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RASSEGNA STAMPA Carlo Maria Martini

1) La verit come ricerca, la modernit come risorsa. La Chiesa del Concilio piange il card. Martini di Valerio Gigante 2) Un Concilio Vaticano III: il sogno di Martini, lincubo della Chiesa di Ludovica Eugenio 3) La vita, la morte e quello che c in mezzo. Zibaldone dei pensieri del card. Martini di Ludovica Eugenio 4) Cos ci hai chiesto di essere addormentato. La lettera al cardinal Martini della nipote Giulia: di Giulia Facchini Martini 5) Un ricordo del cardinale Martini per Koinonia di Elena Milazzo Covini 6) Non banalizzate il cardinale di Aldo Maria Valli 7) Martini, testimone fino alla fine di Raniero La Valle 8) Povera Chiesa in povero Stato di Giovanni Valentini 9) Il sogno del cardinale per la Chiesa del futuro di Carlo Maria Martini 10) Chiesa indietro di 200 anni. Perch non si scuote, perch abbiamo paura? di Georg Sporschill SJ e Federica Radice Fossati Confalonieri 11) Dopo Martini, lite sul suo testamento spirituale di Sandro Magister 12) Ruini: la Chiesa oggi non indietro. Martini non era antagonista del Papa di Aldo Cazzullo 13) Da una parte lamore dei fedeli dallaltra la freddezza del papa di Marco Politi, , il Fatto Quotidiano 14) L'ultimo principe e il suo popolo di Michele Brambilla 15) Cosa il papa non ha detto di Massimo Faggioli 16) Il tributo dei laici imbarazza il Vaticano Adesso non usatelo contro la chiesa di Marco Ansaldo 17) Laddio a Martini il profeta scomodo di Roberto Monteforte 18) Ma il sondino un obbligo nella legge sul biotestamento di Eleonora Martini 19) Martini, Sgreccia, la superstizione e la tortura di felice mill colorni 20) Il Papa nero: un uomo libero, ispiri il Sinodo di Gian Guido Vecchi 21) Salvare le idee di Martini di Carlo Annovazzi 22) Martini prima e dopo... di don Julin Carrn 23) Io non sono martiniano, sono cattolico. Cosa possiamo fare per lanima di Carlo Maria Martini di Antonio Socci 24) La fede e il dubbio di Eugenio Scalfari 25) L'uomo che poteva conquistare il papato di Luigi Accattoli

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La verit come ricerca, la modernit come risorsa. La Chiesa del Concilio piange il card. Martini
Valerio Gigante Adista Documenti n. 32 del 15/09/2012 Lintervista rilasciata dal card. Carlo Maria Martini al Corriere della Sera l8 agosto scorso, pubblicata dopo la sua morte, il 1 settembre, e rilanciata da tutta la stampa mondiale come il suo testamento spirituale, presenta una forte analogia con le parole di un altro insigne cardinale italiano, tra gli esponenti pi amati ed ascoltati dellala progressista della Chiesa cattolica e tra le voci pi profetiche della stagione post-conciliare: quelle di p. Michele Pellegrino, arcivescovo di Torino fino al 1976, anno in cui si ritir. Formalmente per ragioni di salute; in realt perch sentiva che la sua idea di Chiesa non era da tempo pi in linea con lorientamento che stava diventando egemone presso la gerarchia cattolica.

Era il marzo 1981 quando p. Pellegrino concesse al Regno una intervista che aveva per titolo Questa Chiesa, fra paura e profezia.... In essa il cardinale, allora 78enne, ammoniva sul rischio di una Chiesa immobile, si pronunciava a favore dellordine presbiterale esteso anche alle persone sposate, suggeriva di mettere allo studio anche alcune forme di ministero ordinato per le donne, come gi avveniva nelle prime comunit cristiane. Meno di un anno dopo, Pellegrino veniva colpito da un ictus che lo paralizz per tutto il lato destro del corpo. Impedito a scrivere, impossibilitato ad esprimersi se non per cenni e parole pronunciate con estrema fatica, Pellegrino rest consegnato a letto o su una carrozzella fino alla morte, giunta nel 1986. Martini, a causa del morbo di Parkinson, era limitato nel medesimo modo, sia nei movimenti che nella parola. Ciononostante, come p. Pellegrino, anche lanziano biblista, ex arcivescovo di Milano, nella sua ultima intervista al Corriere, ha levato parole intense e vibranti nei confronti di una Chiesa stanca, rimasta indietro di 200 anni: La nostra cultura invecchiata, le nostre Chiese sono grandi, le nostre case religiose sono vuote e lapparato burocratico della Chiesa lievita, i nostri riti e i nostri abiti sono pomposi, denunciava lanziano e malato cardinale. I rimedi? Il primo la conversione: La Chiesa deve riconoscere i propri errori e deve percorrere un cammino radicale di cambiamento, cominciando dal papa e dai vescovi. Gli scandali della pedofilia ci spingono a intraprendere un cammino di conversione, spiegava. Le domande sulla sessualit e su tutti i temi che coinvolgono il corpo ne sono un esempio. La buona morte Ma non stata solo lintervista a far discutere il mondo laico e cattolico. A fare scalpore stato soprattutto il racconto del modo in cui il card. Martini ha scelto di affrontare le ultime settimane della sua lunga malattia. Il suo neurologo ha riferito che il cardinale considerandola una forma di accanimento terapeutico aveva rifiutato negli ultimi giorni di vita la nutrizione artificiale via sondino. La scelta richiama in maniera evidente nonostante i tanti e sottili distinguo che la stampa cattolica sta tentando di fare il caso Englaro che, nel 2009, aveva visto la gerarchia ecclesiastica gridare allomicidio di Stato perch al padre di Eluana era stato concesso di interrompere idratazione ed alimentazione forzata sul corpo esanime della figlia, affinch potesse morire. Inoltre, la nutrizione artificiale considerata una terapia essenziale proprio da quella legge sul finevita proposta dal centrodestra, sostenuta dai vertici della Chiesa ed attualmente in discussione in Parlamento. Il significato profondamente teologico, oltre che altamente politico ed ecclesiale, della decisione del card. Martini quindi evidentissimo. La nipote, Giulia Facchini, ha inoltre raccontato, in una lettera pubblicata sul Corriere della Sera il 4 settembre scorso, che lanziano cardinale, specie con laggravarsi, in agosto, della sua malattia, non aveva acconsentito a sottoporsi a terapie che prolungassero inutilmente la sua agonia. Poi, con la consapevolezza condivisa che il momento si avvicinava, quando non ce lha fatta pi, ha chiesto di essere addormentato. Lintervista al Corriere, la scelta di interrompere le terapie di contrasto al Parkinson, desiderando solo di essere sedato, la collaborazione stessa con il Corriere (il suo direttore, Ferruccio De Bortoli ha recentemente scritto che essa spiacque a Roma), i tanti pronunciamenti su temi legati a quelli che la gerarchia cattolica definisce oggi valori non negoziabili (Martini intervenne anche nel dibattito politico aperto dal caso Welby. C lesigenza scrisse in un suo articolo sul Sole 24 ore di elaborare norme che consentano di respingere le cure, anche perch, spiegava, casi come quello di Welby, saranno sempre pi frequenti e la Chiesa dovr darvi pi attenta considerazione pastorale), lo rendono un personaggio sempre pi scomodo per la gerarchia cattolica, specie nellera di Ratzinger. Troppo autorevole, ascoltato ed amato per essere apertamente sconfessato o censurato, Martini da anni una continua spina nel fianco di una Curia e un episcopato sempre pi concentrati su se stessi, sul mantenimento delle proprie prerogative e privilegi, sulla propria percezione di vivere sotto lassedio della modernit. E sempre pi propensi a guardare alla realt contemporanea come ad un pericolo e ad una minaccia, piuttosto che come una possibilit o una risorsa. Tollerato senza che i suoi interventi avessero mai vera eco nei giornali cattolici istituzionali e tra lepiscopato, quella di Martini era quindi ormai sempre pi la voce di chi grida nel deserto ecclesiale. Con toni che erano diventati

progressivamente pi netti rispetto allo stile ovattato, alle affermazioni pi problematiche che assertive, ai toni sfumati che avevano caratterizzato i suoi pronunciamenti da arcivescovo di Milano, Martini era ormai lesponente della gerarchia cattolica pi ascoltato sia da quella parte di mondo ecclesiale che vive con disagio lapproccio integrista del magistero, sia da parte di quellopinione pubblica laica che con il cattolicesimo, specie quello illuminato, ritiene utile e necessario dialogare. Ruini, il grande antagonista Questa maggiore libert nella parola Martini se lera in parte guadagnata proprio per lautorevolezza che la sua figura aveva ormai acquisito tra credenti e non credenti; in parte se lera conquistata dopo la fine del suo ministero episcopale a Milano e la definitiva uscita di scena seguita al Conclave che elesse nel 2005 Ratzinger al soglio pontificio, perch, libero ormai da obblighi istituzionali, egli riteneva di poter parlare con maggiore parresia su certe questioni anche interne alla Chiesa, essendo ormai al di sopra di ogni possibile sospetto, accusa od illazione di intervenire per un qualche interesse di parte. Anche negli anni del suo ministero milanese, tuttavia, Martini aveva pi volte mostrato, pur nella prudenza che aveva sempre contraddistinto i suoi interventi pubblici, la sua diversa visione conciliare ed inclusiva della Chiesa e dei suoi rapporti con il mondo. Lo aveva dimostrato su questioni diversissime, dal lavoro allimmigrazione, dalla corruzione della politica (in una citt in cui dominavano Dc e Psi) allecumenismo; dal rapporto con il mondo ebraico e con lislam allemarginazione e al carcere. In realt, al di l dellaura di prestigio ed autorevolezza di cui godeva, sia dentro che fuori la Chiesa, nella gerarchia ecclesiastica lastro di Martini aveva iniziato a tramontare gi molti anni fa, in concomitanza col sorgere di quello del card. Camillo Ruini, che si pu considerare il vero grande antagonista in Italia dellex arcivescovo di Milano. Tanto luno era mite e aperto, attento alle ragioni bibliche ed alle implicazioni teologiche ed ecclesiali di ogni sua scelta pastorale, totalmente avulso dalle logiche del potere temporale, tanto laltro irruento e decisionista, autoritario e pragmatico, ossessivamente concentrato sulla rilevanza politica delle sue scelte, assolutamente mondano nella sua capacit di tessere relazioni con il potere politico-economico, sia nel contesto ecclesiastico che in quello civile. La carriera di Ruini inizi infatti nel 1985, quando, allora vescovo ausiliare di Reggio Emilia, si propose come il punto di riferimento del processo di restaurazione che sotto legida di Giovanni Paolo II avrebbe portato ad un radicale sovvertimento degli equilibri e degli assetti della Chiesa italiana. Quellanno papa Wojtyla a sorpresa gli affid (come a sorpresa, nel 1979, aveva scelto Martini per la cattedra ambrosiana), la vicepresidenza del Comitato preparatorio dellAssemblea che la Chiesa italiana si stava apprestando a celebrare a Loreto sul tema Riconciliazione cristiana e comunit degli uomini. Presidente del Comitato era proprio Martini. Nel suo nuovo ruolo, Ruini divenne il leader di quella parte della gerarchia cattolica che intendeva archiviare definitivamente la linea ancora fortemente conciliare che a Loreto sembrava destinata a confermarsi come maggioritaria: questa linea, che tentava di impegnarsi in una prospettiva realmente ecumenica, che cercava di vivere la laicit come ascolto dei segni dei tempi e la secolarizzazione come una sfida a cui guardare con fiducia e coraggio, che lasciava ai laici una certa autonomia nellazione sociale e politica, era sostenuta da un gran numero di delegati designati per lassise, contava su uno strumento di presenza attiva e capillare nelle realt territoriali e nella formazione del laicato quale era lAzione Cattolica presieduta da Alberto Monticone; ma, soprattutto, aveva nel card. Martini, oltre che nellallora presidente della Conferenza episcopale, il card. Anastasio Ballestrero, il suo solido e rigoroso supporto teologico e pastorale. Wojtyla, nel cui discorso ai delegati Ruini ebbe una parte decisiva, sovvert tutti gli orientamenti faticosamente e collegialmente elaborati alla vigilia del Convegno: invit a dare testimonianza di unit, a vivere in piena sintonia con la Chiesa, ad operare affinch la fede cristiana in una societ pluralistica e parzialmente scristianizzata recuperasse un ruolo guida e unefficacia trainante nel cammino verso il futuro; chiar poi che andava bene richiamarsi al Concilio, a patto che esso non si interpreti secondo

particolari visioni o scelte personali; critic il processo di secolarizzazione, che spesso si esprime in una vera scristianizzazione della mentalit e del costume per il diffondersi del materialismo pratico, cui si aggiunge il peso culturale e politico di ideologie atee; avvert i presenti che la consapevolezza di essere portatori della verit che salva fattore essenziale del dinamismo missionario dellintera comunit ecclesiale, necessario per quella nuova implantatio evangelica che il papa intendeva attuare. Per il papa bisognava addirittura porre mano a unopera di inculturazione della fede che raggiunga e trasformi, mediante la forza del Vangelo, i criteri di giudizio, i valori determinanti, le linee di pensiero e i modelli di vita. La parresia e la politica dei due volti Tutto il contrario di quello che lazione del card. Martini si era sino a quel momento impegnata a realizzare. Inoltre, la formazione del laicato, non pi demandata allAzione Cattolica che lallora arcivescovo di Milano aveva sempre sostenuto, ma che per il papa e per Ruini non aveva dato prova di sapersi contrapporre adeguatamente ai fenomeni di secolarizzazione , veniva affidata soprattutto ai movimenti, Comunione e Liberazione in primis, che a Loreto ricevettero la loro definitiva consacrazione. Il papa esalt infatti la carica di promesse, la grande variet e vivacit di aggregazioni e movimenti, soprattutto laicali, che caratterizza lattuale periodo post-conciliare, verso cui invitava a deporre ogni spirito di antagonismo e di contesa, poich essi costituivano un canale privilegiato per la formazione e la promozione di un laicato attivo e consapevole del proprio ruolo nella Chiesa e nel mondo, secondo il genuino insegnamento del Concilio. Negli anni successivi, con il procedere incessante della scalata di Ruini ai vertici della Conferenza episcopale e della Curia, per la linea conciliare, allinterno della gerarchia, tra i teologi e gli intellettuali progressisti, come dentro lassociazionismo cattolico, fu linizio della fine. Comunione e Liberazione (gi da diversi anni apertamente ed aspramente contrapposta allAzione Cattolica), divenne lariete utilizzato da Ruini per contrastare le spinte progressiste e conciliari della Chiesa montiniana, specie dentro lAc. Resistette, ma solo in parte, lAc ambrosiana, che anche negli anni pi duri del wojtylismo manterr un certo margine di autonomia e di giudizio sulle vicende sociali e politiche del Paese, grazie anche al sostegno ed alla copertura offerta dallarcivescovo di Milano. Anche per questa ragione la contrapposizione di Cl a Martini fu in alcuni momenti assai dura. Lo testimonia la lettera, che doveva restare riservata, ma che stata pubblicata il 6 maggio scorso dal Fatto quotidiano, di don Julin Carrn, presidente della Fraternit di Comunione e Liberazione, al nunzio Giuseppe Bertello (un documento datato marzo 2011 che si riferiva alle consultazioni in vista della nomina del nuovo arcivescovo di Milano). In essa, pur non nominandoli mai, Carrn si lasciava andare, in tutta franchezza e confidenza, ad alcune durissime considerazioni sullo stato della Chiesa ambrosiana, criticando radicalmente e profondamente lazione pastorale del card. Martini, ma anche del suo successore, il card. Dionigi Tettamanzi, prossimo al pensionamento, affermando che negli ultimi trentanni la diocesi ambrosiana aveva di fatto promosso quella frattura caratteristica della modernit tra sapere e credere, a scapito della organicit dellesperienza cristiana, ridotta a intimismo e moralismo. Suonano allora ancor pi vuote ed ipocrite, a conferma della politica dei due volti tipica di Comunione e Liberazione, le parole stavolta ufficiali, scritte da Carrn subito dopo la morte di Martini, il 3 settembre scorso, con le quali, oltre alla grande stima per il cardinale, il presidente della Fraternit di Cl vorrebbe dimostrare una benevolenza ed una vicinanza pastorale di Martini nei confronti del movimento fondato da don Giussani che non nei fatti mai esistita. Cl partecip infatti in prima linea al capillare lavoro di normalizzazione delle Curie diocesane e delle parrocchie romane, attraverso la rimozione di laici, vescovi e parroci considerati legati al magistero di papa Montini e del card. Martini, cio eccessivamente disponibili ad aprirsi alle esigenze del territorio, a dialogare con la cultura laica e progressista, o a lavorare in maniera collegiale allinterno delle proprie realt ecclesiali. Anche linformazione cattolica istituzionale, che negli anni 80 mostrava ancora una certa pluralit di prospettive, venne uniformata dal punto di vista politico ed ecclesiale e ricondotta sotto il rigido controllo della presidenza della Cei, attraverso le mani esperte dei giornalisti ciellini.

Un brusco risveglio Per lo stesso card. Martini, cui nel 1986 venne assegnato un incarico che lo allontanava dalle responsabilit dirette sulle vicende italiane, quello di presidente del Consiglio delle Conferenze dei Vescovi dEuropa carica che manterr fino al 1993 divenne difficile trovare spazio sui media della Cei e del Vaticano. Cos, quando il 7 ottobre 1999 Martini, durante il Sinodo dei Vescovi raccont, in un intervento divenuto poi celebre, il suo sogno di un confronto collegiale e autorevole tra tutti i vescovi su alcuni dei temi nodali emersi in questo quarantennio, nessuno, n il Sir, n lAvvenire, n la Radio Vaticana, n lOsservatore Romano, riprese le sue parole per offrirle al dibattito dellopinione pubblica ed al confronto intraecclesiale. Fu Adista a restituire allopinione pubblica ed al dibattito ecclesiale un testo che i media cattolici volevano silenziare. Ma il silenzio censorio non stata lunica strategia usata dalla gerarchia cattolica per ridurre allimpotenza la voce profetica di Martini. successo anche che i contenuti delle sue affermazioni siano stati sostanzialmente adulterati (ad esempio in occasione del Dialogo sulla vita pubblicato dallEspresso, v. Adista n. 33/06), oppure, ma stato un caso pi raro, che si sia scelta la via della critica esplicita e frontale. Come avvenne nel 2007, quando il Corriere anticip (16/10), uno stralcio dellarticolo scritto dallex arcivescovo di Milano per il bimestrale Kos, rivista del San Raffaele di Milano diretta da don Verz, ed intitolato C una voce in ognuno di noi che ci spinge a dubitare di Dio, sul tema della difficolt e delle contraddizioni della fede, frontalmente e sommariamente attaccato sulle colonne di Avvenire (20/11) dal direttore di Communio Elio Guerriero (v. Adista n. 83/07). Del resto, proprio sulla presenza di una parte potenzialmente atea e scettica allinterno di ogni credente che grida e sussurra ogni giorno le sue difficolt a credere si basava listituzione, promossa da Martini a Milano nel 1987, della Cattedra dei non credenti, uno spazio che intendeva porre i non credenti in cattedra per dare diceva il card. Martini ai cristiani la possibilit di ascoltare quanto essi hanno da dirci della loro non conoscenza di Dio. Una prospettiva profondamente e radicalmente conciliare, allinterno della quale la Chiesa si spogliava della sua presunzione di possedere la verit unica ed intera per partecipare, su uno stesso piano intellettuale e morale, ad un comune cammino di ricerca, ad un fecondo dialogo con le visioni e le opzioni diverse dalla propria. Perch per Martini e per tutti coloro che avevano vissuto e creduto intensamente alla profezia conciliare, la verit non qualcosa che si possiede integralmente e si comunica a chi non la possiede; piuttosto un obiettivo a cui tendere continuamente attraverso un processo di relazione e condivisione con gli altri. Significativo quindi che lultima critica a Martini, e proprio su questo aspetto, arrivi dallo stesso card. Ruini, che sul Corriere (5/9) parla del Concilio come di una sfida enorme, a volte mal compresa, da cui sono perci nati molti danni. E sulla pretesa della Chiesa di possedere la verit afferma: Ges stesso ha rivendicato di avere un rapporto unico con Dio, che si esprime nella parola figlio. E Dio ha confermato questa pretesa inaudita di Ges, resuscitandolo dai morti. La pretesa non viene da noi, viene dal Cristo. Martini non risparmi rilievi nemmeno alloperato del papa. Nel 2007, sul Sole 24 ore critic il Motu proprio Summorum Pontificum con il quale Ratzinger ripristinava la messa di S. Pio V. Ritengo che con il Concilio Vaticano II si sia fatto un bel passo avanti per la comprensione della liturgia, scriveva. In secondo luogo non posso non risentire quel senso di chiuso che emanava dallinsieme di quel tipo di vita cristiana che aveva preceduto lavvento del nuovo rito, dove il fedele faceva fatica a trovare un respiro di libert e di responsabilit da vivere in prima persona. In terzo luogo concludeva Martini pur ammirando limmensa benevolenza del papa che vuole permettere a ciascuno di lodare Dio con forme antiche e nuove, ho visto come vescovo limportanza di una comunione anche nelle forme di preghiera liturgica.

