Commentando lennesima escalation nel conflitto tra Israele e
Gaza, lo scrittore israeliano A.B. Yehoshua, unicona del
pacifismo, ha affermato chiaramente che, vista la situazione con Hamas, il suo paese non pu fare altro che dichiarare lo stato di guerra.
La costola dei Fratelli musulmani in Palestina non pu essere Il conflitto tra Israele e Hamas una guerra rituale di Anna Maria Cossiga Lo scontro tra lo Stato ebraico e il movimento armato palestinese segue un copione tragico, diverso dalle guerre convenzionali: pi che per conquistare la terra, si combatte per riaffermare la propria identit. Un'analisi antropologica. Il tempismo perfetto di Israele [http://temi.repubblica.it/limes/israele-attacca-hamas-a- gaza-ma-pensa-a-iran-e-primavera-araba/40030] | I miti ebraici, l'Iran e le ossessioni di Netanyahu [http://temi.repubblica.it/limes/netanyahu-iran-miti-ebraici-sionismo-amalek- herzl/39194] [Una foto del recente conflitto tra Israele e Hamas. Fonte: Ansa] Limes - rivista italiana di geopolitica pi trattata come un gruppo terroristico: un governo e deve essere considerato responsabile delle sue azioni [1]. E dunque, guerra. Come accadrebbe se qualunque altro Stato attaccasse Israele con i suoi missili.
Non facile dare una definizione esatta del termine guerra, ma nellimmaginario comune la guerra certamente considerata un conflitto tra Stati, che prevede luso della violenza e delle armi, che ha un qualche scopo, sia esso economico, territoriale o politico, e che porta a un qualche tipo di risultato.
Probabilmente Yehoshua ha ragione, si tratta di una vera e propria guerra. Eppure il conflitto tra Israele e Hamas una ben strana guerra. Dal 2005, anno del ritiro israeliano da Gaza, i sanguinosi tira e molla tra i due contendenti sono stati numerosi [2]:
- nel giugno 2006, loperazione Pioggia destate, in seguito al rapimento del giovane Ghilad Shalit, conduce allarresto di una sessantina di alti funzionari di Hamas; nel novembre dello stesso anno, loperazione Nuvole dautunno causa la morte di 56 palestinesi, per lo pi combattenti. Nei cinque mesi di operazioni le vittime palestinesi sono in tutto 400;
- nellaprile 2007, Israele riprende i raid su Gaza in seguito allincessante lancio di razzi su proprio territorio e il braccio armato di Hamas dichiara la fine della tregua; in giugno, Hamas vince le elezioni e prende il completo controllo di Gaza;
- tra febbraio e marzo 2008, nuova operazione dal nome Inverno caldo, in seguito alla morte di un israeliano colpito da un razzo di Hamas. Solo a giugno si giunge ad una tregua. I morti palestinesi sono centinaia;
- nel dicembre 2008 ha inizio loperazione Piombo fuso, che dovrebbe mettere fine una volta per tutte al lancio di missili contro Israele. Bilancio: 1400 morti palestinesi e 13 israeliani. Nonostante il cessate il fuoco entrato in vigore il 18 gennaio 2009, il lancio di missili continua;
- nellaprile 2011, pi di 150 razzi colpiscono lo Stato ebraico e nella rappresaglia rimangono uccisi una ventina di palestinesi. Le violenze continuano per tutto il mese di agosto (26 vittime palestinesi e 9 israeliane);
- tra il 9 e il 12 marzo 2012, oltre 500 missili vengono lanciati contro Israele e nella rappresaglia rimangono uccisi 25 palestinesi. Nel giugno 2012, cadono su Israele altri 150 missili e nei raid israeliani muoiono 15 palestinesi;
- infine, nel novembre 2012, in risposta allincessante lancio di missili, gli israeliani centrano con un razzo lauto di Ahmed al- Jabari [http://temi.repubblica.it/limes/video-raid-ucciso-jaabari- capo-militare-hamas-gaza-israele/39999], capo supremo di Ezzedin al-Kassam, il braccio militare di Hamas. I Fratelli musulmani palestinesi avvisano che si sono aperte le porte dellinferno. In meno di tre giorni, vengono lanciati contro Israele pi di 600 missili, alcuni dei quali giungono vicino a Tel Aviv e a Gerusalemme. La nuova offensiva israeliana, che ha lo scopo di distruggere gli arsenali missilistici di Hamas, si chiama Colonna di difesa [http://temi.repubblica.it/limes/israele-attacca-hamas-a- gaza-ma-pensa-a-iran-e-primavera-araba/40030], anche se sarebbe pi corretto tradurre Colonna di nuvola, richiamo ad una citazione biblica. Dopo sei giorni di scontri, sembra che si possa giungere ad un ennesimo cessate il fuoco, ma il 21 novembre viene fatto saltare in aria un autobus di linea a Tel Aviv. Hamas rivendica lattentato. Il giorno dopo, in modo che definirei del tutto inaspettato, viene raggiunta una tregua.
