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e veneziano, che lo interrompeva continuamente con stupide obiezioni.

Allora il papa gli disse: - Caro mio, eppure dovreste sapere che, quando parla il Dottor Ballanzon, Pantal one tace. (Encyclopdie mthodique)_ 1082. Benedetto XIV era molto affezionato al cardinal Gaetano, che era ammalato di terribili emorroidi. Ogni volta che lo vedeva, il papa gli domandava ridendo: - Ebbene come va il vostro mappamondo? Tra i familiari dell'allegro papa era il medico Lusini, che tra l'altro si picca va di essere un bravissimo geografo e di possedere le pi belle carte geografiche del mondo. Un giorno il papa gli disse se aveva mai visto il mappamondo del card inal Gaetano. Meraviglie del dottore, che non sapeva che il cardinale avesse una rarit come quella che gli diceva il papa. .11 quale allora gli disse che andasse a nome suo dal cardinale, pregandolo di farglielo vedere. Il dottore and difatti dal Gaetano, e lo trov che stava appunto lamentandosi per le sue sofferenze emor roidali. Quando seppe che era il papa che lo mandava a vedere il suo mappamondo, il buon cardinale, senza intendere malizia, esclam: - Come buono con me Sua Santit. E, senza por tempo in mezzo, squadern al Lusini sbigottito il mappamondo che voi sapete e che non era quello che il dottore s'aspettava di ve- ,dere. Immaginate se il Lusini rest male. Non volle sentir pi parlare del cardinale Gaetano. (E. GUE RARD, Dictionnaire d'anecdotes). 1083. Il papa Benedetto XIV raccontava che due gentiluomini suoi ami-,ci erano u n giorno venuti a disputa, l'uno difendendo l'Ariosto contro il Tasso, e l'altro il Tasso contro l'Ariosto. Da una parte all'altra, la discussione si fece -aspr a e vivace. Si dovette fare un duello, e quello che difendeva l'Ariosto ebbe un colpo cos grave che fu portato all'ospedale in fin di vita. Benedetto XIV and atro varlo prima che morisse, e il disgraziato gli disse: - mai possibile, logico, ragionevole, che io muoia nel fiore dell'et, nella piene zza delle mie forze, per difendere l'Ariosto che non ho mai letto, e che se camp assi ancora mille anni certamente non leggerei mai? E mettiamo pure che leggessi quel libro: ebbene giuro che sono cos stupido, che anche leggendolo, non ci capi rei nulla! (GUERARD, Dictionnaire d'anecdotes). 1084. Il cavaliere di Mirabeau, capitano di vascello, domand al pontefice Benedet to XIV il permesso di presentargli i suoi giovani ufficiali. Ma questi, appena a mmessi davanti al Santo Padre, non poterono trattenersi dal ridere per le ridico laggini del cerimoniale. Il capitano ci rimase male, ma il papa bonariamente lo consol: - Capirete, - gli disse - che per quanto papa, non ho tanto potere di proibire a un Francese di ridere: nessuno tenuto all'impossibile. (Encyclopdiana). 1085. Si parlava dei Francesi in presenza del papa Benedetto XIV. I Francesi! - disse il papa - niente di meglio si pu fare di quel che i Francesi fanno bene; e niente di peggio di quel che essi fanno male. (LEON VALLE, La Sarab ande). 1086. Il papa Benedetto XIV vide, durante una benedizione, che uno -solo dei fed eli era restato in piedi, mentre tutti gli altri erano in ginocchio. - Deve essere un Francese - esclam. - Bah! gli perdono in grazia delle libert dell a chiesa gallicana. (Encyclopdiana). 1087. I domenicani avevano eletto a generale del loro ordine una persona diversa da quella che avrebbe desiderato Benedetto XIV. Il papa disse allora, sorridend o, ai cardinali che commentavano aspramente il fatto: - Bisogna pigliarla con filosofia. Non sapete che si disobbedisce sempre a Dio, e qualche volta anche al suo vicario? (PANCKOUCKE). 1088. Quando il Farinello torn dalla Spagna in Italia, raccontava un giorno al pa pa Benedetto XIV i grandi favori e onori che aveva ricevuti col. Il papa lo inter ruppe dicendogli, con allusione alla sua qualit di castrato: - Ho capito, Farinello, tu hai trovato in Spagna quel che avevi perduto qui in Italia. (PANCKOUCKE). 1089. Annunciarono a Benedetto XIV l'esistenza di un anticristo che aveva 'tre o quattro anni. - Sar un bell'affare - disse il papa - per il mio successore! (GUY DE LA BATUT, L

