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Dalla fiabazione allautobiografia: il circolo virtuoso della cura di s.

Il ruolo di genitori, insegnanti, educatori di Bruno Schettini1

In: Centro per le Famiglie, II Report dAttivit 2002-2007 a cura di Gabriella Ferrari Bravo (resp. Progetto). Napoli 2008, pp.164-168.

Un tempo - quando il tempo aveva un suo spazio interiore ed esteriore significativo nella vita di relazione delle persone che curavano questo tempo - genitori, nonni ed altre figure pi o meno parentali raccontavano fiabe per educare poi, quando si accorgevano che il raccontare produceva estraniazione, ascolto passivo, allora invitavano i figli, i nipoti, gli educandi a costruirle insieme; in tal modo il tempo allinterno del quale si dispiegava la narrazione diventava il tempo della costruzione della fiaba, della socialit, dellimpegno cooperativo, della ricerca ed espressione della soggettivit, dellidentit che si svela attraverso la relazione identificante e poi attraverso lelaborazione della separazione. Il passaggio dalla fiaba raccontata alla fiaba costruita non indolore soprattutto perch la fiaba, dal punto di vista della pedagogia attiva, respinge la favola, il cui fine quello di svolgere una funzione di carattere moralistico e precettistico. La fiaba, invece, chiede ulteriore tempo che il tempo della cura di s da parte delladulto che, nellavere cura dellaltro, cio del bambino, insegna anche a questultimo ad avere cura di s, a non affannarsi dietro la paura delle punizioni, ma ad apprezzare invece il coraggio e laudacia, la divergenza e la creativit, lautodeterminazione, lautostima positiva di s allinterno di contesti, immaginati, fiabeschi, per lappunto, che mettono alla prova laffermazione individuale e dove il momento sociale dato proprio dal costruire insieme-con-altri e non da soli la fiaba: primato della soggettivit non del soggettivismo. In questo senso la favola prondamente diversa dalla fiaba, la prima utilizza il protagonista e le vicende di cui esso interprete per illustrare le punizioni in cui incappa colui che trasgredisce alle regole sociali, morali, religiose di cui il racconto si fa portatore. I protagonisti della favola, a differenza della fiaba, sono scelti per costituire convenzionali tipizzazioni di difetti e di virt umane in funzione di ammonizione e di esempio morale; la seconda, invece, vede sempre il trionfo dellindividuo-protagonista, al quale, spesso perch trasgressore o comunque individualmente coraggioso e audace, la fiaba accorda sostegni magici e soprannaturali.

Professore a tempo pieno di Pedagogia generale e sociale presso la Seconda Universit degli Studi di Napoli. Membro del Consiglio Scientifico della Libera Universit dellAutobiografia di Anghiari-Arezzo.

