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TEOLOGIA NATURALE Il nostro corso sar concentrato: terminer il 27 novembre e le date degli esami : Marted, 3 dicembre (9-12;16-18); 4 dicembre;

5 dicembre; 6 dicembre. Dare i nominativi a Iolanda entro il 12 novembre. Il tema di questo corso il MALE: contestabile che il male fa parte del paesaggio naturale della nostra storia: per tv, per radio, ovunque si sente che il male agisce, colpisce: il male una realt!!! Se la nostra coscienza incontra il problema del male, non possibile ricercare il senso della nostra esistenza senza integrare il problema del male, la realt del male! Comprenderemo il senso della nostra esistenza se prenderemo sul serio il problema del male: come viverlo, come affrontarlo? Limpostazione del corso: quale sar la nostra posizione e il nostro approccio circa il problema del male, quali su di esso le nostre presupposizioni? Circa il male, come qualsiasi tema, non possiamo pensare ad un pensiero assoluto (che non esiste!), ma un pensiero incarnato, suscitato nel e dal concreto! Gli obiettivi del nostro corso: - Sforzo di distinguere fra due nozioni: finitudine e colpevolezza (vi sono sistemi filosofici che hanno identificato le due nozioni, ed altre che le hanno distinte: tale distinzione quale ragione ha seguito?) - Il male ha un accesso concreto alla trascendenza: il male suscita in noi il sentimento di disperazione: tutto questo ha un senso, o subiamo passivamente e rassegnatamente il male? C o no uno spiraglio, una apertura verso la luce della speranza? Il vero problema della nostra esistenza non l essere o non essere di Schekspeare, bens sperare o non sperare: sperando io non nego il male, ma vivo nonostante il male, posso ancora comminare! DISTINZIONE FRA FINITUDINE E COLPEVOLEZZA Alcuni filosofi hanno identificato queste due nozioni e in doppio modo, creando confusione piuttosto che identificazione: il primo modo si vede in KARL JASPER, con il suo tentativo di ridurre il mkale, la colpevolezza alla finitudine, stabilendo tra colpevolezza e finitudine una relazione di causalit (sono colpevole perch sono finito).;
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la seconda via quella presa da John Nabert, nel suo saggio sul male, il quale identifica la colpevolezza con la finitudine: essere colpevole identico ad essere finito. . Karl Jaspers La colpevolezza ridotta a finitudine: come lo fa? Per Jaspers lessere umano si caratterizza essenzialmente dalla sproporzionalit, ossia dalla inadeguatezza tra s e s: non siamo completi tutto in una volta! La nostra esistenza sempre incompiuta, in via di compiutezza, ma comunque sempre incompiuta! Siccome dobbiamo cercare ci che pu completare la nostra esistenza, lo facciamo tramite una decisione fra molteplici possibilit che si offrono e tra queste possibilit dobbiamo sceglierne una, non possiamo sceglierne tre tutte in una volta: ecco la nostra sofferenza, lincapacit di avere tutto in una volta! Scegliere una possibilit significa sacrificare tutte le altre! Ci interpretato da Jaspers come una colpevolezza storica: la nostra finitezza causa di una esistenza mancante, incompleta. La finitudine causa (relazione di causalit tra colpevolezza e finitudine). . John Nabers un Kantiano: difatti il suo pensiero sul male, segue la linea del male radicale di Kant. Il male definito tramite un atto: la scelta, la decisione, una scelta secondo un rapporto di articolazione tra la legge e il desiderio. La nostra volo9nt sempre una volont che agisce motivata dalla legge: per Nabers questa la causalit pura, ossia loriginalit. Ma la nostra volont non agisce sempre secondo la mediazione della legge, ma c sempre in noi una resistenza alla legge, qualcosa che ci impedisce di seguire la legge e ci fa preferire di seguire il particolare del nostro desiderio ed abbandonare luniversale della legge morale: al bene comune anteponiamo il nostro bene personale, i nostri interessi! Ci perverte il rapporto tra legge e desiderio, inverte tale rapporto, che poi ci porta a fare il male e non seguire il bene. C un atto originario che la causa di tutte le scelte cattive: le scelte cattive sono basate su di una scelta fondamentale sbagliata: una causalit impura che ha fatto di me un io impuro.

Che cosa caratterizza questo io impuro? Lio impuro si caratterizza per la rottura con luniversale, con la causalit pura: diventato un io particolare, singolare. Luniversale stabilisce la comunione di tutte le coscienze: staccandosi dalluniversale, lio si sottrae dalla comunione con gli altri, piombando in una situazione di scissione e di isolamento. Il costituire un io scisso, costituisce la colpevolezza! Dunque c identificazione tra finitudine e colpevolezza: latto colpevole quello che ci costituisce come essere particolari e singolari! Ci troviamo davanti ad un compito nel dover distinguere questi due oggetti: vero che la filosofia di entrambi, sia di Jaspers e di Nabert, come quella esistenzialista di Camus, hanno avuto il merito di aver evidenziato il carattere drammatico del male, ma il pericolo e di pensare al male al di la della nostra ontologia, della nostra essenzialit. In tal modo c un invito alla disperazione, una negazione del nostro desiderio, quasi il considerare il nostro desiderio come fosse una illusione: una illusione che, nonostante tutto, sentiamo, un desiderio di speranza, di salvezza, di felicit Inoltre se noi lasciamo fuori dalla nostra riflessione il grido, il desiderio, di essere liberati e di liberare, allora il nostro atto di accusa di noi e degli altri ingiustificato: non posso accusare il cane di aver morso qualcuno! Il peccato, il male, fa parte di noi: accusa o pena non avrebbero senso se noi non avessimo la giusta considerazione del male; la pena equivarrebbe a vendetta! E Il desiderio di giustificazione che ci fa scoprire il carattere irremissibile di una colpa, e che ci fa scoprire che il male che io ho fatto ingiustificabile (non nel senso di cercare un motivo, una ragione, ma nel senso che non pu essere assolto[ad esempio: io accolgo nella mia casa un bambino a cui ho sterminato la famiglia: sar generoso nei suoi confronti, ma la mia generosit non potr mai cancellare il trauma che gli ho provocato!!!]). Partendo da Karl Jaspers e John Nabers, ci sono due caratteri del male che si trovano nella filosofia esistenzialista: il male come assurdo e tragico, ingiustificabile (vedremo perch non si pu giustificare). In tal senso il male pu oscurare la responsabilit umana che noi esprimiamo nellatto di accusare, attraverso il quale cerchiamo di ordinare la societ, costigando il malvagio. Se latto di accusare preso sul serio, possibile comprendere la giustificazione, prendendo un fine, ossia la possibilit in noi di porre fine al male!
