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1. LELETTROMAGNETISMO

In questa lezione considereremo il terzo ed ultimo componente fondamentale dei circuiti elettrici, cio linduttore. Questo elemento coinvolge, oltre che fenomeni elettrici, anche fenomeni magnetici. Lo studio dei legami esistenti tra i fenomeni elettrici e quelli magnetici compito dellelettromagnetismo, di cui furono poste le basi teoriche quando si scopr che lelettricit ed il magnetismo non sono indipendenti. Nella prima lezione abbiamo visto che cos il magnetismo, come si manifesta e quali sono le leggi fondamentali che lo regolano. Ora analizzeremo quali effetti magnetici provoca una corrente elettrica.

1.1 EFFETTO MAGNETICO DELLA CORRENTE La scoperta dellinterdipendenza tra elettricit e magnetismo fu fatta dal professore danese Cristiano Oersted (1777-1851) mediante lesperienza illustrata nella fig. 1. Sospendendo un ago magnetizzato parallelamente ad un conduttore (fig. 1a) si constata che, quando una corrente elettrica percorre questo conduttore, lago ruota fino a disporsi perpendicolarmente al conduttore stesso (fig. 1b). Fu scoperto inoltre da Ampre che il senso in cui ruota lago magnetizzato dipende dal senso della corrente che percorre il conduttore. Quando la corrente attraversa il conduttore da sinistra a destra, come nella fig. 1b, il polo nord dellago si porta da un lato del conduttore; quando, invece, la corrente attraversa il conduttore da destra a sinistra, come nella fig. 1c, cio circola in senso opposto a quello precedente, il polo nord dellago si porta dal lato opposto del conduttore. Queste esperienze dimostrano quindi che la corrente elettrica agisce in un modo ben determinato su un ago magnetizzato; sappiamo daltra parte, in base a quanto stato detto in precedenza sul magnetismo, che un ago magnetizzato si dispone sempre secondo le linee di forza di un campo magnetico. Pertanto, se lago ruota per effetto della corrente elettrica, si deve pensare che esso si disponga, anche in questo caso, secondo le linee di forza di un campo

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magnetico, il quale deve essere necessariamente creato dalla stessa corrente che percorre il conduttore.

Fig. 1 - Effetto magnetico della corrente elettrica

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Fig. 2 - Linee di forza del campo magnetico prodotto da una corrente

Possiamo dunque attribuire alla corrente elettrica un effetto magnetico, consistente nella produzione di un campo magnetico intorno ai conduttori percorsi da tale corrente.
Andamento delle linee di forza del campo magnetico generato da una corrente

Per determinare landamento delle linee di forza di questo campo si pu porre un piccolo ago magnetizzato in diversi punti attorno ad un conduttore, che conviene disporre verticalmente.

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Si constater che le posizioni assunte dallago, in vari punti ad uguale distanza dal conduttore, descrivono approssimativamente un cerchio avente il centro sul conduttore stesso, come si vede nella fig. 2a. Si deduce perci che le linee di forza sono circolari e si possono pertanto disegnare come stato fatto nella fig. 2b. Occorre notare che in ogni punto dello spazio intorno al conduttore passa una linea di forza; tuttavia, per non complicare il disegno, si traccia soltanto un numero di linee sufficiente a dare unidea abbastanza precisa del campo magnetico. Si noti, poi osservando la fig. 2a, che i poli dellago possono trovarsi in due posizioni opposte, a seconda del senso in cui la corrente attraversa il conduttore. Si comprender da ci la necessit, di cui si gi parlato in precedenza, di conferire un verso alle linee di forza. Come si vede nella fig. 2b, alle linee di forza si assegna un verso tale per cui, partendo dal polo nord dellago magnetizzato e seguendo le linee secondo questo verso, si giunge al polo sud dello stesso ago dopo aver compiuto un giro intorno al conduttore. Vediamo, dunque, che il verso delle linee di forza dipende dal verso di circolazione della corrente, il quale ci noto in quanto sappiamo che, convenzionalmente, la corrente diretta dai punti a potenziale pi alto verso i punti a potenziale pi basso. In base al verso della corrente possibile determinare il senso delle linee di forza per mezzo della regola di Maxwell, denominata anche regola del cavatappi. Secondo questa regola, si deve immaginare di disporre un cavatappi nella direzione del conduttore e di farlo ruotare in modo che si sposti nello stesso verso della corrente: il verso in cui il cavatappi deve ruotare per spostarsi concordemente con la corrente indica il verso delle linee di forza del campo magnetico. Per verificare lesattezza di questa regola, pu considerare i due esempi di applicazione riportati nella fig. 2b.