Un Concilio Vaticano III: il sogno di Martini, lincubo della Chiesa


Ludovica Eugenio Adista Documenti n. 32 del 15/09/2012 . Siamo indotti a interrogarci se, quaranta anni dopo lindizione del Vaticano II, non stia a poco a poco maturando, per il prossimo decennio, la coscienza dellutilit e quasi della necessit di un confronto collegiale e autorevole tra tutti i vescovi su alcuni dei temi nodali emersi in questo quarantennio. Era lottobre del 1999 e questo era il sogno di un nuovo Concilio che il cardinale di Milano, Carlo Maria Martini, aveva raccontato al Sinodo dei vescovi per lEuropa nel suo intervento. Un intervento pensato proprio durante i lavori del Sinodo, diverso da quello originariamente programmato, con il quale probabilmente il cardinale aveva ritenuto opportuno farsi portavoce, se non di precise richieste, quanto meno di unesigenza constatata ascoltando i confratelli europei. E un intervento che, per la sua dirompenza, fu censurato in Sala Stampa vaticana (non venne incluso tra i materiali consegnati quotidianamente ai giornalisti) e il cui testo Adista riusc ad ottenere in esclusiva (v. Adista n. 73/99). Quello di Martini era certamente un sogno coraggioso, se si pensa alla Chiesa centralistica, verticalizzata, pi unanimista che unita, plasmata da Giovanni Paolo II e dalla sua Curia, dove rilevava lallora arcivescovo ambrosiano forte la necessit di rinnovare lesperienza fatta dai vescovi che parteciparono al Concilio Vaticano II. Che ne stato di questo Concilio?, la domanda che scorre sotto traccia nellintervento del cardinale; che ne stato, se solo i pochi testimoni ancora viventi ne hanno memoria? Martini indicava i temi ecclesiali per i quali sognava un incontro universale dei vescovi: la carenza di ministri ordinati, la donna nella societ e nella Chiesa, la sessualit, la disciplina del matrimonio, la prassi penitenziale. Tutti temi ancora oggi nodali e conflittuali. I had a dream Ricordando il cardinale Basil Hume, arcivescovo di Westminster morto qualche mese prima, che aveva pi volte iniziato i suoi interventi sinodali con le parole I had a dream, (ho fatto un sogno), Martini affermava di aver avuto anche lui parecchi sogni. Tra questi, il desiderio che si ripeta, ogni tanto, nel corso del secolo che si apre, una esperienza di confronto universale tra i vescovi che valga a sciogliere qualcuno di quei nodi disciplinari e dottrinali che forse sono stati evocati poco in questi giorni, ma che riappaiono periodicamente come punti caldi sul cammino delle Chiese europee e non solo europee. Qui Martini faceva riferimento in generale agli approfondimenti e agli sviluppi dellecclesiologia di comunione del Vaticano II, ma anche a questioni ecclesiali urgenti: Penso alla carenza diceva , in qualche luogo gi drammatica, di ministri ordinati e alla crescente difficolt per un vescovo di provvedere alla cura danime nel suo territorio con sufficiente numero di ministri del Vangelo e delleucarestia, ad alcuni temi riguardanti la posizione della donna nella societ e nella Chiesa, la partecipazione dei laici ad alcune responsabilit ministeriali, la sessualit, la disciplina del matrimonio, la prassi penitenziale, i rapporti con le Chiese sorelle dellOrtodossia e pi in generale il bisogno di ravvivare la speranza ecumenica, cos come pure al rapporto tra democrazia e valori e tra leggi civili e legge morale. Non pochi di questi temi sono gi emersi in Sinodi precedenti, sia generali che speciali, ed importante trovare luoghi e strumenti adatti per un loro attento esame. Sul modo e sulla sede in cui affrontare questi nodi, Martini si lanciava in avanti: Non sono certamente strumenti validi per questo n le indagini sociologiche n le raccolte di firme. N i gruppi di pressione. Ma forse neppure un Sinodo potrebbe essere sufficiente. Il fatto , spiegava, che alcune questioni necessitano probabilmente di uno strumento collegiale pi universale e autorevole, dove possano essere affrontate con libert, nel pieno esercizio della collegialit episcopale, in ascolto dello Spirito e guardando al bene comune della Chiesa e dellumanit intera. E poi, si faceva ancora pi esplicito: Siamo cio indotti ad interrogarci se, quaranta anni dopo lindizione del Vaticano II, non stia a poco a poco maturando, per il prossimo decennio, la coscienza dellutilit e quasi della necessit di un confronto

collegiale e autorevole tra tutti i vescovi su alcuni dei temi nodali emersi in questo quarantennio. Vale a dire: un nuovo Concilio. V in pi la sensazione osservava di quanto sarebbe bello e utile per i vescovi di oggi e di domani, in una Chiesa ormai sempre pi diversificata nei suoi linguaggi, ripetere quella esperienza di comunione, di collegialit e di Spirito Santo che i loro predecessori hanno compiuto nel Vaticano II e che ormai non pi memoria viva se non per pochi testimoni. A distanza di tredici anni, il sogno di Martini ancora ben lungi dal diventare realt.

La vita, la morte e quello che c in mezzo. Zibaldone dei pensieri del card. Martini
Ludovica Eugenio Adista Documenti n. 32 del 15/09/2012 Negli ultimi anni, il card. Carlo Maria Martini affront i temi spinosi della modernit e della Chiesa in numerosi libri, colloqui ed interviste. Nel volume scritto col medico e senatore del Pd Ignazio Marino, Credere e conoscere (Einaudi, 2006), afferm sullomosessualit: In alcuni casi la buona fede, le esperienze vissute, le abitudini contratte, linconscio e forse anche una certa inclinazione nativa possono spingere a scegliere un tipo di vita con un partner dello stesso sesso. Non male che, in luogo di rapporti omosessuali occasionali, due persone abbiano una certa stabilit e quindi, in questo senso, lo Stato potrebbe anche favorirli. Matrimonio no, insomma, ma riconoscimento di alcuni diritti fondamentali s. Non condivido le posizioni di chi, nella Chiesa, se la prende con le unioni civili, affermava Martini: Se alcune persone, di sesso diverso oppure dello stesso sesso, ambiscono a firmare un patto per dare una certa stabilit alla loro coppia, perch vogliamo assolutamente che non lo sia?. Per Martini, kermesse come il Gay Pride potevano essere giustificate per il solo fatto che in questo particolare momento storico esiste per questo gruppo di persone il bisogno di autoaffermazione, di mostrare a tutti la propria esistenza, anche a costo di apparire eccessivamente provocatori. In unintervista-colloquio, pubblicata dallEspresso il 21 aprile 2006, sempre con Ignazio Marino, Martini definiva il profilattico come male minore nella lotta allAids; la fecondazione eterologa una questione complessa su cui continuare a interrogarsi, senza ostentare certezze; ladozione di embrioni anche da parte di donne single uno scenario che pu essere ipotizzato, se serve ad evitare la distruzione di embrioni gi fecondati e criocongelati. Apriva poi qualche spiraglio alladozione di bambini da parte di single. Il cardinale toccava inoltre i temi delleutanasia e dellaborto. La prima, affermava, non si pu mai approvare, senza tuttavia condannare le persone che compiono un simile gesto su richiesta di una persona ridotta agli estremi e per puro sentimento di altruismo. Idem per laborto: Ritengo che vada rispettata ogni persona che, magari dopo molta riflessione e sofferenza, in questi casi estremi segue la sua coscienza, anche se si decide per qualcosa che io non mi sento di approvare. Sulla Chiesa, nel 2009, in unintervista rilasciata a Eugenio Scalfari (Repubblica, 18/6), affermava che la struttura diplomatica fin troppo ridondante e impegna fin troppo le energie della Chiesa. Nella storia della Chiesa per molti e molti secoli questa struttura non neppure esistita e potrebbe in futuro essere fortemente ridotta se non addirittura smantellata. Il compito della Chiesa di testimoniare la parola di Dio. Riguardo al papa, proseguiva, questultimo innanzitutto il vescovo di Roma. Per noi cattolici il vicario di Cristo in Terra e gli dobbiamo amore, rispetto ed obbedienza, senza per dimenticare che la Chiesa apostolica si regge su due pilastri, il papa e la sua comunione con i vescovi. Nei Colloqui notturni a Gerusalemme (Mondadori, 2009), propugnava la necessit di una riforma della Chiesa: Ho sognato una Chiesa nella povert e nellumilt, che non dipende dalle potenze di questo mondo. Una Chiesa che concede spazio alla gente che pensa pi in l. Una Chiesa che d coraggio,

specialmente a chi si sente piccolo o peccatore. Una Chiesa giovane. Oggi non ho pi di questi sogni. Dopo i 75 anni ho deciso di pregare per la Chiesa. Sulla crisi delle vocazioni, diceva che la Chiesa avrebbe dovuto farsi venire qualche idea come, ad esempio, la possibilit di ordinare viri probati o di riconsiderare il sacerdozio femminile, sul quale riconosceva la lungimiranza delle Chiese protestanti. Ricordava persino di aver incoraggiato questa posizione in un incontro con il primate anglicano George Carey: Gli dissi di farsi coraggio che questa audacia poteva aiutare anche noi a valorizzare di pi le donne e a capire come andare avanti. Su sessualit e contraccezione, criticava lHumanae Vitae di Paolo VI, lenciclica scritta in solitudine dal papa e che proponeva indicazioni poco lungimiranti. Questa solitudine decisionale a lungo termine non stata una premessa positiva per trattare i temi della sessualit e della famiglia. Sarebbe opportuno, affermava, gettare un nuovo sguardo sullargomento. La Bibbia, in definitiva, non condanna a priori n il sesso n lomosessualit. la Chiesa, invece, che nella storia ha spesso dimostrato insensibilit nel giudizio della vita delle persone. Tra i miei conoscenti ricordava ancora Martini ci sono coppie omosessuali. Non mi stato mai domandato n mi sarebbe venuto in mente di condannarli. Il contatto con le altre religioni, saggiato in prima persona durante il lungo soggiorno a Gerusalemme, ha rappresentato per Martini un punto di non ritorno, una scuola di vita e di fede. Dio non cattolico, Dio al di l delle frontiere che vengono erette. Le istituzioni ecclesiastiche non dobbiamo confonderle con Dio. Incontrare e (perch no) pregare insieme allamico di altra religione, diceva, non ti allontaner dal cristianesimo, approfondir al contrario il tuo essere cristiano. E invitava: Non aver paura dellestraneo. Il grande comandamento invita ad amare laltro come se stessi. Il giusto e qui Martini prendeva in prestito la II sura del Corano chi pieno di amore dona i suoi averi ai parenti, agli orfani, ai poveri e ai pellegrini. Nel 2010, in unintervista al tedesco Presse am Sonntag, rispondeva cos alla sfida lanciata dallo scandalo pedofilia: Oggi, nel momento in cui il nostro compito nei confronti dei giovani e gli abusi contro di loro cos scandalosamente si contraddicono, non possiamo tirarci indietro, ma dobbiamo cercare nuove strade. Secondo Martini, devono essere poste delle questioni fondamentali e tra queste deve essere sottoposto a ripensamento lobbligo di celibato dei sacerdoti come forma di vita. Vanno inoltre riproposte le questioni centrali della sessualit con la generazione odierna, con le scienze umane e con gli insegnamenti della Bibbia, perch soltanto unaperta discussione pu ridare autorevolezza alla Chiesa, portare alla correzione dei fallimenti e rafforzare il servizio della Chiesa nei confronti degli uomini.

Cos ci hai chiesto di essere addormentato. La lettera al cardinal Martini della nipote Giulia
Giulia Facchini Martini Caro zio, zietto come mi piaceva chiamarti negli ultimi anni quando la malattia ha fugato il tuo naturale pudore verso la manifestazione dei sentimenti questo il mio ultimo, intimo saluto. Quando venerd il tuo feretro arrivato in Duomo la prima persona, tra i fedeli presenti, che ti venuta incontro era un giovane in carrozzina, mi parso affetto da Sla. D'improvviso sono stata colta da una profondissima commozione, un'onda che saliva dal pi profondo e mi diceva: Lo devi fare per lui e per tutti quei tantissimi uomini e donne che avevano iniziato a sfilare per darti l'estremo saluto, visibilmente carichi dei loro dolori e protesi verso la speranza. Lo sento, Tu vorresti che parlassimo dell'agonia, della fatica di andare incontro alla morte, dell'importanza della buona morte.

Morire certo per noi tutti un passaggio ineludibile, come d'altro canto il nascere e, come la gravidanza d, ogni giorno, piccoli nuovi segni della formazione di una vita, anche la morte si annuncia spesso da lontano. Anche tu la sentivi avvicinare e ce lo ripetevi, tanto che per questo, a volte, ti prendevamo affettuosamente in giro. Poi le difficolt fisiche sono aumentate, deglutivi con fatica e quindi mangiavi sempre meno e spesso catarro e muchi, che non riuscivi pi a espellere per la tua malattia, ti rendevano impegnativa la respirazione. Avevi paura, non della morte in s, ma dell'atto del morire, del trapasso e di tutto ci che lo precede. Ne avevamo parlato insieme a marzo e io, che come avvocato mi occupo anche della protezione dei soggetti deboli, ti avevo invitato a esprimere in modo chiaro ed esplicito i tuoi desideri sulle cure che avresti voluto ricevere. E cos stato. Avevi paura, paura soprattutto di perdere il controllo del tuo corpo, di morire soffocato. Se tu potessi usare oggi parole umane, credo ci diresti di parlare con il malato della sua morte, di condividere i suoi timori, di ascoltare i suoi desideri senza paura o ipocrisia. Con la consapevolezza condivisa che il momento si avvicinava, quando non ce l'hai fatta pi, hai chiesto di essere addormentato. Cos una dottoressa con due occhi chiari e limpidi, una esperta di cure che accompagnano alla morte, ti ha sedato. Seppure fisicamente non cosciente - ma il tuo spirito l'ho percepito ben presente e recettivo - l'agonia non stata n facile, n breve. Ci nonostante, stato un tempo che io ho sentito necessario, per te e per noi che ti stavamo accanto, proprio come ineludibile il tempo del travaglio per una nuova vita. di questo tempo dell'agonia che tanto ci spaventa, che sono certa tu vorresti dire e provo umilmente a dire per te. La chiave di volta - sia per te che per noi - stata l'abbandono della pretesa di guarigione o di prosecuzione della vita nonostante tutto. Tu diresti la resa alla volont di Dio. A parte le cure palliative di cui non ho competenza per dire l'atmosfera intorno al moribondo che, come avevo gi avuto modo di sperimentare, fondamentale. Chi era con te ha sentito nel profondo che era necessaria una presenza affettuosa e siamo stati insieme, nelle ultime ventiquattro ore, tenendoti a turno la mano, come tu stesso avevi chiesto. Ognuno, mentalmente, credo ti abbia chiesto perdono per eventuali manchevolezze e a sua volta ti abbia perdonato, sciogliendo cos tutte le emozioni negative. In alcuni momenti, mentre il tuo respiro si faceva, con il passare delle ore, pi corto e difficile e la pressione sanguigna scendeva vertiginosamente, ho sperato per te che te ne andassi; ma nella notte, alzando gli occhi sopra il tuo letto, ho incontrato il crocefisso che mi ha ricordato come neppure il Ges uomo ha avuto lo sconto sulla sua agonia. Eppure quelle ore trascorse insieme tra silenzi e sussurri, la recita di rosari o letture dalla Bibbia che stava ai piedi del tuo letto, sono state per me e per noi tutti un momento di ricchezza e di pace profonda. Si stava compiendo qualcosa di tanto naturale ed ineludibile quanto solenne e misterioso a cui non solo tu, ma nessuno di coloro che ti erano pi vicini, poteva sottrarsi. Il silenzio interiore ed esteriore i movimenti misurati l'assenza di rumori ed emozioni gridate - ma soprattutto l'accettazione e l'attesa vigile - sono stati la cifra delle ore trascorse con te. Quando arrivato l'ultimo respiro ho percepito, e non la prima volta che mi accade assistendo un moribondo, che qualcosa si staccava dal corpo, che l sul letto rimaneva soltanto l'involucro fisico. Lo spirito, la vera essenza, rimaneva forte, presente seppure non visibile agli occhi. Grazie Zio per averci permesso di essere con te nel momento finale. Una richiesta: intercedi perch venga permesso a tutti coloro che lo desiderano di essere vicini ai loro cari nel momento del trapasso e di provare la dolce pienezza dell'accompagnamento.

Un ricordo del cardinale Martini per Koinonia


Elena Milazzo Covini www.koinonia.org Alberto mi ha chiesto di scrivere qualche ricordo personale sul cardinale Martini. Ricordi ne ho tanti, perch tanti, anche se fugaci, sono stati gli incontri avuti con lui, tra cui tavole rotonde che mi capitato di moderare tra il cardinale e rabbini, imam, pastori evangelici e archimandriti. Ora si stanno scrivendo tante, forse troppe cose e io spero restino nel ricordo e nella prassi della chiesa le cose pi importanti: per questo mi limiter a riferire qualcosa che ho in fondo al cuore e che ritengo il regalo pi grande. Quando Martini arriv a Milano io ero una giovane catechista e scrivevo brevi pensieri mensili sul bollettino della mia parrocchia. Come catechista davo ai bambini un piccolo vangelo, da portare sempre insieme al catechismo. In quegli anni non cera questa abitudine e qualche volta ero stata contestata, i bambini erano troppo piccolic gi tanto vangelo nel catechismo, selezionato da espertiMartini si present con il vangelo in mano e per me fu una gioia: ora avevo un complice Pochi mesi prima della sua lettera pastorale sulla contemplazione avevo scritto sul bollettino un piccolo pensiero intitolato Paura di silenzio, esattamente cos si intitola uno dei paragrafi della lettera pastorale. Ne fui colpita e, ringraziandolo, gli mandai il mio articolo. Martini mi rispose con un biglietto scritto a mano che terminava con un augurio: Che nel silenzio Dio si manifesti a noi. Ho pensato oggi ai suoi lunghi anni di silenzio, non poteva parlare ed era necessario interpretare il movimento delle sue labbra per trascrivere quanto comunicava. Anche se riceveva visite, molte erano le ore di silenzio e i colloqui necessariamente limitati. In questi anni, in questo silenzio, Dio si maggiormente rivelato a lui, gli ha suggerito di accantonare la prudenza con cui sempre aveva manifestato il suo pensiero, gli ha dato il coraggio di manifestare - senza le necessarie cautele richieste dalla sua posizione responsabile nella chiesa la sua visione ora pi chiara che mai del suo Dio: un Dio che soprattutto Amore, un Dio che si dona ai poveri, ai poveri materialmente e ai poveri nello spirito, un Dio che abbraccia tutti, anche quelli che la chiesa pensa di poter discriminare. Oggi contempla il volto di Dio, oggi ci ottenga la grazia di vederlo meglio anche noi, noi della sua diocesi, della sua chiesa, della sua nazione, noi cittadini di un mondo che ha sempre sperato di vedere unito e per questo ha tanto pregato.

