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Le brume

Alle prima luci il canarino inizia i suoi gorgheggi. Lei se ne è andata. Ha


telefonato ieri sera in preda all’agitazione. Vienimi a prendere ne ho
bisogno. Per tutta la sera ha parlato di lui anzi d’amore— lui lo dimentico,
devo — «bene che te ne fai d’altronde» —si ma ti pare facile — giro con
frammenti di un discorso amoroso sempre tra le mani. Anche a te l’ho
regalato per natale? Lo vado regalando a tutti-E ora capisco che è una
un’illusione — «piantala con lui ti fa del male» — sì ma vedi lui mi sbarra
la strada. — E poi che mi faccio passare la vita così? E il vuoto, lo sai
vuoto cos’è no? -

Lei non si stanca delle visioni immateriali di lui che le consumano


materialmente il corpo e l’anima - E’ venuta con voce eccitata ma
tremante, intesse da anni il putiferio dei suoi ricordi con la fatica tutta sua
di non deporli. E’ col. cuore e il corpo affamati ostinata nel non voler
destituire la coercizione della nostalgia alla quale si appiglia per non
ricomporre un ordine già demolito da tempo . Sfavillava luce in quegli
occhi castani grandi spalancati che riponevano lo sguardo nello stupore di
osservare tutto quanto fosse nuovo, come a scoperchiare in ogni cosa fuori
e dentro la materia spirituale, toccando lieve e assorta tutto quanto trovava
per scovare mille cose vive e nessuna morta - vuole luce chiara riposante
-un riverbero cordiale, per muovere l’anima che si è fermata, rimasta
indietro per non correre avanti. L’amore è la corrente che riguarda in lei le
cose del passato, quasi un po’ morta per l’altro il futuro. Ma eros è una
potenza universale, le ricordo, e per amare bisogna amare in modo
rinnovato. Io come amico potevo lenire il suo pensiero incandescente e
fame pensiero di carne. Volevo il suo pensiero fatto di carne, il pensiero
sensuale del corpo che a lungo ha riposto in un armadio, sicura di renderlo
più vivo poi, nell’attesa del ritmo del respiro giusto e simultaneo. Mi ha
fatto balzare alla mente inatteso il ricordo di versi di Montale, lei stessa mi
è apparsa una donna di Montale e ripetevo dentro le parole delLa casa dei
doganieri, lo sciame dei suoi pensieri. Erano tanti e si affollavano, e con
pazienza volevo placarla, ma rimane lo spettacolo che ho dentro del vivace
suo apparire - vivido e mosso, con la visione di un pensiero nascosto, la
sua fragile arrendevolezza.

«Smettila di girare ti muovi come se avessi l’argento vivo addosso non ti


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fa bene»- ok suonami qualcosa — senti questa è una di quelle case in cui


non si fuma vero? — «per stasera ti concedo di accendere poi vediamo»
l’importanza del sesso per esempio, io credo che in definitiva un sano
sesso mi rimetterebbe in piedi, conferisce al corpo di rispondere, e mi
renderebbe meno furibonda non credi? pensa al corpo come unico
strumento del quale possiamo godere a piacimento — «non male» — sì ma
la sai una cosa sono anche anorgasmica, però fammi fare sesso stasera ne
ho bisogno il vero sano sesso quello che scalda piano, senza imbarazzo
- chiudiamo i miei pensieri prima che faccia giorno e discorriamo di corpi,
anzi coi corpi, e per stasera voglio ignorare tutto, anche me stessa che
penso per sentire rifluire all’interno il sangue pulsante, non alla testa che
mi vincola mi tiene stretta aLIle sue braccia al solo pensiero che non c’è-
prova a stringermi senza che le tue di braccia siano braccia che si
accavallano ai pensieri, prova a essere presente e assente. Pensa a Platone,
una pedagogia dell’anima e del corpo si rivela effettivamente corretta solo
quando è in grado~ di portare a maturità queste due realtà nel modo più
perfetto e armonioso. Un po’ filosofa ci sono. No?
Ma l’armonia in lei difetta della sintesi, eppure è bella ma non lo
avverte
converte lo spirito in qualcosa di talmente incorporeo da perdere il palpito
solo carnale del piacere, per il gusto in realtà di non esserci mai, di
esserci
senza amore, e se non c’è amore la legge che si dà è che non vi sia al
contempo nutrimento per il corpo, solo anima assottigliata, esile
come la sua guizzante nervosa figura. E’ la sua dolce arroganza. Non
darsi mai mai, le
appare un grossolano errore esporsi al pericolo di essere acciuffata e
dover restare, si sentirebbe presa al laccio e vuole rimanere
inafferrabile, mentre sogna cose inaspettate, possessi troppo sovrumani.
tu credi che le anorgasmiche, quelle che ci diventano o ci sono, abbiamo
una qualche possibilità di riuscita? —«penso di sì» poi tu
pensi ancora a tua moglie Posso farmi una doccia qui? non
ho fatto la ceretta e non mi sono lavata ho dovuto prendere l’En lui
sposa e io conto le mie rughe- ma è che mi divoro-e l’ansia mi divora
l’ansia - e non sogno che di lui - Meglio nascere brutte che
diventarci-
«sei sempre la stessa, le rughe non contano, non ci sono, è che hai
unavolontà docile e continui a soffrire, ma perché fai confronti e non sai
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neanche con chi, torna a rivivere, è ora»- lo dici tu — non prendermi


per
pazza ma l’ho chiamato di nuovooddio piantala~» — Ok sesso allora
parliamo di sesso — vado a farmi una doccia- c’è un accappatoio?
Sai questo bagno è rassicurante?, una doccia calda e poi tutto sesso.
Penso che sia in grado sai di risolvere la mia situazione per stasera, lo
credo seriamente, in fondo l’uomo è meglio del ragazzo. I tempi per
esempio si allungano come le rughe d’altronde— ti piaccio? — «volevo
dirtelo da un po’ il tuo modo di entrare di muoverti di parlare mi ricorda
una poesia di Montale La casa dei doganieri - desolata t’attende dalla sera
in cui v’entrò lo sciame dei tuoi pensieri - — sì capisco l’anima ma la
bellezza no richiede Montale sai e neanche l’anima alla fine - le nostre
parole sono le migliori, ma hai ragione il calcolo dei dadi più non torna -
insomma ora
mi sento prigioniera non preoccuparti di me stessa mi sento spettrale e non
mi finisce non mi riesce di finirla con il pensiero di lui
Mente a se stessa. Non è lui che vuole ma rimarcarlo ogni volta le
consente di far correre i pensieri a briglia sciolta, e tessere trame
d’abbandono per l’idea che vuole dare di una cattività perché ogni vincolo
le sembra catena, e inizia a soffocare ed è costretta a lasciare. Credo.
Forse, comunque il suo discorso non torna. Essere di lui lontano (sarà vero
che non la ama?) le serve a non appartenere se non a se stessa.

