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Caterina Cangi

Lingue altre
Conoscerle e coltivarle
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Capitolo primo

Le origini del linguaggio, della cultura e delle lingue

Da dove veniamo? possibile tracciare retrospettivamente la linea ininterrotta del tempo che lega tutti gli uomini alla forma di vita primitiva? vero che solo i fossili sono i testimoni silenziosi degli eventi accaduti centinaia di milioni di anni fa? Perch affascinante percorrere il tempo a ritroso tentando di costruire la storia della vita sul pianeta Terra e, con la storia della vita, la storia della comunicazione, del linguaggio, della cultura e delle lingue? La socializzazione un prolungamento dellevoluzione? possibile che la teoria evolutiva si apra al Trascendente? A queste e ad altre domande del genere cerca di rispondere il capitolo: Le origini del linguaggio, della cultura e delle lingue, che lascia molte questioni aperte perch ogni scoperta paleontologica fa nascere dibattiti nel campo scientifico e nel campo filosofico-teologico mettendo in luce incertezze e forgiando nuove teorie. Obiettivo del capitolo far percepire, nel viaggio a ritroso verso la storia delluomo e del peculiare dono del linguaggio, il fascino e lo stupore per la comunicazione, matrice del linguaggio, della cultura e di ogni lingua. alla paleoantropologia scienza che studia i resti fossili dei tipi umani ormai estinti che dobbiamo le conoscenze circa lo sviluppo delluomo:
punto di arrivo di una serie di modificazioni avvenute su un ramo del tronco dei Primati e, nello stesso tempo, un punto di partenza per un nuovo corso evolutivo, soprattutto in forza di ci che caratterizza e distingue luomo da ogni altro vivente: la cultura (Facchini, 2006, p. 8).

Capitolo primo - Le origini del linguaggio, della cultura e delle lingue

Il termine ha origine greca (dal greco i, pales o vecchio, antico, , forma del verbo essere, che , e , lgos con il significato di verbo, parola, pensiero, discorso, perci: discorso sulluomo del passato) e designa quellinsieme di studi che si interessa di tre grandi ambiti: 1) del momento in cui la famiglia degli Ominidi ha iniziato a distinguersi dai non Ominidi; 2) dellevoluzione degli Ominidi; 3) della comparsa dei tratti anatomici caratteristici dellessere umano moderno. Per approfondire questi ambiti di ricerca la paleoantropologia si avvale anche delle scoperte che vengono fatte in altre discipline quali larcheologia, la paleobotanica, la paleontologia, la paleodemografia e la paleoecologia fra le principali. Ognuna di queste meriterebbe un approfondimento.

1. Il percorso evolutivo che ha portato a Homo sapiens sapiens


Il percorso dellumanit che ha portato alle numerosissime produzioni linguistiche e culturali che oggi conosciamo ricco di sorprese. La preparazione dellambiente fisico che avrebbe ospitato, molto tempo dopo, luomo, inizia almeno 17-20 milioni di anni fa, con il ponte che si stabilisce tra Africa e Asia in corrispondenza dellArabia con la formazione della valle del Rift1 africano, ovvero di quella grande spaccatura longitudinale che si formata nelle regioni orientali collegandosi a una precedente spaccatura in senso Ovest-Est nel golfo di Aden. Qual stata la conseguenza di questi fenomeni? Lo scivolamento della cosiddetta piattaforma afro-arabica verso il continente eurasiatico con la felice conseguenza della formazione di un ponte di terra che ha consentito il passaggio di fauna dallAfrica allEurasia (Facchini, 2008).

1 La Rift Valley o Great Rift Valley o Grande Fossa Tettonica una vasta formazione geografica e geologica che si estende per circa 6.400 km in direzione Nord-Sud della circonferenza terrestre, dal nord della Siria (Sud-Ovest dellAsia) al centro del Mozambico (est dellAfrica). La valle varia in larghezza dai 30 ai 100 km e in profondit da qualche centinaio a migliaia di metri.

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Il percorso evolutivo che ha portato a Homo sapiens sapiens

La seconda tappa di questa lontana preparazione dellambiente fisico, che avrebbe ospitato forme primitive di Homo, risale a 6-7 milioni di anni fa. In quellepoca, lambiente africano a ovest della valle del Rift era forestale mentre a est era aperto, di savana o prateria, a motivo delle minori precipitazioni (Coppens, 1988)2. Cos, mentre a ovest lambiente forestale ha favorito levoluzione delle Antropomorfe che si potevano spostare per brachiazione nelle foreste, a est lambiente aperto stato favorevole al bipedismo, modalit di locomozione degli Ominidi. Le condizioni per la comparsa del genere Homo sembrano dunque presenti. I mutamenti geologici avvenuti in questa zona, infatti, potrebbero aver determinato una divisione geografica tra Ominidi e Panidi, per cui i resti dei secondi si trovano solo a ovest della spaccatura, mentre i primi si riscontrano a est della stessa. Sarebbe avvenuta, cio, una speciazione geografica: se i Panidi hanno visto il loro habitat mantenersi inalterato, per gli Ominidi larea di sopravvivenza muta repentinamente lasciando il posto alle aperte distese della savana (Facchini, 2008; Wood3, 2005; Coppens, 1988).

1.1. Gli Ominoidei vicini alla divergenza tra la linea delle Antropomorfe e degli Ominidi
Sahelanthropus, Orrorin tugenensis e Ardipithecus kadabba sono gli Ominoidei pi vicini alla divergenza tra la linea che ha portato alle Antropomorfe e quella degli Ominidi. I primi e i secondi risalgono a 6-7 milioni di anni fa mentre i terzi risalgono a 6 milioni di anni fa. A questo riguardo, non tutti gli autori sono dello stesso parere perch, mentre Facchini (2008) fa risalire Sahelanthropus e Orrorin tra

2 Si riporta lanno delledizione italiana consultata, in quanto una raccolta di tre articoli dellAutore: Le cerveau des hommes fossiles; Hominods et hommes; volution de lhomme. Tali contributi sono stati pubblicati in Comptes rendus de lAcadmie des Sciences rispettivamente negli anni 1981; 1984; 1986 (cfr. bibliografia). 3 Si riporta lanno delledizione italiana consultata, in quanto non vengono riportati allinterno del testo consultato n il titolo n lanno di pubblicazione delledizione originale (cfr. bibliografia).

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i 6 e i 7 milioni di anni fa, Wood (2005) colloca Orrorin a 6 milioni di anni fa e Ardipithecus kadabba tra i 4 e i 4,5 milioni di anni fa e colloca Ardipithecus ramidus nel gruppo facendolo risalire tra i 4 e i 4,5 milioni di anni fa. Infatti le controversie sullappartenenza dei reperti trovati agli Ominoidei vicini alla divergenza sono molteplici poich alcuni studiosi rintracciano nelle ossa le similitudini, mentre altri sottolineano le differenze. A partire dalle scoperte effettuate nel decennio 2000-2010 sembra, per, che tra i quattro contendenti, quelli che pi probabilmente appartengono al clade degli Ominoidei siano Sahelanthropus e Ardipithecus ramidus (Wood, 2005). Anche se gli studi effettuati su questi resti fossili hanno messo in luce caratteristiche anatomiche e comportamentali che legano Ardipithecus molto pi ai primati non umani che al genere Homo, emerge comunque una continuit filogenetica che rende questo Ominide un nostro diretto antenato. In particolare, Ardipithecus ramidus stato oggetto di molte attenzioni dovute a un ritrovamento avvenuto nel 2009. A questa specie appartiene uno scheletro femminile scoperto nel 2009, ribattezzato Ardi, di cui stata data notizia nel numero speciale del 2 ottobre della rivista Science che propone undici articoli sul ritrovamento. Ardi, alta 120 cm e con un peso di circa 50 Kg, una nostra progenitrice onnivora che si arrampicava sugli alberi, ma che aveva soprattutto gi conquistato la stazione eretta, uno dei primi grandi cambiamenti che hanno determinato levoluzione che ha portato a Homo.

1.2. Le forme australopitecine


Australopithecus afarensis camminava, come Ardipithecus ramidus, in posizione eretta: lo sappiamo grazie al ritrovamento a Hadar, nella regione etiope di Afar, lungo la formazione geologica che si estende per circa 6.400 Km la citata Rift Valley o Valle del Rift , di alcuni resti fossili di individui appartenenti a questa specie. Particolarmente nota la vicenda che ha portato al ritrovamento dello scheletro di Lucy, esemplare adulto di donna che calpestava questa parte del suolo africano pi o meno 3 milioni di anni fa. Alla fine del novembre del 1974, Donald Johanson, Yves Coppens, Maurice Taieb e Tom Gray hanno fatto tor-

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Il percorso evolutivo che ha portato a Homo sapiens sapiens

nare alla luce la struttura ossea di questo Ominide, completa per il 40%. Dallanalisi delle proporzioni corporee, ovvero della lunghezza degli arti e del tronco, emerge che questa nostra antenata era bipede, ma che aveva anche la possibilit di arrampicarsi sugli alberi con facilit (Facchini, 2008, 2006; Johanson - Edey, 1981). Hanno confermato questo dato anche le scoperte successive, tra cui spicca quella iniziata nel 2000 e portata avanti per alcuni anni e poi divulgata nel settembre 2006 sulla rivista Nature, che ha portato al ritrovamento di Selam, dallaramaico pace, che alla sua morte aveva soli tre anni. lo scheletro infantile pi antico finora ritrovato. Selam stata erroneamente ribattezzata la figlia di Lucy, ma le sue ossa rivelano che, in realt, vissuta ben prima della sua madre adottiva, in un periodo che risale a 3,3 milioni di anni fa (Alemseged et al., 2006). Gli Australopiteci sono vissuti per un lungo arco di tempo nella savana africana e si sono portati sia a ovest sia nellAfrica del Sud, ma si sono estinti intorno a 1,5 milioni di anni fa, periodo in cui si sono affermate le forme del genere Homo abilis, Homo rudolfensis e Homo ergaster. Resta comunque da dire con Facchini (2008) che le Australopitecine sono paragonabili ai rami di un cespuglio con difficili connessioni da stabilire per almeno due motivi: il primo costituito dalla frammentariet dei reperti e il secondo dalla collocazione degli stessi in un arco di tempo di almeno 4 milioni di anni.

1.3. Il genere Homo


Altra grande tappa nel percorso evolutivo che ha portato alla comparsa delluomo come lo conosciamo oggi, ovvero Homo sapiens sapiens, rappresentata da Homo habilis, da Homo erectus e da Homo sapiens. Va detto, con Facchini (2008), che la successione nel tempo solo a grandi linee perch si notano differenze nei tre raggruppamenti nei diversi continenti che fanno supporre intersezioni e sovrapposizioni e va anche chiarito, sempre secondo lAutore citato, che indispensabile molta cautela nelluso della nomenclatura tassonomica perch le differenze che si osservano nel tempo potrebbero corrispondere pi a variazio-

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ni morfologiche o di grado che a vere specie (Facchini, 2008, p. 31). Reperti di Homo abilis sono stati ritrovati nel 1963 a Olduvai, nella pianura di Serengeti, nel nord della Tanzania, insieme a ciottoli taglienti (choppers) realizzati mediante lasportazione di alcune schegge da poliedri, pezzi sferoidali e schegge ritoccate da un lato o da entrambi i lati Leakey - Tobias - Napier, 1964). Questa specie, vissuta pi o meno fra 1,4 e 2 milioni di anni fa, poteva avere una vita sociale gi strutturata, con gruppi formati da quindici-venti individui che vivevano in luoghi fissi per alcuni mesi prima di spostarsi. Erano forse gi in grado di costruirsi dei piccoli ripari e, probabilmente, cera gi una differenziazione nelle attivit svolte da uomini e donne: i primi probabilmente cacciavano, le seconde erano pi dedite alla raccolta di piante e frutta (Facchini, 2008, 2006; Coppens4, 1988). Homo ergaster la forma pi antica di erectus in Africa. Resti di ergaster sono stati scoperti nel Kenya settentrionale e risalgono a circa 2 milioni di anni fa. Non tutti gli studiosi concordano nellaffermare che appartengano a questa specie e li ritengono piuttosto riconducibili a una forma arcaica di Homo erectus. La struttura anatomica di ergaster, con mandibola, mascella e denti pi piccoli rispetto al corpo, in confronto fa pensare che seguisse una dieta diversa oppure che fosse in grado di ammorbidire il cibo con luso del fuoco. Non vi la certezza che fosse in grado di accenderlo da solo, probabilmente aveva imparato a sfruttare le occasioni in cui esso si generava naturalmente. probabile che alcuni adulti continuassero ancora ad arrampicarsi sugli alberi per raccogliere la frutta, ma plausibile ritenere che ergaster avesse uno stile di vita legato al suolo, avendo gambe troppo lunghe e braccia troppo corte per spostarsi agevolmente utilizzando i rami degli alberi (Wood, 2005). vissuto tra 1,3 e 1,8 milioni di anni fa, invece, erectus il cui primo ritrovamento avvenuto nel 1891, nellisola di Giava, per opera di Eugne Dubois (de Lumley5, 1985). Sembra che egli abbia sostanzialmente

