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Educazione familiare e
sostegno alla genitorialit:
unesperienza in Toscana
Regione Toscana
Istituto degli Innocenti
Firenze
Collana editoriale
Infanzia, adolescenza e famiglia
La legge regionale 20 marzo 2000, n. 31 ha dato rinnovato impulso al partenariato fra Istituto degli Innocenti di Firenze e Regione Toscana in ordine allo sviluppo della ricerca, della formazione e della documentazione nel quadro di sviluppo delle politiche educative e sociali rivolte allinfanzia, alladolescenza e alla
famiglia.
La quantit e qualit degli esiti documentali dei lavori realizzati o in corso di realizzazione e la prospettiva di dare sviluppo e continuit ai programmi di attivit nel
lungo periodo giustifica e sostiene al contempo la realizzazione di una collana editoriale che pu, attraverso la raccolta coordinata dei materiali, consentire una
riflessione maggiormente allargata e partecipata inserendo il lavoro svolto nella
Regione Toscana allinterno dellorizzonte del dibattito nazionale e internazionale sulle politiche per linfanzia, ladolescenza e la famiglia.
Le pubblicazioni, attraverso la raccolta, lesposizione e lapprofondimento degli
argomenti affrontati nel corso delle diverse attivit, intendono costituire un punto
di osservazione privilegiato sullorganizzazione e lo sviluppo dei servizi in Toscana,
sullevoluzione tecnico-scientifica a livello nazionale e internazionale e sulle trasformazioni dei fenomeni sociali.
Un sincero ringraziamento va a tutti coloro che hanno partecipato alla realizzazione delle attivit, contribuendo allelaborazione degli atti, dei documenti e dei
materiali presentati nella collana.
Comitato tecnico-scientifico
Vinicio Biagi (Regione Toscana)
Ugo Caffaz (Regione Toscana)
Enzo Catarsi (Istituto degli Innocenti)
Giovanna Faenzi (Istituto degli Innocenti)
Aldo Fortunati (Istituto degli Innocenti)
Raffaello Profeti (Regione Toscana)
Cristina Rossetti (Regione Toscana)
Alessandro Salvi (Istituto degli Innocenti)
Paolo Tinti (Regione Toscana)
Roberto Volpi (Istituto degli Innocenti)
Coordinamento esecutivo
Aldo Fortunati (Istituto degli Innocenti)
Segreteria organizzativa
Alessandro Salvi (Istituto degli Innocenti)
Coordinamento editoriale
e realizzazione redazionale
Maurizio Regosa
Caterina Leoni
Maria Cristina Montanari
Paola Senesi
Copertina
Rauch design
Progetto grafico
Cristina Caccavale
Realizzazione grafica
Babe Francesco Beringi
Regione Toscana
Istituto degli Innocenti di Firenze
Sommario
Presentazioni
Angelo Passaleva
Presentazione a cura dellIstituto degli Innocenti
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Premessa
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63
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83
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Presentazione
Angelo Passaleva
Vicepresidente e Assessore alle Politiche sociali della Regione Toscana
t dei loro interventi. Ed appunto con questa consapevolezza che formulo lauspicio
di unulteriore diffusione degli interventi di educazione familiare a cui certamente
non faremo mancare il nostro appoggio, proprio per la convinzione che per essere
nel futuro uomini e donne sociali, molto vantaggioso potersi giovare dellaiuto
di genitori competenti.
Presentazione
a cura dellIstituto degli Innocenti
La Regione Toscana ha sottolineato negli ultimi anni limportanza del ruolo della famiglia da intendere anche come risorsa sociale. al riguardo significativo quanto scritto nel
documento approvato dal Consiglio regionale nel dicembre 1996. Allo stesso modo da
sottolineare quanto disposto dallarticolo 48 della legge regionale 3 ottobre 1997, n. 72,
Organizzazione e promozione di un sistema di diritti di cittadinanza e di pari opportunit:
riordino dei servizi socio assistenziali e socio sanitari integrati, successivamente ripreso,
significativamente, dallarticolo 16 della legge nazionale 8 novembre 2000, n. 328, Legge
quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali . In questo
contesto occorre pertanto ribadire la necessit di sostenere il ruolo genitoriale, che deve
potersi esplicitare in unottica formativa e in una prospettiva di prevenzione formativa.
appunto con questo spirito che la Regione Toscana ha promosso unesperienza di educazione familiare illustrata in questo volume che stata realizzata dallIstituto degli
Innocenti nellambito del progetto istituzionale di collaborazione con la Regione. Tale progetto ha visto coinvolti molti comuni toscani e alcune aziende sanitarie locali, che hanno
organizzato degli interventi in cui sono stati coinvolti centinaia di genitori, suddivisi in piccoli gruppi. In questo modo, infatti, si inteso coinvolgere direttamente i genitori, in
maniera da dare loro consapevolezza piena delle loro potenzialit e delle competenze
comunque acquisite in virt dellesperienza realizzata.
LIstituto degli Innocenti, daltra parte, in tutti questi anni di collaborazione con la
Regione Toscana ha gestito progetti di ricerca e di formazione cercando sempre di coinvolgere e valorizzare gli attori locali, che poi attuano professionalmente gli interventi. In
questo caso si trattato dei genitori, sulla base della scelta iniziale dellAssessorato regionale alle politiche sociali, fondata sulla convinzione che lesperienza genitoriale costituisce
oggi uno dei momenti pi delicati e difficili dellesistenza di un uomo e di una donna.
Chiunque abbia figli sa bene di non aver potuto mai confrontarsi con altri genitori sui comportamenti da tenere, tanto la genitorialit affidata al caso.
Limportanza dellesperienza allinterno del contesto familiare ai fini dello sviluppo dellindividuo, impone invece una maggiore attenzione per le caratteristiche di vita delle famiglie e rende non pi rinviabile la scelta di organizzare interventi sistematici di educazione
familiare, che debbono inserirsi in una prospettiva di lavoro di rete che coinvolga stabilmente le istituzioni (Unit sanitaria locale, scuola, enti locali, associazionismo) e le associazioni di volontariato e di altro tipo.
LIstituto degli Innocenti lavora da anni in questa direzione, collaborando in particolare
con la Regione Toscana, ma anche con altri enti locali e il Ministero. Lobiettivo, anche sulla
scorta dello spirito originario del nostro Istituto, infatti quello di dare un contributo
continuo alla qualificazione dei servizi alla persona, in maniera che le bambine e i bambini, le donne e gli uomini possano migliorare sempre di pi la qualit in primo luogo
relazionale della loro vita.
Premessa
Leducazione familiare manca di una tradizione specifica nel nostro Paese, dove, peraltro, abbisogna ancora oggi di una pi chiara definizione. Essa, inoltre, viene ormai riconosciuta come assai importante ai fini di una crescita equilibrata dei figli, sia piccoli che
adolescenti. Il bisogno di educazione da parte dei genitori daltra parte reso evidente
da una molteplicit di motivazioni. Tale prospettiva formativa, infatti, si giustifica oggi per
diverse ragioni, a cominciare dal desiderio che i genitori esprimono esplicitamente di informarsi sullo sviluppo dei figli e sul ruolo educativo che sono chiamati a svolgere. Allo stesso modo evidente che esistono informazioni e competenze adatte per rispondere a un
tale bisogno, cos come altrettanto chiaro che la maggiore consapevolezza dei genitori
riguardo il carattere educativo del loro ruolo arricchisce la qualit delle relazioni allinterno
di una comunit.
Al contempo risulta sempre pi evidente che il lavoro con i genitori migliora anche i
risultati del bambino, sviluppando la sua autonomia e stimolando la sua crescita complessiva. Il ruolo dei genitori inoltre essenziale nella prospettiva della prevenzione e ancor pi
per quanto riguarda il successo scolastico dei figli, come diverse ricerche hanno ormai
dimostrato. Appare quindi sempre pi evidente la necessit di porre una maggiore attenzione verso i problemi delleducazione familiare, che deve svilupparsi perch le trasformazioni sociali che hanno investito le stesse famiglie rendono sempre pi difficili i rapporti tra
le generazioni e in particolare quelli tra i genitori e i figli.
Fondamentale, quindi, appare approfondire le problematiche legate alla genitorialit
ancora prima che questa si realizzi e comunque subito dopo la nascita del figlio. Non
un caso, allora, che anche nellambito di questo progetto diversi comuni abbiano
scelto di dedicare le loro energie in direzione dei genitori dei bambini pi piccoli.
Emblematica, al riguardo, appare lesperienza livornese, destinata ai genitori dei bambini frequentanti gli asili nido e le scuole comunali dellinfanzia. In questo caso stato
coinvolto direttamente il personale educativo, che ha trovato in tale attivit una esperienza di rivitalizzazione e di elevamento di una tensione intellettuale gi molto ricca.
in questo modo che le diverse operatrici interpretano allinterno del progetto diversi
ruoli che, con il tempo, possono far maturare nuova consapevolezza. Lessere conduttrice del gruppo, infatti, diverso rispetto allessere osservatrice e costituisce un arricchimento della professionista, che lanno successivo pu trovarsi a interpretare un
nuovo ruolo.
Al contempo nellesperienza livornese anche da segnalare la presenza dei bambini, che
possono giovarsi della presenza delleducatrice a loro dedicata, nel medesimo tempo in cui
i genitori si incontrano fra loro e discutono di temi educativi e che li riguardano. Questa
proposta scrive giustamente Lilia Bottigli si configura anche come offerta di servizio
aggiuntivo ma il suo valore funzionale (facilitare la partecipazione dei genitori al progetto) non deve occultarne il valore profondo, perch la presenza contemporanea di bambini e genitori nel nido o nella scuola dellinfanzia apre una nuova dimensione di vissuto
del servizio che diventa cos di pi luogo delle famiglie.
Le potenzialit dei servizi per linfanzia riguardo leducazione familiare emergono anche
nellesperienza fiorentina, realizzata appunto in alcune nuove tipologie. Anche in que11
sto caso, daltra parte, emerge con chiarezza come il progetto educativo dei servizi per linfanzia abbia ormai al proprio interno quasi vi fosse connaturato unattenzione specifica per la genitorialit, che li contraddistingue rispetto agli altri gradi del sistema formativo del nostro Paese.
Emblematico, allora, da questo punto di vista, appare il progetto aretino, che parte da
uno dei servizi del settore rivolto allinfanzia, per coinvolgere genitori di figli di diversa et,
con il fine di sostenerli in questa loro esperienza, tanto difficile quanto affascinante.
Lintento comune ai progetti presentati nel volume, daltra parte, proprio quello di valorizzare le risorse dei genitori e valorizzare le loro competenze genitoriali. Lo dicono con
grande chiarezza le autrici dello scritto sullesperienza di S. Miniato, quando scrivono:
intervenire precocemente con azioni promozionali della genitorialit con coppie in attesa e allinterno dei servizi infanzia ha consentito di collocarsi in una prospettiva di formazione e di prevenzione, prospettiva alla quale appartiene lidea progettuale delleducazione familiare, come strategia orientata a sollecitare risorse, valori culturali e competenze del nucleo familiare. Non un caso, allora, che in questa realt pisana ai servizi per
linfanzia si siano legati servizi extrascolastici per i bambini e gli adolescenti, che realizzando una idea originale di CIAF hanno consentito di presentarli come luoghi di aggregazioni dei pi giovani ma anche dei loro genitori. Il progetto di educazione familiare, in
effetti, stato realizzato allinterno di uno di questi contesti e si avvalso, peraltro, anche
della collaborazione della scuola.
Viene cos fornita unindicazione di prospettiva sistemica di cui si dovr sempre pi
tenere di conto. Il sostegno alla genitorialit, infatti, dovr essere realizzato nellambito di
un sistema integrato di servizi per linfanzia, ladolescenza e le famiglie in cui tutti possano sentirsi protagonisti.
In questo contesto, in effetti, pu giocare un ruolo di primo piano anche la scuola,
come dimostrano le esperienza dellEmpolese e di Fauglia. Nel primo caso la proposta
muove dagli enti locali, ma si realizza tramite la scuola, al cui interno si svolgono le
riunioni dei piccoli gruppi dei genitori. Nel secondo invece un Istituto comprensivo
che prende liniziativa, anche in virt delle particolari caratteristiche della realt locale,
particolarmente disagiata da un punto di vista culturale. Colpisce positivamente, allora, il tentativo di coinvolgere i genitori anche per mezzo di originali attivit laboratoriali, che meglio si confanno allobiettivo di coinvolgere genitori di tutti i ceti sociali e
di ogni livello culturale. Con un approccio legato al fare, infatti, pi facile aggregare
i genitori, che poi possono avvalersi del confronto con gli altri per riflettere sui propri
stili genitoriali.
Emblematici, infine, sono anche gli ultimi due scritti, che illustrano due esperienze nate
dalla collaborazione dei comuni con altrettante aziende sanitarie locali. In questi casi, davvero, la categoria fondante quella della prevenzione formativa, che sempre pi
dovrebbe orientare il lavoro sociale insieme a quello educativo. Leducazione familiare, in
effetti, si presenta come originale contesto di formazione e di prevenzione, tesa come a
rivitalizzare le responsabilit genitoriali e a valorizzare quei saperi di cui i genitori sono
comunque portatori.
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Premessa
In questo caso anche i genitori culturalmente pi svantaggiati possono trovare occasioni di recupero di autostima, recuperando un atteggiamento positivo e incoraggiante nei
confronti dei figli.
Ecco allora limportanza di una collaborazione sistematica tra gli operatori dei servizi
educativi con quelli dei servizi sociali. La difficile scommessa dellimmediato futuro in
effetti quella dellintegrazione, che deve portare le diverse culture professionali a meticciarsi, per superare le attuali separatezze e costruire una nuova prospettiva di prevenzione formativa che metta le persone in condizione di realizzarsi e di dare il meglio di s.
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figli per donna allinizio degli anni Settanta, diminuisce progressivamente fino a giungere
al di sotto della crescita zero nel lungo periodo. I nuclei familiari formatisi nel corso degli
anni Ottanta e Novanta hanno perci, in prevalenza, un solo figlio, anche se sono in
aumento le coppie che non hanno figli (IRPET, 1999, p. 67).
A proposito del comportamento riproduttivo dei toscani ha scritto anche, in maniera
molto chiara, Paola Tronu (Tronu, 1997, p. 205):
La condizione odierna della Toscana sintetizzabile nellosservazione che divenire genitori
un passaggio sempre meno diffuso e ripetuto. A partire dagli anni Ottanta un numero crescente di nuove coppie rimane senza figli, mentre il gruppo pi consistente limita la fecondit al
primo figlio. Il tasso di fecondit totale del momento, che allinizio degli anni Settanta era ancora di due figli per donna, ormai pari ad uno.
Allo stesso modo coerente con la media nazionale anche let in cui si ha il primo
figlio: nel 1991 la primipara toscana ha 28 anni, mentre il padre ne ha 31.
Aumentato anche lintervallo tra il matrimonio e la nascita del primo figlio, che al
momento di tre anni e che si presenta come una tendenza prospettica dovuta alla volont di prolungare la fase della coppia coniugale. Questo al fine di consolidare lunione e di
verificarne la capacit di tenuta, oltre al bisogno e al desiderio di consentire lo sviluppo
delle carriere professionali dei giovani coniugi. Al riguardo anche da tenere presente la
possibile motivazione di rimandare nel tempo la responsabilit genitoriale, che i giovani
non interpretano certo a cuor leggero.
Francesca Morino Abbele e Patrizia Meringolo (Morino Abbele, Meringolo, 1999, p. 58)
scrivono giustamente:
Nella famiglia si stabiliscono reti di relazioni e di comunicazione che la rendono uno dei
nuclei centrali delle esperienze sociali, capace di sostenere quello sviluppo emotivo, quella
costruzione della percezione e quel consolidamento dellautostima indispensabili per formarsi
unidentit personale ed affrontare gli eventi critici che scandiscono i passaggi da un ciclo vitale al successivo.
Proprio per questo quando le modalit interattive familiari sono disturbate, finiscono
per creare dei problemi che se non affrontati e risolti rischiano di continuare i loro effetti nel tempo. Essenziali, pertanto, si presentano tutti quegli interventi che possono configurarsi come sostegno alla genitorialit. Scrivono ancora Francesca Morino Abbele e
Patrizia Meringolo (Morino Abbele, Meringolo, 1999, p. 67):
Un ruolo importante di aiuto pu essere svolto dalle reti di sostegno presenti nella comunit,
siano esse informali o formali. Per quanto riguarda queste ultime riteniamo [] che una funzione importante possa essere rivestita dai servizi istituzionali nati, soprattutto in alcune regioni italiane, a sostegno dei compiti genitoriali di cura, e dalle agenzie di socializzazione la scuola in
primo luogo presenti sul territorio.
Alcuni anni dopo Paul Durning (Durning, 1995, p. 40-42) ha riproposto una sua definizione di educazione familiare, rilevando come essa si configuri come
lazione di educare uno o pi bambini realizzata, sovente, nei gruppi familiari da degli adulti
che sono i genitori dei bambini in questione, ma anche come linsieme degli interventi sociali realizzati per preparare, sostenere, aiutare, addirittura sostituire i genitori nei loro compiti educativi
verso i figli [...]. Tra gli interventi sociali, si distingueranno: leducazione o formazione genitoriale, gli interventi socio-educativi verso i genitori, e la supplance familiare. Altre importanti
discipline, quali la psicologia, la sociologia, la storia, il diritto o lantropologia, sviluppano delle
ricerche su un oggetto che ogni disciplina chiama famiglia. Ciononostante, nessuna di esse
privilegia come centro del suo interesse i processi educativi.
A questo proposito pare anche giusto distinguere tra educazione familiare e pedagogia
della famiglia, tenendo di conto delle differenze che esistono tra la lingua italiana e quella francese. In questultimo caso, infatti, le due definizioni vengono fatte coincidere, mentre nella realt italiana potremmo convenzionalmente intendere per educazione familiare
quella serie di interventi formativi tesi al sostegno della genitorialit, mentre con pedagogia della famiglia tutto il lavoro di riflessione teorica e di ricerca sugli interventi realizzati
sul campo. Nellaccezione da noi proposta, quindi, la pedagogia della famiglia si propone
di studiare le relazioni e i processi che si sviluppano allinterno delle famiglie, nel rapporto
tra genitori e figli, ma anche di approfondire tutte le problematiche concernenti gli interventi formativi nei confronti dei genitori, in particolare le modalit con cui queste esperienze di formazione vengono organizzate e gestite. La formazione degli animatori di educazione familiare costituisce un altro elemento di studio, cos come la formazione degli
stessi genitori a interpretare il loro ruolo formativo. Allo stesso modo nella realt italiana
lapprofondimento delle problematiche delleducazione familiare e della pedagogia della
famiglia dovr avere al centro anche la questione delle relazioni tra la famiglia, la scuola e
le altre agenzie educative, sulla base della consapevolezza che il processo formativo deve
essere affrontato nellottica sistemica.
Lelemento centrale nellambito della educazione familiare dovr per essere individuato nella formazione dei genitori, visto che le profonde trasformazioni che hanno caratterizzato listituto familiare nella realt italiana pongono nuovi compiti di supporto alla
genitorialit, sempre pi vissuta con consapevole responsabilit. Il desiderio di diventare
genitore in effetti solitamente legato al disagio psicologico che deriva dal timore di non
essere capace di assolvere convenientemente tale impegno e proprio per questo deve
essere supportato con interventi di diverso tipo. I genitori italiani, e in particolare quelli
pi giovani, esprimono con sempre maggiore chiarezza bisogni formativi legati al ruolo
genitoriale, a cominciare da quello di informarsi sullo sviluppo dei figli.
Gli interventi di educazione familiare appaiono quindi particolarmente appropriati per
dare queste risposte proprio perch agiscono sulle diverse dimensioni delle personalit
dei genitori, visto che tendono a coinvolgerli anche sul piano emotivo, facendo loro vivere esperienze nuove. Allo stesso modo coinvolta anche la dimensione cognitiva, considerato che uno degli obiettivi anche quello della trasmissione delle conoscenze. Al con18
mente possibile, ma ancora relativamente raro e che la relazione tra scuola e famiglia
rimane fragile e tormentata (OCDE, 1997, p. 66).
La partecipazione dei genitori avviene pi facilmente nei nidi e nelle scuole dellinfanzia
e da questo dato occorre allora partire per enucleare le caratteristiche che la professionalit educativa e docente deve mostrare in questo contesto. Al riguardo, peraltro, occorre
anche chiarire che il lavoro che gli educatori svolgono con i genitori dei bambini pi piccoli costituisce una modalit delleducazione familiare, ma non la esaurisce. In altri termini leducatrice del nido deve lavorare con i genitori sugli elementi comuni dellesperienza di vita
del bambino, ma non necessariamente potr aiutare questi genitori ad affrontare problematiche che riguardano figli pi grandi o tanto per esemplificare le relazioni proprie
della famiglia allargata. In altri termini, quindi, le attivit di educazione familiare possono
prevedere anche la presenza di esperti esterni, che debbono comunque muoversi come
facilitatori della comunicazione e non gi come psicoterapeuti, risolutori di problemi.
Nellambito delleducazione familiare, infatti, il conduttore del gruppo sviluppa con il
genitore una relazione tale da metterlo in condizione di partecipare e di essere coinvolto.
Lascolto empatico del genitore hanno scritto giustamente al proposito Paola Milani e
Diega Orlando (Milani, Orlando, 2001, p. 508-509) permette a questultimo di sentirsi
accettato e capito, favorendo un processo inconscio di riflessione su se stesso. Lattenzione
del conduttore del gruppo di genitori, ad esempio, sar centrata sullidentificarsi con il
genitore, sul mantenere una distanza ottimale, sullintervenire al momento opportuno: ci
che il genitore fa con il figlio, leducatore fa con il genitore. In questo modo, fra laltro,
si fornisce al genitore il modello di uno stile educativo democratico, che tende a valorizzare e a rendere autonomo laltro e si pongono concretamente le basi per una riflessione autocritica e per una qualificazione delle relazioni con i figli.
lezza allinterno della famiglia. Al contrario si tratta di fare propria una prospettiva formativa della prevenzione e partire quindi dalle potenzialit della famiglia e dalle risorse che
questa dimostra di possedere (Mantovani, 1992 e 1995).
Tale caratterizzazione delleducazione familiare, fra laltro, consente di pensare anche a
un coinvolgimento di genitori svantaggiati e con problemi, che possono avvantaggiarsi
di un rapporto alla pari con genitori cosiddetti normali. Lo svantaggio, infatti, spesso
amplificato dalla situazione di isolamento e non accettazione. Proprio per questo si tratta
di attivare interventi nellottica della prevenzione formativa, in maniera da individuare
precocemente possibili problemi e da valorizzare comunque le risorse in possesso del soggetto. Come ha scritto giustamente Carla Bisleri (Bisleri, 1994, p. 57):
per attivare processi di intervento contro la deprivazione sociale e la marginalit necessario
soffermarsi non solo sulla domanda individuale, lasciando che le persone raggiungano i servizi
spesso in situazioni di urgenza, di acutizzazione dei problemi, ma essere in grado di intravedere
quali siano i processi sociali che possono aggravare il disagio come il senso di sradicamento, la
mancanza di informazioni, di collegamenti, di rapporti.