«con l’accappatoio e i capelli bagnati sembri un pulcino bagnato» — mi


metto a letto— oddio è freddo—ti rendi conto che parliamo di sesso
e siamo imbarazzati a darci anche un bacio? — o abbracciarci, impossibile
come se fossimo immagini di noi stessi svuotate di qualcosa - cos’è
che manca al sesso per essere solo sesso? non oserei darti neanche un
bacio l’altro era amore e lo baciavo — noi che facciamo adesso? —« Ti
posso massaggiare vuoi?» — sì mi tolgo l’asciugamano — oddio bello chi
ti insegna — sembra divino i massaggi hanno qualcosa di divino — le
spalle premi sulle spalle e la schiena — ora che fai — «perché cos’hai mi
sono solo appoggiato alla tua spalla, che hai?» — perché mi blocchi ti
appoggia me e non sappiamo baciarci — ci pensi io nuda tu mi frizioni e
massaggi tutta senta paura abbracciarci ci atterrisce? Nel massaggio c’è la
distanza giusta per essere altrove, in Frammenti io mi leggo nell’Assenza,
la scrive con la A maiuscola -è la privazione - so a memoria il passaggio -
il desiderio è qui ardente eterno: ma Dio è più in alto e le braccia levate
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non raggiungono mai l’adorata pienezza - Dobbiamo provare tecnicamente


a baciarci? — «ma sei pazza? Il bacio tecnico?» — e allora il massaggio,
mi priva della privazione è incorporeo etereo e insostanziale - il desiderio
si spegne sul bisogno, ma se togli desiderio e bisogno si spegne l’Assenza,
e di conseguenza si dovrà accendere qualcos’altro, forse un modo diverso
un cuore diverso, un cuore muscolo che palpita ovunque magari nelle
cosce nei gomiti nella mani nei piedi , perché sei bravo e mi fai venire il
vero sonno e non mi chiedere di ritornare a casa, la tua di casa è bella è
immersa tra la terra e il verde ci sono i vetri appannati come nella
casa dei doganieri sembra irreale quanto i luoghi della lontananza,
dell’assenza appunto, e del c’era una volta
Altrove non mi sarei fatta manipolare così, ma è poesia questa tua casa,
l’accesso anche, nel viottolo sconnesso come un labirinto di sassi e
dirupato - sembrava di allontanarsi per entrare in un altro regno, una
diversa forma di riposo che viene dal suolo e dalla nebbia, e dalla
luce che sa di caldo e di occulto di qualcosa di solitario, il magico interno
brumoso di un faro.Ma dicevo di frammenti amorosi - lo so a memoria
-nell’Assenza due ideogrammi - le braccia levate del Desiderio e le braccia
tese del Bisogno.Il desiderio si spegne sul bisogno. Immagine fallica delle
braccia levate, immagine bambinesca delle braccia tese - sì continua ti
prego i polpacci devi premere e, oddio devo smettere di fumare e ora dove
vai? cosa é questo è bello, talco — mi stai facendo buttare fuori tutto ciò
che mi inquina dentro, è una delizia svuotarsi la mente, un esercizio che ho
sempre tralasciato.Sembra che la sua impressione - timore di me sia
verginale. C’è il lei l’onestà della fedeltà al proprio patto con se stessa, si è
imparata a conoscere attraversando relazioni ma negando l’anima sua
bella. L’anima che tiene chiusa nella sensualità di un no ripetuto, e di
un’eccitazione che solo la lontananza di un lui le dona. Non è
inconsapevole. Sa di non saper attraversare gli stadi dell’erotismo perché
vuole essere presa solo nella parte che di lei è più corporea, l’anima. Il
resto dopo. Non vuole per una ragionevole ma involontaria giovanile
musicale passione per le ragione del cuore-anima cervello, e separa con
pertinace insistenza il suo io dal resto pretendendo il riconoscimento, di un
tocco d’anima di due che sono sensualità e spirito in una sferica presenza -
fosse pure contro il tempo – e questo solo è presentimento di una reale
carnale scoperta, ancora non si accende in lei il desiderio se non attraverso
chi le faccia avvertire la materia di cui è fatto l’incontro, ossia una
rinnovata verginità dell’anima, per esserci senza memoria, intatti puri
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come avorio. Credo si avverta ogni volta superiore e recita la parte


dell’abbandonata con l’agilità di chi già è altrove.
Ma dove? Dove non c’è che lei sicuramente, nel cuore e nella mente.
Una brusca svolta della macchina e sono entrata in un sentiero nel quale
discendevo sempre più eccitata, un viottolo ogni volta trasversale e ritorto
discendevo in una nebbia che scioglieva già ogni mia tensione. Mi
avvertivo furtiva e clandestina come il luogo, un rifugio nebuloso. Qui il
mondo si riposa, pensavo di fronte al cancello, e il freddo bagnato d’umido
aveva il sapore delle macchie selvatiche con gli alberi scheletrici e il suolo
rosso-ingiallito da cui evaporava brina densa-e solforosa - Ora anch’io mi
riposo ho pensato, e così è stato. Ho parlato parlato, le mie parole erano le
stesse di sempre, quelle presenti, ma erano un disco incantato, mentre
concepivano per me del tutto inversamente i miei piedi maneggiati le ossa
dei miei gomiti i polpacci le braccia.Avevo la sfrontatezza del dominio su
tutto, su di lui e le sue cose. Imponevo me quasi fossi un impero. E
pensavo senza pensare, parlavo per ripetere le solite noiose cantilene,
gustando al contrario la forza del meditare realmente carnale, quel
bellissimo limpido riposare nella testa, per il quale era facile non ascoltare
se non da un’estrema lontananza indefinita le mie solite terribilmente
noiose parole, erano vuoti simulacri per i miei piedi e polpacci rinati,
chiudevo involontariamente gli occhi e avevo la voce per intimare “io qui
ci voglio restare” e non mi alzo. Non avrei potuto avevo il corpo già tutto
assopito, meravigliosamente rilassato, e il trauma di alzarmi non glielo
avrei concesso. Credo avesse delle preoccupazioni. Ma naturali - spero
capisca un giorno quanto il disgregare smembrare ponderose speculazioni
troppo ardite è ciò di cui ho bisogno, è questa l’assenza, quell’intelletto
sempre attivo rozzo e ineguale, non eguagliabile ai miei piedi polpacci
gola giro vita cosce e capelli. Sono una così, con me stessa senza
divisione. Ma per parlare ripetevo come la ballerina di un carillon le parole
d’amore perduto, i frammenti letti di discorsi d’amore, togliendo alle
nostre parole l’autenticità dell’essere solo nostre, con astuzia forse troppo
argomentativa, meccanicamente ribadivo il già detto, ormai saputo a
memoria. Ma la scatola era vuota, alzato il coperchio le parole se ne
volavano dopo aver per troppo tempo traboccato. Avrà sicuramente già
capito tutto, o forse non capirà, sentirà di avermi fatto del male e non sa
quanto bene mi mostra con la sua docile pazienza.
Glielo dirò con un dono gli voglio regalare “Pensare con i piedi” di
Osvaldo Soriano. Capirà. E dimenticherà le mie parole, Il carillon
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incantato, perché sa farmi pensare, finalmente con coraggio, cervello sì,


