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Extending Evolutionism

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Il darwinismo viene comunemente ricondotto al concetto di evoluzione tramite selezione naturale e


comprende quindi due concetti fondamentali, l''evoluzione e un suo meccanismo. Mentre la prima
ebbe uno sviluppo pressochè immediato, il secondo dovette aspettare gli anni '30 del 900 per
ricomparire e i '50 per solidificarsi.

Il termine evoluzione non è di Darwin ma già prima di lui rappresentava l'idea di una natura
dinamica, l'idea di un divenire non necessariamente positivo. Per selezione si intende invece il
fattore dominante nell'indirizzare lo sviluppo di organismi adatti all'ambiente. Selezione e
adattamento sono i due pilastri introdotti da Darwin per fornire una spiegazione dell'evoluzione
delle specie.
Il geologo Charles Lyell fece notare a Charles Darwin che riusciva benissimo a comprendere il
modo di agire della selezione alla maniera di Vishnu il conservatore e di Shiva il distruttore ma di
non riuscire ad afferrare come potesse agire alla maniera di Brahama il creatore. E ancora, il
naturalista Charles Wyville Thomson criticava la teoria che attribuisce all'evoluzione della varietà
biologica il meccanismo della sola selezione naturale. La selezione elimina i non adatti, paiono
sussurare i dubbi, ma da dove provengono gli organismi selezionati?
Darwin non era banalmente selezionista, prima di lui anche i teologi naturali come Paley parlavano
della selezione come meccanismo per preservare il creato. I fattori in gioco sono svariati, la
selezione naturale è semplicemente quello a frequenza dominante. Tale posizione era ben presente
nel pensiero del naturalista tanto che all'inizio del ventesimo secolo nacque una battaglia
terminologica per cosa si intendesse con il termine darwiniano: pluralismo o selezionismo? Darwin
stesso si prodiga per porre vincoli (constraints) sulla natura della variabilità: a) Deve essere
abbondante, la selezione non può nulla senza materie prime; b) Deve essere a raggio limitato, la
selezione altrimenti sarebbe un fattore minoritario: c) Non deve essere direzionata, così come
pensavano i Lamarckiani.
Darwin in sintesi era un pluralista che non disdegnava l'uso e il disuso delle parti, l'azione diretta
delle condizioni esterne sugli organismi e altri fattori di tipo lamarckiano anche se comunque dava
alla selezione il ruolo più rilevante.

L'onnipotenza di un'evoluzione pressochè priva di vincoli porta a credere ad un suo intervento


"creazionista" riguardo l'adattamento degli organismi, dei comportamenti e delle funzioni: essa in
sintesi viene considerata causa e scopo dell'evoluzione. Questa dottrina ha un proprio nome,
programma adattazionista o paradigma di Pangloss.
Qualsiasi aspetto della natura in questo modo pare fatto per un determinato scopo: le orecchie per
sentire, gli occhi per vedere, le formiche per smuovere il terreno. Se Colombo, ci dice il Pangloss di
Voltaire, non avesse contratto la sifilide nelle Indie Occidentali oggi non avremmo avuto nemmeno
la cioccolata. Questo è il migliore dei mondi possibili e il bene e il male, il meglio e il peggio, si
mescolano come il chiaro e scuro necessari per fare di un ritratto un'opera d'arte. Consideriamo i
mosaici della volta di San Marco a Venezia; attirano immediatamente lo sguardo e sono integrati
così bene nell'ambiente che possono portare a pensare all'architettura della chiesa come funzionale
ad esse. In realtà è il contrario, sono un adattamento secondario ai pennacchi, gli spazi lasciati liberi
dalla struttura architettonica delle colonne. Il programma panglossiano è finalista, porta a credere ad
una evoluzione indirizzata verso uno scopo, l' adattamento, che in realtà è una conseguenza
dell'integrazione nell'ecosistema. Gli organismi vengono "sezionati" nei loro elementi e il loro
sviluppo ricondotto alla funzione attuale, ma non tutte le parti degli organismi hanno una funzione:
il corpo umano ad esempio non è perfetto come si crede e ha tante parti non necessarie. Inoltre le
orecchie e il mento sono una conseguenza dello spostamento evolutivo della mandibola e solo in
seguito hanno assunto la funzione del sentire e del portare la barba.
Anche il ripiegamento sul bilanciamento delle funzioni è fuorviante, porta alla dottrina dell'
Intelligent Design, che porta a Leibniz e che porta nuovamente a Pangloss.

