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Il Vizio - Anno I numero I Direttore responsabile: Lucia Di Giovanni Vicedirettore: Victor Attilio Campagna Caporedattore: Davide Paone Redazione:

Lucia Di Giovanni Victor Attilio Campagna Davide Paone Bianca Giacobone Natalia Maraffini Michele Caponi Federica Tosadori Orlando Vuono Disegni: Giuditta Fullone (pp. 16, 18, 27) Helena Pinillos (pp. 24, 25) Annalisa Castelli (pp. 10, 21, 23) Matteo Mazzucchi (pp. 3, 11, 14, 22) Copertina: Annalisa Castelli Impaginazione: Nicola Gallo Contatti: vizio.redazione@gmail.com Stampa: La Stamperia Via Taormina 11 20159 Milano Tale pubblicazione stata stampata con il contributo dellUniversit derivante dai fondi per le attivit culturali e sociali.

ditoriale
Siamo nati quasi per caso, una notte della scorsa estate: non riuscivo a dormire perch pensavo ad una proposta che mi aveva fatto un mio amico in chiostro, cio fondare un giornale letterario; allinizio non ne ero convinto, ho titubato a lungo per intanto ci pensavo, ne covavo un languore. Quella notte presi il cellulare e gli scrissi facciamolo. Non mitologia, tanto meno enfasi: siamo nati cos. Dalla prima riunione, lungo questi mesi alcuni se ne sono andati, altri sono arrivati passo passo si formato un piccolo nucleo di persone che non lavora ad un movimento letterario, n ad unavanguardia, tanto meno ad una rivista-vetrina: non miriamo a queste cose, perch divergiamo nei nostri intenti, abbiamo diversi modi di intendere la letteratura, e, infine, crediamo che scrivere significhi soprattutto discutere e mettersi in gioco; piuttosto vogliamo un giornale che lasci una finestra aperta sulla nostra Universit, per dare spazio a quelle pillole di pensiero letterario che vengono covate da molti di noi. Per questo Il Vizio prima di tutto un luogo dincontro: passiamo ore a discutere su chi il lettore, o litighiamo su temi fuori moda come lidea di letteratura, per poi andarcene a volte irritati, arrabbiati e stanchi, altre contenti, paghi e lievemente ubriacati dal whisky del caro Michele; cos abbiamo formato un gruppo che, a partire dai propri testi, elabora un mondo di idee altrimenti disperse nel vuoto del proprio solipsismo. Del resto si sa che lo scrivere, la letteratura, percepita come un vezzo, un disimpegno, verso cui difficile concepire un lavorio, una fatica. proprio questa concezione che noi vogliamo combattere: cerchiamo insomma di dare alla letteratura uno statuto diverso, quello del Vizio impegnato, dellamore disinteressato per essa; un ritaglio di tempo e spazio in cui riversare non solo le proprie storie o poesie, ma soprattutto le proprie idee, i propri progetti, su cui poggiano le fondamenta di un qualsiasi scritto. Solo alla fine diamo vita al giornale in carta e inchiostro; magari non lascer un segno nella storia, ma avr arricchito e reso pi complessa la nostra visione della realt letteraria. Su questo numero abbiamo lavorato a lungo, litigando, correggendo, cassando e elogiando dietro tutto questo sta un impegno letterario. Si pu dire quindi che avete tra le mani il frutto di una qualche fatica; valutare se sia ben riuscita o meno sta a voi. Non vi dar consigli su come leggere questo numero sperimentale: vi invito solo ad immaginare questa serie di racconti come un filo che si dirama e annoda secondo lestro di chi scrive. E no, non aspettatevi alcun finale. La Redazione

Sindrome
di Orlando Vuono
Intermezzo di presentazione della protagonista
Ormeggiata su una sedia ergonomica, Marisa restava tenacemente fedele allimmobilit. Chi lavesse vista per la prima volta avrebbe ipotizzato che si trattava: a) della Principessa della Pigrizia; b) di una statua; c) di una professionista del gioco un, due, tre, stella! che si allenava in casa. Nulla di tutto ci era vero. Da quasi ventanni il corpo di Marisa, succube delle tempeste e del sole, incapace di riprendere la rotta verso qualcuno o qualcosa, si ostinava a fluttuare sullacqua salata della Vita con lancora conficcatasi nelle pi pudiche intimit dei fondali marini. Da quasi ventanni Marisa viveva prigioniera di una nave inerte: una nave avvistabile e raggiungibile da alcuni sparuti naviganti, ma, per un maleficio del destino, non abdicabile dallequipaggio, il quale, per giunta, era incapace di comunicare se non esponendo al vento un leggerissimo drappo verde. Verdi, gli occhi di Marisa, erano i soli a relazionarla allesistenza: senza quelle pupille lei non sarebbe esistita per il mondo, il mondo non sarebbe esistito per lei. Lesione bilaterale della corteccia frontale, quindi mutismo acinetico: questo avevano diagnosticato i medici. Tradotto: nave ancorata nel mezzo delloceano, equipaggio impossibilitato, se non con un drappo verde, a interagire con gli altri naviganti. ne abusiva n 32 el metr; con un gesto semi-incosciente e 34 naturalizzato dallabitudine, un po come, chess... un po... boh... un po... come... s, un po come il mangiarsi le unghie, Samuele, con ununica e possente bracciata si disf del piumone, facendo abilmente leva sul ginocchio protese il busto verso la piccola megera meccanica, indirizz, quindi, il braccio destro, capeggiato dal fiero e duxotico indice, verso il tasto recante la scritta Snooze, e, pigiandolo, azzitt tirannicamente la sveglia, generando, nella stanza, una rigida e silente ortodossia sonora; con repentina elasticit esegu le stesse operazioni al contrario e, rinfagottatosi nel piumone con una naufraghesca bracciata, riprese il sog 35 no da dove era stato maleducatamente interrotto; il tutto si ripet secondo il medesimo copione per ben quattro volte, cosicch, alla fine, ricapitolando, Samuele si svegli approssimativamente 7 ore, 4 minuti e 55, 56 secondi dopo luscita del sole sul palcoscenico della c 57 itt. Non ancora uscito dal letto, impugn lo smartphone.

Risveglio del protagonista


Approssimativamente 6 ore, 23 minuti e 15, 16, 17, 18 secondi dopo 20 che il sole aveva 21 fatto la sua uscita sul 23 palcoscenico della ci 25 tt, 26 la sveglia di Samuele inizi a strillare come una nevrastenica megera 29 vittima di una palpazio-

Accertamento di vitalit sociale del protagonista


Due sms, cinque notifiche Fb, nove tweet, tre mail, tre messaggi Wz attendevano Samuele. Quando lo scopr, non li fece aspettare un minuto di pi e con alacre dedizione vision tutto, comment, rispose. Non conosceva un modo tanto rincuorante di iniziare la giornata quanto scoprire che la societ ti pensa, dato che, se ti pensa, vali qualcosa e che, se vali qualcosa, la tua vita acquista un senso e che, se la tua vita ha un senso, puoi beatamente permetterti di essere sereno. E lui, almeno quel mattino, era pi che sereno, anche se molte di quelle testimonianze di valore e di senso erano, diciamocelo, socio-patacche-relazionali, come il tweet di Gabrix76: finita anche questa serie, o come lsms di Max: sn a 32 fighe. Se nn t muovi t doppio, o come linvito alla festa a Parigi di Sophie Maleau, conosciuta tre anni prima durante lErasmus. [Le virgolette che circondano conosciuta sono state digitate per evitare che il lettore simmagini che Samuele abbia realmente conosciuto Sophie, che abbiano avuto un qualsiasi tipo di rapporto orale sessuale o dialogico che fosse o fisico sessuale o a mo di collusione che fosse; i due, infatti, sono entrati in contatto virtuale dopo laccettazione da parte di Sophie della richiesta damicizia su Fb inoltratale da Samuele che laveva notata in una foto in cui erano stati taggati insieme. (le virgolette attorno a notata suggeriscono al lettore di dare al verbo una connotazione decisamente sessuale.)].

tito una vibrazione. Temendo delle rappresaglie, g non se la sentiva di denunciare la brutalit subita: si limitava a sognare lestinzione della corrente elettrica, dimostrando, cos, di essere s una vittima, ma una vittima vendicativa. Lo smartphone, che non aveva vibrato affatto, rincas nel baratro della tasca (destra) della giacchetta (nera).

Spostamento del protagonista da casa del protagonista al Bar Zelletta


Samuele, diretto, come ogni marted, al Bar Zelletta per pranzare con Bruno, raggiunse la fermata del tram. Nei quattro minuti di attesa estrasse cinque volte lo smartphone dalla tasca (destra) della giacchetta (nera), convinto, ognuna di quelle cinque volte, di aver sentito una vibrazione: per cinque volte si stup delladulterazione percettiva; per cinque volte pat lescursione emozionale del passaggio dal miraggio al disinganno. Il buon umore del risveglio era gi sotto pressione. Salito sul tram non trov posto per sedersi. Nei 12 minuti di viaggio estrasse 9 volte lo smartphone dalla tasca (destra) della giacchetta (nera): 1 volta per vedere lora, 6 volte per unadulterazione percettiva vibrazionale, 2 volte senza motivazione alcuna.

Pranzo del protagonista al Bar Zelletta


Bella! Bella! tanto che aspetti? No, cinque minuti al massimo. Scusa il ritardo. Ho avuto problemi con la sveglia. Solito Solito Ordiniamo? S, che poi scappo a lavoro. Due piatti con panini alla cotoletta raggiungono il loro tavolino. Allora? Perch non sei venuto alla festa? Non avevo voglia di uscire Sei rimasto a casa? Ho visto un film e ho cazzeggiato un po comera? Figo. Abbiamo bevuto parecchio Strano Samuele controlla lo smartphone, convinto di aver sentito una

Vestizione del protagonista


Jeans, canottiera, camicia, calzini, giacchetta nera. Riesaminatolo, adagi lo smartphone nella tasca destra della giacchetta (nera).