1.2 LINDUTTORE Dopo aver considerato il campo magnetico prodotto da una corrente che percorre un conduttore rettilineo, passiamo ad analizzare linduttore. Immaginiamo anzitutto di prendere il conduttore rettilineo della fig. 2 e di ripiegarlo in modo 26

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da fargli assumere una forma circolare come indicato nella fig. 3: il conduttore cos ripiegato costituisce una spira.

Fig. 3 - Spira percorsa da corrente e linee di forza concatenate

Nella fig. 3 sono indicate le linee di forza del campo magnetico prodotto dalla corrente che percorre la spira. Queste linee sono ancora circolari per, essendo stato ripiegato il conduttore, il loro centro non pi sul conduttore, ma risulta spostato allesterno della spira.

Fig. 4 - Campo magnetico prodotto da due spire vicine

Immaginando che le linee di forza siano anelli, si vede che tutti gli anelli sono infilati sulla spira, la quale pure si pu considerare come un anello. Spira e linee di forza sono legate tra loro come gli anelli di una catena, perci si dice che le linee di forza sono concatenate con la spira.

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Impianti Elettrici 4 Campo magnetico prodotto da un induttore

La spira costituisce il tipo pi semplice di induttore. Siccome, per, gli induttori sono formati generalmente da pi spire affiancate, consideriamo che cosa avviene quando, vicino alla spira suddetta, venga disposta una seconda spira, percorsa anche essa nel medesimo verso dalla stessa corrente I, come possibile osservare nella fig. 4a. Ciascuna spira produce il proprio campo magnetico, di cui nella fig. 4a sono indicate alcune linee di forza, limitatamente alla parte superiore delle spire Si pu vedere in tal modo che, nel punto indicato con A e nei punti vicini a questo, le linee di forza di una spira sono dirette in senso opposto a quelle dellaltra spira. In conseguenza di tale fatto, nei punti suddetti il campo magnetico nullo perch gli effetti prodotti dalle linee di forza dirette in un verso sono annullati dagli effetti prodotti dalle linee di forza dirette nel verso opposto. In pratica, nei punti considerati le linee di forza si annullano reciprocamente e quindi si modificano, assumendo landamento indicato nella fig. 4b. Come si pu vedere, ogni linea di forza prodotta da una spira si unisce con una corrispondente linea prodotta dallaltra spira, dando luogo ad ununica linea di forza che risulta concatenata con entrambe le spire. Ci dimostra che due spire vicine producono non due campi magnetici distinti, ma un unico campo, dal momento che le sue linee di forza sono in comune con entrambe le spire. Lo stesso campo magnetico si pu anche produrre in modo diverso; infatti, anzich far percorrere le due spire da due correnti della stessa intensit ma distinte, cio fornite da due generatori diversi, si pu inviare la medesima corrente in entrambe le spire, collegandole in serie, come si vede nella fig. 4c. In tal modo la corrente, dopo aver attraversato la prima spira, percorre anche la seconda, quindi ciascuna spira risulta ancora percorsa dalla stessa corrente, come avviene nel caso della fig. 4b. Ciascuna spira porta il suo contributo alla produzione del campo magnetico, che viene a dipendere dal numero di spire attraversate successivamente dalla stessa corrente; perci il campo magnetico prodotto da un induttore tanto maggiore quanto maggiore il numero di spire dellinduttore stesso. Consideriamo, ad esempio, i due induttori indicati nella fig. 5; il primo (fig. 5a) ha cinque spire, mentre il secondo (fig. 5b) ne ha venticinque, cio un numero di spire cinque volte maggiore del primo.

