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2 - La responsabilit civile
3 - Le forme assicurative
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"Nella valutazione di fatto del comportamento in concreto illecito, lesivo di un altrui diritto,
bisogner allora verificare se tale comportamento, anche se illegittimo - per mancato
rispetto della normativa vigente o per eccesso di potere sia stato comunque, nelle
intenzioni, rivolto al raggiungimento dei predetti fini istituzionali, oppure il pubblico
impiegato (per quanto qui interessa, il dirigente, l'operatore scolastico o il docente) abbia
sostituito i suoi personali interessi a quelli propri della pubblica amministrazione: in tal
caso quest'ultima rimarr esente da ogni responsabilit civile (configurandosi una c.d.
cesura del rapporto organico)." (VENTURINI 2003, 8).
Si noti che l'abuso dei poteri o la commissione di un reato non bastano a rendere
responsabile il solo dipendente, poich non deve sussistere alcun collegamento
strumentale con l'attivit di ufficio.
"E cos, il dirigente, l'operatore scolastico, il docente che si atteggino come cattivi vigilanti
o che pongano in essere atti di vessazione o atti diffamatori nei confronti di alunni o di
familiari degli stessi, coinvolgono la responsabilit dell'amministrazione se il
comportamento posto in essere in una travisata intenzione educativa o comunque legata
all'attivit dell'istituto, mentre la medesima responsabilit solo della persona fisica che
agisce se ha come fonte, scopi egoistici, dissidi o rancori personali; ancora, un furto di
beni di terzi, all'interno dell'istituzione scolastica, attuato con la dolosa complicit di un
operatore scolastico non pu comportare la responsabilit della prima. Un diverbio, poi,
sceso a comportamenti lesivi di diritti fra il dirigente e il personale docente o un membro
di organo collegiale, se verificatosi all'interno dell'istituto, ma nell'ambito di una
discussione del tutto personale, porta alle medesime conseguenze (esenzione dell'istituto
scolastico da responsabilit per danni causati dal proprio dipendente al collega),
diversamente dalla circostanza in cui si discuta di questioni attinenti l'indirizzo di istituto.
Il ritardo o la mancata adozione di atti rivelatisi dovuti (rilascio di una certificazione, ad
esempio), affianca alla responsabilit del dirigente, che abbia opposto il rifiuto quando lo
stesso dovuto a mancanza di capacit professionale nell'interpretare correttamente i
propri compiti, quella dell'amministrazione, mentre diversa la soluzione quando il
comportamento tenuto per danneggiare intenzionalmente (per ripicca, risentimento
personale, interessi di lucro o intento di favorire altra persona) il richiedente" (VENTURINI
2003, 8-9).
Il dipendente e l'Amministrazione sono responsabili solidalmente per danni verso terzi; ci
significa che il danneggiato pu agire per il risarcimento nei confronti del solo dipendente
ovvero della sola Amministrazione ovvero di entrambi.
Casi in cui non si ha responsabilit solidale
Non vi tuttavia una piena coincidenza tra la responsabilit del dipendente e quella
dell'Amministrazione. Infatti, da un lato, ai sensi dell'art. 23 del T.U. n. 3/1957, gli
impiegati civili dello Stato rispondono dei danni arrecati a terzi agendo con dolo o colpa
grave; nel caso di colpa lieve, quindi, risponde la sola Amministrazione. Dall'altro, come
gi visto, il dipendente che agisce con dolo per conseguire un fine illecito ed estraneo ai
fini istituzionali della P.A. l'unico responsabile per i danni a terzi.
Il settore della scuola presenta per, in tale quadro di duplice responsabilit (del
dipendente e della P.A. datrice di lavoro), una particolarit, perch, per taluni soggetti ed
in talune ipotesi, risponde del danno verso il terzo innanzi al giudice ordinario solo
l'amministrazione scolastica; essa pu poi rivalersi, in caso di dolo o colpa grave, nei
confronti del colpevole.
La norma che prevede queste ipotesi, l'art. 61 della L. 11 luglio 1980 n. 312 - ripreso,
sostanzialmente con la stessa formula letterale, dall'art. 574 del T.U. della scuola, D.Lgs.
16 aprile 1994 n. 297, tanto che nella prassi dottrina e giurisprudenza fanno riferimento al
citato art. 61 il quale dispone: La responsabilit patrimoniale del personale direttivo,
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2 - La responsabilit civile
La responsabilit civile si specifica in responsabilit contrattuale e responsabilit
extracontrattuale (o aquiliana). La prima ha origine dalla violazione di un obbligo gi
vincolante tra le parti, nascente da contratto o ex lege o da atto unilaterale, mentre la
seconda ha origine da un fatto illecito, cio dalla violazione dell'obbligo generale del
neminem ledere.
Entrambe fanno sorgere in capo al soggetto responsabile l'obbligazione di risarcire i danni.
La responsabilit contrattuale
L'inadempimento
La responsabilit contrattuale prevista dall'art. 1218 c.c. come conseguenza
dell'inadempimento, cio della mancata o inesatta esecuzione della prestazione dovuta da
parte del debitore; quest'ultimo deve risarcire il danno subito dal creditore a causa del suo
inadempimento.
La prestazione deve essere eseguita esattamente, in base a diversi criteri:
a) le modalit dell'esecuzione; la prestazione deve essere eseguita dal debitore con "la
diligenza del buon padre di famiglia" (art. 1176, comma 1 c.c.), e cio la diligenza
usata dall'uomo medio nell'adempiere i suoi impegni. Questo criterio opera in realt
solo per le obbligazioni di mezzi, in cui il debitore si obbliga a svolgere una certa
attivit in favore del creditore, ma senza garantire il raggiungimento del risultato (
il caso, ad esempio, del medico e dell'avvocato); non vale invece per le obbligazioni
di risultato, nelle quali il debitore assume l'obbligo di realizzare il risultato (si pensi
all'appaltatore, che si impegna a realizzare un'opera).
Il debitore tenuto ad eseguire per intero la prestazione; il creditore, infatti, ai sensi
dell'art. 1181 c.c. pu sempre rifiutare l'adempimento parziale e considerare il
debitore inadempiente per l'intero, anche nel caso di una prestazione divisibile, quale
il pagamento di una somma di denaro; il creditore, poi, pu anche scegliere di
accettare il pagamento parziale a titolo di acconto (GALGANO 1991, 33 ss);
b) il tempo di esecuzione della prestazione; il debitore deve eseguire la prestazione a
richiesta del debitore o, se stabilito un termine, alla scadenza del termine (art.
1183 c.c.).
c) il luogo di esecuzione della prestazione; la prestazione va eseguita nel luogo stabilito
dalle parti nel contratto o, se il luogo non stabilito e non pu desumersi dalla
natura della prestazione, si applicano le tre regole seguenti (art. 1182 c.c.):
1) la consegna di una cosa determinata va effettuata nel luogo in cui si trovava
caso delle prestazione di dare cose infungibili o di fare (non la stessa cosa, ad
esempio, che l'appalto per la costruzione di un edificio assunto dall'impresa X sia
adempiuto invece dall'impresa Y).
e) il destinatario dell'adempimento; la prestazione deve essere eseguita nelle mani del
creditore o di un suo rappresentante o di un'altra persona indicata dal creditore
(c.d. adiectus solutionis causa) o autorizzata dalla legge o dal giudice a riceverla
(art. 1188, comma 1).
f) l'identit della prestazione; il debitore tenuto ad eseguire la prestazione dovuta e
non pu eseguirne una diversa, anche se di valore uguale o maggiore. Se poi il
creditore accetta che egli esegua una prestazione diversa da quella assunta, il
debitore si libera nel momento dell'esecuzione di tale prestazione ( il caso della
prestazione in luogo dell'adempimento o datio in solutum art. 1197 c.c.).
