni, che sono aperte davanti a noi all'inizio dei secondi cinquant'anni, si vede
che c' lavoro per tutti: per il Capo dello Stato, per il Parlamento, per il Governo, per le Regioni, per gli Enti
locali che attendono, specie i Comuni, i Sindaci di poter avere i mezzi per i compiti che la legge a loro
riconosce e impone.
C' lavoro per tutti, privati e pubblici.
E' parso che la Politica avesse lasciato il passo all'azione della Magistratura e che diventasse sempre pi
difficile il dialogo e la collaborazione tra i poteri dello Stato.
E' indispensabile che la Politica riprenda il suo spazio, la sua alta responsabilit, non sostituibile altrimenti,
senza creare una seria patologia nella vita dello Stato.
E' altrettanto indispensabile che i poteri dello Stato siano tra loro coordinati, collaborativi, in perfetta
armonia, ciascuno libero e responsabile nel proprio settore di competenza e tutti a servizio del bene
comune, del bene del popolo che interpretano, rappresentano e nel cui nome operano.
S, necessario che la politica riprenda lo spazio che le compete.
La POLITICA, tutto maiuscolo, quella che arte per i greci, servizio per i cristiani, totale disponibilit
per il bene del Popolo, per chiunque creda nel dovere di donare intelligenza e cuore alla Comunit di cui fa
parte.
***
Mi rivolgo ancora una volta a tutti voi, qui presenti o che ascoltate da lontano.
Ho pensato che la pi fedele celebrazione di questo primo cinquantennio della nostra Repubblica
richiedesse un esame responsabile per riprendere la strada affrontando le questioni pi ardue, pi urgenti,
pi attese, pi dovute secondo giustizia.
Sappiamo tutti che vi sono temi che richiedono, per essere risolti, una quasi unanimit di intenti e di volont
politica.
Sono i temi che pi direttamente attengono alla Persona Umana e quindi alla famiglia, ai giovani, alla
scuola, al lavoro; e quelli che sono vita per tutto il nostro popolo: la sicurezza, la certezza del diritto, la
integrit e la dignit della Patria comune, la Pace.
Riprendiamo il cammino nelle diverse responsabilit, nella vitale dialettica con la pluralit di convinzioni
filosofiche, politiche, sociali, religiose, ma tutti tendenti al maggior bene del nostro Popolo.
Incontreremo difficolt, ostacoli, fatiche.
In questi 50 anni le difficolt e le fatiche non furono n poche n piccole: una grande fede nella libert ci ha
sostenuti, il servizio all'uomo, specie a quello che pi soffre, ci ha sospinti.
Se saremo uniti, e metteremo in comune soprattutto le avversit, il cammino sar meno aspro.
In passato i nostri Maggiori pagarono di persona.
Ora ascoltiamo:
"La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni
sociali ove si svolge la sua personalit e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidariet
politica, economica e sociale".
E' l'articolo 2 della Costituzione, che in quest'Aula anche io, giovanissimo, votai con gli altri.
Se giuriamo di viverlo a qualsiasi costo, ce n' a sufficienza per servire degnamente il popolo italiano per il
prossimo cinquantennio!
Grazie!

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Anna FERRI e Silvana LOTTI - Il Trattato di Maastricht: moneta unica e prospettive


politiche future

1. Premessa
Il presente articolo si pone l'obiettivo di fornire un quadro, che non ha la pretesa di essere esaustivo, del
processo che ha portato alla creazione e allo sviluppo dell'Unione europea, affrontando al contempo le
problematiche, di notevole portata, che attualmente vengono poste all'attenzione dell'opinione pubblica
europea e in particolare italiana - considerato che fino al giugno del corrente anno la Presidenza del
Consiglio dei Ministri dell'Unione stata affidata al governo del nostro paese - anche in relazione all'avvio
della Conferenza intergovernativa dei Capi di Stato e di Governo degli Stati dell'Unione.
Si tenter inoltre di definire, in via del tutto generale, quali sono le principali sfide che gli Stati dell'Unione
dovranno affrontare per consentire la realizzazione degli "Stati Uniti d'Europa", obiettivo - in parte previsto
dallo stesso Trattato di Maastricht - senza dubbio ambizioso e tale da richiedere non solo un superamento, o
meglio, un ampliamento del progetto politico previsto dal trattato stesso, bens l'acquisizione da parte di
tutti i "cittadini europei" di una maggiore consapevolezza della sua rilevanza anche attraverso una nuova e
reale adesione all'ideale europeista.
2. Nascita e sviluppo dell'Unione Europea
Le origini del processo che ha portato gradualmente alla creazione della comunit europea vanno
individuate nella situazione politica ed economica internazionale esistente alla fine della seconda guerra
mondiale.
L'Europa cessava di costituire il centro nevralgico della politica internazionale avendo, tra l'altro, perso il
ruolo di potenza coloniale, e risultava chiara la divisione del mondo in due blocchi, uno strettamente legato,
sia sul piano politico che economico, agli Stati Uniti e l'altro sotto il controllo dell'URSS.
In questo nuovo scenario politico si inserivano le problematiche di carattere economico dell'Europa
rappresentate principalmente dalla necessit di procedere alla ricostruzione industriale post-bellica e, pi in
generale, di sanare il dissesto economico che investiva i paesi vinti cos come quelli vincitori.
La costituzione di organizzazioni internazionali come le Nazioni Unite, il GATT, la BIRS, il FMI e
l'elaborazione dello stesso Piano Marshall furono finalizzate proprio alla creazione di condizioni favorevoli
alla ripresa degli scambi commerciali internazionali, al raggiungimento di una nuova stabilit monetaria
internazionale, a fornire strumenti di aiuto e sostegno allo sviluppo.
Nel 1948 nacque l'OECE proprio al fine di gestire i fondi del Piano Marshall destinati alla ricostruzione
dell'Europa, trasformata, nel 1951, nell'OCSE a cui aderirono, in un quadro di pi ampia collaborazione
extraeuropea, anche gli Stati Uniti, il Canada e il Giappone.
Nel 1954 fu costituita la UEO, nell'ambito della quale gli Stati aderenti (Francia, Germania, Italia, Belgio,
Paesi Bassi, Lussemburgo e Gran Bretagna) si impegnavano a collaborare in campo politico e militare.
Nel 1959, nell'ambito del Consiglio d'Europa, gli Stati aderenti si impegnavano invece a favorire una pi
stretta unione politica, economica, culturale e sociale dei paesi europei.
Accanto alle problematiche di carattere economico, in Europa veniva avvertita in maniera pressante anche
la necessit di realizzare un'unione di carattere politico-federale.
Gli Stati Uniti, dal canto loro, assunsero un atteggiamento di estremo favore verso la creazione di un'Europa
occidentale forte e unita sia sul piano politico che economico, in quanto questa avrebbe costituito una
maggiore garanzia della capacit di far fronte sia alle pressioni esterne provenienti dal blocco sovietico che
interne derivanti dai partiti comunisti nazionali.
In questo contesto si inser la dichiarazione del Ministro degli Esteri francese Robert Schuman, il 9 maggio
1950, il quale sostenne la necessit, per la salvaguardia della pace mondiale, di avviare concrete iniziative
finalizzate a mettere in comune le principali materie prime strategiche dell'Europa, ossia il carbone e

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l'acciaio.
Questa proposta avrebbe potuto costituire un valido strumento per risolvere il problema franco-tedesco,
legato da una parte all'annosa rivalit tra questi due paesi e dall'altra a quello delle limitazioni alla sovranit
tedesca, stabilite a conclusione della guerra, concernenti in particolare il disarmo imposto alla Germania che
si rifletteva soprattutto sulla possibilit di procedere alla ricostruzione dell'industria pesante tedesca.
Si pens quindi di sottoporre quest'ultima al controllo di un ente internazionale, senza che ci costituisse
una misura punitiva ai danni di un paese sconfitto in quanto il medesimo controllo o, per meglio dire,
"messa in comune" delle risorse, avrebbe coinvolto anche altri paesi europei.
Fu quindi firmato a Parigi il 18 aprile 1951 il trattato istitutivo della Comunit Europea del Carbone e
dell'Acciaio (CECA), al quale aderirono oltre alla Francia e alla Germania, anche Italia, Belgio, Paesi Bassi
e Lussemburgo (questi ultimi tre gi costituenti il BENELUX).
L'adesione alla CECA comport l'impegno da parte dei paesi membri ad accettare limitazioni alla propria
sovranit nazionale nell'ambito del settore carbosiderurgico, che venne sottratto al controllo dei governi
nazionali, per essere affidato totalmente all'ente comunitario.
I risultati derivanti dalla creazione di questo mercato comune settoriale furono talmente inaspettati da
spingere i paesi aderenti ad ampliare tale tipo di collaborazione anche ad altri campi.
Dopo il fallimento del tentativo di creare una comunit a scopi di difesa (CED) e la conseguente battuta di
arresto nel processo di integrazione europea, il 25 marzo 1957 vennero firmati a Roma i trattati istitutivi
della Comunit Economica Europea (CEE) e della Comunit Europea per l'Energia Atomica, pi nota come
EURATOM.
Alla luce delle scelte sia sotto il profilo istituzionale che delle competenze che vennero operate con il
trattato di Roma, si pu dire che prevalse sulla tesi federalista quella "funzionalista" secondo la quale il
processo di integrazione economica e politica doveva avvenire gradualmente e spontaneamente.
La creazione di queste comunit fu finalizzata a realizzare un'integrazione progressiva dei mercati degli
Stati membri e delle loro economie in un mercato comune, nonch un sistema economico comune, in vista
dell'integrazione degli Stati membri in un'organizzazione politica di tipo federale o confederale, quale
risultato, in un periodo pi o meno lungo, della stessa integrazione economica.
Il trattato CEE in particolare prevedeva il passaggio dall'unione doganale (area esente da dazi interni e con
un unico dazio comune esterno da applicare agli Stati terzi) ad un mercato comune, ossia ad un'area di
libera circolazione dei fattori produttivi in cui si procedesse all'armonizzazione delle politiche statali in vari
settori (agricolo, trasporti, fiscale, ecc.) in vista della realizzazione di un'unione economica. (1)
In particolare, gli obiettivi da realizzare erano la libera circolazione delle merci, l'istituzione di un'unione
doganale, l'adozione di una politica agricola comune, la libera circolazione di persone, servizi e capitali, una
politica comune dei trasporti, la salvaguardia del regime di libera concorrenza.
La CEE consent agli Stati membri un rapido sviluppo economico nel corso degli anni '50 e '60,
permettendo in particolare all'Italia di trasformarsi da paese principalmente agricolo a paese
industrializzato.
Ci favor la graduale adesione alla comunit di altri paesi europei, in tempi successivi, quali Gran
Bretagna, Danimarca, Irlanda, Grecia, Spagna, Portogallo, Austria, Finlandia e Svezia.
Ci che concerneva l'ambito della politica economica e monetaria fu affrontato nel trattato di Roma
fissando princpi generali. L'obiettivo previsto dal trattato CEE in materia fu infatti quello di realizzare la
convergenza delle politiche economiche nazionali in vista della realizzazione dell'Unione economica e
monetaria.
Si riconobbe che per la realizzazione del mercato comune e dell'integrazione economica era necessario
coordinare le politiche economiche e ravvicinare le legislazioni nazionali, nonch si afferm la necessit di
adottare una politica monetaria comune che fosse fonte di equilibrio e stabilit sia dei cambi che dei prezzi
all'interno del mercato comune.
Date queste premesse, gli articoli che nel trattato vennero dedicati specificamente alla politica monetaria
(artt. 103-109) non prevedevano tuttavia appositi vincoli per le autorit monetarie nazionali, n un loro
impegno a coordinarsi in materia.
Per ci che concerne invece la politica economica comune, il trattato CEE affid al Consiglio dei Ministri
esclusivamente il compito di provvedere al coordinamento delle politiche economiche nazionali degli Stati
membri (art. 145), favorendo la cooperazione intergovernativa in ambito comunitario.
Prevaleva in tal modo la convinzione che in un mercato comune caratterizzato dalla libera concorrenza la

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convergenza delle economie nazionali si sarebbe realizzata spontaneamente grazie ai meccanismi del libero
mercato.
Il Trattato CEE si limitava a stabilire (artt. 108-109) che, qualora uno Stato membro avesse registrato un
grave squilibrio nella bilancia dei pagamenti, tale da creare distorsioni nel mercato comune e turbative alla
politica commerciale comunitaria, la Commissione avrebbe potuto indicare le misure di intervento ritenute
pi idonee a sanarlo. Qualora queste non fossero state risolutive, il Consiglio, deliberando a maggioranza
qualificata, su proposta della Commissione e previo parere del Comitato Monetario, avrebbe potuto
riconoscere al paese interessato il cd. "concorso reciproco", ossia concedere consistenti sostegni economici,
sia attraverso il FMI che con il contributo degli altri Stati membri. Qualora anche questi non si fossero
rivelati risolutivi, la Commissione poteva autorizzare lo Stato interessato ad adottare misure di salvaguardia,
a condizione che queste incidessero il pi limitatamente possibile sul mercato comune e che fossero
adeguate all'entit dello squilibrio verificatosi. Inoltre la Commissione poteva ricorrere a misure volte ad
evitare alterazioni dei traffici derivanti dai provvedimenti restrittivi adottati dal paese in difficolt nei
confronti di paesi terzi.
Le misure di salvaguardia potevano comunque essere revocate o modificate dal Consiglio, con una delibera
a maggioranza qualificata.
La Comunit, inoltre, nel corso degli anni, ha affidato ulteriori competenze in materia di politica economica
ad organi comunitari, in parte previsti dallo stesso Trattato di Roma, quali il Comitato monetario, il
Comitato dei governatori delle banche centrali, il Fondo europeo di cooperazione monetaria (Fecom) e il
Comitato di politica economica.
Il Comitato monetario, costituito dai rappresentati della Commissione e degli Stati membri, aveva il
compito di formulare pareri per la Commissione e il Consiglio.
Il Comitato dei governatori delle banche centrali coordinava le politiche monetarie delle banche centrali
nazionali e formulava pareri per il Consiglio, mentre il Fondo europeo di cooperazione monetaria (Fecom)
aveva il compito di sovrintendere al funzionamento dello SME.
Venne inoltre affidata al Consiglio dei Ministri dell'Economia e delle Finanze (Ecofin) il compito di
sovrintendere ("sorveglianza multilaterale") alle politiche economiche nazionali e alla loro compatibilit
con gli obiettivi comunitari in materia.
3. Il Sistema Monetario Europeo (SME): un primo passo verso l'unione monetaria
Il primo decisivo impulso al coordinamento e alla convergenza in campo monetario stato impresso con la
creazione nel 1979 del Sistema Monetario Europeo (SME), a seguito della risoluzione del Consiglio
europeo di Bruxelles del 5 dicembre 1978, attuato con gli accordi di Basilea del 13 aprile 1979, conclusi tra
le banche centrali degli Stati membri e noti anche come Accordi Europei di Cambio.
Con la creazione dello SME si intendeva dar vita ad un'area di stabilit monetaria europea, volta a favorire
un ritorno progressivo al pieno impiego, un avvicinamento dei livelli di vita nazionali, l'eliminazione delle
differenze regionali, nonch uno sviluppo comune in vista della realizzazione di una vera e propria unione
economica.
Il sistema monetario europeo, stabilito con gli accordi di Basilea e tuttora vigente, si basa sui seguenti punti:
- la moneta base dello SME l'ECU (ossia "unit di conto europea") costituito da un paniere di monete
nazionali la cui composizione determinata da quantit fissate delle valute degli Stati membri. Questa
composizione viene periodicamente riesaminata e pu essere modificata, purch il valore esterno dell'ECU
rimanga invariato, ossia purch tale revisione investa esclusivamente la composizione interna della moneta
europea in relazione al valore assunto dalle valute che la costituiscono, ma non il suo valore esterno.
L'ECU pu essere utilizzato dalle autorit monetarie nazionali per regolare le proprie operazioni finanziarie,
come denominatore del meccanismo di cambio e per le operazioni relative ai meccanismi di intervento e
credito;
- le autorit monetarie nazionali dei paesi aderenti si sono accordate per fissare un "tasso centrale" in
termini di ECU della propria moneta, impegnandosi inoltre ad intervenire per difendere tale tasso qualora la
sua oscillazione rischiasse di superare il valore centrale prefissato di uno scarto superiore al 2,25%
(all'Italia, al momento degli accordi, fu riconosciuta la possibilit di ricorrere ad una banda allargata pari al
6%). In sostanza quindi, ciascuna moneta nazionale assume un valore in ECU la cui variazione deve

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avvenire entro e non oltre una determinata banda di oscillazione e ci deve essere garantito da appositi
interventi monetari da parte delle rispettive banche centrali nazionali;
- viene creato un "indicatore di divergenza", ossia un sistema di controllo sulle fluttuazioni dei cambi delle
monete dello SME, che permetta di individuare la moneta che pi delle altre si discosti dal valore della
media comunitaria e pertanto di intervenire con misure di politica economica adeguate prima che il valore
del tasso di cambio della moneta interessata raggiunga i margini di fluttuazione prefissati.
possibile dire che lo SME ha permesso la creazione di un'area di stabilit monetaria europea,
determinando altres un "effetto disciplina" sui paesi a pi alto tasso di inflazione e favorendo una maggiore
responsabilit dei governi partecipanti nell'adozione delle decisioni di politica economica, rafforzando tra
l'altro lo spirito di collaborazione tra i partners.
Risultava evidente tuttavia, a dieci anni dalla conclusione degli accordi di Basilea, quanto fosse importante
per la realizzazione di una vera e propria unione monetaria che gli Stati membri accettassero di rinunciare
alla propria sovranit nazionale in un settore che tradizionalmente a questa era affidato, considerato che tra
l'altro non tutti gli Stati membri aderivano allo SME (Gran Bretagna e Grecia).
Era inoltre evidente la mancanza di un adeguato coordinamento delle politiche economiche nazionali che
incidono direttamente sulle variabili reali del sistema economico.
Se pertanto, grazie agli accordi europei di cambio, si era riusciti a garantire una riduzione del tasso
d'inflazione all'interno della comunit, analogo successo non era stato raggiunto nel risolvere
adeguatamente il problema dei deficit del bilancio pubblico e delle bilance dei pagamenti, situazione che,
tra l'altro, impediva un reale e consistente miglioramento delle economie pi deboli.
4. Il Trattato di Maastricht sull'Unione Europea (TUE): aspetti relativi all'unione monetaria
Un'ulteriore e decisiva tappa nel processo di integrazione europea stata rappresentata dalla firma, il 17
febbraio 1986, dell'Atto Unico Europeo, entrato in vigore il 1 luglio 1987, con il quale i dodici paesi
membri si sono impegnati, oltre che a favorire la realizzazione di un mercato caratterizzato dalla libera
circolazione delle persone, delle merci, dei servizi e dei capitali, anche ad adottare politiche comuni nei
settori della ricerca e della tecnologia, nonch a garantire una maggiore cooperazione in materia di politica
regionale, agricola, ambientale, sociale e sanitaria.
A tali fini, furono apportate alcune modifiche ai trattati istitutivi che garantissero procedure decisionali pi
efficaci e democratiche di quelle vigenti, quali la possibilit per il Consiglio dei Ministri di adottare le
proprie decisioni in alcuni settori, anzich all'unanimit, a maggioranza qualificata e la partecipazione pi
diretta del Parlamento europeo al processo decisionale del Consiglio dei Ministri.
Nel preambolo dell'Atto Unico Europeo venne inoltre riproposto l'obiettivo della realizzazione dell'unione
economica e monetaria.
Nel 1988 il Consiglio europeo incaric un comitato ad hoc costituito dai governatori delle banche centrali
nazionali e presieduto da Jacques Delors, allora anche presidente della Commissione, di studiare e proporre
le tappe concrete per la realizzazione dell'unione monetaria.
Il Rapporto Delors che scatur dai lavori di questo Comitato, reso noto nell'aprile del 1989 come relazione
sull'Unione economica e monetaria in Europa, sosteneva che tale unione dovesse essere il frutto di un unico
processo, articolato in tre fasi successive, alle quali effettivamente si procedette, almeno in parte, e tuttora si
sta procedendo, attraverso le decisioni e secondo le modalit fissate nelle successive riunioni del Consiglio
europeo.
Quest'ultimo, riunitosi a Madrid nel giugno 1989, stabil che la prima fase sarebbe stata avviata a partire dal
1 luglio 1990, per concludersi nel dicembre 1993.
Questa avrebbe dovuto essere caratterizzata dalla piena liberalizzazione del mercato dei capitali (a partire
proprio dal 1 luglio 1990), dal completamento del mercato unico (entro il 31 dicembre 1992) e da una
maggiore convergenza delle politiche economiche nazionali, con particolare riguardo all'impegno da parte
degli Stati aderenti ad evitare disavanzi eccessivi di bilancio e soprattutto il relativo finanziamento
monetario.
Dal punto di vista della politica monetaria, tutte le valute sarebbero dovute entrare a far parte dello SME e a
tutte avrebbe dovuto essere applicata la banda di fluttuazione ordinaria pari al 2,25% rispetto al tasso
centrale, eliminando cos la possibilit di ricorrere alla banda allargata. Avrebbe dovuto inoltre essere

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accentuato il ruolo di "sorveglianza multilaterale" del Consiglio dei Ministri dell'Economia e delle Finanze,
nonch rafforzato il ruolo dell'ECU.
Al fine di realizzare i suddetti obiettivi, la Comunit adott due apposite decisioni (nn. 90/141 e 90/142 del
12.3.1990), volte in particolare a garantire un maggiore coordinamento delle banche centrali nazionali in
materia di politica monetaria.
Durante il successivo Consiglio europeo tenutosi a Roma il 27 e 28 ottobre 1990 si stabil l'avvio della
seconda fase a partire dal 1 gennaio 1994 e gli Stati membri si impegnarono ad un ulteriore rafforzamento
del coordinamento delle politiche monetarie nazionali, al fine della realizzazione dell'unione monetaria e
della moneta unica.
Sulla base degli impegni presi a Roma, gli Stati membri svilupparono i lavori della Conferenza
intergovernativa che port, nel febbraio 1992, alla conclusione del trattato sull'Unione europea, firmato nel
Consiglio europeo di Maastricht, con il quale stata stabilita la realizzazione della seconda e terza fase
dell'unione economica e monetaria.
Il Trattato stato sottoscritto formalmente il 7 febbraio 1992 ed stata prevista la sua entrata in vigore a
partire dal 1 gennaio 1993 (data, tra l'altro, di completamento del mercato unico) qualora "tutti gli
strumenti di ratifica saranno depositati".
Il Trattato composto da "Disposizioni comuni" che fissano princpi generali e indicazioni specifiche
relative ai membri dell'Unione Europea. Tali disposizioni modificano i Trattati CEE che, in tale nuova
versione, costituiscono l'asse portante del nuovo Trattato. Contiene altres, "disposizioni" che modificano i
Trattati CECA ed EURATOM; "disposizioni" relative alla Politica Estera e di Sicurezza Comune;
"disposizioni" relative alla Cooperazione nei settori della Giustizia e degli Affari Interni; "disposizioni
finali" che contengono in particolare una clausola di revisione generale del Trattato da attivare nel 1996; 12
"Protocolli" che garantiscono alcune esenzioni a favore del Regno Unito e della Danimarca rispetto
all'Unione Economica e Monetaria, nonch la preservazione della legislazione antiabortista in Irlanda; 33
"dichiarazioni" interpretative delle disposizioni del Trattato.
L'accordo prevede l'instaurazione di un'unione tra i paesi gi membri della comunit europea,
sostanzialmente fondata su quelli che sono stati definiti "tre pilastri" portanti, consistenti in:
- la preesistente Comunit europea, nell'ambito della quale compresa la realizzazione dell'unione
economica e monetaria;
- la politica estera e di sicurezza comuni (PESC);
- la cooperazione in materia di giustizia e affari interni.
Gli obiettivi dell'Unione possono pertanto essere individuati (2):
- nella realizzazione di un progresso economico e sociale equilibrato, che sia anche sostenibile e attuabile
non solo attraverso l'instaurazione del mercato comune, ma anche con il rafforzamento della coesione
economica e sociale, nonch con la creazione di un'unione economica e monetaria basata su una moneta
unica;
- nell'adozione di una politica estera, di sicurezza e di difesa comuni attuate attraverso l'affermazione sullo
scenario internazionale di un unico soggetto europeo;
- nella tutela dei diritti e degli interessi dei cittadini degli Stati membri con il relativo riconoscimento di una
vera e propria cittadinanza dell'Unione;
- in una stretta cooperazione nel settore della giustizia e degli affari interni.
Per la realizzazione dei suddetti obiettivi ruolo centrale viene affidato al Consiglio europeo, organo di
indirizzo politico dell'Unione, composto dai Capi di Stato e di Governo degli Stati membri e dal Presidente
della Commissione europea, il quale imprime all'Unione l'impulso necessario al suo sviluppo e ne definisce
gli orientamenti politici generali, riunendosi almeno due volte l'anno sotto la presidenza dello Stato membro
che detiene la presidenza del Consiglio dei Ministri.
Il Titolo VI del trattato dedicato alla politica economica e monetaria, sulla quale il presente lavoro in
particolare si soffermer. Gli artt. 102A-104C riguardano la politica economica e gli artt. 105-109 la
politica monetaria; gli artt. 109A-109D contengono disposizioni istituzionali e gli artt. 109E-109M
disposizioni transitorie.
Il complesso di queste norme finalizzato alla creazione di un'unione monetaria e alla realizzazione di un
forte coordinamento delle politiche economiche nazionali attraverso impegni e condizionamenti sempre pi
stringenti.
infatti prevista la costituzione di una nuova istituzione, il Sistema europeo di banche centrali (SEBC) di

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cui faranno parte la Banca Centrale Europea (BCE) e le Banche centrali nazionali.
L'organizzazione e le competenze del SEBC e della BCE, nonch la creazione dell'Istituto Monetario
Europeo, sono regolate rispettivamente dal Protocollo sullo Statuto (53 articoli) e dallo Statuto dell'IME, ai
quali vanno aggiunte una serie di dichiarazioni e protocolli, allegati al trattato, concernenti le procedure per
i disavanzi eccessivi, i criteri di convergenza e altro.
Al fine di realizzare l'unione economica e monetaria viene affidato al Consiglio dei Ministri il compito di
elaborare "gli indirizzi di massima da sottoporre al Consiglio Europeo, al quale compete, congiuntamente
alla Commissione e agli Stati membri, esercitare il controllo sulla effettiva realizzazione del coordinamento
e sul rispetto dei criteri di convergenza, con l'ausilio del Parlamento europeo. In quest'ambito,
riconosciuto al Consiglio europeo il potere di rivolgere raccomandazioni e comminare sanzioni.
da sottolineare che mentre sul piano della politica economica si fa riferimento esclusivamente ad un forte
coordinamento degli Stati membri che tuttavia conservano le loro responsabilit in materia, per ci che
concerne la politica monetaria si prevede un trasferimento di sovranit a favore delle istituzioni
comunitarie, nonch precisi vincoli e criteri che tali istituzioni e i governi nazionali devono rispettare, al
fine di garantire la stabilit e la disciplina di bilancio. In particolare, previsto l'impegno dei governi
nazionali a :
- contenere il disavanzo di bilancio entro il 3% del PIL, il debito pubblico entro il 60% del PIL e il tasso di
inflazione ad un livello che si discosti al massimo dell'1,5% dal livello medio di inflazione dei tre paesi
membri aventi il minor tasso. I tassi di interesse nominali a lungo termine non dovranno inoltre registrare
uno scarto superiore al 2% rispetto alla media dei tre paesi "pi virtuosi" in materia di inflazione;
- a permanere nello SME almeno per due anni prima della realizzazione della moneta unica, in modo che sia
garantita la stabilit interna dei tassi di cambio.
inoltre fatto divieto alla BCE e alle Banche centrali nazionali di concedere "scoperti di conto" o altro tipo
di facilitazioni creditizie alle amministrazioni statali, regionali o locali.
Questi vincoli sono finalizzati a costituire le premesse, da realizzare in pi fasi, per la creazione, al pi tardi
il 1 gennaio 1999, della moneta unica europea.
A questo fine, ruolo fondamentale verr svolto, oltre che dalla BCE e dal SEBC (organi che si andranno di
seguito a descrivere pi dettagliatamente), da altre due istituzioni: il Comitato economico e finanziario,
destinato a sostituire, nella terza fase, il Comitato monetario, e l'Istituto monetario europeo, attivo a partire
dal 1 gennaio 1994 (data di avvio della seconda fase), con l'obiettivo di favorire il coordinamento delle
politiche monetarie e consentire la realizzazione, nella terza fase, del SEBC.
L'IME stato fondato allo scioglimento del Comitato dei Governatori delle Banche Centrali della Comunit
Europea (costituito nel 1964), assumendone funzioni e attribuzioni. importante sottolineare che tale
Comitato ha contribuito fortemente all'unificazione monetaria, partecipando alla stesura dell'Atto Unico
Europeo e allo schema di realizzazione delle fasi dell'Unione economica e monetaria prevista dal gi citato
rapporto Delors, nonch del Trattato di Maastricht.
L'Istituto, che ha contribuito in maniera consistente al processo dell'unificazione monetaria continuando il
lavoro sviluppato dal Comitato dei Governatori nel corso della prima fase dell'UEM, ha compiuto il 1
gennaio 1996 il suo secondo anno di attivit. Con sede a Francoforte, opera in modo permanente con
proprie strutture ed dotato di piena personalit giuridica, bilancio autonomo e articolata struttura
organizzativa.
All'IME compete il coordinamento delle politiche monetarie e del cambio e la preparazione del passaggio
alla moneta unica, in vista della sua sostituzione, durante la terza fase, da parte della Banca Centrale
Europea (BCE).
Secondo il Trattato di Maastricht, quest'ultima avr il compito di:
- autorizzare "in via esclusiva" l'emissione di banconote all'interno della Comunit, emissione che potr
avvenire anche attraverso le banche centrali nazionali;
- approvare il volume del conio delle monete metalliche coniate dagli Stati membri;
- emanare regolamenti aventi portata generale e obbligatori in tutti i loro elementi, direttamente applicabili
sul territorio degli Stati membri, nonch formulare raccomandazioni, decisioni e pareri.
Risulta, pertanto, riconosciuta nella BCE una nuova fonte di produzione normativa nell'ambito della
Comunit, sottoposta all'eventuale ed esclusiva giurisdizione della Corte di Giustizia, senza che il
Parlamento europeo possa esercitare sugli atti prodotti dalla BCE alcun potere di intervento.
Gli organi della BCE saranno il Consiglio direttivo e il Comitato esecutivo.

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Il Comitato esecutivo sar costituito da un Presidente, un Vice Presidente e altri 4 membri. I membri del
Comitato esecutivo e i Governatori delle Banche centrali nazionali costituiranno invece il Consiglio
direttivo.
La Banca Centrale Europea (BCE) e le Banche centrali nazionali costituiranno il SEBC, che avr il compito
di:
- definire e attuare la politica monetaria della Comunit;
- effettuare le operazioni sui cambi, in linea con quanto previsto dall'art. 109;
- detenere e gestire le riserve ufficiali in valuta estera degli Stati membri;
- promuovere il regolare funzionamento dei sistemi di pagamento.
L'art. 109J conferisce inoltre al Consiglio ("riunito nella composizione dei Capi di Stato e di Governo") il
potere di deliberare, entro il 31 dicembre 1996, l'avvio della terza fase qualora si siano realizzate le
condizioni di stabilit e di convergenza economiche, accertate sulla base di apposite relazioni presentate
dalla Commissione e dall'Istituto monetario europeo e concernenti la realizzazione di "un alto grado di
sostenibile convergenza", verificato in base a:
- il raggiungimento di un alto grado di stabilit dei prezzi;
- la sostenibilit della situazione della finanza pubblica;
- il rispetto dei margini normali di fluttuazione dei cambi previsti dallo SME;
- livelli dei tassi di interesse a lungo termine che riflettano la stabilit della convergenza raggiunta.
Fondamentale sar pertanto, per la realizzazione della terza fase, l'adozione di una politica comune dei tassi
di interesse.
Qualora saranno soddisfatti questi criteri, tenuto conto dei risultati dell'integrazione dei mercati, della
situazione delle bilance dei pagamenti nazionali, con particolare riguardo alle partite correnti, e considerata
l'evoluzione dei costi monetari del lavoro, il Consiglio dovr verificare, a maggioranza qualificata, sulla
base delle valutazioni espresse dal Consiglio dei Ministri economici e finanziari, se ciascuno Stato e la
maggioranza di essi soddisfino le condizioni per la realizzazione della moneta unica e se sia opportuno
passare alla terza fase della UEM, stabilendone eventualmente la data di inizio, tenendo conto che tra il
momento della decisione e quello della data di avvio dovr trascorrere almeno un anno.
Qualora tale decisione dovesse, al contrario, portare ad una valutazione negativa circa la possibilit di
avviare la terza fase, questa avr comunque inizio a partire dal 1 gennaio 1999.
In quest'ultimo caso, il Consiglio europeo, sei mesi prima della scadenza ultima, dovr decidere, sulla base
dei suddetti parametri, quali paesi potranno essere ammessi a pieno titolo a partecipare all'UEM e quali
invece dovranno essere considerati "Stati membri con deroga", condizione che comporter, per questi
ultimi, forti limitazioni alla loro partecipazione alle decisioni adottate dalle istituzioni dell'Unione in
materia monetaria. Gli Stati membri con deroga potranno comunque richiedere al Consiglio europeo,
quando lo riterranno opportuno, di valutare la loro adeguatezza ad entrare a pieno titolo nell'UEM.
possibile dire, pertanto, che con l'avvio della terza fase le politiche monetarie nazionali dovrebbero essere
totalmente trasferite in ambito comunitario e gestite dal SEBC, mentre ogni Stato conserver l'esercizio
della propria sovranit in materia di politiche economiche e di bilancio, tenendo tuttavia sempre conto che
si tratta di questioni di interesse comunitario e impegnandosi a coordinarsi in materia nell'ambito del
Consiglio. Su questo tema infatti si pu parlare non certo di un trasferimento di sovranit nazionale, bens di
una sorta di limitazioni ad essa o, pi precisamente, di un suo "esercizio comune". Largo margine in
quest'ambito lasciato alle trattative intergovernative e ben poco viene affidato a criteri automatici, tanto che
i maggiori poteri vengono riconosciuti ad un organo quale il Consiglio economia e finanze di cui fanno
parte proprio i rappresentanti dei governi nazionali, laddove in generale non sono previste apposite
"sanzioni", se non di natura politica, per gli Stati che non dovessero rispettare gli accordi presi.
Nella realizzazione degli obiettivi fissati a Maastricht viene generalmente riconosciuta l'importanza che
avr un serio e reale impegno politico alla creazione dell'unione economica e monetaria.
Per quanto concerne l'Italia, bisogna tener presente che, come per gli altri Stati membri, l'adesione
all'unione economica e monetaria comporter una modifica della costituzione economica e in particolare un
maggiore vincolo all'adozione delle politiche di bilancio, che dovranno aderire ad un modello uniforme
comunitario e dovranno essere destinate alla riduzione inderogabile dei deficit di bilancio e del debito
pubblico.
Bisogna inoltre considerare che se con l'avvio della terza fase dovranno realizzarsi un sistema di cambi fissi,
la stabilit dei prezzi nonch la sottrazione della politica monetaria al controllo delle autorit monetarie

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nazionali, sar necessario adeguare le politiche economiche nazionali a questa nuova realt, tenendo altres
conto del fatto che saranno definitivamente preclusi al governo sia la possibilit di ricorrere al canale
monetario interno per immettere moneta nel sistema economico, sia il ricorso alla banca centrale nazionale
per coprire i deficit di bilancio, data la definitiva indipendenza di questa dall'autorit politica nazionale.
Ci richieder, non solo all'Italia, bens ad ogni Stato membro, una maggiore flessibilit degli altri fattori
economici, quali ad es. la mobilit del fattore lavoro, la libert negli investimenti, la variabilit dei tassi di
interesse e dei costi, l'elasticit della spesa pubblica e del bilancio statale.
Il trattato di Maastricht ha tuttavia sollevato, dopo la sua conclusione, una serie di problematiche, politiche
ed economiche, di non facile soluzione che, a tutt'oggi, sono di estrema attualit.
La prima di queste problematiche emersa con la mancata ratifica del Trattato da parte della Danimarca
con il referendum del 2 giugno 1992, che ha posto la questione della possibilit o meno, per una parte dei
paesi membri della gi esistente comunit europea, di procedere alla realizzazione dell'Unione.
Nel settembre del 1993 la lira e la sterlina irlandese sono inoltre uscite dallo SME (mentre la dracma greca
non ne ha mai fatto parte), con la conseguenza che la determinazione del tasso di cambio delle suddette
valute risulta stabilita nel libero mercato senza che le banche centrali siano tenute ad intervenire per
sostenerlo.
Successivamente si sono verificate una serie di crisi valutarie che hanno investito la peseta spagnola,
l'escudo portoghese e la sterlina irlandese, con il conseguente ricorso, per queste valute, ad un allargamento
della banda di fluttuazione.
Le ragioni di queste crisi successive sono state da diversi commentatori individuate sia nella volont del
governo tedesco di adottare una politica monetaria restrittiva, finalizzata a garantire l'unificazione tedesca
senza causare un'impennata nel tasso di inflazione, sia nell'incertezza circa la realizzazione dell'Unione
monetaria cos come era stata prevista dal trattato di Maastricht, anche in relazione alla citata mancata
ratificata del trattato da parte della Danimarca.
Altro elemento di non scarsa rilevanza che la liberalizzazione del mercato dei capitali a partire dal 1
luglio 1990 ha determinato il venir meno delle restrizioni valutarie nazionali esistenti precedentemente alla
suddetta liberalizzazione, realt che ha reso molto pi difficoltoso il controllo e l'intervento sui cambi.
emersa cos l'estrema difficolt di mantenere una situazione di libera circolazione dei capitali e delle
merci, nonch cambi fissi, in assenza di una reale politica monetaria comune, sebbene tutti gli Stati aderenti
abbiano ribadito il proprio impegno a realizzare l'unione economica e monetaria prevista dal trattato
sull'unione europea.
A tali vicende si sono aggiunte le diatribe concernenti il presunto accentramento legislativo comunitario e,
in particolare, la ripartizione del potere politico e legislativo tra le istituzioni comunitarie e quelle nazionali,
nonch i contrasti tra paesi come la Francia, la Germania e la stessa Italia, che ritengono di contribuire in
modo eccessivo al finanziamento della comunit-unione e paesi come la Spagna, il Portogallo e la Grecia,
che invece affermano di non ricevere gli aiuti necessari a risollevare le loro regioni depresse.
Il peggioramento della situazione economica degli Stati membri, in particolare sotto il profilo
dell'occupazione e del grave indebitamento di alcuni di essi, nonch la profonda crisi dello SME, che rischia
di mettere in discussione l'evoluzione delle fasi previste a Maastricht per la realizzazione della UEM,
costituiscono, a tutt'oggi, alcune delle questioni che rischiano di bloccare la realizzazione dell'unione,
nonostante il successivo risultato positivo del referendum in Danimarca nel giugno '93 e l'entrata in vigore
del trattato, con il deposito dell'ultima ratifica da parte della Germania, il 1 novembre 1993.
5. Il Vertice di Madrid
Parte delle problematiche sorte successivamente alla conclusione del TUE stata affrontata al Consiglio
europeo di Madrid, svoltosi il 15 e 16 dicembre 1995, a conclusione del semestre di presidenza spagnola.
Il vertice dei Capi di Stato e di Governo dei 15 Stati membri dell'UE si riunito con l'obiettivo di affrontare
una serie di questioni - che si andranno qui di seguito sinteticamente ad esaminare - al fine di pervenire
all'elaborazione di una piattaforma di riferimento per la discussione che avr luogo durante la Conferenza
intergovernativa (CIG), la cui apertura era prevista, all'epoca del Vertice, per la primavera del corrente
anno.
Il Trattato di Maastricht stabilisce infatti la convocazione di questa conferenza allo scopo di procedere alla

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revisione del trattato stesso, per quanto concerne taluni aspetti riguardanti le istituzioni dell'Unione e il loro
funzionamento (questioni procedurali), la politica estera e di sicurezza comuni e la cooperazione
giudiziaria.
Il Vertice di Madrid ha consentito, innanzitutto, di fissare l'apertura, a Torino, dei lavori della suddetta CIG
al 29 marzo 1996.
Per quanto concerne le questioni di carattere monetario, stata sciolta la discussa questione riguardante il
nome da attribuire alla futura moneta unica.
Si stabilito infatti che questa si chiamer "Euro", mentre per quanto concerne la determinazione delle fasi
per il completamento della UEM sono state confermate le date previste dal trattato di Maastricht.
I Capi di Stato e di governo dei 15 paesi della UE hanno preso atto, come del resto era gi avvenuto nel
corso del vertice svoltosi a Maiorca nel settembre precedente, del fatto che difficilmente la fase finale della
UEM potr essere avviata prima del 1 gennaio 1999. Come si detto, sei mesi prima di questa data il
Vertice dei Capi di Stato e di Governo dovr valutare, sulla base dei dati economici e finanziari definitivi
del 1997, quali paesi sono in grado, in relazione ai noti parametri, di entrare a far parte della UEM. Altra
questione da definire sar quella relativa ai rapporti tra la moneta unica e le monete nazionali dei paesi che
eventualmente rimarranno esclusi dall'unione monetaria.
Sulla possibilit di realizzare l'unione monetaria procedendo in maniera differenziata, ossia tra i paesi che
progressivamente saranno nelle condizioni economiche per aderirvi, si sono espressi sia il Presidente Chirac
che il Cancelliere Kohl. Entrambi hanno ribadito la convinzione, gi manifestata in altre sedi in precedenza,
che la realizzazione della UEM non potr prescindere da un consolidamento dell' "asse franco-tedesco",
sostenendo altres che, in quest'ottica, potr essere opportuno aderire alla logica del cd. "opting in", secondo
la quale si potr procedere all'integrazione tra quegli Stati che, di volta in volta, saranno in grado e vorranno
farlo. Tale posizione stata successivamente confermata dal Presidente della Bundesbank, Hans Tietmeyer,
il quale ha affermato, in un convegno di industriali tedeschi tenutosi a Francoforte, che "non pu esserci
unione monetaria se non ne fanno parte Francia e Germania". Tietmeyer ha inoltre sostenuto la disponibilit
tedesca ad accettare un ritardo nei tempi previsti dal Trattato di Maastricht, ma non una revisione dei
parametri che devono essere considerati irrevocabili. (3)
Tale questione risulta attualmente di particolare delicatezza per quanto concerne la situazione di alcuni Stati
aderenti.
Com' noto, infatti, l'Italia uscita dallo SME, svalutando la propria moneta, mentre alcuni paesi membri,
come la Spagna e il Portogallo, hanno proceduto all'allargamento della banda di oscillazione delle rispettive
monete nazionali.
Per quanto concerne l'Italia, per poter partecipare all'Unione monetaria, sar necessario procedere al:
- rientro nello SME, peraltro previsto dal Trattato di Maastricht, per tutti i paesi aderenti, due anni prima
dell'avvio dell'unione monetaria;
- risanamento della finanza pubblica, accompagnato da una situazione politica di maggiore stabilit;
- controllo sul tasso d'inflazione, da mantenere a livelli meno elevati.
Nel corso del 1994 e del 1995, la realizzazione di questi obiettivi stata ostacolata dalla scarsa credibilit
politica del nostro paese, attraversato da continue crisi di stabilit governativa, dalle quali sono derivati un
incremento del differenziale del tasso d'interesse italiano rispetto al tasso tedesco, un'erosione del cambio
nel corso del 1994 e una sua rapida caduta nel corso del 1995, con il conseguente aumento della
sperequazione esistente tra la situazione monetaria del nostro paese e quella dell'economia reale, che risulta
invece in netta ripresa anche grazie agli effetti benefici derivanti dalla svalutazione della lira.
A Madrid si stabilito inoltre che la CIG dovr discutere la possibilit di un allargamento della UE agli
Stati dell'Europa orientale, a Malta e a Cipro, nonch ad alcuni paesi dell'area mediterranea, nordafricana e
mediorientale, quali Marocco, Tunisia, Algeria, Egitto, Israele e altri.
L'eventualit di un allargamento della UE verso il sud del Mediterraneo era gi stata precedentemente
affrontata durante la conferenza euro-mediterranea, svoltasi a Barcellona il 27 e 28 novembre 1995 e
conclusasi con una Dichiarazione approvata all'unanimit dai paesi partecipanti (4).
Tale dichiarazione prevede, oltre all'intenzione di creare, entro il 2010, un'area di libero scambio tra l'UE e i
paesi nordafricani e mediorientali partecipanti alla conferenza, anche l'impegno a favorire una pi intensa
collaborazione sul piano culturale, politico ed economico, che tenga in particolare conto la necessit di
affrontare adeguatamente il problema dei flussi migratori diretti ai paesi della UE e provenienti dalle aree
geografiche del Mediterraneo del sud. In particolare, stata dichiarata la volont di affrontare una simile

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tematica agendo sulle principali cause del fenomeno, ricorrendo a soluzioni che prevedano un sostegno alla
formazione professionale in loco e che comportino investimenti di capitali a favore dell'occupazione e della
modernizzazione di tali sistemi economici.
Sulla base della dichiarazione sottoscritta dalla UE a Barcellona, al vertice di Madrid, gli Stati partecipanti
hanno stabilito che, dopo sei mesi dalla conclusione della CIG, i paesi che hanno presentato la propria
candidatura all'Unione verranno sottoposti ad un attento e severo monitoraggio volto a verificare l'idoneit
di questi all'ingresso nella UE sulla base di criteri economici. La Commissione europea dovr elaborare un
proprio rapporto in merito e le trattative per l'adesione verranno avviate solo con quei paesi che saranno
giudicati idonei.
importante ricordare, a questo proposito, che la questione dell'ingresso di nuovi paesi nella UE
strettamente connessa alla necessit di riformare le procedure decisionali all'interno delle istituzioni
dell'Unione (e, in particolare, del Consiglio dei Ministri) che gi allo stato attuale, caratterizzato da
un'Unione a 15, risultano eccessivamente complesse e articolate e, pertanto, non in grado di garantire la
capacit dell'Unione di adottare decisioni pronte ed efficaci. Situazione che evidentemente destinata a
complicarsi in una prospettiva di futuro allargamento della UE.
indubbio che tale tematica sar centrale nei dibattiti che avranno luogo nell'ambito della CIG e gi da pi
parti stato sottolineato come un serio esame di un'ipotesi di allargamento dei membri della UE non possa
prescindere da una preventiva soluzione alle questioni di carattere istituzionale e procedurale.
Nell'ambito del Vertice di Madrid stato infine concluso un accordo di cooperazione con il Mercato
comune dell'America del Sud (Mercosur, costituito da Argentina, Paraguay, Uruguay e Brasile), che
prevede l'impegno a realizzare tra i paesi firmatari una zona di libero scambio, entro il 2005, che favorisca
l'integrazione economica, politica, commerciale, industriale e culturale, nonch un clima di stabilit
economica e di sicurezza giuridica che faciliti le esportazioni dei paesi dell'Unione in tale area
extraeuropea.
6. I principali temi nell'agenda del 1996
La Conferenza Intergovernativa (CIG), inauguratasi a Torino il 29 e 30 marzo scorsi, si prefigge, come si
detto, l'obiettivo di migliorare il funzionamento della UE e creare le condizioni che consentano di affrontare
sia le sfide interne che esterne ad essa.
Una prima questione che va preliminarmente evidenziata che, in questi ultimi due anni, si diffuso nei
paesi membri un certo scetticismo circa la realizzabilit dei progetti fissati a Maastricht secondo i tempi e i
modi previsti.
Ci pu essere ricondotto a varie ragioni.
Principale problema attuale quello legato alla mancata convergenza di molti Stati aderenti verso i valori
della finanza pubblica e dell'inflazione fissati a Maastricht, con la conseguente possibilit di procedere alla
realizzazione degli obiettivi del trattato in forma ristretta, costituendo cos un'Europa "a due velocit".
Sebbene infatti tutti i paesi aderenti, fatta eccezione per il Regno Unito e la Danimarca, siano desiderosi di
partecipare fin dall'inizio alla UEM, diffusi sono i timori di alcuni paesi, come ad esempio la Spagna, di
essere danneggiati da un eventuale mercato europeo diviso in due gruppi separati. Viene quindi spesso
richiamata la necessit di definire in maniera pi chiara i futuri rapporti tra i paesi che parteciperanno alla
moneta unica e quelli che eventualmente ne dovessero momentaneamente rimanere esclusi, prevedendo per
questi ultimi meccanismi di rientro (opting in) e politiche di sostegno economico per la realizzazione di tale
obiettivo.
Tuttavia, tutti gli Stati, pur riconoscendo l'inderogabilit dei criteri di convergenza previsti dal trattato di
Maastricht, sottolineano che l'obiettivo centrale da realizzare quello della riduzione del deficit del bilancio
pubblico nazionale e soprattutto del debito. Inoltre la Spagna, il Portogallo e l'Irlanda richiedono un
impegno da parte dei partners a rafforzare le politiche di sostegno allo sviluppo dei paesi e delle aree
depresse o comunque economicamente pi deboli, tenendo conto che, di recente, il Presidente Chirac ha
proposto di introdurre tra i criteri di convergenza anche il tasso di disoccupazione.
Da parte di diversi osservatori, stato infatti sottolineato che la creazione dell'unione monetaria non pu
prescindere dalla definizione di quello che dovr essere il ruolo dell'Unione per ci che concerne la politica
economica, nonch dalla decisione di quali interventi questa intende operare nell'economia reale, in

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particolare per affrontare il problema dell'occupazione che affligge tutti gli Stati membri.
Per l'Italia, sotto il profilo dei criteri di convergenza, il problema centrale quello del debito pubblico, sul
quale, tuttavia, sono in molti a ritenere che avrebbe un indubbio effetto benefico l'eventuale riduzione dei
tassi d'interesse derivante proprio dalla partecipazione dell'Italia alla UEM e alla valuta comune europea.
Ci significa che, quasi paradossalmente, per l'Italia l'adesione all'UEM faciliterebbe la realizzazione di
quella convergenza sul debito che tuttavia costituisce, insieme al rientro nello SME, condizione essenziale
per la sua partecipazione.
Importante inoltre il vincolo posto a Maastricht sulla stabilit dei prezzi interni, che l'Italia dovr
conciliare con la crescita dell'economia reale.
indubbio tuttavia che, al di l di queste problematiche di natura strettamente monetaria, la maggiore sfida
per l'Italia quella di dimostrare ai partners europei di essere in grado di tollerare un'unione a cambi fissi
accompagnata da una situazione caratterizzata da un contenuto livello del tasso d'inflazione.
Pi in generale, il diffuso sentimento di disillusione nei confronti della UEM da ricondurre al fatto che i
cittadini europei, soprattutto in alcuni paesi, come ad esempio l'Austria, avvertono questa Unione come
un'imposizione esterna che comporta principalmente sacrifici e vincoli, piuttosto che come un'opportunit
positiva per tutti i cittadini dell'Europa unita. Come si avuto modo di notare in precedenza, quindi, si pu
ritenere che, al di l delle questioni di carattere propriamente monetario, sussiste la necessit di definire e
concordare questioni di carattere politico, ossia di esternare una reale volont politica di procedere
all'Unione europea.
Diversi commentatori e addetti ai lavori hanno osservato in proposito che il rilancio dello spirito europeista
deve essere favorito da parte di coloro che parteciperanno alla CIG, nel corso di questo anno e del prossimo,
rendendo il pi possibile edotta l'opinione pubblica di quanto avviene durante i lavori, di quali sono le
posizioni e quali le proposte di ciascuno Stato membro, in poche parole attraverso il tentativo di rendere
trasparente e accessibile l'attivit dell'Unione ai cittadini europei, superando i limiti dell'ambito
tradizionalmente ristretto delle trattative intergovernative e diplomatiche.
La realizzazione di una solida unione economica e monetaria non pu ormai prescindere (come del resto
anche per gli altri settori - giustizia, sicurezza interna, politica estera - cui tale unione si vorrebbe allargare)
dal consenso generale e politico dei cittadini europei a tale progetto. necessario pertanto che il sentimento
di esclusione ed estraneit che molti di questi avvertono nei confronti delle istituzioni europee venga
sostituito dalla partecipazione diretta ad esse. Ci potr avvenire attraverso una reale democratizzazione del
"sistema Europa", per realizzare la quale diversi osservatori propongono di intervenire sulla legge elettorale,
"europeizzando" i parlamenti nazionali attraverso la partecipazione dei parlamentari alle delegazioni presso
il Consiglio, estendendo le competenze della Corte di Giustizia, aumentando il potere di codecisione del
Parlamento europeo.
In proposito, bisogna ricordare che tra le questioni da affrontare alla CIG vanno annoverate proprio quelle
relative alle riforme istituzionali e procedurali.
In particolare, si ritiene necessario, come da molti stato osservato, procedere ad una razionalizzazione
delle procedure decisionali all'interno delle istituzioni europee, che comporti innanzitutto una loro riduzione
e omogeneizzazione, a prescindere dai settori nei quali le decisioni di volta in volta devono essere adottate.
Un consistente contributo al miglioramento di quell'efficienza delle istituzioni europee, di cui in precedenza
si sottolineata l'importanza, verrebbe apportato sia dalla decisione di estendere il ricorso al voto a
maggioranza qualificata, in luogo di quello all'unanimit, sia da una pi incisiva applicazione del principio
di sussidiariet.
In proposito, si ritiene di dover rilevare la portata, quanto meno sotto un profilo teorico, di questo principio,
laddove venga inserito nell'attuale dibattito italiano concernente l'eventuale riforma in senso federalista
della nostra forma di Stato. Osservando infatti le linee evolutive di altri paesi europei, e soprattutto di quelli
aventi una tradizione e una storia politica pi simili a quella italiana, quali ad esempio la Germania, nonch
della stessa Unione europea, sembra emergere una realt che arriva progressivamente ad attribuire alle
"regioni" dell'Europa un ruolo centrale e crescente nel creare uno spazio economico adeguato nel quale le
imprese europee possano svilupparsi e sostenere la concorrenza internazionale.
Molti osservatori ritengono infatti, sebbene in proposito non sussista un accordo generale, che il ruolo
centrale dello Stato sia destinato ad affievolirsi, se non addirittura a dissolversi, a favore, da una parte, di
autorit locali operanti in territori pi ristretti rispetto a quello nazionale propriamente inteso e, dall'altra, di
autorit e istituzioni che riuniscono in un ben pi ampio contesto le entit statuali, quale, ad esempio,

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vorrebbe essere l'Unione europea.


Si ritiene quindi evidente che il dibattito sul tema federale che attualmente impegna l'Italia dovrebbe o
potrebbe essere affrontato con maggiore consapevolezza e portare a soluzioni probabilmente pi adeguate
ed efficienti, laddove si rivolgesse l'attenzione anche a quello che accade nel contesto della UE e soprattutto
alle possibili evoluzioni future di questa.
necessario ideare, inoltre, un sistema che regoli la partecipazione degli Stati membri alla Commissione,
che rischierebbe un eccessivo "affollamento" se ad essa fossero ammessi automaticamente i rappresentanti
di tutti gli Stati aderenti, tenendo altres presente il futuro allargamento dell'Unione.
Per ci che concerne la definizione della politica estera e di sicurezza comune (PESC), la questione
jugoslava ha messo tragicamente in evidenza l'enorme difficolt di una sua realizzazione, oltre alla necessit
di risolvere la questione dell'eventuale assorbimento dell'Unione Europea Occidentale (UEO) nell'Unione
Europea. D'altro canto, la difesa un settore tradizionalmente gestito in esclusiva dai governi nazionali e
sulla quale molti Stati sono restii ad accettare limitazioni consistenti di sovranit e ancor meno ad operare
definitivi trasferimenti di questa. Sull'organizzazione di una politica comune di difesa un certo peso dovr
inoltre comunque avere la definizione dei rapporti in questo contesto con gli Stati Uniti. I recenti
avvenimenti francesi, con particolare riferimento alla ripresa unilaterale degli esperimenti nucleari da parte
di questo paese, non hanno certamente contribuito, visti anche gli attriti che ne sono derivati con alcuni
partners, tra cui l'Italia, ad un progresso in questo settore.
Analoghe difficolt vanno rilevate per quanto concerne la cooperazione, prevista a Maastricht, in materia di
giustizia e affari interni. Sono emerse infatti numerose difficolt di natura tecnica nell'armonizzazione delle
rispettive legislazioni nazionali, dovute anche alla ritrosia degli Stati membri a modificare normative e
consuetudini consolidate. Non ultima per importanza inoltre la generale indifferenza nell'applicazione
dell'accordo di Schengen, accompagnata da ostacoli tecnici dovuti in alcuni casi alla mancata ratifica
dell'accordo stesso o alla necessit, come nel caso dell'Italia, di varare apposite norme che ne consentano
l'applicazione.
Sussiste infine il problema del gi citato allargamento dell'Unione ad altri paesi, tra cui quelli dell'Europa
orientale, sul quale sembra esserci, allo stato attuale, un generale accordo, fatta eccezione per la Turchia.
Va ricordato infatti che, il 3 dicembre 1995, il Parlamento europeo ha ratificato l'accordo doganale con la
Turchia, la quale si impegnata, tra l'altro, ad abolire, a partire dal 1 gennaio 1996, i dazi alle importazioni
di prodotti industriali provenienti dai paesi della UE, in previsione di una vera e propria adesione futura a
questa. I rapporti con la Turchia sono stati tuttavia piuttosto travagliati, e lo sono tuttora, anche a causa delle
numerose e gravi violazioni dei diritti umani commesse dal governo turco ai danni della popolazione curda.
La ratifica dell'accordo doganale ha costituito, secondo alcuni commentatori internazionali, un tentativo da
parte della UE, peraltro fallito, di sostenere alle elezioni politiche che si sono successivamente svolte il 24
dicembre in Turchia il partito di centro-destra, "filoeuropeista".
La questione dell'adesione della Turchia alla UE quindi destinata ad ulteriori rallentamenti e comunque
risulta tuttora da definire.
La Conferenza intergovernativa, che si aperta a Torino il 29 marzo scorso, dovr quindi affrontare le
numerose questioni sinteticamente delineate, provvedendo a negoziare una riforma del trattato di Maastricht
che tenga conto della realt esistente e che ponga le basi per l'effettivo avviamento della UEM al pi tardi il
1 gennaio 1999, in un clima di incertezza monetaria e politica e di dubbia percezione, da parte dei cittadini
europei, di quelli che sono i reali interessi comuni da perseguire.
7. La Conferenza Intergovernativa (CIG) di Torino: il semestre di Presidenza italiano e le
prospettive future
Come si detto, il 29 marzo 1996 segna due avvenimenti importanti: l'apertura del Consiglio Europeo di
Torino e la Conferenza Intergovernativa per la revisione dei Trattati.
Dalle problematiche trattate e dalle decisioni che si prenderanno dipender l'intero futuro del Trattato di
Maastricht che determiner anche la possibilit di realizzazione della stessa Unione monetaria, che dovr
essere ultimata entro il 1999.
I lavori della Conferenza avranno la durata di un anno e si dovranno sviluppare secondo il programma
presentato dal governo italiano, il cui orientamento politico stato approvato da tutti i Capi di Stato e di

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Governo. L'attuale presidenza irlandese e la prossima olandese, saranno vincolate politicamente dalle linee
guida tratteggiate a Torino. La scala delle priorit del programma indicata al termine della Conferenza, pur
dovendo essere rispettata, lascer comunque ampio spazio alle soluzioni da adottare, secondo le diverse
necessit.
Il processo di integrazione, basato sulle capacit individuali di ciascun paese partecipante, dovr seguire le
politiche e le linee d'azione tratteggiate dal Trattato con l'obiettivo fondamentale del rispetto dei bisogni
primari dei cittadini europei, quali:
- la promozione dell'occupazione;
- la protezione dell'ambiente;
- la tutela della libert e della sicurezza, individuale e collettiva, attraverso l'arricchimento del concetto di
cittadinanza europea e dei diritti che ne derivano;
- la lotta ai fenomeni criminali (terrorismo e traffico di droga), applicando metodi comuni riguardanti il
rafforzamento della cooperazione negli affari interni e nella giustizia. Lo stesso metodo comunitario stato
inoltre proposto per affrontare il problema dell'emigrazione;
- il rispetto dei livelli decisionali.
emersa l'importanza primaria del problema dell'adattamento delle istituzioni attraverso meccanismi e
procedure da seguire nel futuro, in modo tale da adeguarle alle necessit dell'integrazione dando cos la
possibilit all'Unione di affermare la propria identit esterna.
Il tema dell'occupazione stato il problema centrale del Consiglio Europeo e si potuto constatare che la
creazione dei posti di lavoro rappresenta l'obiettivo principale per tutto il mondo politico europeo.
Riguardo a questa scottante e grave questione, il Consiglio Europeo ha preso in considerazione tutti i lavori
presentati dagli Stati membri, il pi recente dei quali il Memorandum francese sul modello sociale
europeo.
Dall'analisi della gravit del problema emerso che si dovr procedere ad un patto europeo di fiducia
(promosso dal Presidente Santer alla Commissione), riguardante esclusivamente l'occupazione, da
realizzarsi attraverso la crescita economico-industriale e l'incremento della competitivit. Questo patto potr
comportare, in seguito, una revisione delle prospettive finanziarie. Il tema dell'occupazione, come si vedr
meglio nel successivo paragrafo, stato uno degli argomenti centrali discussi nel Consiglio Europeo di
Firenze, alla luce delle esperienze gi individuate dai rispettivi Capi di Stato e di Governo nelle precedenti
riunioni tenutesi a Essen, Cannes e Madrid. A questo proposito sono state avviate azioni comunitarie per
stimolare gli investimenti pubblici e privati nelle infrastrutture, nella ricerca, nell'innovazione tecnologica e
nella formazione, tutti settori potenzialmente creatori di lavoro.
Il Ministro Agnelli ha inaugurato la Conferenza Intergovernativa per la revisione dei Trattati richiamando le
priorit fissate nelle conclusioni del Consiglio Europeo e anticipando sommariamente gli obiettivi italiani
approvati di recente dal Governo.
Il Primo Ministro Major, dopo aver espresso la sua preoccupazione circa la grave situazione creatasi per
l'economia del Regno Unito a seguito della diffusione illimitata di notizie allarmanti, e non del tutto
accertate dal punto di vista scientifico, concernenti l'epidemia di encefalopatia spongiforme, derivata dalla
consumazione di carni bovine infette provenienti dalla Gran Bretagna, ha sensibilizzato i partecipanti ad
affrontare il problema a livello europeo e non strettamente nazionale. Questa argomentazione stata
appoggiata, nella conferenza stampa finale, dal Presidente del Consiglio Dini e dal Presidente della
Commissione Santer.
Il Cancelliere Kohl ha richiamato l'attenzione sul rispetto del principio di sussidiariet e sull'alleggerimento
degli oneri di rilevazione statistica che alcune norme comunitarie pongono a carico di piccole e medie
imprese.
Nel complesso, comunque emersa la preoccupazione manifestata dai vari ministri degli Esteri di non
riuscire nella attuazione di quanto avviato.
Il Ministro Kinkel ha sottolineato l'aspirazione tedesca a realizzare un'Europa federale composta da Stati e
regioni che, pur nella loro comunanza, mantengano vive le rispettive peculiarit. Ha espresso inoltre la
volont del popolo tedesco di assumersi le proprie responsabilit europee e ha formulato proposte circa
l'ampliamento della UE, l'estensione del voto a maggioranza e la creazione di una politica estera e di
sicurezza comune.
Il Ministro Charette ha delineato quattro punti fondamentali:
- il mantenimento, nell'ambito del processo di integrazione, della "natura federale" dell'Unione, evitando

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che questa degeneri in una semplice area di libero scambio;


- la creazione dell'identit del cittadino europeo garantendogli la sicurezza interna;
- l'introduzione di meccanismi di flessibilit in materia economica per i paesi partecipanti all'Unione
europea, in maniera tale da non creare paralisi o avanzamenti troppo lenti nel processo di integrazione,
anche in considerazione della realt politica ed economica internazionale.
I paesi scandinavi hanno privilegiato le tematiche ambientali e occupazionali, mentre i paesi del BENELUX
hanno proposto l'introduzione di normative che garantiscano l'equilibrio tra le istituzioni all'interno di tutti i
paesi. Il Portogallo e l'Irlanda hanno richiamato la necessit della solidariet nella realizzazione dell'Unione
europea. Il ministro Westendorp, che ha anche l'incarico di Presidente del Gruppo di Riflessione, omaggiato
per il suo contributo pluriennale in favore della costituzione dell'Europa unita, ha affermato la volont della
Spagna di continuare a sostenere la politica di integrazione.
Dopo l'intervento dei ministri degli Esteri appartenenti all'Europa Centrale e Orientale, nonch di Malta e
Cipro, il Ministro Agnelli ha espresso la volont della Presidenza italiana di tenere informati tutti i paesi
candidati all'adesione sullo sviluppo dei futuri negoziati e di fare affidamento sul sostegno dei 15 sulla
revisione del Trattato.
C' da segnalare che, in concomitanza con l'inizio del Consiglio Europeo e della Conferenza
Intergovernativa, a Torino hanno avuto luogo anche incontri e manifestazioni di carattere sociale, culturale
e imprenditoriale ai quali hanno preso parte anche il Ministro Agnelli e l'ambasciatore Ferraris.
L'ampia partecipazione alle manifestazioni svoltesi nella citt ha confermato l'interesse dell'Italia al
problema europeo e ha contribuito anche al successo della Conferenza sotto il profilo organizzativo e
logistico.
A chiusura del Consiglio Europeo di Torino, i candidati all'adesione alla UE (i Paesi dell'Europa Centrale,
Orientale e mediterranea) sono stati invitati a partecipare allo scopo di essere informati dei lavori della
Conferenza.
Sebbene il lavoro svolto del Consiglio Europeo di Torino sia stato proficuo e caratterizzato da proposte
ambiziose, si allo stesso tempo realisti nel pensare che non sar affatto facile rispettare l'impegno di
concludere il negoziato in un cos breve tempo, ossia entro il primo semestre del 1997.
8. Il Consiglio Europeo di Firenze
Il Consiglio Europeo, svoltosi a Firenze il 21 e 22 giugno scorsi, che ha, tra l'altro, concluso il semestre di
presidenza italiana dell'Unione europea, ha affrontato alcune delle tematiche delineate nei paragrafi
precedenti, fissando le basi e delineando i princpi che dovranno guidare la prosecuzione dei lavori per la
riforma del trattato di Maastricht, che si terranno nel corso della presidenza irlandese prima, e olandese poi,
e che dovranno concludersi entro la primavera del 1997.
Va evidenziato, in primo luogo, quello che stato da diversi commentatori definito il "piccolo capolavoro
diplomatico" del governo italiano, consistente nel successo ottenuto nel raggiunto accordo con il governo
inglese circa il problema della cd. "mucca pazza". stato infatti ribadito che la tutela della salute dei
cittadini comunitari costituisce il primo obiettivo dell'Unione e pertanto stato stabilito che l'embargo sulle
carni provenienti dalla Gran Bretagna verr sospeso da parte degli altri paesi dell'Unione solo gradualmente
e a seguito dei controlli effettuati dalla UE e in particolare del Comitato veterinario dell'Unione. Analoga
sospensione avr luogo, per tappe successive, sulle merci dirette ai paesi del Terzo Mondo.
Per quanto concerne l'unione economica e monetaria, stato raggiunto un accordo intorno ad un cd. "patto
di stabilit", in base al quale gli Stati membri si sono impegnati ad evitare i disavanzi eccessivi del bilancio
pubblico e a considerare la soglia del 3% rispetto al PIL, fissata a Maastricht, come limite massimo che
potr essere superato solamente in casi del tutto eccezionali e temporanei. stata rinviata al vertice europeo
straordinario, che si terr a Dublino il prossimo ottobre, la definizione delle sanzioni che il Consiglio potr
comminare agli Stati membri che non dovessero attenersi a tale "patto". In proposito, stata ribadita la
necessit di procedere ad un'integrazione differenziata, secondo la quale avanzeranno nel cammino
dell'Unione economica e monetaria quei paesi che saranno in grado e vorranno farlo, stabilendo procedure e
condizioni per l'ammissione di quegli Stati che vorranno aderire successivamente. In ogni caso, anche
questi ultimi dovranno adottare le proprie decisioni di politica economica e monetaria, tenendo conto che si
tratta di questioni di carattere e interesse comune.

