Sei sulla pagina 1di 16

www.arcipelagomilano.

org

numero 33 anno V 2 ottobre 2013


edizione stampabile

Luca Beltrami Gadola MILANO VIA DELLE STRETTE INTESE Antonio Piva MUSEI. ANCHE UNA VISITA PU ESSERE SGRADEVOLE Paola Bocci e Emanuele Lazzarini GRAFFITI. UNA BATTAGLIA INVINCIBILE? FORSE NO Lamberto Bertol PD: CIVATI NON CAPPUCCETTO ROSSO Marina Cosi "ARCHIVIO IMMAGINI: UN VOLTO ALLUOMO PERSECUTORE Marco de Allegri ARTICOLOQUATTRO: PARTITE IVA DI TUTTO IL MONDO UNITEVI P. Ciccioli, A. Coccia, M. Ghezzi, D. Martini, A. Nannicini DONNE, PUBBLICIT, NORMALIT: LINUTILE LEGGEREZZA DELLE PAROLE DI UNA DELIBERA Valentino Ballabio LE ULTIME PAROLE FAMOSE: CON DEL RIO NESSUN RINVIO! Rita Bramante I DIRITTI DEGLI ITALIANI TRA IGNORANZA E SOLITUDINE Giulia Mattace Raso PISAPIA&CO A MET DEL GUADO

VIDEO PAOLA PETRONE DI AMSA: MILANESI VIRTUOSI E NON PER INTERESSE

suggerimento musicale I GREGORIAN cantano Where the wild roses grow

rubriche di attualit CINEMA - Anonimi milanesi MUSICA - a cura di Paolo Viola ARTE - a cura di Virginia Colombo LIBRI - a cura di Marilena Poletti Pasero SIPARIO E.Aldrovandi D. G. Muscianisi

www.arcipelagomilano.org

www.arcipelagomilano.org

MILANO VIA DELLE STRETTE INTESE Luca Beltrami Gadola


Intesa. Triplice, Grande, Piccola, Balcanica. Nella politica gli Stati si intendevano tra di loro quasi sempre per far la festa a qualcun altro. Nella nostra tragica politica forse cos tra forze politiche: lo sperimentiamo sulla nostra pelle perch il campo di battaglia siamo noi. Ma intesa vuol anche dire capirsi, intendersi bene. Siamo intesi un modo di dire che prende il suo significato dal tono della voce di chi lo pronuncia: minaccioso, persuasivo, accattivante o pattizio. E pattizia vorrei che fosse questa via milanese alle strette intese. I rischi che Milano corre in questi giorni e che forse continuer a correre per molto tempo sono tanti: il Governo non decide nulla in merito allIMU, le casse comunali non saranno in grado di far fronte agli impegni e i bilanci di previsione saranno una chimera; Expo vivr alla giornata e forse non riuscir ad aprire i battenti o li aprir a cantieri in corso; lavvicinarsi di una campagna elettorale avr effetti perversi e di questo parleremo soprattutto. Sui primi due punti c poco da illudersi, se non arrivano soldi n per il Comune n per Expo i danni incalcolabili ma gli amministratori locali possono poco o nulla se non tenere i nervi saldi e serrare le fila. Sulla campagna elettorale, se vi sar, il discorso complesso. Ogni volta che si aprono le urne, in sede locale inizia il sottile lavorio dei posizionamenti, delle alleanze e degli accordi in vista di candidature pensando alle maggiori glorie del Senato o della Camera. Non solo ma alcuni amministratori locali ritengono sia arrivato il momento del grande salto. In queste condizioni Giunte e Consigli comunali cominciano a zoppicare ma soprattutto si riflettono in quella sede conflitti sotterranei, intese e accordi che riguardano tutto fuorch la politica locale. Da questo punto di vista la situazione di Milano particolare. In Consiglio siedono molti giovani, soprattutto nella maggioranza, ricchi di ambizioni e che annusano per la prima volta il profumo della politica e le tentazioni di trasformarsi in professionisti della politica. Il sindaco non uscito dalle file di un partito (vantaggi e svantaggi) come numerosi assessori. Il Pd, primo partito in Consiglio, si dibatte nel groviglio dei suoi problemi di linea e di organizzazione perdendo il suo antico connotato di stabilit. Dunque il vento delle elezioni non un sereno ponentino. Parliamo per domani e se non per domani a futura memoria. Gli amministratori locali debbono raggiungere una intesa (pattizia) tra se stessi e gli elettori avendo a cuore i destini della propria citt: il seggio, la delega assessorile sono per lintera legislatura, non si abbandonano prima della fine del mandato. La via delle strette intese. Condizione dura? Forse ma non meno dura la condizione di chi vede andarsene le persone alle quali ha dato il voto e, in qualche misura, nelle cui mani ha messo il suo destino di cittadino urbano. Aggiungerei qualcosa. In questa situazione di incertezza abbiamo bisogno di una Giunta coesa e stabile, perch la stabilit non si misura solo a livello nazionale. Non abbiamo bisogno di rumors su dimissioni ventilate, revoca di deleghe o giri di valzer. La dose di questi ingredienti, magari indispensabili per una buona cucina, sono gi finiti: il pranzo va servito. Buono. Subito. Stiamo ancore leggendo il men.

MUSEI. ANCHE UNA VISITA PU ESSERE SGRADEVOLE Antonio Piva


Ho rimandato molte volte lidea di esprimere la mia opinione sulla nuova sala ipogea del Museo Egizio di Torino trattenuto da una sgradevole impressione ricevuta alla mia visita. Dopo la sua inaugurazione e la pubblicit della televisione e dei giornali che hanno dato grande visibilit allevento mi era parso doveroso visitare questo nuovo lavoro in un momento di crisi, alla ricerca di ottimismo e di nuove idee. Mi sono trattenuto dallo scrivere dopo la visita per lo sconforto che mi aveva assorbito e per quella specie di inganno in cui ero caduto, sostenuto dal rispetto e ammirazione che ho sempre nutrito per Torino e la qualit del lavoro nei diversi settori della cultura. Ho rotto lindugio a seguito di una telefonata scoraggiante di due grandi studiose militanti che, dopo la visita al museo, mi hanno telefonato per essere da me confortate su di un loro giudizio da poco elaborato che le costringeva a un forte dubbio da cui volevano, credo, essere sollevate. Il loro giudizio era cos negan. 33 V 2 ottobre 2013 tivo da risvegliare in me un sentimento di partecipazione allo sconforto che non mi trovava pi solitario critico negativo di un intervento museografico ma in compagnia di due grandi esperte di museologia applicata al mondo dellarcheologia. Mi volevano, in altri termini comunicare che non erano riuscite a trovare il senso di un intervento che avrebbe dovuto riassumere il risultato di una ricerca attuale sui reperti esposti nel nuovo spazio espositivo. Le signore mi hanno spinto a scrivere forse sapendo quanto ami la ricerca museografica e come non abbia mai disgiunto il problema della conoscenza che, nei musei, collega i reperti allo spazio. Il trasferimento ad altri della conoscenza avviene anche attraverso lelaborazione dello spazio espositivo e non solo attraverso i reperti conducendo per mano, nello spazio, il visitatore lungo una strada difficile fatta di segni e sollecitazioni ai pi sconosciuti. Ci domandiamo cosa possa servire un soffitto riflettente nero in cui ondeggiano le deformazioni di tutto ci che viene riflesso dal piano di calpestio. Il percorso attraverso quattromila anni di storia risulta ambiguo come linizio e la fine che avviene in vetrine dove la disposizione dei reperti non sollecita priorit n suggerisce un racconto che raccordi nella storia avvenimenti pubblici con i momenti privati. Le informazioni lasciano in sospeso spesso i lacerti della storia che viene raccontata lungo un percorso libero e confuso che costringe il lettore a frantumare linsieme per raccogliere gli elementi frammentari e pi semplici. Le didascalie vanno cercate in alto, in basso, a desta, a sinistra senza apparenti regole o sistemi di appoggio alla nostra ignoranza e desiderio di sapere. Quale ricerca, in campo museografico, ha portato avanti lallestimento di questa grande sala ipogea? Quali sono stati gli accorgimenti tecnologici adottati in via sperimentale (luci, sicurezza, materiali, conservazione )? Quali suggestioni potremmo portare con noi e ricordare come 2

www.arcipelagomilano.org

sforzo innovativo e nuovo punto di arrivo? Ci si augura che quanto abbiamo visto sia provvisorio e suscettibile di ampie modifiche. A poche decine di metri dal Museo Egizio, a Palazzo Carignano visitabile il Museo Nazionale del Risorgimento Italiano. La straordinaria storia di come sia stata raggiunta lUnit dItalia documentata in modo esemplare. Gli storici forse avranno sicuramente qualche appunto da fare ma come museografo sono a mio agio perch capisco e scopro cose che non so. Molte si-

tuazioni che non conosco mi rallegrano e la fatica se ne va lasciando spazio alla soddisfazione di imparare. Ogni documento al suo posto tanto che lo spazio preesistente sembra non abbia fatto fatica a ricevere e ad ambientare documenti di ogni genere, splendidi quadri, ritratti, manoscritti, proclami, bandiere. Il tempo passa anche assaporando filmati ben composti con commenti sobri. Le informazioni non lasciano dubbi. La Camera dei Deputati del parlamento subalpino merita una osser-

vazione ancora pi lenta e attenta: forse il momento di rivedere i volti seduti al loro posto, quelli dei ritratti appena visti in posa composta con baffi e barba, eleganti e determinati. Ecco, mi dico, un museo dove il museografo e il museologo non hanno voluto apparire come protagonisti per far parlare di s, cerco i loro nomi che non trovo al primo colpo e abbandono la ricerca perch pi importante ricordare un museo che i nomi di chi lo ha creato.