Non banalizzate il cardinale


Aldo Maria Valli Europa, 11 settembre 2012 Il cardinale Martini morto a poche settimane dal cinquantesimo anniversario dellinizio del Concilio (11 ottobre 1962). Furono per lui, disse una volta, i pi bei anni della sua vita, perch aria fresca entrava in una Chiesa che sapeva troppo si sacrestia e di muffa, e perch lo studio delle sacre scritture su base storica ne usciva legittimato, permettendo cos anche ai cattolici di abbandonare il semplice devozionismo per entrare in un rapporto pi maturo e adulto con la Bibbia. Con il testamento spirituale consegnato al confratello padre Georg Sporschill, Martini ha indicato la strada per la Chiesa del terzo millennio: povert e non sfarzo, collegialit e non centralismo, profezia e non burocrazia, testimonianza e non legalismo. Ha per ragione Vito Mancuso a dire (sulla Repubblica) che nei confronti del potente messaggio di Martini subito partita unoperazione di ridimensionamento,

una di quelle in cui la Chiesa gerarchica sempre stata molto abile. Si sta mettendo il silenziatore alle denunce di Martini e si cerca di ridurre il suo messaggio a quello di un servitore della Chiesa generoso ma probabilmente un po troppo vivace. Servitore certamente lo stato, fino allultimo, ma indignato! E triste davanti a una Chiesa cieca e sorda di fronte ai veri drammi degli uomini e delle donne di oggi. Ma unanaloga operazione di ridimensionamento sta avvenendo anche nei confronti dello stesso Concilio Vaticano II. Il papa, in occasione dellanniversario, ha proclamato un anno della fede. Il che provoca qualche perplessit perch sarebbe come, per un marito, proclamare lanno dellamore verso la moglie, o per uno studente lanno dello studio. Ma, a parte questo, il problema che, nei commenti e nelle iniziative che arrivano dalla Chiesa gerarchica, lanno della fede, di cui si occupa il misterioso Pontificio consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione (nome burocraticissimo), ha completamente soppiantato lanniversario del Concilio. Come non bastasse, laccento viene posto volentieri sul fatto che in questo 2012 ricorre anche il ventesimo anniversario del nuovo Catechismo della Chiesa cattolica (1992), e cos il gioco fatto: anzich parlare del Concilio, della sua attualit e del bisogno, eventualmente, di farne un altro, ecco che tutto viene ridotto di nuovo a devozionismo e legalismo. Cos lo spirito profetico viene accantonato, ridotto a folclore, e si torna a mettere in primo piano le norme, proprio come denunciato dal cardinale Martini. Loperazione, ripetiamo, non certamente nuova, ma rappresenta una costante da parte dei curiali e della Chiesa gerarchica, sempre pronta a catturare le novit per ingabbiarle, ridimensionarle, assorbirle in s e sostanzialmente annullarle. Davanti allo stesso annuncio del Concilio da parte di Giovanni XXIII (accolto dai cardinali con un impressionante, devoto silenzio, come annot il papa non senza ironia) la curia reag cercando di riportare il tutto, per quanto possibile, nellambito del centralismo, depotenziando immediatamente liniziativa papale. Non dimentichiamo, per esempio, che Giovanni XXIII dovette imporsi per far inviare ai vescovi di tutto il mondo una lettera con la quale chiedeva quali dovessero essere a loro parere i temi da mettere al centro del Concilio. Il cardinale Felici, infatti, voleva che fosse la curia a occuparsi della questione e che ai vescovi fosse inviato un semplice prestampato con linvito ad esprimere opinioni su quanto elaborato da Roma. Nei quattro anni di preparazione del Concilio limpegno di Giovanni XXIII fu di mettere daccordo la carica profetica delliniziativa con le esigenze organizzative senza penalizzare la prima ai danni delle seconde, e su questo terreno dovette combattere una battaglia continua con il partito della curia. La stessa parola messa dal papa al centro della riflessione, aggiornamento, venne guardata con sospetto e si cerc di depotenziarla, esattamente come si sta facendo oggi con leredit di Martini. Aggiornamento, per il papa, non doveva essere soltanto una revisione del linguaggio. Doveva essere una nuova creativit, la rinnovata disponibilit a confrontare il Vangelo con le culture e a farne scaturire una vita dalla parte della giustizia e dei pi poveri, senza alcuna forma di autocompiacimento per le proprie sicurezze e nessun compromesso con il potere in tutti i suoi aspetti. Ecco perch papa Roncalli volle un Concilio pastorale, non dogmatico. Come disse il teologo domenicano Marie-Dominique Chenu tutto questo Concilio pastorale come presa di coscienza, da parte della Chiesa, della sua missione. Un Concilio, quindi, denotato da una originalit sensazionale, perch, senza ignorare gli errori, le malvagit, le oscurit di questo tempo, non si pone in atteggiamento di tensione o di chiusura verso di esso, ma discerne soprattutto nelle sue speranze e nei suoi valori i richiami impliciti del Vangelo e vi trova la materia e la legge di un dialogo. Giovanni XXII volle che il Concilio fosse libero, dialogo a tutto campo, e anche su questo dovette subire lopposizione dei curiali e dei tradizionalisti. Criticava apertamente quei padri conciliari che, per il fatto di essere teologi, pensavano di dover produrre lezioni di teologia per dirimere questioni dottrinali e non riuscivano a concepire lidea di mettersi in ascolto del mondo e delle Chiese dei diversi continenti. Dovette faticare per lasciare libert ai vescovi e invitarli al confronto, senza paura. Lasciandosi trasportare dallo Spirito, papa Roncalli riusc a condurre la barca del Concilio in mare aperto, l dove gli fu possibile dispiegare le vele con quelle parole iniziali della sua prima allocuzione: Gaudet Mater

Ecclesia, la madre Chiesa si rallegra! I curiali e i tradizionalisti (i profeti di sventura), sempre pronti a innestare la marcia indietro, furono sconfitti. Ma eccoli risorgere ad ogni svolta. E ora ci riprovano. Con lanniversario del Concilio e con il testamento di Martini. Prontamente soppiantati da un istituzionale anno della fede gestito dal centro, allinsegna di celebrazioni e convegni con i soliti noti, e da una lettura riduzionistica tesa a privilegiare il Martini testimone della fede e, al pi, uomo del dialogo, ma ignorando la sua denuncia di una Chiesa che non si scuote, conserva pi cenere che brace ed dominata dalla paura e dallautoconservazione.

Martini, testimone fino alla fine


Raniero La Valle www.micromega.net La Chiesa che si appresta a celebrare i 50 anni dallinizio del Concilio Vaticano II dovr ora fare a meno anche di lui. Martini non aveva partecipato al Concilio, ma tutta la sua vita stata intrecciata alla straordinaria novit con cui la Chiesa del Novecento aveva saputo ripensare se stessa, la fede e il mondo; di questa novit egli stato il pi lucido e coraggioso interprete nellepiscopato italiano, e a una delle conversioni pi decisive della Chiesa conciliare, quella del ritorno alla Bibbia e della sua restituzione alla preghiera e alla riflessione dei credenti, ha dato strumento e voce, sia con i suoi studi biblici e la sua riedizione dal greco del Nuovo Testamento, accolta e usata da tutte le Chiese cristiane, sia con la generosa somministrazione della Sacra Scrittura nella Scuola della Parola e nelle sue catechesi e letture bibliche ai fedeli di Milano. Malato da tempo di Parkinson, il cardinale Martini, come ha narrato il neurologo che lo ha avuto in cura e assistito, ha escluso per s ogni accanimento terapeutico, argomento di cui del resto aveva parlato in termini sereni e oggettivi per tutti in un lungo dialogo con Ignazio Marino. In questa notizia tuttavia laspetto pi importante non che egli non abbia considerato acqua da bere quella immessa col sondino, n cibo per vivere quello introdotto direttamente nelladdome (che lattuale oggetto del contendere) ma la motivazione che tutta la sua vita rivela di questo gesto. Sicch non tanto facilmente egli pu essere usato come una bandiera nel fiero conflitto intorno ai modi del morire e a ci che significhi morte naturale, quando vita e morte sono ormai nelle mani di tecnici intesi come medici. La vera motivazione di questo morire senza accanimento, per il cristiano Martini non pu essere stata se non lidea che non cera ragione di ritardare oltre misura il suo incontro col Padre, la ragione non poteva non stare nel fatto che nel suo magistero, nel quale aveva sempre valorizzato la vita, aveva pure annunciato unaltra vita in Dio, senza pi limiti di spazio e di tempo, e che la fede nella resurrezione, se era stata oggetto della sua tesi di laurea, tanto pi doveva animare e motivare lultimo tratto della sua vita terrena. E questa, la fede, era stata la sua vera profezia. Perch molto, su tutte le sponde, si parla della Chiesa, e molto parlano e si fanno parlare di uomini di Chiesa. Ma troppo spesso, se non quasi sempre, si dimentica che la vera posta in gioco non una scienza, non una politica, non una legislazione, non una morale, ma la fede. La questione, la vera questione, quella di Dio e del suo rapporto con ogni vivente. La fede, in che cosa credere, come credere, come raccontare la fede, stato anche il vero contenuto e il vero assillo del Concilio, ben al di l delle questioni riguardanti ministeri e primati. E ancora questa la questione che resta, se si vuole ancora parlare con luomo di oggi, allaltezza dei suoi problemi. E questo era precisamente ci che spingeva Martini a parlare a tutti e ad andare a scuola da tutti, credenti e non credenti, laici e consacrati, cattolici e altri cristiani, uomini di altre religioni e senza religione. Perch la questione non lappartenenza, la questione lamore di Dio.

Nel febbraio 1992 il cardinale Martini presiedette alle esequie del padre David Maria Turoldo, un altro cristiano libero come lui. Troppo libero perch listituzione ecclesiastica non ce lavesse con lui, e infatti Turoldo, che aveva partecipato a tutte le battaglie civili e religiose, dalla Resistenza al referendum sul divorzio ai bollori del rinnovamento postconciliare, era stato perseguitato, tenuto in sospetto e messo in disparte dagli ecclesiastici in esercizio di autorit. Martini, arcivescovo a Milano, qualche mese prima che egli morisse, laveva accolto e stretto nellabbraccio della Chiesa, conferendogli il Premio Lazzati e dicendo: La Chiesa riconosce la profezia troppo tardi. Morendo, nella sua ultima omelia, Turoldo disse ai fedeli che si erano venuti ad accomiatare da lui: La vita non finisce mai. lo stesso annuncio che, con la sua morte, Martini d a tutti noi. La profezia non finisce, e nemmeno la vita. E non si tratta di accanirsi o non accanirsi, si tratta del dono di Dio che a nessun uomo o donna negato. Questo, e non altro, deve dire un uomo di Dio, gesuita, cardinale o papa che sia. Martini lo ha detto e lo ha testimoniato fino alla fine.

Povera Chiesa in povero Stato


Giovanni Valentini www.repubblica.it Il pensierocattolico ha visto con fastidio costante () lidea dello Stato che sovrano sia quanto ai mezzi sia quanto ai fini dellazione collettiva. (da Dal Risorgimento al Fascismo di Domenico Fisichella Carocci, 2012 pag. 127). Non sera ancora spenta la commozione per la scomparsa di monsignor Martini, padre spirituale del cattolicesimo progressista e pastore di una Chiesa moderna, che s riaccesa la polemica sul regime fiscale degli immobili ecclesiastici su cui il governo ha buttato subito acqua sul fuoco. Forse laccostamento tra i due eventi pu apparire inopportuno o irriguardoso, mentre la figura dellex arcivescovo di Milano uomo del dialogo e grande comunicatore merita certamente rispetto anche da parte dei laici. Ma sul piano mediatico la coincidenza ripropone la questione del rapporto fra il potere temporale e il potere spirituale della Chiesa, allorigine della diversit culturale di Martini allinterno della gerarchia ecclesiastica. E quindi, il problema storico delle relazioni fra lo Stato italiano e il Vaticano. Pochi giorni dopo essere stato nominato cardinale, il 6 febbraio del 1983 Carlo Maria Martini aveva fatto precedere il ritorno a Milano da due tappe significative. In mattina a Rho, nel santuario dei padri oblati diocesani, scelto come luogo di preghiera, aveva ricevuto la delegazione delle autorit cittadine, offrendo loro vino da messa in un incontro allinsegna della semplicit. Nel pomeriggio, era andato in visita allistituto per handicappati Sacra Famiglia di Cesano Boscone, scelto come luogo di sofferenza. Vorrei che questi punti di partenza fossero un simbolo, spieg lui stesso dal palco allestito sul sagrato del Duomo, di fronte a una folla di fedeli che serano raccolti nella piazza mentre la cattedrale era gi gremita. Fu dopo la funzione religiosa, durante il ricevimento seguito nei saloni dellarcivescovado, che la cerimonia dinsediamento si trasform spontaneamente in un fatto di societ, unoccasione dincontro, aperta anche alla Milano laica delle istituzioni, delle professioni e degli affari, della cultura e del giornalismo. La processione degli invitati sfil di sala in sala, fino allultima. E l monsignor Martini, austero e imponente, ringrazi tutti ricambiando con un piccolo ricordo. In una scatoletta rossa, consegn a ciascuno degli ospiti una medaglia di bronzo con limmagine di santAmbrogio da una parte e una scritta in latino dallaltra: Pro veritate adversa diligere, il motto scelto al momento dellordinazione ad arcivescovo. La frase completa, tratta da san Gregorio Magno, dopo adversa diligere aggiunge testualmente et prospera formidando declinare. Tutta intera, raccomanda saggiamente di amare le avversit ed essere cauti di fronte al successo, in nome della verit.

Ecco, se c una parola in cui si pu riassumere il magistero di Martini proprio questa: verit. E come raccontano i Vangeli, quella su cui simpernia la predicazione di Cristo in terra. Lo stesso profeta che scaccia i mercanti dal tempio, condanna i farisei come ipocriti, difende ladultera dalla lapidazione. Autorit spirituale e potest temporale, appunto. Prima dellUnit dItalia, lo Stato della Chiesa come osserva Domenico Fisichella nel volume citato allinizio taglia territorialmente in due, dallAdriatico al Tirreno, la penisola. E questa una delle ragioni essenziali del ritardo italiano nella edificazione del suo Stato nazionale. Allepoca del Risorgimento, fu poi Camillo Benso di Cavour a riprendere la celebre espressione libera Chiesa in libero Stato, esortando il Papa a separare il potere spirituale da quello temporale sui suoi possedimenti, in modo da favorire la convivenza fra Stato e Chiesa. Ma oggi, alla luce delle polemiche sullIci o sullImu, forse arrivato il momento di mutuarla in povera Chiesa in povero Stato: per auspicare cio una Chiesa che non rivendichi pi privilegi e guarentigie nei confronti di uno Stato oppresso da un colossale debito pubblico e costretto perci a imporre pesanti sacrifici ai suoi cittadini. Fermo restando che hanno diritto allesenzione gli edifici dedicati esclusivamente o prevalentemente al culto e al volontariato, gli immobili del Vaticano che invece producono reddito palazzi, abitazioni, uffici, alberghi, scuole, ospedali, case di cura o cliniche per un gettito stimato in 600 milioni di euro non possono pi essere sottratti al controllo del fisco. E non solo per unelementare ragione di equit nei confronti di tutti gli altri contribuenti, pubblici o privati, quanto per salvaguardare la stessa autorit e credibilit della Chiesa verso i credenti e i non credenti. La Chiesa di Cristo, testimoniata da monsignor Martini, una Chiesa povera, semplice, umile. Una Chiesa che, in linea con lopera di purificazione avviata ora da Benedetto XVI, non ha nulla a che vedere con lamministrazione dei patrimoni immobiliari, con gli affari della Banca vaticana e men che meno con il riciclaggio di denaro.

Il sogno del cardinale per la Chiesa del futuro


Intervento del cardinale Carlo Maria Martini del 7 ottobre 1999 al Sinodo per l'Europa. Ho ascoltato con vivo interesse tutti gli interventi fatti fin qui, cercando di capire in che modo rispondessero alla domanda: come Ges Cristo vivente nella Chiesa oggi sorgente di speranza per l'Europa? Ma prima di esprimere qualche mio parere, vorrei fare memoria di una persona che parecchi di noi ricordano presente in quest'aula e che il Signore ha chiamato a s il 17 giugno scorso: il cardinale Basil Hume, arcivescovo di Westminster. Pi di un intervento fatto da lui in Sinodo cominci con le parole: "I had a dream", "Ho fatto un sogno". Anch'io in questi giorni, ascoltando gli interventi, ho avuto un sogno, anzi parecchi sogni. Ne richiamo tre. 1. Anzitutto il sogno che, attraverso una familiarit sempre pi grande degli uomini e delle donne europee con la Sacra Scrittura, letta e pregata da soli, nei gruppi e nelle comunit, si riviva quella esperienza del fuoco nel cuore che fecero i due discepoli sulla strada di Emmaus (Instrumentum Laboris 27). Rimando per questo a quanto gi detto da mons. Egger, vescovo di Bolzano-Bressanone. Anche per la mia esperienza, la Bibbia letta e pregata, in particolare dai giovani, il libro del futuro del continente europeo. 2. In secondo luogo, il sogno che la parrocchia continui ad attualizzare, col suo servizio profetico, sacerdotale e diaconale, quella presenza del Risorto nei nostri territori che i discepoli di Emmaus poterono sperimentare nella frazione del pane (IL 34,47). In questo Sinodo sono gi state spese parecchie parole per evidenziare il ruolo dei movimenti ecclesiali in ordine alla vivificazione spirituale dell'Europa. Ma necessario che i membri dei movimenti e delle nuove comunit si inseriscano vitalmente nella

comunione della pastorale parrocchiale e diocesana, per mettere a disposizione di tutti i doni particolari ricevuti dal Signore e per sottoporli al vaglio dell'intero popolo di Dio (IL 47). Dove questo non avviene, ne soffre la vita intera della Chiesa, tanto quella delle comunit parrocchiali quanto quella degli stessi movimenti. Dove invece si realizza una efficace esperienza di comunione e di corresponsabilit la Chiesa si offre pi facilmente come segno di speranza e proposta credibile alternativa alla disgregazione sociale ed etica da tanti qui lamentata. 3. Un terzo sogno che il ritorno festoso dei discepoli di Emmaus a Gerusalemme per incontrare gli apostoli divenga stimolo per ripetere ogni tanto, nel corso del secolo che si apre, una esperienza di confronto universale tra i Vescovi che valga a sciogliere qualcuno di quei nodi disciplinari e dottrinali che forse sono stati evocati poco in questi giorni, ma che riappaiono periodicamente come punti caldi sul cammino delle Chiese europee e non solo europee. Penso in generale agli approfondimenti e agli sviluppi dell'ecclesiologia di comunione del Vaticano II. Penso alla carenza in qualche luogo gi drammatica di ministri ordinati e alla crescente difficolt per un vescovo di provvedere alla cura d'anime nel suo territorio con sufficiente numero di ministri del vangelo e dell'eucarestia (IL 14). Penso ad alcuni temi riguardanti la posizione della donna nella societ e nella Chiesa (IL 48), la partecipazione dei laici ad alcune responsabilit ministeriali (IL 49), la sessualit, la disciplina del matrimonio, la prassi penitenziale, i rapporti con le Chiese sorelle dell'Ortodossia e pi in generale il bisogno di ravvivare la speranza ecumenica (IL 60-61), penso al rapporto tra democrazia e valori e tra leggi civili e legge morale. Non pochi di questi temi sono gi emersi in Sinodi precedenti, sia generali che speciali, ed importante trovare luoghi e strumenti adatti per un loro attento esame. Non sono certamente strumenti validi per questo n le indagini sociologiche n le raccolte di firme. N i gruppi di pressione. Ma forse neppure un Sinodo potrebbe essere sufficiente. Alcuni di questi nodi necessitano probabilmente di uno strumento collegiale pi universale e autorevole, dove essi possano essere affrontati con libert, nel pieno esercizio della collegialit episcopale, in ascolto dello Spirito e guardando al bene comune della Chiesa e dell'umanit intera. Siamo cio indotti ad interrogarci se, quaranta anni dopo l'indizione del Vaticano II, non stia a poco a poco maturando, per il prossimo decennio, la coscienza dell'utilit e quasi della necessit di un confronto collegiale e autorevole tra tutti i vescovi su alcuni dei temi nodali emersi in questo quarantennio. V' in pi la sensazione di quanto sarebbe bello e utile per i Vescovi di oggi e di domani, in una Chiesa ormai sempre pi diversificata nei suoi linguaggi, ripetere quella esperienza di comunione, di collegialit e di Spirito Santo che i loro predecessori hanno compiuto nel Vaticano II e che ormai non pi memoria viva se non per pochi testimoni. Preghiamo il Signore, per intercessione di Maria che era con gli apostoli nel Cenacolo, perch ci illumini per discernere se, come e quando i nostri sogni possono diventare realt.