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Mentre stato ribadito, nel rapporto presentato dai Ministri finanziari della UE, che la stabilit dei prezzi,
unitamente a solide politiche monetarie e di bilancio, costituisce la premessa fondamentale per garantire la
stabilit dei tassi di cambio e per poter quindi procedere alla creazione dell'EURO, sono stati confermati i
parametri fissati a Maastricht, da raggiungere comunque entro il 1997, laddove si invece convenuto sulla
necessit di ritardare i tempi di attuazione dell'Unione economica e monetaria. L'avvio della moneta unica
dovrebbe quindi aver luogo a partire dal 1 gennaio 1999.
Sono inoltre state tracciate le linee essenziali di quello che stato definito lo "SME 2", ossia il meccanismo
che regoler i rapporti di cambio tra l'EURO e le monete nazionali che in primo momento rimarranno
escluse dall'unione monetaria. Secondo il rapporto presentato dai Ministri finanziari della UE, la
partecipazione allo "SME 2" avverr su base volontaria e dovr prevedere, per le monete che ne faranno
parte, margini di fluttuazione piuttosto ampi al fine di evitare manovre speculative. Lo "SME 2" costituir
in ogni caso il "passaggio obbligato" per i paesi che di volta in volta decideranno di aderire all'unione
monetaria. Pertanto stato affidato al Consiglio Ecofin, congiuntamente al Comitato economico e
finanziario, alla Commissione e alla BCE, il compito di svolgere un'attivit di controllo e accertamento sulle
politiche dei tassi di cambio dei paesi non partecipanti all'unione monetaria, anche al fine di evitare
distorsioni e ripercussioni sul mercato unico.
In vista del vertice di Dublino, il Consiglio, l'IME e la Commissione sono attualmente inpegnati a definire:
- gli elementi principali del rapporto che caratterizzer i paesi partecipanti all'unione monetaria e quelli che
invece ne resteranno momentaneamente esclusi;
- la disciplina fiscale dei paesi che parteciperanno fin dall'inizio alla terza fase della UEM;
- lo stato giuridico dell'EURO, nonch il modello e la descrizione dettagliata delle banconote e delle
monete;
- il quadro normativo, organizzativo e logistico necessario al SEBC per svolgere le proprie funzioni.
Altro tema discusso nel corso del vertice di Firenze stato quello concernente la disoccupazione. Secondo
la maggior parte dei commentatori, su questo fronte va riconosciuto il fallimento del Presidente della
Commissione Santer, sostenuto dal Presidente Prodi, di rilanciare un piano europeo di lotta alla
disoccupazione. Il "patto di fiducia" proposto da Santer era infatti finalizzato ad ottenere dai Quindici lo
stanziamento di circa 27.000 miliardi di fondi comuni da utilizzare per interventi strutturali a sostegno
dell'occupazione negli Stati membri. In particolare, si proponeva il finanziamento di reti transeuropee di
trasporti e telecomunicazioni finalizzate al rilancio della crescita economica e pertanto alla creazione di
nuovi posti di lavoro. Tale proposta sembra essere stata, di fatto, ostacolata soprattutto dal cancelliere Kohl,
il quale ha sostenuto la necessit di affrontare tale classe di problemi, non tanto a livello macroeconomico,
con interventi "di tipo keynesiano", quanto piuttosto su base microeconomica, su scala nazionale o
regionale. La stabilit e la riduzione dell'inflazione sono, secondo Kohl, i migliori strumenti di politica
sociale.
La decisione sullo stanziamento dei fondi a sostegno delle reti transeuropee e dell'occupazione stata
pertanto rinviata alle decisioni dei ministri finanziari, che, tuttavia, gi da diverso tempo, hanno assunto una
posizione contraria a tale tipo di interventi comunitari.
Al Consiglio Europeo si altres raggiunto, con il consenso di tutti i paesi membri riuniti a Firenze, esclusi i
britannici, un accordo molto importante in materia di sicurezza internazionale: la creazione dell'FBI
dell'Unione Europea. Per tutti, la convenzione su "Europol" ha costituito un passo avanti nella istituzione di
un organismo di polizia comunitario, nel rispetto del termine del giugno 1996, stabilito l'anno scorso a
Cannes.
Finora "Europol" era attiva solo come unit antidroga, con sede a L'Aja, e con funzioni di scambio di dati su
persone e reati legati al narcotraffico. In futuro "Europol" avr invece una competenza ad ampio raggio: dai
furti al traffico di materiale nucleare, dalla lotta all'immigrazione clandestina alla prevenzione del
terrorismo.
La controversia sorta con la Gran Bretagna, che ha determinato il ritardo nella definizione dell'accordo,
stata superata ribadendo il riconoscimento della Corte di giustizia europea di Lussemburgo quale foro
competente per tutte le controversie legate all'interpretazione e all'applicazione della convenzione su
"Europol", stabilendo tuttavia un meccanismo di opting out che riconosce al Regno Unito la possibilit di
sottrarsi alla Corte di giustizia per eventuali dispute, afferenti alla convenzione "Europol", tra Stati o tra
Stati e cittadini.
Per quanto concerne, infine, le questioni istituzionali, ogni decisione stata rinviata al vertice straordinario

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dei Quindici che si terr a Dublino in ottobre sotto la presidenza irlandese.


A conclusione del semestre di presidenza dell'Unione, il Governo italiano ha presentato un rapporto che,
oltre a fornire un quadro di questa prima fase della CIG, potr costituire una valida griglia di riferimento
che sar sviluppata e arricchita solamente qualora verr definita una ben precisa volont politica da parte
dei Paesi membri dell'Unione di realizzare gli ambiziosi obiettivi fissati a Maastricht.
(1) L'art. 2 del trattato stabilisce che "La comunit ha il compito di promuovere, mediante l'instaurazione di un mercato comune e il graduale ravvicinamento delle politiche
economiche degli Stati membri, uno sviluppo armonioso delle attivit economiche nell'insieme della Comunit, un'espansione continua ed equilibrata, una stabilit
accresciuta, un miglioramento sempre pi rapido del tenore di vita e pi strette relazioni fra gli Stati che ad essa partecipano".
(2) L'articolo B, Titolo I, delle "Disposizioni comuni" stabilisce che l'Unione si prefigge come obiettivo da conseguire "promuovere un progresso economico e sociale
equilibrato e sostenibile, segnatamente mediante la creazione di uno spazio senza frontiere interne, il rafforzamento della coesione economica e sociale e l'instaurazione di
un'unione economica e monetaria che comporti a termine una moneta unica, in conformit delle disposizioni del presente trattato". A tal fine si ritiene necessario "uno
sviluppo armonioso ed equilibrato delle attivit economiche nell'insieme della Comunit, una crescita sostenibile, non inflazionistica e che rispetti l'ambiente, un elevato
grado di convergenza dei risultati economici, un elevato livello di occupazione e di protezione sociale, il miglioramento del tenore e della qualit della vita, la coesione
economica e sociale e la solidariet tra gli Stati membri" (Art. 2, Titolo II), nonch "una politica commerciale comune; un mercato interno caratterizzato dall'eliminazione,
fra gli Stati membri, degli ostacoli alla libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali; un regime inteso a garantire che la concorrenza non sia falsata
nel mercato interno; il ravvicinamento delle legislazioni nazionali nella misura necessaria al funzionamento del mercato comune" (Art. 3, Titolo II).
(3) Crf. articolo pubblicato sul Corriere della Sera del 14.1.1996.
(4) Ministri degli Esteri dei 15 Stati della UE, di Malta, Marocco, Tunisia, Algeria, Egitto, Israele, Libano, Siria, Giordania e Mauritania, nonch Yasser Arafat.

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Leonardo MAZZA - La acquisizione di informazioni riservate: diritto alla privacy e


diritto alla notizia

1. Dall'epoca in cui, nel 1890, apparve nella Harvard Law Review il lavoro di due noti avvocati bostoniani,
Warren e Brandeis, dal titolo "The right to Privacy", il diritto alla riservatezza della vita privata stato
oggetto di raffinate elaborazioni dogmatiche, anche se nella nostra esperienza giuridica si pervenuti con
ritardo a delineare i tratti precisi di una organica Geheimnissphre.
Soltanto qua e l voci isolate, prima di assistere, a partire dagli anni cinquanta, ad un rovesciamento di
tendenza, ad un totale ribaltamento della situazione in conseguenza di palpabili aggiornamenti tecnologici,
talora devastanti, che hanno determinato un vero e proprio assault on privacy. Il che ha portato la dottrina a
saggiare ogni aspetto dell'informazione e degli strumenti di raccolta di dati ritenuti rilevanti, in maniera da
contenere una progressiva invasivit del privato che, soprattutto nell'ultimo decennio di questo secolo, non
trova nel passato alcun paragone; ragione per cui oggi non deve apparire provocatorio domandarsi entro
quali limiti possa configurarsi un "diritto alla notizia" che, se pu trovare una barriera nella tutela dell'altrui
riserbo, non la incontra di certo in astratto, ma in funzione del contenuto della informazione trasmessa e,
pertanto, nella misura complessiva degli interessi dalla medesima implicati. Non a caso Elias Canetti scrive
che "la parola libert serve ad esprimere una tensione importante. L'uomo vuole sempre andare via, e se il
luogo dove si vuole andare non ha nome, se indefinito, senza confini, allora si chiama libert".
Il diritto di essere informati, per inerire anche ad argomenti di vitale interesse, e fra essi alle vicende
attinenti all'esercizio del potere pubblico, soddisfa, dunque una esigenza di rilievo costituzionale - pur se
non azionabile nelle sedi giudiziarie - e postula perci un pluralismo che appaghi le pretese dell'utente.
E proprio in vista di porre un argine a quel diritto, attorno al tema della libert, si costruita in dottrina una
opinione ormai largamente dominante circa l'esistenza nel nostro sistema di una tutela generale della
privacy che, pertanto, non pu pi considerarsi circoscritta a specifici aspetti (segretezza della
corrispondenza e delle comunicazioni, tutela dell'immagine e cos via), espressamente disciplinati da
singole disposizioni di legge.
Di certo la nostra Costituzione non muove da un concetto "funzionale" della libert di pensiero, poich non
bada tanto ai contenuti, ma al procedimento del dialogo e del dibattito in contraddittorio; non cio una tale
libert orientata ad un fine, ma all'utile, pur se non appare possibile scorgere poi all'interno della Carta
fondamentale una scala di valori e operare, quindi, un bilanciamento fra beni tutelati, anche allorch
vengano attinti i valori di vertice come la dignit umana (che si ricollega alla c.d. Intimsphre), i quali
comportano un aumento del Kontrolldichte.
Il diritto alla privatezza solitamente descritto in chiave negativa, pi che in positivo: non ingerenza dei
poteri normativi, amministrativi e giurisdizionali in una sfera propria ed esclusiva dell'uomo e della sua
spontanea socialit, non divulgazione di notizie concernenti la propria persona ed anche di ci che di per s
non rientra nella sfera del lecito, fuori dalla stretta necessit di servire un interesse pubblico.
Ma l'interprete non pu accontentarsi di questa visione: deve anche spingere lo sguardo pi a fondo per
cogliere i profili della privatezza, ossia di ci che pertiene all'individuo e non alla collettivit in generale, in
termini positivi. Ed allora ci si avvede della presenza del diritto all'oblio, vale a dire a non veder rievocati
avvenimenti pubblici nei quali il singolo stato in passato implicato (fuori da un interesse pubblico attuale),
o addirittura a cambiar vita, ad essere un altro o ad essere lasciato "solo".
2. In questo quadro d'insieme deve essere affrontato e risolto il problema circa la individuazione dei limiti
entro i quali i Servizi d'informazione e sicurezza, regolamentati dalla legge 24 ottobre 1977 n. 801, hanno il
diritto di acquisire informazioni riservate concernenti attivit istituzionali o la sfera privata di singoli
cittadini.
Nella Relazione del Comitato parlamentare per i servizi di informazione e sicurezza e per il segreto di Stato,
trasmessa ai Presidenti dei due rami del Parlamento il 5 marzo 1996, viene espressamente affermato che i
limiti in questione "sono fissati in rapporto alle finalit stesse dei Servizi, cos come la legge le determina,
oltre che in rapporto al fondamentale dovere di fedelt alla Costituzione". Se, dunque, vengono raccolte

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informazioni riservate che periodicamente affluiscono agli apparati di intelligence, non attinenti alla
integrit dello Stato, alla difesa della sua indipendenza ed alla sicurezza dell'ordinamento democratico
contro ogni forma di eversione, l'acquisizione di tali informazioni " in contrasto con i compiti istituzionali
ed perci illegittima".
Questo principio, icasticamente enunciato nella premessa, poi pi volte ribadito nel corso dell'elaborato ed
in diversi punti, sotto differenti profili; viene espresso il convincimento che "la natura" delle informazioni
concernenti aspetti della vita privata delle persone e la non corrispondenza ai fini istituzionali del Servizio
rendono le stesse illegittimamente acquisite.
In altri brani della citata Relazione si riferisce che il Governo stato sollecitato ad una rigorosa vigilanza
sugli archivi dei Servizi, per accertare se vi fossero tracce di deviazioni dai compiti istituzionali ed
un'illecita strumentalizzazione delle informazioni coperte dal riserbo, come il Comitato ha ritenuto si sia
verificato nel caso della illegittima raccolta di notizie da non divulgare sulle indagini concernenti
Tangentopoli e su alcuni magistrati della Procura di Milano, riconducibili alla produzione informativa della
"Fonte Achille". L'acquisizione di tali informazioni, sostiene il Comitato, appare del tutto estranea ai
compiti istituzionali del SISDe: non solo, ma nel prosieguo della Relazione, viene inoltre sostenuto che, in
caso di acquisizione da una fonte confidenziale di notizie riservate non pertinenti agli scopi istituzionali, la
soluzione giusta da adottare sarebbe quella di distruggerle e l'atteggiamento da adottare nei confronti della
fonte medesima sarebbe quello di disattivarla o di orientarla in altra direzione. Nel citato documento si pone
anche l'accento sulla illegittima finalizzazione delle informazioni riservate acquisite sul conto dei magistrati
della Procura di Milano, destinate alla apertura di dossiers che servivano a delegittimarli e, quindi, sull'uso
distorto e ricattatorio di notizie di interesse istituzionale (attivit di dossieraggio sfruttata come illecito
strumento di pressione).
Un tal modo di argomentare suscita l'interesse all'approfondimento e alla discussione, specie quando evita
di considerare il problema del bilanciamento tra interesse all'acquisizione e interesse alla diffusione della
notizia riservata alla luce pure di taluni princpi richiamati dalla nostra Costituzione anche al di l del suo
articolo 21 che enuncia la libera manifestazione del pensiero. Sicch, per un corretto inquadramento della
complessa tematica inerente alla organizzazione degli Archivi dei Servizi di informazione e sicurezza,
secondo canoni di legalit e trasparenza, non pu prescindersi da alcune considerazioni preliminari in
ordine all'ambito di legittima esplicazione delle attivit informative demandate ai predetti Servizi.
3. Non sembra revocabile il dubbio che ogni Stato democratico abbia il diritto di ricercare informazioni
riservate e di acquisire notizie in qualsiasi modo rilevanti per la difesa della propria integrit e della
sicurezza pubblica a prescindere dalla loro "verit". La salvaguardia di questi beni infatti reclamata da
qualsiasi societ civile, sia pure oggi in un mutato contesto interno ed internazionale: l'informazione diviene
cos parte indispensabile dell'attivit di prevenzione dello Stato rispetto ad eventi o ad atti di minaccia, che
costituiscano un pericolo o addirittura una lesione dell'ordine costituzionale.
Sinteticamente, senza scendere nei dettagli, dall'esame della intelaiatura del nostro sistema si ricava che
questi obiettivi di fondo vengono raggiunti attraverso apposite strutture, deputate allo svolgimento dei
cennati compiti informativi, da individuarsi nelle Forze di polizia (con le varie articolazioni, alle volte
troppo complesse e tra le quali stenta a penetrare la cultura del coordinamento) e nei Servizi di
informazione e sicurezza.
Le prime spendono la loro attivit nei settori della sicurezza pubblica e privata, traducentesi in talune
limitazioni della sfera giuridica di libert dei destinatari (in forme solitamente negative) e finalizzata al bene
comune negli aspetti tradizionalmente riportati all'ordine pubblico, alla sicurezza pubblica, ai "boni mores",
al corretto svolgimento della vita sociale ed alla prevenzione e repressione delle attivit illecite, secondo le
indicazioni contenute nell'art. 1 della legge 1 aprile 1981, n. 121.
I servizi sono da collocarsi, invece, su un piano completamente diverso da quello tipico delle tradizionali
Forze di polizia, la cui funzione preminentemente, pur se orientata, come detto, alla tutela delle istituzioni
democratiche, persegue soprattutto obiettivi di prevenzione e repressione dei reati.
4. Le peculiarit dell'attivit di intelligence dei Servizi sono scandite dagli artt. 4 e 6 della legge 24 ottobre
1977, n. 801, che additano l'ambito finalistico in cui devono operare nella tutela della sicurezza interna ed
esterna dello Stato, concepita come interesse della comunit nazionale unitariamente intesa alla propria
integrit territoriale, alla propria indipendenza ed alla sua stessa sopravvivenza.

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Pi in particolare, l'azione di intelligence, quale processo articolato di raccolta, analisi e valutazione di


notizie utili alla formulazione e definizione dell'iter decisionale dell'Esecutivo - notizie non disponibili se
non attraverso una capillare ricerca e penetrazione in aree sensibili o in ambienti resi interessanti dalla
particolare e peculiare evoluzione della congiuntura storica - preordinata al raggiungimento di uno
specifico obiettivo strategico, vale a dire di porre l'Esecutivo medesimo nelle migliori condizioni di
svolgere (in virt di un flusso costante di informazioni acquisite e poi analizzate su temi di rilevante valore
contingente) la propria politica decisionale in merito alla sicurezza globale dello Stato, intesa cos nella sua
pi ampia accezione di difesa del corpo sociale, dell'integrit territoriale, dell'economia e delle Istituzioni
del paese.
Certamente viene anche qui in primo piano una attivit di prevenzione; ma il contenuto di una tale azione di
intelligence strumentale rispetto agli eventi od agli atti di minacce, pericolo o lesione della sicurezza dello
Stato.
Si tratta, a ben vedere, di una prevenzione strategica, in quanto l'anzidetta attivit, pur svolgendosi ad ampio
raggio, mirata e deve, quindi, rivolgersi non necessariamente o non esclusivamente verso contesti ad alta e
comprovata densit criminale, ma in direzione di ogni settore, ambiente e persona dai quali, in atto od in
potenza, possano scaturire problemi per la sicurezza dello Stato, non sempre inquadrati o rapportabili a
concrete ipotesi di reato: nell'attuale momento storico ogni aerea del sociale, dell'economia e della politica
, infatti, potenzialmente portatrice di rischi e minacce per la sicurezza della compagine statuale.
Nel progetto finalistico disegnato dal legislatore del 1977 trova ampia giustificazione, anzi si radica, il
diritto-dovere dei Servizi di indagare e sorvegliare persone sospette dovunque esse abbiano ad agire e ad
operare: nell'ambito della delinquenza comune, della criminalit organizzata e di quella minorile (in
continua e drammatica espansione e per troppo tempo trascurata), dello spionaggio militare ed economico o
nei confronti di quanti si pu temere che preparino attentati all'ordine democratico o azioni violente contro
la struttura costituzionale dello Stato.
Una penetrante ed incisiva attivit di prevenzione in questo senso sicuramente necessaria ed
indispensabile: la stessa opinione pubblica non esiterebbe ad esprimere un severo giudizio di biasimo verso
un governo che si lasciasse sorprendere, ad esempio, da un tentativo insurrezionale e che dovesse
confessare di non avere avuto alcun sospetto e/o allertamento circa la sua preparazione.
5. Resta per da approfondire un profilo assai delicato: occorre individuare con nitidezza di contorni la linea
di demarcazione tra l'attivit lecita di raccolta di dati ed informazioni e l'attivit illecita, in quanto contraria
alle finalit descritte dal sistema normativo in vigore. Ebbene una tale linea va ravvisata nell'esistenza o non
di una base sufficientemente ragionevole per sorvegliare un determinato ambito plurisoggettivo o
soggettivo e per seguirne le varie attivit, ivi comprese quelle relazionali intra moenia.
In altri termini, la liceit di una siffatta attivit informativa risiede nel ragionevole sospetto che
l'avvenimento di cui ci si occupa ed i personaggi che vi sono implicati siano in effetti portatori di una
minaccia per la sicurezza dello Stato. ovvio che non possono essere indicati rigidi schemi astratti, in
quanto la ragionevolezza del sospetto, che costituisce il punto nodale del discorso, muta da ambiente ad
ambiente ed relativizzato alle contingenze storiche del periodo in cui si opera ed anche perch nel
connesso apprezzamento non pu negarsi la sussistenza di un margine di discrezionalit. Una valutazione
tale risente invero della soggettivit dei giudizi di ciascun protagonista della vicenda, i quali sono
espressione dei processi discrezionali interni attribuibili ai soggetti cui spetta determinare l'ambito delle
attivit in genere.
Ma la discrezionalit alla quale si fatto ora cenno non tracimer mai nell'arbitrio se le concrete
determinazioni operative si attengono alle linee direttrici che trovano la loro fonte normativa nella
responsabilit delle autorit tassativamente individuate nella citata legge n. 801/1977 (Presidente del
Consiglio dei Ministri, Ministri competenti, Direttori dei Servizi).
Perch l'estrinsecazione dell'attivit dei Servizi in comportamenti formalmente rivestiti di illegalit (in tal
senso l'indagine condotta nei confronti di taluno ben potrebbe configurare violazione di diritti protetti a
livello costituzionale come la dignit della persona umana o la inviolabilit del domicilio) non risulti
contrastante con l'assetto normativo vigente e con la filosofia della Carta fondamentale, non pare dubbio
che essa debba vincolarsi all'esclusiva preservazione della comunit nazionale e della Costituzione.
Il comportamento permeante l'azione informativa deve cio essere strettamente indispensabile per la tutela
del supremo interesse della sicurezza dello Stato, secondo un ragionevole rapporto di mezzo a fine. Il che

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trova conforto e conferma nell'esame della giurisprudenza costituzionale, la quale ha ripetutamente ribadito,
in una priorit di scala gerarchica dei valori, l'assoluta preminenza dei beni relativi alla sicurezza interna ed
esterna dello Stato, tale da giustificare non solamente l'affievolimento di altri valori pure essi tutelati dalla
Carta, ma anche da garantire, sulla base enunciata, una proporzione tra difesa ed indebolimento di interessi
secondo un approccio definitorio-bilanciatorio.
6. Alla luce delle considerazioni che precedono, alcune esemplificazioni valgono a chiarire meglio i tratti di
quella linea di demarcazione di cui si sopra detto: possono scorgersi aspetti di illiceit nell'attivit
indagativa svolta su taluno, la quale invada la sua vita privata, nel caso in cui non sussista alcun fondato
indizio per ritenere che quella determinata persona si proponga di infrangere le leggi o di mettere a
repentaglio la sicurezza dello Stato. In una siffatta ipotesi non sarebbe, invero, ravvisabile alcuna finalit
pubblica di prevenzione che renda compatibile con il sistema determinate forme di attivit dei Servizi di
sicurezza, formalmente classificabili quindi, come "illecite" alla stregua dell'ordinamento vigente.
Ma occorre scendere ancor pi nel particolare ed appuntare l'attenzione su di un aspetto di basilare
importanza: bisogna, cio, esaminare i due distinti momenti in cui si articola la ricerca informativa da parte
dei Servizi. Si tratta della raccolta delle notizie e del successivo uso delle stesse.
Anche qui non pu procedersi per rigide schematizzazioni: sempre necessario avere presente la singola
vicenda per potersi correttamente orientare. Sicch, nel caso di indagine giustificata, gli organi operativi ad
essa preposti non possono limitarsi a scandagliare un solo aspetto che riguarda la vita relazionale
dell'interessato. Da una indagine allargata potrebbero, infatti, emergere risultanze che non rilevano neanche
indirettamente per i fini istituzionali dell'Ente, in quanto non toccano la persona pubblica e la minaccia di
sue non inverosimili o prossime attivit illegali, non concernono cio la pericolosit dell'uomo, cos come al
contrario potrebbero affiorare elementi o dati di interesse per gli anzidetti scopi anche in vista
dell'attivazione di ulteriori indagini, fermo restando in ogni caso il divieto di una loro divulgazione.
Attesa la stretta connessione fra la sottoposizione di taluno a particolare sorveglianza e ad attivit
informativa e le finalit di tutela del supremo interesse della sicurezza dello Stato, ne deriva che
l'utilizzazione delle notizie raccolte nel contesto dell'esempio sopra riportato, , nella prima ipotesi,
rigorosamente preclusa all'Amministrazione: quelle notizie non possono dar luogo a provvedimenti,
iniziative, vincoli o condizionamenti per l'Amministrazione medesima, n tantomeno possono ricevere
pubblicit. Diversamente si configurerebbe un abuso, e quindi un illecito. questa, in buona sostanza, la
conclusione cui pervenne lo Jemolo tanti anni orsono quando sottolineava che colui il quale guardi alla
realt delle cose ritiene impossibile negare allo Stato una attivit di prevenzione, che implica anche la
necessit di compiere indagini riservate: la libert non la si difende non volendo misure eccezionali in
presenza di situazioni eccezionali, ma segnando per tempo le vie secondo cui dovr svolgersi l'azione dello
Stato in queste ipotesi, anzich lasciare il tutto all'improvvisazione del momento entro cui, nel nome della
salus publica, suprema lex possono compiersi i peggiori arbitri, a meno di non volersi rassegnare con
Popper a ritenere che la migliore forma di limitazione in materia risulta soltanto dalla responsabilit
dell'uomo che agisce.
La Relazione del Comitato parlamentare prospetta in chiave propositiva l'esigenza di dar corso alle riforme
da esso in precedenza formulate in data 6 aprile 1995, evidenziando che, per individuati oggetti di indagine,
il Comitato sia dotato di poteri che l'art. 82 della Costituzione riconosce alle Commissioni parlamentari
d'inchiesta, vale a dire che venga equiparato a tali fini all'autorit giudiziaria.
Non peraltro chi non veda come l'attribuzione di siffatti poteri, sia pure opportunamente mirata per settori,
costituisca un grave attentato alla autonomia di cui necessariamente debbono essere muniti i Servizi per
poter svolgere la loro attivit a vantaggio e nell'interesse della collettivit nazionale, specie quando fosse
riconosciuto un potere di controllo (oltre che sulla responsabilit politica dell'esecutivo) anche sulla
gestione tecnica. Non da ora si detto che il profilo della tutela della riservatezza richiama necessariamente
il pi generale tema della persona umana: non un atto di fede, ma un convincimento che non necessita di
particolari dimostrazioni, tanto palese la sua evidenza. Con l'esprit de finesse, tipica dei giansenisti di Port
Royal, pu ben ripetersi che: "toute la dignit de l'homme est en la pense"; guai, per, a non accorgersi per
tempo che l'uomo la pi fragile delle canne, ma una canna pensante e, come ha scritto Pascal,
quand'anche l'universo lo volesse schiacciare, egli sarebbe pi nobile di colui che tenta di farlo, perch
mentre l'universo nulla conosce, l'uomo ha consapevolezza di stare per morire.

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Onorato SEPE - Aspetti procedurali del giudizio di responsabilit

(*) Il sistema dei controlli amministrativi delineato dagli artt. 100, 125 e 130 della Costituzione, nel
confermare il tradizionale controllo preventivo di legittimit della Corte dei conti sugli atti del Governo, ha
attribuito a quest'organo anche il controllo successivo sulla gestione del bilancio dello Stato e quello
sull'attivit finanziaria degli enti pubblici.
Tale sistema, tuttavia, improntato ancora ad una concezione formalistica dell'attivit di controllo, volta
soprattutto alla funzione della mera verifica di conformit alla legge e trascurando di fatto lo sviluppo di
controllo sui risultati, ha mostrato crescenti limiti a fronte della rapida evoluzione dell'Amministrazione
degli ultimi decenni. Questa ha visto, da un lato, un progressivo decentramento di funzioni e il corrispettivo
moltiplicarsi dei centri di spesa, dall'altro la sempre pi spiccata centralit del momento finanziario rispetto
a quello meramente amministrativo nell'attivit dello Stato e degli enti pubblici.
Pertanto, si sono susseguiti nel tempo interventi normativi e ipotesi di riforma che, in mancanza di una
globale revisione del sistema dei controlli, hanno tentato di adeguare progressivamente il sistema alle nuove
esigenze.
La questione ha assunto uno specifico rilievo quando il problema dei controlli, con particolare riferimento
alla loro carenza, ha messo a nudo la difficolt di garantire l'Amministrazione dalle interferenze dei partiti
politici e dalla corruzione di amministratori e funzionari.
Ove si presti attenzione ai recenti diffusi fenomeni di corruzione, c.d. "Tangentopoli", che hanno cos
profondamente inciso sul buon andamento e la trasparenza dell'attivit della pubblica amministrazione e
coinvolto numerosi soggetti ricoprenti alti livelli istituzionali, evidenziando il ruolo di supplenza svolto
dalla Magistratura penale, non pu trascurarsi il rischio di pericolo che pu derivarne per la sicurezza
nazionale.
Per queste ragioni, uno sguardo sull'evoluzione di questi temi pu essere interessante anche per la nostra
rivista.
Con la legislazione degli ultimi anni si cercato, dunque, di orientare il sistema dei controlli, dall'area,
prima predominante, del controllo "preventivo di legittimit" a quello "successivo della gestione",
individuando strumenti, modelli e parametri in linea con la crescente domanda di controlli moderni ed
efficienti per arginare da un lato la corruzione degli amministratori in favore del principio di trasparenza
della pubblica amministrazione, dall'altro per assicurare una corretta gestione delle risorse.
In tale ambito, importanza decisiva riveste la recente riforma che ha decentrato la Corte dei conti su base
regionale, introducendo nuovi e pi efficaci strumenti funzionali al controllo preventivo di legittimit,
nonch a quello successivo del bilancio e del patrimonio dello Stato, indirizzo che potr trovare anche
specifico rilievo in un rinnovato quadro di rapporti tra istanze centrali dello Stato e autonomie.
1. L'obbligo di denuncia
In occasione dell'inaugurazione dell'anno giudiziario 1996 il Procuratore generale della Corte dei conti ha
sottolineato che il contenzioso contabile ha subito una trasformazione rivoluzionaria non solo per il
decentramento dell'organo giudicante e di quello requirente ma anche per le sostanziali modifiche
normative dei procedimenti istruttori di competenza delle sezioni regionali. Contemporaneamente anche gli
organi centrali preesistenti hanno trovato un assetto diverso: le sezioni riunite, le sezioni ordinarie divenute
di appello, la stessa procura generale hanno assunto dimensioni e assegnate funzioni differenti. In
particolare si accentuato l'indirizzo a favorire il coordinamento dell'intero apparato ed il tentativo di
garantire una continuit giurisprudenziale e l'equilibrio fra le pronunce provenienti ormai da venti differenti
sedi regionali.
Come si gi avvertito il procuratore regionale che oggi esercita il potere di iniziativa nei giudizi di
responsabilit in base alle notizie di fatti dai quali possono emergere danni per i soggetti pubblici
addebitabili ad amministratori ovvero a dipendenti. La procura, come in passato, pu attingere informazioni

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da qualsiasi fonte, quindi anche da notizie stampa o da denunce di privati. La prevalente fonte normativa
rimane tuttavia l'art. 53 del t.u. 1934, n. 1214, cui occorre aggiungere l'art. 83 del r.d. 18 novembre 1923, n.
2440 e l'art. 20 del t.u. 10 gennaio 1957, n. 3. Tali precetti impongono, nell'ambito dell'organizzazione
statale, un obbligo di denuncia a carico di funzionari dirigenti che vengano a conoscenza di fatti dannosi
direttamente ovvero a seguito di rapporti di loro dipendenti; se l'accertamento deriva da una ispezione lo
stesso ispettore che dovr provvedere alla denuncia alla procura (art. 12 d.p.r. 30 giugno 1972, n. 7489). Si
tratta di precetti che sono venuti assumendo, anche per la spinta pretoria della giurisdizione, un profilo che
li fa considerare applicabili a tutto il settore pubblico. Per le regioni vi una previsione specifica contenuta
nell'art. 32 della l. 19 maggio 1976, n. 335 che impone tale obbligo di denuncia a carico di amministratori e
funzionari dirigenti. Ovviamente allorch le norme prevedono l'obbligo di denuncia l'omissione comporta
una responsabilit di soggetti obbligati nel caso di dolo o colpa grave, e, nel caso di ispettori, anche per
l'omessa rilevazione di irregolarit.
Con l'art. 1, 3 comma della l. n. 20 del 1994 si stabilito che ove si verifichi, per il soggetto pubblico, la
prescrizione del diritto al risarcimento del danno, derivante proprio per effetto dell'omissione o di ritardo
nella denuncia del fatto, i soggetti responsabili dell'omissione o del ritardo della denuncia rispondono anche
del danno erariale verificatosi.
L'azione del procuratore proponibile entro i cinque anni dalla data in cui maturata la prescrizione.
Indubbiamente tale disposizione viene a porre a carico di coloro che sia pure per colpa o per
comportamento doloso non hanno rispettato l'obbligo di effettuare, entro i termini previsti, la regolare
denuncia, una non lieve responsabilit di un evento dannoso al quale sono rimasti estranei. Ci
confermerebbe che nel processo contabile la finalit di prevenzione ed il profilo sanzionatorio sono
nettamente caratterizzati e non secondari come nella responsabilit civile a cui per decenni la
giurisprudenza ha voluto accomunare il processo dinanzi alla Corte dei conti. (1)
2. L'iniziativa processuale e l'invito a dedurre
L'iniziativa processuale nel giudizio di responsabilit, diversamente dal processo di conto caratterizzato
dall'automaticit, parte dalla citazione in giudizio fatta dal procuratore regionale. Prima della notificazione
l'atto viene trasmesso al presidente della sezione il quale, con propria determinazione, apposta in calce, fissa
la data dell'udienza di discussione ed il termine entro il quale le parti possono costituirsi, prendere visione
degli atti e presentare memorie.
Deve avvertirsi che nella legislazione recente vi una novit di rilievo rispetto alla situazione precedente.
L'art. 5 del d.l. n. 453 del 1993, convertito nella legge 14 gennaio 1994, n. 19, ha introdotto l'invito a
dedurre che ha dato luogo nelle prime pronunce giurisprudenziali a conclusioni contrastanti. La sezione
siciliana (23 marzo 1994, n. 38) ha ritenuto che si tratti di un presupposto processuale la cui mancanza
comporta l'impossibilit dell'instaurazione del giudizio (tesi che oggi sembra la pi accoglibile) mentre la
sezione per la Sardegna (12 marzo 1994, n. 116) ha ritenuto che la mancata formulazione dell'invito prima
della rituale notifica dell'atto di citazione non possa portare alla nullit della citazione per inammissibilit
della domanda. Ad avviso della sezione le nullit devono essere tassativamente indicate e, nella specie,
l'istituto dell'invito non appare strettamente attinente alla tutela del diritto di difesa. Sostanzialmente
conforme alla tesi della sezione sarda STADERINI il quale osserva che lo scopo della norma non sembra
essere quello di avvertire formalmente il chiamato in giudizio quanto quello di informarlo allo scopo di
evitare l'inizio di un processo a suo carico se egli pu dimostrare senza ombra di dubbio la sua estraneit di
fronte al fatto contestato dal procuratore. (2)
In qualche decisione si parla dell'avviso come di uno strumento di garanzia e collaborazione (sez. II, 16
maggio 1994, n. 123; id. sezione Lazio, 17 novembre 1994, n. 25); ovvero come strumento di garanzia
dell'inquisito (sezione Lombardia, 24 marzo 1994, n. 31); ovvero come semplice mezzo di conoscenza che
il procuratore regionale acquisisce nell'interesse della giustizia e del destinatario dell'invito (sez. Veneto, 2
marzo 1994 n. 8).
In uno scritto sull'argomento, che ripete il contenuto della decisione n. 123 del 1994 della sezione per il
Lazio, si cerca di meglio qualificare la natura e la portata dell'avviso di garanzia. Non si tratta di un atto
avente la funzione di rendere edotto un cittadino del fatto che si inizia una indagine a suo carico. Nel
giudizio risarcitorio dinanzi alla Corte dei conti l'invito non un avviso che viene inviato prima di effettuare

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una indagine preliminare ma un momento diverso, quando si sono gi individuati i fatti considerati dannosi
e si sono riscontrati degli elementi di responsabilit a carico di qualcuno. "La funzione dell'invito non
consiste nell'avvertire l'agente di amministrazioni pubbliche che si inizia una indagine che lo riguarda".
L'invito si indirizza ad un soggetto che stato gi indagato e che si appalesa come probabile danneggiante.
La funzione dell'invito quella di contestare specifici fatti, determinati in tutti i loro elementi costitutivi,
qualificati come fatti dannosi, dando la possibilit di dedurre in ordine agli stessi. (3)
In realt la collocazione dell'avviso nel processo contabile, nel quale non esiste, come invece nel processo
penale, il giudice per le indagini preliminari al quale il procuratore chiede il rinvio a giudizio, costituisce un
ibrido. Non si pu dire che esso abbia una mera funzione di informazione perch il presidente della sezione,
allorch ricever l'atto di citazione da notificare potrebbe (dovrebbe?) anche verificare se l'invito sia stato
regolarmente inviato e quale esito abbia avuto. Nella realt l'atto stesso di citazione che nella parte
conclusiva dovrebbe contenere gli estremi dell'avvenuto invio dell'invito e del suo esito, nonch delle
valutazioni date dalla procura alla risposta fornita dall'invitato. Tuttavia l'invito, specie se rimane senza
alcun intervento di colui al quale stato inviato, non integra una condizione dell'azione del procuratore, ma
rimane un presupposto processuale la cui mancanza, costituendo una violazione della legge, si traduce nella
inammissibilit della domanda di instaurazione del giudizio. Ne deriva che, nonostante la sua sostanziale
diversit rispetto agli atti di garanzia previsti nei procedimenti penali, l'invito introdotto dalla legge n. 19
del 1994 costituisce un adempimento prodromico del giudizio ed ha carattere di necessit ed
indispensabilit. Ne consegue che la sua mancanza costituisce vizio non sanabile e non consente l'apertura
del dibattimento.
3. L'atto di citazione e la vocatio in jus
L'introduzione del giudizio di responsabilit avviene attraverso l'atto di citazione a comparire formulato dal
procuratore regionale. La citazione deve, ovviamente, indicare la sezione territorialmente competente,
l'ufficio del pubblico ministero che agisce, il nome, il cognome, domicilio, residenza o dimora del
convenuto, l'oggetto della domanda, l'esposizione dei fatti e la qualificazione giuridica del convenuto in
relazione ai fatti dannosi contestati. Deve essere precisato su quali motivi si fonda la domanda con la
indicazione dei mezzi di prova o dei documenti di cui il p.m. intende valersi e dei documenti che offre in
comunicazione. Deve contenere la domanda, indirizzata al presidente della sezione, della fissazione di
udienza e l'invito a costituirsi in segreteria entro i termini fissati dal presidente. Nel silenzio delle norme di
procedura, che sono tutte di antica data, deve ritenersi che la citazione dovrebbe anche dare contezza
dell'avvenuto invio dell'invito a dedurre e del suo esito.
Si posto il problema di una possibile nullit dell'atto di citazione nel caso di omessa indicazione della
sezione regionale ma la questione sembra del tutto bizantina. evidente che il procuratore intimante parla
per la sezione nella quale incardinato n legittimato a chiedere un processo presso una sezione diversa.
Allorch il giudizio si svolgeva al centro vi erano a Roma due sezioni giurisdizionali con competenza
promiscua ed era il presidente della Corte che determinava l'assegnazione ad una di esse. Oggi il problema
non sussiste pi e lo stesso presidente della sezione regionale non pu che assegnare il processo alla propria
sezione. Quindi il problema si porr soltanto se in futuro verranno create articolazioni diverse o distaccate
della sezione regionale.
Anche la previsione di nullit per difetto di sottoscrizione dell'atto di citazione o del decreto presidenziale
attiene pi ai formalismi che alla sostanza. Comunque se fatti del genere si verificano essi sottolineano
difetti di organizzazione degli uffici ausiliari che, comunque, prima della partenza o notificazione di un
qualsivoglia atto, sono tenuti a verificarne la regolarit formale, anche per non incorrere in responsabilit.
Basti pensare all'impossibilit di reiterare la notifica di una citazione priva delle necessarie sottoscrizioni
per la sopravvenuta scadenza dei termini o per il sopraggiungere di prescrizioni.
4. L'iscrizione a ruolo ed il procedimento
L'atto di citazione predisposto dal procuratore, oltre ad avere la funzione di vocatio in jus ha anche quella di
precisare l'oggetto della domanda sulla quale si sollecita l'intervento del giudice. L'atto viene notificato e
devono decorrere non meno di sessanta giorni dalla notifica a quello dell'udienza (centoventi se il

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convenuto fuori d'Italia). L'iscrizione della causa a ruolo e la fissazione dell'udienza da parte del
presidente devono precedere la notifica dell'atto di citazione. Il deposito del fascicolo in segreteria e la
nomina del relatore hanno luogo successivamente.
La parte si pu costituire personalmente oppure avvalersi della difesa di un avvocato iscritto nell'albo dei
professionisti ammessi al patrocinio dinanzi alla Cassazione. Documenti e memorie, eccezioni ed
indicazioni di mezzi di prova si attuano mediante il deposito in segreteria del fascicolo contenente la
comparsa di risposta alla citazione, la copia dell'atto di citazione e l'eventuale nomina, con procura, del
difensore. Per l'eventuale ricorso incidentale, invece, non sufficiente il deposito in segreteria ma occorre la
notifica alle parti. (4)
Per il procedimento si seguono le norme contenute nel regolamento di procedura. Ove queste non dettino
prescrizioni specifiche si applicano i principi del codice di procedura civile in base al rinvio operato dall'art.
26 del codice di procedura della Corte che dispone l'applicazione, nei giudizi contabili, delle norme e dei
termini della procedura civile "in quanto applicabili e non modificati dalle disposizioni del regolamento". Si
posto il problema dell'applicabilit delle innovazioni introdotte nella procedura civile che possano incidere
su disposizioni del regolamento di procedura. In linea generale la giurisprudenza favorevole
all'accoglimento dello jus superveniens allorch si tratti di innovazioni modificative-aggiuntive correlate ad
una migliore attuazione dei principi dell'ordinamento in materia di giudizi e di diritti dei cittadini.
(*) Sintesi redazionale
(1) Osserva STADERINI (La responsabilit nella pubblica amministrazione, Padova 1994 p. 216) che la norma in contrasto con la concezione risarcitoria in senso
civilistico della responsabilit amministrativa, ed anche con quella che ravvisa nel danno cagionato, e quindi legato da un rapporto di causalit con la condotta imputabile,
un parametro fondamentale per addivenire ad una condanna. Si noti che l'autore favorevole alla concezione della natura pubblicistica della responsabilit amministrativa.
Nello stesso senso CORPACI (La responsabilit amministrativa tra risarcimento e sanzione, Le regioni, 1994, n. 3, 866). Il soggetto pubblico danneggiato ha interesse a
richiamare il dipendente o l'amministratore a una corretta azione amministrativa piuttosto che a restaurare la propria situazione patrimoniale. Ci trova conforto
nell'officialit dell'azione del procuratore, nella separazione della responsabilit fra i coautori dell'illecito e nella possibilit del giudice di determinare il risarcimento (che
da ravvisare come sanzione) in modo da adeguarlo alle pi svariate graduazioni della colpa nell'ambito della complessit dell'azione amministrativa (STADERINI, op. ult.
cit. p. 133).
(2) STADERINI, cit. p. 217. Peraltro la tesi non sembra accoglibile e gi la giurisprudenza si evolve in senso contrario. Il fatto che l'intimando possa presentare le proprie
argomentazioni al di fuori del processo dibattimentale viene proprio a dar vita ad un accertamento preliminare che, in base alla legge, il procuratore tenuto a compiere.<br>
(3) DI PASSIO, Natura giuridica, funzione, effetti dell'invito, Riv. Corte conti, 1995, 1, 440.
(4) Sul procedimento ampiamente GARRI, I giudizi innanzi alla Corte dei conti, Milano, 1994, pp. 250 e 394.

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Mirko VALENTI - Gli organismi d'intelligence: idee per un progetto per il futuro

1. Premessa: una nuova politica per la sicurezza


Accade spesso che nell'affrontare i temi connessi all'intelligence ci si riferisca pressoch esclusivamente
all'organizzazione e al funzionamento dei "Servizi".
Un approccio metodologicamente pi corretto richiederebbe, invero, che l'analisi muovesse dalla politica
informativa e di sicurezza, che si colloca evidentemente in un momento precedente all'attivit degli
Organismi.
In tal senso, uno dei punti di partenza per la soluzione dei diversi problemi legati alla realt dell'intelligence
va individuato proprio nella riassunzione da parte delle Istituzioni governative di una responsabilit di
indirizzo politico nel settore.
Ci, beninteso, non solo e non tanto per l'immanente necessit di ridefinire gli indirizzi strategici in
relazione agli scenari nuovi ed emergenti: compito, questo, gi adeguatamente riassunto nella ratio
dell'articolo 1 della legge n. 801/77, che affida al Presidente del Consiglio dei Ministri "l'alta direzione, la
responsabilit politica generale e il coordinamento della politica informativa e di sicurezza"; quanto,
piuttosto, per restituire al delicato settore un chiaro indirizzo politico, reso incerto, negli ultimi anni, dalla
protratta situazione di crisi e di mutamento degli equilibri istituzionali: indirizzo che non va, ovviamente,
disgiunto dal controllo politico.
Tra i compiti di ogni Governo v' certamente quello di guidare la Pubblica Amministrazione con gli
strumenti propri dell'Esecutivo, in un rapporto dialettico nel quale questa trova o dovrebbe trovare un suo
spazio d'imparzialit, sancito dalla Costituzione, formalmente delimitato dalle proprie attribuzioni disegnate
direttamente dalla legge. Sicch, in una fase in cui, per varie ragioni, l'azione d'indirizzo tende ad attenuarsi,
l'assolvimento dei compiti istituzionali trova di norma, nell'autonomia dell'Amministrazione, un discreto
margine di proiezione per il futuro.
Non cos semplice la trasposizione di un simile modello nel campo dei nostri apparati d'intelligence, in
quanto i generali concetti esplicitati nella legge vanno riempiti, nella fattispecie, di specifico contenuto
attraverso valutazioni, per loro natura, piuttosto mutevoli e spesso politicamente sensibili.
per queste ragioni che "la riassunzione da parte delle Istituzioni governative di un indirizzo politico nel
settore" necessaria, consentendo di dare impulso a un processo virtuoso che ponga le basi di una
costruttiva e indispensabile identificazione di fini tra le strutture dei diversi Organismi di intelligence e il
potere Esecutivo da cui esse dipendono, determinando affidamento nella Comunit sia in relazione alla
fedelt ai valori costituzionali che all'utilit e necessit dell'attivit svolta.
Osservando gli accadimenti degli ultimi anni pu affermarsi che la carenza di un legame forte ha
incrementato una crescente divaricazione tra il momento politico e quello tecnico-operativo, determinando,
nell'ipotesi migliore, una situazione di disagio.
Ci ha recato senza dubbio un danno al Paese, nei termini di una sotto-utilizzazione di risorse e potenzialit,
nonch ai Servizi stessi, talvolta incerti negli obiettivi da perseguire, frequentemente chiamati in causa in
modo strumentale e purtroppo screditati nell'immagine anche da episodi caratterizzati da riprovevoli
patologie di dipendenti infedeli.
Il risultato pi evidente di siffatta condizione che oggi il sistema nel suo complesso mostra evidenti segni
di incertezza. Non sufficientemente consolidato sul contenuto, l'ambito e i limiti dell'attivit informativa;
sugli obiettivi e sul modus operandi; non pienamente tutelato sul piano normativo, per ci che concerne la
garanzia di riservatezza, coessenziale a qualsivoglia attivit di intelligence; esposto incessantemente a una
subdola attivit di disinformazione e di ingerenza, che va ben al di l dei princpi di equilibrio disegnati, fin
dal 1977, dalla Corte Costituzionale con la nota sentenza n. 86, che a tutt'oggi costituisce la pi lucida e
autorevole legittimazione della preminenza del valore della sicurezza dello Stato-comunit rispetto ad altri
valori pur costituzionalmente protetti.
La realt dell'intelligence ha in sostanza risentito della crisi che ha afflitto il nostro Paese nel suo
complesso. Ecco il perch della necessit - mentre il valore della sicurezza si accredita sempre pi come un

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bisogno diffuso - di disegnare un progetto per il futuro che consenta, in un contesto d'imparzialit, di
dispiegare tutte le potenzialit del settore al servizio dello Stato democratico e della necessit di tutela della
sua sicurezza. Un progetto che, richiamando la necessit di una politica, sappia cogliere e distinguere i
diversi livelli e momenti di un intervento innovatore, fondandosi comunque sulla esigenza di garantire quei
valori che sono in discussione e sulla profonda convinzione di sostenerne gli oneri e le scelte.
Di tale necessit, il cui preliminare accertamento costituisce lo sfondo di queste considerazioni, non pu,
invero, dubitarsi.
Nell'attuale quadro internazionale non riveste alcun fondamento, infatti, interrogarsi sul "se" lo Stato abbia
o meno bisogno di un'attivit informativa per la sua sicurezza.
Il corretto approccio a questo tema va invece individuato in uno sforzo di progettualit che affronti, seppure
con tempi e livelli d'intervento differenziati, i vari nodi da sciogliere, al fine di ottimizzare l'impiego delle
risorse. Questo obiettivo pu essere perseguito dotando gli Organismi di intelligence di strumenti e
garanzie, investendo le necessarie risorse finanziarie, disegnando un coerente quadro di controlli, in un
contesto che renda il cittadino-contribuente consapevole, attraverso documentati rapporti sui risultati,
dell'impiego dei fondi pubblici e della produttivit di quegli investimenti in termini di sicurezza.
Occorre innovare non perch ci rappresenti un passaggio fisiologico ovvero obbedisca a necessit
d'immagine, bens per cogliere le ragioni profonde delle difficolt del passato, superandone i limiti,
qualificando il lavoro e la funzione di apparati fondamentali per gli interessi statuali, proiettando proficue
energie verso un futuro ricco di sfide.
2. La missione dei Servizi e il dibattito sulla riforma
Il problema di un'auspicata riforma non pu che essere sullo sfondo di un'azione innovatrice che invece fin
d'ora conquista una sua rilevanza. E ci non tanto in ragione dei tempi, necessariamente non brevissimi, di
una nuova legislazione che, considerata la delicata materia, richieder anche un ampio consenso
parlamentare; quanto, piuttosto, per l'urgente necessit di definire una nuova dimensione operativa.
La missione dei Servizi, infatti, concretamente individuata dalla Legge n. 801 e riassumibile nel concetto,
onnicomprensivo e di rilevanza costituzionale, di "tutela della sicurezza dello Stato" uno dei segmenti di
quell'ampio campo di attribuzioni che riguardano l'intero comparto della sicurezza, di cui i Servizi stessi
sono parte integrante, in relazione al quale non sono consentite pause o cadute di efficienza.
In questo senso, sono almeno tre i livelli d'intervento che si offrono al Governo e al Parlamento.
Il primo livello da individuare nell'esercizio del potere di indirizzo del Presidente del Consiglio dei
Ministri, di per s sufficiente a sciogliere alcuni dei nodi fondamentali. In effetti, tale potere risulta
strettamente connesso al disposto dell'articolo 1 della richiamata legge n. 801 e il suo esercizio non esclude
il ricorso a organi di consulenza, come il CIIS, assai qualificati ma non adeguatamente utilizzati in passato.
Il corpus delle principali disposizioni direttive risale, tranne rare eccezioni, a molti anni fa. In un settore in
cui peculiare rilievo rivestono le trasformazioni politico-sociali e in cui, tra l'altro, non mancano le zone
grigie d'interpretazione, un simile ritardo certamente causa di disfunzioni.
Volgendo lo sguardo all'estero, cio alle esperienze di altri Paesi, la constatazione appena accennata risulta
senz'altro confermata.
Nella generalit dei Paesi europei, infatti, specifiche guidelines compendiano puntualmente l'attivit dei
Servizi, rivestendo un ruolo di primario rilievo in un contesto dispositivo dove le norme di legge non
possono che essere di principio. La riattivazione sostanziale di tale essenziale circuito si configura, pertanto,
come idonea a fornire un fondamentale contributo innovativo.
Il secondo livello d'intervento da ricercarsi nella riforma delle disposizioni di livello regolamentare che
disciplinano i Servizi, contenute essenzialmente in alcuni decreti del Presidente del Consiglio e dei Ministri,
dell'Interno e della Difesa, che regolano diversi aspetti relativi allo status del personale e alla gestione
amministrativa.
Sia le questioni che afferiscono al primo livello che quelle ricadenti nel secondo potrebbero trovare un utile
riferimento nell'attivit di un Sottosegretario con delega ai Servizi, alle cui valutazioni potrebbero essere
canalizzate tutte le istanze di innovazione che richiedano, come nei casi di che trattasi, una decisione di
livello politico. Tale posizione stata trascurata in passato e la non favorevole valutazione di una simile
opzione o dei connessi compiti, precipuamente politica, ha inciso negativamente sulla soluzione dei

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molteplici problemi e sul processo di adeguamento delle posizioni statuali alle dinamiche della realt in
veloce mutazione.
Il terzo livello quello della riforma della legge n. 801 del 1977. Non solo per i tempi che un'accurata
riforma certamente richiede, che si collocato questo passaggio per ultimo, esponendo queste
considerazioni all'obiezione che potrebbe apparire singolare iniziare un processo di rinnovamento
muovendo da disposizioni di livello attuativo, senza conoscere i princpi di una riforma legislativa. E
neppure per l'altra pur valida considerazione che intanto occorre garantire un sereno lavoro, non potendosi
condizionare l'operato di importanti strutture dello Stato ad attese riforme i cui tempi non sono prevedibili.
Posto che risulta piuttosto demagogico il principio tendente a individuare la soluzione di ogni questione
nella modifica di una legge, va detto pure che la legge n. 801 deve essere considerata per la sua non
trascurabile portata chiarificatrice in rapporto al periodo storico in cui fu emanata. In questa logica basti
riflettere, ad esempio, sulla straordinaria novit costituita dalla istituzione, nell'ambito di un sistema binario
coordinato da un organismo unitario, di un Servizio d'informazione non militare, alle dipendenze del
Ministro dell'Interno. Ovvero, al progresso che questa legge ha consentito di compiere in direzione di una
cultura dell'intelligence, fino ad allora quasi estranea all'esperienza nazionale, creando le premesse di
un'attivit informativa intesa come processo di analisi, elaborazione, e non come mera acquisizione e
conservazione di notizie.
Inoltre, nello svincolare gli appartenenti ai Servizi dalla qualifica di agenti o ufficiali di polizia giudiziaria,
secondo un modello largamente adottato in altri Paesi, il Legislatore del 1977 ha chiaramente mostrato di
comprendere la peculiarit della funzione informativa rispetto ai compiti, ben diversi, delle varie polizie.
Tutti elementi che conservano assoluta validit.
Ci nonostante, nell'ampio dibattito sulla riforma - che ha visto, come non di rado accade, improvvise
accelerazioni talvolta legate, a seguito di deplorevoli episodi contingenti, a singole infedelt - convergono,
da un lato, posizioni radicalmente critiche e, dall'altro, giuste istanze di cambiamento, di cui sono portavoce
gli stessi Organismi di intelligence quali diretti interessati.
Va da s che la cultura della riservatezza, intrinseca a queste organizzazioni, non consente un dibattito
pubblico su questi temi, che renda manifesto il punto di vista degli "addetti ai lavori", professionisti in gran
parte formatisi in settori di punta dell'apparato pubblico, ingiustamente coinvolti in un processo di
generalizzazione negativo e non equilibrato, che non si cura di distinguere l'Istituzione dalle posizioni
soggettive. Analogamente, agli Organismi medesimi non mai possibile controdedurre alle numerose
illazioni giornalistiche che li vedono al centro di mille oscuri episodi.
pertanto importante che sia il circuito istituzionale a farsi carico di tale rappresentanza, diretta
conseguenza del potere di controllo, mentre certamente, come si osserver pi avanti, i Servizi dovranno
abituarsi all'idea di essere un po' meno "segreti".
questo un processo di apertura che sta ottenendo largo apprezzamento in altri Paesi, dove pure l'efficienza
e la riservatezza degli apparati d'intelligence sono indiscutibili e affondano le radici in esperienze di
decenni.
Considerato che nel nostro Paese le nuove strutture d'intelligence, il prossimo anno, raggiungeranno il
ventennale della fondazione, sarebbe assai proficuo utilizzare come una sfida quello che in termini storici si
definisce "il vantaggio del ritardatario", per far crescere la cultura dell'intelligence in una dimensione fin
d'ora in sintonia con l'attuale contesto sociale e le cresciute e diffuse esigenze di informazione, conoscenza,
trasparenza, in un equilibrio che salvaguardi le ovvie necessit di copertura.
Sarebbe veramente importante, insomma, se un tale processo fosse in grado di produrre, per i Servizi, lo
stesso rilevante risultato che la legge di riforma del 1981 ha significato per la Polizia di Stato e,
conseguentemente, per le altre Forze di Polizia, nel senso di avvicinamento di queste realt alla Comunit
nazionale.
Tutti rammentano le difficolt vissute, nel diverso scenario dei passati decenni, dai vari Corpi, talvolta non
apprezzati e oggetto di diffidenza.
Quella situazione stata oggi largamente superata e nessuno pi dubita dell'utilit e dell'efficienza di
strutture dello Stato cui conferito dalla pubblica opinione affidamento e credibilit. Ci anche in ragione
di un processo culturale che ha avvicinato la funzione istituzionale alla sensibilit della gran parte dei
cittadini.
Nella passata XII Legislatura, sono state circa quaranta le proposte e i disegni di legge portati all'attenzione
della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica, sui temi dell'intelligence e del segreto di Stato.

