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e.

,^^^

MANUALE DANTESCO
Voi.
II.

ENCICLOPEDIA DANTESCA
Parte
I.

A"2.
r.

ENCICLOPEDIA

DANTESCA
per l'Abate

.TAO.

PROF. FEREAZZI
Voi.
I.

'^'^
BASSANO
r
1

1>

Le

GW A

1'

A SAN

Z Z

AT

1865.
l'roprii'lii

F.C'ttcraria

433^
V.%

ALLA MAEST DEL RE

GIOVANNI
DELL' ALTISSLMO
<(

i;

DI SASSONIA

CANTO TRADUTTORE INSIGNE


GRAN COMENTO FEO

CHE

IL

DEGLI STUDI DANTESCHI FAUTORE VERAMENTE REGIO

QUESTA ENCICLOPEDIA DEL POETA


'(

CHE SOVRA GLI ALTRI COME AQUILA VOLA


IL

NEL D CHE
IL

BEL PAESE DALL'ALPE AL MARE

SECENTENIO NATALE FESTEGGIA


L'

ABATE

GIUSEPPE JACOPO PROF. FERRAZZI


CON DEVOTISSIMO OSSEQUIO A TANTO PRINCIPE
C.

XIV MAGGIO MDCCCLXV.

km

3J

(Sii

^eito'cc

frenare non

solo

il

grande volume di Dante Allighieri


con amore
e

in cui si trova legato


ci che

a fondo descritto tutto

per V universo

si

squaderna,

ma

volgere tutte

le

altre

opere sue per farne una sintesi


di lontano quel

armoniosa; seguire anche

sommo

che con la divinazione del genio si


raccogliere
i

spinse ardimentoso nell'avvenire;


di

pensamenti

queW
alta

mente

u' s\

profondo
il

Saver fu messo, che se

vero vero,
il

A
pi gagliardo

veder tanto non surse

secondo,

ella certo un'

impresa da sbigottirsene non che altro ogni


- iV

intelletto.

men arduo cimento


di volo,

si

pur

quello di ricordare,

comunque

tutti quelli

che si

inspirarono

neW altissimo

canto; toccare degli studj che tanti

solenni ingegni vi fecero sopra; del sempre crescente di ammirazione che rendono

omaggio

ad

esso

due mondi; in breve,

abbracciare

il

culto riverente che cinque secoli professarono

all'opera pi stupenda della letteratura risorta in Europa.

Onde non sar meraviglia


in questo

se molte lacune

verran lamentate

mio lavoro^

se

dovendo correre tanti argomenti per

me

nuovi, io abbia fatto qualche volta ritroso cammino. Oltre

di che non vorrei


il

me ne

venisse

pur colpa per aver adottato


bello che

metodo di semplice accoglitore, essendomi parso

le

dottrine di Dante non avessero bisogno di essere infiorate,

u questo sarebbe stato per avventura

il

compilo pi

iliffivilc,

come

il

buon

sarlore,

Che, com'egli

ha del panno,

fa

la

gonna.
Se non altro, almeno
dell'
lo

spero, varr a trovarmi grazia


e
il

ardimento

il

lungo studio

grande amore che posi


io,

al sacro

poema; l'aver voluto anch'


e

con

affetto

filiale,

concorrere alla festa del dolce

verace mio padre; l'aver


piii forti

mostrato desiderio di un opera, che da


potrebbe metterci nel buon
combattute,
e
filo

omeri sorretta,

su

tante

questioni tuttavia

tornarci,

se

male non avviso, di grandissimo


confortato nel paziente
e

giovamento. - Che se

ini vedessi

travaglioso tentativo, prenderei maggior lena a consecrarvi

anche per V innanzi


senno,
le

miei studj, onde,

merce

consigli,

il

amorevoli comunicazioni dei pi insigni Dantisti,


potessi,

che invoco,

quando che

sia,

ridonare al mio paese


dell' altissimo poeta.

men incompiuta questa Enciclopedia

degli altri poeti onore e lume, Vogliami il lungo studio e il grande amore. Che m'hiin fatto cercar lo tuo volume. Tu se' lo mio maestro e il mio autore...
Inf.
I

82.

Veggo
lio la

in

Dante un'immenso mistero;

io

non ne

ma presento da lunge il d che si avr, che l'opera sua sar guardata da pi suhlime
chiave;

orizzonte. Gravina.
Quel popolo che ama con tanto entusiasmo la maschia poesia dell' Allighieri, che sente commuoversi al suono di quei versi pieni di magnanima ira. ia pur caduto in fondo d'ogni miseria, domani pofatidiche tr rilevarsi pi forte dalla sua tomba.
(

parole!) Ccreseto. Dell'Epopea in Italia,

cu. p.3.50.

PECCHIO CRONOLOGICO

DELLA VITA DI DANTE ALLIGHIERI E DEGLI AVVENIMENTI CONTEMPORANEI E DI QUELLI CHE PREPARARONO IL SUO SECOLO CON OSSERVAZIONI CRITICHE INTORNO ALLE OPERE DEL POETA E ALLA LORO PUBBLICAZIONE

1089. Morte di Lanfranco, fondatore di celeberrima scuola,

redentore della scienza critica, correttore dei codici, restauratore della lingua latina, benemerito della

maestro

di

Papa Alessandro
il

II,

buona flosoUa, anima incontaminata.


vita
il

lieo. Graziano,

monaco benedettino, d
decreto; aiuta
le leggi

al diritto

canonico, e mette in luce


il

foro civile e
le

foro

ecclesiastico,

conciliando

dell'uno con

leggi dell'altro. Par. x. 104.

1109. Morte

di S.

Anselmo, eccelso per virt ed elo-

quenza, teologo esimio, metafisico sommo,


XII. 137.

uomo

santo. Par.

1113. Irnerio, legista, fondatore e regolatore dello studio

bolognese, chiosa ed interpreta la collezione delle Pandette.


1115.

Muore
Chiesa,

la

Contessa Matilde, facendo erede de' suoi


e costanza,

beni

la

donna mirabile per coraggio

grande
(i6.

in
1

ogni tempo, e per quel secolo pi grande ancora.

1135.
-

E sarebbe

Buondelmonti venuti di Valdigrieve. Par. xvi. stato meglio che fossero annegati nell' fi-

ma, anzicch transferiti a Firenze. Par. xvi. 143. 1152. Battisterio di Pisa, opera di Diotisalvi, sanese.
1153. La famiglia dei Cerchi, che stava a capo de'Eian-

venuta dai boschi di Val di Sieve, nel pivier d'Acone. Par. xvi. 65. - Donde alla parte Bianca il soprannome di
rhi

Selvaggia. Inf. vi. 05.

SPECCHIO CRONOLOGICO

U60. Morie

di

Pier

Lombardo, professore a

Parigi,

il

lodato maestro delle sentenze. Par. x. 107.

antichi, opera di

museo di colonnette e ruderi Bonanno e Tommaso da Pisa. 1183. Fiaccato a Legnano il superbo orgoglio Alemanno,
1175. Torre di Pisa, vero

l'Imperatore nella pace di Costanza riconosce la libert


delle citt collegate.

1210. La pittura rude e gretta


sotto
il

per

lo

stile

bizantino,

pennello di Giunta, pisano,

comincia a dare una

ombra di studio nel nudo, espressione nelle teste ed ed una certa cura del panneggiato. 1215. Buondelmonte rompe la fede data ad una fanciulla degli Amide per isposarsi con una bellissima dei Donati.
certa
affetto,

Questo fu
lito

la

cagione della morte del Buondelmonte, assail

ed ucciso da' parenti dell'abbandonata fanciulla,


la

giorno

di

Pasqua, presso
a'

chiesa di S. Stefano, alla statua scema

di Marte,

pie del Ponte vecchio.

Di qui

originarono lo
(

fazioni guelfa e ghibellina


Villani, L. V. e. 38; Atto

che funestarono Firenze.


Vannuci, 75.)
.

Giov,

La casa di che nacque il vostro fleto, Per lo giusto disdegno che v' ha morti,

E posto

fine al vostro viver lieto,

Era onorata essa e suoi consorti.

Le

Buondelmonte; quanto mal fuggisti noJ!ze sue per gli altrui conforti! Par. xvi.
ai

136.

fu

Mosca Lamberti, che

parenti ed amici degli


la

midei, adunati nella case degli liberti a deliberare

vendetta dell'onta ricevuta, incuorandoli a vendetta


gue, disse:

di

sanlo

chiama:

il

Capo ha cosa fatta. Inf. mal seme della gente losca.


i

xxviii. 107.

Dante

Inf. xxviii. 108.

-r

Cerchi (Bianchi),

Donati (Neri), sopra porla S.


loro

Pietro, per le loro gare ed

il

mal

talento, autori della

perdizione della lor patria:


Sovra la porta, eh'
al

presente carca

Di nuova fellonia di tanto peso,

Che tosto

ta

iattura della barca. Par. \\i. 94,


III

1216, 26 Luglio. Innocenzo


cificarla

recandosi a Pisa per pa-

con Genova, muore a Pisa. Gli succede Cencio Savelli, romano, col nome di Onorio HI.

DELLA VITA
1*218.

DI

DANTE.

Costruzione del ponte alla Carraia, dal


iv. e.

nome

della

porta
1220.

Giov. YUlani, L.

8 - L. v. 51.): fu compiuto nel


[hi. L. v. 52.).
i

Il

Vasari lo vuole architettalo da Lapo

Ruinato nella memoranda inondazione dell'Ottobre 1269,


gittarono
piloni
in

Domenicani Fra Sisto e Ristoro, con grande maestria ne


i

pietra;

nuovamente
fu eretto

distrutto

nella

straordinaria
pietra,

piena del 1333,


*

da capo, tutto di

per opera d Fra Giovanni da Campi, pure

Dome-

nicano.

L'Imperatore Federico
glie a Firenze
il

I,

passando per

l'Italia, to-

suo contado, ponendolo sotto l'autorit

dell'Impero. Pi tardi lo restituisce, per intercessione del

Papa, a cagione dei gloriosi

fatti,

operati dai Crociati fio-

rentini alla presa di Damiala.

1220. Nascita di Rrunetto Latini,

nel

sesto

di

Porla a

Duomo.
1227, Marzo.
Il

cardinale Ugolino
al

de' conti

di

Segna

d'Anagni assunto
1237. Fallo

pontificato, col

nome

di

Gregorio IX.
dal

1232. Nascita di Arnolfo di Cambio.

a monte

il

ponte Ruhaconte,
di Milano, lo si S.

nome

di

messer Rubaconte da Mandella


[Pure/, xii. 102.).

podest

di Firenze

Appresso

chiam ponte

alle Grazie,

da una cappella dedicata a


si

Maria delle Grazie, che ancora


la citt sin

vede sopra una delle sue pile.- Fu lastricata


(

allora ammattonata.

G. Villani, L. vi.
il

e. 24.)

1240. Nascila di Giov. Cimabue,

primo

di tutta la fa-

miglia dei pittori che fecero poi

la

scuola fiorentina tanto

famosa.
1241, Agosto. Morte di Gregorio VII.

1243, Giugno. Sinibaldo de' Fieschi, de' conti di Lavagna,


di
spiriti

altissimi, eletto
(Il

papa

in

Anagni, col

nome d'Ined

nocenzo IV.
1248,

Villani

lo

dice Oltobuono
- L. vi. e. 24.)

de' Fiesohi,

erroneamente eletto nel 1241.


2.

Feb. Gli liberti, cacciano di Firenze


e Federigo
II,

Guelfi nella
il

notte della Candelara,

tenta di stabilire

governo aristocratico.
1249. Pier delle Vigne, capuano, cancelliere di Federigo
II,
il

buon cimatore, ed autore


potest

di

un trattato

latiFio

intorno

alla

dell'imperatore,

dagl' invidiosi

cortigiani

&

SPECCHIO- CKOKOLOG ICO


lo fa
s'

accusato d'infedelt. Federigo


in carcere,

abbacinare, e chiudere
uccide,

dove disperatamente
xiii.

dando del capo

nel rauro. Inf.


1*250.

58
di edificare
il

presa parte
e

palazzo del Capitano,

del

popolo,

del

Comune

[del Bargello).

Jacopo

di

Gu-

glielmo di Frenzetto da Quarata, Gherardo di Gianni Speziale,

e Falco di Buono, Sindaci a ci nominati dal consi-

glio degli Anziani,

comperano non poche case


il

di

legno e

di pietra, torri, casolari

ed orti nei popoli di S. Appolonia


27 Gen. 1255
(stile

e di S.Stefano, alla Badia, tra

comune;

ed
11

il

31 di Luglio dell'anno medesimo. Fu edificato nel 1255.


iSecrologio di S. Maria

Vasari ne vuole architetto quel Lapo tedesco da cui ap11

prese l'arte Arnolfo di Cambio.

ISovella ci fa sapere che vi lavorarono anch'essi, e vi fe-

cero alcune grandi volte quei due illustri architetti


nicani fra Sisto da Firenze,

dome-

e fra Ristoro da Campi. {Pas-

serini, del Pretorio di Firenze)

13. Dee.

Morte

di

Federigo

li

in

Ferentino della

Puglia, pr' dell'armi, sagace e grande ne' consigli,


tore delle scienze e delle lettere italiane.
59, G8; xxiii. 66;
Inf. x.

promo;

119

xiii.

Purg. xvi. 117; Par.

iii.

120.

Fiorisce

Guido

delle Colonne,

rimatore siciliano

{De Vulg.
ed ampli
Darete.

Et. L.

1.

12.). Scrisse delle cose inglesi [Uistora


:

de Begibus et rebus Angliae)


la

tradusse dal greco in latino,


di

Storia della

guerra

Troia

di Ditti

di

Fiorisce Jacopo da

Leu tino,

il

Notaio, poeta. Purg.

xxiv. 56;

De

Vulg. El.

i.

12.
il

Volgarizzamento del libro dei Costumi, intitolalo


libro di Calo, di
11

anonimo autore, vissuto a' tempi di Lucano. Vannucci ne pubblicava per la prima volta due volgarizGuido Bonatti, celebre Astrologo.
Inf. xx. 108. -

zamenti, nel 1829.

[Opus Guido Bonatti continens x tractatus astronomiae, Aug.


Vind. 1491.)

do

di

Pergamo Como. (V.

in S.

Tigri,

Bartolommeo di Pistoia, opera Guida di Pistoia p. 192.)

Gui-

Fiorisce Bonaggiunta, della famiglia Urbicciani, da

Lucca, notaio e poeta, nelle cui rime, se manca, per gi-

DELLA VITA

DI

DANTE.

T osserva gentilezza

dizio di Dante, verit di affetti,


di

pure

si

eloquio e gaiet d'imagini.


1251, 7 Gen.
Il

Purff. xxiv. 20.

popolo fatto pi animoso ne' suoi divii

samenti, per la morte di Federigo IL, richiama in patria

profughi Guelfi.
Luglio. Per
giglio vermiglio in
la

divisione civile

Guelfi

pongono

il

campo

bianco. Nell'arme antica di Fi-

renze

il

giglio era bianco in


11

campo vermiglio. Par.


di

xvi. 151.

1252,

re

Corrado, figliuolo

Federigo

II.,

viene nel

regno

di Napoli.

- Contese de' Fiorentini co' Ghibellini

nel Mugello
S. Tri-

co' Senesi e Pisani.

Viene edificato

il

ponte di

nit a casa

Frescobaldi oltrarno {G. Villani, L.

vi. e. 51.)

pie' del ponte, sulla destra dell'Arno, di

v'avea l'antichis-

Marte ricordata dal poeta, {pietra scema Par. xvi. 145.) caduta nel fiume nella il ponte. Che guarda memoranda piena del 1. Nov. 1333. - Nel Nov. del 1232 batsima statua
tuti
i

primi fiorini d'oro della purezza d 24 caratti, con


e delle vittorie ottenute

l'impronta del giglio da un lato, e di S.Giovanni dall'altro,


in

memoria,
{G.

della libert

da' fio-

rentini.

Villani, L. vi. 54.)


Il

20 Ottobre.
degli Anchioni

popolo

firentino,
si

afforzatosi

nelle

case

di S.

Lorenzo,

leva a rumore,
eletti

stabilisce

di governarsi per magistrati

liberamente
si

da lor medi carica:

desimi. Per pubblico voto


in

magistrati

levano

luogo del podest


del popolo

si

crea

come magistrato supremo un


In
il

capitano

con 36 caporali e dodici anziani.


celo

questa occasione,

al dire degli antichi cronisti, si fece


il

pri-

mo

popolo,

ossia

di
(

mezzo
si

si

costitu

cogli ordini
e.

della libert democratica.

Giov.

Villani,

vi.

34, 40.)
I

1253, 10 Ottobre.
rentini
s'

Napoli

arrende a Corrado.
rimettono
i

Fio-

impadroniscono

di Pistoia e vi

Guelfi.

Guerra contro Siena. Il re Corrado fonda l'Universit di Salerno. La scuola medica Salernitana aveva gi acquistato gran fama
fin

da' tempi de' Greci e degli Arabi.

1254,
IV.

21 Maggio. Morte del re Corrado. Papa Innocenzo


in Napoli
il

muore

di 7

Dicembre. Guerra con Man-

fredi.

SPECCHIO CRONOLOGICO

Poggibons e Volterra sono prese da' Fiorentini,


quali
si

accordano con Pisa, e rimettono

Ghibellini in

A-

rezzo, cacciati dal conte

1256.

Frali Umiliati, a'quali l'arte della lana

Guidoguerra de' Conti Guidi. and decitt,

bitrice della sua

importanza industriale, che dapprima avean


poscia a S. Lucia
il

preso stanza a S. Donato, fuori della


sul Prato,
la chiesa
si

riducono ad abitare stabilmente

convento e
popolo
;

d'Ognissanti.

1258, Luglio. Gli liberti studiano a novit;

ma

il

avverso

a' Ghibellini,

corre a furore alle case degli liberti

atterra da' fondamenti tutte le torri e case loro; fa mozzare


il

capo all'abate

di

Yalombrosa, D. Tesauro de' Signori


(in

di

Beccheria da Pavia xxvni. 19. 11 Agosto.


Sicilia.

piazza S. Apolinare, ora S.Firenze),

apponendogli d'aver avuto

mano

nella congiura.

Inferno,

Manfredi coronato a Palermo re

di

il

Fra Guidotto da Bologna {Bono Giamboni?) scrve


re di

libro: Fiore di Uettorica intitolato a re Manfredi,

Sicilia.

1259. Manfredi scomunicato dal papa Alessandro IV. 12G0, 4 Settembre. Farinata degli liberti,

capo dei ghisanguinosa

bellini in Montaperti, presso Arbia, sconfigge in

battaglia l'esercito guelfo, distrugge

la

rabbia Fiorentina
vi. 80.).

che superba era a quel tempo [Purg.

vi.

112; Villani,

Bocca degli Abati, giostrando con la lancia di Giuda, tronca la mano con cui Jacopo de' Pazzi, capitano de'cavalieri, porlava lo stendardo
terra,

{Inf.xxxn.

80.).

Caduta l'insegna per


fu orribile; nel san-

non
Il

vi fu pi riparo: lo

scempio

gue
lelli

si

sazi la lunga sete dell'odio, e l'Arbia and colorata

in rosso.

luogo infame per

la scellerata carnificina de'fra-

conserva ancora una paurosa tradizione de'


[Alto Vannucci;

terribili

casi.

Gius. Porri, Cronache

della sconfitta

di Montaperti.)

13 Settembre. Tulli

nobili e popolani colle loro

famiglie partono dolorosamente, lasciando Firenze facile pre-

da

a'

nemici, e

si

riparano a Lucca che sola rimase a parte


Il

guelfa in tutta Toscana.

co.

Guido Novello,
gli

il

co. Giordi

dano,

gli

Alberti

di

Mangona,

Aldobrandeschi

S.

DELLA VITA
Fiora, gli Ubaldin di Mugello,
bellini,

DI

DAME.

cogli altri pi polenti ghi-

raccoltisi

parlamento ad Empoli, nell'insolenza


si

della vittoria, sostennero

dovesse tor va Frenza. Farisi

nata degli Uberli, colla spada nuda alla mano,

lev imdifese
la

petuosamente contro
l'empia sentenza,

la

scellerata

proposta,
si

patria a viso aperto. All'ardito atto tutti


e,

rimasero dalquesta

per

le

energiche parole del prode ca;

valiere, Firenze fu salva {Inf. x. 91

Villani, vi. 83.). In

congiuntura Margaritone manda


alla greca,

in religioso

dono

di grati-

tudine al cittadino guerriero un Crocifisso grande, dipinto

come
[i.

scrive

il

Vasari, per avere fra molte altre


la

opere egregie, da soprastante rovina e pericolo


tria liberato

sua pa-

104.).

Fiorisce

Folgore da

S.

Gemignano. Fra

le
i

altre

rime compose due corone


dell'anno, e l'altra sopra
i

di Sonetti,

l'una sopra

mesi

giorni della settimana.

Lemmo
Nasce
l'

di
in

Giovanni d'Orlandi, da Pistoia, poeta.

Padova Albertino Mussato, autore della storia di

//form Augusta, che contiene

Arrigo YII. e

de' suoi tempi, e

deW Historia

de geslis Italicorum, scfitiOTe

d'una tragedia

intitolata Ezzelino,

che dest tale entusia-

smo

a Padova, che venne incoronato. {\. Eniliani Giudici,


It.;

Storia della Let.

Dott. Filippo
fa
il

Nicol
Pisa.

Pisano

Zamboni Pergamo del

ecc.)

Battistero

di

1260. Morte di Accorso, autore della celebre Chiosa,

ri-

cevuta con tanto plauso dai pi famosi giuristi, e tenuta come seconda regola del diritto civile. Era nato in Bagnolo,

a cinque miglia da Firenze,

il

1182.

Fu padre

di

Frani

cesco,
di

morto nel 1293, cui Dante pose

nell'

Inferno fra

rei

laide colpe, (xv. 110.).

1261. Manfredi d Costanza al principe Pietro d'Aragona.


Piirg. VII. 129.

Origine de'

frali

Gaudenti

di

Bologna.

Nicol Pisano fa l'arco di S. Domenico in Bologna.


1262.
1

Guelfi fuoruscili, sconftti dal co. Guido,

si

rico-

verano a Bologna dopo un accordo.


1263. Carlo
d'

Angi chiamato

da

Urbano IV. contro

Manfredi.

IO

SPECCUIO CRONOLOGICO

Lucca, e lutto
Ghibellini.

il

resto della Toscana; addivengono

Facciata di S. Pietro in Pistoia, con disegno gotico


antico.
(

Tifivi,

Guida di

Pistoia, p. 187.

1264.

Muore Farinata
la

degl' liberti.

Nascita di Francesco da Barberino in Yaldelsa. Nel

1290 cominci

tratt della natura d'


s'

accosta, e dei
si

d' Amore, in cui amore secondo che a virt o a vizio costumi che a comporre vita onesta e mo-

sua opera dei Documenti

desta

di leggiadra prosa

addicono. Scrisse pure in versi misti a novellette Costumi e il Reggimento delle Donne, i

opera in cui parlava alle mercantesse di Firenze dei coslumi delle regine e delle donne di ogni grado.
1265. Dante, l in cielo, tra la gioia dei santi, e
nia delle sfere, tesse la sua genealogia
:

l'

armo-

ei fa

parlare al suo

tritavo Cacciaguida:
Benedetto sie tu,
fu, trino

ed uno,

Che nel mio seme

se' tanto cortese...


io

fronda mia, in che

corapiacemmi
tua radice:
dice

Pure aspettando,

io fui la

Cotal principio, rispondendo, femmi.

Poscia mi disse: Quei, da cui Tua cognazione...

si

Mio

figlio fu,

e tuo bisavo fue. Par. xv. 47-88.

cos riposato, a cos bello


di cittadini, a cos fida

Viver

Cittadinanza, a cos dolce ostello.

Maria mi die, chiamata in alte E neir antico vostro Battisteo,

grida,

Insieme fui Cristiano e Cacciaguida. Moronto fu mio frate ed Eliseo; Mia donna venne a me di vai di Pado,

E quindi

il

soprannome tuo
lo

si feo.

Poi seguitai

iraperador Currado,

Ed

ei

mi cinse

della sua milizia.


gli

Tanto per bene oprar

venni in grado.

Dietro gli andai incontro alla nequizia Di quella legge, il cui popolo usurpa,

Per colpa del Pastor, vostra giustizia. Quivi fu' io da quella gente turpa
Disviluppato dal
Il

cui

mondo fallace. amor molte anime deturpa,


dal martirio a questa pace. Par. xv. 130.

E venni

Cacciaguida degli

Elisei,

che nacque

il

1106, avea preso

DELLA VITA

DI

DANTE.

11

in moglie una donzella naia degli Aldghleri di Ferrara, per bellezza e per costumi come per nobilt di sangue pregiata.

Avuto da essa un
i

figlio,

e ad onore di essa nominatolo


il

Aldigliiero,

suoi discendenti presero


il

nome da

lui e si

chiamarono Aldghieri: comecch


trazione di questa lettera
[Boc. Vita di Dante). Di Allighieri

vocabolo poi, per

de-

d corrotto rimanesse Allighieri


I,

venne Bellincione, da

Bellincione Allighieri

II,

maritatosi da prima in Lapa Cia-

luffi, poi in Donna Bella, onde il nostro poeta. Gli Allighieri avevano per arme uno scudo diviso pel mezzo in diritto, parte d'oro e parte nero, e tagliato pel traverso piano da

una fascia bianca. Le case degli Allighieri (che pi ne possedevano) restavano nel centro della citt e nel sesto di Por' San Piero: di fronte guardavano la piazzetta di S. Martino del Vescovo, e, piegando a sinistra, giugnevano fino alla piazzetta
de' Giuochi:

a tergo rispondevano

sulla piazza de' Donati,


si

detta oggi della Rena. Quella che d recente


la

chiamata
in

casa di Dante, ed a cui venne apposta l'Iscrizione:


il

questa casa degli Allighieri nacque

divino poeta,

e che

resta di contro al fianco settentrionale della torre di Badia,


e

guarda quasi

diritto la via de' Magazzini,

non

che una
alla luce

di esse;
il

ma

il

dir

che

in quella

appunto venisse
le quali

divino poeta, un dir cosa non molto probabile, essendo


delle
Il

essa la pi meschina

circostanti,

pure agli

Allighieri appartenevano.
1864.) incaricava
il

Municipio fiorentino (Maggio,


dalle quali

cav. av. Emilio Frullani, di fare le ne-

cessarie

investigazioni

storiche

si

possa conFrul-

chiudere con sufiiciente certezza l'autenticit della vera casa


abitata dall'Allighieri, per poi trattarne l'acquisto.
lani si associava per le dette ricerche
il

Il

signor G. Gargani.
in

Gli Allighieri

avevano delle possessioni

Camerata, un

miglio distante dalla porta a Pinti, per andare direttamente


a Fiesole (oggi del cav. Guido Giuntini), nella Piaggentina nel popolo di S. Ambrogio, a S. Miniato a Pagnolle, e iu

piano

di Ripoli,

luoghi tutti vicini alla citt.

una
Firenze,
di santa
si

tradizione popolare

che Dante, quando stava in

recasse

le

sere della calda stagione sulla piazza

Maria del Fiore, detta allora santa Reparata, a pren-

12
derv
to,
il

SPECCHIO CRONOLOGICO
fresco, assdendosi sopra

un miiricciuolo

in

quel pundice:

ove,

non ha molto,

fu collocata

una memoria, che

Sasso di Dante:
Gli antichi miei, ed io nacqui nel loco

Dove si trova pria 1' ultimo sesto Da quel che corre il vostro annual giuoco. Par.

xvi. 40.

1263, 14 Maggio.
lico

nella
di

Nacque questo singolare splendore itanostra citt, vacante il romano imperlo per la
II,

morte

Federigo

negli anni della salutifera incarnazione

dell'universo

tedra di

sedente papa Urbano IV nella catSan Pietro. {Boccaccio, Vita di Dante, p. 8. Dante, non iscevro delle credenze astronomiche, attribuisce
)

MCCLXY,

all'influsso della costellazione dei


gloriose stelle, o

Gemini

il

sortito ingegno:

lume pregno
il

Di gran virt, dal quale io riconosco


Tutto, qual che si sia,

mio ingegno;

s'ascondeva vosco Quegli eh' padre d'ogni mortai vita, Quand' io senti' da prima l'aer tosco. Par.
e

Con voi nasceva,

xxii. 112.

E Brunetto
gli

Latini, dalla stella che pot sul

suo nascere,

predice:
Se tu segui tua stella,

Non puoi

fallire a gloriosa porto. Inf. xv. 53.

Dante pregiavasi
zarono Firenze,
Fu
Tutti
i

di essere di famiglia nobile, e

veramente

credevasi discendere da uno di quei Romani che colonizfirilia

primogenita di Roma. Inf. xv. 77.


Roman, che
di
vi

Di quei
fatto
il

rimaser, quando

nido di malizia tanta.

maggiori

Dante furono Guelfi; e per

tali

due

volte cacciati dal Ghibellini.

Un Brunetto

Allighieri,

zio di

Dante, Irovossi alla battaglia di Montaperti, ove tenne un


posto assai distinto, poich era una delle guardie del Carroccio. Inf. X. 46.

Fu

battezzato in S. Giovanni di Firenze, eh'

ei

chia-

ma

il

mio
ei

bel

San Giovanni.

Inf. xix. 17.


la

Ed

vi

voleva prendere

corona
il

di alloro di

poeta

In sul fonte Del mio battesmo prender

cappello.

Par.xw.S.
Pisa, scol-

Fra Nicola Pisano, con

fra

Guglielmo da

pUce l'Arca

di S.

Domenico

in Bologna.

DELLA VITA
1266, 26 Feb. Battaglia
dai Baroni pugliesi:
fitta,
si

DI

DANTE.

13

di

Benevento. Manfredi tradito


di

sdegnando

sopravvivere alla scon-

lancia ove pi ardente la zuffa, e rimane sul

cam-

Fra mille po con la persona rotta da due ferite mortali. cadaveri, trovato il suo, gli alzarono i soldati nemici una

mora
lungo

di sassi.
il

Ma

poi le diseppellite ossa furono trasportate


L. lvjii. c. 9.)

fiume Verde. {G. Villani,

Inf. xxviii.

Beatrice da Folco di Ricovero Gherardo Caponsacchi. Par. xvi. 121. I Portinari restavano poc' oltre di 50 passi lontano dagli Allighieri, ed abitavano dov' ora il palazzo Riccardi,
di

15; Pvrg.m. 105-130. Aprile. Nascita


e

Porti nari,

da

Gilia

di

gi Salviati, (oggi

da Cepparello) airestremit

di via del

Corso, presso

il

canto de' Pazzi.

La loro arme faceva una


e Catalano di*

porta con due leoni rampanti.

Lodaringo,

o Roderigo di Landolo,

di

Malevolti, due frati Gaudenti, corrotti da' Guelfi, turbala

rono

pace,
le

cacciando e perseguitando
del qual

Ghibellini, ed

ardendo

case loro,

e segnatamente quelle degli liberti,

ch'erano nel Gardingo,


105.

nome

si

chiamava una

contrada presso Palazzo vecchio. {Villani,L. yiuli) Inf. xxiii.


Di questo partito fu consigliere Giovanni Soldaneri,

che trad
ta,

suoi Ghibellini,

li

fece cacciare

con Farinae.

e fu capo al governo novello. [Villani, L.\ii.

74) Inf.

XXVII. 121.

Per

la sconfitta e

morte

di re Manfredi,

Guelfi,

dopo

la

seconda cacciata, tornano di bel nuovo


i

in

Firenze

[Villani, L. VII. e. 15. ):

Ghibellini,

quantunque rassicurati

che non verrebbe loro alcun male, se ne fuggono per paura. Toscana tutta, meno Pisa e Siena, si volge allora a parte
guelfa,

come prima
I

della battaglia di Monlaperti era tutta


e. 20.)

ghibellina. [Villani, L. vii.


--

//. x. 50.
di

Domenicani
in

di

Bologna fermano
tal

erigere al
l'Italia

Santo fondatore del loro instituto

monumento che

non avesse pari

quel tempo.

Ad opera

tanto grande in-

vitano Nicol Pisano e fra Guglielmo da Pisa. (V. P. Marchese.

Memorie, ecc. i. 73.) 29. Seti. Nicola Pisano,

di

Bologna

si

conduce

in

14
patria, e

SPECCHIO CROKOLOGICO

con frale Melano, cistcrciense, ferma


il

il

contralto di
di

scolpire

pulpito del

Duomo

di Siena,

con obbligo

con-

durlo a termine in un sol anno, siccome fece.


1267, 16,17 Aprile. De' Ghibellini cacciati in questo torno,
al venir di

Guidoguerra, mendatovi da Carlo d'Angi, nesallora,

suno ne torn per


Inf. X. 51.

ma

taluni nel Feb. del 1208, ad


lib. 7.

intercessione del legato Apostolico. {Yillani,

cap. 15)

D
venivano

lutti

perdoni concessi
di re

a' Ghibellini, gli liberti

esclusi. Inf. x. 83.

Agosto.
contro Siena.

Venuta

Carlo in Toscana.

Guerra

1268, 23. Agosto, Corradino, figliuolo di Corrado, nipote


di

Federigo

II,

nel plano

di Tagliacozzo

viene alle mani

con Carlo d'Angi. Dapprima vincitore, e poi vinto dagli


scaltrimenti,

e preso nella fuga,


a'

il

nobile

giovinetto,

per

sentenza di giudici iniqui,


sta, e in lui fin la

29 Ottobre ebbe mozza

la te-

casa di Svevia. Jnf. xxviii. 16; Purg.

XX. 67. [G. Villani,

vii. 26, 28, 29; mcolini. Storia della Casa di Svevia; Canto in morte di Corradino). Guerra contro Pisa, e presa di Porto Pisano, e del

castello di Motrone.

Matteo Spinello,
storia intitolata
i
i

da

Giovinazzo,

termina

la

sua

Diurnali, ossia Giornali, nella quale narra

fatti

accaduti nel regno di Napoli dal 1247, quando l'au-

tore era in et di 17 anni, fino al 1268; storia preziosa per

essere la prima Cronaca italiana.


Fiorisce

Jacopo,

detto Lapo

degli

liberti,

iglio

del famoso Farinata, poeta tiorentlno.

1269, Giugno. Disfatta che

Senesi e
e

gli altri Ghibellini,

guidali

da Provenzauo Salvani,

dal co.

Guido Novello,

toccarono dai fiorentini, presso Colle di Yaldelsa. [Villani,


e. 31.) Purg. XI. 120; xui. Ilo. 1270. Gino da Pistoia (Guittoncino q' Sinibuldi, de' 67gibuldi, ed anche de' Sigishuldi), amicissimo di Dante, e da

L. VII.

lui inlitolato

il

Cantor dell'Amore, autore del Comento del

Codice e del

Trattato delle Successioni.


di

De

Vulg. FA.

ii.

2.

Nell'anno stesso Guido

Monforte uccide nella

chiesa di Viterbo Enrico, figlio di Riccardo, re de' Romani,

DELLA VITA

DI

DAME.

15

e nipote di Enrico III, re d'Inghilterra. [Villani, L.!. e. 39)


Inf. XII. 118.

1271. Gregorio
1272. Morte
di

X
\.

eletto papa.
III,

Enrico

re d' Inghilterra,

al

quale

succede Odoardo

Purg.

vii.

130; Par. xix. 121.

1273, 22. Lug. Gregorio X, nel recarsi al Concilio di Leone,

passa per Firenze: vi

si

trovavano pure Carlo d'Angi e


dei

Baldovino
il

II

cacciato da Costantinopoli. In quest'occasione


i

Papa convoca

Sindaci

Guelfi

dei Ghibellini,

li

astringe al bacio di pace, fulmina la scomunica contro chi


la

rompesse, e a memoria del fatto volle

si

fondasse una
si

Chiesa di cui egli pose la prima pietra, che Gregorio della Pace.
giorni
:

chiam San
il

Ma
si

la

pace non dur che quattro


Mugello, presso
Card.

il

papa sdegnato
e

ritir in

Ubaldini,

lasci

la citt

interdetta.

Fu ribenedetta nel

1276 da Innocenzo Y.
Rodolfo d'Absburgo, fondatore della grandezza della
casa d'Austria, eletto imperatore di Germania.

Purg.

vii.

94

Conv.

iv. 3.

Per paciera di papa Gregorio X, riammessi


esuli

gli

ghibellini,

ricacciati

dipoi

nel

1275,

ritornativi

nel 1279.

1274,

7.

Marzo. Morte di S.Tomaso d'Aquino in Fossadi erudizione

nuova, nel napoletano, teologo impareggiabile,


smisurata, di liberi pensamesiti, politico
et.
gli

sommo

per quella

Gravi autorit portano eh' un medico di Carlo d'Angi


propinasse
il

veleno [Purg. xx.


il

69.),

per disfarsi di quel

potentissimo
della

ingegno che

nimicava per

abborrimento

pessima signoria; e nel suo libro del governo dei

principi,

quantunque partigiano
le

della monarchia,

gorato con
fattone

pi fiere invettive la tirannide


nel quale

avea sfold'un solo, e


110.

uno specchio,
1

Carlo

potea guardarsi e
xii.

riconoscere le sue sembianze. Par. x. 98;

Maggio. ?sove
la vita

giri di sole eransi

compiuti, quan,in

d'ei cominci

d'amore. Beatrice era

et d'otto

mio nascimento, era tornato lo cielo della luce quasi ad un medesimo punto, quanto alla sua propria girazione, quando alli miei occhi apparve prima la gloriosa donna della mia mente,
anni e quattro mesi.

Nove

fiate gi,

appresso

al

16
la quale fu

DELLA VITA

DI

DAME.
1

chiamata da molli Beatrice,


lo cielo stellato era

quali

non sapeano
la

che

si

chiamare. Ella era gi in questa vita stala tanto, che

nel suo

tempo

mosso verso
s

parte d'o-

riente delle dodici parti l'una d'un grado:


principio del suo

che quasi dal


io la vidi

anno nono apparve a me, ed

quasi alla fine del mio nono anno. Ella apparvem vestita di
nobilissimo
colore,

umile ed onesto, sanguigno, cinta ed


si

ornata alla guisa che alla sua giovanissima elade


na... D'allora innanzi

convemia,
la

Amore signoreggi l'anima

quale fu tosto a

lui disposata... Egli

mi comandava molte
l'andai cercando....

volte, eh' io cercassi per vedere quesl'angiola giovanissima:

ond'io nella mia puerizia molto


Vita N. .
II.

fiate

E fu suo tostamente dalla sua puerizia. Id. %. xu.

Io sono stato con amore insieme Dalla circulazion del sol mia iona... Son.yi. ediz.Uiul. Lo giorno che costei nel mondo venne ,.

La mia persona parvola sostenne

Una passion nuova. Cam.

ni. S.

Tosto che nella vista mi percosse


L'alta virt, che gi m'avea trafitto

Prima

eh' io fuor di

puerizia

fosse.

Purg. xxx. 47.

Tosto fu vostro, e mai non s' smagato. Ballata m.

13.

Lug. Morte di S.Bonaventura

di

Bagnorrea, teo-

logo e filosofo sommo, alta gloria immortale della scienza,

altamente pure da Dante celebrato.


1275. Pier della Broccia,
fatto morire

da Filippo Bello,

di Francia, di cui era segretario.

di

Michele Zanche,

Purg. vi. 19. ucciso a tradimento da Branca


il

d'Oria, suo genero, per occupare in sua vece

giudicalo

Logodoro in Sardegna, 1276. Morte di Guido


di

in/",

xxii. 88; xxxiii.

lU.
il
i

Guinicelli,
il

nobile

bolognese,
poeti

padre dell'italica letteratura,

massimo

fra

che

prima

Dante scrissero

in lingua volgare.

Purg.xxw.^^.
in Pistoia

il

Papa Gregorio X muore in Arezzo. Guglielmo da Pisa, domenicano, scolpisce Pergamo di S. Giovanni evangelista, Forcivita.
Gioito
di

Bondone nasce a Colle

di

Yespignano.
di Arezzo,

Purg.
opera

XI. 94.

1277. Mausoleo di Papa Gregorio


di

nel

duomo

Margaritone Aretino.

DELLA VITA

DI

DAME.
99.
di

17

Morie

di

Papa Adriano Y. Purg. xix.


III,
e. 54.)

1277. Elezione di Nicol

Giovanni Gaelani,
in/",

casa

dogli Orsini. [Villani, L. vii.

xix. 31.
vii. 57.
i

1278. Morie di OUoearo, re di Boemia. Purg.

Discordie Ira
gbi e
i

gli

Admari conlro

Donali,

Tosin-

'Pazzi.

Morie
tura, secondo

di Nicola Pisano,
il

il

quale ridusse l'archi leta pi

Ticozzl,

se

non

agli antichi ordini,

grandiosa maniera, e la scultura richiam prima d'ogni


altro a

nuova

vita,

padre dell'arte dopo

onde merit d'essere riguardato come gotica barbarie. i tempi della


di

Volgarizzamento dei Trattati

Albertano Giudice,

bresciano, per Sofi're di del Grazia, notaio pisloiese.

Fontana grande
vanni Pisano e

in Perugia.

rilievi

sono

di

Gio-

di Arnolfo.

Le ligure

in

bronzo e

la

conca

forono fuse da maestro Rosso.

Giovanni Pisano pone mano all'erezione del Camposanto


derici.
di Pisa. (A. D.

MCGLXXYIII, tempore Domini


et

Fri-

Archiepiscopi pisani,

Domini Tarlati
gii

poteslatis,

operarlo Orlando Sardella, Johanne Magistro aedificanie.)


8 Oli. Ribollendo tuttavia
le

sdegni per

le

antiche e

nuove
il

offese fra

Guelfi e

Ghibellini, giunge nunzio di

pace

cardinale Ialino Malabranca, de' Predicatori, legato

di Nicol III.

E tanto pol

la

sua parola, tanlo

la

sua carit,
il

che ne' feroci pelli,


forlo dell'

albergo di odii crudeli, scese

con-

amiche si congiunsero quelle destre che ancor rosseggiavano di sangue cittadino. [Villani,
della pace, e
L. VII. e. 5G; P.

amore e

Marchese, Scritli vari,

p. 21.)

18 Oltob. benedisse
la

Frate Latino card. Malabranca fond e


di S. M. Novella de' due conversi dome-

prima pietra della Chiesa

frati Predicatori.

Ne furono

architelti

nicani Fra Sisto e Fra Ristoro.

1279. Primo anno del regno di Dionisi


/^ar. XIX. 139.

li

in Portogallo,

Morte
atlante
scienza, e

di

Alberto

il

Grande, dello
il

dall'

Ozanam,
della

che port sulla sua testa

mondo

intiero

non

vi si pieg sotto, e

che fece maravigliare di


de' CaviciuUi nel
2

s le genti. Par. x. 98.

Dante per salvare un garzonello


VOL.
II.

18
fonte battesimale,

SPECCHIO CRONOLOGICO

rompea uno

degli stalli de' battezzatori.

Non essendovi

alcun testimonio del fatto, ne avvenne che

da qualche maligno inimico fosse interpretato a sacrilegio queir atto che a carit del prossimo si dovea attribuire
ond' egli se ne scolpa.
Non mi parn meno ampi n maggiori, Che quei che son nei mio bel San Giovanni
Fatti per luogo de' battezzatori
L'
;

un degli quali, ancor non molt' anni, Rupp' io per un che dentro v'annegava:

E questo

sia suggel eh' ogni

uomo

sganni. Inf. xix.

1(5.

Mastro
vien arso vvo.

Adamo
11

di Brescia, falsatore de' fiorini d'oro,

supplizio

fu eseguito
Inf.

lungo

la via

che

da Firenze conduce a Romena.


1281, 22 Feb.
Il

xxx. 63.
vien nominato
casa

cardinale Simone, gi canonico di Tours,

nativo di Moncip nella Brie in Francia,


Pontefice, col

nome

di

Martino IV. Pur(j. xxiv. 22.


III,

19

Agosto. Morte di ISicol

di

Orsini.

{Villani, L. vu. e. 58.)

Ricordano Malespini, forse


a registrare
la
gli

il

primo che incominci


continu
e quindi

avvenimenti della

citt di Firenze,
in cui

sua cronaca fino a quest'anno,


di

mor;

Giannotto

Francesco, fratello di Ricordano Malaspini, con-

tinuolla fino al 1286.

Morte
I

di Sordello,

Francesi,

rotti

mantovano. Purg- vi. 58. pure nello stesso anno presso a


Dante
il

Forl, dal Co.

Guido

di Montefeltro. Inf. xxvii. 43.


in tre versi
ci

1282, 31 Marzo. Yesperi siciliani.


ritrae

compiutamente

il

Yespero. E

poeta non solo trat-

teggi la causa,

ma
i

ancora una delle circostanze pi seil


!

gnalate del tumulto, che fu


Francesi,
versi
e

perpetuo grido
pi

Muoiano

muoiano

Francesi

Onde, dice l'Amari, que' tre


la

resteranno per sempre come

forte,

precisa

fedele dipintura,
Siciliano.

che ingegno d'uomo

far

potesse del

Yespero

Se mala signoria, che sempre accora


Li popoli suggetti, non avesse

Mosso Palermo a gridar: Mora, mora. Par. yiu.


[Ariosto, xxxiii. 20; Nicollni,
Giov.

73.

da Procida; Michele A-

mari,

e. vi.,

Guerra

del Yespero Siciliano).

DELLA
1*282,

DI

VITA

DAME.
la

19

lo Giugno.

Il

popolo

di Firenze s solleva

contro

XIV

Signori: Inslituita invece


fiiron Ire,
i

Signoria dei Priori, che

da prima

poi crebbero a sei.

Da principio ebbero
arti, poi

l'onore di dare

Capi allo sialo tre sole

sei delle

maggiori, cio un Priore per sestiere, escludendo l'arte dei


Giudici e iNolai che per sua natura era gi addetta all'am-

ministrazion governativa. Niuno polea entrare in Ufficio se

pure non era ascritto ad una delle sei arti. Il titolo di Grande era un gastigo che si dava col nome d'ammonizione, per la quale
i

cittadini dichiarati

Grandi

si

venivano
i;

a privare d'ogni uffizio nella citt. {Dino Compagni,


lani, L. VII. e. 79.)

Yil-

Pensando l'Allighieri al dolcissimo saluto di Beatrinove anni dopo che la vide, fu sopraggiunto da un soave sonno, nel quale egli ebbe una mirabile visione. Svegliatosi, si propose di scrvere un Sonetto, in cui trattare di quelle cose che gli era sembrato di vedere, e quindi
ce,

indirizzarlo ai pi famosi poeti del suo tempo, perch gliene

dessero

la loro opinione.

il

primo Sonetto per


gli

lui

comOltre

posto, e comincia:

ciascun' alma presa, e

rjentl core.

Gino da Pistoia e Dante da Maiano,


canti, e
intitola

rispose Guido Caval-

ne segu una dolcissima amicizia. Nella Vita

Nuova
3.

Guido

il

primo degli amici suoi.

V.

Nuova

1284. Arnolfo costruisce la Loggia sopra la piazza d Orto


S. Michele.

5 Giug. Rotta
assalito

d Carlo
di

d'Angi,

sua prigionia;
di

da Ruggiero
6 Agosto.

Lauria,

ammiraglio

Pietro III

d'Aragona. {Villani, L.

vii. 93.)

Purg. xx. 79.


in poi

Famosa

rotta de' Pisani alla Meloria, la

maggior battaglia navale del medio evo, dalla quale


questa allora
sua.
(

precipit, senza rialzarsi pi mai, la potenza pisana. Pass


in

mare

alla vincitrice

Genova, antica emula

Villani, L. vii. c. 92.)

Morte
Piirg. VII. 103.

di Filippo III, Nasello, di Francia, e principio


il

del regno di Filippo

Bello.

Morte

di Pietro III

d'Aragona.

Giovanni Pisano lavora nel duomo


rugia [Purg. XXIV.

di Siena.

1285, Marzo. Morte di Papa Martino lY, avvenuta in Pe22.),

ed elezione a papa

di

Onorio IV,

20
(Iella

SPECCHIO CRONOLOGICO
casa de' Savelli {Villani, L. vi.
{id. e. 113.).

e. 107.),

che muore

a'

Aprile 1287

Enrico
Il

II

regna

in Cipro.

Par. xix. 145.


conel

Comune

decreta un nuovo ingrandimenlo delle

mura
1299,
di

della citt, e ne

struzione delle

commette la cura ad Arnolfo. La mura non si cominci propriamente che


dalla Porta al Prato,
torri.

movendo

sessantotto

vennero incoronate L' Architetto, con provisione del 1


e

Aprile 1300, fu fatto franco


dina.
spini
11 e.

da qualunque gravezza cittaprimo ampliamento, descrittoci da Ricordano Male-

Lxvi., era stato fatto nel 1078. Dal

Duomo

alla

Badia

(fondata nel 978 dalla Cont. Willa, figliuola di Bonifazio,

Marchese

di

Toscana) prendevano
e

le

prime mura della

citt

Fiorenza, dentro alla cerchia antica

Ond' ella toglie ancora

terza e nona. Par. xv. 97.

Allo stremo della via Calzaiuoli, presso a S. Maria del Fio-

venne murata questa iscrizione: - Che da mezzogiorno a ponente - Qui volgesse il primo cerchio delle mura di Firenze - Le fondamenta ritrovate - Confermano. - ISel picciol cerchio s'entrava per la porta che nomavasi per quei della
re,

Pera. Par. xvi. 104. (presso piazza S. Firenze). Lo spazio che


era dal Ponte vecchio,

occupava Firenze nel tempo antico da settentrione a mezzod dove v'avea un'antica statua di
e
il

Marte sopra Arno [la pietra scema) Marte il Battista. Par. xvi. 40.
Finisce la Storia

Battistero;

tra

napoletana di Saba Malaspina,

romano, segretario di papa Martino IV, istorico prestantissimo, secondo i suoi tempi. La prima parte giugno fino al
1275, e fu pubblicata, tra gli
Script,
t.

altri,

dal Muratori [Rer.llal.


al 1285,

vili.), e la

continuazione infino

impor-

tantissima per la Sicilia, data in luce dal Di Gregorio [Bibl.

Arag.X.U.)
Salvino d'Armato degli Armati, Firentino, invent
gli occhiali.

M. nel 1317, e fu sepolto


del

in S.

Maria Maggiore.

1286. Altare maggiore

Duomo

di

Arezzo fatto da

Giovanni Pisano.
1287, Gennajo. Beatrice va a sposa di messer Simeone
de' Bardi,

Guglielmino

di

Ubertino de' Pazzi, vescovo

di

Arezzo,

DELLA VITA

DI

DAME.

21

ritolta a forza quella citt alla parto guelfa, la

federazione ghibellina, e

muore
di

dipoi

annoda alla combattendo per l' imsi

pero nella fatale giornata 20 Maggio.


rezzo.
citt,
I

Gampaldino.
rinforza ad

11

partito ghibellino

A-

guelfi firentini
si

giungono

lino

alle porte

di quella

ma mentre

tornano a Firenze, cadono in un'agla

guato leso loro dagl'Aretini presso


121.

Pieve del Toppo, e


vii.
e. 120.)

molti ne rimangono uccisi. {Villani, L.

hf. xui,

Sembra che Dante prendesse parte


1.
11

in

queste fazioni
della

del contado Aretino. Inf. xxii.

Comune

di

Firenze decreta

1'

abolizione
;

schiavit dei servi con una legge assai memorabile

perch

ragionando intorno
nel

ai diritti dell'

uomo, usava un linguagci

gio che sente della rivoluzione del 89, e

trasporta quasi
erasi

seno

della

Costituente

di Francia.

A Bologna

fatto lo stesso, e nel

modo medesimo

nel 1251. - Cunizza,

sorella di Ezzelino, fino dal


in

V Aprile
il

1263, con atto rogato


di

casa Cavalcante Cavalcanti,

padre deU'atfiico
di

Dante,

avea donato libert agli schiavi


in

sua famiglia, sterminata

S.Zenone.
Schiavi.)

{\. Filippo prof.

Zamboni, Gli Ezzelini, Dante

e gli

1288, Mercoled, IG Giugno. Diotidiete o Diomidiede, detto

anche Dede o Ded Buonincontri, grande amico


Latini,

di

Brunetto

compie

il

suo volgarizzamento De Ref/imine Princidal 1285.


in

pum

di

Egidio Colonna, Generale dell'ordine Agostiniano.

23 Giugno. Fin
di Beatrice,
si

Folco Portinari,

padre
al-

avea posto

cuore di erigere uno spedale,

e a tal uopo, con instrumento del 24 Aprile,

comperava
la

cuni terreni fuori della porta degli Albertinelli


di S.

nel popolo

Maria. Intorno
si

al

1287 ne principi

costruzione,
di

come

raccoglie
si

da un Breve del 20 Marzo 1287


accorda
ai

0-

norio IV con che

frati

di

S.

Egidio di peripse

mutare un pezzo

di terra

col

Portinari,
et

quod

nuper

quoddam
aedificare

[[ospitale

ad opus pauperum
del 23

infirmorum caepit

opere sumptuoso. L'atto della fondazione dello


la

spedale ha

data

Giugno 1288. Da esso abbiamo


primati vamcnte preparati dal
a quest'opera santa, chia-

come

fosse la fabbrica compiuta, la chiesa pure consegrala,


i

e che da dodici fossero

letti

fondatore.

Il

Comune applaudiva

22

SPECCHIO CRONOLOGICO
gli

Biava questo spedale la colonna dello Stalo,

faceva ogni
alla casa

anno una grossa elemosina, e diceva


del pubblico.

di

mandarla

1289, 12 Marzo. Morte di Ugolino. Jnf. xxxiii.

1.

2 Maggio. Carlo Martello visita Firenze in compa-

gnia del padre che veniva di Spagna, ov'era stato prigione.


Ei pare
ln

d'allora stringesse amicizia con questo giovane,

che cresciuta poi probabilmente nelle sue ambascierie a


Napoli,
fu

ad ogni modo pi tenera e costante che non


viii. 58.

suole tra principi e privati. Par.

29 Maggio.

Carlo

II.

coronato

re delle Sicilie da

papa Niccol IV a Rieti, i/if. xix. 99; Ptrr/. vn. 227; xx. 67. 11 Giugno. Memorabile giornata di Campaldino,
presso a Poppi, nella contrada detta Certamondo, nel Casentino, in cui

vennero

sconitti

fuorusciti ghibellini, spallegi.).

giati dagli Aretini {Villani, L. vii. e. 131; Dino, L.


si

Dante

trov a quella battaglia, e vi combatt valorosamente a


schiera di Messer Vieri
de' Cerchi,

cavallo, nella

cio tra

quei feditovi che questi non volle disegnare,


spontanei.

ma

si

offrirono

Onde

nel Purgatorio v. 91.

dimanda
ventura

Buonconte che era

slato in questa battaglia:


Qual
forza, o qual

Ti travi s fuor di Campaldino,

Che non

si

seppe mai tua sepoltura?

4 Settemb. Morie di Francesca di Rimin. Inf. v.97.


(Il

Gennarelli la vuole avvenuta nel 1285. - V.

il

nostro ar-

ticolo. Biblioteca

Dantesca italiana).

8 Settemb. Carlo Martello incoronato re d'


ria.

Unghe-

{yt7/am, L.

vii.

e.

135.)
in fronte la
il

Fulgeami gi
Di quella terra

corona
viii. 64.

che Danubio riga. Par.

9 Settemb.

Dante
ed

co' Fiorentini
ei

e co' Lucchesi fu
la

ad oste contro

a' Pisani,

rammenta
temer

presa di Capro-

na, e l'uscita del presidio vinto e sbigottito tra' vincitori:

E cosi

vid' io gi

gli fanti

Ch'uscivan patteggiati di Gaprona, Veggendo s tra nemici cotanti. Inf. xxi.

94.

Maestro Ulino dipinge nella sala /lei Consiglio del


Palazzo pubblico di Slena.

DELLA VITA
31

DI DANTE.
di

23

Decembre. Morie
Morie
e
di

Folco Portinari, padre di


. 22.

Beatrice buono in alto ({rado. V. N.

1290, 9 Giugno.
in et
di

Cealrice Portinari ne' Bardi,


e

24 anni

due mesi,

che

il

poeta dopo

dieci

anni rivede nel paradiso terrestre, discesa per guidarlo nel


cielo
:

Tanto eran

gli

occhi miei

fissi

ed attenti
1.

disbramarsi la decenne sete ecc. Purg. xxxii,


la

morte di Beatrice, quando di carne a spirito era salita, si abbandona a' piaceri, e ad una vita allegra e spensierata assiem con Forese. Inf.i.; Purg.

E dopo

\XX, XXXXl.
Lass
di

sopra

in la vita

serena,

Rispos'io

mi smarri' in una valle, Avanti che l' et mia fosse piena, Inf. xv. 48. Se ti riduci a mente (Forese a Dante; Qual fosti meco e quale io teco fui. Ancor fia grave il memorar presente. Purg. xxui. US.
lui,

Fiorisce Onesto, bolognese, poeta, detto dall' Allighieri dottor illustre e di piena inteUifjenza nelle cose volnari.

De Vul El
pedestre,

i.

15. {Petr.

Tr.

Am.

iv.)

Fiorisce Dante da
colto e

Maiano del Poggio


di

di Fiesole, in-

ma

allora

gran fama, e da cui non


la pi'ima

pu andar disgiunta
Fondazione

la

Nina Siciliana,

femina che

s'abbia notizie che poetasse in lingua volgare.


del

Duomo

di

Orvieto,

glorioso del genio italiano, vero santuario dell'arte.

monumento Ne fu

archilelto Lorenzo Maitani, senese. La prima pietra fu posta


il

di 13

Novembre
Il

dal pontelice Nicol IV.


di Babilonia

1291.
citt

Soldano
difesa

con grandosle attornia


Templari:
la

la

d'Acri,

indarno da' prodi

sac-

cheggia tutta, e sessanta mila rimangono tra morti e feriti. poich II commercio Firentino n'ebbe inestimabile danno;
Acri dal Villani era chiamata un elemento del mondo.
Filippo
italiani,
fa

di

Francia,

per infame consiglio


italiani

di

due

prendere quanti

erano nel suo regno,


le

sotto pretesto di punir gli usurai,

onde

ricche negozia-

zioni de' Fiorentini furono rovinate.

Guido
di

di Montefeltro,

signore di Pisa, o per difetto

guardia o per baratteria de' custodi, prende a Fireiitini

24
Ponl-ad-Era,
il

SPECCHIO CRONOLOGICO
pi forte castello d'Italia che fosse in piano. Morte di Nicol IV.
l)

Luglio. Rodolfo Imperatore

muore

a Spira. {Vil-

an, L. VII. e. 146.)


1*292.

Guglielmo, marchese di Monferrato in Alessandria

della Paglia, rinchiuso da' suoi sudditi in

una gabbia, dove


Alessandrini,

mor

di dolore,

onde

la

guerra tra

gli

ed

figliuoli

del Marchese,

nella quale

quei del Monferrato


vii.

del Canavese ebber la peggio. Purg.

133.

Pitture eseguite nel palazzo


di

del

Comune da Fino
e buon da Berto

Tebaldo, Fiorentino.
15 Feb. Gianno della Bella, savio, valente
assai animoso
di

nomo,

buona

stirpe,

offeso

Frescobaldi, di nobile

si fa

popolano, e di ghibellino guelfo.

Dett leggi che venner dette ordini di giustizia contro


a'

potenti che facessero oltraggio a' popolani.


(

E per questo
Villani, L. viii.

fu da' grandi di atrocissimo odio proseguito.


e.

i. E non parvero posare, finche dabbene cittadino partirsi esule (5. Marzo 1294.) dalla terra tanto caramente diletta, abborrente dall' esser favilla di maggior incendio. Par. xvi. 127.

8 - Dino Compagni, L.
il

non videro

Dante, consigliato da' parenti e dagli amici, prende


a

moglie Gemma,
sue case e

figlia di

mente
le

di quella famiglia,

ond'era

le torri sulla

Mannelto Donati, non propriail celebre Corso, che avea piazza di S. Pietro (oggi Mer(affine all'altra)
a'

catino,

ma

di

quella probabilmente

che

abitava sulla piazzetta della Rena, che fino


si

nostri giorni

continuala a chiamare la piazza de' Donati.

Or poich

le

case degli Allighieri rispondevano a tergo contro a quelle

de' Donati, io
celli,

che

la gentil

la

morte

di

ho sempre avuto il sospetto, scrive il Fratidonna, giovane e bella, la quale, dopo Beatrice, guardava Dante da una finestra molto
lei accolta,

pietosamente, sicch tutta la pietade pareva in

non
Y.

altra fosse che quella, ch'egli poi prese in moglie.

V.

36. -

Ebbe
in

di

Gemma
:

sette figli

Eliseo ed Allighiero gli


si

morirono

tenera et

Pietro, a cui

attribuisce

mento

latino sulla Divina Comedia, pubblicato dal


;

un ComVernon
Mibeni

nel 1845

mor a Verona nel 1364 e fu sepolto

in S.
i

chele di Caipagna. Jacopo, a cui furono restituiti

DELLA VITA
paterni
;

DI

DANTE.

2(>

prese stanza a Firenze e condusse in moglie una

Jacopa

di Biliotto degli Alfani.

Anche

a Iacopo s'ascrivono

due Commenti che vennero pure pubblicati da lord Yernon nel 1848. Gli viene pure ascritto un componimento poetico,
il

Dottrinale,
la

in 00 capitoli,
di

ed un capitolo in terza rima

sopra

Comedia

Dante,

messo

in

luce

per la prima

volta da Yindelino da Spira,

Venezia, 1477. - Di Gabriele

sappiamo solo che vivea nel 1351. - Beatrice vest l'abito religioso nel monastero di S. Stefano, detto dell Uliva di
Ravenna. Nel 1330 G. Boccaccio
a
le

rec dieci

fiorini

d'oro

nome
di

della repubblica fiorentina. In Francesco Allighieri,


tgli di
il

ultimo dei tre


lina

Dante

III,

spir

la posterit

mascodi co.

Dante,
III,

poeta Sovrano. Ginevra, unica

figlia

Pietro

nel 1549 entr nei Sarego di Verona,

onde

Sarego rimasero eredi delle facolt e del cognome Aligero. Il Consiglio generale della Comunit di Firenze (Maggio,
1864)

proponeva a
i

S.

Fiorentino, a tutti
Allighieri di

M. il Re componenti

conferire

il

patriziato

la

famiglia dei Co. Sarego-

Scrive la
gloria

Verona e loro discendenti in linea mascolina. Yta JSuova, il primo monumento di


nuovo miracolo
Sigalas chiamava
gentile,
il

ch'ei volle inalzalo a quel

soave psicologia amorosa,


caro libriccino del cuore,
lutto
ci eh' di

che
il

il

pi

vero principio rigeneratore di

bello

di

buono

nell'

opere

dell' arte

moderna, e il Delcluze il primo e il pi spirituale del romanzi intimi, rifiorito cosi graziosamente dalle muse, come
meglio non sapremo sperare. E ben a diritto ebbe
tare
il

can-

nostro poeta che

Amore
il

cor gentil sono una cosa

(Son.lO), e che

Amore

fonte del gentil parlare


e

(SonA%,
di

se di tanta

squisita

armonia

inimitabile semplicit,
di

tanto
verit

profumo
gli

d' ineffabile

mestizia,

tanta

passione
e

seppe avvivare

quelle brevi pagine

colorire
si

con
tinui

la

pi soave favella quegli improvvisi tremiti onde

sentia dai polsi

V anima partire [Son.

9),

e tutti que' conil

movimenti che
e queir occulta

sul volto gli dipingevano


virt,

color del

core,

che

al

tempo

de' dolci sospiri

movea
zioni

della sudi Angela giovanissima, benignamente d'umil-

t vestuta.

Onde non

maraviglia

se

anche

le

altre na-

invaghissero di tanta grazia affettuosa e verginale,

26
e gareggiassero e
11

SPECCHIO CRONOLOGICO
a renderla

famigliare
il

nella

lingua

loro;

Zeloni (Paris, Lacampe, 1844), e

Delcluze (1841,

Paris, Delahays, 1854) la facessero assaggiare ai Francesi;

Ltel (London, 1842.); il Garow (Le Monnier 1846); il The early italan poets from Cullo tV Alcamo to Dante Allighier in the originai metres tor/ether with Dante' s
il

Rossetti

hi D. G. Rossetti, London, Smith, The Vita ISuova of Dante. Translated wit an Introduction and Notes by T. Martin, London, 1862) la recassero in inglese; I'Oykuausen (Lipsia, 1824), e C. Forster (Lipsia, 1841) in tedesco; Fr. Csaszar (Pest, 1854 2. ediz.) in ungherese; come il Canzoniere venisse voltato

Vita JSuova
)

translated
(

1861

il

Martin

in

francese dal Fertiault (Paris, Lecou, 1854, in prosa) dal


(Paris,

Delcluze

Delhays, 1854)

In tedesco

da

C. L.

Kan-

^EG1ESSER e C. Witte (Lipsia, 1827, Lipsia, 1842) alla quale

traduzione ebbe pur parte

W-von Ldema.nn; da Carlo Krafft,


;

sacerdote protestante (Ilatisbona, 1859, inversi sciolti), e

qualche componimento dallo Sculegel

in inglese dal

Burce

Whytte, e
intitolata

rfa/

al

La Vita Nuova fu dall'Allighieri suo primo amico, a Guido Cavalcanti, e in


Rossetti. -

volgare solamente,
sto

perch simile. intenzione


.

si

ebbe que-scri-

suo amico {Vita ISuova,


il

31.).

Cos
il

l'amicizia,

ve
te
il

Giuliani,

stata cagione,

perch

volgare italico

gi diffuso per
colla

Rime d'amore s'accreditasse pi largamenla

prima e gentile prosa d'amore, In quale tempo


Roccaccio lo vorrebbe scritto nel 1291,

poeta dettasse questo suo primo lavoro varia n'


Il

opinione.

meudipar-

tr'era ancor

vivo F affanno per la sua donna, desiderata


si

dagli angioli, di carne a spirito salita; n da lui

tono

il

Fauriel ed

il

Fraticelli;

Rrunone Rianchi ed

il

Giu-

VArrivabene nel 1293; il Foscolo nel 1694, nel suo vigesimo nono anno; il Riscioni nel suo vigesimo quarto; il Delcluze nel 1290, ed il Wegele verso il 1300. E a questa sentenza si accosta pure il prof. Lubin {Intorno all'epoca della V. N. p. 28.), e ne assegna l'epoca dopo la
liani nel 1292;

pasqua del 1300,

probabilmente nella primavera dello stesso


le

anno. Egli distingue

poesie dal libello

ci

prova come

piacesse al poeta ordinare nel libro della mente tutte quante


le visioni, gli

avvenimenti,

le

beatitudini di quelF amore pu^

DELLA VITA
rissimo, e raccontare
il

DI

DANTE.

27

tutto in bella prosa, assembrandovi

quelle delle sue poesie liriche che bastassero

indicarne la
affine di

sentenza, e darcene
farci

un saggio

in ciascun genere,

conoscere

le fasi

diverse della sua musa. - E di varia


gli eruditi
ci

guisa venne pure per


Vita JS'uova.
stasi
11

interpretato

il

titolo

di

vede che un racconto dell' edella sua infanzia [Early li f, vita mattutina) WFauriel

Garow non

vi

avvisa la preparazione intellettuale del poeta, lo svolil

gersi che faceva

suo ingegno, quasi fiore


il

ai

raggi di un

candido e fervente affetto;

Lubin

la

storia di ci che la

nobile natura del poeta prepar nella prima et a perfezio-

ne delle seguenti;
fezionamento di

la storia deirinlellettuale

morale pere teolo-

lui,

iniziata

dall'amor suo per Beatrice,


la scienza filosofica

continuata dall'amor suo per


gica,

perci
al

quasi

l'introduzione alla
il

divina Comedia,
la

proemio
di

Convito;

Witte

il

Wer/ele

confessione

Dante medesimo sopra una


il

crisi

profonda che attraverso


deir infanzia,
riposo

l'anima sua,

ritorno

alla

religione
il

dopa

aver indarno cercato nella scienza

che cercava^

onde
vuole
ticelli

il

titolo di Vita

Nuova non

significa per loro - ricorda

di fanciullezza,
la pi

ricordo di (giovent,

vita f/iovanile,
il

parte de' comentatori, e segnatamente

come Fra-

ed Emilio Anth,

vita nuova, vita fortificata

chiarori pi puri,

in

bens con esaltezza maggiore: daWesperienza ed illuminata dai breve vita trasformata, o direi con
Trlvulzio, ritiene che Vita
et della gio-

ma

Dante, quasi pianta novella rinnovellata di novelle frondi,


11

Giuliani poi, accostandosi

al

Nuova non ebba


aV adolescenza,

intendersi: vita (jiovine o

vent, n possa tanto

meno
la

significare et prima, eh' quella


lui operata da Anuova di che si parla quale Dante ancor pauroso

ma

rigenerazione in
vita

more, vita amorosa,

la stessa

nel XXV. del Purgatorio;


della persona, sostenne

nella

una passion nuova, sicch nel presente libro intende solo trattare della vita amorosamente vissuta con Beatrice, che in essa non s'avvis neppur dicevole il trattare alquanto della partita che la sua donna fece da noi V. N. % 29. 1293. A spese dell'arte di Calimala incrostato di marmi
bianchi e neri
il

tempio di S. Giovanni.

28

SPECCHIO CRONOLOGICO
(L'ultima notte di carnovale) Vanni Fucci, bastardo

{mulo) di messer Fuccio de' Lazzari,


il

nobile pistoiese, ruba

tesoro di S. Jacopo del

Duomo

di Pistola,
(il

ladro alla sae


il

gristia di belli arredi, Inf. xxiv. 138.


liotto

dossale,

pal-

d'argento,

entrando in chiesa dalla porta grande

rimpetto l'aitar di S. Jacopo.) Il furto fu tentato ma non posto ad efletto. (Y. Tiqri, Guida di Pistoia, p. 124.)
1294, 5 Luglio. Celestino V.
(

Pietro da Murrone) romito

Abruzzese, assunto

al Pontificato. Ei volle tra 'suoi

Abruzzi, in

Aquila consagrarsi, e fiss la sede in Napoli. Non guari dopo abdica al triregno per le male arti del card. Benedetto Gaetani, che a'24Decemb. gli sostituito in Napoli, col nome
di

Bonifazio YIIL

[Villani, L. viii. e. 5.) Inf.

iii.

59; Inf.

XIX. 52. 3 Maggio. Si fonda la chiesa di S. Croce in Firenze,

oggid famosa per


//ul/e.

li

grandi Italiani che vi ebbero pace [Vil-

lani,

L. vili.

e. 7. ;

Mos Filippo, Santa Croce di Firenze,


Guittone (Guido)
di

Illustrazione storico-artistica ecc. Firenze, 1845.)

Morte
dato principio

di

Arezzo, dell'ordine

dopo di aver anno avanti alla fondazione del monastero degli Angioli. A lui venne attribuita la gloria di aver perfejjionato il Sonetto^ dandogli una forma pi regolare e di aver dettato alcune prose nelle quali si cominciava a veder
dei Cavalieri Gaudenti,
l'

religioso e militare

qualche calore

di

eloquenza e

stile ordinato.

Morte
tore del

di ser

Brunetto Latini, notaio ed ambasciadi

comune ad Alfonso
scrisse in francese

Spagna, esule dopo

la

bat-

taglia di 3Iontaperti per molti anni in Francia.


di Dante,
il ),

Fu

m.aestro

Tesoro (voltato in italiano


eh' egli

dal fiorentino
di miele tratto

Bono Giamboni
di
fiori

chiama un arnia
delle pi

diversi,

un composto

preziose

gioie
le

dell'antico senno,

opera enciclopedica che

comprende
per

scienze

storiche, fisiche e naturali, le belle

lettere, e le scienze morali e politiche, lavoro meraviglioso

quell'et;

ad

autore

del

Tesoretto,

libro

in

versi

settenarii italiani, in cui ragionando di morale e di filosofia

naturale giov assai alla lingua, volgendola a trattare le


gravi materie.
Il

Tesoro,

il

Tesoretto

furono ridotti a

miglior lezione, col soccorso dei Codici, e illustrati dall' ab.

DELLA VITA
G. B. Zannoni
(Fir.

DI

DAME.
di

29

Molini, 1824.).

Vorrebbero alcuni che a


aver fatto a Dante

Brunetto debba attribuirsi


concepire
il
il

la gloria

disegno della Divina Comedia, conciossiach


la

suo Tesorelto abbia


smarrisce

forma

di

una Visione, ove l'autore


i

si

per una selva,


i

descrive

luoghi fantastici e

osserva astronomiche della D. C. si accordino con quelle esposte da Brunetto nel L. II. del suo Tesoro,
vizi e le virt. 11 31inich

dipinge imaginevolmenle
nozioni

come molte

L'enciclopedia del Tesoro g del Tesoretto, dice


Taillandier,

S.

Benato

sono definitivamente

il

poetico riassunto delle

ricchezze in cui Dante ha spigolalo a


glioso destino di quei
Luigi, e
il

mani piene. Maravidi

due

libri!
il

il

Tesoro dedicato a San

Tesoretto stato

Manuale

Dante.
regnare in Sici-

129o. Morte di Carlo Martello.

Federigo
lia.

III.

d'Aragona comincia

Par. XIX. 130.

Morte

di

Taddeo, medico fiorentino, soprannominalo


80; Conv.
10.

ripocratista, celebre per le sterminate ricchezzze cumulate

con r arte sua. Par.

xii.

1.

Marco Polo ritorna da' suoi


suo commento
di

viaggi.

Il

Taeffe,

nel

Dante, vuole che questo celebre viaggiatore

fosse legato in amicizia coH'Allighieri, e che da lui avesse


notizia di parecchi fenomeni astronomici,

proprii del cielo

e della zona torrida.

Verso

la fine del

1295 muore Forese Donali, condi Dante,

sanguineo di

Gemma, moglie

ed a

lui carij^imo.

Purg. xxii. 76.

Dante d'Aldighiero degli Aldfhieri, poeta fiorentino


s'inscrive all'arte de' medici e degli speziali pi prossima

a scienza.
arti

Che Dante

si

ascrivesse

alla

sesta
il

delle selle
Fraticelli
lo

maggiori nel 1295, e non altrimenti,


dall'

deduce
d'

aver egli fatto parte del consiglio speciale, e


aringato nel 1295 e 1296,

aver

in

esso

come

ricavasi

dalle provisioni della repubblica, lo che

non avrebbe potuto

se prima

non

si

fosse fatto ascrivere ad un' arte. Nella Sala

del B. Archivio centrale di slato di Firenze, tra le imagini

d'alcuni uomini celebri


arti,

che furono descritti ad una delle


di

vi

ha pure quella

Dante con

la

leggenda: Dante
in

Allighieri Ned. Spes. M,

CCXXXXVIL Anche

un Codice

30

SPECCUIO CRONOLOGICO

dell'Arte de' medici e de' speziali, che comincia dal 1297 o

va

fino al 1300,

a pag. 47

si

trova

il

nome

dell' Allighieri

inscritto nel 1297.

1295. Fiorisce Lapo Gianni, o sia Giovanni Lapo, notaio,

amicissimo d Dante e di Guido Cavalcanti {Son.


Volf). El.
1.

3.).

Nel

Dante pone Lapo per uno dei conoscitori del buon volgare; infatti le sue rime sono dettate in uno stile assai terso, e le immagini afl'ettuose e gentili.
13.

Fiorisce Gianni Alfani, lorenlino, valente poeta.

1296. 25 Marzo. Federigo d'Aragona proclamato re di


Sicilia a

Palermo.
19 Maggio. Morte di Celestino Y.
Discordie cittadinesche gravissime a Pistoia. Bian-

chi e Neri.

Muore Bono Giamboni Del Vecchio, giudice


tino (1262) del 'popolo di S. Brocolo {Villani,
xii. 35),

fioren-

e nel 1282

del Sestier di S. Pietro, volgarizzatore del Tesoro di


Latini,
delle Storie di P. Orosio,
dell'

BruneUo

arte della guerra di

Yeqezio,

della

forma

di onesta vita

di Martino

Dumense;

autore

dell'

Introduzione alle virt, della Miseria dell'uomo,

e del Giardino di Consolazione.

versit di

Papa Bonifazio Vili accresce notevolmente l'UniRoma.


al

Musaici neir abside della chiesa di S. Miniato

Monte.
1297. Secondo
del
il

Fraticelli scrive

la

IF

e la lY^ parte

Convito, la prima prosa severa che vanti la nostra fala

vella,

prima che

parli filosofa,

il

germe

delle sue ope-

re posteriori,
Il

enciclopedia

della sapienza del


il

suo secolo.
Convito solo
egli,

Foscolo vuole che rAiligiiieri componesse

ne' suoi 48 anni,

dopo

lo

morte

di

Arrigo VII, quando

senz' altre speranze probabili, travedeva e ritentava l'oppor-

tunit di tornare in Firenze [Sez.

ci.)

Emiliani Giudici nella partita

r intervallo
esuli

di

tempo che
d

si

frappone fra

sua dagli

e l'elezione
;

Arrigo di Lussemburgo a re de' Ro;

mani
cio

Tommaseo
il

sul torno del 1306

C.

Balbo prima del


il

1305;
e la

Witle
il

nel 1308;
lo

Gregoretti,

varcato

45^ anno,

dopo

1310;

Scolari la seconda parte nel 1292,


il

IIF nel 1313. A. Lubin vuole

secondo trattato

DELLA VITA
anteriore al 1300;
il

DI

DANTE.

ti

IV
III

scritto

non prima del luglio 1301,

dopo il 1300; ili eh' l'introduquando Dante avea gi in pronto quattordici trattati che doveano sela materia di lutti guirlo, ai quali i^uUa pi mancava che dare l'ultima mano,

non dopo

il

1308;

il

zione dell'opera intera,


i

e ritoccarli specialmente per migliorare lo stile, in un'epoca

di parecchi anni posteriore al 1310 [Intorno ali


V.
jS.

Epoca della
cominciato
;

con un appendice
Il

suW epoca
seguendo

dei trattati del Convito,


il

Graz. 1862).

Perticari,

Villani

(1),

solo ne' suoi ultimi anni, u potuto per la morte finire

il

Cento fanti vuole non solamente sia da porsi dopo la Vita

Nuova,
secondo

ma
lui,

necessariamente innanzi
il

soggetto

ritorno

di

il poema, il cui Dante a Beatrice. Esso II

finale
libro,

de' nuovi amori

e dei nuovi studj


il

del poeta,
fiore dell'e-

quando
t

la

sua Beatrice gi morta, quando

prima

passato,

quando
il

il

frutto dell'et virile

debbe
illustra

maturarsi col
tuisce

senno,

libro

che rappresenta anzi costidell'

quella

filosofica

disciplina

uomo che
la

quella

nuova poesia

della vita,

come
prima

prosa della Vita

Nuova
vito

illustra la poesia di quella

et.

fu scritta

prima della sua entrata nella giovent;


v'

La Vita Nuova il Con1832.)


e
Il

dopo che

era entrato

ne avea

r/i

trapassato l inPic-

gresso.

{Antol. di Fireize, Voi.


scritto
il

XLV, Marzo
il

chioni vuole

Trattato dopo

1310,

nel

IV

trova date storiche sicurissime per ritenerlo


dieci anni avanti (Gap. III e VI), e

scritto

oltre

per

di pi

ne trae con-

seguenza che

le

dottrine

civili

vennero dal

sommo

poeta
Ri-

svolte nel Convito prima di esser


tiene ile. 28 del Trattato

mandato

al confine.

IV

scritto dall'Agosto all'Ottobre

(1)

E cominci un Commento sopra XIV


il

delle sopraddette sue Canzoni


la

morali (molto eccellenti) volgarmente,

quale per
il

non perfetto

si trova,

se non sopra

le tre;

quale,

sopravvenuta morte per quello che si


Gioo.

vede, alta, bella sottile e g-randissima opera riuscia, perocch ornato ap-

pare d'alto dettato e


Villani^ L.
IX. e.

di belle

ragioni llosolchc

ed astrologiche.

133.-Compose ancora un Commento in prosa in fiorentino vulgare sopra tre delle sue Canzoni distese, comecch egli appaia lui avere avuto intendimento, quando il cominci, di commentarle tutte, bench poi o per mutamento di proposito o per mancamento di tempo che avvenisse, pi commentate non se ne trovano da lui; e questo intitol
Convivio, assai bella e laudevole operetta. Jiocc. Vita di Dante,
p. 67.

32
del 1298. -

SPECCHIO CRONOLOGICO

Che

il

li

Trattalo sia scritto poco prima del

1300

Io

lo

riterrei,

anche francheggiato
si

dall' autorit

di

Dante stesso, ove diversamente non


tare queste parole:

vogliano interpredel secolo,

A'oi siamo all'ultima etade


avre!)l)e

dovuto comporsi di XV Trattati, quattordici de' quali servir dovefano ad illustrare altrettante Canzoni d'argomento morale o filosofico. Conv. i. 12. - La vivanda di questo Convito sar di quattordici
Conv.
II.

15.

Il

Convito

maniere ordinata, cio quattordici Canzoni


di Virt materiale

d'Amore, come
far

Conv. i.;

come un'altro dovea

luogo

d'Introduzione a tutta l'opera. Ch'egli avesse gi ordita


di questa grande opera, e che non ci mancasse che il mettervi la trama, incontestato. Nel VII Trattato ei dovea parlare anche della Fortezza e della Ma-

tutta intera la tela

gnanimit (Coy.
trovato per
li

vi.

26)
il

nel

penultimo, XIV. perch fosse

savi

senso allegorico, che vale quanto ve-

rit ascosa, sotto

il

manto

della favola, o sotto bella

men-

zogna {Conv.

IV.

1.);

e quivi

pure pi pienamente della


12;
iv. 27.);

Giustizia, la quale

solamente nella parte razionale, ovvero


1.

intellettuale, cio nella volont (Cony.

e nel-

l'ultimo

Trattato riserbavasi trattare di quelle cose che

fanno raen belle e


dell'anima,
111.

men

gradite le virt che sono beliate

lo).

come sarebbero la vanit e la superbia [Conv. La gran mente di Dante tracciava vasto il disegno.
il

Egli scrlvea, dice

Fraticelli,

per far parte altrui dell'im-

menso tesoro

delle sue cognizioni.

Era un fiume che non


si

potea tenersi ristretto fra brevi argini e


valli e pianure,

distendeva per
a fe-

e discendeva per canali

e rivoletti

C43ndar le

campagne. Quest'opera, condotta che fosse stata al suo compimento, ci avrebbe presentato insieme riunita intera la sapienza di quell'et; et in cui prese la mossa
risorgimento
dell'

il
i

umano

sapere, ed in cui furono gettati

fondamenti della nuova lingua e della nuova letteratura

degl' italiani. -

Ben meritarono
il

dell'

accurata pubblicazione

del Convito gli editori milanesi Trivulzio, Monti, e Magfii nel

1826;
tutto
vito

il il

Pederzini nel 1831;

Witte, lo Scolari e soprat-

diligentissimo Fraticelli. La prima edizione del Confatta in Firenze dal Buonaccorsi, 1409. (Basilea

venne
;

1557

Basilea,

Oporino 1559, 1566

Strasburgo, Zetzzero,

DELLA VITA

DI

DANTE.

31^

1009; Ginevra, Gosse, (Venezia, Pasquali, 1740); Zana, 1760, 1772; Venezia, Pasquali, 1797 ecc.) fu voltalo in tedesco dal KA^^EalESSER.
Il

Venezia,
Il

Convito

Boutenceck a ratrattati

gione

paragona questa opera

di

Dante

ai migliori

lilosoiici
1. 1.

deirantichit [Gescchte der schoenen Wissenchaften,

p. 61.).

1297. Discordie
il

di
il

papa Bonifazio Vili

coi Colonnesi e

con Filippo 1298. Guerra fra Venezia e Genova. Battaglia navale


Bello,

quale scomunicato.

de' Genovesi a Curzola.

8 Settembre.

testimoniare

la
il

somma prudenza
Giuliani,

d'un popolo

di origine
si

grande, scrive

dai pi

savi di Firenze

ordina ad Arnolfo di comporre un disegno


potesse n maggiore n
Il

della rinovazione di santa Ueparata con quella pi sublime

magnificenza che inventare non


pi
bella

si

dal potere

degli uomini.

conchiude: non doversi imprendere


il

le

memorabile decreto cose del Comune, se ad un cuore che


11

concetto

non

di farle corrispondenti

vien fatto grandissimo,


cittadini insieme uniti
intitolavasi S.
sari,
I.

perch composto dell'animo di pi


in

un

solo volere.
(

Maria del Fiore.

Villani,

L.

nuovo tempio vm. e. 9 Va;

254.

1298-i;i0l. Giov. di Nicola Pisano scolpisce


di S.

il

pergamo

Andrea
della

di Pistoia,

maraviglioso capolavoro del miglior


e

tempo

scoltura,

nel

quale super di gran lunga

quello del Battisterio di Pisa, fatto dal padre, ed ogni altro,


forse nel perfetto disegno, nella variet dei gruppi, spesso

a tutto rilievo, non che poi nell' espressione, forza di sen-

timento, e Unitezza di lavoro.

30 Dee. Per lo

comune

e popolo

si

fonda

il

palaz-

zo de' Priori, oggi Palazzo vecchio. Era opinione che Arnolfo


fosse

costretto
sul

fondarlo a smusso,

perch non avesse a


spianate
case
degli

posare

suolo occupato gi dalle

liberti {Villani,
sa.
si

L.\ li.

e. 26.);

opinione oggi dimostrata falle

Esso non usc di squadra se non per


fecero dipoi.

aggiunte che

[M os

Filippo, Illustrazione del

Palazzo dei
imsuo

Priori, Firenze, 1843.)

Adolfo di Nassau, guereggiando per


periale,

la dignit

muore
Vti. 11.

in

battaglia, e gli succede nel

regno
3

il

34

SPECCHIO CRONOLOGICO
I

compelilore Alberto
di casa d'Austria.

che fu

il

secondo imperatore uscito

Puro. vi. 97. 1299, 8 Maggio. Ambascieria di Dante al comune di S. Gemgnano, col quale stabili un accordo concernente alcuni
particolari

della

taglia

guelfa.

[Ex

librs

Ileformationum

terrae S. Geminiani, tempore d. Mini de Tolomeis,


Potestatis).

De Senis

Nicol Acciaioli, d'accordo con M. Baldo d'Aguglione, altera carta,


il

quaderno,

il

libro pubblico,

staccandone una

donde si potea aver la prova di una sua ingiustizia. Durante de' Chiaramontesi, doganiere e camerlingo della Camera del sale, toglie una doga dello staio per fare suo
profitto di tutto
il

sale o danaro che, vendendo,


etade

avanzava:

Ch'era sicuro

il

sostener

lo

quaderno puzzo

e la doga. Purq. xii. 104.

Del villan d'AgugUon, di quel da Signa Che gi per barattare ha l'occhio aguzzo. Par. xvi. 35.

1300. Focaccia de' Cancellieri, nobile pistoiese, mozza una mano ad un giovanetto suo cugino per un' impertinenza fanciullesca da lui commessa, e non contento di tale atroce

vendetta,

corse a casa

il

padre dell'amputalo giovinetto,


e lo uccise.

che pur era suo


cidio

zio paterno,
le

Del qual parrie

dei Neri, che dapprima divisero Pistoia e poi Firenze (Cerchi e Donati).

ne derivarono

parti

dei Bianchi

Inf. XXXII. 63.

22 Febbr. Papa Bonifazio Vili bandisce


Giubileo.
(

il

primo

Villani L.

viii.

e. 36.

Inf.
ii.

xxvu.

28. - Casella

muore

in quel

romeaggio. Purg.
di Oderisi

76.

Morte

da Gubbio, famosissimo miniatore,


imaginata azione del poema.

e che tenne fioritissima scuola in Bologna.

3 Aprile. Comincia
11

l'

Gregorelti vuole la notte dello smarrimento nella selva sia quella che precede la domenica delle palme, dal 2 al 3

segnando il calendario gregoriano di queir anno la pasqua nel giorno 10 Aprile il Torricelli ritiene il 3 Aprile,
Aprile,
;

dom. delle palme, come giorno proemiale al viaggio ch'ei chiama dei sette giorni, assegnandone tre ore nel giorno ottavo il Minich la notte tra la domenica delle palme ed
;

il

luned santo, cio tra

il

giorno 3 ed

il

4 (Y. Appendice

DELLA VITA

DI

DANTE.

35

VArrivahene Ira il 4 ed il o; il P. Ponta [Orologio di Dante Allighieri) fa cominciare 1' azione dal plenilunio di Marzo (14 giorni di luna), cio dal tramonto del sole del 2 Aprile, sabato di passione, e a mano a mano ne descrive l'itinealle considerazioni sulla sintesi della div. coni. p. 42);

rario per

tre regni spirituali. F.Lanzi, nel suo


le

Ordinamento
(Roma,

ond' ebbe Dante Allighieri informato

tre Cantiche

1856)

ci

ritesse la Sinopi,

il

Diario ed Orario del viaggio

dantesco, e lo vuole cominciato la notte del Gioved 7 Aprile,


e compiuto
e
il

16 sabato di sera, e che vi consumasse 216 ore,


si

da

lui

non
il

diparte

il

De

Sanctis
il

il

Giuliani lo vuole coil

minciato

14 Marzo; Thouar

15; lo lineili, ed

Tommaseo,
la

suir orme del Boccaccio, lo vogliono invece avvenuto


del venerd della settimana di passione, 24
il

notte
;

Marzo
1300
al

del 1301
al

Fraticelli, nella notte dell'ultimo giorno del

primo

del 1301 ab incarnatione, cio nella notte del 24

25 Marzo

a nativitate; Donato Giannotti

il

marted notte della settila

mana
dopo
1300,

santa,

il

P.

Bartolommeo Sorio

sera dagli otto al


;

9 Aprile, dal venerd santo sera al sabato santo


le

P.

Guerra

sei

pomeridiane del Sabato

di

Passione 2 Aprile

e compiuto

dopo

le sei

pomeridiane del successivo


di
(

Sabato Santo 9

di esso

mese, cosicch l'azione breve giro

questo
Viaggio

dramma

sia rinchiusa nel

di sette giorni.

poetico di Dante Allighieri,

Modena, Cappelli,

1859.) L'in-

signe astronomo Ernesto Capocci nelle sue Illustrazioni cosmografiche della divina Comedia, Napoli, 1856,
ci

offre in

un quadro l'Itinerario, mi piace di riportare.


1. ;;iorno
ore
0.
-

il

giornale di tutto

il

viaggio, ciie

Domenica
in

delle

palme
Inferno

Notte

Dante smarrito

una selva oscura,


.

vaga per

essa, giovandosi della luna piena

e.

i.

12. Al far del d trovasi a' pie


la cui salita
gli

d'un colle dilettoso, impedita da tre lere, che


si

lo

risospingono a rovinar nella valle. Gli


l'

appresenta

ombra

di Virgilio,

deputato da
guider al-

Beatrice a salvarlo;
pel

esortandolo a seguirlo

cammino

inferno^

donde

lo

36

SPECCHIO CRONOLOGICO

r Empireo. Danle
Virgilio.

si

muove

lien dietro a

%. [Ripensa e si

vello

sgomenta; riconfortato dal nole tre donne benedette che han di lui cura nel cielo, e la
suo duce, rivelandogli
in

discesa di Beatrice in inferno, per muoverlo

suo soccorso
II.

e.
-

il

giorno

4,

Lunedi (santo)
la

0. Principia la
.

notte - Entra per

a visitare le perdute genti

....
mura

porta infernale
e. in.

6.

Mezza notte r Giunge, discendendo sempre (4." cerchio guardato da Pluto) ove son puniti
gli

avari e

prodighi (fuori le

della
e. vji.

citt di Dite)

12.

Alba - Sono tra

gli eresiarchi

(dentro

la citt
e. xi.

18.

di Dite) indi a poco Pervengono pi gi tra

g'

impostori dell'arte
e.

divinatoria (4." bolgia)

xx.

Mezzod - Ancora pi gi, s'imbattono


satori ed alchimisti (10 bolgia)

...
. .

tra' fal-

e
.e.

xxix.

24.

Termina

il

giorno -Sono giunti nel pi profondo


a Lucifero

dell' abisso, innanzi

xxxiv.

III.
0.

giorno

5,

Marted (santo)
centro

Principia la notte - Si aggrappano alle vellute

coste di Lucifero,
della

e passano oltre

il

Terra, su per la verticale

emisfero

........
e

nell' altro

id.v.68.

Dopo un' ora


decca

mezzo

in circa si

trovano sulla
id.v.96.

piccola sfera, della faccia opposta alla Giu-

24. Indi riprendono, girando, a

montar

su, e senza

aver cura d'alcun riposo riescono a riveder


le stelle, alla fine del
la

giorno - Qui termina


id.v.l39.

prima Gamica
I. giorno
-

e,

Mercoled (santo)
PurgatoriQ

ore
0.

Alba - Questa seconda cantica


giorno naturale agli antpodi,

principia

col

che risponde

DELLA VITA
al princpio del di partenza

DI DANTE.

Tj

giorno artificiale del luogo


e.
i.

S'avvengono
.

in

Catone, che loro addita


a'

il

da
del

farsi

per salire

suoi 7 regni

(il

monte

Purgatorio)

id.v.31.
il

Sta per sorgere

Sole - Sopraggiunge l'angelo

che traghetta

le

anime a quelle sponde


il

e.

ii.

gi sorto

il

Sole -Si mescolano con le anime,

ansiose coni' essi di salire


12.

monte

id.v.5a.
e. vi.

Declina
Sta per

il

giorno. Incontrano Sordello

finire.

Questi

li

mena

nel fiorito buril

rone, ove son astretti ad attendere

nuovo
e. VII.

giorno
,

gi finito

il

primo giorno - Favellano alle

anime
diarli

ivi raccolte.

Vengono due angeli a


la biscia

loro
insie. vili.

guardia,

e fugano

venuta a

16.

Sono
in

incirca le 3 in 4 della notte - S'inchina

suir erba e

24. Sta per finire.


%'.

si addormenta Sogna deH' aquila che


-

...
.

e. ix.

lo rapisce, id. v. 13.

giorno

7,

Gioved (santo)
- L' aquila, cio Lucia,
id. v.

0.

Alba del secondo giorno


lo

porta suir estremo dell' antipurgatorio


il

40

2.

Gi
la

Sole alto pi che due ore - Entrano


id.v.90.

porla del Purgatorio


la

o.

Tramonta

Luna: salgono per una pietra fessa

().

sul primo ripiano Mezzod - Un'Angelo

ex.
gli

addita
il

la

scala pel

secondo ripiano, cancellandogli


la fronte

primo

P dale. xii

9.

Vespro -Salgono
parimenti
fronte

il

terzo ripiano, ove gli vien

cancellato

un

secondo

dalla
e.

xv.

IO.

Il

Sole

si

appressa

al

tramonto. Escono dal tristo


g' iracondi
. .

fumo, ove purgansi


12
18.

.e. xvii.
.id. v. 70.

E tramontalo mezzanotte
indi

- Si

fermano

Ira gli accidiosi

si

Rimangono
addormenta

tra
.

gli

accidiosi,
e.

Dante

xviu.

38

SPECCHIO CRONOLOGICO

24. Termin{\ la notte -

Sogna
-

la

femmina balla

e.

xix.