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Si pu riconoscere al male un certo senso, una certa direzione, conduce aun fine! Che ruolo ha il male nella nostra storia? Proviamo ammettere insieme i vari elementi: - Il desiderio del senso possa conoscere orientato, avere un fine, collocando il male in una realt sensata. La filosofia ha provato a mettere tutti gli elementi concernenti il male secondo due pensieri: il pensiero riflessivo e pensiero speculativo. possibile dare senso al male? O si pu esplorare un altra via? PENSIERO RIFLESSIVO Come fa il pensiero riflessivo? In tal pensiero l io considerato come origine del pensare, dellagire, del vivere. La filosofia riflessiva sviluppa una visione ETICA, cio una visione che cerca di capire qualcosa a partire dal soggetto, dalla sua libert (condizione costitutiva delluomo), dalla sua responsabilit: il male considerato come OPERA, come qualcosa che si fa, che si opera! 1) Il male viene compreso nella dimensione della libert delluomo. 2) Non solo si comprende il male attraverso la libert, ma anche la libert attraverso il male: la libert il potere di, di fare, di agire. Ma attraverso il male, io capisco la mia libert nellatto di scegliere tra molteplici possibilit: facendo il male, io avevo la possibilit di intravedere anche il bene! La via giusta era quella di fare il bene, ma ho fatto il male (la mia scelta ha deviato la via da seguire). Dunque c una relazione mutua tra libert e male. 3) C anche la possibilit di ridurre il male ad essere TOTALMENTE opera deluomo (vedi il pelagianesimo): ci che ho fatto, posso anche disfarlo! Ci rimanda ad un concetto di LIBERT ASSOLUTA!!! Ma la posizione della libert assoluta incontra una difficolt: nel male che si fa, spesso ci si domanda come mai lo si fatto! Verso il male, proviamo meraviglia, orrore: dunque il male va al di l del mio atto! KANT: Kant ha avuto un vantaggio di avere elaborato un quadro concettuale nel quale ha potuto pensare al tema del male, oltre che della volont umana: tale quadro costituito dalla: - Volont (Will), libero arbitrio (Willkur), Massima (Maxim - la ragione) Luomo essere ragionevole, razionale, e finito, in quanto costituito da ragione e sensibilit. Se fossimo puramente razionali, non ci sarebbero problemi; ma siamo essere sensibili. Vi sono motivi che provengono dalla ragione, e motivi che
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provengono dalla sensibilit, motivi che ci inducono a decidere, scegliere. Tale scelta non consiste nello scegliere o la ragione o la sensibilit, ma a rapportare, articolare, orinare i motivi della ragione con quelli della sensibilit: quale preferire, quali dare priorit? La massima mi porta ad anteporre i motivi della ragione a quelli della sensibilit (rapporto giusto); ma pu anche capitare che il desiderio sovrasti la ragione, suscitando un rapporto sbagliato, e dunque il male: in Kant il male atto umano, una posizione suscitata dallanteporre il desiderio alla ragione! Cosa mi spinge a fare una scelta cattiva? C un motivo fondamentale: il fondamento soggettivo della malvagit, una inclinazione, una propensione al male. Questa tendenza viene detto MALE RADICALE, ossia quel male che alla base di tutte le scelte cattive nella storia. Quando Kant arriva a pensare il male radicale, allora il pensiero comincia ad oscurarsi: alla radice delle nostre scelte cattive c questo male, allora la sua riflessione comincia ad essere oscurata: la natura del male radicale consiste nel rapporto tra desiderio e ragione, un rapporto che si esprime attraverso un atto intelligibile (pensiero), che trova conferma nellesperienza (il male lo si pensa e trova conferma nellesperienza). qua lorigine: come mai abbiamo potuto scegliere questa origine? inscrutabile pensare al quando. Kant arriva a pensare alla possibilit di questa inscrutabilit ricorrendo al mito dello spirito: ma vi rinuncia subito! Linscrutabilit non deve mai cancellare che il male un atto nostro, anche se intelligibile, rimane nostro! La libert e la responsabilit qualcosa di innegabile: siamo responsabili del male, anche se la sua origine il male radicale; in altre parole linscrutabilit del male radicale non pu intaccare minimamente la nostra responsabilit del male stesso! Il male non pu essere contenuto interamente nella sfera della responsabilit: una realt sfuggente, la sua comprensione non si esaurisce completamente nella sfera della responsabilit! PENSIERO SPECULATIVO 2 INCONTRO (15-10-2013) 1) Nelluomo forte il desiderio di essere liberato dal male (desiderio di giustificazione): tale desiderio non pu rendersi conto della fatalit dellassurdo.
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2) un fatto che la nostra lamentazione da un lato una protesta e dallaltro unaccusa, ossia la ricerca e la possibile affermazione di una qualche responsabilit. 3) LINGIUSTIFICABILE ha la sua origine nel desiderio di giustificazione: trovo un atto che ritengo ingiustificabile quando riconosco di esserne responsabile e non posso in alcun modo cancellarlo! Nellatto di giustificazione sono necessariamente chiamato ad uscire dalla confusione tra finitudine e colpevolezza. Accetto questo desiderio di giustificazione in quanto accetto lidea di fine: un giorno il male finir (parliamo di orientamento: il male va verso il\la sua fine). Dove c una direzione, c un SENSO, un significato pi o meno conosciuto: possiamo sapere cos il male! Se accetto che il male ha un fine, un orientamento, accetto che esso ha anche un senso, un significato: vero, luomo in qualche modo responsabile, eppure circa il male c una qualche assurdit: ma il male NON UN ASSURDO ASSOLUTO!!! Ritorniamo alle nostre 2 vie: il pensiero riflessivo e quello speculativo. Il PENSIERO RIFLESSIVO ha cercato di dare senso al male, evidenziando la RESPONSABILT UMANA, la funzione dell io, del soggetto (io sono origine, mezzo e fine dei miei atti); in tal senso il male un FACTUM, unopera umana, il frutto della scelta delluomo per il male (CONTINGENZA DEL MALE). La stessa libert il potere dei contrari (fare o non fare il male), il potere della scelta. In Kant abbiamo visto come le scelte cattive hanno una comune radice nel MALE RADICALE che da un lato ha una natura intelligibile ( perversione della massima: antepongo il desiderio alla legge), dallaltro imperscrutabile (circa la sua origine primordiale): il male si fa capire come opera delluomo, ma preso in s, come straripamento della responsabilit umana, il male rimane un ENIGMA. Il disaccordo tra opera umana e imperscrutabilit circa il male, ha condotto il pensiero a cercare il suo senso percorrendo la via speculativa. Il PENSIERO SPECULATIVO evidenzia, invece, laspetto del male come la STRARIPAMENTO, landare oltre la responsabilit delluomo, una responsabilit che, tuttavia, non viene negata. Il pensiero speculativo va oltre la contingenza del male e indagando sul carattere imperscrutabile del male, ne ammette lINEVITABILIT e la NECESSARIET.
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Si cerca di conciliare, dunque, contingenza e necessit del male, nella logica della TOTALIT: lo stesso Kant ammetteva che per quanto il male sia opera delluomo, tuttavia c qualcosa che va oltre la responsabilit umana. Nella logica della totalit si cercato di cogliere il senso del male: vedremo come il pensiero speculativo giunger a SOPPIANTARE IL CARATTERE CONTINGENTE del male e a sottolineare esclusivamente il suo carattere di NECESSIT! Come il bene, anche il male un momento necessario della totalit, la quale cerca, orientata verso un ORDINE: nella realizzazione di questordine, il MALE HA UN RUOLO POSITIVO; quando si comprender che lordine della Totalit raggiunger il suo ordine nel bene, solo allora il male avr fine! Circa il tema della totalit abbiamo due tipi di approcci: dialettico e non dialettico. TOTALIT NON DIALETTICA: una totalit che non in divenire, ma che presente: in tale visione il male unILLUSIONE, non esiste, dato che tutto ci che esiste bene, se noi scopriamo la sua relazione con il Tutto. Il male sarebbe illusione, frutto della nostra IGNORANZA, oppure proveniente o dal mio desiderio o dalla paura individuale (n speranza n paura sarebbe il modo per smascherare tale illusione). In tale approccio rientra il pensiero di PLOTINO e SPINOZA: la salvezza avviene tramite la conoscenza, ne3lla dimensione della PROVVIDENZA e del PRE-NOUS: c un LOGOS, le cose non sono casuali, ma c una mente che ha previsto tutto: ANCHE IL MALE Pu CONCORRERE AL BENE! PLOTINO, nelle Enneadi afferma che c una realt intelligente, il Nous, che ha disposto tutto: il male un mezzo per conseguire il bene, sempre che entriamo nella disposizione pensata da questo Nous! Ci non significa che Plotino ha completamente dimenticato il carattere contingente del male. Per giustificare il male nellanima umana, Plotino parla di DECLINAZIONE, ossia una de-viazione dellanima, che lascia la sua via normale, ordinata nel\dal Nous, per cedere alla SEDUZIONE DELLA SUA STESSA IMMAGINE (seduzione narcisistica): lanima ha visto il riflettersi della sua immagine e si lasciata trascinare! In tal senso possibile ravvisare la responsabilit dellanima: abbandonando il suo orientamento verso lUNO, ha preferito, ha scelto la via del materiale.

