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Massimo Scalabrino

Il porto di Liverpool

Tu possiedi la nave della Tua condizione di uomo. Traversa perci il gran fiume del dolore. Insensato, non il momento di dormire !! Questa nave non facile da trovare unaltra volta. Bodhicaryavatara (La perfezione della forza,14.)

Questo racconto lungo dedicato all equipaggio, alle amiche ed agli amici che hanno atteso sul molo. Particolarmente al mio amico Mario, un amico vero, e a Te, Ada, lamore della mia vita

Era un grande condottiero, uno stupido despota, un Cortez ante-litteram, uno statista di lungimirante visione, un pazzo che salito sulle montagne dei morti costruite erette dalle sue campagne di guerra, si era messo in testa di essere un dio, mentre era solo la fidanzata dei suoi legionari. Era un miscuglio di tutto questo? Personaggi che appaiono diversi a seconda di chi li racconta, e chi li racconta non fa altro che servire un sistema al quale interessa accreditare una propria immagine, nobilitandola come discendente da grandi idee, da grandi persone che di grande non avevano niente. Se questa non violenza ! Ma chi la organizza non si render mai conto che la propria azione non fa che restringere il recinto e pi il recinto stretto pi le pecore hanno bisogno di libert, di nuovi spazi. In che misura il succitato narratore di storia o di storie potr accorgersi di non essere altro che strumento perverso del sistema, egli ne sar complice consenziente e per di pi riterr di essere parte integrante di un grande disegno, o ne sar strumento indifeso ed indifendibile. Se poi il codice di valutazione finale, ovvero il mantenimento della specie tra lequilibrio degli esistenti, prevedesse nella propria scolarit passaggi del genere, dovremo valutare pi cose, per esempio che le nostre elucubrazioni di marinai ancorati nel porto di Liverpool, potrebbero essere lindice del superamento di alcuni scalini, oppure che assolutamente naturale che ci avvenga e debba avvenire allinterno di determinate metodologie. C sempre la speranza che un codice di valutazione finale non esista, non abbia senso, o che per ora non si riesca ad individuarlo in maniera soddisfacente, soprattutto perch la sua antropomorficit cos acuta da eliminare ogni speranza di reale identificazione. Chiss poi perch il porto di Liverpool forse perch le avventure erano pi intriganti se i personaggi avevano nomi esotici e se le navi partivano da porti diversi che non da quello di Civitavecchia. Anzi, ricordo che dopo molte partenze dal porto di Liverpool, mi venne il sospetto che Liverpool non fosse sul mare e non avesse un porto. I miei sogni furono salvati da unaffannosa visione di una carta geografica: Liverpool era sul mare ed aveva un porto da cui il mio mercantile, volendo, poteva partire. Di sicuro nella scelta del tipo di nave si intravedeva un destino gi disegnato. Non si trattava di un romantico veliero, n di un lussuoso transatlantico, n di un impudico sommergibile: il mercantile aveva in s un che di volont di scambio, di trasporto di una quantit di dubbi, di incertezze, imballate in sacchi di iuta (allora non conoscevo i containers) pronte per essere scambiate in qualsiasi altro porto, possibilmente sul mare, con carichi di certezze, di prove provate. Cera ancora molta confusione nellindividuare lobiettivo di questa avventura, indecisione tra il partire, quasi questo fosse, gi di per s un risultato, oppure laffrontare i pericoli di un lungo viaggio.

Lunica cosa certa era che non si capiva assolutamente quale fosse la meta: il saperlo poteva essere determinante, se non altro, per stabilire una rotta. Il comandante, perch il mercantile aveva o avr un comandante, e con lui mi scuso perch lo tormenter in un piccolo giuoco delle parti, era angosciato da una metafora: il suo partire, cos pensava, equivaleva alla creazione, alla trasformazione che uno scultore fa di un blocco di marmo, dove con una ben calcolata sequenza di colpi di martello, riusciva a plasmare limmagine del suo pensiero. Ma quel pensiero cos descritto, lopera ottenuta, in che misura rappresentava limmagine realmente pensata? Forse era partito con lidea di descrivere un bambino e via via che la scultura avanzava, lentamente si trasformava nel ritratto di un vecchio. Comunque quei lineamenti, quel naso era quanto di pi aderente alla sua volont? Essi esprimevano unicamente una sequenza di momenti che solo alla fine avrebbe potuto chiamare vita, o potevano chiarirgli lessenza dellesistere? Ecco, qui si formalizzava, in maniera forse troppo difficile per il nostro comandante, la finalit del viaggio, che lo avrebbe portato ad ordinare con accento hollywoodiano il Pari avanti tutta. Ma poich cercava di non ingigantire le proprie aspettative, con malcelata umilt, non azzardava ad infilare la prua del suo mercantile in un canale dove aveva visto perdersi uomini ben pi forti di lui. Le sue riflessioni in quella notte di nebbia giravano in tondo, alternandosi tra abissi profondi e sensazioni quasi a fior di pelle. Non sapeva se lasciarsi andare a introspezioni metafisiche, calcando la mano sui dubbi, sulle domande di cui conosceva benissimo lassenza di risposte, o abbandonarsi alla memoria. Da un lato ritrovare la strada di un proprio riconoscimento, che solo il continuare a riflettere, a pensare, lo garantiva con un attimo di sollievo, oppure rivivere il vissuto, addolcendone gli insulti dove possibile, sorridendo a tutto ci che il passato gli aveva dato di piacevole, rivivendo momenti delicati o furiosi, ma comunque belli al ricordo. Ed in essi si intersecavano come lame di luce, bagliori che potremmo definire di conoscenza, momenti strazianti in cui, per uno spazio di tempo indefinibile aveva creduto di essersi avvicinato alla verit. Deve essere per questo che la straordinaria cultura indiana chiama certi uomini illuminati . Solo che la sua luce non resisteva a lungo allassalto del bisogno di definizioni pi comprensibili, totalizzanti ed al contempo liberatorie. Erano sprazzi, attimi, lampi di grande chiarezza, a cui seguivano ore di grande sconforto. Non gli sarebbe mai bastato ottenere qualcosa solo per s. La libert di un solo individuo non libert. Valeva per lui come la pi profonda delle definizione di libert, quella che ne dette Roger Garaudy.