Discesa in ascensore del protagonista


Quattro piani di scalini non sono il modo pi salutare di iniziare la giornata, o, almeno, questa era lopinione di Samuele, che, mosso da un cocciuto pregiudizio verso la fatica, soleva accomodare i propri 84 kg nellascensore. Mentre, insieme, un cavo metallico, lm della scatolotta dacciaio, lm di Samuele, sfottevano un po bullescamente g, lo smartphone usciva dalla tasca (destra) della giacchetta (nera) e si adagiava nel grembo della mano (destra) di Samuele, chera convinto di aver sen-

vibrazione. Niente. E poi Max si scopato una tipa nella camera dei genitori di Matilde Lo so, mi ha scritto. Samuele appoggia lo smartphone sul tavolino. Non ho capito come cazzo si chiama, comunque non era male La sua ragazza sar contenta Lucia? Beh, non che lei sia una santa Infatti non capisco che cazzo stanno insieme a fare non potrebbero mollarsi e scoparsi il mondo? Mentre la mano sinistra impegnata a tenere il panino, la destra impugna lo smartphone e accede a Fb. Ma va? Scherzi? Perch? Allora che gusto c poi a scopare se non tradiscono nessuno? Il gusto di entrare in una figa o di farsi penetrare da un cazzo Ma vuoi mettere leccitazione di fare qualcosa di proibito? Di stronzo E poi per me sono una bellissima coppia Sar Comunque ieri ho passato lesame. Me ne mancano tre. Era anche ora S, inf Entrato su Fb, Samuele vede le foto caricate dagli amici. C una vignetta simpatica. La mostra a Bruno. allora mi sono iscritto ah, bella comunque, ti dicevo La mano sinistra tiene il panino, la destra lo smartphone. Il cervello di Samuele si destreggia tra le parole di Bruno, il panino, le foto su Fb, lansia da astinenza di vibrazioni. allora le faccio: cos non pu andare avanti. A me non basta vederti Samuele commenta (:-)) una foto della festa in cui Max beve a canna una bozza di vodka. lo sai che vorrei vederti ogni giorno. Va bene, tu lavori e tutto il res Samuele clicca Mi piace sullo stato (Solo lItalia poteva beccarsi dei politici simili) di Umberto Raglioni. non mi sembra di pretendere chiss che e allora lei sincazza e inizia con la solita solfa: non ne posso pi, poi sai come fa lei, che grida e ripete le cose mille volte, non ne posso

pi di passare per quella stronza tra noi due, eccetera, io sono sempre a Una notifica avverte Samuele del fatto che a Max piace il suo commento. e poi tu e le tue cazzo di partite di calcetto, ogni cazzo di gioved Samuele legge i sette commenti allo stato di Umberto, commenti che avallano risolutamente la tesi dellinadeguatezza della classe politica italiana. pi! E quindi se n andata. Ah Ma ti pare? Una deficiente, davvero. E poi alla fine mi sentivo pure in colpa per avere chiesto alla mia ragazza di vederci pi spesso. Una deficiente. Cretina. E allora lho chiamata. E ha risposto? Allinizio no. Poi s, dicendomi che avevo 2 minuti per parlare. E lhai mandata affanculo? Stavo per farlo. Poi ho pensato a tutti questi anni insieme, eccetera. E allora le faccio: senti, non volevo Samuele nota che altri due commenti propendono per la bocciatura dei politici italici. sai che ti amo da morire, eccetera, e altre robe cos. E quindi? Quindi abbiamo fatto pace Bah Lo sai, lamo troppo Boh. So solo che ora devo scappare a lavoro

Spostamento del protagonista dal Bar Zelletta alla casa della protagonista
Congedatosi da Bruno, Samuele sal sul tram per andare al lavoro. In mezzora estrasse 17 volte lo smartphone dalla tasca (destra) della giacchetta (nera): 2 per vedere lora, 12 per unadulterazione percettiva vibrazionale, 3 per seguire la discussione sui politici italiani. Dei 19 commenti allo stato di Umberto, nessuno sembrava palesare una qualsiasi fiducia verso i politici italiani.

Intermezzo di presentazione del lavoro svolto dal protagonista


Ormeggiata su una sedia ergonomica, Marisa restava tenacemente fedele allimmobilit quando arriv Samuele. Da un anno, ormai, si occupava della vedova dalle 15 alle 20. Si trattava di un lavoro semplice e redditizio: doveva assicurarsi che non morisse, cosa che, di fatto, significava sedersi sul divano a farsi i cazzi propri, interrompendo il farsiicazzipropri alle 16:30 e alle 18:00 per la somministrazione di alcune pillole e ogni 4 o 5 minuti per scoprire se la vedova tentava di dirgli qualcosa e, in questo caso, interpretato il codice cifrato, eseguire. Se, ad esempio, la vedova muoveva le pupille verso destra, Samuele doveva cambiare il canale della tv andando avanti; se le muoveva verso sinistra, doveva andare indietro. Trovato il canale adeguato, le pupille tornavano al loro posto; e Samuele a cazzeggiare.

Il peschereccio e la nave
Ormeggiata su una sedia ergonomica, Marisa restava tenacemente fedele allimmobilit quando arriv Samuele. Come di consueto, la salut. Non per maleducazione, ovviamente, ma per ragioni facilmente desumibili da chi ha letto lintermezzo di presentazione della protagonista, Marisa non rispose. Sedutosi sul divano, Samuele ansieggiava, in antinomia con, e a causa della calma piatta del suo smartphone. Pi passavano i minuti e pi frequentemente avvertiva vibrazioni inesistenti. Ormai non si illudeva nemmeno che fossero reali, ma, schiacciato dallascendente di due principi in connubio, il tanto non si sa mai e il tanto non mi costa nulla, brandiva comunque lo smartphone dalla tasca (destra) della giacchetta (nera). Decise di intervenire. Cominci con linviare alcuni messaggi su Wz. Poi entr nelle acque di Fb e lanci unenorme rete: comment gli stati di Italo Marotti, Clotilde Quori, Max FigodiDio; post un link a un video musicale; caric una foto in cui si impegnava a suscitare, negli astanti, simpatia; invi messaggi privati a Tatiana Stizza, Alessia De Mertino, Clara Nuzzo; clicc Mi piace sul video musicale appena postato. Soddisfatto, ricolloc lo smartphone nella tasca (destra) della giacchetta (nera). Marisa invocava, intanto, assistenza. Cambiato canale, Samuele si riaccomod. Attendeva. Il piede tambureggiava sul pavimento. Niente. Lunghia del pollice veniva rosicchiata dai

canini. Nada. Nothing. Rien. . . Ecco, qualcosa si muove! Samuele afferra risoluto lo smartphone e... ancora nulla. Scoccano le 16 e 30, lora della pillolina. Un minuto dopo di nuovo seduto. Niente. Sente qualcosa, ma decisamente troppo flebile... potrebbe per essere una vibrazione smorzata da chiss quale fenomeno fisico, quindi piglia lo smartphone e... deluso, lo rimette via. Allinterno di unarteria di Marisa succede un bel casino. Come un sinistroide incallito occupa una strada per bloccare la vita economica del paese, cos un trombo occupa unarteria coronaria. Marisa inizia a far galoppare le pupille: su, gi, su, gi, destra, su, sinistra, destra. Finalmente lo smartphone vibra davvero. Rincuorato, Samuele lo impugna. Clara Nuzzo ha gi risp su, gi, su, gi osto e Max FigodiDio ha cliccato su Mi destra, gi, su, gi Piace al commento di Samuele, il quale, nel frattempo, controlla anche sinistra, destra, sinistra i tweet, scovandone sette. Non fa nemmeno in tempo a riadagiare lo smartphone che questi riprende a vibrare. Hanno risposto Clotilde Quori su su, gi Fb e Laura Maffusi su Wz. Samuele decisamente pi sereno. Risponde allegramente. Arriva anche la risposta gi! Sinistra! Destra! Sinistra! Su! Gi! Su! Gi! Su! Gi! di Italo Marotti. Samuele si sente parte di un qualcosa, di un qualcosa di grande. Si sente destra! Sinistra! importante, di valore e s, chissene fotte se ha dovuto fare lui la prima su! Gi! Su! Gi! Su! mossa! Avrebbero potuto comunq gi! Su! ue non rispondergli! Avrebbero potuto benissimo ignorarlo, e no!, e invece no!: nellarco di soli 21 minut destra! Sinistra! Destra! Su! Sinistra! Su! Destra! Gi i si sono fatti sentire, hanno usato un po del loro pre su! Gi! Su! zioso tempo per r gi! Destra! Gi! Su! elazionarsi a lui, s, proprio gi! Su! Gi! Su! a lui, e credete davvero che su! Gi! lo avrebbero su! Gi! Su! fatto se, di su! Gi! Destra! Gi! Destra! lui, non gliene su! Gi! fosse su! Gi! Su! fregato un su! Gi! Su! Gi! cazzo? Ed ec su! Gi! Su! Gi! cola, ecco su! Gi! Su! Gi! anche su! Gi! Su! la risposta di su! Gi! Su! Tatiana Stizza! Samuele ritrovava, finalmente, nella rete satolla, la serenit. Appurava, inoltre, che ben 74 persone giudicavano indegni i politici italiani. Affondavano, intanto, una nave, il suo equipaggio taciturno, un leggerissimo drappo verde: tutti rivolti, finalmente, verso le pi pudiche intimit dei fondali marini.

Se non per caso


di Federica Tosadori
I luoghi, i fatti, le persone, i nomi di questo racconto sono assolutamente fantastici e non possono esservi trovati riferimenti con la realt, se non per caso. Sempre la solita frase che mi gira per la testa. Esister affermazione pi falsa? Nessun riferimento, se non per caso. Questo quello che scrivono allingresso di ogni libro, come se fosse il lasciapassare necessario per inoltrarsi pi a fondo sbattendosi la porta alle spalle. Una sorta di formula magica per far aprire la grotta. Senza la parola dordine si resta nel mondo di qua, non si varca la soglia. Non ci sono legami tra quello che vivo, quello che penso e quello che scrivo. Lautore ci tiene a specificarlo: non c nessun collegamento con la realt, se non per caso. Sono seduto su una panchina al parco e sento una musica che arriva dalla via dietro al giardino. Forse un artista di strada. Non capisco, sembra stia suonando unarmonica. un suono vibrante, distante. Chiudo gli occhi. Se non per caso. Ritorna quella frase. Non ci sono riferimenti. Riapro gli occhi. C uno spazzino a pochi metri da me. Pulisce il viale dalle foglie secche. Macchie gialle, rosse, scricchiolanti, che si depositano sullerba verde, ben curata. Il viale deve restare pulito. Questo un giardino per ricchi e il viale deve essere sgombro, chiaro, grigio, nel suo snodarsi tra gli alberi, le aiuole, i cespugli. Le signore il sabato mattina ci portano i loro nuvolosi cani infiocchettati e i ragazzi del palazzo residenziale sfilano ogni pomeriggio con i loro jeans firmati, le cartelle di scuola, tutte uguali. Le persone che passeggiano in questo parco sembrano assolutamente irreali. Lo sono, forse. Non ci sono legami con la realt, se non per caso. Lo spazzino mi guarda, mi sorride, e poi ritorna a pulire il viale. Un giorno parler di te, penso. Ma dir che nel mio racconto non potranno essere trovati riferimenti alla realt, se non per caso. Eppure io avr parlato di te e avr mentito. Mi alzo dalla panchina e imbocco il vialetto dalla parte gi spolverata. Mi volto, riguardo lo spazzino che si fermato e mi sta guardando a sua volta. Mi vedo nei suoi occhi. Vedo il mio volto, le mie parole in bilico sulle labbra. Non mi sorride pi. pensieroso ma i suoi occhi sono buoni, sono delicati. Torno a guardare di fronte a me: i miei passi, i mattoni grigi del viale, perfettamente allineati, geometrici. Il flauto nella mano. Lo porto alla bocca e inizio a suonare una musica irlandese. Forse qualcuno sta pensando a me, ora. Perch no? Questo potrebbe essere un perfetto, canonico incipit di racconto: Daniele camminava sul viale alberato, un flauto alla bocca, perso in un ricordo lontano. Qualcuno potrebbe immaginarsi me, la mia coda di capelli rotondi, i miei occhi verdi, le mie labbra sul flauto. E scrivere di me. Di quel ragazzo che cammina, in un giardino fin troppo curato, tra palazzi di lusso nel centro citt. Qualsiasi citt. Tutte, nessuna. Ma non ci sar nessun legame con la realt. Nessuno. Se non per caso. Questo pensiero mi tormenta. Potrei benissimo essere il personaggio di un racconto senza mai scoprirlo. Sento lo sguardo dello spazzino bruciare sul mio collo. Io e lui ci vediamo tutti i giorni. Lo conosco, ma non c contatto tra noi. Non c legame con niente, con nessuno, non ci sono riferimenti: tutto slegato nella mia testa. Sento ancora la musica dalla via, il mio flauto muto. Penso che vorrei andarmene da questo giardino, dalla faccia di gomma di questi cittadini arricchiti. Una via colorata, in un paese diverso, dove suonare il mio flauto, specchiarmi in palpitanti nuovi occhi, lasciare che parole pi sicure stiano in bilico sulle mie labbra. Lontano. Dove di legami non ce ne sono davvero. Per poterne costruire di nuovi, di veri, dal nulla. E scappare da questa sensazione di prigionia, da questa tormentosa idea di essere un personaggio fittizio, creato da qualcuno che pu decidere tutto quello che potrebbe accadermi da qui a un attimo. Mi sento finto, rinchiuso in questo mio inquietante vizio di sentirmi, di sentire tutto, come se fosse totalmente

