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Anno Accademico 2007 - 20087

ORGANIZZAZIONE ED AMMINISTRAZIONE DEI MINISTERI

I Ministeri (chiamati talune volte anche Dicasteri) sono organi amministrativi statali che esercitano la loro competenza su tutto il territorio nazionale. Ad essi fanno capo tutti i servizi amministrativi dello Stato (sia a livello locale che a livello centrale) competenti per un determinato settore. In parole pi semplici, ogni Ministero dirige un particolare settore della Pubblica Amministrazione. La nostra Costituzione stabilisce che sia la legge a determinare il numero, le attribuzioni e lorganizzazione dei singoli Ministeri1. Lorganizzazione interna dei Ministeri complessa, essendo composta di diversi uffici suddivisi in pi Direzioni Generali. A loro volta queste ultime si suddividono in Divisioni e Sezioni. Inoltre, presso ogni Ministero presente un ufficio di Gabinetto (che mantiene il collegamento amministrativo con tutte le varie Direzioni Generali degli altri Ministeri) la Segreteria particolare (con compiti attinenti alla persona del Ministro) ed il Consiglio di Amministrazione. A capo dei Ministeri sono posti i Ministri (detti anche Segretari di Stato), nominati con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri. Il Ministro il capo gerarchico di tutti i funzionari del suo Dicastero (provvedendo anche alla carriera degli impiegati), cura lorganizzazione degli uffici (mediante regolamenti interni, circolari e cos via) e disciplina il Dicastero affidatogli attraverso una serie di atti normativi2. A fianco dei Ministri titolari di un Dicastero, vi sono poi i Ministri senza portafoglio, cio quei Ministri ai quali sono affidati dei compiti di governo ma non sono assegnati ad un particolare Ministero3. Tutti i Ministri concorrono a formare un organo collegiale: il Consiglio dei Ministri (presieduto dal Presidente del Consiglio). Tale organo il titolare della funzione di indirizzo politico consistente nella concreta scelta delle modalit e degli strumenti per governare il Paese (in collaborazione con il Parlamento).

IL MINISTERO DI GIUSTIZIA

Nel campo dei Servizi Sociali particolare importanza riveste il Ministero di Giustizia, sia in riferimento alle problematiche affrontate sia riguardo alla sua organizzazione interna4. Nello specifico, il Ministero di Giustizia assolve ai seguenti compiti:
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Titolo III, art. 95, ultimo comma. In tal senso, il riferimento pi recente dato dalla Legge 23 agosto 1988, n. 400: Disciplina dellattivit di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri. 2 Il Ministro coadiuvato nei suoi compiti da uno o pi Sottosegretari di Stato, delegati dallo stesso Ministro per gruppi di affari singoli. bene precisare che i Sottosegretari sono figure non contemplate dalla nostra Costituzione. 3 Come esempio, possono essere indicati: il Ministro per i rapporti con il Parlamento, il Ministro per la protezione civile, il Ministro per gli affari regionali. 4 Si pensi che solo alla fine del 1995 stato bandito un concorso dallo stesso Ministero per la copertura di 277 posti nel profilo professionale di assistente sociale coordinatore (settima qualifica funzionale), nellAmministrazione della giustizia minorile (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, IV serie speciale n. 99-bis del 29/12/95).

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a) cura ed organizza i servizi amministrativi della giustizia5; b) sovrintende ai servizi degli Istituti di pena ed esplica le attivit per lesercizio del potere di grazia; c) vigila sullesercizio delle professioni forensi e notarili. Per quanto riguarda i compiti indicati ai punti a e b, esiste (dal punto di vista organizzativo) una differenza tra unamministrazione centrale ed una periferica nellambito dellorganizzazione degli Istituti di Prevenzione e Pena. A livello centrale troviamo i Dipartimenti dellAmministrazione Penitenziaria nellambito del Ministero di Grazia e Giustizia6. Il Dipartimento provvede (secondo le direttive e gli ordini del Ministro) ai seguenti compiti: a) attuazione della politica dellordine e della sicurezza degli istituti e servizi penitenziari e del trattamento dei detenuti e degli internati, nonch dei condannati ed internati ammessi a fruire delle misure alternative alla detenzione; b) coordinamento tecnico-operativo, direzione ed amministrazione del personale penitenziario, nonch coordinamento tecnico-operativo del predetto personale e dei collaboratori esterni allAmministrazione; c) direzione e gestione dei supporti tecnici, per le esigenze generali del Dipartimento medesimo. A livello periferico sono presenti i Provveditorati Regionali dellAmministrazione Penitenziaria7. I Provveditorati rappresentano gli organi decentrati dellAmministrazione penitenziaria operanti nel settore degli Istituti di prevenzione e pena per adulti e si occupano delle seguenti materie: a) personale, b) organizzazione dei servizi e degli istituti; c) detenuti ed internati; d) rapporti con gli Enti Locali, le Regioni ed il Servizio Sanitario Nazionale. evidente che, in qualit di organi decentrati, i Provveditorati operano sulla base di programmi e direttive impartiti dal Dipartimento. Si sottolinea che le Regioni non hanno competenze legislative in materia penitenziaria.

LA RIFORMA DEL SISTEMA PENITENZIARIO IN ITALIA

Il sistema penitenziario ha subito un radicale rinnovamento con la L. 26 luglio 1975, n. 354: Norme sullordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libert (nota anche come legge di riforma carceraria)8. Pur
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Dai suddetti compiti sono per escluse le competenze del Consiglio Superiore della Magistratura per lo stato giuridico ed i movimenti dei magistrati. 6 Istituiti con Legge 121/1981 (art. 30 e seguenti). 7 Istituiti con Legge 395/90. 8 Legge 26 luglio 1975, n. 354: Norme sullordinamento penitenziario e sullesecuzione delle misure privative e limitative della libert (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 9 agosto 1975, n. 212). Tale testo stato ampliato e modificato nel corso degli anni da diverse leggi, tra cui la cosiddetta legge Gozzini e dal decreto legge n. 306/92 (poi convertito in legge n. 356/92). Particolare menzione merita altres il D.P.R. del 29 aprile n. 431: Approvazione del regolamento di esecuzione della legge 26 luglio 1975, n. 354 recante norme sullordinamento penitenziario e sullesecuzione delle misure privative e limitative della libert (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 22 giugno 1976, n. 162); tale D.P.R.,

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se questa legge stata successivamente ampliata dalla L. 10 ottobre 1986, n. 663 (la cosiddetta Legge Gozzini), essa continua a rappresentare un fatto assolutamente nuovo e di straordinaria importanza nella storia delle istituzioni penitenziarie nel nostro Paese. Non bisogna infatti dimenticare come con la legge n. 354/75 viene regolata, per la prima volta, attraverso una legge formale tutta la materia che attiene agli aspetti applicativi delle misure penali privative e limitative della libert, modificando - in misura sostanziale - anche la concezione legata al concetto di espiazione della pena detentiva9. La pena detentiva diventa quindi suscettibile di modificazioni in relazione al grado di rispondenza del condannato allopera di trattamento rieducativo attuata nei suoi confronti; di qui la sentita necessit di ricorrere ad una serie di misure alternative a quella tradizionale della detenzione: affidamento in prova al Servizio Sociale; detenzione domiciliare; regime di semilibert; licenze; liberazione anticipata. La riforma del sistema penitenziario non si per limitata a sviluppare una serie di modificazioni alla pena della detenzione ma andata ben oltre, dando un nuovo rilievo al concetto di pena detentiva. Con la riforma del sistema penitenziario si cos dato un ampio risalto al Servizio Sociale nonch allassistenza ai detenuti. Nelle intenzioni del legislatore, infatti, la pena detentiva deve essere finalizzata allattuazione di un trattamento rieducativo finalizzato al reinserimento sociale dei condannati e degli internati. Il regolamento di attuazione della legge di riforma carceraria10 amplia tale concetto, precisando come il trattamento degli imputati (sia in qualit di condannati che di internati) sottoposti a misure privative della libert consiste nellofferta di interventi diretti a sostenere i loro interessi umani, culturali e professionali. Tale trattamento rieducativo inoltre diretto a promuovere un processo di modificazione degli atteggiamenti che sono di ostacolo ad una costruttiva partecipazione sociale. importante sottolineare come un tale trattamento dovr essere attuato secondo un criterio di individualizzazione11 dello stesso in rapporto alle specifiche condizioni del soggetto ed ai particolari bisogni della sua personalit. I mezzi attraverso cui perseguire tali obiettivi sono rappresentati dallistruzione, dal lavoro, dalla religione, dalle attivit culturali, ricreative e sportive, ma anche dai contatti con lambiente esterno ed i rapporti con la propria famiglia. Per quanto riguarda, ad esempio, lo svolgimento di attivit culturali, ricreative e sportive, la legge
come recita lo stesso titolo, rappresenta un ampliamento, un chiarimento ed un approfondimento dei principi e degli obiettivi della legge di riforma carceraria. 9 Occorre precisare come fino a pochi anni addietro la materia del trattamento penitenziario e dellorganizzazione degli istituti di prevenzione e pena veniva disciplinata dal cosiddetto Regolamento Rocco, approvato dal R.D. 18 giugno 1931. Per illustrare i principi ispiratori di suddetto regolamento, basta riflettere sulle parole dellOn. Rocco nella sua relazione alle Camere: ... le norme di vita carceraria che siano bens idonee ad emendare il condannato, ma non tolgano alla pena il carattere affittivo ed intimativo, e viene ribadito in termini non equivoci laustero carattere della esecuzione penale che, per conciliare le varie finalit che si propone la pena, devessere mezzo di repressione, di espiazione, di prevenzione generale e di emenda ... (riportato in AA. VV., Leducatore e lassistente sociale, ed. Simone, Napoli 1992, pag. 21). 10 D.P.R. 431/76, ibidem. 11 Vedi L. 354/75, art. 1.

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sullordinamento penitenziario prevede che nei singoli istituti debbano essere favorite ed organizzate attivit culturali, sportive, ricreative ed ogni altra attivit volta alla realizzazione della personalit dei detenuti e degli internati, anche nel quadro del trattamento rieducativo; a tal scopo si prevede la creazione in ogni istituto di un apposita commissione composta dal direttore dellistituto, dagli educatori, dagli assistenti sociali e dai rappresentanti dei detenuti e degli internati allo scopo di curare lorganizzazione di tali attivit, anche mantenendo contatti con il mondo esterno utili al reinserimento sociale12. Inoltre, sempre ai fini del trattamento, al condannato ed allinternato assicurato il lavoro (salvo casi di impossibilit)13. La legge, sempre dal punto di vista sociale, prevede particolari norme a tutela delle gestanti e delle puerpere. Costoro, infatti, sono assistite da specialisti in ostetricia e ginecologia e viene altres garantita lassistenza da parte di personale paramedico ostetrico. Lassistenza sanitaria ai bambini che le madri detenute od internate tengono presso di s viene invece garantita da professionisti specializzati in pediatria. Inoltre, presso gli istituti o sezioni dove vi una esigenza continuativa di assistenza alle gestanti, alle puerpere ed ai bambini, sono organizzati appositi reparti ostetrici ed asili nido. Qualora i bambini debbano essere separati dalla madre e nelleventualit che non esistono persone a cui la madre possa affidare il figlio, la direzione dellistituto segnala il caso agli Enti per lassistenza allinfanzia. In questo caso, il centro di Servizio Sociale cura che siano mantenuti costanti rapporti fra la madre ed il bambino14.

