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IL CAFFE’

INDICE
Il caffè nell’economia internazionale pag 1

Il Commercio Equo e Solidale (C.E.S.) pag 4

Il Caffè’ in Chiapas (Messico) pag 5

Alcune delle realtà di produttori di caffè in Chiapas pag 6

Bibliografia e fonti pag 9

Il caffè nell’economia internazionale


Il caffè si può considerare come la seconda materia prima al mondo per valore di scambio e si può definire senza dubbio
come il prodotto coloniale per eccellenza. Pur essendo prodotto interamente nel sud del mondo, esso viene consumato
principalmente, tranne alcune parziali eccezioni (p.e Brasile) nel Nord del Pianeta.
Inoltre la produzione di questa materia prima si accompagna sempre a parole come povertà, bassi salari, sfruttamento.
Bisogna sottolineare che il prezzo di riferimento del caffè a livello internazionale1, riferito al prezzo del caffè, pronto
per essere imbarcato per l’esportazione2, non corrisponde per nulla al prezzo del caffè pagato ai produttori, in
particolari i singoli coltivatori,in quando comprende anche il margine dei diversi intermediari locali, quelli che vengono
definiti in termini dispregiativi coyotes.
Inoltre il margine di guadagno per i coltivatori, aumenta o diminuisce a seconda del livello di lavorazione del caffè cui
possono arrivare e dal fatto che il loro prodotto abbia una certificazione biologica.
Il prezzo del caffè dal 1962 è stato determinato attraverso un sistema di accordi di cartello, attraverso l’organizzazione
internazionale dei paesi produttori di caffè (chiamata I.C.O.), costruita sul modello dell’OPEC. Attraverso questi
accordi era stato determinato un prezzo minimo del caffè, a seconda delle diverse variabili della nota 1. Se questo
prezzo scendeva sotto il limite definito veniva calmierato attraverso delle limitazioni alle esportazioni. Questo sistema
di accordi reiterato per quattro volte è entrato in crisi nel 1989, annus horribilis, per cause di diversa origine, tra le
quali:
1) l’aumento del numero di nuovi paesi produttori del caffè, in particolare con emersione prepotente dei paesi
asiatici, che ha preso il posto di quelli africani, che hanno portato a forti discussioni sulla ripartizione delle
quote
2) la commercializzazione del caffè al di fuori dei canali dell’ICO, strategia seguita da alcuni paesi consumatori
per mettere in crisi la regolazione operata dall’ICO attraverso il contingentamento delle esportazioni.
Dopo il fallimento dell’accordo la regolazione del prezzo del caffè è stata legata al “libero gioco” della domanda e
dell’offerta, anche se nel 1993 alcuni stati esportatori di Caffè crearono l’APPC ( associazione dei paesi produttori di
caffè) per regolamentare attraverso restrizioni volontarie sulle esportazioni il corso del prezzo del caffè, un esperimento
che non ha avuto molto successo, anche perché diversi dei paesi grandi esportatori di caffè, p.e. il Messico non
aderirono all’iniziativa.

Figura n. 1 - Andamento del prezzo del caffè per le varietà arabica e robusta negli ultimi venti anni
1 Il prezzo internazionale varia per la varietà arabica a seconda della zona di origine del caffè, della qualità del
prodotto, della presenza di certificazione biologica e del livello di lavorazione del caffè ( commercializzato
principalmente come caffè pergamino, a cui stata tolta la buccia della drupa o verde, a cui è stata tolta anche la
copertura esterna, il pergamino). La differenziazione per prezzo in base al luogo di produzione vale per l’arabica ma
non per la robusta, per la quale la provenienza non modifica il prezzo del caffè
2 chiamato prezzo F.O.B., free on board,
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Fonte: Elaborazione di F. Licciardo su dati ICO,