irreale. E allora penso ad Alessia, al suo sorriso dolce. So che uno spiraglio di incontro stato aperto. So che un collegamento con la realt stato creato. So che potrebbe esserci una via di fuga. E non un caso. Una lieve vibrazione del cellulare avverte Tatiana che qualcuno nelluniverso sta cercando di contattarla. Daniele, Daniele, Daniele, ti prego fa che sia Daniele. Questo vuole Tatiana. Afferra il cellulare appoggiato alla scrivania ancora prima che questo smetta di vibrare sulla superficie liscia del mobile. Notifica di Facebook: un nuovo messaggio privato. Be questa volta sicuramente Daniele, non pu che essere lui, insomma, chi altri mai potrebbe inviarle un messaggio privato? Samuele. Samuele certo. Samuele. Ma perch questo continua a scriverle? Tatiana legge con delusione mista a fastidio le parole che Samuele ha pensato bene potessero interessarle: Com andata la festa? Saputo di Max e la sua ragazza? Che tipi. Sono al lavoro. Mi annoio come sempre. Ci vediamo domani? NO! Non lo vuole vedere. Non lo vuole vedere proprio. Samuele noioso e internet-dipendente. Non si pu fare una foto con lui che non finisca irrimediabilmente su Facebook. Si sar mai reso conto del mondo non-tecnologico che gli gira intorno? No. Non lo vuole vedere. Ma Tatiana, dopo un quarto dora circa, risponde a Samuele, inserendo ben cinque emoticons (sorriso, occhiolino, occhiolino, sorriso grande, bacio): Ciao Samuu (sorriso). Caspita ti sei perso una festa pazzesca. Dario era completamente ubriaco. Per non parlare di Alessia (occhiolino)! Max bh me lo farei anche io! (occhiolino) S ci vediamo domani, colazione solita? (sorriso grande) Non vedo lora mi sei mancato ieri sera! (bacio). Sbuffa. Ok, ha fatto il suo dovere. Guarda lorologio 16.47: lora di uscire. Alessia la star gi sicuramente aspettando allentrata del centro commerciale. Lei arriva sempre prima. Lei arriva sempre prima in tutto. Ma timida, introversa, e anche fisicamente non pu esserci paragone tra loro. Tatiana si veste: pantacollant e vestitino, quello stretto. Il suo corpo snello, sinuoso, se lo pu permettere. I ragazzi che si girano sempre quando passa e la guardano insistentemente lo confermano. Con Alessia non funziona cos: nessuno si gira per lei. E Daniele? Be, Daniele si far vivo. Lha colpito di certo, come avrebbe potuto non farlo daltronde? Basta un minimo di senso estetico! Si guar-

da allo specchio. Tatiana di senso estetico ne ha da vendere. Si sistema i capelli castani, lisci sulle spalle, si spettina un po la frangia, si trucca di nero - tanto nero - gli occhi azzurri, un filo di lucidalabbra: stupenda! Si sorride allo specchio ma Daniele? Sospira ripensando a lui, al suo sorriso dolce e brillante, ai suoi occhi luminosi, ai suoi capelli scuri raccolti in una coda. Si far sentire sicuramente. Esce di casa alle 16.50. Solo un po di ritardo. Il cellulare vibra nella borsetta. Ecco, lui! Messaggio. Alessia: Dove sei finitaa? Che palle! Non la sopporta Alessia quando non ha pazienza. Attraversa la strada. Il centro commerciale proprio l di fronte. Alessia sta aspettando Tatiana da tre quarti dora circa. Lappuntamento era alle 16.30, ma lei arriva sempre un quarto dora prima, anche se sa che Tatiana di media ha 20 minuti di ritardo. Non importa, in fondo non le pesa aspettare. Ha sempre aspettato un sacco di cose: tram, autobus, il suo turno per il bagno, che i ragazzi la notassero, che a scuola smettessero di rivolgersi a lei marchiandola come la cicciona. Ora sta aspettando Tatiana e forse qualcosaltro. Le manda un sms: Dove sei finitaa? Messaggio inviato. Tre minuti dopo la vede arrivare dallaltra parte della strada. Un vestito rosa, in tinta con la borsa, passo sicuro, sorride. I ragazzi si girano quando passa. Alessia abituata a sentirsi lamica brutta, ormai non ne soffre pi, serena in fondo. Tatiana la sua migliore amica, le vuole bene davvero e non le importa poi tanto di quello che la gente pensa. Si alza e va incontro allamica. Passa di fianco ad una vetrina e si guarda riflessa nel vetro. Due grandi occhi di un marrone morbido, caldo, la fissano di rimando e osservano le sue labbra carnose che nascondono un sorriso splendente, i suoi capelli lunghi mossi, spessi. Le piace in fondo quel riflesso. Le sue forme? Quelle forse le piacciono meno. Si guarda la pancia e pensa a lui, al suo sorriso dolce, fissato indelebile dietro ai suoi occhi. Allora, quando inizi i corsi? Tatiana rivolge qualche domanda ad Alessia, ma pensa ad altro. Alessia risponde guardando lamica che continua a girarsi verso il suo riflesso sul vetro. Tatiana si specchia e osserva il riflesso di Alessia, constatando quanto siano profondamente diverse. Alessia sente quasi fisicamente la distrazione dellamica. La richiama a s, sorride. Ti sta molto bene quel vestito!. Lestate praticamente finita, lultimo sole caldo

permette alle ragazze di portare alla luce ancora qualche angolo di pelle e, insieme alla pelle, si illuminano i ricordi freschi della vacanza trascorsa insieme settimane prima. Lo sa Tatiana che quel vestito le sta bene e sorride ad Alessia. Le due ragazze sorseggiano il t freddo e qualche secondo di silenzio cala tra loro. In vacanza hanno conosciuto Daniele. E ripensarci ora le fa sprofondare in un luogo rarefatto, un posto nascosto dietro alla mente, dove si depositano gli attimi pi saporiti, quelli pi musicali, quelli che proprio in quel luogo si trasformano e si imprimono diversi rispetto a come ci sono arrivati. Alessia osserva lamica con la coda dellocchio. I suoi lineamenti regolari, le curve sottili delle sue guance. Tatiana ripensavo alla vacanza la mia mente torna sempre l! Ti ricordi quella sera che hai bevuto pi del solito, e ti sei addormentata sui divanetti del locale io e Daniele siamo rimasti svegli e abbiamo fatto un giro insieme, sul fiume lui mi ha raccontato che se ne vuole andare dalla sua citt, che vuole incontrare nuova gente, creare un legame vero mi ha fatto degli strani discorsi. Mi ha parlato di questa sua strana teoria, tipo che secondo lui noi, io, te, potremmo essere personaggi di un racconto, che in questo momento qualcuno potrebbe parlare di noi, scrivere di noi due qui, sedute in questo bar mi ha detto che questa cosa lo spaventa da matti, per questo vorrebbe scappare da questa sensazione di finzione ci hai mai pensato tu? Cose strane no? Ti piacerebbe che qualcuno parlasse di te in un racconto? Tatiana si girata con uno scatto verso quella ragazza seduta di fronte a lei, che improvvisamente ha pronunciato quel nome, quel nome che continua a tormentarla da un mese, due forse. Alessia parla: dice cose che Tatiana non capisce. Frasi a pezzi, intervallate da infinite pause. Non se la ricorda tanto bene quella sera. Ricorda solo che si era trovata a pochi centimetri dalle labbra di Daniele, che le aveva quasi sfiorate. Ma non ricorda pi nulla, non ricorda quel viso, quei capelli, che ad un certo punto erano spariti e lei aveva chiuso gli occhi soltanto un attimo Insomma, lui mi ha parlato di tutte queste cose e io mi sono lasciata influenzare, sai come sono ho cominciato a sentire una voce nella mia testa che descriveva le mie mosse, i miei movimenti, i miei pensieri e allora mi sono sentita anche io in un racconto, ma la sensazione mi piaceva, non mi sentivo in trappola, come Daniele, mi sentivo pi libera anzi

pi libera anche di sbagliare forse per questo che be, dopo il giro sul fiume siamo tornati in ostello. Eravamo stanchi, volevamo solo dormire per tu e gli altri non eravate ancora tornati e Daniele mi ha accompagnata nella mia stanza. Gli ho detto che non ci credo: non credo che scappare sia la cosa giusta, non credo che si possano creare dei legami veri con la realt, e nemmeno tra le persone, perch c sempre un margine in cui le cose non vanno, in cui le cose non sono come pensiamo, in cui le persone sono diverse da come ci aspettiamo. Gli ho detto che sono convinta che prima o poi i legami si spezzano prima o poi, magari in un istante, in una notte che sembra come tante altre, il meccanismo salta, si rompe come quando un bicchiere bagnato scivola dalle mani e cade. Va in mille pezzi e non si pu aggiustare proprio come succede in un racconto, no? Ad un certo punto succede qualcosa che fa cambiare tutte le carte in tavola, qualcosa che il lettore vuole, un cambiamento necessario che renda il racconto entusiasmante. Forse per questo poi abbiamo fatto lamore. Tatiana rimasta immobile. Ha guardato Alessia, ha visto tutte le sue parole, una ad una, come se uscissero solide dalla sua bocca, dai suoi occhi che non la guardano. Sa che Alessia non mai stata con nessuno, sa che non ha mai avuto un ragazzo, o meglio che non ne aveva mai avuti prima di Daniele. Alessia sente che lamica sta zitta, non dice una parola, non un commento. Pensa che continuare a parlare possa scacciare quello strano imbarazzo che si creato tra loro. Insomma stato cos strano. Mi sono sentita unaltra persona, un persona diversa. Ho avvertito come uno strappo, una rottura. un punto di non ritorno. Ho pensato a tutte le donne della mia vita: a mia madre, a mia nonna, a te mi sono sentita cos felice di essere me stessa, di avere la capacit di avvertire cos profondamente il passaggio da un modo di essere ad un altro. stato come giungere ad una nuova consapevolezza. Un dolore di rottura un dolore di unione. Ed successo tutto con quella voce nella mia testa che descriveva i miei gesti, i miei sussurri. Ora Alessia ha alzato la testa, e sta guardando Tatiana negli occhi. Si sente vuota Tatiana. Il cellulare vibra, ma non se ne accorge nemmeno pi. Tanto Daniele non pu essere, ormai ne consapevole. Le parole di Alessia le sono giunte da un altro universo. Da un posto che non il suo. Quasi fa fatica a ricordarsi la sua prima volta, con quel ragazzo,