S. J. Gould ci dice che la convinzione evoluzionistica in Darwin era seconda solo alla fede nel
gradualismo. Egli era convinto insomma che l'evoluzione delle specie avvenisse un tassello alla
volta, passo dopo passo in maniera continua. Da questa convinzione provengono il tentativo di
falsificazione empirica proposto dalla dottrina dell'anello mancante come anche il ragionevole
dubbio sui tempi evolutivi. In realtà essi oggi si mostrano come falsi problemi. Da ricordare che
oggetto focale dell' evoluzionismo oggi è la speciazione, la nascita e lo sviluppo di nuove specie e
non semplicemente l'evoluzione intrinseca di una specie in particolare. L' equilibrio di quest'ultima
comunque per Darwin nascondeva al suo interno una forte competizione, la lotta per l'esistenza,
che egli ha mutuato dalla teoria della mano invisibile di Adam Smith. Da non confondere questa
con la teoria del darwinismo sociale che vuole l' "adattato" come il più forte e che proviene dalle
interpretazioni di Spencer.

Mendel e La Sintesi Moderna


L'aspetto più affascinante del darwinismo si ha nel momento in cui lo si sottopone a se stesso, non
farlo significherebbe perderne lo spirito originario. Abbiamo già detto che mentre la teoria dell'
evoluzione attecchì immediatamente dopo Darwin il concetto di selezione dovette aspettare quasi
un secolo. Negli anni '50 raggiunse la piena maturità la sintesi moderna o neodarwinismo che si
manifesta con:
un assorbimento del nucleo darwiniano all'interno di dottrine storiche, in particolare la
paleontologia;
con l'integrazione nella teoria degli studi di Mendel;
con lo sviluppo della genetica delle popolazioni;

Gli studi di Mendel rappresentano gli apripista dello sviluppo della genetica. Essi permettono di
introdurre nell'evoluzionismo il concetto di ereditarietà sconosciuto a Darwin. Da ricordare che
alcuni termini ora di uso comune quali gene, fenotipo e genotipo non appartengono nemmeno a
Mendel ma verranno introdotti lungo il '900. L'ereditarietà rappresenta il fenomeno attraverso il
quale le caratteristiche biologiche vengono trasmesse attraverso agenti interni agli individui
genitori, al contrario di quello che si credeva all'epoca. Lo studio di Mendel è abbastanza noto: egli
selezionò grandi varietà di piselli con caratteri evidenti che impollinò a suo piacimento lungo
diverse generazioni. Il vastissimo numero di esperimenti con i quali operò non è casuale ma dovuto
alla conoscenza della "legge dei grandi numeri" o meglio alla coscienza delle leggi della
probabilità.
Dopo aver selezionato "linee pure" di piselli, varietà rimaste costanti lungo sette anni di selezioni,
Mendel incrociò varietà caratterizzate da caratteri ereditari (geni) evidenti: fiori gialli e fiori verdi
o semi lisci e semi rugosi. La generazione figlia mostrò uno solo dei due caratteri della generazione
parentale che venne quindi ribattezzato come dominante. La seconda generazione invece mostrò
nuovamente la presenza di entrambi i caratteri e spinse Mendel a concludere che non vi è alcuna
perdita di caratteristiche ma solo un momentaneo oscuramento. Le generazioni figlie portano con sè
entrambi i caratteri parentali e possono quidi manifestarsi in differenti forme (alleli).