Lobiettivo di questa iniziativa promossa dalla Regione Toscana stato, in effetti, anche
quello di favorire una sorta di reintegrazione delle famiglie svantaggiate, in maniera da
toglierle dal loro isolamento. Anche gli organizzatori, in effetti, hanno la consapevolezza che
la partecipazione agli incontri non pu essere risolutiva dei problemi che le famiglie presentano, tantomeno di quelli che hanno problemi di maggiore entit. Tali incontri, per, possono costituire una occasione di apertura, in un certo modo protetta dal lavoro degli operatori, verso la comunit, per ri-consegnare alle persone le capacit (negate) di costruire piccoli
spazi, canali di incontro e di comunicazione, specie a chi finora, oltre alla sofferenza e al dolore personali, ha trovato prevalentemente ostacoli e indifferenza sociale (Bisleri, 1994, p. 57).
Il problema che questa categoria di genitori viene coinvolta con difficolt, come ha
dimostrato anche questa esperienza toscana. Occorre, daltra parte, lavorare con rinnovata
lena in questa direzione, fidando in particolare sulla collaborazione tra servizi educativi e
sociali, che debbono superare antiche incomprensioni proprio per promuovere la responsabilit e lautonomia di tutte le persone e in particolare di questi cittadini pi svantaggiati.
1992 assegna loro il compito di: aumentare la competenza e la sensibilit pedagogica dei
genitori, attraverso lo studio guidato, sia dei comportamenti infantili e adolescenziali, sia
delle risposte educative degli adulti;
fornire ai genitori strumenti di comunicazione adatti alla realizzazione del progetto
educativo distituto;
fornire ai genitori informazioni e competenze, per una loro attivit con altri genitori
nel campo della prevenzione del disagio e delle dipendenze;
creare unintesa solidale e permanente fra insegnanti e genitori e operatori sociali;
aprire la scuola al territorio, facendone un luogo di incontro e di confronto sistematico fra tutte le forze impegnate a costruire occasioni concrete a favore dei bambini e
dei ragazzi.
Per tale ragione vengono anche indicati i percorsi da seguire e la metodologia con cui
organizzare gli incontri, che debbono privilegiare il confronto e il dibattito. evidente, pertanto, che tale possibilit, pur non costituendo niente di eccezionale, rappresenta tuttavia
una novit importante per lItalia che, anche per questa via, pu cominciare a sperimentare unattivit complessiva di educazione familiare che rappresenta senza dubbio un significativo investimento per il futuro (Corradini, 1993).
nioni, imparando ad ascoltare, ad accettare e a essere accettati. Il linguaggio dellaccettazione stato giustamente affermato non semplice, e soprattutto non si possono rispettare i sentimenti di unaltra persona se non si in grado di accettare i propri, e
il coraggio di esprimerli apertamente. Lascolto attivo aiuta il genitore a evitare gli errori di
comunicazione (ordinare, moraleggiare, minacciare ecc.) e ad ascoltare in modo partecipe
il figlio, aiutandolo a trovare le sue soluzioni al problema che lo affligge; il bambino,
daltra parte, impara a sviluppare le sue potenzialit diventando pi autonomo e responsabile (Toraldo, 1999, p. 189).
Unaltra caratteristica essenziale del progetto toscano stata quella di essere realizzato nella
prospettiva della ricerca-azione, che peraltro gi stata alla base di esperienze similari coordinate da Paola Milani (Milani, 1993 e 1994). La ricerca-azione, peraltro, non ancora presente
in maniera significativa nella realt italiana, dove andata diffondendosi negli ultimi anni allinterno della scuola poich pur ancora priva di una chiara identit epistemologica consente
pi e meglio della ricerca sperimentale di affrontare in termini molto diretti il problema dellapplicazione dei risultati. Molto spesso, in effetti, nel passato il tempo intercorrente tra la fine
di una ricerca e lutilizzazione operativa dei dati finali stato spesso eccessivo, tanto da porre
dei problemi di significativit dellintervento, in quanto la situazione in cui si va a lavorare
generalmente ormai diversa da quella in cui e su cui la ricerca era stata condotta.
Allo stesso modo, anche senza enfatizzare i limiti di oggettivit della ricerca sperimentale riconosciuti peraltro dagli stessi sperimentalisti non si pu dimenticare che
anche una misurazione esatta in via quasi ottimale di un fenomeno consentirebbe comunque di applicare i risultati di tale ricerca solo allo specifico studiato, che nel frattempo si
sarebbe per modificato.
La ricerca-azione nasce dalla volont di concorrere alla trasformazione della realt nel
momento stesso in cui la si studia, contribuendo al contempo, nello specifico formativo, a
motivare fortemente gli educatori oltre che il ricercatore. evidente che questo pone non
pochi problemi di natura epistemologica che sul piano pratico portano talvolta a enfatizzare laspetto della operativit e dellazione a discapito della ricerca e della riflessione teorica.
Ma la diffidenza con cui la ricerca-azione stata vista e viene spesso ancora oggi considerata nellambiente accademico non frutto solo di una non ancora bene definita identit epistemologica, ma deriva anche da alcune forzature che hanno teso a enfatizzare le
differenze con la ricerca sperimentale classica, con cui, al contrario, pu avere notevoli e
significativi elementi di integrazione.
Appare pertanto necessario superare una sterile contrapposizione tra sostenitori della
ricerca sperimentale e della ricerca-azione, poich entrambe e spesso anche in maniera
integrata hanno la possibilit di dare dei risultati significativi. In questo contesto non
peraltro da sottacere anche una questione relativa al controllo epistemologico della ricerca-azione e cio delle sue garanzie di scientificit, che peraltro sono da valutare unitamente agli intenti emancipativi e di rinnovamento.
peraltro indubitabile che la ricerca-azione soffra ancora oggi di una non ben definita
identit epistemologica, come dato rilevare anche dalle moltissime definizioni che ne
vengono date; ma un carattere condiviso, e su cui tutti i ricercatori concordano, dato dal
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nesso tra teoria e pratica e dal coinvolgimento nella ricerca di tutti coloro che, pur a diverso titolo, vi partecipano. La ricerca-azione, infatti, presuppone una interazione dialettica
tra teoria e pratica e denota alcuni caratteri fondamentali, a cominciare dalla necessit di
una conoscenza reciproca tra i ricercatori e i soggetti della ricerca stessa. Al contempo essa
presuppone una comunicazione simmetrica fra tutti i protagonisti della ricerca, dal ricercatore che la coordina agli insegnanti-operatori che la realizzano, in maniera da promuovere un rapporto paritario tra tutti i partecipanti.
Il bisogno di coinvolgere attivamente nella ricerca tutti gli attori non deriva solo da una
esigenza di tipo etico, quanto dalla convinzione che anche gli attori costituiscono loggetto della ricerca e che risulta pressoch impossibile scindere completamente soggetto e
oggetto dellindagine. Proprio per questo anche il tema della oggettivit della ricerca deve
essere posto in termini diversi e non pu essere risolto pensando a una presunta neutralit, bens a una comunicazione tra i soggetti.
Un altro aspetto che caratterizza fortemente la ricerca-azione senza dubbio quello del
rapporto tra teoria e pratica, in quanto non si pensa di poter costruire delle teorie esclusivamente con un approccio deduttivo, ma al contrario ci si basa sulla convinzione che lapproccio induttivo, che parte dalla realt, pu consentire di categorizzare dei risultati che
abbiano una loro validit ecologica.
Tanto pi che la ricerca-azione si basa su un approccio sistemico al processo educativo
e alla complessit che lo contraddistingue. Ed proprio la complessit del reale a indurci
ad assumere un atteggiamento di cautela nei confronti di quelle posizioni che propendono per una ricerca-azione orientata unicamente da una prospettiva induttiva. La stessa
ricerca-azione potr essere pi produttiva e i suoi risultati pi probanti e significativi se sar
garantita anche da un solido ancoraggio deduttivista, al fine di preparare comunque lazione empirica con una riflessione teorica che favorisca la focalizzazione delle ipotesi e
concorra dunque anche alla messa a punto dellimpianto metodologico (Frabboni, 1990).
Limpianto metodologico della ricerca-azione adotta alcuni parametri operazionali caratteristici che vengono poi articolati a seconda del tipo di progetto che pu riferirsi sia
allambito scolastico che extrascolastico o alleducazione degli adulti, a comunit locali
ecc. In tutti i casi, comunque, lofferta formativa non avviene prima di aver analizzato i
bisogni dei pubblici interessati, che partecipano sia al momento dellindividuazione dei
bisogni che alla elaborazione del progetto di intervento. I contenuti di questultimo tengono ovviamente conto della rappresentazione della realt dei soggetti coinvolti, nonch
delle loro competenze pregresse.
Ricerca-azione e costruzione di saperi
Un obiettivo senza dubbio quello della produzione di nuovi saperi, che si alimentano
anche della documentazione delle esperienze. Nello specifico abbiamo ritenuto opportuno
documentare la realizzazione del progetto per mezzo di questo volume, che oltre alla illustrazione dei singoli interventi riporta i risultati del questionario somministrato a tutti i genitori partecipanti, mediante il quale essi hanno potuto esprimere la loro valutazione riguardo
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lesperienza cui hanno preso parte. Allo stesso modo un questionario e alcune successive
interviste semistrutturate sono stati rivolti agli animatori coinvolti nelliniziativa, in maniera da
raccogliere materiali informativi in grado di favorirne una valutazione complessiva.
La documentazione, in effetti, costituisce un aspetto fondamentale e imprescindibile
della ricerca-azione, che anche sulla base del suo contributo pu esplicitare con maggiore
chiarezza i suoi esiti sociali. La prospettiva secondo cui si sviluppa la realizzazione della
ricerca-azione peraltro quella di un approccio scientifico di tipo empirico allo studio, finalizzato in primo luogo alla comprensione e alla modificazione dei processi formativi.
Proprio per questo la ricerca-azione favorisce e si fonda su un processo di costruzione dei
saperi nel contesto del processo formativo.
A questo riguardo pare assai condivisibile la sottolineatura di Paolo Orefice (Orefice,
1993a, p. 62) relativa al carattere attivo della creazione dei saperi, che possibile quando
il soggetto posto in una condizione dinamica di protagonista e non messo in una situazione di ricezione passiva. Al contempo da rilevare anche un carattere partecipativo della
creazione dei saperi, in quanto lindividuo produce dei saperi originali quando motivato
ad apprendere dal bisogno di rispondere a suoi bisogni reali. Allo stesso modo anche
opportuno rilevare il carattere investigativo della creazione dei saperi, secondo cui il soggetto matura originalmente nuovi saperi quando posto in una situazione problematica.
Il carattere rappresentativo della realt nella creazione dei saperi costituisce inoltre unaltra peculiarit della ricerca-azione, in quanto il soggetto parte dalla sua concezione della
realt e dalle sue competenze per sviluppare appunto dei nuovi saperi. Un altro carattere
individuabile infine nel carattere trasformativo della creazione dei saperi, poich il soggetto che modifica la sua visione della realt conseguentemente portato alla trasformazione reale della stessa, sia che lo riguardi personalmente sia che si riferisca allambiente
sociale in cui egli inserito e vive.
Appare quindi in tutta la sua evidenza il carattere eticamente civile della ricerca-azione che
sembra anche pi suggestivo e legittimante a chi crede nellimpegno civile del pedagogista
e nella spendibilit sociale della riflessione e della proposta pedagogiche. Al contempo sembra anche giusto sottolineare che la ricerca-azione in grado di tenere di conto e per meglio
dire si fonda sulla convinzione che lattivit conoscitiva eminentemente ricombinatoria e
creativa e si basa sulla interazione delle conoscenze gi acquisite, dei fini che ci proponiamo
e della dimensione affettiva. Peraltro appare illusorio pretendere di elaborare una teoria unitaria sulla cui base spiegare ogni fenomeno, cos come appare improbabile individuare delle
leggi assolute su cui costruire la conoscenza e con cui pretendere di spiegarla.
I caratteri della ricerca-azione a cui ci siamo ampiamente riferiti rendono pertanto evidente la sua particolare utilit nellambito delleducazione degli adulti variamente intesa.
Questo in special modo perch essa rispetta le caratteristiche ecologiche del contesto di
studio e perch valorizza le competenze variamente possedute da tutti gli attori partecipanti allesperienza.
Tale metodologia appare quindi particolarmente adatta anche per la gestione delle iniziative di educazione familiare, che sempre pi dovranno essere caratterizzate dallo stretto legame tra teoria e pratica, in maniera da partire dallesperienza quotidiana del sog27
totale
v.a.
116
41
24
104
10
83
34
40
42
494
%
23,5
8,3
4,9
21,1
2,0
16,8
6,9
8,1
8,5
100,0
29
45 e pi
v.a.
%
6
5,2
0
0,0
0
0,0
6
5,8
0
0,0
4
5,1
1
3,0
6 15,0
3
7,1
26
5,3
laurea
v.a.
%
29
25,4
4
9,8
6
25,0
20
19,2
4
40,0
7
8,9
6
18,2
6
15,0
0
0,0
82
16,8
40-44
v.a.
%
25 21,6
7 17,1
1
4,2
23 22,1
2 20,0
9 11,5
7 21,2
10 25,0
10 23,8
94 19,3
2
0
0
0
0
4
1
0
0
7
n.r.
0
0
0
0
0
5
1
0
0
6
n.r.
v.a.
116
41
24
104
10
83
34
40
42
494
%
23,5
8,3
4,9
21,1
2,0
16,8
6,9
8,1
8,5
100,0
totale
totale
v.a.
%
116
23,5
41
8,3
24
4,9
104
21,1
10
2,0
83
16,8
34
6,9
40
8,1
42
8,5
494 100,0
Il titolo di studio dei genitori partecipanti mostra che anche in questo caso coloro che
hanno un livello culturale pi alto sono i pi pronti a prendere parte a queste iniziative.
per confortante che in questo caso un quarto dei genitori abbia la sola terza media.
Ci significa che il progetto ha raggiunto anche un gruppo di persone che hanno maggiori difficolt a partecipare ad attivit in cui il parlare e il prestare attenzione al parlare
degli altri sono messi al centro dellimpegno. Deve anche far riflettere il fatto che il numero pi consistente di genitori che hanno la terza media ha preso parte allesperienza realizzata nellIstituto comprensivo di Fauglia. Ci deriva dal livello culturalmente svantaggiato di quella zona delle colline pisane, ma anche frutto dellintelligente idea di coniugare
il lavoro di gruppo con le attivit laboratoriali, che, implicando il fare, invogliano pi facilmente anche i genitori con minori risorse linguistiche.
comunque vero che se dovessimo utilizzare una terminologia classica diremmo che la
maggior parte dei partecipanti appartiene al cento medio. Lo dimostra anche la scomposizione dei dati riguardo la professione dei partecipanti. In questo caso gli impiegati sono
in maggioranza.
Interessanti sono anche i dati relativi al numero dei figli. Emerge infatti che quasi la met
dei partecipanti ha un solo figlio, confermando una tendenza che nazionale. vero che i
valori pi alti sono a Firenze e Livorno, dove il progetto rivolto a genitori dei servizi per linfanzia e che dunque sono pi giovani, ma chiaro che la scelta del figlio unico piuttosto diffusa. Lo scarso tasso procreativo, daltra parte, confermato anche dal fatto che
pochissimi sono coloro che scelgono di avere pi di due figli: il valore davvero molto basso.
Allo stesso modo, significativo il dato relativo allet dei figli dei partecipanti alle attivit del progetto. La stragrande maggioranza ha infatti figli piccoli. Ben il 41% ha figli da
0 a 4 anni, anche in virt del fatto che in alcuni casi il progetto rivolto programmaticamente ai genitori degli asili nido e della scuola dellinfanzia. Quello che in generale emerge che i genitori si coinvolgono sempre meno con il passare degli anni e la crescita dei
figli. Pochi, infatti, sono i genitori con figli preadolescenti, mentre pochissimi sono quelli
che hanno figli della fascia 15-17. Questo avviene non tanto perch i genitori abbiano la
percezione dellesito ormai scontato dellintervento educativo, quanto perch, mancando
di una tradizione di educazione familiare, essi non hanno limpressione e talvolta non
sono neppure informati di poter essere realmente aiutati.
31
Tavola 5. Partecipanti al progetto secondo la zona e il numero dei figli. Anno 2000
numero di figli
zone
0
1
2
3
v.a.
%
v.a.
%
v.a.
%
v.a.
%
Arezzo
0
0,0
56
48,3
57
49,1
3
2,6
Empoli
0
0,0
19
46,3
19
46,3
2
4,9
Firenze
0
0,0
18
75,0
6
25,0
0
0,0
Livorno
0
0,0
67
64,4
30
28,8
2
1,9
Massa-Carrara
0
0,0
3
30,0
6
60,0
1
10,0
Pisa
5
6,0
32
38,6
40
48,2
6
7,2
Pistoia
1
2,9
23
67,6
8
23,5
2
5,9
San Miniato
0
0,0
5
12,5
27
67,5
6
15,0
Viareggio
0
0,0
16
38,1
26
61,9
0
0,0
Totale
6
1,2
239
48,4
219
44,3
22
4,5
4 e pi
v.a.
%
0
0,0
1
2,4
0
0,0
5
4,8
0
0,0
0
0,0
0
0,0
2
5,0
0
0,0
8
1,6
altro
v.a.
%
29 25,0
17 41,5
4 16,7
25 24,0
4 40,0
26 31,3
6 17,6
8 20,0
13 31,0
132 26,7
n.r.
2
0
0
1
0
4
1
0
0
8
v.a.
116
41
24
104
10
83
34
40
42
494
%
23,5
8,3
4,9
21,1
2,0
16,8
6,9
8,1
8,5
100,0
totale
totale
v.a.
%
116
23,5
41
8,3
24
4,9
104
21,1
10
2,0
83
16,8
34
6,9
40
8,1
42
8,5
494 100,0
32
Tavola 6. Partecipanti al progetto secondo la zona e let dei figli. Anno 2000
et del figlio
zone
0-4
5-9
10-14
15-17
v.a.
%
v.a.
%
v.a.
%
v.a.
Arezzo
69
43,7
68
43,0
15
9,5
3
Empoli
26
42,6
21
34,4
9
14,8
3
Firenze
24
85,7
4
14,3
0
0,0
0
Livorno
70
51,9
45
33,3
11
8,1
6
Massa-Carrara
7
46,7
5
33,3
2
13,3
1
Pisa
28
24,8
55
48,7
25
22,1
3
Pistoia
27
62,8
9
20,9
5
11,6
0
San Miniato
21
28,4
25
33,8
19
25,7
5
Viareggio
9
15,3
17
28,8
25
42,4
5
Totale
281
41,0
249
36,3
111
16,2
26
v.a.
158
61
28
135
15
113
43
74
59
686
non
risposte
0
0
0
2
1
4
4
0
1
12
18 e pi
v.a.
%
3
1,9
2
3,3
0
0,0
3
2,2
0
0,0
2
1,8
2
4,7
4
5,4
3
5,1
19
2,8
sono in
disaccordo
v.a.
%
2
1,7
2
4,9
1
4,2
0
0,0
0
0,0
1
1,3
2
6,7
0
0,0
3
7,3
11
2,3
%
1,9
4,9
0,0
4,4
6,7
2,7
0,0
6,8
8,5
3,8
totale
116
41
24
104
10
83
34
40
42
494
%
23,0
8,9
4,1
19,7
2,2
16,5
6,3
10,8
8,6
100,0
totale
disfazione semmai sul numero degli incontri: il 40% circa avrebbe preferito un numero
pi alto. per da rilevare che gli otto incontri iniziali proposti possono anche intimorire
alcuni genitori, come avvenuto anche in altre occasioni. solo alla fine che i partecipanti
richiedono quasi sempre di continuare, avendo sperimentato una modalit rassicurante e
che li coinvolge. Sarebbe quindi opportuno poter disporre di risorse finanziarie aggiuntive,
in modo da poter dare risposta a queste richieste che non possono essere sicuramente previste allinizio delle attivit.
Il livello di soddisfazione davvero alto, come risulta dalle risposte alla domanda specifica che richiamava il singolo incontro.
Allo stesso modo, entusiastico il giudizio a proposito dei contenuti trattati e delle modalit con cui gli stessi sono stati trattati. Tale atteggiamento vale in particolare per le figure
degli animatori, che risultano tutti quanti molto apprezzati. Questo deriva anche dal fatto
che il clima che viene a crearsi durante questi incontri molto aperto e talvolta di carattere
amicale, tale comunque da mettere a proprio agio tutti i genitori. Prerogativa di questo
modo di intendere leducazione familiare, infatti, quello di favorire le relazioni e il crearsi di
atteggiamenti empatici degli uni nei confronti degli altri. Ci consente, evidentemente, di
attivare relazioni molto soddisfacenti, come i genitori affermano in maniera molto chiara.
Il giudizio generale, in definitiva, assai positivo, come si vede dalle risposte alla domanda relativa al grado di soddisfazione del singolo rispetto agli obiettivi iniziali. Solo il 4,4%,
infatti, esprime un giudizio negativo, con un altro 17,9% che non sicuro della risposta
da dare, mentre tutti gli altri seppur con gradazioni diverse sono soddisfatti dei risultati raggiunti.
Il carattere partecipativo delle attivit costituisce lelemento peculiare dellesperienza.
Gli stessi partecipanti ne sono convinti, come dimostrano le risposte sul punto forte
degli incontri.
Come evidente la risposta pi utilizzata stata il confronto di esperienze, che
quella che coglie con maggiore immediatezza il carattere della proposta. Al contempo non
senza significato che nella realt di Fauglia il 23,6% risponda che laspetto pi positivo
stato quello di potersi incontrare con altri genitori, considerato che nello specifico i diversi paesi che hanno partecipato allesperienza sono molto piccoli e non presentano molti
contesti di aggregazione. Allo stesso modo non pu essere sottaciuto il fatto che nelle due
esperienze gestite da tecnici delle ASL abbia ottenuto molti consensi la risposta concernente lacquisizione di nuove competenze. Ci sta infatti a significare in particolare tale
dato pare emergere nelle esperienze della Versilia che i genitori hanno limpressione di
avere acquisito nuove conoscenze nel caso di un approccio pi trasmissivo, proprio dagli
operatori sanitari. Questo elemento meriter una riflessione pi approfondita, da realizzare con operatori dei diversi settori educativo e sociosanitario poich le diverse prospettive proposte sembrano tradire anche due concezioni diverse del lavoro con gli adulti
e con i genitori in particolare. Il rischio, in effetti, quello di creare nuove dipendenze,
33
34
sono
completamente
in disaccordo
v.a.
%
0
0,0
0
0,0
0
0,0
1
1,0
0
0,0
0
0,0
0
0,0
0
0,0
0
0,0
1
0,2
Tavola 9. Distribuzione delle risposte alla domanda " Il punto forte di questi incontri stato:".
zone
1. la possibilit
2. il confronto di
3. acquisizione
4. altro
v.a.
%
v.a.
%
v.a.
%
v.a.