Riccardo. Insomma, unimmagine lontana, forse piacevole, sbiadita. Non se le ricorda tutte quelle emozioni che Alessia le ha descritto. Daniele laveva guardata a lungo, le aveva sorriso, le aveva parlato, laveva sfiorata, aveva scherzato con lei e le aveva chiesto il contatto Facebook. Si erano sentiti e lei era convinta che si sarebbero rivisti, sarebbero usciti insieme, sarebbe nato qualcosa Lei era bella: avrebbe potuto permettersi tanto, tutto. E ora quella ragazza, che doveva essere la sua amica di sempre, la sua grassa, solita amica di sempre, era arrivata prima di lei. Ancora una volta. Aveva stracciato quella patina di gomma in cui sembrava essersi rifugiata da sempre e per sempre, e aveva creato quel contatto di un istante. Un legame, casuale, ma pur sempre un legame. Un incontro. Non ha ancora detto niente. Non sa cosa dire. Dovrebbe essere felice, abbracciarla quellamica. Ma non sa come muoversi. Alessia sorride tristemente. Ed finito, insomma, non ci rivedremo mai pi probabilmente. Avevo ragione vedi: le cose si rompono, i legami si spezzano, non resta niente. I racconti, anche quelli pi belli, anche quelli che ti restano dentro, finiscono. Mentre Tatiana cammina verso casa, il suo cellulare vibra nella tasca della borsa. Daniele. Tatiana ha ancora un speranza. Magari Alessia si semplicemente inventata tutto, o magari Daniele lha solo presa in giro, con tutte quelle parole filosofiche. Cos, tanto per divertirsi. Insomma, potrebbe essere davvero lui, perch no? Velocemente sfila il cellulare dalla tasca della borsa: un sms. Perde ogni speranza tutto dun tratto. Alessia: credo di essere incinta. Tatiana scoppia a ridere. Cos, in mezzo alla strada, tra i passanti. Allimprovviso il pensiero di Alessia incinta la fa impazzire dal ridere. Alessia una stupida, questa la verit. Ma una coda di capelli ricci spunta nei suoi pensieri, accanto al viso di Alessia: Daniele. Daniele lunico uomo di Alessia, Daniele lunico padre possibile. Daniele tutto eternamente suo. Legato ad Alessia in modo inscindibile: un anello nellaltro, un legame che non pu rompersi, sfaldarsi, scio-

gliersi. Una paternit. Qualcosa che anche se non si coltiva c, rimane per forza, impresso da qualche parte nella carne, nel fondo degli occhi. Alessia ha scritto credo. Magari solo un ritardo, solo uno sbaglio, uno scherzo, un errore. Apre il portone di casa. Non le risponde. Cosa dovrebbe scriverle? Congratulazioni!? Far finta di non averlo letto, magari di non averlo proprio ricevuto. E Alessia non le dir niente perch troppo buona, perch una senza palle, questa la verit. Sale in ascensore. Vibrazione. Tatiana si guarda allo specchio. I suoi occhi sono azzurri di un azzurro scuro, profondo, che scava, va gi, gi in profondit. E dove arriva? Per un millesimo di secondo Tatiana sente una voce che proviene dalla sua mente, o da un posto pi lontano. Una voce che parla di lei. Dei suoi occhi azzurro scuro, delle lacrime appiccicate, incrostate, desiderose di scivolare via da quel nascondiglio blu. Un secondo, e poi si arrabbia con se stessa. Che idee senza senso. Prende il cellulare tra le mani. Non pu essere ancora Alessia. Sorride ironicamente per un istante e pensa che se questo fosse un racconto, ora a scriverle dovrebbe essere Samuele Samuele: Cazzo! Credo che Marisa sia appena morta! Ma chi cacchio Marisa?!

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Breve cronaca di una morte


di Bianca Giacobone
Un giorno Marisa si svegli paralizzata in un letto. Poteva muovere soltanto gli occhi. Quel giorno, la mente di Marisa url e strepit, e si accan contro se stessa e contro la paralisi. Ma chi era a vegliare accanto alla donna non si accorse di nulla. La mente strepitava, Marisa si contorceva disperata, il suo corpo era immobile. Era morto. Solo gli occhi assecondavano le convulsioni e roteavano per la stanza, pieni di orrore, versando molte lacrime. Nei primi tempi Marisa desider soltanto morire. Conoscenti venivano a farle visita e le portavano fiori colorati. Si sedevano accanto al suo letto, le dicevano qualche cosa, le lanciavano sguardi carichi di compassione e di imbarazzo, se ne andavano. Marisa non si preoccupava nemmeno di riconoscerli. Fissava il soffitto e le tre crepe sottili che lo attraversavano. I suoi occhi verdi parevano neri. Spesso piangeva. Non capiva come aveva fatto a finire cos, morta in vita. I conoscenti smisero di venire a farle visita. Marisa non sent la loro mancanza. Pian piano la disperazione, che prima le lacerava la mente, si fece sorda, onnipresente ma silenziosa. Subentr la noia. Era una noia tanto grande che, quando era viva, nemmeno avrebbe potuto immaginarla. Passava le giornate a fissare le tre crepe sul soffitto. Costantemente desiderava di morire, supplicava il suo cuore di smettere di battere. Ma quello le era ormai estraneo e non poteva assecondare la sua disperazione. Accadde poi, quando era qualche tempo ormai che Marisa viveva solo di occhi, che per cinque ore ogni giorno venissero dei ragazzi a prendersi cura di lei al posto dellinfermiera. Non era difficile tenere in vita la donna, chiunque avesse un po di pazienza e volesse guadagnare qualcosa era un buon candidato al lavoro. Bastava ricordarsi di somministrarle alcune pillole allora giusta, e la morte, sempre e mai abbastanza vicina, veniva allontanata ancora una volta. La prima a essere assunta si chiamava Michela. Inizialmente Marisa grad la novit e smise di fissare le tre crepe sul soffitto per mettersi a fissare lei. Michela si muoveva silenziosamente, sembrava aver sempre paura di disturbare. Non parlava mai, se ne stava seduta in un angolo della stanza a mordersi le unghie. Marisa ci mise poco a decidere che era offensivo il modo in cui buttava via il tempo e, dopo averle lanciato alcune lunghe occhiate verdi cariche di disprezzo, riport gli occhi sul soffitto e non li mosse pi. Dopo qualche tempo Michela fu sostituita da Giacomo. Marisa tolse di nuovo gli occhi dal soffitto per posarli sul nuovo arrivato. Ci mise poco a decidere che era molto pi interessante di Michela. Per esempio le sorrideva. Le sorrideva quando arrivava e quando se ne andava. La salutava sempre con molta educazione e non si turbava perch non poteva rispondere. Al saluto allinizio non aggiunse nulla. Poi un giorno entr nella stanza con molta determinazione, sistem la sedia accanto al suo letto e inizi a parlarle.

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Giacomo le parlava come se lei avesse ancora una bocca per rispondere, e nessuno prima di lui era stato capace di farlo. Marisa era a tal punto incredula che non capiva nulla di quello che lui le stava dicendo. Allincredulit, dopo poco, segu la commozione. Quando Giacomo le descrisse la primavera che veniva, e i fiori rosa sugli alberi, pianse senza piangere di rabbia per la prima volta da quando si era trovata morta in vita su quel letto. Il ragazzo allora esit un attimo, confuso, poi sorrise e continu a raccontare. Spesso le leggeva dei libri. A Marisa piaceva starlo a sentire, ma preferiva quando lui le raccontava delle sue giornate da studente e di quel che accadeva tra gli esseri umani ancora tutti in vita. Si trov riconnessa a una dimensione di quotidianit alla quale aveva eternamente rinunciato. Fu inaspettato e doloroso. Desiderava a tal punto partecipare a un mondo che le era negato, che la rassegnazione faticosamente ottenuta scomparve, e la disperazione furente dei primi tempi torn a invaderle la mente. La disperazione non le imped di aspettare ogni giorno con desiderio larrivo di Giacomo. Lo ascoltava affascinata, gli occhi fissi sulle sue labbra che sorridevano e lasciavano andare mille parole gentili, e si domandava cosa avrebbe fatto il ragazzo se avesse saputo che ognuna di quelle parole era una piccola lama che girava nellimmensa ferita della sua paralisi. Mille piccole lame nella sua ferita. Cosa avrebbe fatto, il ragazzo, se avesse saputo quanto, ad ogni istante, lei desiderava la morte? Quando Giacomo non cera si distraeva pensando a come sarebbe stato bello poter comunicare con lui. Gli avrebbe chiesto di aiutarla a morire. Si domandava se lui sarebbe stato abbastanza compassionevole da aiutarla. Si domandava se lei sarebbe stata abbastanza egoista da chiederglielo. Dopo essersi gingillata un poco con questi pensieri, con stizza, tornava a fissare le tre crepe sul soffitto e lacrime di rabbia le colavano sulle guance, sulla bocca muta che non poteva supplicare compassione a nessuno. Marisa non aveva rumore intorno a distrarla da se stessa, e non aveva la forza di negare che stava diventando dipendente dalla presenza di Giacomo nella sua stanza, cinque ore al giorno, ogni giorno. Provava nei suoi confronti un sentimento strano. Chiamarlo amore lavrebbe fatta ridere. Poteva forse innamorarsi, lei, che si considerava gi morta? Ma a questo sentimento non trovava un nome. Le faceva paura. Daltronde lei non era altro che una donna muta e inferma, un modo come un altro per tirar su qualche soldo. Arriv un giorno in cui Giacomo fu pi silenzioso del solito e le sorrise con malinconia. Prima di andarsene prese la mano di Marisa e la strinse, con gentilezza, come faceva ogni cosa. Lei sgran gli occhi verdi e li fiss sul suo viso, sulla sua schiena mentre usciva dalla stanza e si chiudeva la porta alle spalle. La mente si agitava e si domandava il perch di quel gesto nuovo e affettuoso. Soltanto molte ore dopo ebbe il coraggio di capire che non sarebbe pi tornato. E tuttavia continu a non crederci, con unostinazione di cui non si sapeva capace, fino a quando, qualche giorno dopo, non entr nella stanza, al posto di Giacomo, un nuovo ragazzo. Si chiamava Samuele. Samuele and a sedersi in un angolo, tir fuori il cellulare e bad solo a quello. Marisa chiuse gli occhi. Sent il dolore contorcersi su se stesso, mentre tentava di strapparle un urlo disperato che lei non poteva concedergli.

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di Michele Caponi
Priscilla
Appallottolata sul fondo della sua gabbietta, Priscilla dava inizio al suo terzo giorno di quasi totale immobilit. Chi lavesse vista per la prima volta avrebbe probabilmente ipotizzato che si trattasse di una palla da tennis, o di qualche altro giocattolo di quel luna-park in miniatura. Niente affatto. Fino alla settimana precedente, infatti, Priscilla era stata la cricetina pi vispa che Samuele avesse mai visto; per mesi aveva ammorbato le sue nottate, zampettando fino ad ore improbe sulla piccola ruota panoramica e squittendo senza sosta mentre correva su e gi per i vorticosi tunnel di plastica. Finch, nel giro di qualche giorno, cominci a rallentare, a impigrirsi; fino a fermarsi del tutto. Niente pi corse folli, niente pi notti in bianco: tre giorni fa Priscilla si era rannicchiata accanto alla sua ciotola, e l stava ancora adesso. Cio, in realt non proprio nello stesso punto. Samuele infatti, preoccupatissimo, laveva spostata per portala dal veterinario il giorno prima. Quindi adesso Priscilla si trovava un paio di centimetri pi a sinistra. Resta il fatto che, ad eccezione degli interventi di Samuele, gli unici spostamenti di Priscilla ormai erano quelli dei suoi occhietti verdi. Le pupille, che continuavano a zampettare di qua e di l, erano la sola prova che quella palla di pelo non fosse effettivamente una palla da tennis. Un tumore maligno allo stomaco, grosso s e no quanto un pistacchio; ecco cosa aveva diagnosticato il veterinario. E siccome una palla da tennis con dentro un pistacchio che si fosse messa a correre su una ruota sarebbe diventata una maracas, Priscilla se ne stava immobile.

Recidivo

Tatiana
Poco prima delle sei, la luce del mattino inizi a filtrare nella stanza dalla finestra senza tende. Gli occhi di Tatiana, stropicciati dal sole, si aprirono poco dopo. Cazzo Samu tu e le tue stupide manie! Tira le tende! Aspe, sto dando la medicina a Priscilla. Ora le chiudo La ragazza biascic un insulto sonnolento e si riarrotol nelle coperte. Ma chi diavolo glielaveva fatto fare? Ci mancava anche questa trovata delle tende! Di tutti i deficienti che poteva trovare Ecco, ecco. Buio pesto, contenta? Io metto su un t, lo vuoi?