ma con cuore fegato e sesso, e tutto il resto «sei dura come il diamante»—
sono legnosa, me ne accorgo tu hai mani d’oro — però non mi rispondi —
mi massaggi in un modo che sembra il tuo lavoro da sempre—ma
frammenti di un discorso amoroso,. che ne dici, ti è piaciuto? — come
diceva ti ricordi — sì qui i polpacci pigia più pigi e meglio è così
pizzicato è perfetto la schiena le braccia— neanche ti stanchi ? — «no”«Ti
ecciti?» «sì ma non è l’eccitazione» — comunque dicevo niente tenerezze
«ti ho spiegato io non mi impegno, c’è mia moglie, sono separato ma non
mi impegno» non fare lo scemo io rifletto — quanti pochi frammenti
d’amore — i discorsi amorosi insomma non ne pensi niente? — ti ho fatto
vedere le foto hai visto cos’ero e come sono adesso che sono appena tre
anni che se ne è andato e ho solo pensato a lui e si vedono i segni dei
pensieri sul viso - ho un’ ossessione — sì ma continua non ti fermare —
però non ti sdilinquire in queste tenerezze — insomma è un massaggio con
la frizione, il massaggio tailandese — ma voglio dire poniamo i romantici
discorsi d’amore — ti rendi conto che il mio corpo è nudo? — non lo temi
perché non lo temi? Ma senti il fatto che non lo temi significa anche che
non lo scopri? E nell’«amorosa quiete delle tue braccia?» E’ un paradosso
sai non c’è nulla di amoroso e c’è qualcosa di mostruoso nella tua facilità a
trattare il mio corpo e nella pazienza anche «se ti friziono così puoi anche
raggiungere l’orgasmo» — Come puoi solo pensarlo io credo che la
citazione di Montale ti sia servita a rendere quel minimo di poesia al
movimento delle tue mani - però non fermarti - Penso con insistenza alla
bella e la bestia - la fiaba - mi ci fai pensare con insistenza - non parlare di
orgasmo, l’orgasmo tecnico non mi appartiene - guarda che se vai
all’interno coscia ti accorgi di quanto sono asciutta — «si sei dura
durissima ma hai di bello gli incavi gli incavi del tuo corpo sono belli e sei
bella sei un loto» — sarebbe bello mettersi a litigare d’amore, l’amore ce
lo siamo dimenticati — il massaggio è divino ma lo sai che mi sento di
non esistere? — insomma chiunque fosse qui donna in queste condizioni si
riposerebbe con il tuo frazionamento instancabile — mi chiedo cosa te lo
faccia fare — forse sei molto generoso — quelli che mi amavano non mi
hanno mai massaggiata così per ore e forse così mi stai aprendo un vuoto
-e la vista appannata della tua finestra in alto per tutta la parete ha
l’apparenza reale del fiabesco — e l’odore di nebbia e di muschio — ma
l’espressione è la stessa hai sempre la stessa espressione di sempre solo un
po’ stanca e insonne, si vede che ti manca il sonno, domani non avremo
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però la sensazione di essere stati in un letto nudi insieme—e lo sai


neanche adesso — eppure questa è generosità — vorrei giurare di non
fumare più ma è impossibile — «non ci riesci»
Chissà cosa vuole lui scoprire di me, e anzi cosa scopre, il mio irrompere
strano e impaziente, le mie sconnessioni disciolgono il suo quotidiano
metodico movimento sempre uguale forse, o gli sono l’impiccio di una
invasione improvvisa e improvvida, oppure gode giustamente di
un’innocente voglia di godere del suo faro, nonostante la
trascuratezza delle mie parole, e gli ordini che impartisco, difendendo le
zone più intime, negandogli le carezze che forse avrebbe per me ma io non
voglio. Mi ostino a ripassare formule svuotate, quelle dello sgabuzzino
della memoria, quelle sempre pronte e rigurgitanti, basta attingere, e
riafferrare vecchi interludi, quelle overtures sempre uguali. Dovrei dargli
tregua, almeno un intermezzo.
Il polpaccio l’altro — senti che legno che sono — sono un legnaccio — un
pezzo d’albero e lì sono sempre dura — insomma dicevo il bacio la
tenerezza— sai io mi pento di un uomo che non ho avuto e era dolce
perché era uomo e protettivo e mi parlava con paterna premura e ironia - la
schiena inizio a sentire –con l’olio così- una settimana tra le tue mani
diventerei un’altra e brancolerei un po’ meno — sai che ho perso il tatto?
—ma hai mani possenti - le immagino pelose - come quelle della bestia –
hai anche la dignità alla fine della bestia di fronte alla bella— ma tu perché
non parli — «perché non serve, ascolto lo sciame dei tuoi pensieri —
parli te e sei un pulcino impaurito» — mi fai accorgere di una cosa — i
piedi si dio i piedi ho il cervello nei piedi io le mie molecole migliori sono
nei piedi— mi sembra di rinascere anzi mi fai crollare dal sonno- è la
prima volta che non penso niente non ho pensieri — però la riflessione
filosofica te la dico —. So che c’è tua moglie e io non sono emozionata e
non ti bacio perché mi sentirei tecnica e tu saresti tecnico a letto — ma
dimmi la verità — tra l’essere folli d’amore e l’essere tecnicamente
sempre pronti non mi dire che non ti piacerebbe essere pazzo d’amore —o
vuoi che il desiderio si spenga sul bisogno, il tempo fugge e l’attesa ci
profana lo sai? aspettare che lei - lui chiami come un condannato a cui si
rifiuta la grazia — squilla squilla accidenti e ogni volta si fa qualcosa
sperando che serva — sai del tipo se accendo una sigaretta e preparo il
caffè quando sbuffa la caffettiera allora squilla — ma sono preoccupata sai
dimmi un po’ ma tu frizioni passi con le mani nelle zone più dure e
contratte e mi sciogli, come se mi smontassi per rimontarmi meglio la testa
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che ha smesso di funzionare ma inizi dal basso dai piedi— ma è perché hai
capito che soffro? — oppure sei un santo —«anche a me metterebbe in
imbarazzo la tenerezza» —figuriamoci se mi penetrassi — non riesco a
unire quest’uomo del massaggio — mettiamola così, ti chiamo così —
all’uomo che ansima e gode mettiamo alla penetrazione della mia vagina
— scusa fammi dire però fica — sennò mi sembrà veramente qualcosa di
tailandese troppo meccanico tutto. Io sono sicura che sto bene da morire,
ma domani non sarò emozionata, ma senza le tue mani il calore delle tue
mani mi sentirò legata- ora provo .a non parlare — non dico più una parola
— l’altra cosa che ti ho segnato ti ricordi su frammenti del discorso —
Dopo un crollo la psicosi da crollo ci difende dalla psicosi del crollo. La
psicosi riproduce psicosi — Telefonarti mi ha salvato - stavo crollando
un’altra volta e questa volta ho trovato la casa dei doganieri e le potenti
mani della bestia - io la bella ok? - c’è una cosa che non ti ho detto quella
foto di te piccolo sul pianoforte io devo averla sognata — c’è un dejà vu
— lì ti vedo — e non credo al modo in cui mi parli della tua separazione
— e il tuo ordine spaventa — è un ordine cattolico? Questi libri sui vari
Don mi fanno un po’ orrore— bellissimo la vita da tutte e due le parti ne
ho bisogno — Luca stasera mi sono accorta di una cosa io ho perso il mio
corpo — devo fare qualcosa che mi risvegli- si è anestetizzato — si è fatto
tardi per attendere -la vitalità richiede che se ne abbia cura perché il
successo non dobbiamo concederlo a chi ci sigilla la vita
La materia di cui siamo fatti è uno dei fattori determinanti dell’opera,
l’armonia alla quale ritmo e melodia si aggiungono come personali
momenti, mai assolutamente coerenti, anzi mutevoli sempre, come tempo
che si applica alla materia pensante e irrora trasformazioni che mutano la
nostra sorte, se il tempo del ritorno dell’essere sempre ripetuto consente a
noi impigliati nella tela di ragno l’apparizione di una improvvisa epifania.
E’ ciò che lei vuole, un improvviso inaspettato apparire che muti il corso
sempre uguale di un fiume regolare la cui ansa non fa che ritornare su se
stessa. Qualcosa la rende perennemente insoddisfatta, e diventa una
fortezza inoppugnabile. Ma perché, non si comprende.
Che ne dici della danza o qualcosa che mi ridia il mio corpo — se oggi ci
fosse il bacio e le parole tenere e il discorso amoroso con questo
massaggio divino e lungo ci sarebbe un principio—e invece mi fa un sacco
bene essere maneggiata ma mi sa di fisioterapia e l’anima scusa? —
sembri il medico che mi rimette in sesto - insomma io sono qui nuda tu
tocchi tutto intero il mio corpo e una tenerezza mi farebbe tornare indietro
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guarderei con terrore il tuo corpo in questo momento il tuo corpo per
me non esiste - è solo scienza - voglio dire come se fossi un medico - il
resto ci potrebbe solo annoiare — non sarà che il massaggio è perché
non ci sono le carezze? — però sei carino forse hai capito quanto sto
disperata -ma ora sto zitta ora provo il silenzio. Si è addormentata. Un
sonno profondo. Ho maneggiato per ore il suo corpo che ha definito
legnoso, era