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Nessuno di questi ha visto un esito favorevole. presumibile che nella presente XIII Legislatura siano
reiterati molti di questi progetti. anche auspicabile che una forma direttamente propositiva trovino pure le
varie ipotesi prospettate dal Comitato parlamentare per i Servizi di informazione e sicurezza e per il segreto
di Stato nelle diverse relazioni presentate al Parlamento.
Sussistono, in altri termini, tutti i presupposti per un proficuo e costruttivo lavoro, nell'ambito del quale sar
opportuno che trovino uno spazio anche gli argomenti nel prosieguo descritti, certamente centrali nel
contesto di cui si discorre.
3. Presupposti e ambito dell'attivit informativa. Imparzialit e neutralit
Qualsivoglia approfondimento sul tema dell'attivit informativa, per comprenderne peculiarit e
problematiche, non pu prescindere da due pilastri. Da un lato, necessario distinguere tale attivit, ove
posta in essere dai Servizi, da quella talvolta tipica degli organismi di polizia; relativamente, poi, ai
presupposti e all'ambito delle "informazioni" dei Servizi, appare indispensabile soffermarsi su alcuni punti
qualificanti, quali: i soggetti, l'oggetto, le modalit e le finalit.
Muovendo dal primo profilo, va osservato che si registra, in genere, una scarsa conoscenza delle peculiarit
che distinguono l'attivit dei Servizi da quella delle Forze di Polizia. Le due funzioni, pur assai simili nel
"modus", anche se esercitate in diversi contesti, non sono per da considerarsi fungibili.
L'attivit informativa tipica dei Servizi, che intanto si giustifica in quanto strettamente connessa alla tutela
della sicurezza dello Stato, cio con un preciso vincolo finalistico, non pu essere in realt confusa con
l'attivit di investigazione svolta dalle Forze di Polizia n, naturalmente, quando questa si sviluppa sotto la
direzione dell'Autorit Giudiziaria, all'interno di un ben individuato filone d'indagine n, del resto, quando
trattasi di attivit investigativa preventiva d'iniziativa che comunque, per sua stessa natura, si colloca
all'interno di uno scenario normalmente circoscritto ed sempre e comunque finalizzata ad evitare il
verificarsi di reati ovvero all'acquisizione di elementi conoscitivi che risulteranno poi utili durante le
indagini giudiziarie.
L'attivit di intelligence demandata ai Servizi si radica invece in un'ottica di prevenzione ad ampio raggio,
mirata alla conoscenza e all'analisi di situazioni che, pur afferenti a specifiche e ben individuate minacce
alla sicurezza, si configurano come anche solo potenzialmente pericolose, e, dunque, va naturalmente
collocata in un momento precedente la tradizionale attivit investigativa e a questa connessa in modo
eventuale e non necessario.
Quest'attivit informativa muove o dovrebbe muovere anche in un ambito ed entro confini in cui non
sarebbe concepibile un'investigazione di polizia, neppure di carattere preventivo.
Tendenzialmente, l'acquisizione di notizie su specifici fatti dovrebbe costituire, dunque, solo uno degli
aspetti dell'attivit.
In tal senso, pu anche affermarsi che l'esplorare terreni e situazioni potenzialmente immuni da
investigazioni specifiche costituisce il momento pi qualificante dell'attivit dei Servizi, che devono essere
soprattutto in grado di prevenire, attraverso l'analisi e il controllo dei fenomeni, non solo la commissione di
fatti eversivi per le Istituzioni rilevanti penalmente, ma anche l'emergere di manifestazioni comunque lesive
per la sicurezza dello Stato e per gli interessi nazionali, anche e forse soprattutto quando queste si
manifestino in uno stato embrionale, in modo tale da consentire allo Stato di attrezzarsi per tempo di fronte
alla potenziale pericolosit.
Su questi fondamentali postulati concettuali gi ruota l'architettura della Legge n. 801, ove si consideri
l'articolo 9 che, nel sottrarre le qualifiche di polizia giudiziaria agli agenti dei Servizi, stabilisce una netta
separazione tra le attivit di questi ultimi e quelle investigative dirette dall'Autorit Giudiziaria e, di
conseguenza, anche tra l' "informativa" dei Servizi e l'informativa di P.G., in relazione alla quale la notizia
fornita dalle strutture d'intelligence costituisce solo uno degli elementi, che spetta poi agli organi di polizia
riscontrare ed eventualmente fare proprio attraverso lo svolgimento della propria attivit di competenza.
evidente, del pari, che tra l'attivit di intelligence tipica degli Organismi informativi e l'azione di
prevenzione delle Forze di polizia possono e anzi devono esserci punti di contatto, indispensabili per
sviluppare sinergie vincenti.
Tali punti di contatto attengono anche alle metodologie di lavoro, che in taluni casi possono essere analoghe
(ad es., l'uso di informatori), e in altri costituire l'una un supporto per l'altra (ad es., l'uso di speciali

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tecnologie per le indagini), in un ambito di reciproca collaborazione.


Alla luce di quanto finora detto, si appalesa evidentemente come un grave errore ritenere che i Servizi
possano considerarsi una sorta di ulteriore Forza di polizia. L'equivoco, che tende ciclicamente a riproporsi,
stato in verit da tempo superato dallo stesso Comitato parlamentare, che in pi occasioni, nelle ultime
Legislature, si soffermato sulla diversit e inconfondibilit dei ruoli tra le strutture che svolgono attivit di
intelligence e quelle destinate a compiti di polizia.
Ampie ed interessanti sono le problematiche legate al secondo profilo. In linea generale, va considerato che
non risulta affatto agevole, dal punto di vista dispositivo, disciplinare ambito, contenuti e limiti (soggettivi e
oggettivi) dell'attivit informativa dei Servizi. Pochi dubbi dovrebbero invece sussistere in merito alle
finalit dell'attivit informativa - precedentemente illustrata - e alle modalit di questa, sulle quali ci
soffermeremo pi avanti.
Poich la finalit illuminante la sicurezza dello Stato, si sarebbe portati in linea di massima a ritenere
legittime tutte quelle attivit che siano correlate a tale fine.
Non si pu sfuggire, tuttavia, all'esame preliminare di due questioni alla luce delle quali andr valutata, nel
prosieguo, la dialettica legittimit-legalit del modus operandi, avvalendosi anche del contributo desumibile
dalla teoria finalistica elaborata nel diritto penale. Tali questioni acquistano, in particolare, un peso decisivo
in un contesto, quale quello odierno, ove su pi fronti la tutela della privacy del cittadino si caratterizza
quale snodo ineludibile per ogni disposizione attinente alla gestione di informazioni e al trattamento
informatico dei dati, in sede nazionale non meno che europea.
La prima questione dunque proprio la tutela della privacy, importante ostacolo con il quale misurarsi
considerata l'eccezionalit, negli ordinamenti contemporanei, dei casi in cui un soggetto possa essere
destinatario di controlli senza una motivata disposizione dell'Autorit Giudiziaria.
La seconda ha riferimento alla circostanza che la detenzione di informazioni, comunque acquisite,
costituisce di fatto un "potere", poich potrebbe sfociare in un uso illegittimo ed essere potenzialmente fonte
di pressioni o condizionamenti di varia natura.
Non semplice risolvere i problemi determinati da queste "strettoie" ordinamentali, tenuto conto che la
posizione di limitazioni deve comunque confrontarsi, nella fattispecie concreta, con una "effettivit" della
tutela della sicurezza dello Stato, che costituisce pur sempre un valore prevalente e il cui esercizio un
diritto indiscutibile dello Stato, secondo l'insegnamento di insigni giuristi, i cui lavori sono gi stati oggetto
di attenzione da parte di questa Rivista (Iemolo, n. 1/95; Sandulli, n. 2/95).
L'impostazione pi diffusa orientata peraltro, da un lato, a escludere la possibilit che l'attivit informativa
possa essere condotta su qualunque aspetto della vita privata dei cittadini; dall'altro, a enucleare, al fine di
operare la medesima esclusione, alcune categorie di persone nei confronti delle quali, per il ruolo e le
funzioni svolte, le informazioni potrebbero essere illegittimamente usate come forma di pressione.
Un simile punto di vista tuttavia difficilmente compatibile con i fini generali dell'attivit d'intelligence,
ove si faccia riferimento, a titolo esemplificativo, a un soggetto che, nell'ambito della sua vita privata, si
intrattiene con pericolosi criminali; ovvero, frequenti movimenti di natura politica potenzialmente eversivi
in ragione delle loro attivit. O ancora, al tema di assoluta rilevanza dei rapporti tra criminalit organizzata
e politica, che incidono inevitabilmente sulla sicurezza dello Stato poich sono eversivi delle istituzioni
democratiche.
Tenuto conto di tali difficolt, in un sistema sufficientemente funzionale e attento alle garanzie non pare
possa comunque prescindersi da tre punti di riferimento:
a) il rapporto fiduciario (tra il Governo e i responsabili dell'intelligence);
b) la distinzione tra acquisizione delle informazioni e utilizzazione delle stesse nel processo di intelligence;
c) il controllo.
I tre momenti indicati sintetizzano un'articolata posizione secondo la quale per la gestione di una siffatta
materia indispensabile l'assoluto rapporto fiduciario tra il Governo e i responsabili dell'intelligence, i quali
dovranno avere la facolt e il dovere di eliminare tutte le informazioni ricevute, ove non utili ai fini
istituzionali, e che dovranno accettare tutte le prescritte forme di controllo su questo procedimento.
In questo contesto, appare a chi scrive incongrua, nei limiti di un'evidente ragionevolezza, qualunque
limitazione di tipo soggettivo od oggettivo. Sar la prudenza istituzionale a consigliare particolare
attenzione e pronta informazione nei confronti del Governo e degli organi di controllo, nei casi in cui
l'attivit ricada su soggetti o argomenti specialmente sensibili, secondo procedure che risultano del resto

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comunemente usate nei principali Paesi europei, dove non si ravvisano limitazioni allo svolgimento di
siffatta attivit.
Questa impostazione, al medesimo tempo deontologica e normativa, consente anche di affrontare il tema
dell'imparzialit dell'attivit dei Servizi, assai interessante, sul quale sono gi stati forniti contributi su
questa Rivista (Sidoti, n. 2/1995). In particolare, il concetto di Istituzione imparziale stato rappresentato
quale indipendenza dalle partes, senza che ci determini un riflusso nella neutralit, che non si addice allo
Stato il quale, come ovvio, persegue fini ben precisi, individuati dalla Costituzione, ed inserito in un
contesto di alleanze internazionali che deve onorare.
L'interessante analogia sviluppata dal citato Autore tra i Servizi e la Banca d'Italia, pur se forse non propria,
per i diversi ambiti in cui le due Istituzioni si muovono, mette a fuoco il concetto di indipendenza
dell'Istituzione coevo alla preminente necessit di tutela di un valore supremo (la sicurezza = la moneta) che
fa parte del patrimonio della comunit nella sua interezza.
Pare opportuno aggiungere che, se nella dialettica istituzionale Governo/Organi di controllo che l'attivit
dei Servizi prende corpo, questa ha un riferimento e valori talmente importanti da costituire patrimonio di
tutti, quindi super partes.
Un ultimo problema che necessario segnalare concerne la questione degli archivi. Molto brevemente,
infatti, occorre considerare che una sensibile mutabilit di indirizzi in materia di "informazione" potrebbe
avere conseguenze sulla stessa legittimit dell'acquisizione di una notizia e della relativa conservazione dei
documenti.
Il problema riveste apparentemente un rilievo eminentemente pratico, ove si consideri la quantit di notizie
e nominativi che, variamente interconnessi, possono essere contenuti in un qualsiasi archivio, e l'estrema
difficolt cui si andrebbe incontro ove di volta in volta il patrimonio di notizie debba essere riesaminato
sulla base di direttive diverse.
Ma anche questione di pi ampio spessore, se si tengono presenti le polemiche che a pi riprese hanno
investito il Parlamento in merito al carteggio e alla documentazione di pertinenza dei Servizi.
4. La cultura dell'intelligence: trasparenza, riservatezza e segreto
Un processo di innovazione profonda dovr anche occuparsi di ricercare nuovi equilibri e bilanciamenti dei
tre momenti essenziali di un rinnovato rapporto tra gli organismi di intelligence e la Comunit.
Ci si riferisce, in particolare, all'esigenza di garantire effettivamente la riservatezza, anche nella sua forma
pi assoluta - il segreto -, in un contesto giuridico e sociale che vede invece affermarsi sempre pi
incisivamente il concetto di trasparenza.
I Servizi certamente non sono pi segreti, almeno nel senso invalso dopo la seconda guerra mondiale e che
ha portato, ad esempio, per lunghi anni la Gran Bretagna a non riconoscerli neppure formalmente.
Non ne segreta l'esistenza, non ne sono segreti i fini, non devono esserne segreti i risultati. Fermo restando
quanto gi osservato su questo specifico tema nel precedente paragrafo, va da s che riservato deve invece
restare il "modo" dell'attivit e, ovviamente, l'identit del personale che, senza la necessaria copertura, non
avrebbe modo di svolgere alcuna attivit.
Alcune riflessioni, del resto, inducono verso l'ineluttabilit di un processo di cambiamento. Deve essere
infatti considerata la dinamica che, nel pi recente periodo, a tutti i livelli investe la legislazione, nel senso
di rendere sempre pi "trasparente" e accessibile la Pubblica Amministrazione.
Nel nostro Paese, emblematico esempio ne la Legge n. 241/90, ma nei pi diversi settori la linea di
tendenza dell'evoluzione normativa si muove su identici binari.
in corso cio una vera e propria trasformazione, che attiene alla qualit della vita democratica degli Stati,
tanto pi necessaria in quanto le nuove tecnologie informatiche hanno posto l'informazione al centro della
vita sociale.
D'altro canto, la societ contemporanea anche vissuta come societ dell'immagine, nel senso che la
percezione dei fatti e la conoscenza avvengono sempre pi attraverso il filtro mass-mediologico, dove chi
non rappresentato risulta fatalmente "perdente".
pi facile dunque comprendere come mai da un po' di tempo in Gran Bretagna e in altri Stati europei
circolino pubblicazioni ufficiali del Servizio di intelligence, che ne illustrano scopi e funzioni; come mai,
quasi in ogni Paese, si rassegnino rapporti periodici sull'attivit dei Servizi, che ricevono ampia diffusione e

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pubblicit; perch, infine, sempre meno di rado, responsabili dell'intelligence compaiano in conferenze
stampa o talk-show televisivi per spiegare le ragioni della loro funzione o fornire elementi su questioni
specifiche.
Lasciando per un attimo da parte gli aspetti sociologici, occorre far presente che nel campo giuridiconormativo un traguardo sostanziale potr essere raggiunto solamente quando il nostro ordinamento potr
disporre di una legge unica e onnicomprensiva sui "pubblici segreti" che l'ordinamento gi contempla.
In altri termini, interessante considerare come il sistema attuale esponga a due contraddittori paradossi:
esistono troppi segreti e non compiutamente disciplinati, ovvero talvolta regolati in una forma che i
penalisti definiscono "delle fonti occulte". Si tratta, cio, di fonti normative che sono anch'esse classificate e
che dunque non sono conoscibili dalla generalit e, dunque, di dubbia applicabilit da parte dell'Autorit
Giudiziaria. Contestualmente, i segreti previsti dall'ordinamento non consentono di tutelare appieno la
riservatezza, come si avr modo di osservare nella parte relativa ai rapporti tra Organismi di intelligence e
Autorit Giudiziaria.
Una disciplina unitaria dei "pubblici segreti", gi adottata in molti Paesi, pertanto certamente auspicabile
al fine di superare qualunque obiezione legata al potere sostanzialmente amministrativo di segretazione, per
inserire a pieno titolo nel nostro ordinamento l'eccezione alla regola della pubblicit, non estranea come
principio neppure al testo costituzionale.
In tale ambito, sar opportuno anche intervenire sulla disciplina del segreto di Stato.
Nel nostro ordinamento, se si escludono le norme contenute nel codice penale e nel codice di procedura
penale, la materia del segreto di Stato disciplinata proprio dalla legge n. 801.
Pertanto, di tutta evidenza l'assimilazione, certamente non propria, del tema "segreto" a quello dei Servizi.
Viceversa, poich non tutto ci che afferisce ai Servizi deve essere considerato segreto, mentre non tutto ci
che segreto deve essere necessariamente ricondotto ai Servizi, la separazione delle due discipline appare
quanto mai opportuna e coerente con le posizioni finora espresse.
V' da notare, peraltro, che la normativa sul segreto di Stato dovr certamente essere migliorata, per rendere
questo strumento un effettivo mezzo di tutela.
Largo consenso esiste sull'ipotesi di temporizzazione del segreto; ulteriori modifiche sono possibili in
materia di controlli; ma il vero problema che tale istituto evidenzia connesso alla procedura, che si risolve
in una decisione di livello politico, circostanza che rende tale mezzo altisonante e di difficile gestione
concreta.
Pertanto, sar forse opportuno che le auspicate nuove disposizioni, nel limitare il possibile ricorso al segreto
di Stato, consentano altre opportunit di difesa della riservatezza, maggiormente semplificate e pi efficaci,
in relazione alle quali potranno essere ampliate le facolt di controllo del Parlamento.
5. Modus operandi e garanzie funzionali. Legittimit e legalit
La questione del modus operandi, connessa all'esigenza di dotare gli appartenenti agli Organismi
d'intelligence delle necessarie garanzie funzionali, costituisce probabilmente la pietra angolare di qualunque
credibile progetto di riforma.
Si tratta, in altri termini, di affrontare il problema di dotare i Servizi di mezzi giuridici efficaci per il
perseguimento dei fini istituzionali.
La necessit che si avverte quella, cio, di realizzare un quadro normativo che assicuri la necessaria tutela
a chi opera per la sicurezza dello Stato, adeguando i mezzi a disposizione all'effettivo livello che la difesa
delle Istituzioni richiede, non trascurando di collegarsi a esperienze gi collaudate negli ordinamenti
giuridici di altri Paesi.
Per comprendere compiutamente i termini del problema, doveroso muovere dalla considerazione che fino
ad oggi una sorta di diffusa diffidenza verso l'attivit degli Organismi di intelligence, nonch la difficolt di
sciogliere il nodo del rapporto con l'Autorit Giudiziaria hanno ostacolato l'inserimento a pieno titolo degli
Organismi stessi in quell'importante processo che ha visto crescere le potenzialit di contrasto di tutto il
comparto della pubblica sicurezza (si pensi, ad esempio, agli importanti strumenti approntati recentemente
dalla legge per le finalit investigative del Servizio Centrale Antidroga e della Direzione Investigativa
Antimafia).
noto infatti che il quadro normativo di cui gli appartenenti ai Servizi possono avvalersi per la copertura

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giuridica di attivit non convenzionali, cio quelle consentite alle sole Forze di Polizia previa autorizzazione
dell'Autorit Giudiziaria, limitato di fatto alla sola possibilit di successiva opposizione del segreto di
Stato, la cui conferma discrezionale affidata correttamente alla responsabilit politica.
Di contro, l'assenza di una specifica causa di giustificazione contemplata dal codice penale, che si muova
nella direzione gi indicata dell'art. 51 c.p. (adempimento di un dovere), rende oltremodo rischiosa per il
personale dei Servizi quell'attivit ultra legem, definita legittima dalla Corte Costituzionale nella nota
sentenza n. 86 del 1977, in quanto finalizzata alla tutela del bene fondamentale della sicurezza dello Stato.
Pertanto, possibilit di operare con idonei mezzi giuridici e garanzie funzionali sono due aspetti speculari di
un medesimo problema, che costituisce uno snodo fondamentale sulla strada dell'ottimizzazione
dell'efficienza operativa.
Si pensi, ad esempio, al rilievo preminente che assume l'azione di penetrazione informativa negli ambienti
tradizionalmente impermeabili e omertosi della criminalit organizzata.
Stante l'attuale quadro normativo, un'azione decisa in tal senso si configura di estrema difficolt.
Osserviamone in primo luogo la reale utilit.
Uno dei limiti principali, comunemente riconosciuto, della lotta alla criminalit organizzata in questi ultimi
anni consistito nel costante ritardo dello Stato nell'adeguare i propri strumenti di contrasto alle varie
"rivoluzioni" che hanno segnato i principali passaggi dell'organizzazione mafiosa, dalla mafia dei feudi alla
mafia imprenditrice.
Tali limiti erano evidenti sia a livello normativo che investigativo. Infatti, dal punto di vista normativo il
Legislatore si visto costretto a "inseguire" l'emergenza, nonch a scontare una rapida obsolescenza delle
norme dovuta alle contromisure messe in atto dalle organizzazioni criminali, fatalmente pi rapide di ogni
adeguamento amministrativo o legislativo.
Dal punto di vista investigativo, per molto tempo la conoscenza del fenomeno, delle sue evoluzioni e delle
connesse attivit criminali, stata, e per molti versi tuttora, una conoscenza "successiva", spesso
principalmente fondata sulle dichiarazioni dei collaboratori della giustizia, che nel momento in cui
collaborano evidentemente sono ormai esterni al circuito criminale.
Ecco dunque la novit da perseguire: superare lo scarto temporale e avvicinarsi a una conoscenza del
fenomeno in tempo reale.
Consente l'attuale quadro normativo un simile impegno senza difficolt di natura giuridica e rischi per gli
operatori? Inoltre, quali possono essere le modalit di un simile intervento?
Si pensi ancora, a titolo esemplificativo, a tutte quelle realt potenzialmente pericolose per la sicurezza
dello Stato che non possono essere controllate con gli strumenti della polizia giudiziaria, in quanto non
sussistono motivi legali che possano consentire di adottare provvedimenti giudiziari autorizzatori.
Pu ipotizzarsi, a mero titolo esemplificativo, il caso di un gruppo di stranieri, ideologicamente vicini ad
aree del terrorismo integralista o fondamentalista, che sul territorio nazionale esercitano comunque
un'attivit, anche solamente propedeutica, ovvero logistica, di sostegno a una rete criminale, senza che
nessuna condizione legale si appalesi per motivare un'intercettazione telefonica, o ambientale, per
conoscere o prevenire gravi pericoli.
Come tutelare la sicurezza nazionale in questi casi?
Infine e conclusivamente, come agire in quelle circostanze nelle quali sono in causa interessi sensibili per la
sicurezza e, dunque, sussiste un'esigenza rilevantissima di informazione, senza che emergano requisiti validi
per un intervento giudiziario?
La risposta a queste domande conduce all'essenza delle proposte che occorrerebbe esplorare per rendere
effettiva la tutela della sicurezza.
Si tratta, in altri termini, di dotare finalmente i Servizi di quegli strumenti minimi che consentano un
adeguato dispiegarsi dell'attivit informativa, come la possibilit di effettuare intercettazioni preventive
telefoniche e ambientali ovvero di controllare alcuni ambienti, mediante penetrazione fisica. Inoltre,
importanti strumenti sono da ritenere l'autorizzazione ad accedere agli istituti carcerari, la possibilit di
rilevare ed esaminare reperti criminosi, la possibilit di emanare documenti e segni di identificazione di
copertura.
Queste facolt non sono in contraddizione con la contestuale previsione di criteri di stretta legalit e con i
vincoli e le garanzie del pi rigoroso controllo del Parlamento.
Si tratta, infatti, di rendere quantomeno possibile per i Servizi di sicurezza ci che gi nelle possibilit
della polizia di prevenzione e giudiziaria, colmando quell'incomprensibile e un po' singolare "gap" che

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impedisce inspiegabilmente le operazioni degli agenti dei Servizi o talora le colloca al limite della legalit,
anche quando ci non sarebbe necessario.
Di qui alla questione dell' "ombrello protettivo", su cui il Comitato parlamentare si a suo tempo diffuso
richiamando i cardini dell'attuale sistema nell'art. 202, co. 4, e 256, co. 4, del codice di procedura penale,
nonch prospettando ulteriori ampliamenti inerenti al personale dei Servizi che non rivesta pi tale qualifica
(facolt di opporre il segreto di Stato per fatti inerenti al periodo in cui l'interessato prestava servizio) e
l'applicabilit dell'articolo 472 c.p.p.
A ben vedere, le preoccupazioni intuibili di invadere una sfera di privacy al di fuori di una procedura di
controllo giurisdizionale (ma non necessariamente, come si osserver in seguito), trovano gi nel diritto
penale, e non solo nella pi volte richiamata sentenza costituzionale - che si fonda sulla "superiorit" del
valore della sicurezza dello Stato rispetto ad altri valori, pur costituzionalmente protetti - non trascurabili
controdeduzioni. Nell'esaminare partitamente i comportamenti legali, in quanto aderenti a una regola
normativa, e quelli legittimi, in quanto finalizzati al perseguimento di uno scopo qualificato dalla legge e ad
esso coerente, si evidenzia infatti, secondo un principio di legalit sostanziale, la mancanza della violazione
del bene giuridico quando il comportamento, non legale, viceversa legittimo nelle finalit che esso
realizza.
La volont del Legislatore potrebbe, dunque, spingersi per questi casi alla previsione di un'esimente di
carattere generale collegata alla necessit di tutela della sicurezza dello Stato, quando, ovviamente, si operi
nell'ambito di procedure regolarmente autorizzate secondo gli schemi di controllo che di seguito si
illustreranno.
Pressoch in tutti gli Stati europei e negli altri principali Paesi tali problematiche hanno da tempo trovato
adeguata soluzione.
In particolare, gli ordinamenti dei Paesi di area anglosassone (USA, Canada, Gran Bretagna, Australia)
offrono sistemi efficaci e pienamente soddisfacenti sul piano delle garanzie.
Come si vedr nel successivo paragrafo sempre prevista, in linea generale, una procedura autorizzativa
preventiva, salvo i casi d'urgenza (in cui comunque previsto un controllo successivo, quale "ratifica"), da
parte dell'Autorit politica o da parte di un foro speciale della Magistratura, nonch un pregnante controllo
del Comitato parlamentare.
Disciplinare anche nel nostro ordinamento questi aspetti consentir, da un lato, di disporre di Servizi pi
efficienti, dall'altro, di sgombrare il campo definitivamente da qualsivoglia sospetto di attivit non legali.
6. I controlli
Il tema del controllo riveste, nel nuovo quadro che si viene delineando, assoluto rilievo. Com' noto, diversi
sono i momenti del controllo che rifluiscono sugli Organismi di intelligence.
Ponendo per ora da parte i controlli gerarchici di tipo ministeriale, che si esercitano con i tradizionali
strumenti amministrativi, non esclusi quelli ispettivi e/o d'inchiesta, ci su cui pi diffusamente ci si
interroga la portata e l'intensit del controllo parlamentare, che elemento ricorrente nei principali Paesi
europei, anche se diversamente strutturato e articolato.
In alcuni casi (Germania) esso esteso, attraverso una sottocommissione del Comitato, anche ai bilanci; in
altri, il Comitato destinatario anche delle notizie coperte da segreto di Stato (Spagna); in molti casi, il
controllo particolarmente destinato anche alle c.d. attivit non convenzionali, sulle quali ci si soffermati
nel precedente paragrafo, che nella gran parte degli altri Paesi europei sono consentite agli Organismi di
intelligence sulla base di una autorizzazione politica o da parte di un foro speciale della Magistratura.
Il Comitato per i Servizi di informazione e sicurezza e per il segreto di Stato ha reiteratamente e
comprensibilmente richiesto, nelle due ultime legislature, un ampliamento dei propri poteri, ove si consideri
che l'art. 11 della Legge n. 801 ne limita il potere cognitivo alle sole "linee essenziali", indicando peraltro
come unici interlocutori istituzionali, per esplicare l'attivit di controllo di propria competenza,
esclusivamente il Presidente del Consiglio dei Ministri e il CIIS.
Allo stesso Comitato pu essere opposta l'esigenza di tutela del segreto in ordine alle informazioni che
eccedono i citati limiti.
In realt, i poteri dell'Organismo parlamentare, in via di prassi, sono stati esercitati con maggiore ampiezza,
ove si consideri, ad esempio, la circostanza ricorrente di audizioni dei responsabili dei Servizi, nonch di

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funzionari di vario livello, oltre il fatto che, secondo quanto risulta dalle relazioni del Comitato, tutte le
richieste di notizie da esso formulate sono state di norma soddisfatte.
Tuttavia, il tema del potenziamento dei controlli parlamentari deve essere affrontato, tenendo in debito
conto le altre soluzioni adottate in Europa. Sarebbe per opportuno che tale processo veda contestualmente
ed equilibratamente un ampliamento dei poteri dell'intelligence, secondo un'equazione che potrebbe essere
cos esemplificata: maggiori poteri - maggiore controllo.
Speciale menzione meritano tre aspetti e cio la possibilit per il Comitato parlamentare di:
a) acquisire documentazione dei Servizi;
b) conoscere le questioni per le quali va opposto il Segreto di Stato;
c) esperire forme di controllo sui bilanci.
Quanto al punto sub a), si ritiene che, nei limiti di specifici accertamenti, possa ritenersi giustificata
un'estensione del potere di controllo agli elementi documentali.
Occorre tuttavia precisare che tale facolt andrebbe limitata a una semplice esibizione, per evitare che la
documentazione classificata dei Servizi circoli, seppure in un ambito limitato, considerata la delicatezza
delle informazioni che essa pu contenere, suscettibili di formare oggetto di strumentalizzazioni di parte.
Diverso il caso indicato sub b). Una corretta prospettiva istituzionale, infatti, sconsiglia forme di
cogestione del segreto estranee alla corretta dialettica tra potere esecutivo e organi di controllo. Diversa
appare invece la questione del controllo successivo all'utilizzazione del segreto.
Opportuna sembra ancora essere l'estensione del potere di controllo del Comitato anche ai mezzi finanziari,
settore nel quale deve valere la regola della massima trasparenza.
Un problema non risolto, peraltro, permane: quello di garantire e rafforzare la segretezza dei lavori del
Comitato e delle notizie apprese in quella sede, anche attraverso la previsione di sanzioni che penalizzino
comportamenti non conformi alle regole parlamentari.
Ma bene anche tenere conto che l'esigenza del controllo ha trovato di recente forme nuove e diverse.
Senza considerare il "controllo", attinente pi alla sfera patologica che fisiologica, da parte dell'Autorit
Giudiziaria, trovano crescente spazio nell'esperienza di altri Paesi, soluzioni diverse. Ci si riferisce a
interessanti istituti che, pur collocandosi sul versante del controllo esterno, non contraddicono il principio di
specialit del controllo che rappresenta il denominatore comune di tutte le legislazioni sul tema e che trae
origine proprio dalla necessit di tutela della riservatezza.
Realmente innovativa , al riguardo, la figura del Commissioner, magistrato che, nell'ordinamento inglese,
esercita un foro speciale competente a giudicare su tutte le istanze prodotte da cittadini che lamentano
l'intrusione dell'attivit dei Servizi nei loro confronti. Un altro ordinamento, quello olandese, prevede nel
quadro delle competenze affidate alla figura dell'Ombudsman poteri di controllo anche nei confronti
dell'attivit dei Servizi rispetto ai diritti dei cittadini, anche se le risposte alle istanze rivolte a questa
Autorit si limitano ad attestare se un'attivit dei Servizi si sia verificata e se sia stata svolta in forma legale.
Nell'ordinamento francese, poi, l'Authority che esercita il controllo sul trattamento informatico dei dati
dispone di una diretta facolt di controllo anche sui Servizi, che devono osservare, come ogni altra
amministrazione pubblica, le disposizioni dettate in materia.
Si pu in buona sostanza affermare che in una moderna democrazia la giusta tendenza verso una pluralit
dei controlli.
Il vero problema degli Organismi d'intelligence non quello di sottrarsi ai controlli che anzi, come gi
precedentemente illustrato, devono essere il corrispettivo di qualsivoglia competenza. In verit, si tratta di
articolare i controlli stessi in modo che il loro esercizio non comprometta esigenze vitali per gli Organismi
stessi.
L'esempio dell'Ombudsman olandese appare in questo senso chiarificatore. Il cittadino ha una attestazione
ufficiale circa la legalit del controllo, senza tuttavia potersi spingere a verificare particolari che
comprometterebbero la struttura e l'attivit del Servizio.
L'adozione di una simile figura anche nel nostro ordinamento, concepita come "proiezione" della portata
dispositiva della legge n. 241/90, potrebbe, oltre che soddisfare esigenze di garanzia assai sentite nel campo
della tutela amministrativa, contribuire a costituire, insieme con un potenziato controllo parlamentare e
ministeriale, un quadro esauriente e coerente con il contesto europeo.

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7. I rapporti con l'autorit giudiziaria


In linea di principio e anche di fatto non pu ipotizzarsi l'attivit di un Servizio di intelligence che non sia
anche connotata dalla massima riservatezza in ordine alle strutture e al modus operandi.
Ci nonostante, pare non agevole prescindere dalla circostanza, prevalente nell'attuale momento storico, che
porta ad associare qualunque istanza di impermeabilit dell'attivit, al sospetto di comportamenti non legali
e dunque a una funzione della Magistratura spinta pi sul versante di un controllo "sic et simpliciter" che,
pi propriamente, su accertati aspetti di rilevanza penale.
Sul piano dei princpi, la questione stata gi affrontata e risolta dalla richiamata sentenza costituzionale n.
86 del 1977, che ha operato un bilanciamento tra l'interesse alla sicurezza e l'interesse alla giustizia a favore
del primo, secondo criteri che hanno poi trovato un'estrinsecazione normativa visibile nelle norme sul
segreto di Stato e in quelle del nuovo codice di procedura penale.
Sempre sul piano dei princpi, di tutta evidenza che il rapporto tra Autorit Giudiziaria e Servizi dovrebbe
essere improntato alla totale e piena collaborazione, in quanto di norma gli interessi da tutelare coincidono,
tranne possibili eccezioni che trovano nell'ordinamento una loro soluzione.
Eppure, in controtendenza con tutto ci che avviene nel resto d'Europa dove risulta che il rapporto abbia
trovato un equilibrio fondato sulle funzioni istituzionali, nel nostro Paese questa relazione lascia
normalmente insoddisfatti entrambi gli interlocutori.
Da parte della Magistratura, sembra a volte manifestarsi una tendenza a considerare le attivit dei Servizi
sempre potenzialmente illegittime, ragione per cui questi ultimi sono destinatari di numerose richieste che
hanno per lo pi un fine indagativo piuttosto che collaborativo.
Da parte dei Servizi, si esprime talvolta il disagio connesso agli effetti, in termini di destrutturazione, che la
costante "ingerenza" dell'Autorit Giudiziaria pu sortire sull'intero impianto di riservatezza, relativo
all'identit degli appartenenti ai Servizi, alle sedi, al modus operandi, nonch al contesto delle notizie,
tenuto conto che nell'ambito processuale, per definizione pubblico, non consentito dalle norme vigenti
alcuna forma di tutela della riservatezza diversa dall'opposizione del segreto di Stato, il ricorso alla quale
ovviamente circoscritto e limitato.
Il problema pi facilmente comprensibile laddove si esamini nel contesto dei rapporti internazionali,
considerato che in nessun altro Paese l'attivit d'intelligence pu essere facilmente "violata" da indagini
giudiziarie e, pertanto, la sola ipotesi che documenti possano essere consegnati alla Magistratura comporta
una rarefazione dei collegamenti informativi tra i Servizi.
Il problema, a ben vedere, pu sul piano della prassi essere ricondotto a tre specifiche tematiche:
a) in primo luogo, occorre riferirsi al gi richiamato tenore dell'articolo 9 della legge n. 801, che di fatto
pone una barriera tra le attivit dei Servizi e l'Autorit Giudiziaria, attraverso il combinato disposto di una
serie di norme che seguono una linea coerente e uniforme (qualifica degli appartenenti ai Servizi; obbligo di
fare rapporto in via gerarchica; facolt di ritardo, per il direttore del Servizio, della trasmissione della
notizia di reato).
Le notizie e le informazioni in possesso del Servizio, trasmesse alla Polizia Giudiziaria, rivestono il valore
di meri indizi o sospetti sulla cui attendibilit spetta a quest'ultima effettuare ogni utile riscontro prima di
darne notizia all'Autorit Giudiziaria.
Pertanto, le richieste dell'A.G. tese ad acquisire la documentazione, nella fase delle indagini, attraverso un
provvedimento peraltro autoritativo (art. 256 c.p.p.) - quando non addirittura ascoltando i singoli agenti
operativi quali persone informate sui fatti nell'ambito di un procedimento di cui il Servizio stesso si
occupato - da un lato sembrano contrapporsi allo spirito della legge, dall'altro alimentano, recando
comunque danni alla riservatezza, una sensazione di artificiosa contrapposizione di fini;
b) in secondo luogo, poich le norme non consentono alcuna alternativa tra la consegna sic et sempliciter di
tutti i documenti richiesti e l'opposizione del segreto di Stato, la situazione obiettiva che si concretizza una
compromissione degli apparati d'intelligence nel senso sopraindicato;
c) in terzo luogo, problemi non minori riguardano la tutela degli appartenenti agli Organismi chiamati in un
pubblico procedimento.
In conclusione, occorre che la problematica trovi una sua soluzione, attraverso un riesame delle disposizioni
gi vigenti, che produca qualche intervento innovativo, teso a ristabilire un ordinato funzionamento delle
diverse attribuzioni, secondo quei princpi di equilibrio che si desumono dal quadro ordinamentale che si

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avuto modo di descrivere.


In tal senso, il disposto dell'art. 256 c.p.p. potrebbe prevedere un'eccezione per gli Organismi informativi,
consistente nella previsione di una procedura autorizzatoria del Presidente del Consiglio dei Ministri per
l'acquisizione di documenti dei Servizi, ferma restando la facolt di opposizione del segreto di Stato.
Potrebbe anche ipotizzarsi che la norma preveda la contestuale possibilit, nella fase delle indagini, quando
di norma vengono richiesti i documenti, di consentire al Pubblico Ministero la visione degli atti presso gli
Uffici del Servizio, secondo quella procedura di "in camera inspection" che ha gi dato ottimi risultati negli
ordinamenti anglosassoni.
Ci consentirebbe, da un lato, una proficua collaborazione, dall'altro, la possibilit di circoscrivere le
acquisizioni documentali.
Inoltre, sarebbe assai utile introdurre una forma di tutela della documentazione, diversa dall'opposizione del
segreto di Stato, che consenta, soprattutto in relazione alle necessit di salvaguardare i rapporti
internazionali, quantomeno di non consegnare un documento nella sua integralit, ovvero di non
consegnarlo affatto, previa autorizzazione del competente Ministro, sottoposta al Controllo del Comitato
Parlamentare.
Per ci che infine concerne la tutela dell'identit degli appartenenti ai Servizi chiamati in pubblico
dibattimento, dovrebbe trovare piena applicazione l'art. 472 c.p.p., che consente lo svolgimento del processo
a porte chiuse per motivi di sicurezza dello Stato.
8. Il personale
Ultime e brevi considerazioni vanno riferite al personale dei Servizi, con particolare riferimento alle
modalit di reclutamento, alla formazione e allo status.
La questione di grande attualit, in quanto in molti Paesi, negli anni pi recenti, i Servizi hanno adottato
delle politiche mirate a diversificare le professionalit degli appartenenti agli Organismi, stabilendo un
contatto in particolare con il mondo delle Universit.
Per rendere appetibile l'impiego nel settore dell'intelligence sono state anche diffuse pubblicazioni volte a
fornire quelle necessarie informazioni sulle finalit dell'istituzione, l'iter professionale e lo status.
Nel nostro Paese, il Comitato parlamentare di controllo si in varie occasioni occupato del problema,
soprattutto in relazione a due aspetti:
a) le modalit di reclutamento;
b) la permanenza nei Servizi, ovvero se gli organici debbano avere tendenziale carattere di stabilit o,
viceversa, essere caratterizzati da una appartenenza temporanea.
Quanto alla prima questione, noto che nell'attuale sistema, ai sensi dell'art. 7 della legge n. 801, il
personale dei Servizi assunto direttamente ovvero per trasferimento temporaneo da altre Amministrazioni
dello Stato.
In proposito, chi scrive ritiene che le modalit di attivit dei Servizi nei loro campi d'impiego richiedano
l'applicazione di un principio di massima libert nel reclutamento del personale, nel senso che si debba
lasciare alla responsabilit dei vertici politici e tecnici la scelta di attingere da ogni settore della societ che
sia funzionale agli scopi da perseguire.
Evidentemente, tra questi settori rilievo prioritario dovr essere riconosciuto alla Pubblica
Amministrazione, dove sar possibile acquisire professionalit gi formate, soprattutto gi orientate
all'attivit operativa.
In questo senso, l'attuale sistema legislativo sembra soddisfacente, tenuto conto che il problema delle
modalit di reclutamento e altre questioni di carattere amministrativo ricadono nell'ambito di una normativa
di livello secondario. Il rigore nel reclutamento non attiene esclusivamente al soddisfacimento dei requisiti
tecnico-professionali, bens ad altri due aspetti che costituiscono una sorta di pre-requisito per qualunque
aspirante agente dei Servizi. Ci si riferisce all'affidabilit in termini di sicurezza e ai requisiti psicoattitudinali che il contesto dell'attivit di intelligence richiede siano peculiari e spiccati.
Quanto al secondo problema, sulla preferibilit dell'uno o dell'altro sistema si confrontano due posizioni.
Chi tende a preferire un modello stabile, presta attenzione soprattutto alle necessit di formazione
professionale, alla capitalizzazione dell'esperienza di lavoro, alla creazione di una forte identit degli
Organismi.

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Tutti questi fattori, non sarebbero realizzabili ove la permanenza fosse limitata nel tempo, tenuto conto
anche della circostanza che non esistono altri settori dello Stato che svolgono omologhe attivit.
Coloro che, viceversa, propendono per l'ipotesi della permanenza limitata sono indotti a tali conclusioni
dalla considerazione che la delicatezza delle funzioni svolte consigli di avvicendare il personale per non
sedimentare pericolose incrostazioni o centri di potere.
Le due posizioni, tuttavia, possono trovare un momento di conciliazione. Infatti, mentre si ritiene che per la
gran parte del personale possa essere adottata pi proficuamente la scelta della stabilit, poich i vantaggi di
una simile opzione sembrano prevalenti ai fini di una buona organizzazione e impiego delle risorse, i criteri
di permanenza temporanea potrebbero riguardare una ristretta fascia di alti dirigenti il cui ruolo,
evidentemente, ha una influenza nelle preoccupazioni manifestate sub b).
Ci che tuttavia resta assolutamente fondamentale l'adozione di un modello elastico e non rigido per ci
che concerne l'assunzione, l'impiego e anche l'allontanamento del personale per cui venga meno il rapporto
di fiducia. Tali requisiti sono irrinunciabili e caratterizzano la normativa in materia di personale di tutti i
Servizi di intelligence.
Per ci che infine riguarda lo status, posto che, ovviamente, quanto ai princpi fondamentali, si applica agli
appartenenti ai Servizi la disciplina generale del pubblico impiego, non pu trascurarsi la necessit che la
assoluta peculiarit del lavoro nei Servizi, caratterizzato da una formale "chiusura" dei rapporti con l'esterno
(si pensi alla circostanza che l'appartenente ai Servizi, anche nella sua vita privata, non pu rivelare il suo
reale impiego lavorativo), nonch talvolta dall'abbandono, ancorch temporaneo, delle carriere di
appartenenza, siano necessariamente assistiti da una normativa che tuteli e riconosca le posizioni di status.
Non si tratta, evidentemente, di riconoscere privilegi, quanto di far s che una professione certamente "sui
generis" sia ritenuta allettante dalle persone professionalmente pi preparate, che dovrebbero costituire, in
ragione della delicatezza e importanza del lavoro svolto, l'lite della pubblica amministrazione.
In tal senso sarebbe anche auspicabile che una quota consistente del budget sia investito nella formazione
permanente del personale.
Mentre, infatti, pu essere considerato un danno relativamente colmabile che un impiegato ministeriale non
sia con metodicit aggiornato o formato ai nuovi problemi, per un operatore dell'intelligence questo
costituisce sostanzialmente un paradosso che ne inficia fortemente le potenzialit lavorative.
La cultura dell'intelligence, oggi patrimonio persino dei gruppi privati, deve crescere nelle Istituzioni di uno
Stato moderno. E questo processo non pu che nascere dall'interno degli Organismi, che sono deputati a tale
ruolo.

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Senato della Repubblica XIII LEGISLATURA


Resoconto sommario del programma di Governo presentato il 22 maggio 1996 dal
Presidente del Consiglio dei Ministri Prof. Romano PRODI

Comunicazioni del Governo


Presidente. D la parola al Presidente del Consiglio dei ministri.
Prodi, presidente del Consiglio dei ministri. Pronuncia il seguente discorso:
"Onorevole signor Presidente del Senato, onorevoli senatrici, onorevoli senatori, sento, parlando oggi in
quest'Aula, nella veste di Presidente del Consiglio, tutto il peso della mia personale responsabilit. il
grande peso della nostra storia, di cui questo Parlamento conserva la memoria pi preziosa e di cui
l'espressione pi alta.
Di fronte a questo Parlamento, che il punto di riferimento di tutte le nostre istituzioni, il Governo sente
forte l'esigenza di rinnovamento espressa dal popolo italiano. Esso, per la prima volta nella storia unitaria,
ha indicato in una grande, inedita coalizione popolare lo strumento per dare avvio a una nuova fase della
vita della Repubblica. Sono personalmente orgoglioso di avere contribuito al successo di questa impresa
politica. Ho cercato, in questa mia azione, di spendere anche il mio impegno e la mia storia personale di
cristiano richiamandomi ai principi della libert e della piena valorizzazione della persona umana. A questo
indirizzo continuer ad ispirarmi, nel rispetto di ogni fede religiosa e del principio della laicit dello Stato.
Sono trascorsi quattordici mesi da quando ho preso la decisione di presentarmi nello scenario politico per
realizzare un grande sogno: ricomporre il paese da una frammentazione che correva il rischio di cancellarlo
per sempre dalla scena internazionale.
Nel mio intenso impegno politico sono stato sostenuto da un unico sentimento: l'amore per questo Paese e
da un unico ideale: mettere in una sola coalizione tutte le forze democratiche, laiche e cattoliche. Mi sono
ispirato alla pagina pi bella e pi alta della nostra storia repubblicana. L'unit delle forze riformiste,
cattoliche e laiche infatti all'origine della nostra Repubblica.
La Carta Costituzionale nata da un bisogno che si collocava al di sopra dei partiti e delle piccole visioni:
da un bisogno che ha accomunato grandi personaggi come De Gasperi, Togliatti, Parri, Einaudi, Nenni e
Sturzo. Quelli sono stati uomini che, pure tra le asprezze e le difficolt del tempo, hanno saputo mettere il
bene del Paese al di sopra degli interessi immediati dei loro partiti. Dobbiamo ritrovare e dobbiamo far
rivivere quello spirito.
L'Esecutivo, che pure nasce da una coalizione che ha legittimamente vinto una dura ma chiara competizione
elettorale, vuole essere il governo di tutti.
Gli italiani hanno infatti piena consapevolezza della grande sfida che ci attende per risanare e rinnovare il
nostro Paese. Non ci sono alternative. O siamo in grado di capire che occorre lo sforzo solidale di tutti per
vincere la sfida del nuovo, o la nostra societ, giunta dopo tanti sacrifici a un elevato livello di benessere,
destinata al declino e, infine, alla frammentazione. Non in gioco soltanto la compattezza della nostra
Nazione. in gioco molto di pi: la vita stessa della nostra societ, la nostra convivenza civile, il futuro
nostro e dei nostri figli.
Ed proprio pensando alle nuove generazioni, alle ragazze e ai ragazzi, ai bambini, che io sento oggi, in
quest'Aula, tutto il peso della mia responsabilit. Dalle nostre decisioni dipender infatti gran parte del loro
futuro. E un peso non minore io sento se penso agli anziani e a coloro che lo diventeranno nei prossimi
anni. Anche ad essi noi abbiamo il dovere di assicurare certezza e serenit quando pi forte il bisogno di
cure, di attenzioni, di solidariet umana e sociale.
A questi doveri noi non vogliamo sottrarci: non possiamo farlo per rispetto ai nostri padri e per obbligo
verso i nostri figli. Aspiriamo ad essere all'altezza degli uomini migliori della nostra storia e vogliamo
superare l'esame a cui un giorno ci sottoporranno i nostri figli. Sono essi che domani ci giudicheranno. Il
nostro scopo riscattare agli occhi delle giovani generazioni, con l'esempio della nostra azione pubblica, la

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cattiva idea che essi si sono fatti della politica, della gestione dello Stato e, al limite, delle stesse istituzioni
repubblicane, a causa dei fenomeni di corruzione e di degenerazione che hanno precipitato l'intero sistema
politico in una crisi dalla quale appena ora cominciamo a risollevarci.
Noi abbiamo oggi la responsabilit di guidare questo grande Paese verso il terzo millennio e non possiamo
permetterci di fallire. Dopo quattro anni difficili, nel corso dei quali si sono succedute ben tre legislature e
quattro governi, tempo che l'Italia torni a progettare e a costruire il futuro. Per quattro anni l'Italia ha retto
grazie alla guida sicura di un grande Presidente della Repubblica, a cui rivolgo il mio deferente saluto. Ha
retto grazie al senso di responsabilit delle parti sociali e alla competenza tecnica e politica dei miei
immediati predecessori e dei loro Ministri; grazie alla perseverante lotta alla criminalit organizzata e
all'illegalit condotta dalla magistratura con il concorso delle forze dell'ordine; grazie alla capacit del
sistema economico e produttivo di reggere la concorrenza internazionale in condizioni di oggettiva
difficolt e grazie ai cittadini rimasti fedeli ai loro principi etici pi profondi e al diffuso e radicato
sentimento di solidariet nazionale.
Tutto questo ha dimostrato coi fatti la grande energia morale e sociale del nostro Paese. Come in altri
momenti della nostra storia nazionale, l'Italia ha trovato in se stessa e nella parte migliore della sua classe
dirigente, la forza per resistere alle difficolt.
Oggi per tutto questo non basta pi.
Occorre cominciare ad affrontare le urgenze del Paese con una strategia di grande respiro, per collegare
l'indispensabile risanamento della finanza pubblica con una credibile prospettiva di sviluppo economico,
sociale e civile.
In questa azione, noi dovremo essere consapevoli che non vi urgenza maggiore di quella di approntare
rapidamente la riforma dello Stato. Le condizioni politiche ed istituzionali finalmente favorevoli ci
incoraggiano a cominciare subito questa impresa.
Il Governo che si presenta oggi alle Camere consapevole di avere dinanzi un Parlamento profondamente
diverso da quelli delle legislature precedenti. Per la prima volta, infatti, la competizione elettorale non
stata dominata da singoli partiti o da occasionali alleanze, ma da due grandi coalizioni, portatrici entrambe
di un proprio programma e di una propria proposta di governo per il Paese. La portata di questa novit
preminente rispetto alla presenza, a fianco di queste due grandi coalizioni, di altri importanti soggetti
politici che hanno compiuto scelte diverse. D'altra parte, la vittoria della formazione dell'Ulivo (che
compone questo Governo) non sarebbe stata altrettanto chiara senza l'alleanza elettorale con Rifondazione.
Di Rifondazione, anche se ci dividono concrete e importanti scelte di politica economica ed internazionale,
condividiamo la sensibilit per il mondo del lavoro, la difesa del potere d'acquisto dei salari, la priorit per
l'occupazione e per i grandi temi della giustizia sociale.
Valuteremo in questi campi con interesse e partecipazione proposte e suggerimenti, fermo restando che il
Governo rester fedele alla lettera e allo spirito del programma con cui si presentato davanti agli elettori.
Non a caso, il Presidente della Repubblica ha voluto sottolineare le novit politiche della competizione
elettorale nelle consultazioni per la formazione del Governo, decidendo, per la prima volta nella storia
repubblicana, di ricevere non i singoli partiti ma le coalizioni che si sono presentate come tali di fronte
all'elettorato.
Questo fatto, cos nuovo per il nostro costume politico, ha un'importanza di enorme rilievo, che merita di
essere sottolineata per gli effetti che determina su tutto il nostro quadro politico.
Per la prima volta ha effettivamente funzionato quel sistema bipolare che molti di noi hanno tenacemente
perseguito come l'approdo pi auspicabile della lunga transizione italiana. Era ed infatti mia ferma
convinzione che solo in un sistema bipolare gli elettori possano scegliere non solo un partito ma anche un
governo, dando vita a una legislatura stabile, in grado di assicurare, proprio grazie alla stabilit stessa del
Parlamento, un'efficace continuit nella guida del Paese.
Inoltre, il modo nel quale si svolta la competizione e il fatto che gli elettori abbiano indicato con le loro
scelte una maggioranza, un governo e un programma, sono un grande elemento di forza di questa nuova
legislatura.
Il nesso inscindibile che si costituito tra l'elezione delle Camere e l'indicazione della coalizione vincente
dimostra che anche in un sistema parlamentare puro come quello italiano possibile che, attraverso il
Parlamento, il corpo elettorale possa indicare quale coalizione, quale programma e quale proposta di
governo abbia diritto di reggere il Paese. Il sistema parlamentare ritrova cos tutta la sua forza ed
autorevolezza come interprete fedele di una volont popolare chiaramente espressa.

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Ora tocca a noi, a tutti noi, certo con maggiori doveri per il Governo, ma con non minore responsabilit per
tutto il Parlamento, dimostrare di essere all'altezza del mandato conferito dagli elettori.
Il Governo ben consapevole di dover guidare il Paese in una fase difficilissima della sua storia e sa che dai
risultati che in questi anni verranno raggiunti dipende la possibilit per la nostra gente di entrare a testa alta
nel nuovo secolo. Potrebbe accadere che in un clima di confusione e di scarsa operativit anche una societ
forte come quella italiana si sfaldi. Potrebbe accadere che legittime richieste di ammodernamento dello
Stato, di sviluppo delle autonomie e delle realt locali degradino in pericolose parole d'ordine e possano
portare a risultati contrari ai fondamenti etici, culturali e storici della nostra Nazione. Ci non accadr.
Il Governo per vuole e sapr rispondere alle legittime domande che sono state lanciate da quella parte
importante del Paese che ha scelto una rappresentanza fortemente critica verso le due grandi coalizioni. In
questo voto, espresso in aree fortemente produttive e che con la loro proiezione internazionale
contribuiscono al generale benessere del Paese, il Governo non coglie l'affermazione di una diversa identit,
ma una pressante e fondata domanda di riforma e di ammodernamento dello Stato.
L'unit nazionale fuori discussione. Ci che invece in discussione, e non da oggi, la forma di Stato.
La pretesa, connaturata a uno Stato fortemente centralizzato come il nostro, di legiferare su tutto, di
decidere su tutto e di governare tutto dal centro del sistema, da una capitale sede di ogni centro decisionale,
sempre pi in contrasto con le necessit di una societ complessa, articolata e differenziata nei suoi
sistemi economici, culturali e sociali. sempre pi evidente la necessit di flessibilit, di articolazione e di
duttilit dei centri decisionali e degli stessi apparati amministrativi. utile, oltre che necessario, dare voce e
spessore alle differenze. Si potranno cos valorizzare meglio le ricchezze e le risorse del Paese, a
condizione, certo, che resti forte il sentimento di solidariet e di comune appartenenza alla medesima
Nazione.
Dobbiamo perci individuare nuovi canali istituzionali che consentano alle regioni e alle autonomie
territoriali di rinnovare completamente il circuito decisionale del nostro Paese.
Bisogna procedere a una forte riforma dello Stato e del ruolo stesso del Governo. La via da seguire quella
di un ampio trasferimento di funzioni amministrative dallo Stato al sistema delle regioni e delle autonomie
locali. evidente che questa filosofia di rinnovamento comporta che ad un'amministrazione centrale
fondata su apparati pesanti di gestione si sostituisca un'amministrazione centrale di coordinamento e di
indirizzo che collabori intensamente con le regioni e con le autonomie locali. Il Governo vuole dare
immediatamente segnali chiari della sua decisione di perseguire in tempi rapidi questi obiettivi. un primo
passo in questa direzione la struttura innovativa della compagine di Governo, che accorpa alcuni Ministeri
di "servizio" e che attribuisce Ministeri che sono strategici per la costruzione delle autonomie a Ministri che
hanno fatto specifiche e personali scelte verso il decentramento.
In questa prospettiva, il Governo, integrando decisioni gi assunte dal precedente Esecutivo, intende
chiedere in tempi brevissimi una delega al Parlamento, che, dopo quelle contenute nelle ultime finanziarie,
consenta un immediato e profondo trasferimento di funzioni alle regioni, l'istituzione di unit
amministrative elementari a livello regionale e locale, la sostanziale abolizione dell'attuale sistema dei
controlli e una ampia autonomia amministrativa e contabile.
Il Governo si impegna a promuovere un federalismo fiscale cooperativo, che considera il presupposto
fondamentale di ogni riforma tributaria. Esso si ispira ai principi di responsabilit, di sussidiariet e di
solidariet. Punto di partenza un allargamento dell'autonomia tributaria degli enti decentrati, in un quadro
che ha come protagoniste le regioni.
Particolare attenzione e sensibilit il Governo dedicher alla tutela delle minoranze etniche, in una visione
dinamica delle autonomie speciali, con l'impegno specifico ad emanare in tempi rapidi le norme di
attuazione gi licenziate dalle commissioni paritetiche e ad attuare il passaggio di ulteriori funzioni e
competenze.
Il Governo intende inoltre promuovere il decentramento di strutture o di servizi dell'attuale sede di Roma ad
altre grandi citt italiane. Ci ispira l'idea di una capitale reticolare che stata sperimentata con successo in
altri Paesi. Si tratta di una prospettiva di medio periodo, che ci sembra opportuno e utile indicare fin d'ora.
Si inserisce qui la questione delle riforme istituzionali e costituzionali che stata tanto dibattuta negli scorsi
anni.
Aver avuto un mandato di governo non significa essere esentati dal dovere di costruire consensi, di cercare
accordi con le varie realt individuali e collettive di questo Paese.
dunque giunta davvero l'ora che si dia vita a una stagione "alta" di riforme istituzionali e costituzionali

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all'insegna del dialogo e non dei monologhi. Ve ne sono le condizioni. Ve ne la necessit per quanto
riguarda il tipo di Stato e il rafforzamento reciproco del ruolo del Governo e del Parlamento.
Il Governo non entra nel merito delle modalit e delle procedure pi utili da adottare. Esso resta fedele
all'opzione indicata nella prima tesi del programma dell'Ulivo, cio quella di un patto da riscrivere insieme.
Sulla base di questa volont valuteremo, insieme a tutte le forze politiche di maggioranza e di opposizione,
la scelta delle procedure possibili, privilegiando quella con il pi elevato grado di consenso.
Ci che il Governo intende sottolineare la convinzione che si debba giungere in tempi brevi a incisive
modifiche della nostra Costituzione verso un reale federalismo cooperativo e verso una forma di Governo
che rispetti il delicato equilibrio che deve esistere tra Governo e Parlamento, fra maggioranza e
opposizione.
Questo il messaggio che ci ha lasciato Roberto Ruffilli e a questo dobbiamo restare fedeli.
La nuova Italia che nascer da queste riforme sar l'Italia delle autonomie, nata per venire incontro alle reali
esigenze del Paese. Noi non possiamo condividere i modi con cui queste istanze di cambiamento sono state
in alcuni casi manifestate e decisamente le avversiamo nel momento in cui esprimono un desiderio di
divisione, ma da lunghissimo tempo condividiamo che solo attraverso il decentramento, la sussidiariet e la
responsabilizzazione di tutti i cittadini si possono risolvere i grandi problemi dell'Italia.
Ne hanno bisogno i piccoli e medi imprenditori del Nord (e soprattutto quelli del Nord-Est a cui mi lega la
mia personale storia di vita), ne hanno bisogno i ragazzi del Sud, anch'essi oppressi da un centralismo che
non corrisponde pi al desiderio di partecipare alla costruzione del proprio personale destino.
Per il Governo il risanamento della finanza pubblica e lo sviluppo sociale del Paese sono tanto importanti
quanto la riforma dello Stato e delle istituzioni. La nostra coalizione si colloca nel solco della tradizione del
riformismo sociale che ha caratterizzato questo secolo, ma ne riconosce i limiti e cerca nuove frontiere di
solidariet e di equit in un ambiente caratterizzato da forme nuove di concorrenza e di produzione della
ricchezza. Il Governo consapevole che tutte le conquiste sociali di cui siamo giustamente orgogliosi sono
a rischio se non si sapr fare fronte all'enorme debito accumulato dallo Stato. Perci considera una priorit
ineludibile il risanamento della finanza pubblica.
Ci sono ancora sacrifici da fare, ma gi si intravede il punto di arrivo. Sar preoccupazione prima del
Governo che lo sforzo che ancora ci resta da compiere sia distribuito equamente.
La nostra strategia economica si basa sull'abbattimento dell'inflazione, sul risanamento dei conti pubblici,
sull'aumento dell'occupazione e sul rilancio del Mezzogiorno. Questi orientamenti sono sostenuti dalla
precisa volont dell'Italia di partecipare attivamente all'integrazione europea, volont che trover la sua
massima espressione simbolica nella nuova moneta unica, l'Euro, che prender il via mentre saremo nella
seconda parte di questa legislatura.
Va dato atto ai Governi che ci hanno preceduto che la finanza pubblica italiana ha intrapreso dal 1992 un
costante cammino di risanamento: al netto degli interessi, il bilancio del settore statale e quello delle
pubbliche amministrazioni hanno un grande avanzo strutturale. Dal 1994 la spesa pubblica si ridotta in
proporzione del prodotto interno lordo. Il Documento di programmazione economico-finanziaria dello
scorso anno prevedeva che l'indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni sarebbe arrivato
all'obiettivo del 3 per cento del prodotto interno lordo, richiesto dal Trattato di Maastricht, entro il 1998.
La Relazione trimestrale di cassa ha messo in evidenza che gli obiettivi che il Governo uscente perseguiva
non potranno essere raggiunti, a causa del maggiore onere per interessi, di una dinamica della spesa
primaria pi sostenuta del previsto e di entrate che subiranno l'effetto del rallentamento della crescita
economica.
Nel tempo trascorso dalla redazione della Relazione trimestrale di cassa, le nuove informazioni statistiche e
di bilancio affluite lasciano presumere che la nostra economia, come quelle europee, stia crescendo a un
ritmo ancora pi basso di quanto stimato a marzo scorso e che il fabbisogno del settore statale possa
superare i limiti ivi indicati.
Questo Governo ha gi predisposto una ricognizione sia del quadro economico di riferimento che dei conti
pubblici. Al termine di tale ricognizione il Governo sar in grado di dare una dimensione precisa agli
interventi che saranno richiesti per riportare il bilancio pubblico in linea con gli obiettivi enunciati dal
precedente Governo. I provvedimenti conseguenti saranno presi nel pi breve tempo possibile e si
accompagneranno alla anticipazione di decisioni che il Documento di programmazione economicofinanziaria per il triennio 1997-1999 indicher come necessari per portare il bilancio pubblico al
risanamento definitivo.