GRAFFITI: UNA BATTAGLIA INVINCIBILE? FORSE NO Paola Bocci e Emanuele Lazzarini


Sorvegliare e punire, cancellare e ripristinare, sono tutti verbi con unaccezione negativa, spesso i pi usati quando si parla dei muri di Milano. Muri che vengono facilmente associati al degrado, avvicinando sempre pi allo zero la tolleranza sociale di cittadini e amministratori verso questo fenomeno. Ma punire e reprimere non basta. Dopo anni di ricette inefficaci, la prospettiva deve cambiare, e non fermarsi l, alla rimbiancatura. Dobbiamo intraprendere strade nuove, inventare e sperimentare, promuovendo interventi coordinati di riqualificazione artistica e partecipata su tutto il territorio. Il graffitismo vandalico si alimenta di frizioni e conflitti. Quei conflitti che le passate Amministrazioni hanno a volte cercato e voluto, con risultati spesso discutibili, attuando pratiche di contrasto poco efficaci e poco durevoli per il decoro di tutta la citt. Se vero che Milano sempre stata molto colpita da questo fenomeno, altrettanto vero che le azioni vandaliche - paradossalmente - si sono moltiplicate proprio quando si inasprita la repressione: la sfida al mondo del writing ha sempre rotto le ossa a tutte le amministrazioni. E allora, senza giustificare pratiche evidentemente illegali, perch chi sbaglia deve essere sanzionato (con sanzioni pecuniarie e limpiego in lavori socialmente utili), o alzare bandiera bianca di fronte al degrado urbano ( proprio il contrario) tempo di fare un esercizio di realismo. Basta guardare al recente passato, che ha molto da insegnare: in quattro anni, lAmministrazione Moratti ha speso 35 milioni per la pulizia dei muri, con risultati evidenti sotto gli occhi di tutti: la citt ha muri sporchi come prima. La ripulitura ha avuto spesso vita breve e muri messi a nuovo hanno attirato ancora nuovi e vecchi vandali. Oggi sono 20mila i palazzi milanesi che portano tracce dei graffiti vandalici. chiaro che ogni iniziativa nata dal basso e volta a migliorare il luogo in cui si vive deve essere incoraggiata e sostenuta, ma anche vero che lAmministrazione deve avere una visione dinsieme. La nostra passa attraverso un deciso cambio di rotta rispetto al passato. Dobbiamo sforzarci di vedere e immaginare la citt nel suo complesso, per andare oltre le azioni anti, per costruire percorsi a favore della rigenerazione urbana: con un po di coraggio spostare la discussione e lattenzione su un piano diverso. Basterebbe un centesimo degli investimenti passati per realizzare in collaborazione con tutte le Zone di decentramento, un festival cittadino di arte pubblica muraria che coinvolga tutta Milano (dai migliori artisti che abbiamo in citt alle nuove generazioni, stimolando imprenditoria artistica e costruendo percorsi educativi con le scuole). Lattenzione sulla citt come museo a cielo aperto, coordinata con una campagna di comunicazione contro il graffitismo vandalico e di educazione alla differenza tra arte e vandalismo (spesso erroneamente accomunate), pu diventare lo strumento per valorizzare il nostro patrimonio: dal centro ai muri storici delle periferie. Costa meno ed pi efficace e visibile il risultato. Se un Cleaning Day per ripulire poche decine di metri, pu costare 10 mila euro, riqualificare con un dipinto un muro conviene di pi, anche economicamente. In via Lombroso, pochi giorni fa, le Commissioni Cultura e Politiche Sociali del Consiglio di Zona 4, hanno promosso un intervento di riqualificazione urbana attraverso larte muraria, in collaborazione con Sogemi, coinvolgendo associazioni, scuole del territorio, writers e artisti milanesi, affermati e non, con una spesa molto contenuta: solo 1000 euro di contributi per i laboratori di pittura per i bambini. Non lunico esempio di arte pubblica partecipata nei territori: un km di muro esterno dellIppodromo stato da poco riqualificato, cos i sottopassi di Bonola, lintervento nella piazza intitolata alle Donne della Resistenza, e tanti altri negli ultimi mesi. Abbiamo davanti una scelta: replicare le azioni fallimentari del passato, oppure iniziare a costruire percorsi che lascino nel tempo qualit e segni positivi. La scelta in Europa (a Bristol, Parigi, Berlino, Amburgo) e in Italia (Torino e Bologna ad esempio), altre citt lhanno gi fatta, e ha funzionato. Ora tocca a noi.

PD: CIVATI NON CAPPUCCETTO ROSSO Lamberto Bertol


Se dovessi spiegare, a qualcuno che non ha mai avuto occasione di ascoltarlo, come sar il PD di Pippo Civati, gli direi che sar un partito ospitale, trasparente e razionale. Un partito aperto alle risorse pi vitali e

n.33 V 2 ottobre 2013

www.arcipelagomilano.org dinamiche della nostra societ, capace di attrarre e liberare energie. Un partito lontano anni luce dal motto meno siamo, meglio stiamo, motto che sembra spesso caratterizzare un gruppo dirigente molto preoccupato dal rischio di perdere il controllo assoluto di questo giocattolo cos prezioso e munifico. Un partito capace di rispondere con puntualit, visione e strategia alle sfide che la cronaca, e talvolta la storia, gli pongono. Un partito dei suoi iscritti e dei suoi elettori, non dei suoi dirigenti. Un partito in cui sia premiata la competenza e non la fedelt. Un partito capace di indicare una direzione al Paese e non di seguirne i vizi pi antichi. Gli parlerei, cos, delle doparie di un formidabile strumento di crescita, di una pratica sana e virtuosa. Le doparie sono ci che avviene dopo. Dopo le primarie, dopo che si scelto, votando. Ed entrano in gioco quando si devono prendere delle decisioni. Le doparie, ideate da Raffaele Calabretta, ricercatore presso lIstituto di scienze e tecnologie della cognizione del Cnr, sono uno strumento di consultazione tra organi dirigenti di un partito e chi lo ha votato. Uno strumento di consultazione non quotidiano, certo, perch la politica anche delega, ma una modalit che si attiva laddove ci siano decisioni delicate e importanti da assumere. Il testamento biologico, la TAV in val di Susa, il matrimonio per tutti, o anche la scelta di Franco Marini come candidato alla presidenza della Repubblica. Racconterei delle doparie, o anche dei nuovi progetti di piattaforme per mettere in rete eletti ed elettori, perch si tratta di progetti che hanno un denominatore comune dal quale non si pu pi prescindere: la partecipazione. E la partecipazione di un partito che non ha paura discutere con il proprio elettorato di riferimento, di spiegare le proprie scelte, di coinvolgere nuovi attori nella discussione, di cambiare i propri progetti. Perch cambiare i propri progetti non sintomo di debolezza, ma di apertura, inclusione. Pippo Civati stato tra i primi a capirlo, costruendo un modello di rete per la condivisione e l'elaborazione delle sue proposte politiche. Ha collaborato con una gena nuova di elettori: non iscritti al PD, a volte nemmeno elettori del PD, ma interessati a trovare soluzioni a tematiche concrete come il consumo di suolo, l'uso delle energie rinnovabili, il recupero del patrimonio immobiliare pubblico. Ha indicato altre scelte e altri percorsi, costruendo in maniera razionale, e gi da anni, l'alternativa a un gruppo dirigente che, dal 2009 a oggi non ha saputo elaborare una strategia, costruire una visione; che ha ridicolizzato le istanze del M5S, senza capire che erano ampiamente condivise dal nostro elettorato. Che pochi mesi dopo diventato il loro elettorato. Un gruppo dirigente che, dalle elezioni in poi, stato completamente assediato dagli eventi, non pi capace di instaurare e mantenere una relazione con i cittadini, tanto da essere percepito come autoreferenziale, chiuso e distante dai bisogni espressi dalla societ civile. Pippo Civati ha la capacit di offrire alla comunit un progetto attorno al quale essa possa innescare efficacemente la propria identit. Un progetto nel quale sappia nuovamente riconoscersi e che sia partecipato e condiviso. Perch necessario restituire al nostro elettorato identit e visione forte, come condizione prioritaria per chiedergli di partecipare a un progetto. Civati lo pu fare, anzi in parte lo ha gi fatto, perch stato capace di aprire nuovi ambiti di dialogo e canali di comunicazione, perch stato capace di lavorare sul territorio. Il suo periplo dell'Italia, in occasione del 150ennale dell'Unit, stato un diario ragionato delle occasioni perdute e delle chanches ancora possibili. Il momento di farlo adesso, e mi si perdoner se uso un avverbio cos caro a uno degli altri candidati alla segreteria. Qualunque esito avr, questo congresso ci restituir una dimensione progettuale latitante da anni. Mi piacerebbe poter dire che il fatto stesso di farlo ci far uscire dalla palude degli ultimi mesi (e volevo scrivere anni). Facciamolo, per. Senza lasciarci fermare da chi, davanti alla prevedibilissima crisi politica di oggi, consiglia di aspettare ancora. Mettiamo in sicurezza il Paese, approvando la legge di stabilit e la legge elettorale. Diamoci un segretario, un candidato premier e andiamo al voto. Senza paura.

ARCHIVIO IMMAGINI: UN VOLTO ALLUOMO PERCUTORE Marina Cosi


Ricordo, poich ahim ho l'et per dire un antico mi ricordo, come funzionavano le foto d'appoggio ai tempi in cui le agenzie venivano battute dalle telescriventi e le pagine in tipografia erano composte a piombo. Si telefonava in archivio e si chiedeva: Ho un pezzo in bocca (cio su una notizia dell'ultim'ora) sull'incendio di un capannone o su un incidente fra motorini o su un uxoricidio, mi mandi su una foto? E arrivava una foto di repertorio per illustrare il servizio. Son trascorsi quarant'anni e ora si costruisce il giornale tutto al computer, si postano video, si dialoga coi lettori nei blog. A fatica si anche riusciti a modificare il linguaggio, scrivendo la presidente e la ministra, imponendo nuove parole per antichi delitti di genere, come femminicidio; ma le fotografie no, non sono cambiate. Per illustrare la violenza contro una donna l'immagine (quasi) sempre di una lei giovane, gli abiti scomposti e/o l'ineluttabile calza smagliata mentre, accovacciata per terra, si protegge alzando un braccio ovvero mostrando un viso segnato da lividi. Ma le tante anziane? Le madri pestate davanti ai figli? La violenza invisibile che annienta le bimbe e i bimbi che subiscono o assistono? E, soprattutto, perch la foto rappresenta sempre lei e mai lui, il persecutore? Anzi no, in verit una volta l'ho visto, il progetto per un manifesto differente, con in primo piano una faccia maschile contratta dalla rabbia e tutta nel colore del cielo, sormontata dalla scritta questo il principe azzurro che cercavi?. L'aveva pensata un liceale marchigiano, bella ed efficace: non venne mai stampata. Da qui la necessit, anzi l'indispensabilit di una sorta di chiamata alle armi per inventare immagini diverse. Con un concorso, anzi un premio che ha come slogan appunto Chiamala violenza, non amore. Perch l'amore il Grande Alibi Culturale (si scrive amare, si legge possedere) che diventa stereotipo perfetto quando si coniuga con la follia; cos la foto del volto femminile con l'occhio nero accompagna il titolo strillato Raptus della gelosia. Per modificare i luoghi comuni molto possono i giornali, come pure la comunicazione e la scuola, ma volendo attenermi a quello che mi compete, l'informazione appunto, su carta e tv e online, devo ammettere che sinora ci riuscito meglio - ci poich siamo una rete di donne giornaliste raccolte sotto l'acronimo

n.33 V 2 ottobre 2013

www.arcipelagomilano.org

di GiULiA (www.giuliagiornaliste.it) l'intervento sul linguaggio di cronaca rispetto a quello sulle immagini. E s che il racconto della sopraffazione violenta sulla donna affonda le radici nella letteratura classica gi gi sino alla drammaturgia greca e dunque parrebbe ben pi duro da scalfire di qualche scatto fotografico... A ridosso dello scorso 8 marzo avevamo mandato in scena uno spettacolo eclettico dal significativo titolo Desdemona e le altre, in cui da Dante a Verdi al Quartetto Cetra era tutto un ammazzamento di mogli o fidanzate o comunque di signore che non ne volevano pi sapere. Ma Desdemona stato uno dei tanti lavori, teatrali o di saggistica, usciti sul tema. Mentre le foto... Cos, come donne e come giornaliste abbiamo deciso che non bastava pi lamentarsene, ma dovevamo chie-

dere a tutti di contribuire concretamente a una raffigurazione della violenza non di maniera. Attraverso un concorso che non escluda le/i fotografe/i professionisti, ma rivolto a tutti, a tutte le sensibilit e a tutte le et, perch le idee nuove non fioriscono nei recinti. Sottotraccia al premio Lo Sguardo di Giulia c' il desiderio d'innescare, nei giovani che si lasceranno coinvolgere, piccoli fuochi di consapevolezza e sperare nel contagio. Oggi i ragazzi, pi di qualsiasi generazione precedente, sono bombardati da sollecitazioni d'ogni genere, ma come i loro coetanei di ogni epoca prendono consapevolezza e s'appassionano quando sperimentano e progettano. Insomma, la pratica convince pi della grammatica. Per partecipare al premio Lo Sguardo di Giulia / Chiamala violenza,

non amore conta non lo strumento (macchina fotografica, minivideo girato anche col cellulare, photoshop, vignetta, collage...), ma la capacit creativa comunque declinata, con passione, ironia, astrazione... L'appello a raccogliete la sfida in prima persona o diffonderla: c' tempo sino al prossimo 12 ottobre.