I CENTRI DI SERVIZIO SOCIALE PER ADULTI

Gli impegni rieducativi sanciti dalla legge di riforma carceraria comportano lingresso nellambito del Ministero di Giustizia di nuove figure professionali (quali, tra gli altri, gli assistenti sociali) e listituzione di specifici organismi di servizio e di assistenza sociale: i Centri di Servizio Sociale per Adulti (C.S.S.A.) 15. Tali organi della pubblica amministrazione sono istituiti nelle sedi degli Uffici di sorveglianza e collocati strutturalmente - allesterno degli Istituti Penitenziari (anche se, dal punto di vista burocratico, dipendono dallamministrazione penitenziaria, tramite i Provveditorati Regionali). I C.S.S.A. dispongono, ovviamente, di proprio personale16 e la loro organizzazione disciplinata dal relativo regolamento di attuazione. il Direttore del Centro che assegna al personale il compimento delle attivit mediante una ripartizione dei lavori tra i vari settori di intervento previsti dalla legge; impartisce altres istruzioni e disposizioni per lespletamento dei compiti affidati e ne cura il coordinamento e la supervisione tecnica. In ogni caso, gli interventi di ciascun operatore professionale (o volontario) devono contribuire alla realizzazione di una positiva atmosfera di relazioni umane e svolgersi in una prospettiva di integrazione e di collaborazione; a tal fine, sia gli
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Cfr. L. 354/75, art. 27. La legge 354/75 prevede infatti che gli imputati sono ammessi, a loro richiesta, a partecipare ad attivit educative, culturali e ricreative e, salvo giustificati motivi o contrarie disposizioni dellautorit giudiziaria, a svolgere attivit lavorativa o di formazione professionale, possibilmente di loro scelta e, comunque, in condizioni adeguate alla loro posizione giuridica (Cfr. art. 15). 14 Vedi D.P.R. 431/76, art. 18. 15 Vedi L. 354/75, Capo III: Servizio sociale e assistenza, art. 72, e D.P.R. 431/76, Capo II, art. 105. 16 Ai Centri di Servizio Sociale addetto, oltre agli assistenti sociali, personale delle altre carriere di concetto e di quella esecutiva nonch personale operaio dellamministrazione penitenziaria.

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istituti penitenziari che i centri di Servizio Sociale (dislocati in ciascun ambito regionale), costituiscono un complesso operativo unitario. Inoltre, i programmi di entrambe le strutture dovranno essere organizzati e svolti con riferimento alle risorse della comunit locale17. Nellambito del Centro sono organizzati servizi di segreteria, di ragioneria e di archivio. I compiti che i centri di Servizio Sociale vengono chiamati a svolgere sono generalmente legati a richieste specifiche del magistrato di sorveglianza o della sezione di sorveglianza, ma possono pervenire richieste anche dalle Direzioni degli istituti. In questa sede, i compiti svolti dai Centri di Servizio Sociale per Adulti possono essere cos sintetizzati: a) inchieste sociali utili a fornire i dati occorrenti per lapplicazione, la modifica, la proroga e la revoca delle misure di sicurezza; b) inchieste sociali utili per il trattamento dei condannati e degli internati; c) interventi di tipo sociale volti ad assicurare il reinserimento nella vita libera di chi sia stato sottoposto a misure di sicurezza non detentiva; d) opera di consulenza finalizzata al buon esito del trattamento penitenziario; e) ogni altra attivit prevista dalla stessa legge 354/75 (e dalla legge 663/86) che comporti interventi di Servizio Sociale (come, ad esempio, lassistenza alle famiglie dei detenuti e degli internati volta a conservare e migliorare le relazioni dei soggetti con i propri familiari); f) partecipazione alla predisposizione del regolamento interno del singolo istituto. Lintroduzione del Servizio Sociale per Adulti nel sistema penitenziario rappresenta un fatto assolutamente nuovo e di straordinaria importanza. Difatti, oltre al riconoscimento della professionalit della figura dellassistente sociale, una innovazione di tale portata rappresenta soprattutto la riconosciuta importanza dello studio (allinterno del fenomeno della criminalit) della dimensione sociale e del contenuto ambientale in cui si sviluppato la personalit delluomo delinquente18. Il legislatore ha inoltre previsto che la finalit del reinserimento sociale dei condannati e degli internati debba essere perseguita anche attraverso una sollecitazione ed una organizzazione sia di singoli privati che di istituzioni ed associazioni (pubbliche e/ o private)19. Infine, occorre sottolineare come il legislatore non abbia trascurato particolari situazioni psicofisiche che impongono caratteristiche differenziate nellorganizza-zione dei singoli istituti con conseguente necessit di trattamenti individuali. Nello specifico, la legge 354/75 prevede che i soggetti affetti da infermit o minorazioni fisiche o psichiche (che, a causa delle loro condizioni, non possono essere sottoposti al regime degli istituti ordinari) debbano essere assegnati ad istituti o sezioni
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In sede locale, il coordinamento operativo promosso dagli ispettori distrettuali attraverso opportune iniziative (vedi D.P.R. 431/76, Parte I, Titolo I, Capo I, art. 3 e seguenti) 18 Sebbene questa non sia la sede pi adatta, le innovazioni introdotte da tale legge possono essere paragonate - mutatis mutandis - a quelle realizzate dalla legge istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale (l. 833/78) che sanc il diritto alla salute come un diritto uti singulus e uti societas. Per approfondire suddette tematiche, vedi A. TIBERIO, G. VIANI, Legislazione sociale e sanitaria, ed. NIS, 1995. 19 In tal caso, per tutti coloro i quali hanno un concreto interesse per lopera di risocializzazione dei detenuti e dimostrano di poter utilmente promuovere lo sviluppo dei contatti tra la comunit carceraria e la societ libera, possono essere ammessi a frequentare gli istituti penitenziari (su parere favorevole del direttore e dietro lautorizzazione e secondo le direttive del magistrato di sorveglianza). Per maggiori approfondimenti, cfr. L. 354/75, art .17.

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speciali che garantiscano loro un trattamento pi idoneo20. Per quanto riguarda le persone soggette ad infermit psichica, bisogna aggiungere che il Codice Penale prevede che se prima dellesecuzione o durante lesecuzione di una pena restrittiva sopravviene al condannato uninfermit psichica, il giudice (qualora ritenga che linfermit sia tale da impedire lesecuzione della pena) ordini che la stessa pena venga differita o sospesa e che il condannato sia ricoverato in un ospedale psichiatrico giudiziario oppure in una casa di cura e custodia. Qualora la pena inflitta sia inferiore a tre anni di reclusione o di arresto, e che non si tratti di delinquente o contravventore abituale o professionale oppure di delinquente per tendenza, il giudice pu inoltre disporre che il condannato, invece che in un ospedale psichiatrico giudiziario, sia ricoverato in un ospedale psichiatrico civile21. Nello schema seguente (tab. 1), vengono illustrate le innovazioni pi importanti introdotte nel settore dellAmministrazione Penitenziaria dalla legge 354/75 e della legge 663/86. Parlando del diritto penitenziario, occorre per ricordare lesistenza di altre fonti22 riassunte nella tabella successiva (tab. 2). Occorre inoltre precisare come la legge 354/75 lasci ampi spazi di manovra alle singole amministrazioni penitenziarie per quanto riguarda le modalit del trattamento dei detenuti e la organizzazione della vita interna di ogni singolo istituto anche in riguardo alle esigenze dei gruppi di detenuti ed internati ivi ristretti (orari di apertura e chiusura degli istituti, organizzazione della vita quotidiana della popolazione detenuta, dei tempi e dei modo per effettuare i colloqui, controlli a cui si devono sottoporre tutti coloro che accedono allistituto o ne escono, i giochi consentiti e cos via)23. Le modalit del trattamento da seguire sono disciplinate da un regolamento interno che ogni istituto chiamato a redigere. infatti evidente che, avendo ciascun istituto strutture ed esigenze diverse, le norme contenute nei regolamenti interni devono variare in relazione alle necessit delle diverse strutture penitenziarie. Il legislatore precisa che, nella stesura del regolamento interno da parte delle singole Amministrazioni Penitenziarie, occorre comunque sempre tener presente le esigenze dei gruppi dei detenuti e degli internati ivi ristretti; a dimostrazione di tutto questo la legge prevede altres che il suddetto regolamento interno debba essere predisposto (ed eventualmente modificato) da unapposita commissione composta dal magistrato di sorveglianza (che la presiede), dal direttore, dal medico, dal cappellano, dal preposto alle attivit lavorative, da un educatore e da un assistente sociale, oltre ad avvalersi della collaborazione di altri esperti che possono essere nominati ad hoc dalla singola Amministrazione Penitenziaria interessata.

LESPLETAMENTO DELLOSSERVAZIONE SCIENTIFICA DELLA PERSONALIT DELLIMPUTATO ED I CENTRI DI OSSERVAZIONE

Per garantire quindi un trattamento rieducativo basato sul criterio di individualizzazione, la legge di riforma carceraria ha previsto sia per i condannati che per gli internati un periodo dedicato allosservazione scientifica della personalit24 per
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A riguardo, cfr. artt. 64 e 65 della L. 354/75. Cfr. codice penale, Capo II, Della esecuzione della pena, art. 148. 22 Per quanto riguarda i principi alla base della gerarchia delle fonti del diritto, cfr. A. TIBERIO, G. VIANI, Legislazione sociale e sanitaria, ed. N.I.S., Roma 1995. 23 Cfr. legge 354/75, art. 16 e Regolamento di esecuzione, art. 34. 24 Vedi l. 354/75, Capo III, art. 13 ed art. 63.