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Se il favore con cui i mercati finanziari hanno finora accolto questo Governo si confermer, e sar
rafforzato nel corso dei prossimi trimestri, l'opera di risanamento della finanza pubblica verr premiata da
una riduzione dei tassi di interesse sui titoli pubblici e, dunque, della spesa per interessi. La differenza tra
tassi italiani e tassi tedeschi (oggi di 5 punti e un quarto) potrebbe ridursi di due o tre punti. Ricordiamo
tuttavia che maggiore lo sforzo iniziale, maggiore il rendimento che se ne ottiene in termini di
diminuzione del disavanzo e minori saranno quindi i sacrifici da compiere per raggiungere gli obiettivi
prefissati. Un'eventuale riduzione degli interessi pi rapida di quanto un'opportuna cautela suggerisce di
mettere in conto in questo momento potr consentire all'Esecutivo di valutare la possibilit di raggiungere
obiettivi ancora pi ambiziosi di quelli annunciati dal Governo che ci ha preceduto.
In ogni caso, il Governo si impegna a raggiungere gli obiettivi di contenimento dell'inflazione, del
fabbisogno pubblico e dei tassi di interesse prima che l'Unione monetaria prenda il via nel gennaio del
1999.
Per esprimere chiaramente questa sua intenzione, il Governo, consapevole della buona situazione dei nostri
conti con l'estero, non appena le Camere avranno approvato le misure di contenimento del disavanzo 1996,
il Documento di programmazione economico-finanziaria per il triennio 1997-1999 e i provvedimenti di
anticipazione della legge finanziaria del 1997, inizier un dialogo con i partners europei al fine di riportare
la lira di nuovo all'interno dell'accordo di cambio.
In tal modo, la nostra economia recuperer l'ancora per la stabilit dei prezzi che ha perduto nel settembre
del 1992.
In questa situazione, il Governo si impegna a mantenere la pressione fiscale invariata rispetto ai livelli del
1995 per tutto il triennio 1996-1998; a questo fine dovranno essere presi provvedimenti per sostituire il
gettito dei prelievi una tantum. Nella seconda parte della legislatura sar possibile procedere a un
sostanzioso alleggerimento dell'IRPEF e delle imposte sul reddito d'impresa, rendendo, in quest'ultimo caso,
indifferenti le forme di finanziamento con debito e con capitale proprio.
Il Governo si impegna inoltre a reperire risorse aggiuntive tramite l'intensificazione della lotta all'evasione
fiscale e ad assicurare una ulteriore riduzione della quota della spesa pubblica sul prodotto interno lordo di
due-tre punti percentuali.
L'azione sulla spesa sar la priorit che il Governo perseguir, ma, all'interno di essa, prima della
considerazione di eventuali interventi sulla spesa per prestazioni sociali, il Governo dovr perseguire la
realizzazione di tutti i risparmi possibili in termini di riduzione degli sprechi e di privilegi che ancora
sussistono nei meandri della spesa pubblica.
Voglio qui dichiarare che chieder a ciascun Ministro di considerare obiettivo prioritario del suo nuovo
Dicastero formulare il bilancio del proprio Ministero in modo da fornire gli stessi servizi alla collettivit
destinando alla spesa corrente le stesse risorse ad essa destinate nel corso del 1996. Molte aziende private
hanno sopportato sacrifici ben pi consistenti per risanare i propri conti. Il Paese esige che questa strada sia
percorsa anche dalla pubblica amministrazione prima di essere chiamato ad affrontare ulteriori sacrifici. E
questo il nostro impegno. Ciascun Ministro di questo Governo chiede al Paese di giudicarlo gi dal
prossimo anno su quanto sar stato in grado di fare a questo riguardo. Da questo vincolo non andranno
esenti n la Presidenza del Consiglio, n gli organi costituzionali dello Stato.
A questa azione di risanamento saranno chiamati a collaborare anche gli enti decentrati di spesa. Il vincolo
del risanamento del bilancio degli enti locali e dei Ministeri si accompagner a una restituzione di
flessibilit nella gestione delle risorse e a un alleggerimento degli adempimenti che ora intralciano la
gestione degli enti locali.
Al fine del successo di questa politica essenziale un rapporto costruttivo tra il Governo e le parti sociali,
rapporto che uno dei fondamenti del nostro patto democratico.
L'accordo del luglio 1993, dopo i primi sacrifici, sta dando i propri frutti in termini di salari reali, che con i
recenti rinnovi contrattuali vedranno pi che conservato il proprio potere di acquisto nel corso del 1996.
Occorre, tuttavia, rilanciare tale accordo. Il Governo si impegna a convocare in forma solenne un incontro
con tutti i firmatari dell'accordo di luglio nel quale: fare un consuntivo degli effetti prodotti da
quell'accordo; annunciare e dare avvio all'applicazione delle parti dell'accordo che sono state trascurate e
che sono da riproporre con le modifiche suggerite dalla realt di oggi e dalla evoluzione in atto in tutta
Europa nel campo delle relazioni fra i Governi e le parti sociali.
Il confronto avverr non appena impostato il Documento di programmazione economica e finanziaria.
Noi per non consideriamo il risanamento finanziario come un fine in se stesso, ma come un mezzo per

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liberare risorse da mettere al servizio dello sviluppo produttivo e quindi come una pietra angolare
dell'attenzione specialissima che prestiamo al problema del lavoro e degli squilibri sociali e territoriali del
Paese. Nel corso del 1995 il prodotto interno cresciuto del 3 per cento in termini reali sotto la spinta delle
esportazioni e degli investimenti. Come negli altri Paesi dell'Unione europea, l'espansione non si tradotta
in un aumento dei posti di lavoro; anzi, il tasso di disoccupazione nel Mezzogiorno salito. Dobbiamo
perci reagire contro questa doppia tendenza di una crescita che non crea lavoro e che aggrava il dualismo
tra il Nord e il Sud. Il Governo persuaso che la valorizzazione delle risorse del Paese sia possibile soltanto
se sapremo dare impulso e sviluppare con coerenza un'economia di mercato, con regole chiare e trasparenti,
che permetta a tutti di partecipare liberamente alla vita della societ. questo il senso dello Stato leggero
che proponiamo, uno Stato che sia arbitro e non giocatore, e che, in tutti gli ambiti, determini e faccia
rispettare le regole della concorrenza. Perci riprenderemo con determinazione la privatizzazione delle
attivit produttive e promuoveremo lo sviluppo di un capitalismo efficiente e civile.
Le privatizzazioni appaiono uno strumento indispensabile per rafforzare le capacit concorrenziali e
l'efficienza delle nostre aziende, ma dovranno essere accompagnate dalla istituzione delle autorit di
controllo che i Paesi democratici prevedono in questi casi a difesa della concorrenza e dei diritti del
consumatore. A questi obiettivi si deve accompagnare un crescente sforzo di modifica della nostra
economia, non solo verso l'obiettivo di un allargamento dei mercati finanziari e bancari, ma verso il
raggiungimento di una loro maggiore trasparenza e di una pi forte concorrenza.
Il nostro capitalismo vive ancora in stanze chiuse e ha perci bisogno di aria nuova, di nuovi protagonisti, di
nuove regole. Ha bisogno cio di quella democrazia economica che condizione essenziale per la vita della
democrazia politica.
Invitiamo perci gli imprenditori, gli artigiani, i commercianti e gli imprenditori agricoli a guardare con
fiducia e con rinnovato slancio alla nuova stagione politica che si sta aprendo oggi.
I piccoli imprenditori saranno al centro della nostra attenzione perch solo loro sono capaci di venire
incontro alla grande sfida della creazione dei nuovi posti di lavoro. Gi fra poche settimane sar pronta una
serie di disposizioni per promuovere la nascita e la crescita di nuove imprese, per sostenere il loro sforzo di
ricerca e innovazione e per rendere pi spedito il loro accesso al credito. E soprattutto partir
immediatamente il grande processo di semplificazione necessario per un corretto funzionamento dei
rapporti fra il mondo produttivo e lo Stato.
La disoccupazione oggi il problema pi importante della nostra societ. La mancanza di lavoro provoca
esclusione, emarginazione e povert.
Con il concorso delle parti sociali, ci proponiamo di sviluppare una forte iniziativa volta alla riforma del
mercato del lavoro e alla valorizzazione della formazione professionale.
Dobbiamo subito operare per una migliore istruzione professionale, per ristrutturare i sussidi e gli
ammortizzatori sociali, per sostituire la cassa integrazione, nel caso di crisi aziendali temporanee, con un
fondo per la mobilit, per creare nuove possibilit di lavoro promuovendo i servizi alla persona nel terzo
settore, per riaffermare una nuova politica ambientale, per rendere pi flessibili i modelli di lavoro, per
promuovere il lavoro interinale e a tempo parziale, per modificare e rendere efficienti le attuali strutture del
collocamento, per rendere finalmente possibile la modulazione dei tempi di lavoro alle esigenze di vita
degli individui.
Con pragmatismo, sul terreno concreto della sperimentazione si possono costruire grandi novit
migliorando le condizioni di vita dei lavoratori, nel rispetto della necessaria efficienza delle imprese, ormai
proiettate nella concorrenza internazionale.
Nella propria politica economica e sociale, il Governo non trascurer la tutela dell'ambiente. In adempienza
ai principi espressi dalla comunit internazionale a Rio de Janeiro, si intende mettere in atto politiche e
strumenti operativi per perseguire l'obiettivo dello sviluppo sostenibile. A tal fine dovremo potenziare il
Ministero dell'ambiente ed assicurare la piena operativit all'Agenzia nazionale per la protezione
ambientale. Con lo strumento dei testi unici, in particolare in materia di rifiuti, acqua e aria, si dovr
realizzare una razionalizzazione della normativa ambientale e il recepimento delle normative comunitarie,
uscendo dalle incertezze drammatiche in cui noi oggi ci troviamo in materia.
Proprio nelle regioni in cui un'oculata politica ambientale potrebbe essere straordinario fattore di sviluppo
pi acuta la mancanza di lavoro. In Italia, lo sappiamo bene, la questione occupazionale coincide in gran
parte con la questione meridionale. Ma non dobbiamo pensare, come troppo a lungo si fatto in passato,
che quello del Mezzogiorno sia soltanto un problema economico. Il Mezzogiorno ha bisogno di acquistare

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fiducia e deve avere la certezza che potr contare anche in futuro sulla solidariet di tutta la Nazione. Noi
crediamo che il dirigismo statale, anzich stimolare iniziative locali coerenti con le risorse dei territori
meridionali, abbia finito col soffocare lo sviluppo. Il primo interesse della societ meridionale , quindi,
avere una classe politica nuova e responsabile, capace di produrre risultati concreti per i cittadini. Nel
Mezzogiorno non possiamo ottenere i risultati che abbiamo avuto senza proseguire con tenacia la lotta
contro la criminalit organizzata e promuovere ad ogni livello la cultura della legalit. stato fatto molto
negli ultimi anni e grandi sono stati i successi anche negli ultimi giorni. E di questi successi siamo grati a
tutti coloro che quotidianamente si sacrificano nella lotta contro la criminalit. Non bisogna abbassare la
guardia. Tutti, infatti, sappiamo che gli investimenti di cui il Mezzogiorno ha bisogno saranno favoriti dalla
progressiva sconfitta della cultura mafiosa.
Napoli, Palermo, Bari sono citt con un inestimabile patrimonio di cultura e di bellezze storiche ed
artistiche. Le naturali bellezze sono ricchezze che giacciono in gran parte inutilizzate e che una promozione
intelligente del turismo e dell'agricoltura potrebbero far rifiorire e ritornare allo splendore dei secoli d'oro.
Si debbono infine realizzare anche nel Mezzogiorno i grandi progetti: dalle reti di telecomunicazione per
creare un ambiente favorevole all'insediamento di imprese innovative al rifornimento idrico di tutte le
abitazioni; dal completamento delle reti di trasporto stradale e ferroviario a nuovi mezzi di trasporto nelle
aree metropolitane. C' moltissimo da fare. Nel quadro della riforma delle regole del mercato del lavoro e
della formazione professionale, sar inoltre necessario promuovere intese fra imprese e sindacati, col
sostegno pubblico, per creare lavoro nel Mezzogiorno. Occorrer concentrare gli sforzi su aree e settori
specifici che valorizzino le particolari vocazioni del Sud. Sono certo che, con l'appoggio concreto ma non
assistenziale di tutta la comunit nazionale, il Mezzogiorno ritrover la strada dello sviluppo e riuscir a
recuperare le posizioni perdute.
Siamo consapevoli che i cittadini italiani ci chiedono se davvero riusciremo a rendere l'opera di risanamento
finanziario funzionale ad una nuova strategia di sviluppo economico ed occupazionale. Ci chiedono se essa
sar compatibile con un equilibrio sociale che mostra gi da ora grandi segni di tensione. Ci chiedono se
non dovranno rinunciare a prestazioni e servizi sociali che gi ora sono troppo spesso carenti. Noi
recepiamo queste preoccupazioni, le facciamo nostre, ma ci sentiamo di rassicurarli. Abbiamo gi detto che
manterremo invariata per due anni la pressione fiscale. E aggiungiamo che riforma dello Stato e
risanamento acquistano il loro vero significato nel quadro di una grande strategia di sviluppo sociale e civile
dell'intero Paese. In questa azione il Governo si ispirer al principio di dare a tutti i cittadini uguaglianza di
opportunit di fronte alla vita. Ed indispensabile sar il rinnovamento dello stato sociale per renderlo pi
equo ed efficiente. Essenziale in questo caso dovr essere la immediata riforma della scuola.
A centro delle nostre preoccupazioni vi sono, infatti, i giovani. Accanto a milioni di ragazze e ragazzi che si
impegnano con successo nella scuola e che dedicano parte del proprio tempo agli altri in attivit di
volontariato, ve ne sono troppi che perdono la fiducia e abbandonano gli studi. Troppe giovani vite
appaiono sprecate. Non possiamo permettercelo. Dobbiamo investire nella scuola e in tutti i sistemi
formativi, da quelli professionali alle universit e agli istituti di ricerca. La scuola deve essere laboratorio di
convivenza civica e sociale, un luogo dove ciascuno impara a vivere insieme agli altri, nel rispetto delle
regole, con il senso del limite e, quindi, della norma. Se non funziona la scuola in un Paese, non c' futuro.
Ci impegniamo quindi a costruire un complesso di sistemi formativi in sintonia con il loro territorio e con le
culture pi avanzate del nostro tempo, che possano ragionevolmente esigere dai giovani il massimo
impegno e che li preparino socialmente ad una competizione sana in un ambiente cooperativo.
In questo senso, la nostra azione si svilupper in un amplissimo decentramento e in un maggior
coinvolgimento di regioni, province e comuni, secondo modalit che garantiscano comunque l'autonomia
della scuola e dei suoi istituti; in un prolungamento dell'obbligo; nell'attribuzione al sistema scolastico di
un'effettiva e generale autonomia.
Anche il "governo" dei sistemi di formazione professionale verr delegato alle regioni che provvederanno
ad un ampio coinvolgimento di scuole, universit, imprese, enti privati e organizzazioni non profit, come
avviene nel sistema delle scuole tecniche e professionali del Nord Europa.
Per l'universit si provveder a garantire e ad accentuarne l'autonomia e si punter a una forte crescita del
numero dei laureati. Verranno per diversificati i percorsi formativi e gli accessi e si punter alla massima
applicazione di efficaci strumenti di valutazione della ricerca.
La scuola per i giovani, ma non possiamo dimenticare il ruolo e la responsabilit degli insegnanti a cui
non solo va la nostra gratitudine per il difficile lavoro compiuto, ma ai quali rivolgo un caldo appello perch

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siano davvero il motore di questo grande rinnovamento del Paese.


Grande sar il livello di decentramento e della responsabilit nella nuova scuola italiana, ma grande deve
essere il sentimento che questo un bene prezioso per tutti.
La nostra scuola deve essere quindi un grande comune sistema pubblico perch essa al servizio dell'intera
comunit. Ma, come stato esposto nel nostro programma, essa deve prevedere spazi e libert concrete
d'azione alla scuola statale e a quella non statale, entrambe componenti essenziali di un grande sistema
educativo unitario. poi per la cultura, nel senso pi ampio, che dobbiamo impegnarci di pi. Nella sua
struttura, e nella distribuzione delle deleghe, questo Governo ha gi dato un segnale. Certo, un Governo non
ha una cultura da imporre o da promuovere, mentre deve essere un catalizzatore e un garante perch le
espressioni pi diverse del pensiero, delle arti possano essere favorite e diffuse. difficile da definire la
cultura, ma certamente essa ricerca di espressioni che manifestano la creativit del singolo e quella di un
intero Paese.
straordinario pensare che il 60 per cento di tutte le opere artistiche del mondo siano nel nostro Paese.
Occorre valorizzarle e presentarle all'Europa e al mondo intero.
Mantenere un alto grado di solidariet sociale un imperativo di civilt. L'ho sempre detto e lo ripeto in
quest'Aula: lo Stato sociale la conquista pi grande del ventesimo secolo. pure vero che il "patto
sociale" tra gli italiani va ridisegnato, va adattato alle nuove esigenze, ai nuovi problemi e alle nuove
sensibilit. un campo vastissimo, di cui mi limiter a enunciare le aree di interesse e i principi di
intervento. La scarsit di risorse non deve andare a scapito dei diritti dei cittadini, in primo luogo nei settori
della salute e della previdenza, ma spronarci a migliorare l'efficienza delle strutture e a trovare i giusti
criteri di scelta per le prestazioni pi strettamente assistenziali. Un'attenzione rinnovata verr quindi
dedicata a promuovere le pari opportunit tra uomo e donna con lo sguardo rivolto non solo al trattamento
economico dei lavoratori, ma anche all'organizzazione del lavoro e ai tempi delle citt.
Grande rilievo deve essere attribuito alla politica per la famiglia, che non soltanto la cellula elementare
della societ, ma anche un soggetto economico da noi troppo penalizzato e un ammortizzatore sociale che
ha consentito e consente al nostro Paese di fare fronte ai momenti pi difficili e alle situazioni pi scabrose.
Sulla famiglia si scaricano tensioni e difficolt che dovranno essere attenuate da politiche sociali pi attente
sul piano fiscale, degli assegni familiari e dell'organizzazione dei servizi.
Il Governo ed io siamo ben consapevoli della centralit della famiglia, e per questo non la consideriamo
come un "settore" specifico dell'azione di Governo, la cui responsabilit sia delegabile a un unico Ministro.
Al Governo, e a me personalmente, pare, infatti, che la famiglia, proprio per le sue caratteristiche essenziali,
sia una questione che debba interessare tutti i Ministeri, ciascuno per il suo ambito di competenze, e il
Presidente del Consiglio in primo luogo. Certo, il Ministro per la solidariet sociale ha in questo campo
deleghe e responsabilit speciali. E tuttavia la famiglia sar il soggetto fondamentale della nostra azione,
intorno al quale coordinare le politiche di numerosi dicasteri.
Per i servizi sociali pensiamo ad una nuova legge-quadro che assicuri la realizzazione di una adeguata rete
di strutture e che sia ispirata all'idea di uno Stato sociale come "casa comune" di tutti, poveri e non poveri,
che individui tuttavia un criterio e un equilibrio tra servizi per tutti e l'adozione di criteri selettivi. Forse in
nessun altro settore cos importante che questa rete sia vicina ai cittadini, collegata al territorio e gestita
localmente per individuare meglio bisogni, domande e linee di intervento. opportuno che, nella gestione
dei servizi sociali, uno spazio rilevante sia aperto ai privati e soprattutto alle organizzazioni del privato
sociale.
La nostra attenzione ai problemi della salute, alle esigenze dei pi deboli, degli immigrati, degli emarginati
non un proposito astratto, ma sar un punto di riferimento quotidiano per la nostra azione di Governo.
Lo Stato inoltre non pu rinunciare ad essere vicino ai cittadini e a orientarne comportamenti e a
disciplinarne le scelte quando la sanit tocca i temi terribili del diritto alla vita e del diritto alla morte, del
diritto alla ricerca e del diritto della specie a non essere manipolata nei suoi caratteri essenziali.
Il nostro indirizzo di rinnovamento della societ italiana trover il proprio naturale coronamento
nell'impegno volto ad assicurare giustizia a tutti i cittadini. questo un compito che, prima ancora
dell'impegno dei giudici e delle forze dell'ordine, richiede una generale azione civile per promuovere ad
ogni livello la cultura della legalit. Questo Paese ha bisogno di legalit e di giustizia. E nel soffermarmi sui
delicati temi della giustizia, aspetto fondamentale per la convivenza civile della comunit, sento il dovere di
rendere omaggio alla nostra magistratura, e alle forze dell'ordine che l'hanno coadiuvata, per l'impegno e la
dedizione con cui ha sempre svolto la sua funzione e, in particolare, per il grande ruolo che ha svolto in

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questi ultimi difficili anni.


Il Governo sa bene quanto tutto il Paese deve essere grato ai suoi giudici per l'impegno col quale hanno
combattuto la criminalit organizzata e l'illegalit diffusa.
Per il futuro, la linea del Governo sar ispirata al massimo rispetto e alla pi autentica deferenza per
l'autonomia e l'indipendenza della magistratura.
Il Governo auspica che la magistratura possa sempre pi svolgere la sua naturale e doverosa funzione di
tutela della legalit intesa, correttamente, come una funzione ordinaria e normale. certo giunto il
momento di invocare a gran voce, anche da questo seggio cos importante, che il Paese ha bisogno insieme
di legalit (la massima legalit possibile) ma anche di normalit.
Per contro, il Governo, ben conscio delle gravi carenze in cui versa il sistema giudiziario italiano e le sue
strutture, si impegna a garantire ogni intervento utile, idoneo e necessario a migliorare l'efficienza e
l'efficacia dell'azione degli apparati giudiziari, in modo che i cittadini italiani abbiano veramente giustizia
nei tempi e nei modi propri di un Paese civile. Chiederemo quindi al Parlamento di aiutarci a raggiungere
una pi razionale e moderna distribuzione degli uffici e delle forze sul territorio, di potenziare il sistema del
giudice di pace e, pi in generale, della giustizia onoraria, di razionalizzare l'impiego della magistratura
ordinaria e di prevedere un sistema carcerario con circuiti differenziati per motivi sanitari e umanitari.
Arrivo ora all'ultimo punto delle dichiarazioni programmatiche. Forse vi sorprender che tratti solo alla fine
del mio intervento le questioni della politica estera e della difesa nazionale. una scelta che nasce da una
convinzione, la convinzione che mettere ordine nelle cose di casa nostra sia la condizione perch il nostro
Paese possa svolgere con autorevolezza e con efficacia il ruolo che aspira ad avere nel mondo.
Il principio che ci guida, nel valutare gli eventi internazionali e nell'interagire con essi, il prevalere del
valore dell'integrazione sul nazionalismo. Ci sono di monito i tragici sviluppi che la questione della ex
Jugoslavia ha avuto in questi anni.
a partire da questa filosofia ed in questa prospettiva che la nostra massima priorit data all'Europa. Ci
impegniamo perch, a partire dall'Unione economica e monetaria, prenda corpo un progetto politico
complessivo. Si tratta di dotare l'Unione europea di una propria politica estera e di sicurezza e di una
maggiore integrazione nei settori della giustizia e degli affari interni. Solo cos l'Europa sar pi credibile,
pi stabile e pi democratica.
Un'Europa politica, oltretutto, contribuir a rendere pi efficace il rapporto con gli Stati Uniti.
La presenza militare americana nel continente va infatti mantenuta e lo sforzo comune sar indirizzato a
trasformare gradualmente la Nato in uno strumento militare a disposizione delle Nazioni Unite e della
emergente struttura di sicurezza pan-europea.
Tra i fondamentali e delicati rapporti con l'intero pianeta voglio qui infine ricordare il Grande Giubileo della
Chiesa cattolica, indetto per l'anno 2000. Sono gi state stanziate risorse che saranno impiegate per favorire
l'accoglienza e la mobilit dei visitatori valorizzando i luoghi interessati al pellegrinaggio. Sono risorse che
troveranno ampio corrispettivo per le entrate dello Stato italiano, ma che sono prima di tutto necessarie per
rispondere ad un alto compito di ospitalit.
Il Giubileo per noi il massimo momento di esposizione e di visibilit: dovr essere un elemento di
identificazione e di orgoglio.
Non dimenticheremo che la promozione esterna del nostro Paese non pu limitarsi all'economia, ma deve
anche valorizzare la nostra cultura e appoggiarsi alle numerose comunit di italiani, troppo spesso
dimenticati, insediate ormai da generazioni in ogni continente.
Saremmo ingenui se non vedessimo che in questo quadro di proiezione del nostro Paese nel mondo un ruolo
importante debbono assolverlo le nostre Forze armate. E questo sia per garantire la difesa del territorio
nazionale, per quanto possa oggi apparire remota una reale minaccia esterna, sia, invece, per dare un
contributo a sostegno della pace, della stabilit e della legalit internazionale. In questa prospettiva e con
questo spirito va perseguita l'attuazione del Nuovo modello di difesa, come strumento militare fortemente
integrato con quello dei nostri alleati europei ed atlantici. Si definiranno i termini di un sistema di
reclutamento misto che si colleghi anche al progetto di dare vita ad un nuovo tipo di servizio alla Patria, in
modo che i nostri giovani siano obbligati a un periodo di impegno nei confronti della comunit, ma che
possano compiere una libera scelta tra il servizio civile e il servizio militare. Rivolgo qui a tal proposito un
saluto, a nome del Governo, certo anche di interpretare i sentimenti di questa Assemblea, ai nostri militari
impegnati in Bosnia per la pace e al personale delle Forze armate impegnato in missioni di pace in tante
altre parti del mondo.

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Onorevoli senatrici, onorevoli senatori, nei limiti di tempo e con le dimenticanze proprie di una
dichiarazione programmatica (dimenticanze di cui mi scuso di fronte a voi) ho esposto le linee direttive del
Governo da me presieduto e che si appresta a chiedere a voi la fiducia.
Voglio ora limitarmi ad alcune brevissime osservazioni conclusive.
questo un momento di grande speranza per il nostro Paese. Abbiamo di fronte a noi prospettive ed
occasioni che forse mai si sono avute in passato. Di questo noi tutti dobbiamo condividerne la
responsabilit: il Governo, la coalizione di maggioranza e l'opposizione.
Noi vogliamo impostare nel modo pi trasparente e corretto il rapporto con le opposizioni: su di noi soli
grava infatti l'obbligo di Governo, ma su tutti insieme pesa la responsabilit del funzionamento delle
istituzioni.
Nessuno di noi pu quindi sottrarsi al compito che gli spetta.
Questo Governo, nel cammino che sta per intraprendere, sostenuto da una grande speranza, quella di
rafforzare l'unit del Paese, di portarlo a un pi elevato livello di convivenza civile e di dotarlo di quelle
strutture leggere che meglio esaltano i principi di libert, di sana competizione economica e di giusta
solidariet.
Siamo una grande Nazione di cui l'Europa e l'Occidente non possono fare a meno.
La grande, vitale, ma anche confusa transizione che ha contrassegnato gli ultimi dieci anni deve finalmente
approdare ad una fase di stabilit e di rilancio.
Il risanamento delle finanze, l'esaltazione delle autonomie locali, la riduzione delle leggi, la semplificazione
amministrativa, la riorganizzazione del fisco, la riforma della scuola, del mercato del lavoro e delle strutture
finanziarie sono gli strumenti per conquistare i mercati internazionali e costruire una fase di stabilit e di
rilancio della nostra societ.
Dovremo fare di tutto per recuperare le deficienze di comprensione che vi sono state, proprio da parte della
mia generazione, verso la cultura, l'ambiente, la salvaguardia e la valorizzazione del patrimonio naturale,
artistico e culturale. Dovremo rifare le periferie delle nostre citt dove uno sviluppo convulso ha reso
intollerabile il disagio dei loro abitanti.
Dovremo fare i conti con le maglie strette del bilancio ma sapremo trovare le strade per investire in questi
settori determinanti.
L'Italia che vogliamo portare oltre il 2000 sar pienamente europea, integrata in un'Unione che vogliamo
pi grande e pi unita, e sar in grado di svolgere con autorevolezza la propria missione di promozione dei
diritti umani e della pace nel mondo. Sono grandi obiettivi e sono alti propositi.
Chiediamo perci la collaborazione di tutti, forze della maggioranza e di opposizione, senza che ci
comporti una confusione delle parti e dei ruoli. Chiediamo l'ausilio delle grandi istituzioni di questa
democrazia, dalla Presidenza della Repubblica al Parlamento sovrano e al potere autonomo della
magistratura. Ci rivolgiamo, infine, ai cittadini italiani, ai milioni di donne e uomini che sono il nostro
popolo con un messaggio di speranza e di fiducia.
Onorevoli senatrici e onorevoli senatori, non considerate la fiducia che io chiedo per il mio Governo un
puro atto formale, un rito da consumare, automatico e freddo. Chiedo lealt e collaborazione. Chiedo la
cultura della cooperazione e non quella della contrapposizione.
Da parte mia non mi voglio consumare nei corridoi del Palazzo: voglio caratterizzare il mio Governo, non
per l'amore del potere, ma per la volont di servire l'Italia. Non aspiro certo a un posto nella storia tra i
grandi strateghi del potere, desidero solo aiutare il mio Paese, con semplicit, con onest e con chiarezza.
Ma nessuno pensi che ci equivalga a debolezza.
Signor Presidente del Senato, onorevoli senatrici e onorevoli senatori, chiedo la vostra fiducia perch il mio
Governo possa, nei prossimi cinque anni, fare l'Italia pi grande e pi degna della sua storia".

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Comitato Parlamentare per i Servizi di informazione e di sicurezza e per il segreto di


Stato
Relazione sui documenti trasmessi dalla Procura della Repubblica di Milano.
Rilievi e valutazioni.

1. La recente acquisizione di un'ampia raccolta di documenti, sequestrati per disposizione dell'Autorit


giudiziaria di Milano presso l'ufficio romano dell'ex Presidente del Consiglio Bettino Craxi e trasmessi al
Comitato parlamentare per i Servizi di informazione e sicurezza e per il segreto di Stato, d luogo ad alcuni
rilievi e valutazioni che il Comitato intende sottoporre con immediatezza al giudizio del Parlamento.
Il sequestro avvenuto in data 8 luglio 1995, nella sede della organizzazione "Giovane Italia". stato lo
stesso on. Craxi, in un colloquio telefonico con il dottor Paolo Ielo, avvenuto nel corso della perquisizione,
ad indicare come propri i locali dell'associazione e gli apparecchi esistenti presso di essa, confermando cos
che anche le carte l rinvenute erano a lui riconducibili.
Vista la natura di esse, la Procura di Milano ha ritenuto che il Comitato fosse competente ad esercitare un
proprio controllo ed ha offerto tutti gli elementi a ci necessari, con encomiabile tempestivit e con spirito
di collaborazione istituzionale.
2. Nei tre faldoni che contengono 3849 pagine sono compresi materiali tra loro diversi. Si tratta in
larghissima parte di informazioni: alcune tratte da documenti ufficiali o comunque custoditi in uffici
pubblici, altre di incerta origine o incluse in comunicazioni private.
Tra le informazioni offerte da documenti ufficiali si segnalano:
a) quelle provenienti dal SISDe e relative a delitti del terrorismo rosso;
b) quelle relative alla loggia massonica P2 e alle deviazioni dei Servizi di informazione e sicurezza, tratte da
una serie di passi della requisitoria del dottor Libero Mancuso nel processo di primo grado per la strage del
2 agosto 1980 (la requisitoria del 14 maggio 1986: i passi sono stati stralciati seguendo un filo logico e
sottoposti all'allora Presidente del Consiglio);
c) quelle, provenienti dal CESIS in data 7 marzo 1985, che si riferiscono ad un caso di apposizione del
segreto di stato, nel procedimento penale per strage riguardante il terrorista nero Augusto Cauchi: la
decisione, sollecitata allora dal vertice del SISMi, fu assunta da Craxi in qualit di Presidente del Consiglio
(il segreto si riferiva all'identit di informatori del SISMi, vicini a Licio Gelli ed in collegamento con il
capocentro di Firenze, Federigo Mannucci Benincasa; la posizione di quegli informatori e i rapporti CauchiGelli non sono stati finora chiariti, sebbene il segreto sia stato tolto nel 1991; e certamente il ritardo ha
nuociuto alle indagini).
3. I documenti sul terrorismo rosso riguardano la fase terminale del fenomeno brigatista. L'ex Presidente del
Consiglio ha conservato, oltre a un corposo materiale propagandistico proveniente dai gruppi terroristici,
anche una serie di analisi elaborate dal SISDe.
In particolare sono stati rinvenuti:
a) un documento SISDe e un appunto del Capo della polizia sull'omicidio del professor Tarantelli avvenuto
il 27 marzo 1985, con alcune dettagliate informazioni sull'impegno politico e culturale di questo studioso
(sono elencati i convegni ai quali aveva partecipato e perfino le critiche avanzate alle sue tesi nel corso di
una tavola rotonda: evidentemente l'attenzione al suo lavoro che sembra, sulla base di queste note, essere
stata precedente all'assassinio, non era giunta fino ad avvertire la necessit di proteggerlo);
b) un documento SISDe sull'omicidio di Lando Conti, avvenuto il 10 febbraio 1986;
c) un documento SISDe sull'attentato ad Antonio Da Empoli, avvenuto il 21 febbraio 1986.
Assieme a queste carte, l'on. Craxi conservava il comunicato del Partito comunista combattente sulla
uccisione del senatore Roberto Ruffilli, avvenuta il 16 aprile 1988; un ritaglio di stampa e una lettera
personale e amichevole a lui indirizzata da Toni Negri il 10 febbraio 1982, sulle posizioni che allora
emergevano all'interno delle carceri tra gli imputati di terrorismo; un opuscolo a contenuto ideologico del
1981, elaborato da un sedicente Collettivo marxiano-comunista e - in correlazione con questo - un

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ritaglio di stampa relativo all'esistenza di stretti legami a Rovigo tra fascisti e autonomi.
4. Per quel che riguarda le carte ufficialmente trasmesse dai Servizi, non spetta al Comitato, ma all'Autorit
giudiziaria stabilire se si tratti di documenti classificati e se sia lecito averli conservati in un ufficio privato.
Al Comitato compete, in ogni caso, la valutazione della rispondenza di ciascun atto ai fini istituzionali.
Di natura completamente diversa sono invece le numerosissime note informative di cui era in possesso l'on.
Craxi e che sono contenute in appunti privi di qualsiasi sigla o firma. Risulta anzitutto evidente che si tratta
di insinuazioni, volte a gettare ombre su esponenti della vita pubblica, offrendo la possibilit di attaccarli e
di delegittimare la loro azione. Siamo di fronte a notizie prive di riscontri. Di alcune di esse, pubblicizzate
dallo stesso Craxi, stato gi ampiamente dimostrato il carattere calunnioso.
C' da domandarsi quale sia l'origine e quale, di volta in volta, la finalit di questi appunti anonimi,
commissionati e ottenuti con lo scopo di creare veleni e per disporre, nella lotta politica, di strumenti di
disinformazione e di pressione sleale sugli interlocutori e sugli avversari.
A giudizio del Comitato, una parte del materiale presenta caratteristiche tali da far ritenere che esso possa
provenire dall'interno dei Servizi di informazione e sicurezza.
Inoltre, sono i contenuti peculiari di alcuni tra i documenti sequestrati e la tecnica espositiva adoperata a far
credere legittimamente che essi non siano il frutto di occasionali collaborazioni private, ma che possano
aver avuto una origine interna agli apparati di sicurezza.
Su questi aspetti della documentazione occorre che si faccia piena luce.
5. Il Comitato parlamentare ha il compito di vigilare sulle attivit che si svolgono nell'ambito dei Servizi e
sulla loro corrispondenza alle finalit istituzionali. I criteri in base ai quali il Comitato formula le proprie
valutazioni discendono dai princpi costituzionali e dalle norme fissate nella legge n. 801 del 1977.
Sotto il controllo del Comitato ricadono le attivit proprie dei Servizi. Possono essere oggetto di esame,
sulla base della legge, le operazioni compiute (quando esse si siano definitivamente concluse) e la relativa
produzione di informazioni (fatta salva la copertura delle fonti e degli agenti). Di tutto ci si dovrebbe
conservare un'affidabile memoria negli archivi, proprio perch il controllo possa essere pi tardi esercitato.
In questa prospettiva, il Comitato ha uno specifico interesse ad individuare e segnalare al Parlamento, ogni
volta che ne abbia notizia, le iniziative illegittime realizzate nell'ambito degli apparati di sicurezza. Il
controllo tanto pi efficace quanto pi in grado di mettere a nudo le deviazioni, affinch vengano
rimossi i responsabili e vengano modificate le regole che hanno reso possibili gli abusi.
Tra le attivit illegittime vi certamente la composizione di appunti riservati e di dossiers, ad opera di
appartenenti ai Servizi, con lo scopo di costruire strumenti di disinformazione, di pressione politica o
addirittura di ricatto. Non mancano, per il passato, esempi della elaborazione e dell'uso di questo tipo di
documenti. I vecchi fascicoli del SIFAR, finiti in parte nelle mani di Licio Gelli, servivano proprio alla
disinformazione e al ricatto.
Come il Comitato ha gi rilevato nel Primo rapporto sul sistema di informazione e sicurezza, la
distorsione e la strumentalizzazione delle attivit informative per scopi di parte ed extra-istituzionali erano
rese possibili da una gestione arbitraria degli archivi, volutamente sottratta a ogni criterio certo e
controllabile.
La funzione degli archivi dovrebbe essere quella di raccogliere puntualmente tutti i documenti prodotti, in
base a criteri e con modalit tali da consentirne il reperimento. Ma non si pu dire che nell'arco degli ultimi
decenni questa funzione si sia correttamente realizzata. Anzi, sono state frequenti le manipolazioni, i
depistaggi, gli episodi di informazioni occultate, di fascicoli relativi a fatti di eversione che riapparivano a
distanza di anni, dopo che ne era stata negata l'esistenza (1) .
In particolare, invalsa l'abitudine di riversare i risultati delle attivit informative in appunti non
protocollati n il pi delle volte siglati, in modo che la loro origine non sia esattamente identificabile. Si
tratta, come il Comitato ha potuto verificare in numerosi casi, di note informative accompagnate da lettere
di trasmissione, ma tali da poter essere destinate autonomamente, a seconda dei casi e delle convenienze,
all'uno o all'altro incartamento.
Ci evidentemente rende assai difficile ogni controllo.
opportuno ricordare che era proprio questo lo schema di composizione dei dossiers relativi a partiti e a
esponenti politici, rinvenuti negli archivi dei Servizi, concernenti il periodo 1977-1981 e di cui fu ordinata
la distruzione nel 1987, in seguito a una disposizione del presidente del Consiglio Goria. Alcuni di quei

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fascicoli, che mostravano di avere una rilevanza penale, sono stati acquisiti dall'Autorit giudiziaria e poi da
questa trasmessi al Comitato. Essi contenevano notizie, voci incontrollate e pettegolezzi sulle vicende
politiche italiane, per scopi molto lontani da quelli istituzionali. Appariva chiaro che erano stati raccolti a
vantaggio di gruppi interni allo schieramento di governo.
Il medesimo schema - sia per quanto riguarda la disposizione formale delle carte, sia in qualche caso per i
contenuti estranei ai fini istituzionali - si ritrova nei 21 fascicoli del SISDe, riguardanti esponenti politici, e
impiantati nel periodo di direzione del prefetto Domenico Salazar (10 agosto 1993 - 12 luglio 1994). Ad
essi il Comitato parlamentare ha dedicato un'apposita Relazione presentata alle Camere il 27 luglio 1995
(Doc. XXXIV n. 2). Anche in questo caso siamo di fronte ad appunti anonimi, conservati in uno stato di
estremo disordine, tanto da non poter escludere una manipolazione dei fascicoli e una sottrazione di fogli.
Almeno per due documenti anonimi conservati da Craxi - una nota sulla Operazione Gladio e una che
contiene riferimenti cifrati, nella quale cio si parla di persone non nominate, ma individuate con numeri e
asterischi - sembra indubbia la provenienza dall'ambiente dei Servizi. opportuno esaminare questi
documenti per primi. Essi hanno comunque la stessa ispirazione e la stessa funzione di tutti gli altri:
richiamano fatti che si presumono non noti, anzi segreti, e la cui divulgazione pu servire a denigrare gli
avversari. In generale, molti tra i documenti presentano caratteristiche di struttura e linguaggio assai simili a
quelle dei dossiers illegittimi o irregolari che il Comitato ha avuto in passato occasione di conoscere.
6. L'appunto dal titolo Operazione Gladio si riferisce a vicende e attivit del Servizio segreto militare, in
gran parte ancora oggi oscure. Questa nota - al di l della rozzezza del linguaggio - rivela un duplice scopo:
fornire argomenti e notizie riservate utilizzabili contro l'on. Giulio Andreotti, che aveva svelato l'esistenza
della struttura Gladio, e al tempo stesso di dare di questa una visione riduttiva.
Tale presunta operazione - scritto - che prevista peraltro fin dal 1949, sia pure sotto il nome di codice
diverso, ricorda tanto quella con cui l'on. Andreotti provvide a buttare per aria i Servizi quando voleva
riassumerne il controllo completo (caso Miceli-Maletti). L'on. Andreotti sottoscrisse infatti, gi all'inizio
degli anni sessanta, quale Ministro della difesa, i piani segreti NATO per contrastare un'eventuale invasione
da parte russa e gli uomini che hanno seguito quest'aspetto, peraltro del tutto marginale dell'attivit dei
Servizi, sono sempre stati uomini a lui legati, finch l'ammiraglio Martini non ha provveduto a sostituirli
con persone diverse.
Per sminuire la portata di Gladio si segnala inoltre l'esistenza, nel Servizio segreto militare, di una struttura
simile, ma pi occulta ed efficiente. Un superservizio in realt sempre esistito, ma non quello di cui si
parla e aveva ed ha compiti informativi, non certo assegnati agli uomini della Gladio .
L'appunto databile tra la fine del 1990 e gli inizi del 1991: cio nella fase in cui per ordine dell'on.
Andreotti la struttura Gladio veniva smobilitata. Proprio allora si andava acuendo la tensione tra il
Presidente del Consiglio e il direttore del SISMi, ammiraglio Martini, che sfocer nella mancata proroga del
trattenimento in servizio di questi e, quindi, in pratica, nel suo allontanamento dalla Direzione del SISMi in
data 26 febbraio 1991. La tesi sostenuta che Andreotti abbia compiuto qui la stessa operazione di
liquidazione di alcuni centri di comando dei Servizi, gi realizzata negli anni settanta. In particolare, nel
1974, egli aveva provocato una crisi nel SID, sia attraverso un'intervista a Massimo Caprara, per il
settimanale Il Mondo, rivelando la identit del neofascista Guido Giannettini, confidente del Servizio, sia
attraverso iniziative contro il generale Vito Miceli (allora Direttore del SID), in rapporto alle vicende del
cosiddetto golpe Borghese e della Rosa dei venti, sia offrendo, dal marzo 1974, come Ministro della
difesa, un attivo sostegno al generale Gianadelio Maletti (allora Capo dell'Ufficio D), nello scontro interno
che lo contrapponeva a Miceli.
L'accenno ai piani segreti NATO, sottoscritti da Andreotti, pur nella sua genericit, deve riferirsi a due
episodi, concernenti collegamenti di Gladio nel quadro NATO. Il primo del giugno 1959: il Servizio
italiano entr allora a far parte del Comitato di pianificazione e coordinamento, organo di SHAPE (2). Il
secondo del 1964: in quell'anno il Servizio entr a far parte del Comitato clandestino alleato (ACC),
emanazione del suddetto Comitato di pianificazione e coordinamento e costituito tra paesi che intendevano
organizzare una resistenza sul proprio territorio, in caso di aggressione dell'est e, a quanto sembra, anche
nell'eventualit di sovvertimenti interni (3). Quando furono realizzate queste due intese con gli alleati, il
Ministro della difesa era l'on. Andreotti. Dunque egli sapeva e questo un argomento da usare contro di lui.
Rispetto agli accertamenti che sono stati in varie sedi condotti, la nota contiene due notizie all'apparenza
nuove:

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a) la nascita di Gladio nel 1949;


b) l'esistenza di un superservizio.
Sul primo punto, occorre ricordare che nel protocollo d'intesa tra il Servizio italiano e quello statunitense
del 26 novembre 1956, per la costituzione di Gladio, vi era stato un esplicito riferimento ad accordi
preesistenti. Nella relazione inviata dal presidente del Consiglio Andreotti alla Commissione parlamentare
d'inchiesta sul terrorismo e sulle stragi il 17 ottobre 1990, verr segnalato che con quella intesa tra SIFAR e
CIA erano stati confermati tutti i precedenti impegni intervenuti nella materia tra Italia e Stati Uniti. In
base a quanto risulta dalle indagini giudiziarie fuor di dubbio che in epoca precedente alla creazione di
Gladio sia esistita un'altra organizzazione denominata Duca, con le stesse finalit e struttura analoga, di
cui sappiamo ben poco e che dovrebbe essere stata sciolta intorno al gennaio 1995 (ma in vari documenti
acquisiti dall'Autorit giudiziaria si parla di organizzazione Duca - Gladio) (4).
Sul secondo punto, va sottolineato che la notizia della esistenza di un superorganismo occulto all'interno del
Servizio segreto militare non poteva considerarsi nel 1990-1991 del tutto inedita, essendo gi pi di una
volta affiorata nella tormentata vicenda delle indagini giudiziarie sui fenomeni di eversione e di deviazione
degli apparati dello Stato. Alcune testimonianze a proposito di una struttura occulta operante nel SID furono
raccolte nel 1974 dal giudice Giovanni Tamburino che indagava sulla organizzazione eversiva Rosa dei
venti. Il 14 dicembre 1977, il generale Vito Miceli, interrogato nel processo per il golpe Borghese, che si
svolgeva davanti alla Corte d'assise di Roma, ammise esplicitamente l'esistenza di un organismo occulto
nell'ambito del Servizio segreto italiano. Vi fu anche una specifica indagine giudiziaria conclusasi con
l'archiviazione in data 22 febbraio 1980. Il presidente del Consiglio Andreotti aveva risposto, il 4 ottobre
1978, all'interpello della Procura della Repubblica di Roma, escludendo con una formula estremamente
ambigua l'esistenza dell'organismo occulto.
La questione riemerse proprio quando fu portata alla luce la struttura Gladio ed tuttora oggetto di
accertamenti da parte dell'Autorit giudiziaria. Tra l'altro, l'istruttoria condotta dal giudice istruttore di
Milano Guido Salvini, relativa ad attentati collegati con la strage di piazza Fontana, ha individuato
l'esistenza di una struttura clandestina predisposta ad attivit di guerriglia (e denominata Nuclei di difesa
dello Stato), che sarebbe stata coinvolta in azioni terroristiche e i cui componenti erano reclutati
nell'ambiente della destra eversiva. Il giudice istruttore di Milano ha deciso la trasmissione degli atti alla
Procura di Roma per i necessari approfondimenti, anche riguardo alle eventuali connessioni con Gladio.
L'appunto in possesso dell'on. Craxi si riferisce a questo groviglio di situazioni non chiarite. Ed anzi
questa, ad avviso del Comitato, un'occasione per sottolineare come troppe volte nel passato sia stato assente
l'impegno del Governo a conoscere la verit e sia mancata una leale collaborazione con l'Autorit
giudiziaria. Perci oggi necessario un orientamento nuovo che rompa la continuit con quel passato.
L'appunto inoltre contiene implicitamente un elogio dell'ammiraglio Martini che avrebbe contrastato il
potere di Andreotti. L'autore conclude scrivendo: poich raccontarle lo sviluppo di tutta questa storia
comporterebbe svariate cartelle, oltre l'uso di dati classificati COSMIC, resto a sua disposizione per farlo
ove ella ne avvertisse la necessit. Allo stato attuale mi bastava significarle la mia idea, peraltro condivisa
nel mio ambiente, che Andreotti stia agendo unicamente per riunificare il Servizio (esigenza sempre pi
imprescindibile) sotto mano a lui fedele.
Queste frasi inducono a credere che l'estensore dell'appunto fosse inserito (tra la fine del 1990 e gli inizi del
1991) nelle sfere pi elevate del Servizio informativo militare. Peraltro l'on. Craxi, nell'audizione svoltasi
davanti al Comitato il 28 novembre 1990, pur ribadendo la propria piena fiducia personale nei confronti di
Martini (che aveva nominato capo del SISMi), dichiar di non aver mai avuto, quando era Presidente del
Consiglio, una effettiva conoscenza della struttura Gladio n delle sue attivit e dei suoi collegamenti in
ambito NATO, sottolineando la limitatezza e il carattere formale dei controlli previsti in questa materia.
L'appunto esaminato dimostra come, al momento opportuno, il segretario del PSI potesse ottenere notizie
pi precise (anche se manipolate, in relazione alle manovre politiche a cui servivano) dall'interno del
Servizio. Il Comitato ritiene che proprio in questo quadro di controlli insufficienti e di deleghe in bianco
siano maturate le deviazioni pi gravi nella complessiva esperienza dei Servizi e si siano determinati
rapporti anomali ed extraistituzionali tra esponenti politici del sistema di governo (come era l'on. Craxi) e
funzionari chiamati a dirigere questi apparati.
7. La denigrazione degli avversari la finalit posta a base di un altro documento che contiene riferimenti
cifrati.

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Esso segnala incontri di dirigenti del Partito comunista italiano, tra i quali Enrico Berlinguer, con persone
che vengono indicate mediante numeri. Non chiaro se si tratti di notizie indirette, aggiustate o inventate,
oppure del risultato di una vera e propria attivit di pedinamento. assai grave che, in una recente intervista
a un organo di stampa, l'ammiraglio Martini abbia voluto fornire una inaccettabile giustificazione di simili
attivit di controllo ad opera dei Servizi, realizzate nei confronti di esponenti politici e parlamentari.
Questi appunti sono ovviamente databili nella prima met degli anni ottanta (prima della morte di
Berlinguer, che del giungo 1984, e in una fase in cui egli era nettamente schierato contro la politica
craxiana).
Si richiama la vicenda del prestito del Banco Ambrosiano a favore del quotidiano Paese Sera e si comunica
che un ex giornalista di quella testata, rimasto senza lavoro, sarebbe pronto a parlare dei finanziamenti al
PCI.
Una nota cifrata e altrettanto oscura, nello stesso foglio, si riferisce a presunte informazioni utilizzabili
contro il ministro del lavoro Franco Marini; e vi infine un cenno a foto e filmini, che sarebbero nelle mani
di una persona, anch'essa indicata soltanto con un numero.
I termini usati e la configurazione del documento portano a ritenere che esso abbia origine all'interno di uno
dei Servizi di informazione e sicurezza e che i nomi coperti da cifre siano quelli di uomini collegati con la
struttura, i quali hanno collaborato alla raccolta di notizie manipolate o costruite artificialmente contro
determinati obiettivi politici. L'appunto sul ministro Marini, a differenza degli altri inseriti nel documento,
di epoca recente. sicuramente posteriore al 13 aprile 1991 (data di nomina del Ministro che rimase in
carica fino al 22 aprile 1992) e pu essere ancora pi vicino nel tempo. verosimile che l'onorevole Marini
sia divenuto oggetto di particolare attenzione, quando ha assunto funzioni di direzione del Partito popolare,
vale a dire nel 1994.
8. Vi sono poi alcuni documenti che contengono voci e affermazioni infamanti, in gran parte gi emerse
negli anni ottanta e in vario modo connesse con le operazioni di intossicazione informativa che si sono
sviluppate attorno alla loggia massonica P2.
Un dossier, costituito da quattro documenti, si riferisce al caso delle tangenti che, alla fine degli anni
settanta, sarebbero state pagate a esponenti politici italiani sulle importazioni di petrolio greggio dall'Arabia
Saudita. Al centro dell'affare erano l'ENI e i suoi dirigenti. Il dossier contiene anzitutto un Appunto
anonimo, del 27 febbraio 1980, redatto in una forma che consueta per i Servizi, identica a quella di altri
documenti irregolari gi in possesso del Comitato. Anzi, nei fascicoli illegittimi del periodo 1977-1981,
sono comprese alcune note anonime dello stesso genere redatte tra l'autunno 1979 e i primi mesi del 1980,
inviate al CESIS, che si riferiscono a questa vicenda, in rapporto alla politica del PSI. Il caso delle tangenti
ENI - scritto nel testo - starebbe per tornare alla ribalta. Questa volta sarebbe corredato da elementi pi
particolareggiati di quanto non lo fosse prima. Colui che avrebbe in mano tutta la faccenda sarebbe il
giornalista Zicari, capo ufficio stampa di Monti. La nota si riferisce a un vero e proprio conflitto che si
stava svolgendo per il controllo dell'ENI. Le informazioni sui percettori delle tangenti (come quelle che
sembravano in possesso di Zicari, il cui nome risulter nelle liste della P2) servivano come armi nel
conflitto. Il dossier comprende altri documenti che riguardano le vicende interne dell'ENI, in particolare
l'allontanamento di Mazzanti e la nomina di Grandi come presidente e di Leonardo Di Donna come
vicepresidente (altro nome incluso nelle liste P2). Craxi ha raccolto notizie o pseudo-notizie utili per
intervenire in questo scontro di potere e perfino un anonimo a carico di Di Donna, del quale questi appunti
segnalavano, nei primi mesi del 1980, il progressivo avvicinamento alla segreteria del PSI.
9. Tra le carte conservate fino ad oggi vi una lettera di Francesco Pazienza. Gi collaboratore del SISMi
e tra gli affiliati coperti del Grande Oriente d'Italia, legato ad ambienti mafiosi e a esponenti della banda
della Magliana, egli era stato al vertice di una catena di comando parallela nel Servizio segreto militare,
realizzatasi ai tempi in cui questo era diretto dal generale Santovito e sostanzialmente controllato dalla P2.
La lettera, piena di insinuazioni e dal tono ricattatorio, risulta inviata il 7 febbraio 1983 a Eugenio Scalfari e
non pu che provenire dallo stesso Pazienza. Altre affermazioni calunniose contro Scalfari sono contenute
in un appunto anonimo dal titolo Scandalo Flavio Carboni (1980-1989), pi vicino nel tempo, redatto con
il medesimo stile della lettera e che pu avere identica origine.
10. L'interesse ancora attuale di Craxi per le vicende della P2 dimostrato da un promemoria, scritto di

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recente per difendersi dalle accuse relative al conto Protezione e ai rapporti con Gelli.
Egli ha inoltre conservato un lungo documento riguardante quella loggia massonica. Il testo stato
certamente redatto tra la tarda primavera e l'inizio dell'estate 1984 (5). Contiene l'annotazione a mano
Copia fu data ad And.
L'autore intende dimostrare che Licio Gelli sia stato collegato al PCI e che sia stato un agente manovrato
dai Servizi segreti sovietici. Per sostenere questa tesi, viene taciuto il fatto, documentalmente certo, che
Gelli stato, durante l'ultimo periodo della guerra, collaboratore a Pistoia del Counter Intelligence Center,
organo periferico dell'OSS (Office of Strategic Services), il Servizio statunitense addetto alle informazioni,
al controspionaggio e ad attivit oltre le linee nemiche (6).
Si ricostruiscono inoltre le vicende che hanno portato Gelli ad occupare in breve tempo il posto di primo
piano nella massoneria (e precisamente nel Grande Oriente d'Italia). Si sostiene come, in tutti gli affari di
cui stato partecipe, egli abbia sempre mantenuto una propria autonomia, senza mai dipendere
direttamente da nessuno.
Si approda cos a un visione riduttiva e fuorviante del sistema piduista, con la quale, tra l'altro, si
sdrammatizza il fatto che di quella loggia facessero parte tutti i Capi dei Servizi segreti.
11. Una testimonianza del collegamento con settori dei Servizi, che forniscono materiale informativo a
Craxi, si trova in un promemoria scritto da lui stesso a proposito dello scandalo che aveva coinvolto nel
1983 alcuni amministratori socialisti di Torino. Vengono raccolte notizie sugli accusatori: Adriano
Zampini, che con le sue deposizioni ha consentito ai magistrati di smascherare un complesso ed esteso
sistema di tangenti, e l'ingegner De Leo, il primo a sporgere denuncia contro quegli amministratori, su
consiglio del sindaco Novelli. In particolare, il promemoria contiene ragguagli sul loro passato politico e sui
loro affari. Si indica espressamente che queste notizie provengono dai Servizi. Si mette insieme tutto ci
che possibile (compresa l'insinuazione che il magistrato al quale la denuncia consegnata sia prevenuto e
di parte) allo scopo di delegittimare il processo penale.
12. Numerosi appunti, nella solita forma anonima, contengono accuse contro il PCI, fino all'inizio degli
anni novanta, e poi contro il PDS e i suoi dirigenti.
Si ricordano ulteriormente i prestiti effettuati dal Banco Ambrosiano, a cui si riferiva l'appunto cifrato gi
preso in esame. Con particolare attenzione vengono raccolti dati e notizie che possano attestare
finanziamenti dall'Unione Sovietica al PCI. Inoltre, sui rapporti tra i due partiti, sono conservati documenti
non recenti, provenienti dall'Unione Sovietica.
Alcune note sono dedicate alle cosiddette cooperative rosse, alle quali si afferma che spetterebbe, pressoch
ovunque, una quota fissa di appalti pubblici, pari al venti per cento del totale, grazie ad un accordo tra
politici e imprenditori, di cui sarebbe stato parte prima il PCI e poi il PDS.
Si segnala il fatto che i dirigenti del PCI e del PDS abbiano compiuto, in passato, viaggi nell'Unione
Sovietica.
Si descrivono numerosi affari con i paesi dell'est che avrebbero procurato vantaggi a societ collegate con il
PCI. Infine, si passano in rassegna le difficolt che sarebbero state da pi parti frapposte alle indagini sul
fronte rosso, condotte dalla dottoressa Tiziana Parenti.
evidente la ricerca di elementi idonei a dimostrare che la corruzione e il finanziamento illecito erano
comuni a tutti i partiti. In massima parte, si tratta di documenti gi noti, in relazione ai quali sono stati svolti
accertamenti giudiziari. In qualche caso si perfino proceduto per calunnia contro Craxi.
13. Altre note, in cui si descrivono pretese attivit illecite, riguardano invece esponenti politici del PSI, tra i
quali Claudio Martelli e Ottaviano Del Turco. Provenienti da ambienti del partito, queste informazioni
servono come mezzi di lotta politica interna e sono state con ogni probabilit utilizzate (per Del Turco
anche pubblicamente), tra il 1992 e il 1993, in una fase nella quale il partito esisteva ancora e Craxi cercava
di neutralizzare in ogni modo i suoi possibili successori.
14. Un appunto anonimo, su un foglio senza intestazione, riguarda la Lega Nord e precisamente l'acquisto
della sede di questo movimento a Milano. Lo schema sempre quello dei fogli volanti e privi di
intestazione, presenti in larga quantit, come si detto, nei fascicoli dei Servizi e che possono facilmente
sparire senza lasciar traccia.

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In questo caso vengono raccolte notizie sul prezzo dell'immobile acquistato, sulle persone intervenute nella
operazione, sui loro collegamenti e sui loro trascorsi, evidentemente alla ricerca di qualche elemento da
usare contro la Lega.
15. Una scheda di tre pagine, senza firma n intestazione, riferisce dati informativi sul professor Romano
Prodi e sulla sua gestione dell'IRI. Si valuta negativamente tale gestione e si sollevano dubbi sulla sua
correttezza.
16. Due brevi dossiers sono dedicati a due associazioni milanesi: Societ civile, facente capo al professor
Nando Dalla Chiesa e Proposta nuova, facente capo all'onorevole Ombretta Fumagalli Carulli.
Il primo siglato F.F.: ricostruisce la storia di Societ civile e ricorda alcuni degli aderenti, con una
puntigliosa elencazione dei magistrati che hanno partecipato alle sue iniziative. Tra questi viene segnalato il
dottor Antonio Di Pietro, si insiste sui suoi viaggi negli Stati Uniti (uno dei quali in compagnia del
professor Dalla Chiesa), come se celassero trame misteriose, e si insinua che nelle indagini giudiziarie sulla
corruzione abbiano ottenuto un trattamento di favore gli esponenti politici che avevano rapporti con
l'associazione.
Il secondo dossier utilizza notizie che non possono venire se non dall'interno dell'Associazione. Chi pu
averle raccolte? L'appunto anonimo particolarmente dettagliato. Viene illustrato l'assetto organizzativo di
Proposta nuova e si indica come di essa abbiano fatto parte, con la onorevole Fumagalli, il dottor Di
Pietro e il consigliere comunale Radice Fossati.
In entrambi i casi, appare chiara la ricerca di spunti che servano all'attacco contro i magistrati del pool
milanese e soprattutto contro il dottor Di Pietro.
17. Uno speciale rilievo assume il materiale riguardante i magistrati. Esso si inquadra in un contesto di
scritti e di annotazioni che definiscono l'azione condotta da varie Autorit giudiziarie contro il sistema della
corruzione, come una specie di colpo di Stato: non come la riaffermazione dei diritti negati, dopo una lunga
fase di illeciti commessi da esponenti politici, ma piuttosto come un cumulo di illegalit.
Tale denuncia, peraltro, rimane genericamente sullo sfondo. Non viene contestato in questi scritti il merito
delle azioni penali. A parte una lunga memoria, databile nel 1993, che figura in due diverse stesure,
entrambe recanti all'inizio l'intestazione Previti, ove si sostiene che il Parlamento dovrebbe
programmaticamente negare tutte le autorizzazioni a procedere per ristabilire un equilibrio tra i poteri, non
vi sono note che effettivamente riguardino l'esercizio della giurisdizione. Tutto l'impegno altrove ed
volto a delegittimare i magistrati. Per fermarli si ricorre alla disinformazione, alle insinuazioni spesso
inverificabili e perci capaci di lasciare comunque un segno negativo. Il tutto alla ricerca di eventuali punti
deboli (o che appaiano tali) nella vita personale di chi si vuole colpire.
La posta in gioco, per chi come l'on. Craxi incalzato da numerosi procedimenti penali, assai alta. Proprio
per questo, la fabbricazione degli strumenti informativi da usare nell'attacco presuppone un lavoro
complesso e sofisticato.
18. Una nota anonima in diciotto paragrafi contiene accuse di scorrettezza, rivolte al sostituto procuratore
della Repubblica di Roma dottor Vittorio Paraggio e al procuratore della Repubblica dottor Vittorio Mele
per una trasferta giudiziaria in Per che si sarebbe protratta troppo a lungo. Il dottor Paraggio stato titolare
dell'inchiesta sulla cooperazione, che concerneva tra l'altro i rapporti Italia-Per, e in questo ambito le
relazioni intercorse tra l'on. Craxi e l'ex presidente del Consiglio peruviano Alan Garcia, sottoposto nel suo
paese a procedimento penale per fatti di corruzione.
Vengono utilizzate e manipolate notizie provenienti dal Per e Craxi sembra al corrente di tutti i movimenti
dei due magistrati.
19. A proposito del dottor Di Pietro, occorre sottolineare che in queste carte egli pi volte indicato come
un vero e proprio nemico, con il quale non si pu venire a patti. Non mancano anzi gli accenni polemici alla
posizione del senatore Cossiga, e alla benevolenza mostrata nei confronti del magistrato. Tuttavia, lo
stesso on. Craxi, in una lettera inviata al suo avvocato il 22 giugno 1995, ad affermare che nel 1992, con la
mediazione del presidente del Consiglio Giuliano Amato e su iniziativa del capo della polizia Vincenzo
Parisi, si sarebbe stabilita una sorta di intesa con il dottor Di Pietro e che ci avrebbe indotto il Segretario

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del PSI a non dire ci che gi sapeva e a non portare fino in fondo le sue critiche e le sue denunce contro gli
abusi giudiziari commessi da quel magistrato.
In realt questo preteso accordo non sembra aver prodotto alcun risultato. I procedimenti penali sono anzi
andati avanti, senza riguardi per Craxi e per i suoi amici. Sebbene la raccolta di elementi informativi per
denigrare Di Pietro sia cominciata presto (i dossiers gi circolano nel 1993), un vero e proprio attacco
frontale si scatena soltanto nel 1994. Durante questo anno si preciseranno le insinuazioni e si far ricorso ad
un elemento informativo nuovo, prima usato riservatamente per esercitare pressioni sul magistrato, e solo
recentemente divenuto pubblico.
20. Tra le carte di via Boezio, vi sono diversi appunti relativi al dottor Di Pietro, con notizie che si
riferiscono a tre filoni di ricerca:
anzitutto all'epoca in cui - prima di divenire magistrato - egli era nella polizia di Stato;
in secondo luogo alle amicizie che egli aveva stretto e coltivato a Milano;
in terzo luogo alle modalit con le quali, dal 1992 in avanti, egli aveva condotto le indagini sui fatti di
corruzione.
Per quanto concerne il periodo pi lontano, le note in possesso di Craxi tentano di suggerire un
collegamento tra l'attivit di Di Pietro quando era in polizia e le vicende dell'autoparco, sede, come noto,
di traffici illeciti e punto di riferimento di attivit mafiose nel centro-nord. Uno degli appunti - redatti in una
forma che consueta per i Servizi - afferma, tra l'altro, che il procuratore della Repubblica Borrelli non
poteva non vedere quello che avveniva all'autoparco di Milano ed avanza dubbi sul comportamento di altri
magistrati. Si tratta di affermazioni prive di riscontro e talvolta inverosimili.
Il secondo filone rappresentato dalle amicizie e dai rapporti personali del dottor Di Pietro. In particolare,
gli appunti insistono sul suo rapporto con l'avvocato Lucibello che fin dall'inizio delle indagini sarebbe stato
molto vicino al magistrato, con interessi economici in comune, tanto da esercitare un condizionamento su di
lui.
Il terzo filone comprende la denuncia di favoritismi e di un atteggiamento non equo nei confronti degli
indagati: alcuni di loro avrebbero evitato il carcere o l'avrebbero subto per pochissimo tempo, altri
sarebbero stati trattati assai pi duramente.
Caratteristico di tutti questi appunti il fatto che essi non siano raccolti a fini di giustizia, che non vengano
usati per chiedere l'intervento della magistratura competente, ma piuttosto per spargere veleno, per cercare
di intimidire il magistrato che si considera nemico, per demolirne l'immagine.
Una novit interviene nel 1994. Andando al di l delle generiche denunce gi note, relative ai collegamenti
di Di Pietro con professionisti e imprenditori, le informazioni riguardano ora un fatto che si presenta come
oggettivo. Tra il febbraio e il maggio 1992, nella fase cruciale delle indagini che hanno fatto esplodere il
sistema di Tangentopoli, Di Pietro avrebbe effettuato una serie di telefonate, in particolare con gli avvocati
Lucibello e D'Adamo, i quali a loro volta avrebbero avuto contatti telefonici con persone coinvolte nei reati
su cui vertevano le indagini, il tutto attraverso apparecchi cellulari.
Il riferimento alle telefonate contenuto per la prima volta in una lettera dal tono intimidatorio, indirizzata
dall'on. Craxi al dottor Di Pietro, il 25 febbraio 1994. Essa in particolare contesta il trattamento di favore
accordato ad alcuni indagati.
Ma l'elenco analitico di quelle telefonate fa parte di un dossier che ha costituito la base di avvio dell'attivit
ispettiva iniziata nell'autunno del 1994 a carico del dottor Di Pietro e chiusa il 7 dicembre, nel giorno
successivo alle sue dimissioni. L'originale di quel dossier, mai protocollato, fu fatto distruggere dal Capo
dell'ispettorato del Ministero di grazia e giustizia verso la fine di dicembre del 1994. Fotocopie di
documenti in esso inclusi sono state poi trasmesse alla Procura della Repubblica di Brescia da uno degli
ispettori.
Mentre l'indagine della Procura di Brescia era in corso, e la vicenda del dossier era gi emersa, l'on. Craxi
ha reso noto pubblicamente l'elenco delle telefonate, a cui aveva gi fatto cenno nella sua missiva di
febbraio indirizzata a Di Pietro e che era stato trascritto per intero nel dossier riservato fornito agli ispettori.
Il 22 giugno 1995, in una lunga lettera all'avvocato Del Giudice, Craxi ha affermato che i tabulati relativi
alle telefonate gli erano stati forniti dal prefetto Vincenzo Parisi.
Il Comitato, sulla base della documentazione in suo possesso, rileva che tra le carte conservate dall'on.
Craxi e i documenti che componevano il dossier da cui sorta l'ispezione, vi una concordanza di
ispirazione nonch la coincidenza di alcuni dati informativi. Al di l delle semplici voci e dei veleni, di cui

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abbiamo gi visto numerosi esempi, sembra evidente, da parte di Craxi, il perseguimento di una specifica
attivit di controllo nei confronti del dottor Di Pietro e di altri soggetti che avevano rapporti con lui. Si
trattato probabilmente di una raccolta di dati relativi al traffico telefonico, che, in assenza di un
provvedimento dell'Autorit giudiziaria, pu essersi realizzata soltanto attraverso l'attivit illegittima di uno
o pi funzionari della Telecom. Non pu escludersi una intercettazione delle telefonate.
Comunque, anche la semplice acquisizione di tabulati delle telefonate, avvenute in un momento determinato
e di particolare delicatezza delle indagini, una iniziativa mirata: punta, come al solito, a sollevare sospetti
e presuppone che i comportamenti e i contatti di Di Pietro fossero tenuti sotto un attento controllo. Craxi
sostiene che per ottenere quei tabulati vi stato un intervento della polizia. Getta cos una pesante
responsabilit sulle spalle del prefetto Parisi, scomparso alla fine del 1994. Ma le sue parole non trovano
alcun riscontro.
Riguardo a questa vicenda necessario raggiungere la massima chiarezza. L'acquisizione di dati relativi alle
telefonate di pi persone non cosa tanto semplice, che chiunque possa realizzare. Ma soprattutto
impegnativa la scelta del momento e degli interlocutori. possibile che settori o singoli uomini degli
apparati dello Stato abbiano lavorato per costruire informazioni riservate su Di Pietro e per tenerlo sotto
controllo? Il Comitato ritiene che ci sia verosimile. compito dell'Autorit giudiziaria indagare, come gi
del resto sta facendo, su questo punto e sulla eventuale compromissione di funzionari dei Servizi di
informazione e sicurezza.
21. Le carte dell'on. Craxi appaiono come un vero e proprio arsenale dei veleni. Alcuni appunti anonimi
sono molto recenti e quelli che con maggiore probabilit provengono dall'interno dei Servizi si collocano
nei primi anni novanta.
Si tratta di un materiale fondamentalmente omogeneo. C' una somiglianza di metodo e una continuit
politica tra la disinformazione di impronta piduista dell'inizio degli anni ottanta (ad esempio le insinuazioni
su Scalfari, le notizie fatte circolare sulle tangenti ENI) e i dossiers preparati, pi di dieci anni dopo, contro
i magistrati, in particolare contro il dottor Di Pietro.
Il casuale ritrovamento di questi frammenti di archivio nelle mani di un ex Presidente del Consiglio
consente di conoscere e di valutare un aspetto sotterraneo e nascosto della lotta politica. Siamo di fronte non
a strumenti di conoscenza da usare per una competizione leale, ma piuttosto ad armi di offesa: pseudoinformazioni che servono a lanciare avvertimenti oscuri, a ricattare, a incutere timore, a gettare ombre e
sospetti.
Tutto questo ferisce la vita democratica. Le deviazioni dei Servizi di informazione e sicurezza che abbiamo
conosciuto in passato dipendevano molto da questa lotta politica sotterranea. Le carte di Craxi
rappresentano la conferma di un sistema. Resta da stabilire quanto di questi materiali provenga dall'interno
di apparati dello Stato e di chi siano le responsabilit dei singoli comportamenti devianti. L'onorevole Craxi
ha continuato a intrattenere rapporti con i Servizi, anche in anni recenti, come dimostrato dal fatto che
nelle agende sequestrate in via Boezio ricorrono pi volte i nomi di funzionari di primo piano, soprattutto
del SISDe, come Michele Finocchi o come il suo successore nella funzione di Capo di gabinetto, i cui nomi
risultano in pi annotazioni.
Al riguardo il Comitato ha richiesto agli attuali Direttori del SISMi e del SISDe e al responsabile del II
Reparto della Guardia di finanza se risultassero attivit informative e, di conseguenza, formazione di
dossiers sul conto del dottor Di Pietro, ricevendone formale risposta negativa.
Il Comitato non ha oggi il potere di compiere un accertamento diretto sui rapporti tra i funzionari dei
Servizi e chi ha condotto e conduce la lotta politica attraverso la disinformazione e le manovre occulte, ma
si impegner a verificare autonomamente se sia stata svolta una attivit informativa, evidentemente deviata,
nei confronti del dottor Di Pietro. Su tutto ci il Comitato potr riferire nel contesto di una successiva
relazione al Parlamento. Il Comitato pu e deve chiedere all'Autorit di governo che un rigoroso controllo
sia esercitato sugli archivi dei Servizi di informazione e sicurezza, per verificare se vi siano ancora tracce di
attivit illegittime. Alla magistratura spetta il compito di individuare chi abbia agito illecitamente e al
Governo quello di cambiare strutture e uomini.
Se vero che i veleni e le calunnie non devono essere posti a base della politica, occorre perci anzitutto
garantire che nessun settore o singolo componente degli apparati dello Stato sia indirizzato alla raccolta di
questi veleni.
Tutta l'organizzazione degli archivi deve essere ristrutturata. La disposizione impartita dal presidente del

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Consiglio Dini di bloccare la distruzione dei documenti costituisce un primo passo. Occorre prevedere
tassativamente che ciascun documento o appunto informativo sia registrato e che ne sia garantita la univoca
classificazione, in modo tale che sia reperibile e che non possa essere spostato n occultato.
Il Comitato ribadisce l'urgenza di una riforma dei Servizi, che rafforzi da un lato la responsabilit politica
dell'Autorit di governo, dall'altro il controllo parlamentare; e che si accompagni a un radicale mutamento
nella composizione di questi apparati. Il cambiamento degli uomini, l'interruzione di prassi consolidate, la
temporaneit della permanenza nel Servizio rappresentano fattori essenziali di innovazione.
(*) Comunicata alla Presidenza il 26 ottobre 1995.
(1) Si vedano in proposito i capitoli IV e VII del Primo rapporto sul sistema di informazione e sicurezza (Doc. XXXIV, n. 1).
(2) SHAPE la sigla di Superior Headquarters Allied Powers of Europe. Si tratta, praticamente, del Comando NATO in Europa.
(3) Ci quanto risulta da un documento, datato 1 giugno 1959, rinvenuto nella documentazione di Gladio. La questione stata trattata dalla Commissione parlamentare
d'inchiesta sul terrorismo in Italia e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi nella seduta del 15 novembre 1990.
(4) Tribunale di Bologna - Ufficio istruzione, Relazione di perizia del prof. G. De Lutiis, pp. n. 219\A\86 RGGI e n. 1329\A\84 RGGI- Allegato n. 20.
(5) L'estensore si riferisce al parlamentare Giorgio Pisan, componente della Commissione parlamentare d'inchiesta sulla loggia P2, affermando che egli ne fa parte oggi.
Inoltre, parla della Relazione Anselmi citandone vari brani. Ci significa che la Commissione, mentre veniva scritto il documento, era in attivit, anche se i suoi lavori
stavano per terminare, essendo gi nota la Relazione finale del Presidente.
(6) V. Atti della Commissione parlamentare d'inchiesta sulla loggia massonica P2, vol. III, tomo II, pp. 23-25 e pp. 509-511.