'esprit des grands hommes). 1090. Il papa Benedetto XIV era a Bologna. Ora bisogna sapere che le quaranta fa miglie pi nobili di Bologna, nelle cerimonie ufficiali, aggiungevano a quel tempo ai loro cognomi il titolo di Quaranta per significare che appartenevano alla pr imaria nobilt. Andarono una mattina a complimentare il papa alcuni membri delle f amiglie Orsi e Lupi. E il cerimoniere pontificio annunzi: - Orsi Quaranta, Lupi Quaranta. - Entrino - rispose giovialmente il papa - entrino pure queste ottanta bestie! ( Giornale delle donne, 5 settembre 1887). i 1091. Un giorno, passando per un corridoio, il papa Benedetto XIV, affacciatosi di mattina a una finestra, vide il duca di Choiseul, allora ambasciatore frances e presso la Santa Sede, che, arrivando allora allora in Vaticano, era sceso dall a sua carrozza e, appartato in un angolo del cortile, stava soddisfacendo a un'u rgente necessit. Poco dopo l'ambasciatore fu ammesso alla presenza del papa. - Duca, - gli disse Sua Santit, quando furono soli - la prego di non far pi quella cosa che le ho visto fare, prima di salire da me, nel mio cortile;. perch se lo viene a sapere l'ambasciatore di Spagna, che cos puntiglioso in fatto di prerogat ive della sua nazione, me la vorr fare nella mia stanza da letto. (SCARLATTI, Et ab hic et ab hoc). 1092. Il papa Benedetto XIV, sapendo che il prelato incaricato della pulizia del le strade trascurava spesso il suo compito, si rec un giorno apposta in una delle strade pi sudice di Roma e fece in modo che il cardinale vi venisse a passare. L 'uso della corte pontificia era che, passando avanti al papa, i prelati s'ingino cchiassero a terra, per aspettare la sua benedizione. Quando Benedetto vide il c ardinale inginocchiato in mezzo alle immondizie, ve lo tenne pi di mezz'ora. (Enc yclopdiana). 1093. A Benedetto XIV si present un giorno il confessore di un monastero, a rifer irgli un caso che doveva recargli, secondo lui, grande stupore. - Dite liberamente - disse il papa. - Nel convento, vi sembrer incredibile, c' una monaca che sta per diventar madre. Benedetto rispose, con fine arguzia: - Mi stupirebbe assai di pi se ci accadesse a un frate. (A. PADOVAN, Il libro degl i aneddoti). 1094. Benedetto XIV era impulsivo e collerico, ma essendo buono e giusto e di vi vissima intelligenza, la collera gli passava presto e anzi, dopo passata, egli d iventava pi affabile che mai e pronto a concedere ci che nella collera aveva negat o. Scoperto questo, l'ambasciatore di Francia, il duca di Choiseul, quando volev a qualche cosa ch'era difficile ottenere, cercava di metter in collera il papa. Essendo morto il segretario di Stato e dovendo essere sostituito, il duca di Cho iseul aveva come suo candidato il prelato Archinto, verso il quale il papa era m al disposto. Choiseul una mattina gliene parl con tal insistenza, che il papa div enne furibondo e, preso il duca per un braccio, si alz dalla sua sedia e, indican dola all'ambasciatore, esclam: - Ebbene, fa' tu il papa. Al che Choiseul, sorridendo, rispose: - Mi sembra, Santo Padre, che sar meglio che il papa lo facciate voi, e che io co ntinui a far l'ambasciatore! A ognuno il suo mestiere! A questa risposta cos pronta, il papa scoppi a ridere. (Revue de Paris, 1 luglio 18 99). 1095. Contro Benedetto XIV, che aveva scritto molte opere assai stimate, ma che come papa si mostr di poco valore, Pasquino compose questo epigramma: Vir bonus in folio, in solfo bonus vir. (AMERIGO SCARLATTI, Et ab hic et ab hoc). BENEDETTO XV (Giacomo della Chiesa) nato a Genova il 21 novembre 1854 - morto il 22 febbriaio 1922; eletto papa il 3 settembre 1914. 1096. Quando Benedetto XV fu eletto papa, il suo segretario, monsignor Migone, f u preso da tale commozione che stava per svenire e dovettero soccorrerlo. Benede tto XV, rivolto allora al suo segretario, disse sorridendo:

- Toh, guarda! Come se avessero fatto papa lui! (ZANETTI, Nella Citt del Vaticano ). 1097. Questo papa potrebbe chiamarsi il papa della puntualit. Abituato sin dalla giovinezza a predisporre con la massima precisione l'impiego del tempo, si regol ava sempre al minuto. Quando voleva esprimere la sua benevolenza a uno dei famil iari, gli regalava immancabilmente un orologio. - Tieni - diceva - cos non avrai pi scuse per arrivare in ritardo. (NEGRO, Vaticano minore). 1098. Egli aveva passato ben venti anni in Vaticano: luoghi e persone non avevan o dunque segreti per lui. Un giorno, ricevendo un prelato della segreteria di St ato che gli doveva parlare di un certo affare, si sent dire che non era stato pos sibile trovare la vecchia pratica. Il papa scosse il capo con compatimento. - Guardate - disse - nel tale scaffale dell'archivio, dentro una busta cos e cos, e la troverete. fu infatti trovata. (NEGRO, Vaticano minore). 1099. In giardino si fermava spesso a parlare coi giardinieri e con gli altri fa miliari. A un certo punto tirava fuori una moneta d'oro e si divertiva molto a v edere sui volti di quella povera gente tante e diverse espressioni di desiderio. Poi faceva volare la moneta in alto per veder chi fosse il pi svelto a pigliarla. E chi la pigliava poteva tenersela in premio. Spesso il pi destro no n era anche il pi meritevole, e allora il papa ne gettava in aria un'altra, cerca ndo di favorire colui a cui voleva che fosse destinata. Ma, se neanche cos ci arr ivava, il papa finiva per mettergliene una in mano, dandogli del babbeo. (NEGRO,, Vaticano minore). 1100. Un curato dell'Appennino bolognese gli port un giorno in omaggio un aquilot to e, presentando il dono, fece un drammatico racconto delle fatiche durate per individuare il nido e della lotta che aveva dovuto sostenere contro l'aquila mad re che era accorsa a difesa del figlio. Alla fine aveva potuto, sebbene graffiat o, uccidere l'aquila e portar via il figlio. - L'ho catturato - disse - a rischio della vita. - E non avete fatto certo una bella cosa - rispose il papa. - Accetto l'intenzio ne, ma la vostra brutta caccia mi ha procurato molto dispiacere. Fece allevare l'aquilotto e, quando fu adulto, gli fece ridare la libert. (NEGRO, , Vaticano minore). 1101. Non ostante che fosse genovese, non aveva affatto la proverbiale tendenza al risparmio di quella popolazione. Anzi alle volte spendeva persin troppo gener osamente. Volendo disporre subito di alcuni locali che il suo predecessore aveva assegnati alle suore, fece chiamare la madre superiora e le disse di averne bis ogno e che perci le suore avrebbero dovuto lasciarli subito. La suora fece osserv are rispettosamente che, per ridurre quei locali allo scopo cui erano destinati, le suore avevano speso una somma piuttosto vistosa. - E quanto propriamente? - Quattrocentocinquantamila lire. Il papa, aprendo il cassetto della scrivania, esclam: - E che credete? Che io non li abbia? E cav dal cassetto un pacco di biglietti da mille. - Eccovene cinquecento per voi; ma i locali siano liberi alla fine del mese. (ZA NETTI, Nella Citt del Vaticano). 1102. Una volta, ricevendo il procuratore dei Salesiani, don Tomasetti, e senten do che anche il direttore dei Salesiani di Gerusalemme, arrivato allora a Roma c ol progetto di un nuovo orfanotrofio, aveva chiesto udienza, disse: - Vieni per soldi, eh? Ma non ne ho, non ne ho. Il Tomasetti rispose che veniva solo per la benedizione; e poi avvert il confrate llo che si guardasse bene dal parlar al papa dell'orfanotrofio. Il giorno dell'u dienza, costui mantenne la parola e si tenne sempre sulle generali, parlando di Gerusalemme e di tante altre iniziative gi effettuate, ma non mai dell'orfanotrof io. Poi, chiesta la benedizione al papa, chiese congedo. Il papa si alz anche lui per accompagnarlo e, lungo la strada, gli domand a un tratto: - Ebbene questo orfanotrofio lo facciamo, s o no? Ma voi gi fate sempre delle spes e pazze. Chi sa che preventivo avrete preparato!