Lucio Caracciolo, in un recente articolo [http://temi.repubblica.it/limes/un-conflitto-senza- soluzioni/40130] [3], ha acutamente parlato di un copione: Hamas, il pi debole, provoca il pi forte, Israele, con lanci pressoch ininterrotti di missili, che causano pochi danni e pochi morti, ma creano uno stato di continua tensione tra gli abitanti del sud del paese. Il governo israeliano pazienta per un po, poi reagisce; in modo sproporzionato, secondo molti. La reazione israeliana segue una sorta di clich: arresti e uccisioni mirate contro leader e combattenti di Hamas; raid aerei su Gaza; massicci interventi di terra. E numerosissime vittime tra la popolazione civile. Oltre al lancio di missili, Hamas pu far ricorso ad azioni terroristiche.
Sembra davvero la trama di una tragedia in cui per definire violenti raid dal cielo ed altrettanto violenti interventi di terra si usano poetiche metafore come Pioggia destate, Nuvole dautunno, Inverno caldo, o altre pi esplicite come Piombo fuso. In cui le nuvole che costituiscono il pilastro di difesa ricordano quella in cui il Dio Israele si nasconde per guidare in battaglia il suo popolo. In cui le porte dellinferno si dovrebbero aprire per distruggere definitivamente lodiata entit sionista e in cui i martiri vengono portati in trionfo come eroi. Un funesto copione che richiede la vendetta e che termina sempre con tregue e cessate il fuoco che sembrano avere il solo scopo di essere infranti perch tutto possa iniziare unaltra volta nello stesso modo.
Una guerra inutile, che si conclude sempre in niente, se non la morte di centinaia di civili. Israele non intende certo rioccupare Gaza. Vuole soltanto far rientrare Hamas nei ranghi. Ma questo, puntualmente, non accade, il lancio dei missili riprende e ai leader uccisi ne vengono sostituiti altri. Che cosa ottiene Israele? La condanna di buona parte del mondo per le reazioni sproporzionate e Hamas sempre pi potente e amato, a Gaza, ma anche in Cisgiordania. Certamente i governi israeliani sanno gi dallinizio quali saranno i risultati di qualunque operazione.
Anche Hamas, nonostante la retorica, sa bene che linferno non aprir le sue porte, che il lancio di missili non scalfir il potere di Israele e che lentit sionista non verr gettata in mare, ma continuer ad esistere sulla terra che il jihad dovrebbe liberare. Certo, ha la crescente fedelt di vecchi e nuovi sostenitori, insieme allappoggio dei paesi islamici; un appoggio che, sino ad ora, stato di molte parole e proclami, di armi e missili di disturbo, ma che, probabilmente dovremmo dire grazie al Cielo, non ha condotto a un coinvolgimento tale da sfociare in un conflitto diretto con Israele.
Dunque, a che cosa serve questa guerra che lascia sempre tutto cos comera cominciato? Una risposta suggestiva ci viene suggerita dalla lettura di un testo di Angelo Brelich dal titolo Guerre, agoni e culti nella Grecia arcaica, pubblicato per la prima volta a Bonn nel 1961 e ripubblicato di recente con il titolo Teatri di guerre, agoni e culti nella Grecia arcaica [4]. Lanalisi di Brelich si concentra su una serie di guerre particolari, combattute principalmente da Sparta ma anche da altre citt greche, che lo studioso definisce rituali [5] e che presentano una serie di elementi comuni:
- hanno una cadenza pi o meno fissa e si protraggono per secoli; - il territorio conteso considerato sacro; - il vincitore non occupa n annette il territorio conteso; - si fissa una tregua ma non si giunge ad una pace duratura; - allo scadere della tregua, il conflitto riprende con ferocia; - i rancori dovuti alle perdite umane spesso trasformano questi conflitti in vere e proprie guerre con scopi anche politici e di espansione territoriale. - durante il combattimento vengono perpetrati inganni, frodi, cacce notturne, omicidi; - spesso necessario lintervento di terze parti perch il conflitto abbia termine.
