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Sommario

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11. Guida allanalisi, tra dialettica e retorica 11.1 Analisi della struttura argomentativa 11.2 Analisi della struttura retorica 12. 12.1 12.2 12.3 12.4 12.5 12.6 12.7 Esempi di analisi dialettica e retorica
Lambasceria ad Achille Sosmi e fallacie nellEutidemo di Platone Il discorso di Calgaco secondo Tacito Galileo Galilei tra argomentazione razionale e persuasione Il Manifesto del futurismo Pubblicit Indizio e prova nellargomentazione di colpevolezza
12.7.1 Un exemplum ctum 39 12.7.2 Laffaire Dreyfus 46

11. Guida allanalisi, tra dialettica e retorica

La dialettica e la retorica che i loso vorrebbero rigorosamente separate sono in realt, nella pratica argomentativa, strettamente connesse. Tanto che, come abbiamo visto nel cap. 2, non solo i loso hanno dovuto fare i conti con la retorica, ma proprio negli antichi trattati di retorica troviamo in nuce la materia che oggetto dei capp. 8-9, cio i principi dellargomentazione razionale. E quando Cicerone afferma pi volte nella sua opera1 lo stretto legame tra losoa (che contiene la dialettica) e retorica (ars rhetorica, vis oratoria, ratio dicendi), mentre da un lato persegue verisimilmente una strategia di nobilitazione della sua arte, dallaltro dice qualcosa alla quale non possiamo negare un fondamento di verit. Perci, in un intendimento rigorosamente scientico, e che pertanto rifugge da una preconcetta condanna della retorica come dialettica fallace, eviteremo di classicare gli argomenti come appartenenti, di volta in volta, al dominio della dialettica, dove sarebbero razionalmente rilevanti, o a quello della retorica, dove sarebbero sempre razionalmente irrilevanti, considerato che in questambito prevale il ne persuasivo. I due campi presentano numerose aree comuni e tracciare una linea di demarcazione praticamente impossibile oltre che probabilmente inutile: un discorso fondamentalmente retorico pu contenere argomenti dialettici (un bel discorso, abilmente retorico, ne contiene parecchi) e un losofo, o uno scienziato, pu scivolare nella retorica, in qualche parte del suo discorso.
1 Per esempio in Orator, IV: Positum sit igitur in primis [] sine philosophia non posse efci quem quaerimus eloquentem, In primo luogo si tenga per fermo che senza losoa non possibile che qualcuno possa diventare eloquente.

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Vale dunque il principio che, fatti salvi i fondamenti della logica esposti nei capp. 3-4, accetteremo di discutere tutti i ragionamenti argomentativi, esaminandone in particolare sia il procedimento inferenziale sia le premesse: ci faranno da guida in questanalisi i capp. 8 e 9. 11.1 Analisi della struttura argomentativa In linea di principio, dovendo analizzare la struttura strettamente argomentativa di un discorso, conviene dapprima sfrondarlo di tutto ci che dialetticamente irrilevante: perci la prima cosa da fare individuare e isolare gli argomenti, ordinarli e tradurli uno per uno, nelle loro componenti essenziali: un insieme di enunciati convergenti a una conclusione. Se necessario, procederemo anche a riformulare e ordinare gli enunciati: prima le premesse, inne la conclusione.2 Se per esempio ragionando nei termini della logica aristotelica un argomento si presenta nella forma di un sillogismo con premesse categoriche, avremo cura di ordinare e riformulare gli enunciati in modo che lestremo P della premessa maggiore sia il predicato della conclusione e che lestremo S della premessa minore ne sia il soggetto. Ci sar facile cos stabilire se il sillogismo di prima, seconda, terza o quarta gura e riconoscerne il modo, dopo averne analizzato la qualit (affermativa/negativa) e la quantit (universale/particolare). A questo punto possiamo vericare se le regole di validit dei sillogismi sono state applicate correttamente ( 9.1.3). La struttura argomentativa non per costituita sempre e soltanto da sillogismi categorici, n le inferenze, in generale, sono sempre deduttive, anzi. E anche rimanendo nellambito degli argomenti deduttivi, dobbiamo essere preparati a incontrare, e riconoscere, gli enSherlock Holmes non fa mistero che la tecnica di eliminazione e traduzione fa parte integrante del suo metodo di analisi razionale dei fatti: si veda, per esempio, A.C. Doyle, The Sign of Four, cap. 1, in The Penguin Complete Adventures of Sherlock Holmes, Penguin Books, Harmondsworth 1985, p. 90: Some facts should be suppressed or, at least, a just sense of proportion should be observed in treating them, Alcuni fatti dovrebbero essere eliminati o, quanto meno, li si dovrebbe trattare con un giusto senso delle proporzioni.
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timemi: sono sillogismi ellittici mancanti di una premessa, che viene data per verisimile e condivisa ( 3.4). Degli entimemi si fa largamente uso, per esempio, nei talk show televisivi, quando unopinione che costituisce una premessa implicita del ragionamento data per scontata, mentre, in realt, sarebbe tutta da dimostrare. Questo non signica per che gli entimemi siano necessariamente fallaci. Consideriamo il seguente argomento: Non possiamo dar credito alle parole di questuomo, perch nel passato ha giurato il falso. Nel tradurre questargomento ai ni della nostra analisi del discorso, dobbiamo completarlo della premessa maggiore PM, che mancante: PM Tutti gli spergiuri non sono degni di fede. Pm Questuomo uno spergiuro. C Questuomo non degno di fede. Grazie a questa traduzione, lentimema diventato un sillogismo la cui premessa maggiore , in questo caso, condivisibile. Ma non detto che questo possa avvenire sempre. Altri argomenti di tipo deduttivo sono quelli considerati nel cap. 3 ( 3.4): il modus ponens, il modus tollens, il polisillogismo, il sorite ecc. e il dilemma (riguardo a questultimo, cfr. 8.4.5). Arrivati a questo punto, non possiamo non rilevare che largomentazione pi comune nellambito scientico (e non solo in quello, in unepoca come la nostra che pretende di essere scientica) non deduttiva, ma induttiva ( 8.6.1). Anche nellargomento induttivo abbiamo un insieme di premesse e una conclusione: in questo caso, per, la conclusione dipende dalla qualit e dalla quantit delle premesse (qui usiamo le parole qualit e quantit nellaccezione pi generale di questi termini e non in quella specica della logica aristotelica). Dunque la conclusione dellargomento induttivo non pu mai essere certa, nemmeno nei casi limite, mentre largomento deduttivo pu avere una conclusione certa nel caso limite della dimostrazione. Ora, da un punto di vista razionale, una conclusione soltanto probabile tuttaltro che irrilevante. Ma anche vero che
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incorrerebbe in un peccato di lesa razionalit chi, presentando un ragionamento induttivo e potendo calcolare le probabilit della sua conclusione, omettesse di farlo. Per esempio, se si argomenta che X colpevole in base ai risultati di una perizia fonica, presentare i dati di afdabilit dellesame dellimpronta fonica e calcolare le probabilit (o le fasce di probabilit) della conclusione dellargomento di colpevolezza , o dovrebbe essere, un atto dovuto. Torneremo su questo punto nel 12.7. Il cap. 8 fornisce una discussione degli argomenti che ricorrono pi frequentemente, classicati secondo sei modelli argomentativi: deduttivo, pseudo-deduttivo, a priori, a posteriori, strutturale e pragmatico. Ancora una volta, per, riteniamo utile insistere sulla necessit di unanalisi della forza argomentativa dei ragionamenti, piuttosto che sullutilit della loro assegnazione a questo o quel sistema di classicazione. In altre parole, conta la discussione dellargomento, grazie alla quale possiamo sperare di avvicinarci alla verit della conclusione (sempre che il problema sia ben posto e che ammetta una soluzione) e non la collocazione sistematica dellargomento. 11.2 Analisi della struttura retorica Immaginiamo di aver analizzato un discorso sotto il prolo strettamente argomentativo: ne abbiamo isolato, cio, i singoli argomenti sfrondandoli di tutte le informazioni accessorie e ne abbiamo ordinato e tradotto in termini essenziali i singoli enunciati. Quindi abbiamo notato la forza argomentativa degli argomenti: in altre parole, se il discorso contiene pi argomenti, abbiamo individuato quelli (eventualmente) fallaci, quelli carenti di forza argomentativa adeguata e quelli pi consistenti. Arrivati a questo punto, possiamo considerare esaurito il nostro lavoro di analisi? Se dovessimo attenerci rigorosamente agli statuti della Royal Society, della quale Francesco Bacone (1561-1626) fu il principale ispiratore, dovremmo rispondere di s: la retorica era bandita dagli statuti della Royal Society, come pure da tutta la scienza nuova, dal Seicento in poi. Ma, cos facendo, rinunceremmo a rapportarci compiutamente con lautore di quel discorso, soprattutto nel caso in cui
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avesse fatto uso (o abuso) di sapienza argomentativa e stratagemmi retorici. Se considerassimo soltanto laspetto razionale del discorso, potremmo arrivare alla conclusione che il nostro interlocutore ha ragione o torto, ma rinunceremmo a capirne le motivazioni e le intenzioni, che possono essere non meno importanti del tema in discussione. Il pericolo che una parte importante del signicato complessivo del discorso sfugga alla nostra comprensione, se ci limitiamo ad analizzarne la struttura razionale, sussiste si badi bene non soltanto in sede letteraria, per ragioni facilmente intuibili, ma praticamente in qualunque ambito argomentativo. Pertanto, esaurita lanalisi della struttura argomentativa, un supplemento di analisi analisi retorica, questa volta ci consente di approfondire la strategia argomentativa dellinterlocutore: quali affetti o pregiudizi delluditorio volesse toccare ecc. Per esempio, se in sede deliberativa viene promossa o contestata una certa legge, indipendentemente dal fatto che gli argomenti prodotti a favore o contro quella legge siano validi, importante capire perch stata proposta (o osteggiata) proprio quella legge invece che unaltra. Potremo cos capire se quella legge in armonia con il bene pubblico o se viene incontro a interessi particolari. Ebbene, talvolta (anche se non sempre) lanalisi retorica del discorso consente dindividuare tali motivazioni. Abbiamo gi osservato che lo studio delle tecniche argomentative fa parte dellarte retorica antica e che larte retorica sempre stata antica, no almeno alla met del XX secolo, quando comincia ad affermarsi un movimento di rinnovato interesse per questa disciplina. Erano antichi anche i trattati di retorica che sono stati stampati in epoche a noi vicine, come quelli, per molti aspetti pregevoli, delle scuole dei Gesuiti o quello, ottimo, che Giambattista Vico scrisse nel 1711, in latino: cos si esprimeva la cultura del tempo. Si verica facilmente che il trattato di Giambattista Vico3 non differisce granch, nellimpostazione, dalla Rhetorica ad Herennium:4 questo il primo
G.B. Vico, Insititutiones oratoriae (1711), Istituto Suor Orsola Benincasa, Napoli 1989. 4 M.T. Cicerone (attribuito a), La retorica a Gaio Erennio, a cura di F. Cancelli, Mondadori, Milano 1999. Nel seguito faremo riferimento a questo testo con Rhet. Her.
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trattato di retorica con esempi latini, scritto probabilmente da Cornicio (I secolo a.C.), ma per lungo tempo attribuito dai codici, erroneamente, a Cicerone. Nellanalisi degli elementi del discorso che esulano dallambito strettamente argomentativo (per analisi della struttura retorica intenderemo nel seguito proprio questo) faremo riferimento alla Rhetorica ad Herennium, che si raccomanda per le sue caratteristiche di sistematicit ed essenzialit. In primo luogo, osserviamo che largomento di un discorso uno, eventualmente, dei tanti argomenti potr dirsi retorico (invece che dialettico) se per le premesse che ne fanno parte e per il modo in cui sviluppato intende persuadere chi ascolta (o chi legge ecc.), invece che invitarlo a trarre razionalmente certe conclusioni. Cos, infatti, in Rhet. Her., I, II, 2:
Compito delloratore poter parlare suscitando il consenso, per quanto possibile, degli ascoltatori di quelle materie che sono ordinate alla pratica politico-sociale dei costumi e delle leggi.

