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Libro II

Capitolo 1
La domanda implicita di questo libro la seguente: come si diventa virtuosi eticamente?
La virt etica la si acquisisce con lABITUDINE, quella dianoetica con linsegnamento.
Aristotele inizia la trattazione del secondo libro non da cosa sia una virt etica, ma da come la si acquisisca,
rispondendo appunto che la si raggiunge attraverso labitudine. Dunque le virt etiche non sono per natura,
tanto pi che le cose per natura non sono modificabili, mentre le virt etiche possono esserci e non esserci,
e modificarsi.
Aristotele distingue fra le capacit che possediamo per natura e quelle che possediamo come disposizioni in
potenza.
Altra conferma: la politica ha il compito di produrre cittadini virtuosi, che quindi non lo so per natura.
Che la virt nasca con labitudine confermato anche dal fatto che le attivit si impara a farle bene
nellesercizio tramite linsegnamento. Altrimenti non ci sarebbe neanche bisogno di insegnanti.
Non sono allora doti naturali: non siamo giusti per natura.
Dietro la posizione di Aristotele c un dibattito accesissimo, di cui egli consapevole, anche perch prende
in considerazione tutte le opzioni: come facci ad essere virtuoso e quindi ad avere successo? Una parte
consistente dei partecipanti al dibattito riteneva che esistessero i buoni per natura: la tradizione
aristocratica, che ritiene che per natura alcuni sono migliori di altri. Invece, la tesi che ritiene che tutti
possano potenzialmente acquisire le virt tramite linsegnamento, sostenuta dai sofisti per primi: una
nuova visione democratica. Da qui nasce il conflitto aristocrazia democrazia.
Ma, nella visione di Aristotele, i sofisti insegnano ad avere successo fregando gli altri, mentre i filosofi veri
insegnano la vera virt.
Allora, Aristotele dialoga con i filosofi veri non con i sofisti. Per Socrate la virt scienza: per lui tutto
dipende dalla conoscenza. I due paradossi di Socrate sono:
1. La virt scienza
2. Nessuno compie il male volontariamente: quando scegliamo un male lo facciamo credendo che ci
porter a un bene, perch siamo ignoranti riguardo il vero bene
Allora lobiettivo della filosofia, per Socrate, mostrare che il male non porta bene: se tu capisci
cos il bene necessariamente lo farai. Quindi per Socrate si diventa virtuosi con la conoscenza e
lapprendimento.
Questa visione non tiene conto di un fatto importante: non tiene conto di passioni e desideri, che Socrate
non prende in considerazione. Il modello che ne viene fuori un modello riduttivo della complessit
umana.
La tragedia greca compie un passo in pi: per essa quello che conta, quello che noi siamo veramente, la
parte dei desideri e delle passioni, che la parte che vince sempre.
Aristotele ha una posizione intermedia: accetta la morale tradizione e quella tragica che luomo p lo scontro
fra queste passioni, ma insiste sullabitudine:in polemica con Socrate, non diventi giusto con la conoscenza
sola, ma attraverso labitudine e lesercizio. Il vero giusto colui che si comporta giustamente, non colui
che si limita a conoscere cos la giustizia. Ci vuole la pratica, che comunque da sola non basta: necessaria
labitudine: abituarsi a essere virtuoso. Aristotele ha dunque una posizione pi fiduciosa della tragedia
greca, in quanto ritiene che siamo in grado di abituarci alla giustizia, nonostante passioni e desideri
contrastanti.
Educare a questo il compito della filosofia.
Questanalisi di Aristotele ci permette di comprendere il legame fra carattere e abitudine: il carattere s
forma a seconda di quello che facciamo, delle nostre abitudini, nona seconda della nostra conoscenza. Il
carattere ci che facciamo: dato dalle tendenze che ci guidano nelle nostre azioni. Tali tendenze sono i
desideri che nascono nella parte dellanima irrazionale ma legata in qualche modo alla ragione.
fondamentale che leducazione inizi presto fin da giovani, perch nei bambini ancora le loro spinte
desiderative non hanno ancora formato il carattere, e dunque sono pi malleabili. I genitori sono i primi
responsabili della formazione del futuro uomo animale politico. Si parte dalla famiglia e si arriva allo stato.
Luomo animale politico perch non pu prescindere dalla comunit. Le virt etiche formano allora i
rapporti con gli altri, e dunque fondano la societ.
Ma chi dice quali sono i valori giusti? Il padre. Ma perch e in base a cosa? Aristotele dovr affrontare
questo problema.
Comunque, per essere virtuosi non basta neanche la pratica: ci vuole la consapevolezza.
Allora abbiamo la virt etica se:
educazione abitudine-azione consapevolezza: sono consapevole che mi devo comportare
giustamente e provo piacere a comportarmi cos, inlinea con i miei desideri.