La prova liberatoria - cenni
In caso di inadempimento, il debitore si libera dalla responsabilit (e, conseguentemente,
dal dovere di risarcire il danno) se prova che "l'inadempimento o il ritardo stato
determinato da impossibilit della prestazione derivante da causa a lui non imputabile"
(art. 1218 c.c.).
Il soggetto tenuto all'adempimento deve quindi fornire una duplice prova:
1. innanzitutto, deve provare che la prestazione divenuta impossibile; deve
trattarsi di impossibilit della prestazione in s, oggettivamente considerata,
"diventata ineseguibile da parte di qualsiasi debitore; non impossibilit di eseguirla
per quel dato debitore" (GALGANO 1991, 51). La prestazione di dare una certa
somma di denaro, per esempio, non pu mai diventare oggettivamente impossibile,
ma solo soggettivamente.
2. In secondo luogo, il debitore deve provare che tale impossibilit della prestazione
stata determinata da "causa a lui non imputabile", cio da un evento non
prevedibile n evitabile da parte del debitore. Si tratta del caso fortuito, quello che
comunemente considerato una "fatalit" (un terremoto, una valanga, una frana
ecc.) o della forza maggiore, una forza a cui non si pu opporre resistenza, sia essa
una forza della natura (il vento ecc.) o una forza umana (il c.d. "fatto del terzo"
oppure il factum principis, cio l'ordine della pubblica autorit per esempio, il
diniego delle necessarie autorizzazioni amministrative alla realizzazione dell'opera
prevista nel contratto) (GALGANO 1991, 52-53).
Il soggetto responsabile
La responsabilit per inadempimento ex art. 1218 c.c. sorge soltanto in capo
all'Amministrazione, che l'unica obbligata dal contratto, e non in capo al
funzionario, il quale non parte del rapporto contrattuale. Il creditore, pertanto,
potr agire solo verso la prima.
Conseguentemente, se il dipendente viola i suoi doveri di ufficio e rende cos inadempiente
la P.A., tale violazione non potr mai essere considerata una causa non imputabile
all'Amministrazione dell'impossibilit o del ritardo della prestazione, ai fini dell'esclusione
della responsabilit di essa. In questi casi, poi, la violazione dei doveri d'ufficio pu far
sorgere la responsabilit amministrativa del dipendente verso la P.A. per le conseguenze
patrimoniali dell'inadempimento (CASETTA 2000, 603).
Il danno risarcibile
Il debitore tenuto a risarcire il danno provocato dal suo inadempimento; deve, quindi,
corrispondere al creditore "una somma di danaro che sia l'equivalente monetario dei danni
che l'inadempimento o il ritardo gli hanno cagionato: una somma cio corrispondente alla
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differenza fra il valore che il patrimonio del creditore avrebbe se l'obbligazione fosse stata
adempiuta ed il suo valore attuale" (GALGANO, cit., p.72).
Il danno risarcibile composto da due elementi ex art. 1223 c.c.: il danno emergente, che
la diminuzione patrimoniale subita dal creditore a causa dell'inadempimento e il lucro
cessante, che consiste nel mancato guadagno.
necessario che intercorra un preciso rapporto di causalit tra inadempimento e danno;
non qualsiasi danno genericamente collegato all'inadempimento risarcibile, ma solo il
danno che ne sia "conseguenza immediata e diretta" (art. 1223 c.c.).
Qualora il danno non possa essere provato nel suo preciso ammontare, " liquidato dal
giudice con valutazione equitativa" (art. 1226 c.c.).
La responsabilit extracontrattuale o aquiliana
Norma generale e norme speciali
La responsabilit extracontrattuale disciplinata dagli artt. 2043-2059 c.c. e consegue,
come accennato, alla commissione di un fatto illecito. In realt, anche la responsabilit
precontrattuale (artt. 1337-1338 c.c.), derivante da mala fede nella conduzione delle
trattative per la conclusione di un contratto, considerata come responsabilit aquiliana.
Nella disciplina del fatto illecito si possono distinguere due parti.
La prima prevede l'ipotesi pi generale di illecito civile e ne d la definizione: "qualunque
fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto obbliga l'autore del fatto a
risarcire il danno" (art. 2043 c.c.).
La seconda disciplina invece una serie di ipotesi specifiche di responsabilit: la
responsabilit per il danno cagionato dall'incapace (art. 2047 c.c.), la responsabilit dei
genitori, dei tutori, dei precettori e dei maestri d'arte (art. 2048 c.c.), la responsabilit dei
padroni e dei committenti (art. 2049 c.c.), la responsabilit per l'esercizio di attivit
pericolose (art. 2050 c.c.), la responsabilit per danno cagionato da cose in custodia (art.
2051 c.c.), la responsabilit per danno cagionato da animali (art. 2052 c.c.), la
responsabilit per rovina di edificio (art. 2053 c.c.), la responsabilit per circolazione di
veicoli (art. 2054 c.c.).
Gli elementi della responsabilit extracontrattuale
Nella disciplina generale, come pure in quelle specifiche (con le puntualizzazioni che si
diranno) la responsabilit extracontrattuale caratterizzata dalla presenza di quattro
elementi:
a) il fatto;
b) il danno ingiusto;
c) il nesso di causalit tra il fatto e il danno;
d) l'elemento soggettivo (dolo o colpa).
Il fatto consiste in una condotta umana, tanto commissiva quanto omissiva. L'omissione,
tuttavia, costituisce un illecito solo se il soggetto, che con il suo comportamento omissivo
ha causato il danno, aveva l'obbligo giuridico di impedirlo.
Il danno ingiusto la lesione di un interesse altrui meritevole di protezione secondo
l'ordinamento giuridico. Esso pu consistere nella lesione sia di diritti assoluti, sia di diritti
relativi e in particolare di diritti di credito.
Fino a pochi anni fa la giurisprudenza non considerava danno ingiusto (e quindi risarcibile)
la
lesione
degli
interessi
legittimi,
causata
dall'attivit
provvedimentale
dell'Amministrazione. La Corte di Cassazione, poi, con la sentenza n. 500/1999, ha
cambiato orientamento e ha sancito la risarcibilit dell'interesse legittimo leso da
un'attivit illegittima della P.A..
Questa affermazione ha conseguenze di grande rilievo, dato che l'attivit amministrativa
consistente nell'esercizio di poteri pubblici incide su situazioni di interesse legittimo dei
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privati (Cons. St., sez. v sent. 177-2004 n. 5162; Cons. di St., sez. iv - sentenza 6-72004 n. 5012; Cons. St. sez. v sent. 14-10-2003 n. 87 Cass., sez. I, sent. 10-1-2003 n.
157; Cass., sez. II, 27-3-2003; TAR Puglia Lecce, sez. II, 24-7-2003 n. 5259).
In concreto, si ha un interesse legittimo nel momento in cui l'interesse di un soggetto
(persona fisica o giuridica) a conseguire o a conservare un bene della vita, viene a
confrontarsi con il potere amministrativo, e, quindi, con il potere dell'amministrazione di
soddisfare la pretesa di quel soggetto. (ad es. di interesse legittimo la posizione
dell'alunno rispetto alle norme che regolano la valutazione dell'apprendimento scolastico e
che presiedono ai giudizi di promozione: tale posizione si traduce nella possibilit
dell'alunno di contestare il mancato rispetto di queste regole e di ottenere, attraverso
l'intervento del giudice, non la promozione negata dall'amministrazione, ma una nuova
valutazione rispettosa delle regole eventualmente violate).