Lautore del trattato ha presente, evidentemente, luso forense dellarte retorica: niente impedisce tuttavia che noi moderni pensiamo, oltre che alloratore, alluomo politico che tiene un discorso alla televisione, al conduttore di un programma radiofonico o televisivo di infotainment (information + entertainment, informazione e intrattenimento), al pubblicitario ecc. Per esercitare la sua arte afferma lautore del nostro trattato loratore devessere in grado di trovare gli argomenti (inventio), di disporli convenientemente (dispositio), di esporli acconciamente (elocutio), di ricordarli (memoria) e di presentarli idoneamente con voce e gesti appropriati (pronuntiatio). La memoria era un tempo molto importante per lesercizio dellarte oratoria, tant che si faceva ricorso a complicati sistemi di memoria articiale, ai quali dedicata gran parte del terzo libro della Rhetorica ad Herennium. Questaspetto della retorica irrilevante ai nostri ni, perci non ce ne occuperemo. Analogamente trascureremo laspetto della pronuntiatio (o actio, come si legge in altri trattati). Pi interessante considerare il ruolo dellinvenzione (Rhet. Her., I,II, 3):
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Linvenzione consiste nel reperimento degli argomenti veri o verisimili che rendono la causa persuasiva.

Ma dove si trovano gli argomenti? Gli antichi immaginavano (anche questa era una tecnica di memoria) che gli argomenti fossero come depositati in certi luoghi dove stanno nascosti e dai quali devono essere ricavati.5 Perci fu sviluppata larte topica (dal gr. , luogo), che offriva agli oratori un insieme di luoghi, cio di argomenti o parti di argomenti, gi pronti: i cosiddetti luoghi comuni. Ma non tutti gli argomenti potevano essere luoghi comuni, perci esistevano anche i luoghi propri, o specici (Rhet. Her., II, VI, 9). I luoghi propri sono quelli strettamente pertinenti alloggetto dellargomentare: sono utilizzati o da chi argomenta, o da chi controargomenta, ma non da tutte due insieme. I luoghi comuni, invece, sono a disposizione di tutti. Ai ni della nostra analisi, che intende sceverare i fondamenti razionali di unargomentazione, abbastanza importante identicare i luoghi comuni, soprattutto quelli sottintesi. Abbiamo visto, infatti, che i luoghi comuni costituiscono, spesso, le premesse sottintese di un entimema. Non detto per che debbano essere riutati, soltanto perch luoghi comuni: devono invece essere identicati e valutati caso per caso. In unargomentazione razionale, infatti, niente viene accettato senza riserve, se non i principi ferrei della logica che rendono possibile la discussione. Analogamente, niente pu essere riutato a priori, se non ci che contraddice alle regole della logica. Se non si daccordo con la premessa di un ragionamento, occorre riutare quella premessa per il suo contenuto, ed eventualmente argomentare tale riuto: ma quella proposizione non pu essere riutata in quanto catalogata da qualche parte come luogo comune. Molti degli argomenti esposti nel cap. 8 possono essere considerati, come abbiamo gi osservato, luoghi comuni: le loro conclusioni devono passare per il vaglio della discussione razionale, caso per caso. Gli argomenti propri, evidentemente, devono essere ricavati dallo studio della questione. Nei trattati di retorica non mancano i suggerimenti per trovare le strade che portano ai luoghi degli argomenti
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Quintiliano, Institutio oratoria, V, X, 21.


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propri (o argumenta a re, secondo la denizione di Quintiliano). Anche in questo campo, come in numerosi altri, si pens nel Medioevo a una formulazione del metodo che potesse essere facilmente ritenuta a memoria. Cos Tommaso dAquino (1225 ca.1247) scrive nella sua Summa Theologiae6 che per indagare sulle circostanze che determinano gli atti umani, occorre riettere e rispondere ad alcune domande fondamentali (sette), contenute nel seguente verso esametro:
Quis, quid, ubi, quibus auxiliis, cur, quomodo, quando.

In altre parole, chi cerca gli argomenti propri deve rispondere alle domande: Chi? Che cosa? Dove? Con quali mezzi? Perch? In che modo? Quando?7 Questo metodo di ricerca pu essere considerato il precedente illustre della ben nota regola delle cinque W della tradizione giornalistica anglosassone.8 Afferma questa regola che per scrivere un buon articolo di giornale occorre rispondere ad alcune domande fondamentali (cinque, in questo caso), introdotte da cinque avverbi, o pronomi interrogativi, che in inglese cominciano tutti con la lettera W. Ecco le domande:
Who? What? When? Where? Why?

Anche noi possiamo fare ricorso allesametro sopra riportato (o alla regola delle cinque W: una questione di gusti) per vericare se nel discorso in esame non sia stato eventualmente trascurato qualche aspetto rilevante, o che comunque noi non avremmo trascurato a cuor leggero. Fermo restando che un ragionamento valido se compiuto, razionalmente fondato e con premesse condivisibili dallinterTommaso DAquino, Summa Theologiae, II, I, Qu. 7. Unaltra versione di questesametro ci tramandata da Albertano da Brescia (XIII secolo) nella sua Ars loquendi et tacendi, dedicata al gliolo Stefano: Quis, quid, cui dicas, cur, quomodo, quando, requiras. Qui le domande alle quali occorre rispondere sono sei. 8 Questa regola ha fatto il giro del mondo grazie a un lm del 1934 (Frank Capra, Accadde una notte), enunciata da Clark Gable, che recita la parte di un giornalista anarcoide, allindirizzo di una giovane e bizzosa ereditiera (Claudette Colberg).
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locutore (o dalluditorio ecc.), evidente che laver trascurato certe circostanze pu essere indizio della necessit di una revisione, o di un approfondimento, della questione. Ammettiamo, per esempio, che qualcuno si dica contrario alla produzione di energia nucleare nel proprio paese e che sviluppi, a partire da certe premesse di tutela della salute, un ragionamento la cui conclusione che le centrali nucleari del suo paese andrebbero chiuse. Il ragionamento, cos com presentato, e con le sue premesse condivisibili, potrebbe essere corretto: ma se quella stessa persona non ha considerato le circostanze dellUbi? e del Quomodo?, se cio non si domandato dove il suo paese procurerebbe il differenziale di energia elettrica che non in grado di produrre, e con quali garanzie a tutela della salute, la conclusione potrebbe essere diversa. Infatti, acquistare lenergia elettrica da un paese connante che potenzia espressamente la sua produzione energetica di origine nucleare per poterla vendere allestero non una buona soluzione, rispetto alle premesse del ragionamento. Veniamo ora alla dispositio che nel nostro trattato di riferimento, in Rhet. Her., I, II, 3, viene cos denita:
La disposizione lordine e la distribuzione della materia da trattare, assegnando a ciascun punto il posto pertinente.

Si tratta, in altre parole, della collocazione degli argomenti del discorso che solitamente viene diviso in sei parti (Rhet. Her., I, III, 4 e III, IX, 16): 1. 2. 3. 4. 5. 6. Exordium, inizio; Narratio, esposizione dei fatti; Divisio, partizione; Conrmatio, argomentazione della tesi; Confutatio, controargomentazione della tesi dellinterlocutore; Conclusio, epilogo.

Il cuore dellorazione costituito, evidentemente, dalla conrmatio e dalla confutatio, che insieme costituiscono largumentatio: la divisio, che precede largumentatio, la parte del discorso in cui loratore stabilisce quali siano i punti da lui condivisi con linterlocutore e
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quali siano i punti controversi. Questa partizione dellorazione in sei parti (o cinque, se conrmatio e refutatio sono considerate congiuntamente nellargumentatio) non per lunica possibile: i trattati ammettono varianti e deroghe dalla norma, quando le ragioni dellanomalia prevalgano su quelle dellanalogia. Nella nostra prospettiva di analisi retorica in subordine a quella argomentativa, la disposizione degli argomenti non riveste grande importanza. Anche se, innegabilmente, un discorso ordinato pu essere pi persuasivo e lordine espositivo conferisce al discorso chiarezza ed eleganza, lordine, o lassenza di ordine, non devono modicare il giudizio complessivo riguardo allargomentazione. E se noi disporremo ordinatamente le parti del nostro discorso, lo faremo non per persuadere il nostro interlocutore, ma per onest intellettuale, perch non sia indotto da unesposizione disordinata a fraintendere il nostro ragionamento. Si noti che la divisione del discorso proposta agli oratori dagli antichi trattatisti trova riscontro nella comunicazione moderna, anche quando i moderni non siano pi oratori e soprattutto anche quando siano ignari della precettistica antica. Consideriamo, per esempio, la pagina pubblicitaria di un giornale (ma un discorso simile potrebbe farsi per uno spot televisivo ecc.): ebbene, non difcile riconoscervi un exordium (che nella lingua dei pubblicitari, linglese, prende il nome di headline: sono le parole in grassetto, posizionate in alto, che aprono la pagina), una narratio e una conrmatio (costituite dallimmagine e dalleventuale testo che laccompagna), e una conclusio (che in questo caso prende il nome di payoff: un breve slogan alla ne del messaggio, in caratteri pi piccoli rispetto alla headline). Nella pubblicit comparativa, ammessa anche nel nostro paese, abbiamo perno la divisio e la refutatio. Anni fa, per esempio, una casa automobilistica italiana presentava in una pagina pubblicitaria una la di macchine di fabbricazione americana parcheggiate lungo un marciapiede, dove avanzava il posto per unaltra automobile, purch non fosse stata troppo lunga (questa la narratio); sotto limmagine, una scritta affermava: il nostro modello X potrebbe trovar posto, ma non il modello Y della casa automobilistica Z (divisio, conrmatio e refutatio). Torneremo a parlare di pubblicit nel 12.6.
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Dobbiamo inne spendere qualche parola sullelocutio, cos denita (Rhet. Her., I, II, 3):
Lelocuzione, o espressione, consiste nelladattare convenientemente le parole e le proposizioni alla materia che si stabilito di trattare nellinventio.

Come a proposito della dispositio si affermato che lordine del discorso ininuente rispetto alla forza argomentativa, apparentemente qualcosa di simile potrebbe dirsi per la elocutio, se lelocuzione consistesse semplicemente nella scelta di belle parole. Ma non cos, se riettiamo su che cosa sia veramente lelocutio: secondo la Rhetorica ad Herennium (in altri trattati troveremo altri termini, ma la sostanza delle cose non cambia) lelocutio consiste nella propriet di linguaggio (elegantia, eleganza), nella scelta di termini che si rispondano convenientemente nellinsieme del discorso (compositio, armonia) e nella dovizia espressiva (dignitas). Ed proprio lultimo punto che cela qualche insidia: perch la dignitas comporta luso di gure retoriche che possono essere oggetto di interpretazioni diverse, di vere e proprie fallacie. Tanto per fare qualche esempio, la dignitas legittima luso dei tropi, cio di traslati, per cui una cosa viene nominata non con il suo nome, ma con un altro. Per esempio, quando diciamo quelluomo senza cuore, non intendiamo affermare che quel tale vivo pur non avendo un organo che pompa il sangue, ma che sprovvisto di sentimenti umani, essendo il cuore (per antica convenzione) la sede dei sentimenti. Abbiamo usato, cio, una gura retorica, in questo caso il tropo di metonimia,9 che richiede al nostro interlocutore uno sforzo interpretativo. E se vero che in questo caso non ci sono incertezze interpretative, non detto che sia sempre cos: il pericolo della fallacia di anbolia ( 9.3.8) innegabilmente esiste. Il prevalere dellelocutio sulle esigenze di chiarezza interpretativa una delle ragioni principali del riuto della retorica da parte degli uomini di scienza.
9 Metonimia (lat. denominatio) la gura per cui una cosa non viene chiamata con il suo nome, ma con quello di cose vicine o associate (Rhet. Her., IV, XXXIII, 43).