L’andamento del prezzo del caffè negli ultimi anni è stato molto variabile. Si può osservare come dal 1989 i prezzi del
caffè tranne alcuni brevi periodi di forte innalzamento dei corsi siano stati caratterizzati da un trend di forte discesa.
Dall’analisi del grafico si vede infatti che il prezzo del caffè nelle due varietà più commercializzate
livello internazionale sia caduto vertiginosamente negli ultimi 13 anni, toccando il fondo nel
periodo 1998-2001.
Questo crollo dei prezzi è stato collegato sia alla caduta del consumo del caffè da parte dei paesi consumatori, sia
all’aumento della produzione e la prepotente comparsa di alcuni nuovi paesi, come il Vietnam sulla scena mondiale.
Entrambi questi fattori hanno contribuito all’acuirsi della caduta del prezzo del caffè.
Altri colpevoli possono essere trovati nel “libero gioco” della domanda e dell’offerta, che è governato dalle
multinazionali del settore ( p.e. Nestlè, Philip Morris, etc), e dalle politiche imposte ad alcuni paesi dalle grande
istituzioni internazionali ( BM e FMI), che hanno spinto paesi come il Vietnam ad incrementare notevolmente la
produzione e le esportazione, senza controllare la qualità del caffè prodotto, senza tener conto dell’effetto che questo
poteva sul corso dei prezzi dello stesso e sui ricavi della vendita.
Un altro fattore da mettere in evidenza nella determinazione dei prezzi internazionale è quello dei “contratti a termine”
( futures) nel campo delle materie prime3, che da alcuni decenni si è esteso anche al mercato finanziario, acuendo la
forbice tra economia reale e monetaria.
Il mercato dei futures è nato per permettere agli operatori di tutelarsi sulle variazioni di prezzo al rialzo o al ribasso di
una data merce. Questi strumenti finanziari, come altri strumenti finanziari, possono avere un utilizzo potenzialmente
positivo per la collettività4 o essere utilizzati in maniera prettamente speculativa. Il problema è che negli ultimi anni la
seconda opzione è divenuta predominante e essi sono divenuti dei potenti mezzi in mano agli speculatori internazionali,
in particolare degli operatori che operano sui mercati a breve, e che scommettono sul rialzo o sul ribasso del corso di
una data merce o moneta. Alle azioni speculative di questi operatori, si devono aggiungere anche le operazioni messe in
atto dai grandi operatori del settore, (produttori, compratori e che comprendo entrambe le funzioni 5). L’azione
combinata delle azioni di questi operatori, che . per la determinazione dei prezzi internazionali delle materie prime, si
basano sull’analisi di dati reali o eventi possibili o sulla semplice messa in giro di “informazioni”6 più o meno fondate.
I veri soggetti svantaggiati da questo tipo di commercio sono, come sempre, i piccoli e medi produttori, non riuniti in
cooperative, e/o che non hanno accesso a mercati di nicchia (commercio equo, produzioni biologiche) che non hanno
accesso alle informazioni sull’andamento del mercato, ne le risorse finanziarie per potersi tutelare, Eppure il sistema del
commercio in future non è uno strumento in sé malvagio, come dimostrano le centrali del commercio equo che lo
applicano per garantire dei redditi adeguati ai propri partner commerciali e tutelarli dalle variazioni di prezzo
Nel mercato del caffè un ruolo molto importante viene svolto dalle diverse imprese multinazionali, che operano nel
settore, che cercando di controllare sia i processi di commercializzazione, che quelli di vendita della materia prima,
garantendosi profitti molto alti. Sono proprio questi grandi operatori commerciali, insieme a fondi pensione e/o di
investimento, ed altri investitori finanziare a determinare, tra l’altro, il corso del prezzo delle materie prime, come il
caffè

Tabella n. 2- Le multinazionali del caffè

3 Per una capire come è nato e si è sviluppato il mercato dei Futures si consigliano “Il Maiale e il Grattacielo di
M.d’Eramo, (Feltrinelli,Milano, varie edizioni) e, E il denaro va di C.Marazzi, ( Bollati boringhieri, Milano, 1998)
4 Basti vedere l’utilizzo che né fa il commercio equo, in particolare quando si occupa di materie prime alimentari, dove
è più difficile valutare i rischi per la produzione
5 Come le maggiori multinazionali del settore come Nestlè e Philip Morris
6 In tutte le operazioni economiche, in particolare in quelle finanziarie, un elemento molto importante per la loro
riuscita è quello controllo della circolazione delle informazioni, elemento che concede a chi lo possiede una posizione
di preminenza rispetto ad altri. Basti ricordare quello che accade nel film “Una poltrona per due”.
Soggetti commerciali Sacchi Quota di mercato Estensione

Nestlè - (Svizzera) 12-13 mln 25% 56% solubile Globale

KJS - (Philip Morris) - (USA) 12-13 mln 24% Europa/ USA

Sara Lee - (USA) 5mln 7% Europa/Brasile/USA

Procter & Gambler - (USA) 4mln 7% Europa/USA

Tschibo/Eduscho - (Germania) 3,5 mln 6% Europa

Fonte: Circolare Ctm Altromercato, Settembre 2002


Dalla tabella si può vedere che Sei imprese controllano da sole la commercializzazione e lavorazione di circa il 34%
della produzione mondiale di caffè, ma ben il 69% del mercato mondiale del caffè trasformati 7. A questi operatori
dobbiamo aggiungere tutta una serie di altri operatori più piccoli, che controllano porzioni significative deI mercato,
seppure in campi definiti, p.e. torrefazione, commercializzazione, etc..
Inoltre i processi di integrazione produttiva messi in campo fanno aumentare i margini di profitto per queste aziende,
nel mercato inglese come fa notare “un rapporto della Deutche Bank (2000), risulta che il margine medio della Nestlè
per ogni sterlina di caffè solubile venduto sia pari a 26 centesimi (profitto ottenuto dopo la sottrazione dei costi di
marketing, salari e costi di lavorazione”)8.
Possiamo quindi riassumere che l’attuale situazione del mercato mondiale del caffè, caratterizzata da sovrapproduzione,
dalla stagnazione della domanda in alcuni dei paesi consumatori, che si stanno orientando verso il consumo di altre
bevande, hanno generato un forte squilibrio del mercato, che sta avendo forti ripercussioni sulla vita di milioni di
produttori di caffè, costretti oggi più che mai a vendere il caffè ben al di sotto del livello di remunerazione dei costi di
produzione, solo per fare cassa e pagare i propri debiti.

Infatti i piccoli produttori di caffè non hanno potere contrattuale e sono quindi costretti a vendere il proprio caffè per
fare cassa indebitandosi sempre di più.
Dopo la caduta dei prezzi del periodo 1997-2001 questa situazione si sta presentando in tutto il mondo, dove molti
piccoli contadini hanno dovuto abbandonare le proprie terre perché, nonostante l’aumento della superfici coltivata a
caffè, ottenuta spesso a scapito della coltivazione di prodotti di prima necessità, non riuscivano nemmeno a
guadagnare nemmeno il necessario per cibarsi. Questo ha fatto aumentare la pressione migratoria verso le città e
l’aumento dei casi di malnutrizione.
La caduta del prezzo del caffè ha inoltre avuto effetti rovinosi sulle economie di alcuni paesi, in particolare Africani
( che dipendono in modo forte dall’esportazione di caffè9), che hanno perso milioni di dollari dalal caduta del prezzo
del caffè.