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Commissione Diocesana "Giustizia e Pace" - Diocesi di Milano


Autonomie regionali e federalismo solidale

Introduzione
1. Mentre si fa pi acuta l'esigenza di forme nuove di convivenza, in vista di una formazione e destinazione
pi equa ed efficace delle risorse in una societ adulta e solidale (1), la capacit di porre mano a riforme
incisive delle istituzioni non sembra rispondere all'urgenza dei problemi tenendo conto dei tempi
indilazionabili che essi reclamano. Cos da un lato rispuntano le propensioni al rinvio, nella sterile
persuasione di un accomodamento spontaneo dei ritardi e degli scompensi, oppure si affermano le tendenze
al blocco incrociato delle ipotesi risolutive, quasi che interessi e meriti di parte contino pi delle cose da
affrontare; d'altro lato serpeggia un senso diffuso di stanchezza o persino di sfiducia nella reale possibilit
di progredire verso un assetto pi adeguato delle forme di governo e di partecipazione.
invece indispensabile, proprio ora, non risparmiare sforzo alcuno in sede di riflessione sia in sede
operativa, chiarendo le linee di evoluzione dei processi e offrendo uno sbocco effettivo ai disegni di pi
valida articolazione istituzionale.
2. Nelle pagine che seguono si considera innanzitutto la questione dei "livelli di governo" in una societ che
diventata complessa e policentrica, reclamando una ridefinizione coraggiosa degli strumenti della politica.
Con particolare riguardo ai processi economico-finanziari e alle dinamiche occupazionali che legano
irreversibilmente le sorti dell'Italia con l'impresa dell'Unione europea, si presentano poi i motivi di carattere
strutturale, che sollecitano il passaggio dall'accentramento a un sistema di autonomie regionali orientate al
federalismo e alla introduzione di funzioni "reticolari".
In modo specifico, la Lombardia pu beneficiare di una tradizione storica che la rende matura per tale
passaggio e, insieme, per fare da tramite al decollo di un nuovo sviluppo per il Paese intero.
La consapevolezza di tutto ci porta, nella quinta parte della trattazione, a suggerire una riforma del dettato
costituzionale, secondo lo spirito della Costituzione stessa, volta a recepire il principio della "pari dignit"
di ogni Ente di governo legittimamente riconosciuto come tale, correggendo l'attuale preminenza dello Stato
sulle altre istituzioni.
Nell'ultima parte, oltre a precisare i limiti della presente riflessione, si richiama l'importanza dei princpi
fondamentali - quali l'autonomia, la responsabilit, la solidariet e la sussidiariet - che fanno da filo
conduttore dell'insieme del discorso e si incentrano sull'idea della promozione della persona umana
attraverso istituzioni a essa finalizzate.
3. Se i princpi personalistici e comunitari discendono direttamente dall'insegnamento sociale della Chiesa,
cos non si pu certo dire della loro coniugazione in direzione di proposte come quella dell'ordinamento
delle autonomie secondo una ristrutturazione delle istituzioni della convivenza in senso federale. Per il
contenuto "tecnico" che le caratterizza, queste proposte hanno una inevitabile natura opzionale e sono
interpretazioni non vincolanti di princpi aperti ad altre declinazioni possibili. "La Chiesa" - ha detto
Giovanni Paolo II nel suo discorso al Convegno ecclesiale di Palermo - non deve e non intende coinvolgersi
con alcuna scelta di schieramento politico o di partito, come del resto non esprime preferenze per l'una o per
l'altra soluzione istituzionale o costituzionale, che sia rispettosa dell'autentica democrazia (Cfr. Centesimus
annus, n. 47)" (2). Allo stesso tempo il Papa ha invitato a "educarsi ai princpi e ai metodi di un
discernimento non solo personale, ma anche comunitario" (3). Con il nostro sforzo di riflessione abbiamo
perci cercato, per un verso, di proseguire un filone di pensiero che non pochi cattolici impegnati
nell'azione politica hanno gi sperimentato con esiti fecondi e, per altro verso, di dare una risposta concreta
a bisogni storici urgenti.
L'ambizione che ci anima , infatti, di contribuire a uscire dalle secche nelle quali rischiano di incastrarsi i
tentativi di ridare respiro e consistenza alla rigenerazione del tessuto democratico e partecipativo del nostro
Paese, messo a dura prova dalla crescente estraneit dei cittadini alle istituzioni. Nostra convinzione che
dalla mortificazione della politica ci si possa salvare solo riqualificandola con il rigore del pensiero e
dell'azione. Tale rigore ci fa dichiarare subito che l'orizzonte di solidariet entro il quale abbiamo trattato il

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tema del federalismo per noi invalicabile e rappresenta una discriminante irrinunciabile di giudizio.
"Federalismo solidale" vuol essere l'esatto contrario della contrapposizione tra le diverse parti del Paese. La
prospettiva federale valida se capace di potenziare insieme autonomia e cooperazione, intrecciando
strettamente la responsabilit per s con la responsabilit per gli altri. Ci significa che il fine del
"federalismo solidale" la realizzazione efficace della dignit di ogni persona nel rapporto con altre
persone, senza barriere o privilegi territoriali.
Sono questi i motivi che ci hanno condotto a proporre un discorso sulle buone ragioni della riforma
regionale nel senso di un nuovo "regionalismo forte" o "federalismo solidale", in un contesto nel quale la
vivacit della realt lombarda si intreccia con le dinamiche nazionali e internazionali a livello di Unione
europea. Per offrire innanzitutto spunti di riflessione e, poi, indicazioni per un cammino concreto, che pu
coinvolgere le forze presenti in tutto il Paese, a cominciare dalle regioni del Mezzogiorno, impegnate nella
promozione diretta di condizioni pi mature di benessere economico e civile.
Non abbiamo voluto rinunciare al taglio scientifico dell'analisi e nemmeno al carattere puntuale
dell'informazione. L'abbiamo ritenuto doveroso, dal momento che il nostro tema si presta a semplificazioni
sloganistiche sia a favore sia contro.
Lo scopo essenziale di questo documento per di mobilitare la coscienza pratica dei credenti, e pi in
generale dei cittadini, verso un'azione politicamente costruttiva. Destinatari di quanto segue sono perci
tutti coloro che, nelle istituzioni o nella societ civile, si sentono coinvolti nell'impresa di dare senso e
contenuto alla ricerca del bene comune.
PARTE PRIMA - La questione dei livelli di governo e la sua importanza oggi

Le Istituzioni dello Stato e la crisi della politica


4. Si avverte da tempo, e pare diffondersi ogni giorno di pi fra tutti i cittadini, la sensazione che le
istituzioni politiche abbiano sempre maggiori difficolt nello stare al passo con l'intensit di ritmo e
l'ampiezza di trasformazione dell'economia e della societ.
Il fenomeno ormai riscontrabile in vari Paesi europei: riguarda persino alcune democrazie gi consolidate,
ma tocca ancor pi quelle che sono alla ricerca di una precisa identit. Per molti aspetti, anzi, il crescente
distacco dalle istituzioni politiche e la sfiducia nella possibilit che il loro funzionamento possa essere pi
giusto ed efficace, rappresentano gli elementi pi familiari, e anche pi subdolamente pericolosi, di ci che
viene etichettato come "crisi della politica".
Nel nostro Paese, sfiducia nelle istituzioni e indifferenza rispetto alla possibilit di migliorarle rischiano
per di essere assai pi acute che in altre democrazie dell'Europa. Il protrarsi della crisi politica diventato
tutt'uno con l'indebolimento del senso di appartenenza alla societ, con lo smarrimento dei suoi valori pi
profondi, con l'incapacit di far crescere una cultura civica adeguata a una democrazia che intenda davvero
esprimere - nella sempre pi fitta rete delle interdipendenze odierne - una convivenza responsabile, solidale,
confidente nella capacit di costruire il proprio futuro. Se costretta a pagare la persistente inefficienza
della macchina organizzativa del nostro Stato, la mancata fiducia nelle nostre istituzioni sconta, oltre al
repentino venir meno di molte sicurezze finora offerte dallo Stato sociale, anche il corrompersi di una classe
politica che ha via via abbandonato il senso autentico delle istituzioni quale strumento indispensabile per
perseguire quel bene comune che aveva invece orientato il Paese nel periodo postbellico. La crisi della
politica ci sta in tal modo rendendo assuefatti all'idea che sia impossibile lasciare alle spalle una tale crisi in
tempi rapidi e seguendo percorsi ragionevoli e non traumatici.
Eppure, uscire - finalmente e concretamente - dalla stagnazione della politica italiana ormai una necessit
non procrastinabile. E tanto pi lo diventa quanto pi la nostra societ, per poter rispondere positivamente
alla sfida delle responsabilit e dei compiti europei, deve rinsaldare le proprie peculiarit storiche e
nazionali.
Mentre fenomeni come la globalizzazione o la crescente necessit di democrazia internazionale rendono
sempre pi stretta l'interazione tra eventi e attori nazionali e su scala planetaria, il nuovo orizzonte della
politica - in Italia come negli altri Paesi d'Europa - richiede con sempre maggior urgenza istituzioni che
sappiano davvero articolare l'azione di governo della convivenza civile secondo i valori, gli interessi, i

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bisogni reali della societ.


Azione di governo e societ policentrica
5. Oggi l'azione del governare si rivela risorsa pi che mai indispensabile per la crescita delle societ e per il
buon funzionamento delle istituzioni.
Ormai da tempo tutti i sistemi politici stanno sperimentando quanto sia complessa l'azione del governare sia
attraverso gli schemi tradizionali dell'organizzazione dello Stato, sia con il ricorso alle pi usuali procedure
di acquisizione o mantenimento del consenso. La complessit attuale dell'azione di governo non infatti un
fenomeno contingente. Essa invece il punto di convergenza delle pi cruciali tra le trasformazioni
politiche e sociali che hanno accompagnato l'Europa dalla fine del secolo scorso e che hanno modificato
profondamente i rapporti fra l'organizzazione del potere statale e la societ.
L'acutizzarsi della crisi dello stato sociale rende ancora pi manifeste e profonde le difficolt del governare.
Spesso assai ampie sia nei princpi di funzionamento, sia negli effetti prodotti, le insufficienze del Welfare
State sottolineano, infatti, la fragilit e precariet dei rapporti tra societ e potere statale, costringendo
individui e gruppi a confrontarsi nuovamente coi vincoli, piuttosto che con le potenzialit, della politica.
Mentre alcuni gruppi sociali sembrano avvertire come insostenibile il peso di qualsiasi limite imposto dalla
politica, altri gruppi percepiscono con acuta intensit il rischio di essere abbandonati all'incertezza. Cos, la
risorsa politica e quindi la capacit di decisione si dimostrano particolarmente scarse e inefficienti proprio
quando esse sarebbero determinanti per evitare che il contrasto tra le diverse parti della societ, che
rischiano di agire sempre pi separatamente, imbocchino la strada di conflitti irreparabili.
6. Peraltro, caduta l'antica pretesa che toccasse per intero alla politica "dare un ordine alla societ"
attraverso un'azione generale e accentrata di governo, anche le rinate illusioni che la societ possa darsi da
sola un proprio ordine sufficientemente stabile e giusto sono destinate a dileguarsi rapidamente. La crisi
dello Stato sociale, se ha rivelato il progressivo indebolimento della capacit organizzativa del modello di
Stato accentratore, pone altres la societ di fronte alle sue primarie responsabilit nei confronti non solo di
se stessa ma anche della politica.
Soprattutto laddove l'accentramento istituzionale era stato reso necessario per poter procedere a forme pi
accelerate di unificazione politica e sociale, esso risulta ora inadeguato di fronte ai veloci mutamenti che
hanno investito le sfere dell'economia e della societ. La tendenziale concentrazione di pressoch tutti i
livelli di governo nelle mani dello Stato, se da un lato entra in collisione con le diffuse propensioni a una
tutela e a una promozione sempre pi autonoma degli interessi di tipo locale, dall'altro lato risulta
scarsamente coerente con quei processi che, ampliando l'area di osmosi tra ambito interno e ambito
europeo, sollecitano l'azione di governo a un'incisiva ridefinizione dei propri strumenti e di alcune delle sue
fondamentali finalit.
La struttura del tradizionale sistema politico, organizzato gerarchicamente, si sta via via trasformando
nell'intera Europa sul finire di questo secolo, in un nuovo sistema di attori politici autonomi ma
interdipendenti, dando cos vita a un policentrismo non solo economico e sociale, ma anche, nei fatti, gi
politico. La sovranit dello Stato-nazione viene sfidata e ridefinita tanto in senso ascendente (si pensi ai
fenomeni della globalizzazione o del rafforzamento dell'Unione europea), quanto discendente (si pensi al
fenomeno della frammentazione, di cui la forte tendenza verso il decentramento in favore di aree locali,
regionali o metropolitane, rappresenta l'aspetto certo meno inquietante). E lo Stato, nella sua azione di
governo, sempre meno infrequentemente chiamato a contrattare o a cooperare di necessit con attori
privati collettivi.
Dalle veloci trasformazioni in atto sembra cos profilarsi una nuova figura di Stato, chiamato a ridefinire le
proprie aree di competenza e a coordinare orizzontalmente la sempre pi robusta rete di relazioni tra attori
economico-sociali interni e internazionali. Per altro verso, la struttura policentrica richiede con maggior
forza una redistribuzione di poteri e di funzioni tra il governo centrale e autonome organizzazioni di settore
a carattere simultaneamente pubblico e privato.
Bisogna allora ritenere che questi processi siano di disegno disgregatore? Senza nasconderci che ogni
passaggio al nuovo presenta difficolt e persino rischi di regressione, noi pensiamo che quanto pi le societ
evolvono verso configurazioni policentriche, tanto pi l'azione di governo destinata a qualificarsi, a
precisarsi e ad articolarsi, cos da favorire la crescita della democrazia e da impedire che si divarichino, in

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modo irreparabile, democrazia e mercato.


La necessit di riarticolare i livelli di governo
7. Le societ policentriche non sono affatto societ anomiche, che respingano la presenza di regole o non ne
avvertano la necessit. Per molti aspetti, anzi, pi le societ si vanno trasformando in senso policentrico, pi
si eleva la domanda di regole e di governo.
Di fronte a tale domanda, la struttura accentrata dei tradizionali schemi organizzativi dello Stato finisce non
solo con l'irrigidire e burocratizzare l'azione di governo, ma anche con il parcellizzarla, segmentandola, a
favore (o contro) di questo o quel gruppo di pressione e di questa o quella organizzazione privata.
L'impossibile capacit di omologazione dello Stato accentrato non di rado conduce cos al paradosso che le
sue attivit, pur orientate a creare eguaglianza, in realt ricalchino ed amplifichino - quando non ne
producano di nuove - le fratture e le diseguaglianze gi presenti nella societ, con l'esito formale di renderle
insormontabili e forse irreversibili.
La sfida innovativa a cui sono chiamate le vecchie forme organizzative dello Stato allora quella di
realizzare il passaggio da un centralismo istituzionale, ormai impossibilitato a essere efficiente, verso un
policentrismo istituzionale che, realmente aggregante, si fondi in modo autentico sui princpi di sussidiariet
e solidariet.
Se vero, infatti, che il governo la componente del sistema politico che pi si avvicina al concetto di
centralit, altrettanto vero che sta crescendo in misura cospicua la rilevanza da un lato dei centri locali,
dall'altro di quelli sovranazionali. In sostanza, ogni azione di governo viene ad essere la risultante
dell'intreccio di livelli fondamentali: quello "statale", quello "sovranazionale", quello "local-regionale" e
quello "settoriale".
Nasce da qui, in particolare nel nostro Paese, la necessit di procedere a una riarticolazione dei diversi
livelli di governo. Con un duplice e fondamentale obiettivo: quello di dare finalmente soluzione alle
principali e secolari distorsioni prodotte dall'accentramento burocratico delle istituzioni statali, e quello,
soprattutto, di innovare le nostre istituzioni secondo i criteri necessari per la costruzione dell'Europa. Solo
attraverso una tale indispensabile articolazione le attivit di governo potranno risultare in grado di guidare
le trasformazioni in atto, cos rispondendo concretamente al crescente bisogno di avere uno Stato fornito di
una identit precisa, riconosciuta e condivisa da tutti i cittadini, non confondibile con la figura di questo o
quel partito o alleanza di partiti.
Unione Europea, Stati nazionali, Regioni
8. La precedente riflessione mette in evidenza che vi sono problemi non pi affrontabili e risolvibili a
livello nazionale. Questo vero perch vi sono questioni che implicano sia livelli decisionali che superano
lo Stato nazionale, sia livelli decisionali che possono essere pi efficacemente impostati su scala
subnazionale.
La nostra riflessione dovr quindi riferirsi da un lato alla dimensione europea e dall'altro alla dimensione
regionale. Rispetto a entrambe devono essere revisionate le funzioni e formulate le proposte di riforma delle
istituzioni del nostro Paese per una pi ricca partecipazione dei cittadini in vista di una democrazia
compiuta.
I problemi da affrontare e risolvere riguardano innanzitutto gli aspetti di tipo socioeconomico che oggi,
dopo cinquant'anni di esperienza nella costruzione europea, sono inscindibilmente legati a questa
dimensione, si tratti delle sfide della competizione internazionale, delle richieste di occupazione, della
diffusione equilibrata dei beni della convivenza, della risposta alla crisi finanziaria di alcuni stati europei.
9. D'altra parte vi sono bisogni che possono essere pi efficacemente soddisfatti mediante livelli di governo
subnazionale identificati nel nostro Paese soprattutto in ambiti "regionali", i quali a loro volta possono
anche contribuire opportunamente alla soluzione di alcuni dei problemi socioeconomici gi indicati. Infatti
il dislocamento regionale del tutto compatibile con la dimensione europea, dandole concretezza e
ricevendone un quadro adeguato di orientamento.
All'incrocio delle riarticolazioni tra i livelli di governo si colloca una prospettiva di cittadinanza condivisa e
di protagonismo responsabile, tesa all'affermazione dei princpi di solidariet e sussidiariet in un contesto

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di accresciuta e irreversibile interdipendenza.


In altri termini, il filo conduttore delle riflessioni successive quello della promozione del bene della
persona anche attraverso l'individuazione e il suggerimento di progetti politici, economici e istituzionali che
intendono ispirarsi ai princpi della dottrina sociale della Chiesa. Al tempo stesso siamo pienamente
consapevoli che da essa non discendono soluzioni univoche, fermi restando la "trascendente dignit della
persona", il "rispetto della libert" e il compito di proporre continuamente la verit. (4)
Perci il nostro itinerario intende mettere in luce: a) i grandi problemi a dimensione europea che ci toccano
direttamente e continuamente; b) la rilevanza di rinnovati livelli di governo regionale per il nostro Paese a
fronte delle esigenze delineate e nel confronto con il sistema di altri Paesi europei, specialmente con il
modello tedesco; c) le proposte che toccano direttamente la realt lombarda e che appaiono coerenti con le
sue tradizioni storiche e le sue potenzialit attuali nell'esercitare una influenza stimolante sulle altre entit
regionali italiane nel cammino verso una integrazione a dimensione europea; d) da ultimo, una prospettiva
di riforma istituzionale per il nostro Paese coerente con il perseguimento dei fini sostanziali
precedentemente indicati e con precisa attinenza all'autonomia delle regioni.
Tutto ci ci condurr a trarre la conclusione che matura una riforma in un senso che si pu definire di
"regionalismo forte" o di "federalismo solidale", per la soddisfazione delle esigenze di autogoverno e nel
pieno rispetto delle esigenze di unit nazionale.
Il traguardo per noi pi importante resta comunque quello dell'incremento della democrazia e
dell'ampliamento della cittadinanza. Per tali obiettivi la riforma ipotizzata pur sempre uno strumento, utile
se ben adoperato.
PARTE SECONDA - L'unione Europea. mezzo secolo di ideali e concretezza

Una costruzione che ha progredito


10. Il 1 novembre del 1993 entrava in vigore il Trattato di Maastricht e con lo stesso prendeva avvio
l'Unione Europea (UE), tappa fondamentale di una costruzione che prosegue da quasi mezzo secolo. Da
quando nell'aprile del 1951 fu firmato il primo Trattato, quello della Comunit Europea del Carbone e
dell'Acciaio (CECA), che fu poi seguito da altri Trattati che hanno portato alla Comunit Economica
Europea dapprima e alla Unione Europea adesso. Sono stati anni di grandi progetti e realizzazioni. Eppure
ancora oggi si manifestano sia scarsa conoscenza sulla natura, gli scopi, i ruoli dell'Europa unita sia
incertezze di parlamenti, di governi, di partiti, di popoli sulla "convenienza" a procedere in questo
cammino. Perci sono necessari dei richiami fondamentali tesi a dimostrare che oggi i grandi problemi di
ogni singolo Paese della Unione Europea devono essere visti e possono essere risolti solo in un contesto
europeo.
questa l'ottica corretta per entrare anche nel merito dei problemi italiani, ai quali questa riflessione si
indirizza in modo specifico.
Ideali e concretezza
11. La costruzione europea ha marciato lungo il duplice binario degli ideali e della concretezza. Al suo
patrimonio ideale ha contribuito in misura rilevante, e non da oggi, l'apporto dei cattolici e, in particolare,
dei cattolici italiani. Basti ricordare che gi la XXII Settimana Sociale dei Cattolici Italiani, nel 1948,
affront il tema "La Comunit internazionale". In essa si sottoline la necessit che l'Europa si organizzasse
"ad unit tanto sul terreno politico quanto su quello economico in modo da contribuire al progresso umano e
alla pace mondiale". (5)
Una eguale coscienza della "responsabilit morale" verso popoli rappresentati guid l'iniziativa dei padri
fondatori dell'edificio europeo (il francese Schuman, il tedesco Adenauer, l'italiano De Gasperi, l'altro
francese Monnet), con l'atto di nascita della Comunit del carbone e dell'acciaio. Il trattato che le diede
avvio, firmato nel 1951, non trascur per di menzionare anche gli "interessi essenziali" alla base
dell'accordo, nella convinzione che "l'Europa potr essere edificata solo con realizzazioni concrete, che

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creino prima di tutto una solidariet di fatto" (6).


Al medesimo doppio registro degli ideali etici e della concretezza operativa si ispira pure il Trattato di
Maastricht del 1993. Esso delinea una Unione Europea che promuove varie identit complementari:
economica e monetaria, sociale, di politica estera con riguardo anche ai problemi della difesa delle
istituzioni comunitarie. Non a caso a insistere sul profilo non semplicemente mercantile e finanziario
dell'Unione Europea, aspetto importante ma non disgiungibile dalla dimensione sociale, stata una
personalit di profonda formazione cattolica quale Jacques Delors.
A ci si deve aggiungere che la XLI Settimana Sociale dei cattolici Italiani (1991) stata dedicata al tema "I
cattolici e la nuova giovinezza d'Europa", mettendo a fuoco il legame tra i princpi di solidariet,
interdipendenza e sussidiariet, indicati dalla dottrina sociale della Chiesa quali pilastri dell'attuale
costruzione storica.
Tutto ci viene ricordato non certo per vantare meriti esclusivi all'iniziativa culturale dei cattolici. Piuttosto,
si tratta di evidenziare l'importanza per tutti dei princpi richiamati e di stimolare una loro coerente
traduzione pratica. Del resto, il cammino fin qui percorso incoraggia a proseguire verso la mta.
Dall'Euroeuforia, all'Eurodisfattismo, all'Euroresponsabilit
12. Nel 1951 furono sei i Paesi (Francia, Germania, Italia, Belgio, Olanda, Lussemburgo) firmatari del
Trattato CECA. Nel 1993 furono dodici i Paesi (Francia, Germania, Italia, Belgio, Olanda, Lussemburgo,
Danimarca, Gran Bretagna, Grecia, Irlanda, Portogallo, Spagna) firmatari del trattato di Maastricht. Oggi,
inizio 1996, quindici sono i Paesi dell'Unione Europea essendosi aggiunti Austria, Finlandia, Svezia.
Ed questo il segno principale del successo della "idea europea" che riuscita a superare molte fasi
oscillatorie ormai note come "euroentusiasmo", europessimismo", "euroeuforia", "eurodisfattismo", che
hanno attraversato il passaggio dalla CECA (1951-53) alla Comunit Economica Europea e al Mercato
Comune (1957), al Sistema Monetario Europeo (1979), al Mercato Interno (1992) fino al Trattato sulla
Unione Europea (1993).
Non nostro scopo ripercorrere queste fasi complesse e difficili, bens evidenziare cos' oggi l'Unione
Europea dal punto di vista economico e sociale, e come i problemi del nostro Paese, e la loro soluzione, ne
siano strettamente connessi, nella convinzione che il cammino verso l'Unione sia e debba essere
irreversibile e che le linee di questo cammino siano tracciate.
Non ci assoceremo perci all'eurodisfattismo che dopo tanti anni di euroeuforia sembra oggi convincere
molti, anche nel nostro Paese. Sappiamo quanto complesse siano le attuali situazioni europee in cui tutto
sembra cambiare come conseguenza della fine dell'impero sovietico e della riunificazione tedesca.
Sappiamo che i problemi ci sono e sono gravi. Ma siamo anche convinti che l'eurodisfattismo deve lasciare
il posto all'euroresponsabilit, altrimenti i problemi non saranno risolti e i rischi di una involuzione
economica e magari anche politica con un regresso al periodo prebellico si faranno ben pi concreti. Nostro
intendimento contribuire a formare questo senso di euroresponsabilit con documentazioni e valutazioni
su cui si possa pacatamente meditare per progettare e agire anche nel nostro Paese.
I problemi economico-sociali europei sono certamente molto seri e basta a dimostrarlo un dato riassuntivo:
la disoccupazione ha raggiunto i 16-17 milioni di persone, che corrispondono al 10,5-11% della
popolazione attiva. Eppure l'Unione Europea uno dei tre grandi poli sviluppati del pianeta; anzi
globalmente in termini di reddito di commercio estero e di popolazione il pi grande di tutti.
Gli altri due grandi poli, Stati Uniti d'America e Giappone, sembrano per situarsi in condizioni assai
migliori con una disoccupazione rispettivamente pari al 6,5% e al 2%.
A fronte di questa situazione i quesiti incalzano: ma allora, che ha fatto in mezzo secolo l'Europa se oggi
ancora superata da Stati Uniti e Giappone? Perch non cercare di difendersi con il protezionismo? Perch
non adottare un modello economico-sociale americano o giapponese? E per il nostro Paese, quali vantaggi
dello stare con un'Europa cos carica di problemi? Perch non fare per conto nostro? Perch non si pu fare
pi spesa pubblica per riassorbire la disoccupazione? E, scendendo ancora pi a scala dimensionale, ci si
potrebbe chiedere: che cosa importa di tutto ci alla Lombardia, regione dove la crescita forte, il benessere
alto e la disoccupazione bassa?
Metodo per una risposta ai grandi problemi

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13. Questi e altri quesiti sono legittimi, ma le risposte non devono essere sbagliate e affrettate. Ci
comporta che nel delineare i grandi problemi europei e italiani e nel cercare le risposte si stia aderenti a
quattro riferimenti essenziali: il Trattato di Maastricht (1993), che rappresenta il progetto politicoistituzionale-economico della Unione Europea; il libro bianco "Crescita, competitivit, occupazione. Le
sfide e le vie per entrare nel XXI secolo" (1993), elaborato dalla Commissione europea presieduta da
Delors; la storia di mezzo secolo e la situazione economico-sociale europea attuale; la perdurante gravit
della situazione italiana.
Per entrare nel XXI secolo bisogna rinnovare il modello economico-sociale europeo, che rimanendo distinto
da quello americano e da quello giapponese non deve arretrare, pena una rapida decadenza, n nella
capacit competitiva rispetto a questi due Paesi per ora dominanti in termini di occupazione e di presenza
sui mercati mondiali n rispetto alla nuova capacit competitiva dei Paesi emergenti che positivamente
escono dal sottosviluppo guadagnando spazi che l'Europa, ma non gli Stati Uniti e il Giappone, sembra
perdere.
14. Il metodo europeo (ma anche italiano) per dare risposta ai grandi problemi deve basarsi su tre grandi
direttrici, come in buona misura ci ricorda Delors:
- ideali: aderenza a quelli che hanno forgiato l'identit e l'unit europea e in particolare consapevolezza che
il risveglio pu avvenire soltanto attraverso una societ attivata da cittadini coscienti delle proprie
responsabilit e animati da spirito di solidariet verso coloro con i quali formano comunit locali e nazionali
ricche di storia e dotate del senso di appartenenza;
- lavoro e competitivit: consapevolezza che la stabilit nel lavoro e la creazione di posti di lavoro che
possano essere ereditati dalle generazioni future sono vincolate strettamente alla capacit dinamica di
mantenere una posizione competitiva nel contesto mondiale e alla capacit di conseguire anche obiettivi
sociali, in particolare il lavoro come fattore di integrazione sociale;
- partecipazione e sistemi: assunzione di responsabilit a tutti i livelli di partecipazione nella
consapevolezza che nelle economie e nelle societ contemporanee pi avanzate e fondate sui sistemi e sulle
reti interconnesse e non gerarchizzate, come erano quelle della prima e seconda industrializzazione, la
partecipazione non solo espressione di cittadinanza ma anche fattore di sviluppo economico.
L'Unione Europea (e l'Italia) ha molte risorse per rinnovare il suo modello e la sua crescita: quelle
professionali (cultura, istruzione, innovativit, esperienza), quelle finanziarie (risparmio), quelle sociali
(concertazione, solidariet). Ma ha anche molti vincoli; tra questi una crescente "solidariet
nell'individualismo consumistico", per cui esasperati sistemi di protezione sociale ci hanno avvicinato al
punto di rottura finanziaria ed economica a causa di una crescita insufficiente e allo squilibrio tra
popolazione attiva e inattiva, anche per il crollo nella dinamica demografica.
Il sistema attuale comporta il trasferimento dei costi ai giovani e alle generazioni future. Bisogna passare
allora a una "solidariet produttiva e intergenerazionale", che richiede anche una economia che funziona e
cresce.
Due grandi problemi europei: disoccupazione e indebitamento
15. Tanti sono i problemi della Unione Europea e dei singoli Paesi che la compongono, ma due appaiono
tali da sovrastare, o comunque riassumere, gli altri: quello della disoccupazione e quello delle finanze
pubbliche.
Sappiamo che questi problemi si collocano entro altri di ancora maggiore portata ai quali abbiamo solo
accennato: quelli geopolitici, che seguono al disfacimento dell'impero sovietico e che aprono nuove
competitivit in Occidente e in Oriente; quelli geoeconomici, che caratterizzano una nuova rivoluzione
scientifico-tecnologica centrata principalmente sulla teleinformatica e la multimedialit; quelli
geodemografici, che pongono a confronto Paesi europei con dinamica demografica in vari casi (come per
l'Italia) nulla e Paesi sottosviluppati confinanti con una forte spinta demografica e quindi migratoria.
Occupazione e disoccupazione
16. Abbiamo gi detto quanto grande e preoccupante sia la dimensione della disoccupazione in Europa: 17
milioni di persone circa pari all'11% della popolazione attiva. Questo non significa che la costruzione

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europea non abbia in passato creato occupazione. Basti ricordare che il Mercato unico senza frontiere tra i
Paesi europei, nei suoi progressi dal 1985 al 1992, ha generato almeno 9 milioni di nuovi posti di lavoro che
diversamente non ci sarebbero stati. Dunque, senza i passi verso l'Unione Europea la situazione sarebbe
stata di gran lunga peggiore. Ma questo non pu bastarci.
Per superare la situazione di disoccupazione attuale dobbiamo capire innanzitutto di quale tipo sia la nostra
disoccupazione, per evitare risposte semplicistiche e gravemente peggiorative, come quella di dare corso a
una spesa pubblica occupazionale indiscriminata o quella di impiantare fabbriche fantasma o quella di
promuovere imprese obsolete tenute in vita dal pubblico denaro o infine quella del pubblico impiego come
mezzo per nascondere la disoccupazione.
Il punto di partenza la constatazione che nella Unione Europea alla fine degli anni '80, dopo cinque anni di
crescita molto forte, vi erano ancora 12 milioni di disoccupati pari all'8% della popolazione attiva, che pure
solo il 60% della popolazione in et lavorativa (rapporto certamente basso rispetto a quello di altri Paesi
sviluppati). Dunque la crescita non ha riassorbito la disoccupazione di 12 milioni di persone, che
appartengono quindi alla categoria della disoccupazione strutturale e tecnologica di lungo periodo e non
congiunturale.
Quali sono le cause di questa situazione?
La disoccupazione strutturale stata determinata principalmente da una infelice collocazione della
economia dei Paesi europei nella divisione internazionale del lavoro. L'Unione Europea ha trovato
agguerriti concorrenti in prodotti e mercati dove i Paesi di nuova industrializzazione sono adesso arrivati
con costi del lavoro molto pi bassi. L'Europa ha per converso subito il peso sia del costo del lavoro nelle
qualifiche poco alte, che ha frenato la creazione di posti specie nel settore dei servizi, sia della scarsa
flessibilit nel mercato e nella legislazione del lavoro.
La disoccupazione tecnologica nasce dalla eliminazione di posti di lavoro generata dal progresso tecnico.
Questo nel contempo crea altri e diversi posti di lavoro per l'attivazione di nuovi processi, per la produzione
di nuovi beni e servizi. Il problema di evitare la sfasatura tra le due dinamiche tecnologiche: quella che
distrugge e quella che crea nuovi posti di lavoro; e ci possibile solo con una forte capacit di entrare sui
mercati dei nuovi prodotti e servizi e di avere le qualifiche professionali che siano in grado di operare nella
produzione e nella vendita di tali nuovi prodotti. In Europa tale sfasatura tra nuovi processi e nuovi prodotti
stata troppo ampia e perci s' creata della disoccupazione tecnologica.
L'Unione Europea rimasta cos compressa tra due tipi di concorrenti forti su due diversi versanti della
produzione e dei mercati: i nuovi Paesi industrializzati (fino a pochi anni fa denominati sottosviluppati) forti
nei prodotti maturi, dove il basso costo del lavoro cruciale; i Paesi avanzati, e in particolare USA e
Giappone, forti nei nuovi processi e prodotti ad alta tecnologia, dove contano la capacit innovativa e le
qualifiche professionali.
Alcuni Paesi europei hanno reagito, ma nel complesso questo non bastato.
17. Se l'Unione Europea vuole scendere a un tasso di disoccupazione accettabile, deve creare da qui a fine
secolo tra i 10 e i 15 milioni di posti di lavoro e per fare questo deve seguire almeno due grandi direttrici:
una nuova politica delle risorse umane e del mercato del lavoro con una formazione estesa a tutto l'arco
vitale, con flessibilit interna e esterna del lavoro, con riduzione del costo del lavoro poco qualificato e con
differenziali salariali legati alle qualifiche e alla produttivit; una nuova politica della innovazione e delle
reti infrastrutturali basata sulla certezza che il prossimo secolo sar quello della teleinformatica e della
multimedialit, le quali modificheranno completamente i sistemi economici e i modi di produrre.
L'Italia non sfugge a questa situazione, anzi la soffre in pieno e basta a dimostrarlo il fatto che, dopo una
svalutazione che stata molto forte rispetto alle monete di tutti i pi importanti Paesi industrializzati, la sua
disoccupazione ancora vicina al 13%: nettamente superiore alla media europea.
Finanze pubbliche e indebitamento
18. Un altro versante della Unione Europea che preoccupa quello delle finanze pubbliche e
dell'indebitamento presente e potenziale delle stesse, specie in alcuni Paesi. Accade talvolta che chi si
preoccupa del problema disoccupazione non consideri che dallo stesso non si pu uscire durevolmente
senza una oculata e rigorosa gestione finanziaria generale e del pubblico denaro in particolare.
Troppo spesso in passato, specie in Italia ma non solo, il pubblico denaro servito a nascondere la
disoccupazione creando occupati fittizi.
I vincoli finanziari impongono adesso una forte selettivit nella spesa pubblica, la consapevolezza che la

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tassazione deve pur sempre essere commisurata alla capacit contributiva e alla necessit di non sottrarre
risorse agli investimenti privati, la convinzione che l'intervento pubblico deve avere corso solo laddove non
possono operare le capacit e le responsabilit dei privati, la coscienza che il risparmio va tutelato perch
solo cos si incentiva quella parsimonia che l'opposto del consumismo e che consente di finanziare gli
investimenti di lungo periodo, dai quali dipendono l'occupazione e la crescita.
In breve, l'indebitamento alto delle finanze pubbliche utilizzato per fare spese improduttive, e a fronte del
quale non si trovino dei valori patrimoniali durevoli, crea l'errata convinzione che si possa spendere senza
produrre e alla fine trover come suo esito o l'inflazione e la svalutazione, che distruggono il risparmio, o il
rinvio di carichi debitori alle generazioni future o drastiche misure finanziarie-tributarie (imposte
patrimoniali, consolidamenti e via di seguito) che danneggerebbero la posizione italiana anche sui mercati
internazionali.
19. Per questi e per altri motivi importante - anche se non certo esaustiva - nel Trattato di Maastricht la
fissazione dei criteri di convergenza monetaria e finanziaria tra i vari paesi dell'Unione, al fine di contenere
il debito pubblico totale e il deficit annuale, per garantire la stabilit dei prezzi (e quindi evitare l'inflazione)
e dei tassi di cambio tra le valute, per contenere i tassi d'interesse (e quindi per favorire la crescita e ridurre
l'indebitamento). Alla fine, se tutti i parametri saranno soddisfatti, si giunger alla moneta unica europea,
simbolo e strumento economico fondamentale di una unione irreversibile.
Ma si arrivi o meno alla moneta unica, senza il soddisfacimento graduale in un processo di convergenza che non necessariamente dovr verificarsi entro l'anno previsto 1999 e con i livelli quantitativi fissati dal
Trattato - di queste condizioni non sar possibile dare corso ai grandi mutamenti strutturali e tecnologici
necessari per rilanciare l'occupazione; e questo perch il risparmio non andr a finanziare gli investimenti
produttivi e l'occupazione di lungo periodo ma verr distrutto in spese improduttive, mentre gli Stati
accumuleranno un debito che i creditori (o i loro figli) non vedranno mai ripagato.
Negli ultimi tre anni il sistema finanziario e monetario europeo ha avuto degli sbandamenti enormi e con lui
ha sbandato anche il processo di unificazione europea. Alcune valute, a causa del dissesto delle finanze
pubbliche di alcuni Stati, come l'Italia, hanno subito delle svalutazioni imponenti. Altre valute, come quella
tedesca, hanno avuto grandi rivalutazioni trainate dai tassi d'interesse e dalla fiducia dei mercati nella
certezza del rispetto di rigorose condizioni finanziarie e produttive da parte della Germania.
Eppure l'Unione Europea non si dissolta e appare oggi nelle condizioni di una ripresa del cammino di
convergenza monetaria e finanziaria e di rilancio della occupazione.
(*) Contributo tratto dal volume "Autonomie Regionali e Federalismo Solidale" della Commissione Diocesana "Giustizia e Pace" - Diocesi di Milano (Centro Ambrosiano
1996).
(1) Cfr. COMMISSIONE DIOCESANA "GIUSTIZIA E PACE". DIOCESI DI MILANO, Costruiamo insieme il bene comune. La destinazione delle risorse in una societ
adulta e solidale, Centro Ambrosiano di Documentazione e Studi religiosi, Milano, 1993.
(2) GIOVANNI PAOLO II, Discorso al III Convegno ecclesiale della Chiesa italiana a Palermo, n. 10: L'Osservatore Romano, 24 novembre 1995, pp. 4-5.
(3) Ivi.
(4) Cf. GIOVANNI PAOLO II, Centesimus annus, n. 46.
(5) Il cammino delle settimane sociali, Dehoniane, Roma, 1988, p. 170.
(6) Preambolo al Trattato.

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Relazione generale sulla situazione economica del Paese (1995)


L'evoluzione dell'economia nel 1995

ECONOMIA INTERNAZIONALE

1. Premessa
L'area industrializzata ha conosciuto nel 1995 un rallentamento della crescita.
Negli Stati Uniti il raffreddamento congiunturale si palesato dall'inizio dell'anno, in conseguenza di
pregresse restrizioni monetarie.
In Europa, l'appiattimento dei profili di sviluppo da ricollegare soprattutto con l'attenuazione delle
originarie spinte propulsive, vale a dire il ciclo delle scorte e le esportazioni, in un quadro di persistente
debolezza della domanda interna. Vi si sono aggiunte le oscillazioni dei cambi oltre che, in alcuni casi,
incertezze politiche e tensioni sociali. La decelerazione, intervenuta nel secondo semestre, ha colpito
soprattutto la Germania, la Francia e la Spagna. Il Giappone ha attraversato una fase di quasi ristagno da cui
emerso solo a fine 1995.
La tendenza al miglioramento delle condizioni sul mercato del lavoro andata attenuandosi negli Stati Uniti
e nel Regno Unito. Nell'Europa continentale, ove i tentativi di introdurre elementi di flessibilit procedono
con maggiori attriti, la disoccupazione ha ripreso a crescere nella seconda parte dell'anno. In Giappone
l'incidenza sulla popolazione attiva delle persone in cerca di lavoro ha superato precedenti record.
I fenomeni inflazionistici sono rimasti sotto controllo sia per l'esaurirsi dei rincari dei prodotti di base sia,
nell'ambito dei singoli paesi, per la contenuta evoluzione dei salari, per gli aumenti di produttivit, per
l'azione della concorrenza internazionale e, da ultimo, per il rallentamento della crescita.
In campo monetario atteggiamenti di prudenza sono prevalsi negli Stati Uniti, che hanno mantenuto
invariato dal febbraio il tasso ufficiale di sconto, favorendo in seguito solo lievi ripiegamenti del costo del
denaro a breve. Tendenze meno restrittive si sono profilate sia in Germania che nell'area del marco. Nei casi
in cui stato necessario difendere il cambio, si proceduto con alternanze - come in Francia - o con ritardi.
Per sospingere le attivit e alleviare i problemi del settore creditizio, la banca centrale nipponica ha
abbassato, in pi riprese, il tasso ufficiale di sconto allo 0,5%.
I successi nella lotta all'inflazione agevolano, nei sistemi dai tratti fondamentali pi solidi, una flessione dei
tassi di interesse a lungo termine.
I cambi sono stati caratterizzati da instabilit e turbolenze: il dollaro ha perduto sino alla primavera rispetto
al marco tedesco e allo yen; si poi consolidato e rafforzato, recuperando in fine d'anno parzialmente
sull'uno, totalmente sull'altro. Alla fase ribassista della moneta statunitense sono corrisposte tensioni fra le
divise al di qua dell'Atlantico.
Lo scenario delle economie in transizione andato migliorando sia in Europa centro-orientale e Paesi baltici
- ove il PIL ha ripreso a crescere - sia in Russia e altri membri della CSI, ove la contrazione ha assunto tratti
meno gravi.

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Nell'area in via di sviluppo, l'espansione dell'Asia sfociata, per ci che riguarda la Cina, in un softlanding; si invece confermata con le precedenti cadenze nel sud-est. La marcata decelerazione
dell'America del centro-sud adombra la grave recessione messicana, quella Argentina e per contro lo
sviluppo persistentemente elevato della Colombia, del Brasile e del Cile. La situazione del continente
africano, sebbene preoccupante, ha mostrato tratti meno sfavorevoli mentre la performance mediorientale
rimasta modesta.
2. Gli andamenti nei paesi industriali
La crescita statunitense apparsa discontinua e, nel complesso, decelerata. Nella prima parte del 1995, la
crisi del Messico e l'appannamento ciclico del Canada, fra i principali mercati di sbocco, hanno depresso la
domanda estera; su quella interna ha inciso l'elevato grado di indebitamento delle famiglie e le restrizioni
creditizie varate nel 1994 dalla Riserva federale, di cui hanno particolarmente risentito il settore
automobilistico e l'edilizia abitativa.
I fattori frenanti esogeni si sono per nel prosieguo attenuati e ha giovato il lieve allentamento monetario
intervenuto con la primavera.
In fine d'anno sono di nuovo emerse incertezze, ma i toni sono rimasti nel complesso rassicuranti, grazie
alla soddisfacente progressione dei redditi delle famiglie e alla solidit delle condizioni in cui operano le
imprese, sospinte anche dall'allargamento dei margini di profitto sulla via degli investimenti.
In Europa, la pesantezza del mercato del lavoro, la modestia delle dinamiche retributive e lo scarso
accrescimento delle disponibilit reali delle famiglie hanno compresso la domanda, appesantita altres

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dall'impostazione restrittiva delle politiche fiscali. La Germania e l'area del marco hanno subito
penalizzazioni aggiuntive dall'apprezzamento esterno delle rispettive monete.
A un andamento per lo pi deludente dell'edilizia ha fatto da contrappeso l'accelerata espansione degli
investimenti in attrezzature, soprattutto nella Scandinavia e sistemi minori del nord.
Pur con irregolarit, la produzione industriale si vistosamente allargata nella prima parte del 1995, per
mostrare poi diffusi ripiegamenti. Nei consuntivi d'anno, i migliori risultati venivano colti in Scandinavia Finlandia e Svezia in particolare con un tasso prossimo al 10% - in Austria e Spagna, col 6% circa. Regno
Unito e Francia totalizzavano il 2-3%, la Germania l'1 per cento.
In Giappone, eventi accidentali e in particolare il sisma di Kobe, si sono sommati a fattori strutturali - tra
cui la bolla speculativa ancora in via di riassorbimento - nel provocare effetti recessivi.
Le famiglie risentivano non solo della flessione dei valori immobiliari, ma anche del continuo
appesantimento del mercato del lavoro - ove il tasso di disoccupazione ha via via superato precedenti
massimi - e della scarsa progressione delle retribuzioni. Il clima di fiducia si deteriorato ed nel contempo
cresciuta la propensione al risparmio , con un sostanziale ristagno dei consumi privati.
Le aziende sono state penalizzate dall'ascesa dello yen sui mercati internazionali e su quello interno, ove
vanno ridimensionandosi le barriere protettive. L'esiguit dei margini di profitto e le difficolt di bilancio
trovavano riscontro nel peggioramento del clima degli affari e nel lento riavvio degli investimenti privati.
Effetti propulsivi provenivano invece dalla componente governativa, attraverso successive misure di
rilancio, tra cui, in settembre, provvedimenti di spesa per 14.200 miliardi di yen - pari al 3% del PIL - in
gran parte destinati a opere di pubblica utilit.
Le attivit di produzione industriale si sono attestate - con oscillazioni - su un livello medio del 3,2%
superiore a quello del 1994.
Il quadro non rimasto privo di incertezze, dato che il miglioramento emerso a fine 1995 essenzialmente
legato agli interventi governativi e, perci stesso, destinato a esaurirsi; la ripresa degli investimenti
circoscritta alle unit di grandi dimensioni; le politiche dei paesi industrializzati, tali da esercitare
contraccolpi negativi sulle esportazioni giapponesi.
3. Il mercato del lavoro
Sul mercato del lavoro sono prevalse difformit e, nella seconda parte del 1995, un deterioramento, per
l'arresto delle favorevoli tendenze che si erano profilate nella fase pi accentuatamente espansiva del ciclo.
Distorsioni accumulate nel medio-lungo periodo hanno continuato a penalizzare l'Europa ove, in base a
stime del Fondo Monetario Internazionale, la disoccupazione strutturale si ininterrottamente accresciuta
negli ultimi 20 anni, sino a toccare l'8-9% della popolazione attiva.
Il malessere sociale, le perdite di reddito, l'onerosit per le finanze pubbliche e i danni complessivamente da
ci derivati, hanno posto il problema fra le priorit politiche. Si cos teso a rivedere o a ridimensionare il
tradizionale sostegno alla disoccupazione, per mettere l'accento su politiche attive. In questo filone si
inserisce la tendenza a rivedere la composizione delle retribuzioni per renderla pi flessibile e quindi pi
aderente alla realt delle aziende e a formulare programmi che prevedono la riqualificazione delle persone
prive di occupazione e incentivi all'assunzione dei giovani.
Nell'Unione Europea, il miglioramento ciclico del mercato del lavoro sopravvenuto con ritardo e ha
assunto dimensioni limitate, cosicch il numero dei disoccupati si approssimato a fine 1995 ai 18 milioni,
pari all'11% della popolazione attiva. Il fenomeno incide soprattutto sulle donne (il 12,6% contro il 9,6%
degli uomini) e, con riferimento all'et, sulla fascia al di sotto dei 25 anni (ove si giunti al 20,8%).
Con l'Alleanza per il lavoro, siglata in Germania il 23 gennaio 1996 dal governo e dalle parti sociali, si
intendono quindi introdurre correttivi, agendo essenzialmente sul versante dell'offerta. L'accordo, articolato
in 50 punti ancora da definire nei concreti aspetti applicativi, assume come obiettivo il dimezzamento in 5
anni del numero dei disoccupati, con la riduzione, tra l'altro, degli oneri sociali, il riequilibrio dei fondi
pensionistici, l'accrescimento della flessibilit salariale - riferita tanto agli aspetti retributivi che all'orario di
lavoro - la diffusione dell'apprendistato, incentivi alla creazione di nuove imprese e facilitazioni per
l'accesso al capitale di rischio.
Nel pi flessibile sistema statunitense si sono colti i benefici della semionda ciclica ascendente della met
del 1992 sino alla fine del 1994, periodo in cui la disoccupazione si ridimensionata dal 7,7% al 5,4% della

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popolazione attiva. All'appannamento congiunturale intervenuto con il 1995, corrisposta una sostanziale
stabilit intorno al 5,6 per cento.
Il Giappone, ove peraltro il fenomeno riveste dimensioni meno preoccupanti, ha accusato difficolt, dato
che l'incidenza delle persone in cerca di lavoro ha raggiunto a fine 1995 il massimo del 3,4 per cento.

4. La dinamica dei prezzi


Dopo una breve fase di recrudescenza durante la prima parte del 1995, i fenomeni inflazionistici nell'area
industrializzata riprendevano generalmente ad attenuarsi, grazie ai fattori di calmieramento di origine
interna e internazionale.
Al di l della variabilit stagionale, i corsi petroliferi si stabilizzavano infatti sui 17 dollari per barile, con
riferimento al Brent, valore prevalente nel medio periodo.
I rincari degli altri prodotti di base, in atto per tutto il 1994, si sono esauriti, come dimostra il ripiegamento
dell'indice calcolato dall'HWWA in dollari.
Tra gli alimentari, soltanto le quotazioni dei cereali segnavano consistenti incrementi, legati ai cattivi
raccolti statunitensi, al deludente andamento dell'offerta e alla riduzione delle scorte mondiali.
Sono invece ristagnati o ribassati quelli dei coloniali - come il cacao o il caff - per lo scadere tra l'altro di
precedenti accordi di cartello.
Le quotazioni delle materie prime industriali - sia di origine agricola che le altre - ancora in ascesa nel
primo semestre, subivano poi flessioni.
Nell'ambito dei singoli paesi ha giocato la moderazione delle dinamiche salariali - nonostante qualche rialzo
negli Stati Uniti, Canada e Germania - il rigore delle politiche monetarie e lo scadimento dei toni
congiunturali.
I prezzi alla produzione e all'ingrosso si sono mossi lungo una linea di moderata crescita nella prima parte
dell'anno, per poi stabilizzarsi o addirittura ripiegare.
La traslazione dell'inflazione importata - via i precedenti rincari delle materie di base o, in alcuni casi, le

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perdite in cambio - ha trovato ostacoli nella debolezza della domanda delle famiglie.
Negli Stati Uniti, in parte della Scandinavia, in Francia e Spagna si sono quindi confermati, nelle medie
annue, i modesti aumenti al consumo registrati nel 1994; in Germania e nell'area del marco, oltre che nel
Regno Unito, si sono avuti ridimensionamenti.
Il Giappone ha visto cedere le quotazioni ingrosso e via via rallentare la gi moderata dinamica di quelli al
dettaglio che, per la prima volta dall'inizio della rilevazione (1971), accusavano un decremento annuo
cifratosi nello 0,1 per cento.
5. Il commercio internazionale
Il commercio mondiale ha risentito dell'appannamento congiunturale intervenuto nei paesi OCSE. Stando ai
flussi in volume delle merci in entrata e uscita, l'interscambio, che nel 1994 si era allargato con un tasso
prossimo al 10%, aumentato nel 1995 di circa l'8 per cento.
Alla decelerazione tanto delle esportazioni che delle importazioni dell'area industrializzata, hanno fatto
riscontro risultati persistentemente favorevoli per quella in via di sviluppo, ove le une sono rimaste
pressoch stazionarie e le altre si sono sensibilmente allargate.
Causa verosimilmente la pi sommessa evoluzione delle attivit, il tasso di incremento degli acquisti
dall'estero sceso, negli Stati Uniti, dal 15% nel 1994, al 12% nel 1995; il dinamismo delle esportazioni,
allargatesi di circa il 14%, sembra ascrivibile ai guadagni di competitivit derivanti anche dalle flessioni del
dollaro.
Nell'Unione Europea, le importazioni hanno risentito dell'indebolimento della domanda e delle attivit
produttive; le esportazioni sono state limitate tanto dalla contrazione dei mercati di sbocco che
dall'andamento dei cambi. La progressione delle vendite all'estero si infatti sostanzialmente dimezzata sia
in Germania - per l'ascesa del marco - sia nel Regno Unito, Svezia e Spagna, che hanno ormai assorbito i
benefici delle massicce svalutazioni del 1992-93.
In Giappone, alla debolezza della produzione interna ha fatto da contrappeso la maggiore penetrazione delle
merci straniere, dovuta sia al processo di liberalizzazione sia alla sopravvalutazione dello yen.
Nell'area in via di sviluppo, si sono confermate le soddisfacenti performance dei paesi est-asiatici e latinoamericani.
Nel complesso, le importazioni non-OCSE hanno segnato un aumento del 10% circa, che sintetizza un
incremento del 3% per l'OPEC, dell'11% per gli altri paesi in via di sviluppo e dell'8% per quelli exComecon.
6. Il mercato valutario
I cambi sono stati caratterizzati da accentuate oscillazioni.
In apertura d'anno il dollaro subiva una brusca caduta rispetto al marco tedesco e allo yen, ricollegabile con
il persistente squilibrio dei conti con l'estero, con i timori di un ritorno di inflazione, ma soprattutto con le
vicende del Messico, debitore e partner commerciale. Con il circoscriversi della crisi e con il rallentamento
statunitense, che allontanava i rischi inflazionistici, si tuttavia aperta una parentesi di assestamento,
sfociata dall'estate in un movimento ascendente. A questo contribuiva, insieme alla composizione dei
contrasti commerciali tra Stati Uniti e Giappone, l'impegno del governo nipponico nella liberalizzazione dei
movimenti delle merci e dei capitali, percepita dagli operatori come efficace antidoto allo squilibrio esterno.
In media d'anno, la divisa statunitense ha comunque perso l'8% sullo yen e il 12% sul marco tedesco.
Le vicende del dollaro hanno interagito con quelle delle monete europee, indebolitesi, nella prima parte del
1995, rispetto al marco tedesco. Le perdite interessavano la peseta, la corona svedese, la sterlina britannica
e, in minor grado, il franco francese, per la scadenza elettorale di maggio.
Il consolidamento della divisa statunitense oltre che l'impegno di molti governi nel risanamento delle
finanze pubbliche avviavano, dalla primavera-estate, una fase di consistenti recuperi. Nonostante
alternanze, legate in autunno ai toni pessimistici assunti dal dibattito sul trattato di Maastricht, si giungeva
in dicembre al parziale annullamento dei precedenti regressi o addirittura a guadagni per la corona svedese.