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Tatiana, senza rispondere, gett energicamente una mano fuori dalle coperte per arrivare ad afferrare il suo cellulare. Arrancando a tastoni sul pavimento, scandagli i vestiti abbandonati in disordine. Quando finalmente lo trov e lesse lora sullo schermo luminoso, bench non si trattasse un gesto molto femminile, bestemmi. Ma che cazzo di ore sono? Che cazzo stai facendo, ma sei rincoglionito? Che cazzo me ne faccio di un t a questora? Di nuovo, Tatiana si strinse nelle coperte. In realt avrebbe voluto alzarsi e andarsene subito. Ma non sapeva dire se la facesse incazzare di pi la compagnia di quel cretino o lidea di uscire dal letto dopo neanche due ore che ci era entrata. Perci, nellattesa di decidere, ci rimase dentro. Merda. Come le era venuto in mente di venire a casa di Samuele? Va bene farselo alla festa, visto quanto le moriva dietro, ma cazzo, c un limite! Ehi, ehi non ti scaldare! Ho capito, ti faccio un caff Idiota. Eppure Tatiana avrebbe dovuto capirlo subito che Samuele era uno fuori di testa, quando le aveva raccontato quella fesseria dellaver rinunciato per sempre al cellulare e a internet. Merda, se solo non fosse stata cos ubriaca Ah, comunque volevo dirti, disse a un tratto Samuele dalla stanza accanto, interrompendo i pensieri di Tatiana stanottebe, mi piaciuto tantissimo Gi, lo avevano anche fatto. Ma com che Tatiana glielha data subito, a sto sfigato? No, dai, non era ubriaca fino a questo punto! Ah no, ecco perch! La risposta balen dun tratto nella testa della ragazza: una stupida ripicca per la storia di Alessia. Cazzo, quando laveva vista alla festa insieme a Daniele, tutti mielosi, proprio una coppietta le avevano quasi fatto venire voglia di non salutarli nemmeno! E poi, dio, quando aveva saputo che hanno deciso di tenersi il bambino e a te? Ti piaciuto?, insisteva intanto la voce di Samuele. Di colpo Tatiana si sent uno schifo. Ebbe voglia di piangere. Cosa ci faceva in casa di questo scemo? A cosera servito farselo davanti ad Alessia, e farsi vedere da tutti mentre si faceva portare a casa? Come se avesse avuto da dimostrare che, figa comera, poteva avere tutti i ragazzi che le pareva; grazie al cazzo, questo era ovvio! Il problema che quella cicciona sfigata si era presa lunico che le piaceva. Poi volevo chiederti ma tu sei venuta? Bestemmiare di nuovo non sarebbe stato affatto femminile

da parte di Tatiana, perci evit di farlo. Quanto a quello che invece decise di fare, be, non so quanto fosse femminile. Quello che so che lorgasmo lo finse anche questa volta. E che, quando pi tardi salut Samuele, dicendo che gli avrebbe telefonato, si ricordava benissimo che Samuele il telefono non lo aveva pi.

Bruno
Bella Samu! Figa, che ci fai gi qui? Bella Bruno, com? Ahah, super-strano, vero? Da quando non ho pi neanche la sveglia, oh, non ci crederai, ma sono sempre in orario See, figurati! E a me chi mi ci tira gi dal letto senza sveglia? No, fidati. Basta lasciare le tende aperte. Ti sveglia il sole. Stra-naturale, stra-rilassante. No, che, ma tu sei fuori il sole! Ma scusa e quando piove? Be, cazzo mene? Tanto quando piove chi ce lha lo sbatti di uscire? Ah, vero che adesso hai ripreso luni, quindi non chai mai un cazzo da fare Eh gi, bella vita! Dai, ordiniamo che ho fame Solito panozzo? No, io vado di insalata. Te lho detto che voglio diventare vegetariano? Pure! Samu, cio, hai solo smesso di usare facebook, mica sei diventato buddista! Cazzo vuol dire? Per me una cosa super-importante. Mi fa sentire stra-meglio Ecco! E pure sti tuoi super-questo e stra-quello! Figa, sembri la mia tipa voglio dire, parli come una ragazza E smettila coglione. Piuttosto, come va con lei? Sempre a scazzare? Oh, aspe! Cio, ti rendi conto che la prima volta che me lo chiedi? Di solito stavi sempre attaccato al telefono nemmeno ero sicuro che mi ascoltassi certe volte. Oh, non che sei diventato frocio davvero? Ahah, fottiti! E invece sai che ti dico? Ti ricordi ieri alla festa, con Tatiana? S, che lhai riaccompagnata a casa. Ma fidati, Samu, quella una stronza, lo fa solo per fartelo tirare.

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E invece indovina un po: lho portata a casa, s ma casa mia, mica sua! Cosa? Cio, cazzo dici? Secondo te? No! Non ci credo avete bombato? Due volte! Porco cio, ti sei schiacciato la Tatiana? Due volte Dio sei un mito. Ma e lei? Dice che stata stra-bene. Ma ci credo, tu non sai voglio dire, lho fatta venire... Due volte? Due volte Figa e come siete rimasti? Ha detto mi telefona Ma Samu Che? Samu ma tu non ce lhai pi il telefono

frocio! Ahah, che coglione che era Bruno! Col cavolo, pens, e oltre che a tamburellare si mise anche a mordicchiarsi le labbra. Dio, Tatiana e se stesse gi cercando di chiamarlo? O magari lo ha contattato su facebook. Un internet point giusto cinque minuti, per dare unocchiata. No, un momento: e rimangiarsi cos tutti i propositi degli ultimi mesi, tutti i cambiamenti? Mai. Non si torna indietro: senza internet, senza cellulare, la vita migliore. Non avrebbe senso tornare indietro. Per cosa poi? Per una f Le dita tamburellavano sempre pi veloci. Samuele si morse forte il labbro. Il tram si ferm, e lo sportello si apr proprio davanti a un internet point. Giusto cinque minuti per dare unocchiata.

Maracas
La medicina, aveva detto il veterinario, Priscilla doveva prenderla dopo colazione, dopo pranzo e anche dopo cena. Dopo pranzo, per, Samuele non era tornato. Verso lora di merenda gli occhietti verdi di Priscilla cominciarono a zampettare in su e in gi. Entro lora dellaperitivo si sent un tac e locchietto destro s ferm di colpo. Quando poi Samuele torn, per lora di cena, anche il sinistro si era fermato.

Samuele
Uscito dal Bar Zelletta, Samuele era molto irrequieto. Bruno aveva ragione: come avrebbe fatto Tatiana a chiamarlo se lui non aveva il telefono? Ah, fermi tutti, dov il problema? Poteva benissimo usare faceb ah, no. Samuele non aveva nemmeno internet. Be, ma allora avrebbe potuto andare direttamente a casa sua, no? No, macch! Una ragazza non piomba cos dal nulla a casa di e poi anche nel caso, se lui fosse stato fuori? Voglio dire, mica poteva barricarsi in casa. Samuele, appoggiato alla pensilina del tram, tamburellava nervosamente con le dita sulla propria coscia. Mentre lo faceva, senza pensarci, infil la mano in tasca, come a tirarne fuori qualcosa; e trovandola vuota, gli venne spontaneo tastarsi anche la tasca della giacchetta. Solo dopo qualche secondo si rese conto che, da quando non ci teneva pi il cellulare, era sempre vuota. Che stupido, si disse mentre saliva veloce sul tram. Certo per che stavolta gli sarebbe piaciuto trovarcelo, il cellulare. Anche se da quando la tasca era vuota lui stava davvero meglio. Era unaltra persona, anche Bruno se nera accorto. Come no, era

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Pet shop
di Davide Paone
Cappello
Tac tic tac tic Palo bianco, orizzonte sfocato, palo bianco, orizzonte sfocato. Una casa, la tua. Modesta e accomodante in cui ritirarsi quando di questo mondo si hanno le biglie piene. Pi in l lalta fontanella per abbeverarsi e lo spaccio del cibo arrivato da oltre le celesti lontananze. Gli amati paletti bianchi si susseguono mentre passeggi serena per laia del mondo, e come ti senti grande in quel posto! Mai che stia stretto. Alle volte fissi degli obiettivi che sono imprescindibili, tappe fondamentali della vita, chiudi gli occhi per figurarteli e assaporare come sar una volta raggiunti, e poi via in una corsa sfrenata dove in fondo sono sempre i raggi della stessa ruota gialla a venirti incontro. A conti fatti si sta bene in questa scatola daria. C una porta per uscire, una finestra per respirare, un po di luce che permette almeno di far finta di guardare, la compagnia di un buon cibo e un ego smisurato per lontologia pi spiccia. e le fatture. Lontano parve di udire il suono della sirena di unambulanza, filtrato dalla sua bolla disolamento, assorto comera nella concentrazione dei conti. Lambulanza pass rapida e nel momento in cui il commesso alz gli occhi per concedersi qualche momento di distrazione, il lampeggiante dellautoambulanza irruppe dalla vetrata e balugin sul soffitto per un solo istante. Sgran gli occhi stanchi che rifulsero nellattimo stesso della stessa luce. Celeste! esclam il povero commesso che in quel lampo aveva immaginato quanto meravigliosamente bello dovesse essere un soffitto celeste. Il cielo era entrato in una stanza. Un cielo da lampeggiante, un cielo da pronto intervento, ma pur sempre un cielo. A meno di non accorgersi che ormai, giunti quasi allora di cena, in quella stagione che non perdona agli alberi alcuna sbadataggine, il celeste del cielo fa capolino allaltro capo del mondo.

Sviluppo in-narrativo
Ore 1:29. La periferia est di Milano, che pi sallunga e sappropinqua volgendo le braccia al centro storico, si costruisce, a mano a mano che la guardiamo innalzandoci sopra essa, su quadrati e rettangoli giustapposti con impeccabile precisione, che par un lavoro degno del miglior geometra. Di quando in quando qualche linea obliqua segue alcune strade che gi carpiscono lessenza della prima Milano, e si gettano nel nocciolo cittadino per arzigogoli via via sempre pi estemporanei ed ubriachi. Al vertice in basso a destra di uno di questi quadrati, dove Via Lomellina si apre su Viale Corsica, si intravede, spenta, linsegna di un piccolo Pet shop, avvolta dalla calda luce al neon verde che emana dallenorme scritta Benetton, sul lato opposto della strada. Lo spazio ristretto e angusto della modesta attivit giace nella quiete notturna e la penombra rotta solo dalla luce

Sul soffitto celeste


Ci sono ragioni razionali che inducono qualcuno a scegliere un determinato colore con il quale pittare il proprio soffitto. Una volta il proprietario di un modesto negozio di animali (linsegna recitava Pet Shop per i bisogni dei vostri amici) prese la decisione di ridipingere il soffitto del negozio. Siccome era indeciso sulla scelta del colore inizi a domandare, a chiunque giudicasse avrebbe accolto con seriet la sua richiesta daiuto, sulla scelta del colore e della tonalit da adottare per tale operazione. Tuttavia, tra le tante allettanti proposte, il commerciante non riusciva proprio a decidersi. Una sera, allimbrunire, era intento alla chiusura di cassa: seduto al banco, schiena curva, testa bassa sulle banconote

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verde che entra dalla vetrata. Lentamente e silenziosamente un naso si affaccia alla porta, arricciandosi e rilassandosi rapido pi volte. Nellaria diffuso da giorni lacre odore di fissativo. Dietro al naso seguono due occhi color notte, che a tratti catturano i riflessi luccicanti del neon, e di seguito qualche piccolo passo zampettato sulla soglia. Lontano dalla vetrata, sul bancone in fondo al negozio, adagiata una gabbietta, probabilmente dimenticata l dopo le pulizie. Allinterno Priscilla tasta con i baffetti il terreno per prendere familiarit con quel suo mondo, e volge di tanto in tanto il suo musetto al verde luminoso del suo cielo notturno. Mosso qualche passo sulla soglia di casa, si d a una breve passeggiata notturna. Dopodich, dissetatasi alla fontanella, si siede a zampe larghe di fronte al piccolo cumulo di semi e altre leccornie, e comincia a gonfiarsi le guance di cibo. Finita questa accurata operazione si rimette sulle zampe e si dirige verso casa senza alcuna fretta. Arrivata alla porta entra per met e con le zampette si mette a modellare il cotone fino a farlo pi accomodante; varca totalmente la soglia e si lascia sprofondare sulla malleabile bambagia calda e avvolgente, dimenticandosi di tutto quello che c fuori. In poco tempo Morfeo soggiunge a rapirla. Intanto fuori dalla vetrata imperversa il vento autunnale, quel vento dun fresco pungente che preannuncia la venuta dellinverno e fa rantolare lestate nei suoi strascichi settembrini. Le foglie secche piovono scosse dai rami e si

frappongono tra il neon e la vetrata, ma solo per un istante, poi lasciano il posto a chi cade dopo di loro. Le ombre si proiettano sulla parete in fondo al negozio, e pare che il mondo esterno sia entrato anche nel locale. Ma non nella gabbietta di Priscilla, che dorme tranquilla e sicura delle sue provviste.

