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2009

La dialettica e la libertà
Dialectic and freedom

In this article we discuss the explicit and adamant connection


among the freedom and dialectic vision of man. We as human,
are on the level of “just existing” basically limited by, fear,
partiality and ignorance of the real nature of ourselves and of
the nature. On this way, the, culture, civilization, religion,
society, and also the knowledge become dogmatic in our mind,
changing our freedom in to fanatism. That is to say, they
become obstacles to our freedom. We discuss also the
importance of the history and memory, but, not in the sense of
a determinism. The man is not a thing, a formula, or a dogma
but he is a world. When a man dies, a world dies. Therefore we
propose in this article, to respect the freedom of the others and
the necessity of justice. For this we need a dialectical and
critical process of thinking.

- Ajith Rohan J. T. F.
Personale
17/12/2009
LA DIALETTICA E LA LIBERTÀ - Ajith Rohan J. T. F.

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La dialettica, secondo il nostro avviso è strettamente

legata alla libertà dell’essere umano. Se uno non è libero

nel pensare, nell’agire, vale a dire se una persona agisce

cecamente senza riflettere, abbandonandosi ai diversi

modi di accecare il proprio pensiero, come :paura,

parzialità, ignoranza, in modo adamantino, non è libero.

Lui/lei non è capace di “salire” o/e “scendere”

liberamente conoscendo le dimensioni nascoste

dell’argomentare e del pensare. L’uomo in catene non

ha una visione globale dell’esistenza, non ha una visone

filosofica che è squisitamente umana (per fortuna). La

prima tra le lacune di un tale pensiero, può essere la

mancanza della critica. Per tali persone, fare domande

che scaturiscono dalla curiosità, mettendo in dubbio le

cose che sono state imposte come vere dalla

tradizione,dalla cultura, dalla civiltà, dai genitori e così

via, è impossibile . Loro, non sono capaci di muoversi

nel pensiero che procede verso un’apertura dalle

dimensioni nascoste e dalle regioni sconosciute, sulla

base della libertà, per poi creare nuove e valide risposte

(conoscenze). La curiosità cerca di risolvere il dubbio.


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Bisogna precisare che noi non stiamo trattando il dubbio


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cartesiano ma, quel dubbio naturale che nasce insieme

alla curiosità nel processo conoscitivo umano, che a sua

volta trasforma nelle varie ricerche.

Come ha notato Platone, Aristotele e Dilthey la

tradizione, la storia, per dire in breve con il termine

usato da Gadamer, i «pregiudizi» servono all’ uomo che

pensa e agisce all’interno di una situazione socio-

politico-economico e culturale. Di questo, noi, non

possiamo dubitare. Qualsiasi uomo, che si esprime con

una lingua, ha in possesso un bagaglio culturale

sufficiente a vivere da uomo di relazione, con sé e con

il mondo. Il problema della libertà, senza trasformarla

in un “mito”, è al centro dell’esistenza umana.

Meravigliarsi di fronte a un fenomeno naturale, per

esempio: un tramonto, richiede libertà. Sarebbe meglio

affermarlo con Aristotele: un tale momento è legato ad

uno «status noetico» (consideriamo su questo punto che

gli altri stati emotivi affettivi, nel momento

dell’esperienza, sono tutti coerenti ad essa). La libertà,

dunque, sembra che rappresenti un fondamento della


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conoscenza e della relazione con il sé e, con il resto


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fuori dal sé.

La libertà, dalla paura, dall’ignoranza, dalla parzialità

ecc., rende la persona capace di scoprire le dimensioni

nascoste, è ormai evidente. Ma la libertà non si

realizza, come abbiamo già detto, eliminando o

abolendo, negando completamente quello che è della

persona come un membro di una collettività (la memoria

è una necessità per gli esseri umani per poi ricominciare

il processo per la libertà); la libertà parte da lui per

arrivare a ciò che è possibile e nuovo. In altre parole,

l’uomo procede dal vero poi arriva al vero (non il Vero).

L’uomo libero, dunque, non è uno che ha la mente vuota

di concetti, come affermava John Locke (tabula rasa).

Egli ha gli schemi mentali, le conoscenze acquisite poi

dogmatizzate, come ad esempio un sistema operativo di

un computer. Senza le informazioni fondamentali, un

computer non risponde alla corrente che forniamo come

“input”. Dalla mente umana, naturalmente, scaturiscono

i «pregiudizi» ma l’importanza della libertà sta

sull’orientamento, sulla capacità analitica e sulla


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capacità di scelta (in conformità ad un’etica) e non in


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modo deterministico di una cultura o di una civiltà o di

un gruppo, o di un clan, tribù ecc. Inoltre, uno che per

essenza dovrebbe ricercare la verità, mette in dubbio

innanzitutto e soprattutto il proprio sé. Bisogna precisare

che, se la ricerca della verità esige necessariamente la

libertà del ricercatore, può sembrare un paradosso, se

quello già è in quello stato in modo esauriente, non

avrebbe senso fare altre ricerche. Invece, bisogna dire

che , la lotta per la libertà fa parte della ricerca e, anche

viceversa. Nulla può possedere un uomo in modo

assoluto, perché le nostre creazioni sono sempre

perfettibili.