E quindi evidente che la favola viene privilegiata, come strumento didattico, da quei regimi educativi che privilegiano il momento collettivo su quello individuale, e ritengono essere valori fondamentali lobbedienza - e come si dice - la normalizzazione. La fiaba invece viene oggi promossa ed enfatizzata da coloro che privilegiano laffermazione individuale, la divergenza, il diritto allautodeterminazione2. Si potrebbe giungere ad una prima evidente conclusione e cio che limpiego del genere letterario favolistico o fiabesco allinterno dei processi educativi rivela il paradigma educativo di riferimento delladulto genitore, educatore o insegnante. Una seconda riflessione potr tornare utile al lettore genitore, docente, educatore. La fiaba raffigura con un linguaggio simbolico, ma impastato di immagini corpose e affidate in molta parte al dialogo, lo sviluppo dellindividuo e della stessa cultura come un processo storico e dinamico, riproponendone con tenace iterativit le fasi di lotta e di maggiore tensione. Essa perci stesso un racconto reale, giacch della realt umana, contraddittoria ed ambigua, difficile e pur meravigliosa, ci offre icasticamente gli aspetti pi pregnanti con un linguaggio e con una movenza narrativa che piacciono al bambino. Questi, infatti, mostra di gustare espressioni, ritmi e formule magiche, divertendosi a dar corpo a personaggi paurosi e benigni che esorcizza o rivive attraverso una ripetuta imitazione drammatica il cui modello emotivamente costruito sullintonazione con cui per la prima volta ha udito raccontare la fiaba. Il racconto fiabesco, bench sorto non per essere proposto ai bambini, possiede molti requisiti grazie ai quali pu essere utilizzato con i bambini nel processo educativo sia come espressione delle pi profonde ed inalienabili esigenze di essi, sia in virt di quella forza fantastica che essa pu alimentare per operare sulle cose con una visione pedagogicamente progettuale. In questo senso la tecnica della fiabazione impegna certamente il bambino nel mondo della fantasia, ma lo chiama anche a dare forma di progetto alle soluzioni a cui intende pervenire nella costruzione della fiaba, abilitandolo a dare senso al tempo e simboli allo spazio, a costruire e a dotare di significato gli eventi che desidera fortemente che accadano, a vincere la frustrazione del tempo differito quello cio che trascorre prima che levento auspicato si realizzi, ma anche a modificare gli obiettivi in funzione dello svolgimento degli avvenimenti e dei contesti. Da questo punto di vista, la fiabazione si inserisce a pieno titolo allinterno del costruzionismo sociale e dellapproccio sistemico perch consente, e nello stesso tempo costringe, a chi si impegna nella fiabazione, a fare i conti con le molteplici retroazioni circolari lunit/moltepliciti del contesto. La fiaba, inoltre, ha lindubbio vantaggio, rispetto ad altri generi letterari, della indiscutibile centralit e primariet del linguaggio nei confronti dei contenuti. Il linguaggio, cio, usato dalla
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dei microsistemi e con

Cf. voce Favola in Bertolini P., Dizionario di Pedagogia e Scienze delleducazione, Zanichelli, Bologna 1996.

fiaba consente di instaurare agganci con la psiche del bambino e, laddove questi agganci corrono il rischio di vanificarsi per la presenza di contenuti (azioni) ansiogeni e violenti, sempre possibile operare, tramite un dosaggio del linguaggio, un ridimensionamento degli stessi contenuti, senza peraltro snaturare la fiaba, giacch non ne vengono alterate le funzioni narrative. Limportante per non lasciare i bambini in bala della fiaba come lettura isolata, dato che proprio questo aspetto richiede la presenza attiva di una guida che, ponendosi come compagno di viaggio, impedisca alla fantasia di degenerare in una vera e propria evasione solipsistica da una realt che il soggetto non riesce ad accettare, dal momento che la capacit di inventare e presentare immagini difformi da quanto sia reperibile nella realt una dimensione che, perlomeno a livello di predisposizione, pu essere considerata come strutturale della mente umana3. Dal punto di vista dinamico, infine, leggendo o costruendo una fiaba, possibile dare volto e voce a quei processi interiori profondi che nella vita di tutti i giorni restano nascosti alla nostra coscienza e che, tuttavia, una parte di noi sa che vive dentro di s. In fondo, la simbiosi tra noi e la fiaba esprime la nostra storia o la parte pi vulnerabile di essa rappresentata sotto forma di metafora. La tecnica della fiabazione, tuttavia, non utilizza la fiaba come strumento per pervenire ad una diagnosi nella sua accezione clinico-nosografica o di refertazione in ambito psicopatologico, bens come strumento di narrazione congruo allet dei narratori che, impegnati nel rappresentarsi simbolicamente, possono avvicinarsi ai loro processi pi profondi in corso e portarli alla coscienza con effetto terapeutico 4 o autonoetico, impegnandosi a ricercare, attraverso la fiaba, le modalit di gestione delle difficolt esperite e immagazzinate. Nello stesso tempo, la tecnica della fiabazione con le sue regole narratologiche, attraverso il momento immaginativo positivamente diretto, consente a genitori, insegnanti, educatori, senza farsi interpreti dei racconti per esprimere giudizi, ed essere intrusivi ed ansiogeni, di utilizzare la fiaba come strumento di conoscenza dei propri figli e di essi anche come allievi5. Le fiabe, costruite secondo la tecnica della fiabazione, non propongono soluzioni magiche ai problemi e dunque inapplicabili alla realt della vita quotidiana, ma al contrario accostano gli individui alla realt talora problematica, favorendo un vero e proprio processo di empowerment, dal momento che certi sentimenti ed emozioni non attendono che dallesterno giunga il principe/demiurgo risolutore del problema, ma necessitano senzaltro che
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Cf. Voce Fantasia in Genovesi G., Le parole delleducazione. Guida lessicale al discorso educativo, Corso Editore, Ferrara 1998. 4 Cf. Santagostino P., Guarire con una fiaba, Feltrinelli, Milano 2006. 5 Il Centro per le famiglie del Comune di Napoli e del Dipartimento Socio Sanitario dellAsl Na1 ha condotto unesperienza significativa nel biennio scolastico 2004-2006 in alcune scuole napoletane utilizzando il metodo della fiabazione. Il progetto denominato Matrioska, condotto in collaborazione con la II Cattedra di pedagogia della Facolt di Psicologia della S.U.N., stato al centro di un intervento con genitori, insegnanti e alunni. Le riflessioni contenute nel presente lavoro costituiscono un primo contributo di elaborazione teorica dal punto di vista pedagogico e didattico e offrono spunti per la ricomprensione complessiva dellesperienza nella prospettiva della prosecuzione del progetto.