Capitolo 2
Come si diventa virtuosi? Con la pratica e le azioni. Come si compie cos si diventer: se si pratica bene si
diventa virtuosi, se male allora no. Non basta praticare: bisogna farlo nel modo giusto.
Quindi, come devo agire?
- Secondo le norme della ragione (libro VI)
- Seguendo una serie di indicazioni pratiche e generali che Aristotele d in questo capitolo
Intanto chiariamo cosa sia una DISPOSIZIONE, quando riesco a padroneggiare unattivit al
massimo: sono abituato ad abituarmi in tal modo qualcosa che ormai ho, parte integrante di me. Pu
essere tanto negativa quanto positiva.
Aristotele precisa che pu dare solo una trattazione generale, nel momento in cui tutto dipende dalla
circostanze e il sapere pratico non pu mirare al rigore della matematica, tanto pi che ora si parler di casi
particolari. D allora tre indicazione di massima:
1. Le azioni etiche tendenzialmente si caratterizzano per una certa misura (non troppo eccessive, non
troppo deboli).unazione fatta troppo o troppo poco risulta essere nociva. Dunque bisogna
RIFUGGIRE GLI ESTREMI trovando una via mediana.
2. INDICAZIONE DEL CIRCOLO VIRTUOSO: lazione produce il carattere; quando poi hai raggiunto il
carattere ti comporterai allo stesso modo, solo che sar pi semplice.
3. QUANDO SONO VIRTUOSO PROVO PIACERE nel compiere quellazione. Il piacere legato al
desiderio: quando provo piacere ho trovato i giusto rapporto fra i miei desideri e la ragione. La virt
etica dunque non pu prescindere dal piacere.
Ora Aristotele ragiona per dimostrare la centralit del PIACERE.
Sta presentando il modello virtuoso che ha realizzato le virt etiche. Le sue indicazioni ci possono servire in
senso generale, perch concretamente non ci sono norme assolute perch le circostanze cambiano.
Questa rappresentazione del modello realizzato mira anche a rendere appetibile il modello.
Ora Aristotele discute con otto argomenti il piacere e la sua importanza.
Esso ci permette di capire se siamo virtuosi o meno e inoltre ha una funzione persuasiva: rende appetibile
al lettore il diventare virtuoso: il virtuoso sa come fare a provare il vero piacere.