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rilevare la personalit del soggetto, le sue carenze fisiopsichiche, affettive, sociali e, in generale, tutte le altre cause del disadattamento sociale che hanno determinato il comportamento deviante (e che, in quanto tali, hanno rappresentato elementi di pregiudizio allistruzione di una normale vita affettiva). Ai fini dellosservazione, si provvede allacquisizione di dati giudiziari e penitenziari, biologici, psicologici e sociali nonch alla loro valutazione con riferimento al modo in cui il soggetto ha vissuto le sue esperienze ed alla sua attuale disponibilit ad usufruire degli interventi del trattamento; viene altres presa in considerazione la partecipazione del condannato allopera di rieducazione, con particolare riferimento allimpegno dimostrato dal soggetto nel trarre profitto dalle opportunit offertegli nel corso del trattamento, allatteggiamento manifestato nei confronti degli operatori penitenziari ed alla qualit dei rapporti intrattenuti con i compagni ed i familiari25. In estrema sintesi, gli aspetti essenziali, nei quali si articola losservazione della personalit del soggetto, sono i seguenti: disponibilit al dialogo ed allautocritica dei comportamenti devianti; rapporti del detenuto con la custodia e gli operatori; modalit di integrazione nella comunit carceraria; capacit di socializzazione; partecipazione alle attivit lavorative e culturali; partecipazione alle attivit religiose26, sportive e ricreative; rapporti con la famiglia e la societ esterna; modalit di impiego del peculio27. Sulla base dei risultati della suddetta osservazione (che viene predisposta allinizio della pena detentiva e proseguita nel corso di essa) sono formulate indicazioni in merito al trattamento rieducativo da effettuare ed compilato il relativo programma28, programma che pu essere integrato o modificato sulla scorta delle esigenze che si possono prospettare nel corso dellesecuzione della pena. Tale osservazione costituisce il complesso delle risultanze emerse dallattivit di tutti gli operatori penitenziari (direttore, educatore, assistente sociale, psicologo, titolare del servizio di custodia, cappellano ed altri professionisti che vengono in contatto con il detenuto) che, nel loro insieme, costituiscono lquipe di osservazione. Il gruppo di osservazione (presieduto dal
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Vedi D.P.R. 29/04/76, n. 431, art. 94. Non deve stupire come la partecipazione delle attivit religiose costituisca un elemento essenziale nel processo di osservazione della personalit del soggetto giacch pu essere considerato lultimo retaggio di una vecchia concezione. Lart. 55 del D.P.R. 431/76 sancisce il diritto alla libert di culto, ma labrogato regolamento dava alla religione un valore di assoluto rilievo (in omaggio alla concezione secondo cui la mancanza di fede religiosa costituiva un fattore eziologico della criminalit); ... in aderenza a questa concezione, lart. 142 del vecchio regolamento faceva obbligo ai detenuti che allatto del loro ingresso nello stabilimento non dichiaravano di appartenere ad altra confessione religiosa, di seguire le pratiche del culto cattolico ... (AA.VV., Leducatore e lassistente sociale , ed. Simone, Napoli 1992, pag. 57). 27 Occorre precisare che nella normativa penitenziaria si definisce peculio la somma di denaro di propriet del detenuto. Oltre che dal denaro posseduto dal condannato allatto dellingresso nellistituto penitenziario, il peculio costituito dalla remunerazione del detenuto e dalle somme in denaro eventualmente ricevute dallesterno (dai familiari, amici od enti assistenziali) od a titolo di sussidio o di premio. 28 Anche in questo aspetto, la legge di riforma carceraria mostra tutta la sua modernit: soprattutto nella prima fase dellosservazione, il legislatore specifica chiaramente che essa dovr essere realizzata con la specifica collaborazione del detenuto o dellinternato.

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direttore e con un educatore come segretario) chiamato a riunirsi periodicamente29; durante tali riunioni vengono esaminati gli sviluppi del trattamento praticato ed i suoi risultati. Sebbene la legge preveda che losservazione scientifica della personalit sia espletata, di regola, presso gli stessi istituti dove si eseguono le pene e le misure di sicurezza, prevista altres la possibilit che (su motivata proposta della Direzione dellistituto di prevenzione) possono essere inviati in appositi Centri di osservazione quei soggetti per i quali si ravvisa la necessit di procedere a particolari approfondimenti. Tali Centri di osservazione sono costituiti come istituti autonomi o come sezioni di altri istituti. Per lesecuzione di perizie medico-legali, e dietro richiesta dellautorit giudiziaria, possono essere assegnate ai detti centri anche persone sottoposte a procedimento penale. Un altro aspetto interessante e che merita menzione, la possibilit che i Centri di osservazione possano svolgere anche attivit di ricerca scientifica. Tutte le suddette osservazioni, assieme ai suoi dati giudiziari, biografici e sanitari, sono inserite nella cartella personale dellinteressato, dove verranno poi annotati gli sviluppi del trattamento ed i relativi risultati nonch il grado di partecipazione del condannato allopera di rieducazione (con particolare riferimento sia allimpegno dimostrato dal soggetto nel trarre profitto dalle opportunit offertegli nel corso del trattamento, sia allatteggiamento manifestato nei confronti degli operatori penitenziari ed alla qualit dei rapporti intrattenuti con i compagni ed i familiari. Lobiettivo finale quello di raggiungere una visione della personalit del detenuto il pi approfondita possibile ed unitaria.

AFFIDAMENTO IN PROVA AL SERVIZIO SOCIALE

Linnovazione pi importante introdotta con la riforma del sistema penitenziario sicuramente rappresentata dallintroduzione dellistituto dellAffidamento in prova al Servizio Sociale. Tale Istituto rappresenta una misura alternativa alla detenzione tesa ad evitare (nella misura massima possibile) i danni derivati dal contatto con lambiente penitenziario e dalla condizione di totale privazione della libert. Un tale provvedimento adottato nei casi in cui si ipotizza che tale iniziativa possa contribuire alla rieducazione del reo e possa assicurare altres la prevenzione del pericolo che egli commetta altri reati. Per essere ammessi a beneficiare allIstituto dellAffidamento in prova al Servizio Sociale, il soggetto interessato deve essere stato condannato ad una pena detentiva breve; in special modo la pena non deve essere comunque superiore a tre anni30. Una volta che il condannato ammesso al suddetto beneficio, cessa dalla condizione di chi totalmente privato della libert e prosegue lespiazione della parte residua di pena sotto la guida ed il controllo del Centro di Servizio Sociale per adulti. Occorre precisare come la Legge Gozzini31 abbia eliminato tutte le ipotesi ostative che caratterizzavano la precedente formulazione del gi citato art. 47 della L. n. 354/7532e ne abbia reso pi
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Il D.P.R. 431/76, prevede che allo scadere di ogni semestre di custodia cautelare o di pena detentiva, venga annotato un giudizio di sintesi (art. 26). 30 Occorre sottolineare come, nel calcolo della pena, reclusione ed arresto si sommano tra loro. 31 Nello specifico, si fa riferimento allart. 11 della L. n. 663/86. 32 Comprese quelle che avevano escluso la concedibilit dellaffidamento in prova anche nellipotesi di condanna per associazione di stampo mafioso.

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semplice la sua applicazione; ad esempio, il periodo di osservazione scientifica33 del detenuto (condotta collegialmente e che precede lapplicabilit della misura dellaffidamento al Servizio Sociale) passato da tre mesi ad un solo mese. A tale riguardo lo schema illustrato nella tabella n. 3 vuole riassumere sinteticamente tutti gli elementi che caratterizzano listituto dellaffidamento in prova al Servizio Sociale. importante sottolineare come, sebbene lesito positivo dellAffidamento in prova estingua la pena ed ogni altro effetto penale, questo non significhi eliminare la sentenza di condanna dal novero degli antecedenti giuridici, di cui invece permangono gli effetti pregiudizievoli negli eventuali procedimenti successivi. Il legislatore ha inoltre previsto che laffidamento in prova al Servizio Sociale possa anche essere revocato qualora il comportamento del soggetto sia contrario alla legge od alle prescrizioni dettate od ancora, appaia incompatibile con la prosecuzione della prova34. Inoltre il provvedimento di Affidamento in prova pu essere sospeso qualora dovesse sopravvenire un titolo di esecuzione di altra pena detentiva (che, cumulandosi alle precedente pena gi inflitta, porti la somma del periodo di detenzione superiore ai tre anni) oppure nel caso in cui laffidato attui comportamenti tali da determinare la revoca della misura alternativa35. In ogni caso, la Corte Costituzionale ha precisato come comunque il periodo della durata della misura alternativa alla detenzione debba essere conteggiato quale valido periodo di espiazione della pena36. A ribadire il valore rieducativo e preventivo di una tale misura alternativa alla detenzione, la legge 354/75 prevede che, allatto dellaffidamento, sia redatto il verbale in cui vengono dettate le prescrizioni che il soggetto dovr seguire in ordine ai seguenti aspetti: rapporti con il Servizio Sociale; dimora; libert di locomozione; divieto di frequentare determinati locali; lavoro. Con lo stesso provvedimento pu essere disposto che, durante tutto o parte del periodo di Affidamento in prova, il condannato non soggiorni in uno o pi comuni, o soggiorni in un comune determinato; in particolare il legislatore prevede che siano stabilite specifiche prescrizioni al fine di evitare che il soggetto svolga attivit od abbia rapporti personali che possano portare al compimento di altri reati. Nel verbale deve anche essere stabilito che laffidato si adoperi in quanto possibile in favore della vittima del suo reato ed adempia puntualmente agli obblighi di assistenza familiare.

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Vedi paragrafo 1.3. Vedi Legge 354/75, Capo VI, art. 47. 35 Vedi Legge 354/75, art. 51 bis e 51 ter. 36 Si fa riferimento alla sentenza della Corte costituzionale del 12/06/1985, n. 185 e successiva sentenza del 3/12/1985, n. 312. La Corte ha infatti osservato che se il periodo di affidamento in prova al Servizio Sociale (in caso di annullamento per venir meno dei presupposti di legittimit) non fosse considerato come espiazione della pena, laffidamento in prova al Servizio Sociale - quale misura alternativa alla detenzione - si trasformerebbe in una misura aggiuntiva alla detenzione.

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Nel corso dellAffidamento, le prescrizioni possono essere modificate dal Magistrato di Sorveglianza37, anche sulla base delle relazioni periodiche svolte dal Servizio Sociale.