%
Arezzo
7
6,1
90
78,3
17
14,8
1
0,9
Empoli
3
7,3
35
85,4
2
4,9
1
2,4
Firenze
1
4,2
22
91,7
0
0,0
1
4,2
Livorno
9
8,7
81
78,6
10
9,7
3
2,9
Massa-Carrara
0
0,0
6
60,0
4
40,0
0
0,0
Pisa
13
23,6
31
56,4
11
20,0
0
0,0
Pistoia
1
3,0
25
75,8
7
21,2
0
0,0
San Miniato
1
2,6
36
92,3
2
5,1
0
0,0
Viareggio
2
4,8
14
33,3
25
59,5
1
2,4
Totale
37
8,0
340
73,6
78
16,9
7
1,5
totale
v.a.
115
41
24
103
10
55
33
39
42
462
non
risposte
4
0
0
3
0
4
4
0
3
18
%
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
totale
116
41
24
104
10
83
34
40
42
494
quando, al contrario, occorre lavorare per promuovere nei genitori autostima e senso di
responsabilit, in modo da mettere ognuno in condizione di svolgere al meglio e autonomamente il ruolo genitoriale. Questo, daltra parte, non significa che in una situazione meno direttiva, di confronto, non vi sia apprendimento di nuove conoscenze. Questo
dipende, infatti, dallanimatore e dalla sua capacit di far passare conoscenze in maniera lieve, rendendo cio accessibili anche le conoscenze pi specialistiche.
I genitori, peraltro, mostrano in ogni occasione di prediligere il confronto e le situazioni
in cui tutti vengono valorizzati. Non un caso, infatti, che quando si chiesto loro di indicare il punto debole della iniziativa abbiano risposto per il 20,7% laccentramento dellattenzione da parte di alcuni genitori. In questo caso, infatti, si sono sentiti depauperati della possibilit di portare un loro contributo e di partecipare al confronto. Un altro
22,9% ha invece lamentato leccessiva dispersivit delle discussioni, mentre il 14,9% ha
evidenziato il carattere eccessivamente teorico degli incontri. Ovviamente non bisogna
dimenticare che in questo caso si chiedeva ai genitori di indicare il punto debole e non
ci si pu limitare a prendere atto delle percentuali. Anche questi dati, peraltro, mostrano
come i partecipanti valorizzino il carattere di scambio paritario fra i diversi genitori come
momento di crescita individuale e collettiva.
La dimensione partecipativa , in effetti, quella che i genitori apprezzano di pi. Lo
mostrano anche le risposte alla domanda successiva con cui si chiedeva di indicare le
modalit con cui organizzare le attivit di educazione familiare. La stragrande maggioranza propende per i lavori di gruppo, differenziandosi unicamente riguardo il loro numero.
La percentuale maggiore dei partecipanti, pari al 30,2% preferisce un ciclo di 9-10 incontri, mentre il 25,4% opta per 5-6 incontri. Una percentuale significativa di genitori sceglie
anche il ciclo di conferenze, nellordine di 3-4, mentre la conferenza episodica gode di
scarsissimo consenso. ovvio, daltra parte, che i lavori di gruppo non confliggono necessariamente con la modalit della conferenza, anche se le caratteristiche delle due attivit
sono piuttosto diverse. Il gruppo prevede infatti la partecipazione attiva dei genitori che,
nellambito della conferenza, assumono generalmente una posizione passiva. anche
vero, peraltro, che le conferenze con specialisti possono seguire i lavori di gruppo, per
approfondire argomenti specifici indicati in precedenza dai genitori.
Interessanti sono anche i dati relativi alle tematiche che interessano i genitori. Tre in particolare emergono in maniera diffusa: 1) le paure dei bambini; 2) le regole e la disciplina;
3) i comportamenti problematici. ovvio che tali scelte sono influenzate dallet dei figli e
senza dubbio influisce che essi appartengano in maggioranza alla fascia dei pi piccoli. Ma
evidente che i genitori vivono con difficolt tutta la problematica delle regole e della
disciplina, che li vede coinvolti direttamente e che li impegna a prendere decisioni. Al contempo motivo di preoccupazione la possibile insorgenza di comportamenti problematici, cos come emerge interesse per i comportamenti aggressivi. Da notare, infine, che nella
realt di Viareggio largomento che attira maggiore interesse quello della educazione
sessuale, in virt del fatto che liniziativa in cui sono coinvolti i genitori che rispondono al
questionario si riferisce, appunto, a tale problematica.
35
Tavola 10. Distribuzione delle risposte alla domanda "Le iniziative di formazione per i genitori dovrebbero essere organizzate
mediante"
gruppi di
gruppi di
genitori che si
genitori che si
cicli di
incontrano
incontrano
conferenze
conferenze
settimanalmente
settimanalmente
zone
episodiche
(3 o 4)
per 5-6 incontri
per 9-10 incontri
altro
totale
v.a.
%
v.a.
%
v.a.
%
v.a.
%
v.a.
%
v.a.
%
Arezzo
20
17,2
29
25,0
37
31,9
21
18,1
9
7,8
116 100,0
Empoli
5
13,9
7
19,4
6
16,7
16
44,4
2
5,6
36 100,0
Firenze
4
16,7
0
0,0
5
20,8
14
58,3
1
4,2
24 100,0
Livorno
3
2,9
17
16,5
20
19,4
49
47,6
14
13,6
103 100,0
Massa-Carrara
3
30,0
4
40,0
3
30,0
0
0,0
0
0,0
10 100,0
Fauglia
3
5,1
17
28,8
17
28,8
10
16,9
12
20,3
59 100,0
Pistoia
5
13,9
16
44,4
7
19,4
5
13,9
3
8,3
36 100,0
San Miniato
1
2,5
5
12,5
11
27,5
20
50,0
3
7,5
40 100,0
Viareggio
7
17,5
16
40,0
12
30,0
5
12,5
0
0,0
40 100,0
Totale
51
11,0
111
23,9
118
25,4
140
30,2
44
9,5
464 100,0
36
37
5,5
12,8
13,8
7,3
3,7
12,8
20,2
11,0
10,1
1,8
0,9
100,0
3
21
7
0
0
1
10
9
8
6
0
65
4,6
32,3
10,8
0,0
0,0
1,5
15,4
13,8
12,3
9,2
0,0
100,0
1
17
10
7
1
7
14
15
3
1
2
78
1,3
21,8
12,8
9,0
1,3
9,0
17,9
19,2
3,8
1,3
2,6
100,0
6
11
6
7
4
15
9
14
4
1
0
77
7,8
14,3
7,8
9,1
5,2
19,5
11,7
18,2
5,2
1,3
0,0
100,0
32
193
62
46
20
82
172
128
86
54
11
886
6
14
15
8
4
14
22
12
11
2
1
109
Viareggio
v.a.
%
Alimentazione
Paure bambini
Ruolo padre
Televisione
Libri e lettura
Ed. sessuale
Regole disciplina
Comportamenti...
Aggressivit
Gioco
Altro
Totale
San Miniato
v.a.
%
totale
Pistoia
v.a.
%
Fauglia
v.a.
%
zone
3,6
21,8
7,0
5,2
2,3
9,3
19,4
14,4
9,7
6,1
1,2
100,0
%
0,0
47,1
0,0
5,9
0
11,8
17,6
11,8
0,0
5,9
0,0
100,0
Massa
v.a.
0
8
0
1
3,7
2
3
2
0
1
0
17
Tavola 11. Distribuzione delle risposte alla domanda "Quali tematiche ritiene possano interessare ai genitori"
zone
Arezzo
Empoli
Firenze
Livorno
v.a.
%
v.a.
%
v.a.
%
v.a.
%
Alimentazione
4
1,9
3
4,1
1
3,0
8
3,7
Paure bambini
44
20,5
23
31,1
4
12,1
51
23,4
Ruolo padre
8
3,7
2
2,7
3
9,1
11
5,0
Televisione
11
5,1
0
0,0
2
6,1
10
4,6
Libri e lettura
2
0,9
1
1,4
3,0
0
0,0
8
Ed. sessuale
19
8,8
6
8,1
2
6,1
16
7,3
Regole disciplina
46
21,4
14
18,9
8
24,2
46
21,1
Comportamenti
28
13,0
14
18,9
4
12,1
30
13,8
Aggressivit
28
13,0
7
9,5
6
18,2
19
8,7
Gioco
23
10,7
4
5,4
3
9,1
13
6,0
Altro
2
0,9
0
0,0
0
0,0
6
2,8
Totale
215
100,0
74
100,0
33
100,0
218
100,0
ne dei presupposti culturali alla base dellesperienza sanminiatese, indicati nelle teorizzazioni rogersiane, con lipotesi che ogni individuo , per usare le sue parole, capace di dirigersi da solo e ha piena possibilit di trattare in maniera costruttiva tutti gli aspetti della
propria vita suscettibili di essere percepiti dalla coscienza (Bellini-Fortunati, Tognetti,
1998, p. 59).
Nella valutazione dei risultati ottenuti dal progetto toscano non poteva quindi mancare
una particolare attenzione al ruolo del coordinatore dei gruppi, che nello specifico stato
definito animatore di educazione familiare, anche se tale definizione ancora ben lungi
dallessere unanimemente accettata. Le partecipanti al progetto nel ruolo di animatrici di
educazione familiare poich sono state solo ed esclusivamente donne erano in possesso di diploma di scuola secondaria oppure con diploma di laurea. In Italia, infatti,
ancora piuttosto difficile trovare degli uomini che si dedicano al lavoro sui temi educativi,
in particolare se ci si riferisce alla dimensione operativa degli interventi. Lalta percentuale
di diplomate deriva in particolare dallesperienza di Livorno, dove allinterno del gruppo
sono state previste pi funzioni; insieme alla coordinatrice hanno operato anche delle
osservatrici, che erano nel contesto della formazione e a cui stato poi richiesto di riempire uno specifico questionario. Quasi la met delle animatrici che hanno lavorato in questa esperienza toscana, comunque, dotata di laurea e lavora generalmente in servizi
sociali ed educativi.
Tutte quante annettono grande importanza alla partecipazione dei genitori al confronto e al dibattito che caratterizza i gruppi di educazione familiare, a significare la condivisione sostanziale di un progetto che vede nellanimatore di educazione familiare il facilitatore della comunicazione. Anche per questo la met delle animatrici che sono state
intervistate al fine di acquisire delle loro personali riflessioni sul lavoro svolto sostiene che
leducazione familiare deve essere realizzata preferibilmente mediante lattivazione di
gruppi di genitori che si incontrano settimanalmente per 9-10 incontri, anche se esiste un
17% che indica anche la proposta di cicli di 3-4 conferenze. Questultima modalit, in
effetti, non da scartare in via pregiudiziale, anche se occorre avere consapevolezza che
non pu che costituire una tappa iniziale di un pi articolato percorso di educazione familiare che tende a coinvolgere personalmente i genitori partecipanti.
Elemento distintivo di tutte queste esperienze risiede nella convinzione che lintervento
professionale nel settore delleducazione familiare deve oggi tenere di conto dei modelli
educativi cui consapevolmente o meno si ispirano i genitori. Questo, ovviamente,
impone una profonda trasformazione dello stesso ruolo del professionista, con il conseguente riconoscimento che sia le competenze parentali che le risorse dellambiente costituiscono attori essenziali dellintervento. Da questa consapevolezza deriva il bisogno di
arricchire le competenze dei genitori, favorendo anche laiuto reciproco fra di loro, in
maniera, inoltre, che la loro collaborazione favorisca lintegrazione nella comunit delle
persone che sono in difficolt.
Affascinante appare allora la prospettiva del lavoro con le famiglie e non sulle famiglie,
laddove vengono valorizzate le competenze di base dei genitori e gli stessi argomenti che
vengono trattati sono individuati sulla base delle esigenze dei partecipanti. Il presupposto
39
che i genitori sono comunque competenti, avendo sviluppato negli anni una loro
esperienza. Ovviamente il discorso cambia per i nuovi genitori e pi specificamente per
coloro che si apprestano a esserlo. In questo caso la dimensione trasmissiva della formazione deve essere pi consistente, anche se deve lasciare spazio subito dopo alla riflessione e talvolta anche alle simulate degli aspiranti genitori. infatti evidente che in
questo modo i genitori aumentano la loro autostima, vengono rassicurati e pi facilmente acquisiscono anche nuove conoscenze. Allo stesso modo in tale prospettiva pi facile che le famiglie promuovano delle reti comunicative, che possono sfociare anche in interventi di solidariet concreta come il lavoro di cura.
allora evidente come questo obiettivo di fondo debba fondarsi sullottica del piccolo
gruppo, che consente di valorizzare ciascuno dei partecipanti e di dargli un ruolo attivo nel
percorso formativo. Il piccolo gruppo da intendesi allora con le condivisibili parole di
Paola Milani (Milani, 2000, p. 57) come mezzo indispensabile allazione educativa non
solo per gli effetti che produce al suo interno, ma anche per la quantit di relazioni che
dallinterno sfociano allesterno permettendo alle famiglie di costruire significative reti di
relazione tra di loro e con le famiglie che non partecipano allintervento portando, cos,
questultimo fuori dal gruppo stesso. I genitori, infatti, possono divenire competenti anche
per sostenere e accompagnare altri genitori, come co-educatori.
In questa prospettiva, ovviamente, il professionista deve pertanto acquisire la capacit di
utilizzare al meglio le proprie competenze e deve sviluppare la capacit di volgarizzare
le proprie conoscenze; al contempo deve imparare i saperi esibiti dai genitori, cos come
deve conoscere le risorse attive nellambiente e sentirsi infine a proprio agio in gruppi
interdisciplinari in cui, insieme ad altri specialisti, siano partner attivi anche dei genitori
(Bouchard, 1989, p. 213).
Questo obiettivo ha caratterizzato il progetto toscano, tanto che un po tutte le animatrici intervistate tornano su questo aspetto. Assai significative sono al riguardo le parole di
una animatrice che ha partecipato allesperienza di Pistoia. Nellintervista che le stata
rivolta ha affermato con grande chiarezza che
Un requisito di base delleducatore familiare [deve essere] la sua capacit di saper modulare la
comunicazione rispetto ai bisogni delle persone che ha di fronte. Deve possedere una spiccata
sensibilit allascolto e la capacit di tradurre, ascoltando, quelli che sono gli stili, le modalit di
coloro con cui interagisce. Perch una cosa che ho notato pi volte nellinterazione con le famiglie che provengono da un contesto di disagio sociale la loro caratteristica a usare un linguaggio molto immediato, molto crudo, molto fermo e senza tanti fronzoli con delle richieste
altrettanto precise.
evidente che ottenere un atteggiamento empatico e incoraggiante da parte dellanimatore di educazione familiare non facile, poich lo specialista potr avere il timore di
perdere il proprio potere e di non vedere pi socialmente riconosciuta la propria identit
professionale. Al riguardo, daltra parte, alcune esperienze canadesi hanno anche dimostrato che i genitori mostrano di avere maggiore considerazione degli specialisti che riescono a porsi al loro livello e che propongono le loro riflessioni con un linguaggio semplice e
40
non ermetico. Gli specialisti che mantenevano il loro tradizionale atteggiamento di distanza hanno invece avuto minore gradimento e non hanno ottenuto risultati consistenti nei
loro interventi con i genitori che molto spesso li hanno anche contestati (Bouchard, 1988).
Medesimo risultato si avuto anche in unesperienza italiana risultata soddisfacente per
molti genitori in special modo per le relazioni attivate con i formatori. In particolare i genitori hanno apprezzato il fatto che il formatore abbia utilizzato con loro le medesime strategie relazionali che loro avrebbero dovuto utilizzare con i figli (Pellegrino, Santinello,
1998).
Allo stesso modo, fatta propria la convinzione che anche taluni genitori qualificati possono dare un aiuto significativo a famiglie in difficolt, si tratta di individuare coloro che
sono in grado di svolgere tale compito. In conclusione si tratta quindi di riconoscere limportanza sia del sapere teorico che di quello pratico, evitando di valorizzare uno rispetto
allaltro, adottando come afferma esplicitamente Jean Marie Bouchard (Bouchard, 1989,
p. 215) dei modelli di apprendimento che consentano a ognuno di imparare dallaltro,
riducendo questa falsa gerarchia dei saperi e dei poteri, poich gli uni (i professionisti)
hanno bisogno degli altri (genitori e cittadini) per validare i loro saperi.
In questo modo, infatti, viene a modificarsi il senso della comunicazione tradizionale tra
il professionista (psicologo, medico, pedagogista ecc.) e il genitore. Questultimo non pi
considerato un recipiente a cui fornire autoritariamente delle informazioni, bens un
esperto in possesso di risorse educative potenziali di grande interesse e che possono rivelarsi molto utili. Jean Pierre Pourtois e Huguette Desmet (Pourtois, Desmet, 1991, p. 90),
che hanno coordinato numerose di queste iniziative, scrivono a questo riguardo: Cos si
passa da un modello di genitori considerati come dei ricettori passivi a un modello di genitori produttori del proprio sviluppo e di sostegno ai loro pari e alla comunit.
Proprio per questo si tratta di pensare a interventi che, come abbiamo cercato ripetutamente di chiarire in questo scritto, coinvolgano i genitori e non presuppongano uno sradicamento delle loro abitudini. Al contrario si tratta di partire da quella che la loro cultura, antropologicamente intesa, per confrontare e discutere atteggiamenti, comportamenti, idee e valori, in maniera che anche le eventuali e successive modificazioni siano il
frutto di nuove consapevolezze.
41
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44
Il colore del grano. Itinerari educativi con i genitori nei servizi dellinfanzia livornesi
Rispetto alla precedente esperienza il progetto famiglie, che nella scelta del metodo progettuale ricompone lepisodicit pi tipica delle conversazioni, si fonda sulla reciprocit
dellascolto, dellaiuto, del riconoscimento (di identit cos come di risorsa gli uni degli altri)
che si sviluppa sopratutto dalle situazioni attivate dal/nel piccolo gruppo dove i genitori
per primi ma anche gli educatori/operatori che conducono e osservano lavorano su se
stessi, si mettono in gioco come persone avendo come ha scritto una mamma limpressione di riuscire a cambiare qualcosa dentro.
47
Ruoli di progetto:
project leader (psicopedagogista responsabile);
conduttori piccolo gruppo (educatori/insegnanti e/o operatori);
osservatori (educatori/insegnanti e/o operatori);
conduttori situazione collaterale (educatori/insegnanti e/o operatori).
Situazioni attivate:
coordinamento della conduzione (composto da tutti gli educatori/insegnanti e operatori che partecipano al progetto);
incontro di grande gruppo (tra i genitori di tutti i servizi che partecipano al progetto,
condotto dal project leader).
incontro di piccolo gruppo (di genitori in ogni servizio in cui litinerario si attiva);
situazione collaterale per le bambine e i bambini i cui genitori partecipano allitinerario.
Il colore del grano. Itinerari educativi con i genitori nei servizi dellinfanzia livornesi
Ogni volta il lavoro del piccolo gruppo inizia, da parte del conduttore/della conduttrice,
con la spiegazione del setting (che privilegia situazioni circolari in cui si possa stare seduti
informalmente per terra, su una pedana oppure con le sedie in cerchio la possibilit di
muoversi liberamente nello spazio, la possibilit di utilizzare piani dappoggio, la possibilit di un piccolo spazio scenico) e una fase di costruzione/consolidamento del gruppo
(presentazioni e autopresentazioni) come contenitore dei vissuti individuali; gli obiettivi
specifici di ogni incontro sono invece legati ai diversi contenuti di volta in volta trattati.
Litinerario si svolge complessivamente nel periodo gennaio-giugno e il calendario alterna le due tipologie di incontri:
mese di novembre
presentazione del POF dei servizi comunali, tra cui il progetto famiglie annuale gi
calendarizzato
mese di dicembre
raccolta delle richieste di adesioni dei genitori, formazione dei piccoli gruppi e ammissioni
mese di gennaio
1 incontro di sensibilizzazione party di apertura, cio presentazione collettiva del
percorso con i genitori (grande gruppo dei partecipanti)
1 incontro di piccolo gruppo
mese di febbraio
2 incontro di piccolo gruppo
2 incontro di sensibilizzazione Conferenza a tema
mese di marzo
3 incontro di piccolo gruppo
mese di aprile
4 incontro di piccolo gruppo
3 incontro di sensibilizzazione Conferenza a tema
mese di maggio
5 incontro di piccolo gruppo
6 incontro di piccolo gruppo
mese di giugno
7 incontro di piccolo gruppo
4 incontro di sensibilizzazione party (non) conclusivo, cio riflessioni collettive sul
percorso svolto (grande gruppo dei partecipanti)
dato sulla ricerca personale che, a partire dallinduzione della consapevolezza dei comportamenti genitoriali, intende promuovere/sostenere lo sviluppo della funzione genitoriale e
di quella genitorialit condivisa e diffusa che appartiene o meglio, dovrebbe appartenere
a ogni mente adulta e che la prima prevenzione degli abusi di ogni tipo allinfanzia.
In questo senso, la scelta intende differenziarsi da altri modelli, per esempio di derivazione anglosassone come il parent training, che appaiono pi percorsi di addestramento
o riaddestramento delle persone, non a caso infatti sviluppati per i cosiddetti genitori
normali a partire da quelli per genitori di figli con handicap o psicopatologie specifiche.
Dunque privilegiando, come riferimento, lanalisi transazionale (Berne), la psicologia
umanistica (Rogers), la psicologia della Gestalt, la psicoanalisi (Freud, Klein, Winnicott,
Bion), la teoria dei sistemi (in particolare interpersonali, Bateson, Maturana, Varela), il
modello relazionale-sistemico, le teorie della comunicazione di Watzlavich, la psicomotricit (Aucoutourier) si scelto di offrire ai genitori percorsi che promuovono lentrare in
contatto con i personali nodi interni per acquisire quella consapevolezza (di s e del
mondo) da cui pu svilupparsi il cambiamento di comportamento/modo di agire.
Questa presa di contatto non tocca il profondo delle persone ma comunque agita,
smuove, mobilizza nodi e tensioni interne, fa venire alla luce ci che sotto pressione.
In questa esperienza ognuno/ognuna educatore come genitore pu intuire se ha bisogno di un percorso pi profondo; nei quattro anni in cui nei servizi educativi oltre 400
genitori hanno partecipato agli itinerari, solo pochissimi hanno manifestato lesigenza di
una psicoterapia mentre per gli altri questo tipo di percorso stato sufficiente per star
meglio con se stessi e con i propri figli. In questo modo il progetto famiglie dei servizi educativi comunali diventa come dice Demetrio un luogo preliminare che promuove
benessere della/nella comunit e da cui ognuno/ognuna pu se vuole partire per un
personalissimo e privatissimo percorso personale (di psicoterapia, analisi o quantaltro ritiene pi opportuno per s e/o in grado di concedersi).
In questo orientamento teorico-pratico soprattutto la modellizzazione sistemica che consente di trattare la complessit delle relazioni familiari in un contesto altro al campo terapeutico e, invece, proprio del servizio educativo che, peraltro ha storicamente sviluppato una
identit che, ben oltre la didattica, configura nidi e scuole dellinfanzia come agenzie deputate alle relazioni di aiuto; lottica sistemica rende allora possibile una riflessione sul modo di
fornire aiuto a bambine, bambini e famiglie senza fare psicoterapia, attraverso una progettazione degli interventi modulata sui bisogni dei destinatari o meglio ancora sulla fase
evolutiva del sistema destinatari/istituzione, cio sulla evoluzione delle strutture relazionali
che sia anche capace di ridefinire in progress lorganizzazione stessa dei servizi.