Capitolo 3
Aristotele introduce unOBIEZIONE potenziale alla sua teoria: che senso ha dire che per diventare giusto
devo comportarmi giustamente? Se mi comporto giustamente sono gi giusto, non dovr diventarlo.
Aristotele risponde a questa obiezione, dicendo che in realt mal posta: la situazione pi complessa, le
cose non stanno cos. Uno pu scrivere, ma per caso o perch un altro lo guida: si pu dire che costui un
grammatico o che sappia scrivere? No! Si sar grammatici se si scrive avendone una consapevolezza. La
differenza fra chi virtuoso e chi non lo ,o lo sta diventando, nella disposizione interiore con cui
compiamo latto, pi che nellatto stesso: bisogna capire cosa si sta facendo. Quello che conta non sono le
produzioni (uguali nei due casi) ma nelle azioni. Importante la disposizione.
Le tecniche hanno il loro fine esterno. Nellazione virtuosa non c un fin esterno: essa perfetta di per s.
la stabilit del comportamento a fare la virt, non il singolo atto:conta la continuit dellazione. Ci sono
allora tre fattori essenziali: consapevolezza deliberatezza stabilit.
Qui finisce la prima parte del libro II: ha delineato il modello del virtuoso.
Capitolo 4
Una volta ricostruito il percorso, Aristotele definisce tecnicamente la virt etica: ne fa una trattazione
scientifica (capitolo 4-5). Una definizione per Aristotele qualcosa di essenziale in quanto ci d lessenza
delle cose. La definizione ci deve dire:
1. Il genere allinterno della quale la cosa sta (capitolo 4)
2. Cosa distingue questa cosa dalle altre di quel genere (capitolo 5)
Di ci ce ha a che fare con lanima, ci sono passioni, potenze-facolt, e disposizioni:
PASSIONI: ci a cui fanno seguito piacere e dolore
POTENZE-FACOLTA: quello per cui siamo detti capaci di sentire queste passioni
DISPOSIZIONI: quelle per le quali ci comportiamo bene o male rispetto alle passioni
La virt di trova nel MODO in cui proviamo le passioni, quindi non n una potenza n una
passione: una DISPOSIZIONE. Aristotele ha allora chiarito il genere. La disposizione qualcosa che
abbiamo di costante e stabile rispetto alle emozioni.
Siamo detti virtuosi non per le passioni, bens a seconda dei vizi e delle virt: la passione non una virt. La
virt legata allelogio, e nessuno elogiato per le passioni che prova. Inoltre le virt sono una sorta di
scelta deliberata, mentre non sono scelte deliberate la collera o la paura (= le passioni) bisogna scegliere
di essere virtuosi! La passione invece qualcosa di passivo: accade dentro di me ma non posso controllarne
il sorgere.
Aristotele sta comunque sottolineando limportanza e linevitabilit delle passioni: il suo pensiero diverso
da quello stoico, per il quale il saggio non deve controllare le passioni negative perch non le ha. La virt
non neanche la capacit di provare passioni, dunque non neanche una facolt-potenza, per gli stessi
motivi. Inoltre, abbiamo la facolt come dono di natura, non abbiamo scelto di averla. Dunque resta che la
virt una disposizione (habitus): cos Aristotele ha chiarito che cosa sia la virt secondo il genere. Una
persona diventa virtuosa quando controlla passioni e desideri in modo stabile: qUando ha raggiunto tale
carattere e lo mette in atto sempre senza fatica: dunque una
DISPOSIZIONE INTERIORE CHE SI TRADUCE IN COMPORTAMENTI STABILI
I tratti salienti sono (1) la possessione e (2) la stabilit.
Questa definizione non ancora sufficiente: per ora si detto che implicata nel modo in cui gestiamo le
passioni. Ma oltre alla virt, anche il vizio risponde a tale definizione (al negativo): anche il vizio non n
una passione n una facolt. Il discorso vale in positivo per le VIRTU e in negativo per i VIZI.
Dunque necessaria una specificazione ulteriore: la differenza (come specificher nel capitolo successivo)
nella misura: la virt ha misura della passioni, il vizio non ne ha.

Capitolo 5
TEORIA DEL GIUSTO MEZZO
La virt sta nel giusto mezzo: Aristotele chiarisce questo in questo capitolo., mostrando cosa differenzia la
virt dal vizio.
Ogni virt ha per effetto che sia in una buona condizione e compie bene lopera di quella cosa: Aristotele
cos definisce la virt. Un uomo buono un uomo che funziona bene: ovvero quando ha messo a post le
sue passioni. Come si realizza ci? Nel giusto modo. E cosa vuol dire questo concretamente? Un uomo
funziona bene quando fa cosa? Aristotele pone laccento sulla MISURA: tutto ci che possiamo mettere in
una gradazione presuppone un meno, un pi,e un mezzo. La virt etica ha a che fare con la variazione di
gradazione delle passioni. Questa gradazione pu essere in relazione al soggetto o alloggetto: v un medio
oggettivo e uno soggettivo:
Il medio soggettivo dista in egual misura dai due estremi
Il medio soggettivo ci che n eccede n difetta a seconda del soggetto, non uguale per tutti: ha
a che fare con ME individuo specifico con determinate esigenze e caratteristiche. La nostra
trattazione cerca QUESTO MEDIO, non il medio oggettivo!!
La virt il giusto mezzo nel rapporto con le passioni: questo medio soggettivo, non oggettivo: dipende
dalle varie persone e dalle varie situazioni prese in considerazione. Queste situazioni non sono
preventivabili: ciascuno di noi deve cogliere questo, facendo ci che farebbe il virtuoso.
C quindi il giusto mezzo in s, e il giusto mezzo per noi: ma non si tratta di un per s assoluto, dovuto
alla situazione, ed per questo che non determinabile in maniera oggettiva: dipende dalle circostanze.
Dunque la virt una DISPOSIZIONE RIVOLTA AL GIUSTO MEZZO. La difficolt proprio questa mancanza di
oggettivit e quindi di rigorosit.
Il giusto mezzo oltre che per le passioni, vale anche per le azioni (c un legame strettissimo fra desiderio e
azione: i desideri producono le azioni). La virt la realizzazione eccellente di una potenzialit; il vizio il
contrario, e cio leccesso o il difetto: entrambi gli estremi sono da evitare.
Aristotele riprende la morale tradizionale che aveva espresso un giudizio simile sul giusto mezzo in un
famoso detto delfico.
Alcune di quelle che Aristotele considera come virt non sono pi tali per noi: infatti sono cambiate le
circostanze (per esempio: lumilt per Aristotele un estremo da rifuggire, mentre lira non negativa);
infatti non ci possono essere criteri oggettivi validi per tutti in tutti i tempi e in tutte le circostanze.
La virt dunque la MEDIETA ed difficile trovarla, tanto pi che ci sono forme infinite di errore,
mentre il giusto mezzo uno.