CASI PARTICOLARI NELLAMBITO PROVA AL SERVIZIO SOCIALE

DELLAFFIDAMENTO

IN

Per i soggetti con patologie legate allabuso di sostanze alcoliche o stupefacenti, la legge di riforma carceraria prevede ulteriori deroghe alle condizioni che permettono di poter usufruire dellaffidamento in prova al Servizio Sociale. Contrariamente a quanto avviene normalmente, lAffidamento in prova pu essere richiesto dallo stesso interessato in qualunque momento, anche dopo che lordine di carcerazione stato eseguito; in questultimo caso il Pretore deve ordinare limmediata scarcerazione del soggetto e si deve procedere con la massima urgenza nella trattazione della richiesta 38. Naturalmente, se non vengono riscontrati tutti gli elementi necessari a disporre lAffidamento in prova, il pretore competente per lesecuzione emette un nuovo ordine di carcerazione. Per maggiori dettagli sulle modalit di attuazione dellaffidamento in prova al Servizio Sociale in casi particolari, si rimanda alla Tabella n. 4. Comunque, ai fini della decisione sullaffidamento o meno ai servizi Sociali, il Tribunale di Sorveglianza pu anche acquisire copia degli atti del procedimento e disporre gli opportuni accertamenti in ordine al programma terapeutico concordato. In caso di decisione positiva, il Tribunale di Sorveglianza (oltre alle consuete prescrizioni che vengono dettate nei casi normali relativi alla misura alternativa dellAffidamento in prova) deve altres provvedere a stabilire: le modalit di esecuzione del programma; le prescrizioni e le forme di controllo per accertare che il soggetto beneficiario prosegua il programma di recupero. La struttura preposta a realizzare o completare il suddetto programma terapeutico non potr, naturalmente, essere rappresentato dal Centro di Servizio Sociale per Adulti ma dovr essere o una Unit Sanitaria Locale oppure uno degli enti, associazioni, cooperative o strutture private convenzionate con il Servizio Sanitario Nazionale per la cura ed il recupero degli stati di tossicodipendenza ed alcooldipendenza. Inoltre, alla domanda dellinteressato dovr essere allegata la certificazione rilasciata dal
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Linsieme di tutti i magistrati di sorveglianza costituisce il Tribunale di Sorveglianza il quale competente (oltre che per lIstituto dellAffidamento in prova al Servizio Sociale) per i seguenti aspetti giuridici: 1) la detenzione domiciliare, 2) la semilibert, 3) la liberazione condizionale, 4) la riduzione di pena per la liberazione anticipata, 5) la revoca o cessazione dei suddetti benefici, 6) il rinvio obbligatorio o facoltativo dellesecuzione delle pene detentive, 7) ogni altro provvedimento ad esso attribuito dalla legge. Il Tribunale di Sorveglianza presente in ciascun distretto di Corte dAppello ed in ciascuna circoscrizione territoriale di Sezione distaccata di Corte dAppello. Si badi bene che non si tratta di un organismo nuovo ma, in pratica, di una ridenominazione operata dalla legge di riforma penitenziaria della precedente Sezione di Sorveglianza e relativo Giudice di Sorveglianza. 38 comunque previsto che se il soggetto non si presenta alludienza in cui viene discussa la sua richiesta di usufruire dellAffidamento in prova al Servizio Sociale (o, semplicemente, non si rende possibile notificare allinteressato la data dellincontro) il Tribunale di Sorveglianza dichiara inammissibile la richiesta.

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S.E.R.T. competente per territorio attestante (oltre allo stato di dipendenza da sostanze alcooliche o stupefacenti) la idoneit del programma concordato ai fini del recupero del condannato. Appare quindi evidente come le modifiche test esposte non influiscano sui valori e le finalit espresse dalla legge di riforma carceraria ma, semmai, le rafforzino. Cos, come per i normali detenuti od internati lIstituto dellAffidamento in prova rappresenta una misura alternativa alla detenzione con finalit rieducativa, allo stesso modo per le persone alcooldipendente o tossicodipendente possibile usufruire della suddetta misura alternativa al fine del recupero e della cura di un tale stato di dipendenza. Per quanto riguarda invece il principio dellindividualizza-zione del trattamento, possono essere ammessi ad usufruire di tale istituto solo gli alcooldipendenti od i tossicodipendenti che mostrino una reale volont di intraprendere un cammino terapeutico39. Attraverso tali deroghe, appare evidente come il legislatore intenda offrire alla persona alccoldipendente o tossicodipendente la possibilit di evitare lesperienza della carcerazione non solo quando si verifica leventualit che sia gi in corso un programma di riabilitazione, ma anche nel caso in cui la suddetta persona esprima anche solo la semplice intenzione di intraprenderlo seriamente.

FUNZIONI DEL CENTRO DI SERVIZIO SOCIALE PER ADULTI NELLAMBITO DELLISTITUTO DELLAFFIDAMENTO IN PROVA

Sebbene i compiti del Centro di Servizio Sociale per Adulti non si limitino solo al corretto svolgimento dellaffidamento in prova, indubbiamente tal attivit rappresenta uno dei maggiori impegni per gli operatori del Centro. Nella fattispecie le funzioni del Servizio Sociale nellambito della suddetta misura alternativa alla detenzione sono le seguenti: riferire periodicamente al Magistrato di Sorveglianza, fornendogli dettagliate notizie sul comportamento del soggetto (almeno ogni tre mesi); proporre al Magistrato di Sorveglianza la modifica delle prescrizioni imposte al soggetto. Accanto a queste funzioni (strettamente legate allistituto dellAffido) ve ne sono altre di carattere pi generale: a) svolgere le inchieste sociali (su richiesta del Magistrato di Sorveglianza) al fine di fornire un insieme di conoscenze utili alla decisione relativa al trattamento, allapplicazione od alla revoca delle misure di sicurezza; b) fornire la propria competenza professionale per linserimento sociale di coloro che sono sottoposti a misure di sicurezza non detentiva; c) dare la propria consulenza ai Direttori degli Istituti per collaborare alla stesura del programma di trattamento ed alla sua attuazione; d) aiutare le famiglie dei detenuti e degli internati. A tale scopo pu essere utilizzata la collaborazione degli enti pubblici e privati qualificati nellassistenza sociale (art. 45);

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Cos come specificato dalla L. 354/75, art. 47 bis.

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offrire assistenza post-penitenziaria per i detenuti ed gli internati che stanno per essere dimessi e/o per coloro che sono stati gi dimessi. Anche in questo caso ci si avvale di enti di assistenza sociale (art, 46); f) svolgere tutte le attivit previste dalla riforma penitenziaria e che richiedono interventi di Servizio Sociale Nel momento in cui viene affidato un condannato al Centro di Servizio Sociale per Adulti, il direttore designa (tra gli operatori del Servizio) un assistente sociale a cui vengono demandati i seguenti compiti: controllare la condotta del soggetto; aiutarlo a superare le difficolt di adattamento alla vita sociale e reinserimento nella comunit (anche mettendosi in relazione con la famiglia e con gli altri suoi ambienti di vita). In questo compito, possono essere chiamati a collaborare anche i volontari. Per quanto riguarda invece il detenuto soggetto allaffidamento in prova, come stato gi indicato, al momento dellaffidamento al Servizio Sociale vengono dettate al soggetto interessato una serie di prescrizioni a cui lo stesso deve scrupolosamente attenersi40 Tali prescrizioni riguardano: la dimora; il lavoro; la libert di locomozione; i rapporti con il Servizio Sociale; il divieto di frequentare determinati locali.
e)

I COMPITI DELLASSISTENTE SOCIALE TRATTAMENTO PENITENZIARIO

NELLAMBITO

DEL

I compiti degli assistenti sociali dipendenti del Ministero di Giustizia non si limitano, naturalmente, agli impegni legati alla misura dellAffidamento in prova al Servizio Sociale. Gli impegni rieducativi sanciti dalla legge di riforma carceraria comporta (come abbiamo gi visto), sia per i condannati che per gli internati, un periodo dedicato allosservazione scientifica della personalit per rilevare gli aspetti della personalit del soggetto, le sue carenze fisiopsichiche, affettive, sociali e di tutte le altre cause del disadattamento sociale che hanno determinato il comportamento deviante. Per raggiungere una visione della personalit del detenuto il pi possibile reale e credibile, diventa pertanto molto importante lindagine svolta dallassistente sociale. Tale indagine dovr pertanto tenere conto non solo dei dati personali del soggetto, ma anche di tutti i dati relativi al comportamento deviante che causa della detenzione, ovvero dei seguenti elementi: nucleo di origine del soggetto; nucleo di nuova formazione; status sociale raggiunto;
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Sebbene appare evidente che le prescrizioni dovrebbero avere contenuti rieducativi, occorre precisare come nella prassi quotidiana tali prescrizioni molto spesso finiscono per essere formulate in modo standard, con criteri afflittivi e di polizia.

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attivit svolte prima della detenzione; eventuali coinvolgimenti criminali dei membri del nucleo familiare; et in cui stato realizzato il reato; collegamenti con soggetti particolari o gruppi organizzati. In ogni caso, gi al momento del primo colloquio del Direttore (o di un operatore penitenziario da lui designato) con il detenuto o linternato allatto del suo ingresso in istituto, si invita il soggetto a segnalare gli eventuali problemi personali e familiari che possono richiedere interventi immediati; di tali problemi la direzione informa il Centro di servizio sociale41. Il Regolamento di Attuazione prevede anche che si dedichi particolare attenzione ai rapporti con la famiglia dellinternato e del detenuto; tale impegno deve essere considerato parte integrante del trattamento penitenziario degli stessi42. La predisposizione dei programmi di intervento per la cura dei rapporti dei detenuti e degli internati con le loro famiglie viene concertata tra i rappresentanti delle Direzioni degli istituti, dei Consigli di Aiuto Sociale e dei Centri di Servizio Sociale. Il legislatore prevede che si dedichi particolare attenzione a due particolari aspetti: a) affrontare la crisi conseguente allallontanamento del soggetto dal nucleo familiare; b) preparare la famiglia, gli ambienti prossimi di vita ed il soggetto stesso al suo ritorno. Nellazione di assistenza alle famiglie dei detenuti e degli internati, particolare cura rivolta alla situazione di crisi che si verifica nel periodo che segue immediatamente la separazione dal congiunto. In tale situazione, deve essere fornita ai familiari (specialmente se in et minore) sostegno morale e consiglio per aiutarli a far fronte al trauma affettivo. Devono altres essere curati i problemi pratici e materiali eventualmente causati dallallontanamento del congiunto. Per quanto riguarda, invece, il momento che precede la dimissione43, il condannato e linternato beneficiano di un particolare programma di trattamento alla cui definizione ed esecuzione chiamato a collaborare il Centro di Servizio Sociale (ed il Consiglio di Aiuto Sociale). Tale programma deve essere concretamente orientato verso la risoluzione dei problemi specifici (connessi alle condizioni di vita familiare, di lavoro e di ambiente) a cui andranno incontro i soggetti allatto delle loro dimissioni. Al momento della dimissione il Centro di Servizio Sociale ed il Consiglio di Aiuto Sociale (di intesa fra loro) si adoperano per prendere contatto con il nucleo familiare presso cui il condannato o linternato andr a stabilirsi ai fini degli opportuni interventi. Allo scopo di conservare e migliorare le relazioni dei soggetti con i propri familiari ed a rimuovere le difficolt che possono ostacolare il definitivo reinserimento sociale, pu anche essere utilizzata la collaborazione di enti pubblici e privati qualificati nellassistenza sociale nonch gli organi locali competenti per lassistenza (ovvero le Regioni). Ai detti organi ed enti sono rappresentate le speciali esigenze dellassistenza penitenziaria e post-penitenziaria oltre al modo pi appropriato per tenerle presenti nel loro programma. Accanto a questi interventi, che potremmo definire principali, ve ne sono molti altri che vengono ripartiti tra i diversi elementi del trattamento penitenziario e che
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Vedi D.P.R. 431/76, art. 23. Riguardo a tale aspetto, si confronti la L. 354/75, art. 46 (Capo V) e 46 (Capo VI), nonch il D.P.R. 431/76, art. 58, 83, 89 e 90. 43 Possibilmente a partire da tre mesi prima di essa.

