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Andrea Emiliani

La tecnica di Annibale e di Agostino nel periodo bolognese


In: Les Carrache et les dcors profanes. Actes du colloque de Rome (2-4 octobre 1986) Rome : cole Franaise de Rome, 1988. pp. 3-18. (Publications de l'cole franaise de Rome, 106)

Riassunto La prima giovinezza dei Carracci, negli anni compresi all'incirca fra il 1580 e l'arrivo a Roma di Annibale, stata molto illuminata negli ultimi studi (Posner, Boschloo, Ottani, Dempsey, ecc). Ma esistono tuttavia, oggi, altri aspetti di una storia breve e tumultuosa che - anche sotto l'aspetto tecnico dell'affresco e della sua evoluzione - possono emergere pi vivacemente. Essi sono infatti il frutto dei primi restauri del fregio di Giasone in Palazzo Fava a Bologna, e degli studi in occasione della mostra La giovinezza dei Carracci (Pinacoteca naz. di Bologna, 1984). Fondamentale distinguere per esempio fra la prima apparizione dei giovani artisti, molto vivace e di avanguardia; e la seconda fase di assestamento. Nella prima fase non esiste ombra di conoscenza di Correggio, ed essa si arresta certamente entro il 1584. in questi anni (forse tre?) che i Carracci si dedicano alla demolizione del manierismo, con mezzi anche ironici e sorridenti. evidente la solidariet che essi possiedono subito con il mondo letterario e poetico, sia bolognese che ferrarese (Giraldi Cinzio) ; ma anche con la ricerca scientifica e i nuovi modelli del conoscere (la Pianta di Bologna di Agostino del 1581). Scoperta straordinaria la costante connessione fra il fregio di Giasone e i volgarizzamenti dei grandi classici, da Ovidio a Apollonio Rodio : una specialit della filologia bolognese, da Beroaldo in poi. Perfino le illustrazioni delle edizioni veneziane dopo il '50 entrano nel patrimonio inventivo dei Carracci. Probabilmente questa l'anticamera sperimentale dell'Accademia del naturale. Dopo il 1584, Annibale inizia, con la diretta conoscenza di Correggio, il suo 'romanzo storico' della pittura rinascimentale; e Ludovico si converte alla tesi della riforma cattolica e del Paleotti. Ma nelle ultime ore del fregio di Palazzo Fava (come specialmente il termine ignudo che imita il Bacco michelangiolesco dimostra) l'affresco gi maturo per le future esperienze di Palazzo Farnese a Roma.

Citer ce document / Cite this document : Emiliani Andrea. La tecnica di Annibale e di Agostino nel periodo bolognese. In: Les Carrache et les dcors profanes. Actes du colloque de Rome (2-4 octobre 1986) Rome : cole Franaise de Rome, 1988. pp. 3-18. (Publications de l'cole franaise de Rome, 106) http://www.persee.fr/web/ouvrages/home/prescript/article/efr_0000-0000_1988_act_106_1_3282

ANDREA EMILIANI

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In quella specie di carta dei diritti della pittura bolognese che, dopo la depressione idealistico-romantica, la famosa prolusione uni versitaria di Longhi del 1934, l'occhio corre facilmente ad un'affermaz ione, quasi un adagio della letteratura filosofico politica : e che cio in fondo ad ogni rivoluzione si nasconde un ritorno alla natura. Per quant o ricorrente, e per certi aspetti perfino banale, questa la prima occa sione - credo in assoluto, almeno nel nostro secolo - che connette la prima attivit dei giovanissimi Carracci alla vastit e alla profondit di un movimento, come oggi si dice, epocale; ad un movimento, dun que, capace di dare forza e spazio ad una durevole riforma pittorica senza ricorrere ai massimalismi concettuali ed ideologici di cui s'era nutrito fino a quel punto tanto manierismo. Sono d'accordo con Giuliano Briganti sul fatto che mai come sui Carracci si sono addensate ed avventate le riflessioni - nel tempo - pi minuziose, le filologie pi acuminate, e anche le passionalit pi affet tuose. Si ripete insomma oggi l'evento che gi ha nutrito due secoli di storia artistica ed estetica europea. Ma bisogner anche riflettere su di un fenomeno, quello appunto dei Carracci, e della loro giovinezza in ispecie, che stato effettivamente innovatore nei suoi tempi, e dotato di una posterit straordinaria, come voleva il Lanzi. La doppia condizione di pretendere sia l'uso della modernit, che quello della storia, appart ieneormai agli strumenti dell'arte moderna e nasce proprio in Bolo gna nei primi anni '80. Allora, versare sensi e sentimenti di natura entro la grande orma della storia, illuminare di quotidiano l'eternit delle res gestae, tradurre come in un volgarizzamento italiano e padano la poesia dell'antico, sono operazioni che devono essere spiegate, sia come novit ideologica (che oggi pi facile da illuminare), sia come adeguamento dei mezzi espressivi. E quest'ultima avventura da con durre tutta sui dipinti, che oggi si sono identificati e scalati assai meglio di ieri nei primi cinque anni dei nostri pittori. Credo che anche la vera novit dell'accademia carraccesca, intesa come struttura dello