Infatti con questottica, il progetto famiglie consente di aprire i servizi dellinfanzia a
nuove situazioni operative che si configurano come situazioni di aiuto alle persone (famiglie, coppie, genitori e bambini singoli ma anche operatori come singoli e come gruppo)
collocate in un sistema allargato e sollecitate allattivazione delle risorse, alla riformulazione dei modelli, alla ricerca di altri modi alternativi allesistente.
Tutto questo che pu delinearsi anche come ampliamento di funzioni dei servizi dellinfanzia meglio definisce il prendersi cura che in essi si realizza: prendersi cura come
50
Il colore del grano. Itinerari educativi con i genitori nei servizi dellinfanzia livornesi
possibilit di fornire una esperienza relazionale finalizzata alla ridefinizione della rete dei
rapporti, delle regole, della visione del mondo da parte di un singolo/singola, di una coppia, di una famiglia, di un gruppo che offra anche strumenti per promuovere una crescita suggerendo pi che soluzioni, vie di ricerca per le soluzioni dei problemi.
Le funzioni utilizzate sono: il responsabile del progetto (psicopedagogista che conduce gli incontri di sensibilizzazione in
grande gruppo), i conduttori/le conduttrici dei piccoli gruppi di genitori (si usa questo termine, assimilabile a trainer), gli
osservatori/le osservatrici delle situazioni di piccolo e grande gruppo, i conduttori/le conduttrici della situazione collaterale per bambine e bambini.
52
Il colore del grano. Itinerari educativi con i genitori nei servizi dellinfanzia livornesi
Questo azzeramento dei ruoli stato molto positivo per rivitalizzare anche i collettivi
di lavoro dei/nei servizi che spesso si ossificano intorno ai ruoli o meglio a una interpretazione rigida dei ruoli che lascia poco spazio ai talenti personali. stato altrettanto positivo far emergere, cos, le differenze individuali nel gruppo che, al di l delle affermazioni
di principio, per unesperienza psicologicamente difficile da affrontare e sostenere:
perch, fuori dai costrutti razionali, la differenza lindividualit, il riconoscimento soggettivo crea conflitto, invidia, paura e c tutto un processo psicologico, non lineare,
da affrontare e da elaborare con la formazione per giungere alla transazione (utilizzo
delle risorse individuali nel gruppo in funzione di obiettivi condivisi).
delle risorse di ognuno; per favorire la reciproca collocazione in posizione di ascolto e lempatia tra operatori e genitori senza che siano invasi i sentimenti degli uni e degli altri
e senza che siano attribuiti giudizi di valore.
Le capacit e le competenze professionali dei conduttori/delle conduttrici si esprimono
nellatteggiamento non giudicante, nella comunicazione non direttiva, nella comprensione empatica dellaltro/degli altri, nellattenzione fluttuante orientata positivamente. In particolare la struttura della comunicazione della conduzione utilizzando le tecniche del
feedback, del rimando del messaggio, della riformulazione dellesperienza, della valorizzazione delle diversit di ognuno/a deve essere:
informativa/argomentativa (fornire alcuni concetti che originano nella cultura psicologica e sociale);
pragmatica/situazionale (fornire, raccogliere, far emergere dati sentimenti, vissuti
ecc. della situazione evidenziando i linguaggi verbali e che vengono utilizzati dagli
attori della situazione);
interattiva (tesa a sviluppare interazione tra i componenti del gruppo);
trasformativa (tesa a sostenere il cambiamento dei/nei soggetti circa la consapevolezza di s e, di conseguenza, nella comunicazione verso laltro);
di coordinamento di sequenze interattive (tesa a definire le regole, luso dei segnali e
dei simboli, lalternanza dei turni).
Concretamente il conduttore/la conduttrice del piccolo gruppo di genitori attento/a a
che tutti possano esprimersi, risponde alle domande problematizzando, riformula le considerazioni e le esperienze, verbalizza gli stati danimo, fa dialogare le persone, aiuta il confronto, fa emergere in positivo le differenze, riassume quanto viene detto.
Il ruolo dellosservazione
Allinterno del progetto-famiglie acquista particolare rilevanza losservazione che evidenzia la sua valenza, oltre il piano pragmatico, come strumento che attiva strategie
valutative. Losservazione in particolare nei piccoli gruppi realizzata sulla base anche
di materiali (tracce, schede) messi a punto dal project leader da una parte, cerca di
cogliere il contesto relazionale per accertare la modificazione dei comportamenti del
singolo nel contesto dellesperienza e, dallaltra, consente di modificare eventuali
false immagini delle persone, sopratutto dei genitori. Con questo sfondo, poich i
livelli di coerenza (in situazione) raggiunti da ognuno necessitano non di essere
misurati e giudicati ma di essere compresi, losservazione esclude lassunzione di criteri rigidi di tipo quantitativo per privilegiare la contestualizzazione dei comportamenti
consentendo cos di comprendere le esigenze che via via emergono, di riequilibrare su
queste le proposte, di ascoltare le risposte... in definitiva di modulare la progettazione
degli interventi sui modi di essere, sui ritmi, sulle interazioni del/nel gruppo.
Considerando che non si pu e non si deve sottovalutare la grande variabilit individuale che esiste rispetto agli stili educativi, alle personalit dei componenti il gruppo e
54
Il colore del grano. Itinerari educativi con i genitori nei servizi dellinfanzia livornesi
anche ai tempi e ai ritmi del proprio / dellaltrui sentirsi gruppo in situazione, losservazione si struttura in diverse fasi:
la scelta del contenuto;
la collocazione del contenuto nel contesto di relazionalit/reciprocit;
ladozione di un protocollo di indicatori;
la discussione, nel gruppo di conduzione, del protocollo come percorso di validazione
degli indicatori scelti.
In definitiva unosservazione cos intesa diventa strumento di validazione del progetto e
uno dei fattori pi qualificanti del processo formativo che un progetto con le famiglie
rende possibile (ri)attivare.
Parametri di valutazione
Il progetto-famiglie si caratterizza per il tipo di relazione, di contatto, di comunicazione
che i realizzatori stabiliscono con i destinatari dellintervento che si co-costruisce in situazione spesso ridefinendo i significati delliniziale proposta progettuale. I genitori che ne
fruiscono quindi sono inclusi nel campo di forze attivato dagli interventi prima, durante ma anche dopo la realizzazione dellitinerario e questo effetto alone diventa il para55
metro pi significativo per la valutazione del progetto che identifica come ulteriori parametri, nellambito delle relazioni che caratterizzano i contesti del servizio educativo, il cambiamento qualitativo:
delle regole organizzative;
dei processi di comunicazione;
dei significati simbolici dei contenuti attivati;
degli effetti sui destinatari (i genitori) in termini di accumulazione di valore di scambio,
cio di aumento del potere contrattuale e transazionale nei confronti dellistituzione
che conduce a unaltra rappresentazione di s e, quindi, a un diverso posizionarsi quantitativo e qualitativo nella richiesta di/al servizio.
In definitiva la valutazione misura soprattutto quanto lintervento, da una parte, consenta anche di riflettere, rivedere, riorganizzare lesperienza complessiva del servizio e, dallaltra, attivi circuiti comunicativi di reciprocit tra famiglie e tra famiglie e istituzioni. Per questultimo aspetto in particolare, occorre misurare quanto lintervento sia stato unoperazione di apertura al sociale che il nido/la scuola hanno messo in atto facendo intravedere ai
genitori che, oltre lisolamento che vivono come singola famiglia, c una collettivit che
pu fornire strumenti o, meglio ancora, mettere in luce le potenzialit che insieme ai problemi ci sono gi allinterno di ogni famiglia. In questa apertura ogni famiglia pu provare sul campo il proprio valore e le proprie capacit come agenzia educativa primaria
riconosciuta come tale da quella secondaria (il nido, la scuola) e questo pu segnare un
modo di partecipare delle famiglie nella situazione scolastica utile anche agli ordini di scuola successivi perch una maggiore consapevolezza di s fa porre chiunque singolo o famiglia in modo pi significativo e propositivo nei contesti che attraversa.
I contenuti
I contenuti di un progetto con le famiglie, emergendo dai contesti reali dei gruppi di
genitori, possono essere molteplici ma restano comunque riconducibili a quel gioco di
rimandi che sta dentro la relazione educativa; gioco di rimandi che esiste in chi reciprocamente si educa, influenzandosi ma anche mantenendo la propria distinta identit,
definendo cos in rapporto allaltro i propri spazi di autonomia allinterno della relazione
di interdipendenza reale e affettiva che lega (sempre e comunque) ogni adulto educatore e ogni bambino che hanno bisogno luno dellaltro. Il punto allora riuscire a non fare
di questo bisogno la garanzia dellesistenza: delluno, dellaltro o addirittura di entrambi.
Dallo stato naturale di bisogno reciproco si deve sviluppare un percorso evolutivo, di crescita che condurr la bambina e il bambino a diventare autonoma e autonomo, cio a riconoscersi come persona distinta e separata. Questa crescita sar possibile soprattutto se i
genitori pur mantenendo il proprio bisogno di avere un bambino saranno capaci di
lasciarlo andare, di prendere, da lui e con lui, quella distanza che gli consentir di sviluppare una identit autonoma, indipendentemente dai progetti, dai percorsi di vita, pensati per lui dai suoi genitori.
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Il colore del grano. Itinerari educativi con i genitori nei servizi dellinfanzia livornesi
Non un compito facile per un genitore, perch entra in gioco anche la sua identit personale: chi (oltre lessere genitore), che cosa gli rimane (quando il bambino si allontanato), chi/che cosa/come gli piacerebbe essere e gli piacerebbe che fosse... Sono tutti gli
interrogativi esistenziali che emergono sempre quando, nella vita, si affronta un cambiamento dato costante nella crescita e nelleducazione dei figli che accoglie anche separazioni e distacchi che sono situazioni che impongono un ripensamento prima di tutto su
se stessi; che sono situazioni non facili, perch ogni progetto esistenziale cos come
quello che riguarda se stessi genitori e i propri figli accoglie alcune possibilit ma ne
esclude altre facendo quindi emergere nel ripensamento di s anche il non vissuto
e, con esso, il dolore per quella vita non vissuta, perduta.
Da queste considerazioni deriva che, per trattare i principali nodi della genitorialit,
occorre affrontare temi come la perdita, la separazione (dai propri figli ma anche di s dalla
famiglia dorigine), le opposizioni e lautonomia dei bambini, la necessit di porre limiti e
dare regole (e il conseguente sentirsi cattivi), le ambivalenze (degli adulti e dei bambini) esplorando i sentimenti (positivi e negativi), i vissuti, i comportamenti e le strategie
connessi con la loro elaborazione allinterno della relazione educativa.
Cos litinerario di cui si parla in questo articolo ha proposto ai genitori di affrontare alcuni di questi temi intorno alla capacit di tutti: adulti e bambini di affrontare e condurre
la vita insieme ma in autonomia definendo adulti e bambini gli spazi delle reciproche,
distinte e autonome identit. Questo, per gli adulti che educano, un percorso che si snoda
nel rapporto con i bambini ma che implica anche che gli adulti facciano i conti con se stessi e con il proprio grado di autonomia da bambini ma non solo sul piano dellesistere.
Con queste considerazioni di sfondo, il percorso si cos articolato, affrontando i
seguemti temi.
Il tema in generale con la presentazione collettiva a tutti i genitori partecipanti.
Primo incontro di sensibilizzazione party di apertura Titolo: Insieme in autonomia.
Conferenza interattiva di grande gruppo.
Primo incontro di piccolo gruppo Titolo: Esplorare la genitorialit. La percezione delle
proprie risorse e dei propri limiti nel proprio essere genitore.
giochi di autopresentazione e per esplicitare le aspettative;
giochi per dire le cose belle e le cose brutte del proprio essere genitore.
Secondo incontro di piccolo gruppo Titolo: La patata bollente. La perdita e la capacit di ognuno/a di accettarla/elaborarla come una faccia della medaglia nel cambiamento a cui corrisponde una conquista evolutiva.
giochi di autopresentazione eccomi sono piccolo, questo il mio primo gioco;
giochi per entrare in contatto con i bisogni e i vissuti relativi ad affrontare rischi, sentirsi protetti (ambito della fiducia in s), a prendere decisioni da soli (ambito dellautonomia personale).
I comportamenti oppositivi dei bambini:
Secondo incontro di sensibilizzazione Titolo: Una guerra di indipendenza: comprendere e affrontare lopposizione dei propri figli. Conferenza interattiva a tema.
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Terzo incontro di piccolo gruppo Titolo: Le emozioni che fanno crescere. Le emozioni considerate negative del processo di crescita dei bambini (opposizione, rabbia,
paura, angoscia) che difficile riconoscere, tollerare, contenere nei propri figli cos come
in noi stessi.
giochi di autopresentazione io come unemozione;
giochi per entrare in conttato con i tab della propria infanzia.
Quarto incontro di piccolo gruppo Titolo: Le parti in ombra. La capacit di (e le strategie possibili per) entrare in contatto con la nostra sfera emotiva negativa.
giochi di autopresentazione sono la mia ombra;
giochi per entrare in contatto con le parti nascoste di s vi presento la mia ombra.
Leducazione emotiva:
Terzo incontro di sensibilizzazione Titolo: Leducazione emotiva, strategie comunicative. Conferenza interattiva a tema.
Quinto incontro di piccolo gruppo Titolo: Autonomia e dipendenza tra genitori e figli.
Le ambivalenze che esistono nel processo di separazione/individuazione.
giochi di autopresentazione il mio corpo mi racconta;
giochi per tradurre la comunicazione corporea trova le parole.
Sesto incontro di piccolo gruppo Titolo: Amaro&dolce. La capacit di entrare in contatto con le nostre ambivalenze, per trovare le strategie di mediazione.
giochi per sperimentare contrasti sensoriali, percettivi, emozionali;
giochi per ricercare le sfumature tra i contrasti partiture emotive.
Settimo incontro di piccolo gruppo Titolo: Lasciarsi e ritrovarsi. La capacit di rincontrarsi che accompagna quella di separarsi, essere distinti, autonomi.
giochi per confrontare le immagini interne con la realt e individuare gli ostacoli del
percorso di avvicinamento figlio ideale, figlio reale;
giochi per salutarsi, salutare il piccolo gruppo.
La riflessione collettiva sul percorso svolto nel grande gruppo dei partecipanti
Quarto incontro di sensibilizzazione, party (non) conclusivo Titolo: Riflettere la genitorialit. Conferenza interattiva.
Allinterno di questo percorso (per cui in conclusione stata realizzata, nel mese di giugno, una mostra illustrativa fotografica e didascalica) come ancoraggio sono state utilizzate (in forma rielaborata dal project leader) le storie tratte dai testi di Alba Marcoli Il
bambino nascosto e Il bambino arrabbiato (Oscar Mondadori).
Litinerario realizzato, accanto alle conferenze (incontri di sensibilizazione) presso la sede
del CIAF, ha attivato piccoli gruppi in dieci servizi (cinque nidi e cinque scuole dellinfanzia)
coinvolgendo in totale circa 200 genitori.
Le venti educatri/insegnanti e le altrettante operatrici che hanno partecipato sono state
impegnate per un totale di circa 48 ore allinterno del proprio orario di lavoro (monte-ore
per formazione professionale e per lespansione dei servizi).
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Il colore del grano. Itinerari educativi con i genitori nei servizi dellinfanzia livornesi
Conclusioni
Lesperienza dei progetti-famiglie che si realizza ormai da quattro anni nei servizi educativi del Comune di Livorno, ogni anno con partecipazione entusiasta dei genitori con
i limiti che senzaltro ha avuto, ha per segnato un modo nuovo sopratutto per la riflessivit da l acquisita di affrontare il rapporto con le famiglie non solo nella rappresentazione dei servizi ma anche nella concretezza del quotidiano.
Il riconoscimento, che litinerario impone, di ogni genitore, di ogni famiglia come
portatore/portatrice di un proprio habitus (di credenze, valori, affetti, saperi) ha aperto alla possibilit di forte personalizzazione delle risposte (del servizio ai singoli e ai
gruppi) contribuendo cos allo sviluppo delle connessioni tra i diversi habitus verso la
formazione di mappe culturali dei territori tramite la messa in rete dellarticolazione
delle opportunit che tutti i soggetti sono capaci di offrire in un processo continuo di
co-evoluzione.
Cos i nidi e le scuole dellinfanzia hanno contribuito contribuiscono alla riflessione pi attuale (che investe anche le politiche di integrazione e di rete promosse e
sostenute dalle normative regionali e nazionali) circa il ruolo delle famiglie (le loro possibilit di autorganizzarsi in integrazione con i servizi) e linsieme dei servizi/degli interventi a esse rivolti che ancora frammentati (non solo per la diversit dei gestori), sono
pensati pi come riparativi che come sostegno alle funzioni familiari, tra cui quella
genitoriale.
La sperimentazione di interventi non riparativi ma di promozione e di formazione ha
suscitato interesse e stimolato la ricerca verso la costruzione di un sistema organico di
aiuto, prima di tutto preventivo, in cui coordinare tutte le istituzioni pubbliche (dal
Comune alla USL) e i privati che gi hanno interventi attivi con lobiettivo proprio del
sistema di integrare opzioni che hanno anche modelli culturali diversi e che, proprio per
questo, possono consentire di rispettare le diversit di bisogni, di interessi e di opzioni
culturali delle famiglie e delle persone che le compongono secondo le diverse et e fasi
della loro vita.
Con questo valore aggiunto, il progetto ha comunque segnato il nido/la scuola
dellinfanzia come luoghi di educazione permanente per bambini e adulti; luoghi che
svolgono funzione di mediazione sociale mettendo in comunicazione, creando legami,
tra contesti e soggetti. E si tratta di legami che, oltre i ruoli (di operatori e di utenti) si
costruiscono tra persone che senza perdere la distinta e autonoma identit legata
anche al ruolo si riconoscono inconfondibili e indimenticabili, potendosi cos nominare anche quando non saranno pi legati dalla relazione di ruolo perch mantengono gli uni degli altri quellarricchimento immateriale detto ne Il piccolo principe
dalla volpe:
Creare legami vuol dire (che) tu, fino ad ora, per me, non sei che un ragazzino uguale a
centomila ragazzini. E non ho bisogno di te. E neppure tu hai bisogno di me. Io non sono
per te che una volpe uguale a centomila volpi. Ma se [avremo un legame] noi avremo biso-
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gno luno dellaltro. Tu sarai per me unico al mondo, e io sar per te unica al mondo [...]. la
mia vita sar come illuminata. [...] E poi guarda! Vedi, laggi in fondo, dei campi di grano?
Io non mangio il pane ed il grano per me inutile. I campi di grano non mi ricordano
nulla.[...] Ma tu hai i capelli color delloro. Allora sar meraviglioso... Il grano che dorato
mi far pensare a te.[...] E quando te ne andrai... ah! pianger.
Ma allora che ci guadagni? chiese il piccolo principe.
Ci guadagno disse la volpe il colore del grano.
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Riferimenti bibliografici
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Introduzione
Il progetto del Comune di Firenze, Genitori insieme che stato realizzato nellambito del
programma regionale deducazione familiare, nasce dalle riflessioni maturate in questi ultimi anni, allinterno del servizio asili nido, sui cambiamenti familiari che hanno portato a
vivere con sempre pi difficolt il compito di genitore.
Sappiamo, infatti, che diventare genitori oggi, soprattutto per la prima volta, unesperienza particolarmente complessa. Si tratta di acquisire un nuovo ruolo sociale, una
nuova immagine di s, rivedere il proprio rapporto con la famiglia di origine e assumersi
altre responsabilit. Inoltre la genitorialit non solo un dato biologico basato sullistinto
e sullaffetto, ma costituisce anche un fenomeno culturale sempre pi studiato.
I genitori, soprattutto se al primo figlio, si trovano in una fase delicata di costruzione
della propria competenza genitoriale. Consapevoli del loro non facile ruolo sono soggetti
ad ansie e insicurezze anche per la mancanza di un confronto diretto con gli altri.
In questi ultimi anni il nucleo familiare si andato sempre pi riducendo fino ad arrivare alle famiglie monoparentali. Sullaltro versante si assiste al rinascere della famiglia allargata tramite lunione di nuclei composti da persone divorziate o provenienti da altre esperienze di coppia e con i rispettivi figli. Si tratta di nuove strutture familiari che in qualche
modo ci portano alla tradizione dei vecchi nuclei dove, sotto uno stesso tetto, convivevano pi persone con diverse funzioni.
Questevoluzione ha portato anche ai seguenti cambiamenti: lattivit degli adulti si svolge fuori dellambiente domestico, la sicurezza economica dipende dal lavoro di entrambi,
il ridotto numero dei componenti del nucleo familiare rende quasi inesistente quel sentimento di solidariet intra-familiare che tramandava i consigli e sosteneva nelle difficolt.
La solitudine della coppia, in particolare della donna come madre e lavoratrice, e la perdita di punti di riferimento hanno portato a un aumento di inquietudini familiari.
importante trovare gli strumenti per vincere il senso di solitudine e lisolamento che
accompagna spesso le famiglie doggi. Aiutare a mettere in luce i vari aspetti dei problemi e sottolineare luniversalit delle questioni sono modalit che possono venire in aiuto.
I servizi per la prima infanzia oggi devono rappresentare un sostegno alla genitorialit e
alla famiglia perch questa la prima risorsa della bambina e del bambino.
Il progetto Genitori insieme vuole essere un itinerario educativo di sostegno e daiuto alle famiglie, che si concretizza in un ciclo di incontri per i genitori, e ha come principale obiettivo quello di creare uno spazio per ascoltare le esperienze dei genitori, confrontarsi su ansie, dubbi e incertezze riguardo allessere padri e madri; un intervento che
aiuta a rafforzare le famiglie. La salute della famiglia diviene salute della societ e la
* Il testo stato realizzato nella parte introduttiva, relativa agli obiettivi del progetto, da Mariangela Molinari dirigente
del servizio asili nido e servizi complementari e da Patrizia Butelli funzionario educativo culturale del servizio asili
nido. La parte esperienziale a cura di Lucia Casini (asilo nido a tempo corto Casa del bruco di Settignano), Maria
Bruschi e Paola Superbi (asilo nido a tempo corto e Casa del bruco Stregatto).
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serenit e il benessere dei genitori divengono poi serenit e benessere dei figli, proprio
come una grande rete dove le maglie sono unite le une alle altre.
Il progetto non prevede interventi pensati per informare i genitori sui giusti comportamenti, n per fornire regole e ricette educative. Il primo mito da sfatare quello del genitore ideale: equilibrato, consapevole, informato insomma perfetto. Bisogna accogliere
i dubbi e le domande dei genitori (Faccio bene o faccio male a comportarmi in questo
modo?, Mio figlio ha un comportamento normale?, Ha un atteggiamento adeguato
alla sua et?, Come fare a educare i nostri figli?) facendo attenzione, per, con le
nostre risposte a non rafforzare meccanismi di delega che tanto rassicurano i genitori, ma
che finiscono per togliere a questi la creativit di trovare strategie personali alla risoluzione dei problemi.