La lesione di tale interesse del privato derivante dall'uso illegittimo del potere
amministrativo, unitamente agli altri elementi costitutivi della responsabilit aquiliana,
comporta ex art. 2043 c.c., la responsabilit della P.A.
Il rapporto di causalit richiede che il danno sia la conseguenza immediata e diretta (art.
1223 c.c. richiamato dall'art. 2056 c.c.) del fatto illecito.
Il dolo e la colpa, che costituiscono l'elemento soggettivo, sono mutuati dalla
responsabilit penale (alla quale si rinvia) e hanno lo stesso significato anche nella
responsabilit extracontrattuale.
Alcune ipotesi specifiche di responsabilit aquiliana sono considerati casi di "responsabilit
senza colpa", o perch un soggetto tenuto a risarcire il danno causato da altri (per es. i
padroni e i committenti per l'illecito commesso dai dipendenti, i genitori e i precettori per
quello dei figli minori e allievi minori sottoposti alla loro sorveglianza), o perch un
soggetto responsabile in forza del solo nesso causale tra il fatto e il danno (per es. la
responsabilit per danni provocati da attivit pericolose, da cose o animali in custodia).
Nel primo caso si parla di responsabilit indiretta, nel secondo di responsabilit oggettiva.
La responsabilit del personale docente
Fa parte degli obblighi di servizio imposti agli insegnanti quello di vigilare sugli allievi. A
tal proposito, dispone l'art. 27, ultimo comma, CCNL Scuola 24.7.2003 che, per assicurare
l'accoglienza e la vigilanza sugli alunni, gli insegnanti sono tenuti a trovarsi in classe
cinque minuti prima dell'inizio delle lezioni e ad assistere all'uscita degli alunni medesimi.
La responsabilit per l'inosservanza del predetto obbligo disciplinata dagli artt. 2047 e
2048 c.c.
Ai sensi dell'art. 2047 c.c. "in caso di danno cagionato da persona incapace di intendere e
di volere, il risarcimento dovuto da chi tenuto alla sorveglianza dell'incapace, salvo che
provi di non aver potuto impedire il fatto".
Dispone l'art. 2048 c.c. che "i precettori e coloro che insegnano un mestiere o un'arte
sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei loro allievi e apprendisti nel
tempo in cui sono sotto la loro vigilanza. () Le persone indicate dai commi precedenti
sono liberate dalla responsabilit soltanto se provano di non aver potuto impedire il fatto".
La differenza tra le due norme risiede nel fatto che l'autore dell'illecito sia un soggetto
privo di capacit di intendere e di volere oppure sia capace. Entrambe le disposizioni
pongono a carico degli insegnanti una presunzione relativa o iuris tantum di responsabilit
(, cio, ammessa la prova liberatoria).
La responsabilit extracontrattuale sussiste solo nel caso di atti dannosi compiuti dagli
alunni nei confronti di terzi.
Nella diversa ipotesi di danni che gli alunni procurino a loro stessi con la propria condotta,
secondo una recente pronuncia della Cassazione a Sezioni Unite, la responsabilit
dell'istituto scolastico e degli insegnanti contrattuale (Cass. SS UU, 27-6-2002, n. 9356,
la quale risolve un contrasto giurisprudenziale formatosi sul tema; nel senso di escludere
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l'applicabilit dell'art. 2048 c.c. al danno cagionato dall'allievo a s stesso, vedi anche
Cass., sez. III, 13-5-1995, n. 5268), con conseguente applicazione del regime probatorio
di cui all'art. 1218 c.c. - v. supra).
Nelle ipotesi di responsabilit aquiliana ex artt. 2047 e 2048 c.c., l'insegnante si libera se
prova di non aver potuto impedire il fatto, dimostrando, quindi, di aver esercitato la
vigilanza nella misura dovuta, e che, nonostante l'adempimento di tale dovere, il fatto
dannoso per la sua repentinit ed imprevedibilit gli abbia impedito un tempestivo efficace
intervento (fra le tante Cass., sez. III, 18-4-2001, n. 5668; Cass., sez. III, 24-2-1997, n.
1683; Cass., sez. III., 3-6-1993, n. 4945); richiesta, perci, la dimostrazione di aver
adottato in via preventiva le misure organizzative idonee ad evitare il danno
(Cass. civ., sez. III, 3-2-1999, n. 916 ha confermato la sentenza di merito che aveva
ritenuto sussistente la responsabilit dell'insegnante avuto riguardo alla circostanza
dell'allontanamento ingiustificato della stessa dall'aula).
Al fine di valutare se il fatto prevedibile e di conseguenza prevenibile, si ha riguardo
anche alla sua ripetitivit o regolarit statistica, non astrattamente intesa, ma correlata al
particolare ambiente di cui si tratta, sulla base della ragionevole prospettazione secondo
cui determinati eventi, gi verificatisi in certe condizioni, possono ripetersi al riprodursi di
queste. stata, per esempio, ritenuta sussistere la responsabilit del Ministero della
Pubblica Istruzione, per le lesioni subite dall'alunno di una scuola causate dal lancio da
parte di un suo compagno di una pallina di carta che lo aveva poi colpito all'occhio. Il
giudice, nell'affermare la prevedibilit dell'evento, ha tenuto conto del fatto che
precedentemente si erano gi verificati episodi analoghi in quella scuola e della situazione
di indisciplina della classe (Cass., sez. I, 2-12-1996, n. 10723).
L'obbligo di vigilanza, poi, va inteso in senso relativo e non assoluto; il suo contenuto
e i suoi limiti devono cio essere correlati all'et e al grado di maturazione degli alunni, di
modo che con l'avvicinarsi di costoro all'et del pieno discernimento, il suo esercizio non
richiede la continua presenza degli insegnanti, purch siano adottate le pi elementari
misure organizzativa dirette a mantenere la disciplina tra gli allievi (Trib. Roma, 17-22003; Trib. Milano, 28-6-1999; Cass., sez. III, 23-6-1993, n. 6937).
Le misure organizzative da adottare sono dunque variabili in dipendenza delle
circostanze di tempo, di luogo e dell'attivit da svolgere (un conto la vigilanza in aula
durante l'attivit didattica, che normalmente si svolge con gli la presenza dell'insegnante e
gli alunni ai propri banchi, altro la vigilanza quando gli alunni sono "in movimento",
perch ad es. accedono ai bagni o al cortile durante l'intervallo; altro ancora allorch il
"movimento" sia esterno alla scuola, come avviene nelle gite scolastiche e nelle uscite
didattiche) nonch dell'et e della maturazione degli alunni.
Si ritenuto, inoltre, che l'obbligo di vigilanza abbia rilievo primario rispetto agli altri
obblighi di servizio e che, conseguentemente, in ipotesi di concorrenza di pi obblighi
derivanti dal rapporto di servizio e di una situazione di incompatibilit per l'osservanza
degli stessi, non consentendo circostanze oggettive di tempo e di luogo il loro
contemporaneo adempimento, il docente deve scegliere di adempiere il dovere di vigilanza
(Corte Conti, sez. I, 24-9-1984, n. 172).