Capitolo 6
La virt dunque una disposizione (cap.4) che orienta la scelta deliberata (si
sceglie, non si fa per caso), consistente in una via di mezzo per noi (soggettiva, cap.
5) determinata dalla ragione, vale a dire nel modo in cui la determinerebbe luomo
saggio
Questa definizione con cui si apre il capitolo la somma di ci che ha chiarito fino ad ora: resta da stabilire
cosa sia questa regola determinata dal comportamento del saggio.
Da qui Aristotele comincia una serie di trattazioni particolari: ha chiarito cos una virt etica, e ora ritorna
al problema di come si diventa virtuosi facendo alcune precisazioni puntuali. Torna in questa terza parte del
libro su come si diventa virtuosi pi nello specifico nelle virt pratiche.
Dice che non sempre vi la via di mezzo: la malevolenza, limpudenza, linvidia, sono sempre vizi,
cos come per le azioni lo sono sempre ladulterio,il furto, lomicidio.
C comunque da precisare che la virt etica si mediet, ma al contempo in quanto a eccellenza e
perfezione un estremo, quello pi alto.
La virt etica si risolve nel non egoismo e nellequilibrio allinterno di noi, come scelta non sofferta. La
passione qualcosa di naturale: la virt etica trova lequilibrio per questa passione che necessariamente
in noi. Proprio perch naturale, la passione deve trovare espressione, e la torva nella mediet. una
posizione originale dal momento che Aristotele sostiene che le passioni non sono da spegnere totalmente,
cosa che invece pensano quasi tutti gli altri filosofi antichi.
La discussione sulle virt etiche occupa, oltre al secondo, anche il terzo, il quarto, e il quinto libro: tratta le
specifiche virt.
Il quinto libro, in particolare, dedicato alla giustizia, fondamento della vita individuale quanto di quella
politica.
Mostra come proseguir la trattazione nel cap. 7 del libro II:

Capitolo 7
La scienza pratica va indagata anche nei casi particolari specifici, con esempi concreti. Aristotele fa ora una
specie di tabella, dicendo che per quanto riguarda X la virt sar Y, mentre il vizio per difetto sar Z e quello
per eccesso W.




AMBITO VIRTU DIFETTO ECCESSO
1. Paure e ardimenti coraggio Senza nome vilt
2. Piaceri e dolori moderazione insensibilit incontinenza
3. Ricchezze
a) Grandi
b) piccole

Magnificenza
liberalit

Meschineria
avarizia

Ostentazione
prodigalit
4. Onori
a) grandi
b) piccoli

Magnanimit
Senza nome

Pusillanimit
Disinteresse per gli
onori

Vanit
Amore eccessivo
per gli onori
5. Collera mitezza Mancanza di
irascibilit
collericit
6. Rapporti sociali
a) il vero
b) il piacevole
- nel gioco
- nella vita