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ECONOMIA ITALIANA

1. I principali risultati
Nel corso del 1995 proseguita la fase di espansione dell'economia italiana. Essa ha trovato riscontro in un
aumento di prodotto interno lordo pari al 3%, circa un punto in pi rispetto all'anno precedente. Tra i
maggiori paesi industriali, il tasso di sviluppo conseguito dall'Italia risultato uno dei pi elevati.
Prevalentemente concentrata nel settore industriale, la crescita economica ha continuato a essere sostenuta
dalla positiva dinamica delle esportazioni. L'ampliamento dei margini unitari di profitto, e la conseguente
aumentata capacit di autofinanziamento delle imprese, hanno favorito il riavvio di un robusto ciclo di
investimenti in beni capitali. Il permanere di una moderata dinamica dei redditi da lavoro dipendente e una
disoccupazione ancora elevata hanno contenuto il contributo alla crescita fornito dai consumi. La
moderazione salariale ha frenato il propagarsi delle spinte inflazionistiche generate, nella prima parte del
1995, dai rialzi dei prezzi delle materie prime e dal deprezzamento della lira. Si consolidato infine il
riequilibrio dei conti pubblici e, dopo molti anni, si arrestata la crescita del rapporto tra debito pubblico e
prodotto interno.
I nuovi guadagni di competitivit indotti dal deprezzamento della lira (pari al 9,9% nella media del 1995, in
termini di tasso di cambio effettivo nominale) hanno sostenuto i positivi sviluppi del commercio con
l'estero. L'attivo mercantile della bilancia dei pagamenti passato da 55.197 miliardi del 1994 a 71.687
miliardi. Tale surplus ha sottinteso un'evoluzione favorevole della bilancia reale a fronte di un
peggioramento delle ragioni di scambio. Il tasso di crescita delle quantit esportate risultato superiore al
contestuale allargamento della domanda mondiale. Ne derivato un aumento delle quote di mercato
dell'Italia pi consistente in confronto ai guadagni realizzati, a prezzi costanti, nel precedente biennio.
Un'espansione del pari sostenuta stata registrata dalle quantit importate. In particolare, tendenze
accelerative sono state manifestate dagli approvvigionamenti esteri di beni capitali e di semilavorati in
risposta alla vigorosa dinamica degli investimenti. Il parziale utilizzo, da parte degli operatori nazionali, dei
margini offerti dalla variazione nominale del cambio ha trovato riscontro in un incremento dei valori medi
unitari delle esportazioni inferiore a quello delle importazioni, che hanno peraltro riflesso gli impulsi
negativi generati dai prezzi internazionali delle materie prime e dai movimenti del cambio. L'aumentato
avanzo della bilancia commerciale e la riduzione del deficit delle partite invisibili, dovuto alla crescita degli
introiti netti della voce viaggi all'estero e ai minori esborsi netti per trasferimenti unilaterali, hanno
favorito l'emergere di un attivo delle transazioni correnti della bilancia dei pagamenti pari a 44.549 miliardi,
circa 19.000 miliardi in pi rispetto a un anno prima.
Con riguardo all'evoluzione della domanda interna, a fronte di un aumento consistente degli investimenti, la
crescita dei consumi privati rimasta contenuta. Assecondata dalla protratta espansione della domanda
estera, dalla disponibilit di ampi margini di autofinanziamento e dall'accostarsi della produzione ai livelli
massimi compatibili con la capacit esistente, l'attivit di investimento risultata in forte crescita: +5,9%
nella media del 1995.
La dinamica decisamente sostenuta degli investimenti fissi stata peraltro la sintesi di andamenti
differenziati nei due principali comparti. La spesa in macchinari, attrezzature e mezzi di trasporto,
alimentata anche dall'anticipazione dei programmi di investimento in beni strumentali indotta dalla
detassazione degli utili reinvestiti, ha mostrato una spiccata vivacit portandosi su un livello superiore
dell'11,5% a quello del 1994. Gli investimenti in costruzioni, nonostante il recupero manifestato nella
seconda parte dell'anno, hanno invece continuato a riflettere lo scarso sostegno fornito dal settore delle
opere pubbliche e dalla domanda abitativa, denunciando in media d'anno una sostanziale stabilit (+0,5%).
Frenati dalla stazionariet in termini reali del reddito disponibile delle famiglie, i consumi privati sono
cresciuti dell'1,7%. In particolare, ad una dinamica relativamente accentuata della spesa per i non alimentari
e servizi (+2,1%) si accompagnato un cedimento di quella per i beni di consumo alimentare (-0,4%).
L'effetto congiunto del rialzo delle quotazioni delle materie prime, del deprezzamento della lira e dello
sviluppo della domanda hanno costituito le condizioni di base dell'aumento dei prezzi alla produzione dei
prodotti industriali: +7,9% nella media del 1995. Le spinte lievitative, particolarmente forti nei primi mesi

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dell'anno, si sono attenuate nella seconda parte del 1995 grazie al rallentamento dei prezzi dei prodotti base
e al parziale recupero del cambio. Misurato dall'indice del costo della vita, l'incremento dell'inflazione al
consumo stato pari nella media del 1995 al 5,4%. Al netto delle variazioni delle imposte indirette, la
crescita stata del 4,6 per cento. La dinamica del costo della vita, dopo aver registrato una tendenza
accelerativa sino a giugno, ha segnato un significativo rallentamento nel corso dell'estate e si stabilizzata
su ritmi ancora elevati negli ultimi mesi del 1995. Basato su un paniere pi ampio di beni e servizi, l'indice
generale dei prezzi al consumo ha peraltro presentato in media d'anno un aumento pi contenuto e pari al
5,2%.
Un rilevante contributo al contenimento d'inflazione stato fornito dalla persistente moderata evoluzione
del costo del lavoro. L'accordo sulla politica dei redditi ha continuato a costituire il riferimento per i rinnovi
contrattuali siglati nel corso del 1995. Le retribuzioni lorde per dipendente sono aumentate del 4%
nell'industria e del 5,1% nei servizi vendibili. Risentendo della diminuzione degli sgravi e della
fiscalizzazione degli oneri sociali, la dinamica del costo del lavoro unitario risultata pi elevata in
confronto a quella salariale. La contenuta crescita retributiva e il contestuale forte sviluppo della
produttivit hanno inoltre supportato un'evoluzione moderata del costo del lavoro per unit di prodotto.
A due anni dall'inversione del ciclo economico, la ripresa non ha ancora dato luogo a benefici apprezzabili
sull'occupazione. Le unit di lavoro hanno registrato nel complesso una nuova contrazione dello 0,4%. Tale
risultato segna comunque un notevole rallentamento nel processo di riduzione della base occupazionale del
biennio 1993-94. L'evoluzione negativa ha peraltro interessato il solo lavoro dipendente. Nonostante il
riassorbimento della manodopera in Cassa integrazione guadagni le unit di lavoro dipendente nella
trasformazione industriale sono ulteriormente diminuite (-1,4). La disoccupazione rimasta elevata
soprattutto per quanto attiene la componente femminile e le regioni meridionali. A livello globale, il tasso di
disoccupazione passato dall'11,3% del 1994 al 12 per cento.
L'azione di risanamento dei conti pubblici risultata particolarmente incisiva. Ai consistenti effetti delle
manovre correttive realizzate in corso d'anno si associato l'impulso positivo fornito dal rafforzamento
dell'attivit economica. Il dispiegarsi di tali fattori ha permesso il raggiungimento degli obiettivi di
contenimento del fabbisogno e di stabilizzazione del debito, inizialmente stabiliti dal Documento di
programmazione economico-finanziaria e successivamente confermati dalla Relazione previsionale e
programmatica. Il fabbisogno del settore statale si ridotto di oltre 25.000 miliardi rispetto al 1994 e di 2,1
punti percentuali in rapporto al PIL (dal 9,5% al 7,4%). Il miglioramento ha riflesso la notevole espansione
dell'avanzo primario aumentato da 17.257 a 63.567 (dall'1,1 al 3,6 per cento del PIL) che ha pi che
compensato la crescita della spesa per interessi. La dinamica favorevole dei conti pubblici ha consentito, per
la prima volta dal 1980, una contrazione del rapporto tra debito delle Amministrazioni Pubbliche - nella
definizione prevista dal Trattato di Maastricht - e PIL: dal 125,6% del 1994 al 124,8 per cento.
2. Il mercato del lavoro
A distanza di due anni dall'avvio della fase di sviluppo dell'attivit economica, la caduta dell'occupazione si
considerevolmente ridimensionata. Il lento recupero della domanda di lavoro non stato tuttavia
sufficiente a produrre un restringimento della disoccupazione.
La quantit di lavoro impiegata dal sistema produttivo si ridotta di 97 mila unit standard (-0,4% in
confronto al 1994). Un'evoluzione pi favorevole ha caratterizzato la componente di lavoro autonomo (+29
mila unit, pari allo 0,4%); per contro, il lavoro dipendente ha evidenziato un nuovo regresso (-127 mila
unit, pari -0,8%). L'emergere di una decelerazione nella tendenza riduttiva dell'occupazione globale ha
d'altro canto riassunto evoluzioni settoriali differenziate.
Il pi confortante andamento della domanda di lavoro non ha tuttavia stimolato il restringimento della
disoccupazione. Le persone in cerca di lavoro sono aumentate di circa 160 mila unit, risultando pari a
2.724 mila nella media del 1995. Il tasso di disoccupazione salito dall'11,3% del 1994 al 12 per cento. La
spinta all'allargamento della disoccupazione stata impressa dal rientro sul mercato di molti individui che
nella fase discendente del ciclo avevano abbandonato l'attivit di ricerca del lavoro. Il gruppo dei
disoccupati in cerca di primo impiego e quello in condizione non professionale ha infatti manifestato la
crescita pi elevata (+100 mila e +42 mila unit rispettivamente in confronto al 1994); il gruppo di coloro
che avevano perso la precedente occupazione ha invece mostrato un aumento limitato (+18 mila unit) . A

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livello territoriale, la crescita della disoccupazione ha nuovamente interessato le regioni del Sud e delle
Isole. In quest'area il tasso di disoccupazione ha raggiunto nel 1995 il 21% a fronte del 7,8% registrato nel
Centro-Nord.
La politica di moderazione salariale proseguita nel 1995. Anche gli accordi siglati in questo periodo hanno
stabilito miglioramenti economici parametrati ai valori dell'inflazione programmata. I nuovi contratti
nazionali hanno riguardato principalmente l'industria e sono stati sottoscritti in assenza di conflittualit tra
le parti sociali. L'adeguamento delle misure tabellari ha assunto particolare rilievo nelle intese per il rinnovo
biennale della parte economica.
Si trattava infatti di stabilire l'entit del recupero motivato dalla differenza tra dinamica effettiva e
programmata dei prezzi del precedente biennio di validit contrattuale. Il rischio che potessero prevalere
spinte salariali non conformi all'obiettivo di contenimento dell'inflazione risultato di fatto ridimensionato.
Tutto ci si tradotto in una crescita dell'indice generale delle retribuzioni contrattuali per dipendente del
3,3% nella media del 1995. Tale indicatore, che non comprende i compensi a titolo di arretrati o una
tantum, ha in particolare registrato aumenti pari al 3,8% nell'industria in senso stretto e al 5% nei servizi di
mercato. In questo caso, la pi accentuata dinamica dell'indice ha riflesso la cadenzatura dei miglioramenti
economici che, per diversi accordi nazionali dei servizi vendibili siglati negli ultimi mesi del 1994, ha avuto
inizio nel 1995.
Le retribuzioni di fatto sono risultate in modesta accelerazione. Per l'insieme dell'economia, le retribuzioni
lorde pro capite hanno denunciato per il 1995 un aumento pari al 4,3% (3,2% nel 1994). In particolare la
crescita stata relativamente pi sostenuta nei servizi destinabili alla vendita rispetto all'industria in senso
stretto (nell'ordine 5,1% e 4,5%).
La contenuta evoluzione salariale e la prosecuzione di un sostenuto ritmo di crescita della produttivit
hanno consentito di mantenere nel complesso moderata la dinamica del costo del lavoro per unit di
prodotto: +1,8% in confronto al 1994. Tale risultato peraltro sintesi di una tenue lievitazione nell'industria
in senso stretto (+0,2%) e di un significativo incremento nei servizi vendibili (+4,1%).
3. La domanda interna
Le risorse globali a disposizione del Paese - date dal prodotto interno lordo ai prezzi di mercato e dalle
importazioni di beni e servizi - sono ammontate a 2.164.356 miliardi di lire correnti, pari ad un incremento
monetario del 10,5% rispetto al 1994 e ad un tasso di sviluppo del 4,1% in termini reali. Con riguardo al
loro utilizzo, nel 1995 una quota del 20,5% (18,5% nel 1994) stata assorbita dalle esportazioni di beni e
servizi e la restante parte, che si commisurata a 1.720.752 miliardi di lire correnti, stata destinata agli
impieghi interni che hanno segnato un aumento del 2,3% nei valori a prezzi costanti, a fronte
dell'incremento dell'1,6% rilevato nel 1994.
L'evoluzione della domanda interna stata sostenuta in modo particolare dagli investimenti produttivi in
macchinari e attrezzature, mentre quelli in costruzioni si sono confermati pressoch stagnanti e i consumi
hanno avuto dinamiche nel complesso contenute. La ripresa dei consumi delle famiglie stata condizionata
dal modesto aumento dei redditi da lavoro dipendente e dalla flessione dell'occupazione, nonch dagli
effetti del processo di risanamento dei conti dello Stato. Sul tono sostanzialmente debole della domanda
delle famiglie, in una fase avanzata di robusta espansione della produzione, avrebbe peraltro anche influito
il peggioramento del clima di fiducia, che ha consigliato di rinviare a tempi migliori talune decisioni di
spesa o quanto meno di limitare gli acquisti pi importanti.
Nel consuntivo del 1995 la spesa sostenuta dalle famiglie per l'acquisto di beni e servizi si ragguagliata a
1.107.596 miliardi di lire, corrispondenti ad un aumento dell'1,7% nelle quantit e ad una crescita del
deflatore del 5,7% nel confronto con il 1994. La ripartizione dei consumi privati per tipologie di beni e
servizi ha evidenziato una lieve flessione della spesa alimentare (-0,4% in termini reali) e un incremento del
2,1% nei non alimentari, al cui interno sono risultati apprezzabili i consuntivi di spesa delle seguenti
categorie: vestiario e calzature (+3%), mobili e articoli di arredamento (+2,1%), trasporti e comunicazioni
(+3,3%), alberghi e pubblici esercizi (+3,4% rispetto all'anno precedente).
I consumi collettivi, ammontati a 292.616 miliardi di lire, si sono ridotti in termini reali dello 0,5%, a
riflesso delle difficolt in cui versano i bilanci delle Amministrazioni pubbliche e del connesso blocco delle
assunzioni nel pubblico impiego.

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Mentre i consumi nel loro insieme sono risultati incagliati in una fase di crescita solo moderatamente
evolutiva, gli investimenti in macchinari e attrezzature hanno avuto un vigoroso sviluppo assecondato dal
processo di accelerata ristrutturazione dei settori manifatturieri pi orientati ai mercati d'oltrefrontiera.
La spesa per immobilizzi di macchinari, attrezzature e mezzi di trasporto ammontata a 152.295 miliardi di
lire segnando un incremento quantitativo dell'11,5% (nel 1994 la crescita era stata del 7,5%). Nel suo
ambito, sono stati rilevati consistenti sviluppi sia per le macchine, attrezzature e prodotti vari (+12,7% in
termini reali contro il +9,1% dell'anno precedente) sia per i mezzi di trasporto (+6,3% a fronte del modesto
aumento dell'1% nel 1994).
Al netto rafforzamento dell'attivit di accumulazione in macchinari in genere si contrapposta l'eccezionale
lentezza della ripresa degli investimenti in costruzioni, che hanno scontato il mancato recupero della
domanda abitativa e di quella per infrastrutture e opere pubbliche.
4. La finanza pubblica
In un quadro congiunturale di robusta crescita dell'attivit economica l'andamento dei conti pubblici ha
registrato notevoli miglioramenti nel 1995.
Il fabbisogno del Settore Statale, al netto delle regolazioni di debiti pregressi, risultato pari a 130.249
miliardi centrando l'obiettivo (di 130.000 miliardi) posto nel Documento di programmazione economicofinanziaria del giugno 1995 e confermato nella Relazione previsionale e programmatica del settembre
successivo. La contrazione di oltre 25.000 miliardi rispetto all'anno precedente (in cui il fabbisogno era
stato di 155.612 miliardi) ha consentito una riduzione dell'incidenza sul prodotto interno che passata dal
9,5% al 7,3%. L'avanzo primario, in presenza di una forte espansione della spesa per interessi, ha raggiunto
i 63.567 miliardi, a fronte dei 17.257 del 1994, ed salito dall'1,1% al 3,6% del PIL.
Queste favorevoli dinamiche sono derivate, oltre che da una accelerazione dello sviluppo della fase di
crescita economica, da consistenti interventi di correzione degli squilibri pubblici (risultati pari ad oltre il
3% del PIL) che hanno rafforzato il processo di risanamento, dopo il rallentamento del 1994.
L'obiettivo relativo al fabbisogno del Settore Statale per il 1995 era stato inizialmente fissato a 138.600
miliardi sia nel Documento di programmazione economico-finanziaria che nella Relazione previsionale e
programmatica presentati nel 1994. Per il raggiungimento del saldo programmato a fine 1994, veniva
predisposta una manovra correttiva valutata ufficialmente in 48.000 miliardi. Gli interventi, suddivisi
sostanzialmente in parti uguali tra maggiori entrate e risparmi di spesa, da una parte, hanno riguardato un
recupero di evasione ed elusione fiscale senza aumenti delle aliquote tributarie e, dall'altra, hanno permesso
un contenimento della spesa soprattutto nei settori della previdenza e della sanit.
Tuttavia, l'aumento dei tassi di interesse verificatosi nella seconda met del 1994 e protrattosi nei primi
mesi del 1995 rendeva necessaria una manovra aggiuntiva. L'azione correttiva, predisposta a fine febbraio,
prevedeva una riduzione del deficit pubblico di 21.000 miliardi, di cui oltre 15.000 dovuti a maggiori
entrate e 5.000 a minori spese. Queste ultime hanno riguardato sostanzialmente tutte le diverse categorie di
uscita; i maggiori incassi sono derivati, in larga misura, da un inasprimento dell'imposizione indiretta e da
un anticipo della imposta sul patrimonio netto delle imprese.
Ai primi di aprile, il fabbisogno programmato veniva ridotto a 134.000 miliardi nella Relazione trimestrale
di cassa, a seguito dell'analisi dei dati di consuntivo del 1994, che indicavano una dinamica contenuta della
spesa pubblica, e di aggiornamento del quadro congiunturale, con la previsione di una pi intensa crescita
dell'attivit economica, stimata al 3% invece del precedente +2,7%. Scontando un rialzo del tasso di
inflazione e l'emergere di nuovi elementi favorevoli (tra cui i maggiori dividendi previsti sugli utili dell'ENI
e dell'ENEL), veniva operata una successiva e definitiva revisione verso il basso dell'obiettivo posto, come
gi ricordato, in 130.000 miliardi del documento di programmazione economico-finanziaria per il 1996-98.
L'indebitamento netto delle Amministrazioni Pubbliche, che registra i risultati di gestione degli enti pubblici
centrali e subcentrali, si attestato a 125.505 miliardi a fronte dei 147.980 del 1994. Si dunque verificata
una notevole riduzione, dal 9% al 7,1,%, dell'incidenza sul PIL.
Il rapporto tra debito delle Amministrazioni Pubbliche, - nella accezione valida per la verifica dei parametri
previsti dal Trattato di Maastricht - e prodotto diminuito dal 125,6 al 124,8 per cento.
5. La politica monetaria

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Nel 1995 la politica monetaria ha accentuato l'orientamento restrittivo, mirante a moderare le aspettative
d'inflazione e a invertire la tendenza all'accelerazione dei prezzi al consumo. La Banca d'Italia ha aumentato
i tassi ufficiali in febbraio e alla fine di maggio: il tasso di sconto salito complessivamente dal 7,5 al 9%;
quello sulle anticipazioni a scadenza fissa dall'8,5 al 10,5%. Il cambio della lira e i corsi dei titoli di Stato,
dopo aver subito un marcato indebolimento nel primo quadrimestre dell'anno, hanno recuperato nei mesi
successivi. A fine anno, i rendimenti sui titoli di Stato a lungo termine erano tornati su livelli inferiori a
quelli della fine del 1994. Il recupero continuato nella prima parte del 1996.
Nel corso del 1995 la politica di emissione di titoli di Stato ha tenuto conto della duplice finalit di
allungare la vita media del debito e di contenere il costo dell'indebitamento, a fronte di un elevato livello dei
rendimenti a lungo termine. Le emissioni nette di BOT sono state lievemente negative; l'elevato ammontare
di CCT in scadenza (149.000 miliardi) stato rinnovato soltanto in parte con titoli della stessa specie,
mentre ampie sono state le emissioni nette di btp (95.900 miliardi). Nel febbraio 1995 sono stati emessi per
la prima volta titoli biennali a sconto (CTZ), le cui emissioni sono proseguite su base regolare; nel corso
dell'anno ne sono stati collocati 38.300 miliardi. La vita media dei titoli del settore pubblico lievemente
aumentata, a quasi tre anni.
6. Gli scambi con l'estero
Nel 1995 proseguita la fase di miglioramento dei conti con l'estero avviata nel 1993. Nel consuntivo
annuo le partite correnti della bilancia dei pagamenti hanno registrato un avanzo di 44.549 miliardi di lire,
superiore di 18.980 miliardi a quello del 1994 e pari al 2,5% del prodotto interno lordo. Il miglioramento
in larga parte disceso dall'ampliarsi dell'attivo mercantile, passato nella valutazione fob-fob da 57.197 a
71.687 miliardi.
La crescita del surplus mercantile ha riflesso la favorevole evoluzione delle quantit scambiate che ha pi
che compensato la concomitante perdita accusata dalle regioni di scambio. I guadagni di competitivit
conseguiti negli ultimi anni dalle merci italiane hanno trovato riscontro nell'eccezionale crescita registrata
dalle esportazioni in volume. In particolare, il tasso di espansione delle vendite all'estero ha toccato nel
consuntivo dei primi undici mesi del 1995 e nel raffronto con il corrispondente periodo del 1994 il 15%.
Tale risultato si confronta con un allargamento del commercio internazionale che dovrebbe aver di poco
superato nell'intero 1995 - secondo prime stime del FMI - l'8%. Ne pertanto derivato un guadagno di
quote di mercato consistente e pi rilevante rispetto a quelli conseguiti (a prezzi costanti) nel precedente
biennio. Il profilo di crescita delle esportazioni risultato tuttavia calante in corso d'anno. Il rallentamento
accusato dalle vendite all'estero nel secondo semestre ha essenzialmente riflesso la perdita di tono
congiunturale accusata dalle maggiori economie europee.

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7. I prezzi
7. I prezzi
Nel 1995 si interrotta la discesa del tasso d'inflazione che aveva caratterizzato i quattro anni precedenti. Il
sistema dei prezzi infatti risultato sottoposto a forti tensioni inflazionistiche che hanno teso a rientrare
nella seconda parte dell'anno. Nella media del 1995 l'indice generale dei prezzi al consumo ha cos segnato
una crescita del 5,2% a fronte del 4% con cui si era chiuso il 1994. Leggermente pi contenuto, e anche
esso in risalita rispetto all'anno precedente, risultato al contempo l'aumento del deflattore del prodotto
interno lordo, pari al 5% (3,5% nel 1994).
L'andamento mediamente pi moderato segnato dalla dinamica dei prezzi nell'area europea ha indotto un
nuovo allargamento del divario inflazionistico rispetto ai principali paesi partners. Nella media del 1995 la
differenza tra il tasso d'inflazione in Italia e quello in Germania e Francia risultata pari a 3,4 punti
percentuali (rispettivamente 1,3 e 2,3 punti nel 1994) mentre anche nei confronti del Regno Unito, che ha
sperimentato una risalita nel tasso di crescita dei prezzi, il differenziale d'inflazione ha subito un relativo
ampliamento (1,8 dopo il punto e mezzo del 1994). La distanza rispetto ai tre paesi dell'Unione europea con
la dinamica dei prezzi pi contenuta ulteriormente cresciuta superando i 3 punti e mezzo.
Nel corso dell'anno l'andamento dei prezzi ha comunque sperimentato due fasi differenti: la prima parte del
1995 si infatti caratterizzata per la presenza di forti spinte inflazionistiche diffuse in tutti gli stadi di
formazione dei prezzi; a partire dall'estate ha viceversa avuto luogo una graduale attenuazione del ritmo di
crescita dei prezzi, particolarmente evidente a livello della produzione.
L'accelerazione dell'inflazione nei primi mesi del 1995 ha trovato principale alimento nei rialzi registrati
dalle quotazioni internazionali delle materie prime cui si aggiunta l'ulteriore e consistente svalutazione
della lira mentre la manovra sulle imposte indirette di inizio anno ha impresso ulteriori sollecitazioni
inflazionistiche a livello della distribuzione finale. La dinamica particolarmente moderata del costo del
lavoro ha comunque arginato il propagarsi delle spinte inflattive. Il recupero del cambio della lira nei mesi
estivi e l'inversione di tendenza rilevata nell'andamento delle quotazioni internazionali delle materie prime
hanno nel seguito consentito dinamiche dei prezzi pi contenute.

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(*) Documento presentato dai Ministri del Bilancio e del Tesoro il 4 aprile 1996. Stralci a cura della Redazione dal I Capitolo, L'evoluzione dell'economia nel 1995.

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Camera dei Deputati XII LEGISLATURA


Proposta di legge n. 842 "Norme in materia di informazione e sicurezza dello Stato, di
segreto di Stato, di informazioni classificate", d'iniziativa dei deputati Dorigo, Cossutta,
Bertinotti ed altri.

(*) Gli estensori della proposta di legge n. 842, pur riconoscendo il ruolo imprescindibile dei Servizi in una
societ democratica, ritengono tuttavia necessaria una totale revisione degli attuali organismi istituiti con la
L. 801/77 e pertanto propongono:
- la soppressione dei Servizi di informazione e sicurezza istituiti con la L. 801/77, e il trasferimento del
personale ad altre amministrazioni dello Stato (art. 1);
- la soppressione di tutti i SIOS (art. 1);
- l'attribuzione, al Presidente del Consiglio, dell'alta direzione e della responsabilit della politica
informativa e di sicurezza (art. 2);
- l'istituzione dell'UCSI, alle dirette dipendenze del Presidente del Consiglio (art. 3);
- l'istituzione, presso la Presidenza del Consiglio, del CIIS, con funzioni di consulenza e proposta sugli
indirizzi generali (art. 4);
- l'istituzione dell'Agenzia per l'informazione e la sicurezza dello Stato (AISS), organismo di diritto
pubblico con personalit giuridica, sotto la vigilanza e l'alta direzione del Presidente del Consiglio (art. 5).
I compiti assegnati a questa nuova Agenzia sono i seguenti:
- ricerca, analisi e conservazione delle informazioni atte a tutelare la sovranit nazionale e trasmissione
delle stesse alle autorit competenti (art. 5);
- protezione delle comunicazioni elettroniche di interesse nazionale, decrittazione e decifrazione delle
comunicazioni esterne, con esclusione di ogni attivit di intercettazione delle comunicazioni relative al
territorio nazionale (art. 5).
Il personale dell'AISS pu essere assunto direttamente o provenire da altra amministrazione, ma deve essere
analizzato e valutato da una apposita commissione nominata dalla Presidenza del Consiglio (permangono i
casi di incompatibilit per i ministri di culto, i giornalisti, i magistrati, ecc.., gi previsti dalla L. 801/77). Al
personale assunto, viene corrisposta l'indennit operativa prevista per gli appartenenti alle FF.AA. Non sono
ammessi altri tipi di indennit (art. 6).
Tutto il personale dell'Agenzia ha l'obbligo di fornire all'autorit giudiziaria le informazioni e gli elementi
di prova relativi a fatti configurabili come reati (art. 7).
Le pubbliche amministrazioni sono tenute a mettere a disposizione del personale dell'Agenzia ogni mezzo
ed infrastruttura (art. 8).
Un Comitato parlamentare di controllo, con gli stessi poteri previsti per le Commissioni parlamentari
d'inchiesta, esercita il controllo sull'applicazione della presente legge (art. 9).
Tutti i documenti classificati sono conservati presso l'archivio generale dei Servizi, istituito presso l'UCSI
(art. 10).
Con il Capo II si definiscono le norme relative al segreto di Stato e alla disciplina delle informazioni
classificate (artt. 11-12-13-14-15-16-17-18-19). Con l'art. 20 si sostituisce la definizione di segreto di Stato
cos come stabilita dall'art. 202 del codice di procedura penale. L'art. 21 stabilisce le modalit di
applicazione del controllo del Comitato parlamentare. I rimanenti articoli disciplinano le informazioni
classificate. Di particolare rilievo l'art. 24 che abolisce il NOS e l'art. 25 che garantisce il diritto di accesso,
per chiunque, agli atti della pubblica amministrazione.
Infine, l'art. 31 che sancisce l'abrogazione degli artt. da 1 a 11 e 19 della L. 801/77.
PROPOSTA DI LEGGE d'iniziativa dei deputati DORIGO, COSSUTTA, BERTINOTTI,
CRUCIANELLI, ALTEA, BARZANTI, BELLEI TRENTI, BIELLI, BOFFARDI, BOGHETTA,
BOLOGNESI, BRUNETTI, CALVANESE, CARAZZI, COCCI, COMMISSO, DE ANGELIS, DE
MURTAS, DILIBERTO, GALDELLI, GARAVINI, GIULIETTI, GRIMALDI, GUERRA, LENTI,

------------------------------ Servizio per le informazioni e la Sicurezza Democratica ------------------------------

LUIGI MARINO, MORONI, MUZIO, NAPPI, NARDINI, PISTONE, MARCO RIZZO, SAIA,
SCIACCA, SCOTTO di LUZIO, VALPIANA, VENDOLA, VIGNALI, VOCCOLI
Norme in materia di informazione e sicurezza dello stato, di segreto di Stato, di informazioni classificate
Presentata il 5 luglio 1994
Onorevoli Colleghi! - Vicende recenti e recentissime, sulle quali sono in corso indagini dell'autorit
giudiziaria, rendono necessaria e urgente una riconsiderazione complessiva degli organismi preposti
all'informazione e alla sicurezza dello Stato. Gli episodi di corruzione e di compromissione con
organizzazioni criminali hanno rafforzato nell'opinione pubblica il convincimento, gi peraltro consolidatosi
negli scorsi anni, che le attivit dei servizi segreti avessero come obiettivo non la salvaguardia delle
istituzioni democratiche n la tutela della sovranit nazionale, ma piuttosto la difesa - anche coi mezzi e coi
sistemi pi spregiudicati - di interessi politici di parte (interni ed esterni al Paese) non propriamente
coincidenti con quelli dell'intera collettivit nazionale, ai quali soltanto deve guardare, per istituto, ogni
amministrazione o settore o ufficio di uno Stato democratico. A tal punto questa autentica degenerazione ha
creato allarme e sconcerto tra i cittadini da indurre molti a ritenere che l'unica soluzione credibile sia
l'abolizione definitiva di tutti gli organismi preposti all'informazione e alla sicurezza dello Stato. Una
soluzione certamente seducente, ma che non tiene conto di un contesto internazionale che pur
profondamente mutato dopo gli avvenimenti del biennio 1989-1990, non comunque tale da far escludere,
in via generale di principio, disegni tendenti a mettere a rischio la sovranit e l'integrit dello Stato
democratico, del suo territorio e delle sue istituzioni.
Vanno dunque previsti strumenti di intelligence che siano in grado di prevenire o individuare eventuali
disegni di tale natura. Deve tuttavia trattarsi di strumenti complessivamente nuovi, interamente ed
esclusivamente destinati ai fini suddetti, del tutto estranei e neutrali nei confronti delle vicende politiche
interne del Paese.
Ne consegue la necessit di azzerare gli organismi istituiti con la legge 24 ottobre 1977, n. 801, di abolire i
SIOS delle forze armate e delle forze di polizia, di costituire ex novo un'unica struttura alle dipendenze
della Presidenza del Consiglio dei ministri che, tramite il Presidente del Consiglio dei ministri, risponda
delle sue attivit ad un apposito Comitato parlamentare. Il necessario coordinamento tra Presidenza del
Consiglio e ministri interessati garantito da un comitato interministeriale.
del tutto evidente che ponendo mano a una radicale trasformazione delle strutture preposte
all'informazione e alla sicurezza dello Stato, occorre affrontare contestualmente una revisione delle norme
riguardanti il segreto di Stato, le informazioni e i documenti classificati.
Alle nuove norme in materia dedicato l'intero capo II della presente proposta di legge. Tali norme si
basano sul principio per cui al segreto si pu fare ricorso esclusivamente nei casi in cui la diffusione di
documenti o notizie possa arrecare danno grave all'integrit dello Stato e delle sue istituzioni. Viene abolito
l'istituto dei nulla osta di sicurezza, la cui gestione, di per s discrezionale, ha dato luogo, in passato, ad
autentiche discriminazioni. La possibilit di accesso ad atti riservati o segreti viene dunque ad essere legata
esclusivamente alla funzione svolta da chi a quegli atti deve accedere per esigenze d'ufficio.
Per la gestione dell'intera materia istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri l'apposito
Ufficio centrale di sicurezza. quale strumento di garanzia prevista l'istituzione di una Commissione
centrale per la libert di accesso agli atti.
Con l'articolo 1 del capo I si propone la soppressione degli organismi per l'informazione e la sicurezza,
istituiti con la legge n. 801 del 1977, nonch quelli delle Forze armate e delle Forze di polizia.
Il personale viene trasferito ad altre amministrazioni dello Stato o pu, con compiti diversi, essere
impiegato nell'ambito delle stesse amministrazioni di appartenenza.
Sono attribuite al Presidente del Consiglio dei ministri: l'alta direzione, la responsabilit politica generale e
il coordinamento della politica informativa e di sicurezza, oltre al compito di impartire le direttive ed
emanare ogni disposizione che attiene all'organizzazione e al funzionamento delle attivit di cui all'articolo
2.
Con l'articolo 3 si istituisce l'Ufficio centrale di Sicurezza (UCSI) alle dirette dipendenze del Presidente del
Consiglio dei ministri che, sentito il Comitato di cui all'articolo 4 e il Comitato parlamentare di cui
all'articolo 9, emana per decreto il regolamento dell'UCSI e ne definisce l'organico e le modalit di

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assunzione e di composizione.
Presso la Presidenza del Consiglio dei ministri istituito il Comitato interministeriale per le informazioni e
la sicurezza (CIIS), con funzioni di consulenza e di proposta sugli indirizzi generali e sugli obiettivi da
perseguire per il Presidente del Consiglio dei ministri (articolo 4).
istituita l'Agenzia per l'informazione e la sicurezza dello Stato (AISS), organismo di diritto pubblico con
personalit giuridica, sotto la vigilanza e la direzione del Presidente del Consiglio dei ministri (articolo 5),
con i seguenti compiti:
a) ricerca, analisi e conservazione delle informazioni atte a tutelare la sovranit nazionale e trasmissione
delle stesse alle autorit competenti;
b) protezione delle comunicazioni elettroniche di interesse nazionale, decrittazione e decifrazione delle
comunicazioni esterne, con esclusione di ogni attivit di intercettazione delle comunicazioni relative al
territorio nazionale.
La ripartizione dei fondi, tra spese ordinarie e spese riservate, fatta all'inizio dell'esercizio finanziario dal
Presidente del Consiglio dei ministri. Tale ripartizione pu essere modificata nel corso dell'esercizio
finanziario, con la stessa procedura. Le spese ordinarie sono soggette al controllo della Corte dei conti
mentre quelle riservate sono disposte dal direttore dell'Agenzia che fornisce un rendiconto mensile al
Presidente del Consiglio dei ministri.
Con l'articolo 6 si stabiliscono le disposizioni relative alle assunzioni, valutazioni, incompatibilit,
preclusioni e divieti del personale operante presso l'AISS.
Gli articoli 7 e 8 definiscono il rapporto dell'AISS con l'autorit giudiziaria e con le pubbliche
amministrazioni. Con l'articolo 9 si stabilisce il controllo parlamentare sulla politica informativa e di
sicurezza, sui controlli e sui risultati ottenuti. Il Governo riferisce in materia al Parlamento con periodicit
almeno semestrale.
Si costituisce un Comitato parlamentare che ha gli stessi poteri previsti per le Commissioni bicamerali
d'indagine, con il compito di esercitare il controllo sull'applicazione delle norme stabilite dalla presente
legge.
istituito presso l'UCSI l'archivio centrale degli organi di informazione e di sicurezza per la conservazione
degli atti relativi all'attivit dell'AISS (articolo 10).
Tutta la documentazione, protocollata, depositata in copia presso gli uffici del Comitato parlamentare.
Con il capo II si definiscono le norme relative al segreto di Stato e alla disciplina delle informazioni
classificate.
L'articolo 11 stabilisce che gli atti, i documenti e le attivit degli organi e delle amministrazioni centrali
dello Stato sono pubblici, salvo i casi in cui richiesto il vincolo del segreto, come definiti negli articoli 12
e 13.
coperto dal segreto di Stato qualsiasi materiale o attivit la cui diffusione possa arrecare danno grave
all'integrit dello Stato democratico e delle sue istituzioni (articolo 12); non possono essere oggetto di
segreto di Stato informazioni concernenti fatti eversivi dell'ordine costituzionale e di tutti i procedimenti
penali che si riferiscono agli articoli del codice penale elencati nell'articolo 13.
I trattati internazionali non possono essere sottoposti al vincolo del segreto di Stato, salvo alcune deroghe,
opportunamente motivate dal Presidente del Consiglio dei ministri (articolo 14). Si escludono effetti
retroattivi nell'apposizione del segreto (articolo 15).
Rientrano nella definizione di segreto di Stato i documenti classificati con segreto e
segretissimo (articolo 16). I documenti, per i quali pu essere prevista la classifica di riservato, non
possono essere negati ai giudici di merito o al Parlamento, qualora ne richiedano visione (articolo 17).
Nessun documento a contenuto puramente normativo pu essere classificato (articolo 18). Il segreto di stato
pu essere apposto dal Presidente del Consiglio dei ministri o dai ministri facenti parte del Consiglio
supremo di difesa per le materie di loro competenza (articolo 19).
Con l'articolo 20 si sostituisce la definizione di segreto di Stato cos come data dal codice di procedura
penale.
L'articolo 21 stabilisce le modalit di applicazione del controllo del Comitato parlamentare sulle norme
stabilite della presente legge.
Le classifiche che definiscono il segreto di Stato sono portate al livello inferiore ogni cinque anni e
decadono dopo quindici anni, salvo decisione motivata del Presidente del Consiglio dei ministri (articolo
22).

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Tutti i nominativi coperti dal segreto di Stato devono essere conservati in ordine cronologico, in uno
speciale archivio presso la Presidenza del Consiglio dei ministri (articolo 23). abolito il nulla osta di
sicurezza (articolo 24). Ogni amministrazione centrale e periferica dello Stato istituisce un ufficio per la
libert di accesso ai documenti amministrativi che potranno essere ottenuti da chiunque ne faccia richiesta,
fatti salvi i casi di cui al comma 3 dell'articolo 25. Entro novanta giorni l'amministrazione deve rilasciare
copia del documento al richiedente o motivarne il rifiuto (articolo 26). In caso di rifiuto, il richiedente pu
presentare ricorso entro trenta giorni (articolo 27).
L'articolo 28 stabilisce la composizione della commissione centrale per la libert di accesso.
Il capo III definisce le norme finanziarie e le disposizioni regolamentari e finali della legge.
PROPOSTA DI LEGGE
Capo I
Norme in materia di informazione e sicurezza dello stato
Art. 1
(Soppressione degli organismi
per l'informazione e la sicurezza)
1. Gli organismi istituiti a norma della legge 24 ottobre 1977, n. 801, sono soppressi. Sono altres soppressi
i servizi informativi, investigativi e di sicurezza delle Forze armate e delle Forze di polizia.
2. Il personale appartenente agli organismi di cui al comma 1 viene trasferito, con apposito decreto del
Presidente del Consiglio dei ministri, ad altre amministrazioni dello Stato.
3. Il personale appartenente ai Servizi informazioni operative speciali (SIOS) delle Forze armate e delle
Forze di polizia viene assegnato, con appositi decreti dei Ministri competenti, ad altri compiti nell'ambito
delle amministrazioni di appartenenza oppure trasferito, su domanda degli interessati, nelle forze e nei limiti
indicati dagli articoli 3 e 6, all'Ufficio centrale di cui all'articolo 3 o all'Agenzia di cui all'articolo 5.
Art. 2
(Attribuzioni del Presidente del Consiglio dei ministri)
1. Al Presidente del Consiglio dei ministri sono attribuiti l'alta direzione, la responsabilit politica generale
e di coordinamento della politica informativa e di sicurezza nell'interesse e per la difesa dello Stato
democratico e delle istituzioni poste dalla Costituzione a suo fondamento.
2. Il Presidente del Consiglio dei ministri impartisce le direttive ed emana ogni disposizione necessaria per
l'organizzazione e il funzionamento delle attivit inerenti ai fini di cui al comma 1.
Art. 3
(Istituzione dell'Ufficio centrale di sicurezza)
1. Ai fini dell'applicazione di quanto previsto dal capo II istituito, alle dirette dipendenze del Presidente
del Consiglio dei ministri, l'Ufficio centrale di sicurezza (UCSI).
2. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge il Presidente del Consiglio dei
ministri, sentiti il Comitato interministeriale di cui all'articolo 4 e il Comitato parlamentare di cui all'articolo
9, emana con proprio decreto il regolamento dell'UCSI, definendone l'organico.
3. Alla direzione dell'UCSI preposto un dipendente dello Stato con qualifica non inferiore a dirigente
generale o equiparata, nominato dal Presidente del Consiglio dei ministri, sentito il Comitato
interministeriale di cui all'articolo 4. Il mandato del direttore revocabile, cessa in ogni caso dopo quattro
anni e non rinnovabile.
4. Il personale dell'UCSI costituito da dipendenti delle amministrazioni civili e militari dello Stato. Il
personale proveniente dalle singole amministrazioni non pu eccedere il 10 per cento dell'organico
dell'ufficio. Un'apposita commissione, nominata dal Presidente del Consiglio dei ministri, analizza e valuta i
candidati in base a disposizioni e criteri che saranno resi pubblici dal Governo.
Art. 4
(Comitato interministeriale)

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1. Presso la Presidenza del Consiglio dei ministri istituito un Comitato interministeriale per le
informazioni e la sicurezza (CIIS), con funzioni di consulenza e di proposta per il Presidente del Consiglio
dei ministri, sugli indirizzi generali e sugli obiettivi fondamentali da perseguire nel quadro della politica
informativa e di sicurezza.
2. Il Comitato in sessione ordinaria presieduto dal Presidente del Consiglio dei ministri ed composto dai
Ministri dell'interno e della difesa. Salvo che il Presidente del Consiglio dei ministri disponga diversamente
in relazione a singoli affari, intervengono alle riunioni del Comitato, a titolo consultivo, il direttore
dell'UCSI e il direttore dell'Agenzia di cui all'articolo 5.
3. Al Comitato in sessione plenaria partecipano altres il Ministro degli affari esteri, il Ministro di grazia e
giustizia e il Ministro delle finanze. Il Comitato si riunisce in sessione plenaria nei casi indicati dalla
presente legge e in ogni altro caso in cui il Presidente del Consiglio dei ministri lo ritenga opportuno.
4. Il Presidente del Consiglio dei ministri pu chiamare a partecipare alle sedute del Comitato altri ministri,
autorit civili e militari ed esperti.
Art. 5
(Agenzia per l'informazione e la sicurezza dello Stato)
1. istituita l'Agenzia per l'informazione e la sicurezza dello Stato (AISS), organismo di diritto pubblico
con personalit giuridica, sotto la vigilanza e l'alta direzione del Presidente del Consiglio dei ministri.
2. L'AISS cura la ricerca, l'analisi e la conservazione delle informazioni atte a tutelare la sovranit
nazionale, nonch la loro trasmissione alle autorit competenti per la difesa dello Stato democratico, del suo
territorio e delle sue istituzioni da ogni interferenza straniera.
3. L'AISS ha compiti di difesa elettronica, consistenti nella protezione delle comunicazioni di interesse
nazionale e nella decrittazione e decifrazione delle comunicazioni esterne. esclusa ogni attivit di
intercettazione delle comunicazioni interne al territorio nazionale.
4. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge il Presidente del Consiglio dei
ministri, sentito il CIIS in sessione plenaria e il Comitato parlamentare di cui all'articolo 9, emana con
proprio decreto il regolamento dell'AISS definendone l'organico.
5. Il direttore dell'AISS nominato dal Presidente del Consiglio dei ministri, sentito il CIIS in sessione
plenaria, ed scelto fra i dipendenti dello Stato con qualifica non inferiore a dirigente generale o equiparata,
i magistrati delle giurisdizioni superiori ordinaria e amministrativa, gli avvocati dello Stato, i professori
ordinari di universit.
6. Il mandato del direttore revocabile, cessa in ogni caso dopo quattro anni e non rinnovabile. Il direttore
collocato di diritto fuori ruolo o nella corrispondente posizione prevista dall'ordinamento
dell'amministrazione di appartenenza. Il suo stato giuridico e il suo trattamento economico sono determinati
con il regolamento di cui al comma 4.
7. Il direttore esercita il suo mandato secondo le direttive del Presidente del Consiglio dei ministri e
risponde a quest'ultimo dell'attivit dell'AISS e dei suoi risultati.
8. Il regolamento di cui al comma 4 determina il numero e le attribuzioni dei reparti dell'AISS. Ogni reparto
retto da un funzionario che dipende dal direttore dell'AISS. Il regolamento determina altres le modalit
dei controlli contabili e delle verifiche dei costi e dei rendimenti.
9. La ripartizione dei fondi complessivamente disponibili fra spese ordinarie e spese riservate determinata
all'inizio dell'esercizio finanziario dal Presidente del Consiglio dei ministri, sentiti il CIIS in sessione
plenaria e il Comitato parlamentare di cui all'articolo 9. Con la stessa procedura tale ripartizione pu essere
modificata nel corso dell'esercizio.
10. Le spese ordinarie sono soggette al controllo della Corte dei conti. Le spese riservate sono disposte dal
direttore dell'AISS, che ne fornisce rendiconto mensile al Presidente del Consiglio dei ministri. La relativa
documentazione conservata a norma dell'articolo 10.
Art. 6
(Disposizioni sul personale dell'AISS)
1. Il personale in rapporto d'impiego con l'AISS costituito da:
a) dipendenti delle amministrazioni civili e militari dello Stato, collocati fuori ruolo a tempo indeterminato;
b) dipendenti assunti direttamente, con i requisiti e secondo le modalit previste dal regolamento di cui al
comma 4 dell'articolo 5.

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2. Un'apposita commissione nominata dalla Presidenza del Consiglio dei ministri analizza e valuta i
candidati in base a disposizioni e criteri che saranno resi pubblici dal Governo.
3. Il personale proveniente dalle amministrazioni dello Stato non pu eccedere, per ogni amministrazione
interessata, la misura del 10 per cento dell'organico dell'AISS.
4. L'ordinamento del personale e il relativo trattamento giuridico ed economico sono di tipo civile e
vengono determinati dal regolamento di cui al comma 4 dell'articolo 5, con l'osservanza dei seguenti
princpi:
a) il conferimento ai dipendenti di qualifiche, mansioni ed incarichi regolato esclusivamente
dall'ordinamento interno dell'AISS ed determinato in funzione delle esigenze del servizio;
b) devono essere determinate le condizioni e le modalit per il trasferimento del personale gi dipendente
dall'AISS nei ruoli di altre amministrazioni dello Stato.
5. Non previsto in alcun caso il rientro del personale collocato fuori ruolo alle amministrazioni di
provenienza.
6. L'AISS pu avvalersi saltuariamente di collaboratori esterni per compiti d'istituto e in base a quanto
previsto in merito dal regolamento di cui al comma 4 dell'articolo 5.
7. incompatibile con ogni forma di dipendenza o di collaborazione con l'AISS la qualit di membro del
Parlamento, di componente degli organi deliberativi delle regioni e degli enti locali, di magistrato, di
ministro di culto, di giornalista professionista.
8. L'AISS non pu avvalersi in rapporto di dipendenza, anche saltuario, di persone che, per comportamenti
o azioni eversive nei confronti delle istituzioni democratiche, non diano sicuro affidamento di scrupolosa
fedelt ai valori della Costituzione e dell'ordinamento democratico.
9. Il personale dell'AISS agisce esclusivamente nell'interesse e per la difesa dello Stato democratico e delle
istituzioni poste dalla Costituzione a suo fondamento.
10. Al personale dell'AISS fatto divieto di:
a) svolgere attivit clandestina;
b) svolgere attivit armate;
c) svolgere attivit a favore o contro partiti o movimenti politici.
11. Al momento dell'entrata in servizio i dipendenti dell'AISS firmano una dichiarazione impegnativa con la
quale garantiscono di non aver prestato altri giuramenti di fedelt al di fuori di quello verso lo Stato e di non
far parte di organizzazioni segrete o coperte.
12. Il personale che violi gli obblighi di cui ai commi 9, 10 e 11 collocato a riposo o dimesso, con
provvedimento del direttore dell'AISS.
13. Al personale dell'AISS viene corrisposta l'indennit operativa prevista per gli appartenenti alle Forze
armate, aumentata, per coloro che siano impegnati in operazioni speciali, nella misura prevista per le
indennit assegnate ai Corpi speciali delle Forze armate.
14. Non sono ammesse indennit n sono previsti compensi di alcun tipo al di fuori di quanto disposto dal
comma 13.
15. I dipendenti dell'AISS non rivestono la qualit di ufficiali o di agenti di polizia giudiziaria; tale qualit
sospesa per tutta la durata del collocamento fuori ruolo per il personale che la rivesta in base
all'ordinamento dell'amministrazione di provenienza.
Art. 7
(Rapporti con l'autorit giudiziaria)
1. Tutto il personale dell'AISS ha l'obbligo di fornire all'autorit giudiziaria le informazioni e gli elementi di
prova relativi a fatti configurabili come reati.
2. Tutti gli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria debbono fornire la cooperazione eventualmente richiesta
dal direttore dell'AISS.
Art. 8
(Rapporti con le pubbliche amministrazioni)
1. Per determinazione del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto coi ministri interessati, l'AISS
pu avvalersi di mezzi e infrastrutture di qualsiasi amministrazione pubblica.
2. Le pubbliche amministrazioni sono tenute a corrispondere alle richieste di informazioni loro inoltrate dal
direttore dell'UCSI o dal direttore dell'AISS.

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Art. 9
(Controllo parlamentare)
1. Il Governo riferisce tempestivamente al Parlamento e con periodicit almeno semestrale con una
relazione sulla politica informativa e della sicurezza, sui controlli e sui risultati ottenuti.
2. Un Comitato parlamentare, costituito da sette deputati e sette senatori, nominati dai Presidenti dei dure
rami del Parlamento, sulla base del criterio di proporzionalit, esercita il controllo sull'applicazione della
presente legge. A tal fine, il Presidente del Consiglio dei ministri, informa il Comitato sull'attivit
dell'AISS, d notizia della emanazione di regolamenti e di direttive generali, comunicandone il testo e
riferisce sull'assegnazione dei fondi e sui risultati della rendicontazione. Il Comitato pu chiedere ulteriori
informazioni e chiarimenti e formulare proposte e rilievi.
3. Il Comitato parlamentare ha gli stessi poteri previsti per le Commissioni parlamentari d'inchiesta.
4. Il Presidente del Consiglio dei ministri pu richiedere al Comitato parlamentare la tutela del segreto in
ordine alle informazioni che a suo giudizio eccedono i limiti di cui al comma 2. In tal caso gli atti del
Comitato sono coperti dal segreto. Il segreto non comunque previsto per gli atti regolamentari e per quelli
soggetti al controllo della Corte dei conti.
5. I componenti del Comitato parlamentare sono vincolati al segreto relativamente alle informazioni di cui
al comma 4.
Art. 10
(Conservazione degli atti)
1. istituito presso l'UCSI l'archivio centrale degli organismi di informazione e di sicurezza, cui preposto
un dirigente nominato dal Presidente del Consiglio dei ministri, sentito il CIIS. Nell'archivio centrale sono
conservati tutti gli atti relativi all'attivit dell'AISS, compresi quelli che si riferiscono a spese riservate.
2. Il regolamento dell'UCSI disciplina le modalit di conservazione, anche con mezzi informatici, e i criteri
per l'accesso e la visione dei singoli atti, tenuto conto di quanto previsto dal capo II.
3. Tutta la documentazione deve essere protocollata e copia del protocollo depositata presso gli uffici del
Comitato parlamentare.
Capo II
Norme relative al segreto di Stato e disciplina delle informazioni classificate
Art. 11
(Pubblicit degli atti)
1. Gli atti, i documenti, le attivit degli organi delle amministrazioni centrali e periferiche dello Stato,
nonch delle regioni e degli enti locali sono pubblici, salvo che non vi sia esplicitamente e individualmente
apposto il vincolo del segreto o della riservatezza secondo le norme contenute nella presente legge.
Art. 12
(Presupposti del segreto di Stato)
1. coperto da segreto di Stato qualsiasi atto, documento, notizia, materiale o attivit la cui diffusione
possa arrecare danno grave alla integrit dello Stato democratico, alle istituzioni della Repubblica, al libero
esercizio delle funzioni degli organi costituzionali, all'indipendenza e alla difesa dello Stato.
Art. 13
(Casi di inammissibilit del segreto di Stato)
1. In nessun caso possono essere oggetto di segreto di Stato informazioni concernenti fatti eversivi
dell'ordine costituzionale, n il segreto pu essere opposto nel corso di procedimenti penali per i delitti
previsti dagli articoli 270, 270-bis, 276, 280, 283, 284, 285, 286, 289, 289-bis, 305, 306, 416-bis e 422 del
codice penale, e in genere per tutti i reati aventi finalit di terrorismo o di eversione dell'ordine
costituzionale.
Art. 14

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(Disciplina del segreto di Stato per i trattati internazionali)


1. Non possono essere sottoposti al vincolo del segreto di Stato trattati o accordi internazionali, anche se
esecutivi di accordi precedentemente stipulati.
2. Singole clausole di trattati, purch non compresi tra quelli previsti dall'articolo 80 della Costituzione,
possono essere dichiarate segrete. In tal caso il Presidente del Consiglio dei ministri ne comunica al
Comitato parlamentare di controllo le motivazioni.
Art. 15
(Esclusione di effetti retroattivi nell'apposizione del segreto)
1. Non pu essere eccepito il segreto su atti, documenti, attivit o materiali in genere se esso non sia stato
apposto in data precedente all'eccezione, e nelle forme e secondo le modalit stabilite dalla presente legge.
Art. 16
(Documenti con classifica segreto e segretissimo)
1. Rientrano nella definizione di segreto di Stato le classifiche, formulate ai soli fini del trattamento dei
documenti e dell'estensione della loro circolazione autorizzata, di segretissimo, riferite a documenti o
altro la cui divulgazione possa provocare un danno estremamente grave agli interessi definiti dall'articolo 12
della presente legge, e segreto, riferita a documenti o altro la cui divulgazione possa provocare un danno
grave ai medesimi interessi.
Art. 17
(Documenti con classifica riservato)
1. Ai soli fini della limitazione della circolazione e della conoscenza, l'amministrazione centrale e periferica
dello Stato pu utilizzare la classifica di riservato su quegli atti, documenti o altri materiali la cui pi
vasta diffusione potrebbe tradursi in un danno significativo agli interessi definiti all'ar-ticolo 12.
2. In nessun caso pu essere negata al giudice di merito la conoscenza di materiali aventi la classifica di cui
al comma 1, n pu essere rifiutata la testimonianza da parte di persone che ne abbiano conoscenza.
3. Non possono altres essere rifiutate al Parlamento informazioni, notizie, o materiali classificati ai sensi
del comma 1.
4. Su richiesta dell'autorit che esibisce o fornisce i documenti classificati riservato, gli stessi devono
essere esaminati in dibattimento a porte chiuse o, in sede di Comitato o di Commissione parlamentare, con
il vincolo della riservatezza per tutti i presenti.
Art. 18
(Documenti non classificabili)
1. Nessun documento a contenuto puramente normativo pu esser classificato, n possono esserlo quelle
informazioni che per loro natura siano a chiunque accessibili oppure siano legittimamente a conoscenza di
autorit straniere, al di fuori dei casi previsti da accordi di mutua difesa, di assistenza giudiziaria e di
polizia.
Art. 19
(Attribuzioni del Presidente del Consiglio dei ministri)
1. Il segreto di Stato pu essere apposto dal presidente del Consiglio dei ministri e dai ministri facenti parte
del Consiglio supremo di difesa per le materie di loro competenza.
2. Il Presidente del Consiglio dei ministri pu delegare altri soggetti all'apposizione del segreto di Stato su
materie precisamente definite.
3. La delega di cui al comma 2 ha una durata massima di due anni, rinnovabili, individuale e intrasferibile,
anche parzialmente, revocabile in qualsiasi momento e termina in ogni caso con la cessazione del delegato
dalla funzione o dalla carica che l'aveva giustificata.
Art. 20
(Modifica dell'articolo 202 del codice di procedura penale)
1. L'articolo 202 del codice di procedura penale sostituito dal seguente:
Art. 202. - (Segreto di Stato). - 1. Chiunque, per ragione del suo ufficio, sia chiamato a deporre su quanto

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coperto da segreto di Stato deve eccepirne l'esistenza ed astenersi dal deporre.


2. Il giudice interpella il Presidente del Consiglio dei ministri che, ove ritenga di confermarlo, deve
provvedervi entro trenta giorni dalla richiesta.
3. In tal caso il Presidente del Consiglio dei ministri trasmette gli atti o i documenti coperti dal segreto che
sono esaminati in camera di consiglio.
4. Ove il giudice ritenga fondata la dichiarazione di segretezza e la prova sia essenziale per la definizione
del processo, dichiara non doversi procedere per l'esistenza di un segreto di Stato. In caso contrario
trasmette gli atti al Comitato parlamentare di controllo.
5. Se il Presidente del Consiglio dei ministri non conferma il segreto o se il Comitato parlamentare di
controllo ne dichiara la insussistenza, il giudice ordina che il testimone deponga.
6. Nel caso si proceda ai sensi del comma 5, il Presidente del Consiglio dei ministri pu chiedere che la
deposizione avvenga a porte chiuse.
Art. 21
(Controllo parlamentare)
1. Il Presidente del Consiglio dei ministri trasmette al Comitato parlamentare l'elenco dei soggetti delegati
di cui all'articolo 19; sottopone al preventivo parere gli atti normativi connessi con l'apposizione e la
salvaguardia del segreto; comunica al Comitato parlamentare le richieste di conferma della sussistenza del
segreto di Stato ai sensi dell'articolo 202 del codice di procedura penale e il loro esito; presenta annualmente
una relazione sulla tutela del segreto.
2. Il Presidente del Consiglio dei ministri deve trasmettere entro trenta giorni dalla richiesta qualsiasi
documento, atto o informazione che il Comitato parlamentare ritenga di dover esaminare.
3. Il Comitato parlamentare delibera a maggioranza assoluta, entro sessanta giorni dalla richiesta ai sensi
dell'articolo 202 del codice di procedura penale, sulla legittima opposizione del segreto di Stato.
Art. 22
(Validit delle classifiche)
1. Le classifiche attribuite ai sensi della presente legge sono di diritto portate al livello inferiore ogni cinque
anni.
2. Con decisione motivata da comunicare al Comitato parlamentare di controllo, il Presidente del Consiglio
dei ministri pu deliberare di prolungare la durata del segreto di Stato su singoli atti, documenti, materiali o
attivit.
3. Tutte le classifiche decadono di diritto quindici anni dopo la data di apposizione della classifica
originaria.
Art. 23
(Registrazione dei documenti)
1. Gli atti, i documenti e, in genere, tutti i materiali coperti dal segreto di Stato devono essere annotati su
registri cronologici conservati dall'autorit originante e, in copia, in uno speciale archivio istituito presso
l'UCSI.
Art. 24
(Abolizione del nulla osta di sicurezza)
1. L'istituto del nulla osta di sicurezza abolito.
Art. 25
(Diritto di accesso agli atti)
1. Chiunque pu chiedere di ottenere in copia qualsiasi atto della pubblica amministrazione.
2. A tal fine ogni amministrazione centrale e periferica dello Stato e ogni altro ente pubblico territoriale e
non territoriale istituisce, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un ufficio per la
libert di accesso ai documenti amministrativi.
3. Non possono in nessun caso essere resi noti, se non ai diretti interessati e ai soggetti pubblici che ne
abbiano un legittimo interesse, gli atti che contengono informazioni di carattere personale.
4. Il cittadino ha sempre diritto di rettifica relativamente agli atti che lo riguardano.

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Art. 26
(Compiti delle amministrazioni)
1. Entro novanta giorni dalla domanda, l'amministrazione di origine del documento richiesto ai sensi
dell'articolo 25 deve fornirne copia al richiedente oppure motivarne il rifiuto.
2. Nello stesso termine l'amministrazione deve risponderne nel caso in cui il documento non sia esattamente
individuabile oppure quando la stessa amministrazione non sia originaria del documento.
3. In ogni caso di rifiuto o di rinvio l'ufficio per la libert di accesso ai documenti indica l'autorit alla quale
il richiedente pu opporre ricorso.
Art. 27
(Ricorso in caso di diniego)
1. Nel caso di rifiuto all'accesso di documenti, il richiedente pu proporre ricorso entro trenta giorni
all'autorit indicata nella comunicazione di diniego.
2. Se, entro sessanta giorni, l'autorit appellata conferma il diniego, nel termine di trenta giorni il
richiedente pu ricorrere alla Commissione centrale per la libert di accesso di cui all'articolo 28, che
delibera entro novanta giorni. Le decisioni della Commissione sono definitive.
Art. 28
(Commissione centrale per le libert di accesso agli atti)
1. La Commissione centrale per la libert di accesso, presieduta da un magistrato nominato dal Presidente
della Corte di cassazione, comprende quattro membri, dei quali due nominati dai Presidenti dei due rami del
Parlamento e due dal Presidente del Consiglio dei ministri.
2. Nel caso di documenti coperti dal segreto di Stato in violazione della presente legge, la Commissione
dispone il riesame da parte del Presidente del Consiglio dei ministri e ne informa contestualmente il
Comitato parlamentare di controllo.
Capo III
Disposizioni finanziarie, regolamentari e finali
Art. 29
(Norme finanziarie)
1. Le spese relative all'UCSI e all'AISS sono iscritte nello stato di previsione del Ministero del tesoro.
Art. 30
(Disposizioni regolamentari)
1. Le disposizioni regolamentari previste dalla presente legge sono emanate, in deroga all'articolo 17 della
legge 23 agosto 1988, n. 400, con uno o pi decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, sentiti il CIIS
in sessione plenaria e il Comitato parlamentare. I suddetti decreti stabiliscono il regime della loro pubblicit
anche in deroga alle norme ordinarie.
2. Nelle materie disciplinate dalle suddette disposizioni regolamentari non si applicano le norme di legge in
materia di amministrazione e contabilit dello Stato, di rapporto d'impiego e di procedimento
amministrativo, salvi in ogni caso i princpi generali del diritto.
Art. 31
(Abrogazione di norme)
1. Sono abrogati gli articoli da 1 a 11 e 19 della legge 24 ottobre 1977, n. 801.
(*) In questo numero si esauriscono la pubblicazione e l'esame dei disegni e delle proposte di legge presentati nella XII Legislatura.
(**) Sintesi redazionale.

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Senato della Repubblica XII LEGISLATURA


Disegno di legge n. 437 "Nuove norme in materia di istituzione e ordinamento dei servizi
per le informazioni e la sicurezza e disciplina del segreto di Stato", d'iniziativa dei
senatori De Notaris, Ronchi, Abramonte, Campo, Cangelosi, Carella, Di Maio, Falqui ed
altri.