A proposito della durata dell'obbligo di vigilanza, si ritiene che esso sussista in capo
alle autorit scolastiche per tutto il tempo in cui gli allievi vengono a trovarsi
legittimamente all'interno della scuola fino al loro effettivo licenziamento; ricorre pertanto
la responsabilit per le lesioni subite dagli alunni nell'ambito dell'edificio scolastico, anche
nel caso in cui il fatto si sia verificato al di fuori dell'orario delle lezioni, ove ne sia
consentito l'anticipato ingresso nella scuola o la successiva sosta (Cass., sez. III, 19-21994, n. 1623).
In applicazione di tale principio, l'affidamento di un minore da parte dei genitori ad un
istituto scolastico implica, per questo e per chi agisce su suo incarico, l'obbligo di vigilare il
minore, controllando, con la dovuta diligenza e l'attenzione richiesta dall'et e dal grado di
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maturazione fisico-psichica, che questi non venga a trovarsi in situazioni di pericolo con
conseguente possibilit di pregiudizio per la sua incolumit; tale sorveglianza deve essere
esercitata dal momento iniziale dell'affidamento fino al subentro, almeno potenziale, dei
genitori o di persone da questi incaricate (Cass., sez. I, 30-3-1999, n. 3074, la quale ha
confermato la sentenza di merito che aveva condannato un istituto tecnico statale al
risarcimento dei danni subiti da un minore che, uscito anticipatamente dalla scuola per
l'assenza dell'insegnante che avrebbe dovuto tenere lezione nell'ultima ora, era stato
accoltellato da alcuni giovani rimasti sconosciuti); non possono costituire esimenti dalla
responsabilit della scuola le eventuali disposizioni date dai genitori (come ad esempio,
quella di lasciare il minore senza vigilanza in un certo luogo) potenzialmente pericolose
per il minore, derivandone, ove attuate, una situazione di possibile pregiudizio per
l'incolumit dello stesso (Cass., 5-9-1986, n. 5424).
Dai principi ora esposti deriva l'inopportunit di adottare disposizioni interne all'istituto
scolastico finalizzate a richiedere ai genitori degli allievi la "autorizzazione" al ritorno a
casa di questi ultimi non accompagnati da persona maggiorenne.
Tali autorizzazioni, infatti, non costituiscono causa esimente la responsabilit dell'istituto
scolastico per le lesioni eventualmente riportate dall'allievo dopo l'uscita da scuola, ma
sono prova della consapevolezza da parte dell'Amministrazione e dei suoi organi di detta
modalit di uscita da scuola degli alunni, risolvendosi cos in un'implicita ammissione
dell'omissione di sorveglianza sugli stessi.
Al fine di rispettare il dovere di vigilanza sugli allievi, l'istituto scolastico pu adottare i
seguenti comportamenti: a) la formale dichiarazione (ad, esempio, attraverso circolari alle
famiglie) di non accettare autorizzazioni all'uscita degli alunni non accompagnati; b) il
coinvolgimento della Amministrazione locale diretto alla pi idonea organizzazione del
servizio di trasporto scolastico; c) la previsione e gestione di attivit didattiche o ricreative
complementari o integrative, ovvero di servizi di semplice post-accoglienza degli alunni.
Sul piano giuridico, tale atteggiamento degli organi dell'istituto scolastico si pu
considerare congruo e, pertanto, difendibile eventualmente anche sul terreno giudiziario.
Analogamente, la necessit di garantire la vigilanza sugli alunni negli altri momenti della
vita a scuola (certamente pi caratterizzanti di quanto non sia il momento dell'uscita da
scuola) deve diventare uno degli elementi da valutare nella pianificazione generale
dell'organizzaione, pur senza che tale aspetto diventi "psicologicamente" prevalente.
La responsabilit del dirigente scolastico
Il capo d'istituto titolare di funzioni di carattere amministrativo: fra i suoi obblighi di
servizio non compreso il dovere di vigilanza sugli allievi.
Si sempre ritenuto, infatti, che in tema di responsabilit del precettore per le lesioni
subite dall'allievo nel tempo in cui a lui affidato, il capo d'istituto per la sua attivit
meramente organizzativa e di controllo sugli operatori scolastici non possa essere
considerato come un precettore, bens come un organo interno all'Amministrazione
scolastica. (Cass., sez. III, 10-6-1994, n. 5663; Cass., sez. III, 26-4-1996, n. 3888; Corte
Conti, sez. I, 15-9-1990, n. 174).
Il dirigente scolastico, avendo compiti di organizzazione e controllo, pu essere
responsabile a diverso titolo: egli , infatti, obbligato a garantire la sicurezza della scuola,
al fine di evitare possibili fonti di rischio, provvedendo al riguardo in modo appropriato (si
tratta di un obbligo di mezzi e non di risultato, nel senso che il capo d'istituto tenuto ad
adottare i provvedimenti di propria competenza o, se del caso, a richiedere l'intervento di
altri organi competenti).
La responsabilit del dirigente scolastico pu rientrare alternativamente nella previsione
dell'art. 2043 c.c. (per esempio, in caso di danni dovuti a deficienze organizzative
imputabili allo stesso) oppure dell'art. 2051 c.c. (in caso di danni causati da cose in
custodia).
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La prima ipotesi ricorre, ad esempio, qualora il capo d'istituto non predisponga soluzioni
idonee ad impedire il verificarsi di eventi dannosi durante i cambi di turno tra i professori,
affinch sia assicurata la continuit della vigilanza nelle classi (Tribunale Catania, 15-111990).
Per quanto riguarda la seconda ipotesi di responsabilit, il capo d'istituto considerato
come custode delle attrezzature scolastiche ai sensi e per gli effetti dell'art. 2051 c.c.,
mancando una norma che attribuisca ad un diverso soggetto lo specifico potere di
custodia delle stesse; al dirigente scolastico attribuita, inoltre, a causa degli ampi poteri
gestionali e operativi di cui titolare e del potere giuridico di disporre dell'edificio
scolastico, la disponibilit di fatto e giuridica delle attrezzature scolastiche, mentre gli
insegnanti hanno un potere di fatto limitato e controllato sulle stesse. Sul fondamento di
questi principi, il dirigente scolastico tenuto ad adottare tutte le misure idonee ad
evitare eventi dannosi; qualora la situazione di pericolo derivi dalla presenza di una
attrezzatura (sono frequentemente causati danni dall'utilizzazione di scivoli o altri giochi
da giardino non adeguatamente installati od oggettivamente pericolosi), non pu essere
considerata cautela sufficiente ad escludere la responsabilit per il danno derivante
dall'uso di tale attrezzatura il divieto impartito agli insegnanti di permetterne l'utilizzazione
agli allievi, se non accompagnato dai provvedimenti necessari per sottrarre al personale
docente l'attrezzatura ed impedirne cos l'uso agli allievi (Cass., sez. III, 28-8-1995, n.
9047; Cass. 6-6-1989).
La responsabilit del personale amministrativo
In senso tecnico, il personale ausiliario della scuola non ricopre la qualifica di "precettore".
Si deve osservare, tuttavia, che nel profilo professionale dei collaboratori scolastici
rientrano anche compiti di vigilanza degli alunni.
La contrattazione collettiva (tabella A profili di area del personale ATA del CCNL 24-72003) attribuisce al collaboratore amministrativo il compito di sorvegliare gli allievi
limitatamente al caso di momentanea assenza degli insegnanti.
Il collaboratore scolastico responsabile per i danni subiti dagli alunni a causa della sua
omessa vigilanza, solo se aveva precedentemente ricevuto l'affidamento dei medesimi.
Per riconoscere l'esistenza di tale responsabilit, si ha riguardo al concreto affidamento dei
compiti di sorveglianza, prescindendo dall'individuazione delle mansioni legittimamente
inerenti al profilo professionale.