Intermezzo poetico
Esautorati a ridere cos sospesi sotto questa evanescenza; anacronismi di domani in scatola ammorbano la vita di coscienza. Paletti colorati di plumbea melanina riluccican solinghi; del moto temporale Che rimane? resta immobile la luce mattutina. Spesso lor malgrado anche imprigionati nella melma culturale restan sempre addormentati; della stasi surreale Che rimane? labili contorni, abili in canoni di cotone. Immersi fino a qui, piacevolmente, cos sospesi restano come gli impiccati fuori e neanche oscillano al vento i corpi che strozzato in un singulto accarezza anche le foglie.

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Cronaca
Samuele era in strada, proprio al centro sulla spessa linea bianca dello Stop, mentre un corteo di macchine strombazzava allimpazzata contro laltro corteo. Per la manifestazione contro le grosse industrie multinazionali, il comitato di zona aveva promosso e appoggiato la proposta avanzata da Green Peace e aveva organizzato il corteo pomeridiano che ora si era piantato in mezzo alla strada, allincrocio tra viale Corsica e via Lomellina, proprio allingresso di un distaccamento importante della Benetton. I manifestanti erano tutti vestiti di verde: chi con la casacca di Green Peace, chi con la maglietta del comitato, altri semplicemente con ci che avevano trovato nei loro armadi. Il colore della speranza di liberarsi dal giogo delle multinazionali. Samuele reggeva un palo con attaccata lestremit di uno dei grossi striscioni che portavano scritti gli slogan del comitato. Lo sventolava seguendo il ritmo del braccio che reggeva laltra estremit, ma Samuele era distratto oggi: rimaneva con unespressione vuota e meditabonda, la bocca semischiusa, mentre agitava il braccio. Da quando era morta Marisa, Samuele non aveva pi voluto sentir parlare di tecnologie allultimo grido, mode giovanili, social network, televisione. Aveva persino buttato la sua adorata sveglia a forma di seno, che in passato lo faceva svegliare sempre di buon umore. Piano piano il disinteresse in certo modo forzato nei confronti della sindrome 2.0, che affliggeva buona parte delle nuove generazioni, si era trasformata in astio, e Samuele si era avvicinato a temi pi comunisti, come piaceva chiamarli al suo amico Bruno. Ecco perch si trovava l, ad agitare uno striscione, vestito come Renzo Bossi a Pontida. S, Samuele era distratto, aveva la testa altrove. Provino i signori lettori a non astrarsi mai dalla realt, a non librarsi mai in aria con i propri pensieri e provare a osservarla dallalto, questa misera vita. Si immaginino di vivere una piccola parte di un racconto sconosciuto, senza nemmeno conoscere la presunzione di affermarsi quali personaggi a tutto tondo. Oppure, ancor meglio, simmaginino mulattieri, che gi al tempo doggi se ne vedono pochi (e che vita sciagurata!), mulattieri con la propria bestia al fianco, smontare la gualdrappa e posizionare la sella, montare in arcioni

e spingere il mulo al galoppo, fingendosi cavalieri. Ma Samuele era ben lontano dal ritrovarsi in sella a qualcosa di diverso dalla sua bicicletta, e quella sua manifestazione gli era caduta addosso, non vi era proprio andato. A conti fatti non smaniava allidea di muovere una rivoluzione, era pi adatto a seguirla defilato da bravo Sancho Panza. Poco prima di giungere al presidio della manifestazione, il corteo era passato nei pressi delluniversit; Samuele aveva intravisto Tatiana e subito si era nascosto tra la folla, poich si vergognava a farsi vedere in quel frangente. Smaniava per Tatiana, e anche se raccontava a Bruno di volerla solo portare a letto per uno sfizio, lei era davvero meravigliosa. Il corpo slanciato in curve da capogiro, i capelli cadevano lisci sulle spalle, castani con sfumature dal colore di certi quadri impressionisti, trucco scuro eccetto lazzurro intorno agli occhi, celeste di certi angoli di cielo. E i vestiti! A Samuele facevano impazzire! I suoi vestitini stretti la avvolgevano e ne accentuavano le fattezze: da una lato il cotone rendeva cos morbido il suo corpo stupendo e al tempo stesso resistente agli urti della vita, dallaltro la durezza che la contornava aveva la fragilit dun cristallo, come se anche quel cotone avesse i propri spigoli da smussare. Da quel momento Samuele non ebbe in testa altro che limmagine di Tatiana, come se la flebile convinzione di una giusta causa da sostenere con quella manifestazione fosse stata spazzata via da un fiume in piena. E dunque si trovava inebetito, in mezzo alla strada, a protestare contro neanche si ricordava cosa, sommerso da urla, colpi di clacson, il vento lieve e le foglie che cadevano dagli alberi, i lampeggianti della polizia, la musica che proveniva dal furgone del comitato: tutto era confusione. E naturalmente regnava su tutto limmagine di Tatiana che compariva ovunque volgesse lo sguardo. Dato il trambusto esagerato e le proteste sempre pi insistenti dei commessi di Benetton, che vedevano fuggire i loro clienti e dato che il capopattuglia avrebbe finito il turno tra venti minuti , la polizia decise che era ora di porre fine alla manifestazione. Lagente and a parlare con il capo del comitato a bordo del furgone, e in breve la folla cominci lentamente e con non poca confusione a diradarsi. Immerso nei suoi pensieri Samuele quasi non si accorse della fine, e al posto di scappare dritto a casa come usava fare solitamente, stette l un buon quarto dora a rimettere tutto il materiale sul furgone, finch la vita cittadina non ricomin-

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ci a scorrere ordinariamente. Samuele attendeva di poter attraversare la strada per raggiungere la fermata del 27. Di fianco due signore discorrevano amabilmente sulla recita scolastica delle loro figlie. Pare che questanno vogliano mettere in scena Priscilla La regina del deserto Oooh! Finalmente uno spettacolo originale e adatto alla mia piccola! Perch, scusa, lanno scorso stata bravissima a fare la sorellastra di Cenerentola mentre la mia Melany era fantastica come Cenerentola! Scherzi!? I ruoli erano tutti sballati! Grazie al cielo se n andato in pensione quel maestro incompetente Ora la mia Susy far la parte che si merita. Laltra si volse dalla parte di Samuele e alz gli occhi al cielo, come per sottolineare la stupidit di chi fa a gara sfoggiando i talenti, veri o presunti, dei propri figli. S, questanno Susy far la protagonista Sar Priscilla! Al che Samuele non riusc a trattenere un piccolo sbuffo di ilarit: si port la mano alla bocca, fingendo di grattarsi la guancia. Le due si voltarono simultaneamente con quattro occhi enormi, pieni dincomprensione e velati di spregio. Per fortuna in quel momento si accese sul semaforo lomino verde che gli intim di attraversare, e Samuele pot prendere al volo il tram che intanto era arrivato alla fermata. Certo continuava a fargli ridere lidea che una bambina potesse impersonare un furgone in una recita scolastica! Infilando una mano in tasca tast il portachiavi a forma di cellulare che gli aveva regalato Bruno: Cos hai il cellulare e rispetti le tue regole del cazzo!, gli aveva detto ghignando. Che coglione, Bruno. A un tratto si ricord che il portachiavi era attaccato alle chiavi della catena della bici Merda! La bici! Laveva dimenticata l, legata al palo. Scese dal tram per fortuna aveva fatto solo due fermate e si incammin nuovamente verso la Benetton.

Cosmologie
Arrivato al palo dove era ormeggiata la bicicletta, si chin ed estrasse il cellulare dalla tasca. Continuava a pensare a Tatiana, a come non potesse continuare a pensare a lei, specie se lei non lo cagava nemmeno di striscio. Pens che doveva

trovarsi un diversivo, qualcosa per distrarsi da quel chiodo fisso, e e il tempo avrebbe fatto il resto. Sperava. S, perch passare dalla droga dei social network alla dipendenza per una ragazza non era poi un grande passo avanti. Certo, anche quando la sua sindrome lo teneva ancora sotto il giogo delle relazioni virtuali, Tatiana gli piaceva parecchio, ma almeno aveva il suo cellulare per distrarsi. Ora cosa rimaneva? E se fosse diventato matto? No, assolutamente doveva trovare qualcosa per distrarsi! E mentre vagava coi suoi pensieri su percorsi che vanno alleterno nulla, e armeggiava sulla catena della bici, alz al testa sussurrando un azzo! la catena proprio non voleva saperne di aprirsi. Vide un piccolo negozio di animali. Stette qualche istante a guardare linsegna e lentrata, continuando a pensare a Tatiana, al suo estremo bisogno di distrazione, alla catena che non si apriva, una puntina fissata alla sua bacheca che laccompagnava come un basso continuo. Un po era anche infastidito dal fatto di essersi dimenticato la bici, un po era stanco per la giornata; avrebbe voluto urlare a tutta la strada che non gliene fregava un cazzo del mondo, ma non avrebbe mai osato tanto. Si avvicin alla vetrata, port le mani agli occhi e si accost al vetro per guardare nel locale: la stanza pareva vuota, e si intravedeva in fondo al negozio, tra gli scaffali disposti a corridoi, un banco su cui era sita la cassa. Si decise a entrare. Apr la porta. Samuele starnut per lacre odore di vernice fresca che gli pungeva il naso. Guardandosi intorno, quasi senza accorgersene, si incammin a passi lentissimi verso il banco. Passato lo scaffale di prodotti igienici per volatili, vide una gabbietta allangolo del banco, sembrava abbandonata l al proprio destino, ma in buono stato, come se il proprietario fosse stato sfrattato da poco. Senza esitare, attratto dalla curiosit, Samuele si avvicin fino a sovrastarla come un bonario Ade sopra Proserpina. Studi attentamente le fattezze di quel piccolo mondo che, a guardarlo cos dallalto non mancava proprio di nulla: aveva cibo in abbondanza, acqua fresca ogni giorno, un tetto accogliente, un terreno morbido color sabbia persino una piccola palestra nella quale sfogare le proprie frustrazioni. Il soffitto del negozio era persino azzurro: un perfetto cielo terso. A un tratto si affacci alla porticina della casetta un piccolo naso che, fiutando laria intrisa di vernice, si tir dietro due occhi verdi, tanto che Samuele quasi trasal. Puah! Un topo con gli occhi verdi! disse tra lo stupore e il