Chiesa indietro di 200 anni. Perch non si scuote, perch abbiamo paura?
Georg Sporschill SJ e Federica Radice Fossati Confalonieri Corriere della Sera - 3 settembre 2012 Padre Georg Sporschill - il confratello gesuita che lo intervist in Conversazioni notturne a Gerusalemme- e Federica Radice hanno incontrato Martini l'8 agosto: Una sorta di testamento spirituale. Il cardinale Martini ha letto e approvato il testo. Come vede lei la situazione della Chiesa? La Chiesa stanca, nell'Europa del benessere e in America. La nostra cultura invecchiata, le nostre Chiese sono grandi, le nostre case religiose sono vuote e l'apparato burocratico della Chiesa lievita, i nostri riti e i nostri abiti sono pomposi. Queste cose per esprimono quello che noi siamo oggi? (...) Il benessere pesa. Noi ci troviamo l come il giovane ricco che triste se ne and via quando Ges lo chiam per farlo diventare suo discepolo. Lo so che non possiamo lasciare tutto con facilit. Quanto meno per potremmo cercare uomini che siano liberi e pi vicini al prossimo. Come lo sono stati il vescovo Romero

e i martiri gesuiti di El Salvador. Dove sono da noi gli eroi a cui ispirarci? Per nessuna ragione dobbiamo limitarli con i vincoli dell'istituzione. Chi pu aiutare la Chiesa oggi? Padre Karl Rahner usava volentieri l'immagine della brace che si nasconde sotto la cenere. Io vede nella Chiesa di oggi cos tanta cenere sopra la brace che spesso mi assale un senso di impotenza. Come si pu liberare la brace dalla cenere in modo da far rinvigorire la fiamma dell'amore? Per prima cosa dobbiamo ricercare questa brace. Dove sono le singole persone piene di generosit come il buon samaritano? Che hanno fede come il centurione romano? Che sono entusiaste come Giovanni Battista? Che osano il nuovo come Paolo? Che sono fedeli come Maria di Magdala? Io consiglio al Papa e ai vescovi di cercare dodici persone fuori dalle righe per i posti direzionali. Uomini che siano vicini ai pi poveri e che siano circondati da giovani e che sperimentino cose nuove. Abbiamo bisogno del confronto con uomini che ardono in modo che lo spirito possa diffondersi ovunque. Che strumenti consiglia contro la stanchezza della Chiesa? Ne consiglio tre molto forti. Il primo la conversione: la Chiesa deve riconoscere i propri errori e deve percorrere un cammino radicale di cambiamento, cominciando dal Papa e dai vescovi. Gli scandali della pedofilia ci spingono a intraprendere un cammino di conversione. Le domande sulla sessualit e su tutti i temi che coinvolgono il corpo ne sono un esempio. Questi sono importanti per ognuno e a volte forse sono anche troppo importanti. Dobbiamo chiederci se la gente ascolta ancora i consigli della Chiesa in materia sessuale. La Chiesa ancora in questo campo un'autorit di riferimento o solo una caricatura nei media? Il secondo la Parola di Dio. Il Concilio Vaticano II ha restituito la Bibbia ai cattolici. (...) Solo chi percepisce nel suo cuore questa Parola pu far parte di coloro che aiuteranno il rinnovamento della Chiesa e sapranno rispondere alle domande personali con una giusta scelta. La Parola di Dio semplice e cerca come compagno un cuore che ascolti (...). N il clero n il Diritto ecclesiale possono sostituirsi all'interiorit dell'uomo. Tutte le regole esterne, le leggi, i dogmi ci sono dati per chiarire la voce interna e per il discernimento degli spiriti. Per chi sono i sacramenti? Questi sono il terzo strumento di guarigione. I sacramenti non sono uno strumento per la disciplina, ma un aiuto per gli uomini nei momenti del cammino e nelle debolezze della vita. Portiamo i sacramenti agli uomini che necessitano una nuova forza? Io penso a tutti i divorziati e alle coppie risposate, alle famiglie allargate. Questi hanno bisogno di una protezione speciale. La Chiesa sostiene l'indissolubilit del matrimonio. una grazia quando un matrimonio e una famiglia riescono (...). L'atteggiamento che teniamo verso le famiglie allargate determiner l'avvicinamento alla Chiesa della generazione dei figli. Una donna stata abbandonata dal marito e trova un nuovo compagno che si occupa di lei e dei suoi tre figli. Il secondo amore riesce. Se questa famiglia viene discriminata, viene tagliata fuori non solo la madre ma anche i suoi figli. Se i genitori si sentono esterni alla Chiesa o non ne sentono il sostegno, la Chiesa perder la generazione futura. Prima della Comunione noi preghiamo: "Signore non sono degno..." Noi sappiamo di non essere degni (...). L'amore grazia. L'amore un dono. La domanda se i divorziati possano fare la Comunione dovrebbe essere capovolta. Come pu la Chiesa arrivare in aiuto con la forza dei sacramenti a chi ha situazioni familiari complesse? Lei cosa fa personalmente? La Chiesa rimasta indietro di 200 anni. Come mai non si scuote? Abbiamo paura? Paura invece di coraggio? Comunque la fede il fondamento della Chiesa. La fede, la fiducia, il coraggio. Io sono vecchio e malato e dipendo dall'aiuto degli altri. Le persone buone intorno a me mi fanno sentire l'amore. Questo amore pi forte del sentimento di sfiducia che ogni tanto percepisco nei confronti della Chiesa in Europa. Solo l'amore vince la stanchezza. Dio Amore. Io ho ancora una domanda per te: che cosa puoi fare tu per la Chiesa?.

Dopo Martini, lite sul suo testamento spirituale


Sandro Magister http://chiesa.espressonline.it "Il cardinal Martini non ci ha lasciato un testamento spirituale, nel senso esplicito della parola. La sua eredit tutta nella sua vita e nel suo magistero e noi dovremo continuare ad attingervi a lungo. Ha, per, scelto la frase da porre sulla sua tomba, tratta dal salmo 119 [118]: 'Lampada per i miei passi la tua parola, luce sul mio cammino'. In tal modo, egli stesso ci ha dato la chiave per interpretare la sua esistenza e il suo ministero". Con queste parole pronunciate il 3 settembre nell'omelia dei funerali del suo predecessore cardinale Carlo Maria Martini, l'arcivescovo di Milano, cardinale Angelo Scola, ha revocato la qualifica di "testamento spirituale" all'intervista di Martini pubblicata il giorno dopo la sua morte dal "Corriere della Sera": In effetti, se davvero questa intervista fosse la quintessenza del lascito di Martini alla Chiesa e al mondo come i curatori della stessa hanno voluto far credere la figura del defunto cardinale corrisponderebbe proprio a quell'etichetta di "antipapa" che gli stata applicata negli anni da circoli interni ed esterni alla Chiesa, ma che cozza clamorosamente con le alte e commosse attestazioni di stima espresse pi volte nei suoi confronti dallo stesso Benedetto XVI, da ultimo nel suo inusuale messaggio all'arcidiocesi di Milano nel giorno dei funerali di colui che ne fu l'arcivescovo dal 1979 al 2002. A raccogliere l'intervista, lo scorso 8 agosto, tre settimane prima della morte del cardinale, stato il gesuita austriaco Georg Sporschill, accompagnato da un'italiana residente a Vienna, Federica Radice Fossati Confalonieri. Padre Sporschill il medesimo che nel 2008 cur la pubblicazione del libro di maggior successo dello stesso Martini, anch'esso in forma di intervista, "Conversazioni notturne a Gerusalemme". Se a questo libro si aggiungono gli altri libri-intervista pubblicati da Martini in questi ultimi anni, scritti a quattro mani con dei cattolici "borderline" come don Luigi Verz e il medico Ignazio Marino e irti di tesi ambigue o eterodosse sull'inizio e la fine della vita, il matrimonio e la sessualit, la divaricazione tra questo cardinale e gli ultimi due papi apparirebbe ancor pi marcata. Tra le alte personalit della Chiesa che nei giorni scorsi si sono espresse sulla figura del cardinale defunto, il solo cardinale Camillo Ruini, presidente della conferenza episcopale italiana dal 1991 al 2007, non ha sottaciuto questa divaricazione. In un'intervista a Marina Corradi su "Avvenire" del 1 settembre, all'osservazione che su temi come fecondazione artificiale e unioni omosessuali "Martini sembrava pi aperto alle ragioni di certa cultura laica" e "ha espresso pubblicamente posizioni chiaramente lontane da quelle della CEI" di cui faceva parte, Ruini ha risposto: "Non lo nego, come non nascondo che resto intimamente convinto della fondatezza delle posizioni della CEI, che sono anche quelle del magistero pontificio e hanno una profonda radice antropologica". E in una successiva intervista al "Corriere della Sera" del 5 settembre ha cos commentato l'affermazione di Martini, nel suo presunto "testamento spirituale", secondo cui "la Chiesa indietro di 200 anni": "A mio parere, occorre distinguere due forme di distanza della Chiesa dal nostro tempo. Una un vero ritardo, dovuto a limiti e peccati degli uomini di Chiesa, in particolare all'incapacit di vedere le opportunit che si aprono oggi per il Vangelo. L'altra distanza molto diversa. la distanza di Ges Cristo e del suo Vangelo, e per conseguenza della Chiesa, rispetto a qualsiasi tempo, compreso il nostro ma anche quello in cui visse Ges. Questa distanza ci deve essere, e ci chiama alla conversione non solo

delle persone ma della cultura e della storia. In questo senso anche oggi la Chiesa non pi indietro, ma pi avanti, perch in quella conversione c' la chiave di un futuro buono". A parte Ruini, per, nessun altro importante dirigente di Chiesa ha fatto cenno, nel commenti seguiti alla sua morte, agli elementi effettivamenti controversi della figura del cardinale Martini. La memoria andata esclusivamente e genericamente ai suoi meriti di biblista e di pastore, alla Scuola della Parola, alla promozione della carit, al dialogo con i non credenti, alla prossimit alle difficili situazioni esistenziali. In altre parole, il ricordo quasi esclusivo stato per il Martini arcivescovo, non per il Martini leader d'opinione degli ultimi anni, esaltato dai media laici, oltre che dai fautori cattolici di un immaginario Concilio Vaticano III e di una Chiesa democratizzata. Si assistito cio, nei giorni scorsi, a un diluvio di commemorazioni fortemente selettivo. Con un quasi universale silenzio calato sugli aspetti problematici del personaggio e sulle sue uscite pubbliche degli ultimi anni. Ci non ha impedito, per, che l'intervista presentata come "testamento spirituale" di Martini, da lui "letta e approvata", abbia fatto il giro del mondo, consolidando proprio quella sua immagine di profeta alternativo che ai vertici della Chiesa si vorrebbe esorcizzare. Un motivo in pi per rileggere e analizzare criticamente questa intervista postuma, come fa il professor Pietro De Marco, docente all'universit di Firenze e alla facolt teologica dell'Italia centrale, nella nota che segue.

NOTE CRITICHE SU "L'ULTIMA INTERVISTA" DEL CARDINALE MARTINI Pietro De Marco E spiacevole accostarsi allo scomparso cardinale Carlo Maria Martini con una disposizione critica. "De mortuis nil nisi bonum". Ma la cosiddetta sua "ultima intervista" me lo chiede in coscienza, per la forte equivocit dei rilievi e dei giudizi sulla Chiesa affidati dal cardinale al padre gesuita Georg Sporschill e a Federica Radice Fossati Confalonieri. I temi, i lasciti, presenti alla mente di Martini tre settimane prima della morte, cos come ci vengono riportati nel testo dellintervista, sono dunque: - la stanchezza della Chiesa e lassenza di ardore e di eroismo; - larretratezza della Chiesa rispetto alla storia, per cui la paura prevale sul coraggio; - la semplicit del cuore come criterio pastorale, anzi ecclesiale: "Solo lamore vince la stanchezza". Queste tracce di spiritualit hanno nel Martini dellintervista almeno due caratteristiche paradossali: 1) sembrano presumere in chi parla un sofferto isolamento, mentre esse, incluse le aspre note riformistiche e critiche, suonano ripetitivamente da decenni su tante bocche, diversamente qualificate; 2) si avvalgono di argomenti o di richiami teologicamente approssimativi; anche questo non nuovo e mi capitato di notarlo pi volte su questo sito, tra il 2007 e il 2009. Valga un esempio dalla risposta centrale, la pi estesa. N il clero n il diritto ecclesiale possono sostituirsi allinteriorit delluomo. Tutte le regole esterne, le leggi, i dogmi ci sono dati per chiarire la voce interna e per il discernimento degli spiriti. Bello, forse, per chi si arresti al suono delle parole, ma

equivoco, poich la recezione di una formula del genere, oggi, non pu essere che soggettivistica: il dogma (quello trinitario, ad esempio) sarebbe dato per "chiarire" la voce della coscienza individuale in me o nella mia relazione con laltro! Non mi sorprende che questo registro di religiosit tardoborghese ottenga consenso nello "stanco" Occidente. Ma torniamo allinizio dellintervista. La Chiesa vecchia e stanca e la grandezza materiale delle chiese, la pesantezza degli apparati, degli abiti, la sfiancano. Abbiamo bisogno di liberarci di tutto questo per essere, almeno, pi vicini al prossimo. Se qualcuno ha leroicit, la vitalit, di farlo non deve subire vincoli dallistituzione. Anche questo un "topos" antico, ricorrente. E, ad un tempo, misconoscimento di dati religiosi e cattolici essenziali, come sanno bene la dottrina e il discernimento della Chiesa sui carismi e la profezia. Che cattedrali, paramenti e ordinamenti siano un peso per la vitalit della Chiesa un pensiero ottocentesco, un po' da socialismo utopistico cristiano, un po' da primato liberale della coscienza, del sentire interno: sensibilit diverse che suppongono entrambe un precedente smarrimento della verit del segno e del sacro. Al contrario, edifici sacri e splendore liturgico parlano di Dio, con un potere di trascendimento della chiusura soggettiva che nessuna parola consolatoria, nessuna umana "vicinanza" hanno. Considerare lapparire, la manifestazione visibile e sacramentale, della Chiesa come in gran parte "cenere" , allora, un singolare equivoco. L'idea, attinta a Karl Rahner, di cos tanta cenere sopra la brace , in s, una metafora offensiva per gran parte della Chiesa: finisce col far coincidere con la "cenere" tutto, opere e istituzioni, dalla gerarchia al dogma, alla carit, per elevare arbitrariamente a "brace" i soliti protagonisti, i cosiddetti "profeti" e alcuni "martiri" sociali, e i loro ammiratori che, infatti, ora si esaltano alle parole e al lascito del cardinale. Lidea, poi, delle dodici persone al governo della chiesa, vicine ai poveri e circondate da giovani, in modo che lo spirito possa diffondersi ovunque, sa di utopismo visionario. La letteratura del Novecento europeo (penso al "Maximin" di Stefan George) ricca di giovani che aprono la storia "nuova" col passo leggero e lo sguardo puro di chi non gravato di passato. Ma nella vitalit di una tradizione religiosa non la condizione giovane come tale che conta. Giovanni Battista non profeta perch giovane. Il riferimento, nella lunga risposta centrale, ai sacramenti come "aiuto per gli uomini nel momento del cammino e nelle debolezze della vita", fa pensare a una concezione non misterica, non ontologica, dei sacramenti: non a caso il rinnovamento liturgico fallito, smarrendo subito, nel dopoconcilio, la teologia liturgica dei Casel, degli Jungmann, dei Vagaggini, per un nuovo soggettivismo della "partecipazione" assembleare al rito. Su un tale sfondo, le notazioni pastorali del cardinale restano orizzontali, pragmatiche, troppo "umane". A questo contribuiscono anche le domande degli autori dellintervista, dove la Chiesa assimilata a una organizzazione, da "curare" con "strumenti" pastorali che sono poi principalmente strategie di "esonero" morale e dogmatico. Lascio per ultima la battuta: "La Chiesa rimasta indietro di 200 anni". Nei lontani anni Sessanta anni che nelle rievocazioni dellimminente cinquantenario conciliare sar opportuno trattare con la severit che meritano simili stereotipi erano il pane quotidiano dell'eloquio "riformatore" e secolarista. Ma oggi non hanno pi senso, dopo mezzo secolo di fallimenti di quelle teologie improvvisate e soprattutto dopo mezzo secolo di chiarimenti critici sulla modernit. Il metro evoluzionistico che ci fa misurare avanzamenti o ritardi culturali tra contemporanei non ha consistenza filosofica e la modernit non deve godere di nessun privilegio. La debolezza di fronte alle obiezioni dei moderni una sindrome che ha colpito molti nel corso del Concilio. Il cardinale Martini ha parlato spesso del "non credente" che era in lui. Certo: chi non ha vissuto

o non vive questa dialettica? Ma altro scoprire in se stessi ragioni e sofferenze del non credere, altro "ospitare" in s esistenzialmente il non credente, dargli uno spazio, lasciargli occupare legittimamente il "foro interno". Qui sta l'equivoco di Martini come di molte generazioni e intelligenze cristiane. Mi si dice: vanno criticati gli stereotipi, non la santa, amata, persona del cardinale gesuita. Ma non ci si impedisca di vedere che quella santa persona non stata in grado di evitare a se stesso di proporre alla Chiesa e ai "lontani" proprio quei ripetitivi enunciati che i "lontani" conoscevano a memoria, provenendo da loro. Lo stesso richiamo a non avere "paura" del nuovo uno dei pi triti, e non coincide davvero con il memorabile "non abbiate paura" di Giovanni Paolo II, anzi, ha il significato opposto. Equivocare la cura cattolica per principi e verit e vita cardini del magistero degli ultimi papi con una "reazione di paura" di fronte al nuovo, rovesciamento della realt.