In questo spazio pensato per loro, i genitori trovano conforto e aiuto attraverso la condivisione delle proprie esperienze. Lautonomia e le competenze personali si rafforzano
attraverso lo scambio e lascolto.
Si imparer a riconoscere le proprie risorse e a inventarne di nuove, a focalizzare eventuali situazioni di difficolt che possono presentarsi sia per noi che per gli altri.
Quindi questo metodo non quello di volere la soluzione a tutti i costi ma di imparare a problematizzare la ricerca, partendo dalla certezza di non sapere e lasciandoci guidare lungo questa strada dalle potenzialit trasformatrici del sintomo: guardare il mondo
come se ogni volta fosse una scoperta nuova (Marcoli, 1993, p. 39).
In questo lavoro autoeducativo finalizzato alla crescita personale e della famiglia si
sottolinea lunicit di ogni essere umano cercando di rispettarne lindividualit. un
approccio in cui non ci sono persone che insegnano e altre che apprendono, ma basato
sulle risorse dei singoli e delle famiglie in modo da aiutare i soggetti a divenire protagonisti della loro storia. Lobiettivo di questi momenti di scambio rendere consapevoli e competenti le famiglie creando opportunit per i loro componenti di divenire pi capaci, indipendenti e autosufficienti rispetto alle loro abilit per mobilitare la loro rete di comunicazione sociale. (Milani, 2000, p. 41).
Genitori insieme. Un sostegno alla genitorialit nei servizi per linfanzia di Firenze
comunque attraverso lascolto, la comprensione (anche dei sentimenti negativi), laccoglienza e lempatia, cio la capacit di vivere il punto di vista dellaltro.
Scopo di questi incontri anche laiutare i genitori ad attrezzarsi per contenere i comportamenti aggressivi dei bambini e a gestire i momenti difficili della relazione, imparando
ad affrontare e tollerare il conflitto con i figli anzich evitarlo. Tollerare che il conflitto
venga agito significa attribuire legittimit e diritto despressione anche ai sentimenti meno
nobili del bambino, accettato per come e non soltanto se corrisponde a una nostra
idealizzazione che pretende da lui bont ed ubbidienza (Contini, 1997, p. 134).
Si ritiene importante sottolineare che sapersi ascoltare a vicenda costituisce un punto
darrivo e raramente un punto di partenza.
Genitori insieme. Un sostegno alla genitorialit nei servizi per linfanzia di Firenze
Per essere attivi allora necessario andare oltre la semplice informazione e rivolgersi,
prima di tutto, a se stessi per conoscersi, perch solo la conoscenza di s permetter poi
lascolto e il dialogo autentico con i figli.
Nasce cos il ruolo del conduttore, meno esperto della materia, ma pi esperto nella
relazione.
Il ruolo del conduttore sar quello di permettere la circolarit della comunicazione allinterno del gruppo, di fare osservare le regole (ad esempio dei tempi dogni intervento, della
durata dellincontro ecc.), evitando di esprimere giudizi, il rispetto della diversit e la riservatezza di quello che viene detto durante gli incontri, luso di un linguaggio positivo.
Inoltre egli si preoccupa di ridefinire e puntualizzare i concetti che emergono dalla discussione libera sintetizzandoli e riassumendoli. Allinizio di ogni incontro sottolinea la memoria storica ricapitolando gli incontri precedenti.
Si tratta di svolgere un ruolo, come dice Pourtois, di catalizzatore che cerca di togliere
ostacoli e pregiudizi (Pourtois, 1984).
Al conduttore del gruppo richiesta molta flessibilit, in quanto deve variare il proprio
comportamento secondo il gruppo nel quale si trova a operare, adattandosi alla realt
nella quale si trova a operare. Il ruolo del conduttore non pu essere asettico e oggettivo,
ma coinvolto e partecipe di quanto accade nel gruppo, con unattenzione costante, non
solo a quanto emerge rispetto ai contenuti e problematiche educative, ma allandamento
stesso della comunicazione tra i genitori.
Genitori insieme. Un sostegno alla genitorialit nei servizi per linfanzia di Firenze
la circolarit allinterno del gruppo, fa osservare le regole (ad esempio, tempi di ogni intervento, la durata dellincontro...), ridefinisce e puntualizza i concetti che emergono dalla
discussione libera, sintetizzandoli e riassumendoli con parole chiave. Laltro, losservatore,
osserva il gruppo sia complessivamente sia individualmente, scrive un verbale rilevando le
considerazioni pi interessanti che verranno puntualizzate la volta successiva. I ruoli dellanimatore/osservatore sono tenuti alternativamente, si programmano insieme le linee
generali della serata e si verifica, di volta in volta, lincontro precedente. Praticamente i due
conduttori sono interscambiabili e fanno un percorso di monitoraggio molto importante
per acquisire nuove tecniche per un lavoro con le famiglie.
Dei tanti temi educativi emersi durante gli incontri, alcuni sono stati solo sfiorati, altri
vissuti come pi problematici dai genitori (il conflitto, lautonomia del bambino, le bizze,
le paure ecc.) sono stati pi approfonditi durante la discussione nel gruppo.
I genitori hanno dimostrato di avere unalta consapevolezza della responsabilit educativa che attiene al proprio ruolo, con una tendenza forse a enfatizzarlo idealizzandolo
eccessivamente e sembravano aver difficolt ad accettare i propri limiti e linevitabilit di
commettere qualche errore.
Si cercato durante gli incontri di far capire ai genitori che per prendersi cura dei propri figli necessario aver cura di s senza sentirsi in colpa e che non sempre i bisogni
dei bambini e quelli delladulto coincidono. Il conflitto quindi non solo inevitabile, ma
necessario saperlo affrontare. Cos pure necessario qualche volta perdonarci di essere
degli imperfetti genitori, anche a noi concesso di arrabbiarsi, di essere stanchi e di
avere bisogno dei nostri spazi.
Un elemento positivo emerso progressivamente nel gruppo stata la capacit di ascolto reciproco, di lasciarsi andare ai giochi proposti, di essere aperti al cambiamento e di trovare soluzioni creative ai problemi.
Anche chi conduce un gruppo di genitori rimane sicuramente arricchito dallesperienza,
perch questa unoccasione di crescita non solo professionale ma anche personale.
Considerazioni conclusive
Tanti i temi educativi che sono emersi in entrambi i gruppi e le riflessioni sulla genitorialit che ci hanno sollecitato.
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Genitori insieme. Un sostegno alla genitorialit nei servizi per linfanzia di Firenze
I genitori hanno dimostrato di avere unalta consapevolezza della responsabilit educativa del proprio ruolo con una tendenza, per, a enfatizzarlo idealizzandolo forse troppo.
come se fossero dentro a un mito: quello del buon genitore, cui non permesso mai
di compiere errori, che deve essere sempre e comunque disponibile per il bambino sempre alla ricerca di un tempo da dedicare ai figli. Vivere questo mito, per, porta a soventi
delusioni e conseguenti sensi di colpa.
Il tempo non mai sufficiente e la stanchezza sempre in agguato, inoltre la nostra
mentalit efficientistica e perfezionistica ci porta a fare sempre e comunque le cose,
anche quando sarebbe pi opportuno riconoscere i propri limiti.
facile accettare, a parole, il fatto che i bisogni delladulto a del bambino non sempre e non
necessariamente devono coincidere e che anche ladulto ha bisogno di un tempo per s. Nella
realt non essere perfetti ci fa sentire non allaltezza e questo si ripercuote sullautostima.
Questo modello del buon genitore costruito anche grazie ai tanti manuali letti e ai
mass media, non fa che accrescere insicurezze, ansie, sentimenti di inadeguatezza, paure
del futuro, soprattutto per il mondo scolastico e per quando il figlio diventer adolescente.
I padri sembrano essere ancor pi delle madri alla ricerca di un modello educativo che
non ricalchi quello ancora un po autoritario dei loro genitori ma che allo stesso tempo non
sia troppo permissivo.
Lobiettivo alla base del nostro progetto, cio aiutare i genitori a sentirsi pi competenti e sicuri, deve essere ritenuto fondamentale anche per gli incontri futuri.
Un elemento positivo emerso nei nostri gruppi di genitori, superiore alle aspettative,
stato la capacit di ascolto reciproco, la flessibilit, lapertura al cambiamento e alle possibilit di trovare soluzioni, in qualche caso anche creative.
Questo fa sperare che anche un piccolo aiuto, dato nel momento opportuno, come dice
Bowlby (1979) pu essere molto utile e aiutare il genitore a crescere.
Senzaltro i genitori hanno appreso da questi incontri che non ci sono ricette, verit
assolute, preconfezionate, pronte per luso, per leducazione dei propri figli e hanno sperimentato che possibile trovare soluzioni ai loro problemi utilizzando risorse e creativit
che forse non credevano di avere.
Si tratta, per noi, di fare tesoro delle tante sollecitazioni che ci sono giunte durante questa
preziosa, anche se ridotta esperienza, per dare il via a un progetto pi ampio che permetta di
attivare nel prossimo anno scolastico un numero maggiore di gruppi di genitori, pensando a
una formazione specifica per un gruppo di educatori e coordinatori interessati al progetto.
Dopo questa prima esperienza ci sentiamo pi sicuri nei presupposti teorici e metodologici. Abbiamo una maggiore consapevolezza della complessit del ruolo del conduttore,
o animatore, di questi gruppi genitoriali, per questo pensiamo alla necessit di una formazione specifica rivolta a educatori e coordinatori che operano nei servizi della prima
infanzia e che comprenda momenti di supervisione dei gruppi stessi.
Creare nel nostro territorio una sensibilizzazione culturale perch sempre pi famiglie
possano trovare nellesperienza dei gruppi di genitori un valido aiuto a un compito cos
importante come quello delleducare.
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Riferimenti bibliografici
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Spazio famiglia
Appunti sul progetto di educazione familiare aretino
Donella Maggini
Coordinatrice del progetto Spazio famiglia
Questo progetto, messo a punto dallo Spazio famiglia del Comune di Arezzo, nasce per
volont politica di attivare nuove forme di sostegno alla genitorialit e agli impegni di cura
verso linfanzia.
Esso trova la sua ragion dessere nella consapevolezza che le profonde trasformazioni
sociali hanno determinato significative modificazioni anche nellistituto familiare, producendo senzaltro una maggiore consapevolezza delle responsabilit genitoriali, una attenzione nuova alle cure e alleducazione dei figli, ma anche maggiori difficolt dovute ai
forti cambiamenti sul piano dei rapporti intergenerazionali, rapporti di coppia uomodonna e nuove organizzazioni della vita familiare.
Esso si nutre di quel patrimonio culturale ed esperienziale che anche nella realt aretina
ha visto crescere in maniera significativa un sistema educativo e scolastico per la prima
infanzia gi a partire dai primi anni 70, anni in cui si assiste a un forte sviluppo industriale che richiama una maggiore presenza delle donne sul mercato del lavoro e determina in
maniera significativa nuove organizzazioni a livello familiare, personale e sociale.
Lavoro e non lavoro sono restati a lungo le principali attivit regolative e ordinative, in
base alle quali assegnare significato e collocazione anche ad altre attivit, servizi per linfanzia compresi.
La rivoluzione tecnologica ha comunque prodotto nel tempo dei cambiamenti radicali,
provocando mutamenti profondi negli assetti istituzionali, nelle strutture delle imprese e
nelle forme di organizzazione del lavoro con la conseguente necessit di ridefinire e riorganizzare in itinere i servizi sulla base delle nuove esigenze che chiedono maggiore flessibilit e risposte sempre pi differenziate e personalizzate.
Un dato che oggi emerge abbastanza chiaramente anche nelle diverse forme di partecipazione delle famiglie alla vita delle strutture scolastiche la difficolt e al tempo stesso
la necessit di conciliare tempi di lavoro, tempi familiari e tempi personali.
Lo scenario lavorativo che oggi si profila anche nella nostra realt molto diverso da
quello di un passato anche recente, le modalit temporali e lavorative risultano essere
molto pi flessibili e diversificate e dunque spingono verso una desincronizzazione delle
attivit sociali complessive.
Part-time, part-time di coppia, nuovi sistemi di turnazione, elasticit nellorario giornaliero, banca delle ore, permessi, congedi, aspettative per formazione e riqualificazione
sono alcuni elementi interessanti del cambiamento che per certi aspetti non agevolano la
conciliazione tra lavoro e vita personale e familiare di uomini e donne, e per le donne in
particolare, risulta sempre pi difficile conciliare i propri obiettivi di vita che sono essenzialmente una carriera di lavoro e una qualche misura di tempo libero con gli impegni di
cura per la famiglia e i figli.
Daltra parte lanalisi della domanda e dellatteggiamento con cui le famiglie negli anni
si sono avvicinate ai servizi educativi, hanno posto allattenzione nuove problematiche.
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divenuto inevitabile quindi nel tempo incontrarsi con la consapevolezza che leducazione, soprattutto del bambino piccolo, oltre che la creazione di un ambiente e di risposte
appropriate ai suoi bisogni, era ed anche valorizzare la dimensione affettiva e la comunicazione interpersonale tra adulti e bambini.
Consapevolezza, dunque, che laccoglienza e leducazione del bambino non possono
disgiungersi dal lavoro con i genitori, per cui nei servizi avvenne, a tratti, in modo libero e
creativo, sostenuto dai momenti di formazione, un lavoro pionieristico con lo scopo di
coinvolgere i genitori e curare la comunicazione interpersonale con i medesimi (riunioni
condotte in modo particolare, non formale o istituzionale).
Un percorso lungo e impegnativo che conta oggi al suo attivo un patrimonio prezioso di
servizi e cultura per linfanzia e che, nello stesso tempo, pur nelle difficolt e nelle contraddizioni crescenti del welfare state, in grado di offrire alle famiglie un modello di servizio sociale efficiente e flessibile, capace di mettere la persona e i suoi bisogni umani al primo posto.
In questo scenario i temi che ci hanno particolarmente distinto, sia rispetto allinnovazione organizzativa e alla flessibilit dei servizi offerti alle famiglie, sia rispetto alla valorizzazione nel progetto educativo della dimensione interpersonale, hanno prodotto, intrecciandosi tra loro, nuovi risultati e suggestive frontiere culturali.
Negli ultimi anni sono nate dunque interessanti esperienze come il Tempo per lascolto,
lArea bambini, i laboratori pomeridiani e il nuovo servizio Spazio famiglia che, nato tre
anni fa come servizio sperimentale di sostegno alla genitorialit, oggi si presenta in una
forma pi complessa e integrata con nuove offerte di servizi.
Il Tempo per lascolto un servizio offerto ai bambini e ai loro genitori insieme e condivide con lesperienza maturata allinterno dei nidi della citt lidea di essere una opportunit di gioco e di prima socializzazione per i piccolissimi.
Quello che caratterizza il Tempo per lascolto comunque di voler essere soprattutto
un aiuto alle famiglie nel rapporto con i figli e un sostegno per rendere positiva lesperienza del distacco dei bambini dai loro genitori.
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A differenza del nido, questo Tempo per lascolto stato pensato tutto per i genitori con
i loro bambini, le educatrici e una consulente, in uno spazio dove le famiglie possono
restare per incontrare altre famiglie, altri bambini e intrattenere con essi scambi positivi.
La figura delleducatore o del consulente, presenti in questo spazio, mira a essere un
facilitatore dellincontro, un mezzo per condividere una esperienza umana, mettendo i
genitori nelle condizioni di scoprire e avere fiducia nella loro insostituibile capacit di comprendere profondamente, intimamente come nessun altro, ciascuno i propri figli, e di rendersi conto di quali straordinarie persone siano i bambini e di quanto infinite siano le loro
potenzialit.
Il Tempo per lascolto funziona da 7 anni presso un nido, aperto due pomeriggi alla
settimana e accoglie un numero di 20-22 famiglie con bambini fino a 3 anni.
Larea bambini il nuovo spazio gioco dove i bambini da 18 mesi a 3 anni possono restare senza i loro genitori con percorsi educativi rivolti ad attivit espressive e manipolative,
un luogo dove viene dato ampio spazio alle esperienze sensoriali, allesplorazione e alle
prime forme di socializzazione.
LArea bambini offre opportunit di tempi di fruizione del servizio pi flessibili con orari
giornalieri che vanno da un minimo di 2 ore a un massimo di 5 senza il pranzo, in linea
con quanto aveva previsto Livia Turco con la legge 28 agosto 1997, n. 285, Disposizioni
per la promozione di diritti e di opportunit per linfanzia e ladolescenza.
Il servizio funziona dallottobre del 1998 presso un nido nella zona dei piccolissimi resasi disponibile a seguito di una riorganizzazione complessiva dei servizi.
aperto tutti i giorni dal luned al venerd con orario 8/13.
La Fucina del ben fare ancora un altro spazio di gioco per bambini da 18 mesi a 3 anni,
un laboratorio pomeridiano, aperto due giorni alla settimana presso un nido che nei due
anni di apertura ha mirato a ristrutturare la trasmissione delle conoscenze da chi sa a chi
impara, attraverso lesperienza effettuata in prima persona, in quanto fonte insostituibile
di conoscenza.
Il laboratorio dunque uno spazio didattico attrezzato, mono e polidisciplinare, deputato ad attivit di rielaborazione/reinvenzione dei saperi: nel laboratorio si impara a imparare. Il laboratorio il terreno della ricerca, il regno della fantasia, lhabitat per lo scambio delle idee tra adulti e bambini.
Lo Spazio famiglia il nuovo servizio di sostegno alla genitorialit e agli impegni di cura
verso linfanzia che non sostituisce, ma si aggiunge agli altri spazi presenti nei servizi per
favorire la creazione di nuovi servizi sociali.
Si tratta di un progetto teso a rafforzare la famiglia, base naturale della comunit, la cui
salute, nellaccezione pi ampia di questo termine, in fondo principio, strumento e
anche fine ultimo della societ.
Uno spazio di azioni di sostegno di stimolo alladulto educatore, capace di favorire processi di riflessione su di s e sul proprio stile relazionale in quanto ritenuti nellipotesi fon75
Risulta soddisfacente la cadenza quindicinale degli incontri mentre risulta appena sufficiente il numero degli incontri previsti.
Questo dato trova riscontro in quelle realt dove sono stati previsti percorsi brevi (2-3
incontri), e dunque da ripensare per progetti futuri.
I percorsi brevi, di sensibilizzazione, realizzati in alcune scuole, hanno messo in evidenza alcuni aspetti positivi ad alcuni limiti:
larricchimento personale dallesperienza;
la presenza degli insegnanti agli incontri;
linteresse e la partecipazione attiva dei genitori;
la presenza agli incontri anche di famiglie con difficolt varie
Ma anche limiti oggettivi di approfondimento delle tematiche emerse nei vari gruppi per
il turn-over di genitori nei diversi incontri.
Daltra parte i gruppi di approfondimento con un numero pi alto di incontri (6-8) e con
stabilit di presenze, oltre gli aspetti positivi sopra detti, ci ha offerto una presenza qualificata e sensibile di famiglie attente alle problematiche educative, ma al tempo stesso non
risulta essere uno strumento utilizzato da famiglie con particolari situazioni di disagio.
C comunque da considerare anche che diversi genitori, dopo queste esperienze,
hanno conosciuto il servizio e si sono rivolte a esso sul piano individuale per un sostegno
nella relazione con i figli.
La partecipazione degli educatori agli incontri, il rapporto di collaborazione che si andato costruendo in questi due anni con le scuole, aprono un nuovo capitolo di riflessione, di
idee e progetti per migliorare la relazione e la comunicazione tra scuola e famiglia.
A conclusione di questa parte mi preme sottolineare, in qualit di unica figura a oggi
conduttrice di queste esperienze, i limiti legati alla figura unica in un progetto cos complesso che si rivolge, come utenza, alla intera citt dei genitori.
Il progetto infatti nato per una precisa volont politica di dare parola e sostegno alle
famiglie, stato seguito dal coordinamento psicopedagogico dellufficio scuola nella fase
organizzativa, ma di fatto strettamente legato alla persona che ne segue le sorti, essendo lunica referente comunale per larea della prevenzione allinterno di questo centro.
Altro limite di questo progetto sta nella supervisione: la struttura o la persona che aiuta
il formatore a fare meglio il suo lavoro.
Fino a oggi ogni responsabilit del progetto e supervisione coincidono nella stessa persona e forse necessario prevedere spazi diversi e competenze specifiche per la supervisione
che possono essere individuate in figure che si occupano in specifico di processi formativi.
Spazio famiglia
Gli sviluppi
In questo ultimo anno ci sono stati dei cambiamenti in merito allorganizzazione del servizio che, nato due anni fa essenzialmente come spazio di sostegno alla genitorialit e alla
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cura dei figli, si arricchisce oggi di altri servizi come il Centro affidi, gi esistente nellarea
sociale e prevede la realizzazione di nuovi nella forma della partecipazione integrata
Comune-Azienda ASL.
Con il nuovo progetto Spazio famiglia si va a costituire un centro polifunzionale che avr
al proprio interno i seguenti servizi:
promozione del benessere nella sua accezione di sostegno al nucleo familiare;
affidamento, adozione e affido preadottivo;
mediazione familiare;
sostegno alla crisi familiare nei casi di maltrattamento e abuso.
Gli obiettivi specifici del progetto:
incrementare la gamma dei servizi a disposizione del cittadino attraverso lattivazione
dei servizi di mediazione familiare nei casi di abuso e maltrattamento;
integrare le procedure e le prestazioni riguardanti laffido e ladozione;
potenziare, razionalizzare e valorizzare i servizi di promozione del benessere nella relazione genitori-figli, in accordo con i servizi di prevenzione della zona.
Lo Spazio famiglia una rete integrata per la promozione del benessere nella relazione
genitori-figli, questa la sua denominazione, ha oggi una nuova sede in Arezzo (via
Michelangelo n. 8, tel. 0575.20.587) e prevede al suo interno varie figure professionali
(pedagogisti, psicologi, psicoterapeuti e assistente sociale) che si occupano delle varie
aree. Nel progetto sono previste sette unit ripartite tra Comune e ASL di cui una parte
costituita da dipendenti dei due enti e una parte da professionisti a convenzione che fanno
riferimento per il Comune al direttore dei servizi sociali e per lASL al responsabile dellunit funzionale di psicologia infanzia-adolescenza; prevista inoltre una figura di coordinamento interno delle diverse aree.
Alcune informazioni sulla figura professionale
Con la nascita del servizio Spazio famiglia (settembre 1998) si provveduto allindividuazione di una figura professionale da destinare a tempo pieno in questo ambito.
Si provveduto a ci con una selezione interna per titoli e colloquio riservata a tutto il
personale insegnante in ambito educativo-scolastico.
Loperatrice trasferita al servizio dunque uninsegnante con una larga esperienza di
lavoro nei servizi scolastici, laureata in pedagogia, abilitata psicologa, specializzata in psicomotricit e formazione degli adulti.