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divertimento, velato di disgusto. Al seguito di naso e occhi, uscirono dalla casetta quattro zampette, due orecchie, una minuscola coda e un ammasso di peli di un castano autunnale. Uno zampettio davanti alla casetta, poi, scaldato il motore, il criceto si lanci in una corsa sfrenata sulla sua ruota. Samuele stette ad osservare il topo che correva allimpazzata tra i raggi gialli e pens che su quel letto color sabbia pareva una folle corsa nel deserto. Il pensiero di Tatiana insisteva a battere dietro i suoi occhi come un leitmotiv, ma quel piccolo esserino che si dimenava come un forsennato per raggiungere chiss quale meta, nel suo angolo di deserto, gli aveva fatto affiorare parecchi pensieri: che la sua vita fosse come imprigionata in una ruota che gira, e girando lo riportava sempre al punto di partenza? No, non ci voleva pensare. E se cos era, non lo avrebbe permesso pi. Da quel momento sarebbe entrato pienamente in possesso della sua vita. Quella determinatezza, quellostinata testardaggine che il topo metteva in quella sua inutile corsa, lui lavrebbe impegnata per raggiungere la sua felicit. Nessuna Tatiana, nessuna Marisa, nulla poteva impedirgli di essere ci che voleva, ora che aveva preso coscienza della sua vita, non si fregava di nessuno ora che sapeva di voler essere libero! Libero di scendere dalla sua ruota. Ma quel piccolo cricetino impazzito nel suo deserto, lo rimandava anche a qualcosaltro, a unimmagine, a qualcosa che lo aveva divertito. Provava un po di compassione e un po di disprezzo, pi verso s stesso che non verso lanimale, ma non riusciva a trattenere un sorriso per quella reminiscenza. Era Buongiorno! Samuele, colto alla sprovvista, si volt di scatto. Dalla porta dietro al banco era uscito il commesso del negozio con un largo sorriso e uno sguardo accogliente. Mi scusi ma ho appena ripitturato il soffitto e ho dovuto smontare la campanella sopra la porta, quindi spesso non sento quando si apre No niente. Stavo stavo solo guardando

Cerca qualcosa in particolare? Oh no. Stavo guardando il topo ha gli occhi verdi! S! Strano vero? Quando arrivato non ci credevo, invece ha proprio gli occhi verdi! Il commesso si avvicin alla gabbietta e guard pi da vicino Samuele: I criceti sanno essere di grande compagnia, se li si tratta come si deve. No! Cio, S! molto bello ma ma non per me! Per la mia sorellina! Vorrei farle una sorpresa Meno male che c ancora qualcuno che fa questi regali! Le piacer moltissimo, vedrai. Allora lo preparo cos puoi portarlo via subito. Samuele fece un cenno della testa, ma realizz solo dopo qualche istante ci che era successo. Intanto il commesso era sparito nel retrobottega con la gabbietta. Hai gi scelto il nome? Sai, dicono che sceglierlo prima di buon auspicio. Si ud dalla porta dietro il banco. Samuele era muto con lo sguardo perso: limmagine del topo che correva velocissimo sulla sua ruota provocava quel fruscio si trasform lentamente dapprima nel rumore lontano dun motore, poi in un furgoncino in mezzo al deserto che sfreccia verso nuovi paesaggi e un sole calante allorizzonte. Ma certo! Priscilla! Il commesso era riapparso e aveva posato la gabbietta di fronte a Samuele con sopra un sacchetto di semi e uno di una sorta di segatura color sabbia. Priscilla, il nome che le voglio dare Priscilla disse Samuele con sicurezza. Oh, bene! Davvero un bel nome. La tua sorellina sar contentissima. Questi sono i semi e il fondo per la lettiera. Te li regalo perch mi stai simpatico. Per il resto puoi tornare quando vuoi. Samuele pag e usc con la gabbietta in mano.

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Sub clausa
I raggi girano velocissimi sotto la spinta dei pedali, ma fai una gran fatica a causa del vento e del freddo. Hai fissato la gabbietta dietro, sul portapacchi della bici e ora prosegui dritto verso casa. A met del corso ti fermi: nel McDonalds oltre il semaforo sono seduti il capo-comitato e lagente di polizia, li vedi dalla vetrata, mangiano un doppio cheeseburger. Quando scatta il verde riparti e lentamente passi davanti al fast food. Il capo-comitato ti vede, sorride, ti saluta. Tu ricambi il saluto con un sorriso distaccato. Lui intanto si alzato in piedi sollevando in aria il suo panino: forse voleva invitarti a mangiare qualcosa? Non hai tempo, e poi non mangi quello schifo. Fai finta di non notare il suo gesto e passi oltre; ormai si sar seduto nuovamente, avr continuato a mangiare. Che gran trambusto! Non riesci a evitare una buca, lunica su quella strada: la stretta del portapacchi si allenta sulla gabbietta. Un ragazzetto su un motorino con indosso un casco scarabocchiato apre il gas, si butta verso sinistra tagliando la strada alla macchina che hai davanti. La macchina inchioda, la bici frena violentemente e simpenna leggermente la ruota posteriore. La gabbietta si sgancia e vola per terra. Smonti in fretta dalla bici, ancora scosso, e ti fiondi sul mondo di Priscilla. ferma in un angolo, trema, ha perso i sensi probabilmente. Fissi nuovamente la gabbietta sul portapacchi e riprendi la strada verso casa, pi cauto e tenendo il braccio dietro la schiena con la mano poggiata sulla gabbietta, come se bastasse a rassicurare Priscilla. Mentre pedali ti viene in mente il soffitto del

negozio. un perfetto cielo terso reciti a bassa voce. Ma certo, devo ridare un cielo a Priscilla! Entrato in casa corri in camera, apri larmadio ed estrai la lampada alogena con la luce blu, regalo di tua madre dello scorso Natale, che tiri fuori solo quando viene a trovarti. Metti la gabbietta sul comodino e la lampada sulla scrivania a fianco. Attacchi la spina e riaccendi il cielo.

Chiusa
Freddo e luce intensa. Come se il cielo si fosse allontanato di un infinito, ha finanche perso il suo rassicurante celeste. Poi un vento fortissimo, ma nella casetta sei al caldo del cotone. Una scossa violenta del mondo, ma non conosci i terremoti. Non esistono nel tuo mondo. Che gran paura, per! Poi dun tratto come se il mondo avesse smesso di funzionare, un mondo che per assurdo corresse a 107.232 Km/h che allimprovviso inchiodasse. Poi un vuoto per qualche istante, e un altro grande scossone che manda tutto allaria; quel sentore di pace dopo lapocalisse. Quando riapri gli occhietti il cielo l, pi luminoso che mai. E sebbene indolenzita e scossa da quello strano sogno, sei felice di ritrovare i tuoi amati paletti e tutto il resto.

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di Lucia Di Giovanni
Rimbalzano sui rami ancora spogli i raggi del sole, fanno visita alle borse semiaperte delle ragazze e incontrano le prime audaci spalle nude che accolgono linizio del caldo primaverile. Tatiana cammina con passo sicuro. Le sue spalle sono ancora coperte, perch il sole, quando lha raggiunta, mentre faceva scivolare il vestito sul corpo ancora intorpidito dal sonno, non ha avuto la forza di colpirla. Tatiana cammina con passo sicuro, ma non si accorta del sole. La sua figura elegante supera palazzi, persone, alberi e negozi senza vederli. Schiva una vecchietta, attraversa la strada, entra in un bar, chiede un caff, paga, esce e svolta a destra, continua a camminare sicura. La borsa, perfettamente abbinata al vestito, pende dal braccio piegato e oscilla leggermente al ritmo costante dei passi. Allineata alla spalla, la mano destra stringe il cellulare e la sinistra, nella tasca del trench, giocherella con una monetina. Mi sembra di vedere un ragazzo che la guarda, potrei dirvi che si conoscono, ma non mi interessa; si chiama Matteo, o forse Samuele, o Billy, o Bruno, ma non importante deciderlo. Lui pensa a come il cotone del vestito le modella i fianchi: sembra cera sul tornio, il contorno di un vaso appena finito, ma travolgente il desiderio di toccarlo ancora, di lavorarlo ancora, solo per godere della curva perfetta, del momento in cui il bello si fa materia. Tatiana bella. Eppure il sole non osa. E se Tatiana fosse brutta? Cambierebbe solo una frase. Tatiana brutta, ma i fianchi sono splendidi avvolti cos bene nel vestito, e il doppio mento non si vede, con quella sciarpona, mentre si vedono bene le gambe magre - un po stortine, ma cosa importa? - a risaltare leleganza della camminata, dovuta ad anni di ginnastica artistica. Ma il sole non osa. Ma vedete anche voi che scomodo, e ha bisogno di spazio una Tatiana effettivamente bruttina ma furba, che risulta da sempre una gran figa. Tatiana dal corpo perfetto e ben consapevole della propria bellezza, molto pi comoda. Ma mentre noi decidiamo del suo aspetto fisico, Tatiana arrivata a lezione ed anche uscita. Eccola che cammina sulla stessa strada, ma nel verso opposto. Come due ore prima ha lo sguardo fisso, immersa in se stessa. La strada nei piedi si consuma e ferma davanti al portone, cerca le chiavi nella borsa, apre, sale le scale - forse non ha preso lascensore per non dover smettere di camminare - entra in casa e senza violare il silenzio della solitudine, si siede sul letto, avvicina la fronte alle ginocchia e piange. Piange e afferra il lenzuolo, tenta di dilaniarlo furiosamente, non ci riesce. Si morde il ginocchio fino a lasciare il segno, si graffia la gamba con le unghie dipinte. Fatica a respirare, il petto si muove convulsamente, singhiozza strozzando un grido nella coperta. Sfinita, si lascia cadere sul letto, chiude gli occhi e si sforza di controllare il respiro; riprende a piangere silenziosamente. Forse piange perch ieri ha litigato col fratello e le urla si sono sentite fin dalla strada; settimana scorsa piangeva per Daniele, o per Billy, o per Samuele, quella prima perch si sentiva triste e basta, ma tutti questi motivi non mi interessano. Non riuscita a piangere la mattina in cui, con la testa dolorante e una brutta sensazione allo stomaco, ha letto sul cellulare Super ieri! Quando ti va, quando ha capito di non essere pi vergine. Tatiana si asciuga le lacrime, si alza, e in bagno, senza specchiarsi, si strucca, e con il trucco lava via i segni del pianto. Si guarda nello specchio per rimettere leye-liner e sistemare il vestito. Voglio rassicurarvi: io che lho vista so che Tatiana, anche quando piange, bellissima.