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Fig. 5 - Induttori e relativo campo magnetico

Facendo percorrere entrambi gli induttori da correnti della stessa intensit, il secondo produce un campo cinque volte maggiore del primo. Affinch il primo induttore produca un campo uguale a quello prodotto dal secondo, occorrerebbe inviare in esso una corrente cinque volte pi intensa di quella che percorre il secondo induttore. Si comprende da ci che il campo magnetico prodotto da un induttore dipende sia dal numero di spire sia dalla corrente che le percorre. Possiamo dire, pi precisamente, che il campo magnetico dipende dal prodotto del numero di spire N per la corrente I. A questo prodotto si d il nome di forza magnetomotrice (simbolo F), usando un termine simile a quello di forza elettromotrice, per il motivo che vedremo pi avanti. Poich la forza magnetomotrice (f.m.m.) si ottiene moltiplicando la corrente per il numero di spire che essa attraversa, lunit di misura della forza magnetomotrice risulta lamperspira (simbolo A, oppure As, oppure AN). Dunque un induttore costituito da un conduttore avvolto in modo da ottenere un certo numero di spire pi o meno vicine, come si vede nella fig. 5; generalmente il conduttore viene avvolto su un supporto cilindrico di materiale isolante, che ha appunto lo scopo di sostenere le spire mantenendole nella posizione voluta. Linsieme costituito dal conduttore e dal relativo supporto si chiama spesso bobina; il conduttore avvolto sul supporto viene invece denominato avvolgimento della bobina.

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Impianti Elettrici 4 Andamento delle linee di forza in una bobina

Il motivo per cui si avvolge il conduttore per realizzare un induttore appare chiaro esaminando landamento delle linee di forza indicate nella fig. 5 e notando che tutte le linee passano allinterno del proprio induttore. Si constata cos che, avvolgendo il conduttore, si pu ottenere che le linee di forza si concentrino allinterno dellinduttore, dando luogo ad un campo magnetico notevolmente maggiore che allesterno, dove invece le stesse linee si distribuiscono in uno spazio molto pi ampio. Osserviamo inoltre che, quando le spire sono disposte molto vicine, come nella fig. 5b, le linee di forza allinterno dellinduttore risultano praticamente parallele tra loro, dando luogo ad un campo magnetico uniforme. Dunque, avvolgendo opportunamente un conduttore, si pu ottenere che allinterno dellavvolgimento le linee di forza del campo magnetico abbiano un determinato andamento. Anche in questo caso si pu stabilire quale sia il verso delle linee di forza in base al verso di circolazione della corrente, ricorrendo ancora alla regola del cavatappi, ma applicandola in modo diverso da quello visto per il conduttore rettilineo. Come risulta dalla fig. 6, ora si deve immaginare di disporre il cavatappi secondo lasse dellinduttore e di farlo ruotare nello stesso senso in cui ruota la corrente circolando nelle spire: il senso in cui il cavatappi si sposta in conseguenza di questa rotazione indica il senso delle linee di forza allinterno dellinduttore.

Fig. 6 - Regola dei cavatappi

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1.3 FLUSSO DINDUZIONE Dopo aver visto come si possa ottenere un campo magnetico inviando la corrente elettrica in un induttore, vediamo ora in quale modo si utilizzi il campo magnetico cos prodotto.
Effetto del nucleo di un induttore

Consideriamo che cosa avviene quando si introduce un pezzo di materiale ferromagnetico nellinterno di un induttore, come si vede nella fig. 7a (il materiale ferromagnetico viene chiamato nucleo dellinduttore). Da quanto stato detto a proposito del magnetismo, sappiamo che il materiale ferromagnetico si pu considerare costituito da magnetini elementari, i quali si comportano come minutissimi aghi magnetizzati, disponendosi secondo le linee di forza di un campo magnetico. Pertanto, quando linduttore viene percorso dalla corrente e produce il campo magnetico, i magnetini elementari del nucleo si dispongono secondo le linee di forza del campo, in modo tale che, procedendo lungo queste linee secon-do il verso, si incontra prima il polo sud e poi il polo nord di ciascun magnetino, come si vede nella fig. 7.