Questo servizio, per la sua specificit (un solo operatore), ha richiesto fin da subito lattivazione di alcune funzioni in particolare:
programmazione, organizzazione e gestione delle attivit del servizio;
consulenza per le famiglie e per gli operatori dei servizi;
interventi formativi rivolti agli adulti (percorsi sulla genitorialit);
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collaborazione con gli operatori dei servizi sul progetto Educazione familiare;
documentazione e ricerca.
Tali funzioni richiedono specifiche competenze che possiamo sinteticamente ritrovare in:
conoscenze pedagogiche, sociologiche, psicologiche;
competenze metodologiche per il counseling;
competenze metodologiche per la conduzione dei gruppi e per gli interventi formativi (educazione degli adulti);
capacit comunicativa, relazionale, metodologica, progettuale e di ricerca.
In particolare per questo servizio, data la sua specificit, ma in generale per la professione del formatore, dunque richiesta unintegrazione di competenze tecniche e di abilit interpersonali, buone abilit di ricezione per accogliere ci che laltro vive e sperimenta, buone abilit di comunicazione, per restituire in modo appropriato e costruttivo quanto si compreso.
Gli interventi formativi rivolti alle famiglie, attraverso i gruppi di discussione o di approfondimento, almeno cos noi li concepiamo, hanno come obiettivo primario quello di promuovere lempowerment, cio di aiutare gli adulti ad acquisire un proprio metodo per trovare soluzioni ai vari problemi (dai pi semplici ai pi complessi) e di sviluppare in essi autostima, affinch possano trasferirla ai figli, autostima che possiamo definire come un insieme di atteggiamenti che comprendono:
accettazione delle proprie competenze e dei propri limiti;
capacit di gestire e utilizzare le regole sociali in modo flessibile;
riconoscimento dei propri diritti e capacit di agire assertivamente sapendo gestire in
modo efficace le critiche.
Interventi di questo tipo richiedono dunque conoscenze e capacit metodologiche precise che si basano sullascolto attivo, la disponibilit al confronto, alla discussione e alla
ricerca di condivisione.
Tutto questo vuol dire, sulla base della nostra esperienza, che la figura che si va delineando in questo ambito di sostegno alla genitorialit, richiede una solida formazione
di base sul piano dei contenuti teorici, ma non solo, necessita anche e soprattutto di
una formazione personale oltre che negli spazi di lavoro nei quali in gioco la relazione con gli adulti, le famiglie ecc dove si riattivano sempre le storie personali. Dunque
se vogliamo essere uno strumento di aiuto per gli altri, dobbiamo saper conoscere e
riconoscere il nostro mondo interno per poterlo governare al meglio in questi specifici contesti.
Il termine animatore con il quale abbiamo individuato la figura in riferimento a questa
esperienza di educazione familiare che si va costruendo anche nella nostra regione, non ci
pare molto pertinente soprattutto alla luce di quanto emerso nellesperienza diretta con
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le famiglie e nella riflessione comune che ne seguita, tanto da vederla come deviante
rispetto al compito.
Un compito che rientra tra quelli richiesti a un esperto dei processi di formazione al
quale dunque sono richieste, oltre alle esperienze culturali generali e specifiche sul piano
della progettualit formativa, anche precipue capacit relazionali, perch risulta pi che
opportuno avviare una stretta connessione fra coloro che si occupano di organizzazione e
coloro che a vario titolo si occupano di formazione.
Lesperto nei processi di formazione, come progettista di percorsi formativi e/o come
formatore egli stesso, tenendo conto che il problema della formazione un problema di
tutti, persone singole coinvolte, gruppi, collettivit e che perci va impostato a livello dellorganizzazione nel suo complesso, si fa carico del processo di formazione, inteso come
una serie di attivit che, partendo da specifiche esigenze, arriva alla loro soddisfazione,
attraverso il concorso di tutte le persone, le unit operative e le risorse interne ed esterne coinvolte.
Un esperto dei processi di formazione deve tenere conto:
del processo di formazione e dei sottoprocessi che lo caratterizzano;
degli elementi costitutivi della fase progettuale specifica di un itinerario formativo
(corso, stage);
dei momenti di verifica e valutazione.
Una figura dunque che abbia sufficienti strumenti per seguire un percorso dalla fase preparatoria a quella operativa, che lo porti a valutare con estrema attenzione gli aspetti pi
salienti dellattivit formativa e dei possibili benefici, in questo specifico, di ricaduta sul
sistema familiare.
Questo ruolo pu essere svolto da uno specialista collocato in ambito della formazione
del personale: in questo caso il professionista della formazione pu essere inserito permanentemente nellorganizzazione, oppure pu essere svolto da un libero professionista,
quale esperto esterno, del quale lorganizzazione si avvale per attivit di consulenza e al
quale commissiona moduli formativi, stages, o supporti relativi alla formazione delle risorse umane che operano a vari livelli in essa.
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distinto le politiche per linfanzia che lAmministrazione comunale di San Miniato ha realizzato negli ultimi anni.
Le sollecitazioni provenienti dal quadro normativo regionale e nazionale, in continua evoluzione, sono state efficacemente raccolte, a partire dalle sperimentazioni di servizi complementari al nido (allinizio degli anni 90), per proseguire con listituzione dei Centri infanzia adolescenza famiglia (CIAF), per terminare con gli interventi realizzati a ulteriore espansione della complessiva rete di opportunit con le recenti legge 28 agosto 1997, n. 285,
Disposizioni per la promozione di diritti e di opportunit per linfanzia e ladolescenza e
legge regionale 14 aprile 1999, n. 22, Interventi educativi per linfanzia e gli adolescenti.
La presenza sul territorio di servizi educativi per linfanzia 0-3, articolati in unofferta
diversificata e forte sul piano della qualit, ha consentito di giungere a percentuali di
accesso ai servizi molto significative oltre il 30% tra asili nido e aree gioco e a una
richiesta di servizi, da parte dellutenza potenziale, che arriva oltre il 45%.
Il lavoro con i genitori nei primi anni di vita dei bambini consente un aggancio forte con
le famiglie, con la possibilit di condividere le problematiche delleducazione e riflettere
sulla complessit del ruolo genitoriale, sia nei servizi come lasilo nido, dove la dimensione del condividere lallevamento dei bambini rende necessario un confronto quotidiano
tra il servizio e le famiglie, sia nei servizi integrativi dove la compresenza di bambini e adulti consente di valorizzare la funzione del gruppo di genitori come contesto di confronto e
di crescita reciproca.
La scelta di dare continuit al lavoro con le famiglie anche successivamente alla frequenza dei servizi infanzia si concretizzata nei progetti del Centro infanzia e famiglie
Vocinsieme e del Centro giovani Vocintransito, attraverso la proposta di luoghi in cui fosse
offerta ai genitori la possibilit di incontrarsi tra loro, con il supporto di educatori e tecnici per continuare o intraprendere un percorso di riflessione intorno alleducazione dei figli.
La scelta di attivare interventi di educazione familiare ha avuto i seguenti obiettivi:
dare organicit e omogeneit agli interventi rivolti alle famiglie attraverso la costituzione di gruppi di genitori per ogni fascia di et rappresentata nei diversi ordini di
scuola e nei servizi infanzia;
coinvolgere le istituzioni scolastiche, attraverso il passaggio delle informazioni sul significato dei percorsi di educazione familiare allinterno dei collegi dei docenti, liscrizione
dei genitori attraverso la scuola e il coinvolgimento di un insegnante come animatore;
sperimentare professionalit diverse nel ruolo di animatore di educazione familiare,
attraverso il coinvolgimento di tre figure diverse, ovvero una psicologa, uneducatrice
dei servizi infanzia e famiglie, uninsegnante della scuola elementare.
La metodologia di lavoro
Cercando di integrare la prospettiva delle politiche sociali con quella dei servizi educativi, come gi si sta sperimentando allinterno dei CIAF, stata costituita una quipe di lavoro per seguire il progetto in tutte le sue fasi, costituita da:
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degli adulti ed coinvolta, inoltre, in progetti di formazione per operatori dei servizi
infanzia, con specifico orientamento al lavoro con le famiglie.
La terza una insegnante di una scuola elementare da anni nella scuola in cui si
effettua il tempo pieno con esperienze formative sul lavoro con gruppi di adulti.
Negli incontri preliminari dellquipe si sono definite, in maniera piuttosto precisa, le
modalit di approccio al gruppo nel primo incontro, i termini del contratto da condividere, gli obiettivi dellesperienza e le strategie da attivare per favorire la comunicazione tra
i partecipanti.
In questa fase del lavoro si , quindi, cercato di definire il ruolo dellanimatore di educazione familiare, come mediatore delle relazioni, di garante di spazi di ascolto e di espressione per i diversi soggetti, con azione di contenimento delle dinamiche del gruppo e
garante di una memoria collettiva dei percorsi di riflessione intrapresi.
Parallelamente si prefigurato il gruppo come soggetto/contesto capace di essere propositivo nellindividuazione delle problematiche da affrontare, capace di approfondire, con
la mediazione dellanimatore, la riflessione sugli atteggiamenti e gli stili educativi, attraverso lo scambio delle esperienze e il confronto tra i punti di vista.
Si immaginato che processi di cambiamento o di ridefinizione del proprio modo di
interpretare il ruolo genitoriale potessero essere sollecitati dalle relazioni allinterno del
gruppo, piuttosto che da valutazioni espresse dallanimatore.
La possibilit e necessit di utilizzare materiale bibliografico, simulazioni e giochi di ruolo
stata valutata durante i percorsi e attivata in vari incontri, per arricchire di stimoli la situazione o sostenere lavvio di una riflessione difficile.
La riflessione sullesperienza
Caratteristiche dei gruppi
I genitori invitati al primo incontro, in seguito alla loro adesione, non si sono presentati
tutti, in alcuni casi solo il 50% e, dopo un primo tentativo di sostituirli con altri che avevano aderito, si deciso di lavorare con il gruppo che si era costituito.
Questa decisione derivata dal tentativo di avere gruppi stabili, poich la stabilit degli
interlocutori favorisce la familiarit ed un elemento che facilita approfondimenti e continuit nella riflessione.
I gruppi si sono cos definiti:
gruppo 0-3:
gruppo scuola materna:
gruppo scuola elementare:
gruppo scuola media:
86
Il ruolo dellanimatore
Inizialmente il ruolo delleducatore stato quello di rendere esplicito e far condividere il
valore del percorso che si proponeva, mettendo in relazione questo con le aspettative che
i componenti del gruppo esprimevano.
In alcuni casi le aspettative dei genitori erano di avere risposte immediate e concrete a
difficolt che incontravano nel rapporto con i figli, chiedendo quindi allanimatore di interpretare il ruolo di tecnico esperto.
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Spostare laccento sul valore del confronto allinterno del gruppo e sulle potenzialit che
ogni soggetto poteva esprimere nel contesto del confronto tra le esperienze ha richiesto
un tempo protetto dalla mediazione dellanimatore che consentisse a tutti di esprimere attese e bisogni, per giungere a condividere la cornice del percorso.
Lo stesso, nellindividuazione delle tematiche da affrontare, il ruolo dellanimatore
stato quello di garantire spazi di espressione, di riprendere, integrare, orientare scelte
rispetto alle quali i diversi partecipanti si sentissero accolti e non esclusi.
Nel lavoro successivo, con i gruppi maggiormente stabili e coesi, il ruolo dellanimatore
si concretizzato in atteggiamenti di ripresa, ogni volta, degli argomenti affrontati precedentemente, garantendo memoria, continuit alla discussione e rispetto delle scelte fatte
dal gruppo sugli argomenti da affrontare.
Sollecitare allascolto dellaltro, nel contesto del gruppo, stata una strategia importante messa in atto dallanimatore trasversalmente in tutti i gruppi ed risultata efficace
anche per riflettere sul tema della comunicazione con i figli.
Nei gruppi con frequenze discontinue lanimatore ha avuto un ruolo pi attivo e propositivo, con strategie di contenimento rispetto al rischio di disperdersi in discussioni superficiali su argomenti che si sovrapponevano, ridefinendo frequentemente largomento
oggetto dellincontro, mediando il passaggio di parola da un soggetto allaltro, in
maniera da sostenere una rete di comunicazione capace di funzionare.
Nei gruppi che hanno stentato maggiormente a costituirsi si utilizzato, con maggior
frequenza, materiale per supportare la riflessione.
Valutazione sullesperienza
Alcuni dati emersi dal questionario
Le modalit con le quali si sono costituiti i gruppi, senza attivare intenzionalmente
strategie per laggancio selettivo di nuclei familiari pi deboli o problematici, hanno
fatto s che aderissero ai gruppi genitori gi sensibili alle problematiche delleducazione
un indicatore pu essere, ad esempio, che il 69,4% dichiara di parlare spesso con i
figli appartenenti a un livello socioculturale medio-alto (57,5% diploma scuola superiore, 7,5% diploma universitario, 15% laurea), con una presenza significativa di madri
casalinghe (15%) e una prevalente collocazione professionale nella categoria di impiegati (47,5%).
Un dato interessante da collegare anche al tema affrontato in diversi gruppi relativo
alleducazione di pi figli la presenza di famiglie con due o tre figli (67,5% e 15%).
Il numero degli incontri risultato sufficiente per la maggioranza dei partecipanti
(67,6%), cos come stata adeguata la cadenza proposta (77,5%), ma viene suggerito
anche di pensare a cicli pi lunghi, con 9-10 incontri (50%).
Ladesione al progetto risultata soddisfacente ed stato riconosciuto valore che si
cercato di far emergere, infatti l85% ha gradito il modo in cui sono stati trattati i problemi e il 77,5% soddisfatto rispetto agli obiettivi iniziali.
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Il 92,3% dei partecipanti dichiara che il punto forte degli incontri stata la possibilit
del confronto tra le esperienze, vissuta come possibilit di arricchimento personale
(92,5%) e con spazio di espressione garantito a tutti (95%).
Il punto debole su cui si concorda di pi (46,2%) riguarda le discussioni dispersive, da
mettere in relazione alla minore stabilit di alcuni gruppi e la conseguente maggiore difficolt ad approfondire la riflessione.
Promuovere e sostenere la riflessione sugli argomenti che risultano importanti per i genitori ha consentito una valutazione positiva sui contenuti trattati, utili e interessanti per il
97,5% dei partecipanti.
genitori lidea di essere loro stessi protagonisti del progetto, con unadesione reale
capace di dare stabilit al gruppo.
La presenza nei gruppi di educazione familiare di genitori gi conosciuti dallanimatore in altre situazioni professionali in questo caso dallinsegnante pu essere un elemento che provoca confusione di ruoli e richieste confuse.
Da parte dei genitori coinvolti nellesperienza c stata unomogenea valutazione positiva sulla competenza delle tre figure che hanno interpretato il ruolo di animatore, con poco
significative oscillazioni sul livello di soddisfazione (completamente daccordo 40%, daccordo 52%) e non si sono rilevate differenze di valutazione nei singoli gruppi, in riferimento a ognuna delle tre professionalit coinvolte.
Conclusione e prospettive
Lesperienza ha confermato la possibilit di progettare un intervento coerente, di promozione della genitorialit, allinterno di gruppi omogenei rispetto allet dei figli, partendo da unesperienza forte maturata allinterno dei servizi per linfanzia.
Agganciare le famiglie allinterno dei contesti che quotidianamente attraversano servizi e scuola sembra la strategia migliore per lavorare in unottica di comunit e di promozione delle competenze.
Linterpretazione del gruppo come soggetto sul quale investire risultata positiva, perch al suo interno possono emergere potenzialit, punti di vista, stili educativi capaci di
sollecitare riflessioni e processi di cambiamento individuali.
A questa interpretazione si lega strettamente quella dellanimatore, come facilitatore
della comunicazione, mediatore delle relazioni e, quindi, orientato a valorizzare il sapere
e le competenze che i genitori possiedono e possono condividere per un arricchimento
reciproco.
Lintegrazione tra i diversi ambiti di intervento servizi educativi, servizi sociali, istituzioni scolastiche un obiettivo importante da perseguire, un obiettivo alto che ci pone di
fronte alla complessit di una relazione tra culture e storie professionali diverse.
Una possibile strategia per perseguire questo obiettivo potrebbe essere, nella nostra
esperienza specifica, quella di ampliare il gruppo degli animatori di educazione familiare, inserendo una figura di assistente sociale, proveniente dal servizio politiche sociali del
Comune.
La valorizzazione delle professionalit maturate nei servizi del territorio un elemento
che pu sostenere la qualit del progetto di educazione familiare, soprattutto in questa
fase, in cui si sta cercando di mettere a fuoco lidentit del ruolo di animatore.
Potremmo dire che il confronto sul significato delleducazione familiare pu diventare
una sfida da raccogliere per costruire percorsi di riflessione comune tra i diversi ambiti che
si occupano di educazione, per costruire reti a sostegno di una genitorialit consapevole, per sostenere bambini e genitori nel loro percorso di crescita e di definizione di identit positive.
91
92
93
C. afferma che indispensabile dare delle regole e limiti e fa ricorso alla sua esperienza
personale in cui non ci sono state regole e ha vissuto questo come una mancanza di cura
e di attenzione. M. e G. dicono che a questa et i ragazzi in realt chiedono dei no, io allora ho letto un brano dei I no che aiutano a crescere di Asha Phillips (p. 144) in cui la bambina di 12 anni si ribella alla mamma perch non la fa andare al mercatino con lamica ma
in realt poi soddisfatta che qualcuno le abbia impedito una cosa che la preoccupava.
Abbiamo riflettuto su quanto al di l delle intenzioni sia forte il nostro vissuto circa lautorit, N. cos afferma la maggiore facilit a porsi come amico del figlio, malgrado lamenti
la difficolt del figlio a rispettare norme comportamentali, e aggiunge che a lui crea difficolt imporsi perch stato figlio unico, non ha avuto imposizioni o limiti e comunque
sono passati senza essere imposti. Racconta lesperienza del figlio. Ha affermato che forse
importante accettare un figlio per com e aiutarlo a crescere senza cercare di cambiarlo. Alcuni gli rimandano che lui molto preoccupato, attento con il pensiero ma non trova
il modo di stare vicino al figlio e forse M. chiede solo una vicinanza e non un padre che lo
osserva per vedere che cosa pu fare.
Si rilevano i cambiamenti umorali e repentini dei figli.
Il limite lo si pu rispettare dopo che lo si conosciuto, ma difficile a questa et porre
dei limiti.
Spesso il preadolescente ha un comportamento di attacco, opposizione nei confronti del genitore. Si arriva con la discussione ad ammettere che al ragazzo denigrare o sminuire il genitore pu servire per prenderne le distanze, per potersene distaccare. Difficile
per il genitore accettare questo e spesso lo si interpreta semplicemente come una mancanza di rispetto. Opportuno accettare di essere distrutti da parte del figlio, non travalicando il rispetto, annullati per operare quella separazione che poi gli sar utile in futuro.
Importante poter confliggere e opporsi a qualcuno; se il figlio pensa che il genitore non
abbia la forza per sostenere quellattacco vive ogni conflitto con il senso di colpa e soprattutto non riuscir a separarsi dal genitore.
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Riferimenti bibliografici
Bellini M.C. et al., La condivisione e lelaborazione dei modelli educativi degli adulti, in Il mestiere delleducare, Fortunati A. (a cura di), Bergamo, Edizioni Junior, 1998
Bettelheim B., Un genitore quasi perfetto, Milano, Feltrinelli, 1987
Catarsi E., Educazione Familiare e Servizi per linfanzia, in Funzioni di sostegno alla famiglia e alla
genitorialit, Catarsi E. (a cura di), Firenze, Edizioni della Regione Toscana, 1999
Mantovani S., Essere genitori oggi. Immagini di s, rapporto tra generazioni, strategie di supporto,
Gift, settembre 1995, p. 6-12
Milani P., Educazione familiare: questioni fondamentali e ambiti di ricerca, in Servizi Sociali, 1998,
n. 3, p. 79-87
Rogers C.R., Un modo di essere, Firenze, Martinelli, 1980
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vere nel miglior modo il ruolo di genitore, la consapevolezza che con larrivo di un figlio la
coppia dovr adattarsi e riorganizzare la propria vita familiare.
La trasformazione pi grande, tuttavia, si avuta per la forte immigrazione che negli
ultimi anni ha caratterizzato anche la zona dellempolese. Questo processo ha comportato dei mutamenti negli usi e costumi della cittadinanza dovute alle diverse etnie e religioni che si ripercuotono necessariamente sulla struttura familiare.
Le motivazioni indicate non hanno fatto decadere il desiderio di avere figli ma certamente, nella normalit dei casi, i genitori sentono la necessit, oggi pi di ieri, di essere dei bravi genitori.
Pi in generale linvestimento emotivo dei genitori nei confronti dei figli, unito a un
innalzamento del livello culturale generale, oggi tale da meritare una grande attenzione,
poich si presenta chiaramente come un nuovo e grande bisogno sociale.
Si quindi ritenuto importante intervenire in direzione della famiglia, dei genitori, che
al momento della nascita di un figlio si trovano a fare i conti con il modo in cui ci si trasforma da figlio a genitore, sia per far nascere e crescere la capacit di ascolto dei genitori nei confronti di loro stessi e dei figli.
Lobiettivo prefissato allorigine del progetto reperire gli animatori familiari dai genitori
che, attraverso un proprio lavoro individuale e unadeguata formazione di competenze del
mondo infantile, avrebbero dovuto tenere, negli anni successivi, corsi di educazione familiare non stato raggiunto. Si pensava che lidea di promuovere a ruolo di educatore un
genitore, attraverso un proprio percorso personale, avrebbe attratto lattenzione di altri
genitori riuscendo a creare un clima di maggiore serenit e armonia, facilitando il confronto di esperienze e la condivisione di problematiche relative allet evolutiva. Probabilmente,
il fatto di aver ritenuto possibile e utile poter formare dei genitori al ruolo di animatore di
educazione familiare, in maniera da poter avere un gruppo in grado di lavorare con molti
gruppi di genitori, stato un obiettivo troppo ambizioso. Infatti inizialmente il gruppo da
noi denominato gruppo storico ha risposto positivamente, ma con il trascorrere degli
anni, i partecipanti si sono sempre pi allontanati riducendosi a poche persone che hanno
accettato, al massimo, di essere nei diversi gruppi a fianco di un animatore esperto.
Nellanno 2000 si sono attivati quattro gruppi di educazione familiare due a Empoli, uno
a Cerreto Guidi, uno a Vinci che hanno visto coinvolti una sessantina di persone con genitori di bambini/ragazzi in et di scuola materna e scuola dellobbligo. Questi incontri sono stati
preceduti da una serie di conferenze assembleari rivolte alla cittadinanza e tenute da esperti su tematiche legate alleducazione dei bambini e proposte dai genitori che avevano frequentato i corsi lanno precedente; un modo, questo, per far sentire i genitori pi attivi nella
realizzazione del progetto e per promuovere la partecipazione ai gruppi in programma.
Il coinvolgimento diretto dei genitori resta comunque un obiettivo fondamentale per il
successo e il propagarsi della cultura delleducazione familiare.
Lorganizzazione stata realizzata anche con la collaborazione delle istituzioni scolastiche. Sono state fatte riunioni con i dirigenti scolastici per spiegare il progetto e cercar di
far capire limportanza di questo intervento.