Cfr. nota 2. Si riporta lanno delledizione italiana consultata, in quanto non viene riportato, nella seconda di copertina, lanno di pubblicazione delledizione originale (cfr. bibliografia).
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Il percorso evolutivo che ha portato a Homo sapiens sapiens

mantenuto le abitudini di vita gi riscontrate in Homo abilis e che la sua esistenza fosse di tipo nomade: la necessit di sfamare i gruppi, formati da un numero discreto dindividui, richiedeva di seguire gli spostamenti delle prede o di cercare regioni di caccia in cui non ci fosse troppa competizione. Homo erectus ha iniziato a colonizzare il mondo anche al di fuori dellAfrica. Sono stati ritrovati i suoi resti in numerosi siti sia dellEuropa che dellAsia (Facchini, 2008). Il volume della cavit cranica di erectus varia da circa 730 cm3 fino a 1.250 cm3 e lHomo doveva essere dotato di una buona abilit manuale, data la capacit di costruire asce (Wood, 2005). Infatti andrebbe analizzata la presenza di erectus in Asia, in Africa e in Europa (Facchini, 2008, pp. 34-44). Homo heidelbergensis prende il nome da Heidelberg, in Germania, luogo di ritrovamento, nel 1908, di una mandibola appartenente a fossili umani presenti sulla Terra da pi o meno 600 mila anni. Altri fossili sono stati rinvenuti in Africa e gli studiosi sono riusciti a stabilire che lOminide dovesse avere un volume cranico che si aggirava intorno ai 1200 cm3 (Wood, 2005). Tra 30 mila e 100 mila anni fa (Wood, 2005) o 35.000 e 13.000 secondo Facchini (2008) compare Homo neanderthalensis, i cui resti sono stati ritrovati nel 1856 da Johann Fuhlrott (Johanson - Edey, 1981) nella valle di Neander, in Germania. Luomo di Neanderthal sembra comparire in Europa a partire da forme di vita umana precedenti (Homo sapiens arcaico). La sua capacit cranica oscilla tra i 1.300 cm3 e i 1.625 cm3, ha la fronte sfuggente e presenta una fusione completa delle arcate sopracciliari e sopraorbitarie (Facchini, 2008, 2006). Il motivo per cui sono arrivati fino a noi molteplici fossili appartenenti a questa specie che era diffusa allinterno della societ dei neanderthalensis la pratica di seppellire i morti e di celebrare riti funerari. Sia Homo heidelbergensis che Homo neanderthalensis vengono ritenuti da alcuni studiosi paleosottospecie dei sapiens, mentre altri non le ritengono tali.

1.4. Lumanit moderna


Le radici di Homo sapiens sapiens si trovano in Homo erectus, precisamente in Africa. Difatti, caratteristiche delle ossa della faccia e della fronte sembrano annunciare Homo sapiens in resti trovati in Rhodesia e risalenti

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a circa 200.000 anni fa. Da circa 160.000 anni a questa parte, si riconoscono aspetti ormai moderni: a Hidaltu, in Etiopia; nella valle del fiume Omo e a Laetoli, in Tanzania (100.000-120.000 anni fa); a Border Cave, tra il Sudafrica e lo Swaziland (40.000-100.000 anni fa); fino ai resti trovati a Djebel Irhound nel Maghreb, a nord del Sahara (40.000 anni fa) (Facchini, 2008). da notare che intorno ai 100.000-150.000 anni fa, rappresentanti di questa umanit si sono spostati in Eurasia dove sono stati trovati reperti di Homo sapiens sapiens arcaico in varie localit, vicino a Nazaret e sul Monte Carmelo. Accanto ai resti di questo Homo, sono stati trovati reperti che testimoniano la presenza di una rudimentale tecnologia e simbolismo. Dal Medio Oriente Homo sapiens si diffonde a ovest nelle regioni orientali dellEuropa e poi in tutto il territorio europeo e, a est, nelle regioni dellAsia. Molti reperti, dislocati nei diversi continenti, raccontano della migrazione che ha portato Homo sapiens in tutte le regioni della terra, attraverso diverse ondate migratorie. In Europa si conoscono lUomo di Cro-Magnon, lUomo di Combe Capelle e lUomo di Chancedale che sono variabilit allinterno della stessa specie (Facchini, 2008). Le caratteristiche anatomiche rivelano una capacit cranica attestata intorno ai 1.400 cm3, il frontale elevato e la volta cranica alta, con la mandibola dotata di mento (McDougall - Brown - Fleagle, 2005). Esistono due ipotesi principali sullevoluzione dellessere umano: la prima, detta ipotesi dellevoluzione africana recente, vede il continente africano come la culla in cui si sono formati gli uomini e le donne moderni. Da qui sarebbe poi seguita una migrazione che avrebbe coinvolto tutto il mondo. La seconda, detta ipotesi multiregionale, sostiene che levoluzione abbia avuto luogo a partire da popolazioni indipendenti. la genetica a consigliare di propendere per la prima delle due ipotesi, grazie alle ricerche eseguite sul dna mitocondriale. A differenza del dna presente nel nucleo della cellula, quello del mitocondrio organulo situato nel citoplasma delle cellule viene trasmesso solo attraverso gli ovuli femminili. A partire dagli individui che popolano il pianeta oggi, i genetisti storici sono riusciti a risalire, attraverso la linea delle mamme ai nostri antenati comuni (Pakendorf - Stoneking, 2005; Cann - Stoneking - Wilson, 1987). La tesi dellevoluzione africana recente oggi nota con il nome di teoria dellEva africana o Eva micotocondriale, a indicare quel

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Il percorso evolutivo che ha portato a Homo sapiens sapiens

primo gruppo di popolazione umana compresa probabilmente tra i 10.000 e i 50.000 individui che ha fatto la sua apparizione sulla terra tra 155.000 e 188.000 anni fa (Anolli, 2004). Recenti studi condotti sul cromosoma Y hanno confermato i dati gi emersi durante lanalisi del dna mitocondriale: su 27 varianti del cromosoma Y, 21 si sono originate in Africa (Wood, 2005). Lungo e tortuoso il cammino dellumanit, di cui conosciamo solo parte della storia. Facchini riporta gli autori e le ipotesi da loro formulate, nel suo testo del 2008. La sequenza filogenetica degli Ominidi non trova ancora consenso fra gli specialisti. Quali sono le conquiste evolutive che hanno permesso alluomo di sviluppare quelle caratteristiche peculiari che lo rendono tanto complesso e intelligente?

Figura 1 - Quale antenato per Homo sapiens?

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2. Le conquiste che hanno consentito levoluzione


Levoluzione che ha portato alluomo avvenuta grazie alla conquista di alcune caratteristiche fisiologiche che hanno determinato anche un cambiamento nello stile di vita e nellorganizzazione sociale. Il primo a proporre una teoria basata sul concetto di evoluzione stato Charles Darwin, che ebbe modo di condurre numerosi studi sul campo durante i suoi viaggi sul Beagle. Il naturalista inglese not come allinterno di una stessa specie gli individui fossero dotati di caratteristiche peculiari che potevano favorire od ostacolare ladattamento ambientale. Una sfumatura di colore, una forma leggermente diversa del becco: qualsiasi individuo ha in s un cambiamento che lo rende in minima parte differente dagli altri. Se queste piccole mutazioni sono positive ai fini delladattamento al proprio habitat, allora determinano una percentuale pi elevata di sopravvivenza negli individui che le possiedono rispetto a quelli che ne sono sprovvisti. quella che viene definita legge della selezione naturale, che agisce in modo da favorire la diffusione dei caratteri che preservano la specie dallestinzione. Gli individui che hanno determinate caratteristiche non solo vivono pi a lungo, ma hanno anche maggiori possibilit di riprodursi e, quindi, di trasmettere i propri tratti vincenti (Darwin - Costa, 2009). Quali sono, allora, i cambiamenti evolutivi che hanno portato alluomo cos come oggi?

2.1. La conquista della stazione eretta


Molteplici i vantaggi derivanti dallessere bipedi: muoversi pi velocemente nella savana avendo la possibilit di tenere sotto controllo gli eventuali pericoli, ma anche poter trasportare il cibo raccolto o i propri piccoli. Questo cambiamento, per, non da considerarsi semplice. Sembra che, a partire dallArdipithecus descritto, fino a Homo sapiens, ci sia voluto molto tempo per assumere la stazione eretta. Stare in piedi sugli arti inferiori senza appoggio, non in modo occasionale e transitorio, ma abituale e persistente stato un punto darrivo. Se pensiamo a quanto sia ridotta la superficie della pianta del piede rispetto a quella dellintero corpo e a quanto lo stare eretti vada contro la forza di gravit, ci rendiamo

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Le conquiste che hanno consentito levoluzione

conto di quanto sforzo evolutivo ci sia dietro tale conquista. La caratterizzazione del bipedismo suppone una bozza di progetto superiore? A livello fisiologico, lo stare in piedi determina anche una specializzazione degli arti stessi: il piede diventa efficace per la marcia, le mani divengono abili nella presa e nellesecuzione di azioni tecniche. La stessa capacit di fabbricare utensili legata alla libert acquisita dalla mano che non deve pi essere veicolo di locomozione, ma si pu dedicare ad altro, ed soprattutto legata a unaltra grande conquista: lopponibilit del pollice rispetto alle restanti dita della mano e al palmo. Luomo ora non solo capace di afferrare con forza, ma anche di attuare prese di precisione.

2.2. Laumento del quoziente di encefalizzazione e la crescita delle funzioni del cervello
Il quoziente di encefalizzazione il rapporto tra le dimensioni del cervello delluomo rispetto a quelle di un animale (ad esempio la scimmia) che abbia il medesimo peso. Se esso era, per le forme ancestrali di evoluzione di specie del genere Homo, pari a 3,1, per luomo contemporaneo esso raggiunge il valore di 5,8. Non importante solo il fatto che il volume del cervello si sia accresciuto fino a raggiungere i 1.400 cm3, quanto, piuttosto, laccrescimento della superficie neocorticale che occupa, nel nostro cervello, circa il 70%-80% del totale. Ci che conta la parte residuale del cervello che, rispetto alle dimensioni del corpo, pu essere dedicata allo sviluppo delle funzioni mentali superiori. Questo sviluppo esponenziale dellencefalo ha avuto inizio circa 150.000 anni fa (Facchini, 2008, 2006) quindi, probabilmente dalla comparsa di Homo sapiens.

2.3. Lovulazione nascosta


Alcuni Autori presentano, fra le conquiste che hanno consentito levoluzione, lovulazione nascosta e la perdita dellestro nella femmina. Di questo per impossibile avere prove, si opera solo per confronto con primati viventi. Si suppone per che sia avvenuta. La mancanza di certezza data dallassenza di dati fisiologici, mentre per gli studi paleoantropologici ci si basa su reperti scheletrici. vero per che la conqui-

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sta della stazione eretta potrebbe essere collegata allovulazione nascosta nella femmina, o non evidente per il partner di sesso opposto. Alcuni studi (Wagener, 2006) tendono a rivalutare questa tesi e a distinguere tra ovulazione nascosta e perdita dellestro. La scomparsa del richiamo sessuale esplicito, trasmesso attraverso comportamenti evidenti come odori e modificazioni corporee, stata determinante perch fossero poste le basi per legami familiari pi stabili. Questo adattamento evolutivo determina la scomparsa di quella pratica che vede linfanticidio da parte del maschio dominante per assicurarsi che la prole sia effettivamente la propria; infatti nella specie umana scompare la certezza della paternit (teoria dei molti padri). Daltro canto, si viene in questo modo a determinare una condizione di attrazione che va oltre il semplice atto riproduttivo. I legami di coppia divengono pi saldi e luomo viene coinvolto nellallevamento dei figli. Da uno studio condotto su 68 specie di primati emerso che la mancanza dei segnali di ovulazione un fattore importante affinch emerga la monogamia (Diamond, 1997).

2.4. I cambiamenti dellapparato vocale


C stato poi un altro cambiamento epocale che avrebbe potuto avere effetti disastrosi sulla specie, ma che ha determinato, invece, la nascita del linguaggio. Viene fatto riferimento, qui, ai mutamenti di cui stato protagonista il nostro apparato respiratorio superiore, in particolare la posizione della laringe che influisce in modo determinante sul modo in cui respiriamo, deglutiamo e comunichiamo. C una configurazione anatomica che Laitman (1993, 1985) e, recentemente, Laitman e Reidenberg (2009) definiscono fondamentale perch caratteristica di tutti i mammiferi a tutti gli stadi di sviluppo e c, poi, quella conformazione che tipica delle persone adulte. Negli animali, la laringe si trova nella parte alta del collo: questo le consente di chiudere il rinofaringe e di sovrapporsi al palato molle con lepiglottide. Grazie al citato meccanismo, gli animali sono in grado di respirare e deglutire contemporaneamente, ma la gamma di suoni che possono produrre estremamente ridotta. Ci avviene perch la posizione della laringe influisce sulle dimensioni della faringe che si trova poco sopra: la fa-

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Le conquiste che hanno consentito levoluzione

ringe che ha il compito di modulare i suoni e negli animali la sua estensione ridotta. Cosa accade, invece, negli umani? Dipende dallet. Per i neonati e i bambini fino a 18-24 mesi, le analogie con lapparato respiratorio degli altri mammiferi sono sorprendenti. Dal secondo anno di vita circa, la laringe inizia a scendere e il modo in cui il bambino respira, deglutisce e produce suoni cambia completamente. Ecco allora che nelluomo adulto la laringe viene a trovarsi pi in basso rispetto a quanto avviene negli altri mammiferi. Lepiglottide, a questo punto, non pu pi arrivare a chiudere la parte posteriore della cavit nasale e i canali digerente e respiratorio non sono pi separati. Per questo motivo, tale cambiamento poteva non essere vantaggioso per la specie: a ogni boccone luomo rischiava di soffocare; ma lo spazio che la laringe lascia alla faringe sopra le corde vocali pi ampio e fa di questultima un ottimo strumento di modulazione dei suoni che la faringe emette. Ecco perch siamo in grado di produrre suoni complessi e articolati che chiamiamo linguaggio. Dagli studi dei fossili si giunti a ritenere che, probabilmente, il primo a subire un abbassamento della laringe sia stato Homo erectus, anche se la sua conformazione anatomica, pur consentendo una comunicazione pi articolata, non era paragonabile a quella delluomo contemporaneo. Per questo dobbiamo aspettare che Homo sapiens faccia il suo ingresso nel mondo (Laitman, 1993, 1985).