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I tropi sono gure retoriche in cui una parola (o pi parole) si sostituisce (sostituiscono) a unaltra parola di signicato proprio, assumendo un altro signicato, traslato. Essi sono: metonimia, sineddoche, metafora, ironia, perifrasi, antonomasia, enfasi, litote, iperbole. Ma non sono queste le uniche gure retoriche. Diremo, in generale, che le gure retoriche si distinguono in gure di parola e gure di pensiero. La differenza ci viene spiegata da Cicerone in questi termini:
Tra le gure di parola (verborum conformatio) e le gure di pensiero (sententiarum conformatio) la differenza questa: se tu cambi le parole, la gura di parola non sussiste pi, mentre la gura di pensiero sussiste comunque, quali che siano le parole che tu vuoi utilizzare.10

Per esempio se, parlando di una squadra di cento operai, diciamo che composta di cento tute blu, questa una gura di parola (metonimia): infatti, sostituendo operaio a tuta blu, viene meno la gura stessa. Una gura di pensiero invece, tipicamente, lallegoria, dove unidea viene designata con parole di altro signicato, ma che nel complesso rimanda proprio a quellidea. Come quando, per esempio, si dice quel tale capace di moltiplicare i pani e i pesci, intendendo dire che capace di far miracoli. La gura di pensiero, in questo caso lidea di miracolo, rimane anche con parole mutate. Nella Rhetorica ad Herennium le gure di parola e di pensiero prendono il nome, rispettivamente, di verborum exornationes e sententiarum exornationes (Rhet. Her., IV, XII, 18): cambiano i nomi ma la sostanza la stessa. In questopera i tropi non sono designati come tali, ma come casi particolari di gure di parola singola: sono le gure che svolgono un ruolo di sostituzione di una sola parola. Le altre gure di parola (quelle che non sono tropi) hanno origine dalla connessione di parole, come nellantanaclasi (signica ripercussione), quando una parola viene ripresa, ma con un signicato diverso. Per esempio, la promozione di un giornale economico stata afdata, nella pubblicit di qualche anno fa, a un fotomontaggio la ben nota statua di Mos, nellatto di tener stretto quel giornale,
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M.T. Cicerone, De oratore, III, LII, 199.


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invece che le tavole dei Comandamenti e a una scritta che sovrasta limmagine: Chi detta legge, legge. In questa pubblicit luso della statua corrisponde alla gura di pensiero detta prosopopea (o personicazione): la statua personica lautorevolezza dei possibili lettori del giornale. La headline, invece, fornisce un esempio di antanaclasi: la parola legge, infatti, si ripercuote nella frase, con due signicati diversi e, in questo caso, con due diverse impronte fonetiche: lgge, intesa come norma, e lgge, voce del verbo leggere. Enumerare qui tutte le gure di parola e di pensiero, la cui rilevanza letteraria e non argomentativa, esulerebbe dai ni di questo volumetto.11 Val la pena invece insistere, ancora una volta, sulla necessit di tradurre gli enunciati argomentativi in enunciati chiari, privi di ambiguit lessicali o sintattiche, sciogliendo tutte le gure di parola o di pensiero, eventualmente a scapito del valore letterario del testo, ma a vantaggio di unanalisi argomentativa rigorosa.

11 In B. Mortara Garavelli, Manuale di retorica, Bompiani, Milano 19972 sono elencati 9 tropi ( 2.16), 31 gure di parola ( 2.17) e 34 gure di pensiero ( 2.18).

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12. Esempi di analisi dialettica e retorica

Gli esempi che proponiamo di seguito si riferiscono ad aree diverse di possibile applicazione degli strumenti di analisi che sono oggetto di questo libro. Lordine con cui sono presentati quello cronologico, da Omero dal quale gli antichi facevano discendere tutto (ricorrendo alla sua testimonianza per corroborare la propria tesi, facevano ricorso allargomento ad verecundiam: 9.6.2) ai giorni nostri. Costituisce uneccezione in questordinamento laffaire Dreyfus, che trattato nel 12.7, lultimo, in relazione a una questione generale e fuori dal tempo, quella della probabilit dellargomentazione induttiva. 12.1 Lambasceria ad Achille Questo primo esempio dimostra che lefcacia della persuasione deve molto alla razionalit della strategia argomentativa. Narra dunque Omero nellIliade (libro IX) di tre ambasciatori mandati da Agamennone ad Achille perch lo persuadano a prendere le armi: se Achille non scende in campo, i Greci saranno ricacciati sulle navi e dovranno abbandonare Troia. I tre ambasciatori sono Ulisse, Fenice e Aiace Telamonio. Il primo a prendere la parola Ulisse, il quale fa un discorso molto abile, descrivendo la situazione disperata dei Greci:1
1 Omero, Iliade, IX, 296-300. La numerazione dei versi fa riferimento alla traduzione di Vincenzo Monti che presenta un numero di versi superiore a quello delloriginale greco.

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[] mentre nel campo ci veggiam pendente unorrenda sciagura, e sul periglio delle navi si trema. E periranno, se tu, sangue divin, non ti rivesti di tua fortezza e non ne rechi ata.

A questargomento tipicamente ad misericordiam ( 9.6.3) Ulisse ritiene opportuno aggiungerne un altro:


[] Se gli [Achei] abbandoni, alto cordoglio un d navrai, n al danno troverai pi riparo.2

Questo invece largomento ad consequentiam ( 8.6.4): non mostra su base razionale che Achille debba veramente scendere in campo, ma prospetta le conseguenze negative della sua volont di non partecipare pi alla guerra. Dopo Ulisse, prende la parola Fenice, che fu maestro deloquenza di Achille: tocca il tasto degli affetti pi cari, i ricordi dinfanzia. Sia Ulisse, sia Fenice, oratori abilissimi, dicono le cose che Achille in cuor suo si aspettava di udire e che lavrebbero persuaso, se non fosse stato accecato dallira. Parla inne Aiace Telamonio, che soltanto un eroe, e non un oratore. Dice quello che pensa, rinfacciando ad Achille un atteggiamento poco militaresco. Naturalmente, anche Aiace fallisce dove non eran riusciti gli altri due scaltriti oratori. Riuscir invece a rovesciare le sorti della guerra Nestore, che alleloquenza unisce la saggezza. Non solo egli, infatti, facondo s, che di sua bocca uscino / pi che mel dolci deloquenza i rivi, ma anche sagace, e capisce due cose: la prima che Achille non scender mai in campo, e che inutile insistere. Perci sar meglio chiedere ad Achille qualcosaltro, che risulti per gli Achei non meno vantaggioso. La seconda cosa che Nestore vede molto bene la necessit di far intervenire Patroclo, lamico di Achille. Perci Nestore confeziona un discorso che presenta a Patroclo e che Patroclo riferir ad Achille. Il discorso articolato in tre punti:
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Ivi, IX, 325-327.


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Esempi di analisi dialettica e retorica

1. Achille, temi forse il tuo destino? 2. Se tu, Achille, non vuoi scendere in campo, abbi per misericordia del tuo amico Patroclo, che nientaltro ti chiede, se non di vestire le tue armi: i Troiani lo scambieranno per Achille e si daranno alla fuga. 3. Una vittoria campale pu rovesciare le sorti della guerra. Seguendo il consiglio di Nestore, Patroclo si presenta ad Achille in lacrime, e gli ripete il discorso del vecchio saggio, punto per punto. Il resto storia nota: Achille acconsente, ma Patroclo perde la vita. Le sorti della guerra sono comunque rovesciate, esattamente come Nestore voleva. La ragione del suo successo risiede in una strategia di aggiramento dellostacolo: Nestore non prende in considerazione il riuto di Achille di venire in soccorso agli Achei, ma attacca la sua durezza danimo, ottenendo egualmente quel che si preggeva. Possiamo considerare questa strategia come una variante dellargomento delluomo di paglia ( 9.2.10).3 Cominciamo dal terzo argomento: apparentemente ha un fondamento razionale, ed molto probabile che Achille ne sia convinto (perci non scende in campo, proprio perch sicuro dellefcacia duratura del suo intervento). Osserviamo che quando Patroclo afferma che nella pugna spesso una via di salute un sol respiro, se intende che una battaglia vinta rovesci necessariamente le sorti di una guerra, commette una fallacia di generalizzazione indebita ( 9.4.2). Se invece intende parlare di una possibilit di vittoria denitiva, largomento debole. Comunque non questo largomento decisivo. Il primo argomento quello, tipicamente retorico, cosiddetto ad judicium ( 9.6.4): non teme Achille di essere giudicato imbelle? Ma, a rigore, Achille dovrebbe temere tale giudizio in ogni caso, indipendentemente dal fatto che sia Patroclo a fargli presente questeventualit, o un altro. Ma questo il punto: proprio Patroclo, cio Patroclo come persona, che convince Achille. Vediamo come Patroclo si presenta allamico:
3 La strategia di aggiramento dellostacolo ben conosciuta, e praticata, dai pubblicitari: quando il consumatore della merce non coincide con lacquirente, ci si rivolge al consumatore. il caso, per esempio, della pubblicit delle merendine e dei diamanti.

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Presentossi davanti al ero Achille Patrclo intanto, un caldo rio versando di lagrime, siccome onda di cupo fonte che in brune polle si devolve da rupe alpestre.

Cio, Patroclo versa davanti ad Achille un copioso ume di lacrime, e soggiunge:


O Achille e degli Achei fortissimo Pelde non ti sdegnar del mio pianto. Lo chiede degli Achei lempio fato. Ohim, che quanti eran dianzi i miglior, tutti alle navi giacciono feriti, quale di saetta, qual di fendente. Di saetta il forte Tidde Domede, e di fendente linclito Ulisse e Agammennn: tratta ei pur di freccia Eurpilo ha la coscia. Intorno a lor di farmaci moltopra fan le mediche mani, e le ferite ristorando ne vanno.4

Per descrivere la gravit della situazione, Patroclo ne illustra analiticamente alcuni episodi concreti: i soldati feriti dalle frecce e dalle spade presso le navi, gli eroi anchessi feriti, e il gran lavoro dei chirurghi: anche questa una gura retorica (per essere precisi, una gura di pensiero) che prende il nome di ipotiposi. Si ha ipotiposi (lat. evidentia, demonstratio) quando le parole che descrivono un evento lo mettono in scena, tanto che esso sembra svolgersi proprio sotto i nostri occhi (Rhet. Her., IV, LL, 68). Ma non certo lelocutio di Patroclo (cio di Nestore, visto che Patroclo riferisce esattamente quel che Nestore gli ha raccomandato di dire) che decide la situazione. Largomento decisivo quello ad misericordiam che nasce non dalle parole, ma dalla mesta presenza di Patroclo. Tutto si svolge co4

Omero, Iliade, XVI, 2-6 e 27-35.


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me aveva previsto Nestore, in base a questo ragionamento, ineccepibile: Pr.1 Se Patroclo si presenta in modo da muovere Achille a compassione, allora Achille concede a Patroclo ci di cui viene richiesto (purch non gli si chieda di scendere in campo). Pr.2 Patroclo muove a compassione Achille e gli chiede le armi. C. Achille concede le armi a Patroclo. Riassumendo: il punto 1 del discorso di Patroclo-Nestore un argomento senza fondamento razionale, e non convincente: ha funzione solo esornativa. Il punto 3 un argomento di rilevanza razionale discutibile, ma convincente, perch rende pi difcile ad Achille negarsi alla richiesta di Patroclo. Ma largomento decisivo quello della misericordia, che non esplicitato a parole, ma nei fatti, rappresentato dalla mestizia di Patroclo, che potr essere placata soltanto dallesaudimento della richiesta del punto 2. Nestore ebbe dunque successo, in questo caso, non perch facondo, ma perch aveva messo a punto una strategia appropriata: carico danni e ricco desperienza (aveva partecipato a numerose spedizioni, compresa quella degli Argonauti, oltre che alla guerra contro i Centauri), conosceva le pieghe e le debolezze dellanimo umano. Non si pu negare, tuttavia, che la sua capacit di ben comporre il discorso abbia giovato alla causa che aveva inteso patrocinare. 12.2 Sosmi e fallacie nellEutidemo di Platone Lopera di Platone ricca di esempi di sosmi e fallacie,5 soprattutto nei dialoghi che hanno per protagonista Socrate e che portano il
5 Il signicato dei due termini, sosma e fallacia nelluso comune spesso coincidente. Comunque, a essere precisi, la fallacia un vizio di forma individuabile nellargomento; il sosma, invece, un argomento fallace, contenente cio una o pi fallacie. Secondo Aristotele, un sosma un argomento non valido da un punto di vista formale che sembra concludente, ma non lo (Aristotele, Topici, VIII, XII, 162b 3-5).