In questo percorso le amministrazioni comunali sono state sempre sostenuti dallesperienza, dalla collaborazione attiva e dallorganizzazione del Centro studi Bruno Ciari.
Grafico 1. Sesso %
90
80
70
60
50
40
30
20
10
0
femmine
maschi
Significativi sono anche i dati relativi allet anagrafica che rispecchiano la tendenza di
ritardare il momento della procreazione; la maggioranza dei partecipanti ha oltre trenta
anni, non vi sono genitori fra i 20 e i 24 anni, un solo genitore fra i 25 e i 29 anni.
Indicativo pure il numero dei figli allinterno dei gruppi, solo due genitori hanno tre
figli e un genitore dichiara di averne quattro mentre i restanti si dividono in una percentuale equa di genitori con un unico figlio e genitori con due figli. Anche in questa occasione confermato un dato proprio della nostra realt nazionale.
Un altro dato interessante che fa riflettere let dei figli dei partecipanti; infatti il
42,6% ha figli di et inferiore a quattro anni, il 34,4% ha figli di et compresa fra i 5 ed
i 9 anni, il 14,8% dai 10 ai 14 anni, il 4,9% dai 15 ai 17 anni e solo 3,3 % hanno figli di
et superiore ad i 18 anni; quasi che i genitori con figli grandi avessero ormai perso la
speranza di poter mutare i loro stili educativi.
Grafico 2. Et dei figli %
45
40
35
30
25
20
15
10
5
0
inferiore a 4 anni
100
5-9 anni
10-14 anni
15-17 anni
oltre 18 anni
Rappresentativi sono anche i dati relativi ai titoli di studio dei partecipanti; il 26,8% possiede la licenza media inferiore, il 56,1% ha un titolo di secondaria superiore ed il 17,1%
un titolo di livello universitario. Sembra infatti che non vi partecipino genitori culturalmente svantaggiati.
Grafico 3. Titolo di studio %
60
50
40
30
20
10
0
licenza media inferiore
licenza secondaria
licenza universitaria
25
20
15
10
0
operaio
commerciante
impiegato
101
libero prof.
casalinga
artigiano
disoccupato
altro
Riflessioni
Dallanalisi sul tessuto sociale di appartenenza si deduce che le persone che hanno aderito al progetto di educazione familiare sono genitori culturalmente avvantaggiati e occupati stabilmente.
Lo sforzo che, perci, le amministrazioni comunali dovranno compiere quello di interessare un numero maggiore di genitori coinvolgendo soprattutto le famiglie con maggiore difficolt e che si trovano in uno stato di deprivazione culturale e in uno stato di
disagio sociale ed economico. Ai fini di garantire un reale e giusto sostegno alla genitorialit occorre lavorare per promuovere una reale integrazione fra i servizi educativi e i
servizi sociali.
Lobiettivo deve essere anche quello di favorire una sorta di reintegrazione delle famiglie
svantaggiate attivando interventi nellottica di prevenzione formativa dove i disagiati possono, attraverso gli incontri a piccoli gruppi, avvantaggiarsi di un rapporto alla
pari con i genitori cosiddetti normali. Lo svantaggio spesso amplificato dalla situazione di isolamento e non consapevolezza delle proprie risorse personali.
Certamente gli incontri di educazione genitoriale non possono essere risolutivi dei problemi che le famiglie incontrano, tantomeno di quelle che hanno problemi di maggiore
entit, ma sicuramente costituiscono una occasione di apertura, in un certo modo protetta dal lavoro degli operatori, verso la comunit, per ri-consegnare alle persone le capacit (negate) di costruire piccoli spazi, canali di incontro e di comunicazione, specie a chi
finora, oltre alla sofferenza e al dolore personale, ha trovato prevalentemente ostacoli e
indifferenza sociale (Bisleri C., La scuola delle famiglie, in Animazione Sociale, 8-9,
1994, 57). Questo non vuol dire che gli interventi fatti fino a oggi non siano stati utili n
che questi interventi si debbano trasformare in terapia familiare, certo dovremmo cercare
di ampliare il raggio dintervento.
Unaltra riflessione quella che il ruolo di cura dei figli ancora quasi completamente a carico delle madri; non per niente, anche nella realt empolese, soltanto il 14% dei
partecipanti stato di sesso maschile. Un obiettivo da raggiungere, quindi, quello di
coinvolgere e sensibilizzare in maniera pi massiccia le figure educative di riferimento di
sesso maschile. La normativa nazionale sta andando verso questa direzione; la legge 8
marzo 2000, n. 53, Disposizioni per il sostegno della maternit e della paternit, per il
diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle citt, prevede,
fra laltro, una serie di agevolazioni che, in caso di genitori lavoratori, possono essere
102
usufruite da uno dei due coniugi, indipendentemente dal sesso, dando pari opportunit alla madre e al padre. Se la legge prevede questi aiuti, che possono essere a titolo
esemplificativo laspettativa post-partum, i permessi per allattamento o per malattie dei
figli, ancora tanta strada deve essere fatta per arrivare a una sensibilizzazione ugualitaria nei confronti dei due genitori.
Un altro punto debole, se cos lo possiamo definire, stato il rapporto con le istituzioni
scolastiche; si riteneva che attraverso la dovuta informazione sulle modalit e lorganizzazione del progetto ai dirigenti scolastici questi potessero sensibilizzare gli insegnanti e successivamente altri genitori. In realt questo non accaduto. Sicuramente le scuole sono
state impegnate in una moltitudine di attivit; dovremo trovare, quindi, il modo pi giusto per entrare in rapporto con loro. Per il prossimo anno cercheremo di coinvolgere direttamente, oltre che i dirigenti scolastici, anche gli organi collegiali scolastici (dai rappresentanti distituto ai rappresentanti di classe e intersezione) che hanno un rapporto pi diretto con i genitori attuando delle iniziative mirate a loro stessi.
Queste riflessioni confermano, comunque, il bisogno e la necessit di continuare a
lavorare e a sensibilizzare sempre pi tutti coloro che hanno contatti con linfanzia; lo
sforzo che le amministrazioni dovranno compiere sar quello di tessere relazioni sempre
pi positive e proficue con tutte le realt esistenti sul territorio che si occupano di educazione dei bambini.
103
dio) poich i metodi della scuola sono diversi da quelli di un tempo e i genitori stessi delegano alla scuola il compito di istruire i loro figli.
Fuori dal guscio: genitori come risorsa nella prevenzione dellinsuccesso scolastico nellIstituto comprensivo di Fauglia
Lipotesi di base del Progetto Genitori era scaturita dallidea che se la Scuola listituzione attraverso la quale devono passare tutte le famiglie, allora questa pu essere la sede
adatta per offrire la possibilit ai genitori di incontrarsi, conoscersi, comunicare, riflettere,
acquisire competenze attraverso occasioni di confronto e dibattito.
Le occasioni di confronto e dibattito, sotto forma di conferenze e corsi per genitori,
mostrarono per di non corrispondere in pieno alle esigenze e agli obiettivi stabiliti: i fondi
finanziari disponibili non permettevano di organizzare le conferenze e i corsi in tutte le
scuole (i plessi erano allora 7 di scuola dellinfanzia e 5 di scuola elementare), quindi furono individuate 3 sedi strategiche, peraltro abbastanza distanti dai punti di provenienza
di alcuni genitori; la durata degli interventi non era tale da garantire la costituzione di
gruppi di genitori coesi e stabili; la partecipazione dei genitori a rischio era pressoch
nulla. A questi punti di criticit va aggiunto il fatto che, anche se listituzione scolastica
aveva promosso e garantito il servizio, gli operatori direttamente interessati a costruire un
rapporto positivo con le famiglie, gli insegnanti, partecipavano ai corsi in maniera del tutto
occasionale, sporadica, volontaria: il Collegio dei docenti, pur avendo condiviso la necessit dellintervento, non risultava motivato a essere coinvolto direttamente in questo tipo
di proposte, da sempre considerate al di fuori del ruolo classico dellinsegnante.
Nellanno scolastico successivo, il 1997/98, al successo scolastico furono dati ampi spazi
di riflessione allinterno del Collegio dei Docenti; furono attivate anche iniziative di formazione sul rapporto comunicativo insegnante-alunni e insegnante-genitori. Molti insegnanti delle scuole dellinfanzia e delle scuole elementari si mostrarono interessati ad attivare
interventi volti alla prevenzione dellinsuccesso e alla partecipazione attiva dei genitori.
Nacque cos Fuori dal guscio, un progetto che, nato dallo sviluppo delle precedenti esperienze, si proponeva di offrire a tutti i genitori occasioni di aggregazione anche a carattere ludico-pratico, attraverso lorganizzazione dei laboratori del fare e del pensare per e
con i genitori; ai laboratori partecipavano nel ruolo di conduttori o di coadiuvatori degli
esperti gli insegnanti interessati.
I laboratori del fare e del pensare furono attivati in ogni plesso scolastico: i genitori avevano quindi a disposizione spazi anche fisici per collaborare concretamente alla vita della
scuola svolgendo attivit sia pratiche che formative, per i loro figli ma anche per loro stessi.
Le proposte, richieste dagli stessi genitori, spaziavano dal teatro alla costruzione di giocattoli, dallorganizzazione di percorsi alla riscoperta di vecchi sentieri a momenti di letture,
dalla riflessione e dallo scambio di idee su temi educativi a corsi di computer. Le attivit
erano spesso svolte in collaborazione con le associazioni culturali dei cinque comuni e in particolare con lassociazione culturale e solidale Crescere Insieme di Pontedera che curava laspetto pi specialistico della formazione con esperte psicopedagogiste. Le risorse finanziarie
per gli strumenti e le prestazioni degli esperti erano garantite dal coinvolgimento delle
amministrazioni attraverso il Piano Integrato di Area, mentre la partecipazione degli insegnanti era possibile grazie ad unarticolazione flessibile e funzionale degli orari di servizio.
Con Fuori dal guscio stato possibile raggiungere e coinvolgere parecchi genitori e
soprattutto le attivit laboratoriali di tipo manuale ci hanno permesso di far avvicinare
alla scuola anche una parte di quei genitori pi titubanti, non ancora pronti a mostrarsi e
107
mettersi in gioco nelle attivit formative, quei genitori caratterizzati spesso da un titolo di
studio molto basso e definiti per questo a rischio.
Le risposte a un questionario di verifica proposto ai partecipanti mostrano che la maggior parte dei genitori ha gradito liniziativa e le attivit e viene apprezzato in modo particolare il fatto che ogni attivit scaturita dalle loro esigenze considerate in direzione dei
figli: i genitori sono entusiasti di aver lavorato, costruito, letto, studiato per i loro figli e
per i bambini tutti.
Il risultato ottenuto ci ha spinto a proseguire il nostro intervento programmandolo in
questa direzione anche negli anni successivi.
1998/99: nasce
SPORA
Nel 1998, forti dei risultati ottenuti a livello di partecipazione e di coinvolgimento delle
amministrazioni locali e delle associazioni, grazie allapprovazione del progetto speciale del
Ministero della pubblica istruzione denominato SPORA (Sperimentare, Orientare, Accogliere)
abbiamo potuto costituire una rete allargata ad altri cinque comuni della provincia per attuare interventi sulla promozione del successo scolastico attraverso la risorsa genitori.
Mentre nelle scuole dellIstituto proseguivano le attivit dei laboratori, alcune delle quali
andavano assumendo sempre pi la connotazione tipica dei corsi di educazione degli adulti (alcuni genitori avevano espresso lesigenza di poter seguire corsi di lingua straniera per
essere in grado di aiutare i figli durante il percorso scolastico), si potuto costituire un
gruppo di progetto interistituzionale coordinato dalla Dirigente scolastica dellIstituto e
formato da insegnanti, amministratori, operatori sociali di enti pubblici e di una cooperativa sociale, operatori dellassociazione culturale e solidale Crescere Insieme e genitori; del
gruppo di progetto faceva parte a pieno titolo il responsabile per la dispersione scolastica
del Provveditorato agli Studi di Pisa, direttore dellOsservatorio scolastico provinciale, che ci
garantiva un collegamento costante con la situazione reale del territorio.
La prima esigenza scaturita dal confronto dei componenti del gruppo stata quella della
formazione degli operatori: provenienti da settori diversi (privato sociale, scuola, amministrazioni locali, USL), tutti i partecipanti avevano in comune la necessit di superare la frammentariet e spesso lincoerenza di alcuni interventi fino ad allora messi in pratica attraverso la convinzione che una progettazione integrata e condivisa avrebbe garantito risultati positivi in termini di efficienza ed efficacia.
Dalla formazione, che verteva sia su contenuti di tipo normativo, come la riflessione sulle
possibilit effettive di interventi mirati alla soluzione del problema dispersione offerte dalle
allora recenti legge regionale 3 ottobre 1997, n. 72, Organizzazione e promozione di un
sistema di diritti di cittadinanza e di pari opportunit: riordino dei servizi socio assistenziali e socio sanitari integrati, e legge 28 agosto 1997, n. 285, Disposizioni per la promozione di diritti e di opportunit per linfanzia e ladolescenza, sia sullanalisi delle criticit esistenti nel rapporto tra i vari enti nel costruire percorsi comuni, nata la premessa per lelaborazione di protocolli dintesa tra scuole, comuni, USL, associazioni, cooperative.
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Fuori dal guscio: genitori come risorsa nella prevenzione dellinsuccesso scolastico nellIstituto comprensivo di Fauglia
Il protocollo che ne seguito, nel 1999, basato sulla condivisione del modello
dellIstituto, che si fonda sullipotesi che le probabilit di insuccesso scolastico dei
ragazzi sono legate al livello di istruzione dei genitori e alle difficolt di integrazione tra
i diversi soggetti del territorio e ha come finalit aiutare i genitori a sviluppare una
visione pi consapevole, informata e partecipativa del sistema scuola, migliorare le
capacit di formazione e di autoformazione dei genitori durante il percorso scolastico
dei loro figli.
stato quindi avviato un intervento di rete al quale hanno partecipato nellanno scolastico 1999/2000 i gruppi territoriali di Calcinaia, Cascina, Castelfranco, Pontedera e
Ponsacco, oltre i comuni dellambito dellIstituto, e che ha visto coinvolti nellattivazione
pratica dei laboratori per e con i genitori i docenti delle scuole interessate.
Il lavoro dellIstituto intanto continuato ed stato possibile integrare le attivit con i
genitori con due sottoprogetti accessori che ci hanno garantito la possibilit di tenere
costantemente sotto controllo la situazione degli alunni figli di genitori con basso titolo di
studio rispetto a relazioni e competenze: il sottoprogetto TODI (Toscana Dispersione),
attraverso il quale possibile misurare il livello di benessere dei singoli alunni in base al
loro vissuto emotivo della scuola, al loro rapporto con i compagni e gli insegnanti, al loro
gradimento delle attivit proposte, e il sottoprogetto Einstein, tramite il quale possibile
individuare precocemente (prima e seconda elementare) le difficolt di lettoscrittura e procedere quindi a interventi mirati spesso risolutivi.
Riguardo alla distribuzione dei genitori nei laboratori svolti dagli alti comuni della rete (a
carattere prevalentemente formativo: gruppi di riflessione, sensibilizzazione, arricchimento), possiamo rilevare che nessun genitore in possesso della sola licenza elementare ha partecipato alle attivit; la percentuale dei genitori con la licenza media stata circa del 15%
a Ponsacco, del 21% a Cascina, del 50% a Calcinaia, mentre a Pontedera non ci sono
state presenze di genitori con questa caratteristica. I gruppi che si sono formati sono stati
quindi costituiti perlopi da genitori diplomati (62% a Ponsacco, 67% a Cascina, 43% a
Calcinaia e 76% a Pontedera), mentre i laureati sono stati il 23% a Ponsacco, il 13% a
Cascina, il 7% a Calcinaia e il 24% a Pontedera.
Da questi dati evidente che la proposta dei laboratori del fare e del pensare stata
quella che riuscita a catturare il maggior numero di genitori a rischio.
I laboratori hanno anche avuto una ricaduta positiva sui risultati scolastici dei figli: una
ricerca dellIstituto realizzata incrociando i risultati dei sottoprogetti gi citati con la frequenza o meno dei genitori ai laboratori ci ha mostrato che, quando i genitori a rischio
hanno partecipato alle attivit almeno in un anno scolastico, si sono avuti risultati positivi anche nelle competenze di lettoscrittura dei loro figli (sottoprogetto Einstein): sono
migliorati il 31% degli alunni contro il 18% dei peggiorati, mentre quando i genitori non hanno preso parte alle attivit i figli migliorati sono stati il 9% e i peggiorati il 18%.
Resta ora il problema di condurre questi stessi genitori in un cammino di confronto,
scambio, ricerca, aiuto: c da far scaturire in loro la motivazione a comunicare, ad essere in relazione in situazione educativa; c da far s che loro stessi sentano lesigenza delleducazione alla genitorialit.
Le prospettive
Forti dei risultati ottenuti e certi di poter migliorare ancora, nostra intenzione proseguire ed estendere il progetto: oltre al coinvolgimento dei nuclei familiari gi individuati
come a rischio, il prossimo impegno quello di riuscire a raggiungere i genitori dei bambini nati dal 1999 in poi, con un intervento mirato e concertato con gli enti locali dellambito territoriale dellIstituto.
Il programma prevede tra laltro uniniziativa per tutti i genitori dei bambini di 0-3 anni,
che ci consente di superare lottica preventiva finora adottata per gli altri interventi (che ci
impone di individuare solo i fattori di rischio o di debolezza) agendo invece nella direzione della valorizzazione delle risorse.
Riguardo al coinvolgimento degli insegnanti oggi possiamo dire che laspetto del rapporto con le famiglie molto sentito e si stanno formando, allinterno del Collegio dei
Docenti, gruppi di formazione e autoformazione volti a individuare le cause delle criticit
che emergono nella quotidianit, a trovare insieme soluzioni a partire dalla gestione dei
rapporti formali(assemblee, colloqui, messaggi, ricevimento,), a quella spesso conflittuale dei compiti a casa, a quella informale degli incontri fuori della classe (corridoi,
110
Fuori dal guscio: genitori come risorsa nella prevenzione dellinsuccesso scolastico nellIstituto comprensivo di Fauglia
entrata/uscita, eventi,): il punto di partenza del lavoro dei gruppi la presa di coscienza
del fatto che il genitore non rappresenta la controparte.
I gruppi quindi, sotto la guida di esperti, dovranno riflettere sulla particolare realt comunicativa scuola-famiglia per quanto concerne le dimensioni interpersonale e organizzativa intese come processi, perci con tutte le caratteristiche che li caratterizzano.
Uno dei documenti da produrre entro la fine di dicembre uno strumento di misurazione del rapporto scuola-famiglia, dove gli indicatori per i diversi obiettivi saranno costruiti sulla base delle osservazioni condivise nel Collegio dei docenti unitario.
Altri documenti avranno le caratteristiche di decaloghi di azioni che i genitori potranno mettere in pratica per favorire il successo scolastico dei figli e che gli insegnanti potranno utilizzare per costruire un rapporto positivo di collaborazione con le famiglie.
prevista poi la formazione di un gruppo di docenti che lavoreranno con i genitori
come partners attivi e quindi dovranno diventare gli animatori dei gruppi di genitori nei
laboratori.
Alle attivit prettamente disciplinari, che seguiranno un percorso in continuit con quanto realizzato negli anni scorsi, si affiancheranno i laboratori formativi che, partendo
dalle occasioni del fare, dovranno offrire spazi al pensare e al comunicare. Lidea
quella di utilizzare gli insegnanti nel ruolo di facilitatori per valorizzare le competenze dei
genitori e aiutarli a metterle in circolo. Gli insegnanti dovranno usare le loro competenze
per favorire allora laiuto reciproco tra i genitori, soprattutto per garantire lintegrazione di
chi si trova di fronte a difficolt oggettive (i genitori immigrati, ad esempio) o in situazione di rischio. Per raggiungere questo obiettivo, sar necessario attivare gruppi di sensibilizzazione e di potenziamento, dove lapertura allascolto condizione essenziale per linstaurarsi di relazioni; dato che lascolto ha come presupposto che linterlocutore, o chi si
racconta, abbia qualcosa di interessante o di valido da esprimere, il rapporto che si configura risulta fondato sulla fiducia e sul riconoscimento di competenze, in situazione di
costante accettazione delle diverse culture e dei valori che ne stanno alla base. Su questi
presupposti allinterno dei gruppi i genitori potranno trovare strategie adatte al loro problema, forti della loro identit personale nella diversit; ognuno potr avere garantito il
diritto di arricchire e arricchirsi, di agire in senso intenzionale e autentico, di costruire il suo
rapporto con i figli in autonomia e libert.
I laboratori saranno aperti anche ai neo-genitori, che dovrebbero avere in pi anche la possibilit di usufruire di un servizio di consulenza psicopedagogica (ubicato in ogni comune o
nelle scuole) per essere sostenuti e validati nello svolgimento del loro ruolo di genitori.
A tutti i genitori la scuola si impegna a garantire uno spazio di crescita e di relazione,
allinterno del gruppo e allinterno della famiglia, per i figli ma anche con i figli: la
risorsa genitori pu e deve essere utilizzata per il successo scolastico e oggi anche per
il successo formativo.
111
comune, gruppi di studio a tema con la presenza di esperti, forme aggregative e ludiche
con la partecipazione congiunta di bambini e genitori. Le esperienze condotte hanno portato, in una fase successiva, a privilegiare le forme partecipative centrate sulla sezione
nellambito della classe, intesa come nucleo primario dellesperienza formativa, sia per gli
educatori che per i genitori. Il numero ridotto dei partecipanti consentiva un avvicinamento pi produttivo e personalizzato ai bisogni e alle problematiche delle famiglie e dei bambini. Durante gli incontri, a cadenza mensile, i genitori si ritrovavano insieme con gli educatori e gli operatori del gruppo interdisciplinare per affrontare tematiche di interesse
comune, lasciando spazio a richieste personali relative alla crescita dei figli.
In quegli incontri era emerso il bisogno dei genitori di usufruire di spazi di socialit dove
avrebbero potuto incontrarsi adulti e bambini in momenti diversificati della giornata, con
lobiettivo sia di stare insieme giocosamente che per confrontarsi e interloquire.
Sono stati individuati ampi locali in prossimit dellasilo nido che potrebbero essere
ristrutturati a tale scopo.
Presso la scuola dinfanzia gli incontri con i genitori avevano evidenziato un particolare
interesse allalimentazione; per questo motivo si avviato un programma di attivit che ha
visto la partecipazione attiva e integrata dei bambini, dei genitori e degli insegnanti. Sono
stati utilizzati strumenti audiovisivi, questionari, disegni prodotti dai bambini; il programma si concluso con una conferenza allargata a tutti i genitori del circolo.
Le strade percorse sono sempre state oggetto di riflessione e valutazione tra gli operatori che hanno concretizzato il progetto. Gradualmente si maturata la convinzione che il
percorso che avrebbe condotto agli obiettivi sopraindicati doveva prevedere anche nuove
modalit operative, che venivano individuate soprattutto nelleducazione familiare.