- Oh, Santit, non supera le centomila lire! - Allora vogliamo contribuire anche noi. E, tornato allo scrittoio, firm un assegno di centomila lire e lo consegn al visit atore. (NEGRO,, Vaticano minore). 1103. Oltre lo zelo cristiano della beneficenza, Benedetto XV aveva il gusto int imo della liberalit. Un nuovo maestro di casa, presentandogli il suo bilancio, fe ce notare che, in un solo mese, aveva economizzato trentamila lire. Il papa si mostr colpito di quello zelo e volle vedere come avesse fatto a fare q uella strabiliante economia. Si accorse allora che il beneficio derivava semplic emente da diminuzioni di stipendi e di compensi tradizionali, attuate dal nuovo funzionario. - Troppo comodo! - esclam il papa. - Rimettete tutto come stava prima. (NEGRO,, V aticano minore). 1104. Non ostante la sua predilezione per Bologna, non si dimenticava mai per d'e ssere Genovese e anzi ne dimostrava una legittima fierezza. Un giorno, al tempo in cui veniva aspramente criticata la sua nota alle potenze in guerra, scorrendo un giornale, fece notare a un prelato che gli stava vicino un periodo che cominciava: L'astuto genovese.... - Che inutile pleonasmo! - disse il papa, con compatimento, gettando via il gior nale. (NEGRO,, Vaticano minore). 1105. Il papa aveva una speciale benevolenza per una povera famigliuola di orfan i e, sapendo che essa era stata sfrattata dal padrone di casa, pens di trovare pe r essa un modesto alloggio in Vaticano. C'era infatti una casetta vuota in via d ella Zecca; e il papa diede gli ordini opportuni perch questa fosse sgombrata e a ssegnata ai suoi protetti. Ma, per le meticolosit della burocrazia papale, le cos e andavano per le lunghe. Qualche tempo dopo, la sorella del papa domand a un gio vane di quella famiglia se a casa nuova si trovasse bene, e seppe cos, con sua gr an meraviglia, che la casa non era stata ancora assegnata. Sdegnata, ne parl al p apa. - La volont del papa - gli disse - conta dunque cos poco? - Ma tu credi davvero che io sia padrone in Vaticano? - le rispose sorridendo il papa. - Certo, basta che tu voglia. - Bene, questa volta vorr. Fece sapere che entro ventiquattro ore la casa doveva essere sgombrata, e i buro crati del Vaticano si precipitarono a far eseguire l'ordine. (NEGRO,, Vaticano m inore). 1106. Un giovane del personale addetto all'appartamento papale fu mandato un'est ate dal papa, per due mesi, a Pegli, nel palazzo che vi hanno i Della Chiesa. Al ritorno, il papa domand al giovane se avesse fatto i bagni. - Pochi, Padre Santo, - rispose il giovane - perch non avevo compagni e poi il ma re a me non piace troppo! - Sciagurato! - esclam il papa, drizzandosi sull'esile persona a sentire una simi le eresia. - E pensare che, se ci fossi potuto essere io... (NEGRO,, Vaticano mi nore). 1107. I pompieri del Vaticano desideravano di avere una fotografia di lui con au tografo, e una volta che il papa era stato a trovarli nella loro caserma, s'ingi nocchiarono a chiedergliela. Egli li accontent e sotto la fotografia scrisse: Alle fedeli guardie del fuoco del Vaticano, con l'augurio che non debbano mai spegne re nessun incendio, perch il papa sa fin d'ora di qual valore darebbero eventualm ente prova. Chi legge questa dedica si mette a ridere, perch l'interpretazione pu e ssere ambigua. (NEGRO,, Vaticano minore). 1108. Nelle sue passeggiate aveva notato che, nel giardino, c'era una imponente piantagione di Cavolfiori, erbaggio che gli piaceva, ma che non compariva mai al la sua mensa. Un giorno si ferm pertanto a guardarli e si accorse che ce n'era un centinaio almeno di maturi. Il giorno dopo torn contarli: i cavoli maturi erano tutti spariti. Ne chiese allora notizia e venne cos a sape re che si portavano tutti in casa di un funzionario del Vaticano. Benedetto lo f ece chiamare. - Avete una numerosa famiglia, voi? - gli domand.