Figura 2 - Sezione sagittale della testa e del collo di scimpanz (a sinistra) e di uomo adulto (a destra)

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3. Quando e come si evoluto il linguaggio?


Nello studio sulle origini del linguaggio c una certa concordanza tra gli studiosi nello stabilire il terminus ante quem rispetto al suo uso da parte di Homo sapiens. Gli aborigeni australiani sono emigrati dallAsia verso lAustralia circa 40-60.000 anni fa e sono vissuti isolati da quel momento fino ai nostri giorni: questa popolazione possiede una propria lingua, quindi, possiamo dedurre che intorno ai 40-60.000 anni fa il linguaggio fosse gi sviluppato. Pi complesso, invece, definire da quando lessere umano ha iniziato a utilizzare il linguaggio, ovvero il terminus post quem (Anolli, 2006). Come si gi osservato attraverso lanalisi dellapparato respiratorio umano, le prime modifiche si verificano al tempo di Homo erectus, ma non sono tali da consentire una comunicazione basata sul linguaggio vero e proprio. Homo neanderthalensis, daltro canto, sembra allontanarsi dalla nostra configurazione (Laitman, 1993, 1985). Come attesta Facchini (2008, 2006), probabilmente solo con la forma moderna di Homo sapiens sapiens si pu parlare di linguaggio vero e proprio nelluomo perch lapparato fonatorio, a questo stadio dellevoluzione, ha assunto la configurazione pi moderna e si verificata la concomitanza di tre condizioni: la prima riguarda lo sviluppo delle strutture anatomiche per la fonazione, la seconda lo sviluppo dei centri nervosi per regolare i suoni e la terza riguarda lo sviluppo dei centri nervosi per operare lintegrazione fra suoni e simboli. Facchini mette in guardia perch le osservazioni da fare non sono state sempre possibili dato che i reperti di Homo abilis sono mancanti della base cranica:
Il calco endocranico di Homo abilis rivelerebbe un certo sviluppo delle aree di Broca e di Wernicke relative al linguaggio articolato. La prima, deputata ai muscoli necessari alla fonazione, la seconda alla comprensione dei suoni e delle parole. Con ci non si pu dimostrare che Homo abilis parlasse, ma si pu ritenere che avesse le basi neurologiche del linguaggio (secondo Tobias) (Facchini, 2006, p. 146).

Se Anolli (2006) fa risalire la presenza del linguaggio a 150.000 anni fa, Facchini (2006), riportando studi di Toth e Schick del 1993, mostra

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Quando e come si evoluto il linguaggio?

come una correlazione tra lo sviluppo dellarea di Broca situata nellemisfero cerebrale sinistro e labilit di costruire strumenti con la mano destra si suppone gi in Homo abilis e Homo erectus e come analisi fatte su industrie dellOlduvaiano evoluto, che potrebbero risalire a 1,4-1,9 milioni di anni fa, indicano luso preferenziale della mano destra. Ma com nato il linguaggio? I tentativi di rispondere a questo interrogativo hanno determinato lo sviluppo di diverse teorie6 che vengono qui presentate in sintesi. Prima di ogni teoria, dato che il simbolismo non nasce con Homo sapiens difatti gi con i Neandertaliani si notano manifestazioni di simbolismo quali denti perforati, collane, ecc. e data soprattutto la presenza di espressioni culturali come i choppers e gli affreschi sulle pareti delle grotte, si pu affermare che una qualche forma di linguaggio sia antica quanto luomo (Facchini, 2008). Un linguaggio senzaltro semplicissimo, fatto di fonemi e accompagnato da gesti, ma comunicativo proprio per il significato con valore simbolico che avevano i suoni e i gesti. Un significato con forza propulsiva per trasmettere cultura e per progredire.

3.1. Teoria della discontinuit


Secondo Chomsky (1988) lessere umano dotato di una specializzazione cognitiva detta grammatica universale (gu). grazie a questo dispositivo che il bambino sarebbe in grado di apprendere la lingua in maniera efficace. La gu sarebbe distinta dal resto delle abilit cognitive e sarebbe codificata nei geni che attendono alla formazione della struttura nervosa del nostro cervello. Per spiegare il linguaggio dobbiamo, quindi, andare a cercare nella fisiologia e nella chimica dellorganismo umano e non spaziare in possibili evoluzioni da sistemi di comunicazione precedenti. Al massimo, possibile accettare che la selezione naturale abbia influito su una serie scollegata di elementi e abbia determinato in maniera del tutto accidentale la formazione della gu. Il linguaggio, quindi, sarebbe apparso allimprovviso, attraverso un cambiamento genetico unico.

6 Viene ripresa, in questo contesto, la sistematizzazione di Anolli (2006), con arricchimenti e approfondimenti.

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Capitolo primo - Le origini del linguaggio, della cultura e delle lingue

Negli ultimi anni si riacceso il dibattito circa la consistenza della teoria chomskiana in seguito alla scoperta del cosiddetto gene del linguaggio. Il suo nome tecnico foxp2 (Forkhead box protein P2) e la sua correlazione con la capacit tutta umana di parlare stata messa in evidenza dalla grave patologia linguistica che pu determinare una sua mutazione. Sembra tuttavia precoce parlare di un unico gene che attende alle capacit linguistiche: il gene foxp2, locato nel cromosoma 7 , infatti, solo un regolatore della quantit di proteine necessaria per far s che i diversi tessuti umani si specializzino sia a livello strutturale che funzionale7. Esso interviene durante il periodo di embriogenesi delle cellule cerebrali e codifica programmi di trascrizione non solo per le cellule che contribuiranno a determinare le competenze di articolazione della parola, ma anche quelle di cuore, polmoni e intestino. La ragione per cui la mutazione agisce solo a livello del linguaggio deve ricercarsi nel fatto che essa colpisce solo una copia8 del foxp2, che mantiene inalterate le altre funzioni vitali, ma determina difficolt nella corretta articolazione delle parole in chi affetto da tale patologia. Va daltro canto osservato che il gene foxp2, pur non essendo una prerogativa solo umana si trova, infatti, sia negli scimpanz quanto nei topi presenta negli esseri umani una struttura amminoacidica differente da tutti gli altri esseri viventi: esso, cio, si evoluto nel tempo. Il foxp2 sembra giocare, quindi, un ruolo importante allinterno della formazione delle strutture che sottendono allarticolazione del linguaggio. Sembra per eccessivo parlare di gene del linguaggio, sia perch i geni interagiscono tra di loro, sia perch quello che accade dalla formazione delle strutture alla stabilizzazione delle funzioni cerebrali di tipo cognitivo non ha nulla a che fare con i geni (Falzone, 2006).

Cfr. G.F. Marcus - S.E. Fisher, foxp2 in focus: what can genes tell us about speech and language?, in Trends in Cognitive Sciences, 7 (2003), 6, pp. 257-262; D. Richmond G. Perrella, foxp2 e la parola, 2007, pp. 1-11; A. Pennisi - P. Perconti, Le scienze cognitive del linguaggio, il Mulino, Bologna 2006. 8 Il nostro corredo cromosomico ha natura diploide, cio possediamo due copie per ogni gene (Falzone, 2006).
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3.2. Ipotesi del protolinguaggio


I lavori di Bickerton sostengono lipotesi del bioprogramma del linguaggio che afferma come la creolizzazione del pidgin operata dai bambini avvenga sulla base di un programma innato, a conforto delle teorie chomskiane. Bickerton (Bickerton, 2009; Bickerton - Calvin, 2000) propone la teoria del protolinguaggio, in cui tenta di mettere daccordo la visione chomskiana con quella darwiniana. Come funziona il passaggio linguistico dal pidgin, o protoliguaggio di contatto, al creolo, o sviluppo spontaneo, che sfocia in una lingua molto potente? Perch le diverse lingue creole nate da pidgin diversi hanno omogeneit strutturale? Bickerton risponde: esiste nelluomo una predisposizione biologicamente determinata che fornisce a una lingua la sua forma e la sua struttura. Le forme primitive di linguaggio possedute da Homo erectus sarebbero consistite in poche parole comprensibili solo grazie al contesto di riferimento, in cui non si poteva rintracciare unorganizzazione grammaticale vera e propria. A un certo punto, nel periodo dei Sapiens, grazie a una mutazione genetica, si sarebbero determinate una riorganizzazione del cervello, una nuova conformazione dellapparato fonatorio e la sintassi. Quindi, la capacit di articolare il linguaggio sarebbe comparsa improvvisamente e avrebbe determinato tutta la riorganizzazione cerebrale. Bickerton, quindi, aderirebbe a quella che nota come teoria del grande salto in avanti. Questa ipotesi stata oggetto di numerose osservazioni: sembra poco convincente che il protolinguaggio sia rimasto sostanzialmente invariato e fisso per lungo tempo per poi progredire tutto in una volta in seguito a una mutazione genica.

3.3. Il linguaggio come istinto


Anche Pinker (1994) tenta di conciliare le teorie di Darwin con la visione di Chomsky. Sceglie, per, una strada completamente diversa da quella di Bickerton. Vede il linguaggio come un istinto piuttosto che come un prodotto culturale. Questo istinto specie-specifico e dovrebbe risiedere nellencefalo e, forse, nel genoma. Pur riconoscendo linnatismo promosso da Chomsky, Pinker lo ritiene il prodotto di unevoluzione soggetta alle leggi della selezione naturale: la sua formazione , quindi, graduale.

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Seppur affascinante, questa teoria ha sollevato alcune critiche soprattutto per lintroduzione del termine istinto. Le ricerche neurologiche e neurofisiologiche hanno da tempo messo in luce come per il linguaggio non esista una sede unica e come esso sia riconducibile, piuttosto, a varie aree cerebrali. A questo va aggiunto che rendere il linguaggio un istinto lo impoverisce di quella componente relazionale che , invece, determinante affinch si impari a parlare correttamente.

3.4. Teoria della continuit


Jackendoff (2002) ritiene che nella formazione del linguaggio vi sia una continuit evolutiva: il linguaggio sarebbe articolato in sottosistemi che si sono evoluti progressivamente e in maniera parallela riuscendo a raggiungere livelli di efficienza pi elevati. Tutto avrebbe avuto inizio, quindi, da singoli simboli che avrebbero determinato la capacit di saper condividere dei significati allinterno del clan. A questo si sarebbe unita la convenzionalizzazione delle vocalizzazioni: si sarebbe determinato, quindi, un sistema, un codice di riferimento fonologico tramite il quale i membri del clan potevano comunicare. Da questo sistema fonologico si sarebbero originate combinazioni di suoni da cui si poteva formare un numero di parole pressoch illimitato. Sulla stessa linea di pensiero era gi Carstairs-McCarthy (1999) che abbracciava la concezione gradualistica: gli uomini primitivi avrebbero sviluppato una notevole variet di sistemi di richiamo, rendendo quindi pi abbondanti e pi complessi i richiami che si possono riscontrare nei primati. Il cambiamento dellapparato fonatorio avrebbe determinato la formazione delle sillabe, le quali, a loro volta, avrebbero influito sulla creazione di una struttura sintattica allinterno del sistema di richiami: da qui avrebbe avuto origine il linguaggio.

3.5. Il grooming e il pettegolezzo


Dunbar (20005) propone unorigine del linguaggio di natura sociale con lo svolgimento della stessa funzione che allinterno del gruppo dei primati svolge il grooming. Questultimo consiste nelle operazioni di pulizia che i

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membri del gruppo si fanno a vicenda: ben il 20% della loro giornata dedicata a questi gesti! Queste operazioni non hanno importanza solo ai fini delligiene, bens sono indispensabili per rinsaldare i legami sociali, sentire la vicinanza e per favorire la cooperazione nel gruppo. Il linguaggio, allora, sarebbe unevoluzione del grooming. Lo sviluppo del cervello umano, infatti, sembra essere conseguente alla necessit di elaborare scambi sociali, piuttosto che attendere alle informazioni fisiche; esisterebbe, quindi, una correlazione tra il numero dindividui che fanno parte del gruppo e la crescita neocorticale. Secondo Dunbar, la neocorteccia umana sarebbe in grado di elaborare e gestire interazioni e informazioni che provengono da gruppi formati da 148 membri (con variazioni individuali che oscillano da un minimo di 90 a un massimo di 120 componenti). La neocorteccia delle scimmie, invece, pu dedicarsi a un massimo di 50-55 unit. Quindi, lattivit del grooming che appropriata in un contesto di cos pochi individui, richiederebbe una quantit di tempo eccessiva se si trattasse di un gruppo pi ampio: per questo la selezione naturale avrebbe agito determinando la sostituzione delle pulizie con il linguaggio. A livello cerebrale, infatti, sia il grooming che le chiacchiere stimolano la produzione di endorfine. Dunbar si concentra anche sullimportanza che il pettegolezzo, inteso come linteresse che mostriamo verso gli altri (come stanno, cosa fanno, cosa stanno provando), ha allinterno delle societ umane: un modo che serve per creare, stringere e confermare i legami sociali. Le osservazioni che vengono fatte circa questa teoria vertono su due aspetti principali: in primo luogo lessere umano in grado di parlare e svolgere nello stesso tempo altre attivit; inoltre, la conversazione pu svolgersi tra pi persone, mentre il grooming unattivit che coinvolge due individui alla volta.