Tuttavia tale declinazione viene spiegata nalla NECESSARIA PROCESSIONE, che ha trascinato lanima dallUNO al MATERIALE (spiegazione di Spinoza): tale processione era INEVITABILE! SPINOZA: nellassioma al libro IV dell Etica dice: accanto ad ogni realt c unaltra realt pi potente, la quale ha potere di annientare (la realt pi grande potrebbe eliminare quella pi piccola). Spinoza riconosce lannientamento di una realt con un atto che potrebbe, non necessariamente, realizzarsi o meno. Ma il CONATUS elimina la possibilit della scelta TOTALIT DIALETTICA: il pensiero di HEGEL, il quale considera il Tutto in divenire: esso non compiuto allinizio, ma si compie alla fine. Il processo del divenire tramite la conciliazione degli opposti fa si che il male trova il suo opposto nella scelta: il Tutto sceglie di divenire, inizialmente in maniera chenotica (di abbassamento), aprendosi a tutte le possibilit, aprendosi al divenire per realizzarsi (scelta primordiale). Tale scelta primordiale viene operata in una categoria fondamentale che Hegel chiama NEGATIVIT, ossia un andamento, un processo che avviene tramite la negazione di unopposizione. POSSIBILIT SCELTA EFFETTIVIT (di una possibilit tra le tante). Tuttavia leffettivit di una possibilit non abolisce le altre, che attendono la loro effettivit. Dunque la negativit il MOTORE DELLA STORIA, del progresso: il male, entrando nel sistema dialettico, passa da contingente a necessit. In ogni modo anche la filosofia dialettica, come quella non dialettica, non riuscita a dare senso al male, non riuscendo in definitiva a comprendere i due aspetti che cercano di conciliarsi: contingenza e necessit. C una scommessa! Cercando di comprendere lorigine del male (contingenza, atto umano, anche se straripamento della responsabilit), nel desiderio di giustificazione SPERIAMO anche che il male abbia fine: INIZIO STORIA C una storia che possa dare senso al male? Una storia sensata che tenga conto della contingenza e che non neghi la necessit del male e che, FINE

inoltre, trovi la chiave che dica COMPATIBILIT tra necessit e contingenza? La storia qualcosa di fatto: la storia una realt esistente, che non si inventa, nella quale noi viviamo, siamo collocati e che mi permette di dare senso. Storia o storie? Si sceglie una, dato che ve ne sono tante, alla luce della quale poter interpretarla. Si sceglie, ad esempio, la storia di Ges Cristo, il quale parla di remissione dei peccati: la scommessa : possiamo trovare compatibilit tra la necessit e la contingenza del male? C una qualche speranza? Tale scelta, fermo restando il carattere contingente del male (responsabilit umana), NON ARBITRARIA: il famoso cogito non ASSOLUTO: abbiamo sempre a che fare con un DATO (non ho scelto quando e dove nascere). Non vediamo perch una tradizione che noi chiamiamo religiosa su debba cancellare!!! Se una tradizione ci aiuta a realizzarci (cogito), a cogliere il senso di tutto, non vediamo perch non dovremmo accettarla! La REMISSIONE DEI PECCATI, attuata da Cristo, ci abilita alla INTELLIGENZA DELLA SPERANZA, trovando cos un modo per impostare la mia esistenza! Questa scelta non solo si giustifica per il fatto che siamo situati (storicit), ma che c anche una PROMESSA: possiamo trovare una soluzione al problema ontologico che ci poniamo, ossia: pu aiutarci a DECIDERE DELLA BONT DELLESSERE, e dunque permetterci di prendere una decisione esistenziale, ossia CONSENTIRE O RIFIUTARE LESSERE? La scelta del consentire o meno deve essere una scelta GIUSTIFICATA: in questo senso che il male PREPARA UN ACCESSO CONCRETO ALLA TRASCENDENZA (solo riconoscendo al male una funzione ontoogica). 3 lezione (16-10-2013) (integrare appunti sul quaderno) IL MALE E LA LIBERT Quando trattiamo del male, esso ci avvolge completamente, siamo dentro: bisogna entrarvi per poter prendere una DECISIONE! E devo giustificare la mia scelta!
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Partiamo dal linguaggio della confessione: un linguaggio di cui quotidianamente facciamo esperienza. Evitiamo lintrospezione psicologica, non per negare i suoi meriti, perch esso ci riconduce alla nostra infanzia e allo strutturalismo dellinconscio (metodo psicoanalitico) . Ma c anche il rischio che lEs rischia di accettare la soluzione della confusione. Ma nelleducazione che noi tutti abbiamo ricevuto, una educazione che ci porta a poter dominare il nostro ES, dominio che let adulta richiede per realizzare una certa responsabilit: ossia essere capace di rispondere del proprio atto e di rispondere a qualcuno circa quellatto! Si comprende che le persone a cui io mi rivolgo sono persone adulte, ossia capaci di responsabilit. C un linguaggio nella confessione nel quale fiorisce questa colpevolezza adulta, assunta: entro dunque nella dimensione del male attraverso lumano, quale LUOGO DI MANIFESTAZIONE DEL MALE. Ma luomo anche lAUTORE del male, lagente del male! Ma anche VITTIMA del male! Dunque scelto questo linguaggio a causa delluomo quale luogo, autore e vittima: se parto dal linguaggio, significa che c un carattere indiretto per capire il male: cerco di capire cosa sia il male tramite i SIGNIFICATI che sono stati dati al male storicamente. E dicendo questi significati, si cerca di capire cosa una PERSONA CATTIVA (una persona cattiva tale perch ha compiuto unazione cattiva, e tale azione tale perch il male questo): dalla comprensione dellopera si comprende la COSCIENZA CATTIVA! La confessione del male implica il suo collegamento alluomo, quale luogo, possibile autore e vittima del male: attraverso la comprensione degli atti cattivi possibile giungere alla comprensione del soggetto cattivo. La confessione del male possiamo capirla attraverso tre categorie: 1) Il concetto della MACCHIA: con la categoria della macchia, assisteremo ad un fenomeno straordinario: la sveglia delletica, ossia come a partire dallesperienza della macchi si pu giungere ad un comportamento etico; 2) La categoria del PECCATO: metteremo in rilievo il paradosso delletica, che sempre paradossale (ossia quello di una responsabilit straripante); 3) La categoria della COLPA: esploreremo il tema della disperazione delletica (tentativo delletica di liberare luomo dal male, ma da sola non basta!) Da queste categorie si genera:
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4) DESIDERIO DELLA GIUSTIFICAZIONE (quale possibilit di risorgere) E SUE CONDIZIONI. LA SVEGLIA DELLETICA: un prendere coscienza. Listanza della macchia ci introduce in un universo magico, una concezione magica del male: il male quale macchia che proviene da una sostanza esteriore, come qualche di esteriore che aggredisce, infetta ed affetta luomo, sporcandolo! Ma una sostanza che considerata come una forza, ossia una capacit di agire sulla persona umana, quando la persona umana viene ad essere in CONTATTO! Il male, in questa comprensione, diagnosticato indirettamente: si conosce questo male RETROSPETTIVAMENTE, cio si conosce a partire da un malessere fisico o biologico: da questo si comincia a pensare ad una possibilit del male! Se soffro, allora c una CAUSA a questa sofferenza. La causa, normalmente, vista come una TRASGRESSIONE DI UN INTERDETTO (di un tab): ci si riconosce colpevoli oggettivamente, cio se soffro, ho fatto qualcosa di male, anche se la mia volont non coinvolta. Nella diagnostica il MALE FISICO IL SINTOMO DI UN MALE MORALE: ma questa considerazione del male fisico come sintomo, possibile solo tramite una relazione retributiva (chi agisce bene riceve una ricompensa, viceversa chi agisce male riceve la sua ricompensa) tra la sofferenza e latto cattivo o male morale. Il malessere sembra essere una PUNIZIONE ad un atto cattivo oggettivamente: questo nesso di retribuzione permette questa possibilit di diagnosi! Il male morale effettua le sue conseguenze cattive sul colpevole: questo significa che tale forza ha una certa positivit, che esiste, una realt vera, INDIPENDENTEMENTE DELLA MIA VOLONT! Non luomo che da esistenza al male, ma il male antecedente alluomo, una forza il cui contatto ci fa sperimentare immediatamente i suoi effetti negativi. Quando luomo si accusa di un male che ha fatto, si accusa di un male che ha commesso a sua insaputa, che non ha voluto e che non sapeva fosse male: solo dopo prende coscienza di questo, tramite la diagnosi. vero che questa sofferenza lo aiuta ad elevarsi ad una certa imputazione, si dichiara responsabile di essere colpevole, ma si imputa di un male che si manifestato e che lui non ha posto! 3 LEZIONE: Il male e la libert - Il desiderio delletica (il male ci fa salire al livello etico);