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sperimentale e laboratorio del conoscibile, risieda proprio in questo quinquennio : a patto che la verit degli atteggiamenti - ormai cos diversi e personali nei tre protagonisti, e tuttavia unificati dal modello sperimentale assunto - si legga direttamente nelle opere, e per giunta nella loro storia minima, incalzante, variabile di mese in mese, quasi di giorno in giorno. Di qui le variazioni, le segmentazioni, perfino gli umori, che fanno dei primi anni carracceschi la croce e la delizia di ogni osservatore. Di qui anche le esitazioni e perfino le contraddizioni che la 'solennit' del lanostra disciplina ha spesso scambiato per leggerezza. Di qui ancora la necessit - resa talora pi voluttuosa da metodologie storico-econo miche, ? economico-sociali, nelle quali tutti assieme ed appassionata mente ci siamo volta a volta immersi - di aggrapparsi al raffronto ? addirittura alla sinossi degli eventi paralleli, anno dietro anno. Ma tut tavia mi sembra ora evidente che, dopo la ricognizione condotta da Paolo Prodi sulle tematiche della riforma cattolica, e dopo la solida imbastitura stilistica ed esistenziale proposta da Francesco Arcangeli, questa vicenda dei primi e primissimi Carracci si andata allargando e chiarendo (come in modo preciso ha testimoniato il fitto lavoro di Anton Boschloo). La recente riproposta d'analisi del fondamentale fre gio di Giasone in Palazzo Fava, resa pi produttiva da alcuni iniziali restauri (1984), consente oggi di muovere la materia attorno ad un vero carrefour dove, come in un diario, si vengono chiarendo progressiva mente le condizioni di quel primo, fondamentale sperimentalismo : per esempio, accanto all'esplicita visione dell'empirismo usato da Annibale e da Ludovico (diversamente fra loro) per conquistare la natura, non pu essere trascurata l'immagine cos presente dell'Aldrovandi e della scienza pre-galileiana. Ma nello stesso tempo, non si pu trascurare neppure l'efficacia ideativa e la retorica narrativa adottate dai nostri direttamente dai volgarizzamenti popolari e fortunatissimi da Apollo nio Rodio e dalle Metamorfosi di Ovidio. Tanto da resuscitare, accanto alle moderne sinestesie del Tasso, anche il vecchio modello epico e grottesco dell'Eracle di Giraldi Cinzio, profluvie di immagini di un anti cofavoloso, ingrossato, riscaldato, attualizzato proprio come in una successione figurativa, contenuta entro cornici simboliche. Il grottesco della storia lontana dunque il modo di contrabbandare una verit di sentimenti e di azioni che ben risponde all'anima popolare ed icastica che si aggira in tutta questa prima esperienza e che si inquadra a buon diritto nella dimensione di natura ed espressione quale la volle ind ividuare Arcangeli. Ci che avviene prima del 1585 somiglia insomma

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ad una scatola di smontaggio dei pezzi forti del manierismo, ad una loro ripulitura e anche ad una volontaria assenza dai territori della venust e della grazia. Su tutto sembra anzi dominare l'antigrazioso. L'intellettualismo itinerario di Agostino, la pi sofferta fedelt sto rica di Ludovico, la presa diretta dell'avanguardia sperimentale di An nibale, sono ormai ben chiare e distinte nei primi anni della loro attivi t. Ci non era possibile qualche anno fa, e ci conduce ormai a credere che proprio solo il naturale e lo sperimentale siano il cemento che uni sce le loro forze tanto diverse, il senso primo della loro solidariet accademica. Solo pi tardi prenderanno corpo i campioni della loro passione storica : Parmigianino per Ludovico, Correggio per Annibale, una miscela veneto-romana per Agostino. Solo pi tardi le accuse andranno a colpire i gangli vitali delle loro proposte ormai adulte. E dunque l'eclettismo, brutta parola dell'estetismo perenne, colpir come uno scolastico siluro la novit della proposta critica, della loro poetica; e cio quella coscienza storica che nasce in Bologna nei primi anni '80, ma che si precisa operativamente solo dopo il 1585. Si direbbe che di questi primi anni proprio l'unanimismo invece che pi tardi si appiattir nella formula sbadata de l'abbiam fatta tutti noi, tale da assorbire in accademismo deteriore la novit della regolat a discordia. Ma il senso poetico ed elegiaco della storia coincide con il crescere che l'arte fa sull'arte, quasi carnalmente e senza mediazioni intellettuali. La novit dei Carracci proprio nell'adottare il senso delle origini della cultura moderna, e di trascurare l'immensa selva che il manierismo interpone fra il rinascimento e lo sperimentalismo giovanil e, questa lunga spiralica crisi dei modelli del naturalismo rinasciment ale dominata dall'essenza piuttosto che dall'esistenza. Anche Federico Barocci, vedremo, rompe - e per giunta ben prima dei Carracci - la cristalleria intellettuale del manierismo. Ma il suo metodo non quello del naturale (anche se alla naturalezza conduce), ma semmai una caparbia volont di piegare l'apparenza e il groppo stesso dell'esistenz a, che egli pure conosce drammaticamente, ad un sublime spirituale che precorre l'idealismo barocco del Reni. E che tuttavia non vi preci pitaper la volont tutta cristiana di salvezza dell'uomo, della nobilt e bellezza delle sue forme sensibili, per la grazia divina che illumina la societ in ogni suo aspetto. La prima fase dell'avanguardia dei Carracci al contrario di tipo fortemente laico e borghese, come possibile in una citt di industria e di commerci, fortemente intrisa dei valori sperimentali e anche prag matici dell'innovazione scientifica, dall'Aldrovandi ai progressi della