3.6. La teoria motoria


Secondo questa teoria, proposta per la prima volta da tienne Bonnot de Condillac (1746) il linguaggio si sarebbe evoluto a partire dalla gestualit e dalla mimica con cui gli Ominidi comunicavano tra di loro: venivano utilizzati segni convenzionali che prendevano forma iconica o spaziale:
[] avendo questi uomini acquisito labitudine di legare alcune idee a segni arbitrari, modellarono il nuovo linguaggio sulle esclamazioni naturali. Artico-

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larono nuovi suoni e, ripetendoli pi volte e accompagnandoli con qualche gesto che indicava gli oggetti che volevano far notare, si abituarono a dare nomi alle cose. [] Il linguaggio dei suoni articolati, nella misura in cui divenne pi ricco, riusc a esercitare lorgano della voce e a conservare la primitiva flessibilit. Sembr allora comodo quanto il linguaggio dazione e ci si serv ugualmente delluno e dellaltro, finch luso dei suoni articolati divent cos facile che prevalse (de Condillac, 1746, tr. it. pp. 211-212).

Lemisfero sinistro, infatti, era inizialmente specializzato per attendere ai compiti manuali connessi alla creazione di utensili. A esso appartengono, tra laltro, i circuiti nervosi deputati al controllo della motilit delle dita, della mano e delle braccia, nonch al controllo di laringe, bocca e labbra. Tale teoria stata recentemente rispolverata anche alla luce della recente scoperta dei neuroni specchio o mirror neurons9 che ci sar modo di approfondire in seguito nellarea visuo-motoria della corteccia. Sono state, infatti, rivisitate le ipotesi avanzate da Paget (1930) secondo cui i movimenti di bocca, labbra e lingua riproducevano i gesti eseguiti con le mani e con le altre parti del corpo: proprio dalla connessione tra gesti pantomimici e suoni ha avuto origine il linguaggio. Per esempio la vocale A avrebbe indicato qualcosa di grande e ampio, mentre la I avrebbe designato oggetti pi piccoli. Allo stesso tempo questa teoria si soffermata sullo studio del linguaggio dei segni, ricco nel lessico e strutturato a livello di sintassi:
le lingue segnate possono essere pi facili da apprendere di quelle vocali, specialmente nei primi stadi dellacquisizione, quando i bambini iniziano a capire la relazione tra oggetti e azioni da una parte e le loro rappresentazioni linguistiche dallaltra. Eppure le lingue parlate, una volta apprese, possono trasmettere messaggi pi accurati, poich le parole sono meglio calibrate per minimizzare le ambiguit (Corballis, 2002, tr. it. pp. 257-258).

La vocalizzazione sarebbe quindi comparsa in un momento successivo, per consentire che la conversazione potesse avvenire anche in as-

9 Cfr. G. Rizzolatti - C. Sinigaglia, So quel che fai. Il cervello che agisce e i neuroni specchio, Raffaello Cortina Editore, Milano 2006.

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senza di visione. Lautonomia che il linguaggio ha acquisito rispetto al gesto ha permesso un progresso tecnologico poich ha reso possibile tramandare informazioni anche molto complesse da una generazione allaltra (Corballis, 2002). Il punto di vista di Corballis che il linguaggio dipenda sicuramente da un adattamento biologico determinato dalla selezione naturale che comprenderebbe per anche altre abilit come la capacit di capire le prospettive mentali dellaltro. Eppure la biologia non sarebbe lunico fattore a contribuire a questo cambiamento epocale. La forma di comunicazione orale sarebbe in qualche modo stata inventata dalluomo e trasmessa socialmente: le mani, libere dal compito di conversare con gli altri, hanno reso possibile lo svolgimento di pi attivit contemporaneamente. Forse pi che dinvenzione che, come precisa Corballis, stata molto lunga nel tempo potremmo parlare di una scelta da parte dellessere umano di alcuni meccanismi di comunicazione rispetto ad altri, che sono stati comunque favoriti da conformazioni fisiologiche in mutamento.

3.7. Linguaggio e cultura


La capacit di verbalizzare stata fondamentale per costruire mappe territoriali e temporali che hanno influito sul successo del gruppo. Questa comunicazione simbolica ha, probabilmente, modificato larchitettura dei sistemi cerebrali i quali, a loro volta, hanno consentito unulteriore evoluzione del sistema linguistico. Il linguaggio, infatti, essendo un sistema di riferimento in absentia (Mithen, 2002, p. 19) permette una comunicazione che non solo referenziale cio legata alla presenza delloggetto ma di tipo astratto o simbolico. Grazie al linguaggio, la comunicazione supera i limiti del tempo e dello spazio e le conoscenze possono essere tramandate allinfinito. Con la comparsa del linguaggio simbolico viene anche inventata la cultura. Come si esprime Facchini (2008, 2006): sia lo sviluppo della tecnologia che lo sviluppo della vita sociale, cos come la trasmissione della cultura, sono stati possibili grazie al linguaggio articolato e alla comunicazione simbolica. Caratteristiche della cultura sono la progettualit e il simbolismo. Dal verbo colere, coltivare, la cultura esprime,

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nella concezione antropologica, quel ricco insieme di sapere, arte, morale, diritto, costume che caratterizzano luomo in quanto membro di una societ. E nella concezione paleoantropologica? La lentezza che ha caratterizzato la cultura per alcune centinaia di migliaia di anni si trasformata poi in rapida corsa negli ultimi 40.000 anni. Corsa costellata da innovazioni sorprendenti (Facchini, 2008). Ci che colpisce, a questo proposito, la capacit innovativa nella fabbricazione di strumenti; c creazione e innovazione, perci riflessione sulla propria azione. Il progresso nella fabbricazione sistematica di utensili tipico delluomo. E tutta la straripante produzione culturale che lumanit ha conosciuto e continua a conoscere, inizia da qui. Il bouquet fatto di composizioni musicali, creazioni pittoriche, espressioni poetiche e coreografiche inizia dagli umili choppers. Cos tutte le caratteristiche che hanno connotato e connotano ogni pi piccolo gruppo sociale sono nate con la fabbricazione di strumenti per spezzare, tagliare, incidere, scuoiare e scavare.

3.8. Una valutazione


Corballis, oltre a rivendicare la natura protolinguistica della mimesis, trova una conferma empirica nella scoperta dei neuroni-specchio, precisamente nella scoperta dellomologia funzionale tra larea F5 del cervello in cui risiede il sistema mirror dei macachi e larea di Broca. Per Corballis (2010) larea 44 di Brodman, peraltro scoperta allinizio del secolo scorso, oltre a essere coinvolta nella produzione linguistica, coinvolta pure in funzioni motorie complesse come larticolazione della mano e lapprendimento senso-motorio. Cos la concezione gestuale del linguaggio avvalora i costituenti pi semplici della cognizione umana. Questa conferma un punto darrivo, per Ferretti (2010), nella considerazione dellorigine del linguaggio. Ma gi Facchini (2006, pp. 146-147), basandosi su autori di spicco degli anni Settanta, affermava che Homo habilis e Homo erectus, utilizzando tecnologie via via pi complesse per la lavorazione di manufatti, necessitavano di comunicazione verbale per la trasmissione delle stesse. Cos lorganizzazione sociale esigeva rapporti di comunicazione che si realizzavano, oltre che con il linguaggio gestuale, anche con quello verbale. Una correlazione tra lo sviluppo dellarea di

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Broca e labilit di costruire strumenti con la mano destra si suppone gi in Homo habilis e Homo erectus. Sempre secondo Facchini, non va dimenticato che levoluzione del linguaggio, messa anche in rapporto con levoluzione tecnologica, molto complessa. difficile se non impossibile ricostruirla. Va pensata pi come unevoluzione della lingua che come unevoluzione della capacit del pensiero simbolico. Si pu perci parlare di comunicazione prima di parlare di linguaggio perch, se lespressione simbolica in relazione a un soggetto che pensa e poi esprime ci che ha pensato, nel fare questo si pu servire di vari mezzi come la mimica, la gestualit, i suoni e i segni (Facchini, 2008). Il linguaggio assolutamente in rapporto con la coscienza di s che resta essenzialmente un evento, pi che un processo, impossibile da ricostruire con gli strumenti di cui si dispone negli studi preistorici. Infatti, il linguaggio una delle manifestazioni di una potenzialit cognitiva generale che permette di mettere insieme pi informazioni. Allora, quale Homo ha iniziato a usare il linguaggio? Secondo Facchini (2008, p. 67):
vi sono anche evidenze archeologiche indirette sul linguaggio umano, costituite dalle industrie litiche e dalla documentazione sulla vita sociale. Lo sviluppo tecnologico e le forme di organizzazione sociale che si hanno a partire da Homo abilis si accordano con una forma di comunicazione e di trasmissione attraverso il linguaggio e non solo con limitazione.

Nello scorrere dei millenni, il linguaggio si declinato nella variopinta molteplicit delle lingue rendendo ragione della straordinaria adattabilit delluomo al suo ambiente, oltre che della sua creativit. Una volta portato a perfezione da Sapiens sapiens, il linguaggio diventato il ponte indispensabile per raggiungere lAltro. E da allora si declinato in miliardi di testi parlati, scritti e multimediali. La sofisticatezza delle clausole di un contratto, la precisione di una dimostrazione geometrica, la sistematicit di unargomentazione filosofica utilizzano il linguaggio. Cos come i milioni di lettere damore, di discorsi, di poesie e di preghiere. Luomo non che una canna pensante, la pi debole della natura, ma una canna pensante (Pascal, Pensiero n 347). Pensiamo e siamo coscienti di pensare e con noi la materia tutta si fa pensante.

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Qualcuno avr previsto questo nostro punto darrivo e avr agito perch diventasse realt? Dietro a questapoteosi dellevoluzione lumanit tutta c un Disegno Intelligente? A questo proposito, Facchini (2009) afferma che non si devono mescolare indebitamente i piani della scienza e della fede come si sostiene con la teoria dellIntelligent Design. Difatti, non possibile operare una estrapolazione di un modello empirico di lettura della storia della vita sulla terra a una visione filosofica della realt, in cui si va oltre gli aspetti scientifici (Facchini 2008, p. 96). Sarebbe meglio parlare di una causalit esterna che agisce attraverso le cause seconde, i fattori della natura. Non si possono mettere in alternativa evoluzione e creazione, ma visione di un mondo in evoluzione, dipendente da un Dio creatore pieno damore per luomo e visione di un mondo che si crea e si trasforma da s, cos, per fatti puramente casuali. Il discorso meriterebbe uno spazio maggiore e un tempo prolungato. Si rimanda il lettore ad altri contesti (Facchini, 2008)10. Nella volont di chiudere con la formulazione di una considerazione antropologica, va detto che tra le specie precedenti e il Sapiens sapiens c una differenza, sostanzialmente di carattere qualitativo e non meramente quantitativo, differenza che dal punto di vista filosofico richiede una causa proporzionata che non pu essere identificata esclusivamente nelle potenzialit della materia stessa, sia pure neurobiologica11. Come afferma Martnez (2008, p. 147):
Anche i grandi creatori del neodarwinismo, come Theodosius Dobzhanski o Francisco Ayala, mettono in evidenza questo paradosso: anche se luomo si d in

Il volume uneccellente presentazione dellesplosione della vita sulla Terra, circa 570 milioni di anni fa. Si suddivide in tre parti di cui la prima tratta della linea evolutiva che ha portato al genere Homo sapiens sapiens preceduto dal genere habilis e poi erectus; la seconda sottolinea levoluzione che la vita ha avuto sulla Terra; nella terza si tratta pi particolarmente del binomio creazione-evoluzione e nella quarta viene tratteggiata la figura Homo, essere dotato di unattivit cognitiva di tipo astrattivo con idee, pensiero, emozioni che non sono riconducibili allattivit elettrica del cervello che le accompagna, ma sono dovute allattivit spirituale che sfugge alla scienza. 11 Cfr. M. Mantovani, Discipline in dialogo. Un esercizio di razionalit allargata, in M. Mantovani - M. Amerise (a cura di), Fede, Cultura e Scienza. Discipline in dialogo, Libreria Editrice Vaticana, Citt del Vaticano 2008b, pp. 29-79.
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una continuit biologica con il resto delle specie animali, esso manifesta dal punto di vista culturale un comportamento che non pi meramente biologico.

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Impossibile raccogliere e illustrare in modo esaustivo le migliaia di produzioni culturali che fanno parte di quello che, comunemente, viene raggruppato nellinsieme infinito dello scibile umano. Ci si limita qui a ripercorrere le tre rivoluzioni che hanno segnato la storia della trasmissione della cultura: la rivoluzione della scrittura, della stampa ed elettrica-elettronica. In questo modo si privilegiano gli aspetti pi vicini allambito della comunicazione e del linguaggio.