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nome del sosta con il quale di volta in volta il maestro si trova a disputare. In realt lo stesso Socrate un grande tessitore di sosmi, che per poi ritira o rovescia: come quando, nellIppia minore, sostiene la superiorit di chi sbaglia deliberatamente rispetto a chi sbaglia volontariamente. Socrate lo fa per dimostrare che davanti ai grandi problemi della losoa non soltanto possibile che si smarrisca uno come lui, che riconosce di sapere di non sapere, ma anche chi come i sosti pretende di sapere tutto e di poter argomentare su tutto. Ma questa una materia che meriterebbe un libro a parte. Consideriamo invece il caso pi semplice in cui i sosmi sono introdotti dai sosti: lEutidemo costituisce un buon viatico per una presa di conoscenza della questione.6 Eutidemo dunque un sosta che, insieme con il fratello Dionisodoro, si trova a disputare con Socrate, davanti a numerose altre persone, nella palestra del Liceo. Il dialogo si conclude con lintervento di un anonimo spettatore che esprime il proprio disprezzo per i due sosti e in qualche modo rimprovera Socrate per essersi, lui cos saggio, abbassato al livello di persone indegne della sua conversazione. Apprendono i sapienti o gli ignoranti?
Clinia, quali persone apprendono, i sapienti o gli ignoranti?7 Il ragazzo, come davanti a una domanda difcile, arross e, trovandosi in difcolt, gett uno sguardo verso di me;8 allora, rendendomi conto che era turbato, Fatti animo, Clinia gli dissi rispondi e coraggiosamente quale pensi sia delle due cose; perch forse ne ricaverai il massimo giovamento. Nel frattempo Dionisodoro, chinatosi appena verso il mio orecchio, con un gran sorriso, In ogni caso Socrate disse ti anticipo che, qualunque risposta dia il ragazzo, sar confutato. Mentre diceva queste parole, accadde che Clinia desse la risposta, cosicch non mi fu neppure

6 Cfr. Platone, Eutidemo, a cura di F. Decleva Caizzi, Bruno Mondadori, Milano 1996. 7 La domanda posta da Eutidemo. Ivi, 275e 276b. 8 Cio verso Socrate: nel dialogo Socrate racconta allamico Critone il colloquio avuto il giorno precedente nella palestra del Liceo. Clinia un giovane ateniese, di nobile famiglia, cugino di Alcibiade.

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possibile esortarlo a stare in guardia: rispose che ad apprendere sono i sapienti. Allora Eutidemo: Vi sono persone disse che chiami maestri o no?. Fu daccordo. I maestri non sono forse maestri di coloro che apprendono come il maestro di cetra o di grammatica lo erano non vero? per te e per gli altri ragazzi, mentre voi eravate i discepoli? Consent. Non forse vero che, allorch apprendevate, non conoscevate ancora le cose che apprendevate? Disse che non le conoscevano. Eravate dunque sapienti, allorch non conoscevate queste cose? No certo disse Ma se non eravate sapienti, eravate ignoranti? Certamente. Dunque voi, apprendendo cose che non conoscevate, le apprendevate essendo ignoranti. Il ragazzo annu. Dunque, Clinia, sono gli ignoranti ad apprendere, e non i sapienti, come pensi tu.

Largomento di Eutidemo fallace perch basato su unanbolia ( 9.3.8 ) in greco, infatti, signica sia comprendere (e questo proprio dei sapienti) sia apprendere (e questo proprio dei discepoli). Nella traduzione si mantenuto il secondo signicato, ma se non si tenesse conto di questambiguit, non si capirebbe come Clinia possa rispondere che apprendono i sapienti. La cosa evidenziata nel titoletto riportato accanto alla risposta del giovane. Ecco largomento con il quale Eutidemo confuta Clinia che nella sua risposta ha in mente il primo signicato di (comprendere): Tesi: apprendono i sapienti 1. Sapiente il contrario di ignorante. 2. Per il principio del terzo escluso, o apprendono i sapienti o apprendono gli ignoranti [segue da 1]. 3. I discepoli apprendono [per ammissione di Clinia]. 4. I discepoli sono ignoranti [per ammissione di Clinia]. 5. Apprendono gli ignoranti [segue da 3 e da 4]. 6. Pertanto i sapienti non apprendono [segue da 5 e da 2]. Lenunciato 6 in contraddizione con la tesi, laffermazione iniziale di Clinia, secondo la quale ad apprendere sono i sapienti. Osserviamo che, a rigore, se considerassimo gli enunciati 3, 4 e
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5 come costituenti un sillogismo, dovremmo affermare che il sillogismo fallace, in quanto viola la seconda regola del sillogismo ( 9.1.3): il termine minore (ignoranti) e il termine maggiore (apprendono) non sono distribuiti in modo uguale nelle premesse e nella conclusione. Riformulando in maniera rigorosa le premesse 3 e 4 e applicando correttamente le regole del sillogismo abbiamo una conclusione diversa: 3.' Tutti i discepoli apprendono. 4.' Alcuni ignoranti sono discepoli. 5.' Alcuni ignoranti apprendono. Ma possiamo far grazia a Eutidemo di questosservazione, perch pur vero che lapprendere un predicato deglignoranti, anche se non di tutti gli ignoranti (non apprendono gli ignoranti che non sono o non accettano di essere discepoli). Lenunciato 5 pertanto conserva la sua validit, quando sia opportunamente quanticata nel modo detto. Osserviamo inne che se Clinia avesse avuto in mente il secondo signicato di (apprendere) avrebbe risposto che apprendono i discepoli ed Eutidemo, prendendo per buono il primo signicato, avrebbe sviluppato un argomento speculare.9 Dunque in una cosa Eutidemo aveva ragione: considerata lingenuit del ragazzo, veramente sarebbe stato in grado di confutarlo in ogni caso, qualunque fosse stata la sua risposta. Si osservi per che Clinia, se fosse stato meno ingenuo, avrebbe potuto rispondere: Quando signica comprendere la risposta al tuo quesito i sapienti; quando invece signica apprendere la risposta i discepoli.

9 Le anbolie non sono una prerogativa del greco, come abbiamo visto nel cap. 8. Per esempio, in italiano accelerare in senso transitivo signica rendere pi veloce, in senso intransitivo signica diventare pi veloce. Pertanto, utilizzando litaliano come lingua di comunicazione, Eutidemo, volendo trarre in inganno Clinia, avrebbe potuto domandargli: Se unautomobile passa bruscamente da 60 a 130 km/h, secondo te chi accelera, il conducente o lautomobile?.

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12.3 Il discorso di Calgaco secondo Tacito La retorica viene classicamente suddivisa in tre generi: quello giudiziale, da usarsi nelle aule dei tribunali (larte dellaccusa e della difesa), quello deliberativo (in antico, quello delle assemblee dei cittadini) e quello dimostrativo, o epidittico (al quale si ricorre nei discorsi doccasione, nel corso di convegni e celebrazioni ecc.). I tre generi per, soprattutto oggi, non sono rigorosamente separati: per esempio, in parlamento e ancor pi nelle tribune televisive, il genere del discorso dovrebbe essere quello deliberativo, ma accade spesso che si abbia un mutamento di registro, in senso giudiziale. Il discorso che presentiamo qui di seguito10 appartiene al secondo genere, quello deliberativo. il discorso che Calgaco, capo delle trib celtiche del nord della Britannia, i caledoni, pronuncia davanti ai soldati prima di affrontare i romani nella battaglia del Monte Graupio, in Scozia (83-84 d.C.). Lo trascriviamo cos come ci viene tramandato da Tacito, nella monograa che scrisse su Agricola, suo suocero e governatore della Britannia. Si racconta che uno di loro, Calgaco, distinto per valore e nobilt tra i molti capi, di fronte a una marea di uomini accalcati che chiedevano la guerra, abbia loro parlato nel modo seguente:
Quando ripenso alle cause della guerra e alla terribile situazione in cui versiamo, nutro la grande speranza che questo giorno, che vi vede concordi, segni per tutta la Britannia linizio della libert. S, perch per voi tutti qui accorsi in massa, che non sapete cosa signichi servit, non c altra terra oltre questa e neanche il mare sicuro, da quando su di noi incombe la otta romana. Perci combattere con le armi in pugno, scelta gloriosa dei forti, sicura difesa anche per i meno coraggiosi. I nostri compagni che si sono battuti prima dora con varia fortuna contro i Romani avevano nelle nostre braccia una speranza e un aiuto, perch noi, i pi nobili di tutta la Britannia noi che ne abitiamo il cuore, e che non ne vediamo nemmeno le coste, dove risiede chi ha accettato la servit avevamo perno gli occhi non contaminati dalla dominazione roCornelio Tacito, De vita et moribus Iulii Agricolae, in Agricola. Germania. Dialogo sulloratoria, trad. it. di M. Stefanoni, Garzanti, Milano 1991, 29-32.
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mana. Noi, al limite estremo del mondo e della libert, siamo stati no a oggi protetti dallisolamento e dalloscurit del nome. Ora si aprono i conni ultimi della Britannia e lignoto un fascino: ma dopo di noi non ci sono pi popoli, bens solo scogli e onde e il agello peggiore, i Romani, alla cui prepotenza non fanno difesa la sottomissione e lumilt. Predatori del mondo intero, adesso che mancano terre alla loro sete di totale devastazione, vanno a frugare anche il mare: avidi se il nemico ricco, arroganti se povero, gente che n loriente n loccidente possono saziare; loro soli bramano possedere con pari smania ricchezze e miseria. Rubano, massacrano, rapinano e, con falso nome, lo chiamano impero; inne, dove fanno il deserto, lo chiamano pace. La natura ha voluto che ciascuno abbia carissimi i gli e i congiunti: i primi ci sono strappati con larruolamento per svolgere altrove il loro servizio; le spose e le sorelle, se pure sfuggono alle voglie del nemico, vengono macchiate da chi si fa passare per amico e ospite. I nostri beni se ne vanno con il pagamento dei tributi; il lavoro di un anno nei campi il frumento che dobbiamo loro consegnare; anche il nostro corpo e le nostre braccia si logorano, tra bastonate e insulti, a costruire strade in mezzo a paludi e foreste. Chi nasce schiavo lo si vende una sola volta e poi pensa il padrone a nutrirlo; la Britannia compra ogni giorno la sua servit e ogni giorno la nutre. E come tra gli schiavi di casa lultimo arrivato subisce lo scherno anche dei compagni, cos in questa antica famiglia di servi che il mondo, noi che veniamo per ultimi siamo tenuti per vili e destinati allo sterminio: n abbiamo campi o miniere o porti, per il cui esercizio ci risparmino la vita. Daltra parte il valore e la erezza dei sudditi spiace ai padroni; perno lisolamento e la lontananza, se ci rendono pi sicuri, tanto pi son ragione di sospetto. Grazia non possiamo sperarla; e allora mostrate nalmente coraggio, se tenete alla salvezza e avete cara la gloria. I Briganti, condotti da una donna, sono riusciti a dar fuoco a una colonia e a espugnare un campo e, se il successo non li avesse resi indolenti, potevano scuotere il giogo. Noi, integri di forze, non dominati e decisi a combattere per la libert, non per pentircene, mostriamo subito al primo scontro quali uomini ha pronti la Caledonia per la sua difesa. Voi credete che i Romani abbiano in guerra un valore pari allarroganza che assumono in tempo di pace? Sono i nostri dissensi, le nostre discordie a renderli famosi; loro trasformano gli errori del nemico in gloria del proprio esercito. Ma questesercito, accozzaglia di genti di ogni tipo, se ora
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unito per le vittorie, verr dissolto dalla scontta; a meno che non crediate che ai Romani siano legati da vero attaccamento i Galli, i Germani e fa vergogna dirlo anche quei molti Britanni che, se pur offrono il sangue alla dominazione straniera, sono stati tuttavia pi a lungo nemici che servi. Paura e terrore sono vincoli daffetto deboli: una volta venuti meno, chi cesser di tremare prover odio. Tutti gli stimoli alla vittoria sono per noi: i Romani non hanno spose a incitarli, non genitori a condannarli se fuggono; i pi non hanno patria, per gli altri diversa da questa. Pochi, trepidanti perch non conoscono i luoghi, tesi a scrutare il cielo, il mare, le selve, loro ignoti, dagli di ci sono stati messi nelle mani, come in trappola e gi prigionieri. Non vi spaventi lapparente splendore delloro e dellargento, perch non difende e non colpisce. Nelle stesse le nemiche troveremo aiuti per noi: i Britanni riconosceranno la loro stessa causa, ai Galli torner alla mente la passata libert e gli altri Germani li abbandoneranno, come non da molto li hanno abbandonati gli Usipi. E nullaltro v da temere: vuote le fortezze, colonie di soli vecchi, citt indebolite dalle discordie tra chi male obbedisce e chi ingiustamente comanda. Qui c un capitano e qui un esercito; l tributi, lavori forzati in miniera e le altre pene che toccano ai servi: se subirle in eterno o vendicarsi subito, lo dir il campo. E ora, nellandare in battaglia, abbiate alla mente i vostri avi e i vostri posteri.