Fig. 7 - Induttore con nucleo e flusso dinduzione prodotto

Dunque il nucleo si magnetizza per induzione e diviene un vero e proprio magnete, presentando un polo nord ed un polo sud alle sue estremit, su cui si affacciano i poli dei magnetini elementari. Se il nucleo di acciaio, conserva la magnetizzazione anche quando la corrente cessa di percorrere linduttore, perch una parte dei suoi magnetini

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elementari rimane nella posizione assunta per effetto del campo: in tal modo si ottengono appunto i magneti permanenti. Se, invece, il nucleo di ferro dolce, esso si magnetizza o si smagnetizza a seconda che la corrente percorra o meno linduttore. I nuclei in ferro dolce si usano per gli elettromagneti, o elettrocalamite, che in tal modo possono esercitare la loro forza di attrazione soltanto fino a quando il loro avvolgimento percorso dalla corrente. Siccome il nucleo si magnetizza, ossia diventa un magnete, produce a sua volta un proprio campo magnetico, che si aggiunge a quello prodotto dallinduttore, rinforzandolo. Ci che importa notare che il campo prodotto dal nucleo pu risultare anche parecchie centinaia di volte maggiore del campo prodotto dallinduttore. Mediante limpiego del nucleo si pu ottenere cos un campo notevole, pur facendo percorrere linduttore da una corrente relativamente modesta, mentre, se si volesse ottenere lo stesso campo dallinduttore senza nucleo, occorrerebbe inviare in esso una corrente centinaia di volte pi intensa di quella necessaria per linduttore provvisto di nucleo. Landamento delle linee di forza del campo prodotto dallinduttore con il relativo nucleo mostrato nella fig. 7b, dalla quale si vede che le linee sono tracciate anche allinterno del nucleo. Le linee di forza dipendono pertanto anche dalla magnetizzazione per induzione subita dal nucleo; anzi, esse sono dovute in gran parte proprio al nucleo, perch, come si detto, questo crea un campo molto maggiore di quello prodotto dallavvolgimento. Per tale motivo, le linee di forza sono anche chiamate linee di induzione, appunto per ricordare che esse indicano la direzione in cui agiscono non solo la forza del campo prodotto dallavvolgimento, ma anche la forza dovuta alla magnetizzazione per induzione del nucleo. Linsieme di tutte le linee di induzione costituisce il flusso di induzione (simbolo ) - si legge fi - ventunesima lettera dellalfabeto greco) prodotto dallinduttore; possiamo dunque considerare un induttore munito di nucleo come un elemento avente la propriet di produrre un flusso dinduzione quando le sue spire sono percorse dalla corrente. La stessa propriet di produrre un flusso di induzione si pu attribuire anche ad un induttore senza nucleo, se consideriamo le linee di forza di questo induttore come linee di induzione, cio se immaginiamo che, come linduttore con nucleo produce un flusso di induzione magnetizzando il nucleo stesso (ossia il materiale che si trova nel suo interno), cos anche linduttore senza nucleo

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produca un flusso dinduzione magnetizzando il materiale che si trova nel suo interno, ossia laria. Naturalmente, in questultimo caso, non essendovi la magnetizzazione del nucleo, il flusso dinduzione risulta minore; possiamo dire perci che il flusso dinduzione dipende dal materiale che si trova nellinterno dellinduttore. In tal modo veniamo a considerare linduttore da un altro punto di vista, cio non pi come un elemento capace di esercitare una forza di attrazione sui materiali ferromagnetici, ma come un elemento in grado di magnetizzare per induzione il materiale che si trova nel suo interno, dando luogo ad un flusso dinduzione che dipende dal particolare tipo di materiale usato. Occorre considerare linduttore da questo nuovo punto di vista perch, come vedremo in seguito, le propriet elettriche dellinduttore dipendono dal suo flusso dinduzione e, pi precisamente, dal flusso concatenato con le sue spire, cio dal fatto che le linee dinduzione costituenti nel loro insieme questo flusso sono abbracciate dalla corrente che percorre le spire (come si vede, ad esempio, nella fig. 7b) Il flusso dinduzione si misura in weber (simbolo Wb), unit di misura cos chiamata dal nome dello studioso tedesco G. Edoardo Weber (1804-1891). Per produrre un flusso dinduzione si deve far circolare una corrente nelle spire di un induttore, ossia occorre creare una forza magnetomotrice che, come abbiamo visto in precedenza, appunto data dal prodotto del numero di spire per la corrente. Possiamo dunque attribuire alla forza magnetomotrice la causa della produzione del flusso dinduzione da parte dellinduttore, cos come nelle lezioni precedenti abbiamo attribuito alla f.e.m. la causa della produzione della corrente in un circuito. Per questo motivo, appunto, al prodotto del numero di spire per la corrente si dato il nome di f.m.m., analogo al termine di f.e.m.