3 - Le forme assicurative
Le scuole possono essere interessate a diverse forme di assicurazione.
In questa sede saranno trattate quelle inerenti all'infortunio scolastico; con questa
espressione si definisce il fatto generatore di danno (in genere lesioni personali) subito
dall'alunno nel tempo in cui era affidato all'istituzione scolastica.
A)
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12
Per quanto riguarda la scuola, normalmente (anche se l'oggetto del rapporto varia da
polizza a polizza) le istituzioni scolastiche stipulano un contratto di assicurazione contro i
danni derivanti da responsabilit civile e un contratto di assicurazione per infortuni.
L'assicurazione per la responsabilit civile ha la funzione di tenere indenne
l'Amministrazione scolastica di quanto essa sia tenuta a corrispondere, in quanto
civilmente responsabile ex art. 28 Cost., a titolo di risarcimento dei danni
involontariamente causati a terzi da propri dipendenti (personale docente e non docente),
nell'esercizio dei compiti inerenti alla qualifica ricoperta da ciascuno (in particolare per i
danni cagionati dagli alunni sottoposti alla vigilanza ex artt. 2047 e 2048 c.c.).
Con riferimento a questi contratti, devono essere trattati alcuni aspetti attinenti all'area
del rischio assicurato (profilo oggettivo) e all'individuazione del soggetto assicurato
(profilo soggettivo).
Il rischio assicurato
La garanzia deve essere coerente con la tipologia di attivit che l'istituzione scolastica
intenda porre in essere nel periodo assicurato: la garanzia deve essere resa
oggettivamente coincidente con tali attivit.
Dal punto di vista oggettivo, l'Amministrazione scolastica pu discrezionalmente
determinare e delimitare l'area del rischio assicurato in relazione alle proprie specifiche
scelte contingenti: pu circoscriverla, ad esempio, a fatti connessi all'omissione di
vigilanza da parte del personale ad essa tenuto; oppure pu estenderla ad ogni fatto,
purch non doloso, dei dipendenti e quindi anche alla deficienza organizzativa del capo
d'istituto che sia fonte di danno; o ancora, pu ricomprendervi ogni attivit dell'istituzione
scolastica purch deliberata da questa, ecc.
Pi la descrizione delle attivit ricomprese nella copertura assicurativa coincide con quelle
che la scuola attua, pi quest'ultima (e il suo personale) risulter tutelata.
Al riguardo opportuna una certa attenzione e precisione sin dalla fase di descrizione sul
piano linguistico delle attivit assicurate. Ad esempio, l'uso della locuzione "attivit
scolastica" si presta ad ambiguit.
E' ben vero che sarebbero da considerare attivit scolastiche, secondo la definizione
contenuta nell'art. 1, comma 1 bis, del D.P.R. 10.10.1996 n. 567 nel testo integrato dal
D.P.R. 9.4.1999, n. 156 "tutte le attivit organizzate dalle istituzioni scolastiche sulla base
di progetti educativi, anche in rete o partenariato con altre istituzioni e agenzie del
territorio" ed in particolare, sono da considerare attivit scolastiche a tutti gli effetti, ivi
compresi quelli dell'ordinaria copertura assicurativa I.N.A.I.L. per conto dello Stato e quelli
connessi alla tutela del diritto d'autore, tirocini, corsi post-diploma, attivit extracurricolari culturali, di sport per tutti, agonistiche e paragonistiche e, comunque, tutte le
attivit svolte in base al presente decreto". Tuttavia, l'istituto assicuratore potrebbe
propendere per un'interpretazione della locuzione in senso restrittivo come riferita alle
sole attivit curricolare, con esclusione della altre attivit extra-curricolari o di
ampliamento dell'offerta formativa.
Inoltre, laddove si vogliano includere fra le attivit assicurate quelle organizzate nei locali
scolastici da terzi (genitori, amministrazione locale, ecc.) di cui l'istituzione scolastica, pur
senza utilizzare il proprio personale, assuma comunque la "paternit", sar necessaria una
specifica menzione nella polizza.
Si noti infatti che l'ampliamento delle attivit che possono dare luogo a responsabilit
civile del soggetto garantito determina un aumento del rischio, che costituisce l'oggetto
del contratto di assicurazione, astrattamente idoneo a consentire un aumento del premio:
ne deriva che l'uno e l'altro elemento debbano formare oggetto dell'accordo fra le parti
(art. 1898 c.c.).
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Il soggetto assicurato
Dal punto di vista soggettivo, invece, occorre sottolineare che l'accezione di "soggetto
assicurato" deve necessariamente comprendere l'Amministrazione scolastica.
Ci per esempio non avviene ove la definizione di soggetto assicurato corrisponda alla
locuzione "le persone per conto delle quali stato versato il premio" e cio il personale e
gli alunni, ove all'amministrazione dato il solo ruolo di "contraente.
Nella polizza, cio, si deve specificare (affinch l'assicurazione sia utile all'istituzione
scolastica) che soggetto assicurato (anche o soltanto) "l'amministrazione scolastica per
il fatto dei propri dipendenti ed alunni" e (non solo) il dipendente scolastico.
Anche il Ministero della Pubblica Istruzione si espresso su questo punto, invitando con
Circolare Divisione VI n. 2170 del 30 maggio 1996 le istituzioni scolastiche a vigilare in tal
senso all'atto della stipulazione delle relative polizze.
In tale senso un contratto nel quale soltanto l'operatore scolastico (docente o personale
ATA) sia soggetto assicurato potrebbe essere fatto valere in giudizio (chiamando in
garanzia la compagnia di assicurazione) dal solo operatore scolastico, se convenuto
unitamente all'amministrazione scolastica e se ed in quanto risulti avere pagato il premio.
La seconda circostanza eventuale, in considerazione del fatto che generalmente si tratta
di polizze cumulative ad adesione volontaria da parte dei singoli operatori scolastici.
La prima circostanza non pu legittimamente verificarsi dal punto di vista giuridico, poich
il docente privo di legittimazione nell'eventuale causa risarcitoria instaurata dal terzo
(genitore o esercente la potest sul minore), salvo che non vi sia stato uno specifico fatto
doloso o gravemente colposo, come previsto dall'art. 61 della legge n. 312 del 1980, che
limita, con efficacia anche nei rapporti con i terzi, la responsabilit del personale scolastico
nell'esercizio della vigilanza sugli alunni ai soli casi di dolo o colpa grave.
Tale principio ha carattere generale e vale tanto nelle ipotesi in cui, in conseguenza della
omessa vigilanza, il comportamento dell'alunno abbia causato danni a terzi in quanto in
quelle in cui l'alunno sia vittima dell'evento dannoso da lui stesso causato.
Nel caso di assicurazione del solo dipendente scolastico, dunque, unico legittimato
all'azione in garanzia verso l'assicurazione il solo dipendente e non anche il Ministero n
l'istituzione scolastica.
Al fine di garantire una copertura assicurativa efficace ed effettiva, pertanto, l'istituzione
scolastica dovrebbe prevedere sin dalla lettera di richiesta dei preventivi, come
disciplinato dall'art. 34 D.M. 1 febbraio 2001, n. 44, che non verranno prese in
considerazione offerte non accompagnate dall'impegno a considerare l'amministrazione
scolastica come soggetto assicurato, includendo nella polizza la conseguente
specificazione.
Il finanziamento della somma corrispondente al premio di assicurazione (che dovr essere
iscritta in bilancio sia come entrata che come uscita) potr essere ottenuto mediante la
contribuzione volontaria da parte degli stessi insegnanti (resi edotti della descritta
situazione giuridica) o dei genitori, costituente donazione di modico valore.