(*) Gli estensori del disegno di legge n. 437 mirano al superamento dei problemi connessi alla mancanza di
una reale guida unitaria dei vari servizi, siano essi civili o militari.
L'articolo 1 attribuisce al Presidente del Consiglio dei Ministri compiti di direzione, di responsabilit
politica e di coordinamento della politica informativa, previo accordo ed approvazione del Consiglio dei
Ministri.
L'articolo 2 istituisce un Servizio di Informazioni Unificato (SIU) con compiti esclusivamente informativi.
Conseguentemente, l'art. 11 stabilisce non solo lo scioglimento di tutti i vari servizi militari e civili, ma
impone che il loro personale non possa essere riassunto nella struttura informativa.
Il personale da impiegare nel SIU a norma dell'art. 4 potr essere assunto solo mediante l'esame di
un'apposita commissione e sulla base di linee guida indicate da un apposito decreto del Presidente del
Consiglio dei Ministri. Il personale del SIU potr permanere nell'incarico per un massimo di quattro anni,
dovr avere un altissimo profilo morale e, se proveniente dalle Forze Armate, non potr tornare nei relativi
ranghi dopo aver terminato il periodo di servizio nella struttura di intelligence.
Particolare interesse riveste l'introduzione della cd. "temporizzazione" del segreto di Stato stabilendo che il
medesimo pu essere apposto per un periodo massimo di 15 anni, dopo il quale la documentazione diviene
pubblica, consultabile presso un apposito archivio.
Il controllo sulle attivit del SIU viene svolto, come indica l'art. 5, da un'apposita Commissione
parlamentare bicamerale, che otterr permanentemente i poteri inquirenti.
DISEGNO DI LEGGE d'iniziativa dei senatori DE NOTARIS, RONCHI, ABRAMONTE,
CAMPO, CANGELOSI, CARELLA, DI MAIO, FALQUI, LUBRANO DI RICCO, MANCONI,
MANCUSO, PIERONI E ROCCHI
Nuove norme in materia di istituzione e ordinamento dei servizi per le informazioni e la sicurezza e
disciplina del segreto di Stato
Comunicato alla Presidenza il 20 giugno 1994
Onorevoli Senatori - Le attivit dei servizi segreti marcano in modo indelebile le vicende pi oscure della
storia della Repubblica.
Uomini dei servizi risultano coinvolti nelle stragi che hanno insanguinato il Paese, nei traffici di droga e di
armi, in attivit mafiose e camorristiche, nelle associazioni segrete ed eversive, nei fenomeni terroristici di
destra e di sinistra.
Sono sempre uomini ed apparati dei servizi segreti che in queste settimane vengono giudicati dalla
magistratura per l'utilizzo illecito di fondi pubblici, sia a scopo privato che per "aiutare" personaggi politici
o correnti politiche.
Il segreto di Stato, d'altra parte, nasconde ancor oggi ai cittadini fatti lontani nella storia, come la lotta al
banditismo meridionale dell'Ottocento o vicende purtroppo pi vicine ai nostri tempi come l'organizzazione
Gladio.
Occorrerebbero interi volumi per descrivere in modo soddisfacente le pagine della storia italiana rese oscure
dalle attivit dei servizi segreti.
Ma compito del Parlamento non , e non pu essere, svolgere semplicemente un'inchiesta o un'indagine, sia
essa giudiziaria oppure storica. Compito del Parlamento quello di elaborare ed approvare leggi che

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applichino nel modo migliore il dettato costituzionale e che rispecchino la volont popolare. E per ci che
riguarda i servizi segreti ed il problema del segreto di Stato il Parlamento ormai non pu ulteriormente
ignorare che gli obiettivi di trasparenza e controllo democratico che stavano alla base della legge 24 ottobre
1977, n. 801, non sono stati pienamente raggiunti: i servizi segreti hanno continuato a colpire ed inquinare
la vita democratica del Paese, il controllo su di essi non stato pienamente assicurato, la trasparenza
venuta a mancare troppe volte.
A ci da aggiungere che venuta a mancare una reale guida unitaria dei vari servizi, siano essi civili che
militari, o addirittura di forza armata, con la conseguenza di veri e propri contrasti, se non guerre, tra le
varie strutture che teoricamente dovrebbero contribuire a proteggere il Paese ed i cittadini da interferenze
esterne.
Il nostro disegno di legge vuole intervenire su tali problematiche.
L'articolo 1 attribuisce al Presidente del Consiglio dei ministri i compiti di direzione, responsabilit politica
e coordinamento della politica informativa, previo accordo ed approvazione del Consiglio dei ministri.
L'articolo 2 istituisce un Servizio informazioni unificato (SIU), con compiti esclusivamente informativi.
Conseguentemente l'articolo 11 stabilisce non solo lo scioglimento di tutti i vari servizi, militari e civili, ma
impone che il loro personale non possa essere assunto nella nuova struttura informativa.
L'articolo 3 stabilisce il divieto per il SIU di compiere attivit che non siano puramente informative,
entrando nello specifico di compiti che negli anni passati sono stati al centro degli episodi pi oscuri della
storia della Repubblica, oltre a vietare l'attuazione di direttive provenienti da altri servizi stranieri.
L'articolo 4 interviene sul profilo del personale da impiegare nel SIU, che potr essere assunto solo
mediante l'esame di un'apposita commissione e sulla base di linee guida indicate da un apposito decreto del
Presidente del Consiglio dei ministri. Il personale del SIU potr permanere nell'incarico per un massimo di
quattro anni, dovr avere un altissimo profilo morale e, se proveniente dalle Forze armate, non potr
ritornare nei relativi ranghi dopo aver terminato il periodo di servizio nella struttura di intelligence.
Il controllo sulle attivit del SIU viene svolto, come indica l'articolo 5, da un'apposita Commissione
parlamentare bicamerale, che deterr permanentemente i poteri inquirenti.
La seconda parte del disegno di legge interviene sulle norme che regolamentano l'opposizione del segreto di
Stato, stabilendo, all'articolo 6, il divieto di opporre il segreto su fatti e documenti riguardanti i reati di
terrorismo, mafia, banda armata, oltre che per quelli inerenti ad inquinamento ambientale o contro la
pubblica amministrazione.
Il segreto di Stato pu essere opposto per un periodo massimo di quindici anni, dopo il quale la
documentazione diviene pubblica e consultabile presso un apposito archivio.
L'articolo 7 stabilisce rigidi criteri per le modalit di opposizione del segreto di Stato, sulla classificazione
della documentazione, sul divieto di classificare a posteriori documenti in origine non segreti, oltre che sul
rilascio del nulla osta di segretezza.
L'articolo 8 demanda l'attivit di controllo sull'opposizione del segreto di Stato alla Commissione
parlamentare incaricata del controllo sul SIU, mentre l'articolo 9 stabilisce il dovere di astenersi dal
testimoniare su atti e documenti coperti da segreto di Stato da parte di dipendenti pubblici.
L'articolo 10 fissa il tetto di finanziamento per il SIU, riducendolo drasticamente rispetto al budget attuale.
DISEGNO DI LEGGE
Capo I
Istituzione e ordinamento del Servizio Informazioni Unificato (SIU)
Art. 1
(Dipendenza)
1. Al Presidente del Consiglio dei ministri sono attribuiti la direzione, la responsabilit politica generale ed
il coordinamento della politica informativa e per la difesa dello Stato democratico e delle istituzioni.
2. Il Presidente del Consiglio dei ministri impartisce, previo esame ed approvazione da parte del Consiglio
dei ministri, le direttive e le disposizioni necessarie per la organizzazione ed il funzionamento delle attivit
attinenti ai fini di cui al comma 1.

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Art. 2
(Istituzione e compiti del Servizio informazioni unificato)
1. E' istituito, alla diretta dipendenza del Presidente del Consiglio dei ministri, il Servizio informazioni
unificato (SIU). Esso assolve a compiti esclusivamente informativi a sostegno della difesa del Paese, contro
ogni forma di eversione ed informandosi allo spirito democratico della Repubblica, con particolare
attenzione alle attivit rivolte alla prevenzione ed all'interpretazione dei fenomeni terroristici, alla
protezione delle comunicazioni, alla decrittazione e decifrazione delle comunicazioni esterne,
all'impedimento di interferenze da parte di potenze straniere nel Paese.
2. Il SIU comunica al Presidente del Consiglio dei ministri tutte le informazioni ricevute e comunque in suo
possesso, oltre a quanto attiene alla sua attivit ai sensi del comma 1.
3. L'ordinamento del SIU si informa a quello dell'amministrazione civile dello Stato, senza alcuna
corrispondenza con organizzazioni e gerarchie militari, ed stabilito con apposito decreto del Presidente del
Consiglio dei ministri.
4. Il direttore del SIU nominato dal Presidente del Consiglio dei ministri, su parere conforme del
Consiglio dei ministri, previo parere della Commissione parlamentare di controllo di cui all'articolo 5.
Art. 3
(Divieti)
1. Il SIU, nell'esecuzione dei compiti di cui all'articolo 1, non pu condurre attivit che violino i principi
costituzionali ed i diritti fondamentali dei cittadini, sanciti dalla Costituzione.
2. Il SIU non pu condurre attivit clandestine, svolgere compiti che comportino l'uso delle armi e svolgere
attivit che siano favorevoli o contrarie a partiti politici.
3. Il SIU non pu condurre azioni che siano in contrasto con le leggi dello Stato, in particolare per ci che
riguarda l'esportazione ed il transito di armamenti.
4. Il SIU non pu attuare direttive che provengano da servizi segreti stranieri o da organismi che non siano
nazionali n mantenere rapporti diretti con la magistratura e le Forze armate.
5. E' fatto divieto di attribuire al SIU le funzioni della guerra psicologica, dell'azione psicologica e delle
forme non convenzionali di guerra, che dovranno comunque essere svolte e pianificate dagli organismi
competenti secondo i principi dell'ordinamento giuridico interno ed internazionale.
Art. 4
(Personale)
1. Gli appartenenti al SIU non rivestono la qualit di ufficiali o di agenti di polizia giudiziaria; tale qualit
sospesa durante il periodo di appartenenza al SIU per coloro che la rivestono in base agli ordinamenti
dell'amministrazione di provenienza.
2. L'arruolamento del personale nel SIU avviene mediante esame di un'apposita commissione nominata dal
Presidente del Consiglio dei ministri. La valutazione dei candidati condotta in base a disposizioni emanate
con apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.
3. La durata massima della permanenza negli incarichi di cui al presente articolo di quattro anni. Per il
personale che abbia dimostrato eccezionali capacit e per il quale si richieda un prolungamento di
permanenza necessario che la conferma sia espressamente autorizzata dal Presidente del Consiglio dei
ministri.
4. Il personale del SIU firma, al momento dell'entrata in servizio, una dichiarazione di impegno in cui
assicura di non aver prestato altri giuramenti di fedelt al di fuori di quello verso lo Stato e di non far parte
di organizzazioni segrete. La falsa dichiarazione punita con la reclusione fino a dieci anni.
5. Il personale del SIU ha l'obbligo di dichiarare, al momento dell'entrata in servizio, l'eventuale
appartenenza, anche passata, a partiti politici, associazioni, comitati e societ aventi qualsivoglia finalit. Il
Presidente del Consiglio dei ministri decide, su parere della commissione di cui al comma 2, in merito
all'incompatibilit con l'appartenenza al SIU.
6. Non possono appartenere in modo organico o saltuario al SIU persone che, per comportamenti od azioni
eversive nei confronti delle istituzioni democratiche, non diano garanzie di affidabilit e di scrupolosa
fedelt ai valori della Costituzione repubblicana.
7. Al personale del SIU fatto divieto di assumere incarichi dirigenziali o di consulenza presso imprese
interessate alla produzione o al commercio di armi per un periodo di cinque anni dopo la cessazione dal

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servizio.
8. Il personale proveniente dalle Forze armate, quando sia cessato il periodo di servizio nel SIU, pu
transitare esclusivamente verso amministrazioni civili.
9. Ai dipendenti del SIU assegnato un trattamento economico pari a quello degli appartenenti alle Forze
armate, comprensivo dell'indennit operativa. E' vietata la corresponsione di qualsiasi altra forma di
indennizzo o indennit.
Art. 5
(Commissione parlamentare di controllo)
1. istituita una Commissione parlamentare di controllo sulle attivit del SIU, di seguito denominata
"Commissione", composta da dieci deputati e da dieci senatori, nominati in modo che la sua composizione
rispecchi la proporzione dei Gruppi parlamentari.
2. La Commissione esercita il controllo sull'applicazione dei principi stabiliti dalla presente legge e presenta
al Parlamento una relazione semestrale sull'attivit svolta.
3. La Commissione ha i medesimi poteri e le medesime limitazioni previste per le Commissioni
parlamentari d'inchiesta limitatamente alle attivit ed ai fatti connessi al SIU.
4. Il Presidente del Consiglio dei ministri trasmette ogni documento ed informazione richiesti dalla
Commissione in merito alle attivit ed alle operazioni del SIU.
5. Nel caso in cui i documenti e le informazioni trasmessi ai sensi del comma 4 siano tutelati dal segreto di
Stato o professionale, i componenti della Commissione sono vincolati al segreto stesso.
6. La Commissione, ove ritenga, a maggioranza assoluta dei suoi membri, che l'opposizione del segreto, ai
sensi del comma 5, non sia fondata, ne riferisce al Parlamento per le conseguenti valutazioni.
7. Gli atti ed i lavori della Commissione sono pubblici, con l'eccezione dei casi in cui debba essere garantito
il segreto di Stato.
Capo II
Segreto di Stato
Art. 6
(Limitazione del segreto di Stato)
1. Sono coperti dal segreto di Stato gli atti, i documenti, le notizie, le attivit ed ogni altra circostanza la cui
diffusione sia idonea a recar danno alla integrit dello Stato democratico, alla difesa delle istituzioni poste
dalla Costituzione a suo fondamento, al libero esercizio delle funzioni degli organi costituzionali, alla
indipendenza dello Stato italiano rispetto agli altri Stati e alle relazioni con essi, nonch alla preparazione e
alla difesa da aggressioni militari.
2. In nessun caso possono essere coperte da segreto di Stato notizie relative a fatti eversivi dell'ordine
costituzionale, alle associazioni di cui all'articolo 416-bis del codice penale e all'articolo 1 della legge 25
gennaio 1982, n. 17, nonch al traffico illegale di armi, munizioni e materie esplodenti, a fatti che
riguardino reati di terrorismo, mafia, costituzione di banda armata, costituzione di apparati ed associazioni
clandestine, reati contro la pubblica amministrazione o contro enti pubblici economici o reati commessi al
fine di occultare le attivit criminose suddette, gravi inquinamenti ambientali, accordi internazionali.
3. L'opposizione del segreto di Stato per gli atti ed attivit di cui al comma 1 non pu in nessun caso avere
una durata superiore a quindici anni. Dopo detto periodo i documenti possono essere portati a conoscenza
del pubblico e sono conservati per la consultazione presso un apposito archivio del SIU.
4. Presso l'archivio di cui al comma 3 sono depositati tutti i documenti coperti da segreto di Stato da oltre
quindici anni e su cui sussista il divieto di presa di conoscenza, tenuti, sino alla data di entrata in vigore
della presente legge, presso altri archivi ed uffici storici.
5. E' fatto obbligo al SIU di protocollare tutta la sua documentazione e di metterla a disposizione del
Presidente del Consiglio dei ministri e della Commissione.
6. E' vietata la distruzione di ogni documento del SIU o comunque sottoposto a segreto di Stato in
mancanza di autorizzazione scritta rilasciata dal Presidente del Consiglio dei ministri, sentita la
Commissione.

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Art. 7
(Modalit di opposizione del segreto di Stato)
1. Il Presidente del Consiglio dei ministri ha la responsabilit dell'opposizione del segreto di Stato, ai sensi
dell'articolo 6, previa consultazione del Consiglio dei ministri, sulle richieste scritte che gli pervengono in
merito.
2. Il Presidente del Consiglio dei ministri d comunicazione scritta al Presidente della Repubblica, ai
Presidenti delle Camere ed ai componenti della Commissione delle motivazioni che giustifichino la
richiesta dell'opposizione del segreto di Stato.
3. Il Presidente del Consiglio dei ministri stabilisce, con apposito decreto da emanare entro novanta giorni
dalla data di entrata in vigore della presente legge e previo parere della Commissione, i criteri relativi alle
materie oggetto del segreto di Stato, con riguardo agli aspetti politici, militari, economico-industriali ed
amministrativi.
4. Le categorie di classificazione, gi esistenti, dei documenti "segretissimo" e "segreto" sono unificate
nella categoria "segreto"; le categorie "riservatissimo" e "riservato" non hanno alcuna rilevanza ai fini
penali; la categoria "vietata divulgazione" ha rilevanza esclusivamente amministrativa.
5. Gli enti da cui provengono i documenti classificati ai sensi del comma 4 devono conservare su apposito
registro la documentazione attestante e motivante la classificazione stessa. Entro il mese di gennaio di ogni
anno il responsabile dell'ente da cui provengono i documenti classificati valuta la possibilit di abbassare la
classifica dei documenti o di declassificarli.
6. Nessun documento originariamente non classificato pu venire sottoposto successivamente alla sua
emissione a procedura di classificazione ai sensi del comma 4.
7. Con il decreto di cui al comma 3 sono altres stabiliti i criteri per la concessione del nulla osta di
segretezza (NOS). Il diniego del nulla osta di segretezza deve essere motivato per iscritto. L'interessato pu
ricorrere avverso la suddetta decisione presso il giudice ordinario entro novanta giorni dalla comunicazione
del diniego.
8. L'illegale, irregolare o non autorizzata opposizione del segreto di Stato punita con la reclusione sino a
cinque anni e con l'interdizione perpetua dai pubblici uffici.
Art. 8
(Attivit di controllo)
1. La Commissione esercita, oltre alle competenze indicate all'articolo 5, le attivit di controllo
sull'opposizione del segreto di Stato ai sensi dell'articolo 7.
2. Le attivit di cui al comma 1 sono finalizzate:
a) alla verifica sulla gestione del segreto di Stato da parte degli organismi a tale compito preposti;
b) alla vigilanza sui requisiti di liceit, attualit ed effettivit del segreto di Stato;
c) alla richiesta di informazioni al Governo ed alla verifica sull'adeguatezza delle risposte ad atti di
sindacato ispettivo parlamentare relativi alla materia del segreto di Stato ed al SIU;
d) alla valutazione delle metodologie utilizzate per la concessione del NOS di cui al comma 7 dell'articolo
7.
Art. 9
(Dovere di astenersi dal testimoniare e divieto di esame determinati dal segreto di Stato)
1. I pubblici ufficiali, i pubblici impiegati e gli incaricati di pubblico servizio hanno l'obbligo di astenersi
dal deporre e non possono essere interrogati su quanto coperto da segreto di Stato.
2. Qualora l'autorit giurisdizionale non ritenga fondata la dichiarazione fatta dai soggetti di cui al comma
1, in ordine alla segretezza, interpella il Presidente del Consiglio dei ministri che, ove ritenga di
confermarla, deve provvedervi entro sessanta giorni dal ricevimento della richiesta. In tal caso non si
procede per il delitto di cui all'articolo 372 del codice penale e, qualora la conoscenza di quanto coperto dal
segreto di Stato sia ritenuta essenziale al procedimento, l'autorit giurisdizionale dichiara di non doversi
procedere nell'azione penale per l'esistenza di un segreto di Stato.
Art. 10
(Norme finanziarie)
1. Agli oneri derivanti dall'attuazione della presente legge si provvede mediante istituzione, a decorrere

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dall'esercizio finanziario 1995, di un apposito capitolo nello stato di previsione del Ministero del tesoro
destinato a finanziare le attivit del SIU.
2. La dotazione del capitolo di cui al comma 1 stabilita, per il triennio 1995-1997, in 300 miliardi di lire
annui.
Art. 11
(Norme transitorie)
1. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge cessano di operare il Servizio per
le informazioni e la sicurezza militare (SISMi) e il Servizio per le informazioni e la sicurezza democratica
(SISDe).
2. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge sciolto il Comitato esecutivo
per i servizi di informazione e di sicurezza (CESIS).
3. Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge cessano di operare i reparti e gli
uffici addetti alla informazione, sicurezza e situazione esistenti presso ciascuna Forza armata o Corpo
armato.
4. Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Comitato parlamentare di cui
all'articolo 11 della legge 24 ottobre 1977, n. 801, sostituito dalla Commissione parlamentare di controllo
di cui all'articolo 5 della presente legge.
5. Tutti i mezzi, la documentazione e le strutture tecniche degli organismi di cui ai commi 1, 2 e 3
confluiscono nel SIU.
6. Il personale degli organismi di cui ai commi 1, 2 e 3 non pu in nessun caso entrare a far parte del SIU ed
assorbito dagli uffici dell'amministrazione civile.
7. La commissione di cui al comma 2 dell'articolo 4 determina i criteri per la valutazione degli anni di
impiego del personale di cui al comma 6 del presente articolo, presso gli organismi di cui ai commi 1, 2 e 3
ai fini della carriera.
Art. 12
(Abrogazione di norme)
1. La legge 24 ottobre 1977, n. 801, abrogata.
2. Alla data di entrata in vigore della presente legge sono declassificati gli accordi internazionali riguardanti
la concessione della base navale di Sigonella e la base navale de La Maddalena e l'accordo sull'installazione
di missili a testata nucleare Jupiter.
3. A decorrere dalla medesima data di cui al comma 2 declassificata la pubblicazione PCM ANS 1/R.
(*) Sintesi redazionale.

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Senato della Repubblica XII LEGISLATURA


Disegno di legge n. 812 "Nuovo ordinamento dei servizi di informazione per la sicurezza e
disciplina del segreto di Stato", d'iniziativa del senatore Ramponi

(*) La proposta di legge presentata dal Sen. Ramponi muove dalla necessit di una pi incisiva attivit di
controllo da parte del Parlamento, e di una chiara definizione dei rapporti tra personale e attivit dei servizi
segreti e la magistratura, di una pi chiara e precisa indicazione delle responsabilit di gestione economica e
di spese, di una migliore definizione di competenza dei due Servizi, di una organizzazione che ne assicuri il
controllo ed il coordinamento e infine di una maggiore chiarezza, sicurezza e tutela dell'operato degli
appartenenti agli enti informativi.
Inoltre, la proposta in esame:
a) lascia invariata l'attribuzione al Presidente del Consiglio dei Ministri dell'alta direzione, della
responsabilit politica generale e della titolarit della tutela e dell'apposizione del segreto di Stato;
b) individua nel Consiglio dei Ministri la struttura di Governo che costituisce organo di consulenza e
proposta per il Presidente del Consiglio dei Ministri, per gli indirizzi generali e per gli obiettivi
fondamentali della politica informativa per la sicurezza e la sede di informazione per tutti i Ministri
sull'evoluzione della situazione generale;
c) rispetto alla legge precedente sposta nell'ambito del Consiglio dei Ministri quanto prima era attribuito ad
un organo particolare, il CIIS (Comitato interministeriale per le informazioni e per la sicurezza), del quale
facevano parte solo alcuni Ministri.
Viene pertanto istituito nell'ambito della Presidenza del Consiglio dei Ministri un Dipartimento
dell'informazione per la sicurezza, con la finalit di realizzare l'unitariet della struttura; attribuisce la guida
ed il coordinamento ed il controllo ad una autorit politica (Sottosegretario alle informazioni per la
sicurezza );
d) basa la sua articolazione operativa su due organismi di intelligence competenti ed operanti per l'attivit di
informazione nei confronti delle minacce, uno all'interno ed uno all'esterno del territorio nazionale
(soluzione verticale).
DISEGNO DI LEGGE d'iniziativa del senatore RAMPONI
Nuovo ordinamento dei servizi di informazione per la sicurezza e disciplina del segreto di Stato
Comunicato alla Presidenza l'8 settembre 1994
Onorevoli Senatori - Le competenze, l'organizzazione e le modalit operative dell'attivit informativa per la
sicurezza in Italia sono regolate dalla legge 24 ottobre 1977, n. 801.
Il mutato quadro di situazione interno ed internazionale, obiettivamente impone una nuova scrittura della
legge che, emanata nel 1977, vede oggi completamente cambiato il contesto che ne aveva ispirato i
fondamentali concetti di base, dai quali derivano logicamente lo spirito e la struttura normativa.
Il quadro degli equilibri internazionali oggi sostanzialmente diverso, ed completamente diversa anche la
situazione interna dello Stato.
Mentre alcune minacce si sono attenuate o hanno mutato la loro possibilit di esplicazione, altre
completamente nuove appaiono all'orizzonte o sono gi pesantemente attive.
Quella portata dalla criminalit organizzata nazionale e internazionale nel traffico e vendita di stupefacenti,
di armi di materiale fissile e di quant'altro possa portare grave danno alla pace ed alla stabilit
internazionale, o al sicuro progresso delle Societ.
Quella della proliferazione di materiali, mezzi e conoscenze in campo nucleare chimico, batteriologico ed in
quello vettoriale per il lancio degli ordigni, che pu mettere nelle mani di organizzazioni o di Governi a
rischio mezzi tremendi di distruzione o anche di semplice ricatto.

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Quelle nel settore economico e finanziario che, grazie al reimpiego delle enormi disponibilit finanziarie da
parte della malavita organizzata, possono finire per inquinare e controllare il sistema ponendolo in mani
irresponsabili e criminali.
Quelle nel settore dell'informazione multimediale, della sicurezza ecologica e altre.
Nel contempo sono rimaste immanenti minacce gi esistenti, come quella del terrorismo ma con
connotazioni completamente diverse, anche per il progressivo aumento della cosmopoliticit della societ
italiana, quella dello spionaggio, anche lei mutata e orientata al campo tecnologico d'avanguardia di tutti i
settori, pi che concentrata su quello militare, che ha assunto altro tipo di possibile eventualit.
Inoltre nel periodo di giurisdizione della legge in vigore emersa la necessit di una migliore e pi incisiva
attivit di controllo da parte del Parlamento, e di una chiara definizione dei rapporti tra personale e attivit
dei Servizi segreti e la Magistratura, di una pi chiara e precisa indicazione delle responsabilit di gestione
economica e di spesa, di una migliore definizione di competenza dei due Servizi, di una organizzazione che
ne assicuri il controllo ed il coordinamento e infine di una maggiore chiarezza, sicurezza e tutela
dell'operato degli appartenenti agli enti informativi.
Queste sono in stretta sintesi le ragioni che inducono alla messa a punto di un disegno di legge sui Servizi di
informazione, naturalmente aperto ad eventuali integrazioni o correzioni migliorative.
Esso:
a) attribuisce al Presidente del Consiglio dei ministri l'alta direzione, la responsabilit politica generale e la
titolarit della tutela e dell'apposizione del segreto di Stato. Non innova rispetto a quanto stabilito in
precedenza;
b) individua nel Consiglio dei ministri la struttura di Governo che costituisce organo di consulenza e
proposta per il Presidente del Consiglio dei ministri, per gli indirizzi generali e per gli obiettivi
fondamentali della politica informativa per la sicurezza e la sede di informazione per tutti i Ministri
sull'evoluzione della situazione generale;
c) rispetto alla legge precedente sposta nell'ambito del Consiglio dei Ministri quanto prima era attribuito ad
un organo particolare, il CIIS (Comitato interministeriale per le informazioni e la sicurezza), del quale
facevano parte solo alcuni Ministri.
L'innovazione deriva dalla considerazione che il nuovo quadro di situazione nazionale e internazionale
presenta una globalit in termini di potenziali minacce, tali da poter interessare nel loro sviluppo tutto lo
scibile dei diversi settori di attivit dello Stato, con connessioni ed interazioni continue.
Pare quindi corretto individuare nel Consiglio dei ministri, la sede d'origine del processo di impostazione
delle linee fondamentali della politica di informazione e di arrivo dei principali elementi di sintesi
dell'attivit di ricerca.
Ritengo inoltre opportuno richiamare l'attenzione sul fatto che nella legge precedente si sempre parlato di
informazione e sicurezza, unendo in un tutt'uno le due entit quasi che la competenza di entrambe risalisse
ai Servizi segreti.
In questo modo si commesso un errore concettuale che ha finito per dar luogo nella cultura e nella
conoscenza dell'opinione pubblica generale, alla errata convinzione che la responsabilit e l'attivit di
ricerca informativa e la responsabilit e attivit di mantenimento della sicurezza si identificassero.
Esiste indubbiamente, ed assolutamente necessaria, una strettissima interrelazione tra le due attivit,
operando la prima per fornire tutti gli elementi necessari e indispensabili all'azione della seconda, ma
azioni, procedimenti e responsabilit e strutture interessate sono distinti e diversi e trovano il loro luogo dei
punti unitario in termini di responsabilit indirizzo, guida e controllo nel Presidente del Consiglio dei
ministri.
Ecco perch nel disegno di legge all'articolo 1 al Presidente del consiglio dei ministri si attribuisce l'alta
direzione e la responsabilit politica dell'informazione e della sicurezza, mentre a partire dall'articolo 2 nel
trattare di responsabilit, competenze, ordinamento e procedimenti riferiti all'attivit di intelligence, si parla
sempre di informazione per la sicurezza e non di informazione e sicurezza, a differenza di quanto detto
nella legge in vigore.
Istituisce un Dipartimento dell'informazione per la sicurezza nell'ambito della Presidenza del Consiglio dei
ministri, realizzando l'unitariet della struttura, ne affida la guida, il coordinamento e il controllo ad una
autorit politica (Sottosegretario all'informazione per la sicurezza) che assolve alla sua funzione con
l'ausilio di un Comitato Esecutivo per l'attivit di guida, coordinamento e controllo e di una Unit Centrale
per la conoscenza in tempo reale dell'evolversi della situazione informativa.

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Basa la sua articolazione operativa su due servizi organismi di intelligence competenti e operanti per
l'attivit di informazione nei confronti delle minacce, uno all'interno ed uno all'esterno del territorio
nazionale.
Per la ripartizione delle competenze tra i due Servizi: tra una soluzione di ripartizione verticale
(assegnazione a ciascuno di diversi tipi di minaccia: terroristica, criminale, militare, ambientale, economica
eccetera) o una soluzione di ripartizione areale (interna, esterna), si preferita la seconda, in questo modo
allineandosi alla soluzione adottata da quasi tutti gli Stati omologhi per livello ed organizzazione politico
sociale.
La interrelazione sia sul piano verticale sia su quello orizzontale tra le diverse minacce e le aree di loro
sviluppo comunque stata presa in seria considerazione ed al Comitato Esecutivo stato affidato il compito
del coordinamento delle iniziative e delle competenze contingenti in funzione della situazione e del suo
evolversi.
Inoltre, la ripartizione per area presenta il vantaggio di una maggiore elasticit, consentendo di affidare,
senza problemi normativi, a ciascun servizio, per l'area di competenza, qualsiasi nuova minaccia dovesse
emergere in futuro.
A questo proposito il disegno di legge:
a) innova, rispetto alla legge in atto istituendo presso la Corte di cassazione un gruppo di tre magistrati
competenti a concedere le autorizzazioni su richiesta del Sottosegretario all'informazione all'attuazione - in
sede di attivit di ricerca informativa - di intercettazioni, apertura di corrispondenza, sequestro temporaneo
di documentazione, perquisizioni, eccetera nei confronti di cittadini italiani. E' questa una novit, ritenuta
quanto mai opportuna che, per talune procedure particolari, necessarie per lo svolgimento di azioni incisive
e penetranti, assicura garanzia ai cittadini e corretta copertura agli operatori dell'intelligence;
b) istituisce un Comitato di controllo per i Servizi (peraltro gi esistente). Rispetto alla precedente
configurazione innova stabilendo per legge che la presidenza del Comitato compete alla componente
politica all'opposizione e include tra le funzioni del Comitato anche il parere sui bilanci preventivi e
consultivi di spesa, e sui regolamenti attuativi dell'ordinamento della struttura e della tutela del segreto.
Le due novit paiono molto opportune e significative.
Una consente un controllo puntuale del Parlamento nei confronti degli elementi di base: organizzativi,
operativi e finanziari dell'attivit di intelligence, l'altra, affidando all'opposizione la presidenza della
Commissione di controllo, consente, nel modo a mio parere pi corretto in termini democratici, il controllo
preciso e responsabile nei confronti dell'attivit della maggioranza di Governo, da parte dell'opposizione.
Inoltre il disegno di legge:
a) definisce con chiarezza i procedimenti d'azione degli agenti, le modalit di autorizzazione e copertura e le
responsabilit;
b) assicura il coordinamento e il controllo della attivit di intelligence svolta per scopi particolari di settore
da qualsiasi altro ente dell'Amministrazione statale;
c) stabilisce con chiarezza: competenza e responsabilit per la definizione dei bilanci preventivi e
consuntivi, per le autorizzazioni di spesa, la gestione e la conservazione della documentazione.
Come detto nel corso della presentazione il disegno di legge si propone di mettere a punto una legislazione
di base per l'attivit dei Servizi Segreti italiani, adeguata alla nuova realt e capace di mantenere buona
validit nei confronti degli sviluppi di situazione del prevedibile futuro.
Si propone inoltre di recepire sul piano normativo tutti i miglioramenti e gli adeguamenti suggeriti
dall'esperienza degli ultimi anni.
Rimane aperta ogni possibilit di integrazione che porti ad un complessivo miglioramento della propria
funzione.
DISEGNO DI LEGGE
Art. 1
(Attribuzione del Presidente del Consiglio dei ministri)
1. Al Presidente del Consiglio dei ministri sono attribuiti l'alta direzione, la responsabilit politica generale
e il coordinamento della politica informativa e di sicurezza nell'interesse e per la difesa dello Stato
democratico e delle istituzioni poste dalla Costituzione a suo fondamento.

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2. Il Presidente del Consiglio dei ministri impartisce le direttive ed emana ogni disposizione necessaria per
l'organizzazione e il funzionamento delle attivit attinenti ai fini di cui al comma 1; stabilisce i criteri
relativi all'apposizione del segreto di Stato, ne controlla l'applicazione e individua gli organi a ci
competenti; esercita la tutela del segreto di Stato.
Art. 2
(Attribuzione del Consiglio dei ministri)
1. Il Consiglio dei ministri:
a) costituisce organo di consulenza e proposta per il Presidente del Consiglio dei ministri, sugli indirizzi
generali e sugli obiettivi fondamentali da perseguire nel quadro della politica informativa per la sicurezza.
Deve essere costantemente informato dell'evoluzione della situazione generale;
b) esprime il proprio parere sulla nomina del Sottosegretario all'informazione per la sicurezza, dei direttori
generali dei due servizi e dell'Unit Centrale;
c) esamina e formula proposte sui bilanci preventivi e consuntivi del Dipartimento di cui all'articolo 3.
Art. 3
(Dipartimento dell'informazione per la sicurezza)
1. Presso la Presidenza del Consiglio dei ministri istituito un Dipartimento dell'informazione per la
sicurezza dello Stato, retto da un Sottosegretario, con il compito di assicurare l'organizzazione, il
funzionamento ed il coordinamento dell'attivit d'informazione per la sicurezza dello Stato.
2. Il Dipartimento costituito da:
a) un Comitato Esecutivo di guida e coordinamento;
b) una Unit Centrale;
c) un Servizio informativo per l'interno;
d) un Servizio informativo per l'estero.
3. L'ordinamento del Dipartimento e le eventuali successive variazioni sono definiti con regolamento del
Governo, emanato con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei
ministri, adottata su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, sentito il parere del Comitato
parlamentare di controllo di cui all'articolo 13.
Art. 4
(Compiti e attribuzioni del Sottosegretario all'informazione)
1. Il Sottosegretario all'informazione per la sicurezza dello Stato:
a) nominato e revocato con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Presidente del
Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio dei ministri;
b) guida e coordina l'attivit del dipartimento secondo le direttive del Presidente del Consiglio dei ministri;
c) presiede il Comitato Esecutivo;
d) tiene costantemente informato il Presidente del Consiglio dei ministri sull'evolversi della situazione
informativa;
e) garantisce il flusso delle informazioni di specifico interesse ai responsabili dei Ministeri competenti;
f) presenta al Presidente del Consiglio dei ministri il bilancio di previsione e il consuntivo di spesa;
g) trasmette al Comitato parlamentare di controllo dei servizi i documenti di cui alla lettera f) una volta
approvati.
Art. 5
(Compiti, attribuzione e composizione del Comitato Esecutivo)
1. Il Comitato Esecutivo la sede di definizione:
a) del quadro di situazione generale e del suo controllo;
b) delle linee di programma dell'attivit operativa in funzione degli sviluppi della situazione generale;
c) dei bilanci preventivi e consuntivi di spesa;
d) delle direttive operative e di gestione del Dipartimento riferite al personale, alle risorse finanziarie, alle
infrastrutture;
e) del coordinamento con gli altri organi dello Stato;
f) del coordinamento con i servizi di informazione e sicurezza degli altri Stati;

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g) delle operazioni di rilievo condotte dai due Servizi di cui all'articolo 3.


2. Il Comitato Esecutivo presieduto dal Sottosegretario all'informazione ed composto dai direttori dei
due Servizi e dal direttore dell'Unit Centrale con funzione di membro e segretario.
Art. 6
(Compiti, attribuzioni dell'Unit Centrale)
1. L'Unit centrale (UC):
a) l'organo di supporto alla attivit del Comitato Esecutivo di guida e controllo;
b) mantiene aggiornato il quadro della situazione in funzione del flusso informativo prodotto dai servizi di
informazione;
c) assicura la diramazione ai Ministeri competenti delle informazioni di specifico interesse;
d) costituisce ente di guida, coordinamento e controllo delle attivit relative al personale, alla gestione
logistica ed alla gestione amministrativa di carattere comune per tutto il Dipartimento;
e) cura la messa a punto del progetto di bilancio preventivo e consuntivo di spesa del Dipartimento, e
gestisce la parte di propria competenza;
f) l'organo centrale di sicurezza per la tutela del Segreto di Stato.
2. L'UC retta da un direttore nominato dal Presidente del Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio dei
ministri su proposta del Sottosegretario all'informazione per la sicurezza che assume anche l'incarico di
Autorit nazionale per la sicurezza.
Art. 7
(Compiti e attribuzione del servizio informativo per l'interno)
1. Il Servizio informativo per l'interno (SII) assolve all'interno del territorio nazionale a tutti i compiti
informativi per la difesa della stabilit e dell'integrit dello Stato da ogni pericolo o minaccia. Quando ce ne
sia la necessit, riconosciuta in sede di Comitato Esecutivo, il Servizio pu svolgere di volta in volta attivit
all'esterno del territorio nazionale sempre in concorso con il Servizio informativo per l'estero.
2. Il direttore del Servizio nominato e revocato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri
sentito il consiglio dei ministri su proposta del Sottosegretario all'informazione per la sicurezza. Gli altri
funzionari del Servizio indicati nelle disposizioni sull'ordinamento, sono nominati dal Sottosegretario
all'informazione per la sicurezza su proposta del Comitato Esecutivo.
3. Il direttore responsabile del funzionamento e della gestione del Servizio secondo le direttive definite in
sede di Comitato Esecutivo. Mantiene costantemente informato il Sottosegretario all'informazione per la
sicurezza sugli avvenimenti di rilievo informativo ed assicura la trasmissione di tutte le informazioni in suo
possesso, le analisi, le situazioni elaborate e lo sviluppo delle operazioni alla UC. Assicura il collegamento
con il Servizio per l'estero in tutti i diversi settori di minaccia.
Art. 8
(Compiti e attribuzioni del Servizio informativo per l'estero)
1. Il Servizio informativo per l'estero (SIE) assolve, fuori dai confini nazionali, a tutti i compiti informativi
per la difesa della indipendenza e della integrit dello Stato da ogni pericolo, minaccia o aggressione.
Quando ve ne sia la necessit, riconosciuta in sede di Comitato Esecutivo, il Servizio pu svolgere di volta
in volta anche attivit all'interno del territorio nazionale, sempre in concorso con il SII.
2. Il direttore del Servizio nominato e revocato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri,
sentito il Consiglio dei ministri su proposta del Sottosegretario all'informazione per la sicurezza. Gli altri
funzionari del Servizio, indicati nelle disposizioni sull'ordinamento, sono nominati dal Sottosegretario
all'informazione per la sicurezza su proposta del Comitato Esecutivo.
3. Il direttore responsabile del funzionamento e della gestione del Servizio secondo le direttive definite in
sede di Comitato Esecutivo. Mantiene costantemente informato il Sottosegretario all'informazione per la
sicurezza ed assicura la trasmissione di tutte le informazioni in suo possesso, le analisi, le situazioni
elaborate e lo sviluppo delle operazioni alla UC. Assicura il collegamento con il SII in tutti i diversi settori
di minaccia.
Art. 9
(Assunzione, stato, compiti e attribuzioni del personale)

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1. Il personale di ciascuno dei Servizi istituiti dagli articoli 7 e 8 e dell'Unit Centrale di cui all'articolo 6,
costituito da dipendenti civili e militari dello Stato che vengono trasferiti, con il loro consenso, alle
esclusive dipendenze dei Servizi stessi, nonch da personale assunto direttamente.
2. Il SII e il SIE possono altres avvalersi, anche in forma non continuativa, di collaboratori esterni. In
nessun caso i Servizi possono avere alle loro dipendenze, in modo organico o saltuario, membri del
Parlamento, consiglieri regionali, provinciali, comunali, magistrati, ministri di culto e giornalisti
professionisti.
3. Non possono appartenere in modo organico e saltuario all'Unit Centrale e ai Servizi persone che, per
comportamenti od azioni eversive nei confronti delle istituzioni democratiche, non diano sicuro affidamento
di scrupolosa fedelt ai valori della Costituzione.
4. La consistenza dell'organico dell'Unit Centrale e di ciascun Servizio, i casi e le modalit relativi
all'assunzione del personale e rientro dei dipendenti pubblici nelle amministrazioni di originaria
appartenenza, il trattamento giuridico-economico e i casi e le modalit di trasferimento ad altra
amministrazione dello Stato del personale assunto direttamente, sono stabiliti, anche in deroga ad ogni
disposizione vigente, dal Presidente del consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro del tesoro, sentito
il Consiglio dei ministri, su proposta del Comitato Esecutivo. Il trattamento giuridico ed economico del
personale dell'Unit Centrale e dei Servizi non pu comunque essere inferiore a quello delle qualifiche
corrispondenti del pubblico impiego.
Art. 10
(Modalit operative e rapporti con l'autorit giudiziaria)
1. Gli appartenenti all'Unit Centrale e ai Servizi non rivestono la qualit di ufficiali o di agenti di polizia
giudiziaria; tale qualit sospesa durante il periodo di appartenenza all'Unit Centrale e ai Servizi per
coloro che la rivestono in base agli ordinamenti dell'amministrazione di provenienza.
2. In caso di necessit per l'assolvimento dei loro compiti, ad agenti dei Servizi, su richiesta del
Sottosegretario all'informazione e con il consenso del Presidente del Consiglio dei ministri, in via
temporanea possono essere conferite la qualifica e le attribuzioni di agenti o ufficiali di pubblica sicurezza.
3. I direttori dei Servizi, previa autorizzazione del Sottosegretario all'informazione per la sicurezza e della
Corte di cassazione possono disporre che i rispettivi agenti operino in modo occulto o coperto o anche sotto
identit diverse da quelle reali.
4. Gli appartenenti ai Servizi di cui agli articoli 7 e 8 possono, nell'espletamento delle attivit d'istituto,
chiedere informazioni a qualunque persona e invitarla a produrre documenti o altre cose in suo possesso con
il consenso dell'interessato.
5. Nei confronti di cittadini italiani, gli appartenenti ai Servizi Segreti possono procedere a:
a) intercettazioni di conversazioni o comunicazioni telefoniche e di altre forme di telecomunicazione;
b) sequestro temporaneo e apertura di corrispondenza;
c) sequestro temporaneo di atti presso enti finanziari per acquisizione di documentazione o copia;
d) perquisizioni personali, locali o domiciliari, anche in deroga alle disposizioni generali, per acquisire
qualunque forma di documentazione utile ai fini della informazione per la sicurezza; dalla procura generale
della Repubblica presso la Corte di cassazione, su richiesta del Sottosegretario all'informazione per la
sicurezza approvata dal Presidente del Consiglio dei ministri.
6. In relazione alle attivit di cui al comma 5, nell'ambito della procura generale della Repubblica presso la
Corte di cassazione costituito un gruppo di tre magistrati per le autorizzazioni di cui ai commi 3 e 5. In
caso di emergenza e di contingente assenza di collegamento con l'autorit giudiziaria il Sottosegretario
all'informazione per la sicurezza pu dare l'autorizzazione, dandone comunicazione entro ventiquattro ore
alla stessa autorit.
7. I direttori dei Servizi hanno l'obbligo di fornire ai competenti organi di polizia giudiziaria le informazioni
e gli elementi di prova relativi a fatti configurabili come reati. L'adempimento dell'obbligo di cui sopra pu
essere ritardato, su disposizione del Sottosegretario all'informazione per la sicurezza, con l'esplicito
consenso del Presidente del Consiglio dei ministri, quando ci sia strettamente necessario per il
proseguimento delle finalit istituzionali dei Servizi.
8. In deroga alle ordinarie disposizioni, gli appartenenti ai Servizi hanno l'obbligo di fare rapporto, tramite i
loro superiori, esclusivamente ai direttori dei Servizi, che ne riferiscono, contestualmente al Sottosegretario

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all'informazione per la sicurezza.


9. Gli agenti dei Servizi possono essere chiamati a testimoniare davanti all'autorit giudiziaria, previa
autorizzazione del Presidente del Consiglio dei ministri e non possono essere destinatari diretti di ordini o
incarichi da parte di essa.
10. Tutti gli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria debbono favorire ogni possibile cooperazione agli
agenti dei servizi.
11. L'Unit Centrale, il SII e il SIE possono utilizzare, per determinazione del Presidente del Consiglio dei
ministri, su proposta del Sottosegretario all'informazione per la sicurezza, i Ministri interessati, mezzi e
infrastrutture di qualsiasi amministrazione dello Stato.
12. Il SIE e il SII, debbono prestarsi reciproca collaborazione e assistenza, regolata e coordinata in sede di
Comitato Esecutivo.
13. Nessuna attivit comunque idonea all'acquisizione d'informazioni per la sicurezza pu essere svolta al di
fuori degli strumenti, delle modalit, delle competenze e dei fini previsti dalla presente legge.
14. Chiunque sia informato delle operazioni indicate nel presente articolo tenuto al segreto di Stato.
Art. 11
(Norme finanziarie)
1. Le spese relative al Dipartimento all'informazione per la sicurezza sono iscritte in apposita rubrica,
denominata: "Spese per l'informazione per la sicurezza" nello Stato di previsione del Ministero del tesoro.
2. Il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Sottosegretario per la sicurezza all'informazione,
sentito il parere del Consiglio dei ministri, determina l'entit dell'assegnazione complessiva e la sua
ripartizione tra fondi ordinari e fondi riservati e nell'ambito di ciascuno la ripartizione delle risorse tra le
diverse categorie di spesa sulla base del bilancio preventivo predisposto dal Comitato Esecutivo. Richiede il
parere del Comitato parlamentare di controllo.
3. L'ammontare dell'assegnazione, una volta definito, viene iscritto, nella previsione di spesa della
Presidenza del Consiglio dei ministri, ripartito tra l'Unit Centrale ed i due Servizi.
4. Il Ministro del tesoro, sulla base dei provvedimenti anzidetti, provvede, con propri decreti, ad apportare
le occorrenti variazioni di bilancio. Le spese riservate sono iscritte in appositi capitoli e non sono soggette a
rendicontazione.
5. Per la gestione dei fondi ordinari, il criterio informatore delle spese si ispira ai principi fissati dal regiodecreto 18 novembre 1923, n. 2440, e successive modificazioni, e dal relativo regolamento approvato con
regio-decreto del 23 maggio 1924, n. 827, e successive modificazioni. I limiti di somma dei funzionari del
Dipartimento, per autorizzare impegni di spesa, sono quelli fissati per i dirigenti dello Stato, purch delegati
a tali funzioni; per importi superiori competente il Sottosegretario all'informazione per la sicurezza.
6. Per la gestione dei fondi riservati:
a) per le spese effettuate in attuazione dei programmi di potenziamento o di mantenimento e funzionamento
del Dipartimento gi indicate nel bilancio preventivo di spesa, valgono i limiti fissati per la gestione dei
fondi ordinari;
b) per le spese riferite ad attivit operativa, ogni spesa di importo eccedente la cifra di 50 milioni deve
essere approvata dal Sottosegretario all'informazione per la sicurezza.
7. Tutta la documentazione deve comunque essere conservata ed allegata a ciascuna pratica di sviluppo e
attuazione del programma o di sviluppo e compimento dell'atto operativo cui si riferisce.
Art. 12
(Tutela del segreto di Stato)
1. Al Presidente del Consiglio dei ministri compete l'alta direzione e la responsabilit politica della tutela
del segreto di Stato.
2. Egli presiede l'Organizzazione nazionale per la sicurezza, emana le direttive per la sua organizzazione e
in particolare per la tutela del segreto, controlla l'applicazione delle direttive e dei regolamenti di cui al
comma 5.
3. L'Organizzazione nazionale per la sicurezza comprende:
a) l'Autorit nazionale per la sicurezza che il direttore dell'Unit Centrale;
b) l'Ufficio centrale per la sicurezza nell'ambito dell'Unit Centrale.
4. Gli Uffici per la sicurezza presso le amministrazioni pubbliche e, quando necessario, anche presso enti

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privati, che esercitano attivit interessate alla tutela del segreto.


5. L'ordinamento dell'Organizzazione nazionale per la sicurezza e la disciplina delle sue attivit sono
stabilite con uno o pi regolamenti emanati con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del
Presidente del Consiglio dei ministri.
Art. 13
(Comitato parlamentare di controllo)
1. E' istituito un Comitato parlamentare per il controllo dei servizi di informazione per la sicurezza.
2. Il Comitato costituito da un presidente che deve essere espresso dalla componente politica
all'opposizione e da cinque deputati e da cinque senatori nominati dai Presidenti dei due rami del
Parlamento sulla base del criterio di proporzionalit.
3. Il Comitato:
a) esercita il controllo sulla applicazione della presente legge;
b) informato dal Presidente del Consiglio dei ministri sugli indirizzi delle politiche per l'informazione e
sulla loro attuazione;
c) esprime parere preventivo sull'emanazione del regolamento per l'ordinamento del Dipartimento di cui
all'articolo 3;
d) esprime parere preventivo sui bilanci, preventivi e consuntivi di spesa.
4. Il Comitato pu richiedere informazioni e chiarimenti e formulare proposte.
5. Il Comitato pu richiedere di ascoltare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Sottosegretario
all'informazione per la sicurezza e, su sua autorizzazione, i direttori dei Servizi.
6. Il Presidente del Consiglio dei ministri pu opporre al Comitato parlamentare, indicandone le ragioni
essenziali, l'esigenza di tutela del segreto in ordine alle informazioni che a suo giudizio eccedono i limiti di
cui ai commi precedenti.
7. Nel caso di cui al comma 6, il Comitato parlamentare ritenga, a maggioranza di due terzi dei suoi
componenti, che l'apposizione del segreto non sia fondata, ne riferisce a ciascuna delle Camere per le
conseguenti valutazioni politiche.
8. I componenti del Comitato parlamentare sono vincolati al segreto relativamente alle informazioni
acquisite, nonch alle proposte ed ai rilievi formulati qualora riguardino materie tutelate dal segreto di
Stato.
9. Gli atti del Comitato, anche se riguardino materie normalmente non tutelate dal segreto di Stato, sono
coperti dal segreto di Stato, salvo che il Comitato non disponga altrimenti a maggioranza dei due terzi dei
suoi componenti, tra i quali deve essere compreso il presidente del Comitato stesso.
Art. 14
(Coordinamento dell'attivit informativa)
1. Al fine di consentire che il Dipartimento dell'informazione per la sicurezza assicuri il coordinamento
dell'intera attivit informativa dello Stato, ogni organo od istituzione dello Stato destinato a svolgere, per
fini istituzionali di settore, attivit informativa, deve:
a) comunicare al Dipartimento compito e struttura e modalit operativa della propria organizzazione;
b) mantenere costante collegamento con interlocutori del Dipartimento all'uopo designati.
Art. 15
(Applicazione della legge e disposizioni transitorie)
1. Entro quindici giorni dalla data di entrata in vigore della legge si procede alla nomina del Sottosegretario
all'informazione per la sicurezza e alla nomina dei direttori dell'Unit Centrale e dei due Servizi.
2. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Governo della Repubblica
emana il regolamento per la sua attuazione con decreto del Presidente della Repubblica previa deliberazione
del Consiglio dei ministri su proposta del Presidente del Consiglio sentito il Comitato parla-mentare di cui
all'articolo 13.
3. Sono abrogati gli articoli da 1 a 11 e gli articoli 18 e 19 della legge 24 ottobre 1977, n. 801.
4. Sono abrogate tutte le disposizioni interne e regolamentari in contrasto o comunque non compatibili con
la presente legge. Le nuove disposizioni dovranno essere tempestivamente emanate dagli organi
competenti.

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5. La transizione dall'ordinamento attuale a quello previsto dalla presente legge e dal regolamento di
attuazione, avverr progressivamente sotto la responsabilit, la guida ed il coordinamento del
Sottosegretario all'informazione per la sicurezza. Tale trasformazione deve concludersi entro sei mesi dalla
data di entrata in vigore della presente legge.
6. Sino alla data di emanazione di una nuova legge organica relativa alla materia del segreto, le fattispecie
previste e punite dal libro II, titolo I, capi primo e quinto del codice penale, concernenti il segreto politico
interno e internazionale, debbono essere riferite alla definizione di segreto di cui all'articolo 1 della presente
legge e all'articolo 12 della legge 24 ottobre 1977, n. 801.
Art. 16
(Entrata in vigore)
1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione sulla Gazzetta
Ufficiale.
(*) Sintesi redazionale.

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DECRETO LEGISLATIVO 12 febbraio 1993, n. 39


Norme in materia di sistemi informativi automatizzati delle amministrazioni pubbliche, a
norma dell'art. 2, comma 1, lettera mm), della legge 23 ottobre 1992, n. 421

20-02-1993
Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana
Serie Generale
LEGGI, DECRETI E ORDINANZE PRESIDENZIALI
DECRETO LEGISLATIVO
12 febbraio 1993, n. 39 (1)
"Norme in materia di sistemi informativi automatizzati delle amministrazioni pubbliche, a norma dell'art. 2,
comma 1, lettera mm), della legge 23 ottobre 1992, n. 421" (2)
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;
Visto l'art. 2, comma 1, lettera mm), della legge 23 ottobre 1992, n. 421;
Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 23 dicembre 1992;
Acquisito il parere delle commissioni permanenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 29 gennaio 1993;
Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro per la funzione
pubblica;
Emana
il seguente decreto legislativo:
Art. 1
1. Le disposizioni del presente decreto disciplinano la progettazione, lo sviluppo e la gestione dei sistemi
informativi automatizzati delle amministrazioni dello Stato, anche a ordinamento autonomo, e degli enti
pubblici non economici nazionali, denominate amministrazioni ai fini del decreto medesimo.
2. L'utilizzazione dei sistemi informativi automatizzati di cui al comma 1 risponde alle seguenti finalit:
a) miglioramento dei servizi;
b) trasparenza dell'azione amministrativa;
c) potenziamento dei supporti conoscitivi per le decisioni pubbliche;
d) contenimento dei costi dell'azione amministrativa.
3. Lo sviluppo dei sistemi informativi automatizzati di cui al comma 1 risponde ai seguenti criteri:
a) integrazione ed interconnessione dei sistemi medesimi;
b) rispetto degli standard definiti anche in armonia con le normative comunitarie;
c) collegamento con il sistema statistico nazionale.
4. Allo scopo di conseguire l'integrazione e l'interconnessione dei sistemi informativi di tutte le
amministrazioni pubbliche, le regioni, gli enti locali, i concessionari di pubblici servizi sono destinatari di
atti di indirizzo e di raccomandazioni, nei modi previsti dall'art. 7.
Art. 2
1. Le amministrazioni provvedono di norma con proprio personale alla progettazione, allo sviluppo e alla

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gestione dei propri sistemi informativi automatizzati.


2. Ove sussistano particolari necessit di natura tecnica, adeguatamente motivate, le amministrazioni
possono conferire affidamenti a terzi, anche tramite concessione, qualora la relativa proposta sia accolta nel
piano triennale di cui all'art. 9.
3. In ogni caso le amministrazioni sono responsabili dei progetti di informatizzazione e del controllo dei
risultati, salvi i poteri dell'Autorit prevista all'art. 4, e conservano la titolarit dei programmi applicativi.
Art. 3
1. Gli atti amministrativi adottati da tutte le pubbliche amministrazioni sono di norma predisposti tramite i
sistemi informativi automatizzati.
2. Nell'ambito delle pubbliche amministrazioni l'immissione, la riproduzione su qualunque supporto e la
trasmissione di dati, informazioni e documenti mediante sistemi informatici o telematici, nonch
l'emanazione di atti amministrativi attraverso i medesimi sistemi, devono essere accompagnate
dall'indicazione della fonte e del responsabile dell'immissione, riproduzione, trasmissione o emanazione. Se
per la validit di tali operazioni e degli atti emessi sia prevista l'apposizione di firma autografa, la stessa
sostituita dall'indicazione a stampa, sul documento prodotto dal sistema automatizzato, del nominativo del
soggetto responsabile.
Art. 4
1. istituita l'Autorit per l'informatica nella pubblica amministrazione, denominata ai fini del presente
decreto Autorit, la quale opera presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri con autonomia tecnica e
funzionale e con indipendenza di giudizio.
2. L'Autorit organo collegiale costituito dal presidente e da quattro membri, scelti tra persone dotate di
alta e riconosciuta competenza e professionalit e di indiscussa moralit e indipendenza. Il presidente
nominato con decreto del presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione del Consiglio dei
Ministri. Entro quindici giorni dalla nomina del presidente, su proposta di quest'ultimo, il Presidente del
Consiglio dei Ministri nomina con proprio decreto, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, gli altri
quattro membri. L'autorevolezza e l'esperienza del presidente e di ciascuno dei quattro membri dell'Autorit
sono comprovate dal relativo curriculum di cui disposta la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica italiana, in allegato ai suddetti decreti.
3. Il presidente e i quattro membri durano in carica quattro anni e possono essere confermati una sola volta.
Per l'intera durata dell'incarico essi non possono esercitare, a pena di decadenza, alcuna attivit
professionale e di consulenza, ricoprire uffici pubblici di qualsiasi natura, essere imprenditori o dirigenti
d'azienda; nei due anni successivi alla cessazione dell'incarico non possono altres operare nei settori
produttivi dell'informatica. I dipendenti statali e i docenti universitari, per l'intera durata dell'incarico, sono
collocati, rispettivamente, nella posizione di fuori ruolo e di aspettativa.
4. Al funzionamento degli uffici e dei servizi dell'Autorit, al fine della corretta esecuzione delle
deliberazioni adottate dall'Autorit medesima, sovrintende un direttore generale, che ne risponde al
presidente dell'Autorit ed nominato dal Presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione del
Consiglio dei Ministri, su designazione del presidente dell'Autorit. Il direttore generale dura in carica tre
anni, pu essere confermato, anche pi di una volta, ed soggetto alle disposizioni di cui al comma 3.
5. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro del tesoro, sono
determinate le indennit da corrispondere al Presidente, ai quattro membri e al direttore generale.
Art. 5
1. L'Autorit propone al Presidente del Consiglio dei Ministri l'adozione di regolamenti concernenti la sua
organizzazione, il suo funzionamento, l'amministrazione del personale, l'ordinamento delle carriere, nonch
la gestione delle spese nei limiti previsti dal presente decreto.
2. L'Autorit provvede all'autonoma gestione delle spese per il proprio funzionamento e per la realizzazione
dei progetti innovativi da essa direttamente gestiti, nei limiti dei fondi da iscriversi in due distinti capitoli
dello stato di previsione della spesa della Presidenza del Consiglio dei Ministri. I fondi sono iscritti
mediante variazione compensativa disposta con decreto del Ministro del tesoro. Detti capitoli sono destinati,
rispettivamente, alle spese di funzionamento e alla realizzazione dei citati progetti innovativi. La gestione
finanziaria sottoposta al controllo consuntivo della Corte dei conti.

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Art. 6
1. Nella fase di prima attuazione del presente decreto, l'Autorit si avvale, per lo svolgimento dei propri
compiti, di personale dipendente da amministrazioni o enti pubblici, da societ od organismi a prevalente
partecipazione pubblica, in posizione di comando, di distacco o, nel limite massimo del contingente previsto
dalle tabelle A e B allegate alla legge 23 agosto 1988, n. 400 (3), di fuori ruolo, in conformit ai rispettivi
ordinamenti, nonch di personale con contratti a tempo determinato, disciplinati dalle norme di diritto
privato, fino a un limite massimo complessivo di centocinquanta unit. L'Autorit pu avvalersi di
consulenti o di societ di consulenza.
2. Entro il 30 giugno 1994 il presidente dell'Autorit riferisce al Parlamento sullo stato di attuazione del
presente decreto e formula proposte al Presidente del Consiglio dei Ministri in ordine all'istituzione di un
apposito ruolo del personale dell'Autorit.
Art. 7
1. Spetta all'Autorit:
a) dettare norme tecniche e criteri in tema di pianificazione, progettazione, realizzazione, gestione,
mantenimento dei sistemi informativi automatizzati delle amministrazioni e delle loro interconnessioni,
nonch della loro qualit e relativi aspetti organizzativi; dettare criteri tecnici riguardanti la sicurezza dei
sistemi;
b) coordinare, attraverso la redazione di un piano triennale annualmente riveduto, i progetti e i principali
interventi di sviluppo e gestione dei sistemi informativi automatizzati delle amministrazioni;
c) promuovere, d'intesa e con la partecipazione anche finanziaria delle amministrazioni interessate, progetti
intersettoriali e di infrastruttura informatica e telematica previsti dal piano triennale e sovrintendere alla
realizzazione dei medesimi anche quando coinvolgano apparati amministrativi non statali, mediante
procedimenti fondati su intese da raggiungere tramite conferenze di servizi, ai sensi della normativa
vigente;
d) verificare periodicamente, d'intesa con le amministrazioni interessate, i risultati conseguiti nelle singole
amministrazioni, con particolare riguardo ai costi e benefici dei sistemi informativi automatizzati, anche
mediante l'adozione di metriche di valutazione dell'efficacia, dell'efficienza e della qualit;
e) definire indirizzi e direttive per la predisposizione dei piani di formazione del personale in materia di
sistemi informativi automatizzati e di programmi per il reclutamento di specialisti, nonch orientare i
progetti generali di formazione del personale della pubblica amministrazione verso l'utilizzo di tecnologie
informatiche, d'intesa con la Scuola superiore della pubblica amministrazione;
f) fornire consulenza al Presidente del Consiglio dei Ministri per la valutazione di progetti di legge in
materia di sistemi informativi automatizzati;
g) nelle materie di propria competenza e per gli aspetti tecnico-operativi, curare i rapporti con gli organi
delle Comunit europee e partecipare a organismi comunitari e internazionali, in base a designazione del
Presidente del Consiglio dei Ministri;
h) proporre al Presidente del Consiglio dei Ministri l'adozione di raccomandazioni e di atti d'indirizzo alle
regioni, agli enti locali e ai rispettivi enti strumentali o vigilati e ai concessionari di pubblici servizi;
i) comporre e risolvere contrasti operativi tra le amministrazioni concernenti i sistemi informativi
automatizzati;
l) esercitare ogni altra funzione utile ad ottenere il pi razionale impiego dei sistemi informativi, anche al
fine di eliminare duplicazioni e sovrapposizioni di realizzazioni informatiche.
2. Anche nell'attuazione di quanto disposto dal comma 1, lettera h), l'Autorit pu proporre al Presidente del
Consiglio dei Ministri la stipulazione di protocolli di intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra
lo Stato, le regioni e le province autonome di cui all'art. 12 della legge 23 agosto 1988, n. 400 (4), con
l'Unione delle province italiane (UPI), con l'Associazione nazionale dei comuni d'Italia (ANCI), con
l'Unione nazionale comuni, comunit ed enti della montagna (UNCEM), con l'Unione delle camere di
commercio, industria, artigianato e agricoltura (Unioncamere), nonch con enti e societ concessionari di
pubblici servizi in materia di pianificazione degli investimenti, di linee di normalizzazione e di criteri di
progettazione di sistemi informativi.
3. Spettano inoltre all'Autorit le funzioni ad essa riferibili in base al decreto legislativo 3 febbraio 1993, n.
29 (5).