Con questo discorso Calgaco esprime le ragioni per cui il suo popolo in guerra con i romani, espone ai suoi che cosa occorre fare, e perch, e fuga ogni dubbio che possa renderli meno ardimentosi. Tutto ci avviene nel rispetto rigoroso della partizione dellorazione antica. un discorso molto efcace, se dobbiamo far fede a Tacito: Accolsero le sue parole secondo lusanza barbarica, frementi, tra canti e grida scomposte. Eccoli gi in colonna e avanti i pi audaci di corsa in un bagliore darmi. Con lexordium, come di solito, loratore simpegna a suscitare nelluditorio linteresse per ci che si appresta a dire (cfr. Rhet. Her., I, II, 3) e annuncia la sua conclusione: combattere con le armi in pugno, scelta gloriosa dei forti, sicura difesa anche per i meno coraggiosi. Segue la narratio, nella quale si spiega quali siano le difcolt della convivenza con i romani: non serve a niente essere modesti e umili nel rapportarsi a questo popolo di predatori, avidi nei confronti dei
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ricchi e arroganti nei confronti dei poveri (si locuples, avari; si pauper, ambitiosi). Il concetto espresso mediante una gura retorica di parola, dove vediamo (e sentiamo) due espressioni, una dopo laltra, costituite dalla congiunzione si seguita da un aggettivo, da una virgola e da un altro aggettivo. Questo schema di parole corrispondenti per posizione prende il nome di isoclo (uguaglianza di membri). Quindi il momento dellargumentatio (la partizione dellorazione, cio la divisio, qui n troppo evidente), che comprende la conrmatio e la refutatio. La conrmatio comincia con un luogo comune, basato sul principio di transitivit ( 8.4.7): 0. Chi fa del male ai vostri congiunti fa il vostro male, dunque i Romani fanno il vostro male. La conclusione di questargomento serve come premessa, una delle tante, di un ragionamento induttivo che possiamo cos riformulare: 1. Nel caso 1 (facendo del male ai vostri congiunti) i romani fanno il vostro male. 2. Nel caso 2 (rapinando il frutto del vostro lavoro) i romani fanno il vostro male. 3. Nel caso 3 (costringendovi a faticose corve nelle paludi e nelle foreste) i romani fanno il vostro male. 4. Nel caso 4 (riducendovi in schiavit) i romani fanno il vostro male. 5. Nel caso 5 (dileggiandovi) i romani fanno il vostro male. 6. Nel caso 6 (assoggettandovi a una politica di sterminio) i romani fanno il vostro male. 7. Dunque i romani vogliono sempre e comunque il vostro male. Largomentazione , tipicamente, quella dinduzione per enumerazione semplice ( 8.6.1.3). Se leggiamo attentamente la conrmatio di Calgaco troviamo altri tre enunciati. I primi due possono essere cos riassunti: 8. Poich siete eri e valorosi e vivete isolati nel cuore della regione, i romani hanno timore di voi.
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Lultimo enunciato afferma: 9. I romani sono spietati con i valorosi. Congiungendo 8 e 9 ricaviamo la premessa di un entimema del quale occorrer esplicitare la premessa implicita. Ecco lentimema: 10. Chi teme ed spietato far il male. 8. e 9. I romani vi temono e sono spietati. 11. Dunque i romani faranno il vostro male. La premessa implicita dellentimema lenunciato 10. La conclusione 11, a parte la connotazione temporale, un enunciato del tutto analogo a quelli 1-6 dellargomento induttivo sopra evidenziato, al quale pu essere aggiunto, subito dopo lenunciato 6, cos da rendere largomento ancora pi stringente. Una volta pervenuti allenunciato 7 (I romani vogliono sempre e comunque il vostro male), corroborato nel modo che si visto dalla 11, come proseguire per la conclusione annunciata nellesordio, cio alla necessit di combattere? Ancora una volta, occorre, evidenziare la premessa nascosta (qui sotto indicata come 12) di un entimema, quella che d per scontato che sia necessario muover guerra a chi vuole sempre e comunque il male. Ecco lentimema: 12. Se qualcuno vuole sempre e comunque il vostro male, allora dovete muovergli guerra. 7. I romani vogliono sempre e comunque il vostro male. 13. Dunque, dovete muovere guerra ai romani. Nella refutatio Calgaco risponde allobiezione Ma chi ci dice che se muoviamo guerra ai romani non andiamo incontro a una scontta, peggiorando cos la nostra posizione?. Di fatto, come tramanda la storia, i valorosi caledoni furono scontti, ma Calgaco forse, in cuor suo, pensava che fosse meglio subire una scontta con onore, piuttosto che vivere una pace disonorevole (ovviamente, nel suo discorso non fa menzione di questa possibilit). La controargomentazione di Calgaco si sviluppa in modo analogo a quello dellargomentazione,
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cio per accumulazione di considerazioni fattuali: i romani sono molto meno temibili di quel che si creda; sono divisi e non sono motivati; sono un colosso dargilla e saranno abbandonati dagli alleati ecc. Insomma, il meccanismo ancora quello di un ragionamento induttivo la cui conclusione associata a uno o pi entimemi. Lorazione termina con la conclusio, o peroratio: bisogna combattere, tanto pi che i Britanni che non si sono piegati al giogo dei romani non hanno niente da perdere: questargomento quello ad consequentiam ( 8.6.4). 12.4 Galileo Galilei tra argomentazione razionale e persuasione Galileo Galilei era nutrito di buoni studi, conosceva perfettamente il latino del quale aveva una competenza attiva (scrisse parecchio in tale lingua) e, come risulta dallinventario dei suoi libri, aveva una copia del De inventione di Cicerone e una della Rhetorica ad Herennium. La cosa non senza signicato se pensiamo che, secondo la testimonianza del discepolo Viviani, Galilei possedeva pochi libri, perch preferiva osservare la natura, piuttosto che leggerne la descrizione. Pu sembrare singolare che uno dei responsabili del tramonto dinteresse per la retorica, quello stesso che scrisse il Sidereus nuncius, dove difcilmente si troverebbe traccia di lenocini retorici, facesse tuttavia ricorso, in certe occasioni, sia ai dettami dellarte, che dimostr di conoscere molto bene,11 sia anche a certe strategie argomentative che qualcuno direbbe degne pi di un retore che di uno scienziato. Per farcene una ragione, senza entrare nei dettagli di una questione sulla quale da qualche anno orita una ricca letteratura, dovremmo considerare in primo luogo che Galilei sentiva autenticamente lesigenza di essere efcace nel comunicare con gli intendenti, ossia con coloro che amano la scienza, pur non essendo scienziati. In secondo luogo, dobbiamo non trascurare che la comunicazione efcace unesi11 Si veda, per esempio, A. Battistini, Galileo e i Gesuiti. Miti letterari e retorica della scienza, Vita e pensiero, Milano 2000, pp. 87-124, dove la lettera di Galilei a Benedetto Castelli viene analizzata alla luce dellesapartizione del discorso (vedi qui 12.2).

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genza avvertita nello stesso ambito scientico, sia quando la materia da trattare presenti carattere di assoluta novit, sia quando si rende necessario superare le barriere dei linguaggi settoriali. Per questo si parla di retorica scientica, una retorica naturalmente caratterizzata da sobriet di elocutio. Scrive in proposito Marcello Pera:12
Mi riferir allora alla retorica scientica come allarte di usare argomenti persuasivi allo scopo di cambiare e di rafforzare opinioni in una comunit scientica su questioni che hanno valore cognitivo. Un argomento persuasivo o retorico un argomento che non formalmente stringente n empiricamente obbligante. Nel senso in cui la considero, la retorica scientica linsieme di quelle tecniche argomentative di persuasione che gli scienziati usano per raggiungere le proprie conclusioni, non i modi di espressione o gli ornamenti verbali o lo stile che possono accompagnare questi argomenti.

Ma la cosa migliore per avere un assaggio della tecnica argomentativa del Galilei connivente con la retorica sar considerare un esempio. Quello che riportiamo tratto dal Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo, dove Salviati (un personaggio nel quale Galilei adombra se stesso) domanda a Simplicio (seguace della losoa e della sica di Aristotele) che cosa si debba reputare della sostanza celeste cristallina: corruttibile, come sostiene Aristotele, o non lo ?13
SIMP.

Io, per dire il vero, non ho fatto n s lunghe n s diligenti osservazioni, che mi possano bastare a esser ben padrone del quod est di questa materia; ma voglio in ogni modo farle, e poi provarmi io ancora se mi succedesse concordare quel che ci porge lesperienza con quel che ci dimostra Aristotile, perch chiara cosa che due veri non si posson contrariare. SALV. Tuttavolta che voi vogliate accordar quel che vi mostrer il senso con le pi salde dottrine dAristotile, non ci averete una fatica al mondo.
M. Pera, Il ruolo e il valore della retorica nella scienza, in M. Pera, W.R. Shea, Larte della persuasione scientica, Guerini, Milano 1992, p. 59. 13 G. Galilei, Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo (1632), in Id., Opere, Barbera, Firenze 1890-1909, vol. VII, pp. 79-80. Si veda anche P. Boniolo e G. Vidali, Filosoa della scienza, Bruno Mondadori, Milano 1999, pp. 693-708.
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E che ci sia vero, Aristotile non dicegli che delle cose del cielo, mediante la gran lontananza, non se ne pu molto resolutamente trattare? SIMP. Dicelo apertamente. SALV. Il medesimo non affermegli che quello che lesperienza e il senso ci dimostra, si deve anteporre a ogni discorso, ancorch ne paresse assai ben fondato? e questo non lo dicegli resolutamente e senza punto titubare? SIMP. Dicelo. SALV. Adunque di queste due proposizioni, che sono ambedue dottrina dAristotile, questa seconda, che dice che bisogna anteporre il senso al discorso, dottrina molto pi ferma e risoluta che laltra, che stima il cielo inalterabile, e per pi aristotelicamente losoferete dicendo: Il cielo alterabile, perch cos mi mostra il senso, che se direte: Il cielo inalterabile, perch cos persuade il discorso ad Aristotile. Aggiugnete che noi possiamo molto meglio di Aristotile discorrer delle cose del cielo, perch, confessando egli cotal cognizione esser a lui difcile per la lontananza da i sensi, viene a concedere che quello a chi i sensi meglio lo potessero rappresentare, con sicureza maggiore potrebbe intorno ad esso losofare: ora noi, merc del telescopio, ce lo siam fatto vicino trenta e quaranta volte pi che vicino non era ad Aristotile, s che possiamo scorgere in esso cento cose che egli non potette vedere, e tra le altre queste macchie nel Sole, che assolutamente ad esso furono invisibili: adunque del cielo e del Sole pi sicuramente possiamo noi trattare che Aristotile.

