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Le brume
che ha smesso di funzionare ma inizi dal basso dai piedi— ma è perché hai
capito che soffro? — oppure sei un santo —«anche a me metterebbe in
imbarazzo la tenerezza» —figuriamoci se mi penetrassi — non riesco a
unire quest’uomo del massaggio — mettiamola così, ti chiamo così —
all’uomo che ansima e gode mettiamo alla penetrazione della mia vagina
— scusa fammi dire però fica — sennò mi sembrà veramente qualcosa di
tailandese troppo meccanico tutto. Io sono sicura che sto bene da morire,
ma domani non sarò emozionata, ma senza le tue mani il calore delle tue
mani mi sentirò legata- ora provo .a non parlare — non dico più una parola
— l’altra cosa che ti ho segnato ti ricordi su frammenti del discorso —
Dopo un crollo la psicosi da crollo ci difende dalla psicosi del crollo. La
psicosi riproduce psicosi — Telefonarti mi ha salvato - stavo crollando
un’altra volta e questa volta ho trovato la casa dei doganieri e le potenti
mani della bestia - io la bella ok? - c’è una cosa che non ti ho detto quella
foto di te piccolo sul pianoforte io devo averla sognata — c’è un dejà vu
— lì ti vedo — e non credo al modo in cui mi parli della tua separazione
— e il tuo ordine spaventa — è un ordine cattolico? Questi libri sui vari
Don mi fanno un po’ orrore— bellissimo la vita da tutte e due le parti ne
ho bisogno — Luca stasera mi sono accorta di una cosa io ho perso il mio
corpo — devo fare qualcosa che mi risvegli- si è anestetizzato — si è fatto
tardi per attendere -la vitalità richiede che se ne abbia cura perché il
successo non dobbiamo concederlo a chi ci sigilla la vita
La materia di cui siamo fatti è uno dei fattori determinanti dell’opera,
l’armonia alla quale ritmo e melodia si aggiungono come personali
momenti, mai assolutamente coerenti, anzi mutevoli sempre, come tempo
che si applica alla materia pensante e irrora trasformazioni che mutano la
nostra sorte, se il tempo del ritorno dell’essere sempre ripetuto consente a
noi impigliati nella tela di ragno l’apparizione di una improvvisa epifania.
E’ ciò che lei vuole, un improvviso inaspettato apparire che muti il corso
sempre uguale di un fiume regolare la cui ansa non fa che ritornare su se
stessa. Qualcosa la rende perennemente insoddisfatta, e diventa una
fortezza inoppugnabile. Ma perché, non si comprende.
Che ne dici della danza o qualcosa che mi ridia il mio corpo — se oggi ci
fosse il bacio e le parole tenere e il discorso amoroso con questo
massaggio divino e lungo ci sarebbe un principio—e invece mi fa un sacco
bene essere maneggiata ma mi sa di fisioterapia e l’anima scusa? —
sembri il medico che mi rimette in sesto - insomma io sono qui nuda tu
tocchi tutto intero il mio corpo e una tenerezza mi farebbe tornare indietro
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guarderei con terrore il tuo corpo in questo momento il tuo corpo per
me non esiste - è solo scienza - voglio dire come se fossi un medico - il
resto ci potrebbe solo annoiare — non sarà che il massaggio è perché
non ci sono le carezze? — però sei carino forse hai capito quanto sto
disperata -ma ora sto zitta ora provo il silenzio. Si è addormentata. Un
sonno profondo. Ho maneggiato per ore il suo corpo che ha definito
legnoso, era
«scrutare vuol dire frugare.. sono come quei bambini che smontano u
sveglia per sapere cos’è il tempo» - è in Frammenti. Mi ha fatto
riflettere. Ho massaggiato il suo corpo e ho parlato con estrema facilità di
orgasmo e
dirlo per primo non voglio impegnarmi -con la sicurezza del no, che è
inevitabilmente l’affermazione di una certezza, che dall’altra parte ci sia
una richiesta speculare e ribaltata. Non le passava neanche per la
testa di volere di più da me, bastava riflettere sulle sue parole, non è una
ragazzina e se avesse voluto mi avrebbe semplicemente avuto, con il sesso
tutto quanto. Mi diceva qualcosa di grande mi diceva che l’imbarazzo che
aveva nei confronti della tenerezza la faceva soffrire, è un imbarazzo da