vengano attivate forze e capacit sul piano intrapsichico che sono rappresentate attraverso un linguaggio tipicamente simbolico e mediante personaggi e passaggi della fiaba che non hanno il significato di rappresentanti di situazioni reali, bens di attivatori delle nostre personali forze interiori per superare le difficolt e raggiungere equilibri pi armoniosi. Daltra parte, i problemi che una fiaba fronteggia sono tutte quelle condizioni fisiche, relazionali, ma anche lavorative, in cui si presenta una nuova esigenza posta sotto forma di domanda e a cui non c ancora risposta o non si sa come rispondervi6 e, soprattutto, significa aprire una finestra sugli orizzonti del possibile, liberandosi dai vincoli della logica e crare un contesto allinterno del quale si pu provare a risolvere un problema rischiando con la fantasia, prima di cimentarsi sul piano della realt e vedere il mondo con occhi nuovi o quanto meno da una nuova prospettiva in precedenza ignorata o trascurata, questo perch ogni fiaba (olistico tassello nellinfinito quadro duno sconosciuto S) e latto di fiabare (laction fabuleaux) prevedono, rivelano, consentono la scoperta, lindagione, lapprofondimento e, spesso, la soluzione di ogni particolare e peculiare situazione che il soggetto, di volta in volta, di fiaba in fiaba, intende affrontare nel (col) proprio inconscio che tassello dellinconscio collettivo (se uno di noi si taglia, sanguiniamo tutti) 7. Dal punto di vista pedagogico, la fiaba e la tecnica della fiabazione contrastano con una visione performativa delleducazione in quanto processo totalizzante, rinvenibile in espressioni quali: travasamento, riepimento del vaso vuoto o della cera da plasmare a piacimento secondo il progetto delleducatore. Lattenzione per la memoria, lesperienza, i vissuti con i quali ciascuno entra in un contesto didattico risponde invece a quanto appartiene ad una tradizione, quella dellattivismo, che non considera mai lindividuo una tabula rasa sulla quale incidere i saperi. Certo leducazione anche trasmissione di norme, istruzioni, modi di essere e fare, purtuttavia non riducibile solo a questo, poich ciascuno di noi viene da una storia, da un intrico di storie che lo hanno preceduto e di queste occorre tener conto affinch educazione significhi sviluppo delle potenzialit naturali, incoraggiamento, orientamento verso la scoperta delle proprie risorse 8. Il discorso sembra allora farsi ancora pi interessante perch levoluzione del progetto educativo implicherebbe il passaggio, senza soluzione di continuit, dalla fase di lavoro attraverso la tecnologia della fiabazione alla fase della narrazione autobiografica perch consentirebbe al discente ormai svezzato dal linguaggio della fiaba di accostarsi al linguaggio corrente, utilizzando la molteplicit dei generi letterari, ma impegnandosi anche a costruire una storia di s con i frammenti della sua stessa storia. Le storie ci dicono sempre chi siamo e chi siamo stati e, soprattutto, senza lascolto delle storie degli altri non possiamo conoscerci e conoscere laltro. Ora,
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Ibidem. Cf: Parsi M.R., in Riza Scienze, n.38 (1990). 8 Demetrio D., Ricordare a scuola, Editori Laterza, Bari 2003, p. 26.