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vedono la partecipazione della figura dellassistente sociale almeno come membro di speciali commissioni. Nello specifico, lattivit dellassistente sociale allinterno del Ministero di Giustizia si concretizza nel seguente modo: 1. Ammissione di un detenuto al regime di semilibert. Il Direttore dellistituto si avvale del Centro di Servizio Sociale per la vigilanza e lassistenza del soggetto nellambiente libero, con interventi di sostegno e di assistenza finalizzati al reinserimento sociale del soggetto (L. 354/775, art. 55 - D.P.R. 431/76, art. 92). 2. Intervento del servizio sociale nella libert vigilata. Al Centro di Servizio Sociale affidato il compito di aiutare il soggetto ammesso a beneficiare dellistituto della libert vigilata ai fini del suo reinserimento. In tal senso, il Centro riferisce periodicamente al Magistrato di Sorveglianza sui risultati degli interventi effettuati (D.P.R. 431/76, art. 95). 3. Ammissione a prestazione di attivit lavorativa del detenuto a favore di imprese pubbliche o private. Qualora il datore di lavoro sia unimpresa privata, la Direzione dellistituto deve disporre diretti controlli sullo svolgimento della prestazione lavorativa, avvalendosi a tale scopo del personale dipendente del Centro di Servizio Sociale. 4. Servizio di biblioteca. La presenza di una biblioteca in ogni istituto penitenziario fondamentale per un corretto funzionamento delle attivit scolastiche e culturali in genere (la cui valenza educativa indicata nella stessa L. 354/75, art. 19). La scelta dei libri affidata ad apposita commissione composta da una serie di figure tra cui presente quella dellAssistente Sociale (D.P.R. 431/76, art. 21). 5. Attivit culturali, ricreative e sportive. Lo scopo non solo quello di migliorare il livello culturale e le condizioni psicofisiche ma anche quello di smorzare quella carica di aggressivit che generalmente si accumula nei soggetti sottoposti ad un regime restrittivo della libert personale. Lorganizzazione di tali attivit (che possono essere le pi varie, non essendo stati posti limiti in proposito) curata da unapposita commissione composta da una serie di figure tra cui presente quella dellassistente sociale (L. 354/75, art. 27).

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IL CONSIGLIO DI AIUTO SOCIALE ED IL COMITATO PER LOCCUPAZIONE DEGLI ASSISTITI DAL CONSIGLIO DI AIUTO SOCIALE

Sebbene non siano previsti assistenti sociali nel suo organico, altra novit introdotta dalla legge di riforma penitenziaria che comunque riguarda lintervento di questa figura professionale rappresentato dal Consiglio di Aiuto Sociale44, Ente che sostituisce il vecchio Consiglio di Patronato (previsto dal Codice Penale e dallabrogato regolamento). Il Consiglio di Aiuto Sociale (i cui uffici sono ubicati presso il tribunale del capoluogo di ciascun circondario) possiede una propria personalit giuridica ed sottoposta alla vigilanza del Ministero di Grazia e Giustizia45. Il Comitato di tale ente
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Vedi L. 354/75, Capo III: Servizio sociale ed assistenza, art. 74 e seguenti e D.P.R. 431/76, Capo II, art. 106 e seguenti. 45 Il Consiglio di Aiuto Sociale pu inoltre avvalersi del patrocinio dellAvvocatura dello Stato. previsto inoltre che con decreto del Presidente della Repubblica (su proposta del Ministro di Grazia e

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presieduto dal Presidente del Tribunale (o da un magistrato da lui delegato) ed composto da una serie di persone che (a titolo personale o quali rappresentanti di funzioni pubbliche o religiose) sono in grado di rappresentare importanti componenti dellimpegno civile. Oltre al Presidente, i componenti del Consiglio sono: a) nove componenti fissi, tra cui figure quali il Presidente del Tribunale dei Minorenni (od un magistrato da lui delegato), un delegato dellordinario diocesano, il medico provinciale e cos via; b) sei componenti nominati direttamente dal Presidente del Tribunale fra i designati da enti pubblici e privati qualificati nel campo dellassistenza sociale; c) i direttori degli istituti penitenziari del circondario. importante sottolineare come si tratta di un Ente a cui si chiamati a partecipare a titolo meramente gratuito: infatti non solo i suddetti componenti ma persino gli impiegati a cui sono affidati i compiti relativi ai servizi di segreteria, di cassa e di archivio (organizzati presso ciascun Consiglio) prestano la loro opera gratuitamente46. Il Consiglio di Aiuto Sociale si riunisce due volte allanno per deliberazioni in ordine al bilancio di previsione, alla programmazione degli interventi ed al rendiconto; si riunisce comunque ogni qualvolta occorra provvedere su affari di particolare rilievo. Rimandando alla figura n. 5 per una esamina pi dettagliata, possiamo dire che gli obiettivi perseguiti dellEnte possono essere sintetizzati nella formula di far fronte alle esigenze materiali e morali presentate da: a) detenuti ed internati; b) familiari di costoro; c) vittime del delitto. Confrontando i dati riportati nella figura n. 5, si pu evincere come, tra le attivit del Consiglio di Aiuto Sociale, spicchino quelle finalizzate al favorire lavviamento al lavoro dei dimessi dagli istituti di prevenzione e pena. Allo scopo di agevolare tale impegno, la legge di riforma carceraria prevede altres la costituzione (presso ogni Consiglio) del Comitato per loccupazione degli assistiti dal Consiglio di Aiuto Sociale47. Anche tale Comitato composto da un rilevante numero di componenti, ben sedici, che vengono nominati direttamente dal Presidente del Consiglio di Aiuto Sociale; lo stesso Presidente presiede suddetto Comitato (in sua vece, il presidente pu delegare a tale scopo un altro magistrato). Il legislatore, molto opportunamente, ha comunque previsto che detto Comitato possa deliberare anche con la presenza di soli cinque componenti. Tra i sedici membri del Consiglio previsto la partecipazione di un assistente sociale del Centro di Servizio Sociale per Adulti (a riguardo, vedi fig. 6). Analogamente a quanto previsto per il precedente organo, anche i membri del Comitato prestano la loro opera gratuitamente48. Le disposizioni del nuovo ordinamento penitenziario relative al Consiglio di Aiuto Sociale ed al Comitato per gli assistiti dal Consiglio vanno opportunamente coordinate con quelle del D.P.R. 616/77, relativo al trasferimento e deleghe delle funzioni amministrative dello Stato alle Regioni ed ai Comuni, secondo il quale

Giustizia) possa essere disposta la fusione di pi Consigli di Aiuto Sociale in un unico ente. 46 Limpegno lavorativo dei suddetti impiegati ha infatti solo valore di titolo a livello di curriculum professionale. 47 Cfr. L. 354/75, art. 77. 48 Cfr. D.P.R. 431/76, art. 106.

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lassistenza alle famiglie bisognose dei detenuti, alle famiglie delle stesse vittime del delitto nonch lassistenza post-penitenziaria sono attribuite alle Regioni49.

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DAI CENTRI DI SERVIZIO SOCIALE PER ADULTI AGLI UFFICI DI ESECUZIONE PENALE ESTERNA

Con una celerit che non si riscontra facilmente nella storia del nostro Paese, il Governo ha emanato il 27 luglio 2005 la legge n. 154 (pubblicata nella gazzetta ufficiale n. 177 del 1 agosto 2005) recante per titolo: delega al governo per la disciplina dellordinamento della carriera dirigenziale penitenziaria. Ad una prima superficiale lettura la legge suddetta non sembra modificare granch limpianto esistente cos come formulato dalla legge di riforma penitenziaria (L. 354/75) anche perch si tratta di un atto normativo non particolarmente corposo (solo cinque articoli !) che, a sua volta, rimanda a successivi interventi normativi del Governo. Nel primo articolo, si precisa infatti che il Governo delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o pi decreti legislativi al fine di disciplinare lordinamento della carriera dirigenziale penitenziaria (oltre al trattamento giuridico ed economico di tale carriera). In questo riordino della carriera dirigenziale precisa il legislatore andranno anche ricompresi il personale direttivo e dirigenziale dellAmministrazione penitenziaria appartenente agli ex profili professionali di direttore di servizio sociale, di direttore penitenziario e di direttore di ospedale psichiatrico giudiziario nonch il personale del ruolo amministrativo. Il ruolo che sotto molti aspetti appare rivoluzionario della legge 154/2005 lo si pu trovare allarticolo 3 in cui gli esistenti Centri di Servizio Sociale per Adulti vengono trasformati in Uffici locali di Esecuzione Penale Esterna (che quindi non saranno pi servizi sociali, ma penali) e vengono allo stesso tempo riformulate le competenze di tali strutture50 cos come erano state individuate allart. 72 della legge 354/75. I neocostituiti Uffici locali di Esecuzione Penale Esterna hanno il compito di: a. svolgere, su richiesta dellautorit giudiziaria, le inchieste utili a fornire i dati occorrenti per lapplicazione, la modificazione, la proroga e la revoca delle misure di sicurezza; b. svolgere le indagini socio-familiari per lapplicazione delle misure alternative alla detenzione ai condannati; c. proporre allautorit giudiziaria il programma di trattamento da applicare ai condannati che chiedono di essere ammessi allaffidamento in prova e alla detenzione domiciliare; d. controllare lesecuzione dei programmi da parte degli ammessi alle misure alternative, riferirne allautorit giudiziaria (proponendo eventuali interventi di modificazione o di revoca);
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Cfr. D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, artt. 17, 22 e 23 (in riferimento allart. 38 della nostra Costituzione). 50 Il legislatore prevede infatti che tutti riferimenti ai Centri di Servizio Sociale per Adulti contenuti in disposizioni di leggi e di regolamenti si intendono effettuati, dalla data di entrata in vigore della presente legge, agli uffici locali di esecuzione penale esterna. Si prevede altres che le risorse e il personale previsti per i centri di servizio sociale per adulti alla data di entrata in vigore della presente legge sono destinati agli Uffici Locali di Esecuzione Penale Esterna.