L'assicurazione per infortuni invece meno problematica ed in genere stipulata con
riferimento ai dipendenti (per il rischio professionale), e agli alunni (relativamente ad
attivit scolastiche e parascolastiche, incluse anche gite o uscite didattiche regolarmente
autorizzate e deliberate).
Le clausole di rinnovo tacito
E' il caso di segnalare che frequentemente le polizze di assicurazione per la responsabilit
civile degli istituti scolastici recano una clausola di rinnovo del contratto salvo disdetta.
Tali clausole, in genere, prevedono che, ferma restando la durata del contratto come
pattuita (in genere, un anno scolastico), "in mancanza di disdetta da comunicarsi
mediante lettera raccomandata spedita almeno tre mesi prima della scadenza, il contratto
di assicurazione si intende prorogato per un anno e cos successivamente".
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Occorre interrogarsi, dunque, sulla validit di una tale clausola inserita in un contratto con
un ente pubblico e sulle conseguenze della mancata tempestiva disdetta.
Costituisce principio di carattere generale quello secondo cui la volont di obbligarsi della
P.A. (la volont contrattuale) deve essere manifestata, a pena di nullit, nella forma
dell'atto scritto, non potendo desumersi per implicito da fatti o atti e dovendo invece essa
essere manifestata nelle forme richieste dalla legge (Cass., sez. III, 24-11-2000, n.
15197. Cass., sez. lav., 21-06-2000, n. 8471. Cass., sez. I, 29-09-2000, n. 12942. Cass.,
sez. I, 13-12-2000, n. 15720. Cass., sez. I, 11-09-1999, n. 9682).
Da tale premessa di carattere generale, consegue che nei confronti della stessa P.A. non
sia configurabile il rinnovo tacito del contratto (quale che sia il tipo o l'oggetto del
contratto): la giurisprudenza afferma infatti che "la volont di obbligarsi della P.A. non
pu dedursi, per implicito, da singoli atti, dovendo, viceversa, manifestarsi nelle forme,
necessariamente rigide, richieste dalla legge, e ci anche in caso di rinnovo o proroga
dell'originaria convenzione negoziale, con la conseguenza che l'istituto della rinnovazione
tacita del contratto non compatibile con le regole dettate in tema di forma per gli atti
stipulati dagli enti pubblici" (Cass., sez. II, 22-11-2000, n. 15095. (Cass., sez. III, 15-122000, n. 15862. Cass., sez. III, 30-06-1998, n. 6406).
Si osserva tuttavia che, se tale principio serve per escludere la legittimit della
rinnovazione tacita di un contratto stipulato dalla P.A. allorch il contratto condizioni
l'estinzione del rapporto alla scadenza in assenza di altra manifestazione della volont
dell'ente di rinnovarlo, espressa nelle dovute forme, a conclusioni diverse la
giurisprudenza giunge allorch la rinnovazione dell'originario contratto stipulato in forma
scritta sia prevista da apposita clausola dello stesso contratto per un tempo
predeterminato e sia subordinata al mancato invio di una disdetta del contratto entro un
termine dalle parti prestabilito.
Si infatti ritenuto che "in materia di contratti stipulati dalla P.A. deve ritenersi necessaria
la stipulazione in forma scritta a pena di nullit e, conseguentemente, deve escludersi che
si possa ipotizzare la possibilit di una rinnovazione tacita per facta concludentia, posto
che altrimenti si perverrebbe all'effetto di eludere il requisito della forma scritta; tuttavia,
quando la rinnovazione dell'originario contratto stipulato in forma scritta sia prevista da
apposita clausola dello stesso contratto per un tempo predeterminato e sia subordinata al
mancato invio di una disdetta del contratto entro un termine dalle parti prestabilito, la
rinnovazione tacita per l'omesso invio di detta disdetta deve reputarsi ammissibile, in
quanto la previsione della clausola, per un verso non elude la necessit della forma scritta
e, per altro verso, attesa la predeterminazione della durata del periodo di rinnovazione,
consente agli organi della P.A., deputati alla valutazione degli impegni di spesa e dei
vincoli di bilancio correlati all'eventuale rinnovazione, di considerare l'opportunit o meno
di disdire nel termine contrattuale il contratto stesso" (Cass., sez. I, 24-11-1999, n.
13039).
E ancora: "Nel contratto scritto concluso con la p. a., la clausola, inserita nel contratto
medesimo, che ne preveda la rinnovazione per mancata disdetta alla scadenza, comporta
una prosecuzione del rapporto in forza della volont negoziale consacrata nel suddetto
documento, sicch tale rinnovazione non si traduce in una violazione del principio secondo
cui quella volont dell'amministrazione stessa non desumibile da manifestazioni tacite"
(Cass., 10-03-1982, n. 1536).
E ci, nonostante una disposizione legislativa espressamente confermi il divieto di rinnovo
tacito dei contratti delle pubbliche amministrazioni per la fornitura di beni e servizi (il
rapporto assicurativi rientra nella categoria dei servizi) e preveda la nullit di simili
clausole (art. 6 della L.24.12.1993, n. 536 nel testo introdotto dall'art. 44 della
L.23.12.1994, n. 724).
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I principi ora ricordati prescindono dall'oggetto del contratto nel quale la clausola di
rinnovo sia inserita e quindi sono idonei ad essere richiamati in relazione al contratto di
assicurazione.
Quale dunque la posizione dell'istituzione scolastica a fronte di simile clausola?
Le soluzioni sono astrattamente due.
1. Si pu formalizzare sin dalla lettera di richiesta dei preventivi agli istituti
assicuratori il divieto di includere clausole di rinnovo tacito del contratto
(comunque formulate) ovvero se ne ottiene l'espunzione dalle condizioni
contrattuali all'atto della sottoscrizione della polizza.
2. Ove la clausola sia stata comunque pattuita, prima del maturare del termine
previsto per la disdetta, si accertano la sussistenza di ragioni di convenienza e di
pubblico interesse per la rinnovazione dei contratti medesimi e, solo ove sia
verificata detta sussistenza, si ometter la formalizzazione della disdetta del
contratto (arg. art. 6, secondo comma, L. n. 536/93 gi citato). Il contratto potr
essere in tal modo rinnovato per una sola volta (arg. art. 27, sesto comma, L. 23
dicembre 1999, n. 488), dovendosi pertanto curare successivamente la
tempestivit della disdetta.
Il patto di gestione della lite o polizze per la tutela giurisdizionale
Il "patto di gestione della lite" una clausola spesso presente nei contratti di
assicurazione.
Poich tali contratti vengono preparati dalle compagnie di assicurazioni secondo moduli o
formulari predefiniti e scarsamente modificabili, e poich tale situazione non subisce
eccezioni allorch le stesse trattino con la pubblica amministrazione, pu capitare che
l'amministrazione "subisca" l'inclusione della clausola in questione in un contratto di
assicurazione dalla stessa stipulato.
La conoscenza di questa clausola utile all'amministrazione, in questo caso, nella sua
veste di fruitore (del servizio assicurativo), e quindi di parte debole.
E' opportuno domandarsi, se tale clausola apposta ad un contratto con la pubblica
amministrazione sia legittima e nel caso positivo se e a quali condizioni risulti opportuna.
Dalla giurisprudenza applicativa si evince:
"Il patto con cui l'assicuratore assume la gestione della lite configura un negozio atipico
accessorio al contratto di assicurazione, costituendo un mezzo attraverso il quale viene
data esecuzione al rapporto stesso" (Cass., sez. III, 17-11-1994, n. 9744).