Ruini: la Chiesa oggi non indietro. Martini non era antagonista del Papa
Aldo Cazzullo www.corriere.it, 5 Settembre 2012 Cardinale Ruini, lei esordisce raccontando che gli editori le chiedevano un libro di memorie sugli anni in cui ha guidato la Chiesa italiana. Perch invece un libro su Dio? Perch mi sembra enormemente pi utile, e anche pi interessante. L'esistenza di Dio e il nostro rapporto con Lui sono stati l'ancoraggio della mia vita e il centro dei miei interessi intellettuali. Mi sento in dovere di offrire questo libro alla gente. Lei sostiene di aver avuto fin da ragazzo la certezza dell'esistenza di Dio. Perch? Penso sia una certezza abbastanza naturale all'uomo, e in particolare al bambino. Ma anche un dono che Dio ci fa in modo libero. Perch a qualcuno lo faccia in modo particolarmente intenso, questo lo sa solo Lui. I suoi genitori non la volevano prete. vero, in famiglia ci fu un'opposizione molto forte. Che mi rattrist, ma non mi ferm. Mio padre, che era medico, mi impose per una condizione: andare a Roma. Temeva che nel seminario di Reggio Emilia non mi avrebbero dato abbastanza da mangiare - erano ancora anni di povert -. E che non mi sarei laureato. Degli studi alla Gregoriana lei ricorda l'impostazione tomista e neoscolastica, oggi considerata superata. Questo cosa significa? Che i teologi hanno rinunciato a dimostrare razionalmente l'esistenza di Dio? Significa che la teologia ha iniziato un cammino nuovo: un dialogo, sia pure critico, con la cultura attuale. Anche se la grande scolastica da Tommaso a Bonaventura rimane molto importante. Questo cambiamento non implica la rinuncia all'argomentazione razionale a favore dell'esistenza di Dio. Sebbene la parola "dimostrazione" oggi piaccia meno, perch sembra indicare la necessit di credere in Dio. invece una scelta razionalmente motivata ma libera. Conciliare fede e ragione una linea-guida del papato di Ratzinger, e affiora anche nel suo libro. Ma l'evoluzione delle scienze e delle biotecnologie non rende ancora pi difficile il compito? Le scienze da una parte diventano sempre pi consapevoli dei propri intrinseci limiti epistemologici. Dall'altra, pongono domande sempre pi grandi e sempre pi radicali, non solo riguardo all'uomo ma all'universo. Anzich chiudersi, le strade della fede, e direi anche della filosofia, si aprono sempre di pi. Lo scientismo, che considera oggettivamente valido solo il pensiero scientifico, oggi ormai obsoleto. E

mette in imbarazzo i migliori uomini di scienza, che sono lontani dal vantare l'autosufficienza della ricerca scientifica. Lei appare convinto che, pure nell'et della secolarizzazione, la fede e anche la proposta di vita della Chiesa non siano condannate a essere minoritarie. O no? Quantificare in queste materie difficile. Vivere da cristiani fino in fondo o comunque seriamente di pochi; e secondo me lo sempre stato. Credere in Dio pu essere di molti. In America siamo oltre l'80%, in Italia le percentuali sono poco pi basse; anche se decrescono nella cultura alta, e nei media. Da capo dei vescovi lei valut che il cristianesimo non dovesse rinchiudersi in un fortilizio assediato, ma giocare a tutto campo. cos? S, per l'idea non mia. di Giovanni Paolo II. Gi nell'84, quando lo conobbi, diceva che l'onda di piena della secolarizzazione era alle nostre spalle. Allora pareva un giudizio avventato; oggi condiviso dai sociologi della religione. Certo la corrente secolarizzatrice continua a essere forte. Su questo non dobbiamo illuderci. Dio come lo pensa lei comune alle varie religioni? Come possiamo essere certi di essere noi cristiani nel giusto? Come possiamo essere sicuri che Ges sia davvero la pi alta e definitiva manifestazione di Dio nella storia? Dio certamente uno solo. Le varie religioni per hanno di Lui idee molto diverse. Ges stesso ha rivendicato di avere un rapporto unico con Dio, che si esprime nella parola "figlio". E Dio ha confermato questa pretesa inaudita di Ges, resuscitandolo dai morti. La pretesa non viene da noi, viene dal Cristo. Secondo lei c' differenza tra la fede di Wojtyla e quella di Ratzinger? Noi tendiamo a pensare che la prima fosse pi sentimentale e la seconda pi razionale. Le differenze ci sono, non ovviamente nei contenuti ma nel modo, nello stile, anche secondo l'indole di ciascuno e il dono che Dio fa a ciascuno. Ma i due Papi sono pi simili di quel che sembrerebbe. Entrambi uomini di intelligenza straordinaria: Benedetto XVI come tutti sanno, e Giovanni Paolo II, che era di un'intelligenza fulminante e anche teoretica. Entrambi uomini di fede rocciosa e direi semplice: si pu essere un grande teologo, come papa Ratzinger, e avere la fede delle persone semplici, o dei bambini. passato mezzo secolo dall'apertura del Vaticano II. Aperture lungimiranti, interpretate in modo talora sbagliato: sembra essere questa la sintesi che prevale oggi nelle gerarchie. Lei vi si riconosce? O no? Il Vaticano II stato, come ha detto Giovanni Paolo II, la massima grazia ricevuta dalla Chiesa nel XX secolo. Proprio per questo stato una sfida enorme, a volte mal compresa. Da ci sono nati danni molto grandi. Attorno a questa valutazione di fondo cresce il consenso. Quali danni? La crisi del clero, della vita consacrata. Molti hanno smesso la pratica religiosa. La crisi della forma cattolica della Chiesa. Il Concilio si dedic molto al rapporto tra i vescovi e il Papa, dando per acquisita la "tranquilla adesione" all'intero corpo dottrinale della Chiesa, come la defin Giovanni XXIII. Invece il magistero della Chiesa stato messo in discussione e spesso disatteso anche all'interno della Chiesa stessa. Come ricorda il cardinale Martini e come interpreta la sua figura? stato il capo dell'opposizione all'interno della Chiesa wojtyliana e, per l'Italia, ruiniana? Non si tratta di Ruini: l'interlocutore di Martini era il Papa. stato spesso presentato come l'antagonista. Ma non ha mai voluto essere cos. Sarebbe anche un immiserirlo. stata una grande personalit, un leader mondiale, con molti registri: spirituale, biblico, dialogico, pratico; Martini era anche uomo che sapeva governare in concreto. Innamorato di Cristo, del Vangelo e della Chiesa, oltre che dell'umanit. Cosa risponderebbe a Martini che nell'ultima intervista dice: La Chiesa indietro di 200 anni?

Non ho mai polemizzato con lui da vivo, tanto meno lo farei adesso. A mio parere, occorre distinguere due forme di distanza della Chiesa dal nostro tempo. Una un vero ritardo, dovuto a limiti e peccati degli uomini di Chiesa, in particolare all'incapacit di vedere le opportunit che si aprono oggi per il Vangelo. L'altra distanza molto diversa. la distanza di Ges Cristo e del suo Vangelo, e per conseguenza della Chiesa, rispetto a qualsiasi tempo, compreso il nostro ma anche quello in cui visse Ges. Questa distanza ci deve essere, e ci chiama alla conversione non solo delle persone ma della cultura e della storia. In questo senso anche oggi la Chiesa non pi indietro, ma pi avanti, perch in quella conversione c' la chiave di un futuro buono. Il silenzio di Dio di fronte al male usato come pretesto per negarlo. Dio pu permettere anche attacchi alla Chiesa? Come valuta la questione dei documenti del Papa trafugati? Non solo Dio pu permettere questi attacchi, ma li ha sempre permessi: fanno parte della logica profonda del cristianesimo. Ges lo disse chiaramente: "Come hanno perseguitato me, cos perseguiteranno voi". Quanto ai documenti, una vicenda triste, di cui si gi parlato fin troppo. L'Italia alla vigilia di elezioni delicatissime. La Chiesa oggi ha un interlocutore privilegiato? I valori cattolici sono rappresentati nell'attuale governo? Serve all'Italia un nuovo centro che ai valori cattolici faccia riferimento? Lei vede nuovi possibili leader? Interlocutori della Chiesa sono tutti i credenti, e tutti gli italiani interessati ad ascoltarla. Privilegiato pu dirsi chi ascolta di pi. Fin dal convegno di Palermo del 1995, la Chiesa italiana preferisce non entrare nelle questioni degli schieramenti politici. E invita non solo i cattolici, ma tutti gli italiani disponibili, a impegnarsi politicamente per valori e contenuti che sono sostenuti dalla Chiesa, ma non sono contenuti confessionali, bens di interesse generale. Quanto alle leadership, si prendono e si esercitano, non le pu conferire nessuno; tantomeno la Chiesa.

Da una parte lamore dei fedeli dallaltra la freddezza del Papa


Marco Politi Il Fatto Quotidiano, 04/09/2012. Il segreto di Martini sta nei volti di quanti alla vigilia dei funerali si sono seduti nei banchi del duomo di Milano semplicemente per pensare a lui. Il segreto sta nel silenzio del Papa allAngelus domenicale, quando avrebbe dovuto scegliere se indicarlo o no come esempio. E non lo ha fatto. Il segreto sta nei buddisti e nei musulmani e nei non-credenti, che hanno partecipato alla messa. E nei rabbini ebrei che sono andati in fila a fare le condoglianze in arcivescovado. NON QUESTIONE dellimpatto mediatico di questi giorni. Carlo Maria Martini viveva nel cuore di una massa enorme di cattolici, che aspettavano lapparire dei suoi libri e delle sue frasi illuminanti, sparse con misura sulle pagine del Corriere della Sera in una rubrica di colloquio con i lettori che apprendiamo dallo stesso direttore Ferruccio Bortoli spiacque a Roma, cio al Vaticano. I fedeli amavano Martini perch dava voce ai loro dubbi, alla loro ansia di trovare risposte a problemi difficili, perch dava forma teologica a scelte di coscienza che sentono giuste e in sintonia col loro essere cristiani. I cattolici del quotidiano, quelli delle parrocchie, del volontariato, dellassociazionismo, amavano anzi amano Mar-tini, perch la sua cultura teneva insieme la parola della Bibbia e i nodi esistenziali con cui credenti e diversamente credenti devono misurarsi. Ha colpito come una folgore, ieri nel duomo, lapplauso scrosciante indirizzato al cardinale Tettamanzi perch ha detto la semplice parola Noi ti amiamo. Un contrasto fortissimo con il compatto silenzio riservato al messaggio papale letto dal cardinale Comastri e allomelia del cardinale Scola. Perch Ratzinger ha dedicato a Martini parole molto belle, di affettuosa stima, ne ha lodato limpegno generoso, la grande apertura danimo, la carit, lincontro e il dialogo con tutti. Ma nella scelta

precisa delle parole affiorava lergersi di una barriera fredda, che non permette la condivisione dellesperienza di Martini: il distacco profondo da tutto quello che Martini ha detto e scritto negli ultimi anni. A partire dal grido finale La Chiesa indietro di 200 anni, lanciato dal cardinale poche settimane prima della sua morte. IN TUTTI i discorsi cesellati, ascoltati durante i funerali, il crinale stato uno solo: Carlo Maria Martini un indicatore del futuro o no? Soltanto il cardinale Tettamanzi ha espresso ci che la folla sentiva di pancia, di cuore e di testa: Ti abbiamo amato per il tuo sguardo capace di vedere lontano. E la vox populi ha reagito con lovazione. Il segreto di Martini sta in tutte quelle donne cattoliche, giovani e anziane, impegnate in famiglia o immerse nella vita professionale, che sentivano la sua disponibilit ad aprire le porte dellistituzioni ecclesiastica ad una partecipazione reale, determinante, del mondo femminile nel cammino della comunit dei fedeli. Quelle donne che ieri in duomo osservavano che di femminile cera solo il canto delle soliste e due suore e tre laiche nel corteo delle offerte, sommerse da una nuvola di tonache maschili. Il segreto di Martini sta in quei giovani vicini o lontani dallistituzione ecclesiastica che ne amavano lassenza di teatralit, lo stile controllato di chi non vuole strappare punti alla hit parade dei consensi, ma propone cose su cui riflettere, rimuginare, da cui lasciarsi interrogare. La sua capacit di attrazione riluce anche nella volgarit dei suoi avversari come il ciellino Antonio Socci, felice di proclamare che le massime del cardinale era terribilmente banali e ansioso di accusarlo di avere accarezzato il Potere, quello della mentalit dominante e di essere stato ospite assiduo dei salotti mediatici. LA FOLLA, che si recata a vedere la sua bara nei giorni scorsi e ieri straripava in piazza Duomo, amava soprattutto il suo coraggio di parlare, di dire apertamente che ci sono problemi che la Chiesa deve affrontare e risolvere. LItalia cattolica si sta desertificando. Sono morti cattolici non intimiditi come Lazzati, Scoppola, Alberigo. Ora che si spenta anche la voce autorevole di Martini la scena popolata da persone che parlano per piccoli accenni, che temono di apparire dissenzienti, che hanno paura di essere bollati come critici fuori dal coro. Avranno nostalgia di Martini i credenti e i diversamente credenti, interessati a riflettere su quanto di infinito c nelluomo, ma avidi di un confronto vero, non fra chi sa tutto e chi deve essere ammaestrato. Sentiranno bisogno delle sue ultime riflessioni quanti di nascosto, e ce ne sono tanti tra preti e vescovi condividono il suo giudizio su una Chiesa che non si scuote, che sembra avere paura invece di coraggio. Se il cardinale Scola ha evocato un cattolicesimo, in cui esistano diversit di sensibilit e letture diverse delle urgenze del tempo, in cui ci sia spazio per la pluriformit nellunit, manca ancora molto perch questa visione diventi realt praticata nella Chiesa di Roma. Martini non lascia successori. Nel collegio cardinalizio non ci sono voci, come la sua, pronte a proporre un concilio o un vertice di capi cristiani insieme al pontefice. Ma poich la sua visione di riforme si contrappone alla Chiesa in trincea dellera ratzingeriana, il porporato sar ben presente in spirito e scritti al futuro conclave.

L'ultimo principe e il suo popolo


Michele Brambilla La Stampa, 04.09.2012 Milano ha dato ieri lultimo saluto al cardinal Martini. Lha fatto con il suo stile: una cerimonia composta, ordinata, senza fronzoli; e naturalmente con un po di pioggia. Una giornata grigia come quell11 febbraio del 1980 in cui Martini in Duomo si insedi. Aveva 53 anni e la fama di essere un pastore pi da sinedrio che da gregge. Papa Wojtyla lo aveva nominato a sorpresa strappandolo alle

biblioteche, nelle quali Martini sarebbe volentieri rimasto. Indro Montanelli lo accolse cos: Ci dicono che Sua Eccellenza abituato a parlare con i laici, e ha per essi molta simpatia. Gliela ricambiamo di cuore. In mezzo a queste due giornate c stato uno dei ministeri pi lunghi e importanti di un vescovo di Milano. Martini non era un uomo facile da avvicinare, e lo sapeva: nella sua ultima lettera pastorale chiese perdono per non aver saputo coltivare le vicinanze, per non aver saputo creare e intrattenere con molti quei rapporti di affetto semplice e cordiale pur tanto desiderati. Colpa, disse, del suo stile, della sua educazione, del suo temperamento. Ma evidentemente il cardinale non immaginava che pur con quel suo atteggiamento solenne, che poteva apparire gelido, di cuori ne aveva scaldati tanti. La Curia ha calcolato che in questi giorni sono stati duecentomila a venire in Duomo per dargli lestremo saluto; ma quanti altri hanno pregato per lui nelle loro chiese, o nel segreto delle loro case? E quanti altri che non credono, o che credono di non credere, sono rimasti scossi, e si sono magari nuovamente interrogati nel profondo? Lampada per i miei passi la tua parola, luce sul mio cammino, scritto sulla facciata del Duomo. la frase che Martini ha voluto fosse incisa sulla sua tomba, che sta l, proprio di fronte allaltare. Alle due e mezza la cattedrale gi piena e molti sono fuori, in piazza, davanti a un maxischermo. Non unadunata oceanica. Per dire: ai funerali di Mike Bongiorno cera molta pi gente. Ma uno di quei momenti in cui la Chiesa dimostra la sua differenza da quel che chiama il mondo. Il mondo che ha a lungo discettato su quanto la personalit di Martini dividesse i fedeli (lantipapa, lavevano chiamato a un certo punto i giornali); il mondo che in questi giorni s addirittura inventato macchine dalle quali Martini avrebbe chiesto di essere staccato; il mondo insomma che ha usato larcivescovo appena morto per dispute ideologiche. E che se invece fosse qui, adesso, vedrebbe preti suore e fedeli venuti da tutta la diocesi, senza distinzione tra una Chiesa di destra e una Chiesa di sinistra; e sentirebbe il messaggio affettuoso di papa Ratzinger letto dal cardinal Comastri; e assisterebbe alla messa celebrata dal ciellino cardinal Scola. Mentre sui media si discetta ancora di accanimento terapeutico ed eutanasia, qui si parla di resurrezione. Sono le tre quando il brusio - il Duomo, purtroppo, non si presta al raccoglimento - interrotto cos: Leterno riposo dona a lui o Signore.... Poi c un canto, le parole sono quelle del salmo 23: Anche se camminassi per una valle oscura, non avrei a temere alcun male. Quanti preti ci saranno? Cinquecento? Mille? Di pi, di pi. Arrivano naturalmente anche le autorit. Ci sono quattro ministri: Balduzzi, Riccardi, Ornaghi e Giarda. Ci sono Prodi e Rosi Bindi. Borrelli e Nichi Vendola. Il sindaco Pisapia e lex sindaco Albertini. Il direttore del Corriere della Sera Ferruccio de Bortoli. Alle 15,45 arriva Formigoni, questa volta vestito di grigio, e per un po occupa la scena: si ferma davanti alla bara in un riverente inchino, poi passa a salutare i parenti del cardinale. Cinque minuti dopo arriva Monti: anche lui saluta i parenti, ma lo si nota di meno. Brilla per la sua assenza la Milano di centrodestra, che pure ha governato la citt per quasi tutti i ventanni di Martini. A parte Formigoni che presidente della Regione e Podest che presidente della Provincia, della Milano berlusconiana non c nessuno. Ma queste sono cose appunto mondane. Cose che paiono insignificanti dettagli di fronte al fatto centrale: qui follia per il mondo - si dice che luomo chiuso in quella bara non morto ma vivo. Scola parla del paradiso, dice che non una favola, che la morte un fiorire. Aggiunge: Chi muore nel Signore, col Signore destinato a risorgere... Niente e nessuno ci pu strappare questa consolante verit. Dice che Adorno, il quale parla di miserevole inganno con cui si cerca di nascondere il fatto che gli uomini, ormai, crepano e basta, smentito dallimponente manifestazione di affetto e di fede di questi giorni verso larcivescovo. Ma basta laffetto di tanta gente per credere che la nostra vita non finisce qui? Credo quia absurdum, dice la Chiesa. Alla fine della messa il pulpito per il cardinal Tettamanzi. Lui non dotto come Martini, che lo ha preceduto, n come Scola che lo ha sostituito. Per molto umano nel suo parlare come un semplice parroco brianzolo: Mi difficile dire una parola in questo momento... Il cardinal Martini mi ha imposto le mani per la consacrazione episcopale... mi ha accolto come successore sulla

cattedra di Ambrogio e consegnandomi il pastorale mi diceva: vedrai quanto sar pesante!. Per lui scatta ahim un applauso, lunico della cerimonia; ahim non perch per lui, ma perch un applauso. Alle sei del pomeriggio tutto finito. La storia ci dir se Martini sar ricordato fra i grandi, fra Ambrogio e san Carlo. Per ora la cronaca ci dice che nessun cardinale italiano avrebbe suscitato, alla sua morte, tanto clamore sui media e tanto affetto dalla gente. Se ne va, con Martini, lultimo principe della Chiesa