Tali caratteristiche, che risultano chiaramente diverse e talora contrarie alle regole delle guerre convenzionali, sembrano riscontrabili anche nel conflitto Hamas/Israele: le basi temporali sono meno ampie - anni e non secoli, decenni, se ad Hamas sostituiamo i palestinesi pi in generale - ma le scadenze sono pi o meno regolari; non v dubbio che il territorio conteso sia sacro; Israele non ha mai rioccupato Gaza n sembra intenda farlo; le tregue sono sempre il risultato degli scontri; il conflitto, tuttavia, riprende (almeno sino ad ora) con aumentata ferocia; non escluso che i rancori dovuti alle perdite lo trasformino in una guerra convenzionale con conseguente occupazione territoriale [6]; durante il combattimento, o poco prima, avvengono frodi, tra le quali potremmo includere, ad esempio, il rapimento di Ghilad Shalit, e cacce notturne, che Israele conduce dabitudine a Gaza e nei Territori Occupati; ci sono certamente omicidi, quelli mirati del governo israeliano; lintervento di una terza parte (Onu, Ue, Stati Uniti) particolarmente evidente nellultima escalation di novembre, in cui la novit pi notevole la mediazione del Fratello musulmano Morsi [http://temi.repubblica.it/limes/egitto-morsi-gaza-fratelli- musulmani-esercito-vera-partita/40367].
Resta comunque la domanda: quale era, e quale , lo scopo di queste strane guerre? Grazie alla comparazione, che costituiva la base delle sue ricerche, e che lo per qualunque indagine antropologica, Brelich fa notare che i conflitti presi in esame si ritrovano in forme molto simili anche in alcune societ di interesse etnografico, dove sono legate ai riti di iniziazione dei giovani. Le iniziazioni hanno lo scopo preciso di rispondere a esigenze identitarie della comunit trasmesse alle generazioni pi giovani. Con questo non intendiamo affermare che gli scontri tra Israele e Hamas siano riti iniziatici, ma richiamare lattenzione su possibili esigenze identitarie sia della societ israeliana, sia dei Fratelli musulmani palestinesi. A questo proposito prendiamo spunto dagli studi del gruppo di ricerca Patonipala [7] che si occupato del tema dellantropopoiesi, cio della costruzione delluomo.
Ogni societ costruisce culturalmente e, dunque, anche ritualmente, luomo giusto; non nel senso di essere umano in generale, ma in quello pi ristretto di appartenente a quella determinata comunit, con le sue specifiche caratteristiche identitarie. Tale costruzione, tuttavia, non avviene una volta per sempre. La vita individuale e collettiva sempre soggetta a crisi [8] che determinano la necessit di ri-costruire lidentit e ri- fondare il mondo; questo avviene anche attraverso i riti che, come hanno sottolineato antropologi quali William Robertson- Smith, Bronislaw Malinowski ed mile Durkheim, coinvolgono lintera societ, tanto che si pu giungere ad affermare che esiste unomologia tra lattivit rituale, sempre uguale a se stessa e codificata dalla tradizione, e lidentit politica e sociale.
in questo senso che suggeriamo di leggere il conflitto Israele/Hamas come una guerra rituale. Attraverso di essa, entrambi i contendenti ri-costruiscono e ri-affermano la propria identit, rafforzando in tal modo la coesione interna del proprio gruppo. Lidentit, inoltre, come sottolinea Ugo Fabietti, una definizione del s e/o dellaltro che affonda le proprie radici in rapporti di forza tra gruppi coagulati intorno ad interessi particolari [9]. Non necessario ricordare quali siano i rapporti di forza o gli interessi particolari nel caso in esame. Inoltre, ricorda ancora Fabietti, i gruppi umani hanno la tendenza a elaborare definizioni positive del s, mentre producono invece definizioni negative dellaltro [10]. La guerra rituale tra Israele e Hamas, dunque, avrebbe non solo lo scopo di ri-costruire e ri- affermare lidentit collettiva dei due gruppi, ma anche quello di costruire e ri-costruire laltro in modo negativo.
Quelle che Ernesto De Martino chiamava la crisi della presenza o il rischio di non esserci nel mondo sono pressoch permanenti sia in Israele sia a Gaza. Entrambe le societ inoltre, sono fortemente militarizzate e lantropopiesi assume dunque il senso di costruzione (e di ri-costruzione) delluomo (lisraeliano o il militante di Hamas) anche come soldato. Le societ hanno certamente altri strumenti per definire se stesse e gli altri e per fronteggiare i momenti di crisi, ma, come osserva Francesco Remotti, non tutte scelgono strumenti antropopoietici tranquilli, anonimi molte adottano processi che irrompono nella normalit e introducono la violenza, il dolore, la sofferenza fisica e psicologica [11].