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- Il male come macchia (concezione magica, intendendo il male come sostanza, potere esteriore, che ha una forza che colpisce luomo che entyra in contatto con esso; dunque lelemento essenziale il contatto; ma se basta questo contatto, questo male un male di cui non si consci: si consci solo dopo, attraverso una diagnosi, una interpretazione di esso, per risalire dal segno, ossia il malessere dolore - sofferenza, alla causa di tale segno; tale sofferenza compresa come una pena, una punizione: se soffro perch ho fatto il male; la causa del male cercata nel FARE, nellazione: il malessere poggia sul mal-agire). Dalla dimensione fisico-biologica si risale alla dimensione etica. - Da questa diagnosi il mio mal agire riconosciuto come causa del mio malessere, un mal agire che trasgressione, violazione di un interdetto: dunque abbiamo unETICA DELLA OGGETTIVIT DEGLI ATTI CATTIVI (anche se non volevo, mi sono macchiato). Da tutto ci riconosco la mia RESPONSABILIT di imputazione. Il dolore, la sofferenza, il malessere fisico ci fa prendere coscienza di un atto oggettivamente cattivo: c una evocazione del male alletica! Ma se il male diagnosticato, tale diagnosi si fa tramite la MEDIAZIONE DELLA SOCIET, tramite una PAROLA, un CODICE che definisce la parola, che definisce quali sono gli atti cattivi (elenco che se viene trasgredito in uno dei suoi punti, allora ci si riconosce colpevoli). Tale codice ci aiuta a fare un ESAME DI COSCIENZA, che ci pone a confrontarci con tale codice! Riconoscendo questo atto, anche se non volevo, riconosco che questo atto MIO, e nel confessarlo c unaccettazione di tale atto (non basta laccettare di essere responsabili, ma anche la conseguenza di tale atto, ossia la inevitabile sanzione-pena-sofferenza). Ma c anche uno sforzo di mettere un rapporto di GIUSTIFICAZIONE, di proporzionalit, tra latto e la pena (ho fatto questomerito questo!): la pena ha, allora un atto ESPIATORIO circa la colpa: la pena mi fa espiare la colpa! Cosa significa espiazione? Non solo basta il riconoscere la relazione di giustizia tra il delitto e la pena (relazione di proporzionalit), attraverso la presa di coscienza della legge di retribuzione (ci che ho meritato): ma lespiazione implica anche una certa SPARANZA, speranza che la pena alla fine canceller il delitto di cui mi sono macchiato, dando origine ad una RESTAURAZIONE del mio stato precedente di felicit! Quando si arriva alla legge di retribuzione, si vede subito la metafora del tribunale, del giudice, del legislatore (questultimo garantisce lordine
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sociale, dato che il giudice giudica secondo una legge che non da lui: un ordine LEGALE, codificato giuridicamente); ma abbiamo anche la TRADIZIONE, ossia la logica degli antenati, una certa autorit degli antenati, autorit che deriva dal concetto di SACRO, sacralit! Vista la pena, si intravede la possibilit di conseguire un fine, ritornando alla mia condizione originaria, ritornando allordine sacrale: dunque non solo accettazione della pena, ma anche speranza: sopportando questa pena, c una speranza che alla fine essa finir e ritrover la mia vita piena! Ma in tutto ci si insinua anche la dinamica del SOSPETTO: si mette in dubbio la proporzionalit della pena: sar essa giusta? Entra in campo la possibilit dellingiustizia Ma c anche una SEPARAZIONE TRA OGGETTIVIT E SOGGETTIVIT (ho calpestato una tomba: ma io non mi sono accorto, non era nella mia volont: non c intenzione): accetto di essere punito qualora lavessi voluto! Una coscienza che mette in dubbio la proporzionalit della pena per un atto di cui non sono volontariamente responsabile, pu anche ribellarsi dinanzi a tale ordine, a tale sacro, ritenendolo INGIUSTO! - DISSOCIAZIONE TRA OGGETTIVIT E SOGGETTIVIT Entriamo in questo caso nella morale dellintenzione: il male come PECCATO! Dove uno, parlando della sua responsabilit volontaria, dice di aver fatto un atto, quellagente sar autore responsabile del male fatto, autore volontario. In tal senso si mette in evidenza il paradosso di manifestare la grandezza e i limiti della libert, che vuole assumere il male come una propria opera, come una propria concezione (non pi una concezione magica, esterna di esso): siamo capaci di portare tutto il peso del male??? Quando la libert dice lho voluto decisamente, si vede che il tema non pi il CONTATTO, ma c un ATTO, che si esprime come un ALLONTANAMENTO (o deviazione): dunque il peccato questa possibilit, voluta, di prendere la distanza di ci che normalmente si propone come normale. La presa di coscienza ha un contesto che manifesta la motivazione radicale, profonda: abitualmente questo contesto un contesto di RELAZIONE, o di una ALLEANZA: dunque la relazione una
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RELAZIONE PERSONALIZZATA CON, nella quale la categoria dellesistere inteso come un ESISTERE DAVANTI A, davanto a Dio, ai propri genitori, alle istituzioni. Nel contesto dellalleanza, della relazione, c un ideale che mi propongo: un ideale che cerca di curare il legame di appartenenza (familiare, amicale, religiosa, affettiva); quando si ytratta di Dio, secondo la Bibbia, questo sforzo di curare lappartenenza uno sforzo che cerca di rispondere ad una vocazione: la VOCAZIONE DI SANTIT. Quando questo legame con il prossimo, chiediamo sempre di vivere una vita allinsegna della VOCAZIONE DELLA GIUSTIZIA. Il male come peccato mette in evidenza la condizione della libert: se la libert rivendica la totale responsabilit sul male, stima il male come sua propriet: il male un atto di allontanamento. Per capire il male come peccato, bisogna rintracciare il contesto: un contesto di alleanza, dove lindividuo appartiene a, relazionato a: luomo nella rete delle relazioni! Questa relazione di appartenenza implica una dimensione essenziale di DIALOGO, dove laltrto pu dirmi le sue aspettative, aprendomi alla vocazione di giustizia, cercando di rispondere a queste sue aspettative (se uno credente, laltro lAltro col quale ha una vocazione di santit). Dove c la vocazione, sono chiamato a, si aspetta una risposta etica di corrispondenza, unetica che si prefigge come ideale (di santit e di giustizia); tali ideali, pur essendo una meta, si traducono attraverso le prescrizioni legali che indicano un modo di comportarsi che sia santo (dinanzi a Dio) e che sia giusto (dinanzi al prossimo): disposizioni pratiche, codificate socialmente attraverso le norme, attraverso i comportamenti istituzionalizzati! Lideale unESIGENZA con meta ILLIMITATA; invece la prescrizione ha il carattere imperativo e, quindi, LIMITATO. Dunque letica vive sempre in questa tensione tra lesigenza illimitata e i molteplici imperativi limitati: unetica dellalleanza vive sempre questa tensione! TENSIONE: una tensione sempre un rapporto che di conflitto fra almeno due poli, un conflitto che non si pu mai sanare; cio lideale tende sempre ad esprimersi in imperativi per concretizzarsi e per essere efficace nella societ, e la prescrizione cerca sempre di esprimere questa esigenza, anche se non incarner totalmente tale esigenza (la stessa tensione ILLIMITATA, in quanto sempre irrisolta).