giovane che ancora non vive il sesso per il sesso e non vuole il tempo
però della costruzione, quello dell ‘età della ragione. La mia risposta era la
risposta di un vecchio, riguardava il tempo il fare progetti di vita che
proclamavo virilmente impossibili a lei per la quale nulla di questo poteva
interessare, tanto meno trattenerla a pensare al futuro a lei dall’aria così
sbalordita che faceva da padrona perché le davo la possibilità di non
pensarmi, di sapermi senza sapermi. Io stanotte non c’ero per lei, in lei la
tenerezza è un pensiero che rimane giovane e senza tempo, è la sua
giovane vergine bellezza. Bastava a capirlo banale volgare ragionamento:
che cosa le avrebbe impedito di fare realmente sesso? Nulla non è vergine
di certo, e di baci ne ha avuti e ricevuti, e appena ho poggiato la testa sulla
sua spalla ha detto no questo no. Per lei sono stato veramente una sorta di
personaggio tailandese. E a lei ho parlato di orgasmo tailandese. Ma forse
è giusto, solo che ora non ci sarà altro, né tenerezza né parole più intime
ho reso tutto poco intimo con la mia povertà di giudizio, e la mia tutta
maschile e meccanica possibilità del sesso comunque Ma se esistono due
specie di movimento, l’alterazione e la traslazione, qualcosa in lei un
passaggio deve esserci stato, un movimento verso uno scopo
diversamente determinato. Qualcosa di traslato che le tolga finalmente
l’immobilità di non essere in nessun luogo e in nessuna cosa. E l’anima?
non me ne sono dimenticato mai dimenticato con lei nuda nel mio letto -
non voleva che le accarezzassi in nessun modo neanche lievemente i
seni Montale mi è saltato alla testa involontariamente e ancora rimane nei
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se ci fosse stato.
La mattina cosa era cambiato perché lei non potesse godersi in santa pace
una sigaretta? Come quel messaggio di scuse al cellulare, un
continuo mi mi dispiace mi dispiace di non poter uscire con te, un
messaggio poi lungo troppo lungo, mentre ho saputo che era con gli amici
fuori.
E io massaggiavo replicando in scuse per la mia involontaria assenza. Ha
ragione lei, siamo immagini della privazione, ma c’è in lei un’invidiabile
giovinezza che la rende d’argento.
Il desiderio ancora intatto virginale di un lunghissimo bacio, nuove carezze
ai seni che difende dal triviale contatto, e il no deciso a me alle mie mani
su quelle perfette intatte rotondità, un troppo per le nostre troppo maschili
facili disinibizioni. Il mio seno non lo tocchi, intendeva, non lo puoi
visitare né ispezionare, è come materia pura dallo spirito umido che vi
dimora più denso, solo mio. Li tu non centri.
L’anima, ciò che muove se stesso. L’anima è l’incorruttibile. Lo
stesso furore di lei ha qualcosa di incorruttibile che trapassa senza farsi
attraversare dalla molteplicità degli incontri, e non replica se non
sempre e tenacemente «io sono altrove». Odia ed Ama con furiosa
sconnessione, come molla che si allenta per poi ritornare alla situazione di
partenza negando di esserci stata. A che è servito? Direbbe forse
qualcosa - ma per fortuna non abbiamo fatto l’amore, aggiungerebbe, ti
rende nobile, mi dice
l’eco delle sue parole rimaste «la tua generosa sottomissione è
l’attenzione sensuale di cui ti sono grata nella perfetta armonia che ci
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Sono tornata a casa con l’idea che mi avesse fatto bene. Ma poi ho
riflettuto, sì non nego nulla, è un principio senz’altro. Ma cosa non mi pace
di lui?. non sa ridere di sé di noi di me e ha perso l’anima del ragazzo
quella che fa di un uomo l’uomo ~ da desiderare e
tutto da baciare, riempire fino a traboccarne di tenerezze e giochi e
accortezze. E allora ho buttato giù una specie di versi per dirlo, chè
rimanga un ragazzaccio.
e giunchi scostati
girandomi
Intorno in un divertente
Girotondo
Alla pelle che si scortica mentre sale e sale ancora e ritorna Il lago
E si scolora
L‘osso duro del cranio teso
Il nostro
Di noi
Luogo santo?