Se i prezzi del caffè calano, quelli della vendita al dettaglio cosa fanno?
Qual è stato l’effetto sui consumatori del caffè, hanno beneficiato del calo repentino dei prezzi del caffè a livello
internazionale?
Nell’ultimo biennio, i prezzi internazionali per il caffè verde (o crudo) si sono più che dimezzati e sono ai livelli più
bassi degli ultimi 40 anni in termini reali mentre il prezzo di vendita del caffè torrefatto in tutte le sue forme si è
mantenuto costante, anzi possiamo notare che p.e. in Italia è aumentato del 15% dal 199510, collegandosi all’andamento
dell’inflazione. La stessa forbice tra i prezzi di vendita al dettaglio si può osservare in altri paesi consumatori.
Questo ha permesso alle industrie di importazione e trasformazione del caffè in tutto il mondo di realizzare un
guadagno netto, derivante sia dal calo del prezzo internazionale del caffè, ma anche dall’inserimento all’interno delle
proprie miscele di quantità sempre maggiori di caffè di qualità inferiore, in particolare della varietà robusta, infatti si
stima che la percentuale di robusta all’interno delle miscele di caffè sia aumentato dal 35% al 40% della composizione
dell’intera miscela.11

7 Inoltre dobbiamo far notare come la Nestlè controlli ben il 56% del mercato mondiale del caffè solubile
8 cit da F.Licciardo Gli standard sociali nel sistema agroalimentare: il caso del commercio equo e solidale nel mercato
del caffè e delle banane, tesi di laurea, Università degli studi Parthenope, Napoli, 2004,
9 P.e. Il caffè determina il 79% delle esportazioni del Burundi e il 54% di quelle dell’Etiopia, che ha perso ben 108
milioni di US$ dalla contrazione dei ricavi delle esportazioni dopo il crollo del prezzo del caffè nel periodo 1997-2001
10 cit da F.Licciardo, op.cit.
11 Oxfam, Gusto amaro, la povertà nella tua tazza di caffè, Berti Altreconomia, Milano/Piacenza 2003, pag74
Leggendo il rapporto di Oxfam dal titolo “Gusto amaro”12 si vede che se 10 anni fa ai paesi produttori restavano ben 10
miliardi di dollari su un mercato che ne valeva 30, quindi con un margine di circa il 33%, ora ricevono circa 6 miliardi
su un mercato che ne vale circa 60, con un percentuale che è calata al 10%.
Inoltre oggi ai produttori di caffè rimane solo l’1 del prezzo di una tazzina di caffè e poco meno del 6% del prezzo di
una confezione di caffè di caffè al supermercato. La situazione dei piccoli produttori, in balia degli intermediari locali è
ancora peggiore, perché sono costretti spesso a svendere a questi il proprio caffè.
Basti pensare che se nel 1984 negli Usa il prezzo dei chicchi di caffè costituiva per ben il 64% del prezzo finale, nel
2001 questa percentuale era caduta al 18%. La situazione non è molto diversa nei mercati di altri paesi consumatori13.
Un altro esempio molto chiaro di come si sia acuita la forbice tra produttori di caffè e commercianti viene sempre da
Oxfam, quando viene ricostruita la curva del prezzo del caffè dall’Uganda alla Gran Bretagna, da questo studio si vede
che mentre al contadino viene pagata circa 0,14 centesimi di dollaro, il prezzo pagato dall’importatore è di 0,52
centesimi, mentre quello di vendita al dettaglio di un chilo di caffè solubile è di 26,40 dollari contro un costi di
produzione di soli 1,64 dollari.
Quindi tutta la catena di commercializzazione si divide una somma di 24,76 di dollari14
Una situazione inaccettabile sotto ogni punti di vista soprattutto per i piccoli produttori, per i quali le difficoltà si
assommano sempre di più, perché continuano ad avere un potere contrattuale molto basso, rispetto ai vari intermediari.

Come uscire da questa situazione di squilibrio e sfruttamento?


Sempre seguendo gli orientamenti di Oxfam si possono profilare alcune scelte di azione praticabili, che sicuramente non
sono in contrasto con le altre, ma che possono essere perseguite nello stesso tempo.
Alcune di queste sono :
• Queste sono cercare di bilanciare di nuovo la domanda e l’offerta di caffè, mentre ora vi è una offerta maggiore
rispetto alla domanda potenziale. Questo si può ottenere attraverso la diminuzione delle esportazioni con lo
scopo di far innalzare il costo dei prezzi.
• Un’altra scelta strategica è sicuramente quello di puntare sull’aumento della qualità del prodotto, anche
puntando sulla certificazione biologica per la coltivazione del caffè, pratica che garantisce ricavi sensibilmente
più alti.
• Un'altra scelta potrebbe essere quella di rafforzare il ruolo del commercio equo, anche attraverso la richiesta di
defiscalizzazione da parte dell’unione europea delle importazioni di caffè ottenute attraverso i canali equi.

Parleremo ora di uno di questi modelli di risposta agli squilibri agli squilibri generati dall’attuale sistema internazionale
degli scambi : Il commercio equo e solidale (C.E.S.)