Naturalmente gli schematismi proposti sono dovuti sempre al calcolo delle probabilità che ci
nasconde la casualità della distribuzione dei caratteri ereditari nei cromosomi e la maggiore
complessità dei risultati dell' ereditarietà che non sviluppa necessariamente una dominanza assoluta
di un carattere sugli altri e può mostrare,ad esempio, la nascita di individui ibridi. Un indivduo
porta comunque sempre vasti e potenziali caratteri ereditari, genotipi, che si manifestano in
determinate forme evidenti, fenotipi. La determinazione di una specifica forma è dovuta non solo
alle caratteristiche genetiche, che ne rappresentano la struttura di fondo, ma anche dai vincoli
(constraints) ambientali che indirizzano un individuo durante il proprio sviluppo. Consideriamo il
genoma umano, esso è vastissimo e ricco di una complessità di caratteri e di potenziali forme che si
manifestano in maniera evidente, ad esempio, sotto differenti caratteri somatici e differenti
caratteristiche fisiche. La differenza non è significativa dal punto di vista genotipico ma lo è
solamente dal punto di vista fenotipico: l'uomo è rappresentato sulla terra da un' unica specie.

Darwinismo come caso particolare


Uno dei nodi di discussione che sviluppa la sintesi moderna riguarda il soggetto evolutivo. Mentre
la tradizione darwiniana classica focalizzava l'attenzione sui corpi individuali e oggi si è fatto largo
spazio la riduzione del processo al gene (egoista!), il neodarwinismo, nella figura di Ernst Mayr,
aveva invece elevato a unità la specie. Il processo di speciazione avviene con la separazione e
l'isolamento di una piccola frazione di una popolazione dall'area parentale e quindi con uno
sviluppo evolutivo autonomo di essa. L'esempio dell'unicità delle specie delle Galapagos è
significativo da questo punto di vista. A tale meccanismo viene dato il nome di speciazione
allopatrica (altre modalità a differente frequenza sono: para-patrica, peri-patrica e sim-patrica). Una
versione contemporanea e sistematizzata della teoria di Mayr è proposta da S.J. Gould e N.
Eldredge e prende il nome di equilibrio punteggiato.
Una specie, dalla sua comparsa alla sua estinzione, non presenta notevoli cambiamenti se non dal
punto di vista genotipico, essa manifesta una stasi verificabile empiricamente attraverso la
documentazione fossile. La variazione evolutiva è data dalle punteggiature e rappresenta l'aspetto
più controbattuto della teoria: la nuova specie compare rapidamente, come una virgola in un
paragrafo o un battito di ciglia nei tempi geologici manifestando dei salti qualitativi. L'idea
saltazionista risale fin dai tempi di T. H. Huxley, convinto evoluzionista, che poneva forti critiche al
gradualismo dell'amico Charles Darwin. Per chiarezza, con salto evolutivo si intende un 'evoluzione
qualitativa di caratteri fondamentali che si accompagna ad un evidente mantenimento di altre
caratteristiche chiave. L'equilibro punteggiato non si presenta come la spiegazione assoluta
dell'evoluzione ma sicuramente come quella che oggi si manifesta a frequenza dominante.
L'evoluzione dell'evoluzionismo non deve spaventare i darwinisti. Il nucleo esplicativo ne è
preservato, la fede nel gradualismo, per quanto fosse grande in Darwin stesso, è comunque un
aspetto supplementare della teoria.
Più controverso invece potrebbe sembrare, almeno a prima vista, la complessificazione
dell'evoluzionismo che considera il darwinismo come caso particolare estensibile al di fuori del suo
ambito specifico. Prendiamo come esempio la "gerarchia" biologica "geni - corpi - demi - specie -
cladi". Possiamo considerarli tutti come sistemi complessi, come organismi integrati a cui si
potrebbe assegnare lo status di soggetti evolutivi. Tutti infatti mostrano un'evoluzione della quale
gli altri ne rappresentano vincoli o opportunità architettoniche: essa opera sui soggetti a vari livelli
contemporaneamente e in maniera differente. Tale teoria viola sicuramente il darwinismo classico
che riduceva i singoli organismi a unità evolutive, ma lo viola nel suo riduzionismo e non nei suoi
aspetti rivoluzionari. Ciò che ci appare ora è un darwinismo di ordine superiore che sviluppatosi
nella biologia evoluzionistica si estende a tutti gli organismi integrati fornendo ancora più senso alla
teoria del naturalista e assodandola maggiormente nella storia della scienza.

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