1.4 INDUTTANZA ELETTRICA E SUO CALCOLO Da quanto si detto nel paragrafo precedente, si comprende che ciascun induttore pu essere caratterizzato in base alla sua attitudine a produrre un flusso concatenato quando le sue spire sono percorse dalla corrente, cos come ogni condensatore viene caratterizzato in base alla sua attitudine ad accumulare cariche elettriche sulle armature quando ad esse applicata una tensione.

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Questa attitudine, nel caso del condensatore, stata chiamata capacit elettrica, mentre per linduttore denominata induttanza elettrica (simbolo L); un induttore risulta perci caratterizzato dal valore della sua induttanza L, come un resistore caratterizzato dal valore della sua resistenza R ed un condensatore dal valore della sua capacit. Ricordiamo che, per il condensatore, la capacit indicata dalla quantit di elettricit presente sulluna o sullaltra delle sue armature quando tra esse si applica la tensione di 1 V e che, per un determinato condensatore, la capacit si ottiene dividendo la quantit di elettricit per la tensione. In modo analogo possiamo dire che linduttanza di un induttore indicata dal flusso concatenato con le sue spire quando queste sono percorse dalla corrente di 1 A. Anche in questo caso, per un determinato induttore, linduttanza si ottiene dividendo il flusso concatenato per la corrente. Misurando il flusso in weber e la corrente in ampere, linduttanza risulta misurata in weber/ampere (weber allampere); a questa unit di misura si dato il nome di henry (simbolo H) per ricordare il fisico americano Giuseppe Henry (1797-1878), a cui si devono importanti studi sui fenomeni elettromagnetici. In molti casi lhenry risulta ununit di misura troppo grande per gli induttori usati normalmente; perci si ricorre al millihenry (simbolo mH) che vale un millesimo di henry, oppure al microhenry (simbolo H), che vale un milionesimo di henry. Tra il condensatore e linduttore esistono altre analogie, che bene mettere in evidenza, in quanto sono utili per orientarsi nel calcolo dellinduttanza, di cui ora ci occuperemo. Applicando una tensione alle armature del condensatore, il materiale posto tra queste armature (cio il dielettrico) si polarizza elettricamente, in quanto alle sue estremit compaiono un polo positivo ed un polo negativo. In modo analogo, facendo circolare una corrente nelle spire di un induttore, il materiale che si trova nel loro interno si magnetizza, ovvero si polarizza magneticamente, in quanto alle sue estremit compaiono un polo nord ed un polo sud. Pertanto, come la capacit di un condensatore dipende dal dielettrico, cos linduttanza di un induttore dipende dal materiale che si trova nel suo interno; infatti abbiamo gi visto che un induttore provvisto di nucleo ferromagnetico produce un flusso di induzione maggiore di quello prodotto da un induttore uguale e percorso dalla stessa corrente, ma sprovvisto di nucleo.

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Nel caso del condensatore si tenuto conto dellinfluenza del dielettrico sulla capacit, mediante la costante dielettrica assoluta ( ). Per il condensatore ad aria questa costante stata chiamata costante dielettrica dellaria ( 0 ); per il condensatore con dielettrico solido si anche introdotta la costante dielettrica relativa allaria ( r ), che indica di quante volte aumenta la capacit di questo condensatore rispetto a quello ad aria. Moltiplicando, poi, la costante dielettrica dellaria per la costante dielettrica relativa allaria ( 0 u r ), si ottiene la costante dielettrica assoluta ( ). Allo stesso modo si tiene conto dellinfluenza che il materiale posto allinterno di un induttore ha sulla sua induttanza. In questo caso si considera la permeabilit magnetica assoluta del materiale, che si indica con la lettera greca (si legge mu) e si misura in henry al metro, (simbolo H/m), cos come la costante dielettrica assoluta si misura in farad al metro (F/m). Per un induttore senza nucleo ed avente quindi laria nel suo interno, si considera la permeabilit dellaria (o del vuoto) la quale si indica con 0 ed il cui valore di 1,256 H/m. Per un induttore con nucleo si pure introdotta la permeabilit relativa allaria, che si indica con r; anche in questo caso, moltiplicando la permeabilit dellaria per la permeabilit relativa allaria, cio 0 r si ottiene la permeabilit assoluta (). La permeabilit relativa r espressa sempre da un numero puro come r . Nella tabella della fig. 8, sono riportati i valori di permeabilit magnetica relativa r di alcuni materiali. Dai valori elencati su essa si pu dedurre che i materiali aventi r, inferiore a 1 (r< 1 ) sono diamagnetici, mentre quelli con r*1 sono paramagnetici e quelli con r molto grande sono ferromagnetici, in base alla distinzione fatta a suo tempo a proposito delle propriet magnetiche dei materiali. Riguardo al significato della permeabilit relativa allaria occorre fare unosservazione molto importante: nel caso del condensatore, il dielettrico occupa lintero spazio compreso tra le armature, cio lintero spazio attraversato dalle linee di forza; nel caso dellinduttore, invece, il nucleo si trova solo nellinterno di tale elemento e quindi non occupa lintero spazio attraversato dalle linee dinduzione, perch queste, come si vede nella fig. 7b, passano anche nellaria allesterno dellinduttore.