diamante. E in effetti era dura e contratta come un blocco di marmo, ma


bella però. Io a malapena ho dormito — Per un po’ ho pensato di lei solo
una cosa. Pensavo Alla Casa dei doganieri, quando gliel’ho detto e quando
glielo dicevo si arrestava confusa, era un pulcino bagnato che chiede
premure. il corpo di legno si ma bello ben fatto solo contratta sofferente.
Ho recitato i versi mentre lei non riusciva a stare un attimo seduta come se
il suo corpo scattasse per lei involontariamente si alzava tornava a sedersi
si rialzava girava le stanze assaporava il limoncino di Sicilia e se ne
versava per scaldarsi e forse voleva sciogliersi con t’etilico e le sigarette
Aveva l’accappatoio e i capelli bagnati e ho capito che si sentiva poco
donna.
Desolata t’attende dalla sera in cui v’entrò lo sciame dei tuoi pensieri, le
parole di Montale. Si sentiva separata ne sono certo, forse tranne da questa
casa che è immersa in un verde disabitato selvatico con la nebbia bassa e
quasi sulfurea. Era disarmata di fronte alle sue ragioni, sulle quali deve
aver riflettuto molto e da molto, e alle mie risposte si vedeva ferita. Non
comprendi non è a te che mi rivolgo quando parlo della tenerezza che ci
manca, voleva dire, e io continuavo la mia tiritera involontaria ma non
troppo, forse troppo maschile sul fatto che non siamo più ragazzini e ci è
nota ogni cosa. Ha ragione a parlare del bacio, e dello scoprire nudità con
la semplicità con cui trattiamo oggetti dei quali siamo troppo sicuri.

«scrutare vuol dire frugare.. sono come quei bambini che smontano u
sveglia per sapere cos’è il tempo» - è in Frammenti. Mi ha fatto
riflettere. Ho massaggiato il suo corpo e ho parlato con estrema facilità di
orgasmo e

giustamente mi ripeteva — ma se neanche abbiamo il coraggio di una


tenerezza di un bacio — il mio io con la pesantezza di un grande
ancoraggio, forse l’incoscienza, non ho compreso t’intelligenza delle
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sue parole, a lei che per non amore mi ha regalato frammenti di un


discorsoamoroso ho solo risposto “ti ho avvertita non voglio impegnarmi”,
non l’ho capita o mi sono difeso? Pretendo che l’abilità delle mie mani
potenti da Bestia come le ha chiamate le sostituiscano la tenerezza di un
uomo? E. la mia presunzione poi, lei è la prima, a non volersi impegnare
non con me, ma io maschio mio malgrado stabilisco l’ordine delle priorità
sono io a

dirlo per primo non voglio impegnarmi -con la sicurezza del no, che è
inevitabilmente l’affermazione di una certezza, che dall’altra parte ci sia
una richiesta speculare e ribaltata. Non le passava neanche per la
testa di volere di più da me, bastava riflettere sulle sue parole, non è una
ragazzina e se avesse voluto mi avrebbe semplicemente avuto, con il sesso
tutto quanto. Mi diceva qualcosa di grande mi diceva che l’imbarazzo che
aveva nei confronti della tenerezza la faceva soffrire, è un imbarazzo da
giovane che ancora non vive il sesso per il sesso e non vuole il tempo
però della costruzione, quello dell ‘età della ragione. La mia risposta era la
risposta di un vecchio, riguardava il tempo il fare progetti di vita che
proclamavo virilmente impossibili a lei per la quale nulla di questo poteva
interessare, tanto meno trattenerla a pensare al futuro a lei dall’aria così
sbalordita che faceva da padrona perché le davo la possibilità di non
pensarmi, di sapermi senza sapermi. Io stanotte non c’ero per lei, in lei la
tenerezza è un pensiero che rimane giovane e senza tempo, è la sua
giovane vergine bellezza. Bastava a capirlo banale volgare ragionamento:
che cosa le avrebbe impedito di fare realmente sesso? Nulla non è vergine
di certo, e di baci ne ha avuti e ricevuti, e appena ho poggiato la testa sulla
sua spalla ha detto no questo no. Per lei sono stato veramente una sorta di
personaggio tailandese. E a lei ho parlato di orgasmo tailandese. Ma forse
è giusto, solo che ora non ci sarà altro, né tenerezza né parole più intime
ho reso tutto poco intimo con la mia povertà di giudizio, e la mia tutta
maschile e meccanica possibilità del sesso comunque Ma se esistono due
specie di movimento, l’alterazione e la traslazione, qualcosa in lei un
passaggio deve esserci stato, un movimento verso uno scopo
diversamente determinato. Qualcosa di traslato che le tolga finalmente
l’immobilità di non essere in nessun luogo e in nessuna cosa. E l’anima?
non me ne sono dimenticato mai dimenticato con lei nuda nel mio letto -
non voleva che le accarezzassi in nessun modo neanche lievemente i
seni Montale mi è saltato alla testa involontariamente e ancora rimane nei
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miei pensieri. Le parole di un poeta.


Ma alle mie parole manca l’intimità, alle mie mani nell’Assenza la
tenerezza, alla mia bocca, nell’Assenza, il sapore del primo bacio vergine
con una donna sconosciuta, ai miei pensieri la giovinezza che queste
tre cose insieme consente, al mio ordine il disordine di consentirle al
risveglio una sigaretta dopo il caffè, alla mia voce la dolcezza intrisa
com’èra dell’asprezza del risveglio al nuovo giorno, spezzato l’incanto
(ma quale incanto?) « ieri ti ho consentito le sigarette, stamattina mi
dispiace no»
Il vero incanto erano i seni che non si faceva neanche sfiorare.
Timidamente ha detto, era un canarino vergognoso, perdona il mio russare