1. giorno
0.

8,

Venerd (santo)

gi spuntato

il

sole (terzo giorno). Si desta,


.
.

va tra
5.

gli

avari, golosi e lussuriosi


-

v.37.

Manca un'ora a mezzod


peranza

Giungono all'albero con pomi odorosi onde escono voci di teme.

XXII.

8.

Due ore
6. al

circa
7.*^

dopo mezzod

Trapassano dal
sormontato da
c.xxv.

ed ultimo cerchio,

fiamme
9,

Si

appressa
le

il
i

termine del giorno -Veggono tra


libidinosi
divisi

fiamme
calando

in

due schiere
e.

opposte
11. Sta
il

xxvi.

Sole -L'angelo

g' invita a

pas.

sar tra le fiamme, per giungere a Beatrice


12.

e.

xxvii.

Tramonta
sasso

il

Sole;

son fuori

del fuoco

si

fermano a pernottare

su' gradini tagliati nel


id. V. 68.

23. Sta per finir la notte -Gli


24.

appare Lia

in

sogno,

id. v.

92.

finita

-Si desta e
VII.

si

leva con Virgilio e Stazio. id.v. 109.


-

giorno

9, fSabato (santo)

0.

Principia

il

giorno quarto -

Gmngono
monte
.

al

Para.

diso terrestre in cima sul


6.

c.xxviii.

Mezzod - Matelda

lo

guida a bere del fonte

Euno, e
alle
la

lo

stelle.

rende puro e disposto a salire Termina senz'altro il giorno e c.xxx.


-

Cantica

vili, giorno
ore
0.

IO,

Domenica

(di

Pasqua)
Paradiso
s

Sorge
trice

il

giorno quinto - Lascia la terra e


il

slancia verso

cielo,

trasumanalo, con Bea-

CI.
la terra,

18.

Guarda

trovandosi col volgersi co' Ge-

melli, quasi sul

culmine della gran secca

e.

xxii.

24.

in

La torna guardare, sovrastando a Cadice e. xxvii. Indi si avvia felice all' Empireo a prendervi la Pasqua compagnia del sodalizio eletto alla gran cena del bene. )>

detto Agnello.

DELLA VITA
11

DI

DAME.
il

39
giorno
di

in

Pasqua queir anno, e quello del plenilunio, donde deriva quanto


Capocci confessa
di

aver verificalo

egli

avea fermato nel quadro


di Aprile,

dell' Itinerario. L' istante del

plenilunio dato dal calcolo per le 2 ore (da Parigi) dopo


la

mezzanotte del 5

invece del 3;

ma

ci

prova

non l' avea certo osservato, ma preso da' lunari del tempo, quando cominci a scrivere la grand' opera; se pur noi facesse scientemente, per comporre tutto quanto il suo poema entro limiti della setsolo che un colale istante egli
i

timana maggiore.
15 Giugno. Dante entr ne' Priori e vi stette sino
il

15 Agosto. Ebbe a coleghi, come abbiamo dal Priorista autentico della Signoria

che

si

conserva nelle Riformagioni

NolTo di Guido, Neri di messer Jacopo Giudice, Nello d'Arrighetto Doni, Bindo di Donato Bilenchi e Ricco Falconetti;

Gonfaloniere

di

Giustizia,

Faccio da Micciole.
lettera ricordata

Tutti

11

mali, cos egli in

una sua

da Bruno Are-

tino, e tutti g' inconvenienti miei dalli infausti comizj del

rato,

mio Priorato, ebbero cagione e principio; del quale Priobench per prudenza io non fossi degno, nientedimeno
per fede e per et non ne era indegno.

Musaici della
in

facciata

di

Santa Maria Maggiore

Roma,
Italia

fatti

Come
in
di
il

da Filippo Nossuti e terminati da Gaddo Gaddi. si divulga in Firenze la nuova della venuta
di

Carlo

Valois,

guelfi

fiorentini

veggono

arrivato

tempo

della vendetta,
di

nata gran ciurma nella chiesa


di

prendono animo, e ragsanta Trinit, giurano tutti

profondere tesori, usare accorgimenti, tentare ogni via perch egli venisse a Firenze, col pretesto di fermare la

pace e ricomporre a buon ordine il governo, riputandosi certi che parte bianca ne sarebbe per sempre disfatta.

Mandarono ambasciatori
Bonifacio,

al papa, e ne ottennero l'assenso. che avea gi creato Carlo conte di Romagna,

capitano dell'armi della Chiesa, e signore della Marca di

Ancona,

lo investe del titolo di paciere, e lo invia in

Firenze

col secreto

comando
la

di

spegnere

Bianchi, e ridurre laillt

tutta a parte guelfa. Dante, appena ebbe conosciuto le


de' Neri, e

trame
runa

deliberazione

di

chiamare Carlo in Firenze,


che preveda
la certa'

col santo anlore del cittadino

'lO

SPECCHIO CRENOLOGICO

della patria, protest contro lo iniquo proponimento, lo disse

congiura contro

la salvezza della repubblica, e dichiar di


il

opporsi con ogni sforzo, perch


in

lupo non fosse introdotto


a

mezzo

all'ovile.

Eletto ambasciatore

papa Bonifazio,

per islornare

tal flagello,

voce che
rimaiufo,

l'

uomo grande, senchi va ?


Bonifazio,

tendo
Se
io

in se tutta

l'onnipotenza del suo intelletto, dicesse:


s'

vo,

chi

rimane ?
si

io

temendo non

rialzasse la parte Bianca, se

Dante tornava
lu.

a Firenze, con buone parole lo ritiene


di siffatta frode gli

presso

E per

d aspro rabbuffo, chiamandolo:


de'

Lo principe

nuovi Farisei,

Inf. xxvii. 83.

1301, Gen. Morte di Guido Cavalcanti.

Cimabue lavora
di

di

musaico

alla

Tribuna del

Duomo

Siena. Pitture a fresco di Giotto nel palazzo Lateranense

Roma.
23 Giugno,
l

Bianchi ed

Neri rivengono alle prese,

incitati

pi che placati dalla mediazione del cardinale di


i

Acquasparta:
tra' quali

Priori,

per non
i

si

mostrare

di parte,

mandi

dano a confino alcuni

tra

capi de' Neri, e alcuni de' Bianchi,

Guido Cavalcanti,

amico

di

Dante,
e.

genero

Farinata, odiato da Corso. {Villani, L.

viii.

42). In questa

occasione Guido,

colto da gravissima infermit,

contratta

dal pestilente aere di Serazzano (nella

maremma
(

volterrana)

scrisse la pi affettuosa delle sue poesie

Tu

sent, Ballatetta,

che morte...) ed probabile ch'essa contribuisse a procacciargli


il

richiamo dal bando. Questo atto d'umanit parve iniqua

predilezione a danno di molti prestanti cittadini, che, sospi-

rando,

protendevano

le

braccia

ai

parenti

alla

negata
la

patria, e perch
inflessibilit del

Dante era temuto e odiato da molti per


suo carattere, per
il

la incorrotta rettitudine

delle sue azioni,


zialit.

ritorno dell' amico gli fu apposto a par-

Maggio.
Figtt^e

Bianchi Pistoiesi,
i

coli'
i

aiuto
si

de' Bianchi

Fiorentini, cacciano di Pistoia


(

Neri,

quali

rifugiano in

Villani, L. viii. e. 45

),

e accostati^ alla parte nera,


al potere,

fawS
la

che questa prevalga alla bianca. Venuta

cangia nella repubblica modi di governo e governanti.


repubblica
fireritina,

dominata dai Neri, delibera

di

Onde muover

DELLA VITA

DI

DANTE.

41

le armi conlro Pistoia, perch dominata dai Bianchi, ed a meglio ottenere la vittoria si collega con quella di Lucca.

Capitano

de' collegati
di
in

fu

eletto
figliuolo

Moroello IV. Malaspina,


di

marchese
di

Giovagallo,

Manfredi,

marito

Alagia,

Lunigiana,

nella vai di

Magra, ond'egli da

Dante chiamato vapor di Valdmagra. La battaglia avvenne Tanno 1302 nel piano eh' tra Serravalle e Montecatini, nel campo Pesciatino, ch'egli chiama Campo piceno.
//.VI. 66; XXIV. 142 - Spezzer la nebbia allude all'antica
Vallis nebulae vai di nebbia poi vai di ISievole dalle

nebbie

onde gi
1

fu

ingombra per le sue acque stagnanti. js^ov. Mentre Dante era in Roma, oratore a Bola

nifazio Vili, Carlo di Yalois entra in Firenze: add cinque,

riceve solennemente

signoria

la

guardia della citt:

Corso pure
ed arse
le

vi ritorna e la

guerra civile seco: saccheggiate


li-

case de' Bianchi: una legge dona al podest


i

cenza di chiamare a sindacato


(

fatti de' Priori,

anche assenti.

Villani, L. vili. e.

49 - Dino Compagni, L.

ii.)

Morte
Firenze,

di

Alberto della Scala.

1302, 27 Gen.

Caute

Gabrielli

d'

Agubbio, podest

di

condanna Dante

all'esigilo. -

Z>ow?)mm Palmerium

de Altovilis de
Petri Majoris ;

sextu Burgi; Dante Alagherii de sextu S.

Lippum Becche de sexlu Ultrarni; Orlanduc-

cium Orlandi de sextu Portae Domus. (Questa sentenza esiste


tuttavia nel libro del Chiodo delle Riformagioni, Capitoli,
Classe XI, disi.
i.

n. 19.

e. 2.):

e solo nel 1772 fu scoperta

nell'Archivio della comunit di Firenze, dannato di bel


in

nuovo

contumacia

il

10 Marzo, e ad esser arso vivo. - Con quella

stoltezza, eh' la

pena dell'odio, accusavasi

il

grande uomo

di baratteria, e notinsi le

parole della sentenza: ex eo qnod ad

aures nostras, et curiae nostrae notitia, fama referente, pervenit.-Egli che nota
il

villan...

da Signa che gi per barattare


i

ha l'occhio aguzzo;
in deriso

egli

che nomina
si

barattieri accanto ai

mezzani, mercenarii d'amore,


i

vendica dell'accusa volgendo

calunniatori con una di quelle ironie delle quali


di

egli era

maestro potente per pi

due canti continuata.


Saltarelli

Jnf. XXI. xxii dell' esiglio


gli

Ed

ei

doleasi gagliardamente che nell'onore

fosse

accomunato quel Lapo

che

poi nel Paradiso contristava d'infamia, xv. 128 - Gante

Ga-

42
brielli,
il

SPECCHIO CRONOLOGICO
carico d'oro, e delle maledizioni dei buoni e dei
altra
tristi

abbandonava Firenze per onorevole commissione in Sicilia.


d 4 aprile 1302,

non meno
il

Carlino de' Pazzi d per danari a tradimento


stello di Piano d

ca-

Trevigne

a'

Neri di Firenze, onde impri(

gionato

il

presidio ed impesine alcuni.

Villani, L.vui. e. 53.)

Inf. XXXII. 69.

Folcieri de' Calboli, eletto Podest in luogo di Gante

de' Gabrielli
fa pigliare

corrotto

con danaro dai capi


di

di parte nera,

molti

cittadini,

cui quelli

avevano

gelosia,
li

sotto pretesto che conspirassero

co' Bianchi
)

fuorusciti e

al carnefice.

Villani, L. vni. e. 59.

Dante a Siena. Qui riseppe meglio


e altrove.

le

sue vicende

e della casa bruciata e de' terreni guasti in pian di Ripoli

Scacciato

dalla

guelfa
di
gli

Siena,

ripara

prima a

Gargonza e ad Arezzo, ove


fino al 1304.

speranza in isperanza dimora


esuli fiorentini,

Intanto

che

senza nulla

concludere,

si

portano a Forl, dov'era capo Scarpetta degli

Ordelaffi, caldissimo sostenitore de' Ghibellini in

Romagna,
di

secondo

il

Troya, spedito da' suoi

compagni
il

esiglio

ambasciatore a Bartolommeo della Scala,


affine di ottener

rjran

Lombardo,
si

qualche aiuto

al partito suo,

e vi

trat-

tenne un certo tempo, accolto e trattato splendidamente

da quel Signore.
1304,

Il

Troya vuole
del 1304.

vi

si

recasse

il

Marzo

ma

io

ritengo vi fosse nel 1303,

perch Bartolom-

meo mor
nove anni.
su per

nel marzo

Paracl, xviii. 18 -

Can Grande aveva allora Una reminiscenza del sognell'ibi/", xii.

giorno di Dante a Verona, e dell'aver quinci peregrinato


la valle

d'Adige e nel Trentino trovasi

4; rv. 7; XX. 61.


6 Nov.
Il

papa manda legato a moderare


d'

Neri

quel medesimo cardinale


1303, 3 Marzo.

Acquasparta, venuto gi inutili

mente l'anno innanzi a moderare


I

Bianchi.

fuoruscili, assembrati a Mugello,

pren-

dono il borgo e poggio di Puliciano, e pongono l'assedio ad una fortezza che teneano firentini, ma vengono dispersi, ed alcuni presi e decapitati. [Villani, L. viii. e. 60.)
i

Alberto d'Austria invade e diserta


XIX. 115.

la

Boemia. Par.

DELLA VITA
7

DI

DANTE.

43
in

Sellembre. Bonifazio,
il

imprigionalo

Anagni,

per ordine di Filippo

Bello, re di Francia. Sciarra

Colonna

ed

il

Nogareto,

regolatori

dell'assalto

contro

il

Pontefice.
il

Bonifazio tanto dolore ne prese da averne spenta la vita


d 11

Ottobre 1303
Piirg. XX. 8o.

Villani, L. viii. e. 63 -

Dino Compagni,

L.

II.)

22 Ottobre. Nicol Boccasini, da Trevigi, frate predicatore, ascende


[Villani, L. vili.
il

soglio papale col


66.)

nome

di

Benedetto XI.
cardinale
parti,
in
ai

e.

1304, 10 Marzo.
d'Ostia,

Nicol

Albertini

da Prato,

gran politico e nemico del furor delle

qualit di ambasciatore, inviato da papa Benedetto


frenlini,

XI

onde
d

li

persuadesse a metter gi

gli

odii

ed a

raccogliere in patria gli esuli che pure erano

fatelli.

Giunto

a Firenze

il

10 Marzo, scrive

a'

fuorusciti di Arezzo, pro-

mettendo loro che sarebbero pienamente riamessi negli antichi diritti,


i

e che sarebbe loro ridonata la patria secondo


lor voti.

medesimi

Dante, non solo a

nome

del co. Ales-

sandro Guidi da Romena,


ghibellini,

ma

altres del consiglio de' dodici

{S.

di cui egli faceva parte, ne detta la risposta. Opere minori di Dante Allighieri, per cura di P. Fraticelli,
)

v. IH. p. 438.

Quantunque
in

a' d

26 aprile, raunato

il

popolo

sulla piazza di S. Maria Novella, le famiglie nemiche,

con

rami

di ulivo

mano,

si

pacificassero,

pure

le

benevole

intenzioni del cardinale e gli ardenti voti de' fuorusciti

non

sortirono alcun efletto.


il

Dopo alcunrmesi

d'inutili trattative,
(

Cardinale minacciato dov lasciare la citt

Giugno
e.

),

lanciandole

contro l'interdetto.
l'

[Villani, L. viii.
sfidato

70.)

Con questo giorno


Inf. X. 74. 81. 1
la bizzarra

Allighieri,

d'ogni
il

speranza,

credette che veramente fosse

incominciato

suo esigilo.

Maggio. Gli abitanti

di

borgo San Friano hanno


orribili

idea, di fingere nell'Arno l'Inferno sopra barche

e navicelle,

con fuochi e demonj

a vedersi

con

tormenti ed uomini nudi a guisa di anime tormentate querelantesi con altissime strida.
Il

ponte alla Carraia,


s

il

quale

era allora di legname da pila a pila,


titudine accorsa a quello spettacolo,

carico di tanta molin pi parti,


viii. e.

minato

cagion l'eccidio di molla gente. [Villani, L.

70.) -

44
Forse, scrive
il

SPECCUIO CRONOLOGICO
Minich,
la

luttuosa catastrofe per la ruiiia


il

dei ponte alla Carraia sotto

peso

dtella folla

che assisteva
agli spi-

al tnto spettacolo de' supplizj


riti

inflitti

da'

demonj
e lo

dannati, scosse la mente dell' AUighieri,

indusse

alla scelta del soggetto del

suo poema.
il

5 Giugno. Filippo

Bello che avea


il

pur

dianzi

coperta d'insulti la Chiesa di Dio, forza


la dignit pontificale venisse conferita
Il

conclave perch

ad un suo suddito. nuovo papa fu l'arcivescovo di Bordeaux, Bertrando de Got di Guascogna che prese il nome di Clemente V. Abbindolato egli dal re francese, trasse prigioniera in Avignone
80 - Y. Rahanis, Cle-

la sedia pontiticale. [Villani, L. viii. e.

ment V et Philippe le Bel, Paris, 1858 - Lettre a M. Ch. Daremberg su l'entrevue de Bertrand de Got avec Philippe le Bel. 1858 - Christophe, histoire de la Papaut pendant le

XIV

siede, Paris, 1853. Voi.


;

1.

178 e seg.

(trad. in ted. dal

Bitter, Paderbona, 1853)

Ab. Lacurie, Dissertation sur l'enet

trevue de Philippe-le-Bel

de Bertrand de Got,
la

Saintes

Ab. Andr, Histoire politique de

au

Monarchie
Paris.)

pontificale

siicele

ou

la

Papaut Avignon,

20 Luglio. Nascita di Fr. Petrarca.


21 Luglio. Sciaguratissima impresa (Baschiera Tosin-

ghi) alla Lastra, sopra Montughi, a due miglia da Firenze,


capitanata da Alessandro dei conti Guidi, signori di
nel

Romena
la

Casentino {Villani,

L*.

viii. e.

72). Poco
la

dopo
di

rotta

della Lastra,

Dante male'dicendo
61.)

mallezza de' suoi comallo studio


il

pagni di esigilo {Par. xvii.

va

Bologna,
in

e vi rimane probabilmente non oltre

1.*^

Marzo 1306,

che
i

Bolognesi, riaccostandosi

ai

Neri di Firenze, cacciarono

fuorusciti Bianchi, e furono interdetti e privati dello Studio


pontificio.

da un legato
in Perugia,

27 Luglio. Morte del santo pontefice Benedetto XI


per veleno,
11

forse propinatogli
la

d'ordine di Fiil

lippo

il

Bello.

P.

Marchese

vuole avvenuta

4 Luglio

1304

{Villani, L. vui. e. 80).

1305. Lettera di Dante, diretta ad Oberto

Conti Guidi,

nepoti

del conte Alessandro da

e Guido dei Romena, per

condolersi della morte del loro io Alessandro, esortandoli

a farsi eredi delle di

lui

virt,

com'essi erano eredi delle

DELLA VITA
sue fortune.
fra
gli
Il

DI

DAME.
la lettera

41)

Wilte opina che


[1

sia stata scritta

anni 1308 e 1311.

Fraticelli

ne assegna invece
v. ni. p. 445.

quest'epoca - Y. Dante, Opere minori,


Scrive
il

primo

libro

de Vulgar eloquio, primo


e dalla divisione delle lin-

documento
gue,
ei

della storia delle lingue. Incominciando egli dal-

l'origine di ogni parlare


tratta queste

umano

due altissime questioni di filosofa e di linguistica, se non adeguatamente almeno non falsamente. Venuto a' dialetti dell'Europa romano-barbara li divide in
secondo
le

tre,

affermazioni dell' of,


eh' l'attuale

oe'il

e s;

fermasi su Investiga

questo

ultimo,

de' popoli italiani.

l'indole e la condizione de' quattordici dialetti allora parlali


nella

penisola,
di
il

li

esamina
dare

tutti,

tutti

li

combatte,

rigido

soverchio verso la
privilegio
di
il

sua Firenze, negandole non

pure

nome

alla lingua,

ma

la fa-

colt di arricchirla pi facilmente col troppo;

suo dialetto;

lo

che

ma

ei

forse facealo pel solo desiderio di formare

una lingua comune all'Italia, e di creare al pensiero nazionale un elevala maniera di esprimersi; e cos ei prende a mostrare che la vera italiana favella non n losca, n lombarda, n d'altra provincia, ma una sola, e di tutta la
terra - ch'Appenin parte e
il

mar circonda

e l'alpe. - In-

segnando a' suoi coetanei, come questo idioma illustre, fondamentale non avea nessun limite, ma faceasi bello di ci
ch'era migliore
in

ogni dialetto, egli cercava di soflbcare


in fatto di

ogni contesa di primato

lingua nelle varie Pro-

vincie, ed insinuava l'alta massima,

che nella comunione


cerca per quali per-

reciproca dell'idee sta gran parte de' progressi dello spirilo

umano. Nel
sone e
illustre, e

II

libro,

non compiuto,

ei

di quali

cose abbiasi da' poeti scrivere nel volgare


il

specialmente lien discorso della Canzone,


si

modo

pi nobile che per lui


lersi,

cercava. Egli gravemente a do-

scrive

il

P. Ponta,

che quest'opera
le

sia

rimasta im-

perfetta.

Se compievasi. Dante assegnava

regole al volgare

di qtial sia composizione, sino al parlare d'una sola famiglia; dei quali tutti si fa uso nella Comedia, chi ben ne
cerca. - Del disegno di quest'opera,

non ancora incarnalo,

ce ne fa egli parola nel Tratt.


gi

I.

del Conv. .5:

di

questo

parler altrove pi compiutamente in un libro ch'io in-

46

SPECCHIO CRONOLOGICO
di fare,
libri

tendo
quattro

Dio concedente, di Volgare eloquenza. Dei


El.

che doveano comporlo [De Vulg.

L.n.

e.

4.)

due soli (1). Che il trattato de Vulg. El. fosse scritto da Dante nel suo esigilo egli fuor di dubbio, perch'ei slesso ce lo dice. (L. i. 6, 17.) - \\ Balbo lo vuole cominciato nel 1304, e che prima del Gennajo 1305 giugnes-

non ne

scrisse che

se sino al

e. xi.

del libro 1; trovandosi in questo mentovato

come vivo
mor
logna per
fa

tuttavia, Guglielmo

marchese

di

Monferrato, che

in quel
le

mese. Ritiene inoltre ch'ei


suo dialetto.

lo dettasse

a Bo-

molte lodi che ne dice, e pel magnificare ch'ei


il

sovra tutti

Il

Fraticelli vuole

scritto

il

libro dal

1305

al 1306,

ed

il

secondo non pi tardi del 1307.


al contrario

L Emiliani
pugna
senza

Giudici, sull'autorit del Villani e del Boccaccio,

lo ritiene scritto a

Ravenna. Lo Scolari

ne im-

l'autenticit.

Solo nel 1529 fu pubblicato in Vicenza in volgare,

ma

nome

di

traduttore

la versione fu ascritta al Trissino.

la luce nel

{\. Foscolo, Discorso sul Tes'o, cxxvi.) Il testo latino vide 1577 in Parigi per Jacopo Corbinelli, da un codi propriet

dice ritrovato a Padova,


fiorentino.

di Pietro

Del Bene,

Fu esso tradotto
ital.

in tedesco,

da C.Kankegiesser,

Lipsia 1845: l'argomento illustrato da C.L.


die

Ferkow: Ueber
della

Mundarten der

Sprache (Sui

dialetti

lingua
voi. ni.

italiana, nel libro:


p, 211. e seg.); dal

Romische Studien, Zurigo, 1808,


:

Fughs

Mgen Zeilwbrter

in d.

Ueber die sogenannten unregelmsroman. Sprachen, nebst Andeutungen


detti

iiber die wichtigsten

roman. Mundarten (Sui verbi cos


L. G.

irregolari nelle lingue romanze, con osservazioni sui dialetti

romanzi pi importanti; Berlino 1840); e da

Blanc:

Von den
(1)

italien.

Mundarten

nella

Grammatica

italiana, Halle,

quattro
fine,,

Fece un libretto che intitola De Vulfiari Eloquio, ne promette fare libri, ma non se ne trova se non due, forse per l' affrettato suo

d' Italia. Villani, ix. 135. -

ove con forte e adorno latino e belle ragioni riprova tutti i volgari Gi vicino alla sua morte, compose uno libretto
il

in prosa latina,

quale egli intitol De vulgari eloquentia, dove inten-

deva

di dare dottrina a chi'

imprendere

la

volesse, del dire in rima; e co-

mecch per lo detto libretto apparisca lui avere in animo di dovere in ci comporre quattro libri, o che pi non ne facesse dalla morte
soprappreso, o che perduti sieno gli altri, lamente. Boccaccio, Vita di Dante, p. 67.

non appariscono che due so-

DELLA VITA

DI

DAME.

4i

18i4, pag. 622, 677.) - V. iMcolini, Considerazioni


agli asserti di

intorno

Dante nel
in. 137,

libro della

Volgare Eloquenza ecc. Volgare eloquio.

Nicolini,
di

Opere,

168; Pertcari, Dell'Amor patrio


il

Dante

AUigliieri, e del suo libro intorno

1306. Dante a Padova, e vi chiama Pietro, figliuol


giore, c\Q

magdi S.

l'accompagn poscia a Ravenna. Certo

il

27 Agosto

fu testimonio

ad un contratto, rogato nella contrada

Martino,

in

casa Papafava, praesentihus Dantno

quondam
Pie-

XlUqerii de Florentta et nunc stai Padue in conlrata S.

Laurentii Si vuole che quivi innamorasse


li-a

di

Madonna

La casa abitata dal poeta l'antichissima casa Carrarese a S. Lorenzo, per via di donna venuta
degli Scrovigni. -

ai

Gualperti, indi ai Lazzara, Querini, Contarini, oggid Jacur.


si

Vi
e

legge l'iscrizione dettata dall'egregio Leoni: Fazioni


trassero - Dante - 1306 - Bai Carrara dai men duro esilio. Ottobre. ospitato dai Marchesi Malaspina {il ramo

vendette - Qui

Giotto - Ebbe

(qWo spino fiorito) in Lunigiana. [Purf/. vii. 133) - InMulazzo,

nel

vecchio Castello,
la

si

mostra ancora un resto


e
l

di torre

che chiamasi

una casa che conserva sempre il nome di lui. - Benvenuto da Imola ed il Boccaccio nella vita di Dante riferirono che i primi sette
torre di Dante,

presso

canti del

poema furono

preservati nell'occasione del sacco

dato alla casa di Dante in Firenze, e che questi


inviati all'autore nel

furono
il

tempo

del suo rifugio presso


lo stesso
il

Marprima
il

chese Moroello Malaspina. Quindi


di trovare
la

Boccaccio credette
delia

giuntura che annoda

C. viii.

Cantica co' precedenti nelle parole con cui incomincia

canto medesimo: lo dico seguitando. Anche Leonardo Aretino


asserisce nalla sua Vita di Dante che TAUighieri intraprese
la

divina Comedia prima di essere cacciato in esigilo


:

L'Ai -

rivabene vuole ne avesse scritto dieci canti

Ma

il

Minick

appoggiato a validissimi argomenti, trova preferibile l'opinione che Dante avesse intrapreso
presente, con unit
di
il

suo poema nella forma

concetto e di scopo, soltanto dopo

r esigilo, e che quindi ei mut e rifuse essenzialmente quei primi canti, ovvero li riprodusse sotto altro aspetto, e con

nuovo intendimento.
Corradlno, ed
al

- Morocllo,

uiiitamante a sue fratello


di

suo cugino Franceschino

Mulazzo, con-

48

SPECCHIO CRONOLOGICO

sliluiscono nel 6 Ottobre Dante Alligheri in loro procuratore

per

la

pace da
la

farsi tra essi

ed

il

vescovo
di

di Luni.

Abbandi cui

donala

corte di Moroello,
11

innamora

un alpigiana caFraticelli,

sentinese, e gliene scrive.


fa

componimento poetico
il

cenno

la lettera di

Dante, secondo

Witte ed

il

la Canzone viii: Amor, dacch convien

pur

ch'io

m doglia:
di

{Dante,

Moroello Malaspina, Dante,


vuole che l'ospite di Dante
gallo,

Dante a Opere Minori, Y. ni. p. 450) Emanuelle Gerini nelle sue memorie storiche della Luniqiana
I.

Opere, Minori, Y.

p.

139); Lettera

sia stato

marito d'Alagia del Fiesco;


il

il Marchese di GiovaTommaseo, il figliuolo

di Alberto,

Marchese Yalditrebbia,

a cui fa tenore
il

Eugenio
invece

Branchi {Piovano Arlotto,


Moroello

Sett. 1859);

Fraticelli,

I.

di Yillafranca.

Morte

di

Fra Jacopone da Todi. Yedi

il

Cantico
secolo,

riportato dal Nannucci,


Yol.
p. 387,

Manuale

della letter. del

I.^

composto nell'estreme ore di vita, modello di estemporanea poesia, nella quale, vedesi avverato il favoloso canto de' cigni, che diconsi allorch muoiono, pi soavemente cantare. 1307. Dante si porta in Mugello, ove interviene ad un
da
lui

congresso
Gaudenzio.

di

Bianchi fiorentini nella chiesa abbaziale di S.


Il

nome suo

sta scritto

con

altri

venti

in

uno

strumento rogato da ser Giov. d'Ampinana, in forza di che pi agiati fra gli esuli si obbligavano di rifare le case
i

degli Ubaldini

d'ogni spesa, che avrebbe potuto incorrere


il

nell'impresa di togliere
de' Guelfi.
castello di
L' impresa

governo del comune dalle mani


il Il

che allora medita vasi era contro

Monte

A^^cianico.

documento
la

originale, tratto
Pelli. -

dall'archivio di Firenze

fu

pubblicato dal

Grande

questione slata fatta intorno


Il

data di questo documento.

Brocchi,
il

il

P. Idelfonso,
il

il

Pelli lo riferiscono all'anno

1307;
celli

Giugno del 1304; il Fratidocumento: occasione guerrae factae vel faciendae per Castrum montis Accianighi lo ritiene indubitatamente del Giugno 1306.

Troya ed
dalle

Balbo
del

al

poi

parole

In
dalla

quest'

anno Frate Dolcino, scismatico,


fu preso con tutti
i

stretto

fame

e dalla neve,

suoi seguaci

presso Novara,

e con Margherita,

sua compagna, secondo

DELLA VITA
il

Di

DANTE.

49

barbaro coslume

di quei

tempi

fu arso vivo. {Villani, L.

vili. e.

84; Krone, Fra Dolcino

ecc., Lipsia,

1844; Schlosser

C.

Ablard und Dukin, ecc. Gota, 1807.) /w/". xxviii. 55. Dante a Forl presso Scarpetta degli Ordelaffi, Capitano generale dei Ghibellini. Secondo gli storici Flavio
F.,

Biondo, Paolo Bonoli, Giorgio Viviani Marchesi nel 1308 ne

divenne suo segretario.


1308.
1.*^

Maggio. Alberto d'Austria assassinato dal suo


fa

nepole Giovanni d'Austria. Dante


giudzio divino,
di

che

l'

uccisione
di

sia

predetto

da' morti

ad esempio

Arrigo

Lussemburgo, suo successore all'impero, /^wrr/. vi. 86. 6 Ottobre. Corso Donati, consanguineo di Gemma,
di

moglie di Dante, e fratello


fazione

Forese Donati, sovvertitore

della moltitudine contro le antiche famiglie, principe Clelia

che decret l'esiglio dei

ghibellini,

ammogliatosi
in sospetto
si

colla figlia di
di

Uguccione della Faggiuola, cade


dittatura:
citato

aspirare

alla

scolparsi,
si

difende

coir armi,

finche

abbandonato da molti,

d
alla

alla

fuga:

raggiunto presso San Salvi, fuori di porta


cadere
restasse

Croce, da

alcuni soldati Catalani, per loro ucciso. E" pare che nel
gli

un pie nella

staffa,

e che

il

cavallo lo
viii.
e.

trascinasse moribondo per alcun tratto. [Villani, L.


96.)

Purff. XXIV. 74.

In sullo scorcio dell'anno 1308 Dante compie la Cantica


dell'Inferno.
Il

Troya vuole che dal 1304


i

al

1305 egli abbia

composti
dieci,

piuttosto ritocchi
vi abbia

canti che dal sei

vanno

al

e che

chiamato sulla scena quell'ignobile


Farinata,

Ciacco e quel

magnanimo
sei

come due punti estremi


Vuole inoltre che

della miseria e della grandezza dell'uomo.

componesse
padre
di

che vengono appresso nel 1305, avendo


il

tuttavia stanza nel Casentino, presso

co.

Ruggiero, conte di Dovadola


della Faggiola,
l'

e che

Guido Salvatico, pur nel 1305


il

nel castello

sul Conca,

dettasse

xjx in
reggitor

che accenna
cente
il

elezione di Clemente V, apparendovi ben reil

cruccio del poeta contro la laida opra e

di Francia.

Dal 6 Ottobre 1306, in cui era ospite di Fr.


di Mulazzo, e presso
i

Ma-

laspina,

Marchese
scritti
II.

cugini di lui Cor-

radino e Moroello di Villafranca, secondo lo stesso Troya,

furono

canti dal 20 al 26.

11

ricordo dei

tristi casi

VoL.

30
di

SPECCHIO CRONOLOGICO
fra

il poeta fa predire da Maometto, ci darebbe argomento com'egli nell'estate del 1B07 fosse giunto presso il line della Divina Comedia, cio al Canto xxvjii,

Doloino,

che

pi

mentre viveva in Forl presso gli Ordelaffi. Di fatti d'altro non si parla che della Romagna nei 4 canti dal xxvii al XXXI dell'Inferno: ivi l'episodio appartenente a Guida
s'odono
le

di Montefeltro; ivi

predizioni di Pier da Medicina

della terra latina; ivi le lodi degli Ordelaft e de'Polentani;


si
l'

preveggono
lui

tradimenti di Malateslino, caro, prima del-

esigilo a Dante,

ma

ora nel 1307 fieramente e giustamente

da

odiato;

ivi

l'ammirabile descrizione dello stato ponel 1300, e s'ode


di
di
il

litico di

Romagna, qua! era

ferocissimo
in inferno
i

desiderio di Mastro
conti

Adamo

veder giugnere

Romena. I tre ultimi canti altra rimembranza di Romagna, il delitto, cio, di frale Alberigo Manfredi di Faenza. Secondo lo stesso Troya, Dante pubblica l'Inferno nell'Ottobre del
Guido ed Alessandro dell'Inferno contengono un
1308, prima d'incaminarsi alla volta di Parigi, un 40 giorni

prima dell'elezione
nia. -

di

Arrigo VII ad imperatore di Germalino al C. xvi ricorda

La divina Comedia
i

sovente con

tenera cura
l'Allighieri

luoghi veduti dal poeta di


il

l del Po,
il

quando
xv.
9.},
i

ebbe

suo primo rifugio presso


le

gran Lom(/w/".

bardo nel 1303; ricorda


il

Alpi di Chiarentana

corso dell'Adige {Inf.

xii. 3),

e del Brenta [Inf. xv. 7),


di

giuochi
122.)

ed

premi del drappo verde


si

Verona.

[Inf.xv.

Nel xvu
il

prolungano

le

ricordanze di Lombardia.
i

Nel solo XX

territorio di Brescia,
il

confini del Veronese, la

fortezza di Peschiera,
in Po, le paludi

lago di Garda,
la

mantovane,
di

il Mincio che cade dominazione tolta da' Buo-

naccolsi

a'

Signori

Casalodi,
il

sono argomenti

di
al

versi

bellissimi,
ostello,
la

che riconducono

pensiero di Dante

primo

presso Bartolommeo della Scala.

tosto s'incontra

bellissima descrizione dell'Arsenale, da- lui osservato in


(/n/".
i

Venezia,

XXI.

7.)

La Lunigiana, ov'egli

si

aggirava nel

1306 presso
ed a Luni,
i

Malaspina, forni vagli versi non

meno

belli

nel suo contemplar l'alpi Appenine,


l

sovrastanti a Carrara
la

dove l'etrusco Aronte abit


al

spelonca fra

mairmi, {Inf. xx. 46.) Cosi sino

xxvi

si

rintraccia

Dante

in

Lombardia ed

in

Toscana, dal 1302

al

1306 ed

al prin-

DELLA VITA
cipo
del

DI

DAME.
inoltre
i

51
gli

1307.

Vi

si

scorgono

scolpiti

sdegni
nostro

contro Bologna, che nel 1307 scacci

Bianchi dal suo seno,


il

per danari avuti da' Fiorentini... Recati a mente

avaro seno

[Inf. xviii. 63.),

rampogne

generali, a cui tengono

dietro le particolari contro Venedico Caccianemici e contro


i

Frati Godenti Catalani Malavolti e Loderingo degli

Andal.-

L' Inferno fu dedicato,

secondo

il

Troya, ad Uguccione della

Faggiuola.
5 Gennaio. Incoronazione di Arrigo VII in Aquisgrana.

Dopo l'interregno d' un'anno, anche a sollecitazione di Clemente V che lo avea additato agli elettori come il mifjliore uomo di Lamagna, il pi cattolico, da venir a grandissime
cose,
(

era egli stato eletto

ad imperatore
i. ).

il

27 Nov. 1308.

Villani, L. vili. 102; L. ix. e.

Nel mese di Agosto del 1309


di

ad Heilbronn riceve
di

la risposta

Clemante V che assentiva


Croce del Corvo, che
di quel-

coronarlo ad imperatore. (Bolla, Divinae sapientiae.)

Dante nel Monastero


l'ordine, di cui
fratello

di S.

apparteneva all'ordine de' Benedettini, vale a dire


il

d'Uguccione era uno de' superiori,

e d cui

Uguccione stesso era giusdicente o vicario o feu-

datario. Interrogato da frate Ilario, priore di quel cenobio,


ciie

dimandasse? rispondeva pace. E nel partire lasciavagli

un'esemplare dell'Inferno affinch serbasse di lui pi ferma memoria. - Famosa lettera di Fra Ilario ad Uguccione della
Faggiola, impugnata dal Witte, dal Prof. Venturi, dal Prof.
Centofanti, sostenuta dal Troya, dal Balbo, dal Minich, dal
Fraticelli, e

da ultimo da Eugenio Branchi. {Lettera di Euil

genio Branchi a Pietro Fraticelli,

Poliziano, Maggio, 1859.)

Di Lunigiana parte alla volta di Parigi. Passa per


le

due
sul

riviere,

di

che chiara reminiscenza quel passo,

in

principio
di

del Purgatorio,

ove nomina
;

estrerai

quella marina

(^m?v/. in. ^9)

l'altro,

due punti dove

accenna, come una delle pi scoscese,


{Purg.
IV. 25).

la

discesa di Noli

-Nella contrada
egli,

di

Fouarre

{Itue

presso alla piazza Mauhert) sullo strame,

du Fouarre, dove sedeva la


alle

turba degli studenti,

alunno immortale, interviene


e quivi

lezioni del Prof. Sigieri, cui salv dall' obblio. /'ar. x. 137.
a

Essendo

egli a Parigi,

sostenendo

in

una dlsi

sputazionc De

Quolibet, che nelle scuole della Teologia

52

SPECCHIO CRONOLOGICO

faceva, quattordici questioni da diversi valenti uomini e di

diverse materie, cogli loro argomenti e pr e conlra


dagli opponenti senza mettere in

fatti

mezzo raccolse e ordinarecit quelle;

tamente come poste erano

state,

poi

quel

medesimo ordine seguendo, sottilmente solvendo e rispondendo agli argomenti contrari la qual cosa quasi miracolo
:

da

tutti fu reputata.

Bocc. Vita di Dante, 40.


III

Morte
usurpa
vili. 75.
il

di
a'

Carlo

di

Napoli.
figli

Roberto d'Angi,
Par.

trono

suoi nepoti,

di Carlo Martello.

1310. Alla novella che Arrigo VII

per calare in
e

Italia,

lettera ai
ai

vagheggiando il due re di Napoli e di Sicilia, Roberto e Federico, Senatori di Roma, ai Duchi, Marchesi e Conti, ed a' potutti

in sulle mosse nuove speranze, trionfo del proprio partito, indirizza una

era

Dante accendendosi

di

poli

d'Italia.

In essa

esorta le genti

a dimostrarsi

fedeli al

nuovo
iii.

principe, perciocch chi resiste alla podest

imperiale resiste agli ordinamenti di Dio. - Y. Dante, Opere

Minori, Y.

p. 462. fio-

Ser Zucchero Bencivenni trasporta in volgare

rentino l'Opere di Pietro Crescenzio: Delle bisogna delle


ville.
(

III

idus Martii) Morte di Arnolfo.

Ottobre.

Arrigo

discende
il

in

Italia.

- In

questa
il

occasione Dante a rafforzare


trattato

Ghibellinismo, pubblica

suo

De Monarchia; la vera e grande inspirazione di quella mente potentissima, superiore alle superstizioni legali
dell'epoca,
in cui se vi

ha

la cieca

riverenza del passato,


infallibile la

e quella persuasione cavalleresca

che teneva

spada

ma

vi

quod per duellum acquiritur de jure acquiritur ha anche la coraggiosa tesi della indipendenza del
civile, e l'altissima e

potere

nuova idea
di

di

una

politica cui

l'accentramento universale

tutte

le

forze

deve esser
intellet-

mezzo a promuovere V
tiva di lutto
il

utile della civilt, la


Il

potenza

genere umano. -

Trattato de Monarchia fu
critici.
,.,.

levato a cielo e bistrattato, secondo le passioni de'

Strana abberrazione di mente dello spirito ghibellino


tessuto di sogni

un

(Yita di Dante, L.

ii.

11,),

mediocre libro,
il

(Sommario

della gloria d'Italia p. 258.) lo dice

Balbo;

DELLA VITA
abbiettissimo libro
\

DI DANTE.

53
di Pusleiia)
;

Cant {Margherita
socfno

teorica

del qhibeUinismo,

eroico

il

Gioberti

la

produ-

zione pi meditata, pi candida, eloquente e dirittamente


politica

che si fosse a quel tempo scritta intorno alla famosa controversia dalle pi forti potenze intellettuali dei medio evo, V Emiliani Giudici Storia delle Leti. Ital. 1. 167.)
(

il

primo

libro, nel
i

quale

le

scienze sociali abbiano posto in

alleanza tra loro


esperienza,
il

bisogni della speculazione e quelli della

prof.

Curmignani; saggia teoria delle costi-

tuzioni del santo Impero, che riunendo l'ordinamento della

Europa
le

cristiana

alle tradizioni dell'antico

romano impero
providenziali

cerca alla fine

nella

profondit de' consigli

ultime origini del potere e della societ, VOzanam. Morto


libro fu invocato

r Allighieri, questo
diritti della

al quale era indiritto, e

da Lodovico il Bavaro, che nel suo ghibellinismo violava


i

sede con

le

ambizioni della corte; onde

il

libro nel

1328

fu

dannato da messere Beltrando cardinale del Pogget-

to, e legato del

Giovanni XXII avuto


zava
il

papa nelle parti


e

di

Lombardia, sedente papa


ci
si

non essendo chi a

opponesse,

soprascritto libro, quello in pubblico, siccome cose

eretiche coiHenente, dann al fuoco.


di

'1

simigliante

si

sfor-

fare

delle

ossa dell'autore,

a eterna
si
il

infamia

confusione della sua memoria, se a ci non

fosse opposto
cui

uno valoroso e nobile cavaliere


Pino dalla Tosa,
tava,
si
il

fiorentino,

nome
si

fu

quale allora a Bologna, dove ci

trat-

trov, e con lui messer Ostagio da Polenta, potente

ciascuno assai nel cospetto del cardinale di sopra detto.


{

Boccaccio^ Vita di Dante, p. 60.

furono
il

dannate dal Concilio


dell' esiglio;

di

Alcune preposizioni per Trento. - 11 Wegele ed


sia

Witte vogliono

che questo trattato


il

stato scritto da

una delle prime opere di Dante, un'opera che appartiene alla Vita Nuova, e sviluppa le ragioni che lo muovono ad assegnare una data gi di gran lunga anteriore a quella che generalWitte,

Dante prima

poi lo vuole

mente
ticelli

gli si attribuisce,

cio agli anni 1310-1313.

Il

Fra-

vuole bens sia scritto prima del Volgare eloquio, del

Convito e della Comcdia,


U. Foscolo,
il

ma non

gi innanzi al suo esiglio.

Troya,

il

Bianchi nel 1312,


edizione
della

giorno a Pisa.

La prima

nel suo sogMonarchia venne

54
falla in Basilea

SPECCHIO CRONOLOGICO
nel 1559 per l'Opporino,

volgarizzala nel

da Jacopo dal Rosso, e nel 1467 da Marsilio Ficino ad istanza de' suoi amici Bernardo del Neri ed Ani. ManeUi. E. Bollai ricorda una Iraduzione anonima, mancarne d'alcune
carte, che
n.
si

UGl

trova nella Biblioteca Imp.

di Parigi, sotto

il

1756, veduta e lodata dal Marsand - Anche nella Biblio(Y. Abeken Bernh. Dante' s Bu.ch:

teca Riccardiana di Firenze, conservasi una Iraduzione fatta


sulla line del secolo xv.

Von der, Monafcm


Jlaroldt Basilius
Ioli.

Auszuge. Berlin und Stettin, 1826; 31onarchcy odereu. Basilea, per Nicol
in

Vescovo,

il

giovine, 1559.)

1311. A' primi di Gen. recasi a Milano a prestare

omaggio
Io

personalmente
te,

al

novello

imperatore Arrigo VII.

vidi

quale

si

conviene alla imperiale maest, benignissimo, e

udii le clementissimo,
tuoi, e le in te
lo

quando le mie mani toccarono i piedi mie labbra pagarono il loro debito. Allora esult spirilo mio, e tacitamente dissi tra me: Ecco
ecco chi toglie
i

l'agnello di Dio;
Epist. VII, 2.

peccati

del

mondo

~
e

12 Aprile. Mentre

coli' esercito

accampato

in sulle

rive del Po, attendeva Arrigo all'espugnazione di Cremona,


{Villani, L. IX.
e.

14.

Dante, impaziente d'indugio, a suo


altri

nome ed
rore

a quello

pure degli
che

esuli

ghibellini toscani,

g' indirizza

una

Ietter,

al

dire del Foscolo, spira fu-

ferocia. Essa porta la data: scrina in Toscana^ sotto

la fonte dell'

Arno, il 16 Aprile 1311. -II Co. Trova opina che fosse scritta nel castello di Porciano, dei Conti Guidi, a cinque miglia dalla sorgente del fiume. Y. Dante^ Opere
Minori, Y.
III.

p.

482; Par. xvni. 82; xxx. 142.


in

Passa di Casentino
si

Romagna,

e per breve

tempo
narra

ferma a

Forl, di

dove scrive una lettera a Can Grande


di lutti gli esuli toscani. In essa
ai

della Scala, a
l'infelice

nome

successo della legazione di Arrigo

liorentini,

de' quali deplora la cecit.

Can Grande
gnante ancora
Jl

della Scala,

in et di veni' anni,

re-

suo fratello Alboino, guerreggia contro a' Guelfi della trevigiana, e per via d'accordi occupa la citt di Vicenza. - Ricciardo da Camino trucidato; v'ha
ehi dice per tradimento

del Signor

di

Verona;

tulli

per

DELLA VITA

DI

DAME.
alla famiglia de'

53

consentono che

la

congiura

sia stala

tramata da' Ghibellini.

L'anima amara di Dante contro


1312, 29 Giugno.

Caminesi
in

traspira da' versi del Paradiso. - C. ix. 49.

Incoronazione di Arrigo VII

San

Giovanni Lalerano.
Alfonso comincia regnare in Castiglia.
19 Sett. Arrigo giunge sotto Firenze, e
alla badia di
si

attenda

San

Salvi.

1B13. Nascita di Giovanni Boccaccio.

24 Ag. Morte

di

Arrigo VII in Buonconvento, nella

maremma

toscana. Alcuni tennero che fosse stato avvelefatta di

nato nell'ostia, coperta di polvere soltilisssima,

napello, erba mortifera e velenosa, per fra Bernardino

da

Montepulciano. [Cronaca Pisana; Rondoni Ra/faello, arcip.


di

Pisa,

dell'istorie Pisane,

libri

XVI)
(

Il

Barlhold ed

il

Koo'p
K'nicj

pubblicarono

tre

documenti

Uarthold,
II.

llmerziuf

Heinrichs von LUtzelburg,


;

Voi.
aiis

Append. pag. 45
I.

e seg.
p.

Koop,
di

Gescliichlsblatter

der Sckweiz-, \ol.


e

122-127, in forma pi corretta) di Guido vescovo

d'A-

rezzo,

Federigo conte

di

Montefeltro,

dei

Capitani

dell'esercito imperiale. In data di Arezzo 14


al

Settembre 1313
Prato,

Cardinale vescovo d'Ostia, iNiccol da

intorno
la

alla

morte

di

Arrigo VII, da' quali verrebbe contestata

falsit

dell'accusa apposta a fra Bernardino.

Questi docu-

menti, in copie vidimate, rilrovansi a Lubecca nell'Archivio


dell'antico convento dei Predicatori, ed in quello dell'antico convento de' Predicatori a Lussemburgo, fondato da Arrigo
VII. 11

Prof. Ficker
I.

inseriva

nel

(jeschichlsbltter

aus

der Schweiz (Voi.

pag. 312-313.) un estratto del Chronicon


scritto

Gerhardi de Fracheto,
nella

negli
fol.

anni

1316-1334, Ms.
leggesi:

Marciana
die

(CI.

X. cod. xlvi,
in

174.) in cui
beati

MCCCXIII
Apostoli,

xxuii Augusti,

festa

Bartliolomei
in

dominus imperalor

obiit de

ulcere
;

carbunculi

terra de Bonconvento districtus Senensis

ecc. e ci

d pure

ragguagli
veleno,

come

la

pubblica voce tenesse morto Arrigo di

per opera dello stesso frate [quod quidam frater

sibi

Bernardinus de Monte Pulziano... venenaverat eum, dando corpus Christi), ma che ne andasse purgato, specialle

mente per

deposizioni

di

Bartolomeo

di

Yaragnana,

56

SPECCHIO CRONOLOGICO
l'

bolognese, chiamalo a curare


hach.

illustre infermo. (V. Dieffcnobiit,

De vero mortis genere ex quo Henrcus VII imp.

Francoforle, 1685.)
Voi. 2. p. 2. p. 104.)
to,

Ma

il

Leo,

il

Palacky, (Storia di Boemia,


la storia

propugnano
autorit
del
),

dell'avvelenamen-

appoggiati

all'

Chronicon Aulaereqiae (di


presso Dohner,

Pietro Abate di Knnigssaal

hisL Bohemiae, Yol. Y., rifiutando


del

Monumenta come supposta l' epistola


authentica

Re Giovanni,
i.

dei 7

Maggio 1346, stampata dal Baluzio

{Miscellanea,

326) sopra
di

veteri

membrana

del

convento domenicano

Verduno, e citata dal Bohmer nelle


p. 345. -

Regesta del Re Giovanni,


pubblicato gW Appendice
1847,
e
tratto

In funere Henrici VII Imperatoris,

Anche un ritmo latino Anonymi lamentatiOy


storico italiano, n. 18,

AeW Archivio

da un

manoscritto della Biblioteca

reale

di Parigi,

farebbe acquistar fede a tale credenza. - Quan-

tunque Arrigo non avesse corrisposto all'alto concetto che s aveano formato i Ghibellini, col variar di fortuna. Dante non cambia di opinione verso di lui, e grato alle sue buone intenzioni, ed altri chiamando in colpa del poco effetto di queste, imagina che nel paradiso fosse a lui preparato
splendido seggio.
1313-15. Dante
(

Villani, L. ix. e. 52.)

Par. xxx. 133.


Raffaelli.

Gubbio, presso Rosone de'

Vuoisi che Rosone non solo l'accogliesse nelle case sue,

poste nel quartier di sant'Andrea,


stello di Colmollaro,

ma
il

altres nel

suo casei

situato presso
Falcucci,

fiume Saonda, a

miglia da Gubbio.

Un

divenuto possessore delle

case de' Raffaelli, poste nel quartier Sant' Andrea, presso la

porta Sant'Agostino,

questa iscrizione

fece collocare nella parete laterale Hic mansit - Dantes Alegherius poeta - Et

carmina

scripsit - Federicus Falcutius - Virtuti et poster.


il

P.si

Costante tradizione pure che


ritraesse per alcun

Poeta

in

questo torno

tempo

nel monastero dell'ordine camal-

dolense di Santa Croce di Fonte Avellana, situato nel territorio di Gubbio, sul fianco dell'Alpe detta Catria; luogo
orrido
e
solitario,

[Par. xxi. 106.)

essendovi

Priore Fra

Moricone. Gli annali Avellanesi segnerebbero l'arrivo di

Dante nel 1318. La camera, ove si tiene che egli abitasse, e vi scrvesse parte del suo poema, chiamasi tuttora la camera di Dante; e, sotto un busto di marmo rappresentaiil

DELLA VITA
il

DI DANTE.

37

Poeta, avvi in una parete la seguente iscrizione. -//occc

cubkulum hospes - In quo Dantes Aligherius habUasse - In eoque non minimam praeclari ac - Pene divini operis sui partem com - Posuisse dicitur undique fatiscens - c tantum non solo aequatum - Philppiis Roduphius - Laurentii JSicolai Cardinalis - Amplissimi fratris filus summus - Collegii praeses pr eximia erga - Civem suum pietate refici hancque - lllius effigicm ad tanti viri memo - Riam revocandam
Antonio Petreio - Canon. Florent. procurante - Collmiri mandavit - Kal. Maii 3IDLV11. - Camald. Monaci re vtius cognita - Hoc in loco ab ipsis restaurato - Posuerunt Kal. Nov. MDCXXIL - Il Troya vuole che si conducesse presso Bosone nel 1317-18, e che vi erudisse i figli del suo amico Bosone, autore
dell'

Avventuroso Ciciliano e

di

Bastiano,

autore del Teleutelogio,


1314, 20 Marzo. Dante, inviato da Guido Polenta,
sciatore
a'

ambadella

Veneziani,

per rallegrarsi in di

lui

nome

elezione a

Doge

di

Giovanni Soranzo - Sua lettera a Guido


III.

Polenta. Y. Dante, Opere Minori, V.

p. 500.

20 Aprile. Morte di Clemente V a Roqueraaure sul

Rodano,

{Villani. L. ix. e. 54.) di quella specie di


il

canchero

delle scure o natiche,

quale da' medici del medio evo era


(V. Lettera del cav. Salvatore

chiamato lupus o lupulus. de Renzi


al

Co. Carlo Troya sulla malattia di Clemente V.)


a'

Lettera di Dante

Cardinali italiani, perch ces-

sassero lo scandalo della avignonese cattivit, e consolassero

Roma
Pietro,

e l'Italia, riconducendo tra noi l'augusto seggio di

che dell'una e dell'altra saldezza ed ornamento.


ai cardinali Italiani
III. p.

{Questa lettera debb'esser stata scritta prima del 14 Luglio


in

che venne fatta violenza

dal partito

guascone.) Y. Dante, Opere Minori, Y.

507.

Lodovico

il

Bavaro succede ad Arigo YII.


il

Morte

di Filippo

Bello, re di Francia. Por. xix. 118.


i

Guelfi della di bel nuovo Marca trevigiana, capitanati da Jacopo di Carrara. Par. ix. 45, 14 Luglio. Uguccione della Faggiuola, strenuo capi-

Can

della Scala

rompe

tano ghibellino, podest de' Pisani,


a che Uguccione

s'

insignorisce di Lucca.

Quivi l'Allighieri, accolto amorevolmente, prese stanza fino

non ne perdette

la signoria

qui scrisse la

58
terz'

SPECCHIO CRONOLOGICO

ullima parte del suo Purgatorio

qui
di

s'

innamor

di

una nobile e costumata giovine lucchese,


ghi. Purg. xxiv. 37.

nome Gentucca,

poi moglie di Bernardo Moria degli Antelminelli Alluccn-

Clemenza,

figlia di

Carlo Martello,
il

va moglie

di

Luigi

succeduto a Filippo

Bello. Par. ix. 1.

29 Agosto. Celebre vittoria di Montecatini.


1315, 15 Sett. Secondo
il

m^e
ed
ivi

compie

il

Purgatorio.

Troya ed il Fraticelli Il Troya vuole che

in
il

questo
poeta

incirnasse nel 1308 a Parigi questa

sua seconda Cantica,

ne dettasse

primi

Arrigo Yll

in Italia, nell'

otto canti, mentre aspeltavasi autunno del 1300, a' quali pur si

debbe aggiugnere l'ottavo, dove s'odono le rimembranze si tenere dell' ospitalit trovata da Dante presso Franceschino Malespina di Muiazzo e Moroeilo e Corrado di Yillafranca.
Lerici

Testimoni

di

quel suo viaggio sono

ricordi di

di ISoli

e di Turhia.

La menzione

di questi luoghi

ne' primi quattro canti ci assicura che di tutte le vie aperte

a Dante per andare a Parigi, ei trascelse quella di Lunigiana

e della riviera di Genova. L'accenno ch'ei fa di S.Leo e


di

Bismantova
di

ci

attesta parimenti di aver egli riveduto le

cime

Montefeltro dalla Romagna,

ove fu segretario

di

Scarpetta degli Ordelaffi per alcun tempo nel 1308, e d'esser


poscia disceso in Lunigiana pel tratto di
gio,

Modena

e di

Regcielo

all'ombra quasi di Bismantova.


gli

L'aver mutato
la

sembra
stanco,

avesse infuso nel petto

serenit

dei primi

cinque canti del Purgatorio, melodia dolcissima


il

quale

si

va riconfortando con
di

la

di un'animo memoria de' primi

suoi anni e del cantar

Casella.

Canti del Purgatorio

die vanno dal


al

viii al

xi furono composti poco


si

dopo 111310
suo recente

pi tardi, e per

risentono ancora
il

del

viaggio in Francia, l nel luogo dove

poeta in onore di

Oderisi da Gubbio ricorda l'arte che a/Zt/mmare chiamata


in Parigi (xi.81)

Dal Sett. 112


Anche

al

24 Agosto 1313 (undici


i

mesi) scrisse, salvo qualche ritocco,


pieni

canti dal xiv al xviii,

d'ira

sovente contra coloro

quali

si

mostrarono
ebbe
la

tiepidi amici dell' impero.

Pisa, nel xiv,

sua

parte de' biasimi, ed

ei la

disse abitata da' volpi ripiene di


s'

frodi; ed accenna senza dubbio alle parti, che gi

anda-

DELLA VITA

DI

DANTE.

59

vano

ivi

formando,

capitanate dai due Buonconti, a' quali

pareva, doversi con piena riverenza e sommessione obbedire


alle Bolle date in

1313, acciocch Arrigo VII non recasse molestia al re


berto.

Avignone da Clemente V. nel 2 Giugno Roa

Queste Bolle,

senno
in

di

Dante,

furono

l'

inganno
Bianchi

eh' egli

non mai pi
del

tutta

la
i

sua vita perdon alla


Ghibellini
di

memoria

Guasco; Bolle che

ed

dicevano essersi con gran pregio


Roberto. La pena di Adriano

danari comperate da

e di

Ugo Capeto pare abbia


le quali

avuto

in

mira

le

ridette
la

due Bolle per

era slata

violentemente offesa

parte dei Ghibellini [Purg. xix. xx).

Tolta a' 14 Giugno 1314 Lucca al re Roberto da Uguccione, Dante ripara in quella citt, e riprende la tela del poema rallentata ed anche sospesa per qualche tempo, e vi compose il G. xxiii, ed il XXIV - Neil' intervallo dei 5 mesi
fra l'assedio di Cigoli e la vittoria di Montecatini,
il

poeta

avvicendava
gli

la

sua dimora

fra Pisa e

Lucca, e componeva

ultimi

canti.

Quanta dolcezza quanta pace negli ulQuale certezza


di ritornare a Firenze!
11

timi sette canti!

Purgatorio

fu

dedicato dal

poeta

Moroello

Malaspina,

marchese
6

di Yillafranca, o,

secondo

altri a

Moroello, mar-

chese di Valditrebbia.

Roberto

in Firenze,

Novembre. Zaccaria d'Orvieto, vicario del re condanna per la terza volta Dante Alli-

ghieri, a perdere la testa per

mano

del carnefice,

ov' egli

fosse venuto nelle forze del

Comune.
Can Grande
della Scala.

1316, 10 Aprile. Uguccione cacciato non solo da Lucca,

ma pur anco da

Pisa, ripara presso

[Villani, L. XI. e. 78.)

7 Agosto
di

Elezione a pontefice di Giovanni XXII,


xi. e. 81.) -

Caors (Jacopo, vescovo di Avignone Villani, L. esecrato s spesso da Dante. Par. xxvii. 58.
Co. Guido di Battifole [Villani, L. ix.

Oltobr. 15 Sett. Elezione a podest di Firenze del


e. 79).

Sotto

il

di lui

regime,

il

d 11

Decembre,

fecesi
i

uno stanziamento pel quale


di

concedevasi facolt a

tutti

fuoruscili

potere a certe
lasciando ogni
l'

condizioni rientrare in Firenze.

Ma

Dante,

cosa pi caramente diletta,


dell'

non

avea lasciato

altezza

anima. Memoranda sua lettera ad un frate suo nepole

60
(de'

SPECCnJO CRONOLOGICO

Brunacc o dei Poggi), in cui disdegna di lasciarsi ribe-

nedire

come

prezzo vile al suo


della vita di

il suo ritorno con Questa Epistola un apologia Dante, perch da essa apparisce la sua inno-

colpevole,

ricomperare

nome.

cenza, e lo studio continualo della filosofia. Dante,

Opere

Minori, V.

III. p.

521.

Dante a Verona. Famosa sua Lettera a Can Grande non solo porta espressi e splendidi caratteri dell' AUighieri, ma determina preciso il verace metodo di commentare il divino poema -Dante, Opere Minori, Y. III. p. 528 -Fin dal 1819, lo Scolari avea dichiarata non genuina
della Scala, che
i

questa dedica del Paradiso.

Nella sua ristampa delle note

del Perazzini alla divina Comedia, cerc di confutare

minu-

tamente
nella

la

contraria opinione esposta dal Witte nel 1827,

sua edizione delle lettere di Dante,

approvala dal
tenne con

Picei, dal Torri, dal Torricelli.

Ma
il

le

nuove ragioni esposte


che di poi
si

parvero cos seducenti


cizia

al Picei (1846)

lo Scolari. In questi ultimi

anni
i

P. Giuliani, della cui

ami-

mi onoro, il pi dolio tra viventi comentatori di Dante in Italia, ebbe scoperta un'importantissima testimonianza di Filippo Villani in favore dell' autenticit, e la stamp nella
Gazzetta di Venezia del
16 Ottobre 1847.

lo Scolari tor-

n pi pertinace in campo. Ma allora entr a combatterlo XtW Album romano il P. Ponta, n mancarono repliche contro repliche. Tale opinione sostenne

ancora

il

Giuliani in

un'accuratissima e molto erudita dissertazione sopra la lettera

a Can Grande (G. Arcadico,


rio del

n. 127). Il

20 Settembre 1855, nel


al sacro ministei

cinquantesimo anniversario dell'assunzione


suo amico Goffredo Blanc,
si
il

Witte svolgeva
si

pi

importanti argomenti che


scritto delle Lettere di

ricavano da un antico manoconser-

Dante a Can Grande che


di

vano nella biblioteca


(Halis Saxon. typis ed.

Monaco. {Insunt observationes de

Bantis epistola nuncupatoria ad

Canem Grandem de la Scala, Heynemann, 1855.) Per quanto ragiomostrassero


le

nevoli e convincenti
ci

si

conclusioni del Witte,

non

di

manco

lo Scolari

perdurante nel suo sentimento,


la Scala,

rispose al Witte che non polca con lui entrare in accordo.

[De Dantis nuncupatoria ad Canem Grandem de


Mediolani
typis fratrum

Centenarii, 1855).

Ma

da ultimo

DELLA VITA DI DANTE.

61
-

valorosamente comenlavala di nuovo, e propugnavano l'aulenticit il P. Giuliani da ritenerne vinta la prova. (Genova,.
Sanibolino, 1856; Giuliani, Metodo di comentare la D. C. p.

3-125; V. L'Articolo del Tigri sulla dissertazione del Giuliani, Spettatore, 10 Maggio, 1857; Witte, Studi germannici

sopra Dante deli anno 1855, Spetattore 4 Maggio, 1856.) 1318. 16 Dee. Can Grande, in parlamento a Soncino,
vien eletto Capitano generale della lega ghibellina in
bardia.

Lom-

1319.

Biografi di Dante
in

vogliono che in quest'anno

avesse stanza in Udine ed

Tolmino, castello situato nei


presso
il

monti sopra Cividale del


della Torre,

Friuli,

Patriarca
si

Pagano

guelfo.

In questo ultimo sito


di

crede che
parti delle

Dante scrivesse a compiacenza


sporto sopra
il

Pagano alcune

sue cantiche... E a questa credenza consente uno scoglio


fiume Tolmino, chiamato oggid

dalli

paesani

Sedia di Dante.
1320. Dante,

Valvassone.
al
il

scrivendo e' primi mesi del 1320

Del

Virgilio, significavagli di

non aver ancor terminato


in

Para-

diso.

Pare per
il

lo

compiesse

quest'anno.

primi ix canti,

secondo
canti che

Troya, furono
ei

guccione; ed

prima della cacciata di lipur vuole che nel 1317 ordinasse gli otto
scritti

vanno dal x

al xvii. -

Opinione erronea che


111 di Sicilia.
:

la II
il

Cantica fosse intitolata a Federigo

Yeggasi

bellissimo articolo di Silvestro Centofanti

Se Dante dedicasse

a Federigo

111,

re di Sicilia, la Cantica del Paradiso,

An-

tologia di Firenze,

Marzo ed Aprile, 1832.

gloriosae,

20 Gemi, In inclyta urbe Verona, in sacello Helenae coram universo clero veronensi, praeter quosdam,

qui, nimia caritate ardentcs, aliorum


tunt, et

rogamina non admitper humilitatis virtutem Spiritus Sancti panperes, ne aliorum excellentiam probare videantur, sermonibus eorum
interesse refugiunt. - Et
I).

hoc factum est

in

anno a nativitate

N.

J.

C. 1320,

in die Solis...

qui quidem dies fuit se-

Februarias

ptimus a Januariis Idibus et decimus tertius ante Kalendas . 24. ) sosteneva la tesi filosofica colle forme
(

scolastiche

Quaestio de

Aqua

et terra:

Se l'acqua nella

sua
cl>e

sfericit, vale

a diro nella sua circoferen?a sia in

quaU

parte pi Alta della terra.

62

SPECCHIO CRONOLOGICO

Ravenna, accoltovi amorevolmente da Guido V. Novello, nipote della famosa Francesca. Egli non assent, scrive il Marlinetti, che Dante stesse nel suo principesco palazzo, sapendo come la filosofia e la poesia amino

Dante

la quiete e il riposo, e non le consuetudini romorose che sono nelle case de' grandi: sicch per renderlo libero e indipendente gli assegn una sua abitazione, la quale semal convento de' Frati minori di Francesco (oggi appartiene alla nobile famiglia Fabri ), provvedendolo nel medesimo tempo di ci che ad un esule,

bra sia quella in vicinanza


S.

condotto in miseria, pu abbisognare.


Pietro, figliuolo suo maggiore,

Quivi

si

condusse

chiamatovi dal Polenlano a


S.

tenere

1'

ufficio di giudice,

ed fama che abitasse in

Ma-

ria in Zenzanigola. ci

lasci scritto

il

Anche per opera dell' Allighieri, come Vasari, si rec in Ravenna il celebre suo
figlia di

amico Giotto
di
S.

a dipingervi alcune storie in fresco nella chiesa

Francesco.

La

Dante,

Beatrice,

esalare lo spirito, presso al s0{)olcro del padre,

si

amando di rese mo-

vivere.

naca nel convento di S. Stefano dell' Uliva, dove cess di E Giovanni Boccaccio, allorch si condusse a Ravendi

na, fu pure incaricato dalla repubblica firentina


dieci fiorini d' oro alla suddetta

pagare

monaca.

Il

Martinelli vuole

che Dante

fin dal

1318

si

riducesse a Ravenna.

1321. La Repubblica di Venezia prende a


ra
al

muover guer-

Polentano. Questi prega l'amico Allighieri a voler

portarsi con titolo di suo ambasciatore a quella repubblica

per tentare, se fosse stato possibile,


pace.

di ridurla a sensi

di

Ma poco

o nulla da

quel rgido Senato- pot ottesi

nere; ond'egli dolente della mala riuscita,


alla partenza.

dispose tosto

Se non che negatogli da' Veneziani il passo per mare, dov prendere la via di terra; e, transitando con
disagio

per quei luoghi paludosi,

contrasse la febbre,

torn infermo a Ravenna.

14 Settembre. Morte di Dante. -

Il

Villani la vuole

avvenuta nel mese

di Luglio. [Villani, L. ix. e. 135.) In

un

pregevole codice di questo storico, che si conserva nella iscriMarciana di Venezia, si legge nel mese di Settembre.

zione sepolcrale, dettata da Giovanni del Virgilio, amico di

Dante, termina cos:

DELLA VITA

DI DANTE,

6.t

Mille tercentis, ter septem Numinis annis,

Ad sua septembris
Il

idibus astra redit.

Villani (lice che fu seppellito in

Ravenna, dinanzi
in

alla

porta della Chiesa maggiore,

a grande onore,
11

abito di
dei

poeta e di grande
frati

filosofo.

Martinelli,

nella Chiesa

Minori francescani, in una cappella dell' Ardica, per la


del

brevit

tempo,

in

un umile sepolcro.

- G. Eoccaccio,
ai

dopo

di

aver con eloquenti parole rimproverato

Fiorentini
:

l'immeritato esigilo del grande poeta, cos prosegue

Ahi,

misera madre, apri

gli

occhi e guarda con alcuno rimordigli odii e le inimicizie

mento quello che tu


cessano per
la

facesti... se le ire,

qualunque che muoia, come si crede, comincia a tornare in le medesima, e nel tuo diritto conoscimento comincia a vergognarti di avere fatto contra la tua antica umanit; comincia a voler apparer madre e
morte
di

non pi inimica; concedi

le

debite lagrime al tuo tigliuolo;


e colui
il

concedigli la materna piet;

quale tu

riliutasli,
di rila

anzi cacciasti vivo siccome sospetto, desidera

almeno

averlo morto
grazia alla

rendi la tua cittadinanza,

il

tuo seno,

tua

sua memoria... Cerca di voler essere del tuo

Dante guardiana, raddomandandolo.


che Ravenna che degli onofi non l'avrebbe certo renduto
firentina

Ma

egli gi

antivedeva

di Firenze si
(1).

gloriava tra' futuri

Fin dal 1396 la Repubblica


al

decretava

di erigere
si

suo poeta un magnifico

sepolcro, ove le sue ceneri

fossero impetrate da Ravenna.


efletto.
si

Ma

la

preghiera cadde vuota d'

E questo desiderio

di fare

ammenda

dei torti aviti

svegli pi vivo nel 1429,

e ne' fasti consolari delle Riformagioni di Firenze leggesi la


lettera dal
ta,

Comune

indiritta

il

10 Febb. 1429 ad Ostagio Polen-

che venne pubblicala dal Gaye.


fu nulla.

Ma anche
i

questa volta
;

non ne

perci

si

ristettero

horentini

ed

ai

20

Ottobre lo 19 l'Accademia medicea indirizzava a Papa Leone

X un

memoriale a questo medesimo

line,

Michelangelo

olTrivasi di prestar la

sua opera a innalzare a quelle ossa


ispirato

rimpatriale un

monumento, che

da quel suo por-

tentoso ingegno e da quel suo ardentissimo cuore, sarebbe


(Ij

E quella savia Ravenna, che serba


11

tuo tesoro, allegra se ne goda,


!oda. Ci no, cxii.

Cbo e degna per gran

64
riuscito

SPECCDIO CRONOLOGICO

veramente degno di esse. [Io Michclangiolo Schultore il medesimo a vostra Santit suplicho, offerendomi al Divin Poeta fare la SepuUtira sua chondecente e in locho onorevole in questa citt. - 11 documento originale s consort
il

serva nel R. Archivio di Stalo.)


sospirato effetto.

Ma il nobile divisamento non Se non che Fiorenza era entrata

in isperanza di poter aprire la solennit centenaria del di-

vino poeta coir entrata in Firenze delle sue ossa, richiamate


alla fine dall'esilio

che dura da cinque secoli e mezzo.

11

Consiglio generale del Municipio fiorentino indirizzava una

preghiera alla citt di Ravenna (4 Maggio 1864) per ottenere da essa come fraterno dono, quanto pi doloroso, tanto
pi nobile,
la restituzione

di poter porre

delle ossa di Dante, chiedendo dove furono serbate una epigrafe che ricorla fiorentina

dasse la generosit ravennate e

riconoscenza.

Ravenna non pativa l'animo di staccarsi da quel tesoro per cinque secoli e mezzo religiosamente serbato, e
a

Ma

adonestava

il

rifiuto

con questa deliberazione:


agli atti
il

Considerando esser debito de' nepoti tributare perenne

e reverente
))

omaggio

che onorano

gli avi

Considerando che

deposito delle sacre ossa di Dante

Allighieri in

tati d'Italia, considerarsi

Ravenna non pu, {)ei destini felicemente mucome perpetuazione d'esilio, una
con duraturo vincolo tutte

essendo

la

legge che raccoglie

le citt italiane;

Considerando che
appresterebbe

la citt di

Ravenna, desiderosa
ad onorare
la

associarsi

alla celebrazione

del sesto centenario di Dante,

non

si

in retta guisa

memoria

del grande Italiano,

abbandonando
d

altrui quelle sacre ceneri

che furono e sono oggetto


cittadini ravennati;

11

tanto culto

ed amore del

Consiglio municipale incarica la Giunta d' indirizzare


della citt d

nome

Ravenna una
sua preghiera.

fraterna parola al Consdi

glio

municipale di Firenze esprimente rammarico


la
>>

non

potere accogliere

65

BIOGRAFI ED ELOGISTI DI DANTE

Dettarono Vite, Biografie ed Elogi del divino poeta tra

gr italiani: Amurosoli
(trad. in inglese dal

Fr. - Arici Cesare - Balbo Cesare Bunbury, Londra, 1862.) - Boccaccio Gio-

vanni - Borghi Gius.


CoRNiANi G. B.
-

Bruni Leonardo - Cereseto G. B.

Costa Paolo - Crescimbeni Giovan Maria Domenico di Maestro Bandino - Fabroni Angelo - Fanelli G.B. -Ferrucci Catterina - Filelfo Mario - Fossati LuigiFraticelli Pietro - Giudici Emiliani Paolo - Gregoretti
Francesco - Landino Cristoforo
Giuseppe
-

Litta Pompeo - Maffei


-

Mannetti Giannozzo-Missirini Melchiore -Orelli

T. C. - Pelli Giuseppe - Polentone Sicco - Redi Francesco

RiNUCciNi Filippo - Sacchi Defendente - Salpi Aurelio - San-

soviNO Francesco - Serassi Pietro Ant. - Tirabosghi Girol. -

ThOUAR PIETRO
Tra
(18;V2) f

YeLUTELLO ALESSANDRO - YlLLANI FILIPPO.

gli

Stranieri:
-

Abeken Bernardo Rodolfo


Baciienschwanz
L.

(1826) -

Arndt Lodov. (1846

L. G. Blangiiard P. (1805) - Chabanon M. (1773) -Fauriel C.

(176")-Blang

1839)-FellerF.X. (1797)-FLoro Hartwig (1858)- Grasse Giov. Teod. (1842) - Grohmann Gmv. (1796) Kannegiesser Carlo
LoD. (1814)-K0HLER Luigi (1839) - Kopisch Aug. (1842)-La,-

MENNAis F. (1855) -Massoni Papirio (1587) -Mongis T. A. (1831)

Montor Artaud (1841)-Nordmann Giov. (1852) - Oettinger Edoardo (1850) -Pricigi C. (1853) - Quinet Ed.-Raumer Cab. (1842) - Reumont Alf. (1838) - Strechfuss Carlo (1824) Struckow D. (1842) - Wagner Adol. (1826) - Wegele Franc. (1852) - WisMAYR Gius. (1815) - Witte Carlo (1831). - Zeloni
C. (1844).

Una
Dante'

Rivista

critica de' Biografi

di

Dante

fu dettata

da

Teodoro Paur:
s,

Ueber
;

die

Ouellcn

der Lebensgerschichte
et

Gorlizza, 1862

e da

Carlo Labitte, Biographes

Traducteurs de Dante, Revue des deux Mondes, lOct. 1841.

VOL. U.

CARATTERE MORALE
E
se
il

DI

DANTE
il

mondo

sapesse

cuor eh' egli ebbe.,


140.

Assai lo loda, e pi lo loderebbe. Par. VI.

Amore.
lui

Il

primo

affetlo, la

prima educazione

ili

questo

spirito singolare

E quando per l'Amore divenne non pi che una memoria ei la narr


ardentissimo fu l'Amore.

con incredibile soavit di melanconia in quella prosa fervida e passionata, cli'ei medesimo intitol Vita Nuova. Novenne,
nella dolce stagione,
nel

tempo nel quale

la

dolcezza del
i

cielo riveste de' suoi

ornamenti

la terra (Boccaccio), in casa

Portinari, vide per la prima volta Beatrice in sugli otto anni.

Al primo sorriso,
di

alla

prima parola parlata,

le

vergini anime

que' fanciulli armonizzarono in un soave ed arcano conla

cento d' amore:

persona sua purvola sostenne una passion


gli

nova, lo spirito della vita

prese a tremare
di
lui

fortemente
Vita

che apparia

nelli

menomi

polsi

orribilmente:

iYMoya, 2, 12; Son.Yi., Ediz. (riuL; Canz.iu.'; Ballata,u;

Purg. XXX.
far

41. D'allora innanzi


s

Amore
:

signoreggi l'anima

sua, la quale fu

tosto a lui disposata... che gli convenia

compiutamente lutti i suoi piaceri Amore gli comandava molte volte ch'e cercasse di questa Angiola giovanissima.
Vita ISuova 2. Ne' 18 anni,

pel suo

dolcissimo salutare,
inebbriato
si

gliene prese tanta dolcezza, che,


dalle genti:
in

come

part

questa

congiuntura ebbe una visione che


tutti
i

fa manifesta, col

suo primo Sonetto, a

fedeli
in

d'Amore:
picciolo

Vita N.

3.

Se

non che questo sentimento


la

tempo
prire:

gli

distruggea

persona, e gi portavane nel viso

tante delle insegne di


Vita
JS.

Amore che non


il

se ne poteva

rico-

4.

Accortosi che

suo segreto non era pensa d'altra

svelato altrui, quantunque alquanto conosciuto da Beatrice

per lunga consuetudine, [Vita

donna gentile

farsi

IS. 12) schermo della verit

ei
:

Vita N. 5. xMa,

partitasi essa di Firenze,

so ne disconforta,

ne

fa

lamen-

CARATTERE MORALE

DI DAiNTE.

67

lanza con un Sonetto {Vita N. 7); va per lei {VitaN. 9); si duole che s tosto non rivenga, onde per consiglio d'A-

more
Vita
si

sceglie
jy.

un

altra gentile

che

sia velo al

vero amor suo:


guisa che

10. Se non che di queste dimostrazioni d'affetto


li

ragionava oltre

termini

della

cortesia,
il

in

Beatrice se ne offende,

e gli niega

dolcissimo salutare,
fine

nel quale dimorava la sua beatitudine,


desideri.

di tutti

li

suoi

Vita

]\.

10, 18.

Di che

gli

giunge tanto dolore

come pargoletto battuto, piange amarissimamente, finch vinto e lasso s' addormenta. Ma Amore fra il sonno lo riconforta, lo indetta a scriverle una Ballata, adorna di soave armonia, profferendosi egli
che, appartatosi dalle genti,
stesso interprete dell'ardente sua passione presso Beatrice
Vita Y. 12.
:

Combattuto dipoi da una battaglia di pensieri, se Amore sia o no buona cosa, scrive su ci un Sonetto: Vita Y. 13. - Un bel giorno persona amica lo conduce dove erano di molte gentili donne adunate, ma la vista di
Beatrice gli vince ciascun sentimento, onde V amico avvistosi dalla

sua trasfigurazione

il

toglie di quel luogo

ed

egli a ritornarsi nella

camera

delle lagrime, dolersi di sua

condizione che disconfiggeva la poca sua vita, non per ammaestrato dalle passate passioni dal non cercar pi la l^duta di lei: Vita i\. 14,15. 10. Fatto ornai chiaro il suo segreto, anche per le molte durate sconfitte, vien chiesto per alcune donne gentili del fine dell'amor suo. Dacch

da Beatrice eragli negato


pose
lare
di

il

saluto,

il

essere nelle parole che lodano la donna sua.

supremo suo bone Onde si pro-

prendere quindi innanzi per materia del suo par-

sempre mai quello che fosse loda di quella gentilissima: Vita iV. 18. Tra la bellezza do' campi, lungo le pure acque correnti di un limpido ruscello, la sua lingua quasi per se slessa mossa disse: Donne che avete intelletto d'amore, e queste parole le si ripone nella mente con gran letizia, sicch ritornato alla citt, pensando alquanti di, dett l'intera Canzone. In essa parla alle donne e alle donzelle, che non era cosa da parlarne altrui. E fa che un angelo parli a Dio d' un nuovo miracolo gentile che si vede nel mondo
e che
fin

lass risplende;

ma

del quale

il

cielo patia difetto.

Iddio risponde:

Aspettale

alquanto

si

che

gli

uomini

Ju

68

CARATTERE MORALE

DI

DA>TE.
all'

possano ancora godere,


malnati racconti
:

e colui che andr

inferno dei

lo vidi la speranza de' beati. Quindi venen-

do a narrare le doli di questa desiderata dagli Angeli, dice due versi che toccano il subblinie: E qual so/frisse di starla Vita A'. 19. In a vedere Diverria nobil cosa, o si morria questa Canzone vi il germe dei tre regni visitati o veduti
:

in visione,
lo. -

che poi dovea incarnare coU'altissino suo can-,

Appresso, pregato a spiegare che cosa fosse Amore,

lo fa in

un Sonetto

y<7a iV. 20)

ed in un altro ne dice,

in atto anche dove non sarebbe in potenza da chi da lei veduto: Y. iV. 21. ISon guari dopo muore il padre di Beatrice, e canta il dolore di lei [V. N. 22); inferma egli stesso, e delirando imagina

che questo amore per Beatrice destato

che Beatrice
Vita
A'.

sia

morta, e cajita l'ambascia di quel delirio


anni,
fu dal

23.

Ma come
nel

Beatrice, tutta splendente di virt


degli

di

bellezza,

fiore

Signor

della

//m^r/^m chiamata a gloriare sotto l'insegna di quella rei-

na benedetta Maria,
lore,

Vita ]\uova 29) egli


in tante

in tanto
(1)

do-

in

tante

afflizioni,

lagrime rimase

che

parca

36.

di fuori

una vista d terribile sbigottimento: Vita N. N per volgere di tempo il dolore si disacerba n
;

alcun conforto
sospiri,
gli
li

gli

valea

[Conv.
il

ii

12);

riaccendendosi

si

riaccendea pure

sollevato

lagrimarc. Hi

guisa che

suoi occhi parevano


Vita

due cose che desiderassero

di piangere:

della

Nuova 40. Al compiersi delFannovale morte, scrive un Sonetto [Vita Nuova 35) per mesta

commemorazione di lei, che in cielo si vivea cogli Angeli e in terra coli' anima sua: Comimi. 2. Se non che un pensiero
soave, piacente dilettoso trasporlavalo spesso in l'alto cielo,
nel

reame ove

gli

Angeli hanno pace, e a pie di Dio. Quivi


ch'ella

per graziosa rivelazione dell' istessa sua viva Beatrice beata


[Conv. 11.9) sa

per vero

in cielo,

onde ne trae

lauta consolazione (Conv. n. 10), e ne va quasi rapito dalla


lolcezza, la

quale

lauta che lo fa desioso della morte


:

per andar

dov' ella era

Conv. n, 8

Canz.

iv.

vii. 2,

3;

(1) Era divenuto quasi come una cosa salvatica a riguardare. Bocc, Vita di /)aMc.- Vedi Canzone vii. Di Gino da Pistoia, a Dante AUighieri per la morte di Beatrice; e il Sonetto di Guido Cavalcanti: lo vengo H

giorno a

te

infinite volte.

CARATTERE MORALE
Vili. l.

DI

DANTE.

69

E siccome

aveale Dio per maffglor grazia dato, che

non pu mal

finir chi le

ha parlato; cos acquista certezza

ben presto ad altra vita migliore, l dove quella gloriosa donna vive della quale fu l' anima sua innamorata Conv. ii. 9. E quanta semplicit e purezza di affetto, quanta verit di passione, che profumo d'ineffabile tristezza non vi traspira per entro a quelle care pagine,
di passare anch' egli
:

rivelatrici de' pi intimi de' pi segreti palpiti del

suo cuore!

Come

in esse fatto tesoro di

ogni pi piccola circostanza,

lenendosi egli sempre stretto diretro al dittatore!

La prima volta che


germente sanguigna
11

la

vide indossava
iY.

una vestina

leg-

{Vita

2,3,39): nove anni dopo,


gli

ch'ebbe
quasi

il

primo saluto,

bianchissimo: Vita JSuova 3.


pallido,

apparve vestita di color L'aveva il viso d'un color


JS.

come d'amore [Vita


Per esempio di
d'

37;

Canz.w.L);
prova. Canz.

per bella tanto, ch'era l'esempio della bellezza vera; onde


di lei diceva
11.

Amore
s'

lei belt si

4 - in lei

accoglie

ogni belt luce. Canz. vu. 4; - e

perfino da

gentile {Vita N. 3,14,26),


del cielo: Vita
A'.

non parere cosa mortale, ma un novo miracolo anzi uno de' bellissimi angeli
26.
il

Ma

pi

che bella,

la

sua

beati-

primo diletto dell'anima sua {Conv. ii. 12.), la gloriosa donna della sua mente {Vita iV. 2.) era buona; anzi in altissimo grado di bont: Vita J\\ 22. Ella donna di virt {Inf. ii. 76) d'ogni ben la vera porta
tudine (F. N.
5, 9),
;

Canz.

V. 1.);
j\.

distruggitrice

di tutti

vizi,

e regina

della

virt {Vita

11.); quella in cui Dio mise grazia tanta:

Canz. V. 4. - Chi per virt non degno del cielo e non merta salute Non speri mai d'aver sua compagnia. Bai. ii. E bastava il lume de' giovinetti suoi occhi, perch il suo
fedele
diritto

Vita i\. 12. Inf. ii. 98 ; Purg. xxxi. 134) tenesse il camino [Purg. xxx. 121; Canz. iv. 2); perch il suo intendimento si guardasse sempre da tutte cose vili Vita N. 13), e si reggesse sempre col consiglio della ragione: Vita 1\. 2. L' amor di Dante non distrugge ma feconda, aggiunge una forza immensa al sentimento del dovere, in
{
(

breve, ha

la virt santifcatrice

dell'anima. La potenza di

continuo processo alla perfezione e alla purificazione {di

buono

in migliore, di migliore

in ottimo

Conv.

i.

2) che

ri-

70
tletleva
in
lu

CARATTERE MORALE

DI DAiNTE.

da Beatrice

subbiello conlinuo de' suoi


. . .

versi. Quando ella apparia da parte alcuna nullo nemico mi rimanea, anzi mi giungea una fiamma di caritade, ia quale mi facea perdonare a chiunque m'avesse offeso: e ohi allora m'avesse addimandato di cosa alcuna, la mia ri-

sponsione sarebbe stala solamente Amore, con viso vestito


d'umilt: Vita N. 11. Ma non ancor conlento di questa prima freschissima corona di che infior le tempie all'amor suo, quasi da mirabile visione rapito, ei vede cose che lo fecero proporre di non dir pi di quella Benedetta, infno a
lauto che non potesse pi degnamente trattare d lei: e dire di
lei

quello che

mai non fu
si

detto d' alcuna


ei

Y. iV. 43.

Ove

il

suo desiderio
Beatrice
il

adempia,
fu

pi non vorrebbe che morire.

adunque
gli

la

donna miracolosa che spir


le

poeta,

che

fece significare ci che dentro dettavagli


;

Amore
cos

[Purg. xxiv. 43)

che guid
;

penne delle sue


e cagione

ali

alto volo {Par. xxv. 49)


di

principio

del pi
si

gran poema

che

si

onori

Fumano

ingegno.

Non appena
il
i

accosta alle soglie del paradiso, Virgilio abbandona


s'

poeta, e
cui

avanza Beatrice, l'amore de' suoi giovani anni, colei


:

occhi, lucevano pi che la stella


le sfere celesti.

essa lo deve guidare per


si

La donna

del suo cuore

trasformata

nella teologia, nella scienza divina, in

un

idea.

Ogni volta

che

parla di Dio, gli occhi di Beatrice sfavillano di una


il

amante non pu sostenere ella dice cose mente dell'altissimo vate si perde. E finalmente, giunti presso alla suprema luco, ella siede fra le anime pi vicine a Dio, ed al poeta concessa un istante la visione celeste. Ecco la fine del lungo viaggio, ecco dove viene a compiersi il desiderio de' due amanti {P.Villari). E bene // Sire della cortesia esaud i suoi voti. Quando egli ebbe degnamente detto di lei quando ebbe raccolto in un volume ci che per l'universo si squaderna, quando ebbe compiuto r immortale poema, la pi sublime apoteosi d creatura umana, allora quegli che a tanto ben sortillo Pialuce che
dietro
rapito
;

cui la

cque di trarlo suso alla sua mercede {Par.

xi. 109)

e la sua

anima se ne and a vedere


d C^lui qui est per

la gloria della

sua Donna, cio di

quella benedetta Beatrice, che gloriosamente mira nella facti(k

omnia saecula benediclus:

V. iV. 43.

CARATTl'UE MORALE DI DANTE.

71

Sua fede nell'amicizia.


misur ogni suo
glio
atto,

Dante
i

am Sempre

a fede.

Dell'amist osserv per miiiulo

gradi; e secondo questi

ed eziandio quelli riguardi che me:

conducono

a raffermarli

Vita JSuova 33.


il

Guido Caa lui

valcanti fu per lui intitolato

primo
ricorda

de' suoi amici: Y. JS.

33, e nella Vita

j\.

33
il'

ci

pure l'amico

immediatamente dopo
mortai corpo,
cos

primo.

Cos

come am
lui,

Casella nel

Vam

sciolto

{Purg.n. 88); e ricorda


e quale egli

con

affetto

quale fosse stalo Forese con


xxiii. 113), e di

con Forese [Purg. suo volto


di

aver pianto sull'estinto


ch'e chia/'

(/^?^f(/.xxiii.

55); ed

ei si

loda dell'incendio d'affetto


iv. 1.)

cbe ardea per

lui

Cino da Pistoia [Ep.


iv. 5),

ma
suo

carissimo fratello [Ep.


:

e per antonomasia

amico

De VuUj.

El.

i.

ii.

2.

E siccome non meno

dissimili

chi simili

di stato

conglungonsi

per fede d'amicizia, che

anche tra Dio e l'uomo non viene per dismisura ad impedirsi l'amicizia [Ep. a Cangrande, 2), ei am assai
Carlo Martello, ed ebbe ben onde, e
sia
si

duole che anzi tempo


dichiara

morto, perch se pi fosse stato, avrebbegli mostrato ben

oltre

che

le

fronde del suo amore [Par. vui. 55)

che se per sola udita fu benevolo con una certa soggezione


d'animo, per veduta poi e devotissimo ed amico divenne
a
cizia dett

Cangrande della Scala: Ep. a Cangrande, 1. Dell'amimemorandi precetti; e quantunque volte avvestile,

niagli ricordare questa nobile virt, pi sereno e pi lieto si

facea lo

e di pi allo affetto
i.

impresse uscivang'U
viii.

le

parole: Canz.

3; Purg. xxvi. 113; 138; Par.

55.

Oentiiezza d' animo. Fin da' primi anni preselo uno amore alle cose gentili, onde ei confessava: aver vita in lui un pensiero che conducealo con sua dolce favella
squisito

rimirar ciascuna cosa bella Con pi


(

diletto

quanto

pi,

piacente

Canz.
8); e
:

xii.

2)

e diceasi pure coito a leggiadria

[Canz. XVII.

faceva dire di se ad

Amore:

Cos leggiadro
e

questi lo cor ave

Ballala

i.

- Ver

Dante cortesia

onestadc
si

tutt'uno

[Conv. iv. 27) che valore e cortesia non


/n/".

scom-

pagnano mai:
V.

xvi. 07; Pwrf/. x vi. 115.


si

Il

pi gentile

degli affetti, l'amore,

apprende solo a cuore gentile: Jnf.

106; Purg. xiv. 109:

Amore

cor gentil sono una cosa

Son. 10.

-E

nella Canz. xvii. cantava pure: Leggiadria, eh '

72
bella tanto

CARATTERE MORALE

DI

DANTE.

manto Imperiale colui dov'ella regna, Ella verace insegna, La qual dimostra u' la virt dimora. - La quale cortesia, avvegnacch a ciascuna et sia bella, alla giovent massimamente la si rende necessaria: Conv. IV. 26. Onde osserva bene il Giuliani, come sempre
fa
di
il

Che

degno

poeta

a'

costumi gentili
quale

fosse informato
ci

si

tenesse
in

molto obbediente. Nella Yita Nuova


giorno, nel
fatta
si

narra,
la

come

quel

compiva Tanno che


lei,

sua donna era

de' cittadini

di vita eterna, si

sedesse in parte nella

quale, ricordandosi di

disegnava un Angelo sopra certe


convenia di fare onore: 35. incontro ad essi in atto

tavolette

e mentre disegnava, volgendo gli occhi, vedesse


a'

lungo s uomini

quali

si

Non appena
di riverenza,

se n'accorse

muove

come
si

a gente degna.

di

questi segni

di

gentile onoranza

tenne contento,

ma

venutogli in pen-

siere di dire parole per rima, quasi per annovale della sua

donna,

il

cuore
si

lo eccita a rivolgerle

a quei cortesi della

cui visita

avea per grandemente onorato.


-

Amore
anni pure
veritatis

al vero
il

Freno

all'

ingegno.

da' primi

prese grandissimo amore al vero:

In

amore

a puertia mea continue siim mitritus (Quaestio de

1,),

aqua

et terra

al
s

vero

si

fece

mai timido amico


de' grandi,

{Par. xvii. 118); anzi egli

gloria di aver sortito la gloriosa


le

missione di tuonare contro


cuoto

turpitudini

di

annunciare l'austera e pericolosa verit, come vento perle

pi alte cime, e ne spera non poco argomento di

onore. Avrebbe temuto, tacendo, di perdere vita tra' posteri,


quella vita sovra ogni altra cosa da lui idoleggiata. Eppure

non disconosceva
poche amarezze.
il

pericoli

del suo franco

ed ardito poegli la

tare, {Inf. XVI. 79; Par. xvii.

HO.) che aveagli fruttato non


il

Ma

dal vero, scrive


-

Tommaseo,
d

venne

suggello del genio.

l'alto ingegno

che

Provvi-

denza r ebbe potentemente fornito tenne a freno, acciocch non corresse senza la scorta della virt, o dalla giustizia divso. Temeva il poeta che questo dono divino, abusandone, non solo gli cadesse sfruttato, ma eh' peggio, gli tornasse
perpetualmente
a

danno: Inf.xwu
a' bcncfizii.
lui

21.