Possiamo provare a tradurre largomentazione di Salviati mediante la serie di enunciati qui sotto riportati. Si noti che abbiamo trascurato, fra laltro, il punto in cui Galilei fa presente che lo stesso Aristotele ammette che delle cose del cielo, mediante la gran lontananza, non se ne pu molto resolutamente trattare; questo punto, infatti, superato dal dogma dottrinale dellincorruttibilit dei corpi celesti. 1. La dottrina afferma che il cielo inalterabile [per ammissione di Simplicio, che aristotelico]. 2. Lesperienza sensibile deve prevalere sulla dottrina [per ammissione di Simplicio, che aristotelico]. 3. Il telescopio ci mostra le macchie del Sole [lo afferma Galilei]. 4. Dunque lesperienza mostra che il cielo alterabile [segue da 3].
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5. O il cielo inalterabile (come afferma 1) o il cielo alterabile (come afferma 4) [per il principio del terzo escluso]. 6. Tra le affermazioni 1 e 4 preferibile la 4. [segue da 2]. 7. Il cielo alterabile [segue da 4 e da 6]. 8. Dunque falso che il cielo sia inalterabile [segue da 5 e da 7]. Largomentazione di Salviati (cio di Galilei), come si rileva facilmente, ha come fulcro la contraddizione fra le due proposizioni aristoteliche corrispondenti agli enunciati 1 e 2: tale contraddizione una conseguenza della scoperta del telescopio. Sarebbe unargomentazione perfetta, non fosse che lenunciato 3 introdotto da Galilei, al quale Simplicio non fa opposizione racchiude una fallacia: quella dellespressione prevalente sul contenuto ( 9.3.11). Se Salviati avesse detto io con il telescopio vedo delle forme sulla supercie del Sole che mi fanno sospettare che il cielo sia in realt alterabile, Simplicio avrebbe potuto replicare: Per lappunto voi vedete delle forme sovrapposte al Sole, che forse nascono da imperfezione del vostro strumento, dovute anche a caligine dellaria ecc.. Ma Salviati dice proprio macchie, un termine che fa passare il concetto, senza esplicitarlo, che il Sole non esente da difetti: infatti, alla sua supercie lucente si sovrappongono areole indenite che in qualche modo la deturpano. Dopo aver fatto passare lenunciato 3, Salviati ha poi buon gioco a farne seguire il 4. Se Simplicio fosse stato un po meno candido, Salviati, che aveva ragione nellaffermare che la materia del Sole corruttibile, avrebbe dovuto dimostrare la veridicit della sua affermazione con un argomento migliore. 12.5 Il Manifesto del futurismo Riportiamo qui di seguito il Manifesto del futurismo di Filippo Tommaso Marinetti, scrittore e fondatore del futurismo. Il manifesto fu pubblicato sul quotidiano parigino Le Figaro, il 10 febbraio 1909. 1. Noi vogliamo cantare lamor del pericolo, labitudine allenergia e alla temerit.
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2. Il coraggio, laudacia, la ribellione, saranno elementi essenziali della nostra poesia. 3. La letteratura esalt no a oggi limmobilit pensosa, lestasi e il sonno. Noi vogliamo esaltare il movimento aggressivo, linsonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo ed il pugno. 4. Noi affermiamo che la magnicenza del mondo si arricchita di una bellezza nuova: la bellezza della velocit. Un automobile14 da corsa col suo cofano adorno di grossi tubi simili a serpenti dallalito esplosivo un automobile ruggente, che sembra correre sulla mitraglia, pi bello della Vittoria di Samotracia. [] 7. Non v pi bellezza, se non nella lotta. Nessuna opera che non abbia un carattere aggressivo pu essere un capolavoro. La poesia deve essere concepita come un violento assalto contro le forze ignote, per ridurle a prostrarsi davanti alluomo. [] 9. Noi vogliamo gloricare la guerra sola igiene del mondo il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore dei libertari, le belle idee per cui si muore e il disprezzo della donna. 10. Noi vogliamo distruggere i musei, le biblioteche, le accademie dogni specie, e combattere contro il moralismo, il femminismo e contro ogni vilt opportunistica o utilitaria. 11. Noi canteremo le grandi folle agitate dal lavoro, dal piacere o dalla sommossa: canteremo le marce multicolori o polifoniche delle rivoluzioni nelle capitali moderne; canteremo il vibrante fervore notturno degli arsenali e dei cantieri incendiati da violente lune elettriche; le stazioni ingorde, divoratrici di serpi che fumano; le ofcine appese alle nuvole pei contorti li dei loro fumi; i ponti simili a ginnasti giganti che scavalcano i umi, balenanti al sole con un luccichio di coltelli; i pirosca avventurosi che utano lorizzonte, le locomotive dallampio petto, che scalpitano sulle rotaie, come enormi cavalli dacciaio imbrigliati di tubi, e il volo scivolante degli aeroplani, la cui elica garrisce al vento come una bandiera e sembra applaudire come una folla entusiasta. Questo documento interessante perch apparentemente non ha
Un automobile [] pi bello: a quel tempo automobile era un sostantivo di genere maschile.
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una strategia argomentativa e non rivestito di paludamenti retorici. N la cosa desta meraviglia: nel Manifesto tecnico della letteratura futurista (1912) tali caratteristiche sono conclamate apertamente: bisogna distruggere la sintassi disponendo i sostantivi a caso, come nascono, si deve abolire laggettivo, perch il sostantivo nudo conservi il suo colore essenziale e si deve abolire lavverbio, vecchia bbia che tiene unite luna allaltra le parole. E, ancora:
Ci gridano: La vostra letteratura non sar bella! Non avremo pi la sinfonia verbale, dagli armoniosi dondolii, e dalle cadenze tranquillizzanti!. Ci bene inteso! E che fortuna! Noi utilizziamo, invece, tutti i suoni brutali, tutti i gridi espressivi della vita violenta che ci circonda. Facciamo coraggiosamente il brutto in letteratura, e uccidiamo dovunque la solennit. Via! non prendete di questarie da grandi sacerdoti, nellascoltarmi! Bisogna sputare ogni giorno sullAltare dellarte! Noi entriamo nei dominii sconnati della libera intuizione. Dopo il verso libero, ecco nalmente le parole in libert!

Come scrisse Antonio Gramsci,15 I futuristi [] hanno avuto la concezione netta e chiara che lepoca nostra, lepoca della grande industria, della grande citt operaia, della vita densa e tumultuosa, doveva avere nuove forme di arte, di losoa, di costume, di linguaggio e Marinetti fu il primo a rendersi conto che larte subordinata alle leggi del mercato. Perci larte non subisce pi la coazione a ripetersi che (anche) una conseguenza dellautorevolezza dei modelli tradizionali e della precettistica retorica, ma al contrario entra nel gioco di una coazione al rinnovamento continuo, per non perdere il contatto con la massa dei suoi fruitori, che sarebbe pi corretto chiamare acquirenti. Eppure la retorica, che per denizione unarte, entra e si radica nellanimo degli uomini di lettere (e Marinetti era tale), tanto da non esser pi unarte e diventare, invece, natura. Osserviamo, per esempio, nellenunciato 2, il seguente isocolo: la letteratura esalt [] noi vogliamo esaltare, che, come abbiamo visto, una gura retorica di pensiero, e il climax, o accumulazione coordinante, delle serie
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In Ordine nuovo, 5 gennaio 1921.


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enumerative che ricorrono in numerosi enunciati. Il climax (lat. gradatio) una gura retorica di parola, per cui i termini sono ordinati in modo che loratore passi gradualmente dalluno allaltro (Rhet. Her., IV, XXV, 34). Per esempio, nellenunciato 10, nella serie musei biblioteche accademie moralismo femminismo vilt i termini sono ordinati dal concreto allastratto, da ci che lodevole (ma solo apparentemente, secondo Marinetti), come i musei e le biblioteche, a ci che avvertito come ambiguo (le accademie, il moralismo, il femminismo), no a ci che decisamente spregevole (la vilt). Inne, non possiamo passare sotto silenzio lefcacia dellanafora di Noi nella maggior parte degli enunciati: anche lanafora (lat. repetitio) una gura retorica di parola, alla quale si ricorre quando una parola, sempre la stessa, viene riproposta allinizio di frasi che esprimano cose simili o diverse (Rhet. Her., IV, XIII, 19). 12.6 Pubblicit Abbiamo gi osservato che il messaggio pubblicitario ha una sua struttura argomentativa, pi o meno nascosta, che possiamo sempre sperare di mettere in luce utilizzando gli strumenti dellanalisi dialettica e retorica. Vorremmo sottolineare a questo punto lestrema concretezza, nonostante le apparenze, dellargomentazione pubblicitaria, data la rilevanza commerciale della sua conclusione (comprate questa merce, comprate questo servizio, date il vostro voto a ecc.). Il messaggio pubblicitario ha un suo costo (talora molto elevato, se si tratta di spot televisivi), ed evidente che non avrebbe senso investire ingenti risorse nanziarie senza laspettativa di un corrispondente incremento delle vendite. Insomma, un messaggio pubblicitario devessere bello, ma devessere bello per promuovere le vendite, o il consenso elettorale ecc. Il discorso pubblicitario lunico la cui efcacia sia misurata scienticamente, obiettivamente e immediatamente. A questo ne sono state messe a punto tecniche di analisi molto rafnate: i risultati delle indagini su campione sono introdotti nei programmi di simulazione di vendita dei prodotti. In soldoni, se la pubblicit determina
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un incremento delle vendite, largomentazione efcace.16 Altrimenti conviene ritirarla, con quel che costa, e sostituirla con una alternativa. Il valore (commerciale) dellargomentazione pubblicitaria tale da condizionare strutturalmente lo stesso mezzo che la veicola:17
La televisione commerciale non vende programmi, bens acquista pubblico, che rivende poi alle agenzie di pubblicit. Questo pubblico ha un valore potenziale, non in quanto spettatore di un programma, ma degli spot ad esso collegati. Un valore che, da potenziale, diventa reale nel momento in cui egli si reca al supermercato per acquistare quel prodotto che ha visto reclamizzare in televisione.

Ci premesso, consideriamo un esempio di pubblicit la cui argomentazione basata fondamentalmente sullimmagine: nella gura della pagina seguente vediamo un acone, a forma di luna crescente, che diffonde i suoi raggi su una donna in estasi. Sul acone riportata una stampigliatura, la marca del prodotto. In basso riportata una dicitura (the fragrance of love): prende il nome di payoff, come abbiamo visto, e ci spiega, qualora non lavessimo capito, che si tratta di un acone di profumo e che questo profumo in stretta relazione con lamore. Proviamo ad analizzare largomentazione del messaggio pubblicitario in base allassunto (ovvio) che la conclusione dellargomentazione debba essere una persuasione, cio un imperativo argomentato: Allora, compra questo prodotto. Cominciamo dal acone: ha la forma della luna, contornato da un alone lunare ed esercita verisimilmente il suo inusso sulla donna. Dunque non solo il profumo rappresenta la luna, ma la luna o quanto meno ha la stessa potenza dinusso della luna. In termini tecnici, diremo che il profumo non si limita ad alludere alla luna (lallusione una gura retorica di pensiero), ma ne una personiGli algoritmi di determinazione dellefcacia del messaggio pubblicitario sono unapplicazione dei metodi di ricerca delle cause con metodo induttivo: cfr. 8.6.1. 17 R. Parascandolo, La televisione oltre la televisione, Editori Riuniti, Roma 2000, p. 41.
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cazione (unaltra gura retorica, detta anche prosopopea, dal gr. , volto). Veniamo alla donna: la sua espressione ricorda non senza intenzione, probabilmente quella di santa Teresa dAvila efgiata in statua dal Bernini (chiesa di Santa Maria della Vittoria, Roma). Come in quel gruppo scultoreo la santa tratta dai dardi divini, oggetto di quella transverberazione che cos bene lei stessa descrive nella sua opera letteraria, cos la donna dellimmagine tratta dai raggi lunari. Tutta limmagine ci fa capire, non in maniera allegorica (lallegoria unaltra gura retorica di pensiero) ma realistica, che la luna, cio il profumo, presiede allestasi della donna. Ed una rappresentazione persuasiva, perch unidea depositata nellimmaginario collettivo. Ci non signica che sia vera, ma che percepita come verisimile, secondo un meccanismo di persuasione che sarebbe ridondante chiamare occulta: la persuasione sempre occulta. Senza ricorrere al
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mito e alla psicanalisi (sono discorsi che ci porterebbero lontano), per giusticare questa credenza sar sufciente ricordare che nella tradizione magica si sempre fatto ricorso al (presunto) potere della luna crescente per regolare i processi di crescita e che da sempre si attribuito alla luna un potere particolare sul ciclo mestruale e sulla sessualit della donna.18 Ci premesso, vediamo largomentazione, che possiamo considerare divisa in due parti. La prima serve a preparare il terreno e, a rigore, non strettamente necessaria. Ma predispone il lettore ad accettare lenunciato 7 della seconda parte. 1. La luna ha inuenza sulla sessualit della donna [ un luogo comune, come abbiamo visto]. 2. Questo profumo personica la luna [lo deduciamo dal particolare in alto a destra, attraverso la gura retorica di prosopopea]. 3. Dunque il profumo ha inuenza sulla sessualit della donna [segue da 1 e 2]. Largomentazione, nella sua seconda parte, prende due strade, secondo che il fruitore della pagina pubblicitaria sia una donna o un uomo. In ogni caso, occorre introdurre due nuovi argomenti. Il primo argomento, individuabile in tutte le forme di pubblicit (anche in quelle pi nobili) che siano rivolte a un pubblico indifferenziato (e non, per esempio, a coloro che soffrono di mal di testa), quello dellessenza ( 8.5.1): con questo argomento si pretende che noi si abbia un bisogno che pu essere soddisfatto dal prodotto reclamizzato. Il secondo argomento, nella migliore delle ipotesi, fallace: quello di generalizzazione indebita ( 9.4.1), caratteristico di quasi tutte le pubblicit di cosmetici, e non solo di quelle. Si presenta, cio, leffet18 Mestruale, cio mensile deriva dal lat. mensis, mese, che a sua volta deriva da un antico termine indoeuropeo, con il quale si designava la luna. La radice di questo vocabolo me (la stessa radice del latino metiri, misurare): la luna presiede alla misura dellanno (i calendari antichi, come quello ebraico, sono lunari) e a quella del ciclo mestruale della donna. Cfr. anche in greco = mese e = luna (ma il termine pi comune, com noto, ).