di fronte alla crisi della narrazione e della ricerca del s poste in essere dalla condizione postmoderna, lautobiografia si configura come decifrazione dellio con le sue dimensioni personali, affettive, emozionali e biografiche che si rendono esplicite mediante un processo riflessivo di ricostruzione dellesperienza vissuta. A partire da ci possibile pensare ad una autobiografia che si disvela nella modalit del prendersi in cura, intesa come possibilit di ripensarsi, riscoprirsi, modificarsi e ricostruirsi in unesperienza vissuta come racconto di s a se stessi e agli altri e come ascolto del racconto di s, dellaltro, a noi. La soggettivit grazie alla pratica autobiografica ritrova qui il suo significato ed una sua dimensione peculiare. Grazie al metodo narrativo-autobiografico assumono centralit importanti dimensioni dei vissuti e la concezione di una soggettivit in relazione col mondo. In questo dialogo col S e col mondo la metodologia formativa autobiografica si dispiega nella modalit della cura: verso se stesso, verso gli altri e verso le cose del mondo. La pratica autobiografica non esprime solo importanti dimensioni dellesperienza vissuta, ma, pi radicalmente, cura il soggetto; configura il paradigma del prendersi-cura e si dispone come pratica formativa altamente significativa perch libera il soggetto, svincolandolo da pregiudizi e, soprattutto, perch attraverso il dispositivo della cura, che mette in gioco un io dialogico e la sua natura relazionale e comunitaria dove la soggettivit anche autotrascendenza e intenzionalit e, soprattutto, scommessa sul futuro quella pratica autobiografica si rivela come strumento formativo che favorisce i processi di autoriflessione. In tali processi di autoriflessione divengono manifeste simultaneamente componenti emancipative e di crescita. Il passaggio dalla fiabazione ad accenni autobiografici, prima ancora che ad una vera e propria narrazione autobiografica. un passaggio graduale e non frettoloso, che deve seguire il lento maturare della capacit dei soggetti impegnati ad utilizzare non soltanto il racconto orale, il disegno, la metafora, ma anche la propria vita quale contenuto del raccontare e la scrittura quale momento di oggettivazione della parola e mezzo a cui affidare s perch gli altri possano leggermi e perch io stesso possa ritrovare me stesso nel frastuono delle tante cose scritte e riscritte. Se la tecnologia della fiabazione si addice di pi ai bambini della scuola primaria, perch congeniale al loro mondo mentale ed affettivo, quella dellautobiografia si addice di pi a quei ragazzi che entrando nel ciclo di vita adolescenziale avvertono con urgenza il bisogno di dare un nuovo senso alla loro esperienza di vita, presi come sono dalla voglia di scoprire il mondo e le riserve di potenzialit accumulate nellet precedente che aprono verso nuovi orizzonti inesplorati ma dei quali di sentito parlare, si visto qualcosa e molto si immaginato. In questa delicata fase della vita in cui essi si proiettano con slancio verso quel futuro che cercano di fare diventare realt, con quegli adattamenti continui che la vita stessa esige, qualcuno dovr pur accompagnare questa metamorfosi ed impedire che la memoria della fanciullezza vada perduta o relegata in anfratti della 5