Gratitudine

L' Ospitalit, ricevuta dai


si

Malaspina, celebrata per

con espressioni

gentili, ..o

CARATTERE MORALE
impresse
di si

DI

DANTE.
vi traluce

73
tutta
la

grande

affetto,

che ben

nobilt dell'anima sua -

di lass, dal cielo di

Marte, dove

tesse la genealogia della sua famiglia, unisce le lodi e celebra


la

magnitceuza di quel della Scala,

il

quale pare che per prodell'altrui necessit,


e,

prio

pudore risparmiasse

il

pudore

prima dell'altrui chiedere, desse e facesse: Par. xvii. 85. E a mostrargli pi oltre che le fronde del suo amore, egli
alteramente confessa:
mirati
i

d aver

spesso

molto

molto
e

ri-

suoi donuzzoli,

e segrecjatili

a vicenda

segregati

percorsi,
piti

ricercando quello che tornasse a lui pi degno e

grato; e soggiunge che nulla alla preminenza di lui

aver riconosciuto pi confacevole che la sublime cantica della

Comedia

la quale si fregia col titolo di

Paradiso;

quella

sub praesenti epistola, tanquam sub epigrammate proprio dedicatam, Yobis adscribo, Vobis offero, Yobis denique re-

comendo. Ep. a Cangrande, 3. -Della povert


talora doleasi acerbamente,

dell'esiglio

ma

solo perch
affetti

gli

toglieva

mezzi d'adempiere
11.

a'

pi sentiti

di gratitudine

{Ep,

di

.ed egli, cos potente maestro di stile, doleasi pure non avere tanto profonda affezione che bastasse rendere grazia per grazia, supplicando Quei che vede e puote al
3.
) ;

suo difetto rispondesse. Par.

iv. 121.

Confessione delle proprie colpe.


i

Dante llOn iscese

suoi difetti: le sue confessioni mai a velare coli' ipocrisia sono conformi al carattere franco e schietto di lui: Inf. n. 103; Purg. ix. 118; xxxii. 115; xxxi. D'invidia non si

tenne

al tutto

netto; fu superbo, e noi nascose. Nel C. xi


:

va chino co' superbi, e dice ad un di loro

lo

tuo ver dir


v. 118.

m'incuora Buona umilt, e gran lumor m'appiani, Nel xiii se ne accusa di nuovo:
Gli occhi, diss' io,

mi

fieno ancor qui tolti

Ma

che poca l' oITesa Fatta per esser con invidia volti. Troppa pi la paura, ond' sospesa L'anima mia, del tormento di sotto.
picciol tempo,

Che gi

lo

incarco di laggi mi pesa,

v. 133.

Ma dell'umano
i

mali

effetti.

non tacque la Lassa radice ed Anzi quest'anima nobilmente altera portava


superbire

sincerisslmo affetto alla virt creatrice della vera grandezza,

l'umiU, Del che veggansi: Le lodi date all'umilt dal su-

74

CARATTERE MORALE
p. 23,

DI DA>TE.

perbo poeta; Tommaseo,

(Milano, Reina, lSo4)


p. 363.

Dante
di

sentisse la bellezza

deW umilt, Tomm.


la
il
1.

Come E ben

sovente nella Yila Nuova ricorre


(1).

parola umilt; e
risorgere dell' -

pareaanzi se ne compiacesse
svelto, ci veniva simbolo

Anche
(

mile pianta o del giunco schietto

Purg.

131

),

dove

fu

come

la

virt radicata nell'umilt

pianti,

non vien meno, e che dove questa in un cuore retto si trasempre nuove cagioni ad alimentarla sorgono dal nostro limo, miseri ftyliiioli d'Eva che siamo noi. [Ptirg. xn. 70.) Entrando nel fumo, soffre la pena degli irosi Purg. xvii. 13.); e fra' golosi trova Forese a cui dice: - Se ti riduci alla mente Qual fosti meco e quale io teco fui: Purg. xxiii. 115 - Giunto fra lussuriosi, si purga passando attraverso le fiamme {Purg. xxvii. 13 xxxi. 22-67) n in altri luoghi
(
i
;

si

tace di alcuni suoi


2.

men che

onesti amori:

Canz.ww; Ep.
sempre con ira lui grandemen-

IH.

Ma

n d'accidia n d'avarizia s'incolpa mai, che


si

anzi

contro accidiosi ed avari

scaglia

sublime. La virt contraria all'avarizia per

te onorata, non per vili cupidigie, ma perch dall'avarizia deduceva tutte le miserie del mondo: Inf.i. 49; Purg. viii. 124 Par. xvii. 73. Il poeta nella imagine della liberalit
;

parea comprendere ogni amorevolezza, e sentiva pi che


la

altri

gran sentenza

di Boezio,

come

l'avarizia faccia

sempre

gli

uomini

odiosi, la larghezza chiari.

Tempera

di Dante.

La tempera

di

Dante pativa

pi presto rompersi

che piegarsi: E l'animo del poeta

ritratto vero ed espresso nei versi:


Vien dietro a me, e lascia dir le genti come torre, fermo, che non crolla
la
;

Sta,

Giammai

cima per

soffiar di venti. Purr/. v. 14.

La potenza di dispettare, da molti vantata, ma che natura a ben pochi larg davvero; e della quale colm a Dante la

(1) Ecco i luoghi donde questo sentimento agevolmente rivelasi: i. color umile; xi. Viso vestito d'umilt; xn. E si l' umilia -eh' ogni offesa oblia; xxi. Pcjisiero umile ; xxiii. Pregava l' una l'ultra umilementc ; ivi: lo diveniva nel dolor si umile vedendo in lei tanta

umilt; xxvi. D' umilt vestuta ; xxvii. La vista sua face ogni cosa umile; % xxviii. si cosa umil che non Si crede; xxxii. Ch' luce della sua umiltade ; xxxv. Nel del dell' icmiltate. or' Maria.

CARATTERE MORALE
misura,
fu a lui fonie

DI DAISTE.

/D

del pi alto compiacimento,

che iu

elevalo intelleUo possa capire:


Lo collo poi con le braccia mi cinse. Baciommi il volto, e disse: Alma sdegnosa. Benedetta colei che in te s'incinse. Inf. vm.

43.

L'ira sua, dice

il

Foscolo, fu inesorabile

appo
in

lu lo

sdegno

era non puro impeto di natura,

conscia mente

quella tarda,

ma debito, ma certa ed

e pregust nella

eterno dura-

tura vendetta, che


Dolce fa r ira sua nel suo segreto. Purg. xx. 9C.
Taci, e lascia volger gli anni:
S eh' io

non posso

dir, se
a'

non che pianto


4.

Giusto verr dirietro

vostri danni. Par. ix.


il

Altri potrebbe facilmente cavare

ritratto di lui dai versi

seguenti:
Ella

non

ci

diceva alcuna cosa

Ma

lascavane gir, solo guardando

guisa di leon quando

si

posa. Purg.

vi. 04.

Lo sdegno, soggiunge il Nicolini, in Dante fu indizio di animo forte; e in tante mutazioni di tempi di persone e di costumi, non vi ha magnanimo che contro quelle cose, le quali principalmente biasimale furono dall' AUighieri, non
arda d'onestissima indignazione.

Amore

di patria.

Suo

esi^^lio.

Ei che SCriveva

esserci di tutte le terre pi prossima

quella dove l'uomo

tiene se medesimo, perch ad essa pi unito [Conv.i. 12.),

sentiva pure potentemente questo legame di natura che

il

tenea

stretto

alla terra natia,


affetto,
:

Alla salute
lo

della patria

con ardentissimo
fu

quasi per
2.

desiderio
la

so(jnando,

sempre intento

Ep.

i.

Per nove anni


legazione
si

repubblica

l'ebbe tutto.
si

Onde ninna
si

ascoltava, a niuna

rispondeva, niuna legge


si

fermava, niuna se ne arrogava,


s'

niuna pace
portasse

facea, niuna guerra pubblica


la

imprendeva, e
alcuno

brevemente, niuna deliberazione


si

quale

pondo
la

pigliava, se egli in ci
lui

non desse
le

in

prima

sua

sentenza. In
za, in lui

tutta la pubblica fede, in lui ogni speranle

sommariamente
.

il

divine cose e

umane pareano
che laceravano
della filo-

essere fermate
la

Nella

ferocia

de' partiti

patria sua,

maturo uomo nel santo seno

solia allevato e nutrito,

pose ogni sua cura ed ogni studio

76

CARATTERE MORALE
il

DI

DANTE.

a voler riducere ad unit


blica.

diviso corpo della sua republe

Ma

perch vide tornar vane

sue fatiche, veggendo

che per se medesimo non poteva una terza parte tenere,


la

quale giustissima

la ingiustizia dell'altre
si

due abbattesse,
nella

tornandole ad unit; con quella

accost,

quale,

secondo

il

suo giudicio, era pi di ragione e

di giustizia;

operando continovamente ci che salutevole alla sua patria e a' suoi concittadini conosceva Boccaccio Yita di Dante. N si creda, dice Nicolini, fare oltraggio al Poeta, chiaman:

dolo fazioso: chiunque abbia sortito dalla natura un'indole


risentita e gagliarda, diventa necessariamente

uomo

di parte,

e dallo sceglierne una, deriva ogni forza nell'individuo


uelle nazioni. - Dante

come

am

la patria,

non gi a modo
la

di lusin-

ghiero

falso adultero,

ma di casto

evirile amatore [Perticari]:

le stesse urenti invettive


citt partila
;

con che vitupera


in

mal guidata,

la

la citt

che di giorno

giorno pi spolpavasi

di bene, gi disposta a triste

mina

[Purg. xxiv. 79j, fanno


il

ma-

nifesto

quanto gliene piangesse

vederla carica di nuova


la

fellonia di tanto peso,

onde ne verrebbe certa

jattura della

barca.-\\ grande Cittadino, in quanto poteva

gli errori della

degli erranti,

gente abbominava e dispregiava, non per infamia o vituperio ma degli errori, e gridava solo alla gente che
s'

per mal camino andavano, acciocch per dritto calle


del Purgatorio,
negli splendori del
al

in-

drizzassero: Conv. i\.l; 7^ar.xvi.95. Nel fondo dell'inferno,


nelle
la

vallee

Paradiso,

sua Firenze sempre presente


invisibile.

suo pensiero da rite-

nerla r eroina di quel poema, consecrato alla pittura dell'

solo di nazione, In fronte

-Di essere fiorentino si teneva ad onore; ma non di costumi, de' quali facea di forbirsi. al poema ei scolpiva questa terribile confessione:
natione

Florentinus
ei

non moribus. Sbandeggiato innocente,


d'

se

ne part

qual Ippolito
;

Atene

per

la

spietata

perfida noverca [Par. xvii. 46)

ma non

per questo divenne

tepido di carit del natio loco: Ep. i.L In


sciti

nome
di

de' fuoru-

nel

1304 indirizzava
il

al

card. Nicol

Prato,

che

proponeasi

richiamo in

citt degli esuli Bianchi,

queste

memorande

parole:

E per qual
al

altro fine a civil guerra corle

reramo? a che levammo

vento

candide nostre inse-

gne? E

le

nostre spade e lance per qual altra impresa ros-

CARATTERE MORALE
"
i

DI DAISTE.

il

>'

segglano, se non perch coloro, quali con folle presunzione avevano spezzali diritti civili, sottomettessero il collo al
i

giogo
si

(li

pietosa legge, e alla pace della patria per forza


la

conducessero? Perch
dal nervo

punta

legiitinia

della nostra
al solo

intenzione,

che tendevamo scoccando,

riposo, alla sola libert del popolo fiorentino mirava, mira

e mirer nel

tempo avvenire. Ora,


nostri

se per benefizio a noi


e ponete
cos

gradissimo
studio

vegliate
i

con tanta cura,


avversari

vivo
di

aflnch

tornino ai

solchi

buona cittadinanza, chi sar s\ ardito di renderne a voi grazie condegne? Non ci possibile a noi, n a quanta
lorentina gente trovasi
in terra.

Ma

se in cielo piet
ella

che proveda a rimunerare colali benedette opere,

ne renda a voi

le giuste

mercedi, a voi che di cos nobile


i

citt vestiste misericordia, e

profani

litigi

de' cittadini
L.,

correte a spegnere. Certamente da poi che per Frate

uomo
pace,

di

santa religione, persuasore di cittadinanzar e di


voi ammoniti e instantemente richiesti,
le stesse

fummo da

come annunziavano
mettere in tutto
mani, noi,
e del
giusto,
le

vostre lettere,
di

di

por ter-

mine ad ogni assalto e ardimento


nostre persone
figliuoli

guerre,

e di

com-

nelle

paterne vostre

a voi devotissimi e amici della pace


le

deposte oggmai

spade,

con sincera e

spontanea volont ricoveriamo sotto il vostro arbitrio, come vi sar narrato per le risposte del sopraddetto Frate L.
vostro messo, e per pubblici solenni strumenti
manifesto. Lctt.
1.

si

vedr

al Cardinal d' Ostia. - Per cessare l'as'

cerbit dell' esigilo us di ogni arte:

ingegn

di rendersi

caro

ai

suoi concittadini con istudi ed opere che gli acqui-

stassero fama, fece pratiche amichevoli coi capi del governo


fiorentino;

tent

di

rientrare

in

patria

colle

armi, e fu
la

cogli altri fuorusciti all'impresa della Lastra, sent farsi pi duro


si

dopo
poco

quale w0Ji^^^

lo strale

dell' esilio,

perch
del

al

danno ^*y^''
valore tuc^/'*^
' '

un

la

vergogna del poco


suoi

senno

degli esuli in quello sciagurato tentativo.

Allora cominci

a dispregiare
il

compagni

d' infortunio, e
la

reput bello
di

farsi

parte da s stesso. Fallitagli, per

morte

Enrico

MI,

ogni speranza di ritorno,


il

non pu non sospirare con


bel fiume d'

incessiuUe desiderio

ritorno al suo

Arno, alla

78

CARATTERE MORALE

DI

DAME.
sentito

(fran villa [Inf. xxiii. 95.),


tosco:

dove uvea
senza

da prima

l'acr

Pa?\ xxii. 117. - Egli solo, povero, dannalo


assai
figliuoli, la

al fuoco,
il

tenero padre,

donna sua,

suo

patrimonio ridotto

in pubblico,
lei

che avea a Campaldino e


pi nella toga, gi
il

a Caprona sudato per

nell'arme,

primo oratore e l'ottimo dei magistrati, vedeasi condotto


a tremar per ogni vena, mendicando a uscio a uscio un pane, e per durissimo calle scendere e salire le scale altrui: Par. xvii. 58. - Eppure egli exsul immerilus (passim;
Villani, IX. 135; xii. 44; Boccaccio, Vita, 22);
fiore,

egli,

bianco

per giudizio o forza


6),

di

destino

fra'

persi versato
{Inf.

[Canz. XIX.

sentiasi alla fortuna,

come vuol, presto

XV. 53); ben tetragono ai colpi di ventura (Par. xvii. 23);

perch pi grave torna V infortunio a chi pi vi

s'

abbanla

dona (Par.

XVII. 407.), e perch'ei


il

vedea infuturarsi

sua

vita vie pi l che

punire delle perfidie de' suoi nemici:

Che se pur un' istante parca fiaccasse sotto mole della sventura che il gravava, era per sorgere pi grande
Par.,\\\i. 98.
la
:

Come
Per
la

la fronda,

che

flette la
si

cima
leva

Nel transito del vento, e poi

propria virt che la sublima. Par. xxvi. 85.

Nell'abbandono e nella miserrima solitudine dell' esiglio non si abbass mai a supplicazioni a lamenti codardi, ma ritenne tutta la indomita alterezza dell'animo; che aWalto disperso rimanea la pi sublime delle consolazioni; la sicurt della propria coscienza, quella buona compagnia chQ

uom francheggia, sotto l usbergo XX vili. 115. Ed allora che gli fu


r
rimpatriare e di riavere
i

del sentirsi
offerta
la
si

pura:

Inf.
di

speranza

suoi beni, purch


i

dichiarasse

perdonato, e quindi colpevole, rifiuta

vili patti

con queste
il

magnamine

r>

e sdegnose parole

egli

adunque questo
si

glorioso modo,

per cui Dante Allighieri

richiama alla

patria dopo l'affanno d'un esiglio quasi trilustre?


il

questo
studi

merito dell'innocenza sua ad ognun manifesta? Questo


gli

or

fruttano

il

largo

sudore e

le fatiche

negli

durate? Lungi dall'uomo della filosofia famigliare questa bassezza propria d'un cuor di fango, eh' egli a guisa d'un
eerto Ciolo, e di altri uomini di mala fama, patisca, quasi

CARATTERE MORALE
* prigioniero,

j>

DI

DANTE.
I

79

venire offerto

al riscatto

Lungi dairuomo',
ai

banditore di giustizia, ch'egli,


offensori (juasi a' suoi

d'ingiuria offeso,
il

suoi

benemerenti paghi

tributo!

Non

questa la via di ritornare alla patria, o Padre mio;

ma

se un'altra per voi o per altri se ne trover, che la fama


e l'ouor di

Dante non
in

isfregii, lo

per quella- mi metter

entra, io

non si non entrerovvi giammai. E che? non polr io da qualunque angolo della terra mirare il sole e le stelle?
prontamente. Che se
Fiorenza per via onorata
io sotto

Non potr
cissime

ogni plaga del cielo meditare

le

dol-

verit,

se pria

non mi renda uom senza

gloria,

anzi d' ignomnia, in faccia al popolo

e alla citt di Fioi:p. x.

renza?-N

il

pane, io confido, verrammi meno.))

3.4.- Eppure
caro
;

la vita dell'esule gli

era amara che poco pi

morte; eppure
il

la carit del natio loco

struggeagli l'anima;

nome
ed

niente

sua terra,

sempre nella commoveasi tutto mi per lo dolce suon della onde con profondo dolore e con ardente afletto
del fiorito suo nido rampollavagli
ei
il

ricorda spesso

bel

paese ch'avea lasciato [Caiz.

i.

1.);

il

bel seijno degl'occhi suoi

che per lontananza

gli

era tolto

il suo bel san Giovanni, dove uu ( Canz. xix. 3.) ruppe un fonte battesimale per salvare un fanciullo che vi annegava Jnf. xix. 17. ; e dove era entrato nella

dal viso

fede

che fa

conte l'anime
di

non cessa mai


posto

a Dio {Purg. xxv. 10); ed egli sperare che il poema sacro al quale avea
e terra

mano

e cielo

potesse vincere
del bello ovile,

un giorno
in che

la

crudelt che

H serrava fuori
e

avea
e,

dormito agnello

nemico

a'

lupi divoratori della patria,

ritornandovi poeta, prendere la corona d'alloro in sul fonte


del suo battesmo (1); di ritornare nel dolce seno della sua

Fiorenza, che ei

am sempre, bench
(>);

vota d'amore e nuda


e

di plelate iCanz. vili.

della sua Fiorenza, iella quale

(1)

E perche veggasi come

ne' veri poeti

il

canto sia storico e nei

reri storici la narrazione sia radice e frutto di poesia,

rammentiamo
:

le

parole

Dino Compagni Cari e quali comunemente tutti prendeste il sacro balvalenti concittadini, tesimo di questa fonte... Sopra questo sacrato fonte onde traeste il santo battesimo tjxurate tra voi buona e perfetta pace. - La memoria del fonte battesimale era a quc" tempi tenuta meritamente sacra.

dolcemente consonanti con queste


i

di

80

CARATTERE MORALE

DI DANTE.
vita,
e nella quale,
il

nudrtto fu fino al colmo della

sua

con

buona pace d
V anima sua,
1.

lei,

desiderava con tutto


il

cuore d riposare

terminare

tempo che

gli

era dato:

Conv.

Eppure tanto cuocevagli l' esigilo ch'ei considera la morte come un bando, e il bando come una morte Inf. XV. 81. Onde non meravglia se l'esule poeta, cui la
3.
:

patria per suo ben far gli era diventata nemica {Inf.w. 64),

tornasse pi spesse volte a colorire pietosamente nei suoi


versi
il

peregrino dal nativo suo cielo lontano. - La camil

pana della sera che pare che pianga


pi viva raccende nel novo peregrin
il

giorno che

finisce,

cV

amore
8. -

la mestizia e

desiderio della cara patria: Purg. viii.

Tra' duo

liti

non molto distanti alla tua patria: Par. XXI. 106 - Quanta poesia in questo ultimo verso s semplice! - E gi, per gli splendori antelucani, Che tanto
d' Italia

sur gon

sassi,

ai peregrin surgon pi grati. Quanto tornando albergan


lontani: Purg. xxvii. 109.

men
in

Che cara

e pietosa

imagine

.bocca d'un esule indarno vicino alla patria! -

Ed
i.

ricor-

dato da lui:

il

peregrino che tornar vuole: Par.


essa e non ristanno:

5; ed

peregrini che, pensosi, giungono per cammin gente non nota.

Che

si

volgono

o^l

Purg. xxm.l^; e

quello, che si ricrea ]\el tempio del suo voto riguardando,

spera gi ridir com'


di Croazia

elio

stea:

Par. xxxi. 43; e perfino


la

quello

che viene a veder


si

Veronica nostra.

Che per V antica fama non


Conv.
IV.

sazia: Par. xxxi. 103. - V.


nel Volgare Eloquio,
ii.

12; V.
di

JS.

41.

Anche

6.,

cadendogli
struzioni,

dare

un esempio sui molti gradi delle co:

ne trae uno melanconicamente pietoso dall'esule

me cunctis, sed pietatem majorem ftlorum habeo, quicumque in exilio tabescentes, patriam tantum sommando
Piget

revsunt
(1)

{!).

Ahi piaciuto fosse

al

Dispensatore dell'universo, che


;

la capiot^e

della

mia scusa mai non


fu

fosse stata

che n

altri

contro a
dico,

me

avria fal-

lato; n io sofferto avrei

pena ingiustamente; pena,


di

d'esilio

di

povert. Poich
figlia di

piacere de'cittadmi della

bellissima e famosissima
(

Roma, Fiorenza,

gettarmi fuori del suo dolcissimo seno


al

nel

colmo della mia vita, e nel quale, con l)UO,na pace di quella, desidero con tutta il cuore di riposare l'animo stanco, e terminare il tempo che m' dato), per le parti quasi tutte, alle quasi mendicando, sono andato, quali questa lingua si stende, peregrin
quale nato e nudrlto
fui fino
,

CARATTERE MORALE

DI

DANTE.

81

Dante Cristiano.
cristiano.

E l'alllssinio poeta era intimamente


Il

Con
i

altera umilt e coraggio professava le proprie

credenze,

propri sentimenti che alla fede s'attengono.


io,

verso

quel che spera ocjni fedel, com'


il

{Par. xxvi. 60)

nella sua nohile semplicit onora

poeta, in cui la speranza

raflerma la fede e

muove
la

a carit l'animo dalle ire troppo


s'

sovente agitato.- N

sua mente

infiorava solo della cri-

stiana speranza {Par. xxv. 40), di vedere nella divina essenza

per s noto ci che lenea per fede, non dimostrato {Par,

ii.

48);

n solo se ne dilellava {Par. xxv.

83),

ma

n'ora

pieno da

pioverla e riversarla in altrui {Par. xxv. 78), non tenendosi


a veruno inferiore, onde potea francamente dire:

La

chiesa

militante alcun figliuolo ]\on ha con pi speranza: Par. xxv.


52.
egli

la

fede dava
la fede

ali

allo sperar suo:

E
e

chi noi sa,


lass nel

se

mia? E soggiungeva, che non era occulto come egli amava bene
ha
piissima e sposa {Ep. ix. 7)
11.

cielo

bene sperava

bene credeva: Parad. xxiv. 40. Della Chiesa Cattolica


e secretaria del Croci-

madre
fisso

{Conv.

6),

egli,

una
{

delle

della greggia di G. Cristo

Ep. ix.

minime fra le pecorelle 5 ), fu sempre figlio te-

mostrando, contro a mia voglia, la piaga iloUa fortuna, che suole ingiustamente al piagato molte volte essere imputata. Veramente io sono stato legno senza vela e senza governo portato a diversi porli e foci e liti dal
vento secco che vapora
to; nel cospetto de' quali
la

dolorosa povert

sono vile apparito agli


invilio,

occhi di molli, che forse per alcuna fama in altra forma m'aveano imagina-

non solamente mia persona


io

ma

di

minor

pregio

si fece
1.

ogni opera, s gi fatta, come quella che fosse a fare.

Conv.

3 - Conciossiacosach

mi

sia quasi

a tutti gl'Italici apprc-

sentato, per che fatto mi sono forse pi vile che '1 vero non vuole, non solamente a quelli alli quali mia fama era gi corsa, ma eziandio agli altri, onde le me cose senza dubbio meco sono alleviate... Conv.\. 4 -

Ma

noi,

a cui

abbiamo bevuto l'acqua


tanto Firenze,

s come a' pesci il mare, quantunque Arno avanti che avessimo denti, e che amiamo che per averla amala, patiamo ingiusto esigilo. E bench
il

mondo

patria,

d'

secondo

il

piacer nostro, ovvero secondo la quiete della nostra sensualit,

non

sia in terra loco pi


"

ameno

di

Fiorenza... ove son nato e di cui son


gli

cittadino

De VuUi.

El.i.i -

E tanto

fu

dura

la

povert

nel

suo

esiguo, che neanche gli consent d'intervenire all'esequie del suo benefattore, Alessandro conte di Romena, scusandosene per iscritto ai nepoti
di lui

lacryraosis exequiis;

Uberto e Guido: Me vestrum vestrae discretioni excuso de absentia quia nec negligentia, neve ingratiludo me tenuil,

sed inopina paupertas


scriveva- Urget

quam

fecit

exilium. Kp.

ii.

3.

allo

Scaligero

me

rei familiaris cgeatas. Ep. xi.22.


6

VOL.

II.

82

CARATTERE MORALE

DI DAINTE.
gli

nerisslmo e riverente. Che se pur

avveniva alzare
che
El.
i.

la

voce e propugnare invidiosi


sone
a
noi

veri,

egli facealo

sempre con
di per-

quella riverenza che debbesi usare ogni volta


superiori

giudichiamo {De Yulq.


di
i

3); e
all'ar-

temendo
ca,

ufficio

non commesso lasciava


a
solo

por

mano
5.

teneasi contento

pungere

buoi calcitranti
-

e per impervio calle vaganti: Epist. ad Card.


Cattolica non pu dire menzogna, {Conv.
ii.

La Chiesa
il

4.)

perocch
d'

fondamento della Chiesa Cristo: De Mon. iii. 10. La na sentenza di maggior vigore, ed rompilrice
calunnia, merc della

cristia-

ogni

somma

luce del Cielo, che quella al-

lumina:
ei

Co?ir. IV. lo.

Ravvalorato solo nel celeste aiuto,


all'opera della Volfuire Eloquenza;
del

dice di metter

mano
lume

e tutto fidente nel

supremo donatore, che d ad


alla

ognuno ed
debet patri,

nessuno rimprovera,
lla

grande e

difficile
filius

opera della Monarchia:

reverentia fretus

quam

pius

quam

pius

filius

mairi, pius in Cliristtcm, pius


in

in Ecclesiam,

pius in paslorem, pius

omnes Christianos
al

religionem profitentes pr salute veritatis, in hoc libro cer-

tamen incipio: De Mon.


Cantica, che nel

in. 3 - JS

vuole dar termine

trattato poetico di sacra dottrina, rinchiuso nell'immortale

nome

di quel

Dio eh' benedetto nei secoli:


cieli

Ep.
sire

XI. 33.

pensiero che lass ne'


i

vi

ha un giusto

che nel rimeritare

suoi

servi

vince ogni misura,


i

facevagli dimenticare

ogni rancore verso


il

nemici suoi, e

dirizzando

gli

occhi al cielo, laudando

creatore, egli crea-

tura, innamoravasi di

sempre pi

lodarlo.

Che

se facevasi

contemplare

il

gran premio venturo, sentiasi pi e pi pronto


:

a far sacriicio del suo volere a Dio Son. 43. La vita era poco desiderabile per lui la morte, quando si vive in una triste societ, dove l'uomo onesto ha sempre la peggio, una vera grazia di Dio; onde il poeta diceva di s:
:

Lunga

vita ancora aspetta,


//".

Se innanzi tempo grazia a se noi chiama.

xxxi. 128.

Non so.., quant'

Ma
Che

gi non
io

fla

non sia

mi viva; '1 tornar mio tanto tosto, col voler prima alla riva. Purg. xxiv.
io

76.

Olire di che
del beatifico
la

il

pensiero del gaudio che la pioggia eterna

lume produce ne' ben finiti, facevagli riguardare morie come una benedizione di Dio
:

CARATTERE MORALE

DI

DANTE.

^'^

Qual si lamenta perch qui si moiii Per viver coiass, non vide quive Lo refrigerio dell'eterna ploia. l'ar. xiv.

25.

Fervidissimo egli nella preghiera,


l)iamo orare,

ci

appreiuicva come doli-

onde

ffrazki ci s'impetri: l*ur.\\s..il.


sia in

Perch
divoiAi

la sia accetla a

Dio di mestieri che

pronta

[Par. XIV. 22)


iv. 134);

che surf^a su di cor che

grazia viva {Par.


dal dicer...
la

che

sia fatta

con affezione,

clie

cuor non parta:

/*af. xxxii. 144.

L'uomo con

preghiera,

calda iV amore e di viva speranza, vince la volonti divina, non per avanzamento di forza, come avviene che un'uomo vinca un altro, ma perch Dio stesso che vuole esser mezzi perch si vinca, cosicch pu dirsi che la cinto, e d divina volont vinca nell' esser vinta Par. xx. 94. Ed ei di s ci dice, che Cuor di mortai non fu mai s digesto
i
:

divozion

ed a rendersi a Dio Con

tutto

il

suo gradir

cotanto presto (/^ar.x.o5),

come

lui

e che devoto guani' esser


ii.

potca pi, ringraziava Iddio [Par.


il

140);

e che con tutto


tutti gli facea

cuore,

con quella favella

eh'

una

in

olocausto, guai conveniasi alla grazia novella per lui rice-

vuta: Par. xiv. 88.

chi, se

non un anima
le s

a rdcntemen

te-

innamorata
la

di Dio,

potea ritrovare

dolci note per ritrarci

soavit della preghiera di quell'anime nella valletta del


al

Purgatorio (vm. 10), tanto che


a noi uscir di mente?

leggerle solo fanno noi

il

Poeta pregava

che

1"

anima sua gi

fat'.a

sana,

piacente a Dio, avesse a disnodarsi del corpo [Par. xxxi. 85.;,


e fosse resa

degna

di risalire all'

ultima salute (Par. xxxiii.


e percoteasi

27); ond' egli piangeva spesso le peccata sue,


il

petto,

perch non

gli

fallisse

il

ritorno

al

devoto trionfo

(Par. xxii. 106); e pregava pure che gli fossero conservati

mni
in

gli affetti, e

che colla guardia della Vergine fosse vinto


/\/r.

[[l

ogni movimento umano:


ci

xwiii. 35. E con quanta

dolcezza non

parla sempre dell'amor divino, di quell'u-

sicch

sempre amore accende [Par.\.H.), che senza termine si doglia Chi, per amor di cosa che non duri Eternalmente,

lama

luce, che vista sola


il

poeta non pu non esclamare: fen

di quell'amor si spoglia: Par. \v. 10. -

N disconfessa
il

esser

concorsi in

lui

tulli

quei morsi che [MJtcano fare

suo cuore

84
volgere

CARATTERE MORALE
a Do: Par. xw.';
il

DI

DANTE.

V essere del mondo l'essere


ei vivesse {Id.

suo, la morte che


V. 08)
;

suo Dio sostenne, per eh'

e che la conoscenza

viva de' divini e degli umani


dell'
11

argomenti avealo tratto del mare


alla

amor

torlo e postolo

riva

del

diritto:
fico

Id. v. G.
li

perch

non dubitava

chiamarsi: dolce

tra

lazzi sorbi: Inf. xv. 65; apiello


divoratori della patria: Por.

del bello ovile a' lupi nemico

XXV. 5; anima bu'ona: Inf.

in.

127; a cui di ben far ffiova:

Par.

IX.

24

buon

cristiano, cui colpa


fiffluolo

non menava ai

tor-

menti: Inf xxviii. 46;


anzi nella divina grazia 2;

di grazia: Par. xxxi. 112;


:

grandemente rinchiuso Par. xxvii. anima santa: Purg.xwu.l; e contraddistinta da evidenti segnali ch'era amata da Dio {Purg. xiii. 148), e perci sicura di cenare alle nozze celesti: /^o?\ xxx. 135. Devozione affettuosa a M. \, e a H, Lucia. Ei fu affetuosamente devoto di Maria e dell'illustre vergine

l'

Siracusana

S. Lucia. il

Nel Convito

ci fa

sapere che se egli

avesse ad imporre

nome

a due citt, intitolerebbe

una

Maria
la

e l'altra Lucia: Conv. ni. 5.

si

dice fedele di Lucia,

quale,
si

gentile,

nemica di ciascun crudele, chiesta dalla donna facea a raccomandare il poeta impigliato nella
11,

selva, alla sua Beatrice (Inf.

97), e trassela a

simboleg-

giare

la di

grazia

divina,

ed assegnavale nel cielo altissimo

seggio

presso a Maria.

-U^

e sera invocava, e diceva


11

la Madonna sempre mattina VAve Maria:

nome

del bel fior, eh' io

sempre iivoco

E mane

e sera.

Par. xxiii.88.

E ben quattro
che
s
/^(ir. Ili

volte nel sacro


gli

dolcemente

poema nomin VAve Maria, suonava all'anima: Puff/, xiv. 40;

121; xvi. 34; xxxii. 92.


il

-E

sovente

gli

piace d'in-

trodurre

nome

di

Maria,

e la divozione ad essa,

dove

vuole addolcire ed ingentilire le rimembranze, di che solo vederne l'origine nel cuore di lui: Purg. v. 105; xviii. 19;
Par. XV. 133. - E di questo

suo amore alla Regiia della


si

gloria ne parla anche nella Yita Nuova, e

compiace che
;

ne fosse pure innamorata


lei:

la

sua Beatrice

( 5)

e scrive di

che

lo

Signore della giustizia chiam questa gentilissotto

sima a gloriare
Mc^Tia,
lo

l'insegna di quella

reina benedetta

cui nome fu in grandissima reverenza nelle parole

CARATTERE MORALE
di

DI

DANTE.

85 sue rime egli

questa

Beatrice

beata:

29 -

nelle

colloca la morta

donna

nel ciel

delV umilt dov' Maria:

Son. 24.

Con
tutte

quali Imagini
ci

poi

purissime e tulle maravigliose

e tulle celesti non


l'altre...

ritrae quella

Donna

eccelsa, ottima di

laidezza ed onore dell'umana generazione


/'

(Coni). IV. 5),

che ad apr/r

alto

Amor

volse

la

chiave,

circondata in forma di Rosa dai Santi


sublimi!
11

e dagli Angeli pi
altri,

Tommaseo,

dopo
in

lui

moltissimi

nella

Donna
che

(jentile,

mossasi prima

aiuto a Dante, con inter-

pretazione feconda
di lei sola
(7/". 11.

d'alia bellezza, avvisa Maria Vergine,


che

polca venir detto:


9G);
la

frange lass duro

giudizio

di

lei

sola:

che quul vuol grazia e

lei

non ricorre,

sua disianza vuol volar senz' ali: Par.


nella candida Rosa, coronante Maria
il

xxxiii. 14. -

di

fatti

Vergine nel Paradiso,


spicca
egli la
il

seggio di Beatrice, ed a quella

volo quando lascia Danle {Par. xxxi. 1); in quella


1'

vede per

ultima volta, giunte le mani, a pregare


lui:

Maria Vergine per

Par. xxxiii. 38. E divinamente inspi-

rala la preghiera che nell' ultimo Canto indirizza a questa

umile ed alta pi che creatura. -Ed

io

son d'avviso, meglio

che all'arte dei Notai e dei Giudici, amasse inscriversi a quella dei Medici e degli Speziali, per quel sentimento
divoto
e

riverentemente afleltuoso eh'

egli

nutr
al

sempre

per Nostra Donna, siccome a quell'Arte, ch'entro

campo

vermiglio avea

S.

Maria

col figliuolo al collo.

Anche

il

Petrarca moslrossi quanto mai tenerissimo della


la bellissima

Vergine, in onore della quale dettava


Vergine bella,

Canzone

dove ad ogni stanza


il
il

ripetuto con istante

fervore e con soavit penetrante

dolce

nome

di Vergine.

Le poesie che

il

Petrarca, scrive

Foscolo, dett intorno a

sta rivolta alla Beala Vergine,

Laura, finiscono con una delle sue pi belle Canzoni. E quee come a quella, eh' avea
sentito
i

pi santi
e
di

afletti,

e congiunto
sulla
il

in

s stessa

tre

pi teneri
gliuola
e

pi

soavi
si

nomi

terra, di

madre,
gli

di fi-

sposa,

confida

poeta

che

sarebbe

misericordiosa. Poi con una sublimit e con un affetto che

verun poeta non arriv mai a superare, invoca l'aiuto


lei,

di

onde poter cessare nella sua vecchia eia

di struggersi

S6
in

CARATTERE MORALE

DI DA?>TE.

lagrime, sopra le ceneri di tale che avea riempiuto la sua


e
di guai.

vita di lagrime

il

Petrarca teneasi sempre


cara
e santis-

con seco ne' suoi peregrinaggi,


sima, r imagine della Vergine,

come cosa

egregio dipinto di Giotto,

che
il

poi,

morendo, legava

al

Signor di Carrara, dono, dico

Tommaseo, da
Ritratto.

poeta, e pi che da principe.


(1)

statura, e poich alla

Fu questo nostro poeta di mediocre matura et fu pervenuto, and alquanto


di onestis-

curvetto, ed era
simi panni
(Ij

il

suo andare grave e mansueto,


in quello abito

sempre vestito

eh' era alla sua


cos ci

N.

Tommaseo,
io

nel discorso aggiunto al C. xxvi. dell'Inferno,

ritrae l'indole e la natura del poeta,

desunta da' passi della Divina Co-

media, eh' dovere


(

mi

far anche
)
:

di citare. -

Ingegno ardito,
(

ma

frenato dal

Inf. xxv. 21

caldo talvolta di febbre superba

Pura. xm. 136),

ma

sdegnoso

di volpini
viii.

accorgimenti:
37; xxvi. 10);
;

si

compiace nell'ira, nell'odio,


le villane significazioni della

nella vendetta {Inf.

ma

rabbia impotente non loda: Inf. xw.ll

1. Breve ed arguto nel dire (Pwfj. m. 78), non bugiardo; nemico degl' ippocriti, aperto a' sapienti, come specchio che rende le imagini delle cose di fuori. Sorride dignitoso

xxv

alle

umane

follie,

ama

talvolta dipingere le bassezze de' tristi


e

Inf.

xxx.

130);

ma

ben presto s'innalza


v. 7C);

piange
scusa

fin

sui meritati dolori: Inf. xvj.

47; Parq.yi.
11.

Docile all'autorit de' grandi,


si
fin

riverente alla Chiesa {Purg.

100; xxii. 71; Par.

{Inf. XIX. 16),


svili
)

ma

osati

a fin di

apparentemente audaci bene; l'adulazione gli in odio {Inf.


d'atti
gli

la

costanza nelle avversit


),

desta meraviglia

fin

ne' malvagi,

quando provocatrice non sia: Inf. viii. 37; xiv. 4, Ogni vero e' ha faccia di menzogna egli evita (Inf. xvi. 118. j: egli negli studi s'affanna e suda (Purg. xxv. 3; xxix.37; xxxi. 140; Par. xxv. 1; font;. 111. 9; De Vul. El. ni. 1; Ep. li. a Moroello Ulalaspina]; quasi scultore, modella e intaglia e pulisce l'opere sue. Negli amori invescato (Purg. XXIV. 37; XXXI. 49, Cans, vili): da ogni avarizia abborrente { passfw ), e ancor pi d' ogn' invidia Purg. xm. 133 ). - Amante della lode, si loda da s (Inf. iv. 104; Inf. xv. 55; xvi. 127; Purg. xvii. 94; Purg.xxw. 49;
{Inf. X.30; xviii. 83
(

Par. n. 1; xxv. 1 ); ma i proprll falli confessa {Inf. ii 105; Purg. i. 58; IX. 112; xxx. 115) e degli amici suoi. Sdegna i beni della sorte, e al
dolore di lunga

mano

si

apparecchia: /n/".x. 76,127; xv. 88; Par. xvii.S

Ama
Yiii.

conoscere nuovi uomini e nuove cose,


le

ma
xi. -

le

prime consuetudini
;

gli

son care, e
55;
gentile

prime amicizie
El.
i

V. N.

3, 24,

25, 33, 35

Purg.

li.

88.

Par.
e

Da Vul.
nella
tali

9, u. 2,

Ep.

iv.

Ep.
e

Tutto ci che
Inf. xxx. 141. -

alto
e

umana natura
voce,

riconosce,
i

lo

venera dove che

sia,

ad
la
10.

uomini
gravit

ubbedisce e teme

rimproveri loro:
negli atti
4, 7,
(

Ama
iii.
il

iie|la

negli sguardi,

//. iv. 112; Purg.

87; XXIX. 134; Par. xxxi

49; Conv.
xi.

8;

iv.
iii.

25);

teme che
xii,

tempo
103;

non

gli

passi

perduto: Inf.

14;

Purg.

78;

81;

xyiiJ.

CARATTERE MORALE
maturila convenevole,
lino, e gli
il

DI

DA^TE.
'1

87

suo volto fu lungo, e

naso aquicolore
e

occhi anzi grossi che piccioli, le mascelle grandi,


;

e dal labbro di sotto era quel di sopra avanzalo

il

era bruno,

e' capelli

e la barba spessi,

neri

crespi,

sempre nella

faccia

maninconico e pensoso.., Ne' costumi


!Nel cibo

pubblici e domestici mirabilmente fu composto e ordinato,


e in tutti pi che alcun altro cortese e civile. nel poto fu moderato,
s\ in

e
si
;

prenderlo all'ore ordinale, e

in non trapassare il segno della necessit quel prendendo n alcuna curiosit ebbe mai pi in uno che in un altro: dilicati lodava, e il pi si pasceva de' grossi, oltremodo
i

biasimando coloro,

quali gran parte del loro studio ponelette,

gono

e in avere le cose

e quelle

fare con

somma

non mangiare per vivere, ma piuttosto vivere per mangiare. Ninno altro fu pi vigilante di lui e negli studi e in qualunque altra sollecitudine il pugnesse; intantoch pi volle e la sua famiglia e la donna se ne dolsono, primach a' suoi costumi adusale, ci mettessero in non calere. Rade volte, se non domandalo, parlava, e quelle pensatamente e con
diligenza apparecchiare; affermando, questi colali

voce conveniente
laddove
si

alla

materia di che diceva; non pertanto,


e con

richiedeva, eloquenlissimo fu e facondo,

ottima e pronta prolazione. -

Sommamente

si

dilett in

suon

e in canti nella sua giovanezza, e a ciascuno che a que' tempi

era ottimo cantatore o sonatore fu amico ed ebbe sua usanza


;

ed assai cose da questo diletto tirato compose,


fosse ad

le quali

di piacevole e

maestrevole nota a questi colali facea rivestire.

Quanto ferventemente esso


chiaro gi mostrato:
tulli

amore sottoposto,

assai

questo amore ferma credenza di che fosse movilore del suo ingegno a dovere, prima

imitando, divenire dicitore in vulgare, poi per vaghezza di

pi solennemente dimostrare le sue passioni,

e di gloria,

sollecitamente esercitandosi in quella, non solamente pass

ciascuno suo contemporaneo,


bella,

ma

in tanto la dilucid e

kce

che molli allora e poi

di dietro

s n' ha fatti e

far vaghi di essere esperti. Dilettossi similmente d'essere


solitario e

rimolo dalle genti, acciocch


gli

le

sue contempla-

zioni

non

fossero interrotte; e se pure alcuna che molto

piaciuta

gli fosse

ne

gli

veniva,

essendo esso tra gente,

88

CARATTERE MORALE

DI

DANTE.

quantunque di alcuna cosa stato fosse addomandato, giammai infino a tanto che egli o fermata o dannata la sua immaginazione avesse, non avrebbe risposto al dimandante;
il

che molte volte, essendo egli alla mensa, e essendo


e
in

in
gli

cammino con compagni,


oltre alle cose predette, di

altre

parti

dimandato,
il

avvenne... Boccaccio, \ita d Dante, 37 - Fu

nostro poeta,

animo

alto e disdegnoso molto...

Preelesse di

stare In eslio,

anzich per isconvencvole via


d

tornare in casa sua.

Oh

isdegno laudabile
lo

magnanimo,
nel

quanto virilmente operasti reprimendo


ritornare

ardente disio del

per va

meno che degna ad uomo

grembo

della filosofia nutricato!


di s,

Molto simigliantemente presunse


li

gli

parve meno valere, secondocch


e'

suoi con-

temporanei rapportano, eh'


fu questo valente

valesse

...

Oltre a queste cose,


...

uomo

in tutte le

sue avversit fortissimo


nei giovanili anni,

Tra cotanta
luogo

virt,

tra cotanta scienza... trov amplissimo

la lussuria, e
...

non solamente

ma

ancora ne' maturi

Boccaccio, Vita d Dante, 53.

POLITICA DI DA^TE
Ogni speculazione politica deve avere per incopo
della civilt dell'umano genere
l'utile

-De Mun.

I. 1.

Scopo della

civilt il proniovimento, lo sviluppo alla potenza intellettiva del genere umano. - DeMon. 1.3.

(Nemmeno

a'

nostri tempi, nei

quali tanto di ci

ol

discorre, nulla di piii largo

e di pi preciso

insieme
e. 11.)

fu detto da alcuno. Balbo, Vita di Bante, L.II.

Dante fu

l'italiano pi italiano che sia stato mai.

BALBO.

Nella
solo e
5, 6
il

Divina

Comedia, nel Trattato De Monarchia,

il

migliore

Commento

politico del

poema, nei Capitoli


si

4,

del Convivio, nelle sue Epistole


il

legge interamente

tratteggiato

sistema politico dell' Allighieri. Noi esporremo

a brevi cenni, anche sull'orme di riputati scrittori, quello

di Dio {Mon. l. 10; Par. XI11.52) - quindi anch'esso uno: Par. 1. 103. Le cose

che Dante credeva nel secolo XIII. Dio uno - l'universo un pensiero

tutte

vengono da Dio -e
il

tutte partecipano pi o
line

meno
(

alla
si

divina natura, secondo

per cui furono create. Tutte

muovono
11.2;

a diversi porti per lo gran


1.

Par.

112.),

Fiori nell'orto del

mare dell'Essere Conv. ma tutte son mosse dalla stessa volont. Signore, tutte nreritano il nostro amore
ciascuna naturata:

secondo

il

grado
64... -

di eccellenza di cui

L'umanit una: Conv. iv. 15. Do non fece nulla indarno: se quindi esiste una moltitudine di uomini raccolti sotto un'unit collettiva, egli perch v' uno
Par. XXVI.
scopo unico per
lutti assieme:
lutti i.

un'opera che deve compiersi da


L'umanit intera deve quindi dar
pi alto sviluppo
possibile
nella

Mon.

4.

opera perch tutte


sfera

le

potenze intellettuali diffuse nel suo


il

seno possano ricevere

del pensiero e dell'azione:

(DeMon.i.^-) e questo

pu una

solo ottenersi coli' armonia, e per conseguenza coll'as-

sociazione. L' umanit dev' essere una,


nella organizzazione

come uno

Iddio -

come

lo

cerlamenle nell'origine.

90

POLITICA DI DANTE.
(

L'unit viene Insegnala dalla intenzione di Dio

l)c

11) manifestata nel


tata,

mondo

esterno, e dalla necessit di

Mon. i. uno

scopo. Or essa richiede tal cosa da cui possa venire rappresene questa l'unit di governo.

allora necessario

un centro

a cui salga la generale ispirazione dell'Umanit,


leqrfe -

per ridiscenderne in forma di


unit e dell'appoggio
destinati
li]

un potere

forte della

dei
(Ij

pi

alti

intelletlL naturalmeiltc

a dirigerlo,
differente

che provegga con tranquilla sanella Divina Comedia. L'au-

N punto

la sua teoria

torit imperiale fu

sempre per Dante raltissimo unico ed eterno principio


onde quella continua adorazione
alla

dei suo sistema politico;

podest

imperiale, quasi fatata dal cielo, a quel sogno eroico,


della
tgli

come

disse Gioberti,

Monarchia universale, avente Roma a capo. E perfino nel paradiso imaginava una Roma di cui Cristo cive Romano (Purg. xxxii, 102)
;

un Impero
seggio (/nf.

di cui egli
1.

l'

Imperatore, dove avea

la

sua cittade

l'alio

174),
42),

115; Par. xxv.

con una Corte co' suoi Conti e Baroni (Par.xxiv.112, modo di quella che sostiene volere Iddio sulla terra. -

Dio avea preparato a Giulio Cesare la Monarchia, come mezzo di quella pace ch'egli voleva: Augusto per lui sommo eroe, sommo fondatore,
tipo degl'Imperatori. Costantino, trasportando la sedia imperiale, andava

contra

il

Cielo,
la

il

cielo

malediceva l'opera sconsigliata: frutto della


il

maledizione

rovina d'Italia, e

disfacimento dell'Impero. Lo ristabiil

raento dunque dell'Impero era di volere divino; ed egli teneasi


scelto a predicarlo ed a disporlo; egli
20.
il

pre-

precursore e l'apostolo: Inf.u.

L'

vore

Impero romano, fondato con tanti chiari argomenti del divino fail solo imperio legittimo, sotto il quale pu l'umanit esser queta
disfatto

e virtuosa:

menomato

quello,

tutto disordine:

ogni altro
e di

governo temporale un' usurpazione, un fomite


delitti: Inf. xiv.

di discordia civile
-

103-114; Par. xvi. oH; xviii. 98.


necessaria la

Al bene dunque del-

l'umana societ
dispose che
le

Monarchia, l'esercizio della quale appar-

tiene di diritto aire de' Romani.

La pietosa provvidenza deireterno


la

re...

cose

umane dovessero esser governate


serenit

dal sagrosanto
il

Imperio de' romani, aftch sotto

genere umano

si

stesse in pace, ed ovunque,

di s eccelso governo siccome chiede natura,

si

vivesse vita civile.

Queglino che temerariamente

presumendo ergon
perch
la

la

fronte contro questa manifestissima volont di Dio,


colui che dice la vendetta
fin

spada di
tingano

mia non cadde ancora

dal cielo,

d'ora le guance di pallore, perch su loro gi pende la sentenza del

severo giudice.

Ep.

vi. 1.

Chi resiste alla podest, resiste


al divino

al

comanda-

mento

di Dio,

e chi

repugna

comandamento,
della

recalcitra contro

la volont,

coeguale dell'onnipotenza: dura cosa calcitrare contro allo


V. 5. -

stimolo. Ep.

Non provate voi terrore

morte seconda, dapoich


contro
la gloria

primieri e soli abborrendo dal giogo della libert,

del

romano
2. -

principe, re del
.
.

mondo

e ministro di Dio
. .

tumultuaste? Epist.w.
v. 4.

Cristo

quand' egli era

in ceppi
si

afferm che quel potere, onde

cogtyi giccome Vicario di Cesare

vantava, dall'alto proveniva Ep.

POLITICA DI

DAME.
da adempiersi i

91
distinti

pienza a tulle le varie funzioni

impieghi, cio - e sostenga egli stesso le parti di pilota, di

capo supremo, onde recare

alla pi alta perfezione quella,

che Dante chiama V universale Reluiione dell' umana specie: Conv. II. 4. E cos verr mantenuta la concordia fra i reggitori di Stati, cittadi,

e questa pace
in

si

diffonder

dal

centro nelle

da queste
sar

ogni gruppo d'abitazioni, in ogni


{hi.)

c^sa, nel petto d'ogni persona.

E dove
a

il

seggio dell'Impero?

ogni argomento anaassumendo il linguaggio d'una assoluta e sintetica asserzione, come se gli recasse sorpresa la minima espreslitico,

A tale inchiesta Dante abbandona

sione di dubbio.

Egli

citt,

non pi ^/oso/o, ma credente. Mostra Roma \a santa come la chiama, di cui anche le pietre son degne, a
di

suo avviso,

riverenza: Quivi l'alto seggio dell'impero.


vi

Non v'ebbe, n

sar mai popolo dolalo d'una


il

mansue-

tudine maggiore per esercitare


che

comando,

di

pi fermezza

per sostenerlo, e d'una maggior capacit per acquistarlo,

sovra lutto il santo popolo romano Conv. De Mon. ii. passim. Dio scelse Roma d' infra tutte le genti. Essa ha gi dato al mondo due volte unit, ed
l'italiano, e
:

11.4;

nel suo seno, che

il

mondo

la

trover ancora, e per sempre.


materiale abbia assoggettato

Credete voi che

la sola forza

tante nazioni a Roma, che non era pi che una citt e un

branco d'uomini? Dante confessa anch'egli d'averlo creduto un momento, e che tutta la sua anima era per rivoltarsi suoi occhi furoiM) contro una tanta usurpazione. Ma poi
i

aperti: nelle pagine della storia di quel popolo vide spiegarsi l'opera della Vrow'Kenzdi :-praedestinationem

divinam-

necessitava

che

il

mondo

venisse preparato, fosse quasi

allivellalo sotto la regola di

dicazione

di

Ges potesse
della
di

far

un solo potere, onde la presorgere una nuova vita su


forza.

tutta quanta la terra. Dio consecr

ecco

il

segreto

lei

Roma Roma

a questa opera -

individualmente

non avea ambizione, essa non combattea per proprio interesse, ma si era volata a una missione. Populus ille sanctus,
pius
et

gloriosus,

propria commoda neglexisse videtur,

ut

02

POLITICA DI

DAME.
procurarci
(1).

pubblica pr salute immani


l'opra fu compiuta,

f/entis

E quando
il

Roma pos

dalle faliche, lnch


di
le

mondo

non ebbe bisogno del secondo Vangelo negli scritti stessi di Dante (giacche
si

unit. Si cerchi

nostre citazioni

farebber troppo frequenti)

lo

sviluppo di questo tema,

ch'egli appoggia all'autorit dei poeti, da lui sempre evo-

cata innanzi tutte, gi venendo sino a quella di Ges, che

riconobbe, com'egli afferma, colla sua morte la legittimit


della giurisdizione che

Roma

esercitava su tutta
il

la

specie

umana.
Trattato

Il

libro II

de Monarchia,

capitolo IV

del

II

del Convito

sono un solo inno a questa idea

che Dante venerava come religiosa.

Ma

oltre a

quanto

si

riferisce pi particolarmente al nostro soggetto vi ha

molto

da apprendere negli

scritti di
lui,

Dante,

come pu

scorgersi dai

pochi e sparsi pensieri di

che abbiamo

citati.

Vi ha la

tradizione della filosofia italiana che mira a fondere insieme


la

scuola di Pitagora con quella di Telesio, di Campanella


di

Giordano Bruno

vi

ha un' autorit da aggiungersi


avvertita da alcuno, seb-

all'altre che parlano in favore della dottrina del Progresso;

autorit che finora non

vedemmo

bene
ta

la

pi esplicita forse e la pi antica di tutte. La vidella specie umana, la legge di continuo suo moto ascendente all'appoggio d sempre
la

collettiva
il

sviluppo,

pi estese associazioni;

previsione dell'unit sociale che


le

sorger dalla distribuzione di tutte


dine allo scopo
quello che forma
(

varie funzioni in or-

comune
la

- la teoria
il

del

dovere,

con tutto
si

base e

merito d'una scuola, che


)

vuole

non iscorgesi su che fondamento chiamar francese - tutto troviamo chiaramente indicato in questi libri di un Italiano
prova che ogni dominio de' Romani fu previsto da lui propter zeium patriae et zelum justitiae, e conclude che i Romani acquisierunt principatum quodam jure naturae, a quo iabet exordium omne justura principium. E S. Agostino scrisse: Deo placuit orbem terrarum per Romanos debellare, ut in unam wcietatem reipublicae legumque
(1)

S.Tommaso,

nel libro de Redimine principum,


il

dominio da Dio, e che

perductum longe lateque pacaret. E S. Leone: Dispositio divinitus operi maxime conqruebat, ut multa regna uno confoederarentur imperio et
cito pervios haberet populos praedicatio generulis quos

unius tencret

regimen

civitatis,

POLITICA DI DANTE.
del

93

secolo decimoterzo,

che senza dubbio non dovettero


li

che aUa forma loro inatlraente l'obblio che

ha lunga-

mente coperti. E necessario quindi che


che
il

siavi

un potere che governi e


Italia, a

suo seggio,

l'impero cio, appartenga air

Roma. Giunto a questa conclusione, Dante dovea naturalmezzi per realizzare un tale mente fermarsi a cercare concetto. Scrtti lettor, di un italiano vivente. Voi. Hip. liiO. L'errore di aver cercato in Germania il liberatore
i

d'Italia, dice Gioberti, merita scusa,

perch questa divisa,


di

debole discorde non avca un braccio capace


ra.

tanta ope-

Parvegli
:

di

trovare

il

principio

egemonio nell'imperio
pel

tedesco
titolo

il

quale,

se per la sua stirpe era forestiero,

e la successione

apparente polca credersi italiano.


l'Italia
a'

Ma non

volle

gi sottoporre

stranieri:

giacch

l'imperatore, recandola ad essere nazione, dovea rimettervi


l'avito seggio e rendersi nazionale. Perci

Dante sostituene

do

allo

scettro

bastardo

^di

Costantino

giuridico di Giulio Cesare, restituendolo a

Koma

Carlomagno il e annula Bisanzio, e

lando l'opera del principe che


dei

lo trasferiva

pontefici
si

che

lo

trapiantavano

in

Francia,

poi

nella

Romagna,

mostr italianissimo. Gioberti^ Rinnovamento.

(Y. Scritti letterari di

un

italiano vivente.

Voi. Ili p. 3o8. -

Willemainy Corso di Letteratura del M. Evo. Lez. XII.) Nel terzo libro
dell'imperatore e
ei

prende a dimostrare, come


e per

il

diritto

divino

conseguente

la

sua indi-

l)endenza, ne' diritti e neiresercizo di


dal

monarca universale,
alla Politica

sommo

Pontelice

(Ij.

Del tutto conforme

;i) Dante suppose che lo spirito e la materia fossero ciascuna con >ua vita propria, senza inirerenza (iell'altra, e ne infer la indipenilenzii do' due poteri spirituale e temporale. Una volta entrato questa porta, si

d carriera e

li

edillca a

suo modo.

11

popolo e corrotto ed usurpatore,

la

societ viziosa e discorde. Unica medicina l'imperatore. Gli attribuisce tutti

come il papa lo fa immediatamente da Dio... Non un semplice ritorno, come pretende Wegele, al passato. Ci del passato e del futuro, del progresso e del regresso. Ci in germe l'alTrancamento del laicato, e il camino a pi larga unit. Intravvedi la nazioiR* die succede al comune. K un sogno cle in parte diventa storia, lira iu fondu il sogno dei lihilielliui. Il merito di Dante d'averlo allargato a
i

privilegi del papa, e

sistema,

e di esserne slato

il

lilosofo.

ed essersi alzato tino al concellu

94

POLITICA DI DA>T.
in

propugnala

questo libro della Monarchia quella che professa nella Divina Coniedia. - I GueK volendo la supre-

(juello

mazia della Chiesa sull'impero chiamavano questo luna, sole [De Non. iii. 4); all'inversa Ghibellini. Dante per lo
i

contrario

li

chiama due
dalla

soli,

volendo indicare che


e

tutti e

due

furono

stabiliti

Provvidenza,

che quindi devono

sussistere indipendentemente dall'altro, in

[)ramento

di

forze
il

e di eguale autorit:

L'Imperatore
famiglia
sole

sole sotto la cui


felice

un giusto lemDe Mon. iii. 11. guida soltanto l'umana


su questa terra,
il

pu esser

e virtuosa

che dalla santa


suoi raggi:

citt

debbe spandere da per tutto

luminosi

Purf}. xni. 16.

Ma

nel loco santo vi


:

debbe pur risiedere il successor del maf/gior Piero 21}. Sull'orizzonte dunque de' sette colli doveano questi due soli (l); il sole imperiale che illumina
della vita
;

Jnf.

i.

levarsi
le vie

il

sole pontificio che illumina


il

religiosi destini

dell'umanit ed

camino del cielo;

forte l'uno del diritto

della spada, l'altro dell'ascendente morale, frenantisi

scam-

bievolmente. Maggiore questo di quello,


dell'

il

quale bench dallo


per ampiezza di
e

umanit.

La base

fragile,

ma

l'edifizio

bello
di

disegno e concordia
levista
(1)

di parli.

De Sanctis, Carattere

Dante

sua utopia,

C408 del

Contemporanea di Torino, Gennaio, 1838. due suoi fini: Ci fu bisogno all'uomo di due direttivi, secondo sommo Pontefice, il quale a norma delle rivelazioni dirizzasse
i

l'umana generazione
le filosofiche

alla felicit spirituale, e dell'imperatore che, giusta


la

dottrine,

guidasse alla temporale felicit


di

ne Mon.

ni.

lo; Conv. 4) -

La virt

dare autorit al regno della nostra mortalit

contro alla natura della Chiesa: adunque non nel

numero

delle virt

sue

...

La forma

della Chiesa

fatti

suoi compresa. Infatti

non altro che la vita di Cristo ne' detti e la vita sua fu uno esempio della Chiesa mi-

litante,

specialmente de' pastori, e massime del

sommo Pontefice,
v'

l'ufficio

del quale pascere gli agnelli e le pecore:

Dato

ho esempio che come

ho fatto io cos voi facciate; e specialmente disse a S. Pietro, poich come in S. Giovanni si legge: l'officio del Pastore gli ebbe commesso
Pietro seguita me.

Ma

Cristo in presenza di Pilato questo regno dineg

i ministri miei combatterebora qui non il regno mio:'* Ds Mon. in. li. - Ogni legge divina nel grembo dei due Testamenti si contiene, nel qual grembo non posso trovare la cura delle cose tem-

dicendo: se regno di questo


bero,

mondo

fosse,

che da' Giudei non fossi preso,

ma

porali al

primo o novissimo sacerdozio essere commessa, ma piuttosto

trovo: Sacerdoti da quella per

comandamento essere
ed
i;J.
i

rimossi,

come apple

risce per le parole di Dio a Mos,

sacerdoti ulti;ni per

parole di

Cristo a' discepoli

Dtf

Mon.

in.

POLITICA DI
spirituale

DAME.
la

T6

non riceva
e in

l'essere

sua aulorlt, pure riceve


lo

che pi virtuosamente adoperi per


quale, in cielo
tefice:

lume della rjrazia,

il

terra f/rinfonde la benedizione del pon-

De Mon.

ni. 4.

Questi due

soli si
(P.

videro uscire della


ii.

loro orbita, scrive l'egregia


l'un contro l'altro, e
si

Ozanam,

e. 4.

2.) urtarsi

credette che fossero spenti. La Chiesa

non pu prclendcre
parte alcuna
al

la signoria

sulF Impero; essa non ebbe

suo stabilimento: nessun titolo l'autorizza

a rivendicarne un omaggio.
in

Essa non pu

farsi

un regno
quelk)

questo
altro

mondo senza
impero
Il

agire contro le proprie costituzioni:


di lei,

un

le

appartiene ben pi degno


al

dell'eternit.

misto e confuso governo

quale aspira

rit

non pu attecchire, mestieri che mini, perch l'una autoove trascorra, non pu, come dovrebbe, esser dall'altra
infrenata
(1).

Soleva Roma, che

il

buon mondo

feo,

Duo
L'un

Soli aver,

che l'una e l'altra strada

Facn vedere, e del mondo e di Beo. l'altro ha spento; ed giunta la spada

Col pasturale; e l'uno l'altro insieme Per viva forza mal convien che vada; Perocch, giunti, l'un l'altro non teme.

Se non mi credi, pon mente alla spiga,

Ch'ogni erba

si

conosce per

lo

seme.

..

D oggimai che la Chiesa di

Roma,

Per confondere in s duo reggimenti. Cado nel fango, e s brutta e la soma. Marco mio, diss'io, bene argomenti; Ed or discerno, perch del retaggio
Li figli di

Levi furono esenti. Purg. xvi. lOC.

Quindi quelle sue frequenti e passionate invettive contro


la

credula donazione di Costantino,


(iiielld clic

ai

tempi

di

Silvestro,
(2).

''ome

rec gran danno alla santit della Chiesa


Dio...
fatto

(1)

li

figliuolo di

Spirito evangelizzava in terra,

s ed a Cesare tutte
gli

le

uomo, mentre a rivelazione del Santo se partisse due regni, distribuendo a cose, giudic si rendesse all'uno ed altro ci che

come

appartiene.

Ep.

v.

9 - V. Puro. vi. 91;


r>9
;

xx. 10;

xxxiii. 70;

Par.

ix.

12G-140; XV. 123; xvi.


(2)

xxvii. 147.

La donazione

di

Costantino oggi con evidentissime prove


al

ne-

sangue nel medio-evo. - Il DoUiuQcr, Die Puisl-Fulclen dea MUclalters, (Le favole del Medio-Evo intorno ai papi) Monaco, 1S0.1, consacra il terzo articolo alla Donazione di Costa>ntino, gi conosciuta sotto il titolo di Edictum o di Conslitutum
gata dalle storia,

ma

creduta e difesa sino

96

POLITICA DI

DAME.
!

Oh

popolo

felice

oh gloriosa
avesse.

Italia

se quegli che

Vi

scem

l'Impero mal non fosse nato, ovvero la sua pia intenzione

non mai. incannato


1/ altro

l'

De

3/o7i.

ii.

11.

che sesue, con le leggi e meco, Solln buona intenzion clic f mal frutto.

Per cedere al Pastor si fece {,M-eco. Ora conosce come il mal, deilutto Dal suo hene operar, non gli e nocivo, Avvegna che sia il mondo indi distrutto. Par. xx. Ahi, Costantin, di quanto mal fu maire,

55.

Non

la

tua conversion,
te

ma

quella dote

Che da

prese

il

primo

e ricco patre! Inf. xix. 115. (1)

La Chiesa, seguita
10
la

il

poeta, in nessun
il

modo
la

era disposta

a ricevere cose temporali per


vieta,

precetto che espressamente

come abbiamo da Matteo... Per

qual cosa, se

Chiesa non poteva ricevere, dato che Costantino avesse potuto fare questo, nientedimeno tale azione non era possibile riceversi,

non essendo

il

paziente disposto.

Adunque

ilercatore.

Priviledium Constantini, che leggesi fra le false Decretali d'Isidoro l Dolliuier vuole che la donazione Constantiniana, anzich di origine greca, come altri la disse, indubitatamente fosse fabbricata in
di

Roma da un membro
di favorire l'acquisto

del clero

romano

tra

il
i

che allora meditavano

752 e il 774, allo scopo Papi della signoria temal clero

porale di tutta r
11

Italia, e di

ottenere nuove onorilicenze


I

romano.
al

DoUmger

ritiene che Adriano

accennasse incontrastabilmente

Diplo-

ma

una sua lettera a Carlomagno, del 777. La Civilt Cattolica colloca l'origine della Donazione nella prima met del secolo IX, essendo stati i primi a farne menzione Enea Vescovo di Parigi, a. 871
della Donazione in

Incmaro

di

patria francese;

Reims, m. 882, e Adone giacch ivi fece


coniarono
i

di
la

Vienna, m. 875 - E

la

vuole pure di
ivi

prima comparsa, ed
Donazione
si

pure, oltre

le false Decretali, si

falsi Capitolari di

Benedetto Levita, Oltrefu di confermare

dicch ritiene che

lo

scopo

di quella falsa

in Francia, coli' autorit di

Costantino Magno, l'inaugurazione del nuovo

Impero d'Occidente,
e le

fatta dal

Papa

in

pretendenze de' Greci,

sdegnatissimi contro

Carlomagno, ed attutare cos le ire il nuovo Impero e in-

sofferenti della perdita d'Italia,


(1)

Civ. Cuttol. Voi. X. p. 303.

grande poeta ghibellino dell'Alemagna, Gualtiero di Voltiultpoide, ha mondato un simile grido: si direbbe che Dante traducesse questi versi di Vogelwoide L'Imperatore Costantino prodiga al seggio
il
:

di

"

Roma pi doni che dire non saprei: gli dona corona. A questa vista un angelo grida ad alta
gura. tre volte sciagura!..
,

la

spada,
:

la

croce,

la

voce

Sciagura, scla-

La Chiesa era risplendente


le

ora

il

veleno serpeggia entro


al

di bellezza ed sue vene,.. Questi doni hanno recato


u. 11

molto di lale

mondo.

V.

Facto dogli Uberti, Dillumondo,

Ariosto, xxxiv. SO.

POLITICA DI
e manifesto

DAME.

97

che

la

Chiesa non lo poteva ricevere per


egli per

modo

di possessione,

modo

di alienazione conferire:

De Non.
Il

ni. 10.

P. Berardinelli della C. di
la

abbia mai negato

facolt

di

possedere,

Ges non trova che Dante o V uso conve-

niente della dominazione temporale, anzi ei vi legge in pi luoghi della D. Comedia e della Monarchia espressa grave-

mente la sentenza contraria. non abbia che vagheggiato


sacro

Il
il

P. Serio

vuole che Dante


della

pensiero

.Monarchia

universale di Rorfia cristiana, e solo abbia preso a cantare


il

romano impero

instituito dai papi

in

Carlomagno,

alla
al
il

propagazione del Cristianesimo per tutta la terra ed mantenimento della giustizia e della pace; conciossiacch
lo loco

sacro romano impero fu stabilito per


successor del magr/ior Piero,

santo U' siede

il

la

in perpetuo Sede Pontificale Apostolica, ed a mantenerla nella sua

a conservarvi

debita libert del cattolico magistero, e della sua vera giurisdizione che ha dal primato apostolico su tutto
il

mondo.

Veggasi Berardinelli,

Il

Concetto della Divina Comedia, p.

La Monarciia temporale del romano La Civilt Cattolica, 2 Luglio, 1864, p. 84. ecc. ecc. - E degli Alemanni veggasi Schreibcr Wilfi. Die politischcn und relif/iosen Doctrinen unter Ludwig dem Baiern (Le dottrine politiche e religiose
i^d-T- Marcucci G.Ji.
Pontefice secondo rAllifihieri, p.7; 30-36 -

sotto Lodovico
pur esposta dei confini

il

Bavaro) Landishuta, 1858; nella qual opera


di

l'opinione

Dante intorno

alla

questione

dell' autorit
il

pontificia
llasse,

e delle relazioni tra lo

impero e

pontificato:

IL G. Ueber die

Vereiniin

guwj dcr
temporale

geistlichen

und welllichen Obergetcall

romi-

sclien Kirchenstaatc (Sull'unione del potere ecclesiastico col


ecc.),

Harlem, 1852, opera premiata dalla societ


;

Teyleriana d'Harlem

DoeUinger

./.

J. J.

Kirchc und Kirchen,


Betra-

Papstthum

und Kirchenstaat.

Ilistorisch-politische

clitungen (Chiesa e Chiese, Pontiticato e stato della Chiesa,

Considerazioni storico-politiche,

Monaco 1861); Beuchlin

II.,

Kirchenstaat, Kirche und ISationalstaat (Stato ecclesiastico,

Chiesa e Slato nazionale) nella Ilistorische Zeitschrift di IL V. Sybel, 1862, Voi. I. p. 47-107.

Se Dante sia sfato Ohibellino.


YoL.
11.

Dante
7

nacquo

98

POLITICA D[ DANTE.

Guelfo, Guelfo crebbe, Guelfo combatt, Guelfo am. Guelfo govern la sua patria: Inf. x. 40. Per i pi si volle che

dopo l'esiglio mutasse parie e co' Ghibellini tenesse, anzi per antonomasia fu chiamato il poeta ghibellino. II Faurie, il WiUemain, VAmpre lo Schlegel vogliono, non allrimenti che
Coriolano, da guelfo per vendetta
ghibellino.
politico,
si

rimutasse in rabbioso

VArtaud
come
per

fa

due
Giov.

esseri distinti, del poeta e del

politico lo
ira.

chiama volubile indeciso, non


di Sassonia,
il
il

per vilt

ma

Wegele ed

il

Wtte solamente ideale ritengono


Il

ghibellinismo del poeta.


fiero

Boccaccio dichiara che niuno pi

Ghibellino

ed ai

Guelfi avversario, fu
l'

come

lui.

C.

Balbo, feroce ghibellino al-

di esserlo,

ultimo per ira, e molto troppo, quantunque ei non credesse e professasse di non esserlo. Strana apologia,

scrive San Renato Taillandier,


sulto.
lo
Il

che rassomiglia ad un in-

P. Berardinelli, ghibellino, e

scevera dal

vulgo dei perturbatori

massimamente ; tuttavia civili. Secondo il


fu mai,

Tommaseo, Dante pretto ghibellino non

ma

il

ghi-

bellinismo a certe sue proprie norme attemperava^ cos non fu mai guelfo pretto. Mostrarsi tutto intero di parte non

poteva,
forza,
a'

come pure ad una parte attenersi gli era quasi che meno infedelmente rispondesse alle sue dottrine suoi desideri alle sue passioni. Il Buongiovanni, ne' suoi

Prolegomeni, non solo il ritiene mai ghibellino, ma guelfo sempre, e guelfo di moderazione e di senno, in tutto devoto

grandezza

che vide sempre nel loco santo ed in Roma la Anche l Picchioni ci prova com'ei fu guelfo moderatissimo fin da principio, e non che aver cambiato
alla Chiesa,
d'Italia.

sua parte,
esagerati
Pontefici,

fedelissimo
di essa, e

vi

si

mantenne,

scostandosi

dagli
ai

scostandosene poi quando non pi


a'

ma

ora agli Angioini di Napoli, ora

Reali

di

di

Francia inclinava. Dante tent sempre la difficilissima parte conciliatore nelle celebri contese del primato che gi da
si

due secoli tra l'autorit ecclesiastica e civile non che di paciere fra le accanite parti che
vagliavano

agitavano,
tra-

l'Italia

miseramente.

G.

Giusti,

di

semplice

Guelfo,
:

nella suddivioiie del 1300, lo dice divenuto Guelfo bianco


Inf.

xxiv. 150.
i

cozz

La somiglianza de' casi e l' esiglio racBianchi co' Ghibellini, non per essere d'uno stesso

POLITICA DI DANTE.

90
la

sentimento,
in patria.

ma

perch avevano comune


si

mira

di

tornare

Dal 130o non

trov bene
il

d' essersi

unito con

questi usciti, e ben presto senti


loro, procacciarsi
tito tutto suo,

bisogno di dividersi da
difatti si elesse

ventura da s; e
per

un par-

tendente ad un fine pi alto ed universale.


l
l'

Esulando
dialit e

egli

qua e

Italia,

accolto con eguale cor-

benevoglienza cosi dal Vicario Imperiale, da Uguc-

cione,

dal

Salvatico, da un

ramo Ghibellino Malaspina, come da un Guido Pagano della Torre, da un Guido ^'ovello,

capi di parte Guelfa, ei appigliavasi via via a tutti coloro

davano speranza di sanare le piaghe d'Italia che N vaglia il dire, che quando il settimo Arrigo discese in Italia, con lettere veementissime invitasse
che
gli

l'avevan morta.

questo liberatore a percuotere quel nido


citt

di Neri,

quella

che spandendo

la

mala semente del


il

fiorino d' oro,

disviava dalla retta via


a tenere

romano

pontefice,

inducendolo

una parte del popolo battezzato a destra, l'altra a sinistra. Che ad Arrigo ricorressero e Ghibellini e Bianchi, Giovanni Villani il dice chiaramente. Ed egli pur notevole che quando Arrigo cal a Firenze e ne assedi una porta,
egli
il

non

vi volle essere,

con sentimento

di

vero cittadino,

quale, sebbene adirato con la patria, ricusa di por


;

mano

a minarla

pari a Temistocle, che elesse morire di veleno,


le

anzich capitanare

armi incitate contro

la Grecia.
le

E* chi pi di

lui

ha inesorabilmente flagellato
e

fraterne

lotte, in cui l'ira

va del pari del danno,


al
il

la

piaga della
seminatori

fortuna suole ingiustamente


Conv.
I.

piagato essere imputata?

Par. xvn. 32 - Ed

poeta dannava

di scandali e di dissensioni

pena

di

sangue,

ad essere

tagliati di fendente nella

nona bolgia

dell'

ottavo tremendo
e pressocch
lo

cerchio [Inf. xxviii.),


spirito di parte. - Egli

mostrandosi

fierissimo

crudele con Filippo Argenti [Inf.

viii. 4o)

che accendeva

pensava che il parteggiare dei cittadini avrebbe sul venerando capo d' Italia accumulato secoli di quella sventura che fa vili, di quella servit che non ha speranze, e coli' occhio deliamente credeva di vepesi del derla, come il Lucifero del suo Inferno, da tutti
i

mondo

costretto.

Quindi ingenerata

la

Purg. xiy. 64; xxm.

HO;

Par. xvi. 136.

mina delle citt: Onde non pu frena-

100
re
II

POLITICA Di DAKTE.

dolore e l'ira, vedendo l'Italia spezzata in brani, tutta

in balia di discordie di fazioni di

guerre tra stato e stato,


Purg.
vi. 7G.

tra paese e paese, tra famiglia e famiglia:

scg. - Quindi le gagliarde e ferlssime invettive contro le


citt e Provincie parleggianti e rodentisi

ferocemente l'una
contro Lucca {Inf.

l'altra;
XX..

contro Pistoia

[Inf. xxv. 10); (/w/. xxiv. 129);


(iw/".

41);

contro Siena

contro Pisa

(Inf.
la

xxxiii. 79);

contro Genova

xxxiii. 151);

contro

Romagna (/n/". xxvii.37); la Marca Trevigiana, la Lombardia e la Romagna: Purg. xvi. 115. E per si scaglia contro la
dolce terra latina che dalle proprie discordie, e dalle forze

e fazioni straniere xxvii. 27)


il
;

era miseramente
la dolce

lacera e divelta {Inf.

contro

terra latina che potea ripigliare

comando

dei popoli, ed invece, per contrariet di umori,


:

era ridotta vilmente a servire

Inf. xxviii. 70.


fazioni
gli

Ma

sovrattutto
la

se

ne dolca delle

che dilaniavano

fieramente

dolce patria sua, onde


:

prorompe dall'anima
qual volta scrivo cosa

contristata questo grido eloquente

misera, misera patria


te,

mia! quanta
Canz. XX.

piet

mi

strigne per

che a reggimento civile abbia rispetto: Conv.w.'^l.


st. 1.

nella

Ahi! quanto

in te la

iniqua gente pronta

sempre congregarsi
al

alla

tua morte,

Coft luci

bieche e torte,

Falso per vero

popol tuo mostrando.

Dacch

la citt partita
2),

in/', vi.

61

si

aggiunta a Marte

tadini la fioriscono in tutti

non pi regna onorata, non pi gli egregi citi loro gran fatti, ma notasi male r eccelso suo nome; sicch tra i traditori punito per esso lei qual verace non segue V asta del vedovo giglio, reso ornai
[Canz. XX.
sudicio
e vano, posto a ritroso sull'aste, e fatto vermiglio per divisione: Par. xvi. 152 - Di questo mal seme lo studio

di

cose nuove, l'incostanza dei reggimenti,

il

mutare e

rimutare perpetuo delle leggi, delle monete, dei costumi,


d tutto
:

Purg.

vi.

139.

La sua Firenze

divenuta specchio

di parte;

{Canz.w.^) simile al bambino che morendo di fame, caccia da s la balia che vorrebbe ristorarlo [Par. xxx.
139);
(i\V

inferma che non pu trovar posa in su


volta

le

piume,
al

ma

con dar

suo dolore scherma

{Purg.Y,U^);

POLITICA DI
flusso e riflusso perpetuo del
:

DAME.
egli

101

mare che cuopre ed iscuopre


con voce pa-

i liti senza jwsa Par. xvi. 82. Sicch ternamente minacciosa esclama:

Ma se non muti alla tua nave guida, Maggior tempesta con fortunal morte
Attendi per tua sorte,

Che

le

passate tue piene di strida.

Elefigi ornai, se la fraterna pace-

Fa pi per
Il

te,

o'I star lupa rapace. Canz. x\.


le

4.

poeta ebbe egualmente in ira


di questa, l'una e l'altra

due

fazioni, guelfa e

ghibellina, ond'era divisa l'Italia, perch volendo soltanto


il

bene

ugualmente vituperava Purg.


:

VI. 31. 97. Il

Guelfo oppone
al

gigli gialli, cio le


all'

armi

di Carlo

n, re di Puglia,

pubblico segno, cio

insegna romana,

eh ' l'insegna dell'impero universale del mondo. -Il Ghibellino dicendosi sostenitore dell' impero, fa in elTetto per s,

usurpatore

al pari del

Guelfo:
sacrosanto segno,
vi. 31.

Perch tu veggi con quanta ragione


Si

muove centra
'1

il

E chi
11

s'appropria, e chi a lui s'oppone. Par.

Ghibellino la politica dell'impero fa propria di una fae spesso

zione, e volgela ad argomenti d'interessi privali


di delitti:
Ornai puoi giudicar di que' colali,
eh' io accusai di sopra, e de' lor falli,

Che son cagion di tutti


L'

vostri mali.

uno al pubblico segno i gigli gialli Oppone, e l' altro appropria quello a parte, S eh' forte a veder qual pi si falli,
Faccian
Sott' altro
gli Ghibellin,

faccian lor arte

segno; che mal segue quello

Sempre chi la giustizia e lui diparte: E non l'abbatta esto Carlo novello Co' Guelfi suoi, ma tema degli artigli
Ch' a pi alto leon trasser Io vello. Par.
vi. 97.

Ora uno, che non piegando da alcuna costa, accusa Ghibellini in un mazzo coi Guelfi di tutti mali del suo tempo, osserva egregiamente il Giusti, si dir che sia Ghibellino? Sicch la fortuna serbavagli tanto onore che /' una parte e
i

V altra avrebbero fame


[Inf. XV. 70)
;

di lui,

ma

lungi

fia

dal becco V erba

anzi confessa di essersi sceveralo da' suoi


ingrati al

com-

pagni slessi

di esigilo,

bene che vorrebbe

far loro,

102
Stolli

POLITICA DI

DAME.
abbandonali a loro
tali

neiruUle proprio, e
sviluppate
dal

di averli

stessi,

lasciando di pi parteggiare con


le teorie

bestie

malte.

Anche

poeta nel Trattalo de Monarchia


alle

sono egualmente opposte

due

parti Ghibellina e Guelfa,

poich mirano all'equilibro e all'armonia dei due poteri,

mentre ciascuna fazione tendeva a promuovere


dell'

il
i

predominio

un potere
cos

sull'altro

(l).

Egli

non err

fra

due campi

rivali,

l'Ozanam [P.

iv. 1),

piant la propria tenda

sur un terreno indipendente, non per tenersi in un terreno


indifferente

ma

per combattere solo colla potenza del suo

E quando le fazioni sembravano invilupparlo nei loro tumultuosi movimenti e renderlo mallevadore dei loro delitti,
genio.
egli

protestava altamente contro

di

esse;

le

sue severe

una mazza infaticabile sulla testa degli autori e dei compagni del suo Bianchi, sui Ghibellini ed Guelfi. Egli esilio, sui Neri ed contemporanei il numero non temette di moltiplicare fra dei propri nemici, onde conservare il suo nome puro da
parole discendevano
alterni colpi di
i i i

come

ogni alleanza umiliante agli occhi della posterit. La posterit

ha delusa per gran tempo questa legittima speranza,


degli studj storici

ma

l'attuale progresso
il

lascerebbe ine-

scusato

pregiudizio volgare.

giunta

l'ora di rendere al
si

vecchio Allighieri quella ambita testimonianza eh' egli


fece

rendere prima dall'avolo Cacciagulda nella maraviconferenza descritta


Dante non voleva
regni

gliosa

nel

Paradiso;

non aver

egli

(1)

le

Provincie ed

municipi dispogliati
era, al dire del Gar-

delle lor leggi, de' loro usi,

delle loro libert;

non
di

mignani, colla sua 3Ionarcliia centralizzatore dell'autorit e del potere,


le condizioni civili d' allora

non permettendo pur

pensare alla moderna


;

centralizzazione, ed alla costituzione

di vasti stati e potenti rearai

ma

era piuttosto municipalizzatore dell'umanit, ravvisando nel municipio

un mezzo produttore
solamente
ei

e conservatore dell'indipendenza individuale - i\on


:

serbate all' Imperatore obbedienza, ma predicava ben anco: serbate come liberi il reggimento, con che voleva ammonite ie citt a non sacrificare il proprio governo, le proprie franchigie, la propria libert. La devozione in lui non fu n poteva mai essere servilit. Tutte le nazioni, regni, citt, egli pur scrive, hanno le loro propriet, per le quali bisogna con differenti leggi governarle, perch la legge regola che drizza la vita: De Man. 1. 16. Dante voleva conciliare l'unit

predicava

politica con

le

civili

libert,

gli

opposti vantaggi di parte guelfa e di

parte gbibeUina,

POLITICA DI DANTE.

103
eitpa,

confusa

la

propria causa con quella d' una razza


la gloria

ed
lui

aver

avuto

di crearsi

una parte speciale a

stesso, a lui solo:

A
II

te

na bello
(1)

Averti fatta parte per te stesso. Par. xvii. 68.

pi caldo voto del suo cuore era col civile riordinala

mento
Purg,

pubblica pace, quella lagrimata pace {Purg. x. 33)

in mondo andava cercando: N pi bello saluto di questo gli possono rendere le ombre benedette che si abbattono in lui: Frati miei: Dio vi dea pace: Purg. xxi. 113. - E la bella Arimi-

che tanto ardentemente di mondo


v. 61. -

nese che tratteggiava

la

terra dov'era nata, sedente


il

Sulla marina dove

Po discende
sui, (Inf. v. 96.)

Per aver pace co' seguaci

a ricompensa

di tanta piet sentita

dal poeta

al suo

mal

perverso, avrebbe pregato Iddio per la sua pace, se Iddio


le fosse stato
gli

amico

Inf, v. 41. e scuola

le

cose vedute voleva

fossero

documento

.... perch non scuse


D' aprir lo cuore all'acque della pace,
Che dall'eterno fonte san diffuse. Purg. xv. 131.

Errando

egli

su per

monti

della
di

Lunigiana,
S.

picchiava

un giorno
Il

alle porte del


gli

monistero

Croce del Corvo.

monaco che

apriva, lesse al primo sguardo tutta

una

lunga storia
attorno,

di dolori sul

macro

e pallido volto dello stra-

niero, e che cercate voi? gli chiedeva: Dante, girato lo sguardo

uno

di quegli sguardi
:

che sono testimoni del core,

lentamente rispondeva
(Ij

Pace. -

Scrivendo egli

a'

grandi
1-2

V.

Minich Seruf

R.

Appendice

alle Consider. sulla Sintesi, p.

Il reprit le

ville

bton de plerin, et pendant dix aiines (1311-i:21), errant de en ville, accueilli tour a tour chez des gibelins et cbcz des guelfes in-

aux opinlons de ses hlos, car il habitait toujours une spbere aux parlis, il s'obslina esprer cantre tonte esperance. Il croyait invinciblement la venne d' un rdempteur. Il se preparali
difl'rent

.;uprieure

rentrer Florence avec le conscration de la gioire... en attendant cette

rparation et ce triomphe,

il

se glorifait lui

moine dans

la cit divine...

Dante pouvait rpter fierement sadernirelieure l'loge que luiadresse


s;on aieul

Cacciaguida, aun dix-septime chant du Paradisi

te fia

bello

Averti fatta parte per te stesso. Saint-Ren Taillundier, Revue des deux Mondes, 1 Dee. 18o6^

p. 489

104
della terra,
gli

POLITICA Di

DAME.

non

s'intitola
il

che per uno che pre(ja pace, o


vii. -

piace

di

unire

suo nome a quelli de' Toscani che

universalmente pace desiderano: Ep.

La pace

uni-

versale, egli dice, tra tutte le cose la pi ottima a conse-

guitare l'umana beatitudine. Di qui avvenne che sopra


pastori

ai

venne dal

cielo

un suono che non disse: Ricchezvita,

ze, piaceri, onori,

lunga

sanit,

gagliardia, bellezza;

ma

disse Pace; perch la celestiale

gloria in Cielo a Dio e in


lont sia pace.
del Salvatore:

compagnia cant: Sia terra affli uomini di buona voperch era conveniente
Il

E questa

era ancora la propria salutazione


al

voi sia pace;

sommo

Salvatore esprimere una salutazione umana.


di poi
i

qual
nelle

costume servarono
salutazioni sue,

suoi

discepoli,

e Paolo

come

a ciascheduno

pu esser manifesto:
il

De Non. L. N con
regno dei
Ti

i.

5.

altro

nome

gli

piace tante volte chiamare

cieli

che con quello della pace:


la

Nel beato concilio

ponga in pace
Quinci
si

verace corte,
esilio. Purg.x's.. 16.

Che mi rilega nell'eterno


va
clii

vuole andar per pace. Purg. xxiv. lil.

D' aver,

anime sicure quando che sia, di pace stato. Purg. xxvi. Il del della divina pace. Par. ii. 112. In la sua volontade nostra pace. Par. in. 8o. E da esilio venni in questa pace. Par. x. 129.

53.

E venni
Che solo

dal martirio a questa pace. Pur. xv. 148.

vita intera
in lui

d'amore e di pace ! Par. xxvii. 8. vedere (la creatura) ha lasuapace. Par xx.\.102.

Neil' eterna pace. Par, xxxui. 8.

Che

anzi

ove

la patria

non tornasse all'antica

virt,

nuli' altro ei pi

vorrebbe che morire:

Lunga

vita ancora aspetta,

Se innanzi tempo grazia a s noi chiama. Inf. xxxi. 128. Non so, risposi lui, quant' io mi viva;
3Ia gi

non

fia

'1

tornar mio tanto tosto,

Ch'io non sia col voler prima alla riva.

Perocch
Di giorno
'n

il

luogo, u' fui a viver posto,

gi

rno pi di ben

si spolpa,

E a

trista ruina par disposto. Purg. xxiv. 76.

E da questa ruina
fosse

contrarla e cadervi, per

non voleva campare; voleva innon vedersi vivo quando la patria morta. Questa imagine si fa veramente pietosa e leegli

POLITICA DI

DAME.

105
egli

neiissima,

e sovra tutto

quando noi guardiamo che

scrisse queste cose nel bando.

dei popoli e delle nazioni non E nou sapete, sfrenati e folli, che diritti pubblici non hanno fine se non col termine del tempo, non possono andar soggetti al computo di prescrizione alcuna? Certo gli articoli delle leggi altamente dichiarano, dominii pue l'umana ragione argomentando stabilisce, blici delle cose, per qualsivoglia lunghezza di tempo trasandati, non poter giammai venir meno, n, assotigliati che
I diritti politici si

prescrivono.

siano,

venir conquistati.

Perciocch

quello

che

all' utile

universale ordinato, non pu senza danno di tutti perire,

od anco solo
la

infievolire.
il

E questo n vuole

Iddio, n vuol
al tutto in

natura, e

consenso degli uomini l'avrebbe

orrore: Epist. vi. 2.

Canoni
e di

politici.

Al ben essere di tutti


natura:
Conv.
-

gli

uomini
civile

ciascheduno in particolare richiedesi che vivano in


iv. 4.

societ a che gli ordin

compagnia potrebb' esservi senza un ripartimento di uffici diversi, e senza una disuguaglianza di condizioni, all'ordine
universale necessarie
:

E pu egli esser (cive), se gi non si vive Diversamente per diversi uffici? Par. viii. 118.

La

societ importa leggi: la legge

la

regola direttiva
iv.

della vita:

De Mon.

i.

15; la ragione scritta: Conv.

9;

un freno che ratliene l'uomo dentro a sua meta, che ingoverna


torto
le

dirizza l'istinto, e che

umane

tendenze, affinch

non corrano dietro


per fren porre
:

al

amore: onde convenne legge

Piirg. xvi. 94.

Ma

perch una civile comule

nanza, uno stato cresca e fiorisca, fa mestieri che

leggi

non sieno un nome vano senza subbietto. Che imporla che vi sieii le leggi, se pochi pongon mano adesse? Piirg.wi. 97. - Dinanzi alla veneranda maest della legge non vi debbono essere n immunit n privilegi; tanto pi che dove l'argomento della mente S'aggiunge al mal volere e alla possa. Nessun riparo vi pu far la gente: Inf. xwi.
55. -

L'osservanza alle sacrosante leggi, che della naturale

giustizia imitano l'imagine, se lieta , se franca,

mente provasi non essere

servit,

ma

anzi

a chi

non sola-r guarda

lOG
filigenlemenle,
libert.

POLITICA DI DANTE.

apparisce,
altro

qual essa

la

E che
ai

infatti

la libert,

se

maggiore delle non il libero


le leggi

passaggio della volont all'azione, passaggio che

appianano
'

loro seguaci? Epist. vi.

5.

tre fondamenti della felicit

d'uno stato sono


seconda
;

le ric-

chezze, la pace la sapienza. Procuran la prime soprattutto


l'agricoltura
'e

il

commercio;
vi.

la

le

buone

leggi, la

vigilanza, la virtuosa educazione

la terza gli studi

onorati

e protetti

Purg.

137.

La semplicit poi del costumi custode alla loro pue quindi alla pace, senza la quale non pu esservi libert vera n ferma. Per, siccome nel C. xxiii. ^4 del
rit,

Purgat. egli

biasima

gli
e,

svergognati portamenti delle


novello Isaia,
[Isaia
si
iii.

f-

rentine del tempo suo,

16)

castigo dell'inverecondo vestire delle femine,

fa valici-

natore di pubbliche calamit, cosi nel xvi. 115 del Paradiso

comenda altamente

delle antiche

il

vivere modesto.
quivi tutte le pi
civile: Inf.

Dov' gara di valore


belle virt cittadine ed
XVI. 67;
il

e di cortesie,

nerbo della floridezza

Purg. xiv. 109

xvi. 115; Par. xvi. 130. -

Mancata

questa gara
Superbia, invidia ed avarizia sono

La

tre faville e'

hanno

cori accesi. Inf. vi. 74.


e

Gente avara, invidiosa

superba: Inf. xv.

68.

La tua citt eh' piena D'invidia si, che gi trabocca il sacco. Inf. La gente nuova, e i subiti guadagni, Orgoglio e dismisura han generata,

vi. 49.

Fiorenza, in te, s che tu gi ten piagni. Inf.xvi.lZ.

Onde
xxiii;

vizi della

democrazia e

il

fasto villano de'

mer-

cadanti firentini senza rispetto abbominava: Inf. xv; Purg.