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medicina scientifica che si sta togliendo dalle ultime fantasie del magismo. La loro demolizione del mondo pittorico precedente, specie in Annibale - il pi giovane tra essi - impietosa e spezza il tramando generazionale, cos tipico dell'apprendistato pittorico. Per fare questo, essi si servono di una nuova coscienza, che coscienza critica dell'ope rare. Nasce qui, insomma, una concezione eminentemente critica dell'atto creativo, ove la nozione di poetica prende il sopravvento sull'intuizione. In termini operativi, il mondo della pittura si trasferi sce, con i Carracci, dalla bottega all'accademia e infine dalla creazione alla produttivit. Ma per convincersi bene e definitivamente di questo primo percors o, che inizia nei primi anni '80 e termina con la fine del cantiere del fregio di Giasone in Palazzo Fava, nel 1584, occorre osservare bene le opere e riflettere ancora. Io trovo in genere, e quasi sempre, esaltante la lettura discontinua ma molto calda del Malvasia. In fondo, anche quanto a fedelt testimon iale, egli profitt di interlocutori che, come il Tiarini, ma anche l'Alba ni e altri, avevano visto i Carracci al lavoro, ? quasi. In questo piacere di lettura, io comprendo anche l'innegabile seduzione di una lingua che, solo apparentemente difficoltosa, spesso solidamente tecnica : anche se essa, come ha dimostrato qualche anno fa Giovanna Perini, non ricca di un lessico specifico e strumentale, quanto piuttosto tec nica per adesione visiva, di rianimazione verbale di quella vivacissima quotidianit degli atelier artistici. La stessa che riaffiorava, tanti e tanti anni dopo, sulle labbra del vecchio Guercino, allorch, interpellato dal Passeri sul conto del San Guglielmo d'Aquitania eseguito nel 1620 e su quella animosit pittorica straordinaria, sbottava : Ma caro amico, al lora bolliva il pignattone! Cos, possiamo servirci alla tavola imbandita dalla narrazione del Malvasia per tentare una ricognizione su quanto pensavano dello sper imentalismo spinto di Annibale, anni '80-'84, i vecchi esperti del man ierismo, dal Fontana al Passerotti. Quest'ultimo, in particolare, si era avventurato fin sulle soglie del naturalismo, senza mai varcare per la vernice lucente del simbolismo e della metafora della natura. A un pas sodal nuovo mondo, vi vedeva dentro soltanto sconcerto e distruzione. Per costoro, il buono e il bello dell'arte - riferisce preciso il Malvasia - non consisteva nel porsi sull'opera medesima a studiare, e vedere figura per figura, camminando in tal guisa a tentone, e oprando a caso : ma scaricar di proposito tutta la massa, e valendosi delle cose gi viste e studiate, mostrare nella risoluzione di esse il frutto delle fatiche

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gi superate. questa una ricostruzione efficace : no alla sperimentaz ione analitica, per giunta modulata sulla tipologia dei contenuti. E che allora facessero vedere, questi arditi giovani, la massa compositiva e dunque l'idea generale, concettuale del quadro; e si decidessero alla buonora a scegliere fra tutte le cose sperimentate e studiate quella desi derata, e proprio nella sua risoluzione ne offrissero il superamento! Il che probabilmente l'esatto contrario di ci che andava cercando la prassi antimanieristica e anticoncettuale di Ludovico e di Annibale (pi difficile il discorso che riguarda Agostino). La lettura del Malvasia ci porta sempre pi avanti, specie ora che ci siamo proposti volutamente come riduttori didattici dei modi te cnici dei Carracci, piuttosto che dei loro mentali modelli. Ma in fon doun'analisi di questo genere possibile proprio quando i dipinti sono restaurati e messi a confronto : e ci ci stato reso facile dal restauro iniziato sul fregio di Giasone a Palazzo Fava (1984), nonch dai numer osi interventi realizzati nell'occasione della mostra Nell'Et di Corregg io e dei Carracci. Ci ha pulito il campo visivo, consentendo pi agevol i ricognizioni. Ma continuiamo con l'aiuto del Malvasia almeno fino ad affrontare il tema di Palazzo Fava, che compendia e conclude la prima fase de l 'avanguardia dei Carracci. La narrazione dei contenuti del ciclo di Gia sone intenzionalmente in linea con la tradizione epico-cavalleresca padana : il soggetto fu infatti copioso e ferace, scegliendo di trattare e porti e fiumi e mari e monti e pianure e selve; steccati, combatti menti e terrestri e marittimi, e con giganti e con belve e con mostri che davvero quanto basta, in flagrante sintonia con il Tasso, l'origine della ardimentosa narrazione. Ma in pi, presente davvero nell'itera zione meravigliosa, l'ardua successione degli eventi che l'uomo, Giaso ne, deve superare per conseguire - pur con l'aiuto degli artifizi di Medea (il progresso scientifico) - il riacquisto del Vello d'Oro. Nessun racconto pi sintomatico di questo per comprendere tutta la novit anche ideologica dei Carracci alle soglie dell'et moderna, e in quella prima fase di attivit che corrisponde alla fase eroica e prometeica del laloro presenza. Anche quanto all'esecuzione e ai suoi innumerevoli problemi, Mal vasia torna ad essere sufficientemente preciso, e vale la pena di rileg gerlo : Il ritrovo fu di Agostino, che... v'aggiunse lateralmente ad ogni quadro (dice proprio : quadro) due Deit confacenti e simboliche al soggetto. E seguita: Ludovico schizz molte cose, and disponendo i pensieri e correggendo e migliorando l'opera, ed Annibale fu quello

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che pi d'ogni altro vi fatic, lasciando che Agostino. . . badasse a quell e Deit che di chiaroscuro, statue di macigno ? di travertino sembran o. A parte una maggior presenza di Ludovico e di Agostino, la realt odierna non si allontana gran che da questo racconto. Ma vediamo allora di scendere nei particolari esecutivi, e anzi di salire finalmente su quel palco che il conte Fava aveva eretto nella Sala di Giasone, e che noi abbiamo recentemente ricostruito nella Pinacote ca Nazionale di Bologna per il comodo dei visitatori. Bisogna allora ammettere che il modo impaziente e poco pulito, il senso di sboz zo, di pittura buona s ma troppo strapazzata e infine anche la scala metrica di una narrazione fittissima di eventi e di protagonisti, che i pittori benpensanti rimproverano ai giovani artisti - sempre nella rico struzione narrativa del Malvasia -, rampogna che oggi ancora possi amo sottoscrivere. Parte degli affreschi davvero condotta in modo avventuroso, quanto a tecnica e a diligenza. Eseguiti a tre giornate in media per riquadro d'affresco, con uno strapazzo pittorico incantevole s ma anche assai cagionevole, fitti di abbreviazioni, di velature, di pen timenti; affidati alla sola identificazione generica del chiodo, quanto a disegno, ma poi sopraffatti letteralmente dalla libera gestione del color e, sempre liquido ed invadente. E alla fine, insomma, pervasi spesso di quella giovanile, deliberata, prepotente goffaggine ? approssimazione che in gradi e in modi diversi si atteggia a vezzo in Annibale, si veste di ponderazione in Ludovico, e diviene diario pittorico in Agostino. In questa avventurosit tecnica, che i biografi vollero effetto di un pagamento troppo amichevole; in questa precariet, che si legge age volmente in parallelo con il fervore mutevole dei dipinti a olio; tutta la riduzione che noi cerchiamo ora di mostrare dai codici concettuali e simbolici del manierismo, verso un naturalismo aperto e sfogato, inno vatore e anche un po' sfrontato. Vi domina, si direbbe, una dichiarata allegria della carne, che sfonda sia il catechismo delle astrazioni di maniera, sia la stessa trama delle liturgie chiesastiche. Vi si riversa il grottesco e l'ironico che erano serviti ai frescanti, a cominciare dal Tibaldi, per affrontare l'antico sui fregi e nei soffitti dei palazzi nobiliar i (un antico mitologico, letterario e infine biblico); e che traevano ori gine dalla moderna efficacia dei volgarizzamenti nati sui testi classici. Una editoria, quest'ultima, in gran voga, un remake ove la trasgressio ne, l'icasticit, il senso del peregrino e dell'esotico, permettevano di sventare il culto accademico dell'antichit e di attualizzarla quanto a espressione fino al limite del quotidiano e del domestico. Il capolavoro di questa classicit grottesca pur sempre quella del Tibaldi nelle sto-