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Fig. 8 - Valori di

r di alcuni materiali

Per avere una completa analogia con il caso del condensatore occorrerebbe che il nucleo dellinduttore fosse disposto anche allesterno dellinduttore stesso, lungo tutto il percorso delle linee dinduzione, che in tal modo verrebbero a passare interamente nel materiale ferromagnetico e non pi nellaria. In questo caso, il nucleo viene detto chiuso perch le linee dinduzione si chiudono completamente entro esso, senza attraversare laria; al contrario, il nucleo della fig. 7b viene detto aperto, dal momento che le linee dinduzione non si chiudono completamente entro esso ma anche attraverso laria. Solo nel caso in cui si ha lintero flusso dinduzione nel materiale ferromagnetico di un nucleo chiuso, si pu dire, analogamente a quanto si visto per il condensatore, che la permeabilit relativa allaria indica di quante volte aumenti linduttanza dellinduttore quando questo viene munito del nucleo. Quando invece il nucleo del tipo aperto, come indicato nella fig. 7, e quindi si ha il flusso dinduzione in parte nel materiale ferromagnetico ed in parte nellaria, laumento dellinduttanza risulta minore di quello indicato dalla permeabilit relativa allaria. In questa lezione ci limiteremo a considerare il calcolo dellinduttanza di un induttore senza nucleo, rimandando il calcolo relativo agli induttori con nucleo al momento in cui ne incontreremo le applicazioni pratiche. Vediamo, dunque, da quali elementi dipende linduttanza di un induttore senza nucleo.
Elementi da cui dipende linduttanza

In primo luogo, linduttanza dipende dalla sezione delle spire costituenti linduttore; questa sezione data dalla superficie racchiusa dal conduttore, come si vede, per una singola spira, nella fig. 9, in cui tale superficie tratteggiata.

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Fig. 9 - Sezione di una spira

Appare evidente che, quanto pi grande la sezione della spira, tanto maggiore risulta il flusso dinduzione che la attraversa concatenandosi con la spira stessa: possiamo dire, perci, che linduttanza di un induttore aumenta con laumentare della sezione delle sue spire. In secondo luogo, linduttanza dipende dal quadrato del numero di spire dellinduttore. Per renderci conto di questo fatto, consideriamo la fig. 10 in cui sono disegnati due induttori, il primo dei quali ha una sola spira, mentre il secondo ha cinque spire. Supponendo che entrambi gli induttori siano percorsi dalla stessa corrente, ciascuna delle cinque spire del secondo induttore produrr un flusso dinduzione uguale a quello prodotto dallunica spira del primo: il secondo induttore d quindi luogo complessivamente ad un flusso cinque volte maggiore del flusso del primo.

Fig. 10 - Flusso dinduzione concatenato

Vediamo, dunque, che il flusso prodotto da un induttore si pu ottenere moltiplicando il flusso dovuto ad una spira per il numero delle spire.