- Oh, no, ho solo la moglie, Padre Santo! , rispose il funzionario. - E allora sapete dirmi, benedetto uomo, come fate a mangiare in una giornata so la pi di cento cavolfiori? (NEGRO,, Vaticano minore). 1109. Il papa aveva ricevuto in udienza un alto personaggio, ma desiderava che n on si sapesse. Invece la notizia trapel e, fatta un'inchiesta, si appur che essa e ra stata diffusa da un cameriere segreto (che un nobile) il quale quel giorno er a di servizio. Fatto chiamare il colpevole, Benedetto XV gli fece una lunga pate rnale e, nel congedarlo, gli disse: - Ricordatevi che un cameriere segreto che non sappia mantenere il segreto riman e semplicemente un cameriere. (ZANETTI, Nella Citt del Vaticano). 1110. Riunendo un giorno intorno a se i professori e gli alunni della Schola can torum pontificia, da lui riccamente dotata, e incoraggiando i giovani a studiare , disse: - Nessuno meglio di me in grado di apprezzare questi corsi, perch, se vi fossero stati quando io ero chierico, non stonerei, cantando, come stono oggi. Finita l'udienza, il padre De Santi, uno dei pi illustri restauratori della music a sacra, disse ai professori della scuola: - Non ho voluto dargli una delusione; ma, con l'orecchio musicale che ha, non c' era scuola di canto che bastasse! Avrebbe sempre stonato allo stesso modo. (ZANE TTI, Nella Citt del Vaticano). BENELLI Sem nato a Prato nel 1877, morto a Zoagli nel 1949; uno dei nostri maggiori poeti dr ammatici. 1111. Suo padre era orefice e aveva una botteguzza a Firenze sul Ponte Vecchio. La sera toccava a lui, Sem, fanciullo di pochi anni, ritirare dalle mostre le ba cheche sfolgoranti di topazi, granate, ametiste, rubini e lapislazzuli. L'incari co gli piaceva molto e l'adempiva con lo zelo di un rito. Ricordando quegli anni lontani dell'infanzia, diceva: - Io m'incantavo a guardare tutte quelle gemme, non gi pensando al loro valore, di cui ero assolutamente ignaro, ma commosso del loro scintillio cromatico gaio come una festa. Fu forse proprio questo scintillio a darmi la la prima spinta ve rso il mondo della bellezza e della poesia, che anch'essa luce e colore. E quand o, pi tardi, non ebbi pi gemme a mia disposizione per sognare, le sostituii con i fiori che sono poi le gemme vive che Dio ci ha dato. (F. PALAllI, Sem Benelli). 1112. Qualche giorno dopo lo strepitoso successo della Cena delle beffe, il Bene lli, da povero divenuto improvvisamente ricco, e da ignoto celebre, volle festeg giare il suo trionfo comprandosi un paio di scarpe nuove. Entr, a tal fine, in un negozio di lusso. Dopo essersi provate le scarpe e averle pagate, preg la commes sa di mandargli le scarpe all'albergo. E, nel momento di darle il suo nome, pens: Ora, sentendo il mio nome, chi sa come rester confusa!; e pregustava gi la gioia di quella lusinghiera confusione. Ma, appena ebbe detto il suo nome; la signorina domand: - Scusi, ma Sembenelli si scrive in una parola o in due parole staccate? Oh, la gloria! (Il lavoro, 14 ottobre 1934). 1113. Quanta gente lo credeva superbo, orgoglioso, pieno di s! Chi gli fu vicino, sa che invece era semplice e ingenuo come un fanciullo. Una volta che a Milano aveva avuto non so che trattamento sgarbato, nel lamentarsene concluse: - Sai che ? Io vado a stabilirmi definitivamente a Zoagli. Almeno l tutti mi conos cono. - In quanto a questo - gli osserv scherzosamente l'amico col quale si era confida to - potresti stabilirti anche a Tokio, perch anche laggi ti conoscono tutti. Infatti la Cena delle beffe era stata tradotta e rappresentata anche in Giappone (F. PALAllI. Sem Benelli). 1114. Aveva della poesia Palt concetto e il rispetto che i poeti e gli artisti de l passato, e solo essi, ebbero a volte per la loro arte. Credo che avrebbe volut o anche lui, come Teofilo Gautier, scrivere di poesia agghindato, con i manichin i e il collarino di pizzo, come un cavaliere del Settecento si presentava dinanz i alle regine, o come il pittore Reni che non dipingeva se non magnificamente ve stito come un principe. Un amico gli domand un giorno perch mai invece di farsi co struire una villetta graziosa e funzionale, si era fatto elevare un fastoso cast