se ci fosse stato.
La mattina cosa era cambiato perché lei non potesse godersi in santa pace
una sigaretta? Come quel messaggio di scuse al cellulare, un
continuo mi mi dispiace mi dispiace di non poter uscire con te, un
messaggio poi lungo troppo lungo, mentre ho saputo che era con gli amici
fuori.
E io massaggiavo replicando in scuse per la mia involontaria assenza. Ha
ragione lei, siamo immagini della privazione, ma c’è in lei un’invidiabile
giovinezza che la rende d’argento.
Il desiderio ancora intatto virginale di un lunghissimo bacio, nuove carezze
ai seni che difende dal triviale contatto, e il no deciso a me alle mie mani
su quelle perfette intatte rotondità, un troppo per le nostre troppo maschili
facili disinibizioni. Il mio seno non lo tocchi, intendeva, non lo puoi
visitare né ispezionare, è come materia pura dallo spirito umido che vi
dimora più denso, solo mio. Li tu non centri.
L’anima, ciò che muove se stesso. L’anima è l’incorruttibile. Lo
stesso furore di lei ha qualcosa di incorruttibile che trapassa senza farsi
attraversare dalla molteplicità degli incontri, e non replica se non
sempre e tenacemente «io sono altrove». Odia ed Ama con furiosa
sconnessione, come molla che si allenta per poi ritornare alla situazione di
partenza negando di esserci stata. A che è servito? Direbbe forse
qualcosa - ma per fortuna non abbiamo fatto l’amore, aggiungerebbe, ti
rende nobile, mi dice
l’eco delle sue parole rimaste «la tua generosa sottomissione è
l’attenzione sensuale di cui ti sono grata nella perfetta armonia che ci
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rimane, Tu il faro di una notte, sapersi senza l’immane pensiero di sapersi


nel tempo insieme». Fugge e so che non vuole in nessun modo restare ..
per essere imprendibile e salpare altrove con il suo solitario
pertinace remare nel vento. E questa è la sua vera Assenza. Ed è la
sua essenza, lo sciame dei suoi pensieri.

Sono tornato a casa stanco. Ha squillato il telefono era lei


Ciao, te lo devo dire sei divino, ho un regalo per te spero ti piaccia è un
libro so che ne hai letti molti ma questo forse ti manca-spero- E’ di
Soriano Pensare con i piedi, il giorno che ci vediamo te lo do. Mi hai
dato il sonno più bello del mondo, e ora penso tutt’altro sai, se ne
andasse al diavolo lui, in fondo ero solo arrogante, troppo assillata, non me
ne importa più niente, so cosa pensare e lo devo alla tua pazienza - di’ un
po’chi ti ha fatto così, paziente e generoso, sembri irreale, quasi un’anima
a parte. Io sono sempre impaziente e divoro tutto, sabato ci vieni a vedere

Prendimi l’anima di Faenza?

Sono tornata a casa con l’idea che mi avesse fatto bene. Ma poi ho
riflettuto, sì non nego nulla, è un principio senz’altro. Ma cosa non mi pace
di lui?. non sa ridere di sé di noi di me e ha perso l’anima del ragazzo
quella che fa di un uomo l’uomo ~ da desiderare e
tutto da baciare, riempire fino a traboccarne di tenerezze e giochi e
accortezze. E allora ho buttato giù una specie di versi per dirlo, chè
rimanga un ragazzaccio.

Chi mi dice ti amo


chi mi guarda e si volta
Fichi si volta e mi calpesta
chi mi scruta con occhi di falco affranto
cento occhi intorno non sono i tuoi occhi importanti
I smarriti per aver perso / ‘occasione
di un campo di grano
di una salita affaticata tra capelli scarmigliati

e giunchi scostati

Il ragazzo vuol essere ragazzo e pellegrino


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Con i ‘onestà tesa perché tu salga ripide salite


E discenda come un mare calmato
Dal moto che
ti quieta.
Con adolescente ridente
Scattante preghiera
Sii mia ora intende

girandomi
Intorno in un divertente
Girotondo

Mentre le ossa dei morti dimentichiamo


Dimenticavo tra le sue zampe feroci, felino
E dolce
Allacciato alla vita
A i fianchi sempre più dimessi

Alla pelle che si scortica mentre sale e sale ancora e ritorna Il lago

E si scolora
L‘osso duro del cranio teso

Ma sono suoi i pensieri, mio


L ‘altare mie le braccia mia la pelle di felina

Mia la ferita che attraversi


Quando con accorto clamore irrompi
con il tuo o traboccante spumeggiante
liquore
Ed ecco allora il ricordo di un prato sterrato
intorno plastica smessa e io ora io

sopra come un giunco smosso


catturavo l’estasi e io sfinimento
In ricordo di questo ti chiamo
Ragazzo
Dall’‘arco d ‘acciaio
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Punta sui miei i tuoi occhi


se ti cattura la voglia
Ritorna esclamo senza vergogna
Nei profondo di un recesso incarnato
Carne viva essiccata, dimenticata
ad asciugare come bianco panno steso

Al sole di un’estate vecchia e opaca


Abbiamo i luoghi
E perdiamo i nostri luoghi
Ragazzo

ferisci la mia profonda


voraginosa
Ferocia
quando lasci e abbandoni

Chi soffre per te


Ora è cranio lavorato
se le tue membra di tigre più
non curano lacunose profondità

ma se il giunco non spezza


La mente del pensiero le voglie saporisce
E soggiogata nel letto di spine
Quando vince la fatica di essere
e sono fanghiglia
Tra il verde fango e le crepe terrene
Allora é desiderio esultare
Di un giusto santo accordo
Ma ora è ricordo

Il nostro
Di noi
Luogo santo?
Dov’è
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Ora?

Ora
Possiamo stringerci
Ti fai un po’più in là
Non così ora
Ma insomma che fai
Sgualcisci il lenzuolo, sistema meglio
Quella gamba
Prova ad alzare un attimo Magari così che dici?
La carne limpida e levigata
Li
Quella di una santa
~ Ma guarda un po’ che santa
È tutto pulito il ragazzo non torna?
O si guarda indietro con occhi di falco
affamati?
Dove sei E chi sei
Ora?tra le brume?
Alessandra de Angelis

Il Teologo e Ipazia

Il paradiso è del cuore, il paradiso è nei piedi nei gomiti nella gola
tua di cigno, nelle cosce tornite, nelle mani nervose.
Il paradiso deve essere qualcosa con corpo verderosso, il colore
del cuore. Questo è inferno – se ne voleva andare. Ha la bellezza
nella quale io mi brucio come legna da fuoco e lei se ne voleva
andare. Pensati brutta, le dicevo, ciò che non ti ha ucciso ti ha
fatto più forte, ma sai perche - perché non ti senti te stessa, non
sai il tuo fascino e questo esalta il tuo candore e ti fa bella.. E’
iniziata con un invito e un dono. Sono entrato nella sua casa
settecentesca già affetto da lei. Avevo acquistato Otello nella
versione video in bianco e nero di Orson Wells. Eravamo timidi e
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beati della nostra stessa timidezza, di quella beatitudine e grazia


vorrei vivere in eterno. Volevo dirlo con un omaggio, un omaggio
coraggioso << ti rendi conto si di cosa significa chiedersi -chi è,
di lei, e d’improvviso, come avendo mutato improvvisamente la
sua carne nel suo spirito - e Desdemona, adesso perdonami –
devo dirlo - è un pò idiota, cita Cassio con la noia di citarlo troppo
veramente troppo. Jago ha ragione e ha ragione il padre –
Desdemona ha tradito suo padre tradirà anche Otello>>.
E te naturalmente rispondevi messa in un angolo già dalle mie
parole – impossibile non commentare un oggetto se è un dono, è
un dono di parole che richiede infinite parole per essere detto
-<<Desdemona, non è poi così stupida >>- e parlavi di amicizia
uomo donna. <<È possibile io ne ho molte di queste amicizie>>,
è come aver già citato Cassio ti ho risposto. Ti lusingavo e non te
ne accorgevi. Ti rendevo volgare per non darti scampo, il tono
duro e severo del mio discorso la mia austera e immobile figura,
parca di parole, solo quelle essenziali o quintessenziali ti davano
la misura dell’angolo in cui eri – non potevi che difendere
Desdemona o cadere nell’impiccio, rispondevi intorpidita
curvando ogni volta per dire no alla morte, al delitto, anche se ti
acceca la passione.
Ti toglievo la risposta, perché Shakespeare è incontestabile come
Dio, e non ti accorgevi però che a offuscarti era la mia atroce
sferica serietà, compatta come la risultante di una traiettoria
secondo le mie leggi, che producevo ogni volta in abbondanza
senza mai deviare, fasciandoti i sensi per ottenebrarti di stupore.