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Ricordiamo per che, per valutare linduttanza, si deve considerare non solo il flusso prodotto dallinduttore, ma anche come questo flusso si concateni con la stessa corrente che lo produce. Osserviamo nella fig. 10 che il flusso prodotto dal primo induttore si concatena una sola volta con la corrente, essendovi una sola spira in cui essa circola; invece, il flusso prodotto dal secondo induttore si concatena cinque volte con la corrente, essendovi ora cinque spire in cui circola tale corrente. Volendo considerare il flusso concatenato, occorre perci moltiplicare il flusso prodotto dallinduttore per il numero delle sue spire, che indica appunto quante volte il flusso si concateni con la corrente che lo produce. Concludendo, per ottenere il flusso concatenato con un induttore occorre moltiplicare il flusso prodotto da una sola spira per il quadrato del numero di spire. Poich linduttanza legata proprio al flusso concatenato, essa dipende effettivamente, come il flusso, dal quadrato del numero di spire, come si detto in precedenza; pi precisamente, aumentando il numero di spire di un induttore, la sua induttanza aumenta con il quadrato di questo numero. Linduttanza dipende infine da un terzo elemento e cio dalla lunghezza dellinduttore.

Fig. 11 - Dipendenza dellinduttanza dalla lunghezza dellinduttore

Per vedere come questa lunghezza pu influire sullinduttanza, consideriamo la fig. 11, in cui sono rappresentati due induttori aventi un numero di spire uguale e della stessa sezione, ma avvolti in modo che il primo abbia una lunghezza (3 cm) pari alla met del secondo (6 cm). Supponendo che gli induttori siano percorsi dalla stessa corrente, poich il numero di spire uguale per entrambi, la f.m.m. risulta la medesima. Si potrebbe pensare, perci, che ambedue gli induttori producano lo stesso flusso concatenato e quindi abbiano la stessa induttanza, dal momento che in precedenza si attribuita alla f.m.m. la causa della produzione del flusso.

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In realt, il flusso dinduzione dipende non soltanto dal valore della f.m.m. (cio dal prodotto del numero di spire per la corrente) ma anche dal modo con cui la f.m.m. distribuita lungo linduttore. Osserviamo infatti nella fig. 11 che, mentre per il primo induttore vi sono due spire per ogni centimetro di lunghezza, per il secondo induttore vi una sola spira per ogni centimetro di lunghezza. Dunque, per ogni centimetro di lunghezza del primo induttore vi una f.m.m. doppia di quella che vi per ogni centimetro di lunghezza del secondo induttore. In conseguenza di ci, il flusso prodotto dal primo induttore risulta pure doppio rispetto a quello prodotto dal secondo. Concludiamo perci che il flusso concatenato con le spire di un induttore (e quindi linduttanza di questo) dipende dalla lunghezza dellinduttore stesso, e pi precisamente che linduttanza aumenta al diminuire della lunghezza dellinduttore. A questo punto conosciamo tutti gli elementi da cui dipende il valore dellinduttanza e possiamo perci vedere come esso si calcola: ricordando come si proceduto nel caso analogo del condensatore, possiamo dire che, per un induttore senza nucleo, linduttanza si ottiene moltiplicando la permeabilit dellaria per la sezione delle spire e per il quadrato del numero di spire, e dividendo il prodotto ottenuto per la lunghezza dellinduttore. Si pu pertanto scrivere che:
L=

u S u N2 l

Tale procedimento di calcolo dellinduttanza valido, per, solo qualora tutte le linee di induzione siano concatenate con tutte le spire dellinduttore, come si vede, ad esempio, nella fig. 5b. Nel calcolo pratico dellinduttanza di una bobina, costituita da un solo strato eseguito su un supporto isolante o in aria, viene utilizzata una formula, detta di Nagaoka, che tiene conto in particolare del rapporto esistente tra la lunghezza della bobina ed ii diametro della stessa. Tale formula (semplificata) la seguente: L = N2 F d 10-9H Il coefficiente F dipende dal rapporto l/d ed espresso dalla curva riportata nella fig. A.

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Quando le spire sono distanziate, accade che alcune linee di induzione risultino concatenate soltanto con un certo numero di esse e non con tutte, come si vede nella fig. 5a. In tal caso il flusso concatenato risulta minore e, di conseguenza, anche linduttanza ha un valore inferiore a quello che si otterrebbe mediante il procedimento di calcolo indicato. In pratica si tiene conto di tale fatto correggendo opportunamente i risultati, come vedremo nei formulari.

Fig. 12 - Grandezze introdotte in questa lezione

Nella tabella della fig. 12 sono elencate le nuove grandezze sia magnetiche sia elettriche citate in questa lezione, con le rispettive unit di misura ed i simboli relativi.

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