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to di un prodotto su una persona; quindi si generalizza, affermando che lo stesso effetto possa manifestarsi su tutti, anche su noi. Inoltre noi non conosciamo quella persona e non possiamo vericare se, per esempio, luso di una certa crema di bellezza ha veramente eliminato le sue rughe, o se, invece, quella persona non abbia mai avuto le rughe (in questo caso, largomento sarebbe fallace per assenza di explanandum: 9.3.14).19 Ecco dunque come prosegue largomentazione, se rivolta a una donna: 4. Se sei una donna, allora vuoi fare unesperienza estatica [luogo comune dellessenza]. 5. Sei una donna [per ammissione di colei che sfoglia la rivista]. 6. Vuoi fare unesperienza estatica [segue da 4 e da 5]. 7. Questo profumo condizione necessaria, ancorch non sufciente, di unesperienza estatica come quella della foto [ la situazione presentata nellimmagine]. 8. Questo profumo condizione necessaria, ancorch non sufciente, di unesperienza estatica, anche nel tuo caso [per la fallacia di generalizzazione indebita]. 9. Questo profumo condizione necessaria, ancorch non sufciente, di ci che tu vuoi [segue da 6 e da 8]. 10. Perch si verichi ci che tu vuoi (il conseguente dellenunciato 9) necessario che si verichi lantecedente della 9 (che tu abbia il profumo) [segue da 9 e dalla denizione di condizione necessaria, vedi 4.1.4]. 11. Tu devi avere il profumo [segue da 6 e da 10]. 12. Per avere il profumo, devi comprarlo o farlo comprare [ la legge del mercato].
19 Al posto di questargomento fallace, in unargomentazione di questo tipo, beninteso, si ha talvolta largomento ad verecundiam, che nel linguaggio della pubblicit viene detto testimonial: consiste nel presentare la testimonianza di una persona autorevole o prestigiosa, che noi saremmo imbarazzati a contraddire, a causa del timore reverenziale che sentiamo nei suoi confronti e dalla quale siamo, a vario titolo, ammaliati. Ci avviene, per esempio, quando unattrice della quale subiamo il fascino ci assicura che i suoi denti, cos bianchi, sono il risultato delluso quotidiano di un certo dentifricio.

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13. Compra o fai comprare il profumo [segue da 11 e da 12]. Largomentazione rivolta a un uomo, per indurlo ad acquistare il profumo come regalo, si svolgerebbe in modo del tutto analogo: cambiano lantecedente dellenunciato 4, nonch gli enunciati 5, 12 (luomo compra e non fa comprare) e 13 (che segue da 12). 12.7 Indizio e prova nellargomentazione di colpevolezza Presentiamo di seguito due esempi; il primo appartiene alla categoria dei cosiddetti exempla cta (esempi ttizi: esempi, cio, escogitati per arrivare pi speditamente al nucleo concettuale di un problema); il secondo un esempio di cronaca giudiziaria che, per la rilevanza politica del caso, entrato nei libri di storia. 12.7.1 Un exemplum ctum Presentiamo dapprima un esempio in cui la colpevolezza di un imputato argomentata in base agli indizi e a una prova testimoniale. La struttura portante dellargomento quella del modus ponens, la cui seconda premessa la conclusione di un argomento induttivo ( 8.6.1): pertanto la sua conclusione soltanto probabile (il che viene indicato con la doppia riga prima della conclusione). Lo schema argomentativo dunque il seguente, di frequente riscontrabile (implicitamente, sintende) nelle cronache giudiziarie: 1. eh 2. e 3. h dove h lipotesi di colpevolezza ed e levidenza empirica che d a quellipotesi il valore di una certezza pi o meno probabile, secondo la probabilit dellevidenza empirica stessa. Ecco lesempio:
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Susanna S., ben nota ai nostri concittadini per la sua attivit di promozione del volontariato a favore dei bambini disabili e titolare della serra S. sul lungomare per C, stata assassinata per strangolamento nel suo ufcio, un locale attiguo ai capannoni della serra. Linserviente dellimpresa di pulizie, recatosi come al solito nella serra alle sette del mattino, lha trovata riversa sulla scrivania, seduta, con le braccia protese. Per terra si sono trovati alcuni oggetti, caduti dalla scrivania, che testimonierebbero che la vittima ha opposto resistenza al tentativo di strangolamento, sia pure per poco. Secondo il parere del medico legale la signora morta alle nove di sera. Le indagini per lindividuazione dellassassino si appuntano su R., un rappresentante di concimi sintetici, che intratteneva ormai da due anni una relazione con la signora. Una sua fotograa stata mostrata allimpiegata, che afferma di aver visto quelluomo entrare nellufcio della titolare, poco prima dellora di chiusura. Limpiegata, che lavora nella serra da cinque mesi, non laveva mai visto prima. Il rappresentante sostiene di aver fatto colazione con la signora in un bar del centro quella mattina, ma di esser stato via per lavoro, tutto il giorno. Ha un alibi convincente per gran parte della giornata, ma non per il periodo di tempo che va dalle sette alle dieci di sera, quando a suo dire sarebbe stato in viaggio, alla guida della sua vettura. Secondo alcune indiscrezioni pervenute al nostro giornale, le indagini stanno per concludersi con lincriminazione del rappresentante di concimi, la cui posizione difensiva gi compromessa dalla testimonianza dellimpiegata della serra si aggravata con lemergere di due nuovi indizi a suo carico: il suo gruppo sanguigno e un ritaglio di giornale trovato per terra. La vittima, infatti, presenta nelle unghie tracce di sangue appartenente al gruppo A, la cui frequenza statistica del 47%: questo anche il gruppo del rappresentante. Inoltre si appurato presso ledicolante che, mentre la signora S. legge unicamente un quotidiano economico, il presunto assassino un lettore assiduo di giornali e il ritaglio una recensione dellultimo libro di Umberto Eco proprio del nostro giornale. []

Il caso, apparentemente, risolto: abbiamo due indizi a favore dellipotesi di colpevolezza e una testimonianza che corrobora quegli indizi. Ma dubitare ragionevole, perci analizziamo il ragionamento che inchioda il rappresentante e misuriamone lattendibilit.
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Lo schema inferenziale quello di uninferenza deduttiva, del genere modus ponens ( 4.1.7 ), quella cio di un sillogismo ipotetico misto, dove la premessa maggiore ipotetica e la premessa minore contiene laffermazione dellantecedente (e): 1. eh 2. e 3. h In questinferenza abbiamo indicato con h lipotesi R. lassassino, mentre e indica levidenza sperimentale (la prova), cio la testimonianza dellimpiegata che lo inchioda: R era presente sul luogo del delitto. In altre parole, se lipotesi avvalorata dalla prova, e se la prova vera, segue che lipotesi vera. Notiamo che cos si d per scontato che lassassino sia lultima persona entrata nellufcio della titolare, il che tutto da dimostrare. Perci dovremmo pi correttamente assegnare a e e h i seguenti signicati: e : La prova (cio, la testimonianza) conferma lipotesi h. h: R era presente sul luogo del delitto. Avendo chiarito il signicato dei termini che impiegheremo, veniamo a una questione di merito fondamentale. Il punto che, fermo restando che lo schema argomentativo ancora quello del modus ponens, linferenza che abbiamo presentato sopra non deduttiva, ma induttiva. Lo schema dunque: 1. eh 2. e 3. h La linea doppia che separa la conclusione dalle premesse indica, appunto, che la conclusione soltanto probabile; inoltre, la probabilit della conclusione inferiore a quella delle premesse e dipende da una
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variabile, per cos dire, latente, ma con la quale dobbiamo fare i conti: la probabilit a priori che lipotesi h sia vera, indipendentemente da e. Pertanto questo il cardine di tutta lanalisi che svolgeremo nella ricerca di una certezza di l da ogni ragionevole dubbio il risultato di una prova a carico di un individuo che abbia a priori una probabilit molto bassa di essere colpevole dovuta probabilmente pi a un errore della prova che a unoggettiva colpevolezza. Per analizzare razionalmente il caso, dobbiamo trovare il modo di esprimere la probabilit dellipotesi h in funzione dei dati disponibili. Consideriamo dapprima la probabilit che gli enunciati h ed e siano veri congiuntamente. Se i due enunciati non sono indipendenti, si ha che: Pr(h e) = Pr(h) Pr(e/h) [1]

dove Pr(h e) la probabilit che h ed e siano veri congiuntamente, Pr(h) la probabilit a priori dellipotesi h e Pr(e/h) la probabilit dellevidenza (si legge probabilit di e, dato h): in questo caso, la probabilit che R sia effettivamente riconosciuto dal teste, se veramente era presente nel luogo del delitto. La formula [1] corrisponde alla cosiddetta regola generale della congiunzione: la si trova in ogni trattato di calcolo delle probabilit. La probabilit dei due eventi congiunti pu anche essere scritta in questo modo: Pr(e h) = Pr(e) Pr(h/e) [2]

dove Pr(e) e Pr(h/e) sono, rispettivamente, la probabilit dellevidenza e la probabilit a posteriori dellipotesi h. Poich Pr(h e) = Pr(e h), eguagliando la [1] e la [2] otteniamo questespressione della probabilit a posteriori dellipotesi h: Pr(h) Pr(e/h) Pr(h/e) = Pr(e) [3]