Il sangue ti cola stella da qui, da questo piccolo foro nella tua


testolina e riluce di fiamma come la materia che è dentro, la
quintessenza impareggiabile, il sapore sulle mie mani è finalmente
il sapore dei tuoi pensieri fuori da quella scatola chiusa che non
volevi sventrare, la tua inalienata proprietà delle cui violente
note facevi impareggiabile dono volgendo altrove i tuoi pensieri,
senza misericordia per me che ti carezzavo - parlandoti con la
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pacatezza, come leccio solitario dei miei orrori, stella, delle mie
brame, tu la regina del mio reame proprio tu non hai coscienza
della tua e mia dannazione.
La mia dannazione. Dio la musica e i poeti, e l’amore. L’armonia
nasce da cose prima discordi, l’acuto e il grave, poi rese concordi
dall’arte della musica, Platone stella, e il Simposio. Hai una
laurea in filosofia ma dimentichi tutto, e poi ti stupisci della
potenza della mia memoria. Io, solo io, volevo essere un poeta, un
Dio, tu il mio rapsodo, e da poeta parlavo per enigmi, posseduto
dal dio che mi possiede, dio o demone ma della discordia, poeta
sfatto e rovinoso, e allora tu la mia Sfinge rapsodica trovavi
ovunque il recitato, e riconoscevi, acuta interprete nell’ascolto che
ti faceva tremare, - giunco mosso dalla tempesta - lo stridore
rorido dell’armonia e del ritmo del mio maniaco doppio vaticinare.
Ti chiedevo il tuo sangue e rispondevi con i tuoi baci.

La tua dannazione stellina, è tutta femminile - I tuoi errori


avevano un valore, non logico lo ammetto, ma ti era possibile
amare la vita per una tua sensazione traboccante di vitale illusione
nella quale l’abbandono ti era necessario, dall’assenza ricevevi
l’essenza, l’ondeggiante tua natura.
Scrissi un giorno - difetta d’anima-. Reagì come volevo che
reagisse con rabbia palpabile, una rabbia spessa, in quel momento
la scolpivo ne ero l’artefice con mani esperte michelangiolesche.
Le sue labbra disegnavano un ricamo intorno ai dentini d’avorio
e gli occhi le si abbellivano di un incosciente civetteria. Sapeva
scendere dentro le sue estreme profonde ragioni camminando
come strega nei boschi tra le immagini superbe delle sue intricate
architetture interiori.

Sono stato me stesso, volevo lei proprio lei, intrisa come spugna
delle sue risa impraticabili quanto le lacrime, repentine, lacrime
dolci-salate come foglie bagnate d’autunno e tiepide, del calore
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del sorriso non spento come limpida fonte, degli occhi che le si
facevano deriva e illanguidivano senza approdo, non sapevo, era
acqua lei stessa sempre in mare sempre con i seni abbronzati
grandi nel corpo magro, e le rimproveravo i sorrisi per gli altri e
quei seni esibiti, ma ero debole come un prigioniero che
attraversandola tratteneva il mondo, ispirando il suo profumo di
mare di spuma.

Lei si difendeva -<<Alessandro dice che mi spegni la dote,


ognuna ha una dote e io ho il sorriso - sai lui mi descrive come
una strana figura naif, e te invece mi dipingi nei tuoi scritti così
come non sono, senza anima e solo civetta>> - e io allora ho
dipinto il tuo sorriso, poi ho toccato con il medio il tuo dentino
storto e ho risposto - Se ti fai un orgoglio del tuo dolore e perché ti
esalta. Alla sofferenza chiedi di esaltarti. Se fossi brutta la tua vita
dimostrerebbe qualcos’altro. Ricorda Nietzsche, la donna impara
a odiare nella misura in cui disimpara ad affascinare. Frena la tua
lingua, e fa’ che Alessandro non sia Cassio.

E’ freddo si annuncia l’inverno


Mi battono le tempie l’ora si fa piccola l’ora non passa, il tempo è
come il filo di un Arianna spezzato dalle mie mostruose mani che
cingono di filo spinato. Il tempo mi avrebbe reso i segreti delle sue
amorevoli afflizioni ma ho voluto uccidere il suo e il mio tempo,
e il filo si è avvolto di spine
Le ho rivelato qualcosa, ma che avrà capito di me, nulla come
volevo.

<<Ma sei vile mi ha detto e l’amore è coraggio, e tu odi la mia


povertà e la mia fatica - lei l’altra sarà sicuramente giovane e ricca
ti offre di più lo so, un terreno coltivato d’oro- io ho da offrirti il
letto e il mio corpo e questa casa divorata d’anticaglie e una
conversazione che langue perchè sgomento al suono delle tue
parole >>- era dura e petrosa ma fiammeggiante - io indifferente
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per accenderla sempre di più come scintilla di pietra sfregata a


pietra - ho risposto per non fermarla e lacerare le redini a cui si
impigliavano le sue parole – sì ma farmi una puttana costerebbe e
farmi te non costa - ho appoggiato il gomito allo stipite di legno
dell’armadio in cucina mentre con gesti lenti misurati ma con una
sorta di zoppicante andatura preparava qualcosa da offrirmi. So
che avrebbe potuto rispondermi – sai chi ho lasciato per te, lì
avevo la mia sicurezza e l’amore -ma il silenzio l’ha spezzata,
l’avevo finita attraverso il silenzio ed era sempre più impaurita
come a precipizio - continuavo io a vincerla con gusto sadico -
perchè la volevo solo per me in quel momento solo con me
attraverso le sue lacrime e l’anima esplosa -e la solitudine da darle
la disperazione che toglie forza ai nervi e riduce all’afasia – alla
perdita involontaria della risposta, perché non ne fosse mai fiera
-volevo sentire da lei le mie stesse parole di carta che cadendo nel
sogno d’assoluto faccio più mie della mia spaventosa ombra - solo
smozzicate le volevo, sentirle dire alla fine - perdonami - per la
vittoria di una sorda gelosia, per il sacro sì dei singhiozzi
inarrestabili. Non volevo sopportarla così con le sue maledette
vendette e farne un rogo era inevitabile, perché é l’altra quella che
sposo ha la giovinezza in corpo mentre lei ha trentratre anni
compiuti, e lo spirito non è libero dopo ma prima

Ha anche gli occhi molesti, hanno qualcosa ancora di vivido, c’è


quella tenacia dello sguardo fisso sui miei occhi che me la faceva
già allora odiare.