Tatiana

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Rovesciamenti
di Victor Attilio Campagna
Fuori il cielo era terso, nervoso; dava sul nevischio, si avvicinava la primavera. Per il resto non ho alcuna intenzione di dirvi cos successo veramente: non credo pi nella necessit di una coerenza dal giorno di cui ora vi scriver. Quella mattina avevo fatto colazione in fretta perch ero in ritardo. Mi ero pure bruciato la lingua col caff, ed ho passato mezzora sotto lacqua fredda appena arrivato in ambulatorio. Uscito dal bagno ho chiesto alla mia segretaria di farmi sapere che visite avessi in programma oggi; a quanto pare erano solo 10, mi diceva brusca. Ah, ok. Facevo un po pena, mi dicevo, con la mia narrativa spiccia dellanglicismo, e quella faccia stravolta. Oltretutto, guardandola bene nelle pupille, notai che mi guardava particolarmente male oggi (in effetti in bagno facevo rumori di inconsueto godimento per la frescura dellacqua sulla mia lingua stravolta dal bruciore). Cercai di distrarmi osservando con cura fittizia la lista: era infittita da tutta una serie di nomi, alcuni nuovi, altri sconosciuti. Entrando nello studio notai che il primo quel giorno era un certo Samuele Restacchino, nato da qualche parte, qualche giorno. Viveva in una tal piazzetta DellAmore, a Milano, di cui prima non conoscevo nemmeno lesistenza. Raggiunta la poltrona, mi sedetti con cautela e quando alzai il capo notai che alla soglia cera un uomo molto alto, vestito di nero, strano. Si schiar la voce e cominci a parlare in una lingua che non capii minimamente. Il mio sguardo interrogativo lo irrit alquanto, tanto che prese a gesticolare e a fare avanti e indietro tra la soglia della porta e la mia scrivania, sbuffando e muovendo istericamente le braccia; per calmarlo mi alzai e lo presi delicatamente per le spalle per accompagnarlo alla poltrona. Gli feci cenno di sedersi mentre io riprendevo posto, rassicurandolo con un sorriso del fatto che non capivo bene che lingua parlasse e che era dovuta a questo la mia faccia interrogativa, quindi di non prendersela. Lui cominci a dirmi che non era possibile tenere un comportamento cos, che qualsiasi cosa lui dicesse io ero t e n u t o (lo url) a capirlo. Io gli feci ancora cenno di calmarsi. Andai a chiudere la porta: meglio cautelarsi che questo strano forte, pensavo. Mi sistemai per bene sulla sedia, poggiai i gomiti sulla scrivania e unii i palmi delle mani a mo di preghiera. Attesi un attimo prima di interromperlo, dacch lui continuava a parlare, irrefrenabile. Gli chiesi se fosse o meno il signor Restacchino. Non rispose subito, ma mi guard intensamente, senza dire niente, poi riprese a parlare, dicendo che il nome non importa, che sono formalit da medico s****o ed io ero uno di quelli che lui era l perch costretto da quello s****o di suo padre (uno scrittore alquanto brutto, ma alto, e questo gli dava un certo fascino, a suo dire) e ripet pi volte tale aggettivo per connotare vari personaggi incorsi nella sua vita che, a quanto pare, non gli andavano a genio, con un particolare riguardo per suo padre. Presi in mano la lista e gli chiesi come trovava Milano con questo clima, se voleva un bicchiere dacqua, cos, per rassicurarlo un po almeno, cos consigliano sui manuali. Fatto sta che lui non era per niente rassicurato; diceva che non aveva sete, che non gli piacevano le storie Io, stranito, gli dico che non siamo in una storia, che questa la realt. Lui fa no con la testa, insistentemente; cominci a parlare di bianchi e rossi, di vino insomma, e di farfalle volanti che non gli piacciono tanto, e poi di esseri verdognoli non ben identificati, donne incinte, criceti dagli occhi verdi morti di tumore, che hanno sintomi simili ad una certa Marisa che morta per un problema al circolo di Willis (che non centra niente un tumore con unischemia ma vabbe, mica medico) e continuava a raccontare di tutta una serie di cose, insistendo sempre sul fatto che fossero parole mie, non sue, implorandomi addirittura di ricordare non so bene cosa, con voce a tratti melliflua. Lo fermai alzando una mano, come a dirgli di attendere un attimo. Presi il tagliacarte e cominciai ad aprire una busta che stava sulla scrivania, tutto solo per prendere tempo.

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Quel pazzo prese questa mia disattenzione come un oltraggio: si alz di scatto, dando di matto fortissimamente, urlava con foga sempre pi aguzza. Mi stupivo del fatto che non entrasse la mia segretaria a ah gi, le sto sul cazzo, pensavo con un sorrisino di disperazione. Anzi, credo sia solo contenta se vede che sono con un paziente cos problematico forse meglio se prendo qualche altra segretaria, ma cos precisa alla fin fine, e poi cos carina, non sar che... fui scosso quasi subito dai miei pensieri perch quello gesticolava come un disperato per attirare la mia attenzione. Non sapevo bene che fare. Feci un po di ordine tra i fogli sparsi sulla scrivania; posai tutto, gli dissi per lennesima volta di sedersi, di non preoccuparsi, che aveva la mia attenzione intanto prendevo il ricettario per prescrivergli mille pastiglie colorate. Al che quel tale si ferm, guardando prima me poi il foglio, con un disprezzo evidente; si calm e mi fece: Sono Samuele, coglione! Posa quel ricettario. Rimasi un po basito, perch pronunci una frase senza che io la riportassi col mio pensiero in libert futuribile. Sono io che conduco i giochi! Non si pu ribellare uno cos, dal nulla! Se pronuncia una frase la riporto io, dal m-i-o punto di vista, non dal suo! Questa cosa non va bene, per niente, pensavo. Perci decisi di ristabilire lordine e gli dissi che lui non era parte di nessuna Storia, che lui era nella realt, la mia real-

t, e che le regole le dettavo io!, imponendogli infine di sedersi. Mi ero inalberato, s, perch non mi si deve mancare di rispetto, mai! In tutta risposta mi guard stringendo gli occhi e si avvent sul tagliacarte. Per fortuna riuscii a prenderlo prima di lui. Urlai il nome della segretaria, affinch chiamasse qualcuno, ma quella stronza (e qui non censuro perch proprio una stronza) fece finta di non sentire. Lottai arduamente con quel pazzo e risultai vincitore con un colpo basso: gli recisi la femorale. Uno schizzo di sangue macchi il mio camice e lavevo preso ieri... Quello si rannicchi a terra in posizione fetale. Al che, adirato come una belva, oltre che preoccupato dal fatto che quel demente potesse morire, spalancai la porta per dire alla segretaria di chiamare uninfermiera. La trovai calma, atta a compilare dei moduli, con quella sua espressione da ciabatta mefitica. Fallita, pensavo Le chiesi perch non fosse intervenuta. Ebbe addirittura il coraggio di chiedermi per cosa dovesse intervenire. Le chiesi se avesse o meno sentito le urla. Aveva i cottoncini alle orecchie, non aveva sentito niente, diceva con un sorriso irritante. Al che io sbotto dicendole che in uno studio psichiatrico non si mettono i cottoncini, perch si d il caso che i pazienti siano un po instabili, ma lei in tutta risposta aggiunse un particolare abbastanza strano: non entrato nessun paziente, e sorrise ancora, con aria a tratti complice. Ero stranito: nessuno? Ma sicura? Oddio, che io sia impazzito?!, le feci preoccupato. Lei accenn prima di s col capo, poi si corresse rassicurandomi che non ero impazzito. E mi volto: vedo quel Samuele che si rotola per terra dal dolore. Guardo prima la segretaria, poi Samuele, Samuele e la segretaria, la segretaria e Samuele, Samuele e Tic tac tic tac. Penso che qui la storia possa finire, ammettendo per che il cielo era proprio bello quel giorno.

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Caro Lettore,
quello che hai fra le mani il secondo numero di una rivista che vuole spacciarsi per letteraria. Al suo interno troverai dei racconti pi o meno riusciti, certamente non di alto livello, cio scritti non benissimo. La redazione sincontra ogni mercoled sera presso la dimora di tal Michele, il quale d cos tanta importanza al progetto che ne legge i frutti in bagno. Importante sottolineare che le sue critiche sono le meglio riuscite. Di solito alle 19.00 la prima ad arrivare Lcia per favore, non Lucia, ma Lcia che in tutta la sua bonariet, di fronte a un articolo scritto non benissimo, cerca di dare consigli costruttivi; la cosa per laffatica alquanto, poich, essendo matricola, non ha ancora sviluppato a pieno tutti gli strumenti per dar vita ad unanalisi compiuta. Comunque il suo atteggiamento propositivo incoraggia tutti nei momenti di difficolt. Verso le 19.15/20 arrivano Davide e Federica Papo e Fepa che, ahim, non stanno insieme: nonostante siano molto pucci pucci Papo fidanzato. Ultimamente i due si accompagnano ad Anna, simpatica disegnatrice che forse, sotto sotto, scrive. Davide, in tutta la sua diplomazia, di fronte a un testo scritto non benissimo si astiene dal commentare, oppure fa lapidari, ma molto mirati ed utili, commenti. Fin dal primo incontro si preso una cotta per Michele, il padrone di casa, e insieme si divertono a prendere in giro di sottecchi Orlando e Victor. A Federica, invece, piacciono tutti i racconti proposti. molto tenera, solo una volta forse siamo riusciti a scalfire la sua tenerezza quando il responsabile del progetto ha deciso di andarsene ma, daltronde, ha scelto come mezzo privilegiato despressione di s la scrittura, quindi difficilmente abbandona la sua pucciosit di difesa per mettersi allo scoperto. Ore 19.30, arriva Orlando, puntuale come al solito e puntualmente senza aver letto i racconti da commentare. Di fronte a un testo scritto non benissimo che abbiamo letto apposta per lui ad alta voce sa fare una critica molto costruttiva: Non mi piace. Se il testo in questione stato scritto da Natalia in grado di aggiungere anche: Questo testo un danno per lintero numero!. Comunque ha il PC pieno di saggi di letteratura scritti da lui che noi non abbiamo mai letto. Va detto, Orlando un po un tegamino, dal gergo toscano: non direbbe quello che pensa veramente neanche sotto tortura; cerca persino di farci credere che scrive per rimorchiare! Per ultimo arriva Victor, il medico-poeta, che ha un grande

talento: in grado di dire S usando una perifrasi di trenta e pi parole. Di fronte a un testo scritto non benissimo difficile individuare la sua opinione, poich la sintesi non esattamente una sua dote naturale; comunque ha buone conoscenze letterarie e, per i pochi minuti in cui lattenzione salda sul suo discorso, quasi certo che stia dicendo qualcosa di sensato. A volte si aggregano anche Bianca, Giuditta e Giamblico. Bianca soprannominata Blanche per via del suo fervore per lo pi tace in un cantuccio, ma se interpellata non esita a dire la sua. Giuditta, disegnatrice, contribuisce al buon umore generale. Matteo, disegnatore anchegli, ci propone le sue opere ispirate ai testi, che risultano spesso inquietanti e alle volte truculente. Nonostante ci, fa battute assai divertenti. Infine, ci sono io, Natalia. Il mercoled arrivo prima di tutti presso la dimora di Michele poich, dopo qualche incontro di redazione, ho deciso di essere la sua ragazza e lui non ha avuto nulla da ridire. Durante le riunioni prendo appunti, perch ho deciso di essere La Segretaria e quindi redigo il verbale ogni mercoled sera. Di fronte a un testo scritto non benissimo, lo ammetto, non so fare grandi critiche costruttive. In pi, un po come Federica, ho scelto come mezzo privilegiato despressione la scrittura, per questo il confronto diretto non esattamente il mio forte. pi divertente essere un po bionda inside. Ecco, caro lettore, hai tra le mani il secondo numero de Il Vizio, una rivista di studentelli universitari che il mercoled sera non hanno niente di meglio da fare che incontrarsi per fare qualche critica di basso livello letterario, e dare vita a qualche dinamica di gruppo, un po di gossip, insomma.Ora, se anche tu non hai niente di meglio da fare, puoi dare un occhio alla rivista e mercoled puoi passare a trovarci, dopo aver mandato una e-mail con un tuo testo a vizio.redazione@gmail.com Buona Nullafacenza, Natalia Marraffini Cobo La Segretaria - Bionda inside!

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Ogni piacere un vizio, perch cercare il piacere quello che fanno tutti nella vita, e lunico vizio orrendo fare quello che fanno tutti.
(F. Pessoa)

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