A quanto pare, Israele e Hamas hanno scelto questi ultimi. E, nonostante lennesima tregua, non affatto chiaro se il copione avr un finale diverso da quello ormai noto. Il rito, come il teatro, e quello greco in particolare, ripetitivo, costituito da atti codificati, da formule prestabilite. E come il rito, anche il teatro, quello antico pi del moderno, ha la funzione sociale di costruzione e di riaffermazione dellidentit.
Che il rito e il teatro abbiano uno stretto collegamento non un tema nuovo allantropologia; anzi, non da sempre che essi sono distinti, perch possono essere considerati, in fondo, come modalit diverse della stessa esperienza: il rito ripete, attraverso i gesti e le narrazioni del celebrante, dunque attraverso una sorta di recitazione simile a quella teatrale, gli eventi di quel tempo del mito dove tutto ha avuto origine, compreso luomo sociale e la sua identit.
Sulla scena rituale, i celebranti mimano gli eventi del mito diventando sacerdoti-attori. Per dirla con Victor Turner, la performance, rituale e teatrale, produce qualcosa, nel nostro caso il militante di Hamas e lisraeliano cos come devono essere in senso sociale, entro regole e codici stabiliti, me nel corso dellesecuzione si pu generare qualcosa di nuovo. Le regole possono incorniciarla, ma il flusso dellazione e dellinterazione entro questa cornice pu [...] anche generare simboli e significati nuovi, incorporabili in performance successive. possibile che le cornici tradizionali vadano sostituite" [12].
forse su queste basi che possiamo sperare in un mutamento della situazione tra Israele e Hamas, in modo tale che il conflitto senza soluzione ne trovi una e il compromesso non rimanga una chimera.
[1] Lo scrittore Yehoshua: Sono nostri nemici la guerra inevitabile, La Repubblica, 15 novembre 2012. [2] I dati sono tratti da Le operazioni di Israele a Gaza dal 2005, www.tg1.rai.it [http://www.tg1.rai.it]. [3] Un conflitto senza soluzione, La Repubblica, 18 novembre 2012, ripubblicato su Limesonline [http://temi.repubblica.it/limes/un-conflitto-senza- soluzioni/40130]. [4] Pubblicato da Editori Riuniti. [5] Guerra rituale un termine ampiamente usato (e messo in discussione) nellantropologia culturale e nella storia delle religioni in riferimento a conflitti dalle specifiche caratteristiche presenti nelle civilt antiche e tra i popoli indigeni. Il termine noto anche agli studiosi della classicit, in quanto applicato alle guerre territoriali di Sparta. Per una trattazione e discussione sullargomento vedi E. Franchi, Guerra e iniziazioni a Sparta e a Yulami: il miraggio spartano nellantropologia oceanistica, in I quaderni del Ramo doro on-line, n.3, 2010, pp. 193-227. Larticolo fornisce anche unampia bibliografia sul tema. [6] In un recente articolo su Servizi-italiani.net (19 novembre 2012), Germano Dottori sostiene che le opzioni che Netanyahu aveva di fronte erano tre : la prima era unoffensiva su Gaza; la seconda consisteva nella rioccupazione del Sinai (corsivo mio); e la terza in un attacco aero-missilistico allIran. Il governo di Gerusalemme ha scelto la prima, almeno per adesso, senza peraltro precludersi la possibilit di esplorare successivamente anche le altre. quasi superfluo ricordare che la Guerra dei Sei Giorni si conclusa con una massiccia occupazione territoriale che poi alla base anche dellattuale conflitto con Hamas. [7] Al gruppo appartengono studiosi delle Universit di Pavia, di Torino, di Parigi e di Losanna, da cui il nome. Tra essi ricordiamo Claude Calame, Francesco Remotti e Mondher Kilani. [8] Nel caso specifico, potremmo leggere come crisi, almeno per Netanyahu e per il suo governo, anche le prossime elezioni politiche. [9] U. Fabietti, Lidentit etnica. Storia e critica di un concetto equivoco, Carocci, 2008, p. 16. Il corsivo nostro. [10] Ivi. [11] U. Fabietti, Forme di umanit. Progetti incompleti e cantieri sempre aperti, Paravia, 1977, p. 102. [12] Per una trattazione approfondita dellargomento vedi Victor Turner, Dal rito al teatro, Il Mulino, 1986. Copyright 1999-2014 Gruppo Editoriale LEspresso Spa - P.Iva 05703731009