Il bando e la liberatoria li si trova cliccando sul banner con il logo qui accanto oppure sul link http://giulia.globalist.it/Detail_News_ Display?ID=58423&typeb=0&LoSguardo-di-Giulia-ci-vuole-un-ideaLe immagini andranno inviate a sguardodigiulia@gmail.com. Per informazioni: giulia.lombardia@yahoo.it.

ARTICOLOQUATTRO: PARTITE IVA DI TUTTO IL MONDO UNITEVI Marco de Allegri


Allinizio di questanno nata lassociazione Articoloquattro con lintento di richiamare nel nome direttamente larticolo della Costituzione Italiana: La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilit e la propria scelta, unattivit o una funzione che concorra al progresso materiale e spirituale della societ. Il fatto nuovo che a declinare questarticolo e ideare questassociazione sono dei professionisti, per rivolgersi a questo vasto mondo ricco di competenze e variegatissimo, cio dei lavoratori autonomi titolari di partita IVA sopra i quarantanni. Oggi lo stato, direi permanente, di crisi espelle spesso anche questo tipo di lavoratori che si trovano, soprattutto dopo una certa et, ad affrontare problemi talvolta drammatici: fino a ora n un sindacato n un partito si mai accorto di queste figure, tantomeno ha mai seriamente pensato di difenderle o di rappresentarle. Cos alcuni di loro hanno pensato che fosse il momento di iniziare a creare interesse e a far convergere bisogni e richieste in modo autonomo anche per far sentire la loro voce nella societ e nelle istituzioni. quasi naturale che questassociazione sia nata a Milano, citt del terziario avanzato e ricca di lavoratori della conoscenza, che sono frequentemente lavoratori autonomi. Proprio alle istituzioni di questa citt lassociazione si rivolta, trovando nel Comune di Milano e nei Consigli di Zona uninterlocuzione che ha portato in una conferenza stampa della scorsa settimana alla presentazione del primo progetto di Articoloquattro. Il nome : "AscoltaMI story sharing Milano", con lidea che il primo passo da fare sia uscire dalla "zona grigia" dove molti lavoratori autonomi oggi si trovano, soffrendo di una forma di isolamento, di mancanza di lavoro, con tutti i problemi che ne conseguono. Per farlo in tutti i Consigli di Zona saranno aperti degli sportelli, dove queste persone possono trovare ascolto e condivisione con lo scopo di creare nuove relazioni e provare nuove forme di rilancio. Il servizio in fase di attivazione nelle zone 2, 4, 6, 8, 9 e in attesa delle ulteriori delibere degli altri Consigli di Zona. Per rispondere ai bisogni gi in parte espressi, lassociazione sta anche lavorando con il Comune allipotesi di un contratto sostenibile: il professionista offrirebbe i suoi servizi a un prezzo concordato ma inferiore al prezzo di mercato, le imprese che intenderanno avvalersi di questopportunit riceverebbero in cambio dal Comune uno sgravio sulle imposte locali. Il progetto innovativo e finalmente si inizia a parlare di problemi e settori che di solito sono fuori dal dibattito politico e assenti dalle agende dei media, ma non per questo sono da considerare, come spesso accade, inesistenti. Lassociazione, trattandosi di professionisti, e non poteva essere altrimenti, ha anche pensato a un modo per aiutare le persone in disagio a uscire dalla riservatezza, che spesso legata alla vergogna di non avere lavoro, e per tenere desto il livello di attenzione su questi temi, sta avviando una collaborazione con una compagnia teatrale: Alma Ros. La compagnia racconter in giro per la citt, attraverso lo spettacolo Partita viva storie di persone diversamente disoccupate, le esperienze raccolte in interviste e incontri fatti con lavoratori a partita iva disoccupati, reinterpretate dagli attori negli spettacoli per dare corpo e anima a queste storie di vita. In conclusione il progetto Articoloquattro pone un tema che istituzioni e politica non possono ignorare: speriamo che il tentativo che lamministrazione milanese sta elaborando arrivi in porto quanto prima e sia da esempio per altre amministrazioni, con la fiducia che si arrivi finalmente allapprovazione di una legge nazionale in grado di accogliere queste istanze (*).

(*) Per chi volesse informarsi meglio: http://www.Articoloquattro.org/

n.33 V 2 ottobre 2013

www.arcipelagomilano.org

DONNE, PUBBLICIT , NORMALIT: LINUTILE LEGGEREZZA DELLE PAROLE DI UNA DELIBERA Paola Ciccioli, Antonella Coccia, Mariagrazia Ghezzi, Donatella Martini, Adriana Nannicini
Stupore e una cascata di domande preoccupate. Questo ha generato il secondo punto della Delibera del Comune di Milano del 28 giugno su: Indirizzi fondamentali in materia di pubblicit discriminatoria e lesiva della dignit della donna in cui si legge che sono considerati messaggi incompatibili con limmagine che intende promuovere: () punto 2) le immagini volgari, indecenti, ripugnanti, devianti da quello che la comunit percepisce come normale, tali da ledere la sensibilit del pubblico. I termini che qui troviamo Normale, Comunit, non si leggono con leggerezza e nonchalance. Stupisce e dispiace leggere questi riferimenti confusivi in una Delibera che vuole contrastare la diffusione della pubblicit discriminatoria e lesiva della dignit delle donne. Le regole approvate dalla Giunta di Palazzo Marino per la valutazione dei messaggi da affiggere sugli spazi in carico allAmministrazione comunale si articolano in 5 punti. Il punto 2, richiamato sopra, appare in evidente contraddizione con gli altri. Sono cinque le tipologie di messaggi che non sono ritenute compatibili: 1) rappresentazioni di atti di violenza fisica o morale o immagini che incitano atti di violenza; 2) le immagini volgari, indecenti, ripugnanti, devianti da quello che la comunit percepisce come normale, tali da ledere la sensibilit del pubblico; 3) i messaggi discriminatori e/o degradanti che, anche attraverso luso di stereotipi, tendono a collocare le donne in ruoli sociali di subalternit e disparit; 4) la mercificazione del corpo, attraverso rappresentazioni o riproduzioni della donna quale oggetto di possesso o sopraffazione sessuale; 5) i pregiudizi culturali e gli stereotipi sociali fondati su discriminazione di genere, appartenenza etnica, orientamento sessuale, abilit fisica e psichica, credo religioso. Il testo della delibera stato distribuito nel corso di un convegno dal titolo Quando comunicazione fa rima con discriminazione che si tenuto lo scorso 17 settembre nella Sala Alessi di Palazzo Marino, occasione per presentarla e per fare comparazioni con analoghe o diverse iniziative sullo stesso tema in altre citt e amministrazioni. Oggi non ci preme discutere qui tutta la delibera, il suo quadro di senso, possiamo certamente dire che apprezzabile e significativo e rilevante se non fosse che c il punto 2 e il quadro si confonde e qualche preoccupazione sorge tra alcune donne di Milano e di altrove. Quali le domande che suscita in noi come in altre? Solo per citare il collettivo Ambrosia e Politica femminile Lombardia. Forse siamo in ritardo (la delibera di giugno, il convegno di un paio di settimane fa) ma non lo la questione che il tema pone, che riaffiora a ogni occasione. In questi giorni la Presidente Boldrini a fare richiami sulle immagini stereotipate nei tanti spot pubblicitari della donna che serve a tavola, e dunque la dichiarazione riferibile di Barilla: Non faremo pubblicit con omosessuali perch a noi piace la famiglia tradizionale. Potremmo anche domandarci: la famiglia tradizionale per, e a cui, vendere pasta non in fondo coerente a una delle possibili letture di questo punto 2? Infatti, quale sar la normalit che la comunit di riferimento percepisce? Come la percezione verr rilevata e una misurazione adeguata applicata? Chi, tra i tanti funzionari del Comune di Milano, si accoller larduo compito amministrativo un giorno dopo laltro, cartellone dopo cartellone? Perch si avvertita lesigenza di utilizzare questo concetto? Perch dimenticare che stato Franco Basaglia a insegnarci che da vicino nessuno normale, che troppo facilmente la normalit si fa norma, e appunto legiferando discerne tra chi lo e chi non lo sarebbe. E poi cosa? Assunto questo principio in norme e normative comunali, perch non immaginare che un anonimo funzionario o una Giunta di diverso colore lo utilizzino per decidere quanto sia psichicamente normale quel paziente (o ex tale) per ottenere un lavoro, quanto sia sessualmente normale quella famiglia per ottenere laccesso alla lista delle case popolari e via discorrendo. Senza correre troppo avanti gi adesso nota il collettivo Ambrosia E se il pubblico trovasse ripugnante vedere due donne che si baciano? E se la comunit ritenesse indecente una donna grassa in bikini? E se trovasse volgari due uomini che si tengono per mano? (la Giunta nel corso dellultimo anno ci ha spesso ricordato che la macchina comunale complicata, lenta, immodificabile). La normalit che si fa norma ha una forza lo sappiamo, riappare, riemerge e rischiamo di ritrovarla laddove non sembrava prevista. Soprattutto perch il punto la coniuga con comunit, che per primo Tonnies contrappose a societ, e la tensione tra i due termini recentemente riattualizzata da un sociologo a pieno titolo divulgatore europeo, Bauman che argomenta in un suo fortunato testo: lattrazione che la comunit (...) esercita poggia sulla promessa di semplificazione, poich significa lespunzione delle differenze (). Lunit comunitaria fondata sulla divisione (di chi non ne fa parte), sulla segregazione, sul mantenere le distanze. Nella battaglia contro lincertezza, la comunit cede libert degli individui in cambio di sicurezza. Nella societ accade il contrario, restando sempre in ambito disciplinare, poich Milano citt Metropolitana aperta allEuropa e al mondo, assomiglia certo pi a una societ che non a una comunit preindustriale. A questimmagine intendeva riferirsi il punto 2? Un concetto di normalit percepito come tale da una comunit che evita le differenze? Gi a fine giugno il Corriere della Sera scriveva che () uno dei punti destinati a far discutere sar il punto 2 () quale percezione della normalit? La lotta contro la pubblicit sessista infatti una lotta a unimmagine di normalit femminile, che sia la madre stereotipata di cui sopra, o una fanciulla denudata ad accarezzar auto anche questa stata normalit, quella ormai criticata da pi di dieci anni come immagine stereotipata e sessista. E infine, ma non per importanza: questa Delibera presentata sul sito del Comune, nelle interviste della vicensindaco e negli interventi alla giornata del 17 settembre, non considerata come un atto puramente di amministrazione ordinaria, ma piuttosto come: Un bel lavoro condiviso tra Giunta, Consiglio e delegata alle Pari Opportunit. Sono particolarmente soddisfatta di questo obiettivo raggiunto dichiara la delegata del Sindaco alla Pari Opportunit Francesca Zajczyk sia per il contenuto sia per il metodo. Questo provvedimento, infatti, il risultato di un lavoro comune con le altre figure istituzionali in prima fila sui temi della parit e dei diritti, ognuna con le proprie competenza

n.33 V 2 ottobre 2013

www.arcipelagomilano.org e sensibilit, come le consigliere Marilisa DAmico e Anita Sonego. Ma anche il prodotto di un percorso di ascolto e confronto con esperte ed esperti, professioniste e politiche impegnate su questi temi. Condiviso dunque anche questo punto 2? Quali sollecitazioni sul tema della normalit hanno proposto le esperte e le politiche? Hanno sollevato perplessit? Chi in questo percorso condiviso lha proposto? E una discussione dove avvenuta? Tante assemblee in Sala Alessi, qualche riunione di un tavolo sulla Pubblicit Sessista, e il tema non stato sottoposto alla partecipazione delle donne milanesi? Sappiamo che il ruolo della Delegata a Milano un ruolo a costo zero, a lungo senza un ufficio. Non ha fondi e finanziamenti che possa gestire direttamente. Non capiamo lorigine e le motivazioni di queste scelte, tantomeno a met mandato di questa amministrazione e mentre un protagonismo femminile presente in tanti e diversi luoghi della citt, prende parola su temi che vanno oltre le emergenze. Perch il ruolo della Delegata mantenga questi contorni sottili non ci chiaro, mentre chiaro che limitate possono essere le nostre interlocuzioni con un ruolo cos disegnato. Alla Giunta e al Consiglio dunque chiediamo di eliminare quel punto 2, non emendabile. Lintera delibera guadagner dignit.