4.1. Dalla protocultura alla rivoluzione chirografica


Ritroviamo prime forme di produzione culturale gi in Homo habilis. Circa due milioni e mezzo di anni fa, si serviva di utensili i choppers fatti di litio e ricavati dalla lavorazione di una delle facce della pietra (industria litica olduvaiana). Essi erano utilizzati per poter operare pi agevolmente nellambiente; tali manufatti erano taglienti e servivano per squarciare, forare, rompere e raschiare. Questi utensili furono prodotti per circa un milione di anni, fino a che non si giunse alla lavorazione su entrambe le facce della pietra, che si riscontra nei manufatti con la forma ad amigdala (industria litica acheuleana). Ancora, tra i 50.000 e i 250.000 anni fa compaiono raschiatoi, punteruoli, lance per la caccia (industria musteriana), mentre tra i 20.000 e i 50.000 anni fa vengono prodotte spatole, aghi, scavatori, lamette, anche di altri materiali come lavorio (industria aurignaziana).
Lattivit tecnologica che troviamo gi in Homo habilis manifesta unapertura verso operazioni future, che dovr realizzare in modo consapevole e libero. Inoltre, proprio per la sua capacit progettuale, lo strumento stesso acquista un significato proprio nel contesto personale e sociale. Troviamo persone seppellite con i loro strumenti e le loro armi. Lo strumento quindi non pi qualcosa di accessorio ma diventa necessario per la sopravvivenza (Martnez, 2008, p. 146).

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di questo periodo, che vede sulla scena del mondo Homo erectus, che risale una scoperta che tanto ha influenzato la vita umana successiva: il fuoco. Il lungo arco di tempo appena descritto, seppur ricco di manufatti e utensili, caratterizzato da una sostanziale stasi culturale (Martini, 2008) di Homo habilis e di Homo erectus, poich le tecniche di scheggiatura non progrediscono di molto e non ci sono sostanziali cambiamenti nel tipo di prodotti creati. proprio per questa mancanza di progresso e innovazione che le produzioni dei primi Ominidi vengono considerate espressioni di una protocultura. Dobbiamo attendere la comparsa di Homo sapiens per avere cambiamenti sostanziali nella produzione culturale. Le prime forme di comunicazione e di espressione artistica, quindi scevre di utilit pratica, si riscontrano nellarte parietale e in quella mobiliare. La prima si riferisce a quei disegni che vengono realizzati prima sui massi e poi con dei graffiti sulle pareti delle grotte e che rappresentano mammiferi come bisonti e cavalli. Uno degli esempi pi stupefacenti quello delle pitture preistoriche della grotta di Altamira, nella Spagna settentrionale. Risalgono al Paleolitico superiore (10.00015.000 a.C.) e rappresentano figure di animali e oggetti stilizzati. I pi antichi dipinti sembrano essere stati scoperti nella grotta di Fumane, vicino Verona, e risalgono a un periodo che va tra i 32.000 e i 36.500 anni fa (Balter, 2000). Larte mobiliare, invece, si caratterizza per la creazione di piccole statue, le cosiddette Veneri, legate al culto della fecondit. Tra queste spicca quella di Willendorf, probabilmente realizzata fra il 19.000 e il 23.000 a.C. Queste prime rappresentazioni artistiche possono essere derivate anche dalla conseguente libert che lespressione vocale ha conferito alla mano, ma possono rappresentare un primo tassello nel percorso che porter alla nascita della scrittura. Da semplici segni sui muri, tali disegni potrebbero essere diventati pittogrammi, ovvero forme espressive standardizzate (Corballis, 2002). Le prime comunit hanno uno stile di vita legato alla caccia e alla raccolta di piante e, quindi, sostanzialmente nomade. La reperibilit del cibo incerta e la crescita demografica delle prime comunit limitata. verso i 10.000 anni fa nel Neolitico che si sviluppano i primi insediamenti e le prime attivit legate allagricoltura e allallevamento (Cavalli-Sforza - Cavalli-Sforza, 1995).

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Ancora una volta lambiente a provocare tale svolta: accanto a un aumento della popolazione che va depauperando sempre pi le risorse presenti naturalmente nei territori in cui vive Homo habilis si verifica un periodo di rigidit climatica, con conseguente cambiamento della tipologia di flora e fauna. Questo ha determinato una crisi alimentare a cui la forte capacit umana di adattamento risponde con linvenzione dellagricoltura e dellallevamento. La vita, da nomade, diventa sedentaria. Si deve, probabilmente, allopera delle donne la prima domesticazione delle piante. attribuita infatti alle donne la pratica di piantare vegetali vicino agli accampamenti, per non essere costrette a percorrere lunghe distanze ogni giorno (Cavalli-Sforza - Cavalli-Sforza, 1995). Quello dellagricoltura un fenomeno che si manifesta, indipendentemente, in pi luoghi nel mondo e ogni luogo sviluppa la coltura dei prodotti naturalmente presenti in quellarea geografica. Grazie a questo cambiamento di abitudini, il cibo diventa sempre reperibile, la difesa dallambiente esterno diventa pi efficace e inizia ad aumentare la popolazione mondiale: da pochi milioni dei 10.000 anni fa si arriva ai 6.829.361.000 circa12, registrati allinizio di luglio del 2009. Con lo strutturarsi dellagricoltura e dellallevamento iniziano a formarsi anche i centri abitati: la prima cittadina neolitica si trova in Turchia. atal Hyk collocata su una collinetta artificiale, che il risultato di strati sovrapposti di insediamenti precedenti sulle cui rovine veniva eretto il nuovo centro abitato. Le strade sono assenti, poich si accedeva alle case dallalto. La diffusione dellagricoltura porta con s la costruzione di nuovi oggetti che facilitano il lavoro nei campi: inizialmente solo roncole e falci, in seguito anche aratri. La litotecnica si evolve e viene introdotta la levigatura; si inizia a utilizzare anche una nuova pietra, lossidiana, che, non solo resistente, ma ha altres il pregio di poter essere lavorata facilmente. Tale materia prima si trova, per, in poche regioni: proprio dallo sfruttamento sistematico di queste cave che avranno inizio le prime forme di commercio (Cavalli-Sforza - Cavalli-Sforza, 1995).

12 Cfr. United Nations. Department of Economic & Social Affairs. Population Division, World Population Prospects. The 2008 Revision, New York (NY) 2009.

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Le nuove condizioni economico-sociali si affermano rapidamente e consentono una nuova svolta per lumanit: nasce la scrittura.

4.2. Le origini della scrittura


La nascita del linguaggio ha reso possibile la trasmissione della cultura e lestensione grafica del linguaggio, ovvero la scrittura, ha reso le popolazioni in grado di trasmettere conoscenze fra i contemporanei (trasmissione orizzontale) e di tramandarle alle generazioni successive (trasmissione verticale). opinione diffusa che la scrittura si sia sviluppata in ambiente mesopotamico intorno al 3.100-3.200 a.C. e che in questo luogo avessero avuto origine le prime grandi civilt. In realt sono stati rinvenuti testi egizi che risalgono al 3.200-3.400 a.C. e ceramiche di Harappa nella valle dellIndo con iscrizioni datate intorno al 3.500 a.C. Eppure le pi antiche forme di scrittura scoperte fino a oggi ci conducevano in Europa, presso la civilt dei Vina, nella penisola balcanica. Attualmente si sta configurando un nuovo quadro secondo cui linvenzione della scrittura sarebbe stata anticipata di ben un millennio, dalla civilt degli Harappa: sono state rinvenute, infatti, nella valle dellIndo, ceramiche con iscrizioni che vanno dal 2.600 al 3.500 a.C. Ancora, sono stati rinvenuti testi egizi che risalgono al 3.200-3.400 a.C., nonch terrecotte della civilt Vina, stabilitasi attorno al corso del Danubio, la cui scrittura risalirebbe a un periodo compreso tra il 4.000 e il 5.400 a.C.; sembra, inoltre, che nelle varie culture la scrittura si sia sviluppata per motivazioni varie: se per gli Egizi, la civilt degli Harappa e quella della valle dellIndo, la scrittura era utilizzata nellambito del culto e dei rituali religiosi, in Mesopotamia essa era legata al commercio e alla contabilit (Haarmann, 2002). Come accennato, a partire dal 3.500 a.C. la lingua di terra tra i fiumi Tigri ed Eufrate fu abitata prima dai Sumeri, poi dai Babilonesi e, infine, dagli Assiri, nonch da altre civilt di cui si hanno per meno informazioni. A queste popolazioni dobbiamo alcuni dei primi esempi di scrittura, quella cuneiforme. Usando uno stilo si eseguivano sullargilla piccole incisioni di tipo piramidale (i glifi) che ricordano dei chiodi o

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dei cunei. Tutto nasce a partire da quelli che Schmandt-Besserat (1992) definisce tokens, ovvero contrassegni di argilla che rappresentavano un bene o una quantit di un certo bene e che avevano varie forme legate alla tipologia di oggetto che doveva essere rappresentato. Compaiono poi, nel iv secolo a.C., accanto a questi strumenti per la contabilit, anche le cretule, ossia dei certificati che stabilivano il numero di contrassegni che venivano realizzati su involucri sferici. Su di essi potevano essere riportati sia i contrassegni stessi che una loro riproduzione attraverso uno stilo. La dissociazione tra il bene e la sua quantit, ora rappresentata da un numero astratto, ha permesso di utilizzare il segno pittografico che serviva a designare loggetto anche per scopi diversi dalla contabilit. Dobbiamo molto, in termini di scrittura, anche alla fiorente civilt degli Egizi, sorta sulle sponde del fiume Nilo intorno al 3.300 a.C., la cui lingua scritta era formata da un sistema di segni pittorici che prendono il nome di geroglifici e che venivano realizzati su un particolare tipo di carta ricavata da una pianta molto diffusa sulle sponde del Nilo, il papiro. Il percorso effettuato dalla scrittura in queste regioni sembra passare dai pittogrammi, che, come si visto, sembrano essere stati unevoluzione delle primitive forme di espressione pittorica e rappresentavano oggetti o concetti elementari; dai pittogrammi, poi, si sarebbe giunti agli ideogrammi, che rappresentavano anche idee astratte oltre che concrete, fino a giungere ai logogrammi, che costituivano le unit di significato e che rendevano il linguaggio scritto molto simile a quello parlato (Corballis, 2002). La scrittura degli Egizi e dei popoli della Mesopotamia un sistema che ha carattere prevalentemente sillabico: al segno grafico, cio, corrispondono suoni di una o pi consonanti e una vocale. Nella scrittura alfabetica, invece, ogni segno corrisponde a un suono singolo e la sua invenzione si deve al rivoluzionario lavoro di traduzione svolto nelle regioni di Canaan e nel Sinai da persone che parlavano lingue semitiche. Le sperimentazioni hanno avuto inizio intorno al 1.700 a.C. e il procedimento utilizzato stato tanto semplice quando geniale: sono state attribuite ai pittogrammi della scrittura egizia allora tra i sistemi di scrittura pi affermati le iniziali delle parole semitiche corrispondenti. Al pittogramma di una casa venne, quindi, associata la B, perch in lingua semitica casa si diceva btu (Healey, 2002). Un approfondi-

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mento sulla storia della scrittura si pu leggere nei contributi curati da Bocchi e Ceruti (2002) e nel volume di Bordas (2010). Inizialmente le vocali non erano scritte, ma solo lette ed era perci necessario uno spazio che delimitasse linizio e la fine dei singoli termini. Lalfabeto definitivo nasce, invece, per opera dei greci, nel 730 a.C. circa. Presero in prestito dai Fenici i segni consonantici: ad alcuni attribuirono lo stesso valore e lo stesso nome, mentre ne modificarono altri trasformandoli in vocali, dallo aleph nascer lalpha A, dallo h la epsilon E e cos via. Secondo Herrenschmidt (2002) probabile che nella scelta dei segni da associare alle vocali i greci abbiano scelto delle rappresentazioni grafiche che richiamassero quanto veniva agito con il corpo nel pronunciare quel determinato suono. Il segno O imiterebbe, allora, la bocca nellatto di emettere il tipico suono, mentre la omikron indicherebbe la O un po pi aperta. La iota, I, nascerebbe, invece, dallallungamento orizzontale delle labbra quando la si pronuncia e sarebbe stata poi ruotata di 90 come spesso avvenuto nella storia della scrittura. I segni consonantici sembrano essere privi di questo peso figurativo, mentre le vocali sono rappresentazioni [visibili] del corpo parlante sia a livello esterno, delle labbra, che a livello interno, di articolazione di suoni (Herrenschmidt, 2002, p. 108). Nella marea montante di produzioni culturali che si sono succedute nei secoli e tra le file degli operatori della cultura si scelto di soffermarsi sugli amanuensi, silenziosi professionisti della trasmissione culturale, media viventi di una preziosa eredit.

4.3. Il ruolo degli amanuensi nella trasmissione della cultura


Il termine amanuense deriva dal latino servus a mano: era con questo appellativo che i romani, infatti, si rivolgevano agli scribi. Questi ultimi erano degli schiavi a cui spettava il compito di trascrivere le opere pi importanti affinch potesse esserci pi di una copia in circolazione. Dopo le invasioni barbariche, questo importantissimo compito viene raccolto e continuato dai monaci, soprattutto Benedettini. Nelle abbazie, allinterno dello scriptorium, questi religiosi hanno svolto un lavoro unico di trasmissione della cultura.