"Nell'assicurazione della responsabilit civile di cui all'art. 1917 c.c., il patto di gestione
della lite pone l'assicuratore nella veste di mandatario senza rappresentanza, con il
compito di vagliare, usando la dovuta diligenza, l'opportunit o meno di resistere alla
domanda del danneggiato, nonch, in caso positivo, di svolgere adeguate difese;
pertanto, le conseguenze negative della lite, in assenza di una clausola che specificamente
attribuisca al mandatario anche la veste di garante di un esito vittorioso, sono riversabili
sul mandatario stesso solo se si deduca e dimostri, secondo i canoni generali di cui all'art.
2697 c.c., la violazione dell'indicato dovere di diligenza" (Cass., sez. I, 14-10-1993, n.
10170).
"L'assicuratore che sta in giudizio in base al patto di gestione della lite, quale mandatario
in rem propriam, responsabile verso l'assicurato anche oltre i limiti del massimale di
polizza allorquando ritardi o rifiuti di risarcire il danno senza che ci trovi ragionevole ed
obiettiva giustificazione in relazione alla duplicit di interessi tutelati, ovvero quando la
gestione della lite da parte sua sia tale da arrecare pregiudizio all'assicurato per
l'eccessiva cura dei propri interessi, ovvero ancora quando si tratti di una gestione
dilatoria, indolente, o comunque non caratterizzata dalla cura diligente dei comuni
interessi; in tal caso spetta all'assicurato - il quale ritenga non diligentemente tutelato il
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In entrambi i casi la denuncia deve essere effettuata nel termine di due giorni e tale
termine decorre dal momento in cui il datore di lavoro acquisisce la certificazione medica;
l'obbligo di denuncia sussiste, infatti, solamente qualora l'inabilit sia superiore a tre
giorni e solo dalla certificazione medica si pu conoscere la durata del periodo di inabilit.
La stessa Corte di Cassazione ha confermato tale opinione, stabilendo che l'obbligo per il
datore di lavoro di segnalare entro due giorni l'infortunio sul lavoro prognosticato guaribile
oltre i tre giorni decorre dalla ricezione del certificato medico; "ci conforme alla lettera
e allo spirito della legge, poich l'obbligo di denuncia prescritto quando l'inabilit al
lavoro supera i tre giorni, condizione il cui accertamento spetta al medico" (Cass. 14
giugno 1993, n. 6029).
Anche il Ministero del Lavoro ha confermato questa interpretazione con circolare n. 92/96.
Contestualmente alla denuncia deve essere inviato il certificato medico (art. 53, comma 1
T.U. n. 1124/1965); a tal proposito, il Commissario straordinario dell'I.N.A.I.L. con
delibera del 7 aprile 2004 n. 168 ha proposto la modifica di tale norma, mediante
un'aggiunta che consenta l'invio del certificato medico in un secondo momento e su
richiesta dell'istituto assicuratore, qualora la denuncia sia effettuata per via telematica, al
fine di accelerare e semplificare le pratiche relative alle denunce di infortunio.
Per l'individuazione del soggetto tenuto all'osservanza dell'obbligo, necessario tenere
presente la struttura organizzativa dell'ente datore di lavoro.
Secondo il giudice di legittimit, "il capo di un ente o il titolare di un'impresa ad
organizzazione complessa e differenziata, non pu essere ritenuto responsabile, solo a
cagione della carica ricoperta, dell'omessa denuncia di un infortunio sul lavoro occorso a
un dipendente; per l'individuazione del soggetto responsabile deve aversi riguardo alla
ripartizione interna delle competenze ed all'organizzazione amministrativa" (Cass. 23
gennaio 1992; Cass. 12 ottobre 1996).
In base a questi principi la Cassazione ha ritenuto che "ove il datore di lavoro abbia
firmato la denuncia di infortunio ai sensi dell'art. 54 D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 in
termini e l'abbia data per la concreta trasmissione a un dipendente, non pu essere
ritenuto responsabile della mancata trasmissione" (Cass., sez. III, 30 aprile 1992).
Seguendo una diversa interpretazione della disposizione in esame si finirebbe per
incolpare dell'illecito il datore di lavoro a titolo di responsabilit oggettiva, in evidente
contrasto con l'art. 3 della L. n. 689/1981, che indica l'elemento soggettivo (dolo o colpa)
come requisito necessario per la sussistenza dell'illecito amministrativo. Anche la citata
circolare Ministero del lavoro sottolinea l'esigenza di interpretare la norma di cui all'art 54
in modo da evitare forme di responsabilit oggettiva, vietate dalle norme vigenti.
Chiarito questo punto, occorre notare che, ove il datore di lavoro sia una pubblica
Amministrazione, per identificare esattamente il dies a quo e il dies ad quem del termine
in questione si fa riferimento alla protocollazione agli atti della stessa Amministrazione del
certificato medico, da un lato, e della conseguente denuncia, dall'altro, poich la
protocollazione atto pubblico facente prova fino a querela di falso.
L'inosservanza degli indicati obblighi di denuncia costituisce illecito amministrativo punibile
ai sensi della L. n. 689/1981.
b) Obbligo di denuncia alla societ di assicurazione
Tale obbligo riguarda sia l'ipotesi di assicurazione per gli infortuni degli alunni, sia quella
per la responsabilit civile. Esso ha la sua fonte nella legge e nel contratto ed
adempimento indispensabile affinch l'assicurato possa esercitare i propri diritti nei
confronti dell'assicuratore.
Ai sensi dell'art. 1913 c.c. "l'assicurato deve dare avviso del sinistro all'assicuratore o
all'agente autorizzato a concludere il contratto entro tre giorni da quello in cui il sinistro si
verificato o l'assicurato ne ha avuto conoscenza".
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Per quanto concerne la forma di tale avviso, anche ove non sia espressamente previsto
nella polizza, si consiglia di utilizzare la raccomandata con avviso di ricevimento (magari
preceduta da comunicazione via telefax).
In caso di omesso o ritardato avviso dovuto alla propria negligenza colposa, l'assicurato
non perde il diritto ad essere indennizzato dalle conseguenze del sinistro; tuttavia,
l'assicuratore sar tenuto ad un indennizzo minore in ragione del pregiudizio subito (per
esempio, a causa dell'instaurazione di una controversia giurisdizionale con conseguente
aggravio di spese legali e giudiziali).
Il diritto dell'assicurato nei confronti dell'assicuratore ad essere tenuto indenne di quanto
tenuto a pagare per effetto del sinistro soggetto a prescrizione, e cio alla estinzione per
mancato esercizio del diritto nel termine stabilito dalla legge.
Nell'assicurazione per la responsabilit civile il termine di prescrizione di un anno e
decorre dal giorno in cui il terzo danneggiato ha richiesto il risarcimento all'assicurato o ha
intentato un'azione contro di lui e non invece dal giorno del sinistro (dal quale, si ricordi,
decorre il termine per l'obbligo di avviso).
Vale anche in questo caso la regola generale secondo cui la prescrizione pu essere
interrotta con qualsiasi atto idoneo a tale fine (diffida ad adempiere; richiesta a mezzo di
raccomandata A.R. ecc.).
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di vigilanza sugli alunni, salva la possibilit di esercitare l'azione di rivalsa nei confronti del
dipendente nei casi di dolo o colpa grave nell'esercizio del potere di vigilanza.