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rie di Ulisse in Palazzo Poggi. Cos, nel fregio di Giasone in Palazzo Fava, rifluiscono brani e bizzarrie dalle Emblemata del Bocchi, insieme a ricordi (tratti da stampe) dei cicli di Fontainebleau, complice il Boyvin; e addirittura chiare connessioni con le anonime illustrazioni che adornano i volgarizzamenti pi famosi e noti dai testi di Apollonio Rodio, oppure dalle Metamorfosi di Ovidio. L'ingresso nella formula zione dell'immagine figurativa della illustrazione a stampa derivata dal fortunato mondo dell'editoria di successo, del tutto notevole anche nell'efficacia della dinamica narrativa, nell'evolversi delle streep in suc cessione di racconto. Abbiamo infine dimostrato che anche un testo impegnativo come Le Quattro Regole dell'Architettura del Vignola, nel lasua diffusa edizione illustrata del 1582, pu entrare di buon diritto nel quadro prospettico di Ludovico allorch questi mette in scena lo scannamento di Esone, e il suo ringiovanimento, proprio come su un palcoscenico. Tutto questo materiale ci ha condotto anche a constatare come buona parte della narrazione di Giasone alla ricerca del Vello d'Oro derivi di fatto dalla scena animatissima dell'Eracle del ferrarese Giraldi Cinzio. Per tornare ai temi dello stile, ? meglio della sua informazione cul turale, credo sia appena il caso di notare che, pur fra numerose allusion i, proprio il correggismo sia del tutto assente; e ci dura fino al 1584, affiorando qualche sintomo soltanto negli ultimi riquadri di Annibale, i primi della serie narrativa (i Finti funerali di Giasone bambino) per ini ziare a dispiegarsi in crescendo nel Battesimo di Cristo, sempre di Annib ale, per la chiesa dei Ss. Gregorio e Siro. Il solo modello verisimile e tempestivo resta quello del Barocci, ed in particolare del Martirio di San Vitale, il gran quadro che nel giugno del 1583 l'urbinate spedisce a Ravenna (preceduto soltanto da memorie grafiche e incisorie, mediate - come sappiamo - da Agostino). Ma davvero solo nel 1585 che, grazie al viaggio di Annibale e di Agostino a Parma, si assiste ad un vero, profondo e definitivo muta mento nella pittura dei Carracci. E ci avviene grazie alla diretta visio ne delle opere del Correggio, la sola capace di introdurre - specialment e in Annibale - quella pastosit cromatica, quella sensualit dell'impas to pittorico, quella carnosa dolcezza del tocco, che saranno da allora in poi come il lievito della forma e del tessuto pittorico. Assolutamente diversa, e forse pi traumatica, la diversa figura stilistica che Ludovico imposta fra '84 e '85. Gi se ne erano viste le avvisaglie nel ricordato Ringiovanimento di Esone, e anche nella Medea notturna di Palazzo Fava. Ed probabile ormai ritenere che anche l'Annunciazione, cos

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intensamente puritana, di San Giorgio, sia un avvertimento del mutare dei tempi e delle intenzioni : una vera e propria cesura, del resto, che non cesser di travagliare Ludovico almeno fino al 1587 ? al 1588, e cio fino alla Caduta di San Paolo Zambeccari (Pinacoteca Nazionale). Ma quando costui si ripresenta sulla scena pittorica con tutta la nuova intenzionalit, con l'adulta maturazione del suo personaggio, si capisce anche che egli ha adottato interamente la proposta che Gabriele Paleotti era venuto stilando fin dal 1582. Ludovico allora, di fatto, il massi mo rappresentante della riforma naturalistica e cattolica bolognese. Da lui, prima lentamente, e poi sempre pi velocemente, prendono corpo i grandi spiriti del barocco lombardo. Ma, nel bel mezzo di questo decennio '80, anche il nostro Malvasia aveva letto con aderenza i segni della crisi, fra la fine delle avanguardie e il nuovo rappel l'ordre. inevitabile tornare a leggere la sua inter pretazione, che per giunta ci viene trasmessa in forma recitata. per primo Agostino, l'intellettuale del gruppo, che si rivolge a Ludovico, esclamando letteralmente: Dio voglia che in questo nostro modo di dipingere, stando noi cos attaccati all'originale, non prendiam gran chi. Il pi maturo cugino gli risponde : Io non so tante cose, io non la so discorrere per la trafila come voi che leggete, e che molto avete visto; ma vi dico bene - prosegue - che un certo lume naturale m'affi da bene che il cammino intrapreso sia quello giusto. Quanto al giovane Annibale, costui tutto notava. . . e come quello ch'era di poche parole andava crollando la testa. Poi argomentava: Se piace tanto il Correggio, se tanto Tiziano, il nome dei quali fa con trasto a quello di Raffaello, perch piacer non dovremmo noi che di tutti e tre la strada battiamo?. Ed esattamente qui che la natura si incontra con la storia. qui che la frattura coltivata con tanta giovinezza di ardori e tanto sprezzo delle forme immediate dello stile manieristico, si ricompone adottando un metodo critico, e iscrivendo entro un quadro generale di poetica moderna, di cosciente estetica dell'operare artistico, la loro volont espressiva. Ci avviene grazie al meccanismo che ingenerosamente stato poi chiamato eclettico, accusa tipica dell'intuizionismo idealista : ma che nei fatti dell'operare conoscenza storica, assunzione di modell i che il Rinascimento aveva lasciato affiorare sull'apice sottile, aureo della sua brevissima apparizione. Certo, la differenza che d'ora in poi segner il lavoro artistico molto consistente, rispetto al passato delle botteghe e del^tramando generazionale. D'ora in avanti il passo della storia si fa pi ampio, la fenomenologia degli stili entra di diritto