Cosa il papa non ha detto


Massimo Faggioli Europa, 4 settembre 2012 Nel messaggio inviato da Benedetto XVI per i funerali del cardinale Martini, il papa lo ha definito un uomo di Dio, un pastore generoso e fedele della Chiesa. Un uomo che ha mostrato una grande apertura danimo, non rifiutando mai lincontro e il dialogo con tutti. Ma non si poteva fare a meno di notare, nellAngelus di domenica, il silenzio del papa, proprio mentre migliaia di persone a Milano erano in fila per rendere omaggio al feretro di un pastore che ha toccato i cuori e le menti di almeno tre generazioni di cattolici e non cattolici. Il gesuita e biblista Carlo Maria Martini, anima della Chiesa conciliare, stato senza dubbio il vescovo italiano pi importante degli ultimi 50 anni: se non si vuole pensare a una cosciente riluttanza del Vaticano nel dare riconoscimento a un cardinale spesso identificato come lanti-Ratzinger quanto a visioni teologiche e idea di chiesa rispetto al pontificato attuale, il silenzio nellAngelus una mancanza perdonabile solo mettendo nel conto unimperdonabile scarsa familiarit dellentourage ratzingeriano con il sentire della chiesa italiana e mondiale. Dal punto di vista dello stile del pontificato, la mancata menzione della morte di Martini nellAngelus di domenica due righe che non avrebbero stravolto il protocollo non hanno fatto che rafforzare limmagine (stereotipata solo fino ad un certo punto) di un Vaticano ratzingeriano insofferente rispetto al cattolicesimo dialogante testimoniato da Martini. Dal punto di vista ecclesiale, per papa Benedetto XVI citare lappena scomparso cardinale gesuita sarebbe stato percepito come un tentativo di chiudere quello scisma silenzioso che molti vedono in atto nella Chiesa cattolica contemporanea, anche a causa del coagularsi di due stili teologici diversi impersonati, almeno dal 1979 in poi, da Ratzinger e da Martini. Dal punto di vista della macchina curiale, invece, lomissione di domenica scorsa getta una luce sinistra sul suo funzionamento: una macchina che si sforzata recentemente di oliare la sezione comunicazione facendo ricorso a spin doctor come il giornalista americano Greg Burke, senza per che sia stata toccata la cellula da cui la comunicazione proviene. Si potrebbe rimproverare allappartamento papale o ai comunicatori del Vaticano di non comprendere limportanza del cardinale Martini per la chiesa italiana e mondiale e per la stessa elezione al pontificato di Benedetto XVI. Ma in Vaticano non ci sono persone che abbiano accesso al papa e che siano in grado di consigliarlo su cosa dire e su come dirlo in occasioni come queste, nelle quali lautorit del ministero papale non servita bene da un atteggiamento ostentatamente indifferente del vescovo di Roma su quanto accade nella chiesa al di l delle mura leonine o di Castelgandolfo. In altre parole, al papa manca nel suo primo ministro, il cardinale Segretario di stato Bertone, quel sostegno che la regina Elisabetta ebbe nel suo novello primo ministro Tony Blair quando mor Diana nel 1997, un sostegno che contribu a salvare il prestigio della monarchia.

Non comprendere limportanza di rendere tempestivo omaggio al carisma del cardinale Martini, vescovotraghettatore di una chiesa nel travaglio del passaggio dallet delle religioni di stato allera postconfessionale, equivale da parte della dirigenza politica del Vaticano ad alzare bandiera bianca rispetto alla modernit. A volte si ha limpressione che nel Vaticano di Benedetto XVI siano rimasti spaventati da Habemus Papam di Nanni Moretti, mentre sarebbe molto pi utile alla stanza dei bottoni della Santa sede un film intelligente su comunicazione, tradizione e potere come The Queen. Il ruolo della Roma vaticana si nutre di potestas e di auctoritas non meno che di repraesentatio. Le prime due sono deboli come non mai anche allinterno dellorbe cattolico; almeno al potere di rappresentazione nel senso alto del termine che i leader di questa chiesa potrebbero prestare attenzione.

Il tributo dei laici imbarazza il Vaticano Adesso non usatelo contro la Chiesa
Marco Ansaldo Repubblica, 4 settembre 2012 Si respirato un certo imbarazzo in Vaticano in questi giorni per l' inatteso bagno di folla registrato ai funerali del cardinale Carlo Maria Martini. Ma, soprattutto, per come stata presentata la sua figura, esaltata tanto per le doti di studioso quanto per il forte impegno sociale. In Curia c' chi rimasto sorpreso per la partecipazione popolare al Duomo ambrosiano, con 200 mila persone in fila a rendere omaggio all' esponente pi rappresentativo di un percorso di riforma della Chiesa, pur sempre rimasto nel solco della dottrina. Un punto di riferimento amato e rispettato per l' autorevolezza. Testimoni i suoi libri, di grande successo presso il pubblico, quasi al pari di quelli del Papa. Ma a far alzare nelle Segrete stanze qualche sopracciglio sono state alcune pagine che hanno riproposto il pensiero martiniano. Non si levato certo un battimani in Curia quando si letta l' ultima intervista in cui l' arcivescovo emerito di Milano sosteneva che la Chiesa indietro di 200 anni. N ha fatto piacere l' insistito riferimento al fatto che, gi durante il Pontificato di Giovanni Paolo II, e particolarmente nell' ultimo Conclave, Martini venisse considerato come il possibile Papa riformista rispetto al candidato conservatore. Velati imbarazzi anche per il caso sorto sul suo rifiuto dell' accanimento terapeutico. E poi per la riproposizione continua di alcuni temi a lui cari, come l' apertura alle coppie di fatto o la comunione per i separati e divorziati. Domenica molti fedeli si aspettavano che, all' Angelus, Benedetto XVI potesse dire qualche parola sul cardinale scomparso. E se vero che non prassi che il Papa si pronunci in tale senso dal balcone, in parecchi speravano che potesse dare un segno comunque tangibile, magari addirittura celebrandone di persona i funerali. La decisione che invece scaturita stata di altro tipo. A rappresentare il Pontefice stato inviato non un alto esponente della Segreteria di Stato, ma il cardinale Angelo Comastri, arciprete di San Pietro e vicario del Papa per la Citt del Vaticano. Il quale, presentando il messaggio di Joseph Ratzinger, ha premuto sulle capacit anche diplomatiche di Martini (pronto al dialogo con tutti) , glissando per sul suo impegno sociale. Anzi ha detto Comastri, cercando di spegnere le polemiche: Il cardinale Martini un figlio della Chiesa e non deve e non pu essere usato contro la Chiesa. Ha commentato ieri il portavoce del movimento "Noi Siamo Chiesa", Vittorio Bellavite, ricordando del cardinale scomparso l' attenzione alle nuove problematiche poste da nuovi aspetti della convivenza civile, in particolare quelli sollecitati dalla ricerca scientifica, soprattutto in campo bioetico: La diversit di questo magistero da quello consueto , da tempo, apparsa evidente ben al di l del mondo cattolico, a tutta quella parte dell' opinione pubblica che interessata alle grandi questioni esistenziali. Tramite Martini, il messaggio del Vangelo stato ascoltato da tanti che si sentono lontani dalle strutture ecclesiastiche e dalle loro politiche.

L'addio a Martini il profeta scomodo


Roberto Monteforte LUnita, 4 settembre 2012 stato alluomo della Parola, al testimone rigoroso e coraggioso, al padre accogliente e amato, al costruttore di ponti di dialogo che ieri Milano ha rivolto lultimo saluto a padre Carlo Maria Martini. Cos preferiva farsi chiamare il gesuita, biblista, arcivescovo emerito della Chiesa ambrosiana. stato il suo successore, il cardinale Angelo Scola a presiedere il rito funebre solenne celebrato in Duomo. E con lui i cardinali Dionigi Tettamanzi, linviato speciale del Papa Angelo Comastri, il presidente della Cei, Angelo Bagnasco, il biblista Gianfranco Ravasi. Prima che iniziasse la cerimonia il cardinale Comastri ha letto il messaggio di Benedetto XVI. stato un uomo di Dio che stato capace di insegnare ai credenti e a coloro che sono alla ricerca della verit che lunica parola degna di essere ascoltata, accolta e seguita quella di Dio, perch indica a tutti il cammino della verit e dellamore. Cos lo ha ricordato il pontefice. Papa Ratzinger ha sottolineato come Martini non abbia mai rifiutato lincontro e il dialogo con tutti, mosso da uno spirito di carit pastorale profonda, attento a tutte le situazioni, specialmente quelle pi difficili, vicino, con amore, a chi era nello smarrimento, nella povert, nella sofferenza. Il messaggio si concluso con un riconoscimento: Carlo Maria Martini, uomo della Parola non solo perch ha studiato la sacra scrittura, ma perch lha amata intensamente. Ne ha fatto la luce della sua vita. Ma stato il cardinale Scola, il suo successore alla guida della Chiesa di Ambrogio a tenere lorazione funebre. Quasi per paradosso stato il porporato che fu discepolo di don Giussani, fondatore del movimento Comunione e Liberazione, a dare lultimo saluto a Carlo Maria Martini. Davanti alla sua semplice bara su cui era aperto il Vangelo, ha affermato: Si struggeva per non perdere nessuno e nulla. Nella sua omelia ha molto insistito sulla fede della risurrezione di Martini grazie alla quale ha sempre cercato di abbracciare tutto luomo e tutti gli uomini. Pi che un bilancio dei ventanni alla guida della Chiesa di Milano sottolinea come pi che in un testamento, la sua eredit sia tutta nella sua vita e nel suo magistero e noi dovremo continuare ad attingervi a lungo. Ne ha ricordato la competenza scritturistica, lattenzione alla realt contemporanea, la disponibilit allaccoglienza di tutti, la sensibilit ecumenica e al dialogo interreligioso, la cura per i poveri e i pi bisognosi, la ricerca di vie di riconciliazione per il bene della Chiesa e della societ civile. Quindi invita a riconoscere come nella Chiesa le diversit di temperamento e di sensibilit, come le diverse letture delle urgenze del tempo, esprimono la legge della comunione: la pluriformit nellunit. Un timbro diverso ha avuto il ricordo del cardinale Dionigi Tettamanzi, larcivescovo emerito di Milano che da Martini ha avuto il lascito della diocesi ambrosiana. Lui stato, per me come per tantissimi altri, punto di riferimento per interpretare le divine scritture, leggere il tempo presente e sognare il futuro, tracciare sentieri per la missione evangelizzatrice della Chiesa in amorosa e obbediente docilit al suo Signore. Mi difficile parlare eppure vorrei tentare di essere la voce di questa Chiesa di cui egli stato, nel nome del Signore, padre, pastore, maestro, servo, intercessore, testimone della verit di Dio e della dignit delluomo ha affermato. Ha rievocato lumanit paterna di Martini, il suo sorriso e la parola, il suo chinarsi sulle nostre fragilit, lo sguardo capace di vedere lontano, la fede nei giorni della gioia e in quelli del dolore e larte di ascoltare e di dare speranza a tutti. Tettamanzi ha insistito su quel tutti, su quellinsegnamento cui stato fedele a prezzo di tante critiche. Un forte e prolungato applauso scoppiato in Duomo e nella piazza. I fedeli si sono ritrovati, riconoscenti, in quelle parole. In quellinvito alla radicalit cui stata educata da Carlo Maria Martini che per molti ha reso credibile la Chiesa ambrosiana. La salma dellarcivescovo emerito stata tumulata nella navata sinistra del Duomo, ai piedi dellAltare della Croce di San Carlo Borromeo. Nel cuore della sua amata Milano.

Ma il sondino un obbligo nella legge sul biotestamento


Eleonora Martini www.ilmanifesto.it Non stato un gesto di insofferenza verso la vita, quello che per ultimo ha compiuto il cardinale Carlo Maria Martini. Come era solito fare per ogni cosa, come racconta chi lo aveva conosciuto da vicino, aveva gi riflettuto pi volte, a fondo e con coraggio, sui temi di fine esistenza, sul progresso scientifico che consente di protrarre la vita pure in condizioni un tempo impensabili, sulla libert di decidere come morire, sulleutanasia e sullaccanimento terapeutico. Aveva scritto in merito saggi e articoli, fonte di ispirazione anche per i non credenti, lontani anni luce dalle posizioni pi retrive e bigotte di certi politici nostrani. Per questo il suo gesto di rifiuto dellidratazione e dellalimentazione artificiale attraverso il sondino naso-gastrico o la Peg (il tubicino inserito chirurgicamente nelladdome) perch considerate accanimento terapeutico, un atto che fa riflettere. O almeno dovrebbe. Il punto delicato scriveva Martini nel saggio Credere e Conoscere, redatto insieme al senatore Ignazio Marino che per stabilire se un intervento medico appropriato non ci si pu richiamare a una regola generale quasi matematica, in particolare non pu essere trascurata la volont del malato. La sua umanit gli consentiva di comprendere ci che per altri tab: Non si pu mai approvare il gesto di chi induce la morte di altri, in particolare se si tratta di un medico. E tuttavia non me la sentirei di condannare le persone che compiono un simile gesto su richiesta di un ammalato ridotto agli estremi e per puro sentimento di altruismo, come pure quelli che in condizioni fisiche e psichiche disastrose lo chiedono per s. Su Piergiorgio Welby, a cui fu rifiutato il funerale religioso, e su casi come il suo che saranno sempre pi frequenti, Martini ammon la Chiesa di darvi pi attenta considerazione pastorale. Il cardinale intervenne anche in merito alla legge sul testamento biologico, attualmente arenata (fortunatamente) al Senato dal maggio 2010 in attesa della seconda lettura. Martini sentiva lesigenza dal punto di vista giuridico, di elaborare una normativa, che da una parte consenta di riconoscere la possibilit del rifiuto (informato) delle cure, in quanto ritenute sproporzionate dal paziente, dallaltra protegga il medico da eventuali accuse, come lomicidio del consenziente o laiuto al suicidio, senza che questo implichi in alcun modo la legalizzazione delleutanasia. Ma quelle terapie che lui stesso ha rifiutato non possono essere oggetto di dichiarazione anticipata di trattamento, come recita larticolo 3 del testo di legge cos come licenziato dalla Camera, fortemente voluto dal governo Berlusconi e dai cattolici pro-life di entrambi gli schieramenti, che per anni hanno spiegato che lidratazione e lalimentazione non sono terapie ma atti eticamente e deontologicamente dovuti, la cui sospensione configurerebbe unipotesi di eutanasia passiva, come ebbe a dire il relatore Domenico Di Virgilio (Pdl). Inoltre, secondo la legge, alimentazione ed idratazione, nelle diverse forme in cui la scienza e la tecnica possono fornirle al paziente, devono essere mantenute fino al termine della vita, ad eccezione del caso in cui risultino non pi efficaci. E allora il problema si pone, anche se il rifiuto del cardinal Martini sembra far riflettere solo pochi, tra le fila del Pdl (Alfonso Papa, per esempio). Per il senatore Carlo Giovanardi, accanito sostenitore del testo, non c alcuna contraddizione con la legge sul testamento biologico perch in questo caso si trattava di persona cosciente che, come tutti liberissima di rifiutare le cure, anche quelle salva vita. Giovanardi difende invece il divieto perch introdotto in un testamento lasciato anni prima e che perci non pu essere vincolante per il medico che deve prendere la decisione. Per Paola Binetti (Udc), invece, Martini, che per 17 anni ha sopportato la malattia e la sofferenza, ha dato testimonianza assoluta di fede e di sapere che la propria vita un dono. Solo che nel suo caso la morte non sopravvenuta per la sospensione di una cura, che non mai cominciata. Una morte come quella di Martini, accade tutti i giorni negli ospedali, continua Binetti, una prassi secolare della medicina. Ma una cosa rifiutare le cure a 85 anni, quando con naturalezza si va verso la morte, e altro il caso di un giovane che potrebbe vivere ancora molti anni. Ovviamente, di tuttaltro avviso la Radicale Maria Antonietta Coscioni: Il Parkinson, come la Sla o la distrofia muscolare, una

malattia neurovegetativa a oggi inguaribile e che causa il blocco del respiro e della deglutizione. A un certo punto della tua vita, a 40 come a 80, devi decidere se attaccarti a un sondino e a un respiratore. Chi nega qualunque relazione con la legge, ferma fortunatamente al senato, mente sapendo di mentire: ci devono chiarire se la Peg o il sondino sono un atto medico o no. Lipocrisia sta nel non voler riconoscere che il gesto del cardinal Martini ha spiazzato chi si erge a difesa di una vita a tutti i costi.

Martini, Sgreccia, la superstizione e la tortura


felice mill colorni www.criticaliberale.it C qualcosa di straordinario nelle dichiarazioni del sommo interprete della bioetica vaticana a proposito della morte del cardinale Martini, il quale, come evidente, non ha rifiutato laccanimento terapeutico, ma, come gi Wojtyla, un vero e proprio trattamento salva-vita. Dice dunque il cardinale Sgreccia: La situazione di Welby era affatto diversa. Cerano terapie che avrebbe potuto rifiutare fin dallinizio, quando ad esempio venne fatta la tracheotomia. Uno pu dire: vado avanti seguendo la natura, non voglio un procedimento straordinario, essere attaccato a una macchina. Ma una volta che accaduto e chiedi al medico di staccarti, allora la cosa cambia, gli chiedi di interrompere la vita, chiedi a un altro di farti morire. Tralasciamo il fatto che, se non ricordiamo male, a Welby la tracheotomia fu praticata in emergenza, quando era in stato di incoscienza, e nonostante avesse in precedenza dichiarato di non volerla. In sostanza lesile differenza fra la (quasi) santit e il sommo della nequizia starebbe solo nella sequenza degli eventi e nella casuale circostanza di essere stati o meno coscienti al momento dellintervento iniziale. Da questo e solo da questo dipenderebbe limmoralit inaccettabile di chi pretende la cessazione della tortura una volta iniziata, comunque iniziata. Raramente il carattere frivolo delle argomentazioni della gerarchia era emerso con tanta chiarezza ed era stato esposto con tanto candore. Come dire che, se non si vuole essere sottoposti a una tortura a tempo indeterminato, tanto vale non curarsi fin dallinizio e rinunciare alla medicina moderna. Questo non immorale. Immorale, anzi immoralissimo, sarebbe decidere che se ne avuto abbastanza, o cambiare idea. Oppure non cambiarla neppure, ma essere stati semplicemente nellimpossibilit di far valere la propria volont nel fatale e irrevocabile momento iniziale della terapia salva-vita. Possibile che sia tanto difficile capire che oggi la morte naturale non esiste pi, se non quando avviene allimprovviso o non si riesce a essere tempestivamente soccorsi? E che se la tecnologia medica contemporanea ha ampliato di molto la sfera delle possibilit umane, e ci ha cos messi di fronte alla libert, e alla responsabilit, di compiere scelte fino a ieri indisponibili, tale libert e responsabilit non possono non riconnettersi a un soggetto che le eserciti? Che questo soggetto non pu essere sostituito n dalle casuali propensioni culturali, ideologiche, filosofiche, religiose o caratteriali dei medici che casualmente intervengono in emergenza o che furono scelti in base a tuttaltri criteri, n dallarbitrio di un legislatore che decider sempre in base a quel che ritiene spesso, in Italia, anche sbagliandosi del tutto politicamente conveniente? Noi chiamiamo posizioni come quella esplicitata da Sgreccia superstiziose. E linguaggio ecumenicamente corretto a parte questa ci sembra essere la posizione condivisa sia da parte di quasi tutte le Chiese cristiane riformate storiche dellEuropa occidentale sia da parte della stragrande maggioranza degli stessi cattolici adulti.