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Letica non pu limitarsi ad essere una SEMPLICE OSSERVAZIONE DEGLI IMPERATIVI, che cercano sempre di tradurre questa esigenza infinita di giustizia e di amore, senza poterla mai completamente incarnare. Cosa rivela questa esigenza che attraversa gli imperativi pratici? Rivela alla persona umana che accetta tale tensione che c un io, un centro personale di tutti gli atti singolari, che si esprime in ogni atto singolare, ma non si esaurisce in nessun singolo atto! C un io che non soltanto cerca di esprimersi, ma cerca di realizzarsi nel suo agire, a seconda della sua vocazione (di santit e di giustizia): si cerca di raggiungere questa perfezione anche se saremo come Mos, che ha raggiunto la terra promessa senza mai entrarvi! Letica in riferimento alluomo, mira alla sua realizzazione; attraverso i miei atti io sto cercando di realizzare il mio essere nelletica; gli atti limitati non si limitano a ci che ho fatto, ma vanno nella direzione dellio: lio la sorgente degli atti: in etica non ci si ferma mai al solo atto!!! Anche se questi atti sono necessari, sono sempre attraversati dallesigenza della mia vocazione, e questo spazio spirituale, nel quale bisogna capire il male come peccato. Il male come peccato, come mal agire, vive e manifesta questa tensione: attraverso la confessione della trasgressione (di una norma di comportamento), nella misura di ci che era stato trasgredito, era visto come espressione di esigenza di giustizia: ovvio che il peccato una LESIONE DI UN RAPPORTO GIUSTO (verso qualcuno), e dunque un RIFIUTO della vocazione, di ci a cui io sono chiamato, e dunque manifesta il fatto che letica sempre uno SFORZO DI RIALZARMI nella mia vocazione, dato che il peccato mi ha allontanato da essa, portando l io a ribellarsi alla sua vocazione. C dunque un io che non realizzandosi (contro la sua vo cazione), diventa INDISPONIBILE verso la sua stessa vocazione: una indisponibilit che intacca il suo essere. Un peccato sempre un atto che si pu definire a-normale, che rivela sempre un atteggiamento dell io che rifiuta la sua vocazione data nel contesto di alleanza, di relazione. Non solo c un atteggiamento di indisponibilit: esso diventa un modo di vivere esistenziale, un modo che orienta la libert, e tutti gli atti di trasgressione sono considerati come atti che provengono da questo modo esistenziale: ecco perch Kant parla di MALE RADICALE! Questo atteggiamento diventa un modo di vivere, che intacca, aderisce alla libert, ma al contempo opera della decisione della libert stessa!!! ..
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E questa ribellione riferita ad una intenzione cattiva: non voglio pi bene laltro (e, in verit, neanche me stesso), a tal punto da desiderare di sopprimerlo. Questa tensione mi porta a prendere una iniziativa di OPPOSIZIONE. 3 LEZIONE IL MALE COME PECCATO Abbiamo cercato di restituire il contesto sociale e spiritulane nel quale il peccato succede: tale contesto lappartenenza allalleanza (con Dio, col prossimo, con la natura). In questo contesto c un ambiente che chiede una fiducia, una adesio ne, unaccoglienza delluno e dellaltro, e in questa accoglienza c sempre una esigenza di fedelt legata alla persona che ti sollecita (se questa persona dio, parliamo di esigenza di santit, se invece il prossimo esigenza/vocazione di giustizia). Questa relazione cerca di definirsi concretamente mediante gli atti singolari: imperativi che sono sempre determinati, limitati, in quanto hanno per oggetto un atto singolare in rispondenza ad una esigenza illimitata. C unetica che vive una tensione, circa la discordanza tra due poli: esigenza illimitata e imperativi limitati; ma al contempo si manifesta lio, che chiamato ad una realizzazione integrale della sua persona secondo la sua vocazione, tramite unagire! Tale realizzazione avviene attraverso lagire, ma non si esaurisce mai in un atto singolare: una meta ideale! Lio come meta, lio come focolare che trascende lio storico. Se situiamo il peccato in tale contesto, vediamo che il peccato lesperienza di una trasgressione ad un imperativo finito, quale espressione di unesigenza infinita; ma il peccato non soltanto una trasgressione, ma induce, attraverso la trasgressione, a vedere il suo orizzonte (non ascoltare lAltrui, non camminare con Lui, rottura dellalleanza): il peccato considerato come una non-fede e si organizza attorno ad una rotura, una offesa, una lesione di una relazione. Non godendo pi di questa relazione, luomo prende le distanze, vive il suo scarto, si allontana. vero: si parte prima da una constatazione: la trasgressione di un comandamento; attraverso questa trasgressione, si vede una motivazione profonda: rifiutare la propria vocazione e dire s alla rottura, lintenzione di opporsi, di ribellarsi (radice di ogni peccato). Dunque una intenzione cattiva, la volont di non avere pi relazione con
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In tale situazione laltro un alieno, straniero, viviamo la nostra esperienza esistenziale di alienazione (non ho pi niente a che fare con lui); ma anche io divento straniero, estraneo al mondo dellaltro! Non c pi dialogo, si va fuori dal terreno della comunicazione, che mi porta ad un suolo originario, ontologico: sono come sradicato, nel tentativo di iniziare la mia vita altrove! Con lesperienza del peccato si accede veramente alla coscienza etica, cio affermare chiaramente e interamente la responsabilit della persona peccatrice, che si riconosce come autore di tale situazione, anteriormente di qualsiasi atto che potrei fare. Ma siccome la persona che si dichiara di essere allinizio della situazione di peccato lo fa dicendo che la situazione che emersa non esisteva prima, o ha portato ad una situazione nuova, allora il peccato non anteriore, ma posteriore, una GRANDEZZA NEGATIVA (Kant, che cercava di spiegare cosa la colpa, il male morale: per Kant il male morale non poteva essere soltanto la privazione di un bene che esisteva {privatio boni, per gli scolastici}, ma questa privazione non proviene da una situazione anteriore perduta: egli si domanda: qual la causa? Non una semplice successione: la privazione avrebbe potuto non avvenire; il frutto dellazione, della libert, una decisione che si oppone ad un'altra decisione: grandezza negativa!). Dunque il male una negazione di ci che dovrebbe essere, una nullificazione di ci che era (una negazione volontaria!). In questa situazione di nullit, nasce un SENTIMENTO molto importante, un SENTIMENTO DI ABBANDONO; quando ho rotto con una persona, lo abbandono, ma anche io sento che questa persona mi ha abbandonato; forse continua a tendermi la sua mano, ma io non la percepisco (Tutti mi hanno abbandonato). Questo sentimento di abbandono pu avere due effetti: IL RINNEGAMENTO (nellabbandono si nega tutto e tutti, compresa la vita!) o IL RITORNO (tramite il pentimento). Nella seconda possibilit, quella del ritorno, posso ritornare in me stesso e prendere la decisione di ritornare a, liniziativa a muovermi in una determinata direzione; ritornando a, penso sia possibile RESTAURARE il legame, sospendo la situazione di abbandono e decido di tornare, per ripristinare la comunione precedente. Questa dimensione di conversione necessaria; ma c una illusione alle volte: lillusione di credere che questa decisione BASTA, secondo una certa unilateralit. Crediamo che la nostra libert ha la capacit di rompere o restaurare da sola, senza lausilio dellaltro: ci che ho fatto ho il potere di disfarlo!