memoria per poi tornare solo nei momenti della nostalgia in et adulta o nei momenti pi difficili delle chiusure, delle resistenze e delle regressioni. Ecco che lautobiografia, allora, appare come un felice e naturale accompagnamento, perch, in fondo, utilizzando ancora una tecnologia narrativa prende per mano il fanciullo che quelladolescente stato e lo traghetta verso la nuova et che esige il recupero di tutte quelle risorse di svelamento autonoetico che la fiaba a suo modo proprio aveva prodotto e che ora tornano ancora una volta ma come svelamento consapevole di chi si stati e su che cosa possibile costruire il futuro attraversando il presente. Bene, questo atteggiamento proprio di chi si d il tempo per avere la cura di s, ma anche degli altri in quanto genitori, insegnanti, educatori e tutto ci possibile soltanto se tutte le figure che gravitano intorno al fanciullo, ora adolescente, si sono impegnate nel percorso di svelamento metaforico di s a se stessi e agli altri ed hanno a loro volta partecipato del processo altrui (fiabazione), prima di transitare in quello del racconto timidamente autobiografico. Il pensiero autobiografico , quindi, quellinsieme di ricordi della propria vita trascorsa, di ci che si stati e di ci che si fatto. E una presenza che da un certo momento in poi ci accompagna lungo il resto del viaggio della nostra vita, una compagna segreta, meditativa, comunicata agli altri solo attraverso ricordi sparsi, a meno che non diventi uno scopo di vita. Solo in questo caso, oltre a mutarsi in un progetto narrativo compiuto, storia di vita e suo romanzo, questa compagna invisibile, impalpabile e pur presente e consistente rid senso alla vita stessa e consente a colui o colei che si sente invadere da questo pensiero spiccato e particolare di percepire che ha vissuto e sta ancora vivendo. E uno stato che entra a far parte della nostra esperienza umana e intellettuale solo quando siamo in grado di dargli uno spazio quotidiano, quando siamo in grado di fare esercizio filosofico su noi stessi domandandoci chi siamo e chi siamo stati, quando diventa un luogo interiore di benessere e cura. Non un momento solo mentale ma molto di pi: laddove vi un passato personale doloroso, pieno di errori e di occasioni perse, di storie consumate male o non vissute affatto, di prospettive aperte e mai concluse, di attimi di gioia fuggevoli e talora ingannevoli, rappresenta una sorta di ripatteggiamento con quanto si stati, un modo per riconciliarsi con il proprio passato e aprire la nostra soggettivit verso nuovi orizzonti proprio grazie a questi sentimenti di riappacificazione, di compassione e di malinconia. Chi nella vita si trovato in una situazione di stress o difficolt sa bene che esprimere le proprie emozioni negative aiuta subito a stare meglio e a superare un momento difficile. Nellistante in cui il pensiero autobiografico, che nasce nella nostra individualit e di cui noi siamo gli unici attori, svela questi istanti affettivi, abbandona la sua origine individualistica diventando altro e quelliniziale egocentrismo, che sembra caratterizzarlo, si trasforma in una storia solidale, comunque comprensiva di altre storie, lasciando cos una traccia benefica soprattutto 6