IL COMMERCIO EQUO E SOLIDALE (C.E.S.)15


Il C.E.S. si può definire come una delle risposte possibili agli squilibri ed alle ingiustizie generati dall’attuale sistema
internazionale degli scambi;
Esso è una forma di relazione di partenariato e cooperazione tra produttori del Sud e consumatori del Nord, che punta a
riportare il sistema economico al servizio dell’uomo, ponendolo come elemento centrale della relazione.
La creazione di rapporti commerciali equi dovrebbe facilitare l’avvio di processi di autosviluppo e autogestione nelle
comunità del Sud ed aumentare la consapevolezza e la responsabilità dei consumatori, in particolare rispetto al rispetto
dei diritti umani e delle storture dell’attuale sistema socioeconomico, facendo aumentare la consapevolezza della
necessità di adottare sistemi di vita e consumo più sobri.
I principi base del CES sono:
• acquisti diretti da produttori organizzati collettivamente e democraticamente;
• prezzi equi decisi con i produttori, che consentano di coprire i costi di produzione e permettono ai lavoratori un
livello di vita dignitoso; viene garantito un prezzo minimo quando il mercato è depresso ed un premio quando il
prezzo di mercato supera il minimo garantito, per finanziare progetti di sviluppo (vedi grafico). Vogliamo quindi
sottolineare come i prezzi all’interno del commercio equo siano slegati dai meccanismi del mercato tradizionale e
siano legati al rispetto dei diritti dei lavoratori e ai processi di autosviluppo delle comunità locali, che vengono
incentivati anche attraverso progetti di cooperazione tra ONG, centrali di importazioni, botteghe del mondo e
produttori
• relazioni commerciali stabili con contratti pluriennali che consentono programmazione di attività ed investimenti.
• prefinanziamenti dei raccolti per evitare il ricorso ad usurai e vanificare i vantaggi del prezzo equo.

12 Oxfam, Gusto amaro, op.cit


13 Oxfam, Gusto amaro, op.cit, pag.60
14 Oxfam, Gusto amaro, op.cit. pag.67
15 questo pezzo e quello successivo sul caffè in Chiapas è stato preso a piene mani, per non dire copiato, dal dossier “Il
caffè” preparato dalla bottega Jambo di Fidenza
290 P rez z o di m erc ato (in c ents )

270 P rez z o m inim o FLO (organis m o internaz ionale per il CE S )


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Il commercio equo è nato con un duplice obiettivo

Aiutare praticamente una serie di piccoli produttori svantaggiati a migliorare il proprio reddito e la propria qualità di
vita, indicando la strada quella che si può definire come una “utopia praticabile”

Denunciare le storture del sistema economico dominante, e operare a tutti i livelli e utilizzando molteplici leve per
cercare di cambiare le cose.

Il commercio equo cerca di favorire la diffusione delle idee e delle pratiche della partecipazione, della democrazia, della
solidarietà sia nel nord che nel sud. Secondo quest’ottica nella costruzione delle relazioni sono privilegiate le forme
associative, che facilitano o incentivino nella sostanza e non solo nella forma16, la partecipazione e la crescita di
individui e gruppi , rafforzando in modo significativo l’attivazione delle cosiddette categorie svantaggiate, in particolare
le donne.
Il commercio equo privilegia l’adozione di metodi produttivi a basso impatto ambientale, sia nel settore alimentare,
dove si aiutano i produttori ad ottenere certificazioni di produzione biologica, sia in quello artigianale.
Inoltre cerca, anche se non sempre ci riesce, di tutelare e esaltare il patrimonio culturale dei propri partner.
Il commercio equo cerca di ridurre al grado zero il lavoro minorile, essendo allo stesso tempo consapevole che il
semplice rifiuto di questa forma di lavoro senza un contemporaneo aumento del reddito familiare è semplice e pura
demagogia.
.Il commercio equo rifiuta l’idea della semplice solidarietà, della carità, ma cerca di migliorare la condizione dei partner
del sud del mondo, cercando di migliorare non solo la loro condizione economica ma soprattutto la percezione, che i
propri partner hanno di se stessi, non come beneficiari di forme di solidarietà mas come veri e propri protagonisti del
proprio sviluppo.
In questi ultimi anni, oltre alla crescita costante del volume di vendite del commercio equo all’interno del commercio
equo si sta modificando in senso più paritario la relazione tra produttori del sud del mondo e centrali e associazioni del
nord, perché sta divenendo sempre più forte la partecipazione delle associazioni di produttori all’interno di IFAT
( federazione internazionale associazioni di commercio alternativo) ma si sta diffondendo sempre più la pratica del
commercio equo all’interno dei paesi del sud del mondo.
Nel mondo del commercio equo nel sud come nel nord del mondo questo incedere costante sta provocando dei rapidi
cambiamenti sia in senso positivo, crescita della conoscenza del commercio equo e delle sue tematiche presso un grande
numero di persone, sia in termini negati, accrescimento della componente commerciale rispetto a quella propriamente
politica. Cambiamenti che fanno venire al pettine le differenze tra i diversi soggetti operanti nel settore e che porteranno
ad una profonda ridefinizione del modo di fare commercio equo e su quali saranno le priorità da affrontare nei prossimi
anni.

IL CAFFE’ IN CHIAPAS (MESSICO)


In Messico circa 300.000 produttori coltivano caffè su un’estensione di 750.000 ettari; circa il 92 % sono piccoli

16 Ai partner del C.E.S. viene chiesta la rispondenza non tanto ad una data forma giuridica ma a dati standard sociali,
morali, economici
produttori con meno di 5 ettari di terreno, più del 60% dei coltivatori sono indigeni.
Il Messico produce uno dei migliori caffè del mondo, coltivato soprattutto sulle montagne; è il quarto Paese produttore
al mondo ed il primo nella produzione di caffè biologico.
Più di 3 milioni di persone vivono grazie alla coltivazione e commercializzazione del caffè, ma il reddito annuale medio
di un produttore non supera 600 €. I guadagni sono realizzati nella commercializzazione dagli intermediari (chiamati
Coyotes) e dalle imprese transnazionali.