Consideriamo ora che il testimone potrebbe riconoscere il rappresentante R, qualora effettivamente fosse stato presente nella serra, con
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una certa probabilit, poniamo del 70%; ma potrebbe anche riconoscere R pur avendo visto in realt soltanto una persona somigliante. Ammettiamo che questa probabilit sia del 40%: dipende molto dalla persona, dal tempo che trascorso tra il fatto e la testimonianza, dal modo in cui la testimonianza stata raccolta ecc. In altre parole, limpiegata potrebbe dire lho visto sia nei casi cosiddetti veri positivi, qualora R sia stato veramente presente sul luogo del delitto, sia in quelli cosiddetti falsi positivi in cui R, assente, viene dato dalla testimonianza, erroneamente, come presente. La probabilit dellevidenza Pr(e) risulta dunque dalla somma di due contributi: Pr(e) = Pr(e/h) Pr(h) + Pr(e/h) Pr(h) [4]

dove con h si indicata la negazione dellipotesi h. Sostituendo la [4] nella [3] si ha: Pr(h) Pr(e/h) Pr(h/e) = [5] Pr(e/h) Pr(h) + Pr(e/h) Pr(h) La [5] la celebre formula del canonico Thomas Bayes (1702-1772) che ci consente di calcolare una probabilit condizionale Pr(h/e) tramite la sua inversa Pr(e/h), sempre che si sia in grado di assegnare un valore a Pr(e/h) e a Pr(e/h). Torniamo al nostro caso di cronaca. Se vogliamo esprimere un giudizio razionale sullipotesi che il rappresentante fosse effettivamente presente sul luogo del delitto, le parole del linguaggio naturale dovranno cedere il posto ai simboli del calcolo, come voleva Leibniz. In altri termini, dovremo assegnare dei valori ai seguenti parametri: Pr(e/h) Pr(e/h) Pr(h) Pr(h) Lafdabilit della prova, cio della testimonianza dellimpiegata, potrebbe essere determinata mediante una serie di esperimenti. Non
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potendolo fare (in fondo siamo solo dei lettori di giornale, anche se fermamente determinati a pensare razionalmente), prendiamo per buoni i valori sopra ipotizzati: Pr(e/h) = 70%; Pr(e/h) = 40%. Per calcolare la probabilit di colpevolezza a posteriori Pr(h/e), cominciamo con il calcolare, in base ai soli indizi, la probabilit di colpevolezza a priori Pr(h). Chiamiamo p e q, rispettivamente, le caratteristiche che contraddistinguono il probabile assassino: il gruppo sanguigno e il giornale preferito. Apprendiamo dallo stesso articolo di cronaca che il gruppo sanguigno A presenta una frequenza, quindi una probabilit statistica, Pr(p) pari al 47%. Per quanto riguarda il giornale, possiamo immaginare che passi per le mani del 30% dei cittadini: Pr(q) = 30%.20 Se non siamo soddisfatti di questo valore euristico, possiamo recarci in quella citt, fare unindagine a campione e riportare nei calcoli il valore cos trovato. Domandiamoci ora quale sia la probabilit di trovare congiuntamente le caratteristiche p e q nella stessa persona. Non abbiamo ragione di ritenere p e q dipendenti luno dallaltro, perci possiamo applicare la cosiddetta regola speciale della congiunzione: Pr(p q) = Pr(p) Pr(q) Nel nostro caso, Pr(p q) = 0,47 0,30 = 14,1%. A questo punto possiamo calcolare le probabilit che le tracce di caratteristiche p e q siano proprio del rappresentante e che dunque lui sia lassassino (le tracce di sangue sono nelle unghie della vittima). Se N il numero delle persone che possono essere entrate nella serra e lui una di quelle, la probabilit a priori dati quegli indizi che il rappresentante sia lassassino : 1 Pr(h) = N Pr(p q)
20 Le probabilit di essere insieme lettori di quel giornale ed estimatori di Umberto Eco sono ancora inferiori. evidente che la posizione del rappresentante si aggraverebbe, se si potesse dimostrare che possiede lopera omnia di Umberto Eco.

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Evidentemente, tale probabilit tanto maggiore, quanto pi quelle caratteristiche sono rare, cio quanto pi Pr(p q) piccolo; ed tanto minore, quanto maggiore il numero delle persone che possono, a vario titolo, essersi introdotte nellufcio dopo lora di chiusura, o poco prima. Uno di questi proprio il rappresentante, che godeva della ducia della signora. La serra alle porte della citt, isolata, perci possiamo ipotizzare che le persone che avrebbero potuto entrarvi, a unora in cui la signora si sarebbe ben guardata dallaprire al primo venuto, siano una trentina. Questo numero comprende gli stretti conoscenti della signora e alcuni abili scassinatori che sarebbero in grado di forzare la serratura senza lasciare tracce di effrazione. Si ha allora che Pr(h), la probabilit a priori che il rappresentante sia lassassino della signora, Pr(h) = 1/(30 0,141) = 23,6%.21 Naturalmente, le probabilit dellipotesi contraria sono Pr(h) = 76,4%. Disponiamo a questo punto di tutti i dati necessari per calcolare Pr(h/e) secondo la formula di Bayes: Pr(e/h) Pr(e/h) Pr(h) Pr(h) = = = = 70% 40% 23,6% 76,4%

Introducendo questi valori nella [5] si ha: Pr(h/e) =


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35%

La scelta del numero N delle persone alle quali si attribuisce la qualica di casi possibili ed equiprobabili costituisce un aspetto critico di molte questioni simili. Per questa ragione liniziativa di creare una banca dati che descriva le caratteristiche del DNA dei potenziali delinquenti incontra serie obiezioni metodologiche, se utilizzata per circoscrivere il numero N. Infatti, cos facendo, si seleziona una cerchia precostituita di sospetti (coloro che sono stati condannati) e si escludono tutti coloro che avrebbero eguali probabilit di essere indiziati, e che tuttavia non sono stati catalogati in quella banca dati. Si escludono inoltre i parenti dei sospetti, che potrebbero avere lo stesso DNA e non si considera la possibilit di mescolanza di tracce appartenenti a persone diverse. In questesempio abbiamo ipotizzato che la serra si trovi in una cittadina piccola e tranquilla. In una citt pi grande e meno tranquilla le probabilit a carico del rappresentante sarebbero, evidentemente, ancora inferiori.
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Dunque, lassassino della serra non assolutamente identicato con ragionevole certezza, anche se la prova afdabile al 70%. Lanalisi razionale dei dati disponibili ci consente per di affermare che: a. Il rappresentante, dati gli indizi a suo carico, ha una probabilit a priori Pr(h) di essersi recato nella serra pari al 23,6%. b. Il rappresentante, dati gli indizi e le prove a suo carico, ha una probabilit a posteriori Pr(h/e) di essersi trovato nella serra pari al 35%. A questo punto sembra ragionevole approfondire le indagini: per esempio, trovando un movente che, associato agli altri indizi, faccia aumentare il valore di Pr(h), che gura a numeratore della [5]. Se, per esempio, risultasse che la signora aveva manifestato lintenzione di rompere la relazione, bisognerebbe mettere nel conto la probabilit che lamante che sente incombere su di s lo spettro dellabbandono possa diventare un assassino. Si potrebbe anche vericare se il rappresentante un assiduo lettore di Umberto Eco. O, banalmente, si potrebbe ricorrere al test del DNA, al posto di quello del sangue. Se non si riesce ad aumentare il valore di probabilit a priori a favore dellipotesi che il rappresentante si trovasse nella serra, il suo proscioglimento sembra la cosa pi ragionevole. Se invece, si riuscir a dimostrare (eventualmente, anche attraverso una confessione)22 che era presente nella serra, ma egli negasse di essere lassassino, ragionevole chiedere al rappresentante nuovi indizi (che prima aveva taciuto) che lo scagionino, sempre che vi siano. 12.7.2 Laffaire Dreyfus Uno dei primi esempi di analisi probabilistica degli indizi in sede di procedimento giudiziario dato dallaffaire Dreyfus. Com noto, il caso nasce con lintercettazione di un elenco (un border) dinfor22 La stessa confessione, tuttavia, ha un valore di verit probabilistico, soprattutto in certi procedimenti giudiziari, per esempio quelli per terrorismo. Cfr. I. Stewart, The Interrogators Fallacy, in Scientic American, Sept. 1996, pp. 172-175.

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Esempi di analisi dialettica e retorica

mazioni militari indirizzato a un addetto dellambasciata tedesca di Parigi. Il fatto risale al 1894, quando ancora cocente il ricordo delloccupazione tedesca di Parigi. I sospetti si appuntano ben presto su A. Dreyfus, che alsaziano, ebreo, intelligente e solitario. In effetti, la sua graa simile a quella del border, cos affermano due grafologi dilettanti ai quali il documento stato consegnato, per una prima valutazione. In seguito A. Bertillon, direttore del laboratorio di analisi della Prefettura di polizia, riceve lincarico di svolgere una nuova perizia: riconosce che le due grae, quella di Dreyfus e quella del documento, sono dissimili, ma fa lipotesi di autofalsicazione. Dreyfus, in altre parole, avrebbe contraffatto la sua stessa graa ricorrendo a un metodo che Bertillon asser di esser riuscito a scoprire. Il perito fece una ricostruzione della trasformazione di una graa nellaltra genialmente folle (cos ci si espresse, in seguito, quando il caso fu riconsiderato) e ne present i risultati ai giurati su base probabilistica. In base a quella perizia, Dreyfus fu giudicato colpevole, perci venne degradato e inviato nella Guyana, perch scontasse la pena dei lavori forzati. Dodici anni dopo, si ebbe una revisione del processo, con esito favorevole a Dreyfus, grazie anche alla controperizia di J.-H. Poincar, il grande matematico francese. Egli non neg che la graa del border coincidesse straordinariamente con quella di Dreyfus, opportunamente artefatta secondo la procedura ipotizzata da Bertillon, ma critic il metodo con cui il problema era stato affrontato. Di fatto, Bertillon aveva dimostrato la probabilit di certi effetti (quel tipo di graa sul border) come conseguenza di certe cause (la graa vera di Dreyfus + il processo di contraffazione). Invece bisognava dimostrare proprio il contrario, la probabilit che Dreyfus fosse la causa di quella lettera intercettata dal servizio di controspionaggio francese. Come nellesempio del delitto nella serra, il punto che occorre dimostrare Pr(h/e), in base allo schema dinferenza induttiva che abbiamo visto allinizio del capitolo. In questo caso il signicato dei simboli il seguente: h: Il border stato scritto da Dreyfus. e: Lapplicazione del metodo di Bertillon alla graa dei manoscritti autentici di Dreyfus fornisce la graa del border.
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Strumenti per ragionare

Invece Bertillon aveva calcolato Pr(e/h). Si noti, inne, che nel caso di Dreyfus il calcolo di Pr(h/e) avrebbe richiesto la conoscenza della probabilit a priori che Dreyfus avesse scritto il border, ma come afferm Poincar tale probabilit costituita unicamente da elementi morali che sfuggono in maniera assoluta al calcolo. Perch allora i giurati avevano in precedenza condannato Dreyfus? Per molte ragioni, non escluse come affermano gli storici le pressioni derivanti da un certo clima politico allora in auge. Ma a noi interessa rilevare che i giurati decisero anche in buona fede. Rimasero, infatti, strabiliati dalle concordanze tra la graa di Dreyfus autofalsicata e quella del border, cos come le aveva presentate Bertillon. Ma non furono in grado a differenza di Poincar di capire che poteva esserci qualcosa di fondamentalmente sbagliato nel ragionamento di Bertillon. Invece di attenersi al problema posto in questi termini argomentativi: 1. eh 2. e 3. h e di analizzare la forza inferenziale dellargomentazione, i giurati fecero propria la conclusione di un argomento dialettico implicito, basato sul principio di autorit ( 8.8.5): 1. Gli scienziati autorevoli asseriscono ipotesi vere. 2. Bertillon uno scienziato autorevole. 3. Bertillon asserisce unipotesi vera. Se le premesse fossero vere, anche la conclusione sarebbe vera, perch questargomento ricadrebbe nel novero dei 19 sillogismi validi: sillogismo di prima gura in Barbara ( 3.4.1). Infatti, si riconosce facilmente che la premessa 1 un enunciato categorico affermativo universale (A); anche la premessa 2 un enunciato di tipo A, perch nella teoria del sillogismo gli enunciati singolari si traducono come enunciati categorici universali, come abbiamo visto in 3.4. Per questa stessa ragione di tipo A anche la conclusione.
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Ora, il punto di tutta la questione che in un argomento basato sul principio di autorit la premessa 2 pu rivelarsi inopinatamente falsa. Se, con il senno del poi (o anche per convinta insofferenza nei confronti del principio dautorit), noi neghiamo la premessa minore, la conclusione 3 manifestamente falsa. Nelle dispute medievali si diceva proprio cos: nego minorem!. Per la cronaca, conosciamo il nome del vero autore di quellinformativa: un tale M.-C.-F. Esterhazy, ufciale in perenne sofferenza economica e di sentimenti livorosi nei confronti dei francesi (era anchegli francese, ma dorigine ungherese), reo confesso, poi riparato in Inghilterra.

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