LE ULTIME PAROLE FAMOSE: CON DEL RIO NESSUN RINVIO! Valentino Ballabio
Tutto era cominciato con la lettera di Draghi e Trichet del 5 agosto 2011: c lesigenza di un forte impegno ad abolire o a fondere alcuni strati amministrativi intermedi (come le Province). Andrebbero rafforzate le azioni mirate a sfruttare le economie di scala nei servizi pubblici locali. Ma come nel pi classico gioco dell'oca tutto rischia di tornare alla casella di partenza. Affondato il decreto Monti dal ricorso corale alla Consulta (il pozzo) ora tocca alla bufera conseguente la sentenza della Cassazione (la prigione) a spiazzare il coacervo di proposte di legge costituzionale e ordinaria, nonch il decreto legge di ferragosto rispettivamente sopprimi, svuota e commissaria province (il labirinto) affidate all'improbabile agenda del governo Letta. Eppure ancora a luglio il Ministro Del Rio, nell'incontro di Palazzo Isimbardi con sindaci assessori e parlamentari plaudenti, aveva escluso categoricamente rinvii e ulteriori ritardi su tale materia nonch la questione correlata della Citt Metropolitana, presa come impegno imminente dopo decenni di inerzie elusioni e scetticismi. Nel frattempo infatti tale annosa questione aveva riacquistato popolarit e apparente consenso spezzando il tab che prima aveva accompagnato a lungo il cinico realismo politico bypartisan. Tuttavia dalla produzione legislativa proposta o solo annunciata non si ricava nulla di concreto, per Milano e dintorni, se non la ridenominazione di quel che resta della Provincia dopo le defezioni di Lodi e di Monza, per altro ridotta a ente di secondo livello ovvero doppiamente inutile. Naturalmente anche il Sindaco di Milano verrebbe rinominato Sindaco Metropolitano! Se circa un anno fa, all'epoca degli sfortunati tentativi del governo Monti all'insegna della spending review, mi ero permesso di citare se ora il gattopardo ci lasciasse lo zampino (ArcipelagoMilano, 5/9/2012) ora mi devo ricredere: il mitico felino non pu che leccarsi i baffi! Occorrerebbe allora rovesciare il discorso. Abbandonare il ginepraio istituzional-normativo e affrontare i nodi politici che hanno sinora impedito di affrontare seriamente la questione. Prendere il toro per le corna anzich continuare a menare il can per l'aia (con tutto il rispetto per questi altrettanto simpatici animali). Provo a indicarne tre: la citt metropolitana dov'? Che fa? Chi manda a casa? Primo. Lo stesso ddl costituzionale annunciato da Letta, pur togliendogli titolo dall'art. 114 gli attribuisce comunque rilievo in quanto ente di governo delle aree metropolitane. Allora in primo luogo occorre stabilire dove inizia e dove finisce la nostra, tenuto conto che la geometria elementare definisce area la misura dell'estensione di una superficie delimitata da un perimetro. Allora se si vuole evitare il ridicolo di postare il confine nord tra Sesto Cinisello e Cologno occorre parlar chiaro a monzesi e brianzoli (almeno quelli del sud) con un esplicito invito a rimediare alla fallimentare secessione in cambio di un nuovo atteggiamento di attenzione e considerazione, superando il milanocentrismo del passato, deleterio per tutta la Lombardia centrale, l'hinterland e le stesse periferie cittadine. Per altro va notato l'interesse manifestato da alcune citt della fascia inferiore della provincia di Varese ad aderire alla realt metropolitana, abbandonando ventilate e velleitarie ipotesi di scorporare una cosiddetta provincia del Seprio! Secondo. Per evitare di creare un ennesimo carrozzone occorre che il nuovo ente abbia autorevolezza e poteri effettivi, sovraordinati rispetto ai comuni. Pertanto necessitano due condizioni. L'una che gli organi politici, per quanto snelli e ristretti, siano elettivi in primo grado. Altrimenti derivando dai comuni ne resteranno subordinati, e la fatale autonomia sopravviver a improbabili coordinamenti perpetuando l'anarchia degli insediamenti, degli investimenti e dei servizi. L'altra che i comuni consentano a una cessione di sovranit in poche ma decisive materie (territorio e infrastrutture, ambiente, mobilit), riservandosi tuttavia le complete competenze in tutte la altre, dai servizi alla persona alla conservazione del patrimonio, ecc. Terzo. La citt metropolitana deve non solo abolire le province che insistono nella relativa area, ma anche tendenzialmente superare lo stesso Comune capoluogo, da decentrarsi finalmente in singole municipalit, dotate di organi politici esecutivi nonch di propri bilanci e dotazioni di personale e strumenti, in modo del tutto analogo alle medie citt dell'hinterland. Smontare il verticismo e il gigantismo non pu che giovare alla mega-struttura burocratica, alimentando forme di flessibilit organizzativa, partecipazione e controllo dal basso; per quanto tale processo debba contrastare prevedibili resistenze e chiusure corporative. Dunque o si ha il coraggio e la forza politica di sciogliere questi nodi (il salto dell'oca!) o meglio lasciar perdere, evitare che la questione metropolitana si trascini ulteriormente o produca pasticci e disillusioni; e intanto risparmiare costose consulenze, studi e incarichi dirigenziali impotenti a colmare con i siti e con le carte il fatale vuoto politico. E insieme rassegnarsi al declino di Milano e della Lombardia, come documentato ancora di recente, rispetto alle altre regioni e realt metropolitane europee.

n.33 V 2 ottobre 2013

www.arcipelagomilano.org

L'area la misura dell'estensione di una superficie porzione di superficie delimitata da un perimetro

I DIRITTI DEGLI ITALIANI TRA IGNORANZA E SOLITUDINE Rita Bramante


In Italia le famiglie a rischio di povert sono in aumento: secondo il rapporto ISTAT 2012 oltre 9 milioni di persone in povert relativa e quasi 5 milioni in povert assoluta. L'emergenza riguarda quasi un italiano su quattro. E se un dato di fatto la forte associazione tra povert, bassi livelli distruzione, bassi profili professionali ed esclusione dal mercato del lavoro, oggi neppure un livello di istruzione medio alto e un lavoro garantiscono pi dal rischio di cadere in povert assoluta, soprattutto quando altri membri della famiglia perdono la propria occupazione. Oltre che tra le famiglie di operai e di lavoratori in proprio, la povert assoluta aumenta infatti anche tra gli impiegati e i dirigenti. Con un eufemismo poi sette milioni sono in disagio lavorativo, disoccupati, precari, in cassa integrazione; oltre due milioni di giovani Neet, cos scoraggiati dalla situazione di un mercato del lavoro sempre pi difficile per le giovani generazioni che non studiano, non cercano pi lavoro e non sono nemmeno coinvolti in attivit formative. Derubati della speranza. 'La povert ruba la speranza, la dignit e i diritti', con questo motto si presenta la campagna del Gruppo Abele 'Miseria ladra', con una serie di proposte concrete per rispondere con impegno sociale collettivo alla dilagante crisi materiale e culturale della nostra democrazia. Negli ultimi giorni a Piacenza dalla sesta edizione del Festival del Diritto - 'Le incertezze della Democrazia' - si molto parlato di incertezze in termini economici e di rispetto dei diritti, di rapporti tra le classi sociali e delle gravi e preoccupanti problematiche della convivenza civile. Il professor Stefano Rodot, responsabile scientifico del Festival, si detto molto colpito dalla rilevazione Istat 2012 sulla situazione di difficolt economica in Italia, che significa poi difficolt personale, difficolt sociale, esclusione stessa dai circuiti della democrazia. La democrazia ha un fondamento in diritti fondamentali, in principi, in valori, ma il fatto stesso che tutti i giorni ci siano persone escluse dalla tutela della salute, prive di lavoro, che fanno fatica per avere un'istruzione e per trovare una casa sintomo di fragilit della nostra democrazia. La democrazia diventa incerta quando i diritti delle persone sono labili e senza i diritti la democrazia si impoverisce, si rimpicciolisce, si allontana dalle persone. Le incertezze della democrazia nella vita quotidiana rischiano di diventare i drammi della democrazia, come afferma Gustavo Zagrebelsky: che ne del lavoro come diritto? dei doveri di solidariet sociale? dell'uguale dignit di tutti i cittadini? dell'ambiente come patrimonio comune? della funzione sociale della propriet? degli obblighi tributari che devono ispirarsi alla progressivit? dei diritti sociali come l'istruzione, la salute, la protezione dei pi deboli? Un augurio per il rafforzamento della democrazia il superamento delle diseguaglianze, il godimento dei diritti fondamentali, a partire da salute e istruzione, lavoro e abitazione, e della dignit sociale in una societ inclusiva, libera da pregiudizi e che possa riscoprire il senso della solidariet. Al momento una risposta possibile all'incertezza nella formazione e nella partecipazione dei giovani e di giovani anche al Festival del Diritto ce n'erano tanti.

PISAPIA&CO IN MEZZO AL GUADO Giulia Mattace Raso


Lo scoramento serpeggia nella ciurma: troppo spesso di recente mi sento dire ma cosa hanno fatto? cosa c di diverso dalla Moratti? alternato a un se continuiamo cos non ci rieleggono. Il trucco c ma non si vede, ed grave. Difetta ai pi la cornice di senso, come tessera di mosaico che non pu cogliere il disegno complessivo cui appartiene. Perch in realt non manca la visione, manca chi ce la racconti (sindaco dove sei?) chi faccia la sintesi, chi mentre governa il timone aggiorni il suo diario di bordo e ci dia la rotta. un errore pensare che la narrazione sia strumento affabulatorio solo in campagna elettorale: ogni giorno va tessuto il racconto, perch tutti sappiano a che punto sono della storia. stata anche quella narrazione a farci vincere: una citt a misura, su misura, con un futuro bello da abitare, chi ci ha creduto fatica ad abbandonare quel sogno seducente, non vogliamo stare qui in mezzo al guado impantanati nella nostalgia di quella apparizione. Chi dovrebbe farsi carico di questa narrazione? Il sindaco? Si. Un partito? Si. Il partito che ha preso il 29% dei voti in citt, chiamato anche Partito Democratico, che ha eletto 20 consiglieri comunali e 137 consiglieri di zona? Si. Per dirla come Paolo di Paolo Se la classe politica non generosa, non lo saranno neanche i cittadini. Non questione soltanto di sprechi, di vantaggi personali, di indecenze; questione anche di offrire idee, prospettive, risorse intellettuali e perfino emotive. Non i sogni di miracoli italiani impossibili, sogni di finto benessere, ma altro: lo spazio prima di tutto mentale dove la speranza e il coraggio, lintraprendenza e un progetto di lavoro, di vita, di serenit siano ancora praticabili. La vita degli antichi marinai dipendeva dalla stima della loro posizione, per questo dovevano conoscere tre cose: il punto di partenza dellimbarcazione, la velocit e la rotta seguita. quantomeno ingeneroso non considerare come punto di partenza la situazione disastrata del bilancio comunale e la sua sempre minore consistenza, nel voler fare paragoni: cos pochi soldi non erano mai arrivati. Ma lo scoglio imprevisto o sottovalutato, sia per chi amministra che per chi vuole vederne i frutti, si rivelato lapparato burocratico trincerato nei settori, tra competenze e prese in carico. Una voce dallinterno, Elena Grandi vice presidente della Zona 1, scrive:

n.33 V 2 ottobre 2013

www.arcipelagomilano.org Sempre pi mi rendo conto che quello che ho intrapreso (insieme a molti altri volonterosi) un cammino difficile, reso complesso da una burocrazia troppo potente e arroccata sui suoi privilegi che, vedendo ogni tentativo di cambiamento come una fastidiosa molestia, fa dell'ostruzionismo un'arma che spesso inficia ogni sforzo da parte della politica. Bisognerebbe essere pi coraggiosi, prendere decisioni a volte radicali, fare scelte anche impopolari per non consentire pi all'apparato burocratico di impedire ogni tentativo di reale rinnovamento. A Milano (nei governi locali cos come a Roma) vi sono dirigenti che coprono il medesimo incarico da dieci e pi anni: come non pensare che in questo modo vi siano persone che detengono un potere che va ben oltre quello che dovrebbe essere logicamente consentito loro? Dobbiamo modificare questo sistema per interrompere annose catene di clientelismi, favoritismi, ecc... Non sar un lavoro facile n breve, ma sono certa che valga la pena di cominciare e di provarci. La velocit di crociera dunque rallentata e lo rester finch non si affronteranno i nodi. In questo caso veramente s per distinguersi dalla amministrazione Moratti che aveva tamponato la questione con le consulenze doro, una sovrastruttura di comprovata fiducia che le garantiva libert di manovra. Elena Sarati pi di anno faceva il punto su ArcipelagoMilano: In questo quadro, lesigenza quasi una scommessa diventa pensare a una formazione di qualit, incisiva, con risorse sempre pi scarse. possibile, insomma, fare bene con poco anche nella formazione? La risposta si, a condizione di essere decisamente controcorrente: proprio in questo momento storico, il Personale della PA e le sue competenze devono essere visti come una preziosa opportunit. E proprio di fronte alla scarsit di investimenti, necessario che la formazione incida sui reali processi di lavoro. Dunque dateci la rotta, segnateci lapprodo e aggirate lo scoglio o non arriviamo a destinazione: salga su quella nave e con lei tutti gli ufficiali!

Scrive Sergio Murelli a LBG


Ha tutta la mia approvazione. Come sono indisponenti quei manichini che sfilano sulle passerelle della moda! Il loro aspetto miserabile emaciati, sciancati nella camminata non suscita alcuna compassione ma, al contrario, un moto di ribellione verso individui cos violentemente stereotipati. Per non parlare delle oleografie della banda D&G dove lo stereotipo ancora pi odioso perch strizza malevolmente locchio a situazioni falsamente domestiche e a luoghi comuni dai quali da sempre cerchiamo di affrancarci (ma ahim invano?)!

MUSICA questa rubrica curata da Palo Viola rubriche@arcipelagomilano.org La stagione ricomincia


Oggi, specialmente nel mondo dei concertisti provenienti dal vicino o lontano Oriente (dalla Russia al Giappone), pi facile ascoltare giovani dotati di raffinatissima tecnica, capaci di sorprenderci con la loro sicurezza e apparente perfezione, e di doverci invece lamentare per laridit e per lassenza di spessore interpretativo, perch suonano benissimo ma non sanno o non capiscono altrettanto bene quello che suonano. Laltra sera allAuditorium il pianista barese Benedetto Lupo ci ha colpito in modo radicalmente opposto; accompagnato dalla Verdi anzi da laVerdi diretta da Gaetano DEspinosa, ha eseguito il difficilissimo primo Concerto per pianoforte e orchestra in fa diesis minore di Sergei Rachmaninov che - come si sa lopera numero 1 del compositore-pianista, scritta nel 1891 quando aveva solo 18 anni e viveva ancora in Russia, ma profondamente revisionata dallo stesso autore poco prima di abbandonare il proprio paese, nel fatidico 1917, per diventare cittadino del mondo occidentale. Lupo ha sorpreso sia per tante felici intuizioni e per leffervescenza con le quali ha affrontato le complesse pagine della partitura, sia per come volava letteralmente sopra di esse interpretandone la giovanile freschezza; se qualche cosa non ha funzionato a dovere stata piuttosto la precisione e la pulizia delle note, peraltro vertiginose e improbe e per questo non frequentemente eseguite. Molto belli e appropriati i due bis Skrjabin (che fu compagno di scuola e amico carissimo di Rachmaninov) e Schumann (il grande ispiratore di entrambi, eseguito forse con un eccesso di enfasi romantica) che hanno ricreato gli ascoltatori dopo il tumultuoso e tormentato concerto. Segnaliamo peraltro che laVerdi si accinge a eseguire, in questa stagione appena iniziata, lintegrale dei quattro Concerti per pianoforte e orchestra di Rachmaninov e li fa anticipare da conferenze introduttive di Enzo Beacco, lo stesso musicologo che scrive i magnifici programmi di sala; molti di noi ricordano le esegesi di Beacco sui programmi della societ del Quartetto e qualche anno fa quando egli interruppe quella collaborazione se ne sentirono orfani. Con grande gioia dunque li abbiamo visti ricomparire sui programmi de laVerdi. un mestiere, quello di scrivere i programmi di sala, al quale non diamo adeguata importanza; ma pensando a quanto queste letture dellultimo minuto prima del concerto - se stilate come vere note critiche o storiche e se contengono utili spunti di riflessione

n.33 V 2 ottobre 2013

www.arcipelagomilano.org - ci aiutano a concentrarci sulla musica che stiamo per ascoltare, non possiamo non nutrire una profonda gratitudine verso i loro estensori. Il problema che spesso non sono allaltezza delle nostre aspettative. Nel caso di Beacco non possiamo che raccomandarne la lettura e suggerire di non perdere le sue belle conferenze introduttive prima del concerto nel ridotto del teatro. Un discorso a parte va fatto sulla forma dellorchestra Verdi e sul direttore Gaetano DEspinosa. Quando questo trentacinquenne direttore siciliano apparve a Milano, a laVerdi, proveniente da Dresda dove era Konzertmeister alla Staatskapelle, ne dicemmo molto bene, ci sembrava leccezione che confermava la regola per cui difficile e raro riuscire a passare con successo dalle fila dellorchestra al podio. Poi qualcosa cambiato, in lui intervenuta una sorta di eccesso di sicurezza e conseguentemente un calo di tensione e di profondit. Nel concerto di cui parliamo, oltre ad avere accompagnato Lupo in Rachmaninov senza brillare n in precisione n tantomeno in intensit, ci ha offerto prima una scialba lettura della Notte sul Monte Calvo di Musorgskij - si sarebbe detto poco preparata - poi una interpretazione un po pi vibrante ma non del tutto convincente dei Quadri di una esposizione (Musorgkij-Ravel). Possiamo per immaginare che lorchestra fosse un po stremata dai recenti e gravosi impegni, in Italia e fuori dItalia, peraltro con grandissimi successi, ovunque e meritatamente ottenuti. Peccato, perch il programma - come avrete compreso - era intelligente e succulento, di grandissima godibilit, e forse aveva solo bisogno di qualche ora di prova in pi. Ma questo, come si sa, un male di questa epoca, largamente diffuso e difficilmente guaribile.

ARTE questa rubrica a cura di Virginia Colombo rubriche@arcipelagomilano.org Il volto del 900: capolavori dal Pompidou di Parigi
Cosa ci fanno insieme capolavori di Matisse, Bacon, Mir, Picasso, Magritte e unaltra cinquantina di artisti del secolo scorso? Sono solo alcuni dei protagonisti indiscussi della mostra Il Volto del 900, antologica con 80 opere darte provenienti dal prestigioso Centre Pompidou di Parigi e che ripercorre la storia del ritratto dallinizio del 900 ai (quasi) giorni nostri. Il ritratto una delle forme darte pi antiche della storia, il cui uso variato molto nel tempo, a seconda dellepoca e delle classi dominanti. Dallarte egizia al Rinascimento, dalla nascita della borghesia alla ritrattistica ufficiale, il ritratto stato veicolo di rappresentazione di mondi interi, ognuno col suo codice linguistico, di valori e di simboli. E nel '900? Il ritratto sembra essere giunto alla resa dei conti con la grande invenzione della fotografia:un confronto/scontro che se da una parte lo ha condotto allemarginazione dal punto di vista utilitario, dallaltra ne ha fatto riscoprire anche un nuovo utilizzo e un nuovo potenziale, come si resero conto anche gli stessi Impressionisti gi dalla fine dell'800. Il 900 stato il secolo difficile, nella storia come nellarte. Gli artisti, testimoni di guerre e genocidi, si sentono impossibilitati a esprimere il volto umano delle persone, ed ecco allora che ne rappresentano il volto tragico. La nascita della psicanalisi di Freud, lannientamento dellIo singolare a favore di un Io di massa portano a rivoluzionare il ritratto, che diventa non solo rappresentazione fisica ma anche e soprattutto rappresentazione intima e interiore del soggetto. Le avanguardie si scatenano: rovesciano tutti i canoni, lastrazione entra prepotente, i colori si allontanano dalla realt, i soggetti non sono pi seduti in posa nello studio dellartista ma vengono copiati da fotografie prese dai giornali, dando vita a opere fino a qualche anno prima impensabili, di grande rottura e scandalo. Picasso (in mostra con 3 lavori) docet. La mostra, curata da Jean-Michel Bouhours, conservatore del Centre Pompidou, presenta sei sezioni tematiche, incentrate su temi filosofici o estetici. I misteri dellanima, lautoritratto, il formalismo, il surrealismo, caos e disordine e infine larte dopo la fotografia coinvolgeranno il visitatore in questa galleria di opere che si snoda da sculture di eccezionale valore, come la Musa dormiente di Brancusi, e il Ritratto del fratello Diego, di Alberto Giacometti; passando per lautoritratto angosciante di Bacon e quello a cavallo tra futurismo e cubismo di Severini; senza dimenticare i dipinti stranianti di Magritte e Mir, e per poi concludere, con molti capolavori nel mezzo, con liperrealismo di Chuck Close e il Nouveau Realisme di Raysse. In un mondo in cui siamo bombardati di immagini e i nostri autoritratti impazzano sui social network, la mostra del Pompidou aiuta a contestualizzare e a comprendere perch questa fame di immagini ci , forse, scaturita. ll Volto del '900. Da Matisse a Bacon - I grandi Capolavori del Centre Pompidou Palazzo Reale Fino al 9 Febbraio 2014 Prezzi: Intero 11 euro, ridotto 9,5 euro. Luned 14.30-19.30; da Marted a Domenica 9.30-19.30; Gioved e Sabato: 9.30-22.30