In Chiapas il caffè è stato introdotto nel 17° secolo, ma ha raggiunto notevole espansione nei primi anni del
“Porfiriato” (periodo che vede la potere Porfirio Diaz 1877 - 1911 e precedette la Rivoluzione Messicana). Compagnie
straniere (da Germania, Inghilterra e Nord America) hanno trovato in Chiapas aree tropicali ideali per la coltivazione e
situazioni politiche favorevoli per l’espansione delle proprie attività transnazionali.
Da allora le piantagioni sono state amministrate in tre diverse forme.
La prima, caratterizzata da elevata produttività ed altrettanto elevati costi sociali, è iniziata con l’introduzione di
piantagioni di proprietà ed è durata fino all’inizio della seconda guerra mondiale, quando lo stato intervenne nelle
piantagioni di proprietà straniera.
La seconda forma, condotta sotto il controllo dello stato, è caratterizzata da mancanza di attenzione alla produzione.
Questo fatto ha portato alla terza era, dal 1950 in poi, quando le piantagioni sono tornate di proprietà privata.
Oggi i piccoli produttori sono la grandissima maggioranza e la grave crisi del settore, da metà degli anni ”80, li ha
portati a gravi perdite con un notevole aumento della povertà.
L’Istituto Nazionale del Caffè (INMECAFFE’) non ha saputo fronteggiare la crisi e così i piccoli produttori si sono
organizzati per cercare vie alternative e prendere il controllo della produzione, della trasformazione e della
commercializzazione del proprio caffè. Sono nate molte cooperative e diverse iniziative sono state realizzate per
migliorare la qualità di vita dei contadini e per incentivare le coltivazioni senza l’uso dei prodotti chimici. A partire
dagli anni “80 alcune cooperative hanno cominciato ad esportare direttamente verso l’Europa, USA e Giappone,
soprattutto grazie ai circuiti di Commercio Equo e Solidale. Tuttavia la quota di questo commercio è ancora bassa,
nonostante l’ottima qualità del caffè, ed ancora lungo è il cammino da fare per diffondere una dignitosa qualità di vita
per le famiglie dei piccoli produttori.
Il lavoro fatto dalla diocesi di San Cristobal de Las Casas, con l’organizzazione del primo convegno indigeno del 1974,
lo sviluppo del lavoro nelle comunità, la comparsa dell’EZLN hanno modificato profondamente il rapporto esistente tra
le comunità e all’interno delle stesse comunità. Anche a causa del ruolo svolto dal governo e dal PRI nell’esasperazione
dei conflitti tra le comunità e dentro le comunità stesse, attraverso il controllo posto in atto da parte delle reti clientelari
del PRI sui fondi di sviluppo dei programmi nazionali, come il Pronasol (programma nazionale di solidarietà), la
repressione militare e poliziesca e la comparsa di milizie paramilitari, tollerate dal governo centrale, che hanno portato
ad una situazione di guerra di bassa intensità, che ha creato diverse migliaia di sfollati e alcune stragi, come quella di
Acteal.
L’incontro tra alcune cooperative di coltivazione del caffè zapatiste, il commercio equo, e alcune esperienze di
solidarietà filozapatista ha portato benefici ad alcune comunità zapatiste, ma ha anche contribuito a generare delle
disuguaglianze all’interno del rapporto tra comunità.
Gli zapatisti attraverso l’istituzione delle caracoles hanno invece proposto un nuovo modello di azione economica,
gestita in primo piano dalle diverse comunità, che organizzeranno gli aiuti a seconda delle loro necessità e evitando di
creare disuguaglianze al loro interno, privilegiando anche la redistribuzione di risorse e aiuti tra comunità appartenenti a
municipi differenti
Si è cosi cercato di istituzionalizzare un modello di comportamento virtuoso, che era già seguito da alcuni municipi
come quello di Morella, i cui membri avevano già allargato la cooperativa, nata all’inizio per il solo municipio
omonimo, a tutti i municipi della aguascalientes e si sono preoccupati di "riequilibrare" la distribuzione delle risorse
tra le comunità anche prima di ricevere le nuove regole dal CCRI.
Il ruolo che può avere il commercio equo in Chiapas può essere o solo quello canonico di contribuire migliorare le
condizioni di vita dei membri delle singole comunità, con cui opera, o può collegarsi al processo politico messo in atto
dall’EZLN, con la creazione delle caracoles e sviluppare insieme ai diversi municipi, delle vere e proprie reti di
economia solidale per facilitare lo scambio e la redistribuzione delle risorse tra esse, sul modello delle reti di
cooperative create dal MST in Brasile, che ha permesso il rafforzamento del movimento stesso, unendolo al processo di
miglioramento della qualità della vita dei singoli insediamenti.

Alcune realtà di produttori di caffè in Chiapas


UNION MAJOMUT17
Quest’unione è un’organizzazione indipendente composta da 1,550 famigli di produttori di caffè indigeni di etnia
Tzotzil e Tzeltal, che appartengono a 29 comunità di 5 municipi della regione de “Los Altos del Chiapas.