ello con un numero interminabile di stanze, ma senza alcuna comodit e persino con feritoie invece di finestre. Rispose: - Perch per me il poeta un principe e come principe deve avere un castello. Bisog na difendere il prestigio della poesia. Tuttavia, siccome Benelli aveva le mani bucate, i lauti guadagni della Cena dell e beffe e delle altre tragedie andarono in fumo: il castello si dovette vendere e gli ultimi anni del poeta furono rattristati da una maldissimulata povert. La p assione dei castelli anche allora non gli era passata. Un giorno del 1947, due a nni prima che morisse, confidandosi con un amico gli disse che aveva trovato un castello bellissimo, il cui padrone, poich non trovava a venderlo in quanto si di ceva che fosse abitato dagli spiriti e vi si sentivano infatti strani rumori la notte, lo avrebbe dato per soli due milioni: un vero affare. E ne parlava con gr ande entusiasmo. Avrebbe dato chi sa che cosa per poterlo fare suo, a cancello c hiuso, con dentro gli spiriti e tutto. - E compralo allora - gli disse l'amico. - Certo. Ma il male che i due milioni dove li piglio? (F. PALAllI, Sem Benelli). 1115. Un giorno si trovava a Milano, con un amico al caff Cova, che era allora in Piazza della Scala. Mentre sorbivano un gelato e chiacchieravano amichevolmente , entr abusivamente nell'elegante ritrovo un mendicante tutto stracciato. Sem, lo not subito e, rivolto all'amico, gli disse: - Vedi quel mendicante? Tra qualche anno tu sarai qui al Cova con qualche tuo am ico e a un tratto mi vedrai entrare qui conciato come quel povero uomo: andr mend icando anche io. Oppure forse mi vedrai fermarmi qui fuori al volante di una lus suosa automobile americana, tutto vestito di bianco. Per me, purtroppo, non ci s ono altre alternative: non posso uscire da questo dilemma. (F. PALAllI. Sem Bene lli). 1116. Pranzava un giorno con un amico in una trattoria romana. Aveva ordinato un abbacchio e lo mangiava di gusto. Ma un tratto l'amico not un improvviso velo di tristezza passare nei suoi occhi, e interrotto il discorso importante che stava facendo, tacque a lungo. Quando riprese a parlare, disse, commosso: - E pensare che a queste bestiuole, ci voglio tanto bene io! Alludeva all'agnellino prematuramente assassinato per ridurlo ad abbacchio. Ed e ra vero. Amava francescamente tutte le creature, specialmente le bestiuole mansu ete e le piante. (F. PALAllI. Sem Benelli.) BENINI Ferruccio nato nel 1854 - morto nel 1916; celebre attore comico in dialetto veneziano. 1117. Figlio di un attore, cominci a bazzicare il palcoscenico sin da bambino e a dodici anni, anzi, ottenne un gran successo. In occasione dell'entrata solenne di Vittorio Emanuele II a Venezia, nel 1866, fu data una serata di gala al teatr o e si rappresent il Medico condotto, una commedia del Castelvecchio. Vi recitava il piccolo Benini, e per la circostanza alla sua parte era stata aggiunta una f rase di contenuto altamente politico. Un tale doveva domandare al bambino alcunc h, e il bambino doveva rispondere come infatti rispose: - Roma deve essere la capitale d'Italia! Figuratevi che tempesta di applausi scoppi a questo punto tra il pubblico! Il pic colo Benini si mise allora a ringraziare il pubblico con un'infinit di riverenze modeste, che provocarono le pi strepitose risate. Ma guardate come sono precoci l e gelosie artistiche! Un altro ragazzetto della Compagnia, che divenne poi un ce lebrato brillante, gli amareggi il trionfo, tentando di persuaderlo che quegli ap plausi non erano diretti a lui, ma a Roma capitale d'Italia! (Lettura, gennaio 1 903). 1118. Il celebre attore Ferruccio Benini aveva una serva che si struggeva dal de siderio di sentir recitare il suo padrone. Una sera finalmente essa fu accontent ata. Tornata a casa, le amiche le domandarono il suo parere. - Io - rispose la serva - non ci trovo niente di straordinario: tal e quale come in casa! (Corriere della Sera, aprile 1914). BENNET (James Gordon) nato nel Banffshire in Scozia nel 1795 - morto a New York nel 1872; famoso giorn alista americano, fondatore del New York Herald. 1119. Lo scozzese Gordon Bennet si trov un bel giorno in cerca di fortuna per le