Vieni stellina ti prendo, hai il sangue nei capelli una striscia qui
che ti bagna di rosso asprigno, oggi i tuoi capelli sono del colore
dell’uva dolce amari e assassini, me lo ricordo sai il sapore dei
tuoi capelli sul cuscino – hai lo strano fascino dell’anima nei
capelli.
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Ti prendo ma pesi tieni le gambe giù a peso morto e le braccia


penzoloni, le pantofole, ne hai persa una ti tolgo anche l’altra belli
i tuoi piedini, ti potrei estrapolare l’anima attraverso i capelli e i
piedini. Ora facciamo un bagno e ti spiego tutto come volevi così
riuscirai a capire chi sono, ti logoravi stellina mia – e io te lo
dicevo te lo ripetevo, non puoi così, così non vivi, e tu rispondevi
col sorriso, ora fai la smorfia di quando sei depressa, hai la
depressione, e le ginocchia viola – perché hai le ginocchia viola?
Dio pesi ti metto nella vasca piano così, tira su la testa per dio che
apro l’acqua, - ti ricordi o hai già dimenticato cosa dicevi
dell’acqua te lo ripeto ora – Già torna a scuotermi eros dolceamara
indomabile oscura belva, perché sempre ti facevi il bagno prima di
fare l’amore, fare l’amore, ti volevi spoglia e pulita come il
marmo per scioglierti dopo la frescura.

Saffo, la tua poetessa, perché l’amore ti incanta e poche righe


dicevi sono tutto, anche all’altro lo dicevi ma se ti azzardi a
ripeterlo sai cosa faccio con le mie mani - come quando ti sei
alzata di scatto dal letto, come potevi tesoro discutere la mia
preparazione lo sai che sono un Teologo e un poeta e tu ti sei
messa a citare Jazz e a criticare la mia preparazione classica e hai
anche aggiunto che le mie due lauree hanno il difetto di essere
due, teologia non ti garba stella e ti sei messa a citare l’Anticristo
e qualcosa sulla nuova scepsi gnoseologica e ti ho dovuto
dimostrare stella che offendere la mia mente è la peggior
bestemmia che potesse uscire dalla tua dolcissima lingua e allora
ti ho preso e ti ho fatto sentire le mie mani forti, sai come sanno
legiferare – si ma perdio la testa tienila dritta però, sennò mi dai
sui nervi, non ti mostri attenta, sembri una clessidra svuotata,
l’orologio molle - La testa ti va da una parte e dall’altra - e poi
ricordi stella - ti ho spiegato che dovevo farlo perché stavi
uscendo dal cerchio - che cerchio? – hai chiesto spegnendo le
lacrime in un arresto stupito- e ti ho fatto capire quanto entrano
nei tuoi incubi i tuoi dissapori.
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Aspettavi a casa nascosta agli occhi indiscreti dell’altra. Mi


ingegnavo a fatica per convincerti della necessità di aspettare, si
tratta di lavoro, riguarda anche te, il nostro futuro insieme.

Perché sai non sapevo cosa avesse realmente da offrirmi, ora ho


un posto accanto a lei e la stima del mondo nel quale scusami
non puoi entrare - ma ti ho spiegato mille volte di lasciarmi fare, sì
d’accordo, ti ho inventato solo qualche piccola bugia, spostamenti
di letto o di luoghi o di persone, ma quanta della mia anima è
entrata in te stella? E questo non ti basta?.lo dici sempre prima di
fare il bagno e sguazzarti con i chili di schiuma perché profumarti
ti piace, ne abbiamo una collezione qui di profumi, tutti tuoi, e
costosi – lo dici sempre l’acqua mi va alla testa e penso buoni
pensieri asciugarmi e fare l’amore con te. Cos’altro volevi?

Ma ti voglio intonare l’Inno a Cristo- le mie parole ti incantano lo so-


<<sei un Dio con una vita che mi divora>> – l’hai detto ricordi ? - e ora
ascolta è per te è un omaggio al saccheggio che hai fatto dei miei doni - le
parole che ho avuto per te – ma per gettarmi fango addosso dopo e dirmi –
è saccheggio di libri – sciocca aneddotica – tu volevi altro non solo me, me
e denaro e per ognuna le parole sono le stesse le ho ingoiate io le ingoiano
loro - – io ti rispondo con l’alchimia dell’anima, L’inno a Cristo - sì ma è
troppo fredda l’acqua, si sta freddando vero? - Allora ascolta sono parole
d’amore per te << in qualunque logoro vascello io mi imbarchi quel
vascello sarà l’emblema della tua arca, qualunque mare m’inghiotta quel
flutto sarà per me emblema del tuo sangue>> non sai neanche di chi è
stellina vero? E’ Jhon Donne sciocca, ti ho detto che sai solo bestemmiare
di fronte ai potenti. Se ti parlo di delitto neanche tieni su la testa per la
paura, e diventi sempre più viola - ti ho spesso parlato del tuo tremore di
ragazza ma ora esageri, con me è come se ti si fosse aperto il più perfetto
degli orizzonti, ma non parli sei muta come un pesce e fredda come
ghiaccio - il delitto, il più perfetto dei delitti è quello di Edipo, te l’ho già
detto e spiegato– perché stupirsi dei delitti ho aggiunto, ma la tua mente
fanciulla si ribellava - Edipo è il detective di se stesso cerca l’assassino e
trova se stesso, enigma ancor più perfetto dei delitti-gialli della camera
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chiusa - Ti spiegavo l’arte del delitto stellina e mi hai risposto che forse è
l’intrepretazione migliore se si cerca dentro di sé si trova l’assassino. Ma
poi che hai aggiunto irridente e cruciale-<<il film ricorda la vittima e il suo
carnefice, O il carnefice e la sua vittima, non ricordo il regista, ma la
vittima si fa carnefice e il carnefice vittima girandosi in tondo in una
ricerca senza fine– alludevi a noi lo so, la nostra speculare idiota identità.
Io e te e una camera chiusa.
Chi di noi la Sfinge?

Ho dato a te senza parole le parole giuste per esserci, e esserci con me, ma
senza la rabbia che ti sarebbe esplosa - hai utilizzato la mia casa la mia
famiglia la mia tavola il mio letto perché i tuoi luridi soldi ti servono, e
l’albergo costa - certo ti ho risposto l’albergo costa ma ricorda che è solo
denaro ti ho giocato per denaro e allora non dovevi pretendere altre
risposte, ti ho risposto con la poesia di nuovo, <<anche se dovessi amare
ottenere e contare fino alla vecchiaia non scoprirei quell’arcano mistero>>
è tutta impostura e ho aggiunto lo sai l’alchimia d’amore e dell’anima è tua
solo tua, che ti importa in fondo del denaro, sei te lo riconosco selvaggia e
romantica, sali muta le tue tempeste e ti nutri di splendore femminile
quando odi in me il lato più potente, sì sono un teologo - ma non
comprendi non hai compreso quanto poco questo conti, quanto mi
diminuisca di fronte a te piccola divinità silvestre a cui consacro le parole
dei poeti, le parole della musica, e hai imparato tante di quelle cose da me
che le tue condanne mi fanno ridere e basta.

E tu mi insulti e ti insulti con il volgare denaro, lascia a me l’ipocrisia e la


volgarità, il denaro è volgare è la mia infamia -<< ti manca la vergogna
rispondi- e della tua infamia fai la chiave di un regno ammantandoti di
mistero perchè non passi di bocca in bocca e le donne ti credano come ti
ho creduto io>>.