Porto Poetic. Sogni e progetti di due grandi maestri


La Triennale di Milano, insieme al Council of Architects Northern Chapter (OASRN) presentano la mostra Porto Poetic, una panoramica delle maggiori opere di due pilastri dellarchitettura portoghese, lvaro Siza e Eduardo Souto de Moura. Lesposizione, a cura di Roberto Cremascoli, presenta 41 progetti di architettura, 215 pezzi di design, 540 fotografie dautore e 28 filmati che vanno ad analizzare la scena architettonica portoghese dagli anni Cinquanta a oggi, soffermandosi sulle produzioni dei due maestri, diversi ma con una forte linea di continuit. Porto poetic un omaggio alla citt di Oporto e al Portogallo, Paese che stato fortemente riqualificato e messo in evidenza, dal punto di visto architettonico, grazie al lavoro operato da Siza e Souto de Moura, maestro e allievo, e che hanno fortemente caratterizzato la cosiddetta Scuola di Porto. Alvaro Siza, che nel 1986 scrisselvaro Siza, Professione poeti-

n.33 V 2 ottobre 2013

10

www.arcipelagomilano.org ca, fece emerge a livello mondiale la Scuola di Porto, considerata fino ad allora come qualcosa di secondario e regionale, vernacolare. Nella sua celebre premessa alla pubblicazione, scriveva ... Dicono che disegno nei caff, che sono un architetto di piccole opere (dato che ho provato a fare le altre, penso che, se non mi sbaglio, le piccole sono pi difficili).... La tradizione una sfida allinnovazione. fatta di inserti successivi. Sono conservatore e tradizionalista, cio mi muovo fra conflitti, compromessi, meticciaggio, trasformazione.... Ed proprio questo mix di innovazione e tradizione, di dialogo con il territorio ma anche di novit, che gli permette di firmare alcune delle opere pi significative del suo Paese, opere private ma anche e soprattutto spazi pubblici e per la collettivit. Insieme al lavoro di Souto de Moura e ai loro seguaci. Il tracciato della metropolitana, con le stazioni disegnate da Eduardo Souto de Moura e la sua Casa das Artes a Chaves; il Museo di Serralves, la Facolt di architettura di Porto, lessenziale chiesa di Santa Maria e le Terme di Vidago, di lvaro Siza, sono ormai icone della nuova Porto. Ed proprio la capitale portoghese che ha festeggiato recentemente la conquista del secondo Premio Pritzker (lequivalente dei premi Nobel per larchitettura), quello a Eduardo Souto de Moura (2011), premio che lvaro Siza aveva meritato gi nel 1992. La Porto Poetic a cui fa riferimento il titolo allora quella citt nuova eppure storica, vitale eppure tradizionalista, che gli architetti della omonima scuola hanno fatto pian piano rivivere e risvegliare. La mostra, divisa in tre sezioni, Poetic, Community e Design, aiuta a entrare nello spirito e nella mente dei grandi architetti, grazie a interviste, pezzi di arredo autentici, bozzetti, progetti e fotografie, alcune scattate anche da grandi fotografi, come il rimpianto Gabriele Basilico. Porto poetic Triennale di Milano fino al 27 ottobre Costi: 8,00 Euro, 6,50 Euro Orari di apertura Marted - Domenica 10.30 - 20.30 Gioved10.30 - 23.00 .

I sette savi di Melotti


Dopo quasi cinquanta anni di assenza tornano a far bella mostra di s i Sette Savi dello scultore Fausto Melotti. Le sculture, restaurate con il contributo di SEAAeroporti di Milano, attenderanno da qui al 10 novembre i viaggiatori e i frequentatori dellaeroporto di Malpensa presso la Porta di Milano, tra l'ingresso del Terminal principale e la stazione ferroviaria che conduce in citt. La Porta, progettata dagli architetti Pierluigi Nicolin, Sonia Calzoni (che hanno curato l'allestimento della mostra), Giuseppe Marinoni e Giuliana De Gregorio, con i suoi effetti datmosfera, esalta e valorizza i giganti di pietra di Viggi scolpiti da Melotti con un forte richiamo alla metafisica dechirichiani. I Sette Savi hanno una lunga e travagliata storia alle spalle. Lopera fu concepita infatti come un insieme di 12 gessi per la sala disegnata dagli architetti B.B.P.R. (Banfi, Belgiojoso, Peressutti, Rogers) e intitolata Coerenza delluomo della VI Triennale di Milano. Di queste sculture ne sopravvissero intatte solo sette e questo stesso numero port Melotti a non volere reintegrare le cinque perdute. Lopera infatti acquis un nuovo senso, facendo riferimento alla magia del sette che da sempre compare nella storia delluomo con significati filosofici e religiosi: nel Buddismo il numero della completezza, nel Cristianesimo sette sono i sacramenti e i doni dello Spirito Santo, nella religione islamica il sette identifica gli attributi fondamentali di Allah. Questo numero ha non solo nella religione, ma anche nella cultura - astronomica, storica, mitologica - un forte significato simbolico. Sette sono le arti liberali, le virt teologali, i peccati capitali, le meraviglie del mondo e i metalli della trasmutazione alchemica. Dovendone produrre altre versioni, lautore decise quindi di creare sempre e solo sette elementi. Ogni scultura simile ma differente dalle altre, creando un ritmo quasi musicale come era tipico della cultura astratta di Melotti. Lo scopo dei Savi sembra quello di far riflettere sulla compostezza e laspetto sacrale di coloro che dedicano la loro vita alla conoscenza, con profonda concentrazione e forza di volont. Al grande pubblico era per gi possibile vedere altri Savi di Melotti in un paio di versioni: quella in gesso, esposta al MART di Rovereto, eseguita nel 1960, e quella in marmo di Carrara creata nel 1981 ed esposta nel giardino del PAC di Milano, visibile anche dalla vetrata interna. Ma questi giganti di pietra, dove erano finiti per quasi cinquanta anni? I Sette Savi in questione vennero commissionati dal Comune di Milano allo scultore trentino per adornare, nel 1961, il giardino del Liceo Classico Giosu Carducci di via Beroldo, e lopera fu selezionata da una commissione composta dagli architetti Piero Portaluppi, Franco Albini e Renzo Gerla, allora consulenti del Comune. Fu pagata 5.805.000 lire, una cifra considerevole per i tempi anche se, visto il valore odierno, fu anche un lungimirante investimento economico. Nel 1964, due statue vennero danneggiate dagli studenti; e da allora, lopera giaceva in un deposito del Liceo, in attesa del suo recupero, dimenticata e acciaccata. Dopo un restauro costato 18.000 euro ecco che ora i Savi accoglieranno viaggiatori e passeggeri in transito per Milano, presentandosi come un interessante biglietto da visite della citt in vista dellExpo 2015

Milano Archeologica 2015


In vista dellExpo 2015 tante sono le attivit culturali in programma. Oltre allideazione di nuovi progetti, Milano si prender (finalmente) cura anche del patrimonio gi esistente, restaurando e valorizzando alcuni siti importantissimi per la storia della citt e quindi significativi anche a livello turistico. da poco stata presentata infatti la prima tappa del programma Milano Archeologia per Expo 2015, un percorso che restituir alla citt una fetta importante del suo patrimonio storico, quello riguardante let romana e imperiale. Nonostante gli evidenti sviluppi urbanistici e architettonici, Milano conserva ancora tracce importanti di un passato glorioso che va dal I sec. a.c. allet tardoantica, in cui la citt divenne centro e poi una delle capitali pi siginificative dellImpero romano. Resti di questo passato si possono vedere ancora oggi al Museo Archeologico di corso Magenta, con i resti delle mura di Massimiano

n.33 V 2 ottobre 2013

11

www.arcipelagomilano.org e la torre di avvistamento, cos come, inglobata nel campanile di San Maurizio al Monastero Maggiore sopravvive lantica torre del circo romano. L accanto invece sono conservati, in via Brisa, a cielo aperto, i resti del monumentale palazzo imperiale, in cui Costantino e Licinio nel 313 emanarono il famoso Editto di tolleranza. I resti pi emozionanti forse per si trovano sotto piazza Duomo, con il battistero di San. Giovanni e lantica basilica di Santa Tecla. Solo per citare le testimonianze pi note. Il progetto Milano Archeologia si propone quindi di favorire la conoscenza e la conservazione delle realt archeologiche presenti nel centro storico di Milano mediante azioni di manutenzione, promozione e comunicazione attraverso un sistema di reti di conoscenze e diffusione delle informazioni. Un progetto voluto e sostenuto dallArcidiocesi, dalla Regione Lombardia, dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici e dal Comune di Milano. Insieme collaboreranno le parrocchie di San Eustorgio, San Simpliciano, San Lorenzo Maggiore e San Nazaro in Brolo, interessate poich depositarie di importanti resti paleocristiani sui loro territori. Infatti verranno restaurate e riqualificate le aree delle sepolture e dei manufatti paleocristiani della necropoli di Sant'Eustorgio; verranno valorizzati i resti di et romana imperiale presso San Nazaro, cos come larea del Foro romano in piazza s. Sepolcro e nei sotterranei della Biblioteca Ambrosiana, per concludere con la torre romana e la torre del circo in via Luini. A partire dalla celebrazione dei 1700 anni dellEditto di Costantino e in vista dellExpo, questo progetto non solo punta a riqualificare e promuovere resti, aree e monumenti, ma anche a elaborare una metodologia che potr essere replicata per altre realt non solo milanesi ma anche lombarde.

La Biennale enciclopedica di Gioni


Il 1 giugno ha aperto la 55 Esposizione internazionale d'arte di Venezia, firmata dal pi giovane curatore nella storia della Biennale, Massimiliano Gioni, gi direttore artistico della Fondazione Trussardi e direttore associato del New Museum di New York. Il titolo dellevento imponente: "Il Palazzo Enciclopedico", ripresa dichiarata del progetto pensato dall'artista-architetto italoamericano Marino Auriti, che nel 1955 aveva depositato il brevetto per realizzare un edificio di 136 piani destinato a contenere 'tutto il sapere dell'umanit, collezionando le pi grandi scoperte del genere umano, dalla ruota al satellite". Unimpresa chiaramente impossibile, rimasta utopica, ma che ha dato spunto a Gioni per creare una Biennale che si preannuncia essere ricca di sorprese e meraviglie. Concentrare in un luogo solo tutto il sapere (artistico) del panorama contemporaneo, con i grandi di ieri e di oggi: una sfida per Gioni, accettata per dai 150 artisti provenienti da 38 Paesi diversi. Sviluppata come sempre tra il Padiglione Centrale, i Giardini e l'Arsenale, la Biennale concepita come un museo contemporaneo, e, spiega Gioni l'esposizione sviluppa un'indagine sui modi in cui le immagini sono utilizzate per organizzare la conoscenza e per dare forma alla nostra esperienza del mondo". Insomma quel sogno che da sempre rincorre luomo di poter arrivare al sapere sommo e totale, viene abbozzato da Gioni nella sua Biennale, chiamando gli artisti a contribuire con un pezzetto di arte, a questa utopia. Un percorso e un allestimento che si preannunciano in stile Wunderkammer, le celebri camere delle meraviglie in voga tra 1500 e 1600, destinato a suscitare stupore e sorpresa, ma anche a far riflettere sul senso dellarte oggi, secondo una progressione di forme naturali e artificiali, messe insieme per strabiliare lo spettatore. Il Palazzo Enciclopedico una mostra sulle ossessioni e sul potere trasformativo dellimmaginazione e si apre al Padiglione Centrale ai Giardini con una presentazione del Libro Rosso di Carl Gustav Jung dice Gioni, riferendosi al manoscritto illustrato al quale lo psicologo lavor per sedici anni, posto in apertura del Padiglione Centrale. Un lavoro che stimola la riflessione sulle immagini, soprattutto interiori e sui sogni in chiave psicanalitica, cancellando le distinzioni tra artisti professionisti e dilettanti, tra outsider e insider - dice ancora Gioni l'esposizione adotta un approccio antropologico allo studio delle immagini, concentrandoci in particolare sulle funzioni dell'immaginazione e sul dominio dell'immaginario". La Mostra sar affiancata da 88 partecipazioni nazionali negli storici Padiglioni ai Giardini, allArsenale e nel centro storico di Venezia, con ben dieci Paesi new entry: Angola, Bahamas, Regno del Bahrain, Costa dAvorio, Repubblica del Kosovo, Kuwait, Maldive, Paraguay, Tuvalu e Santa Sede. E la partecipazione di questultima forse la novit pi forte, con una mostra allestita nelle Sale dArmi, fortemente voluta dal cardinal Bagnasco. E il sempre chiacchieratissimo Padiglione Italia? Questanno il compito curatoriale toccato a Bartolomeo Pietromarchi, che ha deciso di lavorare sugli opposti, con Vice versa, titolo scelto riprendendo un concetto teorizzato da Giorgio Agamben nel volume Categorie italiane. Studi di Poetica (1996), in cui il filosofo sosteneva che per interpretare la cultura italiana fosse necessario individuare una "serie di concetti polarmente coniugati" capaci di descriverne le caratteristiche di fondo. Binomi quali tragedia /commedia o velocit/leggerezza divengono cos originali chiavi di lettura di opere e autori fondanti della nostra storia culturale. Una attitudine al doppio e alla dialettica che particolarmente cara alle dinamiche dellarte contemporanea italiana. Quattordici gli artisti invitati e ospitati in sette stanze: Francesco Arena, Massimo Bartolini Gianfranco Baruchello, Elisabetta Benassi, Flavio Favelli, Luigi Ghirri, Piero Golia, Francesca Grilli, Marcello Maloberti, Fabio Mauri, Giulio Paolini, Marco Tirelli, Luca Vitone, Sislej Xhafa. Gli artisti, in un dialogo di coppia, compongono un viaggio nellarte italiana di ieri e di oggi, letto per non come una contrapposizione di stili, forme o correnti, ma piuttosto come un atlante del tempo recente che racconta una storia tutta nazionale. Insieme ai tantissimi eventi collaterali sparsi per la citt, non resta che scoprire, vivendola dal vivo, questa promettente, e ricca di citazioni, Biennale. Per scoprire i vincitori, clicca qui.