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e. prestare consulenza per favorire il buon esito del trattamento penitenziario (su richiesta delle direzioni degli istituti penitenziari); f. svolgere ogni altra attivit prescritta dalla legge e dal regolamento. Sul sito online del Ministero della Giustizia51 si legge che gli assistenti sociali in servizio negli Uffici di esecuzione penale esterna (UEPE) svolgono le attivit indicate dall'art. 72 della legge: compiti di vigilanza e/o di assistenza nei confronti dei soggetti ammessi alle misure alternative alla detenzione nonch compiti di sostegno e di assistenza nei confronti dei sottoposti alla libert vigilata. Nell'attuare gli interventi di osservazione e di trattamento in ambiente esterno (applicazione ed esecuzione delle misure alternative, delle sanzioni sostitutive e delle misure di sicurezza) l'Ufficio si coordina con le istituzioni e i servizi sociali che operano sul territorio. Le intese operative con i servizi degli enti locali sono definite in una visione globale delle dinamiche sociali che investono la vicenda personale e familiare dei soggetti e in una prospettiva integrata d'intervento. Gli indirizzi generali e il coordinamento in materia sono dettati dalla Direzione Generale dellesecuzione penale esterna presso il Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria. Ad una lettura pi attenta quindi appare evidente come tale intervento normativo non prevede solo labolizione dei Servizi Sociali per le misure alternative alla detenzione (CSSA) che verranno sostituiti da Uffici di esecuzione penale esterna (che, come gi detto, non saranno pi servizi sociali, ma penali) ma anche labolizione del volontariato penitenziario e labolizione della Cassa per il soccorso e lassistenza alle vittime del delitto (anche se va detto che, di fatto queste strutture non sono mai state attivate). Come sottolinea Paola Rossi52 in una lettera aperta ai presidenti e ai deputati dei gruppi parlamentari di Montecitorio53 tale atto normativo suscita una viva preoccupazione nel punto in cui prevede la modifica radicale (ma sarebbe meglio dire: lo stravolgimento) dellart. 72 dellOrdinamento penitenziario, con il quale sono stati a suo tempo costituiti i Centri di servizio sociale per adulti, il cui intervento nellesecuzione delle misure alternative alla detenzione di importanza essenziale. Per il Presidente nazionale degli assistenti sociali il nuovo art. 72 sembra diretto a cambiare sostanzialmente - e non solo formalmente - il carattere operativo delle strutture di servizio sociale attive da trenta anni. Per la Rossi gli Uffici di esecuzione penale esterna appaiono dei contenitori di attivit e di operatori di cui manca ogni pi precisa definizione in senso tecnico proprio, mentre leliminazione sistematica di ogni riferimento al servizio sociale ed agli assistenti sociali fa ritenere che il modello organizzativooperativo perseguito risulter di fatto incompatibile con quello attuale. Tale presunzione appare confermata dalla previsione contenuta nella proposta di legge secondo cui i suddetti uffici saranno disciplinati con semplice decreto ministeriale54; ci che pu significare lazzeramento delle attuali norme sullorganizzazione dei Centri di servizio sociale contenute nel vigente Regolamento di Esecuzione dellOrdinamento
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La pagina web presente allindirizzo: http://www.giustizia.it . Presidente uscente dellOrdine Nazionale degli Assistenti Sociali. 53 Riportata nel sito web Redattore Sociale, pagina web aggiornata al 25/11/2005. 54 Recita infatti lart. 3, comma 2 della legge 154/2005: Gli uffici locali di esecuzione penale esterna dipendono dal Ministero della giustizia e la loro organizzazione disciplinata con regolamento adottato dal Ministro ai sensi dellarticolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni.

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penitenziario55. Per la Rossi, poi, ulteriori preoccupazioni derivano dalla articolazione del nuovo art. 72, laddove si tenta di ridefinire alcune responsabilit dellUfficio, nellesecuzione delle misure alternative alla detenzione, e dove alcune carenze (come quella che riguarda lomesso riferimento - nel trattamento degli ammessi alle misure alternative - allesercizio congiunto di una funzione di aiuto in accompagnamento a quella di controllo) sembrano ignorare la qualit professionale dellintervento svolto dallassistente sociale, e gli orientamenti tecnici maturati su tali aspetti in questi numerosi anni di lavoro, in piena sintonia con i principi e le regole del Codice deontologico dellOrdine. In altre parole, per il Presidente dellOrdine degli Assistenti Sociali il rischio presente nella ristrutturazione degli ex-CSSA rappresentato da una possibile alterazione del ruolo dellassistente sociale, in particolare nellarea delle misure alternative, al punto da mettere in discussione il significato stesso della presenza di tale operatore nel sistema penitenziario. Vale la pena ricordare come la scelta effettuata dal legislatore nel 1975 con la legge n. 354 ha configurato il Centro di servizio sociale per adulti come una struttura alternativa al carcere, radicata sul territorio, pienamente integrata nel contesto comunitario e posta nelle migliori condizioni per attuare i suoi interventi seguendo una logica operativa realmente ispirata ad una cultura alternativa ai modelli istituzionali. Il Centro di servizio sociale stato quindi costituito come una struttura professionale tipica, in cui assistenti sociali, diretti da personale appartenente alla stessa professione, svolgono interventi di servizio sociale in relazione a soggetti che sono ritenuti idonei dalla magistratura di sorveglianza ad essere trattati con le metodologie professionali proprie del servizio sociale, nella prospettiva di un graduale e ben seguito reinserimento sociale. Anche per Legautonomie e la Caritas Italiana la legge 154/2005 rappresenta una proposta che stravolge lattuale ordinamento penitenziario. Secondo queste organizzazioni il provvedimento inoltre rischia di annullare lutilizzo del volontariato, con il quale si integrano abitualmente i professionisti del sociale nelladempimento dei propri compiti. Per Legautonomie, i compiti operativi attualmente affidati al servizio sociale vengono ridefiniti, appiattendoli sulla mera funzione del controllo e ignorando quella funzione di aiuto che qualifica lintervento dei professionisti assistenti sociali . Eppure, secondo lorganizzazione, i Centri di servizio sociale per adulti costituiscono una struttura alternativa al carcere, radicata sul territorio, pienamente integrata nel contesto comunitario in collaborazione con i servizi sociali dei comuni e delle Asl e di cui semmai va sostenuta una ulteriore qualificazione . Per tutto questo Legautonomie, ricordando la recente costituzione del Forum nazionale per la salute dei detenuti, esprime le proprie preoccupazioni perch le norme in discussione rischiano di cassare un pezzo di stato sociale, mettere in discussione una linea di recupero sociale del reo, sancita dalla Costituzione e perseguita da decenni con indubbi risultati da assistenti sociali, in stretta relazione con il volontariato e gli enti locali56. Per la Caritas italiana il giudizio ancora pi drastico definendo la legge 154/2005 un vero e proprio colpo di mano che elimina i servizi sociali della giustizia trasformando gli uffici degli attuali assistenti sociali in meri uffici amministrativi
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Vedi DPR 30 giugno 2000, n. 230. Riportata nel sito web Redattore Sociale, ibidem.

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e di controllo57. Ed ancora la Caritas evidenzia come tutto fatto di nascosto: sostituiscono con il solo art. 72 tutto il capo terzo del titolo secondo dellOrdinamento Penitenziario e aboliscono cos il volontariato in carcere (articolo 78) che di quel capo fa parte () Non si pu non rimanere sconcertati per gli effetti devastanti che questa nuova legge delega comporterebbe () La cura e il rispetto per la dignit della persona che intangibile, quale che sia la sua condizione di vita, impone unattenta riflessione quando si elaborano delle norme che silenziosamente tentano di restringere gli spazi per unassunzione di responsabilit di tutta la comunit nellaiuto ai fratelli pi deboli nel percorso di recupero e di reinserimento sociale . La Caritas Italiana, condividendo le preoccupazioni gi espresse dal Coordinamento Assistenti Sociali Giustizia e dallOrdine Nazionale degli Assistenti Sociali, rivolge dunque un appello al Parlamento e a tutti coloro che hanno a cuore i valori della giustizia e del volontariato perch ci sia un ripensamento su una norma che costituirebbe un notevole passo indietro rispetto al faticoso cammino compiuto per restituire dignit allesecuzione della pena in Italia e che rischierebbe di smantellare un altro importante pezzo del gi martoriato Welfare italiano 58. 12 GLI ORGANI GIUDIZIARI CHE OPERANO NEL PRO-CEDIMENTO A CARICO DEI MINORENNI

Nei confronti dei minori, la giustizia opera essenzialmente attraverso tre distinti organismi (confronta tabella n. 5)59: 1) il Giudice Tutelare; 2) il Tribunale per i minorenni; 3) la Sezione Speciale della Corte dAppello per i minorenni. Il Giudice Tutelare60 (cos come prevede lart. 344 del codice civile) sovrintende principalmente a funzioni legate al principio della tutela e della curatela. Esercita, inoltre, altre funzioni affidategli dalla legge presso ogni Pretura; le principali di queste ultime sono contenute nel libro I del codice civile, ma non mancano altre attribuzioni indicate nella legislazione penale, processuale ed amministrativa (a riguardo, si consideri lo schema riassuntivo illustrato nella tabella n. 6 che illustra e riassume le principali funzioni del Giudice Tutelare). Il Tribunale per i minorenni61 invece un tribunale specializzato, ovvero un organo giudiziario con funzioni di giudice di primo grado per tutti gli affari penali, civili ed amministrativi riguardanti i minori di anni diciotto. Tale organo ha sede in ogni Corte dAppello (o di sezione di appello) ed composto da un magistrato di Corte dAppello

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Ibidem. Ibidem. 59 Vi sono poi diversi organismi ausiliari del Tribunale per i minorenni nei quali rilevante lattivit dellassistente sociale. 60 In questo senso il giudice tutelare dovr appunto essere lo stesso pretore od uno dei pretori espressamente designato. 61 Da un punto di vista di evoluzione legislativa, occorre precisare che il tribunale per minorenni viene istituito per la prima volta nel 1934 (attraverso il R.D. 20/07/34, convertito in Legge 27/05/35, n. 855), molto prima quindi della legge di riforma del sistema penitenziario. Lultima modifica avviene con D.P.R. 22/09/88, n. 448.

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(che lo presiede), da un magistrato di tribunale e da due cittadini62. Inoltre, in ciascuna procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni, istituita una sezione specializzata di Polizia Giudiziaria alla quale assegnato personale dotato di specifiche attitudini e preparazione. Sullappello contro le decisioni del Tribunale per i minorenni (e nei casi ammessi dalla legge) giudica una Sezione della Corte dAppello63. La suddetta Sezione composta da tre magistrati di Sezione a cui si aggiunge lintervento di due giudici onorari, scelti tra i privati cittadini (sempre un uomo ed una donna) che - come stabilito dal legislatore - siano benemeriti dellassistenza sociale. A tale riguardo, va precisato come in un primo momento, da pi parti era sostenuta la tesi secondo la quale tra le figure considerate benemerite dellassistenza sociale64 non poteva rientrare la figura dellAssistente Sociale. Tale interpretazione era legata al principio della posizione di terziet del giudice, principio che sembrava incompatibile con la carriera di Giudice Onorario per coloro che svolgono attivit di assistente sociale in servizi territoriali. In tal senso, infatti, il Consiglio Superiore della Magistratura ritiene che debbano essere esclusi tendenzialmente quei servizi in cui oggetto ed ambito possono rientrare in un rapporto dialettico con lazione del tribunale per i minorenni. Sulla base di questi rilievi, il C.S.M. ha avanzato possibili limiti e cautele in ordine allammissione della figura dellassistente sociale alla nomina di Giudice Onorario Minorile; non certo perch tale professione non comporta adeguata esperienza ed apprezzabile competenza nel settore negli interventi relativi al minore ma piuttosto per il semplice fatto che tale esperienza e competenza si sono formate (ed attualmente si esprimono) su di un versante - quello dei servizi territoriali - che offre aspetti di potenziale conflitto con lorgano giudiziario di cui il soggetto verrebbe a far parte65. Sulla base di queste riflessioni, le organizzazioni a tutela della professione degli assistenti sociali sono intervenute ritenendo che il C.S.M. non abbia colto loggettiva distinzione tra la figura dellassistente sociale e leventuale esercizio della relativa funzione nellambito dei Servizi Sociali territoriali che possa interloquire con lattivit del Tribunale o della sezione di Corte dAppello per minorenni. Nella seduta dell8 Maggio 1996, il Consiglio Superiore della Magistratura ha per chiarito che la figura professionale dellAssistente Sociale rientra certamente tra quelle che, in via generale, abilitano alla funzione di Giudici Onorari presso gli Uffici Giudiziari Minorili; per quanto riguarda la tutela del principio di terziet del giudice, viene precisato che la consistenza e le caratteristiche dellattivit svolta da questa figura professionale (nellambito dei servizi territoriali od in altra forma) dovranno essere valutate caso per caso66.
62