Si tratterebbe soltanto di rispettabili fissazioni superstiziose della gerarchia cattolica e dei cattolici infanti che ancora ritenessero di conformarsi ai suoi dettati, se queste superstizioni non fossero poste da una classe politica inetta, complessivamente indegna e zeppa di analfabeti civili, alla base di leggi che incidono ferocemente sulla vita di individui in carne e ossa che, per colpa di queste fisime superstiziose, sono costretti a vivere per anni, e poi a morire, in modo particolarmente e inutilmente atroce. Crimini di pace, e contro lumanit, sarebbe giusto definirli

Il Papa nero: un uomo libero, ispiri il Sinodo


Gian Guido Vecchi www.corriere.it, 4 settembre 2012 Parla Adolfo Nicols Pachon, Padre generale dei Gesuiti. Su Martini dice: Un contestatore della dottrina? No, la libert frutto di un approfondimento della fede Io ho sentito sempre molta vicinanza con il modo di pensare del cardinale Martini perch credo corrisponda completamente alla missione ignaziana.... Padre Adolfo Nicols, 76 anni, il Padre Generale della Compagnia di Ges, dal 2008 ventinovesimo successore di Sant'Ignazio di Loyola, l'uomo che viene popolarmente chiamato il Papa nero ed il superiore dei 18.500 gesuiti sparsi in 112 nazioni nei cinque continenti. Ha concelebrato fra i cardinali, letto la terza preghiera eucaristica, e ora sorride sereno fuori dalla sagrestia del Duomo: Vede, sant'Ignazio era un uomo libero. Padre, lo stesso Benedetto XVI ha parlato di Martini come di un figlio spirituale di Sant'Ignazio. L'impressione che non si possa capire il suo pensiero se non si parte da questo, cos? S, certo. Oggi ho sentito molti vescovi che ne parlavano, come ne hanno scritto il Santo Padre e il cardinale Bertone nei loro messaggi. Credo che Carlo Maria Martini sia stato un figlio di sant'Ignazio fino alla fine. E un principio centrale della spiritualit ignaziana proprio la libert che viene quando si sente lo Spirito: quando uno ha accesso allo Spirito di Dio che non definibile e, dice Ges, viene come il vento, soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai da dove viene n dove va. E questo cosa significa, nello sviluppo del pensiero? Se si arriva a questa libert, allora la visione del mondo totalmente diversa. C' un principio di sant'Ignazio molto chiaro: trovare Dio in tutte le cose. Il cardinale Martini aveva un approccio cos positivo verso la realt perch aveva quello sguardo, la visione nella quale Dio lavora in tutto: e ha trovato Dio in tutte le cose, in tutte le persone. Di qui il grande rispetto che aveva per credenti e non credenti, di qualunque origine fossero. Tutti hanno una scintilla di Dio che bisogna trovare. E io spero che il mese prossimo, nel sinodo sulla nuova evangelizzazione indetto dal Papa, noi possiamo essere toccati da questo principio. C' chi dipinge Martini come un contestatore della dottrina della Chiesa. Padre Lombardi replicava che una lettura simile di una superficialit estrema. Lei che ne dice? Vero, infatti una questione di approfondimento. La libert ignaziana il frutto di un approfondimento della fede, non contestazione. Del resto ai tempi di Sant'Ignazio la Chiesa era molto peggio! Per Sant'Ignazio ha saputo trovare la profondit nella ricerca umana di Dio, della verit, di tutto ci che ha senso. Ed questa profondit che d la libert, che fa parlare con tanta libert di molte cose che altri si sentono legati ad affrontare. Nel libro Conversazioni notturne a Gerusalemme c' un capitolo dedicato agli esercizi spirituali: Le guide spirituali sono amici nel senso evangelico: accompagnano, fanno domande, sostengono, ma non si mettono mai tra il singolo e Ges, anzi promuovono questo dialogo. Lo stile dell'evangelizzazione dev'essere cos?

Certo, non decide la guida! E spero davvero che la nuova evangelizzazione cominci con il trovare che cosa ha fatto Dio nella gente, prima di dire che cosa voglio io o magari ci che io credo che Dio debba fare...Questa una questione che mi pongo: ho vissuto 48 anni in Asia, e credo che forse siamo stati deboli, noi missionari. In che senso? Che non abbiamo cercato abbastanza di trovare Dio e il lavoro di Dio nelle altre culture e nelle altre genti. Portare questa ricchezza di Dio alla Chiesa universale continua ad essere una sfida. Credenti di altre fedi, non credenti: Dio sta lavorando nella gente prima che noi missionari andiamo. Sta gi lavorando. Per questo abbiamo saggi come i grandi sapienti dell'Oriente. In tutte le culture abbiamo una profondit che adesso siamo in pericolo di perdere perch cerchiamo una risposta a quello che ha fatto l'Europa. E non la troveremo. Per.... Per, padre? Troveremo qualcosa di diverso. Come si dice, Dio un Dio di sorprese, non predefinito, non attua le cose come noi pensiamo debba fare. Dio lavora in tutto. E credo che il cardinale Martini fosse aperto a questa sorpresa, a questo stupore: vedere che cosa c' nel cuore della gente.

Guido Fossi salvare le idee di Martini


Carlo Annovazzi Repubblica, 03.09.2012 Professor Guido Rossi, centocinquantamila persone in Duomo, per il cardinal Martini una partecipazione intensa come per nessun altro vescovo nella storia. Perch? Cera gente di tutti i tipi, commossa, in fila, in una sera fredda e buia, lho voluto vedere anchio sabato sera. Ma non mi sorprende. Perch Martini era unico. Un uomo del Rinascimento. Univa, ti accoglieva. Sapeva mettere a proprio agio le persone, una dote incredibile, come se in quel momento non avesse niente da fare e invece aveva sempre impegni importanti. stato il cardinale degli studi biblici ma anche delle aperture, della solidariet, dellaccoglienza. Le sue visite ai carcerati, la sua capacit di dare speranza... In un momento di degrado che colpisce tutti, politica, societ civile, chiesa, il suo insegnamento rivoluzionario non deve essere perduto. Il suo era un carisma internazionale, mi ricordo che dieci anni fa, quando comp 75 anni, anche prestigiosi quotidiani europei, Le Monde e il Times lo ricordarono e lui non era certo tipo che andava in giro a autocelebrarsi. E attenzione, non era solo la sua straordinaria conoscenza della Bibbia, la sua qualit di studioso a renderlo cos popolare nel mondo, ma la sua capacit di aprirsi. Quanto cera di Milano nel cardinal Martini? Questa citt ha avuto vescovi allavanguardia, da Ambrogio in poi nessuno ha dato tanto alla Chiesa quanto i cardinali di Milano. Pensiamo a quello che ha fatto Schuster durante il fascismo, a Montini. Maestri di insegnamento umano. Martini ha continuato su questo solco diventando a sua volta rivoluzionario. Ha posto al centro di tutto la dignit delluomo. Mi sembrava di leggere Pico della Mirandola, non un cardinale. Il suo insegnamento stato anche profondamente laico. C una frase importante in un suo discorso alla citt del 2000. Quale? Scriveva alla vigilia di SantAmbrogio, patrono cittadino. Lilluminismo e il cristianesimo che innervano la nostra civilt, pur essendo storicamente in contrasto, con il tempo hanno prodotto una sintesi preziosa che fa perno sulla dignit della persona umana e sul carattere inalienabile dei suoi diritti fondamentali. Un non credente non avrebbe potuto scrivere una cosa pi profonda.

Perch era tanto innovativo sul tema della giustizia? Con lui da Milano partita una nuova legittimazione di una giustizia pi equa. Nel suo libro Sulla Giustizia condannava senza appello la concezione retributiva della pena che era stato il nucleo centrale ebraico cristiano. Bisogna recuperare chi ha sbagliato, scriveva, superando la centralit del carcere in ambito penale. Sembrava Cesare Beccaria. Parlavamo a lungo del problema della giustizia, ci confrontavamo. La giustizia e il recupero di chi ha sbagliato sono strettamente legati alla condizione di vita. Martini andava a parlare con i lavoratori per capirne i problemi e per affrontarli. Il suo era un nuovo welfare di un illuminismo tipicamente milanese, un laboratorio che anticipava temi che sono esplosi dopo, penso alla flessibilit del lavoro, allarticolo 18. Servono regole e non liberismo selvaggio, diceva. Sempre nel libro Sulla Giustizia attaccava il potere economico e politico. Pensava poi a un nuovo ruolo del sindacato, un welfare per i lavoratori, per i pi deboli mettendo sempre al centro la difesa della dignit umana. Principi etici straordinari, che uniscono la tradizione rinascimentale italiana alla dimensione europea, sembra di sentire Altiero Spinelli. Che cosa bisogna fare per non disperdere leredit di Martini? Per fare di Milano un laboratorio di una nuova cultura politica e civile bisogna raccogliere gli scritti di Martini, metterli a disposizione, organizzare un convegno con i pi importanti studiosi del mondo. Bisogna tenere vivo Martini, tenere vivi i suoi straordinari insegnamenti. Va conservato il ricordo, c il dovere della memoria in un mondo e in un momento che non ne ha pi. E chi potrebbe raccogliere questo appello? Il cardinale Scola e il sindaco Pisapia, con il suo assessore alla Cultura Stefano Boeri. La Chiesa e il Comune insieme. Sarebbe un evento rivoluzionario. Quale modo migliore per continuare sulla scia di un uomo rivoluzionario quale era Martini. Sa una cosa?. Prego. Martini non avrebbe obiettato al registro delle unioni civili di Pisapia. Ne sono sicuro. Che Milano lascia Martini? Non diversa dal resto d'Italia, un patrimonio straordinario di individualit ed eccellenze che non riescono per a emergere su un conformismo imperante. Proprio lei, pochi giorni prima del saluto di Martini alla diocesi di Milano, nel 2002, lo invit a non andare a Gerusalemme. Chi parler qui di immigrazione, di giustizia, di solidariet, dei problemi della sanit con il suo equilibrio e rigore? Non lasci Milano ora. E evoc il Medioevo con i padri della Chiesa che tornavano dalla Terra Santa per combattere la peste. C ancora quella peste? Lui fu costretto ad andare a Gerusalemme, non venne confermato. E la peste rimasta, forte anche adesso. E si sente e si sentir la mancanza di Martini. Martini ha voluto farsi seppellire in Duomo sotto la croce di San Carlo Borromeo, quella che serv proprio a sconfiggere la peste. Tutto torna. Stupendo, lui parlava e agiva molto per simboli e questa scelta ha un effetto importantissimo. Sarebbe stato un buon Papa? S. E adesso, guardando che cosa succede a Roma, mi chiedo che cos il Vaticano, questi momenti brutti ricordano un passato che si pensava cancellato, grandi riferimenti etici nelle parole ma non nei fatti. E quella intromissione nelle vicende dello Stato... Certo, Martini non sarebbe stato sulle posizioni di Bagnasco.

Martini prima e dopo...


I) Lettera del Presidente di Comunione e Liberazione don Julin Carrn al Nunzio apostolico in Italia Giuseppe Bertello del marzo 2011 don Julin Carrn, Presidente Eccellenza Reverendissima, rispondo alla Sua richiesta permettendomi di offrirLe in tutta franchezza e confidenza, ben consapevole della responsabilit che mi assumo di fronte a Dio e al Santo Padre, alcune considerazioni sullo stato della Chiesa ambrosiana. 1) Il primo dato di rilievo la crisi profonda della fede del popolo di Dio, in particolare di quella tradizione ambrosiana caratterizzata sempre da una profonda unit tra fede e vita e dallannuncio di Cristo tutto per noi (S. Ambrogio) come presenza e risposta ragionevole al dramma dellesistenza umana. Negli ultimi trentanni abbiamo assistito a una rottura di questa tradizione, accettando di diritto e promuovendo di fatto la frattura caratteristica della modernit tra sapere e credere, a scapito della organicit dellesperienza cristiana, ridotta a intimismo e moralismo. 2) Perdura la grave crisi delle vocazioni, affrontata in modo quasi esclusivamente organizzativo. La nascita delle unit pastorali ha prodotto tanto sconcerto e sofferenza in vasta parte del clero e grave disorientamento nei fedeli, che mal si raccapezzano di fronte alla pluralit di figure sacerdotali di riferimento. 3) Il disorientamento nei fedeli aggravato dalla introduzione del nuovo Lezionario, guidato da criteri alquanto discutibili e astrusi, che di fatto rende molto difficile un cammino educativo coerente della Liturgia, contribuendo a spezzare lirrinunciabile unit tra liturgia e fede (lex orandi, lex credendi). E gi si parla della riforma del Messale, uno dei beni pi preziosi della Liturgia ambrosiana 4) Linsegnamento teologico per i futuri chierici e per i laici, sia pur con lodevoli eccezioni, si discosta in molti punti dalla Tradizione e dal Magistero, soprattutto nelle scienze bibliche e nella teologia sistematica. Viene spesso teorizzata una sorta di magistero alternativo a Roma e al Santo Padre, che rischia di diventare ormai una caratteristica consolidata della ambrosianit contemporanea. 5) La presenza dei movimenti tollerata, ma essi vengono sempre considerati pi come un problema che come una risorsa. Prevale ancora una lettura sociologica, stile anni 70, come fossero una chiesa parallela, nonostante i loro membri forniscano, per fare solo un esempio, centinaia e centinaia di catechisti, sostituendosi in molte parrocchie alle forze esauste dellAzione Cattolica. Molte volte le numerose opere educative, sociali, caritative che nascono per responsabilit dei laici vengono guardate con sospetto e bollate come affarismo, anche se non mancano iniziali valorizzazioni di quelli che sono nuovi tentativi di realizzazione pratica dei principi di solidariet e di sussidiariet e che si inseriscono nella secolare tradizione di operosit del cattolicesimo ambrosiano. 6) Dal punto di vista della presenza civile della Chiesa non si pu non rilevare una certa unilateralit di interventi sulla giustizia sociale, a scapito di altri temi fondamentali della Dottrina sociale, e un certo sottile ma sistematico neocollateralismo, soprattutto della Curia, verso una sola parte politica (il centrosinistra) trascurando, se non avversando, i tentativi di cattolici impegnati in politica, anche con altissime responsabilit nel governo locale, in altri schieramenti. Questa unilateralit di fatto, anche se ben dissimulata dietro a una teorica (e in s doverosa) apoliticit, finisce per rendere poco incisivo il contributo educativo della Chiesa ai bene comune, allunit del popolo e alla convivenza pacifica, fatto ancora pi grave in una citt, in una Regione (la Lombardia) e in una parte dItalia (il Nord) in cui pi forti sono le spinte isolazioniste e ormai drammatici e quotidiani i conflitti tra poteri dello Stato. 7) Per quanto riguarda la presenza nel mondo della cultura, cos importante per una citt come Milano, va rilevato che un malinteso senso del dialogo spesso si risolve in una autoriduzione della originalit del cristianesimo, o sconfina in posizioni relativistiche o problematicistiche che, senza rappresentare un reale contributo di novit nel dibattito pubblico, finiscono col deprimere un confronto reale con altre concezioni e confermare una sostanziale Irrilevanza di giudizio della Chiesa rispetto alla mentalit dominante. N va trascurata la peculiarit della presenza a Milano dellUniversit Cattolica che, nonostante il prodigarsi ammirevole dellattuale Rettore e dellAssistente Ecclesiastico, attraversa una crisi di identit

cosi grave da fare temere in tempi brevi un sostanziale e irreversibile distacco dalla impostazione originale. Nel rispetto delle prerogative della Santa Sede e della Conferenza Episcopale, non appare irrilevante il contributo che un nuovo Presule, per la sua preparazione e sensibilit, potrebbe offrire a favore di una pi precisa linea culturale e educativa dellAteneo di tutti i cattolici italiani. Mi permetto infine di rilevare, per tutte queste ragioni, pur sommariamente delineate, lesigenza e lurgenza di una scelta di discontinuit significativa rispetto alla impostazione degli ultimi trentanni, considerato il peso e linfluenza che lArcidiocesi di Milano ha in tutta la Lombardia, in Italia e nel mondo. Attendiamo un Pastore che sappia rinsaldare i legami con Roma e con Pietro, annunciare con coraggio e fascino esistenziale la gioia di essere cristiani, essere Pastore di tutto il gregge e non di una parte soltanto. Occorre una personalit con profondit spirituale, ferma e cristallina fede, grande prudenza e carit, e con una preparazione culturale in grado di dialogare efficacemente con la variet delle componenti ecclesiali e civili, fermo sullessenziale e coraggioso e aperto di fronte alle numerose sfide della postmodernit. Per la gravit della situazione non mi sembra che si possa puntare su di una personalit di secondo piano o su di un cosiddetto outsider, che inevitabilmente finirebbe, per inesperienza, soffocato nei meccanismi consolidati della Curia locale. Occorre una personalit di grande profilo di fede, di esperienza umana e di governo, in grado di inaugurare realmente e decisamente un nuovo corso. Per queste ragioni lunica candidatura che mi sento in coscienza di presentare allattenzione del Santo Padre quella dellattuale Patriarca di Venezia, Card. Angelo SCOLA. Tengo a precisare che con questa indicazione non intendo privilegiare il legame di amicizia e la vicinanza del Patriarca al movimento di Comunione e Liberazione, ma sottolineare il profilo di una personalit di grande prestigio e esperienza che, in situazioni di governo assai delicate, ha mostrato fermezza e chiarezza di fede, energia nellazione pastorale, grande apertura alla societ civile e soprattutto uno sguardo veramente paterno e valorizzatore di tutte le componenti e di tutte le esperienze ecclesiali. Inoltre let relativamente avanzata (70 anni nel 2011) del Patriarca rappresenta nella situazione attuale non un handicap, ma un vantaggio: potr agire per alcuni anni con grande libert, aprendo cos nuove strade che altri proseguiranno. Colgo loccasione per salutarLa con profonda stima.

II) Nel suo cuore di pastore c' sempre stato spazio per noi Julin Carrn Corriere della Sera, 3 settembre 2012 Caro Direttore, la morte del cardinale Martini mi consente di riflettere su alcune parole-chiave della sua vita e sul rapporto con don Giussani e col movimento di Comunione e Liberazione. La mia vuole essere una semplice testimonianza. Ecumenismo. La sua capacit di entrare in rapporto con tutti testimonia la tensione del cardinale a intercettare ogni briciolo di verit che si trova in chiunque incontriamo. Chi ha incontrato Cristo non pu non avere questa passione ecumenica. Mi ha colpito come il cardinale rispondeva a chi gli domandava quale considerava il momento culminante della vita di Ges (il discorso della montagna o lultima cena o la preghiera nellorto degli ulivi): No. Il momento culminante la Resurrezione, quando scoperchia il suo sepolcro e appare a Maria e a Maddalena. la certezza che introduce la resurrezione di Cristo che spalanca lo sguardo del cristiano. Lantico termine oikumene sottolinea che lo sguardo cristiano vibra di un impeto che lo rende capace di esaltare tutto il bene che c in tutto ci che si incontra, come ricordava don Giussani: Lecumenismo non allora una tolleranza generica, ma un amore alla verit che presente, fosse anche per un frammento, in chiunque. Nulla escluso di questo sguardo positivo. Se c un millesimo di verit in una cosa, lo affermo. Solo una tensione cos pu generare una vera pace fra gli uomini, anche questa una preoccupazione costante del cardinale Martini.