Ecco lì piangevi piangevi ed era dolce il canto della donna e le tue labbra
vogliose di un ultimo bacio – e io l’ho negato - perché sai quanto poco
alla fine mi volevi, e te lo ripeto sei femminile quando involontariamente
chiedi l’abbandono e ti annebbi per manovrare, per non lasciare ma essere
lasciata. Ma allora eri ubriaca di me, perché la rabbia ti ubriacava e la tua
mente creativa si rifiutava alla non-esistenza della quintessenza di cui vuoi
esser fatta, l’amore.
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Hai l’odore penetrante del tempo che finisce eri intatta e ora sembri
sbucciata, e la notte si fa fonda quasi inavvertita. Il pentimento migliora i
tuoi occhi sono stelle smerigliate, quasi sgretolati sminuzzati da filigrana
ocra. Il tuo difetto è sempre stato questo sfinimento che ti leggo addosso,
di divorarti in profondità, come al suono di infinite coagulate note di
musica che precipita per ingrassare l’attesa. Ma ti indurisci comunque
diventi aspra tagliente e dura come legna, comprimi le risposte e poi ti
laceri e t’accingi a vendicarti col colore del viola che ti cinge. Ma il tuo
spirito è chiaro raccolto nelle nervature violette - ti fanno somigliare a
quelle immagini della paura che penetra nel sangue e riduce l’urlo in
pietra. Ti stupisci della mia memoria, memoria di libri e la tua lingua era
tagliente perché era solo tua senza libri a farti da concetto. Lirica
comunque lo ammetto, era un artiglio di rapace articolata nella mancanza
di ricercatezza eppure naturalmente civetta. Che ne dici della mia di lingua
adesso adesso è solo mia e ci sono rime baciate, te ne sei accorta?
Quest’acqua è sempre più asprigna sembra il sugo della vita, è
quintessenziale, non c’è niente da fare. È la congiunzione poniamo
dell’anima tua che si svuota e si riposa e dell’umida tua natura che migra
in una bianca vasca di marmo dipinto mettiamo di rossastro, vermiglio
scarlatto, il colore delle vesti delle Regine.
Permetti alle parole del divino poeta-filosofo-veggente di cantare per te, e
fa’ stella che la sua anima trapassi nella mia mentre per te canto una
morale di stelle:
Predestinata ad orbite stellari,
del buio o stella che ti importa?

Per questo tempo volgiti beata!


La tua miseria ti sia estranea e lungi!

Del mondo più lontano è il tuo chiarore:


per te sarà peccato la pietà!

Hai soltanto una legge: sii pura.


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E adesso stellina ti rileggo la poesia che mi scrivesti e senti ora la


differenza - sei disordinata come sempre e scrivi su fogliacci sparsi sempre
da riordinare -allora ora riascoltati:

Cuore ed esistenza s’accordano forse nei libri


Nella vita
Raramente quasi mai
Col cuore impastiamo il saporito pasto
Che esalta noi e chi il nostro cuore con forza
Stringe
In ogni recesso, in ogni anfratto in tutta la nuda nostra carne nuda
Adorna di preziosi
Il cuore palpita il disaccordo
Bottino di tante liriche liti
Ma cuore ed esistenza non è
Né fulmine né tuono
Né bagliore d’infinito
Né cifra d’assoluto
Perso e sfatto l’assoluto
Terra desolata
Neanche catastrofe se non nelle lacrime spese e spente, per la
Gloria di noi martiri, così è detto, logorati dalla potenza
e dall’attesa
La tua astuzia è la sofferenza
Ti vince e ti inghiottisce
Per un piano calcolato
Di un inventario profetico-poetico da porgere per il migliore dei
Banchetti
Che si fa ti fa masticare digerire
Il candido letto nuziale
Per le tue voglie penetranti
Scrutare da dentro con bisturi e sguardo attento
Le fanciulle promesse e i loro sogni
E resecare capillare materia
Delle spose che sognano il celeste regno dello sposo
Angelico-famelico
L’universale spettacolo nuziale, annuncio di una falsa profezia
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O forse la tua promessa fanciulla


Il tuo promesso abbandono
E’ condanna?
E a cosa abbandoni
Odi l’ipocrisia?
O il tradimento ti logora e non ti nutre se non di
Quotidiano squallore
O il banchetto si rinnova altrove
O il tuo esserci e non esserci del tutto è un dileggio per
Le teste tagliate del desiderio negato
O l’abbandono ti stuzzica voglie profetiche
Giochi satanico-vampiresci
Troppe domande?
La risposta è mia
E ne sono gelosa

Quando osservavo le tue ossessive sacrali limpide abluzioni


La tua educazione maniaca di fronte al marmo bianchissimo
Di un disadorno lavandino
E il volto fissato nello specchio di fronte, tolta ogni
Espressione
Terrore di essere altro e sempre e ancora altro
E altrove senza misericordia
(o terrore di essere da me finalmente intravisto di rimando?)
e di te non dimenticavi
né della mia carme esaurita
e quando osservavo lo stupore con cui tormentato
da un’indissolubile immagine, immancabilmente avevi occhi per
il tuo volto stupito
scoperto scoperchiato, teschio membrana e occhi
e anima?
L’anima ti inquietava?
La tua s’intende
E dimenticavi con orrore e angoscia di chiedermi chi sei
Chi sono era l’urgenza che ti condannava a non
Immaginare
L’incancellabile domanda di fronte allo specchio delle tue
Brame
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Allora ritornavi fanciullo


Carne d’avorio
La mano passava umiliata tra i capelli diradati
Ora è tua la vittoria diceva la tua umiliazione
E con timore e tremore
Ti infilavi tra le lenzuola
Ragazzo dall’umile origine
E finalmente il miracolo s’avvera
Il ragazzo teme l’esclusione, ha paura perde la sua futile
Potenza (quella dell’intelletto) e implora il sorriso e la ricompensa
<<Sono un Dio?>>

E quando mi sibilava dentro


acuto il dolore
Risvegliavi i sensi ottenebrati da troppo
crudo torpore
Dal concreto trivialmente piombato
esserci ed esserci
Inchiodata
E alle richieste non formulate
come angelo rispondevi
Per togliere poi
E perdonare dopo e togliere di nuovo
E offuscare il mio principio razionale

Il fuoco della brace spegneva l’inutile malocchio


E la pace era risveglio e l’accrescimento tempesta
.
Disprezzavi
Un temporale nei miei occhi, il gesto
educato delle mie
Mani, il lucore del mio sorriso
Aperto smorzato rifiutato e spento e
poi di nuovo
a chiedere elemosina
Riacceso

Eri logorato forse dalle brame


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ardenti dell’orgoglio
sei?
Su cui riposavi come giovane
Strappato alla gloria
scavato dal mondo
E al mondo gettavi fango per fango
ricevere dicevi

Io
resa fango per essere meglio gettata
Fino al giorno del giudizio
Quando la tromba del tuo muto sigillo
Voce di lacrime ormai spente
Suonerà chiara e assordante

sparo in una notte tiepida


Oscura
E l’artificio del divino artefice in scena
Vorrà il volere non del Dio ma
Del destino o del cuore o del senso
e dei sensi o
Dell’esistenza nostra o della ragione
Ma l’unica Dea benigna è Follia
Unico perdono per i tuoi nostri
Uno mille banchetti

A lei la mia fede

Alessandra De Angelis

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