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Parliamo di LIBERT INDIVIDUALE: una libert che conserva sempre il suo potere, per fare e disfare (cfr. pelagianesimo): questa affermazione ha ragione in qualche modo perch afferma la necessit, per lindividuo, di operare un pentimento ( nella sua libert che decide); ma il pentimento si fa sempre con LINTENZIONE DI CHIEDERE IL PERDONO (non basta la mia decisione): PENTIMENTO PERDONO! Dunque non pu non esserci il riferimento allaltrui, che pu, nella sua libert, di accettare o rifiutare la nostra richiesta di perdono! Non si pu far cadere nelloblio la domanda di perdono! Questo significa che ci che basta costituito dalla coppia: perdonopentimento; c una situazione interpersonale nel peccato nel tentativo di restaurare lalleanza! il concorso di due iniziative che devono restaurare lalleanza perduta! Possiamo chiederci: perch questo? Data linsufficienza della mia iniziativa di pentimento, ho bisogno di richiamarmi allaltro, dato che la sua iniziativa necessaria; ma anche il perdono dellaltro non sufficiente senza il pentimento: entrambi sono iniziative necessarie per restaurare lalleanza! Per restaurare la dimensione dellalleanza c bisogno di entrambe le iniziative (ritorno e perdono): liniziativa della persona colpevole nel domandare perdono, e liniziativa della persona offesa nelloffrire tale perdono richiesto! Nel caso del perdono concesso, si re-instaura il dialogo: qual il tratto del peccato che manifesta la necessit del concorso delle due iniziative? Il peccato non solo la trasgressione di una norma o solo loffesa ad una persona, ma il peccato sviluppa delle conseguenze, crea una situazione di INIMICIZIA, di disaccordo. Tale situazione di inimicizia non coinvolge solo una persona, ma tutta una collettivit (almeno due persone); quando ritorno, vero che prendo coscienza del mio atto e delle conseguenze del mio atto (c una presa di coscienza, ma non basta!), ma ci non basta! La situazione da me provocata, implica gli altri: ha creato una situazione oggettiva, dove anche gli altri possono giudicarmi per la situazione che si vive (come colpevoli, complici, vittime): tutti siamo chiamati nella situazione di peccato, ognuno nella sua posizione! Non posso cancella re la situazione di inimicizia da solo: anche gli altri sono coinvolti come complici o vittime; anche loro hanno una parola da dire! Se ci significa che tale situazione, essendo oggettiva, nella quale la collettivit coinvolta (tutti soffriamo di questa situazione), questa

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situazione appare come un ambiente nel quale viviamo, come una natura che ci circonda, un aria che respiriamo. Questa oggettivit manifesta limputazione individuale, che va aldil di ci che io posso imputarmi da me stesso: anche gli altri possono accusarmi, denunciarmi: laccusa mossa non soltanto a partire dallatto del colpevole, ma anche dalla sofferenza che gli altri vivono, causata dalla situazione di inimicizia: il male, il peccato, ha sempre una DIMENSIONE COMUNITARIA! Dunque pu creare una situazione oggettiva nella quale un individuo pu essere preso e poi poter prolungare questa situazione: il peccato viene sempre da una possibilit che un individuo fa sua, ma che scopre come gi presente. Allora non basta la nostra iniziativa per cancellare questa situazione: per giunta si parla di PECCATO SOCIALE (comunitario o strutturale). LE STRUTTURE PRINCIPALE ISTITUZIONALI CHE AIUTANO ALLA CRESCITA DELLUMANIT Esse manifestano il legame tra lindividuale e il collettivo nel peccato. Non siamo peccatori soltanto nel nostro cuore, ma anche nel nostro essere sociale, tramite queste strutture che formano il tessuto sociale della nostra umanit. 1) IL LINGUAGGIO: un mezzo comunicazione; attraverso il dialogo cerchiamo di mettere in comune la realt presente fra noi, di mettere in comune un progetto, di manifestarmi allaltro. Tutto ci presuppone una fiducia, e pu rinforzare la fiducia. Ma il linguaggio pu essere anche un mezzo di distorsione di tale fiducia, di menzogna, di inganno; anche la menzogna comunicazione, ed essa non solo individuale, anche collettiva! La menzogna qualcosa in cui ci si ritrova, non sempre parte da noi. 2) ECONOMIA: lavere una propriet manifesta una dimensione normale: il lavoro (dobbiamo trasformare la terra per vivere). Una propriet si pu difendere: attraverso ci che io chiamo mio , poisso arrivare a conoscenza di ci che sono, in quanto posso capire qual la mia sfera di appartenenza (questo mio). Ma si vede subito che la dimensione dellavere piena di trappole: c una maledizione della possessione, la cupidigia: la volont di avere sempre di pi ad un livello individuale, che manifesta ci che Gabriel Marcel diceva: lidentificazione tra essere e avere! Posso essere posseduto dai miei possedimenti: c una perdita di autonomia, in quanto schiavi di ci che si ha! La condizione di
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possesso pu essere dostacolo alla comunicazione e comunione con gli altri, perch il mio esclude il tuo, non solo: ma possibile anche appropriarmi del tuo e farlo mio; sino ad arrivare allesclusione dellaltro dallappartenere alla classe sociale. Ma non esiste un possesso, una propriet senza un regime giuridico che definisce la propriet: ci sono strutture sociali che definiscono le modalit di una propriet (capitalismo, socialismo). Questo manifesta come queste strutture sociali possano essere strutture che inducono allesclusione e alla cupidigia (mercato libero), allo sfruttamento, al potere degli uni sugli altri. - POLITICA: il potere una struttura fondamentale della societ: non si pu vivere senza la politica; il potere che organizza una comunit storica, per la sua vita e sopravvivenza, per il suo futuro. Ha anche potere di coercizione fisica, per il bene del cammino di una collettivit. Ma questa struttura divide la comunit in due categorie: governanti e governati, comandare/obbedire. C una relazione di dominazione, di direzione, di orientamento: alcuni mostrano la direzione! ovvio che questa relazione manifesta una certa fragilit ed una certa ambiguit: pu funzionare secondo il bene della collettivit, ma, siccome instituisce un rapporto di potere delluomo sulluomo, pu darsi, e capita spesso, che c una RELAZIONE DI DISUGUAGLIANZA (superiore ed inferiore). Questa relazione non reciproca: c uno che decide, non tutti! C una gerarchia nella societ, non fraterna (che rimane un miraggio): IL POTERE RENDE PAZZI (posso utilizzare il potere di cui si dispone, per conseguire i propri fini; c una patologia del potere, che, nei casi peggiori, giunge ad instaurare un REGIME TOTALITARISTA: non c pi nessuna legge, nessun parlamento, nessun confronto, nessuna volont di vivere ed agire insieme). Ma il totalitarismo una delle possibilit di sfigurare la politica. - VALORI (la cultura): la cultura anche una istituzione nella quale si realizza lincontro delluomo con luomo. Cerchiamo sempre di essere riconosciuti e di riconoscere (riconoscimento e riconoscenza), ossia di stimare ed essere stimati: questa stima pu aiutare a crescere! Ma la nostra esistenza presenta una fragilit: la fragilit del riflesso, ossia laltro che pu negare tale incontro! Ci fa emergere una interiorit del male: quando si dice che il peccato disobbedienza intima, significa che un RIFIUTO DI ASCOLTARE la chiamata dell'altro, di non camminare nella direzione indicata dallaltro, di non fare ci che richiesto dallaltro e

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di fare soltanto ci che io voglio! (Agostino: il peccato un ritorno a se stessi). Ecco perch il peccato contrario alla fede: la fede quale atteggiamento di fiducia verso laltro, il camminare con laltro secondo laltro, e di fare ci che conveniente non solo per me stesso, ma anche per laltro! Il peccato: relazione di fiducia lesa; c una rottura della relazione: non c pi fiducia, ma infedelt! C una perdita di un fondamento ontologico: in questa rottura luomo vive la sua isolazione! Prima di essere una costatazione di un atto cattivo, il peccato essenzialmente LA ROTTURA DELLA RELAZIONE CON LALTRO! Questatto di rottura interpretato anche come atto di ribellione. Il male come peccato: il paradosso delletica! Secondo la visione etica, il male opera della libert, affermando la responsabilit della libert per lesistenza del male. Ma c una pretesa in questa libert, ossia credere che la libert abbia il potere non solo di fare il male, ma anche di disfare, di cancellarlo! Dunque c una sorta di soprevalutazione della libert: ci sembra quasi una illusione! Un individuo che ha fatto il male, o ha offeso il suo prossimo, potrebbe, attraverso il pentimento, attraverso una via di ritorno, pensare che possa bastare la sua iniziativa per poter ristabilire la propria posizione; vero che questo ritorno necessario, ma non sufficiente, perch, infatti, nel sentimento di pentimento c un aspetto che la pretesa del ritorno ha dimenticato: il peccato non solo drammaticit dellatto cattivo commesso, ma sempre accompagnato da una volont di chiedere il perdono allaltro, quale partner della mia iniziativa di pentimento, un partner che pu accogliere o respingere la mia richiesta di perdono! Perch ci vogliono entrambi le iniziative? Perch il peccato crea una situazione di inimicizia fra due e pi soggetti (uomo -uomo; uomoDio,); anche altri possono essere coinvolti nellatto cattivo. In tal caso la situazione postuma al peccato una situazione che si misura non solo dalla/con la coscienza dellindividuo colpevole, ma anche dalla/con la coscienza degli altri (lo sguardo altrui); anche gli altri hanno una parola da dire! La misura del peccato non riducibile solo a se stessi!!!