Naturalmente non si tratta di due semplici cittadini: il legislatore prevede che siano un uomo ed una donna che non abbiamo superato il trentacinquesimo anno di et e siano specializzati in biologia, psichiatria od antropologia criminale. 63 La sezione competente viene indicata allinizio dellanno giudiziario con decreto del Capo dello Stato. 64 Ci si riferisce allelenco delle figure professionali cos come indicate allart. 2 del R.D.L. 1404/34, integrato con le figure del laureato in sociologia ed in pediatria (sulla base del deliberato del C.S.M. 29/01/92, n. P-92-01710). 65 Tali considerazioni si evincono dalla nota del C.S.M. del 26/01/1996, inviata al S.U.N.A.S (Sindacato Unitario Nazionale Assistenti Sociali) ed al Ministero di Grazia e Giustizia. 66 Nota del Comitato di Presidenza del Consiglio Superiore della Magistratura del 10/05/96, n. prot. P/96/07596, inviata al S.U.N.A.S (Sindacato Unitario Nazionale Assistenti Sociali) ed al Ministero di Grazia e Giustizia. Per dovere di cronaca, occorre aggiungere come lo stesso S.UN.A.S., dopo tale notizia, abbia invitato il C.S.M. a comunicare suddetta deliberazione ai Capi degli Uffici Giudiziari competenti allo nomina dei Giudici Minorili (allo scopo di consentire che il chiarimento possa essere

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LE MISURE MINORILE

CAUTELARI

NELLAMBITO

DELLA

GIUSTIZIA

Il D.P.R. 448/88 detta una completa ed esaustiva disciplina delle misure cautelari che il Giudice Minorile pu adottare nei confronti dei minorenni secondo i criteri di adeguatezza e gradualit anche in relazione alle attivit di lavoro, di studio o altrimenti educative del soggetto. Le misure cautelari si distinguono in misure detentive (custodia cautelare) ed ontologicamente non detentive (prescrizioni con affidamento ai servizi minorili, permanenza in casa e collocamento in comunit). (ai soli fini della decorrenza dei termini massimi di durata, la permanenza ed il collocamento si reputano come misura detentiva tanto che lallontanamento dalla casa o dalla comunit non costituiscono reato di evasione) Il Giudice Tutelare pu disporre la custodia cautelare quando il minore abbia commesso un delitto per il quale la legge prevede la pena della reclusione per un periodo massimo non inferiore a dodici anni se: a) sussistono gravi ed inderogabili esigenze attinenti alle indagini e vi pericolo per lacquisizione e la genuinit delle prove; b) limputato si dato alla fuga o sussiste pericolo che si dia alla fuga; c) vi pericolo che limputato commetta gravi delitti (o contro lordine costituzionale o di criminalit organizzata oppure della stessa specie di quelli per i quali si procede). Per non interrompere i processi educativi in corso e se non necessario ricorrere ad altre misure cautelari, il Giudice pu impartire al minorenne specifiche prescrizioni afferenti le attivit di studio e di lavoro67. Rientra in questa ipotesi laffidamento dellimputato ai servizi minorili dellamministrazione della giustizia che svolgono attivit di sostegno e di controllo; tale affidamento pu aver luogo in ogni stato e grado del processo. Con tale provvedimento, il minore rimane presso la sua abitazione od in un altro luogo di dimora privata. Possono altres essere imposti limiti o divieti alla facolt del minorenne di comunicare con persone diverse da quelle che coabitano con lui o che lo assistono; con separato provvedimento pu essere invece consentito al minore di allontanarsi dallabitazione in relazione ad esigenze legate ad impegni di studio o di lavoro. importante sottolineare come i genitori o le persone nella cui abitazione disposta la permanenza del minore siano chiamati a vigilare sul suo comportamento; debbano altres consentire gli interventi necessari di sostegno e di controllo dei servizi minorili a cui il minore stato affidato e tutti gli altri controlli che il Giudice pu disporre. Nel caso in cui il minore violi ripetutamente gli obblighi impostigli o si allontani senza giustificato motivo dalla sua abitazione, il Giudice potr disporre il collocamento (ovvero laffidamento) del suddetto minore presso una comunit pubblica od autorizzata; eventualmente pu anche imporre una serie di prescrizioni inerenti le attivit di studio e di lavoro o altre ancora comunque utili per leducazione di minore. Con laffidamento del
utilizzato anche per le possibili ulteriori nomine del triennio 1996/98) e ha richiesto che nella predisposizione della prossima Circolare sui criteri di selezione e nomina dei Giudici Onorari Minorili venga inserito in maniera esplicita la figura dellAssistente Sociale nellelenco delle figure professionali indicate allart. 2 del R.D.L. 1404/34. 67 Come, ad esempio, lobbligo di frequenza scolastica.

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minore in comunit, il responsabile della stessa chiamato a collaborare con i servizi di assistenza istituiti negli Enti Locali. Nel caso si proceda per delitti per i quali prevista la pena della reclusione non inferiore, nel massimo, a cinque anni e nel caso il minore violi ripetutamente le prescrizioni impostegli dal Giudice oppure si allontani senza giustificato motivo dalla comunit, il soggetto pu essere sottoposto a custodia cautelare per un periodo di tempo non superiore ad un mese. In riguardo ai rapporti tra il Servizio Sociale professionale e la Magistratura e, in particolare, in relazione alla definizione delle modalit operative nei casi di allontanamento coatto di minori, si ritiene utile riportare un documento di lavoro elaborato nel febbraio del 96 da un gruppo di lavoro interistituzionale e multidisciplinare che, dal mese di dall'Ottobre 1995 al Febbraio 1996, si riunito a cadenza mensile presso il Tribunale per i minori di Roma68. Scopo del gruppo stato quello di meglio definire la complessit delle implicazioni tecnico-professionali e degli elementi a protezione del minore per quanto riguarda i provvedimenti di allontanamento di minori dai nuclei familiari disposti dalla Magistratura minorile. stato cos elaborato un documento nel quale vengono definite le modalit operative di un intervento integrato nei casi di allontanamento coatto di minori. Gli elementi particolarmente significativi di quanto contenuto nell'elaborato si possono cos sintetizzare: a) il processo minorile ha la funzione di identificare un progetto educativo a favore del minore; il provvedimento di allontanamento coatto quindi sempre considerato e messo in atto come uno degli elementi a protezione del bambino facente parte di un piano di trattamento inerente il suo nucleo familiare e sono altres chiari gli obblighi dellEnte locale, che non pu esimersi dalla esecuzione di provvedimenti del Giudice per i Minori essendo espressamente prevista dal D.P.R. 616/77 art. 23 lett C una funzione amministrativa di esecuzione dei suoi interventi. b) l'interazione e la collaborazione tra i Servizi Sociali e la Magistratura Minorile rappresentano un elemento fondamentale per evitare uno scollamento tra indicazioni degli operatori e natura dei provvedimenti,, collaborazione indispensabile sia nella fase di formulazione del progetto educativo in favore del minore, che in quella di eventuale attuazione coattiva dello stesso, ove non si riesca a realizzare il consenso. c) La figura professionale pi fortemente impegnata nella continuit dei piani di trattamento l'assistente sociale. Da quanto detto finora emerge come l'eccessivo coinvolgimento della figura professionale dellAssistente Sociale nei compiti di esecuzione dei provvedimenti del Tribunale dei Minori. ha spesso determinato nei fatti un sovraccarico di responsabilit e di isolamento professionale; la richiesta della presenza dell'assistente sociale in occasione dell'allontanamento coatto di un bambino, ha in alcuni casi pregiudicato il rapporto di fiducia fondamentale per ulteriori interventi di aiuto rivolti al nucleo familiare del minore e al minore stesso e ci in contrasto con la vigente legislazione sull'ordinamento della professione di assistente sociale legge 84/93, che all'art. 1 recita: lassistente sociale opera con autonomia tecnico-professionale in tutte le fasi dellintervento per la
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Tale gruppo di lavoro era composto da assistenti sociali e psicologi dellEnte locale, giudici delegati, funzionari della Ripartizione VIII e istruttori di vigilanza urbana del Comune di Roma, rappresentanti della Segreteria Regionale S.U.N.A.S. - Savoiardi e Napolitano - e rappresentante dell'A.U.P.I.

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prevenzione, il sostegno e il recupero di persone, famiglie, gruppi e comunit in situazioni di bisogno (comma 1): Nella collaborazione con lAutorit Giudiziaria lattivit dellassistente sociale ha esclusivamente funzione tecnico-professionale (comma 4). Il documento conclusivo ribadisce, quindi, lopportunit di evitare che lattivit di esecuzione forzata sia affidata alle stesse persone che effettuano le inchieste sociali e le progettazioni degli interventi; la delicatezza e la complessit delle situazioni trattate necessita di un approccio multidisciplinare e la partecipazione di pi figure professionali presenti nei servizi dellEnte locale e dellAzienda Sanitaria Locale. LEnte Locale avvalendosi della collaborazione dei gruppi circoscrizionali dei Vigili Urbani e in particolare dei nuclei di assistenza per gli emarginati (NAE) recentemente costituiti nella regione Lazio, fornisce uno strumento possibile per attuare modalit operative differenti per la esecuzione dei provvedimenti di allontanamento coatto di minori. Nellipotesi in cui si ravvisi lopportunit di un provvedimento di allontanamento, il giudice delegato promuove preventivamente allemissione dellatto, una valutazione comune in ordine alle decisioni, al fine di prevenire azioni traumatiche per il minore, convocando allo scopo gli operatori coinvolti nel piano di trattamento, sia del Comune che delle A.A.S.S.L.L. e gli operatori NAE. In questo ambito vengono espresse le opportune indicazioni sui tempi e sui modi con cui lesecuzione deve avere luogo e le modalit di intervento dei singoli operatori coinvolti nel caso, tenuto conto degli ambiti e delle autonomie delle singole professionalit I decreti esecutivi dovranno essere notificati ai dirigenti dei servizi implicati nell'esecuzione degli allontanamenti (Circoscrizione, NAE, ASL, se necessario Organismi di polizia). Per un corretto andamento dellesecuzione si prevede la reperibilit immediata per tutti coloro che hanno concordato le modalit operative. Ci implica che non sar sempre necessaria la presenza sul posto dell'assistente sociale che segue il caso al momento del prelievo, potendo essere sufficiente la sua attivit preparatoria e la sua reperibilit in favore degli incaricati ad eseguire il provvedimento. La stessa reperibilit attribuita al giudice delegato che coordina l'esecuzione e pi esprimersi su eventuali difficolt emergenti Le modalit operative sopra descritte si riferiscono "ai casi" che siano gi conosciuti, trattati e segnalati dai servizi territoriali. Per tutti quei minori non presi in carico dai servizi, per i quali si ritiene indispensabile ed urgente un intervento di allontanamento coatto, potr essere utilizzata la struttura dello S.P.1.S. (Servizio pronto intervento sociale - Ripartizione VIII). Fermo restando l'indispensabilit di un contatto preventivo tra S.P.I.S. e Giudice per i Minori, per le modalit di esecuzione.