Veracit

Facezia
amabilit


Dissimulazione

Rozzezza
scontrosit

Millanteria

Buffoneria
adulazione

Capitolo 8
( Da fare da soli)
Il capitolo studia i tipi di opposizione che intercorrono tra le tre determinazioni del mezzo, delleccesso e
del difetto.
1. Innanzitutto si sottolinea che tutte e tre queste determinazioni, che si riconducono rispettivamente
a quelle delluguale, del pi grande e del pi piccolo si oppongono fra loro come appunto si
oppongono queste ultime.
2. Si studia dunque lopposizione del medio agli estremi:
a) Il medio in relazione al difetto sembra un eccesso e un difetto in relazione alleccesso
b) Per questo chi pecca o per eccesso per difetto tende a qualificare il virtuoso, il quale tiene la via
di mezzo, col vizio opposto (il temerario considera vile il coraggioso)
3. Quindi si studia lopposizione degli estremi fra loro. Essa maggiore di quella fra gli estremi e il
medio infatti:
a) Gli estremi sono pi distanti tra loro che dal medio
b) Vi sono casi in cui uno dei due estremi ha somiglianza con il medio, invece tra gli estremi vi
sempre grande diseguaglianza.
4. Quindi lopposizione degli estremi con il medio. Gli estremi si oppongono al medio in modo diverso,
e tal volta gli si oppone di pi il difetto, talvolta leccesso. Le ragione dellirregolarit di questa
opposizione sono due:
a) in se stesso uno dei due estremi pu essere pi vicino al medio (il che pu avvenire perch il
medio, in cui consiste la virt, non il medio aritmetico, ma il medio rispetto a noi)
b) consideriamo pi opposte al mezzo quelle cose alle quali siamo pi inclini per natura: per cui
anche le relative disposizioni ci sembrano pi contrarie alla disposizione virtuosa.




Capitolo 9
faticoso diventar virtuosi: difficile prendere il mezzo in ogni cosa (questa unidea diffusa nella morale
tradizionale: Aristotele ha dato una struttura solida e ordinata a questa morale).
Infatti il giusto mezzo uno solo, gli errori possono esseri infiniti. Ecco perch la perfezione rara e
lodevole.
Ora Aristotele d tre consigli concreti:
1. bisogna allontanarsi da ci che pi lontano dal giusto mezzo: rifuggire gli estremi. Non cercare di
cogliere subito il bersaglio, comincia con lallontanarti dagli estremi.
2. Considera le tue inclinazioni, gli estremi da cui tu sei attratto, e comincia con lallontanarti da questi
(tendere il bastone dalla parte opposta per raddrizzarlo)
3. Stai in guardia dal piacere, in quanto non lo valutiamo in modo distaccato (aggiunge qui unaltra
citazione poetica, riprendendo unaltra volta la morale tradizionale)

(Aristotele sta parlando a chi gi convinto che giustizia onore ecc siano valori e mostra loro perch lo
sono: non vuole convertire nessuno.)
Tutto ci comunque difficile, ma chi esce di poco dalla perfezione non biasimato: quasi impossibile il
gesto perfetto, ma arrivare approssimativamente alla giusta misura qualcosa che tutti possono fare.



ALCUNI PROBLEMI CHE EMERGONO DALLA LETTURA DI ARISTOTELE:
Aristotele continua a insistere su come si debba raggiungere il giusto mezzo in rapporto sia alle
passioni sia alle azioni. Per ora si parlato di passioni. Le azioni possono essere considerate
conseguenze della passioni,ma non vale per tutte. Dov la passione della generosit? Sembra
essere solo unazione. Lonest? Questo implica una complicazione del quadro
Aristotele nel capitolo 7 libro II sembra dire che queste sono le virt e questi i vizi (tabella sopra).
Ma perch solo queste virt in questordine? Perch, ad esempio, la tolleranza no? Perch lumilt
un vizio?la teoria giusta, ma forse Aristotele stato troppo riduttivo? D troppa importanza al
contest della polis e ai suoi valori? Infatti per Aristotele la tolleranza non una virt, per noi s. Per
lui lumilt un vizio, per noi virt. chi stabilisce cosa sono virt e cosa vizi??? Chi lo
garantisce??
Aristotele risponde dicendo che il modello la persona saggia, la sua ragione.

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