Ora bisogna verificare l’importanza della memoria per

un uomo libero. Abbiamo le conoscenze scientifiche che

a loro volta vengono utilizzate nella vita quotidiana,

come leggere, valutare, costruire, riprodurre le

macchine, guidare ecc. ma queste conoscenze non

sembrano comportare un ostacolo alla libertà, se non vi

sono altre tipi di conoscenze. Analizzando precisamente

le storie delle civiltà, delle culture, possiamo individuare


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le conoscenze che dogmatizzano la memoria. Esse sono


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le tradizioni, le fedi diverse e le religioni

istituzionalizzate. Il mondo d’oggi è diviso in base a

queste memorie che ostacolano, in modo adamantino, la

libertà dell’uomo. Le divisioni tra le religioni hanno

accecato l’uomo per potersi identificare in queste

religioni (fanatismo). Questi possono dimenticare la

propria identità come “umano - libero”. Su questo punto

le tradizioni, le storie, le culture e le civiltà, si

ostacolano per essere liberi. Utilizzano la conoscenza

scientifica per soddisfare i propri capricci, per

affermare le proprie superiorità sopra gli altri. Solo una

visione dialettica, pluriculturale e interdisciplinare,

fondata sulla giustizia e sul rispetto, può essere libera.

Vale a dire, le conoscenze tradizionali, culturali, in

senso dogmatico e strutture chiuse sono gli ostacoli, per

essere liberi. Esse non danno la possibilità di

riconoscere l’altro in modo dialettico con un’apertura

adeguata a conoscere il nuovo. Essi vedono la novità, la

diversità, come i nemici. Così da queste conoscenze

scaturiscono le diffidenze, le discordie, l’odio, le

divisioni e non la conoscenza della verità e della vita.


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Riconoscere queste difficoltà sul piano conoscitivo ed

etico, è già un esercizio della dialettica. Così sappiamo

l’importanza della tradizione, della storia, della

conoscenza che ogni cultura o civiltà ha prodotto nel

tempo sulla base della vita quotidiana. Bisogna poi

sapere con chiarezza che, queste conoscenze non sono

quelle per cui noi ci sacrifichiamo in modo fanatico, ma

sono gli indizi, che a loro volta diventano loro stessi

oggetti delle critiche per scoprire le novità, quindi le

dimensioni nascoste.

Non possiamo dimenticare la tendenza e la fragile

natura umana che ci sottomete agli effetti immediati

della paura, dell’ignoranza. Di conseguenza, la

conoscenza di qualsiasi tipo e le tradizioni, le storie,

religioni, filosofie diverse dalla propria, diventano gli

orrori da evitare. La propria cultura, la storia, la

religione e la filosofia diventano delle maschere della

paura nascosta, per non essere “vittima di”. Così questi

fenomeni di cui abbiamo parlato diventano gli ostacoli

per essere liberi.


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CONCLUSIONE

Or dunque, l’uomo non dalla tradizione, né dalla storia,

né dalle fedi diverse, né dalle conoscenze scientifiche o

umanistiche riceve la libertà. L’uomo la guadagna

dall’arte della contemplazione (visione dialettica e

critica con le forze della retorica ed ermeneutica).

Quell’arte tramite cui, per eccellenza, l’uomo riesce ad

arrivare a livelli relativi alle proprie virtù. Ammettiamo

l’utilità delle conoscenze, ma non le attribuiamo

un’importanza assoluta, perché possono essere

ostacolati. Invece, abbiamo bisogno della libertà di

pensiero che dà l’avvio alla dialettica. Coloro che

corrono dietro le conoscenze, di cui abbiamo discusso,

per poi esserne imprigionati liberamente, possiedono

una personalità malata. Loro pensano di essere solo ciò

che hanno dogmaticamente imparato e tradizionalmente

ereditato. È vero che nessuno può scegliere la propria

nazione, la famiglia in cui nascere, decidere quale corpo


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avere con le peculiari attribuzioni, le capacità e


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tantomeno nemmeno il nome ecc. Tutto viene dato a

ciascun soggetto. Vale a dire, non dobbiamo dimenticare

quello che siamo ora ( anche se impossibile da

dimenticare. Sarebbe una cosa irrazionale), ma non

dobbiamo dimenticare neanche che, le conoscenze delle

culture diverse sono in parte delle cose accidentali. Un

fatto importante è che le conoscenze sono perfettibili

secondo una visione globale e mai provinciale quindi,

presuppongono una dialettica, ovvero “il dialogo

sincero” con sé e con gli altri. Così, uno non rischia di

perdere la propria libertà. In tal modo può scaturire un

pensiero libero che a sua volta dà frutti meravigliosi e

non sono semplici discussioni provinciali, ma valgono a

livello universale. Per aprirsi alla luce della verità

dobbiamo quindi sentirci liberi di pensare in modo

dialettico, che a sua volta serve da catalisis tra le

diversità infinite.

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