17 M en C E.Cervantes Trejio, La union majomut. La construccion de alternativas de desarollo a largo plazo como
respuesta a crisis recurerrentes en el precio del cafè; scaricato dal sito www.grupochorlavi.org/cafè
Le unità produttive della zona posseggono appezzamenti molto piccoli, di cui viene utilizzato in media 1,2 ettari per la
coltivazione del caffè e circa 1,5 per la produzione di alimenti per l’autosostentamento.
L’unione Majomut partecipa a diversi coordinamenti di organizzazioni di piccoli produttori di caffè che lottano per
sviluppare forme di lotta che incidano sulle politiche pubbliche nel campo della coltivazione e della
commercializzazione del caffè e sviluppare forme di auto aiuto nei diversi campi della produzione e della
commercializzazione.
I periodi di caduta del prezzo del caffè riducendo notevolmente le possibilità di guadagno dei coltivatori, hanno spinto
gli appartenenti a Majomut a pensare come fosse possibile diversificare la propria azione.
Le linee di azione elaborate sono state :
• la commercializzazione diretta del caffè
• la conversione produttiva alla produzione organica e biologica, che viene visto come elemento di rispetto
dell’ecosistema, visto attraverso l’idea della pachamama ( madre terra) ma anche come sistema per ottenere
prodotti sani e di qualità.
• Rafforzamento della produzione per l’autosostentamento

Questi tentativi sono stati messi in atto attraverso processi di :


I.Rafforzamento di forme di partecipazione indigena e creazione di spazi di partecipazione regionali, attraverso
processi decisionali basati sul pluralismo e sul metodo del consenso, che hanno rafforzato le pratiche di
cooperazione e auto aiuto tra i membri. Inoltre molto importante per il rafforzamento delle strategie di risposta
collettiva è stata la creazione di uno spazio di partecipazione regionale creato con la creazione di reti di scambio
intercomunitario, con la formazione di formatori per la diffusione delle coltivazioni per l’autosostentamento,
favorire la conversione alla produzione organica e/o biologica, la commercializzazione dei prodotti dentro e tra
le comunità. L’assemblea che si è formata tra le diverse comunità dell’organizzazione determina le scelte della
giunta esecutiva dell’organizzazione, che si configura solo come l’esecutrice delle decisioni prese dalla
maggioranza
II.Rafforzamento della produzione organica e biologica, attraverso la formazione di contadini che poi sono serviti
a migliorare le conoscenze degli altri contadini delle comunità, secondo un modello di educazione dal basso. Un
processo che ha permesso di unire i modelli di coltivazione tradizionale, con le tecniche più moderne nel campo
della produzione organica e biologica, favorendo l’utilizzo di tecniche particolari di produzione organica, come
quella della coltivazione polivalente, dove si integrano coltivazioni commerciali, coltivazioni per
l’autosostentamento, e di altro tipo ( piante medicinali, rituali, etc.), opponendosi in modo forte alla monocultura
imposta dai modelli produttivi “occidentali”
III.Commercializzazione di parte del proprio prodotto attraverso i canali del commercio equo. L’unione majomut
commercializza attraverso i canali equi circa il 60% della propria produzione, e sta cercando di lavorare per
trattenere presso di sé un maggiore livello di valore aggiunto nella filiera commerciale del caffè

I risultati ottenuti da Majomut nella regione de Los Altos del Chiapas sono
a. Contribuire a sostenere l’autoimpiego locale e rallentare il processo di migrazione verso le città, rompendo
l’idea che le regioni indigene servissero per fornire e riprodurre forza lavoro a basso costo per lo sviluppo di
fabbriche e imprese agricole.
b. Migliorare le condizioni di vita dei coltivatori indigeni aumentando, anche attraverso il commercio equo, il
livello di profitto e quello dei consumi, il livello di produzione per l’autoconsumo, che si è spostata dal livello
familiare a quello comunitario.
c. Aumentare sempre di più la percentuale di coltivatori biologici e la qualità del loro prodotto, attraverso un
processo di continuo apprendimento, migliorando anche il sistema di conservazione dell’ambiente.
d. Migliorare il livello di partecipazione delle donne al lavoro e alla gestione della comunità e
dell’organizzazione
e. Rafforzamento del ruolo dell’organizzazione come attore di sviluppo regionale
f. Valorizzazione della cultura e delle tecniche produttive indigene
L’union Majomut in questi anni è stata utilizzata dal governo come elemento di un contrapposizione rispetto alle
comunità zapatiste e l’EZLN, anche attraverso l’incanalamento di fondi pubblici, attraverso le reti clientelari del PRI
verso le sue strutture.
Negli ultimi anni questa contrapposizione, acuitasi con la formazione e l’accreditamento presso il registro FLO delle
prime cooperative di produzione di caffè legate all’EZLN, insieme alla crescente sensibilità di molte centrali verso la
causa zapatista, ha creato dei forti disagi all’interno della cooperativa, che ha portato anche alla fuoriuscita di circa 450
soci dalla cooperativa, che sono andati a ingrossare le fila della Yachil, una cooperativa di cafetaleros legata all’EZLN.
La scelta è stata anche legata al prezzo troppo basso che la cooperativa Majomut pagava ai contadini soci ( a volte solo
½ peso in più dei coyotes, cui si dovevano però aggiungere i servizi offerti dalla cooperativa ). Alcuni contadini lo
hanno fatto anche a rischio di perdere la certificazione di coltivazione biologica, che avevano ottenuto attraverso il
supporto della cooperativa
PICCOLI PRODUTTORI DI CAFFE’ A TILA (CHIAPAS)
Tila si trova negli “Altos” del Chiapas, una zona di montagna tra 1000 e 1500 metri sul livello del mare; la vegetazione
è lussureggiante ed il clima è ideale per la coltivazione del caffè. In questo luogo abitato principalmente da indigeni di
origine Chol, il caffè rappresenta la principale forma di sostentamento della gran parte delle famiglie.
L’attuale crisi mondiale del caffè ha fatto precipitare l’economia locale e molte persone sono in grave difficoltà. Dal ’97
ad oggi il prezzo di un chilogrammo di caffè al produttore è passato da 25 pesos a 6 pesos (circa 0,77 €), mentre i costi
sono aumentati. Nello stesso periodo il prezzo della tazzina di caffè in Italia non è diminuito, anzi… .
La zona di Tila, come molte altre parti del Chiapas è teatro di rivendicazioni degli indigeni contro lo sfruttamento e la
discriminazione dello Stato messicano e delle multinazionali; questa lotta ha avuto come principale portavoce il
movimento zapatista del subcomandante Marcos. Nei confronti della popolazione sono stati compiuti numerosi
interventi violenti e massacri soprattutto da parte di gruppi paramilitari, come ad esempio Paz y Justicia che ha una
importante sede propria a Tila.
In questo quadro difficile e drammatico i piccoli produttori di caffè, le cui estensioni di terreno non raggiungono
mediamente un ettaro, si sono riuniti in due cooperative per cercare di opporsi al potere dei “coyotes”, come sono
chiamati gli intermediari che si accaparrano la produzione e dettano le leggi del mercato locale.
DESMI (Desarrollo Economico y Social del los Mexicanos Indigenas), un’organizzazione non governativa messicana,
sta aiutando questi coltivatori a migliorare la produzione ed organizzarsi per la commercializzazione.
La cooperativa “Shlumijelonla” è riuscita a comprare una macchina per la tostatura del caffè e così riesce a proporre il
caffè già tostato ed eventualmente macinato.
La seconda cooperativa “ Casa Maya” si sta organizzando per la certificazione, da parte di organismi internazionali,
della produzione di caffè organico.
Per entrambe le cooperative la commercializzazione rimane la fase determinante da sviluppare e concretizzare. Anche
per loro il Commercio Equo e Solidale rappresenta l’unica reale speranza di raggiungere un giusto sostentamento delle
proprie famiglie.