Egli scrisse: libert presa di coscienza della propria appartenenza al tutto. Supera cos la libert dei bisogni, annulla libert storiche o economiche. Spalanca improvvisamente le porte sul mondo nel quale viviamo, dandocene chiara la distorsione della nostra stessa vita. Avrebbe voluto che tutto il suo equipaggio partecipasse alla sua gioia, alla sua liberazione, per ottenere un riconoscimento alla sua vita, essere stato utile a qualcuno e non solo a se stesso. Perch uno che sa non vale niente. Uno che crede di sapere deve cercare il colloquio, deve parlare di ci che sa senza insegnarlo, apprendendo dal suo interlocutore. Infine il comandante di un mercantile non deve essere espressione unica dellarmatore, ma comandante, armatore, equipaggio, la nave ed il molo, il mare sono una unica espressione dellesistere. Cominciava quindi lentamente a rendersi conto di un fatto che avrebbe voluto in breve definire fisico, le cui implicazioni sul piano della conoscenza erano tali che, anche da qui, la scissione tra fisico e spirito gli appariva sempre pi distorcente. Si rendeva conto della profonda differenza tra le immagini che i suoi occhi trasmettevano al cervello e la capacit di questultimo di elaborarle nella loro realt. Se gi sul piano meramente fisico una sorta di memoria cerebrale era in grado di dare immagini diverse da una oggettivit abbastanza evidente, bisognava tenerne conto ampiamente perch levidente e congenita ambiguit era fuorviante. Il processo di conoscenza, nei rapporti con s stesso e con gli altri, ne avrebbe dovuto essere ben cosciente per bilanciare i diversi gradi di apprendimento. A questo punto nei miei romanzi e nei miei racconti di avventure, avrei potuto scrivere cos: un lungo brivido percorse la schiena del comandante, era la terribile malaria mai presa in Indonesia?. Era linfiltrarsi della nebbia che avvolgeva la sua nave, era il tormento, se pur creativo, di un lento, lentissimo processo che lo avrebbe infine messo in condizione di decidere la rotta e partire. Se i suoi piedi posavano sul ponte della nave, le sue mani appoggiate agli strumenti di bordo, i suoi occhi indagavano tra manometri e misurometri di tutti i tipi, la sua mente era lontanissima. Percorreva a velocit incredibile gli spazi della memoria, uscendone per allontanarsi nelle pi lontane galassie e ad un semplice fruscio tornare a se stesso bambino. Il pensiero pi veloce della luce, egli dove pensa di essere. Vincolato, se c un vincolo si dovrebbe presupporre una reale scissione, l dove ci facessimo ingannare dalla ambiguit della nostra memoria, dal nostro corpo, ha sviluppato una enorme capacit, pi che evidente, di spostarsi nel futuro, nel presente, pi di quanto non riesca a muoversi e ricordare nel pi lontano passato.

In quel passato in cui lo strumento portante non si era di volta in volta cos affermato ed auto riconosciuto. Poi, quando capita di vedere con chiarezza nel nostro passato, al di l della attuale fruizione corporale, ci si scatena alla ricerca di s stessi, di come sera, magari di come si avrebbe voluto essere, quasi che il riconoscersi divenisse atto liberato dal passato. Ma forse qui il dato apparente ci che inganna, e lapparente solo il presente che ci circonda, ci avviluppa, ci commuove. La definizione pi appagante potrebbe essere quella della tela di Penelope in cui Ulisse, che per me non si era mai mosso dalla penna di Omero, si identificava durante la giornata e nella sua tessitura e nellordito viveva. Cos come durante la notte moriva al disfare della tela, per poi non risorgere, ma continuare ad esistere con pi memoria di vita. E questo bisogno di identificarsi nella memoria di vita che ci porta a voler essere immortali perch il continuo della vita l, in questo riaffacciarsi dellordito alla luce del giorno. Ma Penelope chi ? Penelope dov? Se anzich essere la mano che comanda il telaio fosse anchessa parte del telaio, ed il telaio parte della stanza, e la stanza della casa, e la casa della collina, la collina del pianeta ed il pianeta delluniverso, avrebbe pi di una ragione Roger Garaudy. Il suo concetto di libert non si esaurirebbe nella sua definizione ma assurgerebbe ad un imperativo stravolgente la stessa formazione sociale. Non sarebbe una rivoluzione sociale, o una nova religione ma una spiegazione totalizzante del mutare il rapporto tra s ed il sociale. Un orientamento nella pratica del vivere diverso fino a ridefinire il senso dellesistenza. Come si pu dare di tutto questo una dimostrazione scientificamente a priori?

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