Dov’è
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Ora?
Ora
Possiamo stringerci
Ti fai un po’più in là
Non così ora
Ma insomma che fai
Sgualcisci il lenzuolo, sistema meglio
Quella gamba
Prova ad alzare un attimo Magari così che dici?
La carne limpida e levigata
Li
Quella di una santa
~ Ma guarda un po’ che santa
È tutto pulito il ragazzo non torna?
O si guarda indietro con occhi di falco
affamati?
Dove sei E chi sei
Ora?tra le brume?
Alessandra de Angelis
Il Teologo e Ipazia
Il paradiso è del cuore, il paradiso è nei piedi nei gomiti nella gola
tua di cigno, nelle cosce tornite, nelle mani nervose.
Il paradiso deve essere qualcosa con corpo verderosso, il colore
del cuore. Questo è inferno – se ne voleva andare. Ha la bellezza
nella quale io mi brucio come legna da fuoco e lei se ne voleva
andare. Pensati brutta, le dicevo, ciò che non ti ha ucciso ti ha
fatto più forte, ma sai perche - perché non ti senti te stessa, non
sai il tuo fascino e questo esalta il tuo candore e ti fa bella.. E’
iniziata con un invito e un dono. Sono entrato nella sua casa
settecentesca già affetto da lei. Avevo acquistato Otello nella
versione video in bianco e nero di Orson Wells. Eravamo timidi e
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pacatezza, come leccio solitario dei miei orrori, stella, delle mie
brame, tu la regina del mio reame proprio tu non hai coscienza
della tua e mia dannazione.
La mia dannazione. Dio la musica e i poeti, e l’amore. L’armonia
nasce da cose prima discordi, l’acuto e il grave, poi rese concordi
dall’arte della musica, Platone stella, e il Simposio. Hai una
laurea in filosofia ma dimentichi tutto, e poi ti stupisci della
potenza della mia memoria. Io, solo io, volevo essere un poeta, un
Dio, tu il mio rapsodo, e da poeta parlavo per enigmi, posseduto
dal dio che mi possiede, dio o demone ma della discordia, poeta
sfatto e rovinoso, e allora tu la mia Sfinge rapsodica trovavi
ovunque il recitato, e riconoscevi, acuta interprete nell’ascolto che
ti faceva tremare, - giunco mosso dalla tempesta - lo stridore
rorido dell’armonia e del ritmo del mio maniaco doppio vaticinare.
Ti chiedevo il tuo sangue e rispondevi con i tuoi baci.
Sono stato me stesso, volevo lei proprio lei, intrisa come spugna
delle sue risa impraticabili quanto le lacrime, repentine, lacrime
dolci-salate come foglie bagnate d’autunno e tiepide, del calore
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del sorriso non spento come limpida fonte, degli occhi che le si
facevano deriva e illanguidivano senza approdo, non sapevo, era
acqua lei stessa sempre in mare sempre con i seni abbronzati
grandi nel corpo magro, e le rimproveravo i sorrisi per gli altri e
quei seni esibiti, ma ero debole come un prigioniero che
attraversandola tratteneva il mondo, ispirando il suo profumo di
mare di spuma.
Vieni stellina ti prendo, hai il sangue nei capelli una striscia qui
che ti bagna di rosso asprigno, oggi i tuoi capelli sono del colore
dell’uva dolce amari e assassini, me lo ricordo sai il sapore dei
tuoi capelli sul cuscino – hai lo strano fascino dell’anima nei
capelli.
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chiusa - Ti spiegavo l’arte del delitto stellina e mi hai risposto che forse è
l’intrepretazione migliore se si cerca dentro di sé si trova l’assassino. Ma
poi che hai aggiunto irridente e cruciale-<<il film ricorda la vittima e il suo
carnefice, O il carnefice e la sua vittima, non ricordo il regista, ma la
vittima si fa carnefice e il carnefice vittima girandosi in tondo in una
ricerca senza fine– alludevi a noi lo so, la nostra speculare idiota identità.