COOPERATVA MUT VITZ


La cooperativa Mut Vitz è formata da coltivatori provenienti da diverse comunità in resistenza situate nella zona nord
del Chiapas. La cooperativa raccoglie gli appartenenti a comunità poste in diversi municipi, come quelli di San Juan de
la Liberdad, San Andrés, luogo della firma degli accori di pace tra governo messicano e EZLN, e Chenalhò, che
distanti tra loro diverse ore di viaggio. I trasferimenti tra municipi sono inoltre resi difficoltosi dalla mancanza di strade
pavimentate
Attualmente la maggioranza dei membri della cooperativa, che si occupano della coltivazione di caffè, producono caffè
biologico certificato. Inoltre all’interno della cooperativa sono coinvolti anche dei produttori di miele ( circa 81 18) che
stanno cercando di accreditarsi presso FLO per esportare il proprio prodotto, mentre le donne della comunità producono
oggetti di artigianato, che vendono direttamente nei mercati delle città, anche se stanno cercando di trovare delle sponde
commerciali sia all’estero sia in patria per vendere i propri prodotti a prezzi più alti di quelli che gli sono corrisposti
dagli intermediari locali.
I membri della cooperativa Mut Vitz affermano di essersi riuniti in cooperativa per non lasciare che tutto il guadagno
andasse nelle mani dei coyotes ( gli intermediari), coloro che meno lavorano nella produzione di caffè e che più
traggono vantaggio dalla commercializzazione dello stesso. Essi hanno dato vita alla cooperativa in modo particolare,
quando sotto l’influsso del movimento zapatista, a cui la cooperativa è molto legato hanno capito che potevano
controllare tutte le fasi della produzione, attraverso l’esportazione e la vendita diretta. La cooperativa ha anche
l’obiettivo di sviluppare progetti produttivi, che possano migliorare le condizioni di vita dei soci della cooperativa e
sviluppare risorse per promuovere altri progetti di sviluppo per le comunità19.
I soci della cooperativa stanno dando anche molto impulso alla produzione di alimenti per l’autosussistenza, attraverso
l’utilizzo di un processo di coltivazione che unisce la coltivazione del caffè a coltivazioni diverse, sia per
l’autosussistenza, sia a coltivazioni di tipo rituale20, aumentando anche il livello di biodiversità e la fecondità del terreno
La cooperativa è nata nell’ottobre 1997 e registrata legalmente nel 1998, con lo scopo di dare possibilità di autonomia
economica e alternative di sviluppo a comunità che non rientrano nei piani del governo.
La cooperativa supporta in modo diretto le iniziative dell’EZLN
Gli obiettivi di Mut Vitz sono :
 fornire supporto per la diffusione delle conoscenze sulla produzione biologica
 rafforzare la capacità dei membri della cooperativa di vendere il proprio caffè a livello nazionale e
internazionale a prezzi giusti
 migliorare il livello delle infrastrutture per permettere ai singoli membri di ottenere un miglior controllo della
qualità del prodotto e ridurre il carico di lavoro individuale del “beneficio umido”
18 dati presi dalla scheda di Flo
19 dal sito www.enlacivil.org.mx
20 Si tralascia in questo caso il fatto che molte coltivazioni per l’autosussistenza abbiano sempre mantenuto per le
popolazioni indigene un forte valore culturale
 migliorare le capacità della cooperativa nei processi di essicazione e trasporto del caffè
 migliorare le condizioni sociali ed economiche dei soci della cooperativa