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Nessuno di noi pu pretendere, anche se commette un peccato di cui responsabile, di essere stato il primo a commettere tale peccato: il peccato una realt gi presente, antecedente allatto! Noi siamo immersi nel carattere collettivo del male: sentiamo le conseguenze anche del peccato degli altri, ci chi ci ha preceduto (una sorta di trasmissione del male): c una dimensione collettiva del peccato, da rilevare un certo realismo del peccato. In questa situazione reale, come individuo, quando faccio del male, io continuo il percorso del male, mi scopro peccatore allinterno di un contesto di peccato! Il peccato, in quanto continuato come peccato posto, trascende, ma non nega, la responsabilit individuale; ma c una dimensione collettiva che va al di l della mia propria responsabilit, la quale sempre misurata con la responsabilit collettiva, trovandosi impigliata; dunque non posso assumere la responsabilit integrale del peccato (ecco perch si cercano sempre le circostanza attenuanti quando si va in tribunale). C non solo una imputazione personale, ma anche una imputazione collettiva che rivela la nostra solidariet nel male e al contempo ci conduce a confessare da una parte la responsabilit personale e dallaltra la non responsabilit del tutto (io non posso rispondere di tutto il male, ma solo fino ad un certo grado). C una limitazione della responsabilit individuale, la quale rivelatrice del fatto che il male non un non essere riducibile alla sola sfera della libert, ma appare quasi come una NATURA, quasi come una sostanza. Gi come natura, una natura strana, data la sua paradossalit, quasi come unabitudine, un modo di agire che lascia una traccia (ogni atto aderisce e segna la mia libert, dandole una piega, un modo di esistere che prima non aveva). Non solo una natura individuale, ma anche una natura sociale, aderente alle strutture, istituzioni (un male che sembra essere talmente un fatto abitudinario, da aver perso la coscienza di esso!). Tutto accade come se alla radice del mio potere di decidere, del mio modo di esistere attraverso questa piega, c qualcosa che resista, che mi impedisca un certo cammino di conversione (anche se vedo un atto ingiusto, non ho il potere di cambiare). Ma c un altro modo che cambia la vita, una direzione che si oppone al modo abitudinale del male: la via del BENE! Ma c un desiderio di bene da un lato e dallaltro una sorta di forza che ci tiene prigionieri, impigliati, rendendoci incapaci da fare il bene che noi vogliamo!

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Il male, in questa esperienza come se ci fosse una forza che ci incatena, sinonimo di una vita vissuta sotto uno stato di OCCUPAZIONE , una occupazione la cui anima il male radicale dinanzi al quale la nostra libert impotente. Questa esperienza della prigionia nella cattivit, della impotenza della libert, ci induce a SUPPLICARE IL PERDONO: chiediamo il perdono perch non ci sentiamo capaci di liberarci dal male con le sole nostre forze! Cos non soltanto c un paradosso nella visione etica (libero arbitrio servo arbitrio), ma in tal caso il peccato ci rivela il vero problema esistenziale: POSSIAMO SPERARE in questa vita, o no? La problematica esistenziale non tanto quella della libert, dato che essa intesa nel senso di una scelta da prendere dinanzi ad una alternativa radicale, ma possiamo anche vivere au un livello pi alto; ma nella misura in cui questa libert desidera di fare, ma non riesce a farlo, il vero problema della libert la sua liberazione. In questa liberazione c il desiderio di abolire il male, certamente non solo con le proprie forze umane (anche in chiave di collettivit): ci suscita in noi il desiderio di GIUSTIFICAZIONE, di liberazione: giustificazione da chi? LA COLPEVOLEZZA o il MALE COME COLPA La nostra intenzione nel presentare questo punto di manifestare la disperazione delletica. Abbiamo visto nel secondo punto il paradosso delletica, arrivando alla problematica esistenziale: da un lato la libert, non tanto intesa come potere di scelta, quanto nellessere intesa come desiderio di liberazione (di giustificazione). Ma luomo ha o no il potere di liberarsi, di cancellare questo male? Spesso si sente che se lo voglio, posso!, ossia riuscire con le proprie forze. Ci sembra che c stato, nella storia del cristianesimo, attraverso il pelagianismo, e prima ancora il fariseismo, nel tentativo di rispondere alla domanda suddetta. Che cosa caratterizza il male come colpa? C una nuova categoria che sorge: la categoria del dinanzi a me, non pi dinanzi allaltro! Tutto parte da me! Dunque la coscienza diventa essa stessa e soltanto essa la misura della colpa; abbiamo visto come per il peccato cerano due misure, la coscienza propria e quella altrui; qui solo lindividuo che dichiara di essere responsabile del male, ed colpevole nella misura in cui si sente colpevole; in altre parole posso io stesso misurare la gravit del mio atto.

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Nel male come colpevolezza, assistiamo al PRIMATO dell uomo misura, venendo meno lo sguardo dellaltro! C dunque una tendenza a ridurre tutto il peccato del soggetto alla su a responsabilit: INTERIORIZZAZIONE del male, una soggettivazione. C una immagine attraverso cui capire tale processo: il male come colpa inteso come PESO, peso morale, peso della coscienza. Ma che differenza c tra male come macchia e male come peso? Il sentimento del peso, un sentimento posteriore che deriva dal fatto che sono portatore di una sanzione, di una punizione, che mi conduce a chiedermi: Cosa ho fatto?. Invece nellistanza di colpa, il peso anteriore, legato al fatto che io sono autore di tale atto; il peso la consapevolezza della coscienza nel aver fatto un atto cos vile! Dunque il peso sentito come una DIMINUZIONE della mia dignit, del mio valore interiore, una umiliazione che suscita il desiderio, eventualmente, della sanzione, la cui espiazione sentita come guarigione, come risoluzione della situazione di avvilimento. Nellistanza di colpa, il senso di punizione cambia: la punizione non ha pi il senso di sintomo di un peccato commesso, non una punizione ch e viene da una fatalit esterna, ma una pena che sento come esigenza della mia volont, un suo desiderio per uscire dalla situazione di avvilimento. Ci dice: assunzione di responsabilit: io sono responsabile dei miei atti. Si potrebbe vedere quale senso prende la responsabilit nel male come colpa, a differenza del male come peccato: in questultimo caso, la responsabilit una responsabilit davanti a, unalterit che mi convoca a prendere coscienza dellio come dovendo esistere diventando fedele a questa alleanza di santit e giustizia (io ho peccato dinanzi a te); nel male come colpa, la responsabilit intesa come essere responsabili e basta, eliminando il dinanzi a (io sono colpevole). C un oblio dellaltro. La responsabilit dinanzi a Dio (valore ontologico), dinanzi al prossimo (valore interpersonale), in se stesso (valore antropologico). Cosa intendiamo quando diciamo che la responsabilit una grandezza antropologica? Anzitutto stiamo parlando di imputazione individuale (mentre nel peccato cera imputazione individuale impigliata nella responsabilit collettiva); il male non pi mostrato come un atto che ogni individuo continua, ma come un atto che comincia con me: dunque nella esaltazione dellindividuo, c una mis-conoscenza della SOLIDARIET di tutti circa il male, e, quindi, una rottura del legame comunitario; per questo si accetta che lindividuo deve essere punito per i

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delitti che lui stesso ha commesso (lindividuo SOLITARIO E NON PI SOLIDALE). Si giunge cos alla regola della retribuzione personale. C, come si vede, lemergenza dellINDIVIDUALISMO; ci rende capace di affermare il valore di ogni individuo singolare e di rompere la catena della generazione (io sono responsabile solo dei miei atti, non quelli degli altri o dei miei padri). Se i miei atti non hanno pi nessun effetto sugli altri, non creano una situazione che coinvolga gli altri, allora i miei atti sono revocabili (non c nessuna situazione, tutto diventa puntuale {Teylor}). Dunque il male ha perso laspetto di natura, diventando un non essere assoluto, ossia dipende unicamente dal mio atto puntuale, che non ha nessun effetto sulla mia libert e su quella altrui: la libert conserva integralmente il suo potere, potere che sempre disponibile! La libert non contrae, cos, nessuna piaga e nessuna piega: il male verrebbe spiegato completamente dalla libert. La colpevolezza fa emergere una visione fenomenica del male: la colpa ci che percepisce la coscienza (esse est percepit) individuale; ma c anche una GRADUAZIONE, una intensit, delle colpe, gradi che sono misurati dalla coscienza, dal mio giudizio (sono io che dico che un atto pi o meno grave degli altri). Abbiamo una esperienza graduale della colpevolezza individuale. Ma la graduazione delle colpe va da un minimo ad un massimo: cattivogiusto! Questa giustizia raggiungibile dallindividuo umano, non fuori dalla nostra portata! Stiamo affrontando la terza istanza del male come colpa: la visione delletica arriva ad un empasse, ad un vicolo cieco, che conduce alla disperazione delletica: quando uno vuole vivere moralmente, ma in modo volontaristico, arriva a sperimentare uno scacco. Abbiamo cominciato a presentare le caratteristiche di questa nuova istanza: Categoria di DAVANTI A: non pi dinanzi a Dio o al prossimo, ma dinanzi a me; il momento soggettivo della colpa, nella misura che un atto malvagio solo frutto di me stesso (non si dice pi: ho peccato dinanzi a te, ma io sono colpevole e basta). Per parlare della colpa, il linguaggio si organizza tutto attorno allimmagine del PESO: se nella macchia, limmagine era il contatto, e nel peccato limmagine era la deviazione, ora limmagine il peso: sia nella macchia, sia nella colpa, si sente il peso del male, quasi un sentirsi schiacciati, quale sensazione che nasce retrospettivamente,