Io e te e una camera chiusa.
Chi di noi la Sfinge?
Ho dato a te senza parole le parole giuste per esserci, e esserci con me, ma
senza la rabbia che ti sarebbe esplosa - hai utilizzato la mia casa la mia
famiglia la mia tavola il mio letto perché i tuoi luridi soldi ti servono, e
l’albergo costa - certo ti ho risposto l’albergo costa ma ricorda che è solo
denaro ti ho giocato per denaro e allora non dovevi pretendere altre
risposte, ti ho risposto con la poesia di nuovo, <<anche se dovessi amare
ottenere e contare fino alla vecchiaia non scoprirei quell’arcano mistero>>
è tutta impostura e ho aggiunto lo sai l’alchimia d’amore e dell’anima è tua
solo tua, che ti importa in fondo del denaro, sei te lo riconosco selvaggia e
romantica, sali muta le tue tempeste e ti nutri di splendore femminile
quando odi in me il lato più potente, sì sono un teologo - ma non
comprendi non hai compreso quanto poco questo conti, quanto mi
diminuisca di fronte a te piccola divinità silvestre a cui consacro le parole
dei poeti, le parole della musica, e hai imparato tante di quelle cose da me
che le tue condanne mi fanno ridere e basta.
Ecco lì piangevi piangevi ed era dolce il canto della donna e le tue labbra
vogliose di un ultimo bacio – e io l’ho negato - perché sai quanto poco
alla fine mi volevi, e te lo ripeto sei femminile quando involontariamente
chiedi l’abbandono e ti annebbi per manovrare, per non lasciare ma essere
lasciata. Ma allora eri ubriaca di me, perché la rabbia ti ubriacava e la tua
mente creativa si rifiutava alla non-esistenza della quintessenza di cui vuoi
esser fatta, l’amore.
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Hai l’odore penetrante del tempo che finisce eri intatta e ora sembri
sbucciata, e la notte si fa fonda quasi inavvertita. Il pentimento migliora i
tuoi occhi sono stelle smerigliate, quasi sgretolati sminuzzati da filigrana
ocra. Il tuo difetto è sempre stato questo sfinimento che ti leggo addosso,
di divorarti in profondità, come al suono di infinite coagulate note di
musica che precipita per ingrassare l’attesa. Ma ti indurisci comunque
diventi aspra tagliente e dura come legna, comprimi le risposte e poi ti
laceri e t’accingi a vendicarti col colore del viola che ti cinge. Ma il tuo
spirito è chiaro raccolto nelle nervature violette - ti fanno somigliare a
quelle immagini della paura che penetra nel sangue e riduce l’urlo in
pietra. Ti stupisci della mia memoria, memoria di libri e la tua lingua era
tagliente perché era solo tua senza libri a farti da concetto. Lirica
comunque lo ammetto, era un artiglio di rapace articolata nella mancanza
di ricercatezza eppure naturalmente civetta. Che ne dici della mia di lingua
adesso adesso è solo mia e ci sono rime baciate, te ne sei accorta?
Quest’acqua è sempre più asprigna sembra il sugo della vita, è
quintessenziale, non c’è niente da fare. È la congiunzione poniamo
dell’anima tua che si svuota e si riposa e dell’umida tua natura che migra
in una bianca vasca di marmo dipinto mettiamo di rossastro, vermiglio
scarlatto, il colore delle vesti delle Regine.
Permetti alle parole del divino poeta-filosofo-veggente di cantare per te, e
fa’ stella che la sua anima trapassi nella mia mentre per te canto una
morale di stelle:
Predestinata ad orbite stellari,
del buio o stella che ti importa?
ardenti dell’orgoglio
sei?
Su cui riposavi come giovane
Strappato alla gloria
scavato dal mondo
E al mondo gettavi fango per fango
ricevere dicevi
Io
resa fango per essere meglio gettata
Fino al giorno del giudizio
Quando la tromba del tuo muto sigillo
Voce di lacrime ormai spente
Suonerà chiara e assordante
Alessandra De Angelis