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La comunicazione del patrimonio culturale dellumanit

Esistevano, infatti, anche amanuensi casuali o studiosi che copiavano i manoscritti, ma le riproduzioni erano spesso poco fedeli alloriginale o trasformate secondo la sensibilit interpretativa di chi copiava. Tra il xiv e il xv secolo lattivit degli amanuensi aveva raggiunto il suo culmine, tanto che si sarebbe potuta definire ormai unarte. Si diffonde, per, anche la necessit di far controllare il lavoro svolto, dai correctores, i quali si dovevano accertare della correttezza grammaticale degli scritti; sembra, infatti, che il salario degli amanuensi fosse tanto buono da attirare anche persone che erano, in realt, semianalfabete. Dopo essere stato trascritto, il testo passava nelle mani del miniatore, che si occupava di realizzare unimmagine decorativa per il manoscritto. Con il tempo, le illustrazioni divennero di taglio sempre pi piccolo e a oggi, con il termine miniatura si suole indicare proprio unicona di piccole dimensioni. A volte il lavoro era svolto da pi persone insieme: le grandi e lussuose opere potevano richiedere una grande quantit di tempo per essere trascritte e venivano affidate a due amanuensi. Lopera di questi trascrittori inestimabile, perch grazie a loro che abbiamo avuto la possibilit di conoscere testi che sarebbero andati, altrimenti, persi. Le opere trascritte dai monaci erano soprattutto in lingua latina, ma nel periodo del Medioevo inizia a delinearsi un altro grande fenomeno che avr unimportante influenza sulla formazione delle lingue come le conosciamo oggi, soprattutto in Europa: nasce, infatti, il volgare. Con questo termine si indica la lingua parlata dal popolo, ovvero dal volgo, che non solo si era distaccata molto dal latino classico, ma si era anche differenziata geograficamente. da queste distorsioni locali che nasceranno poi le diverse lingue romanze: italiano, francese, spagnolo, portoghese e rumeno. Non possiamo riscontrare una data ufficiale di inizio della diffusione del volgare, poich tale inquinamento linguistico un processo che avvenuto gradualmente. Tra i primi documenti che possiamo rintracciare vi lindovinello veronese risalente allanno 800 e i Placiti cassinesi datati intorno al 960. Il Giuramento di Strasburgo , invece, dell842 e testimonia lunione del volgare francese con quello tedesco. Dobbiamo aspettare il xiii secolo perch il volgare diventi una lingua con cui stilare testi letterari maturi. In italiano spiccano gli apporti

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di Francesco dAssisi e del siciliano Cielo dAlcamo13 a cui attribuita una delle espressioni pi conosciute della poesia volgare di matrice giullaresca: Rosa fresca aulentissima. Il xiv secolo vede la promozione del volgare che trova le sue forme pi alte e auliche nelle opere di Dante, del Petrarca e del Boccaccio. Litaliano avr origine proprio dalla lingua volgare che si sviluppa in Toscana. Eppure, in altre parti dItalia, il volgare non trova ancora un grande riscontro da parte delllite intellettuale che, invece, riscopre i grandi classici in lingua latina: vediamo allora coesistere due anime e chi sinteressa di letteratura , spesso, bilingue, tanto che alcuni testi mostrano sia la versione in latino che quella in lingua volgare. Allo stesso tempo il latino utilizzato per le produzioni che sono destinate ai soli intellettuali, mentre il volgare viene sistematicamente introdotto nei componimenti di carattere pi popolare che dovevano essere compresi da tutti. Per avere una pi ampia diffusione della lingua volgare dobbiamo attendere la comparsa sulla scena del mondo di una delle rivoluzioni che ha modificato radicalmente il modo di comunicare degli uomini: la stampa a caratteri mobili (Cavallo, 2002; Lepschy - Lepschy, 1999).

4.4. La rivoluzione tipografica


Sempre nel solco profondo della trasmissione della cultura e dei media a disposizione per farlo, trova collocazione la storia della stampa che, stando ai fatti, non inizia in Europa. Per risalire alle sue origini dobbiamo, infatti, spostarci in Cina dove sui fogli di carta14 venivano impresse delle immagini precedentemente intagliate su blocchi di legno (stampa con blocchi di legno). Il pi antico reperto ritrovato uniscrizione buddhista datata intorno al 684-705. Buddhista sarebbe anche il primo

Sembra che il nome Cielo non fosse il nome originale, bens il risultato prima di una storpiatura grottesca: Ciullo, tipica in ambito giullaresco, e poi di una rilettura in ambito toscano. 14 La fabbricazione della carta da pezzi di corteccia, stracci e reti da pesca stata descritta per la prima volta in Cina nellanno 105 da Tsai Lun e il pi antico pezzo di carta ritrovato ottenuto dalla lavorazione di stracci risale al 150 (Bordas, 2010).
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La comunicazione del patrimonio culturale dellumanit

testo stampato di cui abbiamo notizia, risalente al 750-751. a un memoriale del 1023 che dobbiamo informazioni circa lintroduzione di un altro materiale per la stampa: il rame. Esso veniva utilizzato sotto forma di lastra per stampare delle banconote e sotto forma di blocchi per imprimere su di esse i numeri. Cinese sembra anche il primo tentativo di stampa con caratteri mobili, risalente al 1041. Bi Sheng questo il nome dellinventore del nuovo modo di stampare utilizz, per, caratteri di argilla che erano per troppo fragili. Nel 1298 tale tecnica fu migliorata attraverso lintroduzione del legno come supporto e tramite un sistema di tavole girevoli. In seguito furono realizzati anche blocchi in metallo (Bordas, 2010). Ma cosa accadeva, nel frattempo, in Europa? La stampa con blocchi di legno venne introdotta anche nel vecchio continente, tanto che dal 1300 si diffuse la moda di stampare immagini sui tessuti degli abiti. Sappiamo anche che quando la carta divenne di pi facile reperimento iniziarono a essere abitualmente stampate le carte da gioco. nel 1440, per, che la stampa diventa uno strumento pi economico per gli europei, grazie alla tecnica dei caratteri mobili introdotta dal tedesco Johannes Gutenberg. Non sappiamo se fosse giunta in Europa, forse attraverso gli scambi commerciali, anche la stampa a caratteri mobili che era stata introdotta in Cina, ma certo che il modo di stampare di Gutenberg ha rivoluzionato questa tecnica, permettendo una diffusione pi rapida dei testi. Sappiamo, daltro canto, che quando nel xix secolo le tecniche di Gutenberg furono introdotte in Cina, soppiantarono completamente i metodi di stampa locale, che erano basati su un grande lavoro manuale. In primo luogo Gutenberg sostitu gli inchiostri a base acquosa con quelli a olio: erano pi resistenti e duraturi. Ai supporti in legno, argilla e rame prefer una lega fatta di piombo, stagno e antimonio, da cui si potevano ottenere caratteri durevoli che permettevano stampe di alta qualit. Realizz, poi, una pressa per la stampa che sarebbe stata determinante per la futura produzione di libri. Dalla Germania questo nuovo modo di stampare si diffuse rapidamente. La stampa rivoluziona la comunicazione poich rende il messaggio riproducibile in grandi quantit: il pubblico che ne pu usufruire diventa sempre pi vasto. Con lavvento della parola stampata si passa alla produzione di mezzi quali i libri e i periodici, che sono cos messi alla portata

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di tutti, anche se linterazione comunicativa rimane sempre univoca. Da quando un messaggio pu essere trasmesso a pi destinatari contemporaneamente si entra nellera dei mass media o mezzi di comunicazione di massa.

4.5. La rivoluzione elettrica e i mezzi di comunicazione di massa


La locuzione mass media deriva dal latino, dove media da intendersi come il plurale di medium, ma il suo significato non ha nulla a che vedere con lorigine del vocabolo. Le due parole definiscono, infatti, i mezzi di comunicazione di massa, laddove nella voce latina alla parola medium non appare nessuna accezione corrispondente a mezzo, strumento. Questo accade perch, pur derivando dal latino, la parola da intendersi con il valore attribuitole dalla lingua che lha coniata, ovvero quella anglosassone (Bracchi, 2002). Termine inizialmente avvolto da un alone negativo veniva soprattutto posto laccento sulla fruizione passiva da parte di unenorme massa di persone che si limitavano a consumare i prodotti promossi dalla propaganda pubblicitaria oggi indica due concetti: o si intendono quegli strumenti in cui la tecnologia gioca un ruolo fondamentale nellambito della distribuzione, oppure tutti quei canali di comunicazione in cui la fruizione sostanzialmente istantanea, collettiva e passiva (Colombo, 2002).

Figura 3 - La tipologia comunicativa Uno-Molti della cultura

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La comunicazione del patrimonio culturale dellumanit

Senza soffermarci troppo sulle definizioni e sulle categorie, importante rilevare, quando si parla di media, come essi rappresentano una possibilit in pi per la comunicazione umana e per la trasmissione della cultura. Per tutta let moderna15 il mezzo di comunicazione di massa pi utilizzato stato la Stampa, seguito, lungo i secoli, dal Cinema, dalla Radio e dalla Televisione. Quanta cultura passata e continua a passare attraverso queste straordinarie invenzioni. Nellultimo scorcio del millennio sono state sviluppate nuove tecnologie e si giunti alla creazione e alluso di nuovi mezzi di comunicazione: siamo alla rivoluzione digitale. Ed ecco allora che, con lentrata in campo dei media bidirezionali i destinatari dei messaggi aumentano vertiginosamente: si moltiplicano i vari mittenti e destinatari che hanno feedback immediati e che si alternano nei ruoli, come nel caso della telefonata o del rapporto epistolare online.

Figura 4 - La tipologia comunicativa Uno-Uno della cultura

Ma la storia dei media non finisce qui: con lavvento delle nuove tecnologie la comunicazione della cultura fa ulteriori e decisivi passi in avanti (Cangi, 2001).

Linizio dellet moderna viene fatto solitamente coincidere con la fine del xv secolo. Per quanto concerne la sua fine ci sono diverse interpretazioni storiografiche, che la fanno oscillare tra la fine del xviii secolo e la met del xix secolo.
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Capitolo primo - Le origini del linguaggio, della cultura e delle lingue

4.6. La rivoluzione digitale e i nuovi media


La possibilit di trasmettere cultura, grazie alle tecnologie digitali, ora senza confini. Con lentrata in campo dei media reticolari o circolari ogni singolo utente pu comunicare con un numero infinito dinterlocutori: linterazione potrebbe diventare, quindi, collettiva come nelle reti sociali online.

Figura 5 - La tipologia comunicativa Molti-Molti della cultura

Viene fatto qui riferimento a strumenti come il computer, gestore della multimedialit interattiva, mosaico di numerosi media che offrono testo, grafica, animazione, immagine fissa e cinetica, audio e tridimensionalit e che soprattutto collegano tra loro nodi di informazioni e conoscenza (Cangi, 2002b). Questo passaggio stato reso possibile dalla trasformazione del medium da strumento per lattribuzione di significato a strumento che rappresenta direttamente ci che si desidera trasmettere. Le nuove tecnologie, oltre a consentire la veicolazione rapida e massiccia della cultura, hanno influenzato fortemente la comunicazione interpersonale. Partendo dai choppers siamo arrivati agli avamposti della cultura identificati forse nel 3D e nella spettacolare grafica dei mondi virtuali e dei videogiochi. Altro vedranno lumanit e le singole culture domani. Ora, contrariamente a quanto afferma Dawkins

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Dal linguaggio e dalla cultura alle lingue

(2006) circa lesistenza dei memi o unit di informazioni che regolano le manifestazioni culturali e che caratterizzano la cultura e la societ, e confortati dalla chiarezza con la quale Facchini (2008) afferma che leredit culturale frutto dellattivit creativa delluomo, rileggiamo Teilhard de Chardin (1956). LAutore e scienziato convinto che ci che noi chiamiamo amore esiste gi a livello delle pi semplici molecole. Infatti, se non fosse gi presente nelle forme pi semplici delluniverso non potrebbe manifestarsi nemmeno ai suoi livelli pi alti. lamore la forza gravitazionale che attrae per i credenti nel centro dei centri che Cristo. La specie biologica umana, dopo aver raggiunto la tappa dellominizzazione, entra nella fase dellumanizzazione e, con i doni del pensiero, del linguaggio e della cultura, si organizza in umanit per raggiungere un punto vertice che, per i credenti, si chiama Dio. La grande visione di Teilhard de Chardin, fondata su una cosmologia evoluzionistica, ma non materialistica, caratterizzata dalla comunicazione. Per questa ragione lavvenire dellevoluzione umana quello di una maggiore socializzazione perch lessenza delluomo sta nella sua natura relazionale. Quale ruolo avranno le tecnologie digitali in tal senso?

5. Dal linguaggio e dalla cultura alle lingue


Se vero che la produzione scritta ha determinato un grande cambiamento allinterno della comunicazione umana e della trasmissione della cultura, anche vero che la prima forma dinterazione linguistica, loralit, non mai stata abbandonata. Anzi, dalle prime forme di linguaggio dei Sapiens, il linguaggio ha assunto sfumature differenti e si declinato in tanti idiomi diversi. Com avvenuta questa evoluzione? Grazie alle ripetute migrazioni che luomo ha vissuto in luoghi e tempi della sua storia. Lespansione umana potrebbe aver seguito due percorsi differenti: da un lato potrebbero esserci state frequenti migrazioni; dallaltro, individui provenienti dallAfrica potrebbero essersi incrociati con altri gruppi stanziati in regioni adiacenti. A loro volta, questi ultimi potrebbero essersi mescolati con popolazioni un

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po pi distanti dal continente africano. Questa seconda ipotesi, definita dellondata di diffusione (diffusion wave hypothesis), sembrerebbe in linea con i dati emersi da uno studio sui resti di uomo anatomicamente moderno: la distanza genetica sembrerebbe correlata a quella percorsa in termini di chilometri nei brevi tragitti sulla terraferma che sono stati effettuati dai nostri primi antenati (Wood, 2005).