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nell'orizzonte dell'artista, la scelta dei modelli si allarga al di l dei ter mini dello spazio (la scuola) e del tempo (le generazioni). In questa coscienza critica ed estetica la forma avanzata dell'accademia, fino a quel momento laboratorio di sperimentalismi e ora aula ove si affronta anche la poesia della retorica. Certo, in Annibale questa poesia ritrova l'antico con una ottimistica simultaneit, quasi come in una naturale convivenza, che toccher infatti il massimo suo destino in Roma; ment re in Ludovico, sar piuttosto l'impronta elegiaca, sentimentale dell'antico padano a reggere l'ampliarsi dell'onda barocca lombarda che proprio in lui ha origine, senza rinunciare infine a tracciare una linea entro la quale, da Parmigianino a Tintoretto e a Paolo Veronese, historia non facit saltus. Dieronsi dunque con ogni studio a procurar opre di que' stessi che ai loro concorrenti ne commettevano, prosegue Malvasia, per dimostrare finita la giovinezza dei Carracci e il loro ingresso militante nell'economia dell'impegno pubblico. Per fare meglio tutto questo fondarono e aprirono un'accademia. . . di tal credito, che i letterati medesimi a quella si rapportarono. Qui si affronta la polidisciplinariet che un nutrimento continuo della poetica moderna. Qui il disegno assume le forme assidue dell'organismo strutturale che riconosciamo alla grafica dei Carracci. Qui studiavasi giorno e notte, conclude il Malvasia, e nel suo ritratto d'et e di costume possiamo ritrovarci oggi ancora. Con l'anno 1585, anche i comportamenti tecnici di Ludovico, di Annibale nonch di Agostino assumono modi diversi, rispetto al passato recente. Ma ritorniamo indietro, esaminando le loro opere iniziali, cominciando proprio dal pi anziano Ludovico. Questi non spezza mai, come abbiamo detto, il filo diretto che lo lega alla tradizione precedent e, tanto da giustificare la fama di lentezza che la narrazione biografica gli addebita. Ci che pi lo riconnette costantemente all'antico la cifra del Parmigianino, intesa proprio come cifra colta, nella quale tut tavia si avverte l'incrinarsi fatale del classicismo rinascimentale e l'a ffiorare di una visionarit che la metafora, anzi la metamorfosi stessa di quel naturalismo ideale. Ci vale, in fondo, fin dalla prima e splendi da tela con lo Sposalizio mistico di Santa Caterina che Arcangeli gli attribu quando ci appariva solo una divinazione, se non una scom messa. Nei confronti del naturalismo di materia, qual in parallelo quello di Annibale, Ludovico si fonda su un luminismo che serve la materia e la plasma, senza struggerne ? disaggregarne la forza; e con un senso di lievissimo esoterismo apre la strada verso la visionariet

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dolce e scabra delle opere mature. Non a caso, il paragone pi incal zante sempre quello, coevo, di Lelio Orsi, nel quale il disegno non abbandona mai la cifra manieristica, mentre la luce - come quella di un'alba immatura - riveste ormai forme e colori moderni, attuali. E gi ora, non si pu dimenticare la forza endogena, l'esotismo malato del San Rocco di Parmigianino in San Petronio, nel quale gi nel 1927 Antal sugger di cercare alcuni modelli delle origini di Ludovico. Ma accanto alla visionariet, il giovane Ludovico coltiva quel senso di quotidianit e di presenza esistenziale che, guarda caso, si avvale prevalentemente di quel lume naturale di cui egli stesso, nella narra zione malvasiana, dichiarava seccamente di servirsi. la luce, anzi il livello, il grado, l'incidenza, e l'ora particolare della luce, che reggono dipinti come il Battesimo di Schleissheim, oppure - forse qualche mese prima - come il San Vincenzo martire di Bologna. Ogni ancorch mini ma parte del dipinto investita da una luce lattea, dosata, che si adagia sui profili delle cose, che disegna soffusa le membra, e che infine si esalta nei numerosi 'incidenti' che, come i sassi e i fili d'erba a terra, sembrano protagonisti di una nascente natura morta : ne' pi ne' meno, del resto, di quanto aveva fatto il Barocci nella sua aurorale Chiamata di Sant'Andrea un tempo a Pesaro, oggi a Bruxelles (1580-1583). Lungo quest'asse come di diario e di still life si dipana con lentezza l'opera di Ludovico, anche per buona parte degli affreschi da lui ese guiti nel ciclo di Giasone per il conte Fava, dal 1583 al 1584. Per noi, la crescita sensazionale di Ludovico si avverte per sul finire dell'impres a, nei due quadri con la Notte degli incanti di Medea e con il gi ricor dato Ringiovanimento di Esone. Intanto, anche i contenuti si elevano, il primo, ad un idillio naturale e di classica elegia, ove il cielo stellato di un cosmo moderno brilla come in attesa; ed il secondo ad una eccezio nale, senechiana secchezza e tempestivit di teatro. Ma poi la cifra pit torica si distende, la carnosit delle belle forme femminili si esalta, la figura umana diviene protagonista assoluta pur nel vasto orizzonte naturale. A lei si rivolge ogni virtuosit luministica, che celebra adegua tamente l'incontro fra magia e scienza in una sorta di silenzio dei sensi tradizionali, e l'occhio, al contrario, teso in un'acutissima ricognizione del visibile. Ed ora, quasi a contrasto (altro che l'abbiam fatto tutti noi) il naturalismo d'assalto di Annibale adolescente. Indubbio che si tratti di una condotta meditata, sia per spavalderia che per pittorica immediat ezza. L'impatto rumorosamente condotto, anzitutto, sulla liquidazio ne del passerottismo inteso come azione pittorica, e anche come formu-