I ricavi del surplus derivante dalla vendita dei caffè nei canali del commercio equo, che sono i soli canali di vendita a
livello internazionale, sono distribuiti direttamente ai produttori come compensazione per i minori guadagni ricevuti sul
mercato interno.
La cooperativa possiede un grande livello di partecipazione interna e vi è uno stretto legame tra le comunità e i referenti
della cooperativa, sia per lo stretto legame tra le comunità e la cooperativa, rafforzato dal fatto che le comunità hanno
un stessa matrice culturale indigena ( con la comune appartenenza all’etnia Chol), sia per il forte legame con le
proposte politiche e culturali avanzati dall’EZLN.
Il consiglio direttivo viene eletto ogni tre anni dall’assemblea generale, i cui delegati vengono designati direttamente
dalle comunità coinvolte.
Una grande attenzione forte è l’attività di formazione per diffondere le conoscenze sulle pratiche della coltivazione
biologica, attraverso il lavoro di circa 35 formatori, che si occupano di organizzare laboratori nelle diverse comunità.
La cooperativa è una struttura economicamente sostenibile, anche se non ha grandi capitali, anche per la decisione di
non accettare finanziamenti dall’esterno, che se lascia integra l’autonomia della struttura stessa, ne indebolisce la
capacità di sviluppo futuro.
Secondo la scheda di FLO21 la cooperativa sembra essere debole sia dal punto di vista della gestione delle
comunicazioni, perché esiste un solo centro di comunicazione a San Andres de Larrainzar, dove i fax vengono visionati
una vola a settimana, dal punto di vista della lavorazione del caffè, in quanto non possiede mezzi propri per il trasporto
e l’essiccazione del caffè lavorato, che devono essere affittati, riducendo i possibili guadagni .
Inoltre la cooperativa non pensa di aumentare nel breve periodo il livello di vendita attraverso il mercato internazionale,
perché attualmente non ha le capacità organizzative, umane e finanziarie per supportare quest’aumento, mentre progetta
di sviluppare ed incrementare la vendita di caffè torrefatto e macinato sul mercato interno.

La cooperativa Yachil Xojobal Chulchan (Nueva Luz del Cielo)22


Insieme alla cooperativa Yochin Tayel Kinal (Trabajando la Nueva Tierra), di cui si parlerà in seguito, è una delle
cooperative, legate all’EZLN. Essa raccoglie circa 5 comunità de Los altos del Chiapas
Essa comprende circa 1,300 produttori di caffè e miele. La cooperativa, che si è costituita legalmente nel 2001, ha
attivato un processo per la certificazione biologica della propria produzione, e attualmente si trova nel periodo di
conversione.
Il caffè da loro prodotto, principalmente di qualità arabica , è di qualità molto alta, perché le loro piantagioni si trovano
in condizioni climatiche e di altitudine ideali.
Essi hanno formato la cooperativa per poter controllare sia la produzione che la commercializzazione dei propri
prodotti, che per molti anni “non ha avuto prezzo” a causa della caduta verticale del prezzo del caffè ma anche a causa
degli inganni degli intermediari, che li truffavano sul prezzo e sul peso del caffè, incassando ulteriori profitti,
approfittando della loro condizione di monopsonisti, anche per le difficoltà di comunicazione e trasporto tra le zone de
los altos e i centri di commercializzazioni e per la disgregazione esistente tra i diversi produttori.
Inoltre sia Yachil Xojobal Chulchan che Yochin Tayel Kinal stanno cercando rafforzarsi reciprocamente attraverso il
coordinamento delle loro esperienze nell’ottica delle creazione di una rete tra le due cooperative, che si potrà allargare
ad altre cooperative, per condividere le esperienze e aiutarsi reciprocamente, con lo scopo di ridistribuire per tutti i
benefici, anticipando nei fatti l’istituzione delle Caracoles proposta dal CCRI e dall’EZLN.
Yachil ha iniziato a commercializzare parte del proprio prodotto attraverso i canali del commercio equo, attraverso
l’associazione Caffè Libertà di Amburgo, è sta cercando di allargare il livello di commercializzazione attraverso i canali
del commercio equo, avviando contatti con diverse centrali, come la tedesca Gepa.

Bibliografia e fonti
Associazione Jambo, dossier il caffè, Fidenza, 2001
Cervantes Trejio M en C E., La union majomut. La construccion de alternativas de desarollo a largo plazo como
respuesta a crisis recurerrentes en el precio del cafè, scaricabile dal sito www.grupochorlavi.org/cafè
Norman Cili, notizie sulle cooperative di produzione in Chiapas inviate via mail
Flo, scheda cooperativa Mut Vitz
Gruppo comunicazione CTM, Quando il caffè è un piacere sociale, CTM, 2000
Gruppo comunicazione CTM , il mercato ballerino, CTM, 2003
Licciardo Francesco Gli standard sociali nel sistema agroalimentare: il caso del commercio equo e solidale nel
mercato del caffè e delle banane, tesi di laurea, Università degli studi Parthenope, Napoli, 2004,
Oxfam, Gusto Amaro, la povertà nella tua tazza di caffè, Berti Altreconomia, Milano

21 datata 2001
22 queste informazioni derivano da una lettera a Gepa inviata dalle due cooperativa, inoltrata via mail da Norman Cili,

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