5.1. Per terra e per mare


Dopo essersi affermato in Africa, Homo sapiens sapiens inizia a colonizzare la Terra tutta, spostandosi attorno alle coste, ma approfittando anche dellaumento delle terre emerse a causa delle glaciazioni. Intorno ai 55.000-60.000 anni fa dovrebbe essere avvenuta una delle prime migrazioni dallAfrica: sono stati ritrovati reperti risalenti a questepoca in Cina, Nuova Guinea e Australia. Verso i 35.000-40.000 anni fa inizia a essere popolata lEuropa, probabilmente a partire da Oriente. Pi tardi vengono colonizzate le zone fredde dellAsia, e tra i 15.000 e i 35.000 anni fa deve essere avvenuta, proprio da questa parte del mondo, la migrazione verso le Americhe. Insieme alla diversificazione dei caratteri esterni, che si sono adattati ai vari ambienti colonizzati, si assiste alla maturazione di lingue diverse. Luca e Francesco Cavalli-Sforza e chi, con Paolo Menozzi e Alberto Piazza (Cavalli-Sforza - Cavalli-Sforza, 1995) ha ipotizzato una relazione tra genetica e linguistica, ha sovrapposto le famiglie linguistiche con lalbero genetico delle popolazioni del mondo, riscontrando una straordinaria corrispondenza di dati. A pagina 50 ne viene presentata una rielaborazione grafica basata sui dati di Cavalli-Sforza e Cavalli-Sforza (1995, p. 287). Naturalmente, la storia successiva delle popolazioni ha giocato un ruolo fondamentale nella caratterizzazione di determinate popolazioni creando anche dissonanze tra patrimonio genetico e linguistico. il caso degli Etiopi che hanno un patrimonio genetico per il 60% africano e per il 40% di origine caucasoide e che, dal punto di vista linguistico, sono riconducibili agli Arabi, poich le loro lingue fanno parte della famiglia afroasiatica (Cavalli-Sforza - Cavalli-Sforza, 1995).

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Dal linguaggio e dalla cultura alle lingue

5.2. Lingue del mondo e lingue nel mondo


6.909. Questo il numero di lingue parlate nel mondo secondo quanto stabilito nella sedicesima edizione del catalogo Ethnologue (Lewis, 2009). Alcune abbracciano grandi fette della popolazione mondiale, altre sono tramandate da pochissimi parlanti e rischiano di scomparire. Inoltre, proprio perch la cultura ha, di rado, confini precisi, spesso le lingue si sono mescolate e hanno dato vita a idiomi nuovi, particolari, forse parlati solo in piccoli spicchi di terra. Sarebbe riduttivo, allora, dire che in Italia si parla litaliano. Perch sono molteplici i codici che utilizziamo per esprimerci, anche se riconducibili alla comune matrice indoeuropea. Ecco, allora, che per classificare, in inglese internazionale, la lingua in cui scritto questo libro verr usata la dicitura: Indo-European/Italic, Romance/Italo-Western/Italo-Dalmatian16. Come si fa con i file del computer, risaliamo alla cartella principale attraverso varie sottocartelle. Va sottolineato che i modi di classificare una lingua sono molteplici. Tra i pi significativi dal punto di vista scientifico troviamo i seguenti, elencati da Gobber e Morani (2010): classificazione genealogica: il criterio che segue lappartenenza di alcune lingue a un ceppo comune. Alcune lingue, infatti, mostrano una somiglianza tra le parole sia a livello di significante che di significato, tale da far ritenere che siano imparentate tra loro. Ecco che la parola italiana sole si dice sol in portoghese e in spagnolo, soleil in francese e soare in rumeno. Per mare abbiamo mar in portoghese e in spagnolo, mer in francese e mare in rumeno. Allo stesso modo le lingue germaniche vengono individuate per la somiglianza formale e semantica. La parola inglese land (terra) si scrive nello stesso identico modo in olandese, in svedese, in gotico e in tedesco. Nellultimo caso necessario scrivere in maiuscolo la prima lettera della parola. classificazione tipologica: raggruppa le lingue seguendo criteri arbitrari o prestando attenzione allordine basico delle parole. Nel primo

Per approfondimenti sul profilo linguistico dellItalia si pu consultare la pagina web di Ethnologue (2009) allindirizzo: http://www.ethnologue.com/show_language. asp?code=ita.
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caso, le lingue vengono classificate seguendo differenti impostazioni: presenza/assenza di alcuni fonemi (numero di vocali presenti in una lingua); particolarit nella prosodia (si fa attenzione al tipo di accento presente in una determinata lingua); morfologia (esistenza di declinazioni o di participi allinterno della lingua esaminata; si distinguono solitamente: lingue isolanti = non esistono n declinazioni, n derivazioni, come nella lingua cinese; lingue agglutinanti = si aggiungono dei morfemi per indicare la funzione della parola come nel caso della lingua turca; lingue flessive = ogni forma contiene in s un insieme di significati e funzioni a seconda della desinenza che si aggiunge, come nel caso dellitaliano). Lelenco potrebbe continuare ancora a lungo. Recentemente tale tipo di classificazione si concentrata piuttosto sullordine basico delle parole, ovvero sulla sequenza, allinterno della frase, dei suoi elementi costitutivi: Soggetto (s), Verbo (v) e Oggetto (o). Il 95% delle lingue utilizza le seguenti tre combinazioni svo, sov, vso. Alcuni esempi sono forniti dalle lingue italiana, persiana e ebraica (Gobber - Morani, 2010, p. 174): svo Italiano Il bambino legge il libro sov Persiano Mard asb-r dd (lett. Uomo il cavallo ha visto) vso Ebraico Yada r qnhu (lett. Conosce il bue il suo padrone) classificazione areale: organizza le lingue partendo da unottica storica diversa da quella genealogica. Un esempio: la lingua inglese riconducibile al ceppo delle lingue germaniche. Daltro canto le influenze successive dovute alle conquiste dei romani in territorio britannico hanno colorato lidioma di partenza che oggi consta di vocaboli di derivazione latina pari al 50% del lessico totale (Cavalli-Sforza - Cavalli-Sforza, 1995). Questo avvicina molto la lingua inglese alle lingue romanze17. Risaliamo, attraverso queste classificazioni, ad alcune famiglie principali di lingue. Greenberg, la cui sistematizzazione universalmente accettata, e il suo allievo Ruhlen (cit. in Cavalli-Sforza - Cavalli-Sforza,

Va precisato che sia i criteri di classificazione che il numero di famiglie linguistiche esistenti sono oggetto di dibattiti e confronti continui tra gli studiosi che sono spesso in disaccordo fra loro.
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1995) ne hanno individuate circa 17, di cui quattro sono rintracciabili in Africa, tre in America, due in Europa, una in Australia, una in Nuova Guinea e le restanti nel continente asiatico. Gli studi attuali si stanno portando verso una diminuzione delle famiglie linguistiche con la relativa creazione di raggruppamenti pi numerosi per famiglia. Per un aggiornamento costante sullo stato delle lingue nel mondo, la rivista Ethnologue. Languages of the World 18, oltre a pubblicare una versione cartacea, mette a disposizione, allurl www.ethnologue.com, unampia documentazione arricchita di grafici, statistiche, tabelle e testi esplicativi che illustrano la localizzazione geografica delle 6.909 lingue censite nel 2009. Laggiornamento del sito costante. Ricostruire lalbero genealogico delle lingue non compito semplice, anche perch difficile, utilizzando il metodo della glottocronologia che permette di datare, anche se in modo approssimativo e con margini di errore, le lingue, nonch di ripercorrere i passi che hanno portato a separazioni e distinzioni raggiungere parentele che siano precedenti ai 6.000 anni fa. Andando pi indietro nel tempo, infatti, le parole comuni rintracciabili sono ridotte al 10% e lerrore statistico diventa troppo grande. Avvalendosi di diversi approcci si possono per raggiungere epoche precedenti e si pu valutare la possibilit di riunire alcune grandi famiglie di lingue in una superfamiglia, quella Eurasiatica, ad esempio, che per i russi prende il nome di Nostratico. Tale classificazione stata proposta separatamente da Greenberg e da alcuni studiosi russi (cit. in Cavalli-Sforza - Cavalli-Sforza, 1995), con alcune differenze nelle famiglie di lingue inserite allinterno della superfamiglia. Resta da chiedersi se sia possibile risalire a ununica lingua comune, ancestrale. di nuovo Greenberg (1966), sulla scia di altri pionieri come Trombetti (1905) a dare il via alle danze, risalendo a una matrice che sembra riscontrabile in tutte le lingue, letimo tik. Bengtson e Ruhlen (1994) forniscono un elenco dettagliato delle possibili etimologie comuni tra le lingue.

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La casa editrice si trova nel Texas, precisamente a Dallas.

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Figura 6 - Sovrapposizione delle famiglie linguistiche con lalbero genetico delle popolazioni del mondo19

5.3. Lingue in movimento


Accanto a fattori che accomunano le lingue ce ne sono molti che le rendono peculiari. Tali distinzioni non si registrano solo tra una lingua e laltra, ma di frequente allinterno della stessa lingua dove si possono notare delle variet che vengono enucleate a partire dalla sistematizzazione proposta da Gobber e Morani (2010): variet diacroniche: le lingue non sono statiche, ma variano e si modificano nel tempo; variet diatopiche: allinterno di uno stesso territorio si registrano espressioni diverse della stessa lingua (non si prendono in con-

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Elaborazione grafica basata sui dati di Cavalli-Sforza e Cavalli-Sforza (1995, p. 287).

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siderazione qui i dialetti, che vanno ritenuti variet a s stanti); variet diastratiche: a seconda dellappartenenza socio-culturale di chi parla o del contesto sociale in cui utilizzata, la lingua assume sfumature diverse; variet diafasiche: una stessa lingua dipendente dallo scopo della comunicazione che sta avendo luogo. In un contesto lavorativo verr utilizzato un modo di esprimersi pi formale rispetto a quello utilizzato in contesti familiari; variet diamesiche: le differenze, in una stessa lingua, sono legate al mezzo di comunicazione che si sta utilizzando. Parlare alla radio sar diverso dal colloquiare con un amico prendendo il caff. Lingue che si mescolano, che si differenziano, che rivendicano unidentit culturale propria, come il caso delle lingue friulana e sarda che, in seguito alla legge n. 482 del 199920 sono state considerate realt linguistiche da tutelare e da insegnare nelle scuole, accanto allitaliano. Interessante poi notare come la diffusione di alcune lingue abbia superato i confini geografici in cui si erano originariamente formate. il caso dello spagnolo e dellinglese che, durante i periodi di colonizzazione di terre lontane dallEuropa, hanno contaminato le lingue locali, oppure si sono lentamente imposte come lingue ufficiali. Pi attuale, invece, la diffusione della lingua inglese come strumento universale per dialogare: non solo la sua conoscenza richiesta sui luoghi di lavoro, ma essa si introdotta anche allinterno delle nostre abitazioni attraverso le nuove tecnologie che parlano inglese. Sempre pi espressioni lessicali della lingua inglese sono entrate a far parte del nostro vocabolario: personal computer, week-end, cocktail sono solo alcuni esempi (Severgnini, 2010; Crystal, 2000). Spesso, dallincontro non banale tra pi lingue sono nati idiomi nuovi: cos accaduto per le popolazioni che sono state colonizzate e i cui membri hanno acquisito vocaboli di unaltra lingua assorbendoli nella propria in un atto creativo che ha generato una lingua unica,

Cfr. Italia. Camera dei Deputati, Senato della Repubblica e Presidente della Repubblica, Legge 15 dicembre 1999 n. 482, Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche, in Gazzetta Ufficiale Serie Generale (20-12-1999) 297.
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funzionale agli scambi con i colonizzatori. Questo primo abbozzo di lingua noto come pidgin. Nel xix secolo, dallincontro tra la lingua dei colonizzatori europei e quelle degli indigeni locali, si sono sviluppate forme di pidgin in tre zone principali: quella caraibica, quella melanesiana e il Sud-Est asiatico. Dal cantonese e dallinglese si formato il chinglish. Il lessico il risultato della commistione tra le due lingue, la sintassi elementare e molto semplificata, spesso ci sono spiccati adattamenti fonetici. Con il passare del tempo il pidgin pu assumere una certa stabilit e affermarsi come lingua madre delle generazioni successive: tale fenomeno prende il nome di creolizzazione e la lingua che emerge viene detta creola (Gobber - Morani, 2010). Oltre a crearsi e a modificarsi, le lingue rischiano anche di morire e di estinguersi.

5.4. Lingue in estinzione


Se invece di prendere in esame la sedicesima edizione di Ethnologue (Lewis, 2009) avessimo avuto in mano la quindicesima (Gordon, 2005), sarebbe subito saltato agli occhi che le lingue parlate erano 6.912, ovvero tre in pi rispetto a quelle attuali. Quelle tre lingue in pi sono semplicemente scomparse. Come pu una lingua morire da un giorno allaltro? Questo accade quando non ci sono pi individui che la parlano. Molte, oggi, sono le lingue che si stanno avvicinando alla fine perch rimasta solo una manciata di persone a farne uso. In Africa stanno per scomparire 46 lingue. Nelle Americhe 182. 84 fra le lingue asiatiche, mentre quelle europee in via di estinzione sono, fortunatamente, solo 9. Il numero sale drasticamente a 152 se ci accostiamo alle lingue del Pacifico che comprendono anche alcune aree del Sud dellAsia e il Madagascar (Lewis, 2009). Il mondo sar, purtroppo, depauperato di ben 473 lingue-culture. Ma quali sono le ragioni per cui si arriva al decadimento completo di una lingua? Come evidenzia Crystal (2000), ci sono tre fasi nella morte di una lingua: la prima prevede un momento in cui una lingua simpone su unaltra. Pu trattarsi di un processo dallalto verso il basso o processo dimposizione di una lingua sullaltra, o, al contrario, possono essere le esigenze sociali a imporsi, per decisione di una minoranza

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Dal linguaggio e dalla cultura alle lingue

linguistica o semplicemente per ragioni di moda. Oppure il meccanismo pu essere poco definito e determinarsi ugualmente. Nella seconda fase abbiamo una sorta di bilinguismo dei parlanti, in cui le lingue sono padroneggiate in ugual modo. Infine, nella terza fase, la seconda lingua soppianta la prima e restano sempre meno parlanti a conoscere e utilizzare la lingua originaria.