Par. xvi. L'esperienza dimostra vagli che


levati
al

il

plebeo

il

villano

potere per tutt' altro


i

che grandezza

d'animo e un vero merito, e venuti da povert subitamente in ricchezze per arti ladre e vili, sono superbi e
insolenti,

e pur

tra

fregi

e l'oro sentono

sempre della

lordura
villana

da cui son sorti. L'orgoglio nasce da ruvida e natura e da egoismo, qual suol essere della gente
al

nuova, che non impar

mondo

altra arte che far danari,

n altro stima che

il

danaro. La

dismisura comprende

la

POLITICA DI DANTE.

107

a cui spinge l'insolenza delle ricchezze, dove sono impotenti le leggi. -

ambizione, l'invidia e lutti

gli altri disordini

E Dante chiama
perbi, e

ritrosi passi

[Purg. x.

123') quelli dei

su-

aggiunge che senza T alimento del


fiorentino

cielo

a retro va

sentenze

iPurg.Xi.X^}; con le quali due tremendo dimostrava chiaro che l'umilt fosse il motore unico di quello che noi chiamiamo progresso. Il che, quanto s'accordi con l'opinione e col
chi pi di gir s affanna
il

sentire d certi politici d'oggid lascio al secolo giudicare.


/?.

Bianchi.
Il

germe

delle sventure
dirsi
al

e de' vizi

che tanto costarono

a Firenze
schiatte,

pu

che fosse nell'origine stessa delle varie


il

come

male de' corpi


la

cibo indigesto

Sempre

confusion delle persone

Principio fu del mai della cittade,

Come

del corpo

il

cibo che s'appone. Par. xvi

67.

Pensiero di molta

filosofia,

da servire di documento a co-

loro che ancor oggi

pensano dal violento accozzare de' po anzi a

poli diversi derivar forza agli imperi e alle nazioni.

La

forza

mal

diretta

danno che a

tutela.

La

vera grandezza delle nazioni


materiale,
chi

meno
si

riposta

nella

forza

che nella sapienza de' principi. Quando manca


le forze,

con senno diriga

hanno gravissimi

mali.

L'anarchia terribile, perch vi hanno forze materiali in


istato di violenza:

Par. xvi. 70. Le cose


le

umane non sono


:

perenni: muoiono

regni; ma ci che muoiono pu conservarli pi lungamente si la virt Par. xvi. 76. Dei Re, e de' loro ministri. Come debbano con Amate il lume della dursi nel governo dei popoli.
citt,
i

Sapienzia,

si

scrive nel libro di Sapienza, voi tutti che siete


:

dinanzi a'popoli; cio a dire


colla imperiale a

Congiungasi

la filosofica

autorit

che

al

bene e perfettamente reggere. Oh miseri, presente reggete e oh miserissimi, che retti siete che
1 !

nulla filosofica autorit

si

congiugne

colli vostri

reggimenti,

n per proprio studio, n per consiglio; sicch a lutti si pu dire quella parola dello Ecclesiaste: Guai a te, terra,
lo cui re fanciullo,

li

cui principi la

domane mangia-

no:
la

e a nulla terra

terra, lo cui

pu dire quello che seguila: Beata re nobile, e li cui principi usano il suo
si

108

POLITICA DI DANTE.

tempo a bisogno, e non a lussuria.


(ir

Ponetevi mente, nemici


e a voi

Dio, a' fianchi, voi che le verghe de' reggimenti d'Italia

prese avete.
altri

dico a voi
:

Carlo e Federigo regi,

principi e tiranni

e guardate chi a lato vi siede per


il

consiglio: e

annumerate quante volte


li

di

questo fine della

umana

vita per

vostri

consiglieri v' additato.

Meglio
6. -

sarebbe voi, come rondine, volare basso, che, come nibbio,


altissime rote fare sopra cose vilissime
:

Conv. iv.

Lo

rege

si

letificher in Dio,
lui,

e saranno lodati tutti quelli che


la bocca di coloro che Queste parole posso io qui vera-

giurano in
parlano

perocch serrata

le inique cose.

mente proporre; perocch ciascuno vero Rege deve massimamente amare la verit. Onde scritto nel libro ;di Sapienzia: Ambite il lume di Sapienzia, voi, che siete dinanzi alli popoli: e il lume di Sapienzia essa verit: Convito, IV. 16. - Il re deve additare della vera e ben ordinala societ almen la parte principale, cio la giustizia
((
:

Convenne rege aver, che discernesse Della vera cittade almen la torre. Purg.

xvi. 93.

Salomone chiesto da Dio a dimandare ci che meglio gli tornasse, non chiese di tutta specie sapienza, ma il senno
di re
:

chiese senno,

Acciocch re sufficiente

fosse. Par. xiii. 95.


il

e perch regale prudenza ottenne. Dante lo dice

pi veg-

gente dei re (W.v.104). E


precetto

le

sante creature vedute nella fa-

cella Gioviale, s'atteggiano in


ai re della terra, ai
:

forma

di lettere, descriventi
Dilif/ite
i

un

duci del mondo:

justitiam

qui judicatis terram

Par. xviii. 91. - Non sono

cittadini pei

consoli, n la gente pel re, sendo le leggi per la civilt, e

non
{De
si

questa per quelle. Consoli e


signori degli altri,
ministri

re,

per rispetto della via, sono

per rispetto del termine:

Mon.
terra

i.

14. -

Il

re porga benevola l'orecchia ai richiami


il

de' grandi che de' miseri: siccome

Re

dei re, cos

re della

non deggiono avere accettazione di persone. Quando pu

rendere sollecita giustizia non pretessa colorate cagioni di


indugio: Chifia dov'io
le

La

ti

far.

Che
se

gli si

possono rendere
e

parole della vedovella, di lagrime atteggiata


:

di dolore, a

Trajaiio

L'altrui bene

te

che

(la,

'l

tuo metti in obblio?

POLITICA DI
Puvfj. X.
85.
-

DAME.
di

109

La pi bella prerogativa
il

un Principe
l'imperatore

l'indulgenza e

perdono.

Il

tipo dei Cesari,

idoleggiato dal poeta,

perifoner a tutti che misericordia

chiederanno, essendo

egli
il

Cesare, e la

maest derivando

dal fonte della piet: clt

giudizio di lui abborre da ogni

severit e nel punire arrestasi di


del

mezzo guiderdoner:

Ep. v.

qua dal mezzo; al di l 3. - Quantunque per


la

divina concessione abbia in

mano

verga del temporale

castigo, pure, perch sappia odore di Colui, dal quale

come

da un punto si biforca la potest di Pietro e di Cesare, volentieri corregge la sua famiglia, ma pi volentieri le
usa misericordia
:

Ep. v.

5. -

E neWEpst. vu. 2 dice


si

di

aver veduto
del principe
i

il

suo Arrigo, quale

conviene all'imperiale
- Ufizio

maest benignissimo, e udito clementissimo.


si

pure

pur quello

di

proteggere

la

Religione e

suoi ministri.
il

Cesare quella riverenza usi a Pietro, la


usare verso
il

quale

primogenito figliuolo

padre debbe,

acciocch egli illustrato dalla luce della paterna grazia, con


pi virt
della terra illumini. De Mon. 15.il circolo Se non che i regi son molli, ma l buon son rari:_ Par. xui. 108. - 11 governo oppressivo e tirannico sempre con-

trista e

muove
Se

all'ira

popoli soggetti: dolore e vendetta

n' sempre naturale e funestissima conseguenza:


mata signoria, che
scmjyre accora

Li popoli suggetti, non avesse

Mosso Pulerm a gridar: Mora, mora. Purg.


I

vni. 73.

grandi uffizj sieno ben locali; non s'innalzi di' mag (fior gradi che gente degna d'onore, e che poi porti fede al glorioso uffizio:
Delle tue ricchezze onora e fregia

Qual

ligliiiol te

pi pregia,

Non recando

a' tuoi

ben chi non n' degno. Canz.xx.Z.


e

Pochi sono

gli

onorati

Romei che poveri

vetusti discenda-

no dal potere! La
succhio,

la

trista ?<//:; m, satellite della tirannia,

usa

solo ad impinguarsi dell'avere dei popoli,

a far dei denti


stato,

pi terribile jattura
stessi re:

di

uno

mina

estrema degli

E se mio frate questo antivedesse, L'avara parerla di Catalogna Gi fuggirla, perch non gli offendesse;

110

poltica DI DANTE.
Che veramente provveder bisogna per altrui, s cha sua barca Per lui, Carica pi di carco n(^n si pogna. La sua natura che di larga parca
Discese, avria mestier di tal milizia

Che non curasse di mettere in arca. Par.

viii. 76.

Vizio delle corti l'invidia: questa laida meretrice non


torce
i

mai

r/li

occhi putti dall'ospizio


tristi
lutti.

dei Cesari:
delle

per essa
di

lieti

onori tornano in

Pier

Vigne
e

sua grandezza
di

in basso messo,

e per

fufjffire

disdegno di
bella

giusto divenne ingiusto: Inf.

xiii. 56.

L opera grande
:

Romeo

cipe di
gli

mal gradita: le parole bicce mossero il prinProvenza a dimandare ragione a questo giusto che
fu
sette e

avea assegnato

cinque per diece


si

Par.

vi. 127.
le

E con coraggio

sicuro

fa

il

poeta a percuotere

prime altezze della societ del suo tempo, e la tirannide scostumata che malmenava l'umanit, e ci dispiega il votutte le iniquit e

lume che nel novissimo d sar aperto, V opere sozze onde


al

in cui
i

sono scritte

re cattolici sono a

Dio e

mondo
lui la

in dispregio: Par. xix. 1.12.

Come l'uomo

locato pi alto nella gerarchia dei poteri, tanto pi grave

pesa su

responsabilit delle sue operazioni. Quei regi,


il

che disconobbero

supremo loro

uftzio,

staran poi laggiuso,

come porci
vili.

in

brago, di s lasciando orribili dispregi: Inf.

49.

DEGLI STUDI DI DANTE


E DEL CONCETTO CH'AVEA DEL PROPRIO INGEGNO

E DELLE SrE OPERE

(1)

Brunetto

liatini

gpli

fu Iflaestro.

Che in la mente m' fitta, ed or m'accora, La cara e buona imagine paterna Di voi, quando nel mondo ad ora ad ora M'insegnavate come l'uom s'eterna: E quanto io l' abbo in grado, mentr' io vivo, Convien che nella mia lingua si scerna. Inf. xv.

82.

Ardore che avea di avanzare


^'ulla

nejs^li

studii.

ignoranza mai con tanta auerra


desideroso di sapere.
..

Mi

Purg. xx. 145.

Dante confessa che prima della morte di Beatrice gli era ancor difficile l'intendere bene il latino. Le parole che
rivolsegli

Amore

gli

sapeano molto oscure, onde prosegui

in volgare: Vita i\. xii.

fu solo
si

dopo ch'ei perdette


mise a leggere
il

il

primo

dilelto della

sua anima. Che

libro

della Consolazione di Boezio e (dWAmicizia di

Tullio.

Ma

avvegnacch, cosi ne ocrive, duro mi fosse prima entrare nella loro sentenza, finalmente v'entrai tant' entro, quanto

V arte di Grammatica,
potea fare: Conv.
ii.

eh' io avea, e

13.

un poco di mio iufiegno E furono Boezio e Tullio, quelli che


cio

colla dolcezza del loro

sermone inviarono lui nell'amore,


la scrittura di quella.
ei

nello studio di quella gentilissima Filosofia, colli raggi della


stella loro, la

qual

Prima

di

questo tempo, come

stesso

confessa,

era

ben tenue e fuggevole nella sua mente il lume delle grandi cognizioni, onde l'ingegno suo vedea di molte cose quasi
come sognando
andare
fi)
:

Conv.

ii.

13.

Da

indi

in

qua cominci ad

ove

la Filosofia si

dimostrava veracemente, cio


mano
pro-

Leonardo Aretino

ci fa

sapere che Dante avea una bellissima


ed era
in
la

di scritto: ei fu, die' egli, scrittore perfetto,

sua lettera magra


di

e lunga e molto corretta, secondo io ho veduto

alcune pistole

pria

mano

scritte.

112

DEGLI STUDI DI
e

DAME.

nelle scuole de' religiosi,

alle disptitazioni de' fdosofanti

sicch
sentire

ili

piccol tempo, forse di 30 mesi, cominci tanto a

della sua

dolcezza,

che

il

suo amore cacciava e

distruggeva ogni altro pensiero. E non solamente invagh


di
lei,

ma
-

di tulle quelle
lei

persone che alcuna prossimitade


filosoha parca a me,

avessero a
111.

o per familiarit, o per parenlela alcuna: Conv.

1.

E dal principio essa


quanto
che
le

quanto

dalla parte del suo corpo (cio sapienzia), fiera, che non

mi

ridea,
e

in

le

sue persuasioni ancora non intendea;


cio,

disdegnosa,

non mi volgea V occhio,


sue

eh' io

non

potea vedere
il

dimostrazioni ....

di lutto

questo

difetto

era dal mio lato:

Com?;. ni. 15.

Che gli occhi


si

della sapienza sono le sue dimostrazioni, colle quali


la

vede

verit certissimamente

'1

suo riso sono

le

sue persua-

sioni, nelle quali si

dimostra
:

la

luce interiore della sapienza

sotto alcuno velamenlo

e in queste
il

due

si

sente quel piain

cere altissimo
Paradiso. Conv.

di
iii.

beatitudine,
15.

qual

massimo bene
se

Dante ne' suoi 18 anni avea veduto per


V. ly. IH.
Il

medesimo,
poetare

senza aiuto d'alcun maestro, l'arte del dire parole per rima:

che mostra che per


tulli i fedeli di

lui

l'

arte

del

fu tutta ispirazione ed eccitamento di natura.


col

Ei salutava

primo Sonetto
la

Amore, e pregavali che


seguito ne' suoi compo-

giudicassero

sua visione.
il

ci

apprende

modo

per

lui

nimenti.

La sua

lingua parla quasi come per se stessa mossa:

F. iV. XIX.

zione

d'Amore.

alquanti d
dentro),

Dapprima nota (ripone nella mente) V ispiraE poi sovressa pensando, ecco che dopo Amore gli detta di nuovo in cuore (gli favella

ed egli giusta che ode, scrive.

Amore che

spira,
la

fa notare le spirazioni

e da ultimo le detta,

ecco tutta

poesia di Dante: V. N. xix. xxii.


de'
la

Non diversa

l'arte

sommi

poeti

che bastano ad avvivare e ingagliardire

propria nazione e rendersi maestri del

mondo

civile.

Ma

d s' io veggio gui colui che fuore

Trasse

le nuove rime, comiaciando: Donne, ch'avete intelletto d'amore. Ed io a lui: r mi son un che, quando

Amore

spira, noto, ed a quel

modo
49.

Che detta dentro, vo' significando. Pwrg. xxiv.

DEGLI STUDI DI DANTE.


11

113
d' italiana

sovrano poeta accenna


e quella
del

qui alle

due scuole

poesia; l'antica di Guittone d'Arezzo, del Notaio Lentino, di

Bonaggiunta,

dolce

sHl nuovo,

inspirata

dal

vero amore: Purg. xxiv. 55.

Ma

per non

ci

tace

come
non

talora sgomentasselo

il

pen-

siero che la sua lingua

fosse di quello che lo intelletlo


{la

vedea compiutamente seguace: Cowmii. 3

mia lngua non

di tanta facondia che dir potesse ci che nel pensier mio

se ne ragiona:
letto e

Conv.iu.L-per

la debilit del nostro intello

la

cortezza del nostro parlare

qual dal pensiero

vinto sicch seguire egli non lo puote appieno: Id.).


.

Onde

scrivea nella V.N.


derio di dire
fatica,

18: Cos dimorai alquanti d con desi-

e con paura di cominciare. Il pensiero della comenta egregiamente il Giuliani, ardua e grande alla quale altri per cimentarsi, sgomenta l'animo, e nel desiderio che pur lo eccita a dire, una segreta forza lo ritiene dal cominciare. Imperocch, presa una volta la via,

ci

conviene procedere,

e tra
1'

per

pericoli e la coscienza

della propria debolezza,

uomo

sente di dover raccogliere

tutte le sue forze

per non essere sopraffatto dall'alta im-

presa e mostrarsi vinto da vilt nel ritirarsene.


Delle sue Canzoni compiacevasi, e con diletto ne reci-

tava

versi a gloriarsi ch'era

primo

fra

nuovi

lirici;

e,

senza avere mai letto Pindaro, n'adempiva

precelti, e forse

ne sorpassava

gli

esempi.
il

Casella ricorda

principio di una sua canzone bellissi-

ma
da

e filosofica, che trovasi nel Convito, e che pare sia stata


lui

messa

in musica: Amor che nella mente mi


la

ragiona,

Cominci

egli allor s dolcemente,

Che

dolcezza ancor dentro

mi suona. Purg.
il

ii.

112.

E Carlo Martello, dal cielo di Venere, ricorda della prima Canzone del Convito:
Tu
nel

principio

mondo

gi dicesti:
il

Voi che intendendo

terzo del movete. Par.


all'

viii. 37.

Un
tori

altro principio lo fa riconoscere


lo

ombre

de' rima-

che

aveano preceduto:
Trasse veggio qui colui che fuore nuove rimo, cominciando: Donne, ch'avete intcUclto d'umore. Furg. xxiv.
di' s' io le

Ma

49.

VOL.

II.

114

DEGLI STUDI DI DANTE.

Grandezza

e difficoltik del

tema assuntosi.
7.

impresa da pifiliare a gabbo, Descriver fondo a tutto l' universo. Inf.xxxu.


sonasser tutte quelle lingue Che Pollnna con le suore fero
Del latte lor dolcissimo pi pingue,

Che non
Se

mo

Per aiutarmi,

al

millesmo del vero

Non si verria, cantando il santo riso, E quanto il santo aspetto facea mero. E cos, figurando il Paradiso,
Convien saltare
il

sacrato poema,

Come

chi trova suo

cammin

reciso.

ponderoso tema, E r omero mortai che se ne carca. Noi biasmerebbe, se sott' esso trema.
5Ia chi
il

pensasse

Non pareggio da picciola barca Quel che fendendo va r ardita prora.

N da nocchier

eh' a s

medesmo

parca. Par.

xxm.

o'^

Nel Purgatorio, l'ingegno del poeta picciola nave (i.l); e nel Paradiso a chi lo segue e' d sdegnoso coTisiglio
:

voi che siete in piccioletta barca,

Desiderosi d' ascoltar, seguiti


Dietro al

mio legno che cantando varca.


11

Tornate a riveder

vostri

liti,

Non vi mettete in pelago; che forse, Perdendo me, rimarreste smarriti. L'acqua ch'io prendo giammai non Minerva spira, e conducemi Apollo, E nove 3Iuse mi dimostran l'Orse.

corse:

Voi altri pochi, che drizzaste il collo Per tempo al pan degli Angeli, dei quale Vivesi qui, ma non sen vien satollo, Metter potete ben per r alto sale
Vostro navigio, servando mio solco
Dinanzi all'acqua che ritorna eguale. Par.
ii.

1.

Quantunque
di s
:

nel C.
sia,

XIV

del Purgatorio,

v. 20,

ei

dica

Dirvi chi

saria parlare indarno; Che 7 nome mio

ancor molto non suona;


e solo

per necessit registri

quantunque sfugga parlare di s, il suo nome [Purcj. xxx. 63),

pure egli aveva coscienza delia grandezza del suo nobile

ed elevato ingegno:
Tu
se' solo colui, da cui io tolsi
i.

Lo bello stile che m' ha fatto onore. Inf. Perocch ciascun meco si conviene Nel nome che son la voce sola, Fannomi onore e di ci fanno bene. Inf.

86.

vi. 91.

DEGLI STUDI DI
E pi
d'

DAME.

1 1'>

onore ancora assai mi fenno,

Ch'essi mi fecer della loro schiera,


Si eh' io fui sesto Ira cotanto senno.

Cos

n'andammo

inflno alla lumiera,

Parlando cose^ che il tacere bello, S com'era il parlar col dov' era. Inf.
Se tu segui tua
stella,

iv.

100.

Non puoi

fallire a glorioso porto,

Se ben m' accorsi nella vita bella. E s'io non fossi s per tempo morto,

Veggendo
Dato
t'

il

cielo a
all'

te

cosi benigno.

avrei

opaca conforto. Inf. xv. 35.

Ed

ei

chiama soave

la

sua nota, e gentile

la

Ballata sua,

dalla quale gliene verrebbe onore [Bai. in), e di soave

armo(F. Y.

na e di dolce suono vuole sieno adorne le sue parole, nelle

quali vi sar
XII.
stile
)
;

Amore

tutte

le

volte che

far mestieri
e
il

e ne' suoi pensieri cerca le dolci rime

soave

e ricorda

che poi tenne sempre nel ragionar d'Amore (Conu. iv.l.), l' amorosa lima che ha pulito i suoi delti, e bei
di Fede.

colori che per Beatrice ha trovati e messi in

Professione

Alla

rima Son. 33 prima Canzone del Convito ei


:

facea dire: diletta

son bella.

mia novella: ponete mente almen com' io uomini, che vedere non potete la sentenza di questa Canzone, non la rifiutate per; ma ponete mente la sua bellezza,

guai versi egli stesso faceva comento:

ch'^ande,
mone....
in essa
Si
si

si

per costruzione...,

si

per l'ordine del ser-

per lo

numero

delle sue parli...

Le quali cose

possono belle vedere, per chi bene guarda.

Conv.

II.

12, -

Ed un

altra sua

Canzone chiama piena di

bont, dolce ed amorosa: Canz. xui. Chiusa.

Ed

egli alla

sua poesia dimanda un linguaggio forte ad

un tempo ed imitativo, perch le sue descrizioni spirino col suono quel terribile che dentro all'anima sente [Inf. xxxii. 1); e perch il suo dire non suoni diverso del fatto
{Inf. xxxii. 12)
;

e,

quando

lo

chiegga

il

soggetto, pi lumiix.

noso sialo

stile e

pi potente l'arte: Pnrff.

70.

Le sue

invocazioni alle

Muse

rivelano

il

vivo sentimento che avea

della potenza del suo genio.


alto ingegno, or m'aiutate: Muse, mente, che scrivesti ci ch'io vidi, Qui si parr la tua nobilitate. Inf. ii. 7.

buono

.\pollo, all'ultirao lavoro

116
Fammi

DEGLI STUDI DI

DAME.

del tuo valor s fallo vaso,

Come dimandi a dar ramato alloro.


Insino a qui l'un gioito
di

Parnaso

Assai mi

fu,

ma

or con

ambedue

M' uopo entrar nell'arinfjo rimase Entra nel petto mio, e spira tue Si come quando Marsia traesti Della vagina delle memhre sue.
divina virt, se mi
ti

presti

Tanto, che V ombra del beato regno

Segnata nel mio capo io manifesti, Venir vedr' mi al tuo diletto legno,

coronarmi allor di quelle


e

foqlie
1.

Che la materia

tu

mi

farai degno. Par.

13.

diva Pegasea, che

g'

ingegni
regni.

Fai gloriosi,

rendili longevi,
i

Ed
Le

essi teco le cittadi e


te, s

Illustrami di

ch'io rilevi

lor figure coni' io l'ho concette:


82.

Paia tua possa in questi versi brevi. Par. xvm.

Egli

nomo

d' intellelto

[Inf. ii.l9); egli

non ignaro d'essere


;

uscito coir altezza del suo ingegno {Inf. x. 58


della volgare schiera {Inf.
ii.

Far. xxii.

12)

105), riponea tutta la sua spe-

ranza nel gran poema cui avea posto

mano
alla

cielo e terra,

che

gli
:

avesse ad aprire

11

ritorno

bene amata sua

patria

Se mai continga che il poema sacro, Al quale ha posto mano e cielo e terra,
S che

m'ha

fatto per pi anni macro,

Vinca la crudelt, che fuor mi serra Del bello ovile, ov'io dormii agnello Nimico a' lupi, che gli danno guerra; Con altra voce omai, con altro vello
Ritorner poeta, ed in sul fonte
Del mio battesmo prender
il

cappello. Par. xxv.

I.

E
in

tale era

pure

il

generoso volo

di Virgilio:

Primus ego

patriam mecum, modo vita super sit, Aonio rediens deducam vertice Musas, ecc. Georg, iii. 10. Ed alla sua Musa chiedeva canti, di cui gli slessi suoi
la

nemici ed emoli sentano


rata invidia
s

grandezza,
i.

e nella loro dispe-

consumino. Par.
s'

12.

Non vo' per che


Poscia che

a' tuoi vicini invidie,

infutura la tua vita


il

Via

piii l

che

punir di lor

perfidie. Par. xvii.07.

E dal nobile suo canto ripromettevasi l'immortalit;

DEGLI STUDI DI DANTE.

117
xxvii 47.

nome tuo nel mondo tegna fronte, Inf. Se la fama tua dopo te luca. Inf. xvi. 66.
Se
'1

Per
S' elle

le

note
ti

Di questa Gomeda, lettor,

giuro,
vote. Inf. xvi. 127.

non sien

di

lunga grazia

Ed

il

primato
Tener
lo

dell' italiana

poesia:

Credette Ciniabue nella pintura

campo, ed ora ha Giotto il grido. fama di colui s'oscura. Cosi ha tolto l'uno all'altro Guido La gloria della lingua, e forse nato Chi l'uno e l'altro caccer di nido. Purg.xnH.
Si che la

(1)

Nell'interpretazione
di

del

poema

ci

voleva poi avvertiti

guardare

al

senso allegorico nascosto sotto la lettera,

dove altissimi concetti e morali e politici sono adombrati da poetiche finzioni. {Epistola Magnifico Domino Kant
grandi...
E
7.)

(1

contemporanei
di

il

salutarono subito ad una voce la maggior

musa

italiana.

Gino

Pistoia cantava in

morte del poeta

Amor,
fu

dell' alto

monte, Drieto
l'

allo stil del

Su per la costa, nostro ragionare. Or chi potria


:

montare. Poi che son rotte

ale d' ogni 'ngegno ecc. Gino, GXIl. - Questi

sommo
in

come
e

aringhiera parlare,

poeta e filosofo e retorico perfetto, tanto in dittare e versificare, nobilissimo dicitore, e in rima sommo: col pi-

pulito

e bello stile che mai fosse in nostra lingua insino al suo tempo pi innanzi. G. Villani, IX 135. - Questi fu quel Dante che a' nostri secoli fu conceduto di speziale grazia da Dio questi fu quel Dante, il quale primo doveva al ritorno delle muse sbandite d' Italia, aprire la via. Per costui la chiarezza del fiorentino idioma dimostrata; per costui ogni bellezza di vulgar parlare sotto debiti numeri regolata; per costui la
;

morta poesia meritamente si pu dire resuscitata. Boccaccio, Vita di Dante, p. 7. - Egli primo la poesia italica, non altrimenti tra noi italici esalt e rec in pregio, che la sua Omero tra' Greci o Virgilio tra' Latini. Davanti da costui, comecch per poco spazio d'anni innanzi si creda che trovata fusse, ninno fu che sentimento o ardire avesse (dal numero delle sillabe e dalla consonanza dalle parti estreme in fuori J Ji farla essere strumento di alcuna artificiosa materia; anzi solamente in leggerissime cose di amore con essa si esercitavano. Gostui mostr con effetto, con essa
ogni altra materia potersi trattare,
nostro, /d.p.27. e glorioso sopra altro fece
il

vulgar

la critica di

tutte le nazioni con le pi calde ed entuil

siastiche parole salut l'Allighieri

sovrano poeta della civilt risorta.

Veggasi specialmente
troisime, livre IX,

Lamennais, Esquisse d' une philosophie, Tome chap. ix Id, La Divine Comdie de Dante Allighieri,
il
;

V Introduction,

i.

xii.

lxu. lxui. lxiv. ecc


L. XII.;

Villemain., Cours

de

Lit-

trature au moyen-ge,
sofischer Beziehung.
(

Schelling F. W. Ueber Dante infilo-

Gonsiderazionl sulla fllosofla dantesca.)

118
voi,

DEGLI STUDI DI DANTE.


ch'avete gl'intelletti sani,
Mirate la dottrina che s'asconde
Sotto
il

velame degli versi strani.

Inf. ix. 61.


al vero,

Aguzza qui, lettor, ben gli occhi Che il velo ora ben tanto sottile.
Certo, che
'1

trapassar dentro e leggiero. Purg

viu. 19.

Suo amore alla lingua


na
a' suoi
e

italiana.

La lingua italia-

mamma

tempi non era che bambina; la lingua che chiamava babbo: iwf. xxvii.7; in qua et m'uierculae comu-

nicant: Ep. a Cangrande 10.

Cose scritte oltre 150 anni


variati: Conv.
bello

non aveva
di

(Vita iV. 25);

molti vocaboli nel brieve torno


e
i.

50 anni erano spenti nati

5;

il

volgare era corruttibile non istabile; governato a legge del solo piacimento, dell'wso solo e non deWarte seguace: Conv.
1.

5.

Brunetto Latini confessava perch


la

di

aver scritto

il

suo Tesoro
pii

in lingua francesca,

parlatura francesca era

dileltevole e pi
1. 1.

comune che

tutti gli altri linguaggi:

Tesoro,

-Ma

Dante sentiva poter accrescere


e ch'io

alla propria lingua

e nobilt e grandezza: e che avrebbe potuto ben dire d'essa:

r idioma ch'io usai

feci: Par. xxvi. 114.

la propria loquela, per lui nobilmente arricchita, traspare sovente da' suoi versi: -Za sua loquela ti fa manifesto Hi quella nobil patria natio:
il

vivissimo

amore per

Jnf. X. 25. -

La tua chiara favella:


ii.

Inf. xviu. 13. - In

sua

favella

Inf.

57. - ]\ostra favella: Par. xviu. 72. :

Questa

moderna
Faranno
paese

favella

Par. xvi. 33. - Parlar materno

Purg. xxvi.

117. - Li dolci detti vostri Che, quanto durer l'uso moderno.


loro inchiostri: Purg.\x.\.\V.-Be\ suona: Inf. xxxiu. 80. N solamente del nativo suo volgare si fece amico, ma
i

chiari ancora

dove

il

amore

perfettissimo

amore di

lui

sempre
delli

lo

prese: Conv.i.

che con esso parlavano,... fu suo introducitore nella via della


suoi generanti
scienza, eh' l'ultima perfezione, in

12. Il volgare fu congiungitore

quanto con esso entr


il

nello latino, e con esso gli fu mostrato,


gli

quale latino poi

fu via^ per

andare innanzi, e
Conv.
i.

cosi... gli fu

grandissimo

benefattore:

Va. -

Dal principio

della

mia vita

ebbi con esso benevolenza e conversazione, e usato quello

deliberando, interpretando e questionando, per che se l'amilt

s'accresce per la consuetudine, siccome manifestamente

DEGLI STUDI DI DA?JTE.

119
cre:

appare,
sciuta,

manifesto ch'essa in

me massimamente

che sono con esso volgare tulio mio lemix) usato


12.

Conv.

1.

Ed
lo

ci

porgea ammonimento che mom rfe&a alcuno l'oriIO.

qinal sua favella lasciare per alcun' altra, dove necessit non
costringesse: Conv.
i.

Che quantunque non


la la verit,

sia

bene

senza lode d'ingegno apprendere

lingua strana, egli bia-

simevole comendare quella oltre


ditale acquisto: Conv.
1.

per farsi glorioso

11.

se naturale

amore principalla terza

mente muove l'amatore


difendere
lui

a Ire cose: l'una si a magnificare


di
ei

l'amato: l'altra a essere geloso


;

quello;

queste
e ho

tre

cose,

aggiunge, mi fecero
a propugnarlo, a per-

prendere

lo

nostro Volgare, lo quale naturalmente e acci-

dentalmente

amo

amato

{Id.) - e

petuale infamia e depressione dcUi malvagi uomini d'Italia,

che commendano
(Coni'.
1.

lo

Volgare

altrui, e lo proprio

dispregiano

11);

sicch lieramente

doleagli che a dispetto di

esso altri comendasse la


bella e migliore,

lingua d' Oco, dicendo eh' pi


dalla verit {Conv.
gli

dipartendosi

LIO); e

pieno di nobile disdegno, scagliavasi contro


cattivi
lo

abbominevoli

d'Italia che

hanno a

vile questo prezioso volgare,

quale se vile in alcuna cosa, non se non in quanto

egli

1.13.

suona nella bocca meretrice di questi adulteri: Conv. -E intendimento suo, e quello dell'amico suo Guido
fu
di scrivere
la

Cavalcanti,

Vita JSuova per


il

volgare {V.

N.

31); e scriveva in volgare


alla propria loquela,
in

Convito pel naturale

amore
gere

nella gran bont di quel vol-

che altissimi

novissimi concetti

convenevolmente^

sufficientemente e acconciamente quasi come per esso latino


si

esprimono {Conv.

1.

10),

volendo che nel suo Comento


sillabe,

si

vegga l agevolezza delle sue


condizioni, e
le

la propriet delle sue


le

soavi orazioni che di lui si fanno:

quali

chi bene agguarder,

vedr essere piene di dolcissima ed


1.

amabilissima bellezza: Cony.


di

10.

-E

delle splendide glorie

questo vulgare, per

lui

condotto a nobilissima perfezione,

divinava:

satolleranno migllaja,

Questo sar quello pane orzalo, del quale si e a me ne sovcrchieranno le sporte

piene. Questo sar luce nuova, sole nuovo; il quale surger ove r usalo (il latino) tramonter, e dar luce a coloro che

120
sono
finisce

DEGLI STUDI
in

DI

DANTE.

tenebre e in oscurit per lo usato sole che a loro


libro

non luce: Conv..V. - Nel


il

de Vulvari Eloquio deche


in

proprio volgare:

quello,
...

ciascuna
di tutte
-

dita

appare,

che in ninna riposa

quello eh'
i.

le citt

italiane, e

non pare che

sia di

ninna

16:

E nell'opera
:

amico Gino da Pistoia Quelli che pi dolcemente e pi sottilmente han scritto poemi, sono stati suoi domestici, e famigliari, cio Gino da
istessa cos favella di s e del suo

Pistoia

V amico

suo'.y)

i.

IO

Il

Volgare,
i

il

quale
vede,

innalzato di magislerio e di potenza, innalza


e di gloria.

suoi di onore
si

Gh'el sia da magisterio innalzato,


di tanti rozzi di

essendo egli
plesse

vocaboli Italiani,

di tante
di

pertanti

costruzioni,

tante difettive pronunzie,


cos

contadineschi

accenti,

egregio,

cos

districalo,

cos

perfetto e cos civile ridotto,

suo nelle loro


il

come Gino da Pistoia, Canzoni dimostrano: De Vul. El. 1.


al

e V Amico
17. - Gosi

sovrano maestro delle lettere italiane


fin

nobile proposito
fisso, e

tenne fermo,

che raggiunse che potea

il

termine

a confu-

sione di quelli che dispregiano ed accusano bast a mostrar

pienamente

ci

la lingua nostra.

La lingua piacque a Dante determinarla


eh' pi frequente nell'

dalla particella

umano

discorso, e propria all'afler;

mazone della verit

Jnf. xxxni. 80

V.

N. 25; Conv.

i.

2.

AMMAESTBAJiEMl

DI

lEITiRATURA

Mostrerolli
Oltre,

quanto '1 potr mentar mia scuola. Purg. XXI. quella scuola Perch conoscili
, . .

C'bai seguitata, e veggi sua dottrina. Purg. XXXIII. 8

L'arte.
tura.

La Natura procede da Dio, l'Arte dalla NaLa Natura segue l'Arte


come
'1

maestro

fa

'l

discente,

S che vostr' arte a Dio quasi nepote. Inf. xi. 97.

La Natura non
ci

solo ne' suoi aspetti e


fallaci

d norme non
pi,
ci

del bello
i

del

movimenti esterni buono; ma quel

eh'

fornisce

rappresentarli,

anche segni e lo stromento per merc del gran dono della favella, e della

podest

in

ciascuna nazione di perfezionarla.


Ma,
Opera naturale eh' uom favella cosi, natura lascia cosi
;

Poi fare a voi secondo che

v' abbella.

Par. xxvi. 130.

A
ma
ci

bene approfittare nelle

discipline,
la

non basta l'ingegno,


coltura dell'ingegno,

vuole per giunta l'arte, cio

e l'uso

eh' la perseveranza della coltura. L'ingegno, ri-

trova

e
il

mente

combina; l'arte conduce ad effetto convenientepensiero della mente: Par. x. 43. - Perch Virgilio
il

potesse dichiarare

suo allievo signore assoluto di s medee ascoltare l'orbe

desimo era duopo che pria guidato riavesse con ingegno e


con arte: Purg. xxvi. 130. - N solo
(la
si

pratica),

ma

si

anco

la

ragione

(la teoria).

Par.xxvi. 123.

La regola dell'arte vuole si osservi una giusta proporzione delle parti di un tutto fra loro, e questa regola moderatrice che debbe governare la' fantasia chiamata dal poeta lo fren dell' arte. Nelle menti vigorosissime una
grande
inquietudine agita aflollatamente
gli
i

pensieri* e

li

rimodella in pi guise, e

aduna continuatamente

in varie

disposizioni, finche poi l'animo riposato, sceverando gl'in-

convenienti dell'abbondanza, l'ingegno assoggettasi all'ordine, al freno dell'arte:

Purg.xxxiu.H.

122

AMMAESTRAMENTI
i

DI

LETTERATURA.
:

Ogni arte ha
Ma

suoi confini
il

or convien che

mio seguir desista


;

Pi dietro a sua bellezza poetando Come alVultimo suo ciascun artista. Par, xxx.3.
11

poeta non consent mai alla fantasia di violare quelle

leggi che prima avea poste all'ingegno. Nella Vita


egli

Nuova

vago

di mostrarci l'ossatura de' suoi

componimenti,
l'una stanza

e la ragione produttrice, notando perfino


fosse ancella e servigiale dell'altra ( 19),

come

rarne

sensi
ci

nascosti;

lo

non che di dichiache, osserva egregiamente il


i

Tommaseo,
alle

dimostra com'egli solesse

voli della fantasia

misure del raziocinio adattare, e desiderare che altri vegga com'' li avesse adattati. N certamente l'Italia ha poeta che tanto volo lasciasse alla fantasia, n poeta che
con pi
forti

legami sapesse
lo

la

fantasia moderare:
eli' io

non soglio Perch non corra, che virt noi guidi; S che se stella buona, o miglior cosa
'ngegno allreno

E pi

M'ha dato

il

ben, ch'io stesso noi m'invidi,

/n/".

xxvi. 21.

Del che

si

deduce un'altro nobilissimo precetto: Chi


indirizzarlo

sorti

un

felice

ingegno, debbe coltivarlo,


si

alla virt,

altrimenti lo

perde.
di poesia italiana: l'antica
di

Dante distingueva due scuole


di
altri

Guittone d'Arezzo, del Notaio,


coetanei,
sili

Bonaggiunta
la

e degli

freddi

concettisti,

nuova,

quella dei

dolce

nuovo, e delle nuove rime, inspirate da vero amore,

della quale egli stesso con compiacenza dicevasi fondatore.

Nella vecchia scuola, l'amore, per mezzo


di ritmi,

di

consonanze e
il

amava

ciarlare piuttosto che di parlare

linguaggio

della passione e del cuore. Della qual cosa Dante


il

conobbe
il

difetto; volle provarsi ad unire all'armonia dei versi

calore del sentimento, e cos, sulle rovine dell' antica, fon-

dava una scuola novella,


r mi son un
che,

e gli riusc

appieno

la

prova:

quando

Amore
*

spira, noto, ed a quel

modo

Che detta dentro, vo significando.


frate, issa vegg' io, diss'egli, il nodo Che il Notaio, e Guittone, e me ritenne Di qua dal dolce stil nuovo ch'i' odo. lo veggio ben come le vostre penne Diretro al dittator sen vanno strette. Che delle nostre certo non avvenne. Purg, xxiv.

52.

AMMAESTRAMEMl

DI

LETTERATURA.

123

In questi versi, prima dei Baumgarten e del Wiiikelman, Dante definisce bene l'estetica: in essi si comprende
il

segreto

della poesia

e dell'eloquenza
al poeta,

e
il

di

tutte l'arti

del vivere.

Prima condizione

cuore,
1'

senza

il

quale

si

posson far versi

ma non
;

poesia:

mi son un che
mente): Se-

quando Amore spira, noto (attendo, noto


conda condizione necessaria
finificando.

colla

espressione conveniente e pari

agli affetti sentiti: ed a quel

modo che
a

detta dentro, vo si-

Veggio ora

la

cagione che fu impedimento a

Jacopo da Lentino, a Guittone, ed


che non giungessimo a poetare
gione fu
il

me

(Bonaggiunta),

si

dolcemente. Questa ca-

Dante, eh' quanto a dire


d'espressione. E Dante
dell'inspirazione:
Poca
Si
favilla

non essere eglino accesi di amore, siccome fu la mancanza di sentimento e


si

crede d'aver creato

la

scuola

gran fiamma seconda:

Forse diretro a

me

con miglior \oci


i.

pregher perch Cirra risponda. Par.

34.

Ma
si

chi per venire in

grado

alla gente,

scrivendo d'Amore,
xxiv. 48), questo

mette oltre ad Amore dettatore

(Pttrr/.

un cieco che non vede, non sente la differenza -che corre tra uno stile copiatore fedele della natura e del sentimento, ed uno caricato e falso
scrittore
:

E qual pi

a gradire oltre si mette,


all'altro stilo.

Non vede pi dall'uno

Purg. xxiv.

61.

Dello
al

stile.

iiiffiicoitsk dell'espressione.

La ma-

teria fallisce spesso all'intenzione dell'artefice, e gli restia

concetto, non potendo imprimere la forma che vorrebbe Vero che, come forma non s'accorda
Molte
fiate alla

intenzion dell'arte,

Perch' a risponder

la materia sorda. Par. 1. 127. Similemente operando all'artista, C'ha l'abito dell'arte e man che trema. Par. xiii. 77.

Molte volte
11

al

fatto

il

dir vien

meno.

Inf. xiv. 04.

mio veder
il

fu

maggio
a tanto oltraggio. Par. xxxiii. 33.

Che

parlar nostro, che a tal vista cede,


la

E cede

memoria

Chi porla mai pur con parole sciolte

Dicer del sangue e delle piaghe appieno, Ch'i' ora vidi, per narrar pi volte?

Per

Ogni lingua per certo verra meno lo nostro sermone e per la mente,

12

AMMAESTRAMENTI

DI

LETTERATURA.
1.

comprender poco seno. Inf. xxviii. Ma voglia ed argomento ne' mortali... Diversamente son pennuti in ali. Par. xv. 79. Per se le mie rime avran difetto,
a tanto

C hanno

Di ci

Ch'entreran nella loda di costei, si biasmi il debole intelletto,


'1

parlar nostro, che non ha valore

Di ritrar tutto ci, che dice Amore.

Cam.

xv.

1.

Non pure

a quello che lo intelletto non sostiene,


sufficiente

ma

non sono, perocch la lingua mia non di tanta facondia, che dir potesse ci che nel pensiero mio se ne ragiona... Se difetto sia nelle mie parole... di ci da biasimare la debilit
dello 'ntelletto
e la

eziandio a quello ch'io intendo,

cortezza

del nostro

parlare

lo

quale

dal pensiero vinto sicch seguire lui non puote appieno...

Nostro
quello

intelletto,

per difetto della virt,


cose salire,

della quale trae

ch'el vede (ch' virt organica,


a certe

cio la fantasia),
la

non puote

perocch

fantasia

noi
li

puote aiutare, e che non ha


a parlare,

lo di che...

Pi ampli sono

termini dello 'ngegno a pensare, che a parlare,, e pi ampli

che ad accennare

il

pensiero

nostro,

ma

sola-

mente quello che a


parlare

perfetto intelletto
si

non viene, non eziandio


vincente del
la

quello che a perfetto intelletto


:

termina,

Conv.

in. 4. -

Onde
l'

il

poeta invocava

sua Musa

Illustrami di te, si ch'io rilevi

Le

lor figure cora' io

ho concetto. Par. xvm.


il

85.

E rendeva
meravglia,

avvertito

suo lettore che non prendesse

s'ei

cercava di sostenere con pi arte, e con


la

pi luminoso
s

stile
il

materia sublime di ch'ei favellava;

che del fatto


Lettor,

dir non fosse diverso. Inf. xxxii. 12. tu vedi ben com'io innalzo
ix.70.

La mia materia, e per con pi arte Non ti maravigliar, s' io la rincalzo. Purq,
Or convien ch'Elicona per me
versi,

E Urania m'aiuti

col

suo coro,

Forti cose a pensar, mettere in versi. Purg. xxix. 39.

V affetto
D'
Il

il

senno...
s

un

peso per ciascun di voi

fenno. Par. xv. 73.

sentimento, l'attitudine a bene esprimerlo, bisogna che

seno d'un
Il

medesimo peso e

valore.
all'

dar colore e forza


S' io avessi le

idee col suono della

parola uno de' necessarii requisiti dell'arte.


rime aspre
e chiocce.

AMMAESTRAME^T1
Come
Sovra
si
'1

DI

LETTERATURA.

125

converrebbe al tristo buco, qual pontan tutte l'altre rocce,

(E nel mio parlare vor/lio esser aspro: Caw2. ix. 1; con rima aspra e sottile : Canz. xvi. l. - E dice aspra, quanto al suono
del dettato,

che a tanta materia non conviene esser leno:

Conv.

IV.

2.)

r premerei di mio concetto il suco Pi pienamente; ma perch'io non l'abbo, Non senza tema a dicer mi conduco. Che non impresa da pigliare a gabbo,
Descriver fondo a tutto l'universo,

N da lingua che chiami mamma e babbo. Ma quelle Donne aiutino il mio verso,
Ch' aiutaro Anflone a chiuder Tebe,
S che dal fatto il dir
Il

non

sia diverso. Inf. xxxii.

1.

poeta
la

dimandava un linguaggio
terribile

forte

ed imitativo,
l'armonia
in

perch

sua descrizione fosse piena, e spirasse anche col

suono quel
lui

che dentro

egli sentiva:

era spesso frutto d'arte pi possente.

E
tura.

visibile

parlare [Purg.

x. 95)
le

chiama
gli

il

modo da

lui

tenuto per agguagliare con

parole

effetti della

scol-

ci

indarno confidasi uno scrittore di dare


esperte mani sieno trattate;
la fantasia. al

d con questo un utilissimo insegnamento. Poich al suo stile tanta

evidenza, quanta sogliono avere le arti del disegno, se da

ove quello non

si

componga

di voci rappresentanti imagini vive, atte

ad impressionarci

gagliardamente

Dante, non v'ha dubbio, diede

anche talvolta connato


concetti. Egli dice:

decoro ed alla perspicuit,


alle dipinture,

ma
ai

sempre per crescer fedelt

e profondit

Parla, e sii breve ed arguto. Purg.

xiii. 78.

Sfuaio campo con siepi, con


quasi impedimenti

SI,
;

de' classici. Una pianura ,con certi sentieri,


fossati,

fuori delli suoi stretti sentieri.


la

con pietre, con legname, con tutti E nevato

che tutto cuopre

neve, e rende una (igura in ogni

parte, sicch d'alcuno sentiero vestigio

non

si

vede. Viene

alcuno dall'una parte della campagna, e vuole andare a una magione eh' dall'altra parte, e per sua Industria, cio per

accorgimento e per bont d'ingegno, solo da s guidato, per lo diritto cammino si va l dove intende, lasciando le
vestigie de' suoi passi dietro da s. Viene

un

altro appresso

126

AMMAESTRAMENTI

DI

LETTERATURA.
e

costui, e vuole a questa

magione andare,

non

gli

me-

stiere se
il

non seguire
altri

le vestigie lasciale, e

per suo difetto

cammino, che

senza scorta ha saputo tenere, questo


li

scrto erra, e tortisce per

pruni e per

le ruine,

ed

alla

parte dove dee non va... Chi ha alcuna scorta, e bene non

camina,

lo

suo errore e
- Il

il

suo difetto non pu essere mag-

giore. Conv. IV. 7.


di

Perticari,

chiamata bellissima e piena


di Rafaello,

evidenza questa pittura, quanto un quadro


cos

egregiamente annotava:

pw

dirsi

di

chi

abbandona

la via segnata dai Classici.

Quanto pi strettamente imitiamo

grandi poeti, tanto

pi dirittamente componiamo; e per noi, che volemo porre


nelle opere nostre qualche dottrina, ci fu bisogno le loro poe-

tiche dottrine imitare:

De

Vulg. El.

ii.

4.

E Dante c'insegna

che dobbiamo avere in riverenza ed amore la bella scola


[Inf. IV. 92), cio gli

esempi sommi dell'arte; dai quali solo

deve trarsi il bello stile che fa le opere immortali. Da essi apprese egli a scegliere nel discorso quell'espressione eh'
la migliore,

dare alle parole quell'ordine che ad esse

conviene, a serbare ne' concetti le debite proporzioni,


cessari ornamenti,

ne-

a conoscere quelle idee accessorie, che

vagliono a modificare la principale.

Ed ascoltava i lor sermoni Gh'a poetar mi davano intelletto. Purg. xxu.


In Virgilio,
la nostra

128.

maggior Musa, fu
'1

continuo da

poter confessare che sapeva tutta a mente l'Eneide:


Euripilo ebbe nome, e cos
L' alta

canta

mia Tragedia

in alcun loco,

Ben

lo sai tu, che la sai tutta

quanta. Inf.xx.U.

degli altri poeti onore e lume.

Vagliami

il

lungo studio

e il

grande amore.

Che m' han fatto cercar lo tuo volume.

Tu
Tu
e
fa
se'

se' lo

solo colui,

Lo bello
clic

mio maestro e il mio autore: da cui io tolsi stile che m' ha fatto onore. Inf. i.

82.

Stazio dica a Virgilio: Al mio ardor fur seme


Che

le

faville,

mi scaldar, della divina fiamma,


pi, di

Onde sono allumati

mille;

Dell'Eneida dico, la guai mamma Fummi, e fummi nutrice poetando :


Senz'-essa

non fermai peso

di

dramma. Purg.

xxi. 94.

AMMAESTRAMENTI

DI

LETTERATURA.
grotte, Purg. xxii. 64.

27

Tu prima m'inviasti Verso Parnaso a ber nelle sue


Orazio, Ovidio,

Lucano vengono da Dante


;

allegati tutti

insieme

V. iY. .

25

Inf iv. 79

),

quasi autori che pi gli


al cuore.

dovettero essere famigliari e raccomandati


essi

Da

sembra riconoscere T eccellente magistero che gli acquist tanta gloria. -N le lodi dei contemporanei si tace; ed ei chiama Guido Guinicelli il Massimo {De Yulg. El.\. 13), e \\ padre suo e degli altri migliori che usassero mai rime d'amore, dolci e leggiadre: Purg. xxvi. 57.

N duopo
le

ci
il

basta leggere

grandi maestri del dire,


e meditare

ma

ci

fermarsi entro
:

quelli,

bene addentro

opere lette

Or

ti

riman,

lettor,

sopra

'1

tuo banco,

Dietro pensando a ci ehe si preliba,

S'esser vuoi lieto assai prima che stanco.

Messo

t'

ho innanzi

ornai per te
il

ti

ciba. Par. x. 22.

Egli

ci

inoltre

necessario

ritornare

sovente

coli'

amo-

roso pensiero sugli ammaestramenti ricevuti, e ritenere nella

memoria quello che


Senza

l'intelletto

una volta ha inteso:


v. 41.

che non fa scienza,


Io ritenere,

avere inteso. Par.

Dante diceva:
l\[eccssit,

io

pensava, andando,

Prode acquistar
1'

nelle

parole sue. Purg. xv. 41.

dello studio per coBsscgiiire

abito

dell'arte e della i^cieuza.

Quella cosa

che pi adorna e

comenda le umane operazioni, e che pi dirittamente a buon fine le mena si quelle disposizioni che sono ordinate allo inteso line: Conv.i.o. -Ver l'abito della scienza potemmo
la verit

speculare: Conv.

ii.

14. - Nulla

cosa

utile,

se

non

in (juanto usata,
1.

che senza uso non essere perfet-

tamente: Conv.

9.

uno

studio

il

quale

mena l'uomo
il

all'abito dell'arte e della scienza,

un

altro studio,

quale

nell'abito acquistato adopera, usando quello: e questo primo


quello, ch'io

chiamo qui Amore... Conv.


il

ni. 12.

Vagliami

lunf/o studio e

il

(rande amore,
i.

Che m'han

fatto cercar lo tuo

volume. Inf.
le

83.

Lungo

due condizioni necessarie ad aprofittare nelle umane discipline. Lo studio


studio e grande amore,

ecco

s'avviva nell'amore, e questo in quello, cosi l'uomo giunge air abito dell'arte e della scienza. Ma pochi sono quelli

AMMAESTRAMENTI DI LETTERATURA. 128 che all'abito da lutti desiderato possono pervenire {Conv. conciosiacosach se non per ispazio di tempo ed as1. 1.
) ;

siduit di studio

si

possono prendere
-

le

regole e

le

dottrine

De

Vulg.

El

1.

1.

E Dante

stesso,

mirabile

ingegno ed

unico,

per conseguire l'abito dell'arte, diede opera tanto


di

assidua a studio

leggere, che gliene rimasero debilitati gli

spiriti visivi (Coni', ni. 9); e

per non
si

fallire a glorioso

porlo

studi quanto pi pot (F. iY.43);

fece pallido [Purg. x\xi.


1.)

140) e per pi

annimacro [Par.xwi.
fami, freddi

sotto

V ombra di Par-

naso;

sofj'erse

e vigilie: Pwrr/.

xxix.37.
gli

Oh quante

notti furono, egli stesso ci aggiunge,

che

occhi dell'altre

persone chiusi dormendo


tacolo del mio

si

posavano, che limici nell'abia Moroello Malaspina, ricorda

Amore

(nella lilosola) fisamente miravano!


II,

Conv.m.X. -E nell'Epistola
le

sue Meditationes assiduas quihus tam caelestia qiium ter(1)


Il

restria intuebar.
(IJ

senno e

la

scienza

non vengono da
Dal princi-

il

Boccaccio nella Vita di Dante


li

ci lasci scritto:

pio della sua puerizia avendo gi

primi elementi delle lettere impresi,

non secondo i costumi de' nobili odierni si diede alle fanciuUescIie lascivie e agli ozii, nel grembo della madre impigrendo, ma nella propria patria
sua puerizia con istudio continovo diede alle liberali arti, e io quelle mirabilmente divenne esperto. E crescendo insieme cogli anni l'animo e
la
lo

ingegno, non
si

a' lucrativi studj,

a'

quali generalmente corre


di

oggi cia-

scuno,

dispose,
le

ma

ad una laudevole vaghezza


ricchezze, liberalmente si

sprezzando

transitorie

perpetua fama, diede a voler avere

piena notizia delle finzioni poetiche e dello artiflzioso dimostramento di quelle. Nel quale esercizio famigliarissimo divenne di Virgilio, di Orazio,
d Ovidio, di Stazio e di ciascuno altro poeta famoso...

Partendo

tempi
argo-

debitamente,

le istorie

da s, e

la filosofa sotto diversi dottori si

ment, non senza lungo affanno e studio d' intendere. E preso dalla dolcezza del conoscere il vero delle cose racchiuse dal cielo, n niun' altra pi cara di questa trovandone in questa vita, lasciando del tutto ogni
tutto a questa sola si diede. Ed acciocch non vista da lu rimanesse, nelle profondit altissime della teologia con acuto ingegno si mise, n fu dalla intenzione lo effetto lontano, perciocch non curando n caldi, n freddi, n vigilie, n digiuni, n alcuno altro corporale disagio, con assiduo studio pervenne a conoscere della divina essenza e delle altre separate intelligenze, quello che per umano ingegno qui se ne pu ancor prendere. E cosi come
altra temporale sollecitudine,

niuna parte

di filosofia

In varie etad varie scienze furono da lui conosciute studiando,

cosi in
9.

vari studi sotto vari dottori le comprese.

Ne' suoi studj

fu assiduissimo,

Boccaccio, Vita di Dante, p. quanto a quel tempo che ad essi

il

si
ri-

disponea,
luuovere.

in tanto che
Id. p. 39.

nicuna novit che s'udisse, da quelli


ivi

potea

(Veggasi

quanto

gli

accadde a Siena nello Stanzone

AMMAESTRAMEISTI
s,

DI

LETTERATURA.
indefesso:

129

ma

si

acquistano per isludio

Tra colanlo

senno D quanto per tua cura fosti pieno, diceva Virgilio a Stazio: Purg. xxi. 23. Il sapere non dolce ne' suoi principii: la letizia ne sar poi la ricompensa; ma non viene
Pur. x. 31. Onde non camino in sulle prime ci sembri aspro, ronchioso malagevole che la montagna della scienza tale Che sempre al cominciar d sotto grave, E

che
ci

in

seguito alle veglie durale:


il

dobbiamo sgomentare se

quanto uom pia va su,


noi
al

men fa male
di studio e

Purg.

iv.

90. -

Se

non temeremo labore

liti

di dubitazioni che

cominciar
il

dcW eria

multiplicatamente surgono, noi acqui-

steremo
losofia

dilettoso

monte:

continuando
le

la

luce della

fi-

ad

irradiarci,

cadranno tutte

dubitazioni,

qiasi
e

nebuletta mattutina alla faccia del sole, e rimarrii libero

pieno di certezza

lo

familiare intelletto, siccome V aere dalli


e illustrato.

raggi meridiani purgato


potesse vedere

Coni),

ii.

16. -

della sapienza vince tutti gli afietti. Platone disse che


la si

L'amore ove
ebbe

con

gli

occhi
la

della

carne desterebbe
r//or/a.
i.

mirabili amori.

E Dante per
e

dolcezza della
n
piet

dimenticato ogni disagio N dolcezza

V esigilo: De Yulg. Et.


la
il

17.

di figlio,

Dei vecchio padre, n

debito amore,

Lo qual dovea Penelope far lieta, Vincer potevo dentro a me l' ardore Ch' i' ebbi a divenir del mondo esperto,

E
Egli fa

degli vizii

umani

del valore. Jnf. xxvi. 9i.


il

dunque

mestieri, secondo
lui, e

precetto del poeta:

Lascia

varca.

Che qui buon con la vela e co' remi Quantunque pu ciascun, pinger sua barca. Purg.

xii. 5.

Che seggendo
Inf. XXIV. 47.

in

piuma, infama nonsivien, n


il

sotto coltre:

Ed

nostro

sommo

tra le tre orribili inferla jattanza,

mit nella mente degli uomini annovera pure


essendovi
sapere
;

molti tanto

presuntuosi,

che

si

credono tutto
:

e per questo le

non certe cose afl'ermano per certe

d'uno speziale). - Non poterono gli amorosi desiri, n Le dolenti lagrime, n la sollecitudine casalinga, ne la lusinghevole gloria de' pubblici offici, n il miserabile esilio, n la intollerabile povert giammai colle loro forze rimuovere il nostro Dante dal principale intendimento, cio da' sacri studi; perocch... egli nel mezzo di qualunque pi fiera delle passioni sopraddette,
si

trover componendo csbCisi e&ercitato.


II.

Id. p. 20.

VOL.

130

AMMAESTRAMENTI

DI

LETTERATURA.
nel

lo qiial vizio Tullio


Officii,

massimamente abbomina

primo degli
:

Tommaso

nel suo Contra - Gentili dicendo

Sono

ingegno presuntuosi, che credono col suo intelletto potere misurare tutte le cose, stimando lutto vero quello che a loro pare, e falso quello che a loro non pare. E quinci nasce, che mai a dottrina non vengono,
molli, tanto
di loro

credendo da s sufficientemente essere dottrinali, mai non domandano, mal ascoltano, disiano essere domandati, e, anzi la domandazlone compiuta, male rispondono: Conv. iv. 15.
Yergogninsi
dacia
gli idioti

di

avere da qui innanzi lauta audei

che vadano

alle canzoni,

quali

non altrimenti
il

solemo

riderci, di quello
i

che

si

farebbe di un cieco

quale

distinguesse

De Vul El. ii. 13. Modo di procedere nel rintracciare la verit e Poni ben mente al nell'acquisto delle cog^nizioui.
colori:

modo
sideri

ch'io or tengo nel rintracciare

la

verit

che tu de-

conoscere,

ti

giovi,

che altra volta tu sappi

senza altra guida indirizzarti alla verit cercata:


Riguarda bene a
Per questo loco
al

me

com'

io

vado

ver che tu desiri.


ii.

S che poi sappi sol tener lo guado. Par.

124.

Ogni

verit, che

non

un

principio,

si

manifesta per

la

verit d'alcun principio,

necessario

in

ciascheduna inche poi

quisizione avere notizia del principio, al quale analiticamente


si

ricorra,
:

per certezza di tutte

le

proposizioni

assumono De Mon. i. 2. - Come nelle superiori questioni abbiamo fatto, similmente nella soluzione di questa si vuole
pigliare

qualche principio fermo, nella virt del quale


gli

si

formino

argomenti della verit, ch'ai presente


prefisso,

si

ricerca.

Imperocch senza un principio


ancora dicendo
il

non giova
il

affaticarsi

vero
i

conciossiach solo

principio la

radice del pigliare

mezzi:
s

De Mon.wi,^.

La natura vuole

che ordinatamente

proceda nella nostra conoscenza, cio

procedendo da quello che conoscemo meglio, in quello che conoscemo non cos bene dico che la natura vuole, in quanto
;

questa via

di

conoscere in noi naturalmente innata. Conv.


6. -Innegabile

u. 1. - Quegli che conosce alcune cose in genere, non co-

nosce quelle perfettamente: Co7im.

principio
le

nel quale sono d' accordo Aristotile e

Locke

in

nostre

AMMAESTRAMENTI

DI

LETTERATURA.

131
)

idee 50)10 generali, pi sono incomplete.


al

segno quello che noi vede, e cos

Locke mal pu
(

Mal Iragge
a questa

ire

dolcezza chi prima non l'avvisa: Conv.


della scienza

ly.'^^. -

Per l'abito
ii.

potemo

la verit

speculare: Con?;,
s

14.

Ci

fa

contro que' molli che sono di


di quella

lieve

fantasia^

che

in tutte le loro ragioni

trasvanno, e anzi che sillogizzino

hanno conchiuso. E
bito trasvolando

conclusione poi vanno di sue pare


loro

nell'altra,
si

sottilissimamente
principio, e nulla

argomentare, e non
IV. 13. - Il

muovono da niuno
falsi

cosa veramenle veggiono vera nella loro immagine: Coii\


sillogismo con
:

principii,

dimostrando, non

conchiude verit

Conv.

iv. 9.

Ad

acquistar

cognizioni

non vuoisi sempre disputare;


avvicendare
i i

n solo vuoisi osservare,


osservazioni. Queste

ma

ragionamenti e

le

danno

materiali, e quelle le nozioni,


:

ossia la forma delle cognizioni

Inf. x. 19.

veri sapienti

riguardano sempre con gratitudine chiunque pu avvantaggiare la non mai compiuta ricchezza.
Il

natura e che serve

dubbio buono e fecondo, quello che viene da Istinto di a^ensione dell'anima umana,
a' piedi del
il

di
il

dubbio che nasce

vero,

ed germe
si

di quello
esita,
s,

Se l'uomo dubita,
l'umanit procede;
la famiglia

genere umano crede; se l'uomo


se

alcuni uomini

dividono tra

umana

si

aduna
il

in se stessa
si

pi e pi intima-

mente: Par.

IV. 129. - Il

poeta

mostra quasi sempre inetto


per line
di

ad accertare da s stesso
DI

vero,

rivolgere la

nostra ragione alla disciplina


Coni'. IV. 7.

ed all'esempio del maestro:


il

qui

che ove uopo

chieda,

ricorre

ai

suoi fidati e savi guidatori, con ripeter loro nell'una guii


)

nell'altra

Conviemmi udirlo da

voi...

che io per

me indarno

a ci contemplo: Par. xxviii. 57.


il fondamento di tutte le scienze e le umane. Ingenerale l'arte l'imitazione della natura [Inf. XI. 103), e le prove della esperienza, giovando a raf-

L'esperienza

arti

fermare
costante,

le

singolari cognizioni di ci
all'arte,
x. 63.

che nella natura


e

porgono fondamento

stabiliscono

la

verit dell' wso

comune: Par.

Esperienza, se giainmai

Ja pruovi,
fi.

Ch' esser suol fonte a' rivi di vostrarti. Par.

95.

132

AMMAESTRAMEMl
Si perdoni al poeta,

DI LETTEIIATURA.

egregamenle annoia

l'aver fatto didattica del suo


ripete egli
le

poema
il

in

cose volgarmente note,

Tommaseo, Ne ma cerca il nuovo


il

alcuna parte.

del vero e del noto, trasceglie


in

pi certo, e lo condensa
del cercare
il

sentenze talvolta
la via,

potenti,

vero segna

anche
l

poeta logico non


il

meno che
)

teologico, siccome

dove pone

dubbio

(in/', xi. 93.

modesto ed onesto
due dettami che a

come

fonte di scienza, e qui dove dice dell' esperienza che

esser suol fonte a' rivi di vostr' arti,

taluni paiono rivelati all'umanit dal Cartesio e da Bacone.

altro

Definizione della Poesia. La Pocsia non che una finzione rettorica, e posta in musica: De Yul.ELu. 4. -Li poeti coli' arte musaica le loro parole hanno Le parole sciolte sono pi capaci a legate: Conv. iv. 6.
Poesia. -

ben descriver

le cose. Inf.

xxviu.

1.

poeti conceduta
:

maggior licenza

di parlare

che

alli

prosaici dicitori

Materie da
Cri di

che

si

La salute, i piaVenere e la virt sono quelle tre grandissime materie, denno grandissimamente fc-atlare, com' la gagliarl'ardenza dell'amore,
(

N. 25. trattarsi colla poesia.


Vita

dezza dell'armi,

la regola

della

volont. Circa le quali tre cose

se ben risguardiamo) tro-

veremo

gli

uomini

illustri

Beltramo di Bornio Gerardo de Bornello


lo

le
la

aver volgarmente cantalo; cio armi; Arnaldo Daniello lo amore: rettitudine; Cino da Pistoia lo amore;
:

Amico suo la rettitudine De Vulg. El. ii. 2. Noi usiamo lo stile tragico, (il sommo stile sublime. degli stili) quando colla gravit delle sentenzie, la superbia

dei versi, la elevazione dei vocaboli


si

delle costruzioni,

e la eccellenzia

concorda insieme... Che a trattare lo stile tragico qui la di/ficult, qui la fatica; perci che mai senza acume d' ingegno, n senza assiduit d' arte, ne senza abito di scienza non si potr fare. De Vulg. El. ii. 4.

Scienza e dottrina necessaria al poeta. Per esser vero poeta conviene onorare (saper profondamente) ogni scienza, ed ogni arte. Chi solo fa versi cinguettiere cantante,

non poeta. Epper Dante a

bel diritto inlolava Virgilio:


iw/. iv. 73.

colui che

onora ogni scienzia ed arte:


vii. 3.

savio gentil che tutto seppe. Inf.

Non

Quel

si

dee dicere

AMMAESTRAMEMl

DI

LETTERATURA.
dile'.to

133

vero filosofo alcuno che per alcuno


in dire

colla sapienza in
si si

alcuna parte sia amico; siccome sono molti che


Canzoni e
di studiare in quelle,

dilettano dilettano

e che

studiare in Reltorca e in Musica,


e

e V altre scienze fuggono abbandonano, che sono tutte membra di sapienza: Conv. m.l. Scelta del subietto. Ciascuno debbe pigliare il peso della materia eguale alle proprie spalle, acci che la virt di esse dal troppo peso gravala, non lo sforzi a ca-

dere nel fango


le migliori ai

De Yulg.
11.

El.

ii.

4.

Le cose buone
ai

ai

degni,

pi degni, e le ottime
1. s

vengono:

Z^e yi!//f/.j7.

parlare della sua

Donna

conDante non voleva cimentarsi a altamente, che poi divenisse vile,


si

degnissimi

cio abbandonasse l'impresa per temenza di

non poter
si

se-

guitare in guisa, da raggiungere con


Ed
io

le

parole

alte cose:

non vo' parlar

altamente,
vile.

Che divenissi per temenza


Si confessi

Canz.

ii.

1.

dunque

la

sciocchezza di coloro,

quali senza

arte, e senza scienzia, confidandosi

solamente nel loro inle

gegno,
per

si

pongono a cantare sommamente


naturale desidia sono oche,
:

cose somme.

Adunque
quila,

cessino questi tali da tanta loro presunzione, e se

la loro

che altamente vola, imitare


di

Eloquenza. E qual cosa

non vogliano l'aDe Yulg. El. ii. 4. maggior potenzia che quella
in

che pu
colui che

cuori degli uomini voltare

modo che

faccia

non vuole volere, e colui che vuole non volere?


i.

De
11.

Yulg. El.

17.
si

L'ordine del sermone


12. -

pertiene

alli

Rettorie!.

Conv.

Lo sermone ordinalo a manifestare lo concetto umano. virtuoso quando quello fa e pi virtuoso


;

quello

che pi

lo fa:

Conv.

i.

5.

In ciascuna scienza la

scrittura stella piena di luce, la quale quella scienza di-

mostra:
12. -

Coni).

11.

16. - In ciascuna cosa di

sermone

lo

bene
della

manifestare del concetto pi amato e comendato: Conv.


1.
(

Da qui vedesi come Dante facesse gran conto


il

chiarezza del favellare,

che

sia detto a coloro

che

si

com-

piacciono d'una sublimit tenebrosa. Tor. Tasso interlineava

questa sentenza.) La loquela necessario istromento


concetti;

ai nostri

non altrimenti che


gli

il

cavallo al soldato;
ottimi
soldati.

e con-

venendosi

ottimi

cavalli

agli

T ottima

134

AMMAESTRAMENTI
si

DI

LETTERATURA.
Vulfj. El.
ii.

loquela agli ottimi concetti


Gli ottimi concetti

conviene: De

1. -

non possono essere se non dov' scienza ed ingegno: De Yiilg. El. ii. - La bont e la bellezza di ciascun sermone sono in tra loro partite e diverse che la
;

bont nella sentenza, e

la

bellezza

nell'ornamento delle

parole: e l'una e l'altra con diletto,

avvegnacch
ii.

la

bou-

tade sia massimamente dilettosa: Con?;,

12.

(Il Perticarl

annotava

Dunque anche

dalla parte del diletto


)

Dante facea

pi stima della sentenza che delle parole.

Esordio.

Il

proemio

il il

principio dell'orazione, co-

me

preludio nel suono. Questo denominato esordio, si fa dai poeti in un modo e dai retori in un altro. Perocch questi, a conil

prologo nella poesia, ed


lo pi

proemio per
ciliarsi

l'animo dell'uditore, sogliono prelibare


;

la

proposta

soggiungono pur anco una qualche invocazione... Ad esordir bene richieggonsi tre cose, secondo Tullio nella nuova Rettorica, e sono; che altri renda benevolo e attento e docile l' uditore In utimateria

ma

poeti, oltre a ci

litate

dicendorum
:

benevolentia paritur:
dociltas.

in

admirablitate
della

attento

in possibilitate

Lett. a

Cangrande

Scala, 18, 19.

In ciascuna maniera di sermone lo dicitore

massimamente
dell'

dee intendere
suasioni,
sia,

alla persuasione,

cio all'abbellire

au-

dienza, siccome quella eh' principio di tutte le altre per-

come

li

Rettoric fanno, e potentissima persuasione

a rendere l'uditore attento,


ii.

promettere

di

dire

nuove

e grandiose cose: Conv.

7.

Parlare di s

per

li

Rettorici alcuno di s
i.

medesimo non par lcito. Non si concede medesimo senza necessaria ca2.

gione parlare: Conv.

Confutazione. Acci che alla nostra investigazione possiamo avere un picciolo calle, gittiamo fuori della selva 11. - Giova gli arbori attraversati e le spine: De Ynlg. El.
1.

prima riprovare

il

falso e poi trattar lo vero:

Certo assai vedrai

sommerso
avverso. Par.
ii.

Nel falso
L'
Il

il

creder tuo, se bene ascolti


io gli far

argomentar cU'

61.

che richiesto dalla natura de' nostri


alle

intelletti,

quaK
che

piegando

opinioni correnti,

non

di

rado avviene

AMMAESTRAMENTI

DI

LETTERATURA.
si

133
difficili

ne restino occupati,
tanto
fa
s'

si

che poscia

rendano
in

ad ac-

cogliere e sostenere la luce della verit: Par.

xiii.

Ii8. - In-

intende riprovare lo falso,


e acciocch

quanto

la verit si

meglio apparire,

fugate le male opinioni,

la verit poi sia pi

liberamente ricevuta. E questo


Aristotile,

modo
quelli

tenne

il

maestro dell'umana ragione,


gli

che prima

sempre combatt

avversari della verit,


2. -

e poi,

convinti, la verit mostr: Conv. iv.

E con

tutta licenza,

con tutta franchezza d'animo da


race, per questa

ferire nel petto alle vi-

ziate opinioni, quelle per terra versando, acciocch la

ve-

mia

vittoria,

tenga

lo

campo

delle menti di
9.

coloro per cui fa questa luce avere vigore: Conv.w.


gli

-Gassi

argomenti degli avversari, e cos


(

falsificato

il

lor pa-

rere
d

Par.

11.

83

),

intelletto rimarr libero

loro

false ragioni

nulla ruggine

in guisa che rimanga nella mente

che

alla verit sia disposta:

Couv.iv. 15.
si

itrsomentazionc.
I)ene

Quella Orazione
del Rettorico,

pu

dire che

venga

dalla fabbrica

la

quale a cia-

scuna parte pone mano al principale intento: Conv. ni. 1.Fastidium est in rebus manifestissimis probationes adducere:

De Mon. ni. 13. - Gli argomenti debbono essere stringenti: (Deve armarsi d'ogni ragione: Par. xxiv. 49. - Con aperta
ragione: Jnf. xi. 33. - Aperte prove: Par.
xiii.

124. -

Argo-

menti gravi: Inf. xxvii. 106. - sillogismo, che ,la mi ha conchiusa Acutamente s, che in verso d' ella Ogni dimostrazion mi pare ottusa: Par. xxiv. 94. I

tuoi argomenti

Mi son

certi, e

prendon
rettorico,

mia

fede,

Che

gli altri

mi sarian

carboni spenti. Inf. xx. 100.)

E
pare
Conv.
Il

bel
la
11.

modo

quando

di fuori

(apparentemente)

cosa disabbellirsi, e dentro veramente s'abbellisce:


8.

Rettorico

dee molta cautela usare nel suo sermone,

acciocch l'avversario quindi non prenda materia di sturbare


la verit:

Conv.

ii.

8.

Siccome

molte

volte

avviene

che

l'

ammonire pare

presuntuoso per certe condizioni, cos suole lo Rettorico indirettamente parlare altrui, dirizzando le sue parole, non
a quello per cui dice,

ma

verso un altro: Cony.ii. 12. -Queste


s

parole

fa

che sieno quasi un mezzo,

che tu non parli a

136
lei

AMMAESTRAMENTI
immediatamente, che non

DI

LETTERATURA.

degno: Vita

i\tiova, .12.

mollo laudabile in Retlorica la Dissimulazione, e anche necessaria, cio quando le parole sono a una persona, e
la

intenzione a un' altra; perocch l'ammonire

sempre

laudabile e necessario, e non sempre sta convenevolmente


nella bocca di ciascuno...

savio guerriero che combatte

vare

la

difesa

dall'altro,

simigliante all'opera di quello il castello da un lato per leche non vanno a una parte la
la

intenzione dell' aiutorlo, e

battaglia: Conw. ni. 10.


il

Definizione quella ragione che


111.

nome

significa: Conv.

li.

Mi volgo

alla

Canzone,

e,

sotto colore d'insegnare a

lei

come

s scusare le conviene, scuso quella.


si

Ed

una figura
si

questa, quando alle cose inanimate


dalli Rettorici

parla,

che

chiama
li

Prosopopea

ed usanla molto spesso

poeti

Conv.

111. 9.

Gli argomenti pi robusti

si

debbono tenere per ultimi

perch facciano maggior colpo:


Come
E
il

colui che dice, pi caldo parlar dietro riserva, Purg. xxx. "1.

Sempre quello che massimamente


riservare di dietro
:

dire intende lo dicitore,


si si

(quello che pi di tutto gli sta a cuore sia inleso)

dee
dice,

perocch quello che ultimamente


9.

pi rimane nell'animo dell'uditore: Conv.u.

Ciascuno buono fabbricatore nella fine del suo lavoro quello nobilitare e abbellire dee, in quanto puote, acciocch
pi celebre e pi prezioso da lui
si

parta: Coy. iv. 30.


la

Grammatica
138.),

La Grammatica,

prim" arte {Par.

xii.

debb'essere una inalterabile conformit di parlare in

diversi tempi e luoghi pel

comune consenso

di

molte genti
quale per

regolata: non soggetta al singolare arbitrio di ninno: tro-

vata acciocch per

la

variazione del parlare

(il

lo singolare arbitrio si

muove) non
le autorit,

ci

fossero in tutto tolte


i

imperfettamente date
e d coloro dai quali
divsi:

ed
de'

fatti

degli antichi,
ci

la
9.
(

diversit

luoghi

fa

essere

De Vulg.
si

El.

i.

Conv.

ii.

14.)

Traduzioni.
nizzata

Nulla

cosa

per legame musaico

armosenza

la

pu

della sua loquela in altra tramutare


e

rompere tutta sua dolcezza

armonia.

E questa

AMMAESTRAMENTI
ragione per che

DI LETTERATURA.
di

137
in

come

l'altre

Omero non si mut scritture che avemo da


i

greco

latino,

loro: e questa

la

ragione

per che

versi del Psaltero


;

sono senza dolcezza

che essi furono trasmutati di di musica e d' armonia ebreo in greco, e di greco in latino, e nella prima trasmutazione
tutta quella dolcezza
10. pag. 99.)

venne meno: Conv.

i.

7.

(Y.

CowiM.

Commenti.

La sposizione
la

dev' esser luce, la quale ogni

colore della sentenzia {degli autori) faccia parvente: Conv. i.l.

Intende essa mostrare

vera sentenza
si

di

quelle

delle sue
la

Canzoni) che per alcuno vedere non

pu, s'io non

conto,

perch' nascosa sotto figura d'allegoria; e questo non so-

lamente dar diletto buono a udire,


Conv.
2. -

ma

sottile

ammaestra:

mento, e a cosi parlare, e a cos intendere


I.

le altrui scritture

Questo Signore, cio queste Canzoni, alle quali questo Comento per servo ordinato, comandano, e vogliono essere esposte a tutti coloro alli quali pu venire si lo loro
intelletto,

che quando parlano


i

elle sieno intese:

(Vogliono

essere esposte a tutti coloro,

quali

hanno gi tanta coe

gnizione d'esse Canzoni, che quando parlano, elle possano


essere intese d'un intelligenza almeno estrinseca
riale.)

mate-

Co?iy.

I.

7. -

Parlare, sponendo, troppo a fondo, pare


L'i.

non ragionevole: Conv.


i.ettcrati venali.

Li lunghi capitoli sono nemici della

Non
in

memoria: Conv. iv. 4. devono cliiamare letterali,


che acquistano
le lettere,

lo dico a vituperio di loro, quelli

non per

lo

suo uso,

danari e dignit...

quanto per quelle guadagnano La malvagia disusanza del mondo hajaa coloro

ma

sciato la letteratura

che
per

l'

hanno

fatta

di

donna
filosofo

meretrice

Conv.

i.

9. -

Non

si

dee chiamare vero


utilit....

colui eh'

amico

d sapienzia

Conv.

iii.

11.
si

Ciiudizio dell'opere.

Nel giudicio
i

dell'opere

debbe aver dinanzi non tanto

precetti

della teoria che

della pratica. Gl'inetti, e son molti, vuoti di discernimento,

ma
non

gonfi di superbia, decidono con ridicola prosopopea del


dei libri,

merito

senza pur averli

letti,

se

letti,

certo

intesi; e lodano o vituperano,

secondo che udirono o

lodarli

o vituperarli
cos,

da chi e come non importa. E stato

sempre

ed

cos. B. Bianchi.

138

AMMAESTRAMENTI

DI

LETTERATURA.
li

voce pi eh'

al

ver drizzan

volti,

E cos ferman sua opinione Prima ch'arte o ragion per

ior s'ascolti. Pur(j.xx\\.lt\.

Oltre di che dobbiamo moverci lento, e sempre col piombo


a' piedi,

nel criticare e calunniare le dottrine dei maggiori

e de' coetanei. Egli


diversi da quello che

pu essere che
ci

loro concetti

sieno

son presentati dalle loro parole, e

che

la
:

sostanza di essi sia tale da non meritare di essere


E forse sua sentenzia d' altra guisa Che la voce non suona, ed esser puole Con intenzion da non esser derisa. Par. iv,

derisa

53.

Rispetto reciproco tra i cultori d' un'arte medesima, tra gli uomini di lettere. -Fra quelli che professano una medesim'arte non deve regnare invidia. Chi un valente uomo infama degno d'essere fuggito dalla
gente, e merita di essere da tutti scacciato: Conv.
iv. 29.

L'invidioso non
lo

ama

l'arte

ma

s slesso, e cos gli

manca

stimolo a divenir grande.

Chi per contrario

ama vera-

mente un'arte, gode ch'essa avanzi e venga illustrata, e perci ricorda ed ascolta i nomi onorati, ne ritrae con affezione l'opere degne {Inf. xvj. 60), le raccomanda allo studio ed all' ossequio altrui, non ne nutre che una nobile emulazione, derivante dall'amore dell'arte medesima:
Nel

Perocch ciascun meco nome che son la voce

si

conviene
iv. 91.

sola,

Fannomi

onore, e di ci fanno bene. Inf.

Gli uomini illustri


gtraarsi a vicenda:

godono

di vedersi d conoscersi e di

Grazioso

fia lor

vedervi assai:
di bel
:

Piircj. viu.

45. -

Onde

Virgilio a
,

Dante che pensava


senza
cui stava

soggiorno

Menerotti ad esse
47. -

E non

diletto ti fien note

Purg.

vii.

l'affettuoso discepolo

a cuore

scenza di color che sanno, soggiungeva: Menane


dici.

la

conol 've

Ch'aver si pu diletto dimorando: Piirg.wi. 62. Dante, vedendo in luogo aperto luminoso ed alto la schiera degli spiriti illustri, avea il sentimento del sublime, ed espri-

mealo

in

quel verso meraviglioso:


Che di vederli in

me

stesso

m' esalto.

Inf. iv. 120.

Magnifico concetto!

Questo verso era la passione di lord

Byron, e ripetealo sovente.

AMMAESTRAMENTI
Per egli non tace
d'alcuni uomini,
dell' eccellenza,
il

DI

LETTERATURA.

139

di ricordare l'alterezza e la schifilt

sommi

in vero,

ma

che vinti dal gran disw

vivendo, non sono cortesi da rendere altrui


;

lo che serve al poeta di fare meritato tributo di lode una bellissima tirata sopra le umane vanit: Purg.xi.^o.L'uomo non deve insuperbirsi e schifare altrui, per ingegno perocch non v' mai merito s grande che eh' egli abbia
;

non possa darsene uno maggiore Purg. xi. 94. - Quanto cara e bella insieme non la pittura del grande uomo di
:

intelletto

che

ci

lasci

il

Tasso nella sua Aminta, Atto

1.

Scena

II.

Era su l' uscio, Quasi per guardia delle cose belle, Uom d'aspetto magnanimo e robusto,...

Che con fronte benigna insieme e grave. Con regal cortesia invit dentro
Ei grande e 'n pregio

me

negletto e basso.

Oh che

sentii! che vidi allora!

FILOSOFIA DI DANTE
"

L'Ozanain cliiama Dante

il

pi grande

filosofo de' suoi tempi, e

come

ci fosse poco,

ecco

il

Gioberti prender le mosse da lui per


l'

fondare

immensa

sintesi,

che richiamando
1'

a' piincipii

la filosofia,

la storia,

estetica e

la fede italiana, sorge glorioso,


il

ad impugnarv

colosso del panteismo moderng.

DALL' OKGABO

Sposa dell' imperatore del non solamente sposa ma suora e figlia dilettissima: Conv. li. 12. - La bellissima onestissima figlia dell'imperatore dell'universo: Conv.u.^. - Donna dell'intelletto: Cont). 111. 19. - Questa donna fu figlia d'Iddio, regina di tutto, nobilissima e bellissima Filosofia: Coni', u. 13. - Veramente donna piena di dolcezza, ornala d'onestade, mirabile di
cielo... e

Lodi della Filosofia.

savere, gloriosa

di

libertade...

Gli occhi di questa

donna

sono

le

sue dimostrazioni,

le quali dritte

negli occhi dell'in-

telletto,

innamorano l'anima, liberata nelle condizioni.

Oh

140

FILOSOFIA DI DANTE.

dolcissimi ed ineffabili sembianti, e rubatori siibitani della

mente umana, che


Filosofia apparite,

nelle dimostrazioni, cio negli occhi della

quando essa

alli

suoi drudi ragiona! Ve-

ramente
guarda,
Cony.
fine
II.

in voi la salute, per la quale si fa beato chi vi

e
16.

salvo dalla morte della ignoranza -Della Filosofia cagione efficiente


quella

delli

vizi:

la verit...

della Filosofia

eccellentissima

dilezione

che
feli-

non pat alcuna intermissione ovvero


cit,
III.

difetto, cio

vera

che per contemplazione della verit s'acquista: Conv.


in
III. tutto il cap. 11). Iddio, che tutto gira suo girare e suo intendere non vede tanto

11. (V. Conv.

intende,
gentil cosa,
Filosofia...

quant'elli vede
in

quando mira

dov'. questa

quanto perfettissimamente Filosofia uno amoroso uso di sapienza p. 241). -Quella luce virtuosissima Filosofia,
1

in s la
(

vede...
ni. 12.

Y. Conv.

cui raggi fanno

fiori

rinfronzire e fruttificare la verace degli uomini nobilIV. 1.


-

t:

Conv.

Desiderio della seienza.

La scienza non

si

deve

nascondere

ma

comunicare.
di sapere.

Tutti

gli

uomini natul'

ralmente desiderano

La scienza

ultima per-

fezione della nostra anima, nella quale sta la nostra ultima


felicit,

sicch tutti naturalmente al suo desiderio siamo sug-

getti: Conv. L. -l desiderio della scienza

non

sempre uno,
successione

ma

molti

e finito

1'

uno, viene l'altro


lo

sicch, propriamente

parlando,

non

crescere

suo dilatare,

ma

di piccola cosa in

grande

cosa...

Questo cotale dilatare non


perfezione maggiore: Conv.
scienza

cagione
IV.

d' imperfezione,

ma

di

13.

li

Nel

desiderare

della

successivamente
Scienza per-

finiscono
fetta

desideri!,

e viensi a perfezione... e

nobile perfezione,
13. l'

per suo desiderio perfezione


la

non perde: Conv.iw.


dottrina
s'

Chi gltta via la sapienza e

infelice...

Per

abito della sapienza seguita che

acquista e felice essere e contento,

secondo

la

sentenza

seggono pane degli Angeli si mangia, e mieri quelli che colle pecore hanno, comune cibo! Conv.\.l.{Pochi drizzan il collo Per tempo al pan cleijli Angeli, del quale
del Filosofo: Conv. ni. 15. beati que' pochi che

Oh

a quella

mensa ove

il

Vivesi qui

cui

ma non sen vlen satollo: Par. ii. 10.) - Quelli, alla anima questo raggio divino non risplende, sono siccome

FILOSOFIA DI
valli volte
la luce

DAME.

141

del Sole mai

ad aquilone, ovvero spelonche sotterranee, dove non discende se non ripercossa da da quella illuminata: Conv.
ineffabile sapienza
la
iv. 20. -

altra parte
fa

Ond'

egli

si

ad esclamare:

che cos ordinasti,

quanto povera
levando
gli

nostra mente a te comprendere!


tenendoli
5.

voi,

a cui utilit e diletto io scrivo, in

quanta cechit vivete, non


fissi

occhi suso

a queste cose,
!

nel

fango della vostra stoltezza


e mirate che anzi

Conv. in.

Oh peggio che
gli

morti, che l'amist di costei fuggite!


stri,

Aprite
ella

occhi vo-

che voi
il

foste,

fu amatrice di
e poich

voi,
fatti

acconciando e ordinando
foste, per voi dirizzare,

vostro processo;

in

vostra similitudine venne

a voi: e se tutti al suo cospetto venire non potete, onorate


lei

ne' suoi amici, e seguite

li

comandamenti

loro,

siccome

quelli

che v'annunziano

la

volont di questa eternale Imorecchi a Salomone che ci vi

peradrice...
dice,

Non chiudete
la

gli

dicendo che

via de' giusti quasi luce splendente,


al d

che procede e cresce infino


loro dietro,

della beatitudine

andando

mirando

le loro operazioni, di

ch'esser debbono a

voi luce nel

cxmmino
i.

questa brevissima vita: Conv. in. 15.


si

Ma

la scienza

non

{V.De Non.

1.): Gli

uomini

deve nascondere ma comunicare illustri perch illuminati di

potenz'Li sogliono con giustizia e carit gli altri illuminare,

ovvero perch eccellentemente ammaestrati, eccellentemente ammaestrare: De ViiUj. FA. 1. 17. - Coloro che sanno debbono
liberalmente porgere della
loro

buona ricchezza
si
\.

alli

veri

poveri, e sicno quasi fonte vivo, della cui acqua


la

refrigera

naturai sete che mai non sazia: Conv.

1.

FILOSOFIA DI D.NTE
IL

VERO
La
virt della verit
rV'. 3.
il

ogni autorit con-

vince. Conv.

Ho meco
domatizzando
rit

maestro de' Filosofi,

il

quale

d'

ogni morale soggetto, la vetutti gli

insegn esseie sopra

aauici

da

preferirsi.

Ep.IX. 5.

Filosofi antichi

vaneggiarono nella ricerca del vero;

da Parmenide
di capo,

e da' superbi suoi eleatici che gittavans nella

profondit del ragionamento senza conoscere dove dessero


li quali andavan e non sapean dove (Par. xiii. 125) ad Epicuro e a' suoi seguaci che l'anima col corpo morta fanno {Inf.x.V)', da Pitagora, che fa discendere

fino

anime attraverso a tutti i gradi della creazione, sino a che le vede risalire alle stelle donde emanarono: Par. IV. 2l.- Zenone vide e credette il fine della vita umana essere solamente la rjida onest, donde la setta
le

Platone

degli Stoici

Epicuro
Platone

la

volupt, cio diletto senza dolore


il

Socrate con

posero

fine

nella

nostra

opera-

zione, senza soperchio e senza difetto, misurata col

mezzo

per nostra elezione preso,


demici; da ultimo

eh' viriti:

e questa setta dal-

l'Accademia, dove Platone studiava, s'intitol degli Accai

Peripatetici, seguaci d'Aristotile,

che
iv.6.

Uiro e a perfezione la Filosofia


II

morale ridussero Conv.


:

poeta biasima duramente

filosofi del

suo tempo per-

ch le ambagi della scolastica facessero loro smarrire la buona via, e l'amore dei sistemi vincesse in essi l'amore
del vero
:

Par.

xiii. 97.

Voi non andate gi per un sentiero


Filosofando; tanto
vi

trasporta
e
il

L'amor dell'apparenza

suo pensiero. Par. xiii.

81.

Fuori di Dio non


Io

si

spazia nessun

l'ero.

-Castro intelletto, se

veggo ben che giammai non si sazia il Ver non lo illustra,

IL

VERO.
si

143
spazia.

Di fuor dal qual nessun vero

Posasi

in esso,

come

fera ia lustra,
;

Tosto che giunto l'ha: e giunger puollo

Se non, ciascun desio sarebbe frustra. Nasce per quello, a guisa di rampollo,

Appi
Ch'ai

del vero

il

dubbio, ed natura,
collo. Par. iv. 124.

sommo

pinge noi di collo in

In queste poche terzine compresa la filosofia d molti


libri.

L'intelletto dell'
fiera nella

uomo

si

adagia in alcune verit, come


fa

una

sua caverna, e la storia

splendida e do-

lorosa fede cli'ei le difende con una ferocia, la quale vince

d'assai quella delle belve.


il

Che dal prudente dubitare nasca

vero, e dal vero


si

il

dubbio, siccome rampollo al pie d' un

albero,
si

faccia, la

conferma nei risultamenti d'ogni scoperta che quale quei limiti che sono nel campo dello sci-

bile allontana,
di arrivare al

ma non

toglie.

alla

speranza che ha l'uomo


la filosofia ^miglior fon-

primo vero, non d


sarebbe
frustra.

damento che
ciascun
disio

la

sentenza compresa in questo verso: Se non^


Infatti,

per quanti siano

giorni del mortale su questa terra, egli l'abbandona senza

esser giunto
si

al

suo scopo,
la

senza

che

in

alcuna cosa
gravi
di

gli

acqueti

il

cuore e

mente.

Non meno

pro-

fondi,

ma

invidiosi veri, sono le ultime parole della ricorcollo

data terzina: ed
in collo.

natura, Ch'ai sommo pinge noi di L'amore del vero, dal quale deriva il corso
il

delle

nazioni

e
la

progresso della civilt, natura:


dato a potenza alcuna

cosicch ta

guerra,
sensata.
il

quale vien fatta alla ragione, una crudelt in-

Non

rompere quello che


gli

Vico chiam legge [dell'umanit; e su


lo

stoltamente

malvagi, che indarno

mia

e la

un tempo l'infasventura. Mirabilmente concorda con Bacone l'Altentano, pesa ad


al

lighieri

osservando che noi siamo spinti

sommo

di collo

in collo, d'altezza in altezza, e saliti, per cos dire,

su quelli

che che

ci

le leggi

precedono : quindi le care speranze di quei progressi immutabili della natura promettono alle genequali

razioni future, le

godranno

la

vera

utilit del

tempo,

di' l'esperienza.

iMcolini, Dell' universalit e nazionalit


2;);J.

della Divina Comedia. Y. Nicolini, Opere, IH.

appas^iionato non vero n giuHto estimatore di s e delle cose.


L'

uomo

144

FILOSOFIA DI DANTE.
insensata cura de' mortali,

Quanto son
Quei che
ti

difettivi sillogismi

fanno in basso batter l'ali

Par. xxi.
il

1.

L'occhio carnale rocchio che non vede


XV. 234. -

vero: Purg.

L'animo

infermo allorch di troppo desi-

derio passionato;
si

e allora falsa nel parere le cose, che ci

appresentano discordanti dal vero:

Conv. in. 10. -

Il

giudizio

mezzo
la

Ira l'apprensione

e l'appetito.

Imperocsi

ch prima

cosa s'apprende, e poich'ella compresa

giudica buona o mala, e ultimamente colui che ha giudicalo


la

seguita o
e

la

fugge.

l'appetito,

non

in alcun

Adunque se il giudizio muove in tutto modo da lui prevenuto, certa-

mente libero. Ma se il giudizio mosso dall'appetito in qualunque modo preveniente, non pu esser libero, ma menato da altri e preso: De Mon. 14. - Agli uomini, che volano con lo appetito innanzi alla considerazione della ragione, sempre questo seguita: ch'eglino male disposti, e posposto il lume della ragione, sono tirati come ciechi,
i.

dall'affetto, e

pertinacemente
de' loro

la loro cecit

niegano.