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Figura 2/1: le principali leggi nellambito dellordinamento penitenziario (I). Legge 26 luglio 1975, n. 354 a) individualizzazione del trattamento (art. 1); b) disciplina del lavoro in carcere (regolamentazione del trattamento economico non inferiore ai due terzi del compenso previsto dai contratti collettivi di lavoro, corresponsione degli assegni familiari, tutela assicurativa e previdenziale); c) nuove figure professionali specializzate che entrano a far parte del sistema penitenziario (educatori, assistenti sociali ed esperti, art 80); d) misure alternative alla detenzione che affermano la necessit di differenziare i trattamenti a seconda della situazione personale, psicologica e sociale del detenuto. (affidamento al Servizio Sociale, semilibert, liberazione anticipata) e) istituzione del Tribunale di Sorveglianza con compiti specifici. Legge 10 ottobre 1986, n. 663: a) differenziazione del regime penitenziario con lintroduzione della sorveglianza particolare nei confronti di alcuni detenuti che con il loro comportamento compromettono il clima di convivenza sociale allinterno dellistituto; b) permessi premio concessi ai detenuti con comportamento responsabile e corretto affinch non si interrompano i rapporti con lambiente esterno (in precedenza i permessi venivano concessi solo in occasione di gravi eventi familiari); c) estensione delle condizioni per lammissione alle misure alternative alla detenzione (riduzione di alcuni limiti determinati dal tipo di reato e dalla pena inflitta attraverso labbuono di pena da 20 a 45 giorni, introduzione della detenzione domiciliare)

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Figura 2/2: le principali leggi nellambito dellOrdinamento penitenziario (II). FONTI PRINCIPALI NEL DIRITTO PENITENZIARIO: Costituzione, fonte principale di ogni diritto legislativo per il settore penitenziario. Di particolare rilievo i principi sanciti allart. 2 ed allart. 27 (principio della presunzione di non colpevolezza e principio di umanizzazione del trattamento penitenziario e suo valore rieducativo) Legge 26 luglio 1975, n. 354: Norme sullOrdinamento penitenziario e FONTI sullesecuzione delle misure pivative e limitative della libert Legge 10 ottobre 1986, n. 663: Modifiche alla legge sullOrdinamento PRIMARIE penitenziario e sullesecuzione delle misure privative e limitative della libert Codice Penale (rimasto in vigore limitatamente alle norme non abrogate dalla L. 354/75) Regolamento di esecuzione della L. 354/75. Suddetto regolamento costituisce il preciso e concreto adeguamento operativo alle disposizioni della legge 354/75 Regolamento interno (L. 354/75, art. 16 e Reg. di esec., art. 36). Suddetto FONTI regolamento regola le modalit del trattamento dei detenuti e la SECONDARIE organizzazione interna della vita quotidiana di ogni istituto (orari di apertura e chiusura degli istituti, organizzazione della vita quotidiana della popolazione detenuta, dei tempi e dei modi per effettuare i colloqui etc.) Nota Bene: Sebbene il Regolamento interno abbia efficacia solo nellambito del singolo istituto (ed in quanto tale, rappresenta una fonte normativa subordinata alla legge ed al Regolamento di esecuzione) esso estremamente importante. Infatti, pur se le norme contenute nei regolamenti interni variano in relazione alle necessit di ogni singolo istituto (giacch ogni istituto ha strutture ed esigenze diverse), non solo i detenuti e gli internati sono tenuti ad osservare il regolamento interno ma gli stessi operatori penitenziari. Il Regolamento Interno predisposto da unapposita Commissione e deve essere approvato dal Ministero di Grazia e Giustizia. La Commissione composta dal magistrato di sorveglianza, dal direttore dellistituto, dal medico, dal cappellano, dal preposto alle attivit lavorative, da un educatore e da unassistente sociale.

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Figura 2/3: affidamento in prova al Servizio Sociale (I). AFFIDAMENTO IN PROVA AL SERVIZIO SOCIALE Art. 47 della L. 354/75, Capo VI (cos come emendato dalla L. 663/86)
a)

il condannato (ovvero il detenuto) pu essere affidato al servizio sociale fuori dallIstituto per un periodo uguale a quello della pena da scontare se la pena detentiva non supera i tre anni (la sentenza della Corte Costituzionale del 3 dicembre 1985, n. 312 ha precisato come il requisito della pena non superiore ai tre anni riflette unesigenza di prevenzione generale, poich risponde allopportunit di negare una sensibile attuazione della pena a chi ha compiuto un reato grave); lesito positivo del periodo di prova estingue la pena ed ogni altro effetto penale (questo implica che, nel caso di revoca del provvedimento di affidamento al Servizio Sociale per motivi dipendenti dallesito negativo della prova, tale periodo comunque viene comunque considerato ai fini del conteggio del periodo di espiazione); il provvedimento dellAffidamento pu essere adottato dal Tribunale di Sorveglianza solo dopo i risultati dellosservazione collegiale della personalit del detenuto (condotta per almeno un mese in istituto); lAffidamento in prova al Servizio Sociale pu essere disposto senza procedere allosservazione in istituto qualora il condannato, dopo un periodo di custodia cautelare, ha goduto di un periodo di libert serbando un comportamento tale da far ritenere che egli non commetter pi altri reati; lesito positivo dellAffidamento in prova al Servizio estingue la pena ed ogni altro effetto penale (comma 12).

b)

c)

d)

e)

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Figura 2/4: affidamento in prova al Servizio Sociale (II). CASI PARTICOLARI NELLAFFIDAMENTO IN PROVA AL SERVIZIO SOCIALE Art. 47 bis della L. 354/75, Capo VI (cos come emendato dalla L. 663/86)
a)

il condannato (ovvero il detenuto) alcooldipendente o tossicodipendente pu egli stesso richiedere di essere affidato in prova al servizio per un periodo uguale a quello della pena da scontare se la pena detentiva non supera i tre anni e solo allo scopo di intraprendere o proseguire unattivit terapeutica (ma il Tribunale di Sorveglianza deve accertare che non solo la richiesta dellesecuzione del programma terapeutico ma lo stesso stato di tossicodipendenza o di alcooldipendenza non siano preordinati al conseguimento del suddetto beneficio); lAffidamento in prova al servizio sociale pu essere richiesto anche dopo che stato eseguito lordine di carcerazione; lAffidamento in prova al Servizio Sociale disposto senza procedere allosservazione in istituto (ma lesecuzione della pena si considera iniziata dalla data del verbale di affidamento); lesito positivo del periodo di prova estingue la pena ed ogni altro effetto penale; lAffidamento in prova al Servizio Sociale, alle suddette condizioni, non pu essere disposto per pi di due volte.

b)

c)

d) e)

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Figura 2/5: funzioni e compiti del Consiglio di aiuto sociale CONSIGLIO DI AIUTO SOCIALE

cura che siano fatte frequenti visite ai liberandi, al fine di favorire (con opportuni consigli ed aiuti) il loro reinserimento nella vita sociale; cura che siano raccolte tutte le notizie occorrenti per accertare i reali bisogni dei liberandi e studia il modo di provvedervi, secondo le loro attitudini e le condizioni familiari; assume notizie sulle possibilit di collocamento al lavoro nel circondario e svolge opera diretta ad assicurare una occupazione ai liberati che abbiano (oppure stabiliscono) residenza nel circondario stesso; promuove la frequenza dei liberati ai normali corsi di addestramento e di avviamento professionale predisposti dalle regioni; organizza (anche con il concorso di enti o di privati) corsi di addestramento ed attivit lavorative per i liberati che hanno bisogno di integrare la loro preparazione professionale e che non possono immediatamente trovare lavoro; cura il mantenimento delle relazioni dei detenuti e degli internati con le loro famiglie; segnala alla autorit ed ai competenti i bisogni delle famiglie dei detenuti e degli internati, che rendono necessari speciali interventi; concede sussidi in denaro od in natura; collabora con i competenti organi per il coordinamento dellattivit assistenziale degli enti e delle associazioni pubbliche e private nonch delle persone che svolgono opera di assistenza e beneficenza diretta ad assicurare il pi efficace ed appropriato intervento in favore dei liberati e dei familiari dei detenuti e degli internati.

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Figura 2/6: componenti del Comitato per loccupazione degli assistiti dal Consiglio di aiuto sociale NUM. 1 4 3 3 1 1 1 1 RUOLO Presidente del Comitato componente del Comitato QUALIFICA/PROVENIENZA Presidente Consiglio di Aiuto Sociale (opp. magistrato da lui designato) rappresentanti, rispettivamente, dellindustria, del commercio, dellagricoltura e dellartigianato locale (designati dal Presidente della Camera di Commercio, Industria, Artigianato ed Agricoltura componente rappresentanti dei datori di lavoro (designati dalle organizzazioni del Comitato sindacali pi rappresentative sul piano nazionale) componente rappresentanti dei prestatori di opera (designati dalle organizzazioni del Comitato sindacali pi rappresentative sul piano nazionale) componente rappresentante dei coltivatori diretti del Comitato componente Direttore dellUfficio Provinciale del Lavoro e della Massima del Comitato Occupazione componente impiegato della carriera direttiva dellAmministrazione Penitenziaria del Comitato componente Assistente Sociale del Centro di Servizio Sociale per Adulti del Comitato

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Figura 1: principali organi giudiziari nellambito del trattamento rieducativo del minore (I)

ORGANI GIUDIZIARI PER MINORI


Giudice Tutelare Tribunale per i minorenni Organismi ausiliari Corte di Appello per i minorenni

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Figura 2: principali organi giudiziari nellambito del trattamento rieducativo del minore (II)
presso ogni Pretura

Giudice tutelare
(il Pretore od uno dei Pretori appositamente nominato) Codice Civile, art. 344 persone oggetto dell'attivit del G. T.:

minori

maggiorenni (interdetti o inabilitati)

sovraintende alle tutele ed alle curatele

esercita funzioni specifiche affidategli dalla legge

contenute, in particolare, nel Codice Civile (Libro I), ma non mancano altre attribuzioni nella legislazione penale, processuale ed amministrativa
(vedi L. 184/93. sull'adozione)

funzioni direttive (autorizzazioni ed altre deliberazioni)

funzioni consultive (pareri)

funzioni di vigilanza

funzioni di controllo

funzioni di assistenza

funzioni costitutive di diritto (emancipazione ed affiliazione

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