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lazione di contenuti. La piccola Macelleria di Fort Worth di colpo un piccolo, ottocentesco abbozzo di macchia e di valori pittorici di tavolozz a, con tutta la seduzione aperta e dichiarata verso i valori puri, propos ti su un chiaroscuro cromatico trasparente, lontani anche dagli abbozz i coloristici del Barocci, che nell'urbinate conservano sempre il valore di sequenza tecnica ? di artigianato sublime. Sembra piuttosto di avvert ire, in Annibale, la valenza traslucida del manierismo infettata tuttavia di naturalismo, come sar di Orazio Gentileschi alle soglie del chiarismo del Caravaggio. Ma la forma per sempre aperta, tanto aperta la pennellata di disfarsi al battito della luce. Ed ecco una materia che, a differenza di quella di Ludovico, si apre fisiologicamente - e non visi onariamente - al senso di maturazione dello stile barocco. Anche quando Annibale appronta un suo ripetuto, sperimentale trompe-l'oeil, come nelle diverse versioni del Ragazzo che beve, l'inten zione certo quella di affrontare l'ardua qualit del naturale ottico. Ma c' di pi, si tratta di sottoporre questa apparenza del naturale ad un tour de force elementare, ove davvero la gracilit del gesto pittorico, la riduzione del colore a tessitura luminosa, l'immersione del disegno entro la trama cromatica, appaiano proprio come quegli aspetti che poi altre naturalistiche rivoluzioni conosceranno, che altre moderne avan guardie praticheranno, come utensileria di un anti-grazioso, di un anti codice necessari per azzerare il buono e il bello. Il Cristo morto di Stut tgart va addirittura a ripescare brevit artigiane umili e di protesta umana, quasi si potesse ancora leggere Aspertini sul palinsesto di Mantegna. Quel che conta far emergere la forma dal colore stesso, pur gravando gli scuri con una pennellata intrisa di un nero grasso come l'inchiostro del disegnatore. La Crocifissione di San Nicol di Strada San Felice, alla data certa del 1583, il punto massimo di questa de-codificazione del manierismo, operata in laboratorio e senza l'appoggio di alcuna alleanza storica, ? recente, neppure quella del Barocci. Pur usando quasi tutti gli strument i della dignit intellettuale del manierismo, la virtuosit, la bellezza illusiva, la velocit simbolistica, vengono rimpastate in un croma che appare volutamente organico, volgare nella sua stessa cremosa pennell ata. Misurare la distanza che passa fra questa suppurazione di mater ia, e l'agglutazione melodiosa, la crescita bellissima dei mesi del corregismo ormai tanto vicini, affare difficile e previsione impossibile. E tuttavia, la velocit di slittamento del piano di appoggio metodol ogico, che quello dello sperimentalismo naturale incrociato con la perfetta conoscenza degli strumenti tecnici, consente di rinchiudere in

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due soli anni una distanza apparentemente inconciliabile. Ma sono gli anni di Palazzo Fava, e una volta ancora il cantiere del conte Fava, con le sue Storie di Giasone, torna ad essere la chiave di volta dell'intero sistema, cos da concludere la prima fase e da maturare la cultura che sar dominante dopo il 1585. Proprio in Palazzo Fava la natura incon trer la storia, e nascer il problema di una lingua comune, di un comune comportamento. Si imposter dunque il tema dell'accademia non pi come sperimentazione di rottura, ma come luogo della medita zione e della ricomposizione. L'occhio ha assunto, in tutta l'et sperimentale, la sua prevalenza di strumento-guida delle attivit sensoriali. Come si potuto constatare, pur nei diversi temperamenti, la riduzione dei contenuti ad accidentalit, a meccanismi di ricognizione circa l'hic et nunc esistenziale stata molto forte. E molto forte sar anche in Palazzo Fava, che anzi rappresenta con quello sceneggiato tumultuoso e non del tutto coerente - la prova non solo pittorica ma anche simbolica ed etica dei giovani Carracci : e cio l'avventura dell'eroe umanistico resa possibile e vittoriosa dall'intervento della scienza. Impossibile non invocare su questo ciclo e in ogni pagina del diario di questo lavoro forse appena biennale, l'attenzione dei circoli scientifici, e tutte le complesse ragioni dell'estetica neo-rinascimentale, per esempio, del cardinal Cesi, messe cos bene in luce da Luigi Spezzaferro. Ma in questa prima attivit dei Carracci si leggono altre convergenz e, apparentemente lontane se non aliene. Non si pu nascondere davvero che la misura del tempo, l'organizzazione del calendario, l'istituzione del la cartografia stessa intesa come specchio della citt e del suo territorio; e pi ancora l'organizzazione visiva che va dalla pratica anatomica alla ta ssonomia naturalistico-scientif ica, e che passa attraverso la sinossi dell'ar chivio e soprattutto del museo, e che traccia anche sulla graticola della citt un segno di comunit riconoscibile e fisionomica; che tutte queste maturazioni tecniche del pensiero mondano non siano insomma in sinto na con l'improvvisa apertura dei Carracci. Fra esse e su di esse, domina sempre quel senso di quotidiano e di conseguente, di causale, che regge l'osservazione della natura. Come si vede, altri problemi e altre preoccu pazioniminacciano la storia critica dei Carracci, e il gigantesco accumulo che esse gi ora costituiscono. Ma ci sembra davvero inevitabile, per essere costoro collocati nel decennio che rende la presenza di Bologna, nel mondo occidentale, la pi moderna ed avanzata. La nostra interpretazione della modernit dei Carracci, gi in aper tura di lavoro, non pu arrestarsi qui, ma deve proseguire - sia pur brevemente - per esaminare le differenze che, con quell'improvviso