vie di Nuova York. Fiutando il vento e avendo buon naso, fond un giornale di un g enere nuovo, il New York Herald. Il giornaletto era allora poco pi grande di un p almo di mano, ma con esso si ficc audacemente per tutto. I risultati furono stran issimi. Siccome il nuovo giornale non aveva peli sulla lingua e diceva a ognuno il fatto suo, Gordon Bennet fu pi volte preso a frustate dalle alte personalit che i suoi articoli disturbavano. E l'imperterrito direttore ne dava ogni volta not izia nel suo giornale per il maggior interessamento dei lettori. Parecchie volte l'articolo di fondo del giornale port come titolo: E ancora frustate! Erano le fru state che aveva avute il direttore.. (The Nineteenth Century, luglio 1892). 1120. Come fabbricatore di notizie sbalorditive, il New York Herald non aveva ri vali; n si peritava di burlare apertamente i propri lettori. Una volta il giornal e usc con tre o quattro colonne di caratteri minuti che contenevano una magistral e descrizione delle scene succedute in seguito alla fuga degli animali feroci da l serraglio del Parco Centrale; se non che in fondo appariva un solitario paragr afo in cui si leggeva: Quanto scritto qui sopra una fedele descrizione di ci che a vrebbe potuto accadere, se le gabbie del serraglio non fossero custodite come so no con tanta cura. (The Nineteenth Century, luglio 1892). 1121. Ci che frutt pi popolarit e interesse al giornale di Gordon Bennet fu la spedi zione di Stanley in Africa, che egli organizz. Stanley si era gi fatto conoscere f avorevolmente nella guerra di Secessione e nella campagna d'Abissinia. Una matti na, Bennett lo and a trovare. Stanley era ancora a letto, come era solito fare si no a mezzogiorno. - Stanley, - gli disse - mi occorre che andiate in Africa in cerca di Livingston e. - Sta bene. - E quando potete partire? - Anche subito. - Benissimo. Vi do carta bianca per le spese. Buon viaggio. Stanley si volt dall'altra parte per riprendere il sonno interrotto, e il resto t utto il mondo lo sa. (The Nineteenth Century, luglio 1892). BENOIST Carlo uomo di Stato francese, giornalista, nato nel 1861. 1122. Benoist esprimeva il suo parere sulla censura: Essa sarebbe sopportabile, s e non ci fossero i censori. E' vero che i giornali sarebbero a loro volta pi sopp ortabili per i censori, se non ci fossero i giornalisti.... (GUY DE LA BATUT, L'e sprit des grands hommes). BENOIT Pietro nato nel 1886; romanziere, autore del famoso romanzo L'Atlantide, Accademico di Fr ancia. 1123. Pierre Benoit si lamenta un giorno con Paolo Bourget delle ingiurie che co ntro di lui stampavano molti giornali. Paolo Bourget lo consol con queste parole: - Amico mio, io mi sono sentito celebre soltanto quando ho smesso di leggere i g iornali. (L. TREICH, Almanac des lettres, 1924). BENSERADE ISACCO nato nel 1691, poeta francese, autore di tragedie. 1124. Isacco Benserade era sin da ragazzo vivace e spiritoso nelle sue* risposte . A soli otto anni, quando si cresim, il vescovo gli domand se voleva cambiare il suo nome Isacco, che sapeva di ebreo, con uno pi cristiano. - Non ho niente in contrario - rispose il bambino; - pur che mi si dia qualcosa in compenso. Il vescovo non potette trattenere un sorriso, -ed esclam. - Lasciamogli stare il suo nome, se lo merita; vedrete che egli lo render certame nte illustre un giorno. (PACKOUCKE). 1125. Si discorreva una -volta del Diluvio e di altri castighi di Dio al genere umano. Il poeta Benserade disse: - Il Diluvio! Oh, come mi piace! Fu una bella lavata di testa che Dio diede alla sua immagine e somiglianza! (E. COLOMBEY, Ruelles, salons, etc.). .,, 1126. Benserade diceva di una donna che amaGSPLIT:uPalazzi-Zanichelli 1.txtArchivi o GSplit&{5F9160D1-68ED-4692-9DC5-DA0556BA26AC}sm [

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