quando la nostra storia non pi del tutto nostra e quando il lavoro sul passato ci riavvicina ed difficile giudicare. Ci che stato forse poteva compiersi in altro modo e avere un finale diverso, ma in ogni caso ora quella storia ci che stata, ci che , e lunica cosa che bisogna cercare di fare amarla perch, la storia della nostra vita, il primo e lultimo amore che ci dato in sorte. In tal modo il pensiero autobiografico, ricomponendo la dimensione cognitiva con quella esperienziale, ci cura, ci fa sentire meglio attraverso il raccontare e il raccontarci che diventano allo stesso tempo sia forme di riconciliazione che forme di liberazione. Nel rivederci, nel ricostruire il nostro passato, ci prendiamo consapevolmente in carico - forse per la prima volta - assumendoci la responsabilit di tutto ci che siamo stati e di tutto ci che abbiamo fatto non facendo altro che accettare la nostra storia che ci rende unici e irripetibili. Il soggetto lunico che pu ritrovare, nel personale processo di trasformazione, le coordinate che hanno dettato il cambiamento e attribuirne finalmente il significato dopo avere a lungo cercato il senso delle cose. Ed proprio in questa capacit attributiva che ravvisabile la dimensione autoformativa del pensiero autobiografico. Occorre, per, stare attenti a non vivere lautobiografia come farmaco, come un qualcosa che serve a liberarci del nostro passato prendendone le distanze. Il vero prendersi in carico, la vera cura di s, inizia quando, non pi il passato, ma il presente entra in scena e diventa terreno fertile per inventare e svelare altri modi di sentire, osservare, scrutare e registrare il mondo dentro e fuori di noi. Si accede cos, dalla storia del passato allautobiografia del tempo attuale, ai quaderni, agli appunti, alle note di un diario quotidiano che necessario, per sentire che si sta ancora vivendo. Questo non solo un modo per ritornare a vivere, ma anche un modo per tornare a crescere per se stessi e per gli altri, un incoraggiamento a continuare a rubare i giorni al futuro che ci resta da vivere, a vivere pi intensamente quelle esperienze che, un po per fretta, un po per disattenzione, non sono state vissute con la stessa intensit, a lasciare tracce nelloggi per riprenderle quando il futuro, diventando presente, cerca luoghi dove radicarsi trascendendolo continuamente. Per quanto i ricordi possano essere sbiaditi e lontani, il ricordare una conquista mentale, un apprendere da se stessi, un imparare a vivere attraverso un rivivere organizzato e meditato. Ogni singolo ricordo un segno che ha lasciato un impronta nella nostra vita collocandosi ora in una scena, ora in una storia, e lintelligenza retrospettiva non si limita a rievocare immagini isolate e vaganti ma costruisce, collega e attribuisce uno spazio/tempo allevento, lo socializza passando dal momento evocativo a quello interpretativo, cercando nessi, cause ed effetti, per spiegare quellevento che pu, apparentemente, apparire singolare. Non solo come sfogliare un album fotografico soffermandosi su un volto, un oggetto, un colore dimenticato: lautobiografia prende vita perch il suo autore principale ha bisogno di presentarsi al mondo e di attribuirsi ben pi di un significato.

Ecco, allora, che si chiude il circolo virtuoso della cura di s entrando e uscendo continuamente nella propria vita con rispetto e senza rumori assordanti, nella consapevolezza che nulla pu essere spostato o cancellato, perch avvenuto, e rester per sempre come risorsa, come riconoscimento di s, come vita che si svolge giorno dopo giorno lasciando tracce innumerevoli che sono altrettante ipotesi progettuali di vita. Dal punto di vista pedagogico e didattico, credo che la fiabazione cos come tratteggiata in queste pegine si dischiuda naturalmente verso la narrazione autobiografica, sia pure con i limiti ad essa propri nel momento in cui ci si accosta al mondo della scuola e a tutte le sue componenti; tuttavia, ci qualifica lazione didattica propria dellinsegnante perch la narrazione, sia essa intesa come fiabazione che come autobiografia, favorisce una visione personale olistica di s, degli altri, della cultura e del mondo, promuove anche la trasformazione in competenze personali della capacit narrativa che ad un tempo costruzione retrospettiva di storie individuali e sociali: quella storia che lalunno ha negoziato con se stesso e con gli altri momento per momento, nella quale ha finito con lidentificarsi e grazie alla quale ha potuto anche porsi in relazione e guardare ormai al futuro senza paure ed angosce infantili.

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