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che g conosciamo nella loro condotta culturale, si installano nella pit tura di Ludovico, ma soprattutto di Annibale e in certa misura di Agos tino, dal 1585 in avanti. Come abbiamo visto, negli ultimi quadri di Giasone fa la sua appari zione fra le mani veloci di Annibale un sicuro correggismo : cos come in modo veloce e tuttavia incisivo vi era passata l'orma impalpabile del Barocci, a partire dall'estate del 1583. Questo artista, la cui capacit effettiva di relazione e di comunicazione resta interamente affidata all'incisione e saltuariamente a qualche dipinto di ubicazione vicina, entra comunque misteriosamente nel corpo di molte maturazioni di ques teore. Per esempio, evidente che la sua Annunciazione Vaticana, un tempo a Loreto, determinante per la bella Annunciazione di Ludovico (Pinacoteca Nazionale) motivandone un post quem cronologico dopo il 1584. Ma sarebbe necessario condurre un esame pi approfondito dell'intero decennio baroccesco, che vede l'artista in via di consolida mento naturalistico a sua volta : basti pensare alla straordinaria, modern issima Circoncisione del Nome di Dio in Pesaro, oggi al Louvre, che reca la data terminale del 1590, ma che documenti accidentali ci scopro no oggi commissionata otto anni prima (e si sa bene ormai quale dibatti to intimo ogni commessa suscitasse nell'urbinate, e quali ricche testimo nianzeci portino di ci i suoi disegni preparatori). Quel che pi certo che dal Martirio di San Vitale consegnato nel 1583, alla Visitazione della Chiesa Nuova, circa 1586, e alla prima redazione rudolfina della Fuga di Enea da Troia (1586-89), la strada per giungere alila Circoncisione del Louvre, consegnata nel 1590, seminata di addolcimenti naturalistici, di affettuose invenzioni, di quotidianit sorprendenti e di sfogature paesi stiche che, sia pur preannunciate, non avevano mai assunto finora quel valore di identit autobiografica che il Barocci vi collocava ora. Pi adatto a Ludovico, e per vie diverse a Agostino, il Barocci non soddisfaceva naturalmente la totale immedesimazione che Annibale an dava cercando nel naturalismo classico. In pi, del Barocci egli non approvava l'attualismo della storia passata, cos privo dunque di elegia co, e semmai vissuto come un rimorso. Annibale trover solo in Corregg io l'effettivo appagamento della sua maturazione e crescita : qualcosa, abbiamo pi volte detto, che somiglia al progredire fisiologico di un frutto di stagione in stagione, ? addirittura di un volto umano, sotto la luce del giorno. In pieno '85, non c' dubbio che la grande Piet dei Cappuccini di Parma sia, in questa direzione, il dipinto pi moderno d'Europa, ricco di una assimilazione del correggismo e della sua posterit che sembra cade-

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re come un seme su di un terreno gi predisposto. Qui, la modernit del naturale di Annibale si condotta dallo sperimentalismo verso il profilo molto alto di una incipiente accademia. Questa la base solida che attende la prossima tappa, e cio il soggiorno veneziano dell'88, per il completa mento dell'osservatorio padano. Osserviamolo appena pronunciato, op pure quasi solo immaginato, nella pala dei Santi Ludovico e Alessio della Pinacoteca di Bologna, che alla pienezza delle circostanze lombarde aggiunge con discrezione matura una placida osservazione classicista (an cora la Santa Cecilia di Raffaello) e dolcezza, fisionomia affettuosa, che unitamente vanno, entro la luce veneziana, verso l'idealismo classico. Di fronte a questa nitidezza colta e presagibile come un destino desiderato, tanto pi difficile resta la figura di Ludovico. A ben guardar e, l'Annunciazione del 1585 ben connessa alle due scene che abbiamo suggerito di guardare in Palazzo Fava : tornitura della forma chiusa, volont prospettica di scena, cromatismo basso e funzionale. La sua pennellata non si deforma mai sotto la spinta della luce, ma al contrar io sembra rassodarsi sotto l'adagiarsi del lume naturale. Ma, detto questo, poi estremamente difficile immaginare che cosa avvenga fra questa Annunciazione e la Caduta di San Paolo, data bile fra 1587 e 1588. E ci proprio per la vastit di una differenza cul turale, che poi diventa ancor pi larga di fronte alla Pala Bargellini che del 1588. Probabilmente, questo lo spazio entro il quale versare una straordinaria conversione. Forse, proprio in questi anni Ludovico sce glie di essere il maggior interprete delle idee del Paleotti e della rifo rma cattolica. La fine dell'avventura magico-cavalleresca di Giasone per lui davvero definitiva, mentre si apre davanti ai suoi occhi lo spazio di una cristiana allegrezza, come per Barocci, ma pi che in quello vita le per natura ed espressione, per intimit moderna nei temi del sociale e nell'ingegneria del liturgico. La grande macchina del manierismo, del resto, si rinnova in questi anni anche nel lavoro sublime e sepolto di Barocci. Quadri come la Circoncisione del Louvre ? la stessa Sepoltura di Cristo di Senigallia mettono a fuoco la vicenda dell'uomo secondo valori pi insistentemente esistenziali, calati fra le cose di tutti i giorni e il paesaggio inteso come rispecchiamento cristologico. Ma in Ludovi co il superamento del manierismo avviene completamente per una spe cie di fiducia nella forma naturale, una confidenza contenuta e severa, una visionariet che ora affida al presente il ricordo mai smarrito della storia. Si potrebbe dire, con troppa sommariet, che egli attualizza la storia nella natura, mentre Annibale percorre spesso la dimensione contraria, diluendo l'attualit della natura nel grande e dorato poema