Onde
pei
;

spesso avviene, che la falsit non solamente ha patrimonio,

ma

che molti,

termini

uscendo,

discorrano

campi
e cos

altrui, ov' eglino nulla

intendendo, nulla sono intesi

provocano alcuni ad

ira

ed indignazione,

altri a riso

De Mon. in. 3. - Siccome la parte sensitiva dell'anima ha suol occhi, colli quali apprende la differenza delle cose, in quanto elle sono di fuori colorate; cos la parte razionale
ha suo occhio, col quale apprende
in
la

differenza delle cose,

quanto sono ad alcuno

fine ordinate:

e quest'

la di-

screzione.

E siccome

colui

ch' cieco degli occhi sensibili

va sempre, secondo che gli altri, giudicando il male e 'l bene; cos quelli ch' cieco del lume della discrezione,
sempre va nel suo giudicio secondo il grido, o diritto o falso che sia. Onde qualunque ora lo guidatore cieco conviene che esso, e quello anche cieco eh' a lui s'appoggia, vengano a mal fine: Conv. 1. 11. L'amore della propria opinione lega V intelletlo ed impedisce l'esaminare sottilmente quanto necessario
preservarsi dall'errore: Par.
xiii.

onde
le

118. - Della falsa opinione

nascono

falsi

giudici,

e de' falsi giudizi

nascono

non

IL

VERO.
;

145
per che
li

giuste riverenzic, e vilpensioni


villano dispetto tenuti, e
li

buoni sono
esaltati.

in

malvagi onorati ed

La

qual cosa pessima confusione del mondo:

Conv.

iv. 1. -

Pericolosissima negligenzia poi a lasciare la mala opinione

prendere piede; che cosi come l'erba multiplica nel campo non cultivato, e sormonta e cuopre la spiga del formento,
sicch, disparte agguardando,
desi
il

il

formento non pare, e per-

mala opinione nella mente non gastigata, n corretta, cresce e multiplica, sicch la
frutto finalmente
;

cos la

spiga della ragione,


quasi sepulta
si

cio
:

la

vera opinione
iv. 7.
:

si

nasconde, e

perde

Conv.

La verit sola L' intelletto delF uomo cinto di nebbia pu disnebbiarlo e purgare la caligine che lo lede Purgat.xxvm. 89. Questa luce pi che altro si trova nel Verbo rivelato. Purg. xxvm. 81. La dimostrazione della verit debbe farsi per prove chiare
:

ed evidenti, valide
Quel

s
Sol,

nell'

aifermare che nel contraddire.


il

che pria d'amor mi scald

petto,

Di bella verit m'avea scoverto,

Provando e riprovando il dolce aspetto. Par. ni. 1. Gil r animo di quel eh' ode, non posa Ne ferma fede per esemplo ch'aia La sua radice incognita e nascosa, N per altro argomento che non paia. Par xvii.

131).

Vie pi che indarno torna

alla
d'

ricerca

del vero

colui

ch' privo d'arte, poich dopo


in cerca del vero,

essere slato per vie torte


indietro, privo di sapere,

non solo torna

siccome era innanzi,

ma

in

peggior condizione, cio pieno

di errori: (V. pag. 130)


Vie pi che indarno da riva si parte, Perch non torna tal qual ei si move, Chi pesca per lo vero e non ha l arte. Par.

xiii.

121.

solo r Allighieri era osservatore delte cose,

ma

pro-

cedeva anche all'esperienza, e se ne serviva nelle sue dimostrazioni


:

Da questa
Esperienza,
se

Instanzia pu dliherarti

(jiammai la pruovi.
a' rivi di vostr'arti.

Ch'esser suol fonte

Par.

ii.

94.

nuove cose il fine non certo, perciocch l' esperienza non mai avuta, onde le cose usate e servate sono
Delle
YOL.
II.

10

146

FILOSOFIA DI DANTE.

si mosse la Racomandare che l'uomo avesse diligente riguardo a entrare nel nuovo cammino, dicendo: che nello statuire le nuove cose, evidente ragione dee essere

e nel processo e nel fine commisurate. Per


(il

gione

dirillo civile) a

quella che partire

ne faccia da quello che lungamente

usato: Conv.]. 10.

DifBdensEa dei sensi nei nostri giudizi. Nostra Conv. ii. 3. - Omnis opinio quae est contra sensum est mala opinio: Qunes. De Ter. et Aq. 5. - Dove il senso non apre la verit, avviene che il giudizio de' mortali vada fuori del vero
conoscenza comincia dal senso
:

L'opinion... de' mortali, Dove chiave di senso non disserra. Par. n

Egli erra

52.

Bene spesso anche dietro


s'alza poco:

a' sensi la

ragione va poco avanti,

dietro a' sensi

Vedi che
Il

la

ragione ha corte

l'ali.

Par.

ii.

56.

senso

s'inganna
il

di

lontano: Inf.\x\i. 25. gente,

L obbietta

comiin...
parere,

senso inganna: Purg.xxix. il. - Il sensuale


la

secondo

pi

molte volte falsissimo,


il

massimamente
intellettuali,

nelli sensibili
:

comuni,

volte ingannato

Conv.

iv. 8.

l dove Imperocch
le

senso spesse
li

nostri occhi

non altrimenti che sono chiusi mentre che l'anima


organi del nostro corpo:

pupille

del vipistrello,

legala e incarcerata per


ii.

gli

Conv.

6.

Il

savio primie-

ramente attinger alle fonti dell'osservazione, poi lento avanzer nelle vie del ragionamento; avr piombo a' piedi; senza l'appoggio di una distinzione aiutatrice non valicher
i

due passi

difficili

del

e del no:

Veramente pi volte appaion cose, Che danno a dubitar falsa niatera, Per le vere cagion che son nascose. Purg. xxii. Con questa distinzion prendi il mio detto; E cos puote star con quel che credi Del primo padre e del nostro Diletto. E questo ti fia sempre piombo a' piedi, Per farti muover lento, com'uom lasso, E al si e al no, che tu non vedi Che quegli tra gli stolti bene abbasso, Che senza distinzione afferma o niega. Cosi ucir un come neir altro passo.
;

28.

IL

VERO.

14'

Perch'egP incontra che pi volte piega


L
l
'

opinion correnfe in falsa parte,

poi l'affetto lo intelletto lega...

Non sien

le

genti ancor troppo sicure

giudicar, s
in

Le Liade

come quei che stima campo pria che sien mature.

Par.

xjii.

100

COSMOLOGIA DANTESCA
Dio

il

primo Motore

di

tulio

[Purg.
128.

xw.^);

il

primo puiilo
la vita dell'

dell' atlrazione universale,

l'anima insomma,

immensa creazione Par.


:

ii.

Quanto
perch vi
splendore,

esiste fu creato dal nulla.


il

Il

cre tulle le cose, non fu


fosse,

bisogno

cli'e

motivo per cui Dio ne avesse, ma


il

anche fuori

di lui, in chi sussistesse

suo

cio perch

vi fosse chi partecipasse della sua

infinita perfezione.

Le creature

intelligenti poi furono fatte


le

per amarlo,
perse in

ed

il

motivo per cui Dio

cre

fu l'amore,

a guisa che ben

pu dire che nella loro creazione s'anovi amor l eterno Amore. Dio nella sua eternit,
s

fuori dei limili del

tempo, e fuori d'ogni limite comprensibile


le voci

dell'uomo, senza che possano propriamente usarsi

innanzi e dopo, cre. La creazione, quale stava nel concetto


di

Dio

fu

compiuta con un solo


le

atto,

senza processo d

tempo, n questo vieta che, secondo quel concetto, venissero poi

creature svolgendosi in nuove specie, corona

e perfezionamento delle prime, le quali tutte non solamente

non erano

fuori del concello di Dio,

ma

ne cosUluivano

il

line diretto. V.

Par. xxix. 10
Dio in tutto

e seg.
il

Sapienza

di

sistema della creazione:

Quanto per mente o per occhio si gira Con tanto ordine f, eh' esser non puote
Senza gustar
di lui chi ci rimira. Par. x. 4.
i

Creature intelligenti, specchi che da s rilletlono


della divina luce, vere

raggi

imagini di superiore perfezione:


la larghezza

Vedi l'eccelso ornai e


Speculi
fatti

Dell'eterno Valor, poscia che tanti


s'ha, in che si spezza,
in s,

Uno manendo
Iddio pinge
la

come
in

davanti. Par. xxix. 142.

sua virt

cose

per

modo

di diritto

148

FILOSOFIA DI

DAME.

raggio, ed in altre per

modo

neir intelligenze raggia


nell'altre
si

splendore riverberato, onde la divina sua luce senza mezzo,


di
illu-

ripercuote
II.

da queste intelligenze prima


64;
viii.

minate. Par.

112;

vii.

17;

xiii.

52.

L'universo, come un complesso d forze vive che rampollano dall' atto creatore, ciascuna per istinto, officj e vitalit

dinamica diversa dall'altro,


si

ma

che tutte afiaticale

da un perenne conato
sere a porti diversi:

movono

per lo gran mare deli' es-

Le cose tutte quante


Ilann' ordine tra loro; e questo forma

Che l'universo a Dio fa simigliantc. Qui veggion l'aite creature l'orma


Dell'eterno valore,
il

quale e

fine,

Al quale

fatta la toccata

norma.

Nell'ordine ch'io dico sono accline

Tutte nature per diverse sorti.

Pi

al principio loro e
si

men

vicine

Onde
Per Con
lo

movono a diversi porti gran mar dell'essere, e ciascuna


che la porti
..
.

istinto a lei dato

Par.

1.

103.

Accennata queir alta legge ontologica, in cui s' inchiude, come in germe, la filosofia della storia, che non poi altro che la storia dell'eterna sua vita, il progresso dell' universale incivilimento, legge suprema, secondo la quale
nit via via trasformandosi
terra,

l'umacompie i suoi destini sopra la legge che Vico chiama legge dell'umanit, e che fu
ed espressa nel C.
iv.

svolta con profonda sapienza dal Centofanti, indovinata dall'iAllighieri

del Paradiso, v. 124-133.


al

Piano della Provvidenza, rispetto


della causalit,
sibili al

nostro

mondo
II

figu-

rato in uno spirito moderatore, rappresentante

principio

i cui rapporti delle cose sono spesso inaccesnostro intendimento. Inf. vii. 73. L'ordine universale ebbe corainciamento simultaneamente

alla creazione,

comprendendovi

gli

Angeli e

le altre

crea-

ture.
fa

Questa coordinazione armonica, dice il Giambullari, vedere quanto sublimiore filosofia, con altissima dottrina

peripatetica avesse Dante. In soli sei versi rinchiuse la sostanza, l'atto puro, la potenza,
il il

composto

di questi due,

modo

della

loro creazione,'

e l'ordine

col

quale sono

(lisposl e legati

insieme;

COSMOLOGIA.
Concreato fu ordine e costrutto
Alle sufilanzie, e quelle furon

149

cima

Del mondo, in che puro atto fu produtto.

Pura potenzia tenne la parte ima mezzo strinse potenzia con atto Tal vime, che giammai non si divima. Par. xxix.
;

Nel'

31.

La legge della perfezione cosmico-morale riesce pi ammirabile, qualora la


l'

si

consideri in armonia col piano del1.

ordine universale. Par.

103. -

ii.

130.

METAFISICA E PSICOIOGIA.

*
La prima Filosofia. Conv. I. I. La prima scienza... la Metafisica. Couv. IL 14. La Metafisica tratta delle prime sustanze, le
quali noi non potemo simiglianteraente intendere, se

non per
IL
15.

li

loro

effetti...

La

Metafisica

tratta delle cose senza materia e clie


sensibili.

non sono

Generazione umana. Plirr/. XXV. 37; IV. 21. Dell'Anima. Platone voleva che l'anima umana
discendesse dalle stelle; e che per la morte alle stelle
ritornasse: Par. iv. 12.
si

Opinione di Aristotile e dei Peripatetici.


nima, distinte tra loro

Nell'a-

ma

tuttavia unite, e l'una reggentesi

sull'altra, esistono tre forze, vegetativa,

animale, razionale:

Anima

fatta la virtute attiva,

Qual d' una pianta, in tanto differente, Che quest' in via, e quella gi a riva,
Tanto ovra
poi,

che gi
ed
ivi

si

muove

e sente.

Come fungo marino; Ad organar le posse


Or
si

imprende

ond' semente.

spiega, figliuolo, or si distende

La virt eh' dal cuor del generante, Dove natura a tutte membra intende.
Ma, come d'animai divegna fante,

Non
Che

vedi tu ancor: quest' tal punto


pili

savio di te gi fece errante;

130
Dall'

FILOSOFIA DI DANTE.
S clic, per sua dottrina, f disgiunlo

anima

il

possibile intelletto,

Perch da Ini non vide organo assunto. Apri alla verit che viene il petto,

E sappi

che, s tosto coni' al feto

L' articolar del cerebro perfetto.

Lo Motor primo a
Sovra tant'arte
Spirito
di

lui si

volge

lieto,

natura, e spira

nuovo di virt repleto, Che ci che truova attivo quivi tira In sua sustanzia, e tassi un'alma sola. Che vive e sente, e se in s rigira. Purfj. xxv.

52.

Opinione di Avicenna,
di Aristotile. V. Conv.
di

d'Alg^azel, di Pittagora e
la dotlrna

IV. 21.

L'anima ha Empedocle:
Ma

la

sua sede nel sangue, conforme

li

profondi
'1

fori,

Ond' usc

sangue,
fi'

Ristretta s'

sul qual io secea. Purq. v. 73. anima) entro in mezzo del core,

Con quella vita che rimane spenta


Solo in quel punto ch'ella sen va via. Canz. in.
11
3.

Cuore, principio del cervello, secondo

le teorie allora
il

universalmente seguite dal grande Aristotile,


esser quivi
vitali,
il

quale dice

principio della vita, e T officina degli spiriti

onde

si

forma

in
il

gran parte
mio cerebro,

il

cervello.
!

Partito porto

lasso

Dal suo pr indino, eh'

'n questo troncone. /n/'. xxvtii.141.

L'anima umana, emanazione dello


la

spirito

divino:

essa

parte

celeste

dell'uomo: distinzione dell'anima e del


lui si

corpo.
Lo Motor primo a
Sovra tant' arte
Spirito

volge lieto

di natura, e

spira
"70.

nuovo di virt repleto. furg. xxv. E quando Lachesis non ha pi lino,

Solvesi dalla carne, ed in virtute

Seco ne porta e V umano e il divino. Purg. xxv. Tu te ne porti di costui V eterno

79.

Per una lagrimetta che

'1

mi

toglie

Ma
spirata
rarlfi

io far dell' altro altro governo. ?urg. v. 106.

Immortalit

L' anima umana, come dell' anima. immediatamente da Dio immortale. Dio nello spila innamora di s, sicch sempre ella lo desidera:
Ci che da lei senza mezzo distilla

Non ha poi

fine,

perch non

si

muore

METAFISICA E PSICOLOGIA.
La sua imprenta, quand' ella sigilla. Par. vii. 67. La nostra vita senza mezzo spira La somma beninanza, e la innamora Di s, si che poi sempre la desira. Par. vii. 142.

151

qui

mi piace riportare
fra quelle
si

la

sua

professione

di

fede

suir immortalila dell'anima, bella per se quanto ogni altra ch'io conosca
date da'
filosofi;

atta poi a

strare quanto Dante

scostasse da coloro che a suo


e bellissima

motempo

eran detti Epicurei;


ispira.

per

l'affetto

che gliela

Intra tutte le bestialitadi quella stoltissima, vilissima

e dannosissima chi crede, dopo questa vita, altra vita non


essere:

perciocch, se noi rivolgiamo tutte le scritture,

si

de' filosofi,
in questo,

come
che

degli altri savi scrittori, tutti concordano

in noi sia parte

alcuna perpetuale.

E questo
:

massimamente par volere Aristotile in quello deW Anima; questo questo par volere massimamente ciascuno Stoico
par volere Tullio spezialmente in quello libello della Vecchiezza
;

questo par volere ciascuno poeta, che secondo


;

la

fede de' Gentili hanno parlato


ge,

questo vuole ciascuna Lege

Giudei,

Sarncini

e Tartari,

qualunque
tutti

altri

vivono

secondo alcuna ragione.


orribile.

Che se
la

fossero

ingannati,

seguiterebbe una impossibilit, che pure a ritrarre sarebbe

Ciascuno certo che

natura

umana

perfetlis-

ma

di tutte le altre

nature di quaggi: e questo nullo niega;

e Aristotile l'aflerma, quando dice nel duodecimo degli Animali, che

l'uomo

perfettissimo di tutti gli animali.

Onde
tutti

conciossiacosach molti che vivono, interamente siano mortali,

siccome animali bruti, e sieno senza questa speranza

menlrecch vivono, cio d'altra vita, se la nostra speranza fosse vana, maggiore sarebbe lo nostro difetto, che di nullo
altro animale;

conciossiacosach molti sono gi


vita per quella
:

stati,

che
'1

hanno data questa


impossibile
e

e cosi seguiterebbe, che

perfettissimo animale, cio l'uomo, fosse imperfettissimo; ch'


:

che quella parte, cio

la ragione,

che sua per-

fezione maggiore, fosse a lui cagione di maggiore difetto; che

del tutto pare diverso a dire.

natura, contro a s medesima, questa speranza nella

E ancora seguiterebbe, che la mente


,

umana

posta avesse
corsi,

poich detto

che molti alla morte del


;

corpo sono

per vivere nell'altra vita

e questo

anche

152
impossibile.

FILOSOFIA DI DANTE.

Ancora vedemo continua sperienza della nostra


le quali essere

immortalit nelle divinazioni dei nostri sogni,

non potrebbono,
fosse
:

se

in

noi alcuna

parte

immortale non
lo
si

conciossiacosach

immortale

convegna essere
le

revelante, o corporeo o incorporeo che sia, se ben


sottilmente.

pensa

E dico corporeo, o incorporeo per


immediato,

diverse

opinioni ch'io truovo di ci;

ovvero debba proporzione avere allo informatore: e dal mortale allo immortale nulla sia proporzione. Ancora n'accerta la dottrina veracissima
informato

e quel che mosso,

da informatore

di Cristo, la

quale via, verit e luce

via,

perch per essa

sanza impedimento andiamo alla


talit; verit,

felicit

di quella

immor-

perch non soffer alcuno errore; luce, perch


che ne
la fa certi

illumina noi nelle tenebre dell'ignoranza mondana. Questa


dottrina,
dico,

sopra tutte
la

altre

ragioni;

perocch Quelli
re,

n'ha data, che

nostra

immortalit

vede e misura, la quale noi non potemo perfettamente vedemenlrech '1 nostro immortale col mortale mischiato; ma vedemolo per fede perfettamente; e per ragione lo vedemo con ombra d'oscurit, la quale incontra per mistura del mortale coli' immortale. E ci dee essere potentissimo argomento, che in noi l'uno e l'altro sia; ed io cos
credo, cos affermo, e cos certo sono,

ad altra vita migliore

dopo questa passare;


cap. IX, p. 149.

dove quella gloriosa donna vive, della quale fu l'anima mia innamorata. Conv., Trai. II.
l

L'anima
fetto, l'atto

si

con

nione con

la

congiunge col corpo, come la causa coli' efla potenza, la forma alla materia. Ha l' umateria, ma non l'identit. Detta anche forma

sostanziale:

da materia, ed
Specifica virtude

Ogni forma sustanzial, che setta con lei unita,

ha in s colletta,. La qual senza operar non sentita,


si

dimostra

ma

che per

effetto,
xviii. 49.

Come

per verdi fronde in pianta vita. Purg.

Eench l'anima nostra abbia facolt distinte, ella una; onde per questa sua unit non pu esser capace di ricvere in un solo istante due simultanee impressioni. Vero
che
il

nostro spirito passa con tal rapidit da un'idea al-

METAFISICA E PSICOLOGIA.
l'altra,

153

che

la

successione pu sembrare simultaneit:

ma

se la percezione
zione.

pu esser veloce, non


le
il

cos

dell'attenforti

Non bisogna confondere


Quando per

impressioni

colle

fuggitive; onde

poeta filosofo mirabilmente:


dilettanze ovver por doglie,

Che alcuna virt nostra comprenda, L' anima bene ad essa si raccoglie, Par eh' a nulla potenzia pi intenda: E questo centra quello error, che crede Che un'anima sovr' altra in noi s'accenda. E per quando s'ode cosa o vede, Che tenga forte a s l'anima volta, Vassene il tempo, e l'uom non se n'avvede:
Ch' altra potenzia quella che
l'

ascolta,

altra quella che

ha l'anima intera:
Purg.
iv. 1.
'

Questa

quasi legata, e quella sciolta.

L'immaginazione talora ne rapisce fuori


fino
ci

di noi stessi,

a restarcene sordi

allo strepito

di mille

trombe che

squillino d'appresso.

ritenuta facolt mista, che anche


e subbietto:

d'olire senso ritragga

lume

immaginativa, che ne rube


Talvolta s di fuor,

ch'uom non s'accorge, Perch d'intorno suonin mille tube. Chi muove te, se i], senso non ti porge? Muoveti lume, che nel ciel s'informa, Per s, per voler che gi lo scorge. Purg.
in pi pensieri
l'

xvii. 13.

La mente divisa

men

forte ad
rampolla

ognuno

Che sempre

uomo,

in cui pensier

Sovra pensier, da s dilunga il segno, Perch la foga l' un dell' altro insella.

Purfj. v. IG.

Un'appetito,

un

desiderio,

un'affetto,

quando sono molto

intensi, attutiscono gli altri:

Tanto eran gli occhi miei fissi ed attenti disbramarsi la decenne sete.
gli altri sensi

Che

m'eran

tutti spenti. Pwn/. xxxii.

1.

Purch pur ardi


Si neir affetto delle vive luci,

non guardi? Purg. xxix. m'apparve, s com'egli appare Subitamente cosa che disvia Per meraviglia tutt' altro pensare. Purg. xxvm. 37.
ci che Vieri diretro a lor

61.

Quando l'anima
impressionata

concentrata in s stessa,

da cose esterne.

non pi Questo addiviene in una

profonda meditazione e tanto pi nell'estasi:

154

FILOSOFIA DI DAISTE.
Te lucis ante s divotamente

Le usc di bocca, e con s dolci note, Cue fece me a me uscir di mente. Purg.

vili

13. si

Quanto pi
la sensibilit

stretta l'anima col corpo, pi viva

fa

che ne deriva:
vuol, quanto la cosa pi perfetta.
'1

Ritorna a tua scienza,

Che

Pi senta

bene, e cos 4a doglienza. Inf.

vi lOC.

La memoria
ha
la virt
:

nell'alte speculazioni e contemplazioni

non

di tener

dietro all'intelletto,

suo infaticabile

corriere

Perch, appressando s

al

suo

disire,

Nostro intelletto

si

profonda tanto,
ire.

Che retro

la

memoria non pu
la

Par.

i.

7.

Maggior cura toglie spesso che meno interessano:

memoria

rispetto all'altre

Forse maggior cura, Che spesse volte la memoria priva. Fatto ha la mente sua negli occhi oscura. Purg.

xxxiii. 124.

Dell'Amore.
gran legge
di

L'Amore regge

tutte le creature. Dal

creatore alia pi umile delle

creature veruna sfugge alla

Amore:
A' Creator,

n creatura mai,

....
E
cos
il

fu senza amore,

naturale o d'animo. Purq. xvii. 91.

poeta argomenta della genesi dell'Amore.

Lo

Istinto naturale

primo dell'amore sempre retto: l'anima, ancorch sia come fanciulla che pargoleggia tra il pianto e il riso, e siccome creata da quel Bene eh' autore d'ogni
aspiri a gioire,

gioia,

nel gusto de' piccoli beni s'inganna


:

se non sia guidata e or rattenuta

movimento d'amore

Purg. xvi. 85. Il primo sempre buono; il male incomincia laddove il bene minore assorbe maggiore desiderio ed eccita pi viva allegrezza. Qui la materia buona di per buona la cera, non bella s, rea la forma che vi s' imprime l'Immagine del sigillo: Purg.xvn.^L Pu la libert dun
;

que errare o considerando e amando meno l'oggetto pi degno, pi il meno. Il bene immenso pu l'uomo amarlo immensamente, quanto le sue forze consentono ne' beni secondi egli dee misurarsi ma a nessun bene per dappoco
;
;

che paia e per materiale che

sia,

negare

il

suo pregio, se

METAFISICA E PSICOLOGIA.

155

non quand'esso impedisca il conseguimento di beni maggiori, cio quando perda la sua natura di bene, come non guadagno un acquisto cui segua danno.

E
eh'

pi di proposito nel C. xvni. del Purgatorio: - L'anima, creata pronta

ad amare,
il

si

muove agilmente verso


airs|if-

ogni cosa che piace, e


fetto.

senso del piacere la desta

La mente cos insieme destata ad attendere, e per meglio apprendere l'idea della cosa piacente; e perch il piacere, in quanto tale, un bene vero, n male divelta se non quando ci priva di piaceri maggiori, per l'affetto della cosa che piace trae sempre origine da veritii. La mente che la apprende, la viene svolgendo, e con la persuasione

muove

il

libero arbitrio,

e converte

il

desiderio

in volere.

Questa conversione l'amore; amore eh' moto di natura, ma che per la riflessione seguita da un nuovo piacere diventa pi forte. C' dunque un primo moto di
piacere animale,
il

quale precede
I

[la

riflessione;

e c'

un

secondo

il

qual segue ad essa.

piaceri riflessi sospingono

pi fortemente la volont, e misurati che sieno, le aggiun-

gono vigore
spirituale,

secondati, la spossano.
ci

Amore pertanto

moto

ha parte; e sebbene il suo oggetto gli venga di fuori sebbene le impressioni esteriori possano indebolire la volont, nondimeno in quanto egli riflessione, cio in quanto amore, riman sempre libero. La potenza del conoscere e* del volere messa in atto dalle cose di fuori, senza la cui impressione non sagiacch la riflessione
;

rebbe sentita da noi


causa l'anima
della pianta,
si

stessi,

e per quella pi occasione che

viene svolgendo, come la vita della pianta in

verzura di fronde. La virt d'essa vita prodotta dall'intimo

ma

promossa dagli esterni elementi,

quali
:

senza
nel
dei

germe non produrebbero, n il germe senz' essi ma germe la vita. Le prime notizie del vero, e le disposizioni primi desiderii sono nell'uomo come nell'ape l'istinto
il

del fare

il

miele

e in que' moti non ha luogo n merito n

demerito;

ma

innata insieme la virt del consiglio, cio

della riflessione deliberante, la quale

deve preceder
di quello.
Il

l'assenti-

mento, e star quasi custode alla soglia

bene e

il

male non nel sentimento, ma si nell'assenso. Onde quando anco l'uomo non avesse elezione nel prescegliere gli oggetti

156

FILOSOFIA DI DANTE.

pi buoni e pi belli da vagheggiare, e nel munirsene lutto


intorno per

modo che

men

belli e

mcn buoni non

giun-

gano a
la

far

impeto nell'anima sua; quando questi forzassero


ripari

guardia e

con subito prepotente assalto, l'anima


e

avrebbe pur armi da respingerli, e rimanere, imperatrice


di s.
(

Tommaseo, del Concetto del BellOy Y. Bellezza


p. 40,

Clmltliy

Firenze,

Le Mounier. - Y.

Giusti,

Dottrina
:

di Dante sull'Amore, Lettera a Ferdinando Grazzini


Scritti vari. p. 242.)

Giusti,

Amore

dunque seme
Esser conviene

di giustizia e di

peccato:

Amor sementa
E
d'

in voi d'ogni virtute,


xviii, 103.

ogni operazion cbe merla pena. Purg.

Dottrina sull'influsso degli astri. Sono


deit,

dessi tante

intelligenze ministre
la vita

della
le

Provvidenza: da loro

emana

sparsa in tutte

famiglie delle piante, e

in tutte le specie degli animali:

L'anima d'ogni bruto e


Lo raggio
e
il

delle piante

Di complession potenziata tira

moto

delle luci sante. Par. vu. 139.

E VAmor

che move
all' si

il

sole e

V altre

stelle diffonde

un molo
in

preordinato

universo in virt dei giri del cielo empireo,

che via via

propagano sempre pi rapidi

di pianeta

pianeta sino alla terra. L'ordine impreterribile del lor molo


dispensa, a chi pi a chi

meno

fra gli

umani

individui, e a

chi l'una e a chi l'altra, le virt divine di che le stelle sono

diversamente dotate. cera,


alle

Come

cos

la

virt loro

il suggello impronta la docile imprime incancellabile carattere

anime degli uomini dal giorno

della loro nascita:

Purg.
Il

XXVI. 73; XX. 13; xxx. 109; Par. iv. 58; xxii. 112. cielo

certamente esercita una specie d'iniziativa sulla pi


della

parte dei movimenti


iniziativa

nostra sensibilit,

ma

questa

non lega la volont dell'uomo: essa pu in noi trovare una resistenza, la quale, faticosa da prima, diventa inevitabile, dopo aver fedelmente combattuto:
Voi che vivete ogni cagion recate

Pur suso

al cielo, s

come se

tutto

Movesse seco di necessitate. Se cos fosse, in voi fora distrutto Libero arbitrio, e non fora giustizia,

METAFISICA E PSICOLOGIA.
Per ben,
letizia, e

lo7

per male, aver lutto.

Lo cielo i vostri movimenti inizia; Non dico tutti; ma. posto eh' io '1 dica,

Lume

v' dato a liene ed a malizia,

E libero voler cbe, se fatica Nelle prime battaglie col ciel dura, Poi vince tutto, se ben si notrica, Purg.

xvi. 67.

Libert umana.
Dio, opera In noi

Una potenza pi grande, quella d senza coslringerci. Ha egli in noi creato


stessi,
:

questa potenza migliore di noi

che non per nulla


ha compartito libera
il

sommessa
la

alla
;

potenza del cielo


il

egli ci

volonl

e questo dono,
il

pi eccellente e

pi degno
tutte
le

della

sua bont,

pi prezioso agli occhi

suoi,

creature intelligenti lo hanno ricevuto:

maggior forza ed a miglior natura


tcvi. 79.

Liberi soggiacete, e quella cria

La mente in voi, che '1 ciel non ha in sua cura. Purrj. Lo maggior don, che Dio per sua larghezza Fesse creando, e alla sua bontatc Pi conformato, e quel ch'ei pi apprezza.

Fu
pi che

della volont la libertate,


le

creature intelligenti,

tutte e sole furo e son dotate. Par. v. 19.

IJaec lihertas,
est

swe princpium hoc

lotius nostrae

iberlatis

maximum donum humcmae naturac


1.

a Deo colatum. De

Mon.

14.
Color che ragionando andaro al fondo,

S'accorser d'est innata libertate;

Per moralit lasciaro al mondo. Onde pognam che di necessitate

Surga ogni amor che dentro a voi s'accende,


Di ritenerlo in voi
la potestate.

Purg.

xviii. C7.

La volont non saprebbe piegarsi che per la propria determinazione, pari ad una fiamma cui gli sforzi replicati di una forza straniera non possono costringere s che discenda quando la sua naturale tendenza la fa salire. Egli vero che la volonl sembra talvolta cedere alla violenza, ma questo ancora dipende dalla propria elezione; gli un male ch'ella patisce per la paura di un mal peggiore:
Se violenza quando quel che pat Niente conferisce a quel che sforza ; Non f ur quest' alme per essa scusate
;

Che volont se non vuol, non s'ammorza,

1S8

FILOSOFIA DI

DAME.
;

Ma

fa

come natura

face in fuoco,

Se mille volte violenza il. torza Perch, s'ella si piega assai o poco,

Segue

la forza ... V.
i

Par.

iv.

73-103.

movimenti istintivi sfuggono al suo dominio, e che spesso, mal suo grado, il sorrso e le lagrime
Vero che
i

tradiscono
di

pi segreti pensieri: Purg. xxi. 125.


circostanze,
la

Ma

fuor

quste

volont padroneggia
la

la

propria

elezione. - In fra
si

due oggetti che egualmente

muovessero
colla

rimarrebbe eternamente indecisa: Par. iw.l, [Ov.Met.w.


Tigris ut audltis..,)

5:

Dunque

bisogno

ammettere
il

volont una facolt che la consigli e vegli

principio del

consentimento per accogliere o respingere


vagie affezioni
noi
:

le

buone e mal-

Purg.

xviii.

Per

tal

guisa supponendo in

una
il

fatale

necessit

amore, v'ha
dirne

in noi

che presieda al nascimento dello ugualmente una potenza capace d'impe-

trabocco.
-

Dell'Idee.
11

Non

pu spiegar
l' l'

l'origine delle idee


ii.

prime:

ver primo che

uom

crede. Par.

45.

Onde vegna

intelletto

Belle prime notizie,

uomo non
di
tali

sape. Purg. xviu. 35.

Le quali se uomo rifiuta mestieri ammettere come


l'intimo dell'essere nostro:
Innata v'
la virt

confessare innate, almeno


le facolt

che compongono

che consiglia. Purg.xvni.

63.

Esistono pertanto
di fuori, e

dei principj che


ci

che noi non

vengono dal siamo punto procurati. Avvi una


ci

non

creazione interiore continua

che ne annuncia

la

invisibile

presenza della divinit.


Il

nostro cervello resta segnato dalle percezioni:


S

come cera da suggello,


impressa non trasmuta. Purg. xxxiii.
79.

Che

la figura

malagevole il seguitare gli andamenti umano perch nel numero delle percezioni
obbietti dissimili

dello

spirito

originate da
;

e allor questa
le

son propri,
in

pu ad una pi che ad un'altra rivolgersi nuova idea trae seco tutti gli accessori che i quali possono col proceder del tempo dipercezione
la

venire

questa
la

parte

principale.

Quindi

avviene che

mente umana giunga ad uno scopo diverso


si

da tutto quello che in principio

proposta:

METAFISICA E PSICOLOGIA.
Glie

159

sempre l'uomo,

in cui

pensier rampolla
v. 16.

Sovra pensier, de s dilunga il segno, Perch la foga l'un dell'altro insella. Pura.

Avvi neiruomo una


veduti,
e

facolt

che delle sensazioni s'imi

padronisce, che svolge e coglie


li

rapporti

implicitamente
la

propone

alle operazioni dell'intelletto,

qual

facolt dicesi apprensione.


Vostra apprensiva da esser verace

Tragge intenzione, e dentro a voi la spiega, S che l'animo ad essa volger face. l'urg. xviii.

2*2.

Cosi

il

fatto sensibile T

elemento necessario d'ogni nozione


fatalit di nostra natura, la

intelligibile.

Questa

iniziativa dei sensi nelle operazioni dello

spirito

umano
di

una delle
la

causa

principale

nostra
I

debolezza,

nel

medesimo tempo,

maraviglia a dirsi
razionale, e per

condizione del nostro perfezionamento

conseguenza della nostra grandezza.

Vostro ingegno
.

solo da sensato apprende


iv. 40.

Ci che fa poscia d' intelletto degno. Par.


Il

pensiero concepisce s stesso,

ma

s stesso tuttavolta

al

suo nascimento non comprende; e non avviene se non

per

una operazione continuata ch'egli prende conoscenza


;

e possesso di s
si

l'

attivit, portata al

suo pi alto grado,

fa rillessione:

Non m'accors'io,
Anzi
il

se

primo pensier,

del

non com'uom s'accorge, suo venire. Par. x. 35.

FENOMENI
"

CHE PRECEDONO ACCOMPAGNANO E SEGUONO IL SONNO ED IL SOGNO

Slato di rilassamento

mentale che precede immediata-

lamenle

il

sonno:
Poi quando fur da noi tanto divise Quell'ombre, che veder pi non potersi,

Nuovo pensier dentro da me

si

mise,
:

Del qual pi altri nacquero e diversi

E tanto d' uno in altro vaneggiai, Che gli occhi per vaghezza ricopersi, E il pensamento in sogno trasmutai. Purg.

xviii, 130.

160

FILOSOFIA DI DANTE.
concilia
il

Un sonno soave
istinto
le

sonno. Questo pur sanno per


i

madri, mentre cercano di addormentare


S potrebbe

loro

bambini.

forse dedurre
di

un

tal effetto

da au-

mento,

ma

per moderato,

eccitamento: Pure/, xxxii. 61.

Chi assonna non sa pi pronunciar parola per diminuta e perturbata innervazione:


E caddi, come l' uom, cui sonno piglia. Inf. iii, 136. Mi richinava come 1' uom ch'assonna. Par. vii. 15. Si che non parli pi com'uom che sogna. Purg. xxxin. 33.

Mirabile evidenza

con

che

il

poeta esprime un sogno

penoso

E quale quei che suo dannaggio sogna, Che sognando desidera sognare, Si che quel eh' , come non fosse agogna. Inf. xxx.

13C.

E r

oppressione che

aiutare in

prova sognando quando un gran pericolo e non si pu:


si
il

ci

vorremmo

Quell'ombre... andavan sotto

pondo.

Simile a quel che talvolta

si

sogna.

Disparmente angosciate tutte a tondo,

lasse

..

Par.

xi. 26.

Nel sogno destansi


Fendendo
i

tali

percezioni che

il

cessano:

L'altra prendeva, e dinanzi l'apriva


drappi, e mostravami
il

ventre:
31.

Quel mi svegli col puzzo che n'usciva. Purg. xix. Ivi pareva eh' ella ed io ardesse,

E s l'incendio immaginato cosse, Che convenne che il sonno si rompesse.


Purg.
Il
IX. 31, e xxxii. 71.

non muore del tutto, non d subito luogo a una perfetta vigilia, ma rimane di lui qualsonno,
rotto

che

sia,

che cosa e s'adopra per ricomporsi: Come si frange il sonno, ove


rsuova luce percuote
il

di Lutto

viso chiuso,

Che

fratto guizza pria che

muoia

tutto.

Purg. xvu.

40.

Lenti

Ad

usar lor vigilia quando riede. Purg, xv. 137.

Fenomeno
ancora sotto

del destarsi improvvisamente,


la

e del trovarsi

impressione dei sognali fantasmi:

E dopo

Qual colui che sonniando vede, il sogno la passione impressa Rimane, e l'altro alla mente non riede. Par. E come al lume acuto si disonna Per lo spirto visivo che ricorre

lixxiii. 58.

DEL S0>>0 E DEI SOGNI.


Allo splendor che va di gonna in gonna,

161

lo svegliato ci

che vede abborre,

S nescia la sua subita vigilia,

Fin che la stiraativa noi soccorre. Par. xxvi. 70.

Che mi scoss' io, s come dalla faccia Mi fugg '1 sonno, e diventai smorto, Come fa l'uom che spaventato agghiaccia. Purg. ix.40.
le visioni sue esser apprenveramente esistenti, e del proprio inganno si accorge solo quando risvegliato pu paragonare le immagini sognate che restano nella memoria con l'apprensione vivissima ch'egli per mezzo dei sensi, non pi legati dal

L'uomo che sogna crede


di cose

sione

sonno, ha degli obbietti presenti: Quando l'anima mia torn


Alle cose, che son fuor di
Io riconobbi
i

di fuori

lei

vere,

miei non

falsi errori,

Purg. xv. 115.

FILOSOFIA
Con

MORALE
Quelle parole
le

quai la tua Etica pertratta... Inf. XI. 79.


e bellezza della Filosofia...

La moralit
dine

la bellezza della sapienza... risulta dall' or-

delle vift morali,

che fanno quella

piacere sensibilmente... Sua belt, cio


ralit,

mo-

piove fiammelle

di

fuoco, cio appetito

diritto,

che

si

genera nel piacere della moil

rale dottrina;

quale appetito ne diparte

dalli vizii naturali,

non che

dagli altri (1).


15.

Conv. in.

dell' uomo - ISuo fine - Vita cosa sia. - Della vita speculativa e In tra gli effetti della divina sapiencontemplativa. Conv. iii. 8. - La natura za, r uomo mirabilissimo: umana perfettissima di tutte le altre nature di quaggi: Conv. 11. 9. -La nobilt umana, quanto dalla parte di molti

IVobiltd e

grandezza

umana che

(1)

sando

la

La morale Filosofia ordina noi all'altre scienze: Conv. ii. 15. -Cesmorale filosofia, l'altre scienze sarebbero celate alcun tempo, e

non sarebbe generazione, ne via di felicit, e indarno sarebbero scritte M. - Mirando costei... ogni viziato torner diritto e buono.... costei ch'umilia orini perverso, cio volge dolcemente chi
e per antico trovate:
fuori del debito ordine piegato: Conv. ni. 15.

VOL.

II.

11

162

FILOSOFIA MORALE.

suoi frulli, quella dell'Angelo soperchia, lutlocch l'angelica


in la
(la

sua unitale sia pi divina: Conv.

iv.

19 -

L'anima umana

qual colla nobilt della potenzia ultima, cio ragione,


nobilt della potenza pi sublime) partecipa della dividi

na natura a guisa

sempiterna Intelligenza:
divina luce,

perocch
Angiolo,

l'anima tanto in quella sovrana potenzia nobilitata, e


dinudata da materia, che
chiamato:
la

come

in

raggia in quella, e per l'uomo divino animale da' Filosofi

Conv. ni.

2.

Onde
in. 2.

di

questa cos mirabile

creatura, non pur colle parole da temere di trattare,

ma

eziandio col pensiero: Conv.


Egli perci

che l'uomo debbe avere sempre dinanzi

agli occhi la dignit di sua natura: egli

non

nato per la

vita materiale de' bruti,


Fatti

ma

per seguir virtute e conoscenza:

Considerate la vostra semenza:

non foste a viver come bruti,


11

3Ia per seguir virtute e conoscenza. Inf. xxvi.118.

Cliimavi

cielo, e intorno vi si gira,

Mostrandovi

le

sue bellezze eterne,


a terra mira.

E l'occhio vostro pure

Purg.wv.

148.

Batti a terra le calcagne,


Gli ocelli rivolgi al logoro, che gira

Lo rege eterno con le rote magne. Pwrg. xis. 61. gente umana, per volar su nata, Perch a poco vento cosi cadi? Purg. xu, 93.
>

La vita dell'uomo
affinch poi
87.
I.

un mare;

il

porto

il

cielo, al

quale
opere,
xvii.
{Inf.

bisogna continuamente vogare

coi

desideri

coli'

La
1;

vita

non si ribalta il mal tardato remo. Pur/j. non che una selva oscura ed erronea
IV.

Conv.

24);

un'assai

picciola

vigilia

de' nostri

semi
XXV.

[Inf. xxvi. 113);


1)7);

nou che una milizia {Par.

v. 3;
;

un viaggio

all'eternit (Inf. x. 132; Canz. xvin. 2)

un camin corto ch'ai termine vola {Purg. xx.


rere alla morte {Purg. xxxiii. 34)
C. XI.
;

38);

un cor-

del Purgatorio, v. 19,

le

onde acconciamente nel anime purganti dopo aver


l'antico

pregato:
saro.

Nostra

virt...

Non spermentar con


s

avver-

Ma

libera da lui, che

la

sprona, soggiungevano:

Quest'ultima preghiera. Signor caro, Gi non si fa .per noi, che non bisogna, Ma per color che dietro a noi restare.

La

il

citt

vera ferma e stabile, destinala da Dio alle anime,


:

Paradiso

frate mio, ciascuna cittadina D'

una vera

FILOSOFIA MORALE.
cill;

163

ma

tu vuoi dire.

Che vivesse

in Italia perefirlna: Purcf,

xiii. 94.

Ciascuna cosa massimamente desidera


e in quella ne
s'

la

sua perfezione,

acquieta ogni suo desiderio, e per quella ogni

cosa desiderata.
fa

E questo

quello desiderio che

sempre
torre

parere ogni dilettazione manca; che nulla dilettazione


in

grande

questa vita, che all'anima


lo desiderio,

umana possa
,

la sete,

che sempre

che detto
sete

non rimanga
sazia se non
si

nel pensiero:

Conv.m.^.

E questa
ii.

appunto perch
s

naturale, e perpetua [Par.


alla fonte dell'eterno

19),

mai non

vero (Par.
in. 15. il

iv.

126); ivi solo

queta

l'anima nostra: Comu.


[Inf. HI. 18; Conv.
IV. 22):
ii.

L'unico bene dell'intelletto


intelligibile Iddio {Conv.

14);
il

sommo

esso solo

principio

della

pace {Vita N. 2o);


iv.

la

nostra beatitudine

somma
il

(Cony.

22);

l'ultimo desi-

derabile (Cony. IV. 12);


dell'

termine ultimo del


s'

sommo bene
il

uomo

Conv.

iv.

12. In Dio solo

accoglie tutto

bene,

ed ogni altro bene

fuori di lui difettivo: Par. xxxiii. 103.

Lume non se non vien dal sereno Che non si turba mai, anzi tenebra, Od ombra della carne, o suo veneno. Par. xix. 03. Ci che non muore e ci che pu morire Non se non splendor di quella idea Che partorisce, amando, il nostro Sire. Par, xiii. 32. Ciascun ben che fuor di lei (dell'essenzia divina) si trova Altro non che di suo lume un raggio. Par. xxvi. 32.

L'uomo, considerato nella mortale sua condizione sulla terra, non , egli vero, pi che un difettoso insetto, [entomata in difetto) ma,* compiendosi la sua formazione, gli verranno date ali per volare verso il bene supremo: Noi non siamo
che vermi,
Par.
X. 124.

ma vermi

da cui usciranno

le angeliche farfalle

L'uomo dunque dee esser denominato dalla ragione, e non dal senso; n da altro che sia meno nobile, onde quando si dice: vvere., si dee intendere usare la ragione,
eh' sua speziai vita,

ed atto delia sua


si

pi nobile parte.

E per

chi

dalla

ragione

parte,

usa

pur

la
ii.

parte
8. -

sensitiva,

non vive uomo, ma vive

bestia:

Conv.

Vivere nell'uomo ragione usare.


l'essere dell'uomo,

Dunque

se vivere

e cos da quello uso partire partire

164

FILOSOFIA MORALE.

da essere, e cos essere morto. E non si parie dall'uso della ragione chi non ragiona il line della sua vita? E non
si

parte dall'uso

della ragione

chi;

non ragiona
e ci
si

il

cam-

mino] che far dee?

Certo

si

parte,...

manifesta

massimamente in colui che ha le vestigie innanzi e non le mira... Levando l'ultima potenzia dell'anima, cio la ragione, non rimane pi uomo, ma cosa con anima sensitiva solamente, cio animale bruto: Con?;, iv. 7. -Ma la maggior parte degli uomini vivono secondo senso, e non secondo ragione, a guisa di pargoli; e questi cotali non conoscono le cose se non semplicemente di fuori, e la loro boutade, la quale a debito fine ordinata, non veggiono, perocch hanno chiusi gli occhi della ragione, i quali oltrepassano senza vedere quel fine, cui la bont ordinala, onde tosto
veggiono tutto
spesso sono
ci

che possono, e giudicano secondo

la loro
;

veduta... Questi cotali tosto sono vaghi, e tosto sono sazii


lieti,

e spesso sono tristi di brievi dilettazioni

e tristizie; e

tosto amici, e tosto nemici; ogni cosa fanno


:

come pargoli, senza uso di ragione Conv. i. 4. Uomo, da s virt fatta ha lontana, Uomo non
bestia
in
2.
1

gi, B)a

Dio, qual maraviglia, Voler cadere ch'uom somiglia: servo di signore! Ovver di vita in morte Caw:;. xviii. - Servo non di signor, ma di vii servo Si fa, chi da
si

cotal signor

scosta. Id. 3.

noi potemo avere due felicit, secondo due diversi cammini buoni, e ottimi, che a ci ne menano

In questa vita

runa

la vita attiva, e l'altra la contemplativa, la quale


l'attiva si

(avvegnacch per

pervegna a buona

felicit)

ne mena

a ottima felicit e beatitudine... La felicit della vita con-

templativa pi eccellente che quella dell'attiva.... Conv.


IV. 17. -

pratico e speculativo

Imperocch l'uso del nostro animo doppio, cio (pratico tanto quanto operativo),
altro
sia

r uno e r
contemplare
noi

dilettosissimo
pi.

avvegnacch quello del


si

Quello del pratico

operare per

virtuosamente, cio onestamente, con prudenza, con

temperanza, con fortezza, e giustizia; quello dello speculativo


si

non operare per


e

noi,

ma

considerare
e

le

opere di

Dio e della natura:


beatitudine e

quest'uso

quell'altro
di

nostra
usi

somma

felicit...

Veramente

questi

FILOSOFIA MORALE.

165

l'uno pi pieno d beatitudine, che l'altro; siccome lo


speculativo,
il

quale senza mistura alcuna uso della nostra

nobilissima parte eh' l'intelletto.


vita perfettamente
lo

E questa
)

parte in questa

suo uso avere non pu, lo quale


intelligibile

vedere Iddio (che


r Intelletto considera
cosa che quaggi
dine,

sommo
lui

se
I

non inquanto
effetti...

e mira lui pei*


di

suoi

La

contemplazione pi piena
sia...

luce

spirituale,

che altra

cos appare,

che

la

nostra beatitu-

questa

felicit

di cui si parla,

prima trovare possiamo

imperfetta nella vita attiva, cio nelle operazioni delle


rali

mo-

virt, e poi quasi perfetta nelle operazioni delle virt


;

intellettuali

le quali

due operazioni sono vie spedite e dialla

rittissime a

menare

somma

beatitudine: Cowy.

iv.

22.

La vita contemplativa.... pi* eccellente e pi divina.... Questa vita pi divina, e quanto la cosa pi divina,
pi di Dio somigliante; manifesto

che questa vita

da Dio pi amata: Conv.

ii.

5.

- In Lia e Rachele sono

adom-

brate dal poeta queste due vite:


Io mi son Lia, e vo' movendo intorno Le belle mani a farmi una ghirlanda. Per piacermi allo specchio qui m'adorno;

Ma mia suora Rachel mai non


Eir

si

smaga

Dal suo miraglio e siede tutto giorno.


de' suoi begli occhi veder vaga.

Coni' io dell'adornarmi colle

mani;

Lei lo vedere e

me

l'

ovrare appaga. Purg.

xxvu

101.

Vanittk delle cose


vanagloria
dell'

mondane,
posse,

umane

Com' poco verde in sulla cima dura...! Purg. \i. 91. Non il mondan rumor altro che un fiato.. Vurg. xi. La vostra rinomanza color d'erba... Purg. xi. 11^. insensata cura de' mortali... Purg. xi.S. Udir come le schiatte si disfanno... Par. xvi. 76.
.

100.

Ella cosa troppo indegna dell' ente ragionevole affac-

cendarsi tanto per cose fuggitive e caduche e nessun pensiero


darsi
si

delle

sempiterne. - La

nostra anima per sua


la diletta,

natura

volge verso tutto ci che


ghiotta,
di questi

ed

in

prima

sente appetito [sapore] delle cose materiali; e solo a questi

beni ferire

si

pasce,

pi altro

non chiede: Purfiat. xvi. 91-101. Ma questo picciol bene non ci pu rendere quaggi felici; desso impotente a

166

FILOSOFIA MORALE.

quietare l'anima nostra, anzi le diviene sorgente di rovina,


se lo
si

abbracci con pi cura che non

si

dee:

Altro ben
la

che non fa l'uom felice;

Non

felicit,

non

buona
Ibeni

Essenzia, d'ogni ben frutto e radice:

Purg.wn.

Ilio. -

commessi alla fortuna non sono che un breve


buffa

soffio {corta

In f.

VI.

^\); -vanit con breve uso (iPMrf/. xxxi. 60);

eppure noi corriam dietro ad essi e c'inganniamo {Pur(j. XVI. 32) trattando l'ombra come cosa salda (Pwr/7.xxi.l36);
noi ci rabbuffiamo con lena affannata per codeste apparenze

mutabili e passaggere

per false imaf/ini di bene, che nulla

promission rendono intiera {Purg. xxx. 131), anzi sommet-

tendo ci che promettono, apportano


IV.

il

contrario [Conv.

12): l'occhio nostro

fisso

alle cose terrene

pur

di
s

con-

tinuo a terra mira [Purg. xvi. 130; xix. 52), n mai


in allo
:

aderge

Purg. xix. 118. - Con quanto senno e con quanta


la

novit dal poeta filosofo la ricchezza,

potenza, tutti gli

splendori mondani sono paragonati alla luce che per natura


si

diffonde,

e passa di cosa in cosa che nessuno pu far


di necessit si
cieli

sua e che

divide!

//. vii. 73. - Al vedere

poi dall'alto dei


ei

questo globo,

che ci fa tanto feroci,

sorrideva del vii sembiante di questa aiuola {areota mor-

talium:

De Mon.)

e davaci per miglior consiglio di averla

per meno, e chiamare


a volgere altrove
gasi
i

uomo veramente

probo, chi apprende

suoi pensieri, cio al cielo. fallace

Aggiunpassi

che

il

mondo

{Par. xv. 156),

l'amore delle
i

cose presenti, col falso

lor piacere,

volgono

nostri

a via non vera {Purg. xxx. 130; xxxi. 35), deturpano le anime {Purg. xv. 146), e fanno si che noi adoriamo la fattura
di

Dio contro
ci

il

Fattore

Purg. xvii. 102.

Ma

verr poi

tempo che
vita
:

ricrederemo,

ma
il

troppo tardi, della bugiarda


poeta,

Purg. xix. 108. Onde


di

altamente cattolico,

non pu a meno
Ben

non gttare dal pi profondo dell'anima


termine s doglia che non duri

questo grido potente:


che senza

Chi, per

amor

di cosa

Eternalraente, quell'amor si spoglia. Par. xv. 10.

Virt: in esisa ogni vero bene ed ogni vera grandezza. Rende 1' uomo felice e libero: come se ne acquisti l'abito. Cammino della virt.
Li costumi sono beltate dell'anima: Conv. ni. lo. - Nulla

FILOSOFIA MORALE.
fa la

167

tanto grande, quanto la grandezza della propria bont,

quale madre e conservatrice dell'altre grandezze.


eh'

Onde

nulla grandezza puote l'uomo avere maggiore,


della virtuosa operazione,

che quella

sua propria bont, per la


delli veri onori, delli veri amici,

quale

le

grandezze delle vere dignitad e


delle vere ricchezze,

delle vere potenzie,

della vera e chiara fama, e acquistate e conservate sono:

Conv.i.W.
'

L'uso della virt conduce mirabili bellezze,

cio contentamento in ciascuna condizione di

tempo

e dispre-

giamento
ili.

di quelle

cose che gli

altri

fanno signori: Conv.


i

13. - Chi nella virt nella luce:


il

raggi del pianeta

celeste gli inondano l'anima,

tristo invece nella selva

oscura dei

vizi,

amara che poco


il

pi

questo amore splende,


zionalmente
Virt
fa
gli altri

tutti gli altri

morte: Inf.i. 16.- Ove amori si fanno scuri e


Conv.
in. 14.

quasi spenti; imperocch

suo oggetto eterno impropor:

oggetti vince e soperchia

l'uomo

felice in

sua operazione

Canz. xvi.
iv. 27.

5. -

Non

pu esser savio
XIII. 5. -

chi

non

buono: Conv.

Senza
Canz.

oprar virtute nessun puote acquistar verace lode


Virtute, al suo fattor
:

sempre sottana. Lui obbedisce, Canz. xviii. 5. - La virt possession a lui acquista onore che sempre (jova... essa sola fa l'uom sgnou di se [Canz.
XVIII. 2), libero in

sua potest,

eh' la

ragione: Conv.

iv.

13.-

L' anima disposata a virt donna, altrimenti serva fuor

Comn iv. 2. - La virt non cura la morie, non temendola punto, dacch mal pu la morte distruggere
d'ogni libert:
essa virt, ne
il

seguace onore.
il

Ma

ne avverte

filosofo poeta,

che

quella cosa che


e che pi diritdi quelle dispoi.

pi adorna e

tamente a
sizioni

comenda le umane operazioni buon line le mena, si l' abito


non
in

che sono ordinate all'inteso fine Conv.


utile, se

5.

-Nulla
in
i.

cosa

quanto usata nella sua bont


:

po9. -

tenza, che senza uso non essere perfettamente

Coni',

L'abito di virUide

si

avere non
Conv.
I.

si

pu,

ma

morale che intellettuale subitamente conviene che per usanza si acquisti


fa

11. -

Per essere virtuoso

mestieri non solamente


iji,

operar virtute,
11

ma

l'abito della virt avere: Conv.


la

13.-

benigno seminatore non attende se non che


gli

natura

umana

apparecchi

la

terra a sen>inare.

Oh

beati quelli

168

FILOSOFIA MORALE.
lai

semente coltivano come si conviene... Se l'appetito dell'animo non bene culto e sostenuto diritto per buona consuetudine, poco vale la sementa, e meglio sarebbe non
che
essere

seminato.

E pero vuole Santo Agustino,


le

e ancora

Aristotile nel secondo (\q\V Etica, che

l'uomo s'ausi a ben


tallo,

fare e a rifrenare

sue passioni, acciocch questo

per buona consuetudine, induri, e rifermisi nella sua retti-

tudine sicch possa fruttificare, e del suo frutto uscire


dolcezza dell'

la

umana

felicit

Conv.

iv. 21.
;

Agi' incipienti la via della virt faticosa

ma

a misura

che uno

vi si avanza,

si

fa piana,

e finisce poi col divenire

un piacere ed un bisogno dell'anima: Questa montagna tale, Che sempre al cominciar di sotto grave, E quanto uom pi va su, e men fa male Purg. iv. 88. - La virt rassomigliata ad un monte; la salita n' malagevole, ma il monte dilettoso Princpio e cagon di tutta fjioja: In f.i.ll.I buoni propositi vanno spinti all'eflelto con crescente ardore: il solo arrestarsi nel cammino della perfezione un dare indietro uno dei segni d' essere perfetto nella virt il diletto che nell' operarla si sente: Come, per sentir pi dilettanza. Bene operando 1' uom, di giorno in
:

giorno S'accorge che la sua virtute avanza: Par. xviii. 58.


Seguette,

come a

cui di

ben

far giova

Par. ix. 24. - Nel


vilt

cammino

della virt

un passo indietro per


ci

d'animo
debolis-

un

fallo

enorme, una rovina: Purg.

iv. 37. -

Un

simo assalto all'improvviso


la virtute

pu vincere, specialmente se stanca. Noi stessi non ci sappiamo ben ridire,


:

come
gia,
il

abbiasi smarrita la diritta via


- Il virtuoso,

noi siamo in istato di

sonnolenza morale.

cui nso e natura privilee

perch

gli altri

torcano dall'onesto, solo va dritto,


;

mal camin dispregia

non guarda

il

fare dei pi,

guarda

solo alla legge [Purg.


sta,

viii.

130); egli lascia dir


:

le genti,

ma

fermo che non crolla Purg. v. 13. - Ogni ancor che leggiero fallo all' uom buono si rende grave, perch coli' abitudine gli si raffina il sentimento del ben

come

torre,

fare, tanto eh' egli


falli altrui
:

sembra

farsi timido,

pure ascoltando

Par. xxvii. 33. -

Ad una

coscienza dignitosa e
:

netta, anche

un picciolo fallo amaro morso Purg. in. 8. Quanto pi r uomo si purifica con lo spirito, tanto pi forte

FILOSOFIA MORALE.

169

diviene nella contemplazione del Vero, sorgente del pi puri


e dei pi grandi piaceri
Il
:

Purg. xv. 32.


la virt,

contrasto del vizio con

eh' era

il

soggetto

d'

una favola, come smbolo,

fu caro

a'

mitogral dell' anti-

chit,

come

lezione a'

e la

fa

ringiovanire.

quali l'una pallida,


lei

Dante se ne impadronisce e due donne appariscono, delle informe balba ma lo sguardo fisso sopra
filosofi.

lui

sembrava renderle
e,

la belt,

il

colorito e la voce:

ella

cantava,

sirena armoniosa, gi cattivava le orecchie im-

prudenti. L'altra moslravasi per lo contrario semplice e ve-

neranda, gittando uno sguardo disdegnoso sopra


vale, e stracciandole nell' indignazioni le vesti,
le

la

sua

ri-

ne rivelava

brutture di che era tutla contaminata. L'una di queste


la volutt, l'altra la
in

femmine era
DI

saggezza:
.
.

Mi venne
fatti

sogno una femmina balba

Puro.

7. 3i.

alla luce della verit, al


il

subentrare della ragione,


il

svanisce

prestigio dei sensi, e


li

vizio

comparisce nella
di

sua vera deformit. -

vizio

si

veste sempre
nel cuore:

forme e
e
testa,

di atti lusinghieri per insinuarsi


i fior

Fra r erba

venia la mala striscia. Volgendo ad or ad or la

il

dosso Leccando come bestia che si lscia: Purg. vui. 101.


il

Quindi maggiore

pericolo

che quelle cose che prima nou


perocch d
:

mostrano

loro difetti

sono pi pericolose,

loro molte volte prendere guardia

non

pu

Conv.

iv. 9.

Dell'appetito sensitivot debbc ubbidire alla ragione: S^i appetiti viziosi, ove a tempo si domino, L'appetito sensitivo avpossono cangiar natura.

versario della ragione

Vita

Nuova

40

perch da servo

che dovrebb' essere se ne fa signore, e tanto divien baldanzoso, che gli occhi, che alla mente lume fanno. Chiusi
per lui
si

stanno alla luce del vero: Canz. xviii.


lascia vincere fatto

3.

Sicch

l'uomo che se ne
ocelli

ha

la

mente sua negli


di

oscura

[Purg.wwu.

126): e per l'occhio dell'anima


di

intento

alle folli cose


la

fuori

conoscenza e
si fa

verit.

Quando

malizia vince nell'anima, essa


nelle quali riceve
:

seguitatrice

di viziose dilettazioni,

tanto inganno, e
1.

per quelle ogni cosa tiene a vile

Conv.

1.

Onde questo
;

appetito conviene essere cavalcato dalla ragione

che siccome

uno

sciolto ciivallo,

quanto eh'

elio sia di

natura nobile, \^t

170
s senza
il

FILOSOFIA MORALE.

s conduce, e cos'i questo appetito, che irascibile e concupiscibile si chiaftia,

buono cavalcatore bene non


sia nobile,
alla

quanto ch'elio
la
I

ragione ubbidire conviene;

quale guida quello con freno e con isproni: Conv. iv. 2G. viziosi appetiti, domati dai teneri anni per buona edu-

cazione, son

meno
:

leri

contro la ragione; Lbero voler che,

se fatica Nelle

prime

battaf/lie col

del dura, Poi vince


poeta
ci

lutto,

se ben si notrica

Purg. x\i. 76. E

il

assenna esservi

un modo quasi d'insetare l'altrui natura sopra diversa E per nullo che possa essere scusato; che sedi sua naturale radice l'uomo non acquista sementa, bene la pu avere per via d'insetazione: cos fossero tanti quelli
radice.
di

fatto

che s'insetassero,
si

quanti sono quelli che dalla

buona radice

lasciano disviare

Conv.

iv. 22.

Come

si

debbano combattere
e
banno
al voler

e Tincere le pas-

sioni. - Le passioni possono esser combattute e vinte


Da quei
buona
radice. Vurg. xi. 33.

per vincerle

fa mestrieri

la

corrispondenza dell'uomo;
la grazia di

la

quale giova a custodire e ad accrescere


Egli
folle
chi

Dio:

non

si

rimove Per tema


mena

di

vergogna da

follia:

Canz.xu. Chiusa:
Se
la

lucerna che

ti

in alto

Trovi nel tuo arbitrio tanta cera, Quant' mestiere infino al sommo smalto. Purg.\in.m.

Ad una passione che ne signoreggi dobbiamo opporre il combattimento d'un'opposita virt: la vigilanza e il predominio dello spirito libero e retto sull'appetito disordinato;
onde
il

poeta: Io avea una corda intorno cinta,


la

E con

essa

pensai alcuna volta Prender


XVI. 106. I

lonza alla pelle dipinta: Inf.


si

vizi

consuetudinarii
e fassi

fuggono e

si

vincono per

buona consuetudine,

l'uomo per essa virtuoso... Le

passioni consuetudinarie

per buona consuetudine del lutto

vanno
II

via; perocch

'1

principio loro, cio la mala consuesi

tudine, per lo suo contrario


principio
delle quali

corrompe

ma

le connaturali,

per natura del passionato,

tutto

che mollo per buona consuetudine si facciano lievi, del lutto non se ne vanno, quanto al primo movimento; ma vannsene bene del tutto, quanto a durazione, perocch la
consuetudine equabile nella natura, nella quale
il

prin-

FILOSOFIA MORALE.

171

cpio (li quelle (quantunque rimanga sempre il molo primo delle naturali passioni, pure la buona consuetudine ne

impedisce

il

processo, percli la sua forza equivale a quella

della natura).

E per

pi laudabile

l'uomo che

indirizza

s e regge

s malnaturato contro all'impeto della natura,


si

che colui che bene naturato


to
:

sostiene in

buono reggimen-

Conv.

III.

8.

Gradi diversi nel male. - Genesi delle passioni.


Nel male, ove
si

ponga mente

alle sue cagioni, a' suoi effetti,


vi
l'

ed

alle diverse

sue applicazioni, l'occhio del savio

scorge

diversi gradi,

secondo che

in esso

vi

ebbe parte
in

immoviene

derato appetito della natura, o l'astuta malizia della ragione.

Anche
operato

la
il

qualit

della cosa
gli

o della persona

cui

male,

d maggiore o minore bruttezza.

Filosolca classificazione dei vizi, e da


L' anime triste di coloro Che visser senza infamia o senza

prima:
35.

lodo, Inf.

iii.

La setta dei

cattivi
a'

Dio spiacenti ed

nemici

sui. Inf.

iii.

C2.

Poi la bassa schiera de' sensuali, che seguono come bestie


rappelito {Purg. xxvi. 84), o vau
libidine, la ragione
si

dietro

al piaceri

della

sommettendo

al talento (//". v.

39); o

danno

la

preda
Alla dannosa colpa della gola. Inf.
vi. 33.

Appresso son dannati


tuna,
i

falsi

estimatori dei beni della for-

quali
Fur guerci mente in la vita primaia, Che con misura nullo spendio lerci. Inf.ya. 40;
di poi
di color cui vinse l'ira. Inf. vii. 116;

Si della

annoverano
quelli

L'anime

di

Cile portar

dentro accidioso fummo, /n^

vii.

123.

Ai
giori,

vizii

dell'umana fragilit ne seguono


che da sola
il

di

colpe
11

mag-

quelle

malizia

si

derivano.

sapiente

poeta Investiga

fine
i

d'ogni malizia, e conosciuto essere

cui effetti sono o la violenza o la frode, sempre l'ingiuria, da ci, come da una sorgente, fa sgorgare tutti i mali che
il

mondo maggiormente

contristano:

172
Ingiuria

FILOSOFIA MORALE.
D'ogni malizia ch'odio
il

in cielo acquista,
fin

fine,

ed ogni

cotale
xi. 22.
i

con forza o con frode altrui contrista. Inf.

Quindi nella ingiuria che

si

esercita con forza,


esercitata

comprese
poeta
:

malvagi

violenti,

nell'ingiuria

per frode,
il

malvagi frodolenti. Sulle vestigia


vi

di Cicerone,

fi-

losofo sentenzia la fraude pi nera della violenza

violenti

hanno

di

pi ragioni:

Dio, a s, al
;

prossimo

si

puone

Far forza

dico in loro ed in lor cose,

Com' udirai con aperta ragione.


Morte per forza e ferute dogliose Nel prossimo si danno, e nel suo avere
Ruine, incendj e collette dannose
;

Onde omicide

e ciascun clie
.

mal

fiere,

Guastatori e predon,

Puote uomo avere

in s

man

violenta

ne' suoi beni...

Puossi far forza nella Deitade,

bestemmiando quella, E spregiando natura e sua bontade, Inf.

Gol cor negando e

xi. 32,

Anche nella frode son distinti molti gradi di apprese come possa l'uomo usarla In colui che
in quei

reit, e ci
si fida

ed

che fidanza non imborsa: Questo modo di retro par che


Pur
lo vincol d'

uccida

amor che

fa natura. Inf. xi. 52.

quindi sono colpevoli a questo modo:


Ipocrisia, lusinghe e chi affatura.
Falsit, ladroneccio e simonia,

Ruffian, baratti, e simile lordura.

Per l'altro modo quell'amor s'obblia Che


fa natura, e quel eh' poi aggiunto,
si cria, Inf. xi, 58.

Di che la fede speziai

E
trui
i

tra

falsi

vanno annoverati
perfidi,

quelli

che frodarono alurj furto

con cosigli
o

e fecero quasi

del vero,

seminatori di discordia, quelli che falsarono


il

la verit

con

parole,

prezzo delle

cose con l'opera,


chi

le

qual specie
fiducia
societ,

di frode esercitansl

per lo pi contro
la
i

non ha

speciale,

e per
i

offendono

fede pubblica e la

non infrangono
che

pi stretti e

pi sacri legami.
i

Ma
,

sotto

alle bolgie digradanti, nel

profondo,

traditori punisce

quei
la

tradirono fratelli o altri congiunti; che tradirono

patria, eh' parentela pi intima,

come

di

madre

quel che

FILOSOFIA MORALE.

173
;

tradirono

benefallori che son da tenere pi che se padri


il

quel che tradirono Dio, o

re,

che, nel concetto di Dante,


il

era l'immagine di Dio sulla terra. Secondo


Aristotile, seguito

sistema di

da Dante,

lutti

peccati possono passare

per tre gradi:


Le
tre disposizion, che
il

Ciel

non vuole,

Incontinenza, malizia, e la matta


Bestialitade, e

come incontinenza

Meu Dio

offende e

men Liasimo

accatta. Inf, xi. 82.

Levando, dice
scolastica,

Tommaseo, resta un succo


il

a questa distinzione la corteccia


di

buona
;

e teologica

flosoia.

Incontinenza
la

la

corruzione del volere

malizia vi aggiunge
l'operazione
di-

perversione dell'intelletto:

bestialit,

slruggitrice della social fede e unit.


la triplice distinzione

E direbbesi adombrata
crimina-

nelle parole dell'Apostolo:

tores, incontinentes,

immiles.

La genesi e l'ordine delle passioni, secondo la divisione Tommaso, sono toccati anche in altro luogo del divino poema, giusta il quale si stabilirebbe che l'ordine dell'amore
di S.

corrotto consiste nei quattro peccati spirituali della superbia,


dell'invidia, dell'ira, e dell'accidia, e nei tre carnali della
avarizia, della gola e della lussuria. Purg. xvii. 109, 137,

poeta

Della Superbia. Della Superbia cosi sentenziava il 11 superbo non pensa alla comune madre: Purg. xi. 63. - Il figliuolo di Eva va col viso altero senza guardarti a sua va; Purg. xii. 71. - Il verme non s'accorge della sua piccolezza, l'embrione e l'aborto del verme invanisce
:

dell'imperfezione sua

Purg.

x. 124. -

Le posse degli uomini


non sanno
di

mseri

e lassi

montano

in vanagloria e

volare
albagia
fa

incontro a quella giustizia, innanzi a cui l'umana

non ha schermo:
spuntare

Purg.

x.

123 e seg. - Quel sole che


la
fa

la gloria,

quel medesimo

morire;

quella

fama per cui gelosia l'uomo scortese, un fiato mulabile, una luce oscurata da altra luce che segue, un punto
impercettibile rispetto aireternit: Purg. xi. 100. - L'orgoglio,

il

gran desio delV eccellenza, infermit dell'occhio e della


- caligine e

mente: Pwrf/.x. 122.

tumore; Purg.xi. 31.119


e le rende

febbre superba: Jnf. xxix. 97 - giogo di servit: Purg.xu.


1 - contrazione che rannicchia le forze

scono-

174
scibili:

FILOSOFIA MORALE.

Parg.

x. 116.

13G - sogno di alanno che

fa ire

senza

riposo:

Pur<j. xi. 26, - ed a passi radi

e sovente riirosi:

Purg. Purg.

X.

123, - e

trae

al

malanno

le intere

generazioni.

XI. 67.

Dell' afletto trice della vera

che quest'anima altera ebbe alla virt creal'

riportati dal

umana grandezza, Tommaseo, ComecUa


e J\ote,

umilt, veggansi

passi

di Dante Aitigli ieri, con


p. 363.

Ragionamenti
42o}, l

Milano, Reina, 1854,

-Anche

il

risorgere qV umile pianta o del giunco schietto [Purg.i.

dove fu

svelto, ci

mostra che

la virt radicata nella


si

umilt non vien meno, e che dove questa in un cuore


trapianti,

sempre nuove cagioni ad alimentarla sorgono dal nostro limo, miseri ftgliuoli d'Eva che siamo noi: Purg. xii. 70. Fa d'uopo che umilmente senta di se, chi pretende a cose alte, acciocch mentre s'innalza sopra s, non cada da s. N al sommo della virt e della felicit si perviene
senza aver prima gittato buon fondamento nella vera umilt,
1' animo dalle caligini del mondo. Dell'Invidia. L'Invidia, come suona il vocabolo suo, non vede, o mal vede, o non vuol vedere i meriti altrui, che

e disnebbiato

non

le

approda

all'

intelletto

il

sole del vero. - L' Invidia


la

cagione di mal giudicio; perocch non lascia

ragione ar-

gomentare per
allora

la

cosa invidiata, e la potenza giudicativa

come quello giudice che ode pure l' una parte. Onde quando questi cotali veggiono la persona famosa, incontainvidi,
;

nente sono
pari potenza

perocch veggiono assai pari membra e

e temono, per la eccellenzia di quello cotale,

meno gssere pregiati; e questi non solamente passionati mal giudicano, ma, diffamando, agli altri fanno mal giudicare: Conv. 1. 4. La invidia sempre dov' alcuna paritade: Conv. 1. 11. E Gino pure cantava ISon d invidia quel eh' meraviglia. Lo quale vizio regna ov' paraggio. - Il livore suole fabbricar menzogne a danno degli assenti degni di
:

invidia, e

trasmuta

le

cose dette bene: Quaest. de

Aqua

et

Terra. l.-Se vede alcuno sormontare, e l'invidia n'attrista: la teme che non ci sieno pi per esso lei podere, grazia,

onore
e
il

fama [Purg.
che

xvii. 118): se

uno
il

si

fa lieto in vista,
le

lividore,
il

le riarde

perfino

sangue,

pare in
si

tutto

volto [Par. xv. 82): se altri addolora, ed ella

fa

FILOSOFIA MORALE.
lieta de'
XIII.

175
sue venture!
la

danni altrui assai pi che


figlia

di

Puvff.

HO. E

primogenita
i

del diavolo:

sua invidia

f'

dipartire dall'inferno

vizi

a tribolare l'umana radice,

a recare la miseria e la morte nel


tuttavia
la

mondo

(//'.

1.

117),

onde
Essa
ha

sua invidia tanto pianta: Par.


Gi):

ix. 127.
si

morte comune, perch cagione che gli uomini

facciano

miseri scambievolmente
il

(/n/". xiii.

pi che altrove

suo trono nelle

corti,
le arti

perch

in quelle esercita l'occhio

maligno, e

mena

sue puttanesche.
il

Dell'Ira.
furia, e nel

si

L'Ira snatura affatto l'uomo,


il

mette

in

suo violento erompere dentro


gorgoglia voci

fiacca [Inf. xilIq);

onde

l'irato

nella strozza

senza parola

integra [Inf.wn. 125); incomposto della persona, non altri-

menti che tauro


(

Inf. XII.

24

ferito che gir non sa, ma qua e l saltella ove non possa difogarsi con altri, si volge

medesmo co' denti {Inf. viii. 63), e consuma dentro con la sua rabbia {Inf.YU.l); onde il poeta filosofo
in s

s
la

dice cieca e folle: Inf.

xii.

49 -

Ad

essa opposta la
la

Man-

suetudine che modera la nostra ira e

nostra troppa pa-

zienza contro a' mali esteriori: Conv.w.V,

Beir Accdia.

L'Accidia V amore del bene scemo


cio
si

di suo dovere (Pwr//. xvn. 85),

men vivo

di quel

che

debito al bene vero. Guai a chi


l'accidia: la debolezza cresce

lascia sopraffare dal-

da

farsi invincibile.

Chi

si

fa

coraggio acquista un che d vigore, e l'opera successiva


l'accresce: Inf. xxiv. 52.
I

tiepidi nell'esercizio della loro

virt ben presto aggelansi:

Inf.u.^i.
le

Dell'Avarizia. ma r avarizia una


pace
stato,
1.

Tutte

passioni
e

son

tormentose,
ci

bestia s

malvagia

ria che

fa senza

(in/".

1.58):

l'avaro trema sempre di perder l'acqui-

onde

in tutti i suoi pensier

piange
ivi
il

e s'attrista

[Inf.

55): dove signoreggia l'avarizia


di vita (//'.
in

sol tace; cessa ogni

attivit eh' indizio

sono a mano dell'avaro, sono


la terra l ove
il

i tesori che i. 60 \ perch pi basso luogo, che non

tesoro nascosto:

Cowy.

i.

9.

L'avaro

non empie mai la sua bramosa voglia (/n/". i. 98); la sua fame senza fine cupa, quantunque pi che tutte l altre bestie abbia preda {Purg.xx.l.): esso, pieno a gola, dopo il pasto ha pi fame che pria: Par, 1.99. L'avaro male-

176
dello non s'accorge

FILOSOFIA MORALE.

che desidera s sempre desiderare,


impossibile
a giungere:
tutto
il

andando dietro
111.

al

numero

il

Conv.

15. -

L'avarizia
il

male che ocnipa


51.

mon(U)

[PuTcj. XX. 8.);

gran nemico degli uomini


i.

[Inf. vi. 115),


lei

che

vivere grami: Inf. limento d'umanil, che essa


li

sempre

f'

Non pi per

sen-

Vende
Poscia
gli

la

carne loro, essendo viva,

ancide come antica belva:

Molti di vita, e s di pregio priva. Purg. xiv. 61;

n pi per

lei

vincoli di sangue, che


figlia,

Veggio vender sua

e patteggiarne,

Come

fan

li

corsar dell'altre schiave.

avarizia, che puoi tu pi farne,

Poi c'hai

il

sangue mio a

te s tratto,

Che non

si

cura della propria carne? furg. xx. 80;

n pi rlspello
pide vele
pi sante:

al

luogo santo, che forta nel tempio


e
fa

le

cu-

(Pur//. XX. 13),

baratto perfino delle cose

Le cose di Dio, che di bontate Deon essere spose, e voi rapaci Per oro e per argento adulterate.

Inf. xix. 2.

Tulle
rizia

le passioni

sono idolatre,

ma

pi che l'altre l'avatulli


i

che l'oro adora, e per l'oro dispoglia


Fatto V' avete Dio d' oro e d' argento

sensi

dell'umanit:
:

E che
In breve:

altro da voi all'idolatre,

Se non ch'egli uno, e voi n'orate cento? Inf. xix. 112.

Avarizia spense a ciascun bene

Lo nostro amore, onde operar perdesi. Pwrf/.xix.l21.

Avea ben donde

il

poeta di esclamare col Maestro suo:


tu, o

Perch non reggi

sacra fame

Dell'oro, l'appetito de' mortali? Purg.-si\nAO;

e d'interrogare nel Canzoniere l'avaro:

Kon sa dove vada, Per dolorosa strada

Come
Ch'a

l'avaro seguitando avere,


tutti

signoreggia:

Corre l'avaro,

ma

pi fugge pace

(0 mente cieca, che non puoi vedere Lo tuo folle volere! )


Col numero, ch'ognora passar bada,

FILOSOFIA MORALE.
Che
infinito

177

vaneggia.
colei

Ecco giunti a

che ne pareggia:

Dimmi, che

hai tu fatto,

Cicco avaro di!?fatto?

Rispondimi, se puoi altro che nulla:


3Ialedetta tua culla,

Che lusing cotanti sonni invano:


Maledetto lo tuo perduto pane,

Che non si perde al cane; Che da sera e da mane Hai ragunato, e stretto ad arabe mano, Ci, che s tosto ti si fa lontano... Canz.xyiu.L

e seg.

Della iiola.
della

l'Allighieri

chiama dannosa

la colpa

gola

[Inf. vi. 537),

perch dannosa agli averi,

alla

salute e alla chiarezza della ragione. E ce lo spiega l'istesso

poeta nel xxiv. del Purg.

v. 128,

dicendone a maggior lume,


miseri guadagni.

che

le

colpe

della gola

son seguite da

L'amore del gusto, cio il naturai trasposto del bere e del mangiare non deve accendersi in troppo desiderio, e diventar passione [troppo desio
ci

non fuma)
la

nella qual parola

fama

moslra bellamente come

crapula turbi ed offuschi lo


al

intelletto coi

fumi che manda


bisogno,
del

cerebro. Nei cibi

dobbiamo

attenerci a un giusto mezzo,

il

quale debbe esser determi-

nato dal puro


principale
fine

e non far di esso come ultimo e godimento umano: Esuriendo sempre

quanto

giusto: Purg. xxiv. r2.


ci fa della e

E
e

bellissima la lode che

Temperanza

regola

freno della nostra

golosit

della

nostra sopcrchievole

astinenza nelle cose che conservano la nostra vita: Conv.w.ll.


E
le

Romane

antiche per lor bere

Contente furon d'acqun, e Daniello


Dispregi cibo, ed acquist savere.

Lo secol primo quanl'oro fu bello;


F savorose con lame
le

ghiande.
ruscello.

E nettare con sete ogni

Mle e locuste furon le vivande. Che nudriro il Battista nel diserto; Perch'egU glorioso, e tanto grande. Quanto per l'Evangelio v' aperto,
Al servizio
di

/'w;//.

xxu.Uo.

Dio mi

fei

si

fermo.

Che pur con cibi di liquor d' ulivi. Lievemente passava e caldi e gieli.
Contento ne' pensier contemplativi,
/'r. xxi. 114.

Incontinenza.
VoL. n.

gl'inconlinent involti ne' diletti della


12

178
carne, non servano
ffcnza,

FILOSOFIA MORALE.

umana

lefjge,

ma

creature fuor

d' inlelli-

sommetlono
(/?i/.

al talento la ragione,

seguendo come bestie


che par che Circe

l'appetito
(ji

V. 39; Pwrr/.
:

xwi.

84.), s

abbia in pastura
Divorar
cil)o,

Purg. xiv.

42.

Qual non dir fallenza


ed a lussuria intendere?
il
.
.

Non moverieno

piede
di

Per donneare a guisa

leggiadro;

Ma come

al furto

il

ladro,
xvii. 2, 3.

Cos vanno a pigliar vilian diletto. Canz.

Bruttezza del peccato.


lui,

Chi pecca

fa,

quanto
/n/".

in

licito

il

libito {libito fa lecito in

sua legge:

v. 56):

il licito la legge, il libito la volont. Il tempo che l'uomo passa nell'errore tempo perduto, com'uom che torna alla smarrita strada, Che infino ad essa li par ire

invano
pietra:

Purg.

i.

119.

Il

peccato

ci
si

fa

nell'intelletto
di

di

Purg. xxxii. 73. Chi pecca e

compiace

peccare

giustamente pareggiato a bestia: vita bestiai


e

mi piacque

non umana: Inf. xxiv. 124. Nissuna condizione d'uom reo infatti tanto spaventevole, quanto quella di colui, che sfacdi

ciatamente e senza alcun timore


piace
;

Dio fa tutto ci che

gli

e da questo castigo spesso percosso l'empio, cio che


s stesso,
egli

morendo dimentichi
Iddio... Egli

che vivendo dimentic

da credere, avvenir talvolta per mirabii


si

giudizio di Dio che per la stessa via onde l'empio


di sfuggire a'meritati castighi,
piti; e

pensa

per essa pi gravemente precial

che quegli che sciente e volente ripugn

comando
di esso:

divino,

non volente ed insciente


le

si

faccia

stromento

Ep.

VI. 2, 3.

Per

Furie dal sovrano poeta dipinte nel C.


ei ci

ix.

dello

Inferno, v. 37,

voleva

significato
i

il

rimorso,

onde
pecdi

sono pi specialmente seguiti


questo
il

delitti di

pura malizia; ed
di Dio
Il

ministro

pi crudele dell'ira

nei

catori

in

questa vita

che nell'altra.
d'

volto

poi

Medusa, che avea potenza


il

impietrare la gente, e contro

cui Virgilio tien chiusi gli occhi del suo Alunno, rappresenta

piacere sensuale che indura


e spegne
in
lui

il

cuore dell'Homo, ne oscura


questo mezzo
Virgilio

l'intelletto,

ogni gusto delle cose divine.


di

E bene

le

maligne Furie vollero servirsi


la

per impedire a Dante

magnanima impresa. Ma


FILOSOFIA MORALE.
gli

179
il

ha insegnalo col
Gorgone,
la

fatto

due grandi armi contro


ocelli, figurata

terri-

bile
gli

custodia degli
lo

nel chiudersigni-

da s stesso, e

studio delle

cose

filosofiche,

(icato nell'aiuto di Virgilio.

B.
S

riabile,

Etd dell'uomo - IjS vita nostra un cammino vasecondo il variar dell'et, che richiede studi

e operazioni diverse.

Altro
costumi

conviene a dire e operare

a una etade, che ad altra; perch certi costumi sono idonei


e laudabili a una etade, che sono sconci e biasimevoli ad
altra
:

Conv.

1.

1. - Altri

altri

portamenti sono

L'anima nobilitata ordinatamente procede per una semplice via, usando li suoi
ragionevoli ad una et pi che ad
altre...

atti nelli

loro tempi
:

e etadi siccome
iv.

all'

ultimo suo frutto

sono ordinati
et,

Conv.

24 -

ciascuna parte della nostra

siccome dice Tullio

in quello di Seneitute,
iv. 27.

data sta-

gione a certe cose: Conv.

La prima

et o adolescenza dura fino al venticinquesimo

anno, ed porta e via, per


vita. Infino a quel

la quale s'entra nella buona tempo V anima nostra intende al crescere e all'abbellire del corpo, onde molte e grandi trasmutazioni sono nella persona: Conv. iv. 24 - L'adolescente per mino-

ranza d' etade lievemente merita perdono [Conv.


in
lui

iv. 26)

che

la

parte

razionale

non pu ancora perfettamente

discernere; per che la Ragione vuole che dinanzi a quell'et

Co7iy.iv.24.

non possa certe cose fare senza curatore di perfetta et: Suo precipuo intendimento di acquistare quello
che a perfezione e a maturit venire possa. Conv.
iv. 27. -

Quattro cose rendonsi


del ben vivere:

necessarie

all'entrare

nella

citt

obbedienza, soavit^ vcrgorpia,


iv.

corporale:

Coy.

24 (Cans. xvi.
;

7).

adornezza questa et pur


;

necessario d' essere rifrenato

sicch non trasvada sicch

non che

d'esser penitente del

fallo,

non

si

ausi

a fallare:

Conv.

IV. 25.
si

La Giovent
Coy.
26.
la
IV.

compie nel quarantacinquesimo anno


il

24;

ed

colmo della naturai vita:

Con?;, iv. 7,

Ad

essa data la perfezione e la maturit; acciocch

dolcezza del suo frutto a s e altrui sia profittabile, che,


civile,

siccome Aristotile dice, l'uomo animale


si

onde

gli

richiede non pur a s,

ma

ad altrui essere

utile: {Conv.

180
IV. 27)
:

FILOSOFIA MORALE.

ad essa

si

vuole essere temperala,


CoJit;. iv.

forte ed

amo-

rosa, e cortese e leale:

2G

Cyanz.xw.l.

Che

si

conviene ornai altro cammino

Alla mia nave, gi lunge dal porlo. Son. 40 a Cino.

Appresso
se,

la propria perfezione, la

quale

s'

acquista nella

gioventute, conviene venire a quella che alluma

non pur

magli

altri; e

conviensi aprire l'uomo quasi

come una

rosa che pi chiusa stare non pu; e l'odore ch' dentro


generato, spandere;
e questo conviene

essere nella terza


di presso a dieci
'pru-

et, cio nel senio [Conv. iv. 27),

che dura

anni: Conv.
dente,

iv. 24.

- L'anima nobile nella senetta si


si

si giusta,

larga

allegra di dire bene e pr

d'altrui, e d'udire quello, cio eh' e affabile: Id. iv. 27.

Da ultimo
Contemplando
passati
:

nella quarta parte della vita


la line
7. -

Dio

si

rimarita.
li

che l'aspetta,

E benedice

tempi

buono marinaro, che come esso appropinqua al porto cala le sue vele, e soavemente con debole conducimento entra in quello (Quando mi vidi giunto in quella parte Di mia et, dove ciascun dovrebbe Calar
Canz. xvi.
il
;

Come

le

vele e raccoglier

le

sarte. Inf. xxvii. 79

),

cos noi

doverne

calare le vele delle nostre

mondane

operazioni, e tornare a
;

Dio con tutto nostro intendimenlo e cuore


porto
ci
si

sicch a quello

E in avemo dalla nostra propria natura grande ammaestramento di soavit, che in essa cotale morte non dolore, n alcuna acerbit; ma siccome un pomo maturo leggiermente e senza violenza si spicca dal suo ramo; cos la nostra
vegna con tutta soavit
e con tutta pace.

anima senza doglia

si

parte dal corpo ov'ella stata...


la

Rendesi dunque a Dio


le

nobile anima

in

questa et. e

attende la fine di questa vita con molto desiderio, e uscire


pare dell'albergo e ritornare nella propria mansione:
uscire le pare di
di

cammino

e tornare in citt: uscire le pare

mare
lo

e tornare a porto.

Oh

miseri e

vili

che colle vele

alte correte a questo porto:

per
l

dove dovreste riposare, impeto del vento rompete, e perdete voi medesimi
e l
iv. 28.

ove tanto camminato avete! Conv.

Della Famiglia - Genitori e Figli. compagnevole animale; a sua sufficienza compagnia domestica di famiglia: Conv. iv. 1. -

L'
ei

UOmo

richiede

^'ella

casa

FILOSOFIA MORALE.
il

181

line

preparare

la

famiglia al ben vivere:

uno bisogna

che sia regola e regga, quale padre di famiglia si chiama, ovvero bisogna che in luogo suo sia un'altro, secondo la sentenza d'Aristotile: ogni cosa dal pi antico governata:
l'officio del quale,

secondo Omero, dare regola agli


i.l.

altri

e legge:

De Mon.

Quando pi cose

uno

fine

sono

ordinate, una di quelle conviene essere regolante, ovvero reg-

gente, e tutte l'altre rette e regolate da quella


Di questo nasce la concordia eh' uniforme

Conv.wA. movimento di
:

/>e iH/on. 1. 17. - (Una parola intuiti era ed un modo, S cheparea tra esse ogni concordia: Purg. xvi. 20.) Non v'ha cos intima amist come quella da buon padre a buon figliuolo, e da buon figliuolo a buon padre: Yita^.

pi volont:

22 -

Il

primo comandamento
il

di

Salomone quando intendea


:

correggere

suo

tiglio,

suonava

cos

Odi, tiglio mio, l'am-

maestramento del tuo padre. E poi lo rimuove incontanente dall'allrui reo consiglio e ammaestramento, dicendo: Non
ti

possano quel fare

di lusinghe,
s

ne

di diletto

li

peccatori,
lo tglio

che tu vadi con loro. Onde


alla

tosto

com' nato

mammella della madre s'apprende; cos tosto, come alcuno lume d'aniiiio in esso appare, si dee volgere alla correzione del padre, e 'l padre lui ammaestrare. E guardisi
che non
scuno
gli

dea

di s

esemplo nell'opera, che

sia contrario

alle parole della correzione;


iiglio

che naturalmente vedemo cia-

pi mirare alle vesllgie delli paterni piedi, che

all'altre.

E per dice e comanda la Legge, che a ci provvede, che la persona del padre sempre santa e onesta dee
apparere
a'

suoi

tigli ...

Al padre

si

dee reducere ogni altra


Colossensi: Figliuoli,

obbedienzia; onde dice l'Apostolo


ubbidite
alli

alli

vostri padri per tutte cose; perciocch questo

vuole Iddio.

E
'l

se non in vita

il

padre, reducere

si

dee

a quello che per lo padre nell'ultima


lasciato; e se

volont in padre

colui cui la Ragione

padre muore intestato, reducere si dee a commette il suo governo: Comimv. 24-

propria natura seguila


.t/o/i.
1,

Ottime sta ogni hgliuolo, quando secondo le forze della De le vestigio del padre perfette
:

11. -

pero, dice Tullio, che


di

il

hgliuolo del valente

uomo dee procurare


nianza
:

rendere

al

padre buona

testimo-

Conv.

IV. 29.

Ma

quelli che dal

padre o da alcuno

182 SUO maggiore


quella,

FILOSOFIA MORALE.
di schiatta nobilitato,

non solamente

vile,

ma

vilissimo, e

non persevera in degno d'ogni

dispetto e vituperio pi clie altro villano: Conv. iv.7.


vile disceso degli buoni maggiori,

scacciato: e deesi

il

L'uomo degno d'essere da lutti buono uomo chiudere gli occhi per non
in

vedere quello vituperio vituperante della bont che


la

sola

memoria

rimasa a'

Conv.

iv. 20.

Riverenza

Maggiori ed

a' iHaestri.

UnO

de' pi

belli e dolci frutti

della discrezione (la parte razionale ha


la differenzia delle cose,
ii>

suo occhio col quale apprende

quanto sono ad alcuno


zione
:

line ordinale,
(

e quest' la Discre)

Conv.

I.

Discrezione,

discernimento

che

fa

conoscere l'ordine
di ragione
:

di

una cosa ad altra ed proprio allo


)

Coni', iv. 8

la riverenza che debbe

al

mag-

giore
di

il

minore
la

Reverenza non altro che confessione


Irreverenza,

debita

soggezione per manifesto segno.


debita

disconfessare
IN'on

soggezione per manifesto


la

segno.
iv.

reverenza negare

debita

suggezione:
in

Conv.

8.

Siccome quelli che mai non fosse stalo

una

citt,

non saprebbe tenere le vie senza insegnamento di colui che le ha usale; cos l'adolescente eh' enlra nella selva erronea
di questa vita
dalli suoi

non saprebbe lenre


gli

il

buon cammino,

se

maggiori non
alli

fosse mostrato.

il

mostrare
:

loro comandamenl non fosse obbediente Chiunque imprende il camino della virt, e vuol ragionare il fine della sua vita, deve seguitare fedele il savio maestro... cui la ragione commette il suo governo: Conv.Y.S. - Il discente quanto puote, segue il maestro: Inf. XI. 104. - Sicch debbono essere ubbiditi i maestri e

varrebbe, se
IV. 24.

Conv.

maggiori

che in alcuno

modo pare

che

il

loco paterno tiene essere

commesso

dal padre, o da quelU) Conv. iv. 24. :

La vera obbedienza conviene avere Ire cose, senza le quali essere non pu: vuole essere dolce, e non amara; e comandata interamente e non spontanea; e con misura e non
dismisurata
:

Conv.

i.

7.
li

- In

ciascuna arte e in ciascuno

mestiere

gli artefici

discenti sono ed esser


di quelle, in quelli
si

deono sugmestieri e

gelli al principe e al

maestro
-Ei

in quella arte: Coni). iv. 9.

parte dall'uso della ragione

colui che ha le vestigie innanzi e

non

le mira e

per dice

FILOSOFIA MORALE.

183
:

Salomone non ebbe


scepolo,

nel quinto cap. dei Proverbi

Quelli

morr che
si

disciplina, e nella moltitudine della stoltizia sar


f

ingannato,)) cio a dire; colui morto che non

di-

che non segue

il

maestro
si

Conv.

iv. 7.

Per in

ciascuna dottrina dal maestro

vuole aver rispetto alla

[acuit del discente, e per quella via menarlo, che pi a lui


sia lieve
:

Conv.

iv. 17.