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come una sofferenza appresa con la punizione, attraverso la quale si cerca di giungere alla causa, per cui si colpevoli. Nella categoria della colpa, invece, il peso porta il fatto di sentirsi autori di una tale situazione, dunque anteriore: mi riconosco come responsabile, io sono allorigine della situazione deplorevole, mi sento diminuito del mio valore, avvilito nella mia dignit. In questo avvilimento, si desidera una punizione che potrebbe cambiare questa situazione e ristabilire la mia condizione umana, nella speranza di poter cancellare questo sentimento di avvilimento, e riconciliarmi con me stesso! Questa messa in evidenza della responsabilit, ci ha permesso di fare un paragone col male nteso come peccato: che differenza c tra il senso di responsabilit nel peccato e in quello della colpa? Entrambi parlano di responsabilit, ma con accezioni diverse; nel peccato la responsabilit dice che il responsabile sono io, io rispondo dei miei atti, ma rispondo davanti a (Dio o prossimo: c un punto di riferimento); invece nellistanza di colpa, non si sottolinea pi il davanti a, ma solo io sono responsabile! una responsabilit che lautore prende come colui che ha agito, quale origine del male! Questa responsabilit intesa nellambito individuale: possibile questa imputazione individuale, in un contesto dove lindividualismo accede a un rango principale (si esalta lindividuo). Lindividualismo segnato dall individuo isolato in s: c una rottura teologica (con Dio) e comunitaria (col prossimo); non c relazione, dove il soggetto pi solitario che solidale! Se questo legame sparisce, il mio atto non ha pi un effetto su qua lcun altro, non offende nessun altro, non c alcuna inimicizia con; il mio atto, quando agisco, un atto libero, che, una volta voluto dalla mia intenzione, poi viaggia autonomamente: dunque limputazione orientata solo alla mia INTENZIONE: sono responsabile solo di ci che volevo fare!!! Quando si fa ci che si vuole fare, ci che si fa va sempre al di l della mia intenzione: c una retribuzione, una imputazione che si limita solo a ci che frutto delle proprie intenzione (si sviluppa una mentalit FENOMENISTA, cio la colpa dipende soltanto dalla mia coscienza; la colpa ci di cui sono cosciente!): dunque la misura della colpa si riduce a ci che, di questa colpa, percepisce la mia coscienza (esse est percepit). Inoltre la colpa assume una certa gradualit di intensit: se una colpa pi o meno grave, io ho una coscienza che si sente pi o meno colpevole, e posso anche scusarmi, giustificarmi, minimizzare C una graduazione di intensit che va da un minimo ad un massimo : dalla giustizia allempiet, mentre tra i due poli estremi, si inserisce tutta la
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gradualit: la giustizia che mi viene presentata da uno dei due poli estremi, una giustizia che posso raggiungere, attraverso il mio agire (posso diventare empio o giusto!): tutto dipende dalla mia libert! Ci che presupposto che la MIA LIBERT, anche se colpevole, CONSERVA IL SUO POTERE di fare il bene, come di fare il male, e questo potere sempre disponibile! Posso fare di me ci che io voglio: ho il potere di rendermi empio o giusto! Il problema di sapere se questa supposizione valida, realista e vera: ho veramente il potere di convertirmi dal male fatto e, convertendomi, di cancellare il male fatto solo con le mie forze? Ho veramente questo potere? Presentando le caratteristiche della colpevolezza, siamo arrivati a delineare il presupposto che soggiace a questa visione, cio una libert interamente responsabile e sempre disponibile, per la quale il fare e il volere sono uguali. Questo presupposto, secondo la nostra critica, valido o no? Esaminiamo un fenomeno: la coscienza, lesperienza dello scrupolo: ci aiuter a mettere luce sul presupposto suddetto. Per illustrare cosa lo scrupolo, si fa intervenire una figura storica che il fariseismo (non come ipocrisia): quale fu lintenzione del fariseismo? Scopriremo la grandezza della visione farisaica del mondo, una grandezza che riportata nel salmo 118 (119) o 107 (108): il salmo sulla legge (la tua legge medito). C una grandezza che manifesta cosa sia lo scrupolo: non la minuziosit della coscienza che non mi lascia in pace: cosa sar mai? un atteggiamento ESISTENZIALE, un modo di vivere, un atteggiamento fondamentale della coscienza morale, di cui un tratto importante la decisione di vivere in modo coerente, conseguente e consentita, la mia eteronomia (accetto di considerare la mia vita come vita di obbedienza). Obbedire in tutto, obbedire ad una legge data da Il fariseismo ha dato una impronta pratica alla alleanza, alla religione: la mia relazione ad una persona una relazione di mettere in pratica ci che la legge prescrive. Come possibile latteggiamento di obbedienza assoluta e radicale? un fatto storico del popolo ebreo, un evento storico, dove stata data la legge (quale atto di donazione); e questo atto di donazione ha fatto emergere in questo popolo una presa di coscienza che ha suscitato un modo di vivere, una identit singolare, speciale: un popolo eletto! Dunque un evento, quello della legge, coscienziale.

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Questa legge, anche se contingente, ha definito un autorizzazione definitiva a: una legge assoluta, che dice in modo assoluto e che svela ci che Dio vuole assolutamente. La coscienza del fariseismo questa sua grandezza, ha fatto s che questa legge manifesta un modo di vivere e di entrare in rapporto con Dio: tale scelta lunica che rimane, solo Dio! Questa scelta stata intesa come servizio, come modo di onorare (una liturgia). Il fariseismo veramente grande in questo consenso: loro hanno cercato di realizzare tale servizio, nella consapevolezza che LA LEGGE REGGE TUTTI I SETTORI DELLA VITA (visione olistica della legge). Questa visione di agire in tutto rispettando, ascoltando, obbedendo la legge ci che manifesta la grandezza di questa esperienza religiosa del popolo ebraico (niente escluso). La coscienza ebraica una decisione che si vuole interamente dipendente da; ma questa dipendenza non vista come ALIENAZIONE, perch per la coscienza non fuori di s: la coscienza, nellobbedire alla legge, si trova a casa, si realizza nella sua perfezione. Lobbedienza alla legge sar, per il popolo ebraico, sinonimo di libert ad una eteronomia conseguente, consentita e voluta. Possiamo immaginare come la realt dello scrupolo si inserisca in tutta questa visione! La coscienza ebraica vive del processo di interpretazione: si tratta di una legge che stata data, ad un momento preciso, in un passato compiuto, si accetta di applicare queste determinazioni, date una volta, in tutti i particolari della vita quotidiana, non solo del passato, ma anche e soprattutto del presente (e del futuro): ovviamente dal passato al presente ci sono stati cambiamenti, imprevisti, sino a sperimentare gli imprevisti del presente: allo9ra cosa dice la legge, come interpretarla alla luce digli avvenimenti prevedibili o meno del presente? Come rimanere conformi alla volont di Dio? Questa interpretazione, questa volont di applicare, sviluppa uno spirito giurisdizionale (si fa cos!), che cerca di definire e deliberare ci che si deve fare nei casi particolari, garantendo la conformit alla legge. Non solo: c una comprensione della vita morale come osservanza del precetto, precetti che sono molteplici, sedimentati, osservanza che spesso viene accompagnata da riti che garantiscono lesattezza dellespletamento della legge! C unaltra caratteristica nel processo di interpretazione, di giusrisdizione: la coscienza scrupolosa porta come suo carattere umile,

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parossisitico, la colpevolezza: c una radicalizzazione di questi due tratti della colpevolezza: imputazione individuale

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