Il Napoleone restaurato

n.33 V 2 ottobre 2013

12

www.arcipelagomilano.org Dal 1859 sorveglia lAccademia e la Pinacoteca di Brera. In un secolo e mezzo di vita ha visto passare artisti, personalit illustri, studenti e appassionati darte. Ora, finalmente, si concede un meritato restauro. Protagonista di un intervento che durer 12 mesi proprio il Napoleone come Marte Pacificatore di Antonio Canova, statua bronzea che troneggia al centro del grande cortile donore in omaggio a colui che, nel 1809, fond la Real Galleria di Brera. Dal prossimo giugno limponente scultura sar circondata da una teca di vetro, attraverso la quale si potranno seguire, passo dopo passo, i progressi compiuti sul grande bronzo, proprio come consuetudine per i restauri sui dipinti della Pinacoteca, esposti al centro del percorso museale in un laboratorio di vetro. Sistemati, ripuliti e messi a nuovo da abili restauratori che lavorano sotto gli occhi (curiosi) di tutti. Pannelli illustrativi e attivit didattiche per scuole e appassionati accompagneranno i restauri, sponsorizzati da Bank of America Merrill Lynch, dallAssociazione Amici di Brera e dei Musei Milanesi e dalla Soprintendenza per i beni storici artistici e etnoantropologici di Milano. Che fosse necessario un restauro era evidente da tempo: la superficie ha subito alterazioni causate da fattori metereologici e dall'inquinamento atmosferico, cos come sono visibili distacchi e cadute di frammenti e crepe nel marmo posizionato sotto il piedistallo della statua. Un Napoleone che ha avuto vita non facile, fin dallinizio. Lopera fu commissionata nel 1807 da Eugenio di Beauharnais, vicer del Regno dItalia, allo scultore Antonio Canova, ma non essendo ancora pronta, per problemi con la fusione, nel 1809, per linaugurazione della Pinacoteca di Brera, Beauharnais acquis a Padova il calco in gesso, da esporre in quella occasione. Il gesso, depositato in unaula dellAccademia, stato riesposto in uno dei saloni della stessa Pinacoteca, in concomitanza con le celebrazioni dei duecento anni dellistituzione museale, avvenuti nel 2009. Dopo il declino della fortuna e del comando di Napoleone, la statua in bronzo, che a Milano non aveva mai trovato collocazione in luogo pubblico, fu abbandonata nei depositi del palazzo di Brera. Riemerse alla luce allepoca dellarrivo in Lombardia di Napoleone III, a conclusione della seconda guerra di indipendenza italiana. Nel 1859 la statua fu eretta su un basamento temporaneo nel cortile principale di Brera. Solo nel 1864 fu inaugurato lattuale basamento in granito e in marmo di Carrara progettato da Luigi Bisi, docente di prospettiva allAccademia di Brera, ornato con aquile e fregi di bronzo. La statua in bronzo fu ottenuta con un'unica fusione (ad eccezione dell'asta e della vittoria alata) tenendo conto delle prescrizioni dettate dallo stesso Canova: l'asta tenuta nella mano sinistra composta da due elementi avvitati; la vittoria alata, che per fu rubata, stata allinizio degli anni 80 ricostruita basandosi su documentazione fotografica. Una curiosit: il bronzo utilizzato per la fusione proviene da cannoni in disuso di Castel Sant'Angelo a Roma. Un restauro iniziato in un momento non causale: il progetto parte del lavoro di valorizzazione che la Pinacoteca di Brera ha avviato in preparazione dellEXPO 2015, in cui giocher un ruolo fondamentale sulla scena culturale non solo milanese ma anche internazionale.

Leonardo e le macchine ricostruite


Come faceva Leonardo Da Vinci a progettare le sue macchine volanti? Potevano davvero volare? Che cosera il famoso Leone Meccanico? Perch non venne mai portato a termine il colossale monumento equestre di Francesco Sforza? Queste sono solo alcune delle domande che potranno avere risposta grazie allinnovativa - e unica nel suo genere - mostra che si appena aperta in una location deccezione: gli Appartamenti del Re nella Galleria Vittorio Emanuele. Tutto nasce dallidea di tre studiosi ed esperti, Mario Taddei, Edoardo Zanon e Massimilano Lisa, che hanno saputo mettere insieme e creare un centro studi e ricerca dedicato a Leonardo, alle sue invenzioni e alla sua attivit, con risultati sorprendenti sia sul fronte delle esposizioni, sia su quello della divulgazione. Leonardo3 (L3) parte di un progetto pi ampio, di un innovativo centro di ricerca la cui missione quella di studiare, interpretare e rendere fruibili al grande pubblico i beni culturali, impiegando metodologie e tecnologie allavanguardia. Sia i laboratori di ricerca sia tutte le produzioni L3 (modelli fisici e tridimensionali, libri, supporti multimediali, documentari, mostre e musei) sono dedicati allopera di Leonardo da Vinci. E i risultati sono stati straordinari: L3 ha realizzato il primo prototipo funzionante al mondo dellAutomobile di Leonardo, hanno ricostruito il Grande Nibbio e la Clavi-Viola, il primo modello fisico della Bombarda Multipla, il primo vero modello del Pipistrello Meccanico, il Leone Meccanico e il Cavaliere Robot, oltre a interpretazioni virtuali e fisiche inedite di innumerevoli altre macchine del genio vinciano. Non solo macchine per. Fondamentali per la riscoperta e la creazione dei prototipi sono stati i tanti codici leonardeschi, tra cui il famoso Codice Atlantico interamente digitalizzato, cos come il Codice del Volo, presentato in Alta Definizione, in cui ogni singolo elemento interattivo. E queste tecnologie diventeranno, in futuro, sempre pi utili per studiare manoscritti antichi e fragilissimi, come i diversi Codici e taccuini, gi molto rovinati dallusura e dal passare dei secoli. Una mostra che divertir grandi e bambini, che potranno toccare con mano le macchine e i modellini ricostruiti, testarsi sui touch screen per comporre, sezionare o vedere nel dettaglio, tramite le ricostruzioni 3D, i vari pezzi delle macchine di Leonardo, far suonare la Clavi-Viola e costruire, davvero, un mini ponte autoportante. Una delle ultime sezioni poi dedicata ai dipinti di Leonardo, su tutti la famosa Ultima Cena. Una ricostruzione digitale e una prospettica permettono di ricostruirne strutture e ambienti, di capirne perch Leonardo sbagli di proposito la prospettiva e di approfondire alcuni dettagli. I modelli sono stati costruiti rispettando rigidamente il progetto originale di Leonardo contenuto nei manoscritti composti da migliaia di pagine, appunti e disegni. Il visitatore avr anche la possibilit di leggere i testi di Leonardo invertendo la sua tipica modalit di scrittura inversa (da destra a sinistra). L3 si gi fatto conoscere nel mondo, le mostre sono state visitate da centinaia di migliaia di persone in citt e Paesi come Torino, Livorno, Vigevano, Tokyo, Chicago, New York, Philadelphia, Qatar, Arabia Saudita e Brasile. Occasione imperdibile. Leonardo3 Il Mondo di Leonardo -piazza della Scala, ingresso Galleria Vittorio Emanuele II, fino al 14 febbraio 2014 luglio, orari: tutti i

n.33 V 2 ottobre 2013

13

www.arcipelagomilano.org giorni dalle ore 10:00 alle ore 23:00, biglietti: 12 intero, 11 studenti e riduzioni, 10 gruppi, 9 bambini e ragazzi, 6 gruppi scolastici.

LIBRI questa rubrica a cura di Marilena Poletti Pasero rubriche@arcipelagomilano.org Marco Romano Liberi di costruire
Bollati Boringhieri, 2013 pp.176, euro 15
Gioved 3 ottobre, ore 18 , il libro verr presentato a Palazzo Sormani, sala del Grechetto, via F. Sforza 7, Milano, relatori Paolo Bonaccorsi, Salvatore Carrubba e Michele Salvati a cura di Unione Lettori Italiani Milano Pagine ambiziose, provocatorie, imperdibili per chi voglia intraprendere, in piena libert di giudizio, il cammino non facile lungo il tema della societ urbana e del suo sviluppo. Marco Romano - docente di Estetica della citt, a lungo direttore del Dipartimento di Urbanistica allo IUAV e della Rivista Urbanistica, storica voce dell'INU - fa derivare la sua ricerca, e le sue proposte, da una considerazione antica e per questo, attualissima: Il senso della soggettivit umana si forma nel contesto di un gruppo sociale nel quale tutti condividono una comune appartenenza e dove il comportamento o l'azione individuale confrontabile con quello degli altri e diviene pressoch automaticamente - termine di un giudizio. Questo legame comune ricorda Romano - in Europa l'appartenenza di ogni persona a una civitas, la cui consistenza morale viene espressa dalla consistenza materiale dell'urbs, ove da mille anni radicato il sentimento dei cittadini europei, della propria identit. E se il sentimento comune della ricerca di forme successive di democrazia e libert sono i caratteri tipici della societ cittadina, proprio nella citt che da oltre mille anni si mette in scena il conflitto tra coloro che intendono rispecchiare nelle trasformazioni urbane, un nuovo passo della democrazia e della libert di; e chi, di converso, questa libert e questa democrazia intende contenere, orientare, conformare. Una dialettica secolare, i cui momenti salienti Romano ripercorre con riferimenti ricchi e preziosi, che fanno della lettura del suo libro anche un esercizio di golosit intellettuale. Si approda cos alla desolata constatazione che, in questi ultimi cinquanta anni, l'ideologia e la pratica della pianificazione si riducono alla pretesa di trasformare i desideri e le aspirazioni degli uomini in diritti codificati in una dottrina, che viene imposta da governi illuminati e pedagogici a cittadini riottosi e spesso ignari o dimentichi del loro stesso bene. Lo scambio delle prospettive, dall'essere al dovere essere, conduce quasi sempre, e gli anni recenti lo confermano, ad immiserire l'opera di pianificazione all'angustia di una recriminazione continua di come i processi reali contraddicano puntualmente i suoi principi. Una diagnosi cos fascinosa e al contempo urticante non pu che condurre a un Che fare? scoppiettante di proposte tanto eterodosse quanto ragionevoli, che affondano la loro traiettoria nell'osservazione attenta e arcidocumentata dei percorsi storici e fattuali delle diverse Istituzioni politico amministrative europee, negli ultimi cinque secoli. Per non togliere al lettori il piacere della scoperta e il fremito dell'iconoclastia citeremo soltanto i titoli dei quattro capitoli finali dell'opera di Romano: Liberarsi dalle commissioni edilizie; Liberarsi dalle norme edilizie; Una libera casa di vacanza; e, infine, come deflagrazione finaleLiberarsi dallo Stato. Scusate se poco. Paolo Bonaccorsi