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4. L'Autorit pu corrispondere con tutte le amministrazioni e chiedere ad esse notizie e informazioni utili
allo svolgimento dei propri compiti.
Art. 8
1. L'Autorit esprime parere obbligatorio sugli schemi dei contratti concernenti l'acquisizione di beni e
servizi relativi ai sistemi informativi automatizzati per quanto concerne la congruit tecnico-economica,
qualora il valore lordo di detti contratti sia superiore al doppio dei limiti di somma previsti dagli articoli 5,
6, 8 e 9 del R.D. 18 novembre 1923, n. 2440, come rivalutati da successive disposizioni. La richiesta di
parere al Consiglio di Stato obbligatoria oltre detti limiti ed in tali casi formulata direttamente
dall'Autorit. La richiesta di parere al Consiglio di Stato sospende i termini previsti per il parere rilasciato
dall'Autorit.
2. Il parere dell'Autorit reso entro il termine di sessanta giorni dal ricevimento della relativa richiesta. Si
applicano le disposizioni dell'art. 16 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (6).
Art. 9
1. L'Autorit fissa contenuti, termini e procedure per la predisposizione del piano triennale e delle
successive revisioni annuali di cui all'art. 7, comma 1, lettera b).
2. Ai fini della predisposizione del piano triennale e delle successive revisioni annuali:
a) l'autorit elabora le linee strategiche per il conseguimento degli obiettivi di cui all'art. 1, comma 2;
b) le amministrazioni propongono una bozza di piano triennale relativamente alle aree di propria
competenza, con la specificazione, per quanto attiene al primo anno del triennio, degli studi di fattibilit e
dei progetti di sviluppo, mantenimento e gestione dei sistemi informativi automatizzati da avviare e dei
relativi obiettivi, implicazioni organizzative, tempi e costi di realizzazione e modalit di affidamento;
c) l'Autorit redige il piano triennale sulla base delle proposte delle amministrazioni, verificandone la
coerenza con le linee strategiche di cui alla lettera a), integrandole con iniziative tese al soddisfacimento dei
fondamentali bisogni informativi e determinando i contratti di grande rilievo.
3. Il piano triennale e i relativi aggiornamenti annuali predisposti dall'Autorit sono approvati dal Presidente
del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro del tesoro e con il Ministro del bilancio e della
programmazione economica, entro il 30 giugno di ogni anno; essi costituiscono documento preliminare per
la predisposizione dei provvedimenti che compongono la manovra di finanza pubblica.
4. L'Autorit presenta al Presidente del Consiglio dei Ministri, entro il 30 aprile di ogni anno, una relazione
che dia conto dell'attivit svolta nell'anno precedente e dello stato dell'informatizzazione nelle
amministrazioni, con particolare riferimento al livello di utilizzazione effettiva delle tecnologie e ai relativi
costi e benefici. Il Presidente del Consiglio dei Ministri trasmette entro trenta giorni la relazione al
Parlamento.
Art. 10
1. Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, ogni amministrazione, nell'ambito
delle proprie dotazioni organiche, individua, sulla base di specifiche competenze ed esperienze
professionali, un dirigente generale o equiparato, ovvero, se tale qualifica non sia prevista, un dirigente di
qualifica immediatamente inferiore, quale responsabile per i sistemi informativi automatizzati.
2. Il dirigente responsabile di cui al comma 1 cura i rapporti dell'amministrazione di appartenenza con
l'Autorit e assume la responsabilit per i risultati conseguiti nella medesima amministrazione con l'impiego
delle tecnologie informatiche, verificati ai sensi dell'art. 7, comma 1, lettera d). Ai fini della verifica dei
risultati, i compiti del nucleo di valutazione di cui all'art. 20, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio
1993, n. 29 (7), sono attribuiti all'Autorit.
3. In relazione all'amministrazione di appartenenza, il dirigente responsabile per i sistemi informativi
automatizzati, oltre a contribuire alla definizione della bozza del piano triennale, trasmette all'Autorit entro
il mese di febbraio di ogni anno una relazione sullo stato dell'automazione a consuntivo dell'anno
precedente, con l'indicazione delle tecnologie impiegate, delle spese sostenute, delle risorse umane
utilizzate e dei benefici conseguiti.
Art. 11
1. Le amministrazioni, d'intesa con l'Autorit, riservano una quota dei posti di dirigente della dotazione

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complessiva della medesima qualifica per l'inquadramento del personale specificamente qualificato nello
svolgimento di attivit relative ai sistemi informativi automatizzati, purch in possesso dei requisiti richiesti
per l'accesso a tale qualifica.
2. I dirigenti di cui al comma 1 coordinano i sistemi informativi impiegati nell'amministrazione in cui
operano, sotto la direzione del dirigente generale di cui all'art. 10, comma 1, e si avvalgono del personale
dipendente specificamente adibito allo sviluppo, gestione e manutenzione dei sistemi informativi
automatizzati.
3. Il personale addetto alle attivit relative ai sistemi informativi automatizzati pu essere tenuto alle
prestazioni lavorative anche in ore notturne e durante i giorni festivi, con i trattamenti retributivi e i turni
previsti dai contratti collettivi.
Art. 12
1. Le clausole generali dei contratti che le singole amministrazioni stipulano in materia di sistemi
informativi automatizzati sono contenute in capitolati approvati con decreto del Presidente del Consiglio dei
Ministri, di concerto con il Ministro del tesoro, su proposta dell'Autorit.
2. I capitolati prevedono in ogni caso:
a) le modalit di scelta del contraente, secondo le disposizioni della normativa comunitaria;
b) i criteri per la vigilanza in corso d'opera, per i collaudi parziali e per il collaudo definitivo;
c) i criteri di individuazione delle singole componenti di costo e del costo complessivo;
d) le penali per i ritardi, per la scarsa qualit dei risultati, per il mancato raggiungimento degli obiettivi,
nonch i poteri amministrativi di decadenza, risoluzione, sostituzione;
e) le modalit per la consegna o l'acquisizione dei beni e servizi forniti;
f) i criteri e le modalit di eventuali anticipazioni;
g) i requisiti di idoneit del personale impiegato dal soggetto contraente;
h) le ipotesi e i limiti dell'affidamento da parte dell'aggiudicatario a terzi dell'esecuzione di prestazioni
contrattuali;
i) il rilievo degli studi di fattibilit ai fini dell'aggiudicazione dei contratti di progettazione, realizzazione,
manutenzione, gestione e conduzione operativa;
l) la dichiarazione che i titolari dei programmi applicativi sviluppati nell'ambito dei contratti di fornitura
siano le amministrazioni.
2-bis. L'Autorit, nel rispetto della vigente normativa in materia di scelta del contraente, pu stipulare
convenzioni con le quali l'impresa prescelta si impegna ad accettare, sino a concorrenza della quantit
massima complessiva stabilita dalla convenzione e ai prezzi e condizioni ivi previsti, ordinativi di fornitura
deliberati dalle amministrazioni di cui all'articolo 1. I contratti conclusi con l'accettazione di tali ordinativi
non sono sottoposti al prescritto parere di congruit economica (8).
3. In sede di prima applicazione del presente decreto, le amministrazioni possono richiedere la revisione dei
contratti in corso di esecuzione o di singole clausole, per adeguarli alle finalit e ai princpi del presente
decreto sulla base di indirizzi e criteri definiti dall'Autorit.
Art. 13
1. La stipulazione da parte delle amministrazioni di contratti per la progettazione, realizzazione,
manutenzione, gestione e conduzione operativa di sistemi informativi automatizzati, determinati come
contratti di grande rilievo ai sensi dell'art. 9 e dell'art. 17, preceduta dall'esecuzione di studi di fattibilit
volti alla definizione degli obiettivi organizzativi e funzionali dell'amministrazione interessata. Qualora lo
studio di fattibilit sia affidato ad impresa specializzata, questa non ha facolt di partecipare alle procedure
per l'aggiudicazione dei contratti sopra menzionati.
2. L'esecuzione dei contratti di cui al comma 1 oggetto di periodico monitoraggio, secondo criteri e
modalit stabiliti dall'Autorit. Il monitoraggio avviato immediatamente a seguito della stipulazione dei
contratti di cui al comma 1, ovvero entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del presente
decreto se i contratti siano gi stati stipulati. Al monitoraggio provvede l'amministrazione interessata
ovvero, su sua richiesta, l'Autorit. In entrambi i casi l'esecuzione del monitoraggio pu essere affidata a
societ specializzata inclusa in un elenco predisposto dall'Autorit e che non risulti collegata, ai sensi
dell'art. 7 della legge 10 ottobre 1990, n. 287 (9), con le imprese parti dei contratti. In caso d'inerzia
dell'amministrazione, l'Autorit si sostituisce ad essa. Le spese di esecuzione del monitoraggio sono a carico

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dell'Autorit, salve le ipotesi in cui l'amministrazione provveda alla predetta esecuzione direttamente o
tramite societ specializzata.
3. Non consentito il rinnovo alla medesima impresa contraente dei contratti di cui al comma 1 ove non sia
stata dapprima effettuata la verifica dei risultati conseguiti in precedenza, nei modi previsti dall'art. 7,
comma 1, lettera d). Qualora motivi di continuit del servizio imponessero il rinnovo, questo disposto per
il solo periodo necessario a far compiere la verifica. L'impresa contraente tenuta ad offrire piena
collaborazione all'Autorit durante lo svolgimento della verifica dei risultati, pena l'esclusione dalla
partecipazione all'aggiudicazione successiva.
Art. 14
1. I contratti e i relativi atti di esecuzione in materia di sistemi informativi automatizzati stipulati dalle
amministrazioni statali sono sottoposti al controllo successivo della Corte dei conti.
2. La Corte riceve entro trenta giorni dalla stipulazione i contratti e successive periodiche informazioni sulla
gestione dei medesimi, anche sulla base di proprie specifiche richieste.
3. La Corte comunica all'Autorit gli eventuali rilievi formulati alle amministrazioni.
4. L'Autorit tenuta a conformarsi, nella propria attivit, alla pronuncia della Corte. In caso di motivato
dissenso, l'Autorit pu chiedere al Consiglio dei Ministri di rappresentare alla Corte i motivi del dissenso.
La Corte riferisce annualmente al Parlamento sui risultati del controllo.
Art. 15
1. Le amministrazioni e le imprese contraenti sono tenute a fornire all'Autorit ogni informazione richiesta.
Ove l'Autorit ravvisi atti o comportamenti che possano ingenerare dubbi sulla loro conformit alle regole
della concorrenza, ne riferisce tempestivamente al presidente dell'Autorit garante della concorrenza e del
mercato.
2. Ove risultino gravi inadempienze delle imprese nei confronti delle amministrazioni, l'Autorit invita le
amministrazioni competenti ad assumere i conseguenti provvedimenti, ivi compresa l'esclusione delle
imprese inadempienti dalla partecipazione a procedure di aggiudicazione di contratti di fornitura con le
amministrazioni.
Art. 16
1. Entro il 31 dicembre 1993 sono adottati, su proposta dei Ministri competenti, d'intesa con l'Autorit, uno
o pi regolamenti governativi emanati ai sensi dell'art. 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400
(10), al fine di coordinare le disposizioni del presente decreto con le esigenze di gestione dei sistemi
informativi automatizzati concernenti la sicurezza dello Stato, la difesa nazionale, l'ordine e la sicurezza
pubblica, lo svolgimento di consultazioni elettorali nazionali ed europee (11).
2. Le disposizioni del presente decreto si applicano ai sistemi informativi automatizzati di cui al comma 1,
contestualmente ai regolamenti ivi previsti, a decorrere dal 1 gennaio 1994. Restano comunque ferme le
disposizioni di cui agli articoli da 6 a 12 della legge 1 aprile 1981, n. 121 (12), e dei relativi provvedimenti
di attuazione concernenti il funzionamento del centro elaborazione dati di cui all'art. 8 della stessa legge.
3. Per ragioni di assoluta urgenza, le amministrazioni di cui al comma 1 hanno facolt di procedere
indipendentemente dal parere dell'Autorit di cui all'art. 8, dandone comunicazione all'Autorit medesima.
In tali casi le amministrazioni richiedono direttamente al Consiglio di Stato il parere di competenza, che
viene espresso nei termini di cui all'art. 8, comma 4, ridotti della met.
4. Le comunicazioni all'Autorit concernenti la progettazione, lo sviluppo e la gestione dei sistemi
informativi automatizzati di cui al comma 1 sono coperte dal segreto d'ufficio o dal segreto di Stato,
secondo l'indicazione dell'amministrazione interessata.
5. Dall'applicazione del presente decreto sono esclusi gli enti che svolgono la loro attivit nelle materie di
cui all'art. 1 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 17 luglio 1947, n. 691 (13).
6. Sono fatte salve le disposizioni di legge relative al trattamento di dati personali.
7. Ai fini dell'integrazione e dell'interconnessione dei sistemi informativi automatizzati resta fermo quanto
previsto dall'art. 24 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (14).
8. Con i regolamenti di cui al comma 1 sono altres individuate particolari modalit di applicazione del
presente decreto in relazione all'Amministrazione della giustizia.

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Art. 17
1. Al fine di non ostacolare i processi di automazione in atto, in fase di prima attuazione del presente
decreto l'Autorit propone al Presidente del Consiglio dei Ministri una procedura semplificata per
l'approvazione degli studi di fattibilit e dei progetti di sviluppo, gestione e mantenimento dei sistemi
informativi automatizzati da avviare nel corso degli anni 1993 e 1994 (15).
2. In attesa dell'approvazione del primo piano triennale, l'Autorit determina caso per caso i contratti di
grande rilievo, previa comunicazione da parte delle amministrazioni di tutti i contratti in via di stipulazione.
3. In deroga a quanto previsto dal presente decreto, per i contratti in corso di rinnovo o che vengano a
scadenza entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto in facolt delle
amministrazioni di prorogare i rapporti contrattuali per un periodo non superiore a tre anni, oppure di far
ricorso ad apposito atto di concessione di durata non superiore al triennio, qualora il contratto da rinnovare
intercorra con societ specializzata avente comprovata esperienza pluriennale nella realizzazione e
conduzione tecnica di sistemi informativi complessi. Agli atti relativi si applicano le disposizioni di cui
all'art. 14.
4. In sede di prima applicazione del presente decreto e comunque non oltre il 31 dicembre 1993, il
commissario straordinario del Governo, nominato con decreto del Presidente della Repubblica 13 novembre
1992, presidente dell'Autorit. Durante tale periodo non si applica il regime di incompatibilit previsto,
per il presidente, dall'art. 4, comma 3.
Art. 18
1. Alle materie regolate dal presente decreto non si applicano le disposizioni contenute negli articoli 2 e 3
del regio decreto legislativo 18 gennaio 1923, n. 94 (16), e nell'art. 14 della legge 28 settembre 1942, n.
1140.
2. Sono abrogate le disposizioni contenute nell'art. 27, comma primo, n. 9) e, limitatamente ai riferimenti
all'informatica, n. 3), della legge 29 marzo 1983, n. 93 (17).
(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 20 febbraio 1993, n. 42
(2) Princpi e modalit per la realizzazione della Rete unitaria della pubblica amministrazione sono stati stabiliti con Dir. P.C.M. 5 settembre 1995, riportata al n. LXXX.
(3) Riportata al n. XXX.
(4) Riportata al n. XXX.
(5) Riportato alla voce Impiegati civili dello Stato.
(6) Cos sostituito dall'art. 4-ter, D.L. 12 maggio 1995, n. 163, riportato al n. LXXVI.
(7) Riportato alla voce Impiegati civili dello Stato.
(8) Comma aggiunto dall'art. 6, L. 24 dicembre 1993, n. 537, riportata alla voce Amministrazione del patrimonio e contabilit generale dello Stato, nel testo sostituito
dall'art. 44, L. 23 dicembre 1994, n. 724, riportata alla stessa voce.
(9) Riportata alla voce Societ commerciali.
(10) Riportata al n. XXX.
(11) Limitatamente alle strutture informatiche dell'Amministrazione dell'Interno e delle forze di polizia, il termine di cui al presente comma prorogato al 30 ottobre 1995
dall'art. 3, D.L. 28 agosto 1995, n. 361, riportato alla voce Impiegati civili dello Stato.
(12) Riportata alla voce Sicurezza pubblica.
(13) Riportata alla voce Istituti di credito.
(14) Riportata al n. XLI.
(15) L'art. 4-bis, D.L. 12 maggio 1995, n. 163, riportato al n. LXXVI, ha disposto che la procedura semplificata di cui al presente comma si applichi anche ai progetti da
avviare nel corso degli anni 1995 e 1996.
(16) Riportato alla voce Provveditorato generale dello Stato.
(17) Riportata alla voce Impiegati civili dello Stato.

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Tribunale di Madrid (Spagna)


Sentenza n. 43, con la quale il giudice ha archiviato il procedimento sulle intercettazioni
telefoniche operate dal CESID

ORDINANZA
A Madrid, 6 febbraio 1996
I - ATTI
Primo - Questo Tribunale segue i procedimenti 4297/95 contro Emilio Alonso Manglano, Manuel Navarro
Benavente, Juan Miguel Nieto Rodriguez, Juan Antonio Perote Pello, Visitacion Reyes Patino-Galan,
Francisco Vallejo Leon e Jose Maria Vida Molino, per i presunti reati di intercettazione telefonica, peculato
e prevaricazione.
Secondo - Il Procuratore Sig. Pozas Granero, a nome e per conto del sig. Jaime Cammany y Diez de
Revenga, in data 28 novembre 1995, ha richiesto con istanza scritta la pratica relativa agli atti probatori
ampliati mediante istanza ricevuta ieri.
Terzo - Il giorno 23 gennaio questo Tribunale ha ricevuto una querela proveniente dal Secondo Tribunale
della Corte suprema di Cassazione formulata dal Procuratore Sig. Lorente Zurdo, a nome e per conto del
Sig. Jose Maria Ruiz Mateos, per un presunto reato di intercettazione di comunicazioni telefoniche e
peculato, perch sia inserita nel presente procedimento.
II - FONDAMENTI GIURIDICI
Primo - Per ragioni di economia processuale, tutte le questioni sollevate fino a questo momento si
risolveranno nello stesso procedimento.
Riguardo l'istanza processuale del Sig. Campmaay:
a) si presenti una richiesta al Tribunale Militare n. 1, affinch consegni a questo Tribunale testimonianza di
un rapporto dell'attuale Direttore del CESID, di cui al sommario 01/02/95, al fine di stabilire se il Sig.
Alonso Manglano fosse a conoscenza delle intercettazioni telefoniche. Dalla dichiarazione di questi resa
alla Procura (foglio 57 e seguenti), e da quella resa a questo Tribunale (foglio 143 e seguenti), non si deduce
affatto che egli ignorasse i fatti, al contrario egli stesso dichiara che nell'adempimento dei compiti del centro
che dirigeva, gi nel 1984 aveva acquisito una squadra di professionisti per migliorare le possibilit d'analisi
dello spettro radio-elettronico per le frequenze comprese tra i 20 ed i 1000 MHZ, che tale squadra era stata
dotata di mezzi tecnici adeguati, e che era al corrente, tra l'altro, che le registrazioni erano effettuate su
nastri.
Si respingono dunque queste richieste e quella avente carattere sussidiario perch ritenute non necessarie ai
sensi dell'art. 311 del Codice Penale spagnolo.
b) Si interessi della compagnia telefonica nazionale spagnola, verificando l'elenco degli abbonati al servizio
telefonico mobile nell'anno 1984. Al foglio 1438 degli atti risulta il numero di abbonati al sistema
telefonico mobile (479) ma l'identit di ciascun titolare non fornisce indicazioni utili alla causa.
c) Si raccolgano le dichiarazioni di:
Juan Alberto Perote Pellon
Juan Miguel Nieto Rodriguez
Visitacion Reyes Patino-Galan
Jose Manuel Navarro Benavente
Emilio Alonso Manglano
Enrique Conde Sanchez.
I primi cinque come imputati e l'ultimo come testimone. Ad eccezione di Juan Alberto Perote Pellon, che
avvalendosi del diritto sancito dall'art. 24.2 della Costituzione spagnola, si rifiutato di deporre innanzi a
questo Tribunale; gli altri, come ben dice il richiedente, sono gi comparsi e hanno rilasciato dichiarazioni,
alcuni, come il Sig. Navarro Benavente, addirittura in due occasioni.

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Per questa ragione e per quelle di seguito esposte, non sono ammesse agli atti le prove richieste.
d) Allo stesso modo si respinge la richiesta di prova riportata nell'ultima istanza presentata dal Procuratore
Sig. Pozas Granero e relativa:
1) alla presentazione di un resoconto documentato al Sig. Ministro della Difesa affinch questi lo trasmetta
all'organismo competente, il Consiglio dei Ministri, perch valuti gli interessi in gioco, principalmente
quello relativo alla sicurezza dello Stato, ne stabilisca la declassifica e la sua conseguente ritrasmissione a
questo tribunale che provveder a produrre gli effetti legali in questo procedimento;
2) alla consegna delle registrazioni di conversazioni del querelante Sig. Jaime Campmany y Diez de
Revenga, che hanno dato luogo all'avvio delle indagini (all'istruzione delle pratiche) per le ragioni pi
avanti esposte.
Secondo - Unita alle pratiche una seconda querela presentata al Procuratore Sig. Lorente Zardo, a nome e
per conto del Sig. Jose Maria Ruis Mateos che ha come oggetto l'ampliamento di quella ora inviata dal
Secondo Tribunale Supremo al Sig. Narciso Sarra y Sarra e al Sig. Julian Garcia Varges, senza che sia
pertinente l'ammissione di tale ampliamento in base al risultato delle prove fino ad ora acquisite. Dovendo
respingere anche la richiesta delle prove richieste ad eccezione di quella segnalata al numero 3 sempre per
le ragioni che si riportano nel paragrafo quattro e seguenti qui di seguito riportati.
Numero 2: "Richiesta di comparizione in qualit di testimoni dei signori:
Juan Alberto Perote
Jose Manuel Navarro Benavente
Enrique Conde
Andres Fernandez Baena
Juan Miguel Nieto Rodriguez
Manuel Lopez
Sergente Montes
senza che, anche dopo la deposizione, possano essere modificate le loro situazioni personali"
Per gli argomenti gi esposti nel paragrafo precedente.
Numero 4: "Documentazione consistente nell'incaricare d'ufficio la polizia giudiziaria, nazionale o Guardia
Civil, affinch si costituisca un'unit alle dirette dipendenze di sua Eccellenza il Giudice Istruttore affinch
porti a termine le indagini relative ai fatti oggetto di questa denuncia, dovendo il Cesid, organismo
attualmente oggetto di indagine, ritirarsi immediatamente dalla stessa, non essendo possibile far coincidere i
ruoli di inquirente ed indagato". Quindi il Cesid non pu essere l'organo inquirente in questo procedimento,
ed essendo d'altra parte facolt dell'istruttore l'attribuire o meno a membri della Polizia Giudiziaria
determinati incarichi, senza che tale misura abbia in alcun caso carattere di prova documentale.
Numeri 5 e 6: "Relativi rispettivamente all'ordine di verifica e sequestro nella sede del Cesid dei 93 nastri
enumerati nell'articolo pubblicato sul quotidiano "El Mundo" in data 13.6.1995, come di quelli che
potrebbero emergere dalle presenti indagini e dai rapporti periodici elaborati in relazione alle suddette
intercettazioni". Poich tali richieste sono gi state evase negli atti datati 6 novembre 1995 e 15 gennaio
1996.
Paragrafo 7: "Relativo all'intimazione d'ufficio al Cesid, affinch consegni una memoria nella quale si
dichiari se esista un mandato giudiziario di autorizzazione per i controlli telefonici riportati nell'articolo
precedentemente menzionato". Poich ovvio che le intercettazioni delle comunicazioni, e non i controlli
telefonici, che hanno originato questo procedimento, non erano autorizzati dal giudice. Ci stato anche
riconosciuto dal Sig. Alonso Manglano nella sua dichiarazione.
Paragrafi 8 e 9: "Relativi all'intimazione d'ufficio al Cesid affinch consegni la nota di tutte le spese relative
agli apparati utilizzati per le suddette intercettazioni, nonch delle risorse materiali ed umane impiegate; che
ugualmente sia intimato a detto Centro di consegnare una relazione completa relativa alle persone e/o
funzionari incaricati delle intercettazioni..." Perch interessano materie protette dalla classifica "riservato".
Paragrafo 11: "Relativo all'esortazione al Tribunale Togato Militare n. 1 e/o Tribunale Centrale Militare dal
quale dipende questo Organismo Militare affinch invii tutte le pratiche avviate". Poich i fatti istruiti dal
Tribunale Togato Centrale Militare n.1 non hanno nulla a che vedere con quelli trattati da questo Tribunale.
Terzo - Da quanto risulta fino a questo momento si deduce che dalla data non meglio precisata del 1982, il
centro di intercettazione integrato nel Dipartimento Operativo del Centro Superiore di Informazioni della
Difesa, ha analizzato lo spettro radio-elettrico utilizzando apparecchiature che inizialmente non erano

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professionali.
Nell'anno 1984 e successivamente nel 1989 si ampliata la possibilit "di raccolta", delle frequenze, fino ad
arrivare a quelle comprese tra i 20 ed i 1.350 MHZ.
Gli apparati tecnici assegnati a tale ufficio erano corredati di riceventi e registratori a cassette, alcuni si
occupavano di ricercare i canali o le frequenze ed altri, una volta sintonizzata la frequenza, registravano il
contenuto dell'emissione sul corrispondente nastro. Sono state quindi intercettate e registrate conversazioni
utilizzando il sistema di telefonia mobile automatica per almeno uno degli interlocutori.
Le informazioni raccolte venivano analizzate e, in alcuni casi, distrutte, in altri, qualora non risultassero di
interesse per il Cesid dal punto di vista operativo, messe da parte ed archiviate.
Il risultato delle indagini svolte mostra che la percentuale del margine di frequenze comprese tra i 20 ed i
1.350 MHz, che spettava alla telefonia mobile, non supera il 5,63%. Dalla stessa indagine risulta che non
possibile conoscere a priori la frequenza che viene assegnata ad un telefono mobile per intrattenere una
conversazione, poich essa viene attribuita dallo stesso sistema, ed possibile che durante una
conversazione intrattenuta con il sistema T.M.A. la comunicazione possa transitare su un'altra frequenza.
Infatti impossibile preselezionare un telefono mobile con gli apparati di ricezione in dotazione al Cesid e
dunque una ricerca delle conversazioni con tali apparati risulta aleatoria.
Direttore del Cesid al momento dei fatti contestati era l'imputato, Sig. Alonso Manglano. Direttore del
Dipartimento Operativo era il Sig. Perote Pellon e Direttore del Gabinetto per le Intercettazioni in esso
integrato il Sig. Navarro Benavente, il cui superiore gerarchico era il Sig. Lopez Borrego. In questo
Gabinetto di Intercettazioni prestavano servizio, come personale tecnico, tra gli altri, la Sig.ra Visitacion
Reyes Patino-Galan, il Sig. Francisco Vallejo Leon, il Sig. Jose Vida Molina ed il Sig. Juan Miguel Nieto
Rodriguez.
Quarto - Risulta evidente che in uno stato moderno, se si desidera proteggere interessi vitali, necessario
dotarsi di Servizi di Informazione, qualunque sia il loro nome, strutturati in modo tale da consentire loro di
allertare le massime autorit circa i pericoli che incombono sulla Nazione prima che essi si concretizzino.
Per questo motivo, non bisogner meravigliarsi se i poteri pubblici decideranno, al momento opportuno, di
dotare il nostro Paese di una struttura organizzativa incaricata di svolgere le funzioni sopra menzionate. In
tal senso gi una norma precostituzionale, il Regio Decreto 2723/1977 del 2 dicembre modificato dal Regio
Decreto 726/1981 del 27 marzo, ha disposto l'articolazione del cosiddetto Centro Superiore di Indagini della
Difesa, cos come stabilito da un ordine specifico; e la L.O. 6/1980 del 1 luglio - modificata dalla L.O.
1/1984 del 5 gennaio - con la quale, agli art. 10 e 13, si incaricava il Ministro della Difesa di emanare le
disposizioni necessarie per il compimento di quelle finalit. In conseguenza di tali mandati di
autorizzazione, il Ministro della Difesa ha emanato il decreto 135/1982 del 30 settembre, con il quale si
regolano la struttura e le relazioni che il Centro Superiore di Informazione della Difesa deve seguire.
Successivamente alle disposizioni citate, altre norme hanno inciso sia sulla struttura organica del Ministero
della Difesa che sul Cesid ed in tal senso bisogna riportare le seguenti: Regio Decreto 135/1984 del 25
gennaio con il quale si ristruttura il Ministero della Difesa, indicando il Cesid come l'organismo di
Informazione del Capo del Governo e del Ministro della Difesa; R.D. 1/1987 del 1 gennaio dal quale
deriva l'attuale struttura del suddetto Ministero, modificato dai RR.DD. 498/1984 del 29 aprile, 619/1990
del 18 maggio, 764/1992 del 26 giugno; R.D. 2632/1985 del 27 dicembre, con il quale si regolano la
struttura interna e le relazioni del Centro Superiore di Informazione della Difesa; R.D. 1169/1995 del 7
luglio, con il quale si modifica la struttura Organica del Cesid ed il R.D. 1324/1995 del 28 luglio con il
quale si stabilisce lo statuto del personale del Cesid.
Le funzioni specifiche di un servizio di informazione con le caratteristiche del Cesid riguardano la
realizzazione di attivit che in nessun caso somigliano a quelle svolte in altri organismi
dell'Amministrazione Pubblica. Che ci sia e debba essere cos si deduce dallo studio di alcuni compiti che
il gi citato decreto 135/1982 attribuisce al Cesid; in tal senso risulta paradigmatico il riferimento al
paragrafo 3 dell'art. 3 della norma sopracitata: "Contrastare lo spionaggio e le attivit dei Servizi di
Intelligence Esteri che attentano alla sicurezza o agli interessi nazionali, mediante la prevenzione,
l'identificazione e la neutralizzazione all'interno ed al di fuori del Territorio Nazionale".
Secondo la norma riportata si prescrive l'osservanza di una condotta senza stabilire quali debbano essere i
mezzi utilizzati per conseguirla ed inoltre si impone anche la realizzazione di una condotta all'estero; tutto
ci tramite l'utilizzazione di termini quali "neutralizzazione" ed altri dal contenuto preciso.
Naturalmente, se si confronta la legislazione relativa a questo punto in vigore nel nostro Paese con quella di

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altri Paesi a noi vicini -confronto necessario soprattutto se si considerano tutti gli accordi internazionali
raggiunti dalla Spagna e l'integrazione del nostro Paese in importanti strutture sovranazionali - vedremo che
la somiglianza notevole.
Nonostante l'importanza delle funzioni che il Cesid chiamato a svolgere e la difficolt che comporta il
precisare maggiormente i suoi compiti, risulta evidente che le azioni dei funzionari al servizio di
quell'Organismo sono limitate dalle frontiere segnate dal nostro ordinamento giuridico applicabile sia alle
azioni sviluppate nell'ambito del Territorio Nazionale che alle peculiarit che devono essere osservate nello
svolgimento delle azioni al di fuori di esso, considerando che, nelle relazioni internazionali, non sono prese
in considerazione quelle dottrine che predicano un atteggiamento diverso di fronte ai Diritti Umani che
dipendono dalla territorialit, dalla extraterritorialit o dalla nazionalit degli interessati. E, ancora pi
importante, l'affermazione che anche i funzionari del Cesid come gli altri funzionari dell'Amministrazione
Pubblica - art. 103 della Costituzione Spagnola - sono soggetti alla Legge e al Diritto, in quanto ogni azione
da essi realizzata potrebbe interessare, anche solo indirettamente, materie che godono di particolare tutela
nel nostro Ordinamento o riservate.
Quinto - Il Codice Penale all'art. 192 bis prevede la punibilit per l'Autorit, i funzionari o gli agenti
pubblici che, senza autorizzazione giudiziaria, ed a margine di quanto previsto all'art. 55.2 della
Costituzione Spagnola, intercettino le comunicazioni telefoniche, non fa altro che dare copertura penale al
diritto fondamentale previsto dall'art. 18.3 della Costituzione Spagnola.
Diritto questo al segreto delle comunicazioni gi previsto dall'art. 8.1 della Convenzione Europea per la
tutela dei Diritti Umani e delle Libert Fondamentali del 1950 (oggetto di ratifica del 26.9.1970) che
acquista particolare importanza per il nostro ordinamento giuridico visto il tenore degli artt. 10.2 e 96 della
Costituzione Spagnola e per il riconoscimento ricevuto dalla Giurisdizione del Tribunale Europeo per i
Diritti Umani cosa che suppone anche il riconoscimento della validit delle sue sentenze, affermata peraltro
dal T.C. con le sue prime decisioni (SS. 13/2/81; 10/4/81; 18/5/81; 2/7/81 e 14/7/81).
Nonostante quanto stabilito dall'art. 18.3 della Costituzione Spagnola costituisca un Diritto Fondamentale, il
Tribunale Costituzionale ha dichiarato in numerose occasioni, e con esso concorda la Dottrina, che "il
diritto alla privacy non assoluto, come non lo alcuno dei diritti fondamentali, in quanto superabili da
interessi costituzionalmente rilevanti, sempre che la motivazione si riveli necessaria per raggiungere il fine
legittimo previsto" (Sentenza 143/1994 del 4 maggio). Questa idea di limitazione del diritto
espressamente prevista nel testo dell'art. 8 della Convenzione Europea precedentemente nominata, ed in
applicazione di quanto lo stesso Tribunale Europeo ha suggerito nel "caso Klass" (A. 8/978) "le societ
democratiche sono minacciate, ai nostri giorni, da forme molto complesse di spionaggio e dal terrorismo, e
lo Stato deve essere capace, per combattere efficacemente queste minacce, di vigilare in segreto gli elementi
sovversivi che operano sul suo territorio. Il Tribunale deve quindi ammettere che l'esistenza di disposizioni
legislative che autorizzino i poteri di vigilanza segreta della corrispondenza, degli invii postali e delle
comunicazioni risultano, di fronte ad una situazione eccezionale, necessari per una societ democratica,
onde salvaguardare la sicurezza nazionale e/o la difesa dell'ordine nonch la prevenzione di reati.
Naturalmente, queste "ragioni" che possono interessare il diritto fondamentale devono essere accompagnate
da garanzie sufficienti, infatti proprio questo richiesto dall'art. 18.3 della Costituzione Spagnola quando
richiede una risoluzione giudiziale (artt. 579 e seguenti del Codice Penale spagnolo).
Sesto - nonostante quanto appena detto, non sempre si producono intromissioni nella sfera personale in
relazione all'esercizio di un diritto fondamentale ed quindi necessario che questa intrusione sia effettuata,
per essere considerata legittima, secondo quanto previsto, nel caso specifico dall'art. 18.3 della C.S. e dagli
artt. 579 e seguenti del Codice Penale spagnolo.
Cos, in relazione all'art. 17 della C.S., sia il Tribunale Costituzionale (vedasi tra le altre le Sentenze
103/1983 e 107/1988 del 4 e 7 ottobre rispettivamente) che il Tribunale Supremo (Sentenza 1/2/1995 e
quelle ivi citate) hanno pi volte affermato che le misure presunte come tali, quali il fermo per procedere
all'identificazione, le perquisizioni occasionali, i controlli preventivi, gli spostamenti presso commissariati
per l'effettuazione di determinate indagini, ecc., non possono essere paragonate alla privazione della libert
cui si riferisce l'art. 17 C.S.. La verifica di queste prove costituisce per l'interessato una sottomissione non
illegittima dal punto di vista costituzionale, alle norme di polizia, sottomissione che pu anche essere
obbligata senza la previa esistenza di indizi di infrazione, nel corso di controlli preventivi realizzati da
incaricati dei controlli in materia di sicurezza (Sentenza del T.S. 15.4.1993 e nello stesso senso quella del
20 dicembre dello stesso anno).

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Settimo - I progressi tecnologici ottenuti in questo ultimo secolo hanno aperto nuovi orizzonti ove le attivit
pericolose per gli interessi della Sicurezza Nazionale hanno trovato un terreno fertile, cos i servizi di
Informazione dello Stato si sono visti obbligati a muoversi, oltre che nel tradizionale campo che implicava
un contatto quasi fisico con i potenziali nemici, anche in un altro campo dominato dalle diverse tecnologie
relative alla comunicazione. Tuttavia, si tratta di un terreno necessariamente suddiviso tra molteplici utenti,
che ne hanno bisogno per le loro costanti comunicazioni realizzate sia per ragioni puramente personali che
imprenditoriali o professionali. Ma si tratta anche di un ambito che, per le sue enormi possibilit, di per s
utilizzabile o suscettibile di utilizzo da parte di persone o gruppi che realizzano attivit contrarie agli
interessi nazionali.
Di qui, l'attuazione delle normative che disciplinano l'attivit dei Servizi di informazione che esercitano una
vigilanza tipo "pulizia" dello spettro radio-elettrico.
Pulizia delle comunicazioni, questa, che non era destinata all'intercettazione, nel senso previsto dall'art. 192
bis C.P., di una comunicazione in particolare, n alla sorveglianza dello sviluppo della comunicazione
intrattenuta da un soggetto o da un gruppo di persone determinate o determinabili, ma al controllo sull'uso
dello spettro da parte di persone che potrebbero svolgere attivit potenzialmente pericolose per la sicurezza
dello Stato. Per questo motivo, la condotta descritta non colpisce il bene giuridico protetto nella fattispecie
penale. Si tratta, infatti, di una sottomissione non illegittima dal punto di vista costituzionale a norme di
polizia e questo sempre che la suddetta vigilanza osservi i necessari presupposti di aleatoriet e riservatezza.
Nel caso in cui si volesse procedere all'intercettazione delle comunicazioni mantenute da soggetti
determinati, gli interessati dovranno, fatto salvo quanto previsto dall'art. 55 C.S., ottenere la risoluzione
indicata nell'art. 18.3. C.S., conformemente a quanto stabilito dagli artt. 579 e seguenti del Codice Penale
spagnolo.
Dalle risultanze peritali operanti nella causa, alle quali ci siamo precedentemente riferiti, che nessuna delle
parti ha impugnato e le cui conclusioni sono assunte da questa istruttoria come proprie, si deduce
chiaramente che le disposizioni adottate dai responsabili del CESID, ora imputati, non erano dirette tanto
all'intercettazione di una comunicazione telefonica, quanto al controllo di uno spazio radio-elettrico, nel
quale si produceva un'ampia gamma di segnali, il cui controllo preventivo costituiva precisa competenza dei
servizi di sicurezza del suddetto Centro.
In tal senso, l'intercettazione casuale di una comunicazione telefonica, come quelle che sono oggetto del
presente procedimento, rimarrebbe a margine della tutela penale di cui all'art. 192 bis del nostro Codice, il
quale prevede - dato il carattere prevalentemente doloso del reato - una volont decisa di intervenire ed
osservare concretamente le conversazioni realizzate attraverso gli apparecchi telefonici; in senso analogo si
espresso il Tribunale Supremo nella sua sentenza dell'8.7.1992 circa l'atipicit del mero od occasionale
ascolto attraverso apparecchi telefonici.
Quindi, non ricorrono gli elementi della fattispecie di cui all'art. 192 bis del C.P., cos come alcuna
rilevanza giudiziaria presenta la condotta del Cesid di conservazione ed archiviazione dell'informazione
priva di interesse dal punto di vista operativo, non essendo essa oggetto di questo procedimento, nonch
quella di sottrazione del materiale che conteneva detta informazione, come la sua successiva riproduzione e
divulgazione. Vengono pertanto a cadere le imputazioni di prevaricazione e peculato di fondi pubblici, data
la conformit al diritto della condotta in questione.
Per tutto ci, ed ai sensi degli artt. 789.5 comma 1 e 637.2 del Codice Penale spagnolo, si dichiara conclusa
la presente istruttoria.
In relazione a quanto esposto,
DISPONGO
Si dichiara conclusa la presente istruttoria e si stabilisce l'archiviazione dei presenti atti.
Si notifichi quanto sopra alle parti ed al Pubblico Ministero.
Si sottoscriva questa risoluzione e si restituisca la cauzione versata dall'imputato Sig. Emilio Alonso
Manglano.
La presente risoluzione non definitiva e pu essere impugnata innanzi a questo Tribunale entro tre giorni.
Cos deciso, disposto e sottoscritto

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Dott.ssa ANA MERCEDES DEL MOLINO ROMERA, MAGISTRATO del Tribunale di Istruzione
numero 43 di Madrid.
Si dia corso a quanto disposto, certifico.
(*) Traduzione dallo spagnolo a cura della Redazione.

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Stati Uniti:Central Intelligence Agency

La Central Intelligence Agency (CIA) un'organizzazione di intelligence senza alcuna funzione di polizia o
sicurezza interna. Le sue attivit vengono regolamentate da vari statuti e decreti presidenziali, sotto il
controllo di Comitati Congressuali e altri organi dell'Esecutivo.
La CIA venne istituita, unitamente al Consiglio Nazionale per la Sicurezza (NSC) con la legge sulla
sicurezza nazionale del 1947.
Molti dei compiti specifici affidati alla CIA derivavano dal progetto concepito nel 1944 da William J.
Donovan, avvocato newyorchese, su incarico del Presidente Franklin D. Roosevelt, che desiderava
riformare il sistema di intelligence.
Donovan proponeva "una organizzazione che raccogliesse intelligence con metodi clandestini e non, che
fornisse direttive in materia di intelligence, ne fissasse gli obiettivi nazionali e mettesse in correlazione il
materiale informativo raccolto da tutti gli enti governativi".
Il sistema di coordinamento venne perfezionato con la Legge del 1949 che affidava alla CIA il compito di
mettere in correlazione, valutare e diramare i contributi informativi attinenti alla sicurezza nazionale. La
legge indicava altres il Direttore della Central Intelligence quale responsabile della protezione dei metodi e
delle fonti informative.
Lo statuto del 1949, che pu essere considerato alla stregua di un regolamento per la segretezza del bilancio
dell'Agenzia, consentiva all'Organismo di intelligence di poter ricorrere a procedure fiscali e amministrative
riservate, esentandolo dalle numerose limitazioni previste sulla spesa dei fondi federali.
Al fine di proteggere le fonti e i metodi di intelligence da qualsiasi divulgazione, la legge del 1949 ha altres
esentato la CIA dal rendere noti dati sulla sua organizzazione, funzioni, sigle, funzionari, incarichi, stipendi
o sul numero del personale impiegato.
Tuttavia, solo il Presidente pu ordinare all'Agenzia di condurre un'operazione segreta. Queste azioni
vengono solitamente proposte dal Consiglio Nazionale per la Sicurezza. Le operazioni segrete sono prese in
considerazione nel momento in cui l'NSC reputa che gli obiettivi di politica estera degli USA non possono
essere conseguiti per le normali vie diplomatiche e quando l'azione militare sia giudicata come estrema
opzione. Pertanto l'Agenzia pu ricevere dal Presidente ordine di condurre una speciale attivit all'estero,
per fini di sostegno alla politica estera, in modo che non sia riconducibile al Governo statunitense o resa di
pubblico dominio. Ricevuto tale ordine il Direttore della Central Intelligence dovr darne comunicazione ai
Comitati di Controllo del Congresso.
Il Decreto Presidenziale n.1233, per, proibisce espressamente alla CIA di ricorrere, sia in modo diretto,
che indiretto, all'omicidio. L'osservanza di tale direttiva garantita da strumenti di controllo interno e dalle
procedure di supervisione congressuali.
Particolare rilievo riveste, in base alle disposizioni emanate, il ruolo del Direttore della Central Intelligence
Agency, che funge da principale consigliere del Presidente e del NSC in tutte le questioni riguardanti
l'intelligence all'estero e inerenti la sicurezza nazionale.
Il DCI anche il principale consigliere del Presidente e del Consiglio Nazionale per la Sicurezza su
questioni di intelligence estera.
Oltre ad essere capo della Central Intelligence Agency, il DCI dirige altri organismi che rientrano nelle sue
competenze in seno alla Comunit di intelligence.
La Comunit di Intelligence
La Comunit di Intelligence si identifica in quell'insieme di agenzie e di organizzazioni dell'Esecutivo che
conducono svariate attivit informative abbracciando l'intero arco dell'impegno nazionale statunitense nel
settore dell'intelligence.
La Comunit composta da: Central Intelligence Agency, Agenzia per la sicurezza nazionale, Agenzia per
l'Intelligence e la Difesa, Uffici del Dipartimento della Difesa incaricati della raccolta di intelligence estera

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specializzata attraverso programmi di ricognizione, Bureau di intelligence e Ricerca del Dipartimento di


Stato, i SIOS di Esercito, Marina e Aeronautica, FBI, Dipartimento del Tesoro e Dipartimento dell'Energia.
I membri della Comunit informano il Direttore della Central Intelligence Agency attraverso relazioni
presentate ai diversi comitati specializzati che trattano materie di intelligence di comune interesse.
Controllo legislativo sull'intelligence
Il congresso statunitense ha avuto compiti di controllo sulla CIA sin dalla sua costituzione nel 1947.
Tuttavia, prima della met degli anni '70, i poteri di controllo venivano affidati ai Comitati sui Servizi
Armati di ambedue le Camere ed erano meno formali rispetto alla situazione odierna. All'epoca il DCI e i
suoi rappresentanti interagivano direttamente con i rispettivi Presidenti dei Comitati Congressuali, e
raramente avevano testimonianze e udienze formali.
Dopo le affermazioni riguardanti gli illeciti compiuti da agenzie di intelligence statunitensi come la CIA, il
19 maggio 1976 il Senato ha costituito il Comitato ristretto del Senato sull'intelligence (SSCI). La Camera
dei Deputati in data 14 luglio 1977 ha invece costituito il Comitato Ristretto Permanente della Camera
sull'Intelligence (HPSCI). Questi Comitati, unitamente a quelli sui Servizi Armati e sulle Relazioni e Affari
Esteri, sono stati incaricati di autorizzare i programmi delle agenzie di intelligence e controllare le loro
attivit. L'Ufficio per gli Affari congressuali della CIA si occupa direttamente delle questioni connesse ai
controlli. SSCI e HPSCI ricevono tutti i prodotti di intelligence dell'Agenzia.
In aggiunta, funzionari e analisti della CIA forniscono ogni anno pi di mille rapporti ai membri del
Congresso e ai suoi Comitati.
Oggi la CIA riferisce regolarmente ai Comitati di Intelligence del Senato e a quello permanente del
Congresso, cos come disposto dalla legge del 1980 sul controllo sui Servizi e da altri decreti dell'Esecutivo.
Controllo dell'Esecutivo sull'intelligence
Il controllo dell'Esecutivo espletato dai seguenti organi:
Consiglio per la sicurezza Nazionale
Il National Security Council (NSC) stato costituito in base alla Legge sulla Sicurezza Nazionale del 1947
al fine di fornire al Presidente uno strumento di integrazione tra le politiche interne, estera e militare con
riguardo alla sicurezza nazionale. L'NSC il supremo organo dell'Esecutivo preposto alla revisione e alla
definizione dell'indirizzo di tutte le attivit di intelligence estera e di controspionaggio. Membri statutari
dell'NSC sono: il Presidente degli Stati Uniti, il Vice Presidente, il Segretario di Stato e il Segretario alla
Difesa. Il Direttore della Central Intelligence Agency e il Capo di Stato Maggiore partecipano in veste di
consiglieri.
Organo Consultivo di Intelligence estera del Presidente (PFIAB)
Il PFIAB si colloca nell'ambito dell'Ufficio esecutivo del Presidente. I suoi diversi membri prestano servizio
su richiesta del Presidente e vengono scelti tra cittadini leali e meritevoli, che non ricoprono incarichi
governativi, qualificati in ragione della loro posizione, esperienza e indipendenza. La loro prestazione non
remunerata. L'Organo controlla sistematicamente l'operato di tutte le agenzie governative impegnate nella
raccolta, valutazione o produzione di intelligence o nell'applicazione delle politiche di intelligence.
Valuta inoltre l'efficienza dell'Amministrazione, del personale e della organizzazione delle agenzie di
intelligence, informando il Presidente su obiettivi, conduzione e coordinamento delle attivit di dette
Agenzie. Il PFIAB ha specifiche funzioni propositive ai fini del miglioramento e incremento degli sforzi
informativi degli Stati Uniti.
Le proposte possono essere direttamente presentate al Direttore della Central Intelligence, alla CIA o ad
altre agenzie operanti nel settore.
Organo di Controllo sull'Intelligence del Presidente (PIOB)
Il PIOB istituito nell'ambito della Casa Bianca. composto di tre membri non appartenenti al Governo,

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nominati dal Presidente. Uno di essi, che funge da Presidente altres membro del PFIAB. L'Organo ha la
funzione di individuare e riferire al Presidente ogni attivit di intelligence suscettibile di indagine in ordine
a questioni di legalit rispetto alla costituzione, alle leggi statunitensi o ai decreti esecutivi presidenziali.
L'Organo, permanente e indipendente, anche incaricato del controllo sulle direttive interne e sulla
direzione della Comunit di Intelligence.
Le risorse umane e finanziarie
La CIA compie accurate selezioni fra persone altamente qualificate in quasi ogni settore di studio.
Scienziati, ingegneri, economisti, linguisti, matematici, segretari e operatori di apparati elettronici sono
soltanto alcune delle specializzazioni pi richieste. Alcuni sono degli specialisti - scienziati in fisica e
sociologia, dottori in medicina, avvocati - ma vi sono anche molti altri dipendenti che hanno dimostrato
grande capacit nel gestire gli incarichi affidati. L'Agenzia promuove un programma di equa occupazione
per tutti gli impiegati, inclusi donne, esponenti di minoranze e handicappati.
Il numero dei dipendenti o le dimensioni del budget dell'Agenzia non possono essere divulgati.
Sebbene il budget e le dimensioni della CIA costituiscano notizie classificate, essi vengono ugualmente e
dettagliatamente controllati dall'Ufficio Programmazione e Bilancio e dai sottocomitati Controllo e Difesa
dei Comitati sugli stanziamenti dei fondi in ambedue le Camere.
Le risorse destinate all'intelligence sono altres sottoposte a rigorosi esami e processi di approvazione, come
per ogni altro organo governativo del Paese.
Le pubblicazioni
La CIA occasionalmente divulga pubblicazioni non classificate per contribuire alle attivit di ricerca di
comunit accademiche e finanziarie. La maggior parte di questi rapporti contiene informazioni estere e
internazionali nei settori economico e politico, nonch di funzionari stranieri. Sono reperibili presso
l'Ufficio Stampa del Governo, il Servizio Nazionale per le Informazioni Tecniche e la Biblioteca del
Congresso. La CIA non pu, in ogni caso, divulgare molti altri suoi rapporti acquisiti da fonti riservate.

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Enciclopedia delle spie


Giorgio Boatti - (Edizione "Rizzoli", Milano, 1989)

Il testo costituisce un approccio originale al tema "spionaggio", in cui risuonano echi vagamente
illuministici e sentori di conversazioni amabili ma per nulla distratte.
godibile la trattazione per argomenti separati, per "voci" appunto, in cui nomi di oggetti si mescolano a
nomi di persone, di luoghi, di organismi politici, di ognuno dei quali si scrive, seppur assai brevemente, con
dovizia di particolari spesso curiosi e con citazioni di cultura e di storia.
Il tocco "magico" la spiritosa "legenda" in cui ad ogni simbolo, rigorosamente "spionistico", corrisponde
una fine dicitura esplicativa. un'attrattiva per il lettore, in quanto garbata metafora del mondo oscuro e
doppio dello spionaggio, stemperato nella decifrabilit piana del simbolo spiegato e ampiamente sparso per
tutta la trattazione delle "voci".

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La mia vita nella CIA


William Colby e Peter Forbath - (Edizione "Mursia", Milano, 1981)

un testo che unisce la forza della testimonianza diretta a uno stile narrativo sciolto e piacevole, nel quale
verit politiche interessanti compaiono accanto ad aspetti quotidiani dell'esistenza.
William Colby narra, con un'ottica senz'altro personale, le vicende nazionali e internazionali della CIA, sin
dalla sua costituzione, in tutti gli anni in cui egli vi ha lavorato come addetto o come funzionario prima,
come direttore dal 1973 al 1976, poi.
Raccontando le sue esperienze e la storia della struttura, riferisce dei rapporti con l'Italia al tempo della
guerra fredda, confermando il ruolo di sostegno che gli Stati Uniti ebbero, in quegli anni, nelle vicende
politiche del nostro paese e degli avvenimenti del Vietnam, ove ha lavorato per alcuni anni, sfiora la crisi
dei missili cubani nell'ottobre 1962 e la guerra nel Laos, la crisi in Cile al tempo della morte di Allende e il
problema di Castro.
Di particolare interesse la ricostruzione dei rapporti interni della CIA con il Congresso, passati anche
attraverso momenti di tensione per le accuse di un giornalista sulla sua attivit antipacifista. Nel 1974,
infatti, un servizio apparso sul New York Times, a firma di Seymour Hersh, denunciava una "massiccia
operazione illegale di spionaggio interno", intrapresa dall'agenzia negli anni di Nixon. Un'imponente
campagna stampa si abbatt sull'apparato e il sensazionalismo degli articoli contenenti le presunte
mostruosit compiute dall'Agenzia accese l'opinione pubblica americana, gi resa inquieta dagli episodi
relativi al Vietnam, al Watergate, al Cile.
Si diede inizio alle indagini: il Presidente Ford nomin una Commissione presidenziale speciale e
Commissioni speciali furono nominate anche dal Senato e dalla Camera dei Rappresentanti.
Il siluramento di Colby, giunto al termine di mesi che egli stesso ricorda turbolenti e intensi, attribuibile, a
suo giudizio, non solo al desiderio del Presidente Ford di segnare una svolta netta nella vita dei servizi,
tramite la nomina di un nuovo direttore, ma soprattutto al modo con cui egli aveva affrontato la crisi della
CIA.
L'atteggiamento di Colby, infatti, "pragmaticamente e filosoficamente, era in contrasto con quello del
Presidente e dei suoi principali consiglieri": ispirarsi cio "alla costituzione e applicarne i princpi
collaborare alle inchieste e cercare di spiegare al Congresso, alla stampa e all'opinione pubblica i servizi
segreti, la loro importanza, i loro successi e i loro insuccessi".
La visione personale di Colby sui servizi segreti, vale a dire il convincimento, che emerge chiaramente dalle
pagine del suo libro, era che essendo essi utili e indispensabile il loro contributo alla sicurezza della
nazione, andasse fatta la giusta pubblicit perch la gente ne conoscesse le funzioni, i limiti e i prodotti, con
giuste informazioni relative alla loro natura e alla loro attivit.

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Discorso sul federalismo


Emilio Raffaele Papa - (Edizioni Giuffr, Milano, 1995)

L'agile volumetto raccoglie le considerazioni sulle "radici storiche fondamentali, e certe ragioni ideali,
politico-costituzionali autentiche del federalismo" come afferma nella premessa lo stesso autore, Emilio
Raffaele Papa, professore ordinario di storia moderna e contemporanea nell'Universit di Bergamo.
La lettura del lavoro, articolato in nove capitoli, costituisce pertanto un'occasione di ulteriore riflessione su
un tema che, seppur mai attenuatosi in una certa corrente ideale e culturale, riemerso prepotentemente
negli ultimi anni, costituendo la rivendicazione del federalismo il punto di forza della battaglia radicale
condotta dalla Lega.
Meritorio, pertanto, il contributo e utile a un dibattito vitale che, troppo spesso infirmato da equivoci e
contraddizioni, dovrebbe in realt condurre alla serena formulazione di proposte concrete per una
transizione ad un assetto federalista dello Stato italiano.
Il discorso si snoda lungo l'esame dei tre grandi modelli di federalismo, il tedesco, l'americano e quello
svizzero; delineati i due concetti di confederalismo e federalismo, partendo dall'analisi della natura del
foedus al fine di chiarire le loro differenze; richiamati brevemente Altusio, dotto giurista tedesco, autore di
una interessante formulazione politico-dottrinaria sull'ideale federalistico, Proudhon, Hugo; definito il
principio di sussidiariet e le necessit espresse dalla sua formulazione, vengono fornite alcune valutazioni
sui sistemi elettorali e l'istituto referendario "la cui funzione di sensibilizzazione dell'opinione pubblica e di
stimolo alla partecipazione", pur nella valutazione degli inevitabili contrappesi, viene giudicata
indiscutibile.
Vengono svolte poi considerazioni interessanti sul tema costituzionale del capo dello Stato e del capo del
Governo, ritenendo l'Autore che il modello cui riferirsi, sebbene imperfetto, sia quello tedesco e
particolarmente efficace, in tale ambito, viene ritenuta la formula del "konstruktive Misstrauensvotum: la
sfiducia costruttiva".
Ricordata la visione che del federalismo ebbero Cattaneo, Ferrari e altri studiosi e politici, pervenendo ai
tempi attuali, vengono giudicate "molto felici" alcune riflessioni di Miglio sulle macro regioni europee
mentre sul piano della costituzione di una federazione italiana, il pensiero dello studioso appare all'autore
"condizionato da una visione separatista di fondo".
Si considera positivamente uno studio "senz'altro apprezzabile", condotto dalla Fondazione Agnelli sulle
autonomie regionali, con una valutazione attenta e critica delle proposte contenute nel lavoro.
Papa convinto che l'Italia possa "trovare nel federalismo la sua vocazione vincente. Attraverso un graduale
passaggio all'ordinamento federalistico sul piano legislativo, fiscale e del bilancio, nel contesto di un
rinnovamento del quadro costituzionale in tempi politici progressivi e solleciti".

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L'uso della realt virtuale e dei sistemi multimediali nel processo penale
Carlo Sarzana di S. Ippolito - (in "Il diritto dell'informazione e dell'informatica", n. 1,
1996, pp. 21-29)

L'autore, un illustre magistrato e uno tra i pi autorevoli studiosi del settore, introduce il concetto di realt
virtuale come "un universo grafico tridimensionale, creato dal computer e interattivo, che consente una
totale partecipazione-immersione in una rappresentazione audiovisiva del mondo, nel quale gli oggetti
possono essere maneggiati e manipolati in tempo e spazio reali".
Viene poi ad essere posto l'accento sull'efficacia dell'uso della realt virtuale negli USA, in modo
particolare nel settore giudiziario, per la ricostruzione di eventi e accertamenti di responsabilit, pur nella
considerazione della necessit di adottare adeguate precauzioni.
Riferendosi alle applicazioni della realt virtuale al processo penale italiano, Sarzana ne valuta
positivamente la validit, sostenendo che le forme di ricostruzione statiche di situazioni ed eventi
andrebbero "senz'altro ammesse ai sensi dell'art. 187 cod. proc. pen. (eventualmente facendo ricorso anche
all'art. 189)" e ricordando l'uso delle tecnologie informatiche multimediali, con una loro breve illustrazione,
nei processi di Milano, a carico degli imputati di Tangentopoli, e in quello celebrato presso la Corte di
Assise di Caltanissetta per la strage di Capaci.

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Riforma non traumatica dell'intelligence USA


"Le Monde du Reinsegnement", 7 marzo 1996

L'articolo riferisce i risultati raggiunti dalla Commissione istituita, sotto la presidenza dell'ex Segretario
della Difesa Harold Brown, al fine di valutare i ruoli e le capacit della comunit di intelligence degli Stati
Uniti.
La Commissione ha, tra l'altro, approvato la proposta del Direttore della CIA, John Deutch, di creare una
National Imagery and mapping Agency (NIMA), raggruppando il Central Imagery Office (CIO), il National
Photographic Interpretation Center (NPIC) e la Defence Mapping Agency (DMA), rifiutando nel contempo
lo smantellamento del National Reconnaissance Office e il trasferimento delle relative competenze all'U.S.
Space Command, proposti da alcuni.
Lo studio Brown fornirebbe, inoltre, una serie di indicazioni riguardanti una migliore gestione
dell'Intelligence con "la creazione di nuovi posti dirigenziali e il trasferimento delle competenze" oltre a
suggerimenti specifici relativi a nomine, assegnazioni di responsabilit, operazioni clandestine, definizioni
dei ruoli, eventuali trasformazioni di particolari uffici.
L'articolo riporta notizie anche relativamente al rapporto che, sempre in tema di riforma dell'intelligence,
stato presentato dal repubblicano Larry Combest, presidente della Commissione della Camera dei
rappresentanti incaricati di redigerlo e che conterrebbe modifiche pi radicali di quelle della Commissione
Brown. Infatti alla CIA "verrebbero sottratte le attivit clandestine condotte dalla sua Direzione delle
operazioni e il suo ruolo verrebbe limitato alle analisi delle informazioni".
Sarebbe inoltre prevista la soppressione della National Security Agency (NSA) e del National
Reconnaissance Organization con l'attribuzione delle attivit di ascolto e di raccolta delle informazioni
satellitari alla Technical Collection Agency (TCA), una nuova agenzia che curerebbe anche l'attivit di
sorveglianza dei tests degli armamenti dei Paesi stranieri, condotti dal Central Management Office.
La ricerca e lo sviluppo dei satelliti spie e di altri sistemi di spionaggio sarebbero affidati ad un nuovo
Technology Development Office.

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Le riforme dell'Intelligence
"International Herald Tribune", 2 aprile 1996

Apparso su "The Washington Post" e pubblicato successivamente dall'International Herald Tribune, il 2


aprile, l'articolo affronta il tema assai dibattuto della riforma dei servizi segreti americani.
Gli scandali pi recenti che, in questo Paese, hanno colpito il mondo dell'intelligence sembrano infatti aver
solamente impresso un moto di accelerazione a un processo di rinnovamento gi avviato e ormai non pi
procrastinabile. Infatti, comunque constatata la necessit dei servizi di intelligence, se ne auspica un
riassetto teso al loro miglioramento: "un riordino non una rivoluzione".
Nell'articolo si fa cenno allo studio commissionato dal Congresso Democratico, nel 1994, a un gruppo di
lavoro composto da membri designati dallo stesso Congresso e guidato da Harold Brown, ex Segretario alla
Difesa e da Warren Rudman, ex senatore repubblicano, definendolo come una "direttiva amministrativa,
che si propone di consolidare i poteri e i controlli politici, nonch il ruolo del direttore dell'Intelligence
Centrale, quale primo consigliere del Presidente in materia di intelligence". Il rapporto, sempre secondo
l'articolista, conterrebbe indicazioni efficaci, volte alla strutturazione di una intelligence pi "utile agli
'utenti' della politica, della diplomazia e dell'Esercito", garantendo, allo stesso tempo, la possibilit di
realizzazione delle operazioni clandestine.
Viene giudicata poco misurata la protezione del bilancio dell'intelligence prospettata dallo studio Brown
che, al fine di riassorbire il personale impegnato nella lotta all'ex blocco sovietico, suggerirebbe anche un
blocco delle assunzioni per un anno.

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USA: Informazione economica e competitiva


"Le Monde du Reinsegnement", 4 aprile 1996

L'articolo segnala il successo ottenuto dalla conferenza annuale della Society of Competitive Intelligence
Professional (SCIP), svoltasi ad Arlington, vicino a Washington, dal 27 al 30 marzo.
L'associazione, di cui fanno parte molti dei professionisti americani dell'Intelligence Economica e
Competitiva (IEC) ora guidata da Tracey Scott, che si prefisso, tra gli altri, l'obiettivo di "rafforzare la
posizione strategica dell'intelligence competitiva ed economica all'interno dell'impresa".
In tale ambito, infatti, sono da considerarsi ormai indispensabili lo "sfruttamento sistematico delle fonti
aperte, l'osservazione costante della concorrenza, la veglia tecnologica, la raccolta intelligente delle
informazioni all'interno stesso della societ". Alcuni teorici dell'IEC, tuttavia, ritengono che il concetto di
intelligence non sia sovrapponibile a quello di informazione e Ben Gilard, ex responsabile dell'Unit di
Intelligence della polizia israeliana, oggi professore associato di management presso la Rutgers University,
sottolinea il ruolo sostanziale svolto in una azienda da una vera cellula di intelligence rispetto ai dati offerti
da un pur eccellente centro di documentazione.
Tuttavia pu ritenersi che tale concetto non esprima una contraddizione, ma che sia necessario studiare i
presupposti per una coesistenza delle due funzioni di "documentazione avanzata" e di "visione strategica".

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Hanno collaborato a questo numero:


Anna FERRI e Silvana LOTTI
Esperte di Diritto Comunitario
Leonardo MAZZA
Ordinario di Diritto Penale presso l'Universit di Siena
Onorato SEPE
Presidente di Sezione della Corte dei Conti
Mirko VALENTI
Giurista

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