Nel corso dellanno scolastico 1999/2000, si proposta alla Direzione didattica del IV
Circolo liniziativa sperimentale di educazione familiare anche relativamente ai genitori
della scuola dinfanzia di Ortola.
Parallelamente si previsto, per tutti gli educatori degli asili nido del Comune di Massa,
un corso di formazione, attuato in collaborazione con la pubblica istruzione, teso ad accrescere la loro professionalit intesa anche come capacit di ascolto e di sollecitazione delle
risorse e delle potenzialit dei genitori, con particolare riferimento agli aspetti relazionali
ed emozionali che caratterizzano i rapporti tra gli individui.
Tipologia organizzativa
La modalit attraverso cui proporre ai genitori lesperienza stata individuata di concerto con gli insegnanti della scuola dinfanzia.
Nellambito degli incontri trimestrali istituzionali svolti con le classi, gli insegnanti hanno
presentato ai genitori il progetto Itinerari con i genitori e chiesto la loro adesione formale,
che risultata essere di 8 genitori.
Gli incontri, che sono stati realizzati in un locale messo a disposizione dalla scuola elementare attigua alla scuola dinfanzia, contemplavano due fasi: la prima, definita grup114
po di sensibilizzazione, si articolava in quattro incontri; la seconda, gruppo di arricchimento, si rivolgeva a coloro che erano interessati a continuare il percorso e contemplava
altri quattro momenti.
Al termine della seconda fase si proposta ai partecipanti la prosecuzione del percorso
con la realizzazione di una terza fase denominata gruppo di approfondimento delle abilit di aiuto, prevista per lanno scolastico 2000/2001.
I tempi di attuazione sono stati i seguenti: gli incontri, a cadenza settimanale, hanno
avuto la durata di 2 ore ciascuno, in orario 14.00-16.00. La scelta della fascia oraria stata
concordata con i genitori al fine di agevolarli nella loro organizzazione familiare (essendo
orario scolastico, non avevano problemi di collocazione dei figli).
La frequenza dei partecipanti ha visto la seguente presenza:
primo incontro: 9 genitori;
secondo incontro: 8 genitori;
terzo incontro: 11 genitori;
dal quarto allottavo incontro: 11 genitori.
La conduzione del gruppo stata affidata a unassistente sociale affiancata da una collega con compiti di osservatore e verbalista.
Attivit svolte
Gli incontri con i genitori e la scelta degli strumenti operativi sono stati realizzati con lobiettivo di creare le condizioni per consentire agli stessi una maturazione. Partendo dalle
loro esperienze quotidiane nello svolgimento del ruolo educativo sono stati sollecitati a un
collegamento empatico con i propri vissuti personali e a una riflessione sulle competenze
e potenzialit di ciascuno, anche attraverso il confronto con le esperienze degli altri.
In altre parole: si tratta di mettersi a guardare un po dentro di s per trovare la propria linfa (Milani, 1993, p. 41).
Ciascun incontro con i genitori si sviluppato seguendo una linea metodologica ben
precisa. Inizialmente si introduceva largomento scelto attraverso la lettura di una favola o
una simulata o altra forma di espressione.
Successivamente si apriva uno spazio di riflessione singolo o a diade che conduceva a
una discussione del gruppo sulle esperienze personali e consentiva, al contempo, lintroduzione di spunti teorici.
Lincontro si concludeva con una restituzione sintetica al gruppo degli argomenti emersi da parte del conduttore.
I temi trattati sono stati i seguenti:
riflessioni sul ruolo, le competenze, i bisogni e i compiti dei genitori (il genitore autorevole);
riflessioni sul crescere (tappe evolutive del bambino, la base sicura di Bowlby);
regole e limiti;
comunicazione verbale e analogica (comunicazione in famiglia).
115
La lettura della favola e la discussione nel gruppo per la riflessione sul tema sottostante
permette di entrare in contatto sia con il livello emotivo che con quello razionale. Nella
nostra esperienza abbiamo valutato che in alcuni casi sono emerse difficolt a mettersi in
contatto con la propria parte emotiva, i propri bisogni infantili e il disagio stato avvertito in misura maggiore a carico di persone che durante i primi incontri avevano espresso
spontaneamente un vissuto particolarmente doloroso.
Nella maggior parte dei casi, invece, il prendere contatto con i due livelli, ha avuto leffetto di promuovere progressivamente una nuova consapevolezza, la capacit di riconoscere e differenziare i propri bisogni infantili, le proprie questioni irrisolte.
Il confronto dialettico tra genitori permette di riflettere sugli agiti, sulle altrui esperienze: si creano cos le condizioni per valutare e scegliere nuove modalit di comportamento, correggendo al contempo le relazioni di ogni giorno.
Si crea cos unabitudine allautoanalisi, alla ricerca dentro se stessi e allattivazione delle
proprie risorse davanti agli eventi e difficolt quotidiane.
Circa la metodologia e luso della favola in particolare, si utilizzato il testo Il bambino
nascosto di Alba Marcoli, la quale ben sottolinea la potenza di questo strumento di comunicazione: la favola la forma pi antica di comunicazione; la sua struttura, con un inizio,
unevoluzione e una fine rappresenta la vita nellininterrotto fluire del tempo, scandito da
avvenimenti importanti con un prima e un dopo; d limportante messaggio che le difficolt quotidiane sono inevitabili, ma superabili e che qualcuno pu sempre essere daiuto
anche nelle situazioni pi difficili.
Ognuno pu prendere dalle favole diversi significati nei diversi momenti della vita e inoltre aiutano ad acquisire un nuovo modo di affrontare quegli eventi non prevedibili ed essere pi preparati a tollerarli.
Lascolto di una favola determina un calo delle difese in quanto luso di un linguaggio infantile permette di trovare un canale di accesso al mondo infantile che ladulto si
porta dentro.
Lo spostare sul mondo animale le tematiche affettive facilita in genere il racconto sulla
propria affettivit evitando lintervento della censura. Poich ladulto ha costruito delle
difese pi raffinate e pi vecchie di quelle di un bambino pi difficile che riesca a entrare in contatto con le emozioni sepolte dentro di s. Le favole, come metafore degli eventi quotidiani, permettono di capire che attraverso la sperimentazione si impara a vivere,
cos come aiutano a interiorizzare i ruoli familiari senza confusione (il re e la regina dettano le regole e i principi devono sottostarvi), insegnano a graduare laggressivit, invece che
a reprimerla e a soccombervi e insegnano ad avere fiducia nelle risorse di un bambino.
Cos come la favola permette lacquisizione di una maggiore consapevolezza del mondo
interno con le sue emozioni e sentimenti sia nei bambini che negli adulti, allo stesso modo
la simulazione si rivelata uno strumento efficace.
Lassunzione di ruoli diversi, intesa come richiesta al genitore di mettersi nei panni di,
di stare nella situazione del figlio e di se stesso in momenti specifici, ascoltando dentro di
s i sentimenti e le emozioni che suscitano, fanno s che limmagine del figlio, che gli altri
partecipanti rimandano al genitore, spesso non coincida con la sua ma sia pi ricca e con
116
pi risorse. Questo aiuta il genitore ad apportare piccole modifiche al proprio comportamento, infatti in questo senso il gruppo pu assumere la funzione di una sorta di officina, lidea di un luogo in cui si crea, o meglio in cui si fa lopera, si trasforma la materia di uno spazio preparatorio dove si pu tentare e ritentare, sperimentarsi fuori dal contesto reale, senza paura di sbagliare o essere giudicati. Come in una vera officina nel
gruppo si apprendono nuovi contenuti, si sperimentano nuove azioni, si confrontano
modi di pensare consueti e se ne intuiscono di nuovi, si libera la propria fantasia nel cercare nuove ipotesi di soluzione ai problemi che leducare pone giorno dopo giorno
(Milani, 1993, p. 64).
Questo passo introduce a un altro importante obiettivo che la riflessione nel cercare di
comprendere cosa succede anzich chiedersi di chi la colpa e in cosa si sbagliato.
Mettere in discussione il tipo di relazione con i bambini significa spesso mettere in discussione le modalit di rapporto acquisite nella propria infanzia e ci pu determinare inizialmente anche sentimenti di impotenza: anche perch manca una cultura psicologica collettiva, generalizzata e corretta, per cui il genitore si sente spesso messo sul banco degli
imputati davanti a (Marcoli, 1996, p. 276).
Il modello di funzionamento mentale che usiamo pi comunemente quello giudicante per cui il genitore portato a colpevolizzarsi, invece che a chiedersi che cosa successo (Marcoli, 1996, p. 275).
Ma, come dice Milani, il punto non sbagliare, ma accorgersene e sapersi correggere [].
Perci leducazione un processo sempre aperto, un cammino da fare prima che un dovere da compiere [] la disponibilit ad unazione educatrice su di s (Milani, 1993, p. 49).
A questo proposito si sottolinea limportanza di fornire ai genitori occasioni strutturate
come leducazione familiare.
W.B. Beavers e R.B. Hampson sostengono:
Svolgere il ruolo di genitori un processo interpersonale istitutivo che evolve dallesperienza
una relazione operativa con il proprio coniuge e con la propria famiglia di origine [] da essi ci
si aspetta che sappiano, non si sa come, guidare, istruire e nutrire i figli nel corso della loro crescita e magari senza modelli o consulenti su cui fare affidamento.
Avevo detto a me stesso che non avrei mai fatto ai miei figli quello che i miei genitori hanno
fatto a me sentiamo dire continuamente, ma mi sono scoperto a. Quasi sempre le difficolt nello svolgere il ruolo di genitori non derivano da un comportamento volutamente negativo, ma da frustrazione, mancanza di esperienza o mancanza di conoscenza.
(Beavers e Hampson, 1992, p. 210)
Conclusioni
La partecipazione dei genitori al gruppo ha, a nostro avviso, rappresentato un momento essenziale per migliorare il rapporto genitori-figli. Infatti lutilizzo di una metodologia
che aiuta i genitori a star meglio nel loro ruolo senza colpevolizzarli, ha consentito lacquisizione di una maggiore autostima e la sensazione di essere capiti e rassicurati: i genitori si sono interrogati sempre di pi e hanno giudicato sempre meno.
La consapevolezza che i problemi di ciascun genitore sono gli stessi degli altri li ha aiutati a sentirsi meno soli e a rendere le difficolt pi accettabili. La stessa vicenda vissuta
in modo personale da chi ascolta e questo permette di comprendere che percepiamo gli
eventi a seconda dello stato danimo e della esperienza personale di ciascuno.
Il gruppo sollecita e produce, infatti, dei mutamenti nelle relazioni familiari perch i partecipanti acquisiscono maggior consapevolezza sia dei propri limiti, ma anche delle proprie
capacit, imparano ad ascoltare i figli e i loro bisogni e ad ascoltarsi. Ci conduce ad
affinare lattenzione su aspetti che prima non si notavano e a sviluppare un modo meno
rigido di affrontare gli eventi quotidiani. A lungo andare ci abitua a ricercare dentro se
stessi e a usare le risorse davanti ai problemi quotidiani; un giorno una mamma (Francesca)
ha sottolineato questo aspetto, affermando perch sorvoliamo sempre sulle cose che
vanno bene, perch non ci diciamo anche quelle.
Imparando a conoscere le cose che spaventano si riesce pi facilmente ad affrontarle,
anche perch si pu contare sul sostegno del gruppo dove si sono sviluppati interesse e
ascolto reciproco.
Se consideriamo che il bambino nel rapporto con gli adulti acquisisce gli schemi e i
modelli con cui pensare e relazionarsi agli altri, si comprende il ruolo preventivo svolto da
questi percorsi con i genitori.
Conoscere le tappe evolutive del bambino ha aiutato i genitori a essere pi sereni di
fronte ai momenti di crisi, a ridimensionarne la gravit, a non sentirsi paralizzati, riducendo lansia degli stessi nei confronti dei figli: diminuendo il livello di ansia la relazione con i
bambini ne beneficia.
emerso in modo evidente che per poter prendersi cura degli altri bisogna prima essersi
presi cura di se stessi. successo spesso, dopo la lettura della favola, che i genitori raccontassero come ci avesse riportato alla luce la loro esperienza di bambini e i loro vissuti emotivi.
La lettura dei dati del questionario somministrato ai genitori fa emergere quanto sia
forte tra loro lesigenza di avere uno spazio in cui poter parlare e condividere situazioni che
affrontate da soli appaiono invece difficili e insormontabili.
In un caso la partecipazione al gruppo ha portato alla luce una difficolt relazionale della
coppia genitoriale che non poteva essere affrontata in quellambito, ma stata utile in
quanto la persona ha maturato la consapevolezza dellesistenza di problemi che dovevano essere affrontati in altro contesto. Infatti, successivamente, su richiesta dellinteressata
vi stata la presa in carico della famiglia da parte dei servizi psicologico e sociale.
Si sottolinea a questo proposito lutilit di questi percorsi non solo come promozione di
una genitorialit consapevole ma anche come prevenzione del disagio.
119
Programmi futuri
Relativamente alla fascia det 0-6 anni, a conclusione del percorso di educazione
familiare e in base alle esigenze espresse dai partecipanti, anche attraverso questionari,
si programmata unulteriore fase avente come obiettivo lapprofondimento delle abilit di aiuto.
Partendo dai bisogni fondamentali della persona si vuole arrivare allindividuazione dei
compiti propri della famiglia passando attraverso la scoperta di strategie per aiutare genitori e figli nel soddisfacimento di questi bisogni, il rafforzamento della fiducia in s e dellautostima per entrare in relazione con se stessi e con gli altri.
La programmazione prevede inoltre la realizzazione di esperienze di educazione familiare anche in altri tre plessi di scuola dellinfanzia dove gi stato realizzato un progetto di
sensibilizzazione a insegnanti e genitori aventi come temi la continuit scolastica tra nido
e scuola dinfanzia.
I genitori sono apparsi interessati a sperimentare percorsi di supporto alla funzione
parentale.
Il Comune di Massa in procinto di attivare, in collaborazione con personale delleducazione sanitaria Azienda USL 1, il servizio di educazione familiare, anche a favore di nuclei
con ragazzi in et della scuola dellobbligo e oltre (sino a 18 anni). Il servizio contempler
sia momenti di consulenza alle famiglie e ai ragazzi stessi, sia spazi di incontro, di riflessione con/fra genitori.
120
Predisporre incontri con genitori delle scuole elementari e medie, sulle problematiche della
sessualit in et adolescenziale e pi in generale, incontri di formazione-informazione finalizzati
a rendere gli adulti pi consapevoli ed informati delle problematiche proprie delladolescenza,
mettendoli in grado di porsi in una posizione dascolto attivo che favorisca la comunicazione
adolescente-adulto.
Gli operatori sanitari medici, ostetriche, psicologi scoprono cos il nuovo ruolo danimatore deducazione familiare che permette loro di rendere lintervento pi efficace.
Gi nel 1981 R. Forleo et al. specificano che sia leducatore che il consulente non
sono e non devono essere, persone che si occupano solo di problemi legati alla sessualit,
ma nello stesso tempo devono avere, per trattare questi argomenti e questi problemi, una
preparazione specifica nel campo. (Forleo, et al., p. 38).
Ad esempio, nella nostra realt la preparazione alla nascita definito percorso, un
momento privilegiato di incontro con le donne non solo per presentare la rete dei servizi dedicata alla donna, allinfanzia e alla famiglia ma anche per richiedere il loro contributo affinch
lassistenza possa sempre di pi rispettare e soddisfare i bisogni di questo momento cruciale.
La figura dellostetrica, quindi, pu assumere questo ruolo, diventando essa stessa la metafora educativa di un possibile modo di far crescere il sapere(maieutico). Scrive V. Schmid:
nella preparazione attiva del parto non si somministrano ricette per riuscire, n tecniche
respiratorie o di altro tipo simile alla vendita di un prodotto finalizzato a, ma il lavoro verte
in ununica direzione: riavvicinare le donne un po di pi a se stesse. La preparazione alla
nascita quindi la tappa di un percorso, in cui i futuri mamma e pap iniziano la discussione
del passaggio che si apprestano a compiere da coppia a coppia di genitori.
Partendo da questesperienza molto positiva abbiamo pensato di sperimentare percorsi
analoghi anche nellambito di quel delicato momento che la preadolescenza e ladolescenza dei figli, vista dalla parte dei genitori.
Riflettere sulle nostre esperienze e conoscenze, introdurre nuovi contenuti per fornire
nozioni sulla fisiologia del corpo e valorizzarne la valenza di crescita significa spingere le
persone verso scelte attive e non passive, acritiche.
Abbiamo scelto di non servirci di un gergo scientifico, che avrebbe potuto indurre da
parte nostra una relazione di asimmetria e potere nei confronti dei genitori.
Consapevoli, inoltre, della rilevante funzione della comunicazione come fattore facilitante del percorso formativo verso la genitorialit, pensiamo che i singoli operatori debbano necessariamente prevedere momenti di formazione personale che forniscano loro gli
strumenti per svolgere in maniera agevole e valida questo difficile compito.
Riteniamo che il lavoro con il gruppo dei genitori possa essere considerato una risorsa e un contesto privilegiato di scambio e crescita e che il modello di educazione familiare nello specifico sanitario sia davvero una prevenzione formativa (Catarsi, 2000).
Coinvolgere i genitori dei bambini delle scuole elementari e medie a prendere consapevolezza del loro ruolo nelleducazione sessuale non pu tralasciare il modo con cui li affianchiamo in questo percorso. Spaventati anche dagli eventi attuali per la mancanza di rispetto della sessualit infantile, richiedono, insieme agli insegnanti, momenti di approfondi-
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Educazione familiare ed educazione sessuale. Unesperienza di integrazione tra ASL, scuola e famiglie in Versilia
mento che, a nostro parere, devono riguardare anche gli stili educativi e le modalit di
comunicazione genitori-figli. Per questo lesperienza qui di seguito riportata e preceduta
da anni di esperienza di riunioni con i genitori nelle scuole ed associazioni, si concretizzata nel corso per genitori Ricette impossibili: essere genitori nel terzo millennio!
Questo titolo, un po provocatorio, avrebbe scoraggiato, secondo noi, i presenti a ricercare le ricette per non sbagliare con i propri figli, e a immaginare di essere coinvolti in un
corso-laboratorio, aperto allo scambio e alla costruzione di un sapere inedito.
Presso lIstituto comprensivo Camaiore 3 abbiamo raccolto le iscrizioni di coppie di genitori che precedentemente avevano gi partecipato a momenti formativi con noi. Si tratta
quindi di un percorso di arricchimento. Sedici genitori e uninsegnante hanno aderito al corso
a numero chiuso, articolato su quattro incontri serali di due ore ciascuno a cadenza settimanale, svolti presso la sede del Consultorio adolescenti a Lido di Camaiore. Questa novit, di
accogliere le persone nella sede sanitaria, vorremmo avesse un significato importante al
nostro interno come cambiamento di atteggiamento, sostituendo alla logica riparatoria
quella della promozione della salute. Gli incontri proposti sono stati solo quattro, trattandosi per noi di un esperimento. Abbiamo preferito dare dei titoli ai singoli incontri, usandoli
come pretesto per lavorare insieme sul tema della sessualit, i sentimenti e la comunicazione. A tutti gli incontri sono stati presenti la psicologa e il pedagogista, esperto in educazione familiare. La sessuologa si aggiunta nel secondo e terzo incontro. La copresenza stata
una scelta di arricchimento tra le diverse professionalit, nella convinzione di riuscire meglio
a presentare unesperienza poliedrica. Malgrado avessimo aderito alla richiesta dei genitori
di effettuare il corso nellorario serale, hanno poi frequentato assiduamente il corso solo
quattro persone e linsegnante. Le coppie di genitori si sono alternate per motivi di organizzazione familiare. In totale hanno partecipato 16 genitori, 11 mamme e 5 padri. Il ruolo dellanimatore si espresso, pur nella continuit dellintervento, privilegiando ora momenti
informativi, di attivit per gruppi o a coppie, ora di riflessione, di dibattito di ridefinizione.
Alla verifica finale gli iscritti hanno apprezzato gli incontri, che sembra abbiano risposto
alle loro attese. Pensiamo che questo cincoraggi a continuare lesperienza per garantire la
continuit del gruppo di lavoro. I precedenti corsi realizzati nelle scuole hanno visto unaffluenza significativa al primo degli incontri, poi le persone tendono a selezionare gli argomenti e quindi a mancare successivamente a qualche riunione, perdendo la continuit
della riflessione che cresce nellinsieme. Speravamo di veder intervenire sempre tutti gli
iscritti, abbiamo verificato quanto questo sia obiettivamente una difficolt nella nostra
realt, problema con il quale dobbiamo ancora confrontarci.
Alla fine del corso sono stati consegnati i questionari elaborati dal gruppo di ricerca regionale sulleducazione familiare e ne presentiamo lelaborazione suddividendo quelli dei
maschi dalle femmine, incuriositi di vedere se le mamme e i babbi esprimono giudizi diversi. Le osservazioni di questuomo e di questa donna sono state messe per maggioranza.
Dunque, luomo e la donna che sono intervenuti ai nostri incontri sembrano avere le
seguenti caratteristiche.
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Luomo stato meno presente numericamente della donna; ha unet compresa tra i 40 e i
44 anni con un titolo di studio di licenza media
superiore.
Ha un figlio dai 10 ai 17 anni e di professione faceva loperaio, lartigiano o limpiegato.
Rispetto agli incontri da noi proposti era indeciso sia sul numero che sulla cadenza, ma alla
fine di ogni incontro stato completamente
soddisfatto.
I contenuti gli erano sembrati interessanti e
utili ed era daccordo sul modo in cui sono stati
trattati i problemi.
Rispetto agli obiettivi che si poneva inizialmente si era trovato a volte daccordo, altre
volte completamente daccordo, altre volte
indeciso. Non era sicuro di aver migliorato la sua
capacit di confrontarsi con gli altri ma si era
sentito di poter dire di aver vissuto unesperienza di arricchimento personale.
Riteneva che le opinioni, le reazioni e le esperienze di tutti fossero state accolte.
Il conduttore del gruppo era sembrato competente e le discussioni non gli erano sembrate
dispersive.
Era indeciso sul fatto che alcuni genitori avessero accentrato lattenzione. Sosteneva che
allinterno del gruppo cera una buona comunicazione.
Il punto forte di questi incontri era stato lacquisire nuove competenze mentre il punto
debole, laccentramento dellattenzione da
parte di alcuni genitori.
Sosteneva che le iniziative di formazione per i
genitori dovessero essere preferibilmente organizzate mediante cicli di conferenze (3-4 per
ogni ciclo) o gruppo di genitori che sincontrano
5-6 o 9-10 volte.
Era interessato a lavorare su questi temi: luso
della tv, il ruolo del padre, le regole e la disciplina, i problemi dellalimentazione. Riteneva inoltre che compito dei genitori fosse di educare
alle regole della convivenza.
Rispetto alla donna era deciso, mai completamente in disaccordo; quando era daccordo lo
era in genere completamente.
Tra questuomo e questa donna ci sono delle analogie ma anche delle differenze e confrontando il tutto con le premesse della circolare ci poniamo le seguenti domande.
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Riferimenti bibliografici
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