Carit come condivisione dei bisogni. Noi dobbiamo fare tesoro di questo desiderio di intercettare il bisogno degli uomini che lArcivescovo incontrava lungo il cammino della vita. La Chiesa non pu essere mai indifferente alle domande e ai bisogni degli uomini. Queste domande, che sono le nostre, sono una sfida per noi credenti, perch solo cos ci rendiamo conto se abbiamo qualcosa nella nostra esperienza da comunicare a chi ci chiede ragione della nostra speranza. Questo il vantaggio del tempo presente per noi credenti: non sufficiente la ripetizione formale delle verit della fede, come ci ricorda continuamente Benedetto XVI. Gli uomini attendono da noi la comunicazione della nostra esperienza, non un discorso astratto, sia pure corretto e pulito. Come ci richiam Paolo VI: la nostra epoca ha bisogno di testimoni, pi che di maestri. Solo il testimone pu essere maestro. Sono sicuro che il cardinale Martini, dal Cielo, ci accompagner a condividere i bisogni degli uomini e a trovare strade per risponderne che siano allaltezza delle loro domande. Quanto al rapporto con CL, don Giussani ci parlava sempre della paternit del cardinale Martini, che aveva abbracciato e accettato nella diocesi di Milano una realt come CL. Nel suo cuore di pastore sempre c stato spazio per noi. Ricordo la gratitudine di don Giussani quando lArcivescovo gli concesse di aprire una cappella in uno dei locali della sede centrale del movimento a Milano, cos da avere il Signore presente sempre. E come larcivescovo Montini, che inizialmente confessava di non capire il metodo di don Giussani ma ne vedeva i frutti, anche il cardinale Martini ci incoraggiava ad andare avanti. Mi commuovono ancora le parole che rivolse a don Giussani nel 1995, durante un incontro di sacerdoti, quando ringrazi il Signore che ha dato a monsignor Giussani questo dono di riesprimere continuamente il nucleo del cristianesimo. Ecco, tu, ogni volta che parli, ritorni sempre a questo nucleo, che lIncarnazione, e - con mille modi diversi - lo riproponi. Per questo ci rincresce e ci addolora se non abbiamo trovato sempre il modo pi adeguato di collaborare alla sua ardua missione e se possiamo aver dato pretesto per interpretazioni equivoche del nostro rapporto con lui, a cominciare da me stesso. Un rapporto che non mai venuto meno allobbedienza al Vescovo a qualunque costo, come ci ha sempre testimoniato don Giussani. Sono sicuro che, insieme a don Giussani, ci accompagner dal Cielo a diventare sempre di pi quello per cui lo Spirito ha suscitato proprio nella Chiesa ambrosiana un carisma come quello di CL. La morte del cardinale Martini e di don Giussani costituiscono un richiamo per tutti noi che, nella variet di sensibilit, abbiamo a cuore la Chiesa ambrosiana. Mi auguro che non ci stanchiamo mai di cercare quella collaborazione che indispensabile - soprattutto oggi - per la missione della Chiesa, cos come ne parlava il Cardinale nel 1991: La novit della cosiddetta nuova evangelizzazione non va cercata in nuove tecniche di annuncio, ma innanzitutto nel ritrovato entusiasmo di sentirsi credenti e nella fiducia dellazione dello Spirito Santo, cos da evangelizzare per contagio da persona a persona. *presidente della Fraternit di CL

Io non sono martiniano, sono cattolico. Cosa possiamo fare per lanima di Carlo Maria Martini
Antonio Socci www.antoniosocci.com, 1 settembre 2012 Vedendo il mare di sperticati elogi ed esaltazioni sbracate del cardinale Martini sui giornali di ieri, mi venuto in mente il discorso della Montagna dove Ges ammon i suoi cos: Guai quando tutti gli uomini diranno bene di voi (Luca 6, 24-26). I veri discepoli di Ges infatti sono segno di contraddizione: Se foste del mondo, il mondo amerebbe ci che suo; poich invece non siete del mondo () il mondo vi odia. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi (Gv 16, 18-20).

Poi Ges indic ai suoi discepoli questa beatitudine: Beati voi quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e vinsulteranno e respingeranno il vostro nome come scellerato, a causa del Figlio delluomo. Rallegratevi in quel giorno ed esultate, perch, ecco, la vostra ricompensa grande nei cieli (Luca 6,20-23). Una cosa certa, Martini sempre stato portato in trionfo sui mass media di tutto il mondo, da decenni, e incensato specialmente su quelli pi anticattolici e pi ostili a Ges Cristo e alla sua Chiesa. Che vorr dire? Obiettate che non dipendeva dalla sua volont? Ma i fatti dicono che Martini ha sempre cercato lapplauso del mondo, ha sempre carezzato il Potere (quello della mentalit dominante) per il verso del pelo, quello delle mode ideologiche dei giornali laicisti, ottenendo applausi ed encomi. E stato un ospite assiduo e onorato dei salotti mediatici fino ai suoi ultimi giorni. O vi risulta che abbia rifiutato lesaltazione strumentale dei media che per anni lo hanno acclamato come lAntipapa, come il contraltare di Giovanni Paolo II e poi di Benedetto XVI? A me non risulta. Eppure avrebbe potuto farlo con parole ferme e chiare come fece don Lorenzo Milani quando la stampa progressista e la sinistra intellettuale e politica diceva: dei nostri. Lui rispondeva indignato: Ma che dei vostri! Io sono un prete e basta!. Quando cercavano di usarlo contro la Chiesa, lui ribatteva a brutto muso: in che cosa la penso come voi? Ma in che cosa?, questa Chiesa quella che possiede i sacramenti. Lassoluzione dei peccati non me la d mica LEspresso. E la comunione e la Messa me la danno loro? Devono rendersi conto che loro non sono nella condizione di poter giudicare e criticare queste cose. Non sono qualificati per dare giudizi. E ancora: Io ci ho messo 22 anni per uscire dalla classe sociale che scrive e legge LEspresso e Il Mondo. Devono snobbarmi, dire che sono ingenuo e demagogo, non onorarmi come uno di loro. Perch di loro non sono, lunica cosa che importa Dio, lunico compito delluomo stare ad adorare Dio, tutto il resto sudiciume. Queste meravigliose parole di don Milani, avremmo voluto ascoltare dal cardinale, ma non le abbiamo mai sentite. Mai. Invece ne abbiamo sentite altre che hanno sconcertato e confuso noi semplici cattolici. Parole in cui egli faceva il controcanto puntuale allinsegnamento dei Papi e della Chiesa. Tanto che ieri Repubblica si potuta permettere di osannarlo cos: non aveva mai condannato leutanasia, dal dialogo con lIslam al s al preservativo. Tutto quello che le mode ideologiche imponevano trovava Martini dialogante e possibilista: non male che due persone, anche omosessuali, abbiano una stabilit e che lo Stato li favorisca, aveva detto. E del tutto legittimo per chiunque professare queste idee. Ma per un cardinale di Santa Romana Chiesa? Non c una contraddizione clamorosa? Cosa imporrebbe la lealt? Quando un cardinale afferma: sarai felice di essere cattolico, e altrettanto felice che laltro sia evangelico o musulmano non proclama lequivalenza di tutte le religioni? Chi ricorda qualche vibrante pronunciamento di Martini che contraddiceva le idee politically correct? O chi ricorda unardente denuncia in difesa dei cristiani perseguitati? Io non li ricordo. Preferiva chiacchierare con Scalfari e sottolinea costui non ha mai fatto nulla per convertirmi. Lo credo. Infatti Scalfari era entusiasta di sentirsi cos assecondato nelle sue fisime filosofiche. Nella seconda lettera a Timoteo, san Paolo ingiungendo al discepolo di predicare la sana dottrina profetizza: Verranno giorni, infatti, in cui non si sopporter pi la sana dottrina, ma, per il prurito di udire qualcosa, gli uomini si circonderanno di maestri secondo le proprie voglie, rifiutando di dare ascolto alla verit, per volgersi alle favole (Tm 4, 3-4).

Nella sua ultima intervista, critica con la Chiesa, Martini si chiesto dove sono uomini che ardono, persone che hanno fede come il centurione, entusiaste come Giovanni Battista, che osano il nuovo come Paolo, che sono fedeli come Maria di Magdala?. Evidentemente non ne vede fra i suoi adepti, ma nella Chiesa ce ne sono tantissimi. Peccato che lui li abbia tanto combattuti, in qualche caso perfino portandoli davanti al suo Tribunale ecclesiastico. S, questa la tolleranza dei tolleranti. Martini ha incredibilmente firmato la prefazione a un libro di Vito Mancuso che scrive Civilt cattolica arriva a negare o perlomeno svuotare di significato circa una dozzina di dogmi della Chiesa cattolica. Ma il cardinale incurante defin questo libro una penetrazione coraggiosa e si augur che venisse letto e meditato da tante persone (del resto Mancuso definisce Martini il mio padre spirituale). Dunque demolire i dogmi della fede non faceva insorgere Martini. Ma quando due giornalisti in difesa della Chiesa hanno criticato certi intellettuali cattoprogressisti, sono stati da Martini convocati davanti alla sua Inquisizione milanese e richiesti di abiura. Che paradosso. Lunico caso, dopo il Concilio, di deferimento di laici cattolici allInquisizione per semplici tesi storiografiche porta la firma del cardinale progressista. Il cardinale del dialogo, come lo hanno chiamato Corriere e Repubblica. I giornali sono ammirati per le sue massime. Devo confessare che io le trovo terribilmente banali . Per esempio: emerge il bisogno di lotta e impegno, senza lasciarci prendere dal disfattismo. Sembra Napolitano. Grazie al cielo nella Chiesa ci sono tanti veri maestri di spiritualit e amore a Cristo. Laltro ritornello dei media sullerudizione biblica di Martini. Senzaltro vera. Ma a volte il buon Dio mostra un certo umorismo. E proprio venerd, il giorno del trapasso di Martini, la liturgia proponeva una Parola di Dio che sembra la demolizione dellerudizione e della Cattedra dei non credenti voluta da Martini, dove pontificavano Cacciari e altri geni simili. Scriveva dunque san Paolo che Cristo lo aveva mandato ad annunciare il Vangelo, non con sapienza di parola, perch non venga resa vana la croce di Cristo. La parola della croce infatti stoltezza per quelli che si perdono, ma per quelli che si salvano, ossia per noi, potenza di Dio. Sta scritto infatti: Distrugger la sapienza dei sapienti e annuller lintelligenza degli intelligenti. Dov il sapiente? Dov il dotto? Dov il sottile ragionatore di questo mondo? Dio non ha forse dimostrato stolta la sapienza del mondo? Poich piaciuto a Dio salvare i credenti con la stoltezza della predicazione Infatti ci che stoltezza di Dio pi sapiente degli uomini, e ci che debolezza di Dio pi forte degli uomini (1Cor 1, 17-25). E il Vangelo era quello delle dieci vergini, dove Ges ribaltando i criteri mondani proclama sagge quelle che hanno conservato la fede fino alla fine e stolte quelle che lhanno perduta. Spero che il cardinale abbia conservato la fede fino alla fine. Le esaltazioni di Scalfari, Dario Fo, Il Manifesto, Cacciari gli sono inutili davanti al Giudice delluniverso (se non saranno aggravanti). Io, come insegna la Chiesa, far dire delle messe e prender lindulgenza perch il Signore abbia misericordia di lui. E la sola piet di cui tutti noi peccatori abbiamo veramente bisogno. E il vero amore. Tutto il resto vanit.

La fede e il dubbio
Eugenio Scalfari Repubblica, 1 settembre 2012 Oso pensare che sia stato un momento sereno o addirittura felice quello di Carlo Maria Martini quando ha deciso di essere staccato dalle macchine che ancora lo tenevano in vita e consentirgli di entrare nel cielo delle beatitudini, se Dio vorr. Ne abbiamo parlato spesso nei nostri incontri. Lui diceva che la sua fede era salda ma si confrontava ogni giorno con i dubbi. Non sulla fede ma sul modo di usarla, di farla vivere con gli altri e per gli altri. La fede - cos diceva - al tempo stesso contemplazione e azione, ma sono due movimenti dell'anima intimamente collegati. La contemplazione solitaria, l'azione solidale e pastorale. Io, da tutt'altro punto di vista, obiettavo che il dubbio sull'azione finisce per coinvolgere la fede nella sua interezza. Lui, quando gli feci quest'osservazione, rispose che infatti ogni giorno chi ha fede deve riconquistarla; questo il compito del cristiano e in particolare del vescovo, successore degli apostoli: mettere la sua fede al servizio degli altri, quindi metterla in gioco e insieme agli altri, insieme alle pecore smarrite, riconquistarla. Un giorno gli domandai quale fosse per lui il momento culminante della vita di Ges: il discorso della montagna, oppure l'ultima cena o la preghiera nell'orto del Getsemani o l'interrogatorio dinanzi a Pilato o le "stazioni" della Passione o infine la crocifissione e la morte. "No - rispose - il momento culminante la Resurrezione, quando scoperchia il suo sepolcro e appare a Maria e a Maddalena. E poi, trasfigurato, agli apostoli ai quali affida il compito di andare e predicare". Martini andato e ha predicato; si confrontato, ha privilegiato i giovani preti e i laici pi lontani ed ha considerato la morte come l'attimo in cui si varca la porta che conduce alla contemplazione eterna nella luce del Signore. L'anima abbandona il corpo dov'era rinserrata, ha fatto l'esperienza dei peccati, si misurata con le tentazioni, ha pregato per gli altri in attesa di quel momento supremo. Per questo oso pensare che decidere di andare in pace sia stato l'attimo felice della sua vita. Io non ho la fede nell'oltremondo e non la cerco. Lui lo sapeva e non ha mai fatto nulla per convertirmi. Non era questa la sua pastoralit, almeno con me. Voleva offrirmi la sua esperienza e forse utilizzare la mia. Ma quale esperienza? Non certo quella del mondo ma quella dell'anima, degli istinti, dei sentimenti, dei pensieri. L'ultima volta che ci siamo incontrati, lo scorso inverno, gli portai il mio ultimo libro intitolato a Eros che non certo una divinit cristiana. Lui non parlava gi pi, sussurrava e il suo assistente don Damiano leggeva il moto delle sue labbra e lo traduceva. Ma dopo aver rigirato tra le mani tremanti il libro, mi chiese (e don Damiano tradusse) se il protagonista del libro fosse l'amore e io risposi che s, era un libro sull'amore e soprattutto l'amore per gli altri. E lui fece s con la testa, per dire che gradiva il dono. L'amore per gli altri il modo che Ges indic come il solo che conduce a Dio, la "caritas" l'"agape". Quello il compito della Chiesa apostolica: la "caritas" per arrivare a Dio attraverso il figlio che si fatto uomo. Quando ci lasciammo lui mi sussurr nell'orecchio: "Pregher per lei" e io risposi: io la penser. E lui sussurr ancora: "Eguale". Oggi penso molto a lui. Lui, nell'immagine di quell'attimo finale, ha certo pensato che stava varcando la porta della vita eterna. E io penso che lui l'abbia pensato e questo mi consola della sua perdita.

L'uomo che poteva conquistare il papato


Luigi Accattoli Corriere della Sera | 01.09.2012 Il cardinale Martini stato un vero candidato al papato nella seconda met degli anni 80 e nei primi anni 90 ma non lo era pi nell'unico conclave al quale ha partecipato, che stato quello del 2005 che ha eletto il cardinale Ratzinger. Ebbe tuttavia un ruolo di primo piano in quel conclave e soprattutto nel pre conclave, un ruolo di consigliere che fu secondo solo a quello dominante del cardinale decano che ne usc eletto. La data chiave per la parte svolta da Martini in quel conclave quella di luned 11 aprile: siamo a met della sede vacante, Wojtyla morto il 2 aprile e Ratzinger sar eletto il 19 aprile. Quel luned i cardinali riuniti nella Congregazione generale iniziano a discutere la situazione della Chiesa e continueranno a farlo per tutta la settimana. Il cardinale decano invita i confratelli a indicare le priorit di cui tener conto nella scelta del nuovo Papa e dice che sono aperte le iscrizioni a parlare. Martini il primo a prendere la parola. Indica due livelli di attenzione: uno generale, dove colloca l'opera di evangelizzazione, l'ecumenismo, i poveri e la pace; l'altro di questioni particolari, accennando alla collegialit da sviluppare a tutti i livelli della Chiesa, alla bioetica, alla famiglia, alla sessualit. Martini parla per il tempo che ha a disposizione cinque minuti e poi si siede. Nessun altro ha chiesto ancora la parola e il decano dice: Coraggio, abbiamo ancora del tempo per intervenire ma il Collegio sembra intimorito in questo primo giro di opinioni. Ed ecco Martini che si alza di nuovo e dice avrei ancora da dire. E Ratzinger: Parli ancora, volentieri l'ascoltiamo. Riprende la parola e ottiene ancora un pi fitto silenzio da parte dei 134 cardinali presenti. Precisa che vede come necessario sviluppare la concertazione tra il Papa e i vescovi, realizzando strumenti nuovi di partecipazione al governo della Chiesa. convinto che non bastino gli attuali sinodi. Sostiene che su famiglia, sessualit e simili sia necessario cercare un nuovo linguaggio per parlare all'umanit di oggi e in particolare ai giovani, un'intera generazione dei quali rischia di essere perduta per la Chiesa almeno in Europa. Martini aveva allora settantotto anni appena compiuti, gi tremava per il Parkinson e usava il bastone. Era impensabile che dopo un Papa parkinsoniano ne venisse eletto un altro minato dalla stessa malattia. Ma gi non era pi da diversi anni un vero candidato al papato anche per il cambiamento dei tempi e per la stanchezza delle idee di riforma all'interno della comunit cattolica. Gli anni nei quali il cardinale Martini realmente un possibile Papa quando cio riscuote nel Collegio cardinalizio un consenso vasto e forse preponderante, almeno tra i cardinali del Nord del mondo sono quelli nei quali ricopre la carica di presidente del Consiglio delle Conferenze dei vescovi d'Europa, tra il 1986 e il 1993. la stagione della caduta del Muro e di utopie di pace e di nuova evangelizzazione che calamitano molti ambienti cristiani. Una dozzina di anni pi tardi quelle utopie risulteranno indebolite dalla caduta delle statistiche sulla pratica religiosa, dal rinnovato conflitto tra le religioni e dalla disaffezione dei giovani verso le Chiese storiche. In questo nuovo clima Martini pu svolgere soltanto il ruolo di consigliere e lo svolger, in conclave e dopo, per incoraggiare i propri sostenitori ad accogliere con sincero apprezzamento l'elezione del Papa teologo e a sostenerne l'azione purificatrice, aiutandolo per questa via a tener conto in qualche modo di quell'agenda riformatrice che aveva esposto nel pre conclave. Ratzinger e Martini hanno svolto in parallelo un ruolo di primo piano lungo l'intero pontificato del Papa polacco. Un ruolo diverso ma anche amico e bilanciato, segnalato in pi occasioni da Giovanni Paolo II che per il 25 di pontificato nel 2003 regal ai cardinali convenuti a Roma a festeggiarlo un volume biblico del cardinale Martini che aveva la prefazione del cardinale Ratzinger.

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