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rinascimentale romano. Ci avviene, mentre, in condizioni cos separat e, il terzo grande pittore italiano, Federico Barocci va al di l dell'attualizzazione, accettando del naturalismo solo l'essenza durevole, l'amore, che trasmette cos dal rinascimento al nuovo platonismo se centesco. Non a caso, di questa sua sublime elezione spirituale che sconfina nel non finito e nell'abbozzo, l'erede maggiore sar in fondo Guido Reni. Lo spazio cos intenso della 'conversione' di Ludovico, che nei due ultimi quadri di Palazzo Fava si era presentato come il campione della pi laica concezione figurativa bolognese, si misura tutta nella Immac olata Concezione di Raleigh : la quale appare oggi costruita davvero a misura d'uomo, senza pi neppure un sospetto di narrativit e di rico gnizione scientifica, ma con la improvvisa pienezza della frontalit con la scoperta calorosa, affettuosa, impegnativa dell'immanenza terrena. Questa folata sentimentale prende corpo nella materia essudata, fort emente chiaroscurata, gi melodrammatica; si concreta nell'irruzione di una dimensione grandiosa dei protagonisti sull'orizzonte del quadro, veri ritratti esemplari di una rivelazione che adotta l'antica forza dei caratteri biblici, e li carica di una fisionomia riconoscibile, quotidiana. Saranno loro i campioni della progressiva visionariet di Ludovico, che prende corpo sul ceppo naturalistico elementare e non l'abbandona mai, neppure nelle pi tormentate veglie dell'ascensionalit barocca. La Caduta di San Paolo Zambeccari recupera, per l'ultima volta forse, una devozione alla macchina vorticosa del manierismo. Ma in questo gorgo di volti e di membra gesticolanti, nulla si dissemina ? si sfrangia, tanto solido il lume naturale di Ludovico. Siamo piuttosto davanti ad una specie di 'natura morta' di uomini e di cavalli, mentre sul fondo un oscuro eroismo di armati accende i toni futuri del romanti cismo padano. questa una sensibile anticipazione di quello struggente senso della storia intesa come fabulazione e mormorio collettivo, che dopo il '90, con l'appoggio di Tintoretto, si alzer in grandi teleri come la Probatica Piscina di Bologna. Ma gi nella bellissima Pala Bargellini, che dell'anno dopo, il 1588, la dolce macchina alla veneta si misura davvero con l'attualit del presente e del familiare, che muove tutte le leve dell'affettivit, della gioia di vivere, della fiducia dell'essere hic et nunc. A questo si dedicano anche, come veri protagonisti, il senso del l'ora e la certezza sentimentale del luogo, una citt chiamata Bologna. Tarder ancora qualche tempo, in Ludovico, l'assorbimento del colore e del tocco veneziani. Gli baster probabilmente la Visitazione di Tintoretto, un quadro che dal '50 circa era fra le mura di casa. Dopo il

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'90, invece, Tintoretto (e la visionariet) e Bassano (la materialit della luce) entreranno come folate nella sua prudente cultura. Ma ci non spezza, in ogni caso, il tramando esistenziale, non accademico e tutto privato, che guida il suo cammino. Gi a ridosso del '90, la Flagellazio ne di Douai pur sempre il ricordo di pi antiche e non ancora som merse espressivit e violenze. In fondo, come voleva Arcangeli, anco ra una specie di aspertinismo che muove questa tela arida, senza comp iacimenti, grintosa anche nel disprezzo cromatico e dal tocco greve, irritato e aggressivo. Per l'ultima volta si torcono a terra i telamoni di Palazzo Fava, e non gi quelli della Sala di Giasone (la cui invenzione davvero prevalentemente di Agostino e di Annibale), ma piuttosto di quella che segue, e cio la Sala di Enea. Normalmente, si tende a rin viare questa Sala oltre la soglia del '90 e delle Storie di Roma di Palaz zo Magnani. Io proporrei maggior prudenza, e soprattutto d'attendere un restauro ormai urgentissimo. In fondo, ci che abbiamo gi recuper ato, e cio le parti di Annibale, cos ben evidenziate dalla narrazione del Malvasia, pu benissimo precorrere quella soglia. Forse solo qual che 'quadro' di Ludovico da anticipare, forse la scena della Fuga da Troia ? poco pi. E tuttavia in quel 'quadro' presente una forza nar rativa, uno spazio paesistico di tali proporzioni da lasciar sbalorditi. Rivedremo i nostri amici, tutti insieme per l'ultima volta, sui punti delle sale Sampieri, attorno al 1593-1594. Essi ci appaiono intenti a lasciare alla citt una eredit complessa, mutevole anzich univoca, capace di raggiungere nello spazio di soli tre lustri un arco straordinar io di esperienze. utile rivedere Agostino, con la sua sapienza filologi ca ed un bagaglio tecnico che si propone per quella virtuosit che regge il Camerino Farnese e anche parte dell'invenzione del Salone. utile salutare la partenza imminente di Annibale, immerso in una luce irra diante, sfrangiata e solare; ed assistere infine al bel gesto di Ludovico, inteso a riconquistare in affresco la illusiva qualit del quadraturismo che fu del grande Tibaldi e che, proprio grazie a lui, saranno traman date al barocco prospettico e scenografico bolognese, fino alla fine del XVIII secolo. In questa immensa mutazione, un solo elemento resta fisso e pre cursore fra Palazzo Fava e il Salone Farnese, ed la figura del Bacco che traduce in carne ed ossa la plastica michelangiolesca. In quella tr aduzione contenuta tutta la fortuna del classicismo naturalistico degli anni '80 a Bologna. Andrea Emiliani

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