5.5. Lingue artificiali e immaginarie e linguaggi di programmazione


Da una parte la creativit umana, dallaltra impellenti esigenze di comunicazione, hanno avviato la produzione di lingue artificiali o immaginarie scritte e parlate o solo parlate (Albani - Buonarroti, 1994). La sigla lai, che sta per Lingue Ausiliarie Internazionali, raggruppa un buon numero di lingue tra le quali la pi conosciuta lesperanto, sviluppata tra il 1872 e il 1887 da Ludwik Lejzer Zamenhof. Questa Lingvo Internacia stata creata con lo scopo di far dialogare fra loro i diversi popoli per creare pace e comprensione. Lesperanto ha voluto appartenere e continua a voler appartenere allumanit e non a un popolo (Macr, 2010). Lesperanto ha conosciuto un progetto di riforma nel 1937, per opera di Ren de Saussure. Il fascino esercitato dalle lingue ha portato alla creazione di lingue universali nei film di animazione o nei racconti fantasy. J.R.R. Tolkien cita ben 25 lingue nei suoi libri, tra cui il Hobbitish. Il Basic galattico la lingua franca nelluniverso di Guerre Stellari (Lucas, 1977-2005). Lingue vere, semplificate, sono anchessere Basic come il Basic English, fra altre, una versione semplificata dellinglese creata da Ogden (1937). I linguaggi di programmazione, in informatica, sono linguaggi formali dotati, come un qualsiasi altro linguaggio naturale, di sintassi, di lessico e di semantica, chiaramente definiti, che vengono utilizzati per controllare una macchina formale o una sua implementazione. Dal linguaggio Plankalkl di Konrad Zuse, mai utilizzato, ai linguaggi imperativi, strutturati, orientati a oggetti, funzionali, logici, esoterici, paralleli e di scripting, linformatica mostra una creativit sempre in azione. Ben prima dei linguaggi formali dellinformatica stata ed presente la logica formale.

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Capitolo primo - Le origini del linguaggio, della cultura e delle lingue

6. Un ritorno alle origini che si proietta nel futuro della didattica delle lingue altre
Come spendere quanto illustrato fin qui nella quotidianit dellinsegnare e acquisire lingue altre? Bisogna davvero tornare indietro agli albori della storia delluomo e allorigine del linguaggio per insegnare una lingua altra? necessario conoscere in che modo si evoluta la cultura e capire come siamo passati dal colore del linguaggio alla tavolozza di lingue oggi a nostra disposizione? Non solo importante. fondamentale. Sapere come si sono sviluppate le nostre abilit linguistiche permette di utilizzare mezzi e tecniche pi efficaci ai fini dellapprendimento, come ad esempio luso della gestualit, della mimica e della manualit. Quanto detto sul rapporto tra gesto e linguaggio suggerisce alcune condotte fondamentali per la didattica. Partire dallazione, dalla manipolazione, dalla concretezza di una comunicazione che si basa anche sui gesti permette di facilitare lacquisizione di una lingua altra. Lo fanno generalmente i genitori che stimolano le prime parole del bambino indicando gli oggetti, facendo movimenti o sottolineando con un gesto. Se viene naturale e spontaneo nellacquisizione della prima lingua, potrebbe essere un passaggio essenziale anche nellapprendimento di una lingua altra. Pi i mezzi che utilizziamo sono vicini a ci che naturalmente fa un bambino che impara la propria lingua materna e pi la trasmissione di un altro patrimonio linguistico potrebbe essere efficace. Questo ci stato anticipato dallexcursus sullorigine del linguaggio che ha visto nel gesto il precursore della parola. Le ricerche nel campo delle neuroscienze, che saranno esposte nel capitolo terzo, sembrano andare nella stessa direzione. Il gesto diventa un potente alleato per comprendere meglio il modo di esprimersi linguisticamente. Soprattutto perch nel passaggio dallazione al linguaggio sono state rese possibili alcune conquiste che hanno determinato numerosi cambiamenti nella vita dellumanit. E cosa dire dellapprofondimento sulla pluralit linguistica e sulla somiglianza genetica? Temi di sconcertante attualit allinterno dei nostri crocicchi sempre pi multiculturali. Attraverso le lingue possiamo veicolare informazioni reciproche sulle culture di appartenenza. Fare approfondimenti su modi di dire, su espressioni tipiche, su frasi idiomatiche, evidenziare similitudini e differenze tra le lingue parlate: ecco

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che la lingua diventa lo strumento per far nascere una vivace e rispettosa curiosit per laltro e per la sua cultura. Nella cornice di unantropologia della reciprocit si trova il luogo pi autentico per la fondazione della relazione interculturale perch, oggi, la nozione tradizionale di cultura ci chiede di essere dei tu inculturati e acculturati. La cultura, complesso di beni o di valori che altri prima di noi hanno accumulato e trasmesso e che noi, con un tocco in pi, trasmettiamo ad altri dopo di noi, caratterizzata dal tempo storico e dallo spazio geografico. viva, malleabile e dinamica: avvengono cambiamenti al suo interno e fra culture. Una delle principali suddivisioni dellantropologia, collegata con lo studio della cultura in tutti i suoi aspetti, e che usa i metodi, i concetti e i dati dellarcheologia, delletnografia, delletnologia e della linguistica nelle sue descrizioni e analisi dei vari popoli del mondo, iniziata in maniera sospettosa quando lEuropa, tecnologicamente avanzata, si messa in contatto con varie culture tradizionali, maldestramente denominate selvagge o primitive. Ha percorso poi periodi di genuino interesse per le origini delle diverse culture, popoli e lingue del mondo, ha superato non pochi pregiudizi e si finalmente aperta a una visione pluralistica per la quale ogni cultura umana, prodotto unico dellambiente e dei contatti, un valore. Limpegno dellantropologia culturale consiste nel capire i gruppi umani come creature del loro ambiente e come creatrici dei loro valori, attraverso la complessit e dinamicit proprie della persona, sempre capace di riscoprire e ri-creare se stessa allinterno dei confini della sua cultura. Una scienza, letnologia, che tratta in profondit della cultura. Nel lessico anglosassone, una duplice definizione la caratterizza. la scienza che tratta delle origini, distribuzione, relazioni, caratteristiche e suddivisione degli esseri umani in razze ed anche lo studio comparativo e analitico delle culture. Buber suggerisce che i nuclei di linguaggio dei popoli che sono rimasti poveri di oggetti e la cui vita si svolge attorno a un esiguo numero di azioni, sempre centrate sul presente, indicano per lo pi la totalit di una relazione. In essi non si colgono i prodotti dellanalisi e della riflessione, ma la relazione vissuta. Che senso ha scrive Buber il saluto Heil, legato allattribuzione di potere, se viene confrontato con il saluto dei Cafri, fresco e corporeo come Ti vedo! o alla sua variante americana Annusami!? (Buber, 1993, p. 72).

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Anche la comprensione etnica avviene grazie allapprendimento delle lingue. Dalla ricerca empirica emerge che lacquisizione di un codice linguistico differente sembra essere un mezzo capace di ridurre i vincoli culturali e preparare la strada per una comprensione reciproca. Com il rapporto tra lingua e cultura? stretto e nasce dal fatto che la lingua fa parte di un sistema culturale. Lo straordinario mezzo di trasmissione del pensare, del sentire e dellagire che il linguaggio strettamente legato ai modelli culturali e sociali di comportamento. Di conseguenza, il contatto tra le lingue produce il contatto tra le culture. La lingua si rapporta con la cultura del popolo che la parla, la chiave di accesso alla comprensione della cultura e, viceversa, la cultura spiega molte strutture della lingua. Prendere il t a una certa ora del pomeriggio con un particolare rituale; mangiare cinese o indiano; avvolgere in una foglia di lattuga un boccone scelto e porgerlo allospite di riguardo e migliaia di altre particolarit culturali si chiamano educazione linguistica. Le differenze nel preparare i cibi indicano maniere diverse di vedere il mondo e particolari stili di vita. Sono testi culturali ricchissimi. Lingua e cultura sono due entit cos interrelate e interdipendenti da non potersi scomporre. Se attraverso la lingua passano i valori della comunit che la parla, la lingua la concretizzazione della societ che rappresenta. Lapprendimento di una lingua diversa dalla lingua madre loccasione per scoprire unaltra maniera di sentire, percepire e comprendere. Pensare e sentire in una lingua altra significa aderire completamente a un altro sistema semantico. Ne usciamo arricchiti. Di fronte alle numerose e ricorrenti difficolt che oggi si incontrano negli ambiziosi progetti di educazione allEuropa, di educazione alla mondialit e di educazione interculturale, le proposte buberiane appaiono sfide, certamente difficili, ma luminose come lo sono le utopie. Educazione linguistica anche educare a sciogliere le formule linguistiche anonime nel loro nocciolo culturale, operare revisioni dei clich costituiti, aprire continuamente il ciclo dei confronti, non per interpretare e valutare le culture in riferimento alla nostra, ma per apprezzarle e appassionarvisi. Accostare bambini, ragazzi e giovani a pi lingue, e perci a pi culture, significa immergerli in contesti vivi, intrisi dei comportamenti socio-affettivi specifici di altri universi culturali in-

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Risultati dellapprendimento espressi mediante i descrittori di Dublino

tessuti con le lingue apprese. Non serve un semplice condizionamento verbale e cognitivo, indispensabile unimmedesimazione empatica, un legame vitale tra lingua e cultura. I viaggi reali e virtuali potrebbero facilitare questa immedesimazione per la compresenza dei tre modelli di trasmissione della cultura: uno-molti, uno-uno e molti-molti. La strada verso la piena umanizzazione passa per la com-prensione che diventa passione per lAltro nella sua cultura e nella sua lingua. Si potrebbe levare allora un coro di sei miliardi di voci che cantano insieme: And I think to myself: what a wonderful world? Chiss.

Per gli studenti di facolt universitarie 7. Risultati dellapprendimento espressi mediante i descrittori di Dublino
Conoscenza e capacit di Il lettore/lo studente dimostra di conoscere/ saper spiegare: le tappe principali dellevolucomprensione
zione umana con particolare riferimento allo sviluppo delle abilit linguistiche; le teorie pi importanti riguardo le origini del linguaggio; le tappe fondamentali nella produzione culturale-linguistica che ha caratterizzato la storia dellumanit; la diffusione delle lingue nel mondo e i fenomeni che attualmente le stanno interessando. ti adeguati e di realizzare semplici unit di apprendimento per sensibilizzare gli alunni, dalla scuola primaria alla scuola secondaria superiore, circa: levoluzione del linguaggio, le tappe principali nello sviluppo della cultura umana, la diffusione delle lingue nel mondo.

Conoscenza e capacit di Il lettore/lo studente in grado di estrapolare dagli argomenti teorici trattati elemencomprensione applicate

Autonomia di giudizio

Il lettore/lo studente in grado di presentare i vari punti di vista che emergono dai temi trattati allinterno del capitolo e le teorie circa la nascita del linguaggio e di illustrare, dandone le motivazioni, quale fra essi trova pi convincente. Per la difesa del proprio punto di vista si pu servire di approfondimenti personali fatti su altri materiali e supporti.

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Capitolo primo - Le origini del linguaggio, della cultura e delle lingue

Comunicazione

Il lettore/lo studente in grado di spiegare con chiarezza i temi affrontati, argomentando in maniera ricca e approfondita quanto acquisito. Ad esempio, sa enucleare tutti i fattori che hanno contribuito allevoluzione umana. Il lettore/lo studente dimostra di padroneggiare metodologie di apprendimento rendendo in forma schematica e immediata i vari argomenti trattati. A questo scopo utilizza mappe mentali che realizza usando programmi quali Visio di Microsoft o MindMeister di MeisterLabs Inc. o iMindMap di Tony Buzan. Commenta la timeline (linea del tempo) e legge le cartine geografiche che mostrano dove sono avvenuti i ritrovamenti di fossili e alcune fra le pi importanti migrazioni.

Capacit di apprendere

8. Guida allo studio e allapprofondimento


1. Levoluzione umana e le tappe principali che lhanno caratterizzata. 2. Le conquiste che hanno permesso levoluzione delluomo. 3. Le principali teorie sulla nascita del linguaggio. 4. Come il linguaggio ha favorito la nascita della cultura. 5. La protocultura. 6. Il contesto allinterno del quale si sono evolute le prime forme di scrittura. 7. Il ruolo degli amanuensi allinterno dei contesti culturali medioevali. 8. I cambiamenti avvenuti dopo linvenzione della stampa. 9. La comunicazione influenzata dai media. 10. I tipi di classificazione linguistica pi adottati. 11. Le variet linguistiche. 12. Il pidgin e la creolizzazione. 13. Le fasi dellestinzione linguistica individuate da Crystal. 14. Le lingue artificiali. 15. La teoria evolutiva al di l di evoluzionismo e creazionismo.

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