La responsabilit diretta del personale direttivo, docente, educativo e non docente della
scuola materna, secondaria e artistica dello Stato e delle istituzioni educative statali
disciplinata dall'art. 61 della legge 11 luglio 1980 n. 312, ai sensi del quale la
responsabilit
del
dipendente,
quando
riguardi
danni
arrecati
direttamente
all'amministrazione in connessione a comportamenti degli alunni, limitata ai soli casi di
dolo o colpa grave nell'esercizio della vigilanza sugli alunni stessi.
Tale limitazione si applica alla responsabilit del personale verso l'amministrazione che
deve risarcire il terzo per i danni subiti a causa del comportamento degli alunni sottoposti
a vigilanza, nel senso che solo in caso di dolo o colpa grave l'amministrazione pu
esercitare l'azione di rivalsa nei confronti del dipendente per ottenere il ristoro delle
somme corrisposte a titolo di risarcimento del danno in seguito all'infortunio scolastico.
Il danneggiato (il minore che viene rappresentato dai genitori o da chi esercita la potest)
pertanto ha sempre azione nei confronti dello Stato per i fatti che coinvolgano la
responsabilit dell'insegnante, mentre l'azione di rivalsa dello Stato nei confronti
dell'insegnante azione da esercitarsi dopo il risarcimento del danno, sia che questo sia
stato liquidato in via transattiva dalla compagnia assicuratrice sia che sia stato
determinato dal giudice all'esito della causa - subordinata alla sussistenza in capo a
quest'ultimo di dolo o colpa grave nell'esercizio del potere di vigilanza sull'alunno.
Sulla base dei principi ora ricordati il soggetto legittimato passivo in ordine alle
controversie in questione il MIUR e non l'istituzione scolastica presso la quale si
verificato il fatto n il dipendente la cui condotta dedotta come causa del danno.
Si ricorda in proposito l'orientamento giurisprudenziale consolidatosi in relazione ad
infortuni coinvolgenti istituzioni scolastiche gi dotate di personalit giuridica prima della
riforma del 1999: "il personale docente degli istituti statali di istruzione che costituiscono
organi dello Stato muniti di personalit giuridica ed inseriti nell'organizzazione statale si
trova in rapporto organico con l'amministrazione della pubblica istruzione e non con i
singoli istituti, dotati di mera autonomia amministrativa"; "ne consegue che in caso di
danni subiti da un allievo ed ascrivibili al personale docente, legittimato passivo nel
giudizio di risarcimento il Ministero della pubblica Istruzione e non l'Istituto" (fra le
tante, Cassazione civile, III, 7 ottobre 1997, n. 9742; Cassazione civile, III, 7 novembre
2000, n. 14484; Cassazione civile, III, 21 settembre 2000, n. 12501; Cassazione civile,
III, 4 dicembre 2002, n. 17195).
Sul punto, si ricorda la circolare MIUR 19 maggio 2003 che comunica l'orientamento
espresso con parere del Comitato Consultivo dall'Avvocatura generale dello Stato:
l'Avvocatura dello Stato ha infatti ritenuto che, non avendo la riforma dell'organizzazione
scolastica modificato il presupposto rilevante al fine di identificare il soggetto legittimato
alle pretese in questione e cio la dipendenza organica dallo Stato del personale che opera
nelle scuole, debba tuttora tienesi che il giusto contraddittore nelle predette cause sia il
MIUR.
Pacifico inoltre il difetto di legittimazione passiva del personale (in genere l'insegnante):
"L'insegnante della scuola pubblica privo di legittimazione passiva nel giudizio avete ad
oggetto il risarcimento dei danni subiti da un allievo imputabili a culpa in vigilando
dell'insegnate stesso, unico legittimato essendo il Ministero della Pubblica Istruzione ai
sensi dell'art. 61 L. 11 luglio 1980, n. 312" (Cassazione civile, III, 16 luglio 1997, n
7517Cass.azione SS.UU., 27 giugno 2002, n. 9346).
La prova di non aver potuto impedire il fatto
Il presupposto per l'accertamento della responsabilit per omessa vigilanza costituito
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dall'accertamento della responsabilit di colui che preposto alla vigilanza e che non ha
impedito il verificarsi dell'evento dannoso, pur dovendolo e potendolo fare.
questo il senso dell'art. 2048, comma 3 c.c. (identica la disciplina in base all'art. 2047
c.c.), laddove stabilisce che: "Le persone indicate dai commi precedenti sono liberate dalla
responsabilit soltanto se provano di non aver potuto impedire il fatto".
Due le conseguenze che derivano dalla norma richiamata:
1) la prova di "non avere potuto impedire il fatto" non spetta al danneggiato, ma al
convenuto (e dunque all'amministrazione scolastica);
2) ove tale prova non venga assolta, la responsabilit ne risulta accertata.
Quanto al contenuto effettivo di tale prova, essa pu essere fornita dimostrando che
l'incidente di per s tale per natura, circostanze, tempo, luogo e modo in cui si
verificato, che non avrebbe potuto essere evitato in maniera alcuna, neppure adottando le
pi scrupolose precauzioni.
E' evidente che poter fornire la prova negativa di non aver potuto impedire il
fatto dipende non solo dalla corretta organizzazione dei tempi, dei luoghi e dei
modi con cui svolgere le attivit didattiche, ma anche dell'accurata ricostruzione
di quanto avvenuto.
Ancora pi stringente la disciplina nei casi in cui il danneggiato invochi la responsabilit
contrattuale di cui all'art. 1218 c.c. dell'amministrazione per non avere evitato che
durante il tempo in cui il minore sotto la vigilanza dell'amministrazione scolastica questi
si procurasse danno (spesso i due titoli di responsabilit vengono evocati
congiuntamente). La prova liberatoria che il debitore deve fornire per "liberarsi" della
responsabilit contrattuale consiste nel provare che l'inadempimento o il ritardo stato
determinato da impossibilit della prestazione derivante da causa a lui non imputabile (si
veda supra, La responsabilit contrattuale -L'inadempimento- La prova liberatoria).
Suggerimenti su come redigere la relazione utile per la difesa in giudizio
Preliminarmente si ricorda che per le controversie in questione, tanto nel caso in cui sia
evocata in giudizio l'istituzione scolastica, quanto nel caso in cui sia evocato in giudizio il
MIUR, vale la regola generale della difesa tecnica da parte dell'Avvocatura dello Stato (in
particolare, l'avvocatura competente per territorio in ragione del giudice adito).
E' necessario che la relazione da inviare all'Avvocatura dello Stato sullo svolgimento dei
fatti sia il pi completa e dettagliata possibile, al fine di permettere una valutazione
corretta dell'accaduto.
Potr essere utile seguire la "traccia" contenuta nel documento "SCHEDA INFORTUNIO
SCOLASTICO".
Cenni sullo svolgimento del giudizio
Pu aversi curiosit su come si svolge il giudizio, una volta che questo sia stato iniziato dai
genitori dell'alunno infortunato (o da questi se divenuto maggiorenne).
Il giudizio si svolge nelle forme del processo ordinario di cognizione, disciplinato dagli
artt.163 ss. c.p.c..
Senza volere affrontare l'argomento delle regole processuali, pu essere utile ricapitolare
alcuni aspetti che corrispondono a domande che di frequente il dirigente scolastico si pone
in queste occasioni.
1) Va confermata per tali cause la regola della obbligatoria difesa tecnica da parte
dell'Avvocatura dello Stato.
2) La comparizione personale delle parti (nel caso di evocazione in giudizio
dell'istituzione scolastica, il dirigente scolastico quale suo legale rappresentante), salvo
che per quanto si dir subito, non richiesta.
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