Ed
ia

allora

il

discente... a dottor seconda

Pronto e libente

quel eh' egli esperto,


si

Perch la sua bont

disasconda. JPar.xxv. 64.


ai

N
e vita,

solo obbedienza,

ma dobbiamo pure amore

maggiori

nostri, dalli quali

abbiamo ricevuto ed essere e nutrimento sicch non paiamo ingrati: Conv. iv. 26.

costor

si

vuol esser cortese:


il

E se non

fosse

fuoco che saetta


i'

La natura del luogo,

dicerei,
/?)/.

Che meglio stesse a te, che a lor, la fretta, lo non osava scender della strada Per andar par di lui: ma '1 capo chino
Tenea,
(

xvl15.

com'uom che

riverente vada.
)

/n/".

xv.43.

davanti a suo maestro Brunetto Latini

Lo Duca mio
E
cor>

allor

mi

die di piglio,

parole e con mani e con cenni


fc le
)

Reverenti mi
(

gambe

il

ciglio.

Purg.

i.

49.

davanti a Catone

Uella Bellezza - Si fa manifesta massimamente nella faccia, ma disfavilla ncj^li occhi e nella bocca. Tra le corporali boutadi vanno annoverate bellezza, fortezza e quasi perpetua valetudine Conv. iv. 19. - La bellezza del corpo risulla dalle membra, in quanto sono debitamente ordinate: C'onr. iii. 5. - Quella cosa dice l'uomo

esser bella,
dalla loro

le cui

parti

debitamente rispondono,

perch

armonia esser bello, quando


Conv.
1.

risulta piacimento,
le
(il

onde pare T uomo sue membra debitamente rispondono:


corpo) bene ordinato e disposto,
e per tutte le parti,

5.

Quando

allora bello per tutto

che l'ordine

debito delle nostre

membra rende un

piacere non so di che

armonia mirabile: e
getta sopra quelle

la buona disposizione, cio la sanit, un colore dolce a riguardare Coni', iv. f. - Non si pu avere buona abitudine di membra senza la sanit: De Man. ii. 6.
:

184
Nella faccia
ficio,

FILOSOFIA MORALE.
dell'

uomo l'anima

pi adopera del suo uf-

che

in

alcuna parte di fuori, tanto sottilmente intende,

che per sottigliarsi quivi, tanto quanto nella sua materia


puote, nullo viso ad altro
tenzia della materia,
la

simile;

perch l'ultima po-

qual in tutto quasi dissimile,

quivi

si riduce in atto. - Ma nella faccia, massimamente in due luoghi adopera l'anima, negli occhi e nella bocca, e quelli massimamente adorna, e quivi pone lo intento tutto

a far bello,
litudine
si

se puote: e questi

due luoghi per bella simisi

possono appellare balconi dell'anima, avvegnacdimostra. Dimostrasi


si

ch quasi velata, spesse volle vi


passione, chi bene la mira...

pu la presente puote l'anima esser passionata, che alla finestra degli occhi non vegna la sembianza, se per grande virt dentro non si chiude... Dimostrasi nella bocca, quasi siccome colore dopo vetro. E che ridere se non una coruscazione e dilettazione dell' anima, cio un lume apparente di fuori secondo che sta
negli occhi tanto manifesta, che conoscer

Di nulla cosa

dentro? Conv.

ni. 8.

Portamento
zionale,

esteriore.

Debbe

V uomo porre Ogni

studio in quelle operazioni che sono proprie dell' anima ra-

dove

la divina luce pi

espeditamente raggia, cio


7. -

nel parlare

e negli alti,
:

che reggimenti e portamenti soConv. ni.

gliono essere chiamati

ben entrare nella


soave e grazioso.

porla della giovent

gli

fa mestieri esser

La grazia s'acquista per soavi reggimenti che sono dolce


e cortesemente parlare, dolce e cortesemente servire e ope-

rare

Conv.

IV. 25. -

La soavit degli
in
tutti li

atti

che avvalora ed

accende Amore consiste


onesti, dolci, e

sembianti della persona


:

senza soperchio alcuno

Conv.

ni. 14.

E
quasi

al

severo poeta piace di scolpirci spesso questi


e

atti

esteriori, questi nobili

laudabili portamenti [V.JS. 2.),


in

bellezza risplendente

suW onest

Conv.
ci

iv. 8. -

L' orrevole

gente del castello della nobilt


e

dipinta

con occhi tardi


hianti:

E di grande autorit ne' lor semLa gente d'anime trovata a' pie del monte del Purgatorio, andava pudica in faccia e nell'angravi,
Inf. iv. 112. -

dare onesta: Purg.


^

in.

^1; ed

ei

ci

ricorda l'atto onestato

sodo: Purg. xxix. 134;

e gli atti

ornati di tutte onestati:

FILOSOFIA MORALE.

185
di riverenza

Par. XXXI. 49
Purcj.
XII.
IV. 25. -

il

viso

e fili

atti

adorni:
Conv.

82. - Gli alti villani sieno lungi


lil)ero
,
si

da noi:

Atto

quando una persona va


mostra nel tenere volto

volentieri
lo viso in

ad alcuna parte che


quella: atto sforzato

quando contro a voglia si va, che s mostra in non guardare nella parte dove si va: Conv. i. 8. Sia moderato il riso con un' onesta soavit, e con poco movimento delle membra, sicch l'anima paia modesta e non dissoluta. E il poeta con soavissima espressione ne dipinge il mirabile riso della sua donna che mai non si sentia se non dell'occhio: Conv. ni 8. La fretta toglie il decoro alla movenza delle membra,
,

e disconviene alla maest della persona


nest dismaffa: Pur(/. ni. 11.
il

La

fretta che

/'

o-

Alla quale sentenza fa chiosa

precetto di Seneca, ricordatoci negli


Z)/s. VII. 1.

AmmaeslramenH
si

degli

Antichi,

18: Sia
e

il

tuo andare senza disordina-

mento.... nell'apparenza

nei

movimenti

deve servare

pi diligentemente regola d'onest, in quanto che gli atti

dimostrano quello che


1,

2,

la persona ; e quello dello Somma, 102: - All'onest e gravit nuoce la fretta. (L'esser

bene usante con


e pronta
e

affabile piacevolezza,

cortese,
la

amorevole,

giocondo e bene complessionato, avere


feconda,
la

loquela graziosa

voce soave,

dolce e ben sonora;


gli altri

avere

lo

sguardo e l'andare composto e


maniera.
Passavanti, Specchio
iv.

sembianti

con

bella

della vera Peni-

tenza,

Trattato della Vanagloria. C.


la

p. 270.)

L'uomo buono dee


e

sua presenza dare a pochi


il

e la

familiarit dare a neno, acciocch

nome suo
ii.

sia ricevuto

non ispregiato: Conv.

i.

4.

- Alle secretissime cose noi do-

vemo avere poca compagnia:

Conv.

1.

Della Donna: sua bellezza; quanto pi semplice pi bella. Inverecondo vestire. Doti di che debbe andar fornita una d<nna. Pudore. Paura del disonore. Innanzi a donna non si tengano parole men che oneste. A chi debba la donna concedere i suol affetti. Belt e saggezza sono le virt con che la donna pu svegliare e ridurre in atto amore nell'uomo: Son. 10. Ma la bellezza d'una donna non si pu manifestare, quando gli
adornamenti
dell' azziniare e delle

veslimenta

la

fanno pi

ammirare ch'essa medesima

{lyon

donne contlgiate,

non

186

FILOSOFIA MORALE.

cintura Che fosse a veder pi che la persona: Par, xv. 101) ; onde chi vuole bene giudicare d'una donna, guardi quella

quando

solo

sua naturai bellezza

si

sia

con

accidentale adornamenlo discompagnala:

lei da tulio Conv.i.O. - Le

donne, con semplicit

di stile e

abbondanza
il

di

parola affet-

tuosa, con soavit impareggiabile di poesia esaltale a cielo dal

poeta, venivano dallo specchio senza


al fuso

viso dipinto, intente

ed

al

pennecchio,
e,

e,

madri affettuose, vegghiavano


- Indizio
Il
il

a studio della culla,


li

consolando usavano l'idioma che pria


di

padri

le

madri trastulla: Par. xv. 117.


il

grande corruttela
dore,
si

vestire disonesto nella donna.

bel

sesso per natura pudibondo. Quand'esso perdette

pu-

pu dire che

la

corruzione

al

colmo. E

il

poeta

gridava con parole di fuoco contro

le sfacciale

e svergo-

gnate firentine {Purg.xxm), ed a castigo dello sfoggiato

ed inverecondo vestire

si

fa

preveggente annunziatore
xviii. 2, ei

di

calamit alla sua patria. E nella Canz. Ornarsi, come vendere


Si volesse ai

pur canta:

mercato rie' non saggi? Che il savio non pregia uom per vestimenta, Perch sono ornamenta, Ma pregia il senno e li gentil coraggi.

nel Conv. ni. 4:

Yeggano

li

cattivi malnati, che

pongono
l'o-

lo studio loro in azziniare la loro

persona, che dee essere


fare,

tutta con oneslade

che non altro a


la

che ornare

pera d'altrui, abbandonare

propria.

-N alcuno meni mai


e

vanto

di

beltade eh' abbia nel suo corpo, che non fu egli


Iddio
Signore,

di ci fattore:

esso fece noi

non

essi

noi: Conv. in. 4 -

donna non sia scompagnala da saggezza. E ch' pii bello in donna che savere? Ma oltre che saggia il filosofo la vuole pure cortese nella sua grandezza: Canz.ix.L Nulla cosa in donna sta pi ben che cortesa Conv. 11. 11. - Cortesia e oneslade luti' uno: Id. - E perch la

la belt in

3.

donna si possa dire gentile negli alti ed amorosa, Canz. xii. (Adorna assai di gentilezze umane: Caw:;. iv. 1. Gentile piaceri: V. JS. 26), debbe andar coroe piena di lutti nala di umilt: V.N. 26; cinta ed ornata alla guisa che
i

alla etade si

conviene:

Y. J\.

2;

vestita di gentilezza, di

amore

e di

fede:
.

lare: V. N.

essere di molto leggiadro par^ 18. - In donna da pregiar virtute. Bai u -

5on. 18;

FILOSOFIA MORALE.

187
s
il

{Donna
sicura,
fallo

di

virl.

Inf.w. 18.)

Donna onesta permane di


al

per la coscienza di sua integrila:

pur udire

altrui divicn timida: per l'altrui fallanza timida s rimane: /^ar xxvii. 31. - Guardiano d'ogni pi bella virt

nella

donna

il

Pudore.

Il

Pudore un ritraimento d'anisiccome


richiesti

mo

da laide cose, con paura di cadere in quelle;


nelle vergini e nelle

vedemo

donne buone

e neili adolescenti,
l

che tanto sono pudici, che non solamente


tentati sono di fallare,
di

dove
si

ma ove

pure alcuna imaginazione


possa, tutti

venereo compiacimento avere

si

dipingono
fall

nella faccia di pallido o di rosso colore... rifrena questo pudore!


fa

Oh

quanti
e

quante disoneste cose

domande
eziandio

tacere! quante disoneste cupiditati raffrena! quante male

tentazioni non pur nella pudica persona diffida,


in quello

ma

che

la

guarda! quante laide parole ritiene! Conv.


la

IV. 25. - In

donna pur laudabile


lei

paura del disonore


Conv.

per colpa: sfacciatezza in esso


IV. 19. -

vilt e ignobilil:

Nullo atto laido che non sia laido quello nomi-

Lo pudico e nobile uomo mai non parl s, che a una donna non fossero oneste le suo parole. Ahi quanto sta male a ciascun uomo che onore vada cercando, menzionare cose, che nella bocca d'ogni donna slieno male! Conv. iv. 2o. E donna leggiadra non deve amare se non chi segue virt e conoscenza. La bella ch'Amore consente essere in donna sin dal suo decreto antico, non fu formata che per disposarsi a virt: Canz. xviii. 1. - Onde ognuna che sente
nare.
dipillo pregio delia bellezza

con onesto e bel disdegno do-

vrebbe coprire quanto

di belt in lei dinanzi

ad uomo non

virtuoso, perch virt debb' esser seano d'amore. risca colai donna, che per cagion di voler

Oh

pe-

amare un
e crede

tristo

umo, disgiunge sua belt da bonl naturale,


un appetito irrazionale, fuor d'orlo di invece appetito d'animo, spettando pur
intelletto:
alla

Amore

rafjione,

quando

volont e allo

Canz.
Conv.

xviii. 7.

Vergogna, Verecondia.
sonoranza
:

Vergogna

tema di di-

iv. 19.

Vi una vergogna che nasce dal

pentimento del

fallo e

questa bella e santa, e lava ogni

maggior difetto [Inf.xxx. 143); e ve n' ha un'altra che nasce da dispiacere, e questa trista: Inf. xxiv. 142. Vergogna

188

FILOSOFIA MORALE.
in lutti

non sempre

pu

far

l)uona scusa al
(

fallo,

ma

solo

nei giovani e negli inesperti:


Del color consperso

Conv.

iv. 19, 25.

Che

fa

l'uom

di

perdon talvolta degno. Pun.

v. 2o.

La Verecondia una paura di disonoranza per fallo commesso; e di questa paura nasce un pentimento del
fallo,
il

quale ha
fallire:

in se

un'amaritudine, eh' gastigamenlo


iv. 23.

a pi non

Conv.

Amore.

L'amore
Amor,
...

attesta gentilezza d'animo, che:


apprende. Inf.
10.
v. 100.

al cor gentil ratto s'

Amore

e cor gentil sono


:

una cosa. Son.

ed

detto pur di lui


11

fonte del gentil parlare. Son. 42.

Amore

che

sona amata:
naturalmente

Coni'. IV. 1. in tra

congiunge e unisce l'amante con la perLe cose congiunte comunicano


s le loro qualit; intantoch talvolta

che l'una torna del tutto nella natura dell'altra, incontra

che

le passioni della
s

persona amata entrano nella persona


si

amante,
amici
in

che l'amor dell'una


e
'1

cos l'odio
gli

desiderio

e ogni

altra passione;
li

comunica nell'altra, e per che


nemici odiali
;

dell'

uno sono

dall' altro amati, e

perch

greco proverbio detto:

Degli amici esser deon

tulle le cose

comuni

Conv.

iv. 1 -

gliando e sottilmente considerando,

Amore, veramente pinon altro che uni-

niento spirituale dell'anima e della cosa amata, nel quale

unimento di propria sua natura l'anima corre o tosto o tardi, secondoch libera o impedita Conv. in. 2. - Non subitamente nasce amore e fassi grande e viene perfetto, ma vuole alcuno tempo e nutrimento di pensieri, massi:

mamente

dove sono pensieri contrarli che


'1

lo

impediscono.

Allora prima che questo amore divenga perfetto, conviene

molta battaglia intra


che
gli

pensiero del suo nutrimento, e quello


2. -

contrario: Conv. n.

La mente

1'

si

diletta

sem-

pre nell'uso della cosa amata, eh' frutto d'amore, in quella


cosa,

che massimamente amata,


:

uso massimamente

dilettoso

quanto
per

Ogni cosa amabile tanto pi amala, pi propinqua all'amante: De Mon. I.13 (//". v. 127).
Conv.
iv. 22. -

Quanto l'agente pi
la passione...

al

paziente s unisce, tanto pi forte


la

Onde quanto

cosa desiderata pi

si

FILOSOFIA MORALE.

189
;

appropinqua
bile e pi
(li

al

desiderante, lanlo
si

il

desiderio maggiore

l'anima pi passionata, pi

unisce alla parte concupisciConv.


iii.

abbandona

la

ragione:

10. -

Due

sorte

amori

vi
.

hanno, sensuale ed intellettuale:


,

amar si pu bellezza per diletto, E amar puossi virt per alto oprare. Son.
.

42.

Amicizia.
profanato:
il
i

Il

nome

di

amico

sacro,

ma

pi sovente

pi sono amici della ventura: lnf.\\.^^\ onde

proverbio
ci

amicizia

amico di ventura come rota si ffira. - E della apprendeva questi nobilissimi dettati: Quegli si
:

dice amico, la cui amist

non

celata alla persona amata,


la

ed a cui

la

persona amata anche amica; sicch


Conv.
iii.

be-

nevolenza
cosacch

sia d'ogni parte:

Il - L'operazione della conciossiaConv.


i.

virt per se dee essere acquistatrice di amici,


la

nostra vita
alla verit
'.

di

quelli

abbisogni:

8.

Dall'amore
la

e alla virt

nasce

la

vera perfetta

amist: Conv. in.

Della vera amist

cagione efficiente

virt... Fine dell'amist vera la

buona dilezione che


iii.

procede dal convivere.... secondo ragione: Conv.


Amore, Acceso di virt, sempre altro accese Pur che la fiamma sua paresse fuore. Furg.

11.

xxii. 10.

L' amist per onest fatta vera e perfetta e perpetua

quella

per diletto fatta o per

utilit,

non

amist vera,
si

ma

per acci:

dente... l'amist i^er utilit,


IH.

meno amist
amistadi

pu

dire

Conv.

11 - La maggior parte

dell'

si

paiono seminare

nell'et prima,

perocch

in essa

comincia l'uomo a esser

grazioso:

la

qual grazia s'acquista per soavi

reggimenti

che sono dolce e cortesemente parlare, dolce e cortesemente servire e operare Conv. iv. 25. Intra dissimili di eostumi
:

amist esser non pu, dovunque amist


s'intende, corre

si

vede, similitudine
iii.

comune

la

lode e lo vitupero: Conv.


viii.

1.

Simile a simil correr suole: Canz.


fa

3; ni.

1.

Simiglianza
si

nascer diletto: Canz. xvui.

3. si

Alcun vizioso dunque non


ni. 1 -

mostri amico, perch in ci


di colui cui

prende opinione non buona

amico

si

fa

Conv.

E non meno

dissimili

che

simili di stato

congiungonsi per fede d'amicizia. Dacch,


utili,

se vogliasi riguardare le amicizie dilettevoli ed


vi bada,
si

a chi

parr che ben sovente per esse stringonsi le

190

FILOSOFIA MORALE.
alle

preemnenli

inferiori

persone.

Ove

poi

rivolgasi

lo

sguardo all'amicizia vera e per

non conster che ari illustri e sommi principi assai di frequente s'amicarono uomini di fortuna oscuri e per onest preclari? E come no? se anche tra Dio e l'uomo non vien per dismisura
s, forse

ad impedirsi l'amicizia? Ep. a Cangrande, ^ ^. - ^e non che nelle persone dissimili di stato conviene, a conservazione
di quella,

una proporzione essere


a
il

in tra loro,

che

la dissi-

militudine

similitudine

quasi
ni. 1.

riduca,

siccome
si

intra

il

signore ed

servo: Conv.

-Ciascun amico
1.

duole del

difetto di colui ch'egli

ama: Conv.

1.

Nessuno dee l'amico

suo biasimare palesemente, perocch a s medesimo d del


dito nell'occhio:
difetto

Conv.mA.

All'amico dee l'jiiomo lo suo


Conv. L'i.
al

contare segretamente:

Quando l'amico
amico quello

conosce

che

vergogna crescerebbe

suo

ammonendo, o menomerebbe suo onore, o conosce l' amico suo non paziente, ma kacondo all'amonizione, ei s'adopera come quello savio guerriero che combatte il castello da un lato per levare la difesa dall'altro, che non vanno a una
parte la 'ntenzione dell' aiutorlo, e la battaglia: Conv.
li

in. 10.

naturale amore principalmente


si

muove
lui...

l'amatore a tre
a esser
1'

cose: l'una

a magnificare

l'amato; l'altra

geloso di quello; la terza a difendere

Quanto

amico

ha

di

boutade

in

podere ed occulto,

ei

lo fa

avere in atto

e palese... La gelosia dell'amico fa l'uomo sollecito a lunga

provvedenza:
nel

Con?;. 1. 10. - Provenzano Salvani liberamente campo di Siena, Ogni vergogna deposta, s'affsse: E l

per trar V amico suo di pena. Che sostenea nella prigion di Carlo, Si condusse a tremar per ogni vena: Purg. xi. 134 - Gli amici sono quasi parti di un tutto, perocch 'l tutto loro
uno volere e uno non volere: Conv.
i.

6.

Uno medesimo
si

studio dev'essere tra loro, perch di questa concordia l'a-

mist confermata e accresciuta... L'amist


la

accresce per

consuetudine: Conv.
II.

1.

13

-Un

sol volere

d'ambedue:

Jnf.

138: Tanto

m'

bel,

quanto a te

piace:... sai ch'io

non mi parto dal tuo volere: Inf. xix. 38: Esser non puote mio (voler) che a te si nieghi: Purg. i. 57. Se gli amici hanno uno stesso volere, dunque gli stessi desideri!, dunque la stessa fisionomia per cui vengono appalesati:
il

FILOSOFIA MORALE.
Pur

191

mo

venieno

tuoi pensier Ira' miei

S che d'

Con simil atto e con simile faccia. entrambi un sol consiglio

fei.

Inf. xxin. 28.

^'olisi la

gravit e la nobilt della sentenza racchiusa nei

versi seguenti all'intuito

degna del sommo poeta:

Che tutti i carchi sostenere addosso De' l'uomo infino al peso eh' mortale. Prima che '1 suo magi,More amico provi, Che non sa, qual sei trovi E s' egli avven che gli risponda male, Cosa non che costi tanto cara; Che morte n'ha pi testa e pi amara. Canz.
;

i.

3.

Consiglilo e Consig;iicrc.

Male tragge

al

segno

quello che noi vede; e cos mal pu ire a questa dolcezza chi

prima non l'avvisa... Onde nobilissimo e necessario questo segno vedere, per dirizzare a quello l'arco delle nostre
operazioni, e

massimamente

da gradire quegli che a coloro

noi ve;?giono, l'addita: Cony. iv. 22. Nelle nostre dubbiezze

adunque ci mestieri ricorrere agli altrui consigli, se da noi medesimi aver non li possiamo Purg. in. 62. Il buon con:

sigliere ci sar in quelle di conforto [hif. iv. 18), e

ad ogni

nostro uopo di soccorso: Purg.


di

xvm.

13.

Uno

de' caratteri

buon consigliere

si

che abbia
le

esperienza

del
e

mondo,
perch

perch egli allora ha


dalla prudenza

cose conte:
i

Inf.xw. 62;
i

vengono buoni consigli, quali conducxDno s ed altrui a buon line nelle umane nostre operazioni Conv. iv. 27. Qualunque ora lo guidatore cieco, convien ch'esso e quello cieco ch'a lui s'appoggia, vengano a mal fine: Conv. i. l. Tutte le qualit del buon consigliere sono
:

mirabilmente espresse dal nostro poeta


Che vede,
e

in

questo verso:
xii.

vuol dirittamente, ed ama. Par. xvni. 105.


fia la
ci

La sua parola ornata


ci
II.

nostra scoria: Purg.

45; essa
{Inf.

mostrer ci che
67),
II.

necessario al nostro

campare
al

e con desiderio
1*35),

disporr

il

nostro

cuore

bene
:

onde noi acquisteremo prode nelle parole sue consigliere prudente non attender Il dimandati consigli, ma preveggendo per lui, senza richiesta, ce ne sar liberale, siccome la rosa che non pure a quello che
{Inf.

Purg. XV. 141.

va a

lei

per

lo

suo odore, rende quello,


le

ma
ci

eziandio a qua-

lunque appresso
il

va

Conv.

iv. 27.

Come
il

abbiamo scelto
ha concesso

consiglio saggio {Purg. xiu. 75), cui

cielo ci

192
per nostra salute,

FILOSOFIA MORALE.

dobbiamo considerarlo qual dolcissimo

padre {Pura. xxx. 50), acquetarsi in lui; esso intender meglio che noi ragioniamo: Inf. ii. 35. E sar pur bella cosa
a noi, del suo
nostri
pensieri,

ammonir
ez'.andij
ci

usi [Purg. \u. 85),

comunicargli
vero:

quando

ci

paiono scevri d'ogni


il

dubbio, cosi meglio

sar confermalo

Maestro mio, risposi, per udirti

Son

io

pi certo:

ma

gi

mi era avviso
dirti. Inf. xxvi. 49.

Cile cos fusse, e gi


I

voleva

consigli che

non hanno rispetto


noi

alla nostr'arle, e
ci

che

procedono solo da quel buono senno che Iddio


(eh' prudenza)
di colui che ce
la
li

diede

non

li

ha

dati. Quelli

dobbiamo vendere a' che hanno rispetto

figliuoli all'arte,

quale abbiam comperata, vender possiamo,


si

ma

non

s'i

che non

convengano alcuna volta decimare cio a quelli miseri, a cui solo il grado divino
a Dio) rimaso
:

e dare a Dio,
(F esser cari

Conv.

iv. 27.

Prudenza.
memoria
conoscenza delle

dalle vedute cose per trarne

buona si richiede documento, e buona presenti per non prender inganno a deteresser

prudente

minarsi all'azione, e buona provveden:^a dalle future: Conv.


IV. 27.

E
il

il

Paruta dal nostro filosofo tolse di peso

la

sua

definizione della prudenza:


passate,

Prudenza
il

ricordarsi delle cose


le

conoscere

le

cose presenti e

provedere

future. -

Prudenzia,

cio Senno,

per

molti posta tra le morali


le intellettuali
:

virt,

da Aristotile anche tra


elle

avvegnacch
mostri
la via

essa sia conducitrice delle

morali
e

virt,

per

che

si

compongono,

senza

quella

ssere

non

possono.

Conv. v. 11. - Alle forti imprese non dobbiamo

sbadatamente avventurarci,
virt
II s'

ma

ci

duopo guardare
Pwrg.
xii.

la

nostra

e\h

possente, fidarci poi

aW alto

passo: Inf.u.X.-

prudente va sempre atteso innanzi:


fa di tratto
;

76;

non

delibera mai subito:


s

innanzi di mettersi

ad alcuna opera

eletto seco

Inf. xxiv. 22, poi

bene a considerarla: dopo alcun consiglio ne esamina la mente, e deli-

bera

alla perfine, dispostosi all'uopo,


si

non tarda a compierla.


le difficolt
ci

La prudenza esige che


trebbero attraversare
la

preveggano

che po-

nostra via, perch non


Il

vengano

meno

gli

argomenti necessari a vincerle.

prudente ade-

FILOSOFIA MORALE.

193

pera ed istma Che sempre par che innansi s prover/qia: Inf. XXIV. 2'J. - Egli buono armarsi di provedenza: Par. xwi.
109.

La prudenza
Ma per

e la cautela

non mai soverchia

Presso a color, che non vej^gon pur l'opra,


entro
i

pensier miran col senno. Inf. xvi 119.


e

L'imprudente ha varihezza

senno poco. Inf. xxix. 114.


. .

sempre si tiene Pusillanimit. Il pusillanimo. meno che non ... il pusillanimo sempre fa maggiori gli altri che non sono... Con quella misura che l'uomo misura s medesimo misura le sue cose, che sono quasi parte di s medesimo Conv. 1. 11. Fortezza nelle sventure Nell'avversit non ci venga mai manco la fortezza; ma dobbiamo essere presti,
:

come vuol, alla fortuna


ai colpi d ventura
(

{Inf.

xx 53),
j,

e sentirci ben tetragoni


i

Par. xvii. 24

quali son pi gravi

a chi pi s'abbandona: Par. xvii. 107. - Aristotile disse che quanto pi l'uomo soggiace all'intelletto, tanto meno
soggiace alla fortuna: Conv.
iv. 11.

Onde
la

durezza
Gino:
tro
1

dell' esigilo

avea purificato

il poeta che nella grande sua anima, il

con queste sublimi e cristiane parole confortava

suo amico

Ioti esorlo, fratello carissimo, ad esser paziente conti


i

dardi di Nemesi. Leggi,


dall' eccellentissimo fra

prego,

rimedi delle sventure

che

llosofi,

Seneca,

a noi

come

da un padre ai figli son porti; e dalla memoria tua non cada un momento quella sentenza: se voi foste cosa del mondo, il mondo ci eh' sua cosa amarebbe: Ep.iv.Ho. Del Tempo t buon uso del Tempo. Tutte le nostre brighe, se bene vegnamo a cercare li loro principii, procedono

quasi dal non conoscere V uso del tempo... che in tutte nostre
operazioni
si

deve attendere
'1

Conv.

iv. 2.

Cos

Maestro; ed
'1

Dissi lui, trova, che

Alcun compenso, tempo non passi


io:
xi. 13.

Perduto

ed ejji

Vedi he a ci penso. Inf

Prenderai

Alcun buon frutto

di nostra dimora. Pur^.x vii. Non perder l'ora. Inf xin.80. Pensa che questo di' mai non raggiorna ... Io era hcn del suo ammonir uso, di

89.

non perder tempo... Pwry. xii.84. il tempo non si perda Per poco amor ... l'urg. xvm. 103. VOL. 11.
Ratto, ratto, che

Par

191
Il

FILOSOFIA MORALE.
tempo che
e'

imposto
si vuole.

Pi utilmente compartir

Purg.

xxiii. 3.

Quanto uno

pi avanti
II

nella

cognizione delle cose,


in
il

tanto pi apprezza

tempo che trova sempre breve


rimane ad imparare
e a fare per

confronto di ci che

gli
:

suo perfezionamento

Di perder tempo a chi pi sa pi spiace. Purg. in.

78.

Del parlare.
la

L' uomo Stolto moltiplica


la

le parole, dice

Sapienza.

Il

volgo misura
Il

dottrina dal

numero
le

delle

parole e forte s'inganna.


discrezione: {(7onv.iv.
al parlare:
2),

Savio misura

e sceglie loco e

con tempo opportuni


si

parole

Inf. xxvi. 77.

In tutte nostre operazioni

dee

attendere, e massimamente nel parlare, se vogliamo le nostre

parole sieno ricevute e fruttifere vengano : Conv. tv. 2. Le troppe parole, e malamente gettate, potrebbero non essere ben ricevute e tutte andare in erba vana; e le troppo scarse

potrebbero esser cagione di


ascoltanti:

sterilit

d'opere buone
lo

agli

Conv. iv.

2.

Il

nostro parlare
A'.

non debb' essere


che sarebbe

indarno ovvero di soperchio {V.

14),

male, dovendo essere, quasi seme ci' operazione, {Conv. iy. 2) e sempre ad alcun intendimento e utilit E perch le nostre
.

parole ottengano

il

migliore e

pi sicuro efletto,

il

savio

suole proferirle con voci soavi dilettose o piacenti a chi le ode, e indi persuasive della verit di cui sono interpreti
fedeli:
Co?tr.
ii.

2.

nobili spiriti

che avean stanza nel

castello della Psobilt, descritto al C. iv. dell' Inferno, par-

lavan rado con voci soavi; e


e

la

sua Beatrice dicea soave


ed

piana {Inf.

ii.

36), e in suono amoroso {Par. xvii. 7), e in

sorrise paroletle brevi


affetto
il

(Par.
la

i.

95]

ei

pur ricorda con

parlare onesto e
113; in/, x. 23.

parola ornata del suo Maestro:


dolce dire
//i/".

inf.
cilia

II.

67,

Il

adesca e ne con-

la

benevoglienza altrui:

xiii. 53.

Taluna volta

pel mollo affetto la parola ci

si fa

pi scolpita ed animata,

onde Dante;
Talor parliamo l'un alto, e l'altro basso, Secondo l' affezion eh' a dir ci sprona^ Ora a maggiore, ed ora a raiuor passo. Purg. xx. 118. La voce mia di granile affetto impressa. Par. vni. 44.

Ma

ci
:

sar buono l'aver sempre alla mente

il

precetto del

poeta

FILOSOFIA MORALE.
Parla, e
.Non
Il
sii

195
xiii. 78.

breve ed arquto. Purg.


utile ci sia.

dimandar pi die

V. N. 12.

Savio poi conosce quando


Pi tacer, che ragionare, onesto. Par. xvi.
43.

n parla mai olire


Ised pur
altri

li

lerniini della cortesa:


lo sciorinare

V. Y. 10.

buono

quanto fu per noi dagli


il

udito

che non

di

rado

fia

laudabile

tacerci:

Inf.

XV. 103; ed
Il

tacere bello,

S coni' era

M parlar col doV era. Inf.

iv. 101;

consiglio

che pure Grazinolo de' Bambagluoli ritraea dal


e

nostro poeta: - Si convien seguir


e

tempo
>

e loco...

'1

mezzo

bel tacer tra

Lode
<i

troppo e 'l poco. e disprezzo di s stesso


"1

Lode d'altrui.

Parlare alcuno di s
li

concede per
lodare non

medesimo pare non lecito... Non si reltorici, alcuno di s medesimo sanza nenon
sia

cessaria cagione parlare... Lodare s da fuggire in quanto


si

pu, che quella loda

maggiormente
vituperio chi

.vituperio; loda nella

punta delle parole,

cerca loro nel ventre. Chi loda s,

mostra che non crede


e

essere buono tenuto; che non g' incontra senza maliziata


coscienza...

E ancora
tanto
la

la

propria loda

il

proprio biasimo

da fuggire, perch non


e^siimatore
:

uomo che

sia di s

vero e giusto

propria carit ne inganna:

Conv.

i.

2. -

L'essere lodatore

di s

medesimo

/ postutto biasimevole

a chi'l fa:
cessit

Y. iY. 29. il

Di qui manifesto perch Dante

neir esprimere

suo nome siasene scusato, come da nePurfi.

costretto a registrarlo:

xxx.

G3.

Dante,
e'

ancorch altra cagione avesse del nominarsi

che

fece

una volta sola nella sua grande opera, tuttavia si vede quanto accuratamente e' se ne scusa, e come e' rigetta
la colpa nella necessit,

che

di

vero basta a scusare ogni

uomo: Quando
necessit qui
si

io

mi volsi

al

suon del nome mio Che d


pur biasimevole
disprelo

registra.

Annotazioni al Decamcrone.,]). i2. il

Che se non par

lecito lodare,

giare s medesimo,

perch all'amico dee l'uomo

suo

difetto contare segretamente; e nullo pi

amico che l'uomo


Conv.
2.

ais; onde nella camera de' suoi pensieri s medesimo ri-

prendere dee e piangere

li

suoi difetti e non palese

i.

196

FILOSOFIA MORALE.

L'uomo

degno

di loda o d vituperio solo in quelle

cose che sono in sua podest di fare o di non fare;


quelle, nelle quali

ma

in

non ha podest, non merita n vituperio, ne loda; perocch l'uno e l'altro da rendere ad altrui, avvegnacch le cose siano parte dell'uomo medesimo:
Conv.
al
111.

2.

Villania fa chi loda

o chi biasima dinanzi


esser pre-

viso alcuno

Conv.

i.

2.

- L'

uomo non dee

sontuoso a lodare
s'egli piacere

altrui,

della

non ponendo bene propio mente persona lodata; perch molle volle
d biasimo,
Conv.

credendosi alcuno dare loda,


discrezione in ci avere

o per difetto

dello dicitore, o per difetto di quello che ode.


si

Onde molta
10.

conviene

iii.

Compagni
naturalmente
IV. 1. -

cattivi.

Le

cose congiunte comunicano

in tra se le loro qualit, intanto

avviene che

talvolta l'una torna del lutto nella natura dell'altra: Conv.

In ciascuno ciascuno vizio assembro, Perch ami-

st nel

mondo
Se

si

confonde
t'

Canz.
ti

xviii. 7.
forb. Inf. xv, C9.

Da' lor costumi fa che tu


cavaliei-

invita, o ti ritiene,
ti

Innanzi che nel suo piacer

metta.

Spia se far lo puoi della tua setta;

se non puote, tosto l'abbandona,


'1

Che

buon

col

buon sempre camera


che spesso

tiene.

Ma

egli avvien,

altri si getta

In compannia, che non ha che disdetta Di mala fama, eh' altri di lui suona. Con rei non star n ad inciegno n ad arte;
Che non fu mai saver tener lor parte. Canz. xm. Chiusa.

Del bnono e del cattivo esempio.


sti,

La via dei giu-

dice Salomone,

quasi luce splendente che procede e

cresce infino al d della beatitudine,

andando loro dietro,


15.

mirando

le loro

operazioni, eh' esser debbono a noi luc nel

cammino

di

questa brevissima vita: Conv.uL


Uomini
furo, accesi di quel caldo
i

Che

fa

nascere

fiori e

frutti santi. Par.

xxn.

47.

Quivi son

li

gigli,

si prese il buon cammino. Par. xxiu. E r amorosa fronde Di radice di bene altro ben tira. Poi suo simile in grado. Canz. xvm. 7.

Al cui odor

74.

Stoltamente

ei si

crede parlando bene, e male operando,

gli altri nella vita e nei

costumi ammaestrare

le

mani

di

FILOSOFIA MORALE.

197

bench queste persuadessino il falso e quelle il vero: De Mon. i. lo. - L'esempio assai pi efficace che la parola: 1' esempio spesso quasi mai la parola: basta
le parole,
;

Giacobbe persuaderanno pi che

Altra risposta, disse, non

ti

rendo,

Se non

lo far:

che
1'

la

dimanda onesta
76.

Si dee seguir

con

opera tacendo. Inf. xxiv.

Anche
si

buoni per l'altrui esempio cattivo,


Nepote ho
io di l

di

leggeri

guastano:
ch'ha nome Alagia:
casa

Buona da

s,

purch

la nostra

^'on faccia lei per

esemplo malvagia, ?urg. xix. 142.


il

E pi

funesto e ruinoso, se
La mala condotta

malo esempio vien dato

dal grandi:

la

cagion che

il

mondo ha

fatto reo. Purfj. xvi. 103.

Perdono
carissimi,

nemici. Perdonate, perdonate oggimai che con meco avete ingiuria sofferto; affinch il
a'
5.

pastore vi conosca pecorelle del suo gregge: Zp. v. Amate da cui male aveste. Purij. xm. 36. Lo mal eh' avem sofferto Perdoniamo a ciascuno, e tu perdona
Benigno, e non guardare
al

nostro merto. Purg. xv. 16.

Qualunque che adonta per


vendetta, e ferma nella sua
vii

iwihira,

e si fa ghiotto

della

mente

il

male altrui impronti), P^r^. xvii.


lo

danno di chi l' offese 121; non faccia scusa


dall' eterno fonte

W aprir
alti

cuore

all'

acque della pace. Che

son diffuse. Purg.xv. 130.

Della ivobiif k.
matrimoni,
gli

Perch veggiono fare le parentele e


edificii la

gli

mirabili, le possessioni larghe,

le signorie grandi,

pi gente credono quelle essere ca-

gioni di nobilt,

anzi essa nobilt

credono quelle essere:


cos

Coni;. IV. 8. - Egli tanto

durata La

falsa opinion
i

tra

nui, Che
ISipote

Vuom chiama
fllio

colui

Uomo

fjentil,

che pu dicere:

fui

di cotal valente.

Bench sia da niente:


il

Ma
cam-

vilissimo

mino,

poscia V erra,

sembra a chi 1 ver guata Chi avea scorto E tocca tal, eh' morto e va per
(siccome
si

terra...

Che

le divzie,

crede)

Non

posson gentilezza

dar, n trre. Perocch vili son di lor natura: Canz. xvi 2.


{Benichi,\].) Vedete, quanti sono coloro che sono ingannati
I

Cio coloro che per essere

di

famose e antiche generazioni.

198

FILOSOFIA MORALE.

e per essere discesi di padri eccellenti credono essere nobili,

nobilt
L'

non avendo

in loro. Conv. iv. 29.


li

Rade volte risurge per

rumi

umana

probitale... Punj. vii. 121

La

nobilt...

rende esemplo del


quivi
19. -

cielo...

vunque
nobilt:

virt,
iv.

nobilt...

De Mon. ii. 3. Donon virt dovunque


:

Conv.

La nobilt se

di

generazione

in

generazione non

si

rinfranca con novelle virt vien meno,


al

siccome un manto
in
bici lo

quale se non s'aggiunge


si

di

quando

quando un pezzo dove


riduce a nulla:

logora,

il

tempo

colle sue for-

poca nostra nohilt

di

sangue,

Se gloriar di te la gente fai Quaggii, dove l'affetto nostro langue,

Ben

se' tu

manto cbe

tosto raccorce,

non s'appon di die in die, Lo tempo va d' intorno con le force. Par.
S che se

xvi. 1.

Nessuno per poter dire: dee credere esser con essa


in lui [se

io
;...

sono
se
i

di

cotale

schiatta;

frutti delle virt

non non sono


vii.

non possed del miglior retaggio: Purg.

120)

che

il

divino seme

non cade

in ischiatta,
la stirpe

cio in istirpe,

ma

cade nelle singulari persone;

non

fa

le sin-

gulari persone nobili,

ma

le singulari

persone fanno nodisceso degli buoni


e deesi
lo

bile la stirpe: Conv. iv. 20. -

L'uomo

vile,

maggiori, degno d'esser da tutti scacciato:

buono uomo chiudere


rimasa
Conv.
iv. 29.

gli occhi

per non vedere quello vi-

tuperio vituperante della bont


:

che

in

sola la

memoria

Le ricchezze pericolosamente nel che sommettendo ci che promettono, apportano il contrario. Promettono le false traditrici sempre, in certo numero adunate, rendere il raunatore pieno d'ogni appagamento; e con questa promissione, conducono l'umana volont in vizio d'avarizia... Promettono le false traditrici, se ben si guarda, di trre ogni sete e ogni mancanza, e apportar saziamento e bastanza: e questo fanno nel principio a ciascuno uomo, questa promissione
loro accrescimento

Delle Ricchezase.

sono imperfette,

in certa quantit di loro accrescimento affermando; e poich

quivi sono adunate,

in loco
di

di

saziamento e

di

refrigerio,

danno e recano sete

casso febricanle intollerabile: e in

FILOSOFIA MORALE.
loco di bastanza, recano

199
cio

maggior quantit a desiderio; e con questo paura e sollecitudine grande sopra r acquisto. Sicch veramente non quetano, ma pi danno cura, la qual prima senza loro non s'avea... Conv.

nuovo termine,

IV. 12.
si

misura che

si

viene acquistando
-

gli

umani

desideri!

fanno pi ampii. Id.

Pongasi mente alla vita di coloro


di tutti

che dietro vanno a queste false meretrici, piene


difetti,

come vivono sicuri, quando di quelle hanno rannate, come s'appagano come si riposano. E che altro cotidianamente pericola
alcuno?
lo

e uccide le citt,

le

contrade, le singulari

persone, tanto quanto lo nuovo raunamento d'avere appo

quale raunamento nuovi desideri! discuopre, al

fine delli quali senza ingiuria

d'alcuno venire non

si

pu:

Coiv.w. 12.

-La

possessione delle ricchezze dannosa per


di

due ragioni: l'una ch' cagione


lo

male;

l'altra ch' pri-

vazione di bene. Cagione di male, che fa pure vegghiando


possessore timido e odioso. Quanta paura quella di colui
in

che appo s sente ricchezza,

camminando,
lo

in

soggiornando,
di
li

non pur vegghiando,


l'avere,

ma dormendo, non
mondo vanno, che
fan tremare,

pur

perdere
miseri

ma

la

persona per l'avere! Ben


lo
li

sanno

mercatanti che per

vento

fa

dimenare,

che 1 quando seco ricchezze


le foglie,

portano: e quando senza esse sono, pieni di sicurt, can-

tando e ragionando fanno


porta,

lo

cammino pi
al

breve...

E quanto

odio quello che ciascuno

posseditore
di

della ricchezza

per invidia, o per desiderio

prendere quella

possessione?...
sione,

Anche

privazione di

che possedendo quelle,

bene la loro posseslarghezza non si fa, che


e
la

virt, la quale perfetto

bene,

quale

fa gli

uomini
vera

splendienti e amati...

L'uomo

di diritto appetito e di

ama; e non amandole non si unisce ad esse; ma quelle sempre di lungi da s essere vuole, se non in quanto ad alcuno necessario servigio sono
le

conoscenza

ricchezze mai non

ordinate

ed cosa ragionevole, perocch


si

il

perfetto collo
diritto
si

imperfetto non

pu congiungere... L'animo, ch'

d'appetito e verace di conoscenza, per loro perdita non disface: Conv. iv. 13.

La descrizione che
73. 96),

fa

il

poeta della fortuna

Inf. vil

importantissima pel concetto

contrario a quello

200
tleir antichit.

FILOSOFIA MORALE.

Se presso a' Gentili essa una Dea cieca che dispensa pazzamente beni del mondo, in lui un angelo ministro della Provvidenza, che governa sapientei

mente

la

successione di questi beni, e


il

il

loro giro, e trovasi

cos l'analogia tra l'ordine fisico e

morale. Questa vicenda,


di equilibrio, oltre

conseguenza
la

di

una legge providenziale

cUfension
l'

de' senni

umani, giacch per quanto savio e


tali

polente sia

uomo non pu impedire

vicende, e ci ha

dimostrato la convinzione dei secoli.

Delle Yirt caritative. Piet; VIisericordia ; Beneficenza ; L<arghezza. Di una sorta di lar ji^hezza detestabile. Piet ed umilt, massimamente congiunte, fanno della persona bene sperare, e massimamente la piet, la quale fa rlsplendere ogni altra bont col lume suo. Piet non passione, anzi una nobile disposizione di animo,

apparecchiata di ricevere amore, misericordia e altre caritative passioni. Misericordia,


cio dolersi

dell'altrui male,

uno speziale

effetto della piet:


1.

Conv. u. 11 -Misericordia
1 -

madre
;

di

beneficenza: Co7iy.

Dare e giovare a uno

bene

ma

dare e giovare a molti pronto bene, in quanto


di Dio, eh' universalissimo lieta e

prende simiglianza da' beneficj


benefattore: Conv.
i.

8.

La virt dee esser

non

trista

in alcuna sua operazione,

onde se

il

dono non

lieto nel
:

dare e nel ricevere, non in es?o perfetta virt n pronta

id.-La dimanda onesta Si dee seguir con l'opera tacendo: Inf. XXIV. 77.- Com' anima gentil che non fa scusa. Ma fa
sua twglia della voglia
dischiusa
:

altrui, Tosto com' per segno fuor Purg. xxxiii. 130. - La nostra carit non serra

porte

giusta voglia: Par. ni. 43. La virt dee avere atto

libero e

non

isforzato
:

onde

la

provata liberalit
'l

si

dare non dimandato


parte non virt,

perciocch dare

domandato da una
perch dice Seneca
:

ma
il

mercatanzia; perocch quello ricevitore


datore non venda
si
;

compera, tuttoch
si

che nulla cosa pi cara

spendono: Conv.
donare
in

i.

compera, che quella dove e'prieghi 8.- Io vo' che ciascun m'oda: Qualcon

tardare, e guai con vana vista,


Volge
il

Qual con sembianza

trista

smaga. Che

compera paga. '/ negar poscia non

vender tanto caro. Quanto sa sol chi tal Volete udir, se piaga? Tanto chi prende
gli

pare amaro: Cos altrui

FILOSOFIA MORALE.
e s

201
il

concia lavaro. Canz. xvui. 7 - Chi al vedere

bisogno

altrui
gli

non apre subito le ali delle mani, ma attende che dimandi l'opportuno soccorso prima di prestarlo, gi ha negato: Che quale aspetta prego, e Vuopo vede, Malignamente gi si mette al nego: Purg. xvii. 59. Quegli,
si

a cui di ben far giova (Par.


gna, e ci eh' ad essa
benignit non

ix. 24),

conosce

lo

altrui biso-

buono: Purg.xwiu.^^.

La sua

pur soccorre A chi dimanda, ma molte fiale Liberalmente al dimandar precorre: Par. xxxiii. 16. Il dono poi deve andar condito con soavi ed accorte parole, perch Vovra tanto piii gradita Dell' operante, quanto pi appresenta Della bont del cuore ond'

uscita: Par. vn. 106. -

dono dee essere simigliante a quella del ricevitore; cio a dire, che si convenga con lui, e che sa beneficii maggiore quello utile: Conv. i. 8. - In tra tutti

La

faccia poi del

eh' pi prezioso a chi lo riceve

liberalit di colui, che cosi discerne

e in quello detta pronta donando Conv. 1. 13. :

Nel datore dee essere


parte rimanga
e far
s,
1'

la

provvedenza

in far s

che dalla sua

utilit dell'onestate, eh'

sopra ogni utilit;


dall'uso della cosa

che

al ricevitore

vada
l'

l'utilit

donata, e cos sar V uno e

altro lieto, e per

conseguente
la

sar pi pronta liberalit... L'utilit suggella

memoria
i.

dell'immagine del dono,

il

quale nutrimento dell'amist, e


8.

tanto pi forte lo suggella, quanto essa migliore: Conv.

Quando

l'uomo riceve beneficio deve mostrarsi conoscente ver lo benefattore Conv. ii. 7. - Avvegnacch non possiamo simile beneficio rendere... ci corre obbligo rendere quello che migliore per noi si pu con tanta sollecitudine e prontezza, e cosi almeno mostrare la nostra buona volont: Cony. in. 1. - Ma non rado che l'opra grande bella riesca mal gradita: Par. xi. 128; e che di buon seme
poi
:

.si

mieta mal frutto,


opre.

e torni

molto diverso

il

guiderdon dal-

l'

Larghezza virt,
fa gli

la quale perfetto bene, e la quale uomini splendidi e amati: Conv.w. 13. - Ma la lar-

ghezza vuole

essere a luogo e tempo, tale che il largo non neccia a s, n ad altri la qual cosa non si pu avere sanza prudenza e sanza giustizia Conv. iv. 27. - E il filosofo tocca il sublime, quando con veemente eloquenza, sgorga: :

202
tagli dal cuore,
stillanti dello
(f

FILOSOFIA MORALE.

tuona contro certi ostentatori

di larghezze,

spremuto sangue de' poveri.


pupilli,
l'

Ahi malaslrui e malnati, che disertate vedove e


alti

che rapite

meno

possenti, che furate ed occupate

al-

trui: e di quello corredate convili,

donate cavalli e arme,


edificale
li

robe e danari; portate


altro fare, che levare
il

le

mirabili vestimenla;

mirabili editicil; e credetevi larghezza fare: e che questo


il

drappo d'in su

l'altare, e coprirne
si

ladro e la sua mensa!

Non

altrimenti

dee ridere,

ti-

ranni, delle
alla

vostre
li

messioni,

che del ladro che menasse


la

sua casa
li

convitali, e la tovaglia furata di su l'altare

con

segni ecclesiastici ancora ponesse in su

mensa,

e non credesse che altri se n'accorgesse: Conv.

iv. 27.

DOTTRINE TEOLOGICHE.
La
divina scienza... piena tutta di pace, la quale

non soffer lite alcuna d'opinioni, o di Kofstici argomenti, per la eccellentissima certezza dol
fettamente ne fa

suo suggello lo quale Iddio... Questa... peril vero vedere, nel quale si

cheta l'anima nostra.

COKV.

II. 15.

Thelogus Dantes nullius dogmatis expers. - GIOV. DAI. VIRGILIO. Ed ho imparato pi teologia In questi giorni clie ho riletto Dante

Che nelle scuole

fatto

non

avia.

SALVINI
teologi

a F.

REDI.

Raffaello nella disputa del Sacramento colloca tra

degno per l'intima dottrina penetrante per tutto il poema. - Tommaseo.

Dante

u' era

L'epope divine par excellence,

c'est le

pomc du

Dante. Le divine Comdie est l'eipression potique du Christianisme orthodoxe, du Ch;i.stiaiiisme plein de jeunesse et de foi.

MAGNIN.

Della Ragione e della Rivelazione.

L'

UOmO

debb' esser conlento a quelle dimostrazioni che si possono ricavare dagli effetti, pei quali si viene in cognizione delle
cagioni loro, e
quello

non presumere d'intendere pi


ed a quelle della ragione
ci

in

di

che

falli gli

mostrano, che circa le cose superiori

alle forze del senso


la

ammaestra

Fede:

DOTTRINE TEOLOGICHE.

203

soffcrr
la

tormonli e caldi e
Virt dispone,

pieli

Simili corpi

Che come
Malto

fa

non vuol eh' a noi


la infinita via,

si sveli.

chi

spera che nostra ragione


persone.

Possa trascorrer

Che tiene una sustanzia

in tre

Pur^.m.

31.

Se coli' umana ragione si potesse tulio comprendere, non si sarebbe veduto nel mondo desiar senza fruito tanti
sublimi
intelletti,

in cui si

sarebbe quetato quel desiderio

che ora dato loro eternamente per lutto. state contenti, umana gente, al quia
Che se potuto aveste veder
tutto.
;

Mestier non era portorir Maria

E disiar vedeste senza frutto Tai, che sarebbe lor disio quetato.
Ch' eternalraente dato lor per lutto. Purg.
iii,

3".

Onde
il

noi

dobbiamo
fine

raffrenarci dal soverchio investigare

perch delle cose.

Ed
la

a simile

intendimento n'avverte

che a certo

bada

nostra potenza non pure dalla

parte dell'uomo desiderante,


siderato: e per Paolo dice:

ma
Non
:

da parte dello
Conv.
iv. 13. -

scibile

des

pi sapere, che sapere

convenga,
possibile

ma

sapere a misura

Tutto non

di conoscere,

dacch

la

divina Provvidenza che

del

tutto

l'angelico

l'umano intendimento soverchia,


:

occultamente a noi molte volte procede

Conv.

iv. 5.

nell'opuscolo intorno agli elementi dell'acqua e della terra:


Desinant homines quaerere quae supra eos sunt, et quaerant usque quo possunt, ut trahant ad se immortalia et divina pr posse, ac malora se relinquant. Audiant amicum Job, diccntem Numquid vestigia Dei comprehendes et omnipo:

lentem usque ad perfectionem reperies? Audiant Psalmistam dicentem: Mlrabilis facta est sclentia tua, et me confortata Quam est, et non poter ad eam. Audiant Isaiam dicentem distant coeli a terra, tantum distant viae meae a viis veslris. Loquebatur equidem in persona Dei ad hominem. Audiant
:

vocem Apostoli ad Romanos


et sapentiae Dei!

altitudo divitiarum scientiae,

quam

incomprehensibilia judicia ejus, et

Invesligabiles viae ejus? Et denique audiant propriam Crealoris

vocem E

dicentis:

Quo ego vado, vos non


e.

potestis

venire. Et haec sufficiant ad inquisitionem intentae veritatis: 22. nel Cont\ Tratt. IV.
5:

Oh

istoltissime e vilisslme

204

DOTTRINE TEOLOGICHE.

besliuole che a guisa d'uomini pascete, che presumete contro

a nostra Fede parlare

e volete sapere, filando e zappando,

ci che Iddio con tanta

prudenza ha ordinato! Maladetti

siate voi e la vostra presunzione, e chi a voi crede.

E debole
tra

la filosofia, a cui

guida solo l'umana ragione:


il

Purg. xxxiii. 83. La Rivelazione

fanale che sta di

mezzo

l'umano
Lume
Dir
ti

intelletto e Dio.
.
.

Quella
ti

fia

tra

'1

vero e

l'

intelletto.

Purg.

vi. 44.

Quanto ragion qui vede


poss'io; da indi in
l

t'aspetta

Pure a Beatrice, eh'

opra di fede. Purg, xviii. 46.

Lo

Sprito Santo pe' profeti e sacri scrittori, per l'eterno

figliuolo di

Dio Ges Cristo, e pe' suoi discepoli,


e
le

le verit

sopranaturali,

cose

noi necessarie

ci

rivel....

De Non.

iii.

15.

Misterj.

Impenetrabilit dei Misterj del creatore del


;

cielo della terra e degli abissi

perci

il

poeta teologo disse

che Dio stesso per la grandezza dei medesimi fu costretto rserbarne gran parte per s. Ei gli sarebbe stato impossibile,
se anche lo avesse voluto,
farsi

comprensibile alla mente

umana

Colui che volse

il

sesto

Allo stremo del mondo, e dentro ad esso


Distinse tanto occulto e manifesto,

In tutto

Non poteo suo valor r universo, che

si fare
il

impresso

suo verbo

Non rimanesse

in infinito eccesso. Par. xix. 40.

Noi non possiamo veder per entro all'altezza de' Misteri, mentre che il nostro immortale col mortale mischiato, ma

vedremolo per fede perfettamente


con

per ragione

lo

vedemo
si

ombra
in

cV oscurit,

la

quale incontra per mistura del


iv. -

mortale

coli'

immortale: Conv.

Le verit

della fede
;

vedranno
ivi
il

Dio non dimostrate da


il

altri principii

giacch

Principio della verit,

vero onde ogni vero deriva

e si chiarisce:
L (nel cielo)
>'on dimostrato;
si

vedr ci che tenem per fede,


fia

ma

per s noto,
1'

A
I

guisa del ver primo che

uom

crede. Par. ii.43.

accendere ne debbono di voglia di vedere Dio, onde conoscere ci che noi teniam per fede Por. ii. 37.
misterj
:

DOTTRINE TEOLOGICHE.

205

DO nella sua eternit, fuor dei limili del tempo, e fuor d' ogni limite comprensibile dell'

Della Creazione.

uomo, senza che possa


lui

dirsi

che innanzi della creazione,

intorno a

fosse nulla, e senza che possano propriamente

usarsi le voci nnaizi e dopo cre.


nel concetto
di

Dio

fu

compiuta

La creazione quale stava in un solo atto, senza

processo di tempo, n questo vieta che, secondo quel concetto venissero poi le creature svolgendosi in nuove specie,

corona e perfezionamento delle prime,

le

quali tutte
di

non

solamente

non
il

erano fuori
fine diretto.

del

concetto

Dio,

ma ne
le

costituivano

Par. xxix.

L'eterno

Amore

cre gli Angeli non per accrescere

sue magnificenze;
Non per avere a s
Ch'esser non pu,
di

bene acquisto,

ma

perch suo splendore

Potesse, risplendendo, dir: sussisto;


In sua eternit, di

tempo

fuore,

Fuor d'ogni altro comprender, come i piacque, S'aperse in nuovi amor l'eterno Amore. l*ar. xxix.

13.

Degli Angeli e della loro caduta.


spirituali creature e
i

L'esistenza di
li

loro ministeri furon presentiti dagli uo-

mini di

tutti
I

tempi, tutto che imperfettamente

abbiano

dimostrati.

Idee; nel

nomarono Dei; Platone linguaggio comune sono gli Angeli, e


pagani
le

le
i

chiam
La

filosofi si

piacquero chiamarle piuttosto col


fede

nome

d'Intelligenze.

ha

squarciato

il

velo

che

ne separava

da
loro

queste

creature eccellenti.

Seminate nell'universo, con cui esse


il

nacquero, per mantenervi l'ordine e la vita,

numero
della

va
Il

di

paro

colle

loro

perfezioni:
nella

Par. xxix. *U e seg.


costante visione

loro

intendimento,

fermo

verit,

oblio

non conosce questa alternativa, a noi propria, di di rlminisccnza: Par. xxix. 70. La grazia illula loro fedelt

minante, cui merit

nel giorno della tentazione,


la

conferma per sempre

la loro

volont,

quale non cessa


:

mai d'esser libera nell'abitudine della 58. In quelle dunque la potenza non
dall'atto; l'alto semplice constituisce
il

giustizia
si

Par. xxix.

distingue

punto

loro

modo

di essere,

esse sono intelligenze, sono amore


pertanto, ineguali tra loro, esse
si

Par. xxi. 74. - Ci non dividono in tre gerarchle,


:

ciascuna delle quali in tre ordini.

ciascuna gerarchici

206

DOTiaiNE TEOLOGICHE.

attribuita la contemplazione speciale

d'una delle

tre

persone
in s

della Trinit;

a ciascun ordine

un'attribuzione

differente,

ciascuna persona divina potendo essere considerata


stessa
ne' suoi rapporti
colle
altre

due: Par. xxix. 32. queste attribuzioni contemplative corrisponde un ministero


I

attivo.

nove

cori

sfere dei cieli; loro


agli ardori di cui

motori delle nove comunicano una celerit proporzionata essi medesimi sono infocati, e intervengono
i

degli angeli, sono

a tutti

fenomeni del mondo

fisico
si

Par.

ii.

27

vni. 34. etc.

Ma
I

soprattutto la loro azione

esercita nel

mondo

morale.

nove ordini della scienza umana s'informano a queste


si

gerarchie, e sul loro modello


lo.

costruiscono: Conv.
si

ii.

14,

Per loro mezzo

il

seme
si

della virt s'infonde e


si

svolge

nell'anime. Se nelle gioie del paradiso


nel purgatorio invece

mescono

coi beati,

mostrano

giudici,

guardie e con-

solatori dei giusti sofferenti.

nell'inferno, vi rischiarano le tenebre

Le loro apparizioni terribili quando vogliono fiac-

i medesimi combattono con esito alterno, perch la salute e la perdita delle anime sono il prezzo delle loro contese Par. XXXI Pura. v. 1 04 viii. 9o; ix. 76 Inf. ix. 85. e passim. Ozanam, Dante e la Filosofa cattolica. P. II. cap. lY. 4. Una parte degli angeli appena creata prevaric, ^el Convito, 11. 6, ei ritiene che una decima parte non fosse

care l'audacia dei demonj. Sulla terra riscontrano


li

nemici, e

fedele a Dio

principio del cadere


il

Fu

maledetto
...

Superbir

Par. xxix. 49 e seg.

mondo spirituale dove avevano il primo posto, questi angeli ribelli abbiano subito vergognosamente una trasformazione materiale, e abbiano del pari ricevuto forme corporee {Inf. passim, soprattutto Jnf. xii. XVII. xxxi); nel mentre che loro si concede un impero quasi
Ei pare che, caduti dall'altezza del

supremo
i

sulla natura.

Ad

essi
si

sono soggette
le

le

tempeste,
[Purr/. v.

fulmini, e al loro

cenno

raccolgono

acque

112),

appagano talvolta

la loro

vendetta sulle reliquie dei


colpevoli imprendmen-

morti, se l'anime ad essi sfuggirono: Purij.\. 124. Al quale

intervento soprannaturale
ti

si

legano

della

maga;

ma

essi esercitano

un'azione pi generale
-%

e pi costante sugli

umani

destini: la tentazione l'opera

DOTTRINE TEOLOGICHE.
loro.

207

Noi

della

vedemmo tciulere insidie lungo l'arduo cammino scienza. Li vedemmo aprire alle Ire sorla di conculi

piscenza

le

porte dell'inferno. Somiglianti a pescatori che

non
la

si

stancano,
le

ascondono sotto ingannevole esca l'amo


:

che attira

volont ondeggianti
la

Purr/. xiv. 145.


di

Inseguono

preda sino oltre

tomba, n temono

contenderla agli

angeli, e di rinovare

cos'i le lotte

de' primi giorni:


il

Inf.xwu.
a

112; 7^wrr/.v.ll2. Nella punizione sta


Essi

loro secondo ufficio.


infernali,

regnano sulla gente perduta nel luoghi


essi.
si

ciascuno de' quali presiede uno d


tra la turba dei disgraziati
ferenti

Cos sulla soglia

scontrano quegli angeli indif-

che
Ne

al

tempo

della ribellione celeste:


ribelli,

Non furono
fur fedeli a Dio,

ma

per s foro. Inf.

in.

-28.

Cos per una reminiscenza della poesia pagana che la teologia cattolica

non disconfessava, Caronte, Minosse, Cerbero,


i

Pluto, Flegia, le Furie,


i

Centauri, le Arpie, Gerione, Caco,

Giganti,

mutali

in

demonj,

sono

fatti

guardiani dello
ai

bolgie successive. - Legioni innumerevoli stanno o


elevati della citt dolente,

luoghi

o in diverse

parli,

e ricevono

dileltamenlo dallo spettacolo terribile che reciprocamente


si

danno:

/m/". viii.

82; xxi.
il

Ma

queste legioni dipendono


il

da un solo padrone, che


male, la fonte d'ogni

primogenito, gi

pi bello

tra gli spiriti, e che ora la pura volont, che cerca soltanto
il

dolore,

il

vecchio nemico della

umanit. Trista e bugiarda paroda della divinit, imperatore


del regno dei dolori, egli ha il suo trono di ghiaccio in un punto che il mezzo e il fondo dell'abisso, attorno al quale stanno in diversi ordini le nove gerarchie de' reprobi sul
;

quale posa tulio


dolore

il

sistema dell'iniquit.

Il

peccato e

il

anime sono ci che la gravezza pel corpo, lui hanno precipitato dove il centro istesso della terra, a cui tendono tutti corpi. La generale gravitazione
che per
le

lo

avvolve, pesa sovr'esso, da tutte

i)arli lo

stringe;
la

il

suo

delitto fu di voler attirare a s tulle le creature,

pena
II,

di essere oppresso sotto

il

peso della creazione. - Ozanam,


parte
e.

Dante

la

Filosofia

catloUca nel XII secolo,

Depravazione della creatura.

Le Religioni se-

208

DOTTRINE TEOLOGICHE.
nei loro

gnano

dogmi

la

depravazione della natura. Lucifero

l'antesignano di questo
S' ei fu s bel

movimento

di

degradazione:

com'

egli ora brutto,

E contra 'I suo Fattore alz le ciglia, Ben dee da lui procedere ogni lutto. Inf. xxxiv. Questa natura al suo Fattore unita Qual fu creata, fu sincera e buona
; ;

34.

Ma
Da

per s stessa pur fu isbandita


si

Di Paradiso, perocch

torse

via di verit e da sua vita. Par. vn. 35.


il

L' idolatria,
fil:
vili.
1.

primo errore dei primi popoli. Par.

iv.

e seg.

Della Redenzione.

Con prove teologiche,

signifi-

cate con meravigliosa chiarezza dimostra la necessit delia

venuta del Verbo e della morte del Redentore, e comincia


a
dire:
Vostra natura, quando pecc tota
Nel seme suo, da queste dignitadi,

Come

di

Paradiso fu remota. Par.

vii. 85.

Che
zione

poteasi

in grazia
;

Dio doveva rimettere l'uomo, o l'uomo doveva dare a Dio una riparafare allora?

dunque

ma

voluto innalzarsi con

l'uomo non potea tanto inchinarsi, quanto aveva la sua superbia: dunque Iddio solo
lo fece

poteva riparare, e
di farlo per s

pi che se Iddio avesse tentato

medesimo senza umanarsi:


isso

che Dio solo per sua cortesia

Dimesso avesse, o ehe l' uom per s Avesse soddisfatto a sua folla...

Non potea

1'

uomo

ne' termini suoi

Mai soddisfar, per non poter ir giuso Con umiltate, obbediendo poi. Quanto disubbidendo intese ir susoj E questa la ragion perch l' uom fue

Da

poter soddisfar per s dischiuso.

Riparar

Dunque a Dio convenia con le ve sue l' uomo a sua intera vita. Dico con 1' una, o ver con ambedue ...
.... Pi largo fu Dio a dar s stesse
In far r

uom

sufficiente a rilevarsi.
sol

Che s'egli avesse

da s dimesso.

tutti gli altri


il

modi erano scarsi


Figliuol d Dio
vii. 91.

Alla giustizia, se

Non

fosse umiliato ad incarnarsi. Par.

DOTTRINE TEOLOGICHE.

209

Vcggasi quanta lucidezza,


logica in mister]
Il

felici l,

ingenuit di poesia teo-

cos'i

ardui!
la

Paradiso

si

aperse solo dopo


di vittoria incoronato.

Redenzione...

Ci vidi venire (nel

Limbo) un Possente

Con segno

Trasseci l'ombra del primo parente...

Ed

altri molti; e fedeli beati:

vo' che

sappi che, dinanzi ad

essi,

Spiriti

umani non eran

salvati. Inf. iv. 53.

Prescienza di Dio.
distrugge
la libert del
scie\iza,

alle cose nostre e al nostro line

La prescienza di Dio intorno non importa necessit, n

nostro volere, perciocch l'evento


la

che

fa la

non

scienza l'evento:
del

La contingenza, che fuor


Della vostra materia non
si

quaderno

stende.

Tutta dipinta nel cospetto eterno. Necessit per quindi non prende,

Se non come dal viso

in

che

si

specchia
xvii. 38.

Nave che per corrente gi discende. Par.

Giustizia dei giudizi di Dio:


Per nella giustizia sempiterna La vista che riceve il vostro mondo, Com' occhio per lo mare, entro s'interna; Che. bench dalla proda veggia il fondo,
In pelago noi

vede; e nondimeno
l'

Egli

ma

cela lui

esser profondo. Par. xix. 58.

Della Grazia.
la

La cagione movente Dio


all'

a infondere
:

Grazia impenetrabile
Per larghezza

umano

intelletto

di grazie divine,

Che s alti vapori hanno a lor piova. Che nostre viste l non van vicine. Purg. xxx.

112.

indispensabile
tittare:

a noi

la

Grazia divina a ben


manna,
xi. 13.

appro-

D oggi a noi
Senza
la

la cotidiana

A
Grazia:

qual per questo aspro diserto retro va chi pi di gir s'affanna. Purg.

La sollecitudine di

ben

operare rinnovella

in

noi

la

studio di ben far grazia rinverda. Purg. xvni. 105.


Il

merito

si

accresce nel ricevere


la
si

la

Grazia in ragione

dell' affetto

con che
E non

raccoglie

Yoglio che (Jubbi,

ma

sie certo,

voL. n.

14

210
Secondo che

/)0TTR1^E TEOLOGICHE.
Clic ricever la grazia meritorio,

l'affetto

1'

aperto. Par. xiix. 64.

Quando
Lo raggio della grazia, onde s'accende Verace amore, e che poi cresce amando,
Multiplicato in te tanto risplende.

Che

ti

conduce su per quella scala,


x. 82.

U' senza risalir nessun discende. Par.

Per

la scala del

risalirla.

donde nessuno discende senzn Gustale una volta le delizie del cielo, non si pu
Paradiso,
al

scendere

fango della terra, o rimanervi disceso.


ci
si

Nella vita mortale, acci Dio


studiarci a liberar l'anima

manifesti,

conviene

daW ombra
la

o tcnebj-a della carne


la

che impedisce

il

lume, onde

ragione possa discernere

verit illuminatrice della via che


Correte
al

conduce a vita beata:


lo scoglio,
ii.

monte a spogliarvi

Ch'esser non lascia a voi Dio manifesto. Par.

121.

Tirfii CardiiBaii.
i

Furono esse fra gli uomini

di tutti

tempi, foriere

della rivelazione, lreparanli la via dinanzi

a lei: Pur(). x\ix. 130; xxxi. 104.


Virtiii 'rcoio;;?ai3.

Scouosciute a quelli che non cosolo

noscono

la rivelazione,

con essa discesero dal


Puvf/.

cielo,

destinate a ritornarvi un giorno:

ww.

131. -

Pury.

XXXI. 109. - Egli

necessario

che

queste virt miri

ben

fiso

chi vuole conseguire la celeste beatitudine:


Ci che vlen quass del njortal mondo,

Convien eh'

a' nostri

raggi

si

maturi. Par. xxv. 35.

B>eiia Fede.
S. Paolo,

Fede, secondo la sublime definizione di

letteralmente tradotta da Dante, sustanzia d

cose sperate,

E arf}omento

delle

non parventi: Par. xxiv. 04.

Chiesto egli lass ne' cieli delle cose ch'ei credesse e delle
ragioni del suo credere risponde: l'autorit delle scritture e
miracoli
l'essersi
; i i

quali se

non fossero

sarel)he

il

miracolo massimo

senza miracoli propagata la fede s ardua all'umana debolezza da uomini poveri ed astinenti. Le cose che crede sono: l'unit, eternit immutabilit di Dio, dimostrategli da

prove
gli

fisiche e metafisiche e dalle Scritture sante.


le

La fede
(1)

viene da queste, e da' miracoli che

confermaiio;

(1)

Principalissimo

fondamento della fede nostra sono


il

miracoli

fatti

per colui che fu crocifisso,

quale cre la nostra ragione, e volle

DOTTRINE TEOLOGICDE.

21.1
gli

Le prove della religione detta naturale


dalla scienza,
schiara. Poi

vengono anco
la ri-

ma

la

divina autorit

la

corrobora e
della fede

soggiunge di credere
IV. 35.

alla Trinit e tal

credenza
il

attingere dal Vangelo: C. xxiv.

-La porta
il

bat-

tesimo: Inf.
Inf.
II.

La Fede
conte
sali

princpio

di salvazione:

28;

essa
cieli

fa

V anime a

Dio:

Par. xxv. 10.

Al regno de'

non

mai chi non ador debitamente

Dio: Inf.

IV.

38.
sal

mai chi non credette

in Cristo,

N pria n

poi cli'el si chiavasse al legno. Par. xix. 104.

La fede verace {Par. xiv. 41) vince ogni errore [Inf. iv. essendo che illuminata dalla somma luce del cielo ogni nutorilfi convince, n pu mentire, n torcersi da via di
48),

verit, eh' Dio,

onde

la stessa

fede ha vita: Conv.i\.V6:


CO.

Senza la fede hen far non hasta. Purg. xxu.

Nemo, quantumcumque moralibus et inlellectualibus virlutibus, ctsecundum habltum etsccundum operationem perfeclus, absque lde salvari potest: dato, quod nunquam aliquid de Christo audiverit; nam hoc ratio humana per se justum inlueri non potest, fide tamen adjuta, potest: De Mon.u.
8

Qui

in

filium

Dei Christum,

praesentem,

sive

jam

sive venturum, sive passum crcdidcrunt, et credendo


ci

^peravenint, et sperunlcs cUar itale arsernnt, et ardentes

cohaeredes factos esse mundus non dubitat: De Non.


3.

in.

La fede pi che

tutte

le altre

cose utile a tutta

l'umana generazione, siccome quella per la quale campiamo da eternai morte, e acquistiamo eternai vita: Conv.m. 7. Ma egli non basta picchiarsi il petto pel conseguimento della salute; la fede senza l'opere morta:
Ma
vedi, molti irridan Cristo, Cristo,
in iiindicio assai

Che saranno

A lui, che tal che Della l^pcranza.


Speme
clic
ros.=;e

men propc non conobbe Cristo. Par. \\\.

106.

...

uno attender certo

suoi. Molti

minore del suo potere, e fatti poi nel nome suo per li santi sono s ostinati che d quei miracoli per alcuna nebbia siano dubbiosi, e non possano credere miracolo alcuno, senza visibilmente
di ci

avere

sperienza. Conv.

iii.

7.
l'

razione del primo principio, senza


S.

Il miracolo mediante la opeoperazione dei secondi fattori, come


<-

Tommaso

nel terzo vonivo a' Gcnlili

pruova. D^ Mon.u.

4.

212

D0TTR1^E TEOLOGICHE.
Della gloria futura,
il

qual produce
6".

Grazia divina e precedente merto. Par. xxv.

Da

molli chiarissimi sacri scrittori,


di

ma

soprattutto dai sue


dell' epistola

blimi cantici
di S.

Davidde,
al

l'
i

alta

Teoda,

Jacopo vennero

poeta

fondamenti

di quella

speranza
stillata

die

bene innamora, eh'

luce piovuta

insieme

dall'alto.

Le anime amiche di Dio hanno per oggetto della

loro speranza la beatitudine del corpo e dell'anima.

essere

Iddio infinito ed inejfahil bene deve Della Carit. Filosoia e autorit rivelata il nostro supremo amore
:

ce lo insegnano.

Filosofia che ci

apprende che quanto pi


de' filosofi

l'oggetto conoscesi buono, e pi s'ama, che per Dio, bene

sommo, pi merita amore. L'autorit

pagani,

che scende anch'essa da tradizioni rivelate in origine, insegna che Dio il supremo desiderio delle cose immortali,
e
ci

comprova insieme con

l'

eternit di Dio

l'

immortalit

degli spiriti. L'autorit rivelata specialmente per bocca di

Mos

e dell' Apostolo della carit, Giovanni, ci dice che

Dio

autore

primo del bene e rinnovatore di quello. Ragioni ed indirizzi all'amore ci devono essere la bellezza e bont dell' universo, i doni da Dio largiti [all' umana natura, la
redenzione,
la

gloria

sperata da' fedeli

beni che pre-

parano ad essa:
Lo raggio della grazia, onde s'accende Verace amore, e che poi cresce amando. Par. x. Che il hene, in quanto ben, come s'intende, Cos accende amore, e tanto maggio, Quanto pi di bontate in s comprende.
83.

Dunque

all'

essenzia, ov' tanto avvantaggio,

Che ciascun ben che fuor di lei si trova Altro non , che di suo lume un raggio. Par. xxvi. Lume non , se non vien dal sereno Che non si turba mai, anzi tenebra,

28.

Od ombra
Tutto

della carne, o suo veneno. Par. xix. 64.


il

Perocch

ben, eh' del Yolere obietto.


fuor di quella
perfetto. Par. xxxiii. 103.

s' accoglie in lei, e


l

difettivo ci che

L'eterna luce,

Che

"Vista

sola

s'

altra cosa vostro

sempre amore accende; amor seduce,


v. 8.

Non

, se non di quella alcun vestigio Mal conosciuto, che quivi traluce. Par.

Il

divino amore tutto eterno, dove questo amore splende

DOTTRINE TEOLOGICHE.
lulti gli altri

213

amori

si

fanno scuri e quasi spenti; impegli altri

rocch

il

suo oggetto eterno improporzionaimente


:

vince e soperchia
Dalla fede

Conv.

ni, 14.

vien la speranza

del preveduto

desiderare,
le

per

la

speranza nasce l'operazione della carit, per


si

quali

Ire virt

sale a filosofare a quella

Atene

celestiale,

dove

gli Stoici e Peripatetici

ed Epicurei, per l'arte

della' verit

eterna in un volere concordevolmente concorrono. Conv.m.V.


Il

Peccato.
Solo

il

Il

peccato toglie ed avvilisce

la

sovrana

dignit dell'anima:
peccato

quel che la dis franca,

falla dissimile al

sommo

bene,
vii.

Perch del lume suo poco s'imbianca. Pai\

Id.

Trascinata la volont negli ultimi abissi del vizio, pare che


ivi

la

colga

la

morte, innanzi cio che la vita fisica abbia


la vita

compiuto l'ultima ora, manca


C)uindi

morale,

gi chiusa nel carcere infernale,


il

a cui

e l'anima venne dannata.

suo corpo come


di altra

in

possesso di altra anima, di

altra vita,

volont satanica.
in

solo

la

morte

una condanna anticipata;


Tosto che l'anima

luogo dell'uomo non pi

un'animale che rimane, un demonio.


traile,

Come
Da un

fec'io,

il

corpo suo l' tolto


il

(limonio, che poscia


'1

governa
/n/".

Mentre che
11

tempo suo
si

tutto sia volto,

xxxiii. 129.

peccatore non

debbe mai abbandonare

alla dispeil

razione: fino all'ultima ora della vita dura verde


della speranza, e
il

ramo

fiore del

pentimento vi pu sbucciare:

Si non si perde, Che non possa tornar Teterno amore, Mentre che la speranza ha fior del verde. Purg.

ni. 133.

Confessione sacrsiuicntale. Doti di


fessore.

un buon Con-

Il

colpevole mal saprebbe essere giudice della

propria sincerit, arbitro della misura delle lagrime che dee


versare, esecutore delle pene ch'egli ha meritato. Quindi la

necessit d'un ministero esteriore, d'un tribunale dell'anime,


il

cui giudice, riducendosi in sua

mano

le

due chiavi della

scienza e dell'autorit, possa dischiudere e serrare, secondo


iJ

merito, la porta della riconciliazione.


Vidi

una

porta, e tre gradi di Botto,

21

DOIiTRIKE TEOLOGICHE.
di color diversi. Purg. ix. 70. Divoto mi gettai a' santi piedi Misericordia chiesi, e cli'ei m'aprisse; Ma pria nei petto tre fiate mi diedi. Id. 109.

Per sire ad essa,

Nella

porta

simboleggiava

il

poeta

la

sacramentale
le disposizioni

confessione; negli scalini di diverso colore,


necessarie al peccatore per conseguire
stificazione;
la

grazia della giu-

nello scalino bianco, la sincerit con che dele colpe, in


lo

vonsi scoprire al sacerdote

quello tinto pi che

perso e (runa pietra arsiccia e per

lungo

per traverso

crepato, la contrizione del cuore, per cui viene a spezzarsi


la

sua antica durezza, e


di

il

lutto e l'amaritudine dell'anima


col

nella ricordanza

Dio

oleso

peccato;

nello

scalino

che pare
di Dio,

un porfido fiammeggiante e sanguigno, l'amore che come fiamma deve accendersi nel penitente,
di

sendo che
dirigere

in

ragione di quello
a medicar

si

rimettano
piaghe,

peccati.

Scienza e discrezione necessarie nel Confessore per ben


il

penitente,

le

e perch

non

abbia indebitamente ad assolvere chi non ben disposto.


Difficolt
di

usare convenientemente

la

chiave d'argento:

esigesi

in

lui

molta arte

ed accortezza,

molla dottrina,

gran cognizione del cuore umano, ed oltre a ci un cuore


acceso di carit e pieno di Dio: Purg.
ix. 122.

Umilt
alla vista

e mestizia ond'

preso

il

cuore del Sacerdote


si

dei mali dell'anima, per cui

unisce col pec-

catore ad implorare con le lagrime la divina misericordia:

Purg.

IX. 116.
1

Le macchie e le male inclinazioni che peccati lasciano neiranima del Cristiano, anche dopo la sacramentale assoluzione, debbono essere lavale ad una ad una per la temporale
penitenza e con
le

opere salisfaltorie dal sacro ministro


112.

imposte: Purg.
Il

ix.

dolore necessario all'espiazione della colpa: Par.


VII. 82.

IX.

91;
Il

pentimento disarma la divina Giustizia: Purg.ww.^^. La porla, in cui adombrata la Confessione, apre il varco d'un aringo umiliante e faticoso, ma dove la fatica va scemando, e l'ignominia si cancella grado a grado che
il

peccatore
1

si

indietro

per

avvicina al termine. Guai se alcuno riguardi lui verrebbe meno il frutto delle sostenute

D0TTU1^E TEOLOGICHE.

215

prove: Purg.

i\. 132. si

Quegli che vorr camnare sino al

termine delia via

appliclier

da prima alla meditazione


le

degli esempi che T istoria

profana e
si

sanie Scritture

gli

presenteranno sui

vizj
il

ondegli

purgato e sulla virt

a loro contraria. Cosi

vizio e la virt, considerale in tipi

viventi, dov' ebbero la loro

pi completa espressione, non

saprebbero paragonarsi senza che nello slesso tempo non


determinassero
soprattutto
xiii. 37.

una energica preferenza: Purgai, passim, Da quel punto si appiglier senza esidei quali vuol
le

tare alla pratica degli atti opposti a quelli


in s

distruggere

traccie.

L'abitudine

con egual forza


dall' abitudine,

distrugger
e,

le disposizioni

perverse formate

divenuta una seconda natura


inclinazioni della

ella stessa neutralizzer le

malvage

natura: Purgai, passim.

Questi

sforzi e le resistenze

che s'incontrano, conducono all'esersofl'erenza

cizio della
0,

spontanea
il

come mezzo
di

di

reprimere,

per |)arlare

linguaggio ascetico,

mortilcare e an-

nullare gli sregolati appetiti. L'imagine di Dio che riempie

l'anima innocente,

disparve per lo peccato,


il

lasciando in

sua vece un volo cui solo


riempiere: Pwrr/. xix. 91
;

dolore

puote a riparazione
Tultavolla
i

/^ar. vii. 79.

molti

soccorsi che la scienza pi profonda

del cuor

umano pu
ancora
si

pi

prestare

al

pi

austero

coraggio, sarebbero

insufficienti;

imperocch v'hanno dei secreti orrori che


la

levano a intorbidar
si

memoria,

il

demonio del terrore


:

mette ancora a traverso


vili.

Pura.

morale
compirsi

al cammino della penitenza E d'altra parte l'opera della rigenerazione una seconda creazione, la quale non potrebbe

91.

senza

l'

intervento

della

divinit.

Perci

verr

sollecitandone l'adempimento colla preghiera; la preghiera

che

fa dolce. forza alla stessa


di lasciarsi

onnipotenza,

la (piale si fatta

una soave legge

vincere dall'amore, per vincere


vi.

poi alla sua volta colla bont: Parf/.

28;

ix. 82. xi. l;

Par. XX. 94. - infine,


al

al

termine del corso espiatorio, come


ad
un' autorit religiosa,
le

suo principio, cos per uscirne come per entrarvi, coned


quelle

verr sottommettersi ancora


accettare

medesime condizioni senza


la
la

quali Dio

non

tratta
le

punto con noi:


lacrime per

confessione per l'obblio delle


e
il

colpe,

consolazione,

pentimento per

216
la

DOTTRINE TEOLOGICHE.

riabilitazione definitiva: Purg.

xwi.. La

riabilitazione

restituisce all'uomo la serenit

della primitiva innocenza;

e lui ritorna quale egli era all'uscire delle

mani

del Crea-

tore, e ricostruisce nella letizia della coscienza

d'Eden mortale, una beatitudine che la pu gustar sulla terra. Questa beatitudine

una specie maggiore non si


terrestre posta

nell'esercizio virtuoso dell'umana facolt, e in un'attivit

costante che a se rende testimonianza della legittimit delle

proprie azioni:

Purri.xwi. e se^

Ozanam, Dante
II,

e
1.

la

Filosofia Cattolica nel XIII secolo, Parte

cap.
la

III.

di s

Conversione. medesimo e de'


il

Principio
proprii
si

al

pentimento
e
l'

conoscenza

falli,

odio della cosa dianzi

amata, onde

rimorso. Purg. xxxi. 83.


pu, chi non
si

Assolver non

pente;

N pentere
Per
la

e volere insieme puossi,

contraddizion che noi consente. Inf. xxvii. 82.

Di tutt' altre cose, qual

mi

torse

Pi nel suo amor, pi mi

si f

nemica. Purg. xxxi.

85.

D addietro nella via di Dio, e perde la grazia chi tempo della penitenza si volge con qualche affetto
terrene cose gi abbandonate: Purg.
iv.

nel
alle

132.

La purgazione delle passioni, e la conversione difficile, ma non impossibile a chi voglia con fermezza, ed abbia
l'aiuto della Grazia:

Purg.iv.^'.
:

Conversione nello scorcio della vita

Non
vi

si

Purg. pu disperare della clemenza del


:

iv.

132; v. 53.
finch

cielo,

abbia alito di vita

Purg.

in. 135.

Santificazione delle fe^tc. Diem Solis, quem Salvator per gloriosam suam nalivitatem, ac per admirabilem suam resurrectionem nobis nnuit venerandum: Quaestio de aqua et terra, 24. Efficacia della prejs^hiera.
.
.

noster

Orando, grazia convien che s'impetri. Par. xxxii. 147.


Decreto del Cielo orazion piega. Purs.
vi.

30;

specialmente qualora s'elevi da un'anima

in istato di grazia,
:

che

peccatori non possono meritare n per s, n per altri


prima non m'aita, Che surfja su di cor che in grazia viva: L'altra che vai, che in del non udita? Furg.
Se orazione
in

iv. 133.

Che lass

nel cielo ascoltala la

voce degl'innocenti:

DOTTRINE TEOLOGICHE.
Di a Giovanna mia, che per

217

me

chiami
Purg. vm. 71.

L dove

agi' innocenti si risponde.

Dig;iuno.
Mle e locuste furon le vivande, Che nudriro il Batista nel diserto: Pcrch'egli glorioso, e tanto grande,

Quanto per

1'

Evangelio

v' aperto.

Purg. xxii. 151.

Tale, halbuzicndo ancor, digiuna,

Che poi divora, con

la

lingua sciolta,
Par. xxvii. 132,

Qualunque cibo per qualunque luna.

Voto.

Dante argomenta

l'alto valore del

voto dal

valore della libert che consacra s stessa spontaneamente.

Ma appunto perch

spontanea, l'obbligazione pi sacra, in

quanto che nessun vincolo di legge positiva o naturale, imponendo una pi o meno indiretta necessit, limita quella facolt del volere per cui l'uomo simile a Dio e tende
ad esso. Se non che condizione essenziale

la
al

valore del voto

spontaneit piena,
di quel

la
;

qual richiede la piena intelli-

genza

che

si

fa

e tutte quelle circostanze che de-

traggono
vole,
la

alla pienezza del volere o dell' intendere

scemano

l'obbligazione.

Ed essendo

il

voto atto altamente ragione-

promessa di cose non conformi a ragione, cio non cosa santa. - La Chiesa dispensa dal perch non in tutto conforme a ragione, o perch voto, nuove condizioni lo rendono tale che, se il promettente dovesse rifarlo, se ne asterrebbe per meglio compiere 1 proprii doveri, o perch l'intelligenza e la spontaneit non
cattiva in s,
fu piena.
atti

Ma Dante
di

distingue

la

materia del voto, cio

gli

non fare, e il patto stretto con Dio; e aflerma che gli atti possono permutarsi, ma il patto rimane, e che quella permutazione stessa dee farsi non dal difficile al facile, ma dal mono al pi, s che il baratto non
promessi
fare o

paia un volere far gai)bo a Dio e agli uomini


pria coscienza.

e alla prola licenza di


il

Alla Chiesa stessa


col pi,

permutare

il

meno

nega egli se non quanto

merito dei

sacrilizj interiori
i

compensa l'alleggerimento degli atti esteriori; di che preti non possono essere giudici, ma ciaschedun uomo negli intimi suoi pensieri. Tommaseo.- Par. in. 29-49;
V. 22. ao.

Culto delle sacre imag;iiii.

Lo spirito della Chiesa,

218
noi cullo
delle

I)OTTUl^E TEOLOGICHE.

sacre

imagiiii,

egregiamente compreso da
vostro ingegno.

Dante

Co?i piirlar conviene!

al

Perocch solo da sensato apprende


Ci die fa poscia d' intelletto degno.

Per questo

la Scrittura

condescende

vostra facultate, e piedi e

mano
;

Attribuisce a Dio, ed altro intende


Gabrielle e Michel Ai rappresenta

K Santa Chiesa con aspetto umano


.

Par. iv 40.

La Chiesa
pissima e sposa

Cattolica.
(/i;9.

La Chiesa Cattolica

madre
ii.

ix. 7.)

e segretaria di Cristo: Conv.

G - La santa Chiesa non pu dir


cristiana sentenza di

menzogna

Conv.

ii.

4 -

La

maggior vigore ed rompitrice d'ogni

calunnia,

merc
Conv.

della
iv.

illumina:

somma luce del cielo che quella 15 - La dottrina veracissima di Cristo


via,

via, verit e

luce;

perch per essa senza impedi-

mento andiamo alla felicit di quella immortalit; verit, perch non soffer alcuno errore; lume, perch illumina noi nelle tenebre dell'ignoranza mondana: Conv. ii. 9. Fuori della Chiesa cattolica apostolica romana non vi ha salute
:

Purg.

II.

100.
i

Gli eresiarchi, e
nali alle

loro seguaci d'ogni setta, sono danInf. ix. 127; Inf. x.


il

pene d'Inferno:

s.s. ScrittHre.

gli

Ed

poeta aveva in tanta venera-

zione la Bibbia che parevagli


essa,

gran
in

fallo

il

contraddire ad

ancorch ci
abuti!

avvenisse

sogno.

Oh summum

facinus,

etiamsi contingat in

somniis,

aeterni splritus In-

lenlione

David, non in Job, non


in

Non enim peccatur in Moysen, non in in Malha^um, nec in Paulum, sed Spiritum Sanclum qui loquitur in illis. Nam quamquam

Scriplores divini eloqui multi sint,


est

unicus tamen dictalor Deus qui beneplacitum suum nobis per multorum calamos explicare dignatus est De Man. 4 - E duramente pur
:

i.

riprende coloro che interpretano


in

il

senso delle Ss. Scritture

modo

diverso da quello che dalla Chiesa fu stabilito:

ancor questo quass si comporta Con men disdegno, che quando posposta La divina scritlura, o quando torta. Non vi si pensa quanto sangue costa Seminarla nel mondo, e quanto piace Chi umilmente con essa s'accosta, far. xxix.

88.

DOTTRmE TEOLOGICHE.
Oltre
il

219
quale

vecchio e nuovo Testamento,

il

mandato

in

efenio,

abbiamo l'autorit

de' venerandi

Concili

ne' quali

Cristo esser stato presente nessun

fedele dubita,
a' discepoli,

concios-

siach noi abbiamo. Cristo aver detto

avendo

a salire in cielo: Ecco, io sono con voi or/ni d, infmo alla

consumazione del
ancora
i

secolo,

come Matteo
di

testimonia.

Sono
altri,

le scritture

de' dottori,

Agostino e degli
quali

quali aver avuto l'aiuto dello Spirito Santo chi dubiter.


la

Dopo
rit
:

Chiesa sono

le

Costituzioni,

le

chiamano

Decretali che pur souo da venerare per l'Apostolica auto-

De Non. ni. 3. - La cristiana sentenza di maggior merc della somma luce del cielo che quella allumina: Cony. IV. 15. Onde amaramente si duole che Dottor
vigore...
i

Marini sieno

derelilli, (Par. ix. 133)

che facevano vedere l'una

mondo e d Dio: Purg. xvi. 108.- Ah! madre piissima, Sposa di Cristo, quai figli generi spiritualmente nell'acqua a tuo rossore medesimo!... Giace Gregorio tuo fra le tele de' ragni: giace Ambrogio negli abbandonati ripostigli de'Cherici; giace Agostino; non si curano Dionisio, Damasceno e Beda; e non so quale Specchio, Innocenzio e l'Ostiense si predicano. E perch ci? Quelli intendevano
e l'altra strada, del a Dio,

siccome

al

vero line ed all'ottimo; questi a conse7.

guire censi e benelzii: Ep. ix.

neiraiiiiDia discioita da! corpo.


si

Quando l'anima
le fale

disgiunge dal corpo dlsciolto, seco adduce tulle

colt divine

ed umane che

le

appartennero;
la

primarie,
at-

cio la memoria, tive; le seconde,


il

T intelligenza e

volont
si
Il

fatte pi

cio quelle che tutte


iuerti

raccolsero sotto

nome

di sensibilit,

all'intutto.

suo merito o deil

merito, quasi forza che la trascina, determina


di

suo luogo

pena, di espiazione, o di ricom[)ensa. Giunta appena al


di s la

luogo assegnato, esercita intorno


trice

potenza informasi

ond' dotata.
vi
si

E come l'atmosfera umida


rilletlono,

colora

de' raggi che

cos\ l'aria

prende

la

nuova

forma che
siero
gli

le

viene impressa, e ne risulta un corpo sottile

in cui ciascun
la

scuso ha l'organo suo proprio, ciascun penin

sua esterna espressione,

cui

l'

anima

ripiglia

uflicj

della sua vita animale, e appalesa la sua presenza

colla parola, col sorriso o colle lagrime:

.,

220

DOTTRINE TEOLOGICHE.

E quando Lachesis non ha


Seco ne porta e
1'

pi lino,

Solvesi dalla carne, ed in virtute

umano

il

divino.

L'altre potenzie tutte quante

mute;
. .

Memoria, intellgenzia, e volontade. In atto, molto pi che prima, acute Tosto che luogo l la circonscrive, La virt formativa ratrgia intorno,
Cosi e quanto nelle

membra
si

vive

Cos l'aer vicin quivi

mette

In quella forma, che in lui suggella


1' alma che ristette Perocch quindi ha poscia sua paruta, chiamai' ombra; e quindi organa poi Ciascun sentire insino alla veduta. Purg. xxv.

Virtualmente

80.

Nel pensare alla gravezza delle pene dell'anime purganti che pur si convertirono, non dobbiamo
smarrirci, n rimuoverci spaventali dal
di tornare a Dio. Anzicch alla natura delle

Purgatorio.

buon proponimento pene dobbiamo


alla

meglio por mente a quello che ad esse succeder, cio


!)eatitudine

del Paradiso.