CINEMA questa rubrica a cura di Anonimi Milanesi rubriche@arcipelagomilano.org To be or not to be


di Ernst Lubitsh [USA 1942] con Carole Lombard, Robert Stack, Jack Benny
Grazie a Vieri Razzini che lo ha ridistribuito, torna nelle sale cinematografiche italiane, in lingua originale e con sottotitoli, 70 anni dopo la sua prima uscita, To be or not to be. Rimasterizzato e con uno restauro smagliante che regala ancora, a chi non lha mai visto al cinema, la meraviglia di vedere un capolavoro del re del bianco e nero, Ernst Lubitsh, ebreo berlinese divenuto americano. Maestro nel passare con disinvoltura dai toni della commedia brillante e sofisticata a quelli del dramma (aspetto sottolineato in Italia dal titolo tradotto in Vogliamo vivere), rivela sua misurata leggerezza anche in questo film, girato prima che gli USA entrassero in Guerra, che racconta, con una buona dose di satira, il nazismo ai tempi delloccupazione della Polonia. Varsavia, 1939: una compagnia di attori polacchi, che recita Amleto e mette in scena una commedia satirica (censurata) che ridicolizza il Fher, viene coinvolta in una vicenda di spionaggio e resistenza. Una coppia di attori discretamente conosciuti in patria, compagni di scena e di vita sono al centro delle vicende: Josef Tura e sua moglie Maria. Maria, bella, consapevole di esserlo e infedele per civetteria, cede alle lu-

n.33 V 2 ottobre 2013

14

www.arcipelagomilano.org singhe del corteggiatore Sobijnski, un attraente ufficiale pilota che fiancheggia la Resistenza in Gran Bretagna. Le vicende sentimentali e teatrali, dei coniugi, dellamante e della compagnia, si intrecciano con la storia dei resistenti polacchi e di doppiogiochisti nazisti che fanno la spola tra Inghilterra ed est dEuropa. Le azioni e i tempi narrativi sono quasi da spy story, con documenti da trovare e distruggere, omicidi per non essere scoperti, travestimenti e scambi di persona, e insieme ai frequenti cambi di piani tra realt e rappresentazione teatrale, danno al film un ritmo incalzante. I dialoghi hanno tempi perfetti, recitati da attori assolutamente in parte, capaci di cambiare registro dalla burla al dramma, con Shakespeare preso in prestito per far passare concetti profondi. Come quando il comprimario, falso attentatore, catturato dai nazisti ha finalmente loccasione di recitare il Mercante di Venezia: Un ebreo non sente caldo o freddo nelle stesse estati e inverni allo stesso modo di un cristiano? Se ci ferite noi non sanguiniamo? Se ci solleticate, non ridiamo? Se ci avvelenate non moriamo?. lultima apparizione sul grande schermo di Carole Lombard, morta tragicamente a 33 anni lanno successivo, che veste di eleganza e malizia sottile da gran diva, un personaggio di media umanit. Dopo luscita a Maggio, ritorno in sala dEssai con ultimi giorni di programmazione allAriosto. Da non perdere, in TV non sarebbe la stessa cosa. Adele H In sala a Milano: al cinema Ariosto fino a gioved 3 ottobre

Rush
di Ron Howard [USA- Gran Bretagna - Germania, 123'] con Chris Hemsworth, Daniel Brhl, Olivia Wilde, Alexandra Maria Lara, Pierfrancesco Favino
La storia dello sport piena di rivalit tra atleti che incarnano tipi umani talmente opposti da fare sembrare la loro sfida qualcosa di pi di un semplice confronto sportivo: piuttosto una specie di scontro tra visioni del mondo apparentemente inconciliabili. Penso a Borg/McEnroe nel tennis o a Leonard/Duran nella boxe, sfidanti che incarnano categorie talmente opposte (razionale/irrazionale, metodico/impulsivo, costruito/naturale, apollineo/dionisiaco ecc...) che non sarebbe fuori luogo andare a rispolverare, per descrivere la loro lotta, l'antico termine eracliteo "enantiodromia" che significa pi o meno "corsa negli opposti". Il termine, ripreso poi da C.G. Jung lascia intendere che nello scontro tra gli opposti esista anche una attrazione fatale, come se un polo sentisse la mancanza dell'altro per completarsi. Il duello insomma come forma di Doppio... tema che ha regalato al cinema non pochi capolavori, da I duellanti a Le Grand Bleu. Ecco, mi scuso per questo preambolo degno di un tuttologo televisivo, ma non potevo evitarlo perch Rush parla letteralmente di enantiodromia e lo fa trovando la pi perfetta metafora possibile nella storia di due piloti che si sono rincorsi e sfidati incarnando qualit totalmente opposte nella ormai mitica stagione di Formula uno del 1976. Sto parlando ovviamente di Niki Lauda e James Hunt. Rush ripercorre quell'anno straordinario e lo fa, ovviamente trattandosi di cinema, calcando un po' la mano nel rappresentare la totale inconciliabilit delle qualit dei contendenti. Si incontrano per la prima volta in Formula Tre e subito si riconoscono come nemici naturali: da una parte Hunt, inglese, alto, bello, biondo, playboy, uomo da party, fantasioso dall'altra Lauda, austriaco, basso, denti da topo, scuro, sfigato, solitario, maniacalmente metodico. Il destino li porta poi a ritrovarsi in Formula Uno, uno sulla Ferrari e l'altro sulla McLaren, due dei team pi leggendari di tutti i tempi, dando vita a una sfida che si risolver solo all'ultimo secondo. Nel frattempo, per un anno le loro vite si saranno incrociate anche fuori dalle piste, tra amori, intrighi e incidenti portandoli un po' alla volta a riconoscere il valore reciproco... ma forse sarebbe meglio dire a "riconoscersi" nel valore dell'altro, perch al termine della vicenda sar chiaro a entrambi quanto l'uno abbia bisogno dell'altro (vorrei dire ontologicamente ma non lo far). Il bello di Rush proprio questo, che non si tratta solo di un film "sportivo" ma parla, in maniera a volte anche troppo didascalica, di temi "alti", quasi letterari, senza per rinunciare all'intrattenimento. Gli interpreti sono ben scelti, l'astro nascente Chris "Thor" Hemsworth un Hunt bello e dannato ma il piccolo Daniel Brhl (l'indimenticabile cecchino Zoller di Inglorious Basterds) gli ruba immancabilmente la scena e a volte mette i brividi per quanto ricordi il vero Lauda pur non assomigliandogli troppo. Ron Howard dirige con la solita professionalit, senza nulla concedere allo stile post Fast &Furious e lavorando invece sulla ricostruzione dei sapori di un'epoca. La sceneggiatura di Peter Morgan, che evidentemente ha un debole per le storie di sfide fatali (ha gi scritto L'altra donna del re, Frost/Nixon - Il duello nonch i notevoli L'ultimo re di Scozia e The Queen) cade ogni tanto in qualche semplificazione eccessiva, come nella scena in cui Hunt picchia a sangue un giornalista reo di avere offeso Lauda in conferenza stampa, episodio credo mai accaduto, ma solida e avvincente fino alla fine e ci regala anche un epilogo da pelle d'oca. La fotografia di Anthony Dod Mantle ha un tono deliziosamente "vintage", il montaggio della coppia Hanly/Hill eccellente nelle scene delle gare (ma nella scena in cui Hunt incontra le sua futura moglie Suzy Miller non c' uno che guardi dalla parte giusta del quadro, che successo sul set?). La colonna sonora di Hans Zimmer infine ... purissimo Hans Zimmer! Magari non si tratta di un capolavoro che passer alla storia, ma Rush un film d'azione con un cuore e un cervello: di questi tempi, con quello che passa in sala, che volete di pi? Tom Doniphon In sala a Milano: Plinius multisala, Colosseo, UCI Cinemas Bicocca / Certosa, Orfeo Multisala, The Space Cinema Milano Odeon

SIPARIO questa rubrica a cura di E. Aldrovandi rubriche@arcipelagomilano.org Nuriev dal Lago Bajkal dl Lago dei cigni
n.33 V 2 ottobre 2013 15

www.arcipelagomilano.org

Venti anni son passati dalla tragica e sofferta scomparsa del grande ballerino Rudolf Nuriev (Rudolf Nureyev, 1938-1993), considerato dalla critica uno dei pi grandi danzatori del XX secolo insieme a Niinskij (1890-1950) e a Barynikov (1948-). In questo ventesimo anno dalla morte il Teatro alla Scala di Milano ha deciso di commemorare la sua memoria attraverso la presentazione di una mostra, sita al Museo Teatrale fino allo scorso aprile, dedicata al lavoro di Nuriev presso il teatro milanese a essere sincero, una mostra che non ha reso granch onore alla sua persona e al suo ruolo e attraverso la rappresentazione in due date (a luglio e a ottobre) del Lago dei cigni nella versione curata dallo stesso Nuriev. Nuriev nacque e crebbe a Irtutsk in Siberia, allestremit meridionale del lago Bajkal, lago che per secoli stato la fortuna delle popolazioni baskire, nomadi che presso il lago hanno trovato uno dei luoghi di sedentarizzazione. Al lago Bajkal sono legate numerose e svariate leggende che rimontano al folklore baskiro, storie di esseri semiumani e spiriti

che popolano il lago e le foreste circostanti, ma allo stesso lago fanno tappa durante le migrazioni estive le gru e i cigni neri, anchessi personaggi delle leggende baskire. A questa magia delle storie popolari non fu indifferente il piccolo Rudolf, che pi tardi nel 1953 allAccademia del Teatro dOpera di Ufa (capoluogo della regione baskira) fece il primo incontro con il Lago dei cigni di Petipa e Ivanov, musicato da ajkovskij. Il diploma presso lAccademia del Kirov di Leningrado (oggi Accademia Vaganova di San Pietroburgo) porter Nuriev sulle prestigiosissime scene del Kirov con il pas de deux del secondo atto del Lago; poi il Lago interpretato dalla splendida Maja Pliseckaja, visto dopo essere scappato dalla compagnia del Kirov per andare al Boloj di Mosca; infine, nel 1984 presso lo Staatoper di Vienna Nuriev mette in scena la propria definitiva rilettura delle coreografie di Petipa e Ivanov, abolendo il personaggio del Buffone, presentando il finale totalmente pessimistico, ampliando le variazioni e il ruolo del principe Siegfried e soprattutto quelle del precettore

Wolfgang e del mago Rothbart, ruoli enigmatici e controversi che riserva a se stesso. Il Lago di Nuriev lultima sua grande rilettura dei balletti del repertorio classico: si pu considerare il testamento artistico e spirituale del grande ballerino, gi malato e consapevole del proprio prossimo destino di morte. Forse per questo trionfo della morte e pessimismo totale della trama, la critica lo definisce il balletto meno riuscito di Nuriev: in effetti, limpressione che si ha nel guardarlo che leccessiva attenzione psicologica va a inficiare la coreografia e la tecnica classica, che non sempre riesce a trovare i mezzi tecnici per esprimere tutta la complessit del pensiero di Nuriev sul Lago. Una vita, quella di Nuriev, che comincia e finisce con un lago: dal lago reale della Siberia meridionale al lago spirituale dei cigni che nella sua mente non migrano pi. Domenico G. Muscianisi

GALLERY

VIDEO

PAOLA PETRONE DIRETTORE AMSA: MILANESI VIRTUOSI E NON PER INTERESSE http://youtu.be/p0fiorTauJI

n.33 V 2 ottobre 2013

16

Potrebbero piacerti anche