Al

peggio che

possa accadere,
del

queste

pene non
Non vo'

potranno

durare
ti

al

di l

giudizio

universale:
per, lettor, che tu

smaghi

Di buon proponimento, per udire

Come
Pensa

Dio vuol che


la

il

debito

si

paghi.

Non attender
la

Oltre la
Tsel

forma del martire; succession pensa che, a peggio, gran sentenzia non pu ire. Purg.
;

x. 106.
:

Purg. xii. 112; XXIII. 71.86. Le preghiere dell'anime purganti non hanno virt di mondarle dai peccali, perch tuttavia disgiunte da Dio
la

Purgatorio

pena

sofferta

con

letizia

Non s'ammendava, per pregar,


Perch
il

difetto,
vi. 41.

prego da Dio era disgiunto. Pur^.

Posta da un lato la purit della giustizia dell'Ente che

il

fine ultimo dell'umanit, posta dall'altro l'imperfezione


la

dell'uomo e
che,

quell'Ente; ne segue non pu esser fatta di subito degna del pieno godimento di lui, e che una prova
di

possente volont

per

pura che un'anima


pi o

sia,

di

aspettazione

men

dolorosa concilia

due grandi

attributi della giustizia e della bont, e salva l'uomo dalle

ruine della speranza superba e della superba disperazione,

DOTTRINE TEOLOGlCnE.
e gli rende
de' cari

221
il

meno

affannosa la morte, e diffonde


luce avvivalrice, tra
i

pensiero

suoi,

quasi

le

tenebre del
;

sepolcro, e cos conforta

viventi e

li

rende migliori
nel
visibile

ed

esercitando l'affetto
10

nel passato e
e fa

tempo avvenire,
e dello

amplia

e lo

innalza;

del

mondo

invisibile

una

vita, e de' viventi e de'

morti una sola ope-

rosa e cospirante famiglia - T. - V. Purg. xxvii.

Orazione de' vivi utile


140, 144;
IV.

alla

anime purganti. Purg,

iii.

132;

125, 147; xxiii.

Inferno.

26; vm. 71; xi. 22. 31. 127;'xiii. 79, 87; xxvi. 130; Par. xv. 95. La tradizione popolare, forse dai fenomeni
vi.
l'

vulcanici, ha posto

inferno nelle viscere del globo terrestre.


il

L'antica scienza rappresentava questo luogo come

pi
Egli

basso dell'universo,
era naturale che vi

e
si

il

pi lontano dall'empireo.

relegassero le anime allontanate per


di

sempre dal soggiorno


11

Dio per
i

la

ragione del peccalo.

Tuttavolta l'Inferno conserva

segni dell'Immensit divina.

potere, la sapienza e l'amore lo preparano sin dal prin-

cipio; diciamo l'amore, perciocch giusto che eterni dolori

sieno

la

parte

di

quelli

che posero

in

non

cale

l'eterno

amore!

Oz. -

Giustizia mosse il mio alto fattore: Fecemi la divina potestate, La somma sapienza e il primo amore, Inf.

ni. 4.

Le pene d'inferno cresceranno quando le tombe dischiuse avranno ridonato morti ad una vita senza fine perciocch quanto pi completo un essere, pi compiutamente
i

si

esercitano le sue funzioni

dell'anima e del corpo pi viva

quanto pi stretta l'unione si fa la sensibilit che

ne deriva:
Ritorna a tua scienza,

Che vuol, quanto


Pi senta
'1

la

cosa pi perfetta.
vi. 106,

bene, e cosi la doglienza. Inf.


la
il

A
ma
la

pena dell'intelletto rimane

memoria

del passato;

un tormento di pi: Inf. x. 46; xv. 55. Stranieri al presente, quantunque si scopra a' loro sguardi l'avvenire; somiglianti
della colpa senza

memoria

pentimento

a'

quei vecchi
le

la cui

vista indebolita

discern le cose lon-

tane,

quali

pi

si

avvicinano, tanto pi loro diventano

oscure.

Ma

questa profetica chiarit, solo riflesso che arriva

222
iiisliio

DOTTRINE TEOLOGICHE.

ad

essi della luce eterna, si ecclisser


si

quando, consumali

tempi,

chiuderanno
in essi

le

porte dell'avvenire. Allora ogni

conoscenza

sar spenta:

Inf.vi.^i; xxviii. 76; x.

97: Quelle slesse idee che qui durano ancora sono confuse,
tenebrose, n punto al livello della scienza, e

meno

a quello

della Ulosola, la quale formata dalT amore, e l'amore vi

estinto. Pertanto

gli

spirili

dell'inferno

sono privi della


di ogni tri-

contemplazione
lelto,

di s\ bella cosa, eh'

beatitudine dell' inlele piena

la cui

privazione amarissima

stezza. -

La mancanza dell'amore
colpevoli.
si

l'ultimo supplizio delle

volont

Quindi quell'odio reciproco per cui a


le

vicenda

maledicono, quell'odio contro s stesse che


i

incita e le precipita contro

tormenti

Inf. ni.

58

),

quell'o-

dio contro Dio disfidato nel mezzo delle loro pene: Inf. xiv.

52; XXV.
il

l.

Quindi
il

le

bestemmie contro
il

il

Creatore, contro

genere umano,

luogo,

tempo,

parenti;
:

quel desi7/.iii. 100.

derio del nulla, che non


Agitati

mal sar soddisfatto


al

ancora dalle passioni ch'ebbero


di lodi, di volutt

mondo, avidi
di
infiniti

ancora

di

vendette,

non cessano

meritare e soffrire castighi interminati, dolori

[Inf.

V. 7(); XXXI. /G) nella durala e nella intensit, perch tutti ingenerati dalla perdita del bene supremo, ossia di Dio. -

Ozaiam, P.

II.

C.

II.

3.
si

Lass
dore,

in cielo

per letiziare
le

acquista,

si

aumenta splensi

ma

gi

nell'inferno

ombre
tristi

dei dannati

fanno

pi oscure a misura che sono

e dolenti: Par. ix. 70.

Neir inferno

lamenti sono feroci, nel purgatorio ral-

legrati dalla speranza e dal piacere di Dio:

Pur /.

xii.

11^;

xxin.71.86.
Pi larga la via che mette
torio: Purf}. X. 2.
EilKcrEilt
all'

inferno che

al

purga-

delle
io

pene

d*

Inferno.
iii.

eterno duro:
8.

Lasciate ogni speranza, voi ch'entrate. Inf.

E
eiVelli

piet

il

lerato colui

non averne alcuna pei dannati: sarebbe scelche sentisse compassione in mirare ne' rei gli
la piet

della giustizia di Do:


Qui vive
CJii

quando ben morta.


passion porta? Inf. \^.
i8.

pi soelerato di colui
diviii

Ch'ai giudicio

dottrim; teologiche.

223

laradiso.
tano

Al

(li

\i\

delle sfere celesti,


oltre
il

dove

si

segui-

nono cielo che invilui)[)a gli altri nel suo vortice immenso, si trova il cielo <>ni[)ireo, pura luce, luce intellettuale piena d'amore, amore ik vero bene, fonte d'ogni gioia, gioia che avanza ogni
le rivoluzioni

degli astri,

dolcezza

Par. \\\. 37.


la dottrina dell' ordine, e

Nel primo del Paradiso posta

strumento dell'ordine
<leir

posto
ai

l'amore; nel secondo, l'idea


moti
de' cieli,

ordine viene applicala

all'intelessi

ligenze
traluce,

che

li

muovono amando,
alla societ

e alla gioia

che da
di loro

come da viva

pupilla; nel terzo mostrasi l'amore,


dei beati
e

come vincolo
titudine.

forma

bea-

Dante domanda a Piccarda: Desiderate voi pi alto luogo di questo a maggiore felicit? Ed ella risponde: La carit che contenta il nostro volere, il quale ha pace
dal conformarsi
al

volere di Dio; la carit che


nostri,

ci fa

gosia,

dere

del

bene

de' consorti
sia.

qualunque

il

esso

dacch Iddio vuole che


stianesimo,

E questo

principio del Crila

da cui solo pu avere anche


le

vita sociale

quel tanto di felicit che

dato sulla terra,

perch sola

l'obbedienza ad un volere invitto e provvido ed amoroso

pu rendere rassegnati, ed insieme santamente sdegnosi d'ogni


altro volere
coitrario

a quello;

solo l'amore

de' fratelli

pu

nelle

ineguaglianze inevitabili poste dalla natura,

cagionate dalla volontaria debolezza nostra, costituire alcun


principio d* uguaglianza.

Tommaseo.
la

Dio unico

in

sostanza;

potenza,

la

sapienza e l'amore

pigliano in lu una triplice personalit,

per

modo che

nel

linguaggio degli uomini consente esser chiamato col plurale e


col singolare: Inf. in. 4. - Par. xiv. 21. - xxiv. 139.
il
i

Egli spirito, egli


tutti
i

centro indivisibile ove

s'

appuntano
il

luoghi e tutti
circoscrive

tempi

Par. xxix.
e che

12.

Egli

cir-

colo che
scritto:

il

mondo

per nulla

circon-

Purff.w..-Par.xiv.^O. Immenso,
il

mutabile egli

eterno, imprimo Vero fuori del quale tutto texix. 6i. xxxiii. 04.

nebre
fine.

Par.

iv. 96. si

Nel

suo pensiero
al

tutte le creature
I

trovano previste e coordinate


vi
si
;

loro

fatti

stessi contingenti

rillcttono

anticipatavista

mente senza divenir per necessarj

cos

la

dello

224
spettatore

DOTTRINE TEOLOGICHE.

seduto sopra
e non
;

la

sponda segue

il

corso del na

viglio sulle onde,


la

lo dirige:

Par. xvii. 37. Egli


propria volont,

bont senza contini

come bene supremo


la

[Par. xxvi. 16),


la

egli l'invariabile

oggetto della sua

quale diventa
pervenire

la

sorgente e
tali

misura

di tutta la giustizia.
a.

Pure questa giustizia ha


la

profondit

cui

non saprebbe

corta nostra ragione,

come

il

fondo del mare

cui l'occhio impotente del nocchiero


y/. XX. 20. ~ Par. IV. 07; xix. 86.
attributi, levati al

mal pu scandagliare: Da ultimo lutti suoi


i

medesimo grado
numeri,
:

di perfezione

suprema,
adope-

danno un
randosi
il

equilibrio indistruttibile,

per guisa che,

linguaggio dei

ne sarebbe conceduto

definire Iddio la

prima I^fjualit Par, xv. 74. Quanto maggiore il numero dei beali in Cielo tanto maggiore lo splendore ed il gaudio del celeste soggiorno
;

Par. XV. 53.


I

Beali, secondo

proprii meriti, partecipano pi o

meno

dell'eterna gloria, che Dio spira negli eletti: Par.

iv. 34.

L'anime in Paradiso son tulle liete del posto loro assegnalo. Sentono esse medesime la giustizia di una varia proporzione
di gloria;

e la coscienza che ne

hanno

si

fa

un elementi
le

constilulivo della loro felicit;

perciocch l'amore che

rende beale, concentra

la
le

volont loro nella volont divina,

dove
Per

si

perdono, come
guisa,
dei
in

acque che mettono


condizioni,

nell'Oceano.
il

tal

differenti

trova ciascuna
della

termine

suoi

desiderj,

cio

la

somma

felicit,

ond'essa capace; e dalla medesima variet del ben operare ridonda un concerto meraviglioso a lode del supremo
lli-

muneratore: Par.

iii.

70. e seg.

La chiarezza
della visione,
la

della

luce

in

cielo

dunque crescente
gli

secondo l'ardor dell'amore, l'amore secondo


visione

splendori

secondo
e
la

la

grazia
xxi.

operante sul
Cosi e

pensiero insieme e l'affetto:


sta
tra
la

Par.xw;

l'amore
la

bellezza visibile

intelligibile,

forza

dell' intelligenza sta tra la grazia

meritoria del libero

amore

umano con
uno con
reno,
la

la

gratuita dell'amore divino, che lo Spirito


la sapienza. - Rivestito
la
il

la

potenza e

corpo ter-

persona umana otterr

sua perfetta interezza,


la

accrescendosi

quel lume gratuito che illustra

mente, e

DOTTRINE TEOLOGICHE.

225

quindi F ardore del cuore, e quindi l'esterna chiarezza, la


cui luce

non potr

affaticare

beati,

perch

gli

organi stessi

del corpo saranno forti a ogni pi intenso diletto.


tra

E intende,
in

armonia spandono fin negli organi corporei armonia contemperata di venust e di vigore, condizioni indivisiljili d'integra bellezza. - Tommaseo, Bellezza e Civilt, Firenze,
le

r altre cose, che

facolt

delio

spirito

esercitate,

Le Monnier, 1837, pag. 43. La beatitudine. degli eletti tutta riposta nella visione
di

Dio

(Par. xxviii);

a questo

immenso specchio,
li

in

una

sola e fssa veduta, scoprono essi ci che fu, ,

o sar, e

prima ancora della parola


che
li

la

quale
il

esprima, e del fatto


il

verifichi,

scoprono anche
si

concetto e

desiderio.

La loro vista tanto pi vi


maggiori
i

quanto ne sono meriti ( Visione di Dio, Par,vm. 91 ix. 61-73 xi. 19


sprofonda,
;
;

XV. G; XXI. 88; xxix. 1 - Conoscenza

il

eir avvenire, passim,

soprattutto nelxvii.l3). L'atto per cui veggono adunque


la

base e come

la

materia della loro


la

felicit;

Tatto per
nel punto

cui essi

amano n'

forma;

decreti
li

eterni

che
tarli

si

lasciano dai beati comprendere,


:

sforzano ad accetquella

e ad eseguirli

Par.

ni. 79.

E per

guisa che

l'intuizione
alla

appartiene all'intendimento,
;

e la dilettazione
ossia

volont

cosi conoscenza e
alla
la

amore beatitudine,
potenza.

l'uomo innalzato
altrui a godere,
si

pi alta

Considerata poi

sott' altro rapporto,

beatitudine Dio slesso


il

che

si

l'uomo e Dio,
il

soggetto

e l'obietto,

toccano senza confondersi, e

finito sussiste distinto in

cospetto dell' infinito. Il

Ozanam

Paradiso, creato da Dio,

perch fosse stanza propria

delle genti

umane, e quindi pi conveniente alla natura loro.- Laonde l'umana generazione sarebbe qui, quasi pianta
i.

fuori del suo cielo, e pero [>i fiacca: Par.

57.
l'

^ecessit di della virt.

meditare

novissimi per

acquisto

Oh! dissi lui, per entro i luoghi tristi Venni stamane, e sono in prima vita. Purg.

viii.

58.

Risurrezione de' corpi.


sfumare innanzi
YOL.
II.

L'

Ombra deve un giomo


devoio

alla realt;

questi corpi caduchi

cedere a quelli che rianimati usciranno della tomba, perch


15

2^26

DOTTRINE TEOLOGICHE.

la corrutlibilil, se la legge

di quelle creature soltanto

creati

cosi

hanno

fine le

comune delle creature, legge che sono l'opera d'altri esseri cose prodotte dal concorso della
;

materia prima, e della influenza degli astri


quelle che

ma

sono eterne

vengono immediatamente dalle mani del Creatore. L'Eterno non d una vita caduca; l'umanit opera sua, r intera umanit, e anima e corpo, si form dalle sue
mani,

animata dal suo soffio, il sesto giorno del mondo nell'ultimo intiera, e corpo ed anima, risorger.- Oz. Ci che da lei senza mezzo distilla

Non ha poi fine ... Par. vii. 67. E quinci puoi argomentare ancora
Vostra resurrezion, se tu ripensi

Come r umana carne


Che
li

fessi allora,
vii.

primi parenti intrambo fensi. Par.


si

145.

Pi non

desta

Di qua dal suon dell' angelica tromba.

Quando verr

la

nimica podest,
la trista

Ciascun ritrover

tomba,
vi. 94.

Ripiglier sua carne e sua figura.

Udir quel che in eterno rimbomba. Inf.

8EI ROMANO PONTEFICE


Non
vi quasi tesi di Teologia riguardaute la

supremazia
P.

del

Romano
il

Pontefice che

nou

potrebbe intitolarsi di qualche verso di Dante.

BERAKDrNELLI,

Concetto della Divina

Coraedia. p. 429.

Ges Cristo
holicamente
le

volle che fra gli Apostoli

Pietro avesse
lui

il

primato, e ci principalmente signific con dare a


chiavi
del

sim-

regno dei

cieli:

Inf. xix.

91;

Furg.

IX.

127; Par. xxiv. 35; xxxii. 49, 124.


fu

S. Pietro

col martirio, e ci

Vescovo di Roma, e vi fin suoi giorni non a caso, ma per divina predestina-

zione che la citt di


e de' suoi successori
:

Roma dovesse essere la sede di Pietro Roma lo loco santo, U' siede il suf:

eessor del magr/ior Piero

Inf. n. 23. -

Yaticano,

V altre

DEL ROMANO POiNTEFICE.


part elette

2*27

D Roma,

che san state


ix.
le

cimitero Alla milizia

che Pietro seguette:

Par.

139.

Solo

alVuso suo creata

santa

Le pietre che dentro


il

mura
e

sue stanno^ son degne

d riverenza: e
lo

suolo dov ella siede,

degno oltre quel:

che per gli uomini

predicato

provato

Conv.

vi. 5. -

Egli

non

fu

che per noi e per

la salute

nostra

fu

detto
Pasci,

quei

che della carit fu interrogato tre volte:


il

Pietro,

sacrosanto ovile,... e per cui da Pietro ancora


delle genti,

e Paolo, r apostolo

fu
:

Roma
Ep.

consacrata qual

sede apostolica col proprio sangue


sposa di Cristo

ix. 2. -

La sede della

Roma: Ep.ix.ll.
dovea
sostituirsi all'antica

Nuova

e pi vasta unit che

unit politica

dell'Impero Romano, ed a cui questa unit

dell'Impero era servita,


Dante,
di

secondo

il

verissimo concetto di

Roma dei Papi dovea raccogliere e stringere intorno a se la gran famiglia delie nazioni, meglio che non avea fatto la Roma dei Consoli e dei Cesari, soggiogandole colla spada; e di
preparazione ed agevolamento. La

queste nazioni, che sotto


il

il

magistero

di lei gi

professavano

Cristianesimo, dovea formare le Cristianit, tutte congiunin una gran societ religioso-politica, il cui Rettore non poteva essere che il supremo Pastore della Chiesa,

gendole
altri

cio

il

Romano

Pontefice.

Ne' Vescovi di
gere

Roma

si

debbono riconoscere

successori

di Pietro, ne' quali vi


la

ha un'eguale autorit

di lui nel

regdi

Chiesa universale, con primato non

solamente

onore,

ma

eziandio di giurisdizione

Purg. xx. 86; xxvii. 46;

Par.

V. 71]; xxvii.

47; xxx. 142.

La Chiesa romana nel C. xix. dell'Inferno chiamata la bella Donna ; nel C. ii del Purgatorio ci apprende che chi non muore nel seno della Chiesa romana, segregato da cosi fatto principio della unilicazione cattolica, non si salva, li
sacrosanto
chiesa di
il

ovile

romano e quello

dell'
;

ork' universo;
fede

la

Roma

e la Chiesa universale

il

pastore romano e

centro dell'unit cattolica,

vincolo della
il

comune,

anzi forma della fede istessa,

pastore di tutta quanta e

ampia e
lui:

dilatata la Chiesa di Cristo, era

una stessa cosa per

Epist. IX.
il

ad Card.
si

poeta amaramente

doleva della sedia pontificia,

228

DEL ROMANO PONTEFICE.

quasi pianta, fuor distia regione, trasportata in Avignone:


Inf. XIX. 86;

Par. xxxii. 154.


il

La santa Gerusalemme

pressoch estinta:

carro

della sposa del Crocifisso fuori

della sua orbita, la citt di

nari destituta,

sola sedentesi

Roma, d'ambedue suoi lumie vedova, degna di esser


i

compianta da Annibale non che da


egli si rivolge a' Cardinali italiani,

altri

{Ep. ad Card.); ed
della chiesa

prima schiera

militante, archimandriti del mondo, affinch tutti unanimi

per
in

la

Sposa

di Cristo, per la

Sede della sposa,


s

eh'

Roma,

per l'Italia nostra,... per tutta l'universit dei peregrinanti


terra,

virilmente combattano...

che l'obbrobrio dei


a' posteri

Guaschi,

quali, di tanto furibonda cupidigia accesi, intenla gloria


i

dono ad usurpare
esempio per
vii; S.

dei Latini,
:

resti

in

tutti

secoli avvenire

Ep. ai Card, raccolti in

conclave a Carpentras, 11. (Y. Petrarca,


Catterina da Siena, Leti.
lib.

Rerum
10
;

Senilium,

e.

4, 5, 6, 7, 8, 9,

Capacelatro,

Storia di S. Catterina,
In

Y.)
della

moltissimi
la

luoghi

Divina

Comedia

apparisce
la
i

manifesta

riverenza grandissima del poeta verso


il

sedia

romana ed
con cui

Pontetce.

egli lo intitola,

nomi E onorevoli sono sempre qualora gli venga dato di ricordarlo


:

di successor del

maggior Piero; [Inf.n.'il)- Vicario di

Cristo;

{Piirg. XY.^i)-

pastore;

Gran Gran prete; [Inf.xwn. 40) Sommo pastore ; (Par. vi. 17) - Dal sommo ufficio; {Inf. - Santo ufficio; [Par. xxx. 46) -Il pastore che xxvii. 91.
pastore; {Purg. xix. 107) (

Romano
)

Pwrgf, xvi. 60

precede

fa guida; [Purg. xvi. 98) - Marito e sposo legittimo della Chiesa; (Inf. xix. 37, 111) - Prefetto del foro
e si

divino; {Par. xxx. H2) - Sole che fa vedere la strada di Dio: Purg. xvi. 106, - Ed aggiungne che oltre la dignit
del gran manto,
dal fango,

che non pu non pesare a chi


si

la

guarda

non
il

pu pi

salire in questa vita:


il

Purg. xix.

110.

- Oltre

vecchio ed
il

nuovo Testamento rammenta


;

ai Cristiani

che hanno

Pastore della Chiesa a lor guida


v. 76. -

questo bastare a lor salvamento: Par.


cristiano, {Purg. xxii. 61

Per Dante
il

la stessa cosa seguire la navicella di Pietro ed


) ;

rendersi

il

muovere
ed

piedi con la Chiesa


fido

ed

il

secondare
:

la

sua

dottrina

il

consiglio

del

Pontefice

Par.

vi. 22,

DEL ROMANO
Fuori
della Chiesa

PONTEFICE.
si

229

romana non

d riparo a salute.

Niuno pu essere ricevuto dall'Angelo guidatore dell'anime nella via del cielo, se non si accoglie dove l'acqua di Tevere s'insala: Purg.
ii.

100.

Al Pontefice solo conferita Tauloriti delle ond'


ei

somme

Chiavi,
;

pu serrare

e disserrare
di

il

cielo

{Inf. xxvii. 103)

ed esso, principio e fonte


essi

ogni autorit e giurisdizione nei

ministri inferiori della Chiesa, sicch tanta parte ne derivino

presentante

quanta ne viene loro da quello comunicata; ed esso, rapla suprema podest evangelica, sicch Domenico
si fa

nel XII del Paradiso v. 88,


la licenza di

a chiedere riverente alla Sedia


la

disseminare legittimamente
il

parola di Dio,
il

di

combattere contro
con

mondo

errante, e

non comincia

suo

apostolato che coli' autorit delegatagli dal


ice

sommo Ponteil

l'ufficio apostolico.

Is

per

lui
;

disconfessato
la

valore delle scomuniche [Purg. in 137)


sciogliere dal voto (Par. V. 35);

podest di prodigiuni; di

di prescrivere

impedire

si

mangi qualunque

cibo per

qualunque luna (Par.


ii.

xxvii. 132); di concedere indulgenze [Purg.

98);

e nota
il

come ogni

religioso Instituto

debba prima ricevere

sugsue

gello delle sante chiavi: Par. xi. 98.


I\ dissimili

sono

sentimenti
il

del poeta nell'altre

opere. Nell'epistola ad Arrigo

romano pastore nominato

padre dei padri (^p. vii. 7); il suo dominio neW ambito della paternit {De Mon. m.U); nella apostolica Monarchia,
la cui

unit

attaccare non

si

pu

(Zip. vii.

3),

successore

di Pietro,

che veramente porta


iii.

le chiavi del celeste

regno
e

[De Non.

1);

sommo

pontefice e Vicario
iii.

di Cristo,
il

successore di Pietro: 3Ion.

minor lume; cui il Pontefice illumina della sua apostolica benedizione: Ep. v. 10. Non che, egli scrive, il principe romano,
3.

L'Imperatore

non sia al romano pontefice


ciossiacli

in

questa mortale

felicit

alcuna cosa soggetto, conalla felicit immortale

sa ordinata. Cesare
la

quale

il

primogenito figliuolo usare verso

adunque quella riverenza usi a Pietro, il padre debbe,


virt,.

acciocch illustrato dalla luce della paterna grazia irraggi


la terra

con maggior

Alla quale da colui solo pre-

posto

il

quale

di tutte

cose spirituali e temporali gover-

natore:

De Mon.

ui.

15.

E ponendosi

dimostrare che

230
l'uffizio del

DEL ROMANO PONTfiFlCE.

Monarca dipendeva immcdialamenle da Dio e non dal Pontefice, e sospettando per avventura non altri potesse in mala parte volgere il suo discorso, si espresse in
questi termini:
Illa

rcverentla
fillus

frelm,

quam

plus

flius

debet patri,
in

quam

plus

matri, plus in Chrlstun, pius

Ecclesiam, plus in Pastorem, plus in omnes christianam

rellfflonem profitentes, pr salute veritatis in hoc libro cer-

tamen inciplo: De Man.


Celestino Y, Martino
ivi stesso

iii.

3.

Egli ben vero che caccia nel limbo per dapocaggine

nel Purgatorio per ghiottoneria, ed


fra gli eretici

Adriano per avarizia, che sfolgora


II,

Anastasio

fra'

simoniaci Nicol

III,

Bonifacio YIII, e Clela

mente y,
il

a'

quali
cieli,

ancor vivi

ei

forava
fa

buca infocata,
S. Pietro

e che fin da'

con quest'ultimo,

fulminare da

XXII; egli ben vero che con velenosissime parole ricorda come il capo reo torceva il mondo (Par. vili. 131); che l'umana famiglia sviavasi, non vi esfrancese Giovanni

governasse {Par. xxvii. 140); che privimendaci (Par. xxvii. 135); che si comperava e vendeva dentro dal tempio fondato sul sangue
la
1

sendo chi ben

legi eran venduti e

dei martiri, e sulla verit dei miracoli [Par. xviii. 123)

che

Roma

faceva mercato di Cristo {Par. xvii. 51)


di vite

che

la

buona

pianta, seminata da Pietro,

tralignava
la

nella mali-

gnit di un pruno (Par. xxix. Ili); che

mistica vigna
;

imbiancava per
colle

la reit del

vignaio {Par.
col

xii. 87)

che non
del

spade

ma

facevasi guerra

pane che

la piet
;

Signore a

tutti

liberamente dispensa {Par.

xviii. 125)

che
il

l'avarizia nei pontefici


i

usava

il

suo soperchio,
i

attristava

mondo, calcando buoni e sollevando pravi ch'ei si aveano fatto Dio d'oro e d'argento
eransi trasmutati del tutto dalla primitiva
xxii. 93); che l'occhio loro, fisso

{Inf. xxix. 105);


{Id. v. 112),

ed

chiarezza

{Par.

pure

alle cose terrene,

non

adergeasi in alto (Pwr//. xxix. 118), e mentre le sostanze


de' loro consorti moltiplicavano, ninna cura
li

prendea che
20. -

quelle della Chiesa andassero disperse

Mon
i

ii.

Oltre a ci

gli

parca strano
in vessillo

che

le chiavi di S. Pietro

fossero segnacolo

che contri
il

battezzati com-

battesse {Par. xxvii. 51),

e che

Vicario di Cristo parteg-

giasse,

e che

il

capo della religione, tutta pace ed amore,

DEL ROMANO PONTEFICE.


fosse

231
il

fautore

di

discordie fraterne.

Se non che
la

poeta

percuote l'individuo tralignante,

non

sedia che per s


il

non

traligna

Purg.

xii. 90.

Ed

pur bello
lo

vedere,

comech l'impeto

del suo indocile

sdegno

sospingesse

ad usar parole ancor pi gravi di quelle onde rimprover


l'avarizia di Nicol III,

pur tuttavia

egli senta frenarsi dalla

riverenza delle somme


lieta: Inf. xix. 100.

chiavi che questi

tenne
l

nella vita
si

Oltre a ci, giunto

dove

purga

l'avarizia, e
il

dove

la giustzia e la

speranza fanno

men duro
sensi

soffrire,

com'egli ebbe richiesto ad uno spirito chi fosse,


di Pietro,

ed avutone in risposta, che fu successore


tendosi

rimorso dalla sua dignitosa e netta coscienza,

inginocchi in atto di riverire l'eccelsa dignit di colui.

E non prima
Y,
gli

si

lev in piedi, che da quel pontefice, Adriano


di cosi

fosse stalo imposto


il

fare:

Purg. xix. 130.-

Rivolgasi inoltre
delia
rettitudine,
alla
al

pensiero a considerare,

come

il

cantore
ira

infiammato
di

com' era da veemente


tanto da

contro

persona

Bonifacio YIII,

credere
il

vacante
luogo
quella

cospetto d Dio (non per degli uomini)

santo
fece

di Pietro,

quando ricorda
di Francia,
il

la prigionia

che di

lui

mala peste
(li

quell'audacissimo, quel ri-

baldo Filippo,

nome

Bello,

ma

di

costumi vizialo e

lordo, esce con empito in parole cos poderose d sentenza,

fortemente

efficaci eh'
il

buono recarle qui innanzi:


mal futuro e
il

Perch men paja

fatto

Alagna entrar lo liordaliso, E nel Vicario suo Cristo esser catto. Veggiolo un'altra volta esser deriso; Veggiolo rinnovellar l'aceto e il fele, E tra nuovi ladroni essere anciso. Veggio il nuovo Pilato s crudele Che ci noi sazia, ma, senza decreto. Porta nel tempio le cupide vele. Purg. xx.
Veggio
in

85.

Onde
alto

pel poeta

l'autorit pontificia tocca


d

un grado

da farne dell'uomo un Vicario


la

Do su

la terra, e

da rendere

persona del Pontefice quasi altrettanto sacra


di

che quella del Figliuolo


Cristo, la

Dio. In Bonifazio, nel pontefice

tante volte per lui svituperato, non vede che l'magne di

seconda volta confitta

in croce.

Non

si

pu tacere

del

resto,

come

pi sieno

papi

232

DEL ROMANO PONTEFICE.

rammentati dal poeta con lode, Pietro, Lino, Clemente, Sisto, Pio, Agapito, Callisto, Urbano, Silvestro, non ostante la
donazione alla quale egli credeva, Gregorio
il

Grande, e

nel secolo precedente al suo, Innocenzio ed Onorio. - (Vedi

Giamb. Giuliani, Del Cattolicismo


Yeltro allegorico
lino 1851.)

di

Dante Allighieri e del

della

Divina

Comedia, Savona, Sambo-

Fasto de' Cardinali e prelati avari


cias
il

Par. xxi. 124. (jFac-

confronto di questo brano con quello di Fazio degli

liberti,

Ditam.

ii.

11,

che ritrae

dell'

amarulenta

bile

del

nostro sommo).

Contro

a' Prelati

avari e simoniaci: Inf. xix. lOG.

Gli ecclesiastici

non debbon considerarsi come padroni

dei lor benefzi e delle loro rendite,


tari:

ma

solo

come deposi10.
:

Quantunque
il

la

Chiesa guarda tutto


-

della gente che


ii.

per Dio dimanda: Par. xxii. 82.

De Mon.

Contro
IX.

Papa ed

sacerdoti avidi de' beni terreni


et

Par.
do-

133; xviii. 137. [Oh vitam

mores, non oh
112.

ficlem et

ctrinam. Bellarmino).

Scomuniche e loro efficacia: Purg. iii. Abuso delle censure: Par. xviii. 127.

ORDINI RELIGIOSI

(1)

La Provvidenza divina stabil per la sua Sposa, la Chiesa, due principi in favore di lei, S. Francesco e S. Domenico
Par.
XI. 28.

L'approvazione degli ordini


ritto ai

religiosi appartiene
xi. 97.

di di-

romani pontefici: Par.


degl' instituti
:

Lode

religiosi fondati

da

S.

Domenico e

da S. Francesco

Par. x. 82.

t'

(1) Non torna a religione pur'quelli che a San Benedetto e a SanAgustino e a San Francesco e a San Domenico si fa d'abito e di vita

simile, ma eziandio a buona e vera religione si pu tornare in matrimonio stando, che Iddio non vuole religioso di noi se non il cuore: Coni\
IV. 28.

ORDINI RELIGIOSI.

233
Iddio conserva
il

Nella corruzione generale

dei costumi,

sempre dell'anime sante,


Ordini religiosi lodati,
chi vi entra: con questo
trarvi,
in

le quali

mantengono
la

primitivo

fervore del proprio instituto: Par. xi. 130; xii. 121.

ed approvata

risoluzione

di

si

riconosce apertamente che l'en

ammenda

delle proprie colpe,

argomento

di

salute: Inf. xxvii. 67.

Fra Matteo d'Acquasparta, che poi fu cardinale, dodice-

simo generale
tolo del

dell'

ordine francescano, nel 1287 port assai

rilassamento alla regola. Fra Ubaldino di Casale, nel capi-

suo Ordine tenuto a Genova


rigoristi
:

nel

1310,

si

fece

capo dei
Chi
si

Par.

xii.

124.

legato co' voti monastici a Dio, forzato contra

suo grado ad escire dal

chiostro,

non appena
ci

il

possa,

debbe tornarsene
Biasimo
le

Par.

in. 107.

Ove non
:

tornasse, acconiv. 80.

discenderebbe alla fattagli violenza


a' frati
il

Par.

degenerati: de' Francescani buoni, poche

carte in tutto

volume, e poco panno volersi


:

alle

cappe

de' buoni

Domenicani
a' frati a' frati

Par.

xii.

125.
:

Contro

Francescani e Domenicani

Par.

xi.

124-137.

Contro Contro
Contro
XXIX. 87.

Camaldolesi: Par. xxi. 119.


Benedettini: Par. xxii. 74.
predicatori vani,
del suo

a' frati a' frati,

tempo

Par.

Frati di S. Maria, o di
Inf. xxiii.

Madonna,

detti poi frati

Godenti:

103; xxxiii. 118; Purg.

vi. 17.

COGNIZIONI SCIENTIFICHE
FISIOLOGIA

(d)

Piante criptogame.
il

Dante accenna

alle

piante

microscopiche e criptogame, nate senza che ne veggiamo

seme, o senza che

le

seminiamo:

Quando alcuna pianta Senza seme palese vi si appiglia. E saper di che la campagna santa, Ove tu se', d'ogni semenza piena, E frutto ha in s che di l non s schianta. Purg.
il

xxviii. 118

qual teorema maggiormente ravvalorato al C. xxvii del

Par. V.

U8:
E vero frutto verr dopo
il fiore.

Dalle quali sentenze chiaro apparisce che con Linneo e tutti


1

Botanici del secol nostro,

ammetteva

l'Allighieri,

che

il

fiore

precede

il

frutto ed

il

seme, dal quale nasce poi no-

vella pianta. - Targioni

Tozzetti.

Dalle piante scosse,


l'aria ritrae e

da venti tanto diversi e

variabili,

s'impregna della loro virt, che indi trasporta


e figlia,

e scuote sul rimanente della terra, la quale concepe


fa

propagare diverse piante, diverse legna; secondo


tali virt,

la

na-

tura di

e della propria qualit

del suolo e del

(1) Isella

Divina Comedia
si

passo che vi
ria di

trova
di

un epoca e
le

si in mezzo a inesauribili ricchezze, e ad ogni germe qualche idea, il di cui sviluppo fu poi la gloun nome. P. Lioy. - La Divine Comdie embrasse tout.

in

C'est

rve des sciences dcouvertes, et

le

rve dessciences iconnues.

Lorsque la terre manque auxpieds de l'homme, les ailes du pote l'enlvent au elei, et l'on ne sait en lisan ce merveilleux poraequ'admirer davantage, de ce que sait l'esprit, ou de ce que l'imagination devine. Al. Dumas.- Quel sommo sapea quanto il suo secolo e pi del suo secolo. Tommaseo. - Con la divinazione del genio spinse ardimentoso il pensiero
nell'avvenire. Vaisnucgi.

FISIOLOGIA.
clima. CI posto,
in

235

non dee far meraviglia il vedersi provare una contrada taluna pianta senza seme palese che le dia
anche dopo,
si

origine. Molti naturalisti, venuti

farebbero

un vanto
Galilei

di tali idee cosi

ben espresse.

- Capocci.

maturazione delle frutta.


che
il

Previene l'opinione del


che
la

vino altro

non

sia
Il

luce del
al

sole,

maritata
lotti:

coli'

umido

della vile.

Redi scriveva

Maga-

leggete Dante,

quel Dante che quasi lutto sapete a

mente, quel Dante con tanti bellissimi passi del quale ornata avete la vostra lettera, leggete Dante, vi dico, e troerele
E perch meno ammiri Guarda
Giunto
il

la parola,

caler del Sol, che si fa vino

all'

umor che

dalla vite cola. Purg. xx.y.76 - Vaccolim..

Se

si

considerino le similitudini,
le

l'enfatiche

espressioni,

prese dalle funzioni che


zione,
di

piante esercitano nella vegeta-

chiaro

apparisce che ninno dopo Teofrasto


fatto

meglio

Dante ha

vedere

tali fisiche verit.

Da non mollo
Neochimici

lempo dobbiamo
la

alle scoperte del Lavoisier e dei


fruiti,

spiegazione della maturazione dei


i

ed

il

modo

per

cui
si

sughi da prima acidi dei medesimi, in dolci e soavi


s

trasmulino, e perch di vario colore


la

vestano

le foglie

delle piante:
alla propriet

spiegazione dei quali


la luce

fenomeni

si

riduce

che ha

di

togliere agli acidi quella

sostanza,
altre,

la

quale combinala ed intimamente


la

unita con

converte queste in acidi,

qual sostanza Lavoisier


il

disse ossigene, cio generatore degli acidi, per

che

la

luce

del sole togliendo o facendo esalare nell'atmosfera l'ossi-

geno, miti e dolci rende


acidi

sughi dei fruiti che in principio

aspri
il

si

ritrovavano.

Eppure Dante avea dello:

guarda
che
il

calar del sol che si fa vino, ecc. mostrando cos

calore del sole, sempre congiunto alla luce, produce

questa mutazione del

sugo acido
a

dell'agresto
Il

in

quello

dolce dell'uva matura alta

far vino.

gran Galileo,
di

accostandosi pi d'ogni altro alle moderne scoperte fisicochimiche,

and

si

pu dire del pari


la

al sentire

Dante,

attribuendo alla luce


ti

maturazione

dell'

uva, e gli elemen-

che formano

il

il

vino con quella sentenza illustrata dal

Magalotti:

vino altro

non

se

non

la

luce del sole

236

COGNIZIONI SCIENTIFICHE.

mescolala con l'umido dell'uva.


Tarfiioni Tozzetti.

Lett. V. delle scientifiche. -

Azione della luce e del sole sui fiori, e sulla vegetazione. E Dante conosceva pure l'influenza e l'azione ch'esercita la luce del sole sopra
della quale essi aprono
i
i

fiori,

per cagione
all'

petali, e
i

discuoprono
pistilli

apparire
le

dell'astro benefico

gli
i

stami ed

per celebrare

nozze, e fecondare
la

germi contenuti negli

oviarii o pistilli,

quale ammirevole operazione quattro secoli dopo fu resa


e determinata
il

certa

da Linneo Sponsalia plantarum, sul


s\

quale fondato

sistema detto perci sessuale di

grande

investigatore della natura. - Targioni Tozzetti.


Quale
i

fioretti dal

notturno gelo
'1

Chinati e chiusi poi che

Sol g' imbianca,


ii.

Si drizzan tutti aperti in loro stelo. Inf.

127.

Mathmatiques,

Questo terzetto citato anche dai Libri, (Hisloire des ii. 175), come una delle pi belle osservapi energicamente il nostro poeta al xxii del dove espresse lo schiudersi della rosa a' rai del pi meno secondo la propria possanza che suona
:

zioni di scienza naturale, fatte dall'Allighieri.

Ed anche
Par. 55
sole,

vitale virt:
Cosi m' ha dilatata mia fidanza,

Come

il

Sol fa la rosa,

quando

aiierta

Tanto divien quant' ella ha di possanza.

Ed
ariete

espresse pure

il

vivificante influsso della Itce sulla


il

vegetazione, V inturgidire delle piante, quando


le riscalda

sole dello

de' benefici

raggi, e

il

colore che liete


di vita

rinovano avanti che quella luminosa sorgente


altra stella: Purg. 32.

aggiunga
sulla fio-

Ma non

tanto conobbe

l'

influenza

della luce

ritura e fecondazione del frutto che al fiore succede, quanto

anche come a
lieve dei venti

tal

bisogno cooperasse l'aere sereno, l'aura


il

che ne scuotesse
lo

pulviscolo fecondante

degli stami

trasportasse

ai

pistilli

per effettuare la

fecondazione dei germi e dei semi, e come contraria a tale

operazione fosse l'aria umida,

la

nebbia e
il

la pioggia,

in

modo

tale

da

far abortire e distruggere

frutto desiderato.

Targioni Tozzetti.

FISIOLOGIA.
Ben
fiorisce negli

237

uomini

il

volere;

Ma

la

pioggia continua converte

In bozzacchioni le susine vere. Par.

xxvn. 124.

Le piante ed
E
la

fiori

riempiono

zefiri

della loro virt aniali

HKtiva, ch'essi poi

spargono e quasi delle loro

scuotono:

percossa pianta tanto puote, Che deliba sua virtute l'aura impregna, E quella poi girando intorno scuote. Puro, xxviii, 109.

Funzioni della vegetazione.


delle funzioni della vegetazione

N minor cognizione
di

dimostra
vita

aver avuto

il

nostro poeta quando ripone


delle foglie:

la

delle piante nel color

Come per

verdi fronde in pianta vita. Pwrff.xviii.54.


il

qui duopo osservare che ora dimostrato che

verde

delle foglie dipende dalla scomposizione del

medesimo aereo
la

acido carbonico assorbito

dalle piante

o in esse raccolto,

prodotto dalla forza vegetativa delle medesime,


scomposizione, come
luce del sole, perch
la

quale
alla

maturazione dei

frutti, si

deve

facendo essa esalare

nell'atmosfera

dalle piante ossigene o aria vitale e respirabile dell'acido

carbonico, rende salubre l'aria che respiriamo, e frattanto


il

carbonico

si

deposita

nelle

foglie,

e di vario

colore le

dipinge, per lo che sempre pi verdi sono le piante esposte


alla

gran luce,

di

quelle all'ombra, e tanto pi verdi sono

le foglie di

quegli alberi che mai non se ne spogliano, perch

tutto l'anno esposte alla luce del giorno.


le

Che

se

si

privano

piante della luce, o con portarle all'oscurit o con sotcuoprirle con corpi opachi perdono
teoria non vi
il

terrarle

color verde.

E questa

sembra ottimamente esposta dal poeta

(juando cantava:
La vostra nominanza color d' erba, Che viene e va, e quei la discolora. Per cui eli' esce della terra acerba. Purrj.

xi. 118.

Sapeva adunque che le piante, vicino a terra, e sotto di essa, non sono verdi, al che allude queir esce della terra acerba, cio che non hanno provato 1' azione della luce del
sole,

e che altres

si

scolorano se di nuovo dalla terra sieno

ed impedito loro l'influsso benefico del sole, il qual color verde a poco a poco prendono le nascenti foglie,
coperte,
e

sempre

tinte di

un verde pi gaio che cupo

le

sono nel

238

COGNIZIONI SCIENTIFICHE.

tenero loro sviluppo e giovinezza, che quando sono adulte

ed indurate.

Di tal gentil colore

volle

vestire

gli

Angeli

discesi nella valle del Purgatorio a guardia del serpente: Verdi, come fogliette pur mo nate,

Erano

in veste, Purg. vui. 28. -

Targiom Tozzetti.

Circolazione delle piante.

Pare anche che non


egli
alla

fosse ignota a Dante l'ascesa del succo nelle*piante, o quasi

specie di circolazione, confermata modernamente. Perci conoscendo con qual forza il succhio sale dalle radici

estremit degli alberi, fa che

soffi

e spumi

il

rotto tronco
),

dallo sterpo della selva de' violenti {Inf. xiii 43


la similitudine di

portando

un legno verde

non stagionato, messo

ad ardere sul fuoco, dal calore del quale rarefatti e spinti l'umido e l'aria contenuti nei vasi del legno e della corleccia, escono in

forma

di

spuma, e con
:

sibilo dalle

ricise

estremit dei predetti vasi e tubi

Come d'un
Dall'

stizzo verde,

un

de' capi, che dall'altro

ch'arso sia geme,


In/".

E
Il

cigola per vento che va via.

xiii.40.-Targioni Tozzetti.

Redi ed

altri naturalisti,

dall' istessa

terzina,

dimo-

strano le medesime piante avere un sentimento, quasi uno

una letizia un gemito. iVatura delle piante. Che se S voglia ricercare se Dante avesse cognizione della natura delle piante e del loro diverso modo di crescere, lo possiamo ben rilevare dall'ordine che Virgilio ebbe da Catone Uticense di cingere a Dante la testa di un giunco schietto, cio senza nodi o
spirito interno,

foglie,

scirpus romanus,

pianta

detta
si fa

monocotiledoni da

Jussieu, l'accrescimento delle quali


inferiore,

sempre per

la

parie

con ispingere dalla radice all'atmosfera

le parti

che

si

sviluppano dalle sotterranee

gemme

della radice,

al

contrario che nelle altre piante, dette dicotiledoni, succede,


le quali si sviluppano, crescono e si distendono nelle parli estreme del tronco. Tali piante monocotiledoni hanno pro-

priet di riprodurre
altre

sempre nuovi rampolli o

steli simili
i

da

gemme

della radice; per lo che, tagliandone

virgulti,

nuovi e simili ne ripullulano, ed ecco come esprime questo

fenomeno

l'Allighieri,

parlando del giunco di cui fu cinto

da Virgilio:

FISIOLOGIA.
Quivi mi cinse, s com' altrui piacque

2;^9

maraviglia

che qual egli scelse


l

L" umile pianta, cotal si rinacque

Subitamente

onde

la svelse.

Puro.
(

>

133.
iii.

Targioni 'Pozzetti.

V. Conv.

3.

classiGcaziune dei vcgpetabili.

Quantunque Dante

parlasse in senso figurato, io sospetterei quasi eh' egli presagisse la teoria eh' la gloria di Cesalpino, prima che di
Jussieu, sulla classificazione dei vegetabili, appoggiata alla costituzione dell'embrione, e ci
Ogni erba
si

quando disse:
lo

conosce per

seme. P?^rsf.xvi.ll4.-P. Liot.

Le recenti scoperte
zioni fra
il

delle chimica vegetale che

onorano

Liebig, Bonssingault e tanti altri insigni scienziati, le rela-

mondo

inorganico e l'organico, le rimutazioni


in quel verso sublime:

delle materie

non trovansi espresse


Il

ramo
sue spoglie? Inf.
ni. 113.

Rende

alla terra tutte le

-P, Lioy.

delle piante,
re,

Coltivazione delle piante. come oggetto filosofico,

si

la SOla

cognizione

rivela nel divino canto-

ma

volle egli mostrarsi ancor perito nella coltivazione di

esse, facendo

vedere come

le

piante abbandonate a s stesse


frutto, e tali le

ed inselvatichite crescono distorte e senza

pose nell'orrida selva dei violenti: Inf. xiii. 4. 97. -Neppure vi dimenticata la cognizione del terreno e del nutrimento,
e la dimestichezza
delle piante
si

che

dalla

buona coltura

dell'attento agricoltore

ottiene,

degenerare che accade nelle

come per lo contrario il piante quando sono abbando-

nate a s stesse, ed negletta la coltivazione del terreno,

come

rileva dai seguenti versi:

Ma
Si fa
il

tanto pi maligno e pi Silvestro


terren col

mal seme,

non

colto,

Quant'egli ha pi di buon vigor tcrrestro. Purg. xxx. 118.

Targioni Tozzetti.

Polrebbons numerare

vari fiori e le piante nominate da

Dante mento
per
es.

nella sua Cantica,

dal che

potrebbes

trarre argo-

della sua cognizione individuale e speciale delle piatite,

dal xxxii. del Purg. v. 58


Meri che di
ro<ic e

pi che di viole

Colore aprendo.

FISICA
Tu ben la mia Fisica nota. Inf. XI. 101. Delle cose sensibili, universalmente pigliandole, tratta la Fisica... Delle cose corruttibili, che cotidianamente compiono lor via, e la loro
materia
si

muta

di

forma

in

forma

CONV.

II. 15.

l^eve.

Poteva
S

la Fsica

venire in miglior soccorso delia

poesia, che in quel terzetto,


della

dove

si

parla della formazione

neve?
come
di

vapor gelati fiocca

In giuso l'aer nostro,

quando
si

il

corno

Della capra del ciel col Sol

tocca Pur. xxvii. 67. - Ranalli.

Pioggia.
dell'atmosfera
d
s'

si

L'accumulazione dei vapori acquei


scioglie in pioggia
la

in

seno

per un abbassamento

temperatura; allorch
imbatte
in freddi venti,

massa d'aria che n' satura,


un'altra,

o finalmente quando una corrente

d'aria

umida viene ad incontrarsi con


Ben
sai

come

il

nostro Poeta ha mirabilmente espresso:


come
nell'aer si raccoglie

Quell'umido vapor che in acqua riede,


Tosto che sale dove
(Vedi Dante, Canz. x. St. 3
;

'1

freddo

il

coglie. Purg. v. 109.


1
;

Ganz. xi. St.

Conv.

iv. 18.)
il

Avrebbe potuto meglio esprimersi, aggiunge

Capocci,

il

povero nostro amico Melloni presentemente se ancor vivesse? Ed il Petrarca cantava:


L'aer gravato, e l'improvvisa nebbia

Compressa intorno da rabbiosi


Tosto conven, che
I

venti,
in pioggia. Sest. in. 1.

si

converta

vapori

son principio e cagione alle poggie. Purg. xxx.

118.

parla dell'altezza delle nuvole elettriche,


Tra duo liti d'Italia surgon sassi, E non molto distanti alla tua patria,
Tanto, che
i

quando

dice:

tuoni assai suonan pi bassi. Par. xxi. 106.

Lioy.

FISICA.

241

debbia.

La

nebbia non che vapore acqueo e conl'aere stipa. Inf. xxxi. 36,

densato dal freddo aere:


Vapor che

Xeve.

Anche

la

stretto in gelo: Par.

xxvn.

neve non che vapore acqueo, G7. La neve per forza dei raggi

del sole riman privata dei freddo e delia bianchezza, e al


sol si dissigilla:

Par.

ii.

127; xxxiii. 64.

Venti.
Franklin,

di

Tremuoto.
Dove,
di

Le moderne osservazioni

di
la

Kaemts, che servono a ediiicare

bellissima teoria dei venti,

oggi adottate in meteorologia,

rinvengons come miniate in quelle parole:


11

vento
gli avversi ardori. Inf. ix. 69. - Lioy. -

Impetuoso per

Egli noto che una delle cagioni del vento disequilibrio di calorico nell'atmosfera. -

Ed osserv non
il

solo dai

vapori e da' raggi solari nascesse


{Inf. xxxiii. 105),

turbamento dell'aria

ma anche
:

dal foco interno della terra; o

da vapori

accesi pur sotto terra


Inf. x. 77.

per nascente zolfo o per


Inf. in. 133.

altra incognita cagione

La terra lagrimosa diede vento.

di

questa misteriosa agitazione

dell' aria

che spira
si

quando danna parte e quando

dall'altra,

edora

chiama

borea, libeccio, maestrale e via dicendo, potea meglio e pi

brevemente e pi spiccatamente indicare che

col verso:
102.

E muta nome, perch muta lato? Purg.xi.

Ed accenna
i'

la

opinione di Aristotile,
secchi

il

quale dice, che


della terza

vapori

caldi

montando all'estremo
viii.

regione dell'aria, percossi da fredde nuvole,


l'aria, indi
il

commuovono
la
il

vento: Par.

22. - Aristotile pure distingue


la
:

l'umido vapore dal secco, dall'umido


la

pioggia,

neve

grandine, la brina: dal secco

il

vento

vento, se

vapore

sottile: se pi forte, tremuoto:

Trema forse pi gi poco od assai Ma, per vento che in terra si nasconda, Non so come, quass non trem mai. Purg. xxi.
;

55.

Cos originavano

il

tremuoto

ma

forse ei credeva in con-

fuso quella forza elettrica


le

che d sovente origine a tutte


scoppi

meteore.

Tuono.

Ed osserv pure come

il

tuono e
le

si

spanda per l'aere:


voL.
II.

242
E
Se subito

COGNIZIONI SCIENTIFICHE.
fug'^'o,

come tuon

clie si dilegua,

la

nuvola scoscende. Purt). xiv. 134.


la dottrina di Aristotile
i

E secondo pure

tuoni

si

for-

mano

nella seconda regione dell'aria: Par.xx^. 105.

Folgore.

Ed accenna
fuoco di nube

alla
si

formazione delle folgori:

Come

disserra.

Per dilatarsi s che non vi cape, E fuor di sua natura in gi s' atterra. Par.

xxiii. 40.

La qual comparazione saprebbe


versi, oggid
il

forse

darla meglio in

primo de'
il

fisici

viventi Alessandro Volta, o


di cui
si

meglio l'avrebbe data l'americano Franklin,

di-

rebbe che strapp


rit

fulmine di

mano
di

a Giove,

con pi veil

che

gli

antichi

non dissero

Prometeo aver rapito

foco del cielo? - Yaccolini.


Aristotile, S.

Toma so, Seneca tengono


le

fulmini non ca-

dere se non quando


del fuoco,
s

nuvole
in

si

alzino

presso la sfera

ch'esso

fuoco

loro s'imprigioni.

Non
si

dice

gi che

fulmini

cadano quando piove,


le

ma quando
pioggia

sta per

piovere,

quando

nuvole pregne
s

di

alzano

fin lass:

Non scese mai con


Fuoco
di

veloce moto

spessa nube, quando piove


confine cbe pi remoto. Purg. xxxii. 109.

Da quel

Acque

e Fiumi.

Il

Mengotti nell'Idraulica: I fiumi

provengono dall'acque cadenti dal cielo, e queste dalle perpetue immense evaporazioni che dalla superficie di tutti
1

mari e di tutte

le terre

si

sollevano
in nevi.

nell'

atmosfera, e pi

si

rappigliano in pioggie ed

- Dante,

meglio

di

Buffon, ne esprime la relazione fra l'evaporazione del mare,


e le acque che raccolgonsi
dal nei fiumi, e vi dice che l'Arno

suo principio
Infin l, 've si

rende per ristoro

Di quel che

il
i

ciel della

marina asciuga,
Vaccolini - LlOY.

Ond' hanno

fiumi ci che va con loro. Purg. xiv. 34.

Pi l'acqua fonda, pi quella di sopra preme e


rapide le correnti di sotto:
Quasi torrente eh' alta vena preme. Par. xu.
99.

fa

Preme, legge idraulica che le colonne superiori dell'acqua, premendo, aggiungano rapidit alle colonne di sotto, E |nel
xxviii. del

Purg.

v. 121.

FISICA.

243

L'acqua che vedi non surge di vena Che ristori vapor che giel converta,

Come

liurae
il

ch'acquista o perJc lena.

qui, dice

Capocci, splendono del pari giuste e pei-

felte nozioni

di fisica,

che a que' tempi sono certamente

un prodigio:
che

imperocch, per esprimersi in colai


la

modo,

convien che egli intenda appieno


1

generazione de' fonti,

vapori alimentano, riducendosi in pioggie nelle parli


i

superiori de' monti, e che

geli infievoliscono,

temporanea-

mente arrestando parie

delle loro

acque fluenti; insomma

acquistano cosi e perdono lena precisamente com'' divisa.

E con molta
quanto pi
il

esattezza dichiara

come

l'esalazioni, e
si

va-

pori che s'innalzano dalle acque

e dalla terra,

elevano

calore

li

rarefa

L' esalazion dell'

acqua e della terra,


Capocci.

Che, quanto posson, dietro al caler vanno. Purg. xxviii. 98.

tre

Flusso e riflusso del mare. E meglio secoli dopo, come notavano il Magalotti ed
del flusso
la

del Galilei
il

Capocci,

parla

e del riflusso del mare,

attribuendo alla

Luna

vera preponderanza che ha, nell' effettuarlo:


E come il volger del del della luna liti senza posa. Par. Cuopre ed iscuopre
i

xvi. 82.

Bussola.
Si

mosse voce, che


in

1'

ago
al

alla stella

Parer mi fece

volgermi

suo dove. Par.

xii. 29.

Ecco,

tezza,
in
di

Quanta esatquanto affetto espresso questa comparazione! iNotisi ancora il modo di esistere questa nobile intelligenza: la Bussola, almeno la sospendice
il

Capocci, un' altra meraviglia.


dirci pure,

quanta vivacit,

sione dell'ago calamitato, che


ai

il

nostro Flavio Gioia forn

naviganti, era allora allora inventala (1302). Dante in-

tanto lo conosce,
colpito,
lo

senza

1'

aiuto delle gazzette,


suoi
versi!

ne rimane
- (Che s

consacra negl'immortali

come

si

gira

L'ago

alla
la

calamita

per natura. Fazio

degli

liberti)

-Onde vcdemo

calamita sempre dalla parte della


ni. 3.

sua generazione ricevere virt: Conv.

Luce. E

designava

la luce essere

immateriale.

Com' acqua recepe Raggio di luce permanendo unita. Par.

u. 33.

244

COGNIZIONI SCIENTIFICOE

E com' essa

luce e

il

sole assorbiscano dalla terra

va-

pori e l'umidit:

Ch'Amor consunse come sol vapori. Or, come ai colpi degli caldi rai
Della neve riman nudo
il

Par.

xii. 15.

suggello
ii.

E dal calore

e dal freddo primai. Par.


il

106.

chi

pu tacere, scrive

Yaccolini,

come bene

il

poeta
al

dipinga quell'Angelo, che nel xii del Pim/. v. 88. venne per indicare a lui ed a Virgilio la scala onde salfre
ci

secondo girone?

A noi venia la crealura bella Bianco vestila, e nella taccia quale


Par tremolando mattutina
stella.
il

E dopo
tisse

tutto questo, se io vi dir che

nostro Dante sen-

molto innanzi anche

in ci, eh' della luce riflessa e

rifratta, e perfettamente conoscesse il giuoco della luce, e quindi anticipasse la dottrina prospettiva che Montuda ha

supposto essere stata conosciuta da' moderni verso


del secolo

la fine

XIV

forse voi

mi darete
nel
ii.

la baia:

ma
si

abbiate

pazienza, e leggete

come

88. del Paradiso ei


al

mostra

degli specchi conoscitore, e


si

facessero foderati di

apprende come foglie di piombo:


ci

suo tempo

Cosi,

E indi r altrui raggio si rifonde come color torna per vetro, Lo qual diretro a s piombo nasconde.

ed

al xxiii dell'in/*, v. 25.


S' io fossi d'

L'

Immagine

di fuor

impiombato vetro, tua non trarrei


d'

Pi tosto a me, che quella

entro impetro.

La
sole,

virl,

che da Beatrice

gli

diviene a poter fissare nel

da
:

lui

paragonata
s

al

raggio riflesso eh' esce dello

incidente

come secondo raggio suole


i.

Uscir del primo e risalire insuso. Par.

49.

Intorno alla meccanica della luce ben puossi dalle cose


dette inferire la dottrina del poeta:
glio vi si manifesti intorno
catottrica, udite
alla
si

ma

perch questa me-

legge fondamentale della


occhi

come bene
che
i

esprime nel xv del Purg.


furono
percossi

V. 16

a significare

suoi

da

angelico splendore:

FISICA.

245

Come quando
Salta lo raggio

dall'

acqua o dallo specchio

all'

opposita parte,

Salendo su per

lo

modo parecchio

quel che scende, e tanto si diparte

Dal cader della pietra in igual tratta. S come mostra esperienza ed arte;
Cos mi parve da luce rifratta
Ivi dinanzi a

me

esser percosso;
la

Perch a fuggir
I

mia

vista fu ratta.

raggi non sono altro che un lume che viene dal prin-

cpio della luce per l'aere infno alla cosa illuminala: Conv.
II.

7.

Ed

altra

prova della profonda sua dottrina ed acuzia


fisica

neir osservare ogni fenomeno importante in fatto di

l'abbiamo nel xxix del Purg.


E

v. 73.

vidi le fiammelle andare avante,

Lasciando dietro a se l'aer dipinto,

di tratti pennelli

avean sembiante;

S che di sopra rmianea distinto

Di sette

liste,

tutte in quei colori,


il

Onde
Che

fa l'arco

Sole, e Delia

il

cinto.

Questi stendali dietro eran maggiori


la

mia

vista

Veggasi com'ebbe bene analizzato e distinto


luce, senza attendere

colori della

Newton che
ottici,

la

decomponesse
sia la scelta

col prisma!

Veggasi ancora quanto mirabile


questi due bei fenomeni
quelle vaporose e splendide
di vista
i

ch'ei

fa di

per dare adeguata idea d

liste,

che seguivano a perdila

sette candelabri. Senzach con tale associazione

mostrasi eziandio inslrulto dell'analogia Ira T origine dell'arco baleno


l'altro

e dell'alone lunare.

Lascio poi

di

ammirare
mitologici

portento di provvedere nel medesimo tempo, con le

slesse

due

sole parole,

de' convenienti
il

arnesi

Apollo e Diana secondo

lor proprio bisogno.

Arco baleno.
baleno formisi per
luce del sole
si

Molto
le

innanzi che Antonio de Dominis

aprisse agli altri la strada, egli dimostravac

come l'Arco
in cui
la

rotonde goccio d pioggia,

rinfranga e rifletta:

E come l' aere, quand' ben plorno, Per r aUrui raggio che in se ^i rillette, Di diversi color si mostra adorno, Purg xxv.

91.

E pongasi mente a quel luogo

del xii. v. 10 del Paradiso,

24G

COGNIZIONI SCIENTIFICHE

dove per dire che una corona di liicenli spiriti cominci a girare, ed intorno ad essa n'apparve una maggiore composta d'altri beati, si vale di una similitudine presa appunto da que' due archi che veggionsi il pi delie volte, l'uno
interno, e l'altro esterno:

Come si volgon per tenera nube Due archi paralleli e concolori, Quando Giunone a sua ancella julte,
Nascendo
di quel d' entro quel di fuori,

guisa del parlar di quella vaga,

Ch'

amor consunse come

Sol vapori.

portento della sua arte e della sua parola! Quante


cose,

e quanto esattamente

e graziosamente dipinte

in si

brevi tocchi!

Yoi vedete l'arco principale pi colorito e


il

spiccante; vedete
a guisa
di

secondario coi colori

in

ordine inverso,

una riverberazione, d'un eco del primo arco. L'eco indi, che vi ha tanto mirabilmente servito a rappresentarvi il primo concetto, diviene a sua volta argomento di un altro vaghissimo quadro: la tenera ninfa che amor consunse con le sue fiamme; soggiungendo finalmente, per
colmar
la

misura,

l'

altro mirabile

paragone de' vapori

al

modo

stesso dileguati dai raggi ardenti di quell'altro Dio,

Capocci - V. Libri, Yaccolini.

Perch'io

la

veggio noi verace speglio

(la

voglia tua)

Che

fa di se pareglie l'altre cose,

nulla face lui di s pareglio. Par. xxvi

106.

Eccoci innanzi all'improvviso una scena bellissima, pennelleggiata con una sola parola, co' suoi
ricchi, abbaglianti
:

soliti colori freschi,

pareglio, qui vale quel bel

fenomeno che

talvolta

si

ammira nell'atmosfera, ove con

ottica illusione

ripetuto al vivo l'imagine splendente del Sole e della


col pi

Luna

vaghi colori dell'iride. Yeggasl di qual momento sia r introduzione di questo soggetto, e quanto propria, poetica, evidente, efficacissima la comparazione che adopera per ren-

derne sensibile l'astrusa idea della mistica intuizione del cosmo nel suo divino Autore. - Veggo il tuo desiderio nel verace
specchio che fa di s parelio, larva, vero specchio insomma,
alle altre cose; e nulla fa di s parelio

a Lui, unico, immenso,

inimitabile. - Capocci. -

FISICA.

247
fuochi parl Virgilio,
i.

stelle

ardenti. Di questi
Georfj.

come

nella sentenza del volgo:

^565;

jEn. y. 527.
:

Ma

il

poeta filosofo con pi verit e pi vicino a natura


Vapori accesi non vid'io
Quale per
li

s tosto
v. 37.

Di prima notte mai fender sereno. Purq.


seren tranquilli e puri

Discorre ad ora ad or subito fuoco,

Movendo gli occbi che stavan sicuri, E pare stella che tramuti loco, Se non che dalla parte onde s'accende
Nulla sen perde, ed esso dura poco. Par. xv. 13.

Veggasi, dice

il

Capocci,

come non

lasci

verun fenomeno
il

interessante, senz'avvertenza: e ne presenta bellamente


trasalir

che

si

prova mica

al

subito trascorrere pel cielo de' globi


;

Igniti e delle stelle cadenti

spiegando disinvoltamente che

non

si

tratta

di

vere stelle; perch ninna ne manca

onde quella larva fatua e fugace di stella s, ora noi abbiamo riconosciuto che tra queste diverse generazioni di corpi non vi tutto quel divario che prima i saggi credevano; poich le stelle cadenti, bench di mole picciolissima, sono anch'esse veri corpi
nel luogo

mossa.

Del resto

celesti,

che s'incendono nel cadere verso

la terra.

Attrazione universale.
dell'attrazione

presentimenti della teoria

universale che la storia della scienza rico-

nosce

in Filopone, in in

Cecco d'Ascoli,

in

Keplero e

in altri,

non mancano come di un

Dante; egli

vi parla del

centro della terra,

si

punto
d'

Al qual
11

traggon

ogni parte
si

pesi. Inf. xxxiv. 10.

ferventissimo appetito, di cui

ragiona nel Convito, ram-

menta la virtus tractoria di Keplero. - Lioy. Dove la gloria del poeta vince il nostro immaginare si nell'aver egli dell'attrazione universale dato cenno assai
elesse

prima che Newton, aiutato dalle scoperte del Galilei, ne il gran sistema del mondo. E per ci ch' dell'attrazione celeste: Italia nostra pu andare con ragione superba,
sia stato altres
il

che Dante
il

primo a discoprire e pubblicare


poeta, chiaramente l'espresse

sistema intorno all'attrazione, sviluppato poi ed illustrato


11

dall'inglese Isacco Newton.


in quel terzetto:

Par. xxviii. 127.

248
E
di fji

COGNIZIONI SCIENTIFICHE
Questi ordini di su tutti rimirano,

vincon

s,

che verso Dio

Tutti tirati sono, e tutti tirano.

Cosi l'Editore romano; e


fa accorti

che,

il dligenlissimo Portirelll ne non altrimenti not Giuseppe Barctti, cui

piacque di leggere di su
sertazione del
critici

tutti

mirano, allegando una disla

matematico Tagliazucchi, sopra

quale

non sanno negare al postutto, che nel v. 129 quasi un germe poetico, ed una perfigurazione della grande idea di Newton. Quanto poi all'attrazione terrestre, ecco le parole di Guido Guinipi severi sentenziando, questo
celli e

di Giulio Perticari, interlocutori nel pi

gran dialogo
il

della Proposta, di che ha fatto

dono
al

all'Italia
:

cav. Monti.
il

GuiD. Egli (Dante) invece di dire


della terra, ecco che
ti

Tu

passasti

centro

presenta

pensiero una delle pi


:

alte verit della fisica, la principale delle sue leggi, dicendo

Tu passasti
Al qual
si

il

punto
d'

traggon

ogni parte

pesi.

in questa sublime imagine

non

ti

par egli proprio di vedere


i

da tutta

la terrestre
tirati

circonferenza

corpi tutti a linea retta

potentemente

verso quel punto?

Peri. Se questo passo di Dante per avventura fosse venuto sotto gli occhi di Newton, m'avviso che a concepire
il

sistema dell'attrazione, questo solo verso gliene avrebbe


il

destato

pensiero meglio che l'accidentale caduta di un


bel raggio di luna nel suo giardino. - Vaccolini.

pomo

un

Suppone, (e ci fa grande onore al suo acume ed alla sua scienza, avuto riguardo all'ignoranza in cui allora si
era
sulle vere

leggi
i

della

fisica

costituzione

del

nostro

globo)

che
il

pesi,

corpi gravi,

sono

d'

ogni parte tratti

verso

centro terrestre, e questo

verissimo. Per con


ci

giusta logica indotto a credere che a misura che

avvi-

ciniamo a cotal punto,


pi forte.

la

sua virt debba divenire sempre

Ma la cosa nel fatto non va cos... Capocci. Antipodi. Anche bene degli Antipodi, gi tanto oscuri alla mente degli uomini, prima che il lume dell' italiano Colombo li rischiarasse, non meno che della gravi-

tazione, presentiva l'altissimo poeta, laddove per uscire del

baratro infernale avvinghiossi egli

al

corpo di Lucifero che

FISICA.

249

tiene (nel suo concetto)


a quel centro, a cui

il

centro della terra: gir attorno

tendono tutti i gravi: ed allora rovemedesimo, ivi forse dove sembrato era che fosse disceso. Che se non foste contento a questo, ponete
sciatosi sopra

sulla bilancia

della critica quello

eh' detto

fra gli

altri

luoghi nel

i.

del Paradiso v. 43.

Fatto avea di l
Tal foce, e quasi

mane

e di

qua sera
(V.

e verrete, ne sono certo nella

mia opinione.
3.

Purg.wA.)

Anche

Fr. Petrarca

Sest.

i.

le

tenebre nostre altrui fann'alba.


'i

Nella stagion che

Ciel rapido inchina

Verso occidente,

che

il

d nostro vola
1.

A
e
il

gente che di l forse l'aspatta. Petr. Canz.iv.


:

Pulci

Morg. Mag. xxv. 229.


Sappi che questa opinione e vana,

Perche pi oltre navicar si puote, Per che l'acqua in ogni parte piana... E puossi andar gi nell' altro emisperlo, Per che al centro ogni cosa reprime
:

S che la terra per divin misterio

Sospesa sta fra

le stelle

sublime.

E laggi son
3Ia noi

citt, castella e

imperio

conobbon quelle genti prime.

Cirandi cataclismi mondiali.


grande idea che il mondo a una rivoluzione e si rinnovelli ?
Il

Che diremo poi della


stabiliti

certi periodi

soflra

qual fenomeno

gli antichi

chiamano

il

grande anno:
Per
lo
il

quale chi creda

Pi volte

mondo
parl,

in caos converso. Inf.

xu.

41.

Platone di questo

molto pi Cicerone,

Marco

Antonio,
Dante,
il

ma

ninno con tanta poesia e novit, siccome fece quale finse il mondo universo come un'essere

senziente, che sentisse amore, e in quegli ardori rinnovasse


so

medesimo. Opera pi magnifica dell'umano


si

intelletto

della teoria

con cui oggi


credo sia
la

spiega la storia geologica del nostro pianeta


Ebiiene,
al

difficile citare.

genio di Dante balen


e dei
di Elia

splendida luce della teoria degli


i

sollevamenti che rende immortali

abbassamenti nomi di Cordier,

de Beaumont
resto

di

Leopoldo de Buch.

Questa teoria del

quasi un secolo prima era stata esposta dal friulano

250

COGNIZIONI SCIENTIFICHE - FISICA.

Lazzaro Moro e da Cirillo Gennerelli.


codesta teoria onde
strofi
si

Noi crediamo che


le

servono

fisici

per ispiegare

cata-

geologiche onde la terra va soggetta,

palesemente

risulti dalle

due seguenti terzine dell'Inferno:


T)a

questa parte cadde gi dal cielo; che pria di qua


di lui f del
si

la terra

sporse,

Per paura

mar

velo,
;

E venne all' emisperio nostro e forse Per fuggir lui lasci qui il luogo voto Quella che appar di qua, e su ricorse. Inf, xxxiv.

120.

Lioy.

Manifeslum
sunt
in

quod virtus elevans est illis stellis, quae regione coeii istis duobus circulis contenta (cio
est,

fra la linea equinoziale e quella

che descrive

il

polo dello

zodiaco intorno al polo del mondo), sive elevet per moclum


attractions
piilsionis,

ut magnes attrahil ferrum, sive per modum generando vapores pellentes, ut m particularibus montuosltaUhus. Quaestio de aqua et terra, 21.
Prof. Yolpicelli nell'accademia Tiberina

Il

leggeva nel 1862

alcuni suoi discorsi intorno le verit della Divina Comedia,

enunciate implicitamente ed esplicitamente prima che fossero professate dalla scienza, come, per esempio, certe verit

intorno alla velocita


(jravi

riflessione

della
brine,

luce,
al

al

moto dei
di

cadenti,

al

prodursi delle
alle

carbonizzarsi
altri
fatti

dei combustibili,

vibrazioni sonore,

ed

scienze naturali.

SUIEilTICOE E GEOMETRIA.

(1)

Quest'
dire,

uomo
il

singolare

si

piace di usare, a mo' di


:

nostro proprio linguaggio

le

sue esprestanti

sioni sono

come

tanti segni

stenografici,
i

segni algebrici, che vi rappresentano

pensieri
;

pi vasti

come
d'

riconcentrati in
il

una formola

dif-

finendovi sovente

per mezzo

moto, il tempo, lo spazio una equazione. - CjVPOCCI.

Dell'Aritmetica.
scienze
sotto alcun
quelli

Del lume
i

dell' Arisniellca tutte le

s'alluminano; perocch

loro suggelti

sono lutti
di

numero

considerati,
si

nelle

considerazioni

sempre con numero

procede... L'Arismetica la

(1) Se v'ha chi desideri di vedere i profondi calcoli della Geometria sottommessi alla ragione poetica, legga Dante perch Dante sommo Geometra. V. Monti. - Che se Michelangelo fu debitore del sublime dina-

mico, che riluce nella fiera e tragrande persona del suo Mos e nel tre-

mendo
la

Giudizio al cantordi Catone, di Capaneo, di Farinata, dell'empireo

e dell'abisso,

vogliam credere che l' architettura dantesca non sollevasse sua mente al sublime matematico, e non gli suggerisse il pensiero di mettere in cielo l'opera del Brunelleschi? La geometria e l'architettonica del Purgatorio e dell'Inferno sono fondate sul sistema curvilineo del cono, cho nell'antica simbologia era emblema fallico ed emanatistico, e un addolcimento del sistema piramidale pi vetusto e parimente espressivo del Teocosmo. Ma la sostituzione della linea torta alla diritta accenna da un lato al trapasso estetico del sublime al bello, e della et cosmogonica alla succedente, e dall'altro lato al surrogamento del principio di creazione al

dogma

panteistico; giacch
al cerchio,

il

passaggio della linea


dell' infinito
i

retta alla curva,

e del poligono

importa quello

al finito, e si fonda sulla

doppia attinenza dell'atto creativo verso

due

La geometria dantesca risale, come la geografia, la cosmogralia e l'astronomia mitiche che l'accompagnano, all'antichit classica ed orientale, secondoch si vede nel monte del Purgatorio, il cui emblema ligurale somigliantissimo anche in botanica all'Edcne di Linneo) si accoppia coU'antictono di Platone, di Aristotile, di Cicerone,
estrerai della forinola....
(

di
ia

Macrobio, di Manilio,
scuola
d'

di Jlela,

di Eratostene,
i

e si

pu

dire,

di tutta

Alessandria, tranne Ipparco e

suoiseguaci... Gioberti, Del

Primato.

252

COGNIZIONI SCIENTIFICHE
il

scienza del numero... infinito


Il
:

numero, quanto

in s considerato,

Conv. n. 14.
che
il

numero non

un aggregato
cinque e
il

di unit:

Rata

Dall' un, se si conosce,

sei:

Par. xv. 56.

Del Cerchio. La Geometra S due repugnanti ad essa siccome tra 'l punto e '1 cerchio (e dico cerchio largamente ogni ritondo, o corpo, superfcie); che, siccome, dice Euclide, il punto principio di quella, e, secondo ch'e' dice, il cerchio perfettissima
Della Geometria.
intra

muove

figura in quella,

che conviene per aver ragione

di fine;

punto e '1 cerchio, siccome tra principio e fine, si muove la Geometria. E questi due alla sua certezza repugnano; che '1 punto per la sua indivisibilit e immisurasicch tra
'1

e il cerchio per lo suo arco impossibile a quadrare perfettamente, e per impossibile a misurare appunto. bile,

E ancora

la

Geometria
14.

senza

certissima per se, e per la sua ancella che


spettiva: Conv.
11.

macula d'errore, e si chiama Pro-

fa

pure ricorso all'istessa geometria, e precisamente


fin

air impossibilit di dimostrare la quadratura del circolo, per

dimostrare
la vista

dove

gli

conceduto

di ritrarre

con parole

ultima di Dio:
Qual il geometra che tutto s'afJge Per misurar io cercliio, e non ritrova, Pensando, quel principio ond' egl'indige: Tale era io a quella vista nuova Veder voleva, come si convenne
:

L'imago al cerchio, Ma non eran da

come

vi s' indova;

ci le proprie penne. Par. xxxui. 133.

dalla

stessa

fonte

pur tratta
tutti

la

sublime imagine

dell'Eterno, contemplato
zioni, in quel

come centro
li

delle grandi rivolu-

punto a cui

tempi son presenti. Quel


e spente
e vive

punto centrale l'occhio sempre aperto del pitagorico Demiurgo,


Y. Monti.
dinanzi

a cui tutte

le creazioni

e future non sono che un breve ed unico punto di vista.

E
tica

nel

XIII

del Par. v. 101,

volendo recare esempi


le altre un'assai

di

cose impossibili a dimostrare, usa fra


cerchio

poe-

maniera tolta pure dalla Geometria: se in un semisi

possa iscrivere triangolo, un lato del quale

sia

MATEMATICHE E GEOMETRIA.
(liamelro del cerchio,
Triangol

253
retto:

senza

che formi

un angolo

Se del mezzo cerchio far si puote s eh' un retto non avesse. egli pi

N potea
che
si

vivamente significare
del Purg. v. 40:
er'alto che vincea la vista,

l'alta ripa

del

Purgatorio, quasi impossibile a salire anche carpando, di quel

legge nel iv
Lo

e.

sommo

E la costa superba pi assai, Che da mezzo quadrante a centro

lista.
;

Un
il

quadrante, ossia un quarto di cerchio, contiene 90"


di

mezzo per conseguenza dista dai due estremi di 45*^, Una lnea dal detto mezzo al centro del quadrante, fa un angolo con uno de' suol lati, precisamente di 45^. Egli chiama lista quella tal linea, perch allora ed anche poi, si usato uno stromento per misurar gli angoli, detto
suo punto
il suo nome. poneva a perpendicolo, con un filo a piombo, l'altro lato a squadra, teneva naturalmente la linea orizzontale; ed un raggio, una lista girevole dall' un de' capi intorno al centro dello stromento, dirigendosi ad un astro ad un campanile ecc., dava suU' arco del quadrante ove rispondeva l'altra estremit, l' altezza angolare

quadrante, ch'era appunto quel che indicava

Quando uno

de' suoi lati

si

suir orizzonte

dell'

oggetto
il

in

proposito.

Disagevolissimo
i

dovea dunque essere

pendio superando pi assai

43^

d'inclinazione sul piano dell'orizzonte. - Capocce.


L'irrefragabile verit d'una proposizione espressa, di-

cendo che
nelle

la

medesima

si

fa nel vero come

il

centro in

uu

circolo. L'esatta croce ch'

formata da' beati


il

spiriti, costellati

sfere

di

Marte, detta
in tondo:

venerabil segno,

die fa

giuntura di quadrato

Par- xiv. 101.


del Par. parlando del suo

Tetragono.

Allorch nel xvu


gli

trisavolo Cacciaguida, vuol dire ch'ei sente l'animo forte a

sostenere le gravi sciagure che

sono predette, non paalla pi

ragona

egli gi la

sua fermezza n alle roveri n alle rupi,

come
drata

Virgilio quella di

Enea e del re Latino, ma


al

solida delle figure geometriche,

tetragono, (figura qua-

cubica) che

comunque

tu lo volga e rivolga, sempre

lo stesso:
Dette mi fur di mia vita futura

Parole gravi

avvegnach'

io

mi senta

254 Ecco un bel

COGNIZIONI SCIENTIFICHE.
Ben tetragono
ai colpi di

ventura. Par. xvii. 22.

fiore di

sentimento germoglialo sugli aridi

rovi delia geometria. Y. Monti.

In

un triangolo non possono contenersi due an-

goli ottusi.
l'altro nel

E pi bello e medesimo canto, v. conoscenza che hanno in Dio


i

di pi allo concetto

quel-

13,

ove

la chiara e perfetta

delle

mondane

future cose

beati, vien

in

comparata alla chiarezza di quell'assioma, che un triangolo non possono contenersi due angoli ottusi
:

cara pianta mia (che


Che,

s t'insusi,

come veggion
le

le

terrene menti

Non

capere in triangolo due ottusi,


Cos vedi cose contingenti,

Anzi che sieno in s, mirando il punto A cui tutti li tempi son presenti ).

Ecco

di

nuovo
il

la

geometria chiamala ad ornare

la

poesia

senza alterarne
(

costume,

senza tirarla fuor di strada.


:

Quadrangolo, triangolo, pentagono, ricordati

Conv.

iv.

).

L'angolo d'incidenza eguale all'angolo di riflessione. QuestO sarebbe linguaggio di cattedratico prosatore.

Ma

si

far poetico
al

se parlando

della luce dirai

Il

raggio

che scende pari

raggio che sale:


o dallo specchio

Come quando dall'acqua


Salendo su per
lo

Salta lo raggio all'opposita parte,

modo parecchio
si

A
S
Il

quel che scende, e tanto

diparte

Dal cader della pietra in igual tratta

come mostra esperienza ed

arte.

Purg. xv.

16.

Torelli in

una sua lettera

al

Sibiliali

prende

a chiosare

questo passo di Dante, e cita una proposizione della catottrica di Euclide, e ci reca

una figura geometrica.

Linea perpendicolare.

Neil' accennata

bellissima

comparazione del raggio che da acqua o da specchio si ripercuote, egli ha bisogno di esprimere la perpendicolare. Chi saprebbe collocare questa voce con un qualche garbo
nel verso
stesso
e collocarvela

senza prosa? Credo che Apollo


far

noi saprebbe!

Che

adunque

in

tale

stretta

il

nostro poeta? Risolver nei suoi principii l'idea di questa


linea,

osserver

che un grave

descrive

cadendo una
visibile,

perpendicolare, trover non solamente


quella linea,

la via di signilicar

ma

te la

dipnger e te

la

render

MATEMATICHE K GEOMETRIA.

255

chiamandola con elegantissimo rigor matematico il cader (Iella pietra. Artificio di poesia bellissima ed evidentissima.
V. Monti.

Vuol egli cavare un paragone meglio adattato ad esprimere la smisurata idea della eternit? Ed egli lo trae dal moto proprio del cielo delle stelle fsse, il quale s compie
per
la
si

precessione,

in

26 mila anni,

ed allora credevasi
il

che

compisse

in

36 mila. Potevansi forse, dice


xi.

Capocci,

trovar termini pi lontani? Purg.

106.

ASTRONOMIA
"

E
il

che? Non potr


cielo,

io ogni

dove mirare

gli

specchi del sole e degli astri?


sotto

Non

d'ogni dove,
?

speculare dolcissime veritadi

DANTE, Ep.X,4.
Vedete

Humboldt accennare
salutando
il

alle quattro

stelle del Purgatorio,

Poeta italiano

come

il

Colombo

delle costellazioni antartiche,

pi meraviglioso in questo di Leverrier che di-

vin col calcolo l' esistenza, or confermata nuovi pianeti. DALL' ONGARO.

di

Con che vaghezza


dall'astronomia, non

e variet d'imagini e di color presi


ci

dipinge le diverse et del giorno,


fitto

dal primo albeggiare al


Eia
i

pi alto della notte?


.

notte

si

appressa al suo termine


il

Ed

eCCOC

Pesci,

stando

Sole
il

nel
di

segno dell'Ariete, gi levati

sull'orizzonte,

ed

carro

Boote giacere ad occidente

sopra quella parte donde spira Coro:


I

pesci guizzali su per


tulto sovra
'l

l'

orizzonta,
xi. 112.

E U Carro

Coro giace. Inf.

Ed

eccoci pure l'Aurora, fregiata di questi stessi pesci,


di

con quel nobilissimo solitario

Venere per soprappi:

Lo bel pianeta che ad amar conforta, Faceva tutto rider 1' oriente, Velando i pesci eli' erano in sua scorta. Purg.i.

19.

quasi oscurando col suo maggior lume.

?56

COGNIZIONI SCIEMIFICIIE.

Ed ora
cidentale

la

dei

Luna due

giunta

all'
il

orrizzonle,

al confine

oc-

emisferi

Sole,

che

le

opposto, di

presso

al plenilunio,

in sul sorgere:

Gi tiene il confine D'iimbcdiie gli emisperi, e tocca l'onda Sotto Sibilili Caino e le spine. E gi iernotte fu la luna tonda, Inf. xx. 124.

All'ultima ora della notte


parte dei Pesci
:

e'

son alzali tutto Acquario, e

il

calor diurno del d precedente al tutto


1*

estinto: dovuta alla terra

efficacia di tale

esinanimento:
di

con che, dice


apprenda, pure

il

Capocci,

quantunque nulla

nuovo

ci

fa

meraviglia,

come

in

quel secolo, in cui


egli

per certo non facevansi osservazioni meteorologiche,


si

mostri cosi biioa intendente di fisica:


^'el^ ora

che non pu
il

11

calor diurno

Intiepidar pi

freddo della luna,

Vinto da Terra o talor da Saturno;

Quando i geomanti lor maggior fortuna Yeggiono in oriente, innanzi all'alna, Surger per via che poco le sta bruna. Purg.

xix. 1.

sei

mila miglia lontano

gli

era mezzod, ed egli a seicento

miglia pi ad oriente: onde


del sole.

manca
s

oltre un'ora al sorgere

L'ombra

della terra gli


al
letto

era inclinala quasi al


In

piano dell'orizzonte,

piano.

questo mentre
se

il

mezzo

del cielo, la sua parte culminante, per la luce cre-

puscolare, comincia a farsi profondo

come

si

allontanasse:
si

poich ogni stella minore perde


dal fondo ove trovasi
il

il

parere, non
;

vede pi

riguardante

ed a misura che vien


si

oltre l'Aurora, la chiarissima ancella del sole,

dileguano

man mano anche

le stelle pi grandi, infno alle


di

pi belle:

Forse semita miglia


Ci ferve l'ora sesta, e

lontano

questo

mondo

China gi l'ombra quasi

al letto piano,

Quando il mezzo del cielo a noi profondo Comincia a farsi tal, che alcuna stella Perde il parere infno a questo fondo; E come vien la chiarissima ancella
Del Sol pi oltre, cos
il

ciel si

chiude

Di vista in vista infno alla pi bella. Par. xxx. 1.

Notisi quanto stia

bene quel dire

infino

a questo fondo
di
il

in
risi

corrispondenza della leggiadra idea, venutagli

farci

guardare

la disparizione

delle stelle,

come

se

cielo

allontanasse, facendosi pi profondo.

ASTRONOMIA.

257

Imagine, dice
di

il

Ranalli,

che trascende ogni possibilit

concepirne altra pi ingegnosa. Da quanti poeti, e in quante maniere diverse non era stata figurala quell'ora

il sole? Perch tornasse a fare effetto, quasi imagine non mai figurata, usa una perifrasi tolta da' calcoli della scienza astronomica. Cosi Dante non solo le cose

che precede

comuni,
soie,

come

il

dire:

manca un'ora

circa

al nascer del
l'

abbellisce

con imagine poetica,

ma

ancor

imagine

poetica rende pi peregrina con dottrine cavate dalla scienza

astronmica.
Quivi,

ne aggiunge

il

prof.

Minich,

con meravigliosa
in cui

approssimazione accenna la durala del crepuscolo mattutino

poco dopo l'equinozio


niscono le stelle

di

primavera, all'istante

sva-

meno

appariscenti fino al sorgere dell'alba.


dall' Allighieri,

Se
s

la

lunghezza dell'arco terrestre, indicato

dovesse prendere sull'equatore,


di

quel periodo di tempo

sarebbe poco minore


si

un'ora e quattro minuti.

Ma

se

debba valutare
si

la

detta estensione

sopra un circolo di
il

altezza,

l'alba comincerebbe,

secondo

poeta,
la

allorch

il

Sole

trova a 16 gradi sotto l'orizzonte, e


cos'i

durata del

crepuscolo
l'attuale

stabilita,

sarebbe ancora pi prossima alsi

misura teorica, e

potrebbe applicare ad ogni

stagione.

E per

significare essere gi vicino

il

comparire del sole


dice ch'esso era
di
)

nel Purgatorio,

con bellissima imagine


all'orizzonte
(

ci

giunto a ponente

di

quello

levante.
al Sole,
(

notte che gira opposta

in direzione

opposta

La non

essendo essa altro che l'ombra della terra che ne intercetta


i

raggi) esce fuori del Ganc/e (oriente) nel nostro emisfero,


il

giacch

Sole

si

trova in opposizione al tramonto:


il

Gi era

Soie all'orizzonte :iunto,

Lo cui meridian cerchio coverchia Jerusalem col suo pi alto punto:

E
Uscia

la notte
di

che opposita a

lui cerchia.

Gange

fuor colle bilance,

Che

le

caggion di

man quando

soverchia;

S che le bianche e le vermiglie guance,

L dove io era, della bella Aurora Per troppa etate divenivan rance. Putq.w.

1.

Tre diversi colori


tar del Sole:
VOL.
il
II.

si

veggiono

in cielo

prima dello spunil

bianco dell'ora mattutina,

vermiglio della
1"

258
aurora,
e
il

COGNIZIONI SCIENTIFICHE.

rancio che precede


il

di

poco

il

Sole.

E Dante,
il

volendo mostrare
di questi effetti:

sorgere del Sole, rappresenta

terzo

Pu

darsi,

dice

il

Capocci,

pi felice

il

idea del far succedere al dilicato candore della prima et, roseo colore della fiorita giovent, ed u questo finalmente
la tinta avvizzita, e

Con come tante altre di questo mondo! Il Caro nella sua lettera a Taddeo Zuccaro additandogli il come avesse a dipingere l'Aurora gli rammenta
itterica della troppa ctale?

come

cui finisce questa fugace illusione,

che essa ha

tre stati e tre colori distinti, cosi

ha tre nomi

alba vermiglia e rancia.


I

primi raggi del sole


:

nascente incominciano a vestire


Inf.
1.

di

luce le cime de' monti

16. -

Ed

il

sole

nascente freddo

col

suo calore ravviva

le

membra

intirizzite

dal

della notte:
Il

Sol conforta
la notte

Le fredde membra che

aggrava. Purg. xix.

10.

un'ora

mezzo
il

di Sole al
mezza terza

tempo dell'equinozio;
riede. Inf. xxxiv.

E gi

sole a

%.

Son due ore


E
il

di Sole:
due ore. Purg.
ix. 44.

sole er' alto gi pi che


ci

E
il

a quest'ora

presenta
del

Capricorno dal mezzo banda del meridiano:


Da
Lo
Sol, eh'
'1

una caccia astronomica, in cui cielo, ove slavasi, passa all'altra


giorno

tutte parti saettava

il

avea colle saette conte


ciel cacciato
il

Di mezzo

capricorno. Purg.

ii. SSi,

Modo

leggiadrissimo,

dice

il

Ranalli,

come pure lucida tela li A quattro ore di Sole, nel quarto g^iorno dopo plenilunio:
raggi solari,
Lo scemo
Rigiunse
della luna
al letto

chiamando saette avea chiamati Lucrezio.


il

suo per ricorcarsi. Purg.

x. 74.

Notisi la propriet

di quel

nominare

lo la

scemo della luna,


cosa pi evidente-

invece della luna stessa, che dipinge

mente; conciossiacch la parte scema della luna, quando essa mancante, dopo il plenilunio, volta a ponente, e perci tocca primamente l'orizzonte, quando quella giunge
al

tramonto:

ASTRONOMIA.

2o9

Son

le dieci

ore a

un

bel circa t
salito era

Ben cinquanta gradi Purg. iv. 15. Lo Sole.


.

Son presso

le

nudici

E gi le quattro ancelle eran Rimase addietro, e la quinta era


Drizzando pure
in

del giorno
al

temo,

su

l'

ardente corno. Purg. xxii. 118.

mezzo giorno:
Ferve 1' ora sesta. Par. xxx. 2. Vienne ornai, vedi eh' tocco
Meridian dal Sole, ed alla riva

Copre

la notte gi col pie

Marocco. Purg.

iv.

107.

Virgilio dice:

sol

medium

caelo conscenderat igneus orbem.

Ma

vi forse la bellezza

che negli accennati versi dell'Al-

lighieri,

che

il

rappresenta dall'effetto e con un pensiero

tanto peregrino? Imperciocch essendo mezzod nel luogo

ov'ei finge di trovarsi, portava che fusse notte sopra rocco


tica

Ma-

Mauritania.
di

figura

E vuoi pi gentile, pi vera, pi poequesta per la medesima significazione del

meriggio?
Vedi che torna
Dal servigio del di
l'

ancella sesta. Purg. xu. 80.

Quando
tezza.

il

Sole

si

appressa al meridiano pi splendente,

e va pi rimessamente, con pi lenti passi,


Il
il

cangiando

al-

meridiano varia

di

posizione,

secondo
fassi
:

luogo degli spettatori,


E pi

qua e

come l'orizzonte, l come gli aspetti

corrusco, e con pi lenti passi,

Teneva il Sole il cerchio di merigge, Che qua e l, come gli aspetti, fassi, Purg.

xxxiii. 103.

Nel xxiii. del Farad,


la

v. 11,
il

il

cerchio del mezzod chiamalo

plaga Sotto

la

quale

Sol mostra

men

fretta.

Ed

il

Sole a mezzod passa in un subito dal quadrante

orientale all'occidentale:
Il

Sol

muta quadra

all'

ora sesta. Par. xxvi. 142.

nn'ora circa dopo mezzo giorno.


quesl' ora,
si

Ad

indicarci

serve della luna opposta

al Sole,

come farebbe
si

chi per indicare l'ora in un quadrante di orologio,

ser-

visse dall'altra estremit pi l3reve dell'indice, aggiungen-

dovi dodici ore.

La luna

in

un giorno

mezzo da che

260

COGNIZIONI SClENTIFlCnE.
si

fu piena, cio in perfetta opposizione col sole,

avanzata
i

tanto verso oriente, che quando


piediy
al

la

giunge
si

sotto

nostri

meridiano inferiore,
di
di sopra.

ad occidente, dopo
meridiano
E

dovuto inoltrare aver passato da pi di un'ora il


il

Sole

gi la

Luna

sotto

nostri piedi. Inf. xxix. 10.

Son passate due ore


eh' in Ariete,

d(>po
il

il

mezzod.
al

li

Sole

ha lasciato
il

meridiano

Toro. Se

ivi nel

meridiano vi avea culminare


la
il

segno del Toro, agli Antipodi dovea


gli

segno dello Scorpione che


Al Sole avea

opposto, perci

notte

come

in potere dello Scorpione:


il

cerchio di merigge
2.

Lasciato al Tauro, e la notte allo Scorpio. Purg. xxv.

Restano tre ore di

Sole.

Quanto
il

tratto dalla sfera

celeste corre tra l'ora terza


(cio 45 grad), tanto gli

compiuta e

nascer del Sole

rimane a percorrere:
terza,

Quanto tra l'ultimar dell'ora

'1

principio del di' par della spera,


di fanciullo, scherza,

Che sempre, a guisa Tanto pareva gi


Essere
al Sol del
l,

in ver la sera

suo corso rimaso:

Vcspero
Il

e qui

mezza notte

era. Purg. xv.

I.
:

il

Sole prog^redisce sensibilmente verso sera poggilo volto a levante getta l'omtira:
Vedi ornai che
'1

ed

poggio l'ombra getta. Purg.

vi. 31.

Salendo alla dirittura di oriente, vediamo innanzi propria ombra, originata dall' intercettare che fa
i

la
il

nostra

corpo

raggi solari, che vengono dall'occidente.

Il

sole ne tra-

monta
della

dietro le spalle, e lo sentiamo per mezzo della vista

disparizione
si

della

nostra

ombra che
il

ci

innanzi.

L'orizzonte

fa tutto

d'un' aspetto coll'abbuiarsi


sasso,

Dritta salia la via per entro

Verso

tal parte, eh' io toglieva

raggi

Dinanzi a

me

del Sol eh' era gi lasso.


l

E
Che
il

di

pochi scaglion levammo


l'

saggi.
si

Sol corcar, per

ombra che

spense,

Sentimmo

dietro ed io e gli miei Saggi.

E pria che in tutte le sue parti immense Fusse orizzonte fatto d'un aspetto, E Notte avesse tutte sue dispense... Purg. xxvii.
S sa

64.

che quella parte d cielo che prima appariva azzurra,

ASTRONOMIA.
avvicinandosi
il

261
diventa bianca,

Sole, in

un bel

d sereno,

massime presso dell'orizzonte, ove appunto il Sole va calando, il qual effetto pi veduto che avvertito fa cantare
al

poeta:
Feriami
'1

Sole in su V omero destro,


1'

Che gi, raggiando, tutto Mutava in bianco aspetto


Il

occidente

di cilcstro.
:

Purg. xxvi.

5.

tramonto

di presso

Ed
il

il

poeta

prende occa-

sione a parlarci di
alle

un fenomeno che

lo

avea colpito a mezzo


e con-

nebbie delle montagne, ove

disco solare, dispogliato

della sua radiosa ghirlanda,

pu essere sostenuto
mai
nell'alpe

templato a bell'agio sotto insolito aspetto:


Ricorditi, lettor, se

Ti colse nebbia, per la qual vedessi

Non

altrimenti che per pelle talpe

Come, quando

vapori umidi e spessi

diradar cominciansi, la spera

Del Sol debilemente entra per essi;

fla la

tua immagine leggiera

In giugnere a veder,

com'

io rividi
1.

Lo Sole

in pria,

che gi nel corcare era. Purg. xvii.

nuova dipintura perfetta, come in un dagherotipo di quel che tutti veggiamo la sera, al cessar della luce diurna, ma senza troppo badare al modo onde questa luce va gradatamente ad estinguersi. - Questa coccoletta, che noi chiamiamo il globo terrestre, avviluppata in una

Ed

eccoci una

sottil falda

di aria,

la

quale

la ricopre

come
di

la

peluria

intorno a una pesca.

Ma

l'aria si

va diradando per

modo

che

ne' suoi strati superiori,


di rifletterci
la

che all'altezza
luce del sole,

40 miglia

cessa al tutto
si

quando esso
la

abbassato

18*^

circa sotto dell'orizzonte. Allora ogni

luce crepusculare vien

meno

sovraggiunge

notte.

Ma

prima di questo punto,


serjue, a' quali

gli ultimi

raggi del sole, che la notte

vien dietro la notte, illuminano una porzione sempre pi piccola del menisco, della cupola aerea che ci sovrasta al punto del tramonto, gli ultimi raggi del sole
:

l'illuminano tutta;
detti

ma

a misura che questo


superficie
la

si

abbassa,

raggi tangenti

alla

terrestre,

s'inalzano;

rimanendo nel perfetto buio


di sotto,

parte opposta dell'atmosfera


ivi

verso oriente; prescindendo dalla luce

difl'usa
:

dagli altri strati ancora illuminati pi in allo, fino a ponente

262

COGNIZIONI SCIENTIFICHE.
Gi eran sopra noi tanto levati
Gli ultimi raggi che la notte segue,

Cbe

le stelle

apparivan da pi

lati. Piirg.

xv. 70.

Veggasi quanto

sa esalto e

ben detto, quel levarsi sopra


che cosi permettono
lati.

di essi di quegli ultimi rar/g

di

ap-

parire alle pi belle stelle


radiso, V.
1
:

da vari
il

al C.

xx

del

Pa-

Quando

colui che tutto

mondo alluma

Dell' emisperio nostro si discende,

il

giorno d'ogni parte

si

Lo

ciei,

che sol
rifa

di lui

consuma, prima s'accende,

Subitamente si Per molte luci,


ffiion

parvente

in

che una risplende.

due ore
E

di notte passate, ed per compiersi

la terza:
Fatti avea

il

passi con che sale, duo nel loco ov' eravamo, terzo gi chinava in giuso l'ale. Purg.x.1.
la notte de'

cominciata mezzanotte:

la quarta ora di notte


i.

Gi eran quasi che atterzate l'ore Del tempo eh' ogni stella pi lucente. Son.

Gi ogni stella cade, che saliva

Quando mi mossi.

Inf. vii. 98.

Dal tramonto del sole sino

alla

mezzanotte
al

le ultime stelle

che spuntano sull'orizzonte ascendono ciando innanzi quelle tutte che


le

meridiano,

cac-

precedono, quindi, passate

quelle, discendono per altre sei all'occidente.

E
del

al C.

XX vili

del Purg. v. 1 ci d

no sfoggio

di

eru-

dizione astronomica per darci l'ora anche

a quattro canti

mondo, secondo

dati geografici di quei giorni conosciuti.

E al C. vili, del Purg. v. 133. volendo esprimere vagamente e poeticamente che non passeranno sette anni che egli nel tempo del suo esigilo dovr sperimentare la cortesia

dei signori Malaspina,


:

cosi

fa

parlare

all'ombra

di

Corrado

Or

va, che

11

Sol

non

si

ricorca

Sette volte nel letto che

il

Montone

Con tutti e quattro i pie copre ed inforca, Che cotesta cortese opinione TI fla chiavata ....

E novera pure
lume
della luna.

il

tempo dal rinovars e

Io

spegnersi del

ASTRONOMIA.
Mi non cinquanta
volte
fia

263

raccesa

La faccia della donna che qui regge... Inf. \. 79. Cinque volte racceso, e tante casso, Lo lume era di solto dalla luna. Inf. xxvi. 130.

E con

la

sua solila sagacia e profondila dice di sotto dalia


il

luna anzicch

lume della lima, perocch

la

luce

della

luna, che ne porge

mezzo

di

noverare

le

lunazioni con le

sue
noi

fasi,

quella

che illumina Temisfero disotto, l'inferiore


sotto dello sapien-

visibile; quello ciie accade nell'altro emisfero, disopra, noi

veggiamo giammai: perci quel di


Sole.

temente, e non a caso, detto da vero maestro.

11

Sole,

secondo

la

teoria
di

di

Dante
tutte

fonte

universale di luce [Conv. u\.l),


stelle

che poi
di

altre

s'informano: {Conv. u.\) esso


e

sensibile luce s

prima
{Coni',

poi tutti

li

corpi celestiali ed elementali allumina

ili.

22), esso

padre d'ogni mortai


da levante

vita,

che

Avante, infino a tanto che s'asconde,

Con

li

bei raggi infonde

Vita e virt quaggiuso


Nella materia
s,

com'

disposta, Canz. xvii. 6;

e indi

riduce le cose a sua similitudine di lume, quanto


7 - Gl'influssi del sole divengono
della Costellazione
in

esse per la loro disposizione possono dalla sua virt lume


ricevere: Conr.
iii.

iii.

pi potenti

per

quelli

che

il

gran
i.

pianeta

si

ritrova: Canz. xvn. 7; Purg. xxxii. 53; Par.


nel

40.

Cicerone

Sonno

di Scipione

avea chiamalo

il

Sole

Mente del mondo. Ma Dante si alz eminente sopra lutti poeti, quando con un solo verso racchiuse la pi mai

gnifica lode di che

mai possa esaltare

11

Sole l'imaginazione,

cantando

Lo ministro maggior della natura. Par.

x. 28.

Metti ben addentro alla mente


e alia vista di

grande idea della Natura, questo suo grande ministro, che altamente
la

seduto sul trono della luce distribuisce e vibra


creazione
il

in tutta la

moto

e la vita,

ti

sentirai

dissima meraviglia.
sull'intonso

E
di

allora

farai

compreso di granun riso di compassione


figlio di
la

nume
sterili

Delo,

sul

biondo

Latona, e

quanti
laliua.

altri

nomi
il

gli

profonde

poesia

greca

-E

chiama

Sole e

la

Luna occhi

del cielo:

Purg.

264

COGNIZIONI SCIENTIFICHE.
iv.

XX. 132. Ovidio nel


occhio del

delle Metamorfosi,

chiamando

il

sole

mondo avea

gi delibalo questo pensiero, mirando

epigramma amochiama occhi del cielo le stelle, metafora leggiadrissima, imitata pur dall' Ariosto, C. XIV. 39, e dal Tasso, Ger. x. 22. Dante per che non usurpa mai cosa alcuna senza farla migliore, considerando
forse a Piatone che in quel suo notissimo
roso,

conservatoci

da Laerzio,

che

gli

occhi del cielo per eccellenza, secondo

il

giudizio

de' nostri sensi,

sono veramente

il

Sole e

la

Luna ha con-

centrato in questi due fuochi tutta la sparsa luce dell'idea


platonica,

anche

il
il

e rendendone pi vivo l'effetto, ha reso nuovo concetto, e pi poetica l'espressione. - \.o?//. -

Ed

Sole pure n' misuratore del tempo:


Lo ministro maggior della natura, Che del valor dei cielo il mondo imprenta, E col suo lume il tempo ne misura. Par. x.

28.

Chi potrebbe dire, aggiugne

il

Ranalli,

quanto
eli'

sia bello e

nuovo

indicarsi

il

sole sotto questa figura

tutta nuova,

e con la quale

consuona quest'altra del Petrarca:


'1

Quando

Pianeta che distingue l'ore,


si

Ad

albergar col Tauro


dall'
il

ritorna,

Cade virt

infiammate corna
di novel colore. San. 8.

Che veste

mondo

Ma
moto,

se ben

si

rifletta,
ci

questo meraviglioso indice lumicose

noso, a tutti visibile,

rende cotali servigi per via del suo

che prendendo

le

un

po' alia
l'

grossa,
di

ce

lo

possiamo supporre uniforme.

Onde

esattezza

cotal
di

misura dipende dalla conoscenza pi o meno esatta


suo moto. La durata dell'anno tropico,
del Sole allo slesso tropico,

quel

data dal ritorno


diloro

cio allo stesso solstizio;

pendendo da

ci

il

corso

delle stagioni,

legate

tra

immutabilmente. Questa durata esattamente di 365 giorni e 24222 centomillesime parti di giorno, ossia (trascurando le minori frazioni) circa 24 centesime parti di un giorno.
Giulio Cesare, nella sua famosa riforma del Calendario, aveva posta cotal parte frazionaria un po' pi grande, cio l'avea fatta di 23 centesimi, l'avea accresciuta di un cente-

simo; eh' appunto quella


Centesma eh'
laggi negletta. Par.

xxvn, 143,

ASTRONOMIA.
a cui

265
il

Dante

allude.

Perci quel calendario,

giuliano, ai

suoi tempi in uso, dietro tale supposizione de' 23 centesimi, cio di 1/4 di giorno, portava un intero giorno di pi

dopo

4 anni,

il

quale quarto anno invece di 3G3 giorni ne

va 366 - Sicch quel


cento anni,
secolo
si

centesimo di pi,

avecumulandosi per

dava d'avanzo

un intero giorno, e dopo

un
Lilio

era fatto un bisestile di pi del bisogno. - E Dante


:

se n'era accorto

In questo ne sapeva quasi quanto

il

ed

il

Clavio, che nel 1582 operarono la

nuova riforma
questo
del

del

Pontefice

Gregorio XIII
poeta

che rimedi

sconcio -

Capocci -

Pervenuto

il

al

primo

balzo

Purgatorio,
in

volendo significare con poetica imagine ch'egli era


cmisperio opposto
al nostro,

un
il

finge di stupirsi di vedere

Sole fra s e l'aquilone,


Virgilio,
il

e ne

dimanda

la

spiegazione a

quale cos risponde:


Se Castore e Polluce
di

Fossero in compagnui

quello specchio,

Che su

gi del suo lume conduce,


il

Tu

vedresti

Zodiaco rubecchio

Ancora all'Orse pi stretto rotare, Se nwi uscisse fuor del cammin recchio. Purg.
Egli consueto a' poeti
il

iv.

G.

dire

la tal

cosa splende

al

par del sole, e Dante trova nella cognizione dell'astro-

nomia una maniera tutta nuova e leggiadrissima:


SI che, se
Il

Poscia tra esse un lume si schiar, il cancro avesse un tal cristallo.


d.

verno avrebbe un mese d'un sol

Pur. xxv. 100.


il

Diametro del
di

Sole.

la

Alla

pi gente

Sole

pare

larghezza nel diametro di un piede [Epist. a Can^rande


si

2): e

ci falsissimo, che, secondo

il

cercamento e
coli' altre

la

invenzione che ha fatto


arti,
il

umana ragione

sue

diametro del corpo del Sole cinque volte quanto


la

quello della terra, e anche una mezza volta; conciossiaco-

ach

terra per lo diametro suo sia seimila cinquecento


lo

miglia,

diametro del Sole,

che alle sensuale apparenza


iv. 8.

appare

di quantit

d'uno piede, Irentacinque mila sette-

cento cinquanta miglia: Conv.

Luna.

Teoria del poeta sulle ntacchic lunari.

Ei le attribuisce ai corpi rari e densi della sua superficie.

266
Par.
II.

COGNIZIONI SCIENTIFICHE.
-

Dante per bocca


Conv.
ii.

di Beatrice

confuta l'opinione da

lui recata nel

14 sull'ombra della luna, e d'essersi


xxii. del Par. v. 139. Ei

ingannato ritorna a parlare nel C.

slavagli a cuore di mostrarsi ricreduto di quell'errore.

La Luna
le in

nel suo plenilunio sorge a! cader del Sole, che


di di in di

opposizione. Sorgendo poscia

circa

un

50 minuti pi
dopo. Onde
rore
al

tardi, la quinta notte sorge

un quattro ore
le stelle

suo apparire sull'orizzonte


le

appaion

pi rade, dileguando, come suole,


:

minori col suo chia-

La luna, quasi a mezza notte tarda, Facea le stelle a noi parer pi rade, Fatta com'un seccliion che tutto arda. Purg.

xviii. 76.

dai secchioni di

rame

col fondo sferico,

ne' quali

ma-

onde rimpalmarne le navi, trasse egli il paragone esatto e lampante. Se avvenga per avventura che quel pattume bituminoso ad un tratto si accenda,
rinai fanno bollir la pece

avrassl

il

secchione

ardente,

tal

quale

occorreva

di

far

osservare. La

Luna

si

trovava non lungi dall'ultimo quarto,


perocch essa essendo nel de-

se vi

si

fosse trovata esattamente ei l'avrebbe assomigliata

piuttosto ad una scodella:

crescere, la sua parte piena. Torlo rotondato, era volto al

Sole a levante e per in basso; cos la mezza Luna nel nascere sarebbe apparsa come posata sull'orizzonte col suo diametro in alto, che avrebbe rappresentato in profilo Torlo
della
scodella.

Ma

la

Luna essendo ancor lontana


era ancor gibbosa
;

di

un

tre giorni

dal detto quarto,

ed invece

di offrir superiormente

un

profilo rettilineo,

T avea rilevalo
sua supertcie.

sensibilmente nel mezzo:


le parti pi o

pi o meno, ed alla rinfusa, per

men

chiare

che ricoprono
al

la

Ora a questo aggiungasi, che presso


zonte,
il

contatto dell'oriz-

gioco variabile dei vapori e delle rifrazioni, danno


di quell'astro, rivolta

sovente alla parte frastagliata


in fiamme. - Capocci. - (V.

ins,

un'apparenza diffusa e vagante, come se veramente

la fosse

De Mon.

i.

13; in. 4J.

Aurora Lunare.
La concubina di Titone antico s' imbiancava al balzo d'oriente, Fuor delle braccia del suo dolce amico: Di gemme la iua fronte era lucente,
Gi

ASTRONOMIA.
Poste in figura del freddo animale, Che con la coda percuote la gente:

267

la notte de' passi,

con che sale,

Fatti avea duo, nel loco ov' eravamo,

il

terzo gi chinava in gluso l'ale. Purg.


il

m.

1.

Non

da leggersi, dice

Ranalli, cosa pi bella e

stupenda

per novit di concetto e splendore d voci. - Col qualitativo concubina egli intende distinguere e dinotare l'aurora della

Luna, l'albor crepuscolare che precede


sulle tre ore di notte circa, la

il

suo nascere: in

e la

Luna era prossima ad alzarsi, sua aurora avea ingemmata la fronte delle belle stelle
e la notte, dei

dello Scorpione (sull'orizzonte ad oriente);

passi con che sale, delle parti che percorre nell'arco semi-

diurno ascendente, dall'orizzonte

al

suo culminare a mezal

zanotte; n'avea fatti due di cotali passi, cio due terzi del

suo corso orientale,

per giungere in mezzo

cielo

nel

meridiano, e stava per finire l'altro terzo. Chi poi esperto


nella contemplazione del corso notturno degli astri,

pu

al

giusto valutare la bellezza di questo dire poetico. Perocch

avendo cos immaginosamente personificata la Dea dallo ammanto, le trasferisce il modo usato dagli astri nel loro trascorrere per la tolta celeste: questi nelle prime due terze parti del loro apparente corso ascendente si elevano rapidamente, e nell'altra terza parte si vanno molto
egli

stellato

pi rimessamente elevando; per

modo che
senza

presso al meripi

diano

corrono per un certo tratto


stelle

guadagnar

quasi nulla in altezza. Sicch attribuendo questo procedere


delle
alla Notte,

vedesi

bene quanto propriamente


l'ale,
le

dica che quel suo terzo passo gi chinava in guso


cio gi gi le raccoglieva e

non

portava pi in alto.

Capocci.

Anche

il

prof.

Minich ritiene qui indicata l'aurora lunare,

anzicch la solare, e conferma questa induzione coli 'esame


dei primi versi del C.

xx\

del Paradiso, in cui l'AUighieri

accenna

con

meravigliosa

approssimazione

la

durata

del

crepuscolo mattutino poco dopo l'equinozio di primavera.

E ne ricorda
Vedem
S,

I'

alone lunare
la figlia di

Cosi cinger

Latona
aere pregno
Par. \. 67.

tal volta,
il

quando
fll

1'

che ritenga

che

fa la zona.
il

Quando

il

vapor che

porta pi spesso. Par. iitii.

U.

268

COGNIZIONI SCIENTIFICHE.

Costellazione della Crociera. Le Stelle (Iella CrOCe australe vennero scoperte due secoli dopo Dante, quando
l'ardimento europeo spinse
i

nostri navigatori sotto l'altro

emisfero:
Vidi quattro stelle

Non

viste

mai fuor che

alla

prima gente. Purg.


Purg.
viii. 88.

i.

32.

Le quattro chiare

stelle,

non solo nel Catalogo di Tolomeo, anche da Marco Polo, e figurate pure in un Globo, costruito da Abou-Cassem nel 1225.

Si trovano esse descritte

ma

Il

Yespucci
le

si

vantava nel 1501


viste

aver veduto co' suoi


per l'elevazione del
eccetto

occhi

quattro

stelle, a noi invisibili

polo boreale,

non mai

innanzi,

che

dalla

prima coppia umana. Andrea Corsali, illustre navigatore lrentino, in una sua lettera a Giuliano de' Medici, duca di Firenze, (6 Gen. 1515) le chiamava: croce meravigliosa,
la
il

pi

gloriosa

di tutte

le costellazioni

dei cieli.

Di

fatti

cielo ivi

all'altre

ingemmato di quelle belle stelle, prossime altredue fulgidissime del Centauro, ed incastonale,
vivo bagliore della Yia-lattea

direi,

nel pi

che col
Il

si

addensa, offre uno spettacolo unico ed ammirando.

sito

deve rispondere

in

mezzo

al

grande Oceano

pacifico,

un

po' pi al sud dell'isola di Baas, dell'arcipelago dell'isole


della Societ, tanto famose pei racconti del Gook.
Il

Capocci,
-della

seguendo l'Humboldt,

il

Dante,

come

ei

lo

chiama

moderna filosofia naturale, con le sue calcolazioni ne convince, come circa a 7 mila anni addietro, il polo australe
si

trovasse
alla

abbastanza lontano

dalla Croce

per renderlo

prima gente in quelle regioni patriarcali dell'Asia, e che per conseguenza Dante conoscesse il moto di processione degli equinozj, e non solo si avesse presente
visibile

lutto

il

cielo nel ten>po della sua visione,

ma

si

ancora

ai

primordi del mondo.


forse stata

Questa dantesca anticipazione del vero, scrive V. Monti, un puro caso, ma quando noi veggamo la
i

imaginazione di Dante indovinare


tissimo

segreti
I

della

sapienza

divina, do])biam concludere che anche

sogni di queir alcerto

ingegno sono
di verit

impressi

di

un

carattere

di

grandezza e

che inspirano riverenza, e debbono

ASTR0^0M1A.
togliere ad ogni sensato lettore
il

269
coraggio di giudicarli.

Lesione

ix.

Vi ha pure una bella stampa, inventata dallo Stradano e

incisa

giusto rappresentato
coU'astrolabio
si
il

meravigliosamente dal Galle nel sec. XVI, dove Amerigo Vespucci in atto di osservare
fatte costellazioni.

Da un

lato della quale


in

stampa vi
parole:

ritratto

di

Dante posto

Dantes AUfierus florentinus


descrpsit

M. ecc.
torti his

mi

stellas

mezzo di tali anno salutis antarcticas cap.^ primo Purgapoeta


epistolis adductis.

ah Americo Yespucci in suis


eh ' figurato

Sotto

al ritratto,

come

in

un

pilastro, si
i

leggono

versi danteschi recati dal Yespucci, sotto

quali la tradu-

zione latina cos:


Ego, inde versus, intuebar aethera
Poli Nothi, adnotavi ibi astra quatuor,

Nisi a priori gente visa nemini.


Nitet micatque

fiamma quadrupla aethere

Mihi plaga orbis orba esse cerneris

Nequis videre quando tanta lumina.


P.

Fanfani,

il

Borrjhini

i.

58.

Le tre

stelle vespertine:
Tre facelle
polo di qua tutto arde. Purfj.

Di che

il

viii.

89.

Trovansi esse assai pi vicine alla circonferenza della ruota,


l'equatore,

che all'asse: Piirg.

viii.

86.

Il

Capocci vuole
sin-

sieno V Achernaar, e q famose nubi di Magellano, due bellissime e mirabili nebulose,

d'una forma e d'una luce

golarissima,

per dir meglio de' cumuli d'innumere nebulose

conglobate insieme, e che ne avesse cognizione da Marco


Polo,

da qualche altro traflicante italiano contemporaneo,


le

meglio

scorgesse in qualche globo arabo, sul cui terso


effigiate

metallo trovansi

guisa di fiamme. - Un' abile


il

astronomo, ora defunto, dice


malliaut, Achernaar,

Minich, ha pensato che

le

tre stelle vespertine dell' AUighieri corrispondessero a

Fo-

e Canopo, ossia alle stelle principali

nelle costellazioni del Pesce Australe,

deW Eridano

e della

JSave degli Argonauti.

Il

Minich poi vuole non abbiano che

una simbolica ed ideale significazione.

Ma

per dimostrare a qual


le

segno

ei

si

giovasse della
poetiche

astronomia per rendere

sue imagi ni

sommamente

270

COGNIZIONI SClENTlFICnE.
il

e leggiadre, vaglia

fare

intendere

il

principio del xiii del Paradiso, dove, meraviglioso spettacolo de' 24 beali

spiriti, che divisi danzano intorno a

in
lu

due

circoli,

l'uno dentro dell'altro,

e alla
di

sua donna,
stelle,
le

vuole egli
pi lucenti

che
del

sfimmagini una riunione


lrmamento,

24

le quali facciano

runa dentro

l'altra.

due corone roteanti ugualmente Ei dunque ci pone dinanzi agli occhi

un bellissimo campo stellato, con le quindici stelle fisse di prima grandezza onde s'ingemmano le diverse regioni
del cielo, appresso le sette dell' Orsa minore, da ultimo le

due che terminano la maggiore. Anche al xxx del Purg. v. 5 ricorda le sette stelle della maggior Orsa, il settentrione piii basso, che servono ad additare
il

polo al nocchiero, per guidare le navi in porto.

stella Veneree
Neil' ora credo,

che

dell' oriente

Prima raggi nel monte Citerea, Che di fuoco d' amor par sempre ardente. Purg. ixvu. Lo bel pianeta che ad amar conforta,
Faceva tutto rider V oriente. Pura.
1.

94.

19.

La
Che
'1

stella

Sol vagheggia or da coppa or da ciglio. Par.

viii.

Notisi l'attenzione che Dante fa al girar di Venere intorno


al Sole or

da coppa or da
stella

ciglio.

Nella Canz.
ci sta

xi. 1

ci

dice
lo

che nell'inverno La
raggio lucente, che
velo.

d'amor
il

rimota Per
le

la 'n forca

S di traverso, che

si

fa

Anche

ei

viene a segnare

tempo, che Venere guarla Terra,

data dal Sole, interposto fra esso pianeta e

che suo
i

perci riceve in minore copia le amorose influenze.

La

stella di
la

Venere due
fa
:

fiate era rivolta in quello

cerchio che

parere serotina e mattutina, secondo


Conv.
si
ii.

due diversi tempi


proprietadi
:

2. - Il cielo di

Venere ha due
eh'

l'una

la chiarezza del suo aspetto,


stella, l'altra si la
ii.

soavissima a vedere pi che altra

sua

apparenza, or da mane, or da sera: Conv.

14.

Mercurio e Venere.

E merita veramente attenzione


al

quel che pure nota sui pianeti inferiori Mercurio e Venere,


ponendoli a dirittura in giro intorno
Sole circa e vicino
Il

lui,

come ha

poi dimostrato

il

Copernico.

circa

ac-

coppiato con vicino un'esplicita definizione del suo pen^

ASTR0^0M1A.
siero.

271
circck

E ove pongasi mente al valore della parola ne rester pi dubbio: e questo valore lo si un' altro passo della div. Comedia [Par. xu. 19).
L'aspetto del tuo nato, Iperione,

non
da

ritrae

Quivi sostenni, e vidi coni'


Circa e vicino a lui

si

muove
Dione, far.xxii. 143.

Maia

mercurio.
E
Cos
s

come

saetta che nel segno


la

Percuote pria che sia

corda queta,
v. 91.

corremmo
occhi

nel secondo segno. Par.

Gitlando

gli

sopra

una mappa planetaria, scorgesi


fa

manifesto come nel

giro che Mercurio

intorno al Sole

non possa mai appressarsi a noi quanto Venere. Infatti Venere pcrigea, cio alla minore distanza, lontana dalla terra 23 milioni di miglia; Mercurio perigeo rimane pi
lontano del doppio.

Ma

il

sistema tolemeaico allora portava

che

tutti

pianeti girassero intorno alla Terra: la

Luna a 160
di

mila miglia; Mercurio a 310 mila; Venere ad 832 mila: ed


il

Sole a sei
s'

milioni

60 mila miglia!

chiarissimo

quanto

ingannassero

in tutto,

ma

questo allora credevas.

Del resto egli colla sua gran mente gi sembra che travedesse questi errori intorno alla posizione di Mercurio, avendo

notato

le

sue strette attinenze col Sole, dicendo pi sotto:


Che
si

vela ai mortai con gli altrui raggi.

Mercurio
del suo
miglia,

la pi

piccola stella del cielo; che la quantit

che di dugento trentadae secondo pone Alfergano, che dice quello essere,

diametro non pi,

delle vent'otto parti,

Tuna

del diametro della Terra, lo qual


l'altra propriet
si

sei mila cinquecento

miglia:

che

pi va velata
Conv.
II.

de' raggi

del Sole,

che nuli' altra

stella:

14.

Marte.
Ed ecco qua, su
Per
li
'1

presso del mattino,

grossi vapor Marte rosseggia

Gi nel ponente sopra '1 suol marino: Cotal m'apparve, s'io ancor Io veggia.

Un lume
stro col

per

lo

mar venir

s ratto...

Purg.

ii.

13.

Notisi la propriet del

paragone

di

questo pianeta rossa-

lume apparso

all'Allighieri, e sovraltutto nell'averlo


il

posto vicino al tramonto sopra

suol marino; per che, a

quella poca altezza, vie pi vedesi rosseggiante Ira' vapori

272

COGNIZIONI SCIENTIFICHE.
la

pi grossi; senzacch l'analogia locale sopra


mare, de' due termini del suo confronto
il

faccia del
1'

lume e

astro

non pu esser pi bella. Ed pure da osservarsi che non gli sfuggisse che quando Marte in opposizione col Sole,
e perci in sul tramonto, allorcli queslo in sul sorgere,

allora

il

pianeta sia pi vicino a noi e molto pi radiante.

dice gi nel ponente,

perch in Toscana,
il

sulle rive del

Tirreno, non pu scorgersi mai


l dei

suol marino orientale di


nel'

monti.

E questo pianeta

XIV

del par.

v. 8G.

vien chiamato:
L'affocato riso della stella.

Marte disecca e arde


a quello del fuoco
affocato di colore,
;

le cose,

perch
e

il

suo calore simile

e questo quello per che esso appare

quando pi

quando meno, secondo


'1

la

spessezza e rarit delli vapori che


loro

seguono,

li

quali per

medesimi molte volte s'accendono: Conv.

ii 14.

Saturno.

//
//

pianeta che conforta

il

gelo,
ii.

Canz.xi.

l;

e Purg. xix. 3:

freddo pianeta; e Conv.

14,

freddura

di

Saturno. Era opinione degli antichi astrologi che Saturno tro-

vandosi nell'emisfero notturno apportasse gran freddo. E nel


Conv.
II.

14 ne reca pure

le

due propriet, secondo l'astrologia


cfL'una
si

del suo tempo, del Cielo di Saturno:

la tar-

dezza del suo movimento per dodici segni; che ventino ve


anni e pi,

secondo

le scritture degli Astrologi,


;

vuole

di

tempo

lo

suo cerchio

l'

altra

si

che sopra

tutti

gli altri

pianeti esso alto.

Giove.

'1

Ci ricorda

il

candore che veramente


temperar
Giove

si

rav-

visa nella luce di questo gran pianeta:

Quando m' apparve


Tra
padre e
'1

il

di

figlio.

Pun.

xxii. 145.

Lo candor della temprata

stella.

Par. xvni. 08.


ii

Giove

stella di

temperata complessione: Conv.


si

14.

stelle.

Nei monti che pi

elevano, fuori dei

pi

bassi e pi densi strati dell'atmosfera,


le

ove non giungono


le stelle

crasse esalazioni terrestri,


Vedev'io

si

veggono risplendere

pi chiare e grandi del solito:


le stelle

Di lor solere e pi chiare e maggiori.

Purg. xxvii. 89.


la

dall'alto dei cieli

si

sta

pure Dante godendo

bella

veduta del sistema planetario a volo d'uccello: Par. xxii.

ASTRONOMIA.

273

Via Lattea.
il

La Galassia cio quel bianco cerchio,


la via di

che

Funo dei poli, e l'altro ci tiene ascoso: e mostraci un solo movimento da Oriente a Occidente e un altro che da Occidente
vulgo chiama
Santo Jacopo
;

e mostraci

a Oriente, quasi

ci

tiene ascoso: Conv.

ii.

15 -(Opinioni di-

verse sulla Via Lattea. Id.)

che cinge

Questa bella zona albicante, meravigliosa, fosforescente, il cielo intorno intorno, e che tanta bellezza accrepei poeti che per
il

sce allo stellato della notte, non appar

quella regione riarsa per cui trascorse

carro del Sole

mal

guidato da Fetonte (ynf.xvii.lOG), e pei filosofi non altro che la saldatura dei due emisferi l'un contro l'altro, e al tempo
di

Dante tutto
di

al

pi una specie di meteora sullunare.


il

Ma
in

nel XIV.

del Par. v. 97

poeta

si

slancia verso la giusta

divinazione

quel

portentoso
quei

fenomeno che eccede


iraaginativa.
e

sublimit ogni pi ardita ed iperpoetica

vuole

insinuarci

che

lumi minori

mag(}i

insieme
alle

albicanti abbiano

una nobile origine ed appartengano

regioni sideree:

Come distinta da minori e maggi Lumi biancheggia tra i poli del mondo
Galassia
s,

che fa dubbiar ben saggi.

Fin dal 1750, scrive


la

P. Lioy, cio fino da Tommaso Wright, Via Lattea era stata considerata ora con Aristotile quale

un immensa cometa, ora con Tychone quale una massa


d' etere cosmico in un'agglomerazione incipiente. A di nostri r astronomia non ignora che la Via Lattea un' ammasso

che Huygene attribuiva ad una nebulosit generale, venne coli' aiuto dei pi forti telescopi riconosciuta dipendere da strati di
stellare, e la bianca luce suffusa di cui risplende,

stelle stipate fra loro in


il

numero
potenti

indefinito.
clie

Galileo, senza

soccorso dei telescopi

oggid ingrandiscono

l'orizzonte degli astronomi, indovinava la costituzione fisica


delle Nebulose
;

Dante e Giordano Bruno indovinavano

la

costituzione fisica della Via Lattea.

Equatore.
'l mezzo cerchio chiama Equatore E che sempre riman tra

Che
si

del

moto superno,
il

Che

in alcun' arte,
il

Sole e

verno. Pura.

iv. 79.

Dante chiama
VOL.
II.

l'Equatore

cerchio

del molo

superno^
18

per

274
la

COGNIZIONI SGIENTIFICnE.
cielo nell'

suprema velocit del


;

apparente suo giro diurno

va sempre scemando, sino a divenir nulla affatto ai pol. Indi ci fa notare ch'esso Equatore sempre rimane tra il Sole e
in quel cerchio
fuori del quale, ne' successivi paralleli,
il

verno;

ci

eh'

assolutamente vero, come vedesi col


Poich

globo, pel luogo da essi occupato fuori de' tropici.


il

verno

prodotto dal

maggior abbassamento del Sole


accosta al tropico australe dall'al-

sull'orizzonte, e questo accade pe' luoghi del nostro emisfero

boreale,

quando

il

Sole

si

tra parte dell'Equatore; e per l'opposto nell'emisfero australe,

quando

il

Sole va

al tropico

boreale da quest'altra

banda. Ond' sempre vero ch'esso Equatore trovasi tramezzo


al

Sole ed al verno:

nel X. del Par. v.

8.

quella parte
all'altro si percote.

Dove l'un moto

il moto diurno di tutto il cielo del primo mobile (da oriente a ponente) venisse ad incontrarsi

Credevasi allora che

col

moto

orbitale opposto degli altri inferiori (da occidente


in ci consiste

ad oriente). E

quel percuotersi d'un moto

air altro. E in ci che soggiunge indica poi con precisione


eh' ei voleva intendere al
il

punto stesso dell'Equatore, ove


Equatore)

moto diurno

pi violento:
(dall'
i

Vedi come da indi


L'obliquo cerchio che

si

dirama

pianeti porta. Par. x. 13.

Cos,

dice Y. Monti,

senza usurpare alla

fisica celeste
i

una
pi

sola parola tecnica, ei n'esprimo con rigorosa esattezza

astrusi

misteri,

e la sua liosoia

procede sempre in abito

di poesia.

al V.

del Paradiso, v. 87, l'Equatore pur chiamato


il

quella parte ove

mondo

pi vivo,

essendo realmente
s

dottrina provata che sotto l'Equatore,

ne' corpi celesti,

come

ne' terrestri
vita.

tutto

ha pi movimento, e per conse-

guente pi
Il IBole

sull'Equatore, al
ed
il

punto degli equinozi!. _.


si

Coll'intersezione de' quattro cerchi (l'orizzonte stesso, l'equatore,

eclittica

cloruro degli equinozj)


il

formano tre
ne viene a

croci, dal qual

punto dell'orizzonte

Sole esce congiunto con

miglior corso e con miglior stella.

E con

ci

ASTRONOMIA.
dichiarare la temperie
la

Zio

di

quella stagione atta a riscaldare


a
rivestirsi

materia terrestre,

a disporla

delle

novelle

forme, nell'annuale svolgimento del regno organico:


Surge a' mortali por diverse foci La lucerna del mondo ma da quella Cbe quattro cerclii giugne con tre croci. Con miglior corso e con migliore stella
;

Esce congiunta, e
Pi a suo

la mondana cera modo tempera e suggella.

Par.

i.

37.

Ed

altrimenti ripete questa idea, cio che


di

il

Sole presso
l'eclittica,

l'Equatore, presso l'intersezione

questo con

ove han principio

segni zodiacali.
si

E per

togliere
in cui,
si

l'equi-

voco, aggiugne che

trovava nel punto

venendo
trovava

indi a descrivere le spire ne' paralleli successivi,

ove in dette spire si appresenta (a noi dell'emisfero boreale) sempre [Viii tosto: giacch di l dall'equinozio di primavera
accade una progressiva anticipazione nel sorgere del Sole:
Lo ministro maggior della natura, Che del valor del cielo li monJo imprenta, E col suo lume il tempo ne misura, Con quella parte clie su si rammenta
Congiunto,
si

girava per

le
s'

spire

In che pi tosto ognora

appresenta. Par. x. 28.

DeirEcliltica che segna in due parti l'Equatore, dei poli, ecc.


V.

Conv.

111.

5.

Zodiaco.
che
il

Lo Zodiaco
Purg,
segno che

nobilmente
xviii.
i

chiamato

strade
V,].

sole infiamma:
L' obliquo

79; e al x. del Par. v.

pianeti porta.

Se l'obliquit dello Zodiaco, ossia dell'eclittica eh' nel suo mezzo, fosse diversa da quel eh' , le stagioni ed il loro
avvicendarsi porterebbero grande perlurbazionne alle nostre
faccende,
X.

quasi oqni potenza (juaggii sarebbe morta: Par.

15.

Si pretende che I.UCC Zodiacale. primi a por mente alla luce zodiacale sieno stati Childrey, Chardyn e Rothmann altri dicono un certo iTanccsco Noci nel 1084. Cassini la consider come un anello di corpi planetarj minutissimi esteso da Venere a Marte. Rifiutata tale ipotesi
i

si

ricorse

a quella

oggid addottala

che riguarda

la

luce

zodiacale

come un

anello di materia vaporosa fuggila dalla


:

atmosfera del Sole. Leggo in Dante

276
Perch
I

COGNIZIONI SCIENTIFICUE.
Fetonte abbandon
'1

li

freni.

ciel,

come pare

ancor, si cosse.

//", xvii.

107.

comentalori giurano sull'autorit l'uno dell'altro chequi Dante intenda parlare della Via Lattea. Per me ricordo l'opinione ben altrimenti scientifica che sulla Via Lattea ha

esposto l'AUighieri nel xiv. del Paradiso; ricordo

il

filosofo

precursore di Vico e di Herder, e m'impunto a credere che

Dante

in quei

zodiacale, e ne abbia favellato con

due versi abbia inteso favellare della luce una metafora che in s
adotceleste. P. Lioy.

racchiude
tata su tal

il

senso della teoria oggi dagli astronomi

fenomeno

Errori Astronomici.
sfera elementare

A' SUOi

d
la

Credevasi

che

la

del fuoco tenesse

parte pi sublime
i.

dell'aria sino al concavo dell'orbe lunare {Par.


111.

38; Conv.

3);

e la sfera del fuoco fosse sito proprio


si

del folgore,

donde fugge velocissimo quando


su qualche oggetto terrestre
:

precipita su d'una nube,


i.

Par.

92.

E secondo Tolomeo, che l'ombra


:

conica della Terra, da

una parte illuminata dal Sole, terminasse con la sua punta nel pianeta di Venere Par. ix. 108. Dante prende partito di attribuire le macchie che vi hanno nella Luna ai corpi rari e densi della sna superficie
Par.
II.

69.

Riteneasi

a'

suoi

tempi

che

la

luna distasse
di

dalla Terra a 160 mila miglia,

onde ne toglievano meno

50 mila.

E che Mercurio perigeo


Venere {Par.
cielo in
v. 93); e

fosse pi vicino alla Terra che


la rivoluzione di

pisse in quasi

Marte si comdue anni (Cowi;. ii. 15; Par. xvi. 38), e che il 24 ore, complesse l'immenso suo giro Intorno alla
ii.

che

terra: Par.

21.
il

credevasi pure allora che

moto diurno

di tutto

il

primo motore (da oriente a ponente) venisse ad incontrarsi col moto orbitale opposto dagli altri cieli inferiori (da occidente a ponente]: Par.x.l.
cielo del

E che

le stelle

splendessero non gi di luce propria,

ma

retlessa dal Sole,

come
II

pianeti

Par. xx.
sol

6; xxiii. II

Esse

possono tramandare
illumina tutto
il

riverbero,

quando

Sole che

mondo,

dell' enisperio

nostro si discende.

ASTRONOMIA.

277

E che
nel C.

le orbite dei

pianeti varie, influendo in varie diefl'etti


il

rezioni, creassero vari

nella terra

Par. x. 17.

Ma

XX

del Purfj. v. 20,


si

grande uomo, con un lampo


i

di dubitanza,

eleva sopra

varii pregiudizi

del secolo,

quantunque col debito riserbo che la prudenza impone ad ogni individuo contemporaneo, che non voglia esser preso
per pazzo.

Questa terra

fissa

e
5.

non

si

gira;

essa col

mare

centro al cielo: Conv.m.

Il

Capocci,

dopo

di averci

mostrato come

il

poeta dal

centro della terra alla sua superficie in un solo giorno percorresse 3400 miglia a piombo,
lo

segue nel meraviglioso

rapidissimo volo ch'ei fa nei cieli: in pochi minuti secondi


gi alla prima stella, al cielo della

200 mila miglia {Par.


pi sterminato di un
di

ii);

poi in

Luna; ed ha valiche un attimo, in un volo molto


il

50 milioni di miglia, tocca

cielo

Mercurio [Par.y); appresso con un salto pi mortale


si

trapassa in Venere, la quale quando

accosta pi a noi,

rimane sempre

di l
si

20 milioni

di miglia, e nella

sua masindi in

sima distanza ne

allontana oltre 140 [Par.

vm);

un tempo ancor pi breve, e quasi in un baleno raggiugne il Sole, percorrendo un tratto doppio del precedente [Par.x); dopo
il

pianeta di Marte (Par. xiv), facendo un altro gran

salto verso l'empireo, ascende

in Giove, nel
il

sesto pianeta

[Par. xviu)

donde,

in

men che

noi dico, nel

settimo di
discostato

Saturno
la

Par. xxi. In questo mezzo


della terra

poeta

si

dal centro orbitale

pi di nove

in dieci volte

distanza media del sole, cio 10 volte 83 milioni di miglia.

Ma

questo bel tratto di 800 milioni un gioco appetto


stelle.

al

volo eh' gi per fare infino alle


stelle ov'ei si slancia,

La pi vicina delle

mila volte,
(Par. xxii)
;

cio
di

rimano da noi lontana pi di 200 dugento mila volte 83 milioni di miglia l alla stella dei Gemini, donde si piace di
veduta del sistema planetario a volo
si

godere

la

bella

di

aquila. Quivi ei

muove con
in 6 ore,

quella costellazione dal

me-

ridiano a occidente

con una velocit

di

incirca

un 1300 milioni per minuto secondo. - Gi ei fa l'ultimo dal nido di Leda, cieli corporei passo ascendente su per
i
:

278

COGNIZIOM SClEMiFlClIK.
il pi veprimo mobile, che rapisce lutti

cio dall' ottava sfera ei passa nella nona, eh'


loce cielo,
il

velocissimo,

il

gli altri inferiori

con s nel moto diurno: Par. xxviii.

Errori geografici.
tempi, Dante pone
i

Secondo

la

Geografia

de' suoi

termini dei climi ai termini del nostro

emisfero

Par. xxvii. 82.

Supponeva che il Mediterraneo avesse 90 gradi di estensione, mentre non ne ha che 50 ove ne avesse 90, sarebbe vero che ci farebbe meridiano, dove prima era orizzonte,
:

perch tanto accade a chi


di longitudine, cio per

si

muove

sulla terra per 90 gradi


di circonferenza di essa

un quarto

terra
11

Par.

ix. 86.
il

Poeta per altro egregiamente chiamava


La maggior valle
In

Mediterraneo:
ix. 82.

che l'acqua

si

spanda. Par.

E
si

tale, dice

il

Capocci, veramente rimasa anche dopo che


il

frugato per tutto

globo terracqueo, sendocch


ivi la terra

le

valli degli oceani

non contano:
le

che propria-

mente
Il

si

spande tra

acque. Lo che detto con molta

propriet e da

buon geologo.
assai
;

che

il

Marocco distava poeta suppone

meno

da. Gerusalemme
il

da quello

ma

quello, dice

Capocci, era allora

lo stato d'incertezza,

zioni geografiche.

Ed

massime per le longitudini, nelle posia me, aggiunge egli, sta in testa che

egli che sapeva tutto quel che poteva sapersi in quel tempo, con quel suo meraviglioso acume, dovea nudrire qualche

sospetto d'un tale errore; laonde piacemi

d attribuire a

quella espressione alla riva copre la notte gi col pie

Ma-

rocco (/%r/7.
quell'impero.

IV. 138),

l'intendimento di designar un luogo


le rive di

anche pi occidentale, ove prolungar dovevansi

Poneva

l'Italia a
45*^

mezza strada

tra

Gerusalemme e Mason

rocco, cio a

pi ad occidente di quella citt che

tre ore del giro diurno.

Ma indicava Marsiglia con la precisione del NauticalAlmanac. Buggea e Marsiglia hanno esattamente lo stesso grado di longitudine, e perci lo stesso meridiano: Par.
IX. 91.

Siviglia

non

si

dilunga

da Gerusalemme

che

di

50

As^il0^0MIA.
anziccli 90
11
:

279
ne dice
terra ai
in largo,

Inf. xx.
il

124

Ma

devesi riflettere,
a'

Capocci, clic

poeta non aveva

suoi servigi quel bel


la

globo che ora noi abbiamo in sul tavolo. N


suoi tempi era cos ben compassata in lungo

ed

come ora

lo

stesso

Marco Polo, suo contemporaneo,


di lui

poteva esprimersi

con maggior precisione


Sibilla,

su tale
la

oscura bisogna. Di pi quando egli ne dice che


toccava V onda sotto
dinota, che la

Luna
ci

vedete che positivamente


e

non
in

si

trovava pi culminante sopra Siviglia,

ma

pi oltre

sull'oceano Atlantico;
la

con

quel

sotto

Sibilia,

conferma che
Gibilterra a'

era gi discesa nel suo curvo giro

diurno, pi gi verso occidente.

Da
met
de'

lidi

opposti di Siria,

non
l'

vi

ha che
Par.

la

de' 90, eh' egli suppone, per far che

orizzonte di uno
ix.

detti

due luoghi

sia

meridiano

per l'altro:
geografia

Tal

era allora

lo stato

infantile

della

e della

nautica, priva per anco della bussola, e de' sussidii poscia


trovati per la esatta determinazione delle longitudini.

E presuponeva che a ponente in Ispagna ove cadono mare le acque dell' Ebro, sovrastasse latta Libra, la Libra celeste, e per l'opposto ad oriente, le onde dell'altro fiume, il Gange, si muovesse sotto la sferza del Sole ivi culminante: Purrj. xxvu. 1.
in

MEDICINA
Di quel

Un de' famigliari sommo Ippocratc,

clie

natura
Parg.

Agli animali f ch'ella ha pi

cari.

XXIX.
tal

136.

Tenne le cose della medicina in da divenirne dottissimo. VARCHI.


erano
distinti
i

conto

Costretto a scegliere tra le arti diverse onde


cittadini di Firenze, erasi

messo nel

corpo dei medici. N usurpava tale qualit.... OZAJi^AM, C. IV. (1)

Non

finezza di scienza biologica,

frenolo-

gia e fisionomica, che

dantesca biologia. D.r

non possa ASSON.

avvenirsi nella

Medici ricordati.
Greco, da Coo
Galeno,
di

Dei medici

ci

ricorda Ippocrate,

{Inf.Y.l^;Purg.xs.i\.\^l; Conv.i.S);
in Asia,

Pergamo

(in/, iv. 143; Conv.i.S);


ii.

ed

Avicenna, Arabo,

[Inf. iv.

143; Conv.

14, 15; in. 14; iv. 21);


) ;

Avverrois, kr^ho,

(in/, iv. 144;

Coni;, iv. 13.

de' suoi

tempi Taddeo, medico fiorentino, di gran reputazione nelle scienze fisiche che mori in Bologna nel 1293 (?) Par.xu. 83.

Della generazione.

La scienza

fisiologica

ed insiepi bella

me

la patologica gli rese

agevole di fare della generazione


la

de' corpi

e dell'infusione dell'anima in essi,

e nuova e filosofica e insieme poetica spiegazione. Per essa di


leggieri
si

scorge come

le

antiche opinioni presentissero


- Sulla

alcune scoperte della moderna embriologia, e che forse potrebbero farsi germe a qualche altra nuova scoperta
generazione, scrive
stotile,
l'
.

egregio

D'*.

Asson, pensava

con Ari-

che lo sperma (parte elaborata e perfetta del sangue) non assorbito dalle vene, ma rimasto come alimento che dalle mense si leva, acquisti nel cuore quella virt infor(1)

Nella gran Sala del R. Archivio centrale di Stato di Firenze, de-

dicata specialmente agli Archivi delle arti, tra le altre iraagini, si vede
dipinta quella di

Dante Allighieri Med, Spez. MGGLXXXVH.

MEDICINA.

281

maliva medesima, che


le

vi

prende
le

il

sangue, che poi discorre

vene a ingenerare tutte


col

agli organi genitali dell'uomo, e spinto nell'utero a

schiarsi

membra. Trasportato quindi immisangue mestruo, sopra questo come potenza

allora operando, lo coagula e lo ravviva, e n'esce l'embrione,

che di piaula fatto animale diviene aline

uomo pensante:

Purg. XXV.
parte donde

Dante nomin l'ombelico dalla sua vera funzione, la preso prima nostro alimento; e defin l'intestino dalla pi ignobile tra le sue elaborazioni, che vi
sostengono
dell'orrida
gli

alimenti; forse per servire

all'opportunit
di

bolgia tutta ingombra di

sangue,

membra

sparse, di viscere dilaniate: Inf. xxviii. -

DJ

Asson.

Le dottrine esposte

nel Convito sulla generazione si ri-

sentono un poco degli errori degli Averroistici,


stesso rigettati nel Purgatorio: Conv. iv. 21.

da Dante

il

Prof. Filippo

quell'altissimo, quasi al par degli odierni,


;

Cardona scriveva: Ben sapevasi da come accada il


all'

mistero della generazione onde parla a dilungo e da maestro,

percorrendo lamodernit, vuoi nel concedere


ficio

uomo

l'of-

attivo

dare alla donna

il

passivo nel lavoro for-

mativo del portato, vuoi nel fare a questo portato, come


a soggetto della forza vitale correre
di
il

ciclo

di

vegetante

senziente e di razionale. Sapeva benissimo in che


il

modo

la

creatura mediante

cordone ombellicale od

ilo,

viva di

conserva colla pregnante;

giacch in un medesimo Canio

parla due volte di quel delicato vincolo sanguifero, sia quando, a fare intendere la cicatrice che sta in

mezzo del ventre,

dicendo ove comincia nostra labbia, e quando per descrivere


il

preso

cavo del ventre favella di quella parte, dove primamente il nostro alimento intrauterino Inf. xxv. 86.
:

Le

tre vite, scrive pure

il

D"".

Asson, che, seguendo Afanno riuscire


il

rstotile.

Dante ammise nell'uomo, rappresentano quelle Ire

manifestazioni

somme

della vita, alle quali


in cui
le

si

anche oggid tutte


stero:
le

le funzioni,

ne consiste

magi-

vegetabili* o nutritive,
le

animali

o sensitive e
2;

motrici

intellettuali:

Conv.

Tr.

m.

e.

Purg. xx\.

Dante espose egregiamente l'ordine, con cui vanno succedendosi queste funzioni nell'umano embrione. Questo, in-

*i82

COGNIZIONI SCIENTIFICHE.

iiauzi lutto, pianta,

diverso dalla vera pianta in ci, che


e quella al termine di sua tipica for-

esso in sulla via,

mazione. In vero ascende quel primo sbozzo d' essere organico per la scalea della vita, e fassi animale, e tal
si

palesa
il

perch

si

muove

e sente:

primi

alti

dell'animalit, che

nostro poeta concede al zoolito, o fungo marino,


anello della serie:
Tanto ovra poi che gi
si

estremo

muove

e sente,

Come fungo marino.


Quinci
si
s

vanno formando
le

e perfezionando gli organi

e al fine

palesano

alterne e antagonistiche posizioni del piegarsi


i

e dello stendersi,

movimenti.

Come

poi

il

feto di semplice

animale divenga fante, cio acquisti con la favella intelletto. Dante n' apprende che, quando la testura del cerebro perfetta. Dio, lieto della

meravigliosa opera sua, vi

soffia

un

novello spirilo pieno di virt, l'anima razionale, che tira


in propria.sostanza le altre

due anime, una sola formandone,


vegeta, sente, riflette:

che sola governando

le funzioni di tutte,

Che vive, sente,

e s in s rigira.
'si

Cos l'anima razionale uscita da Dio,


a cui lo muove, la bont dell'origine,

fa

per Dante ca-

gione e atto del corpo mostrando, colle maravigliose azioni


e,

bench una, a diverse


risolvesi: Conv.

potenze conformasi, e nelle diverse


Tratt. HI.
e. 2.

membra

Consegue spontanea da questa dottrina un obbiezione a una sentenza di Averroe, che lo intelletto possibile (come chiamavasi allora dalla scuola), passivo
-

voleva dall'animo separato. E nel vero


lo

in

esso era posto

intendimento

eh'

facolt

dell'anima razionale.

Meno
ne

spontanea, anzi oserei dire

meno rigorosamente
principio

giusta,

sorge un'opposizione ad altra sentenza, allora dominante,

che feriva dirittamente


ed era che
le

il

dell'unit dell'anima:
si

tre

anime l'una

all'altra

succedessero.

Come Dante
che assente
di quella, io

potesse o sapesse conciliare, colla sua dottrina,


alla successione delle tre

anime,

la

negazione

non dir. Certo che, ammettendo poi l'unificazione delle due inferiori nella razionale, cerca di porre in accordo due opinioni, a prima giunta, irreconciliabili, la successione di tre anime e l'unit dell'anima. Egli mira
indubbiamente a combattere
la

successione delle anime,

MEDICINA.
a provare l'unit dell'anima in quel passo della divina
dia,

283

Come-

ove

statuito, che,
l'

sebbene l'anima possegga parecchie


intenso
se,

potenze,

esercizio

al)bastanza

di

una valevole

a tutte assorbirle e concentrarle in

aggiunge:
iv. 5.

E questo contni quello error, che crede, Che un'anima sovr'altre in noi s'accenda. Pwrgf,

Del cuore e del sangue.


aveva
stabilito a

Dante

nella Vita ISuova,


il

dimora dello

sprito vitale

cuore. Circa

poi le funzioni di questo centro rilevantissimo della vita, sa-

rebbe vanit
e descrissero
il

il

voler scorgere, in pochi versi, descritta la

circolazione del sangue, quale Cesalpino ed

Arveo

la

trovarono
a-

\m.-D/Asson.-{
1.

il

Biagioli che interpretando

V. 90 del C.

dell'in/',

inclina

a credere che Dante

vesse un'anticipata conoscenza della circolazione del sangue.


Il

Magalotti

vuole che pigliasse


per dotto
nei

ivi

polsi per le arterie,


nell' ufficio

donde

lo terrebbe

movimenti e

delle arterie).

Dopo Dante, che chiam lago la parte ima e cava del (/n/". 1. 20), Arveo chiam questo tnr/wmjs promptuarium et cisterna. Osservo che, durante la notte trascorsa dallo smarrito poeta nell'orrida selva, gli si mantenne la
cuore

paura stretta
nacciava,

al

lago del cuore perch


instava.

il

pericolo
liera

lo

mi-

ma non
il

Ma quando
e fecegli

la

lupa rese
si
i

imminente
fece
polsi.

pericolo,

allora

l'impressione del terrore

di

centrale

periferica,

tremare

le

vene e

Le vene e Varterie interpretano alcuni. Nella Vita Muova, dice Dante che alla prima comparsa di Beatrice lo
spirito vitale, abitante nel cuore,
te,

cominci tremare

s\

for-

che appariva

ne'

menomi

polsi.

in

una Canzone, atla pallidezza

tribuiva,

come
eh'
il

elVetto di mestizia per

amore,

al reflusso
il

del sangue,

disperso per le vene, al cuore. -

sangue

per

le

vene
io

disperso

Fuggendo corre verso


-

Lo

cor, che

chiama, ed

divengo bianco.

Questa chiamata
di recente

del cuore potrebbe, da qualche

moderno

tisiologo, esser intesa

per quella facolt assorl)ente attiva cordata


a'

che fu
Io,

acla
il

ceppi

venosi del cuore.

dal mio canto,


sia direi,

stimo pura espressione poetica.

Comunque
il

che

poeta, ne' precitati passi, meglio che


del circolo

compiuto ministero

sanguigno intendesse

a fisiologicamente espri-

284

COGNIZIONI SCIENTIFICHE.
l'influsso

mere
il

delle passioni

sugli

organi deslinati
Scolari,

rilevante funzione.
V.

DJ Asson. (Lo
vi
il

inlerpretando

20 del C.

I.

dell'//".,

vuole trovare regolarmente denel cuore


e pensa

scritta l'affluenza
di

ristagno di questo fluido

Dante per

effetto della paura,

che

il

poeta

in

pi luoghi abbia parlato dei movimenti del sangue con perfetta

conoscenza

di causa).

il

Che se pose lo sangue straniero

spirito vitale nel cuore,


alla
vita,

non consider

la
.

n subordinata interamente vita del sangue a quegli organi alla foggia de' moderni
e
si uniform a Mos, secondo il quale il sangue ad Empedocle che questo liquido chiam il

solidisti. Egli

V anima,
alla

latice

vita.

In vero,

l'anima di Iacopo del Cassero,


di

stato assassinato nel vicino Oriago per vendetta

A zzo VI

marchese

di Ferrara, cosi diceva:


Gli profondi fori,

Ond'usci
Fatti

il

sangue, in sul qual io sedea,


in

mi furo

grembo
Il

agli Antenori. Purg. v. 73

-Dot. Asson.

Del cervello.
Dante nel
far

famoso Floriano Caldani pens che dire a Bertramo del Bornio:


il

Partito porto

mio cerebro, lasso!

Dal suo principio, eh' 'n questo troncone. Inf. xxvni, 140

significar

volesse

diviso

dalla midolla spinale,


il

eh' nel

tronco delle vertebre, e di cui

cervello un rigonfiamento,
il

seguendo
che
il

cos

l'

opinione di Aristotile,

quale fu di parere

cervello

si

dovesse considerare quale appendice della


tal

midolla spinale. Erano di

sentenza anche Aristotile, PrasGaleno.


nostro poeta anche nella dedella fisiologia.

sagora e Plistonico,

al riferire di
il

Del passo.
scrizione
del

Segu
i

passo

dettali

Dopo aver

riposate nella selva le

membra

stanche dal lungo camino,

riprese egli la via nella deserta piaggia:


Si che
.

il

pie fermo

sempre era

il

pi basso. Inf.

i.

30.

Poscia, al cominciar dell' erta, gli mossero incontro le fiere.

Quando
basso.

si camina sul piano, il piede fermo sempre il pi Con quel verso adunque espresse Dante, che dal

luogo ove ripos


S

le

membra

alla
il

prima

salita del colle, la

via era piana. Altrove


. .

chiam

passo un muover d'anca.


xxiii. 71.

che noi eravam nuovi

Di compagnia ad ogni muover d'anca. Inf.

MED1CI^A.

285

Apprendono l'analomla
progressione
la

e la fisiologia, che centro della

giuntura dell'anca,

intorno alla quale

muovesi il tronco, per traslocarsi nella progressione, ubbedendo alle potenze muscolari de' membri inferiori, che alternativamente l'uno appresso l'altro si fermano e muovono, avanzando e acquistando terreno nel passo. -D/Asson.-

Del cibo.
ti,

Certi
ni. 13.
il

cibi fan gli

uomini formosi e

membru-

e ben veracemente coloriti, certi fanno

lo contrario di

questo: Conv.
Egli

non basta

prendere cibo, perch

il

corpo se ne

rinfranchi,

ma

necessario che lo
le

stomaco

lo dispensi
la

equa-

bilmente in tutte

parti

onde ne viene

digestione.

La

digestione aiutata dal riposo:


Convienti ancor sedere

un poco a mensa,
\. ZI.

Perch

11

cibo rigido

e'

hai preso

Richiede ancora aiuto a tua dispensa. Par.


Il

cibo bene smaltito sar salutare, e lascier vitale nutri:

mento

Par. xvii. 131.

Il

soperchio di cibo, o

la

mescolanza

di pi cibi

dannosa

alla salute:
della gola, Jnf. vi. 53.

La dannosa colpa
Colpe della gola,

Seguite gi da miseri guadagni. Purg. xxiv. 128.

Del corpo

Principio fu del mal ... il cibo che s' appone. Par.xwi. 138.

Lo Stomaco pieno d'umori venenosi e contrarli ... vivanda non tiene Conv. i. 1. V amore del gusto, cio il naturai appetito del bere e del mangiare, non deve accendersi in troppo desiderio, e
:

diventar passione (troppo desio non fuma) nella qual parola fuma ci mostra bellamente come la crapula turbi ed olfuschi r intelletto
coi fumi

che manda

al cerebro.

Nei cibi

dobbiamo attenerci a un giusto mezzo, il quale debb' esser determinato dal puro bisogno: esuriendo sempre quanto
(jiusto:
Il
i

/^wr//.

XXIV. 152.

bisogno del cibo maggiore nei corpi teneri, perch

tessuti

non solamente debbono ristorare


di tutte le altre

le perdite,

ma
i

di pi pigliare incremento. Dante, spertissimo della tisiologia,

come
ei:a

discipline,

fa

morire

di

fame
la

tgliuoli di

et

Ugolino pi o men presto, secondocch minore o maggiore: Inf. xxviii. 70.

loro

286

COGNIZIONI SCIEMIFICUE.
naturali
stati

Oltre alle azioni e funzioni

del corpo

umano,

pose Dante

la

mente ad alcuni

morbosi, e fu in questo

non meno verace e vivo pennelleggiatore. Febbre. Egli non dimentica alcuno dei fenomeni, quando ci entra la febbre. Ei segna il triemito e il dibat-

timento de' denti


le

in

noia di cicogna, quel gelo che stringe

viscere e discorre in tutta la persona, e perfino la smorta


il

unghia, onde
al

febbricoso non vorrebbe

uscir del sole,

veder pur l'ombra triema:


Quale
colui,

Della quartana,

e'

cb' s presso al riprezzo ha gi 1' unghie smorte,


il

E triema tutto pur guardando

rezzo. Inf. xvii. 83.

E segna

lo sbadiglio precursore,

non appena cominciamo

sentir di febbre:
Co' pie fermati sbadigliava

Pur come... febbre

l'assalisse. /w/".xxv. 89.

E quando,
duole forte

la
il

febbre monta sul gagliardo dell'accessione,


capo, bruciano
ci

le

membra, un' arsura

un

molesto aridore
Tu

cuoce

le fauci,

inestinguibile la sete, e

per infino un fumo puzzolente ne viene dall'ardore febbrile:


hai l'arsura, e
77

capo che

ti

duole. Inf. xxx. 129.


Inf. xxx. 121. 120.

A
Li

te sia rea la sete

onde

ti

crepa
. . .

La lingua

Che duo tapini,


.
.

s' io

ho sete

Che fuman come man bagnata il verno Per febbre acuta gittan tanto leppo.

Quanto pi languidamente

il

Petrarca:

Quel ha gi l nervi e i polsi e i pensier egri, Cui domestica febbre assalir suole. San. 56. p. 2.

Nel Trat.Y. del Convito,

e.

12, ricorda la sete d casso (petto)

fehricunte intollerabile. 9iaciienza. -- Estrema macilenza induce


lezza; apporta ora torpore ed ora

somma

debo-

somma

sensivit: Purn.

xxu.
rit

34. - Inf.

xxxiu. 61.

idropc o Ascite.
nota
il

E l' idropico descrive con tale veche ne disgrada un'opera nosologca e medica; e vi
volto e
il

collo arido

e scarno,

e l'ingrossamento
assai
il

de' visceri

ipocondriaci,

onde grosso
e
il

ventre pel
e du-

putrido umore che lo gonia,


ro.

ventre incroiato
gli

E nota come T ascite guasti e corrompa

umori,

MEDICINA.
rivolgendosi
questi

287

dove non dovrebbero, onde dispaiale le membra, mentre altre ingrossano, dimagrano l'altre. N fenomeni pi salienti di questa malattia, la dimentica
i

sete

ardente ed Inestinguibile, e

la

stanchezza,

effetti

es-

senzialmente legati alla natura del morbo:


r
vidi

un

fatto a ^uisa di Uuto,

Pur ch'etrli avesse avuto l'anguinaia Tronca dal lato che l' uomo ha forcuto. La grave idropisia che s (Us\mia
Le

membra con
'1

l'

umor
le

che mal converte,


alla ventraia,

Che

vis'o

non risponde
lui

Faceva

tener

labbra aperte,
le

...
. . .

.... che mi
,
.

vai, eh'

ho
l'

membra
.

legate

un

gli

percosse

epa croia

Lo muover per

.... ancor che mi sia tolto le membra che son


te sia rea la sete
'1

(jravi

A
Disse

onde
l'

ti

crepa,

Greco, la lingua, e

acqua marcia

Che

ventre innanzi agli occtii si t'assiepa. S' i' ho sete, ed umor mi rinfarcia. Inf. xxx. 49 e seg.
't

Etisa.
cia l'etico:

ricorda pure la sete che di continuo cruc-

Faceva

lui

tener

le

labbra aperte,

Come

l'etico fa, che per la sete


'1

L'un verso

mento

e l'altro in

su riverte. Inf. xxx.

Sii.

Epilessia.
sintomi
sensi)

L'epilessia,
il

morbo
o

sacro,

avvilisce

e
i

meglio interrompe

senso e l'intlusso della volont. E


(licantropia,

ddV

oppila z ione

chiudimento

dei

che seguir sogliono l'applicazione degli agenti pi


alla vita

dirittamente infesti
chi del

non possono

celarsi agli oc-

medico in questa famosa comparazione. Al cessare dell'insulto non rintegransi tosto il senso e il movimento volontario: rimane ancora una stupidezza un languore.
A' tempi di Dante dominava in medicina l'iimorismo, e questa

malattia deducevasl dagli umori rattenuti nel loro discor-

rimento

E qual
Per forza

e quei che cade, e


di

non sa corno.
il

denion che a terra

tira,

d'altra

opjnlazion che lega l'uomo,

Quando si leva, che intorno si mira, Tutto smarrito dalla grande angoscia
Ch'egli

ha

so/ferta, e

guardando sospira.

Inf. xxiv. 112.

ruraiisi.

ricorda un'altro

morbo nervoso, una

specie

288
(li

COGNIZIONI SCIENTIFICHE.
tetano,

che potrla
persona

chiamarsi

Iropostono,

in

cui

egli

immagina che n davanti ne


torca
la

di dietro,

di fianco si curvi

degl'indovini,

ma

che con

un

certo

scavezzamento
le spalle:

di collo

la testa si gira in

guisa di guardare

Forse per forza gi di parlasia


Si travolse cos alcun del tutto,

Ma

io noi vidi,

n credo che

sia. Inf.

xx. 16.

Da s stesso per dice, che in patologia questo travolgimento non si conosce, facendo cos aperto ch'egli era in
quella disciplina molto innanzi, e che, penetrato l'andamento
della morale caducit, sapeva rallargare
il

campo

nosologico.

Scabbia.
dipinge
gli

N
vidi

dimentica quelle alterazioni del tessuto

cutaneo, che sono delli malori della pelle, onde mirabilmente


scabbiosi
:

r
Come

duo sedere a se poggiati.


s'

a scaldar

appogy:ia tegghia a tegghia,

Dal capo

a' pie di

schianze maculati;

E non

vidi

giammai menare stregghia

Da ragazzo aspettato dal signorso, N da colui che mal volentier vegghia; Come ciascun menava spesso il morso
Dell'

unghie sovra s per

la

gran rabbia
la scai)bia.

Dai pizzicor, che non ha pi soccorso.

si

traevan gi l'unghie

Come

coltel di scardova le scaglie,

d'altro pesce che pi larghe r abbia. Inf. xxix. 73.

Dietro Galeno,
la

Greci del basso impero e gli Arabi rap-

presentano

lebbra per una forma squamosa di cutanea

malattia. Dante, nello assomigliare le

squame

a quelle dello

scardova, o d'altro pesce che pi larghe l'abbia,

mostrava

riguardare a quella sembianza di malattia squamosa, che


i

era
.

moderni discernono col nome (Vittiosi, e che a quei tempi indistinta, e andava confusa con le altre lebbre.
sson.

DJ
lo

Malattia d'Occhi.
coloramento, e
in

L'oi'gano visivO, Cio l'OCChio,


fatica
si

quale per infermit e per

trasmuta

in

alcuno

alcuna debilit; siccome avviene spesse

volte, che per essere la tunica della pupilla sanguinesa molto per alcuna corruzione d' infermitade, le cose paiono quasi tutte rubiconde .... E per essere lo viso debilitato

MEDICINA.

289
le

Incontra in esso alcuna disgregazione di spirilo, sicch

cose non paiono unite,


la

ma

disgregale, quasi a guisa che fa

nostra lettera

in sulla carta

umida.
si

E questo
dilungano

quello

per che molti quando vogliono leggere

le scrit-

ture dagli occhi, perch la imagine loro venga dentro pi

lievemente
discreta

pi

sottile;

e in

ci pi

rimane

la

lettera
lo

(ben composta) nella vista .... Per aflalicare


le stelle

viso molto a studio di leggere, in tanto debilitai gli spiriti


visivi,

che

mi pareano tutte d'alcuno albore


dell'occhio

om-

brate: e per lunga riposanza in luoghi scuri e freddi, e con


aflreddare
lo

corpo

con acqua chiara,

rivinsi

la virt disgregata,

che tornai nel primo buono stato di


gli oggetti,

vista: Coni?, in. 9.


Il

Presbita non iscorge che a gran distanza

mentre dappresso gli son confusi: rioi veggiam, come quei e' ha mala luce: Inf. x. 100. - Il miope animica, per discersoli oggetti vicinissimi che di lontano non gli nere bene
i

giunge

nerbo del viso: Inf. v. 21. Pazzia. Precipua cagione del delirio e della mania
il

un

forte dolore.
Tanto
il

dolor

le f la

mente

torta. Inf. xxx. 21.

Ed

la

mente non sana per

l'alterazione del cerebro: Conv.

IV. 151.

Sen glo come persona trista e matta. Inf. xxvii. 111.

N dimentica l'inquietudine onde son


infermi
:

travagliati

gli

Vedrai te somigliante a quella inferma,

Che non pu trovar posa

in

su

le

piume,
vi.

Ma con

dar volta suo dolore scherma. Purg.


il

149.

E ricorda

salasso t
fuor di vena spiccia. Purrj..
ix. 102.

Come sangue che

miasmatici. E ricorda pure la provenienza dall' Africa, non meno che de' rettili velenosi, delle pestilenze: Inf. xxiv. 85. N disconosce gl'influssi de' luoghi miasmatici, e grama chiam nella slate quella lama che il Mincio impaluda [Inf. xx. 81) e rammenta la
Pestilenze, e
luo{;;;lii
;

infezione e

il

puzzo che

si

leva,
di

tra la slate e

l'

autunno,

dagli spedali di Valdichiana,

Maremma

e di Sardegna, e

l'antica micidial conlagione d'Egina: Jnf. xxix. 46. -

Don.

Asson.
Sui.
II.

19

290

COGMZIOM SCIEMIPICHE.

iissidcrazionc. E delinea pure l'assiderazone delle anime immerse nella ghiacciaia del cupo abisso, notando
la lividezza della faccia, lo stridore dei denti, l'insensibilit

della

parte esposta

al freddo,

quasi

fosse

incallita,

e lo

aggelamento delle lagrime che rincaccia

e rinconcentra la

ambascia del cuore: Inf. xxxii. 33. - DJ Associ. N gli fuggirono allo Paure e patemi d'animo. fenomeni che ingenera in noi la sguardo scrutatore tutti forti patemi di animo. paura ed

La paura, non che un gagliardo morale commovimento, agita il sangue per tutte le membra e accelera il battito
dei polsi
:

Mi
Di

fa

tremar

le

vene e

polsi. Inf.

90.

Men che dramma sangue m' rimasa che non


Si

tremi. Purg.\i\. t. condusse a tremar per ogni vena. Purg. xu. 138.
il

il

quietarsi dalla paura importa

cessare di quel tremito


il

ch'essa genera nella cavit del cuore, ove

sangue s'aduna.
perch
li

Donde avviene che


il

nella paura

l'

uomo

si

fa pallido,

sangue per
'l

le

vene disperso
i.

Fuggendo corre verso

cor

che

chiama: Cans.
Che nel lago

3.

Allor fu la paura un poco queta,


del cuor

m'era durata. Inf.

1.

19.

sangue per se non triema, ma in un'estremo abbatlimento, il cuore e l'arterie scemano di molto l'azione loro, per lo che il sangue sembra sostare ed oscillare.
il

La paura sconcerta
diminuzione degli

l'

innervazione, onde ne segue


e sovrattutto

somma
perch
tuffo

atti vitali,

nella temperail

tura vitale una quasi sospensione

di esistenza;

assennatamente Dante diceva che della paura era


gelafo: Purg.
viii.

42.

solo
:

pu diminuirne
Inf.
si
iii.

gli atti,

ma

interromperli e quasi abolirli


Nella
ristretto.

135.
in s

paura

il

nostro cuore
si

rimpicciolisce,
il

Ma quando

siam

fatti sicuri,
il

cuore pare di-

latarsi e diffondere forza a tutto

corpo:

Non aver tema


Fatti sicur, che noi

....

siamo a buon punto:


ix. 4(5.

Non

stringer,

ma

rallurga ogni vigore. Purg.

Un

altro fenomeno,
:

degno

di attenzione,

notava

nello

influsso della paura

essa sgagliarda e d forza, lo che non

MEDICINA.
S

291
l'istinto

potrebbe altrimenti spiegare che invocando


:

con-

servatore

Inf. xxv. 25-28.


fa

La paura
ci

che

si

senta

il

male, quando ancra non

; l'anticipa.

Dante era tanto paventoso dei demoni che,


gli

sebbene lontani, gi
Io

sentiva dappresso:
s,

glMnimagino

che gi

li

sento. Inf. xxiii. 24.

Un'oggetto che gi veramente eccit l'anima, ancorch


ci si

tolga dinanzi, lascia tuttavia la continuazione de'


effetti.

mesi

desimi

Intervenendo poi che cessino alquanto,


presente

risvegliano ben tosto e con impeto uguale, qualvolta l'obbietto


ritorni
all'

immaginativa. In molti luoghi


tal

della div.

Comedia viene espresso

costante procedimento
di

di natura. Cosi lo

spavento che Dante ebbe


il

quel tremuoto
;

tale che ancora a pensarci gli eccita


fu
il

sudore

grande
alcuni

travaglio sofferto: Inf.

iii.

132.

E quando vide
egli

visi fatti
gli

cagnazzi per gran


e verr

freddo,

ne ricorda che
orribili viste

venne paura

sempre (mirando) dei gelati guazzi,


dice similmente: Io vidi, ed anche
[Inf. xxii. 31)
:

perch questi

gli

richiameranno ognora quelle

[Inf. xxxii. 70): altrove


il

cuor mi s'accapriccia

Aim, che piaghe vidi

ne' lor

membri Recenti e vecchie dalle fiamme incese ! Ancor men duol, pur ch'io me ne rimembri: Inf. xvi. IO. Sovente un forte patema interrompe in un punto Finnervazione, onde la persona cade vinta: Inf. v. 141; Purg.
XXXI. 85.

Sovente ce ne viene un' abbattimento nervoso


conserva in paye
organi
estremi,
la

il

cuore
gli

sua attivit,

n solo son privati


il

ma

poco stante

cuore rende virt di

fuore: Purr/. xxxi. 91.

E spesso ancora non


sospiri e le

questo stato non durevole

pu piangere n sospirare; ma vi succedono poco stante lagrime, quasi crisi della malattia: certo T insi
;

terna ambascia viene alleviata:

Purg.xw.^.
effetti,

Sovente producono contrarli

norj

contemporanei

ma

successivi. L'

immenso dolore
poi gli viet
indi

del Co. Ugolino


il

dapprima

r impietos
rola,
lo

(V. 42),

pianto, gli tolse la pail

impietr (v. 49),


le

d'un tratto

f'

per dolore
l'a-

mordergli
zione del

labbra:

v. 58.

Per Tafilizione del cuore,

comune

sensorio sui muscoli riraan quasi sospesa.

292

COGNIZIONI SClENTiriCUE.

l'innerva zione siffaltamenle interrotta, che non pu esservi


secrezione delle lagrime, e
il

questo

il

primo

effetto

nasce

secondo da diffusione

di

eccitamento.

L' assuefazione ottunde il se nso. Dante fa dire a Virgilio che conviene scendere adagio, a ffinch il senso a poco a poco s'avvezzi al triste fiato:

Lo nostro scender conviene esser


S che s'ausi prima un poco
il

tardo,

senso

Al

triste fiato

Inf, xi. 10.

GIURISPRUDENZA DANTESCA
SPECIALMENTE PENALE
Tatto uo amor laggi pose a dritta.
Par.
Diligite justitiam
...

XX.

121.

qui jndicatis terram. Pai.

XVni.
1366,

91.

Nella serie de'ritratti dei giureconsulti, lUnstrinm

jnreconsultorum
trovasi
il

imagines,
di

Romae
tolto

in lY.
di

ritratto

Dante

dal

Museo

Marco Maotora Benavids, giureconsulto padovano.

SCOLARI.

Graziano da Chiusi, ordinando

canoni, diede un intero


si

sistema di giurisprudenza ecclesiastica, e


del pi grande italiano del medio evo:
Queir
Aiut
s,

merit

le lodi

altro

fiammeggiare esce del riso


l'

Di Grazian, che

uno e r

altro fro

che piace in paradiso. Par. x. 103.


il

dal cielo di Mercurio

poeta fa che Giustiniano,

il

riformatore delle leggi, ritessa l'istoria dell'aquila

romana
si

e ne mostri
giustizia e

diritti

divini

{Par. vi);

ed

ei

pure

piace
la

di assegnare alto seggio

di gloria a quei

che amarono

La

bene legge.
il

l'

amministrarono nei popoli : Par. xviii. Dio Cre l'uomo sociale, n v'ha alcuno

bene dello intelletto che lo neghi. La societ la naturale ed ispontanea unione delle forze comandata all'uomo dalla providenza, e regolata dalla lgge della
che abbia
necessit per raggiungere lo scopo

comune

della prosperit,

GIURISPRUDENZA.
merc'
la
1

293
importa leggi
1.
:

Il

per fezonamento. Dunque


la

la societ

egge
l'

regola direttiva della vita {De Mon.


iv. 9);

15)

la

nd irizza

una guida o freno che umane tendenze, onde non corrano dietro al torto amore, e che debba tener Vuomo dentro a sua meta [Purg.xw.lii). arte di bene e d'equit: Conv. IV. 9. - Se gli uomini bene conoscessero; l'equit, e conosciuta la servassero, la Ragione scritta non sarebbe meragione scritta (Conv.
istinto,

che governa

le

stieri: Id.

Onde convenne legge per

fren porre. Purg. xvi. 94,

e certo: senz'esso fora la vergogna meno. Purg. vi. 90.

La ragione jus una proporzione reale e personale tra e uomo, la quale quando si osserva conserva 1' umana congregazione, e quando corrotta la corrompe... necessario che il fine di qualunque ragione sia il bene comune, ed impossibile che sia ragione quella che non attende al bene comune. E per Tullio nella i^rimdi Rettorica dice:

uomo

le leggi a utilit della Renon si dirizzano a utilit di coloro che sono sotto la legge, hanno solo il nome di leggi, ma in verit non possono essere leggi. Imperocch conviene che le leggi uniscano gli uomini insieme a utilit comune

che sempre si vuole interpretare pubblica.

se le leggi

De Mon.

ii.

o.

Non

la civilt a fine delle leggi,

ma

anzi

le leggi a fine di civilt:

De Mon.

i.

14.
fiorisca,

Perch una civile comunanza, uno stato cresca e


fa mestieri

che

le

leggi

non sieno un nome vano senza


se vi sien le leggi, se pochi

subbietto.

Che importa

pongono

mano ad
rit

esse? Purg.w.^l. Dinanzi alla veneranda auto-

della

legge non vi debbono essere n immunit n


tanto pi
al
:

privilegii;

che dove

S'aggiugne
far la gente

mal voler e
Inf. xxxi. 53.

alla possa

V argomento della mente Nessun riparo vi pu


leggi, che della
,

L'osservanza alle sacrosante

naturale

giustizia imitano V imagine, se lieta

se franca, non solaanzi,


la

mente provasi non essere


libert:

servit,

ma
,

a chi guarda

diligentemente, apparisce, qual

essa
la

E che

altro

infatti
all'

libert,

maggiore delle se non il libero


le leggi

passaggio della volont

azione,

passaggio che

appianano

ai loro

seguaci?

{Epist. vi. 5.)

294

COGNIZIONI SCIENTIFICHE.

Le leggi debbono essere chiare, nette e precise, n soggette alla troppo


facile interpretazione altrui.
ler/f/^

Giustiniano

altamente lodato perch d'entro alle

con che quel

savio imperatore racconci


trasse
il

il

freno ali llalia (Pwrr/. vi.88),


vi. 13), e

troppo

e il

vano {Par.

per esse illumin

Le leggi vogliono esser corrette con discrezione [co\Y occhio) della ragione merc cui essa apprende la differenza delle cose in quanto sono ad alcuno fine ordinate [Conv. 1. 11), e con amore e zelo della giustizia, onde il poeta, rivolgendosi alla patria sua, esclamava:
le genti a vita civile.

E le focose tue mal giuste leggi Con discrezion correggi,


Sicch
le

laudi

'1

mondo

'1

divin regno: Caiz. xx.

3.

La frequente mutabilit
pubblico
;

delle leggi ruinosa

sempre

al

regime

sicch

il

poeta con iierissimo disdegno rimprovera


sottili

Fiorenza pei suoi tanto

provvedimenti, che a mezzo


filava d'ottobre:

novembre non giungeva quello che


VI. 139.

Purg.

Anche

nella giurisprudenza

si

debbono

lasciare le dot-

trine vaghe, incomprensibili ed inapplicabili.

Torna sempre
scuola,

vero che l'esperienza, giusta


fondamento solidissimo
arti

dettati
le

dell'italica

di tutte

scienze e di tutte le

umane:
Da questa instanzia pu
Esperienza, se giammai
deliberarti
la pruovi,

Ch'esser suol fonte ai rivi di vostr'arti. Par. u. 94.

Ed

ei,

non come ghibellino,


i

ma come
li

filosofo, taccia di

presontuosi

giureconsulti, e
la filosofia

danna
:

al silenzio,
ii.

perch

dispregiavano

speculativa

De Mon.

10.
il

Le idee
prof.

dell'Allighieri

sulla nozione

del diritto, cos

Carmignani {Dissertaz. sulla Monarchia di Dante) razionalmente considerato, sulla libert, sulla giustizia, sulla
legge

come

espressione della mente e della volont sociale,

sono d'una meravigliosa esattezza, e d'una pi meravigliosa originalit. Gli Scolastici non seppero imaginare un diritto,

che dalla volont d'un superiore e da una legge preesistente non derivasse. Dante lo ravvisa nella ragione e nelle

sue leggi, perch per queste sole leggi son consciute ed


esistono le proporzioni,

definendolo una personale o reale

GIURISPRUDENZA.

295
la

proporzione da uomo a nomo, osservata


verll

quale avvi rela-

zione sociale Ira loro. Nella quale definizione cinque grandi


si

ravvisano. La prima
al

che non polendo


relazione

la delinl-

zione convenire

principio

morale,

per cui un' azione


ai

buona o cattiva

in se stessa,

senza

diritti

di

alcuno, bisogna concludere che l'Allighieri concep la diffe-

La seconda , che, una facolt, la quale forza inerente alla volont, ma una nozione, la quale spetta airuflicio dell' intelletto. La terza, e segnabile, che
renza razionale tra la morale e
il

il

diritto.

nel sistema suo,

diritto

non

il

diritto,

come
di

nozione,

ha un'esistenza propria, indipenparla.


vi corrisponda ed La quarta consiste
;

dente da quella d'una obbligazione che


infatti

egli

obbligazione non

nel dare al diritto

per
si

origine e
in

titolo

l'

eguaglianza

di

ragione,

la

quale

converte

eguaglianza
i

in faccia alla

legge, in quanto che non potrebbero

diritti

stare in pro-

porzione tra loro se eguali non fossero. La quinta finalmente


,

che

il

diritto

non pu concepirsi
il

tra gli
gli

uomini che nel


in relazione gli

loro slato di societ,

quale solo

pone

uni cogli

altri. il

Dante sagacemente soggiunge, essere una


fine del diritto

vanit cercare
il

senza conoscerlo, essendo

diritto

il

vero e solido fondamento dell'ordine; e giusta-

mente
da
lui,

gloriasi dell' originalit della nozione del diritto posta

ed osserva che ne' Digesti

filosofica

nozione del diritto

non
nisse
della

vi ,
il

n altra notizia ve ne ha che quella che ne forsuo uso. osservabile che Dante, a differenza
de'

comune

moderni

scrittori

di filosofia
il

del

diritto,

e delle pi celebri politiche epigrafi, pone


la

<//rz7fo

avanti

libert,

non

la libert

avanti
il

il

diritto;

e,

come alcuni

filosofi

praticarono, non defini

diritto per la libert. Egli


di guisa

la

considera al diritto inerente


si

che senza diritto


distinzione
utilit,

parlar non
la

possa di libert.
dal libero

Egli distingue
arbitrio,

libert

giuridica

sagacemente non
tutto

avvertita dai parteggiatori del priiicipio della


il

sistema de' quali riposa su questo gravissimo errore. La


giudicare della rettitudine delle
;

libert giuridica , nel sistema dell'AUighieri, la facolt che

compete ad ogni uomo


sue azioni
dai
:

di

il

libero arbitrio dagli appetiti determinabile


la

quali

appetiti

libert

giuridica

non dee mai, per

296
esser tale,

COGNIZIONI SCIENTIFICHE.

prendere

il

proprio carattere.

Definita per tal

modo

la

libert, egli la considera lo stato

ottimo del genere

umano.

La societ
filosofico
la civilt

civile considerala dall'AUighieri, nel

suo vero

punto

di

vista,

il

mezzo necessario a
consistere nel

promuovere
ne
lui
il

umana, ch'egli

fa

magdi

giore sviluppamento possibile dell'umano intelletto. La legge

comento,
la

e se tale

non

non merita
che
o

il

nome
legge
tra

legge:

quale proposizione, riferendola alla difinizione da


la

data

al diritto e alla libert, significa

la
gli

espressione delle proporzioni

personali

reali

uomini conviventi

in

societ civile tra loro.

un secolo in cui la ragione umana era ancor nell'infanzia, proclamava la scienza nemica di crudelt:
Dante
in

Lucia nemica di ciascun crudele. Inf.

ii.

100.

Dante che avea a fjiustiza suo dsire, che nel Convito diceva di se medesimo come abboni inasse e dispregiasse gli
errori delle genti,

non per infamia o vituperio degli


1),

erranti,

ma

degli errori (Conv. iv.

acciocch
si

la

gente, che per mal

cammino andava, per

dritto calle
ii.

drizzasse;

Dante,

il

cantor della rettitudine {De Vul. Et.


nel XVII del Purgatorio,
si

2),

nel xi dell' Inferno e

fa

sapientemente a classare e
la vilt

librar con giusta lance ogni operazion che merla pena [Purg.
XVII. 115), e crea

un nuovo codice penale. Secondo


la

della colpa

ei

segna

gradazione e ne giudica

la gravit. -

Un

des

rcens
le

r Enfer et

Purgatoire

commentateurs a pu recomposer avec le code penai d'Allighieri, code


la
fois
le

complet, o se retrouvent
droit canon et le droit

droil romain,

le

germanique du moyen ge. Cesi M. Wegele qui a eu cette ide. Il est fcheux, que le docte historien compromette ici la valeur de ses recherches en voulant prouver que le droit germanique tient plus de place dans la Divine Comdie que le droit canon et le
droit romain. C'est prcisment le contraire qui est vraei,

r originante du
punir
la faute

germanique en matire pnale est de elle-mme, tandis que le droit romain se preoccupo surtout des crimes commis contre l'tat, et le droit canon, des infractions aux lois de Y glise.
droit

pour

la fante

Dante,

avec son inflexible logique, rserve ser plus crucis

cUtiraens

aux ennemis de

l'

glise et de l'empire,

il

rend

GIURISPRUDENZA.

297

des arrls de juslice sociale plult qu'il n' applique les

de la morale prive. Comment M. Wegele a-l-il mconnu systme du pole aprs l'avoir si bien mis en lumire? Ajoutons seulement, pour tre tout fall exact, que l' esprit vanglique apparali sans cesse dans les sentences
lois
ici

le

d'Allighieri. Sa libre dislribution des

chtimens est le triomphe


est

de

la juslice chrtienne.
il

La coscience du coupable
la
lui la

mise
des

mi, et plus

lait

place haut dans

hirarchie

pouvoirs, plus lourde pse sur


oeuvres. Point de
a

responsabilil de ses

mnagemens pour

les

grands de ce monde l
qui

Combien

se tiennent

l-haut pur de grands rois,

seronl couchs
Tallandier. -

comme

des porcs dans ce bourbier, ne lais-

sant d'eux-mmes que d'horribles mpris! - Saint- Ren

Dell' imputabiiit.
traviamenti,

L'

uomo
la

imputabile
virtii

ne' suol
la

avendo

egli innata
la

che consiglia,
a'

quale dee custodire

porta

dell' assenso-,

aprendola

buoni

desiderii, e chiudendola

a' cattivi:

Pwrr/. xvii. G2. - Quelle

sono nostro operazioni che soggiacciono alla ragione e alla volont.... Sono anche operazioni che la ragione considera
nell'atto della volont, siccome offendere e giovare... stare

casto e lussuriare, e queste del tutto soggiacciono alla nostra volont, e per
elle

semo

delti

da loro buoni e

rei,

perch
nostra
stensi

sono proprie nostre del tulio; perch quanto


le

la
si

volont ottenere puote, tanto

nostre operazioni

dono: Co)u\

IV. 9.

Nel volere e nel non volere nostro


la

giudica la malizia e
Quest'
il

boutade

Conv.
si

i.

principio l onde

piglia

Cagion

di

meritare in voi, secondo


e rei
V'

Che buoni

amori accoglie e

viglia.

Purg. xvin. 6i.

Lume
E

dato a bene ed a malizia,

libero voler che, se fatica

Nelle prime battaglie col cl dura

Poi Vince tutto, se ben

si

notrica. Purg. xvi.75.

Questi versi racchiudono l'espressione dei principi supremi


del reato, e dell' imputabilit cio nozione ingenita del

bene
dal

e del male e libero arbitrio. Un' azione

dunque prodotta

consenso (\q\V intelligenza e della Ubera volont dell'agente

imputabile. L'

uomo che ha

la

coscienza del bene e del male

e che ha libera scelta vincer sempre nella lotta della pas-

298
sione, se egli

COGNIZIONI SCIENTIFICHE.

non vorr cedere all' impulso malvagio. Laonde anche gli appetiti e le male cupidgie che surgono entro noi per forza di necessit, ove non sien frenate, e si torcano a nequizia, sono capaci per s stesse di biasimo e di pena:
Merto... di biasmo cape
{Purij. w. 60);
la potestate.

perch
xviii, 72.

Di ritenerli in noi

Purg.

onde

il

poeta cantava di s medesimo:


lo 'ngegno affreno eh' io non soglio, Perch non corra, che virt noi guidi; S che se stella buona, o miglior cosa. Mi ha dato il ben, eh' io stesso noi m' invidi.

E pi

Inf. xxvi. 19.

Gl'Istinti, ne' cuori mortali

per motori, sono


tutti vincibili
:

fatali,

ma non

sono

tutti

n sempre, n da

ove fosse di-

strutto
Libero arbitrio, non fora giustizia

Per ben,

letizia^ e

per male, aver lutto. Purg.

xvi. 71.

Dante distingueva l'azione che non pi tale, per violenza, e quella che non lo per timore. Questa, quantun-

que avvertita

dalla legge,

non assolutamente involontaria;


est.

coacta voluntas, voluntas

- Coactus volui:

Se violenza quando quel che pat


Niente conferisce a quel che sforza
...

Che volont, se non vuol, non

s'

ammorza,

Ma

fa

come natura

face in fuoco,
il

Se mille volle violenza


Perch,
s' ella si

torza

piega assai o poco,

Segue

la forza...
fiate gi, frate,

Molte

addivenne
si

Che, per fuggir periglio, contro a grato


Si f di quel che far

non
si

convenne...
e

A
Che
la

questo punto voglio che tu pense

forza al voler

mischia,

fanno

S che scusar

Ma
Se

posson le offense. Voglia assoluta non consente al danno, consentevi in tanto, in quanto teme.
si

non

si ritrae,

cadere in pi affanno. Par.


si

iv. 73.

e seg.

Le

azioni

adunque che

fanno per timore, affine

di sfug-

gire qualche grave sciagura che ne soprast,

non lasciano per d'essere volontarie; imperocch partono da principio intrinseco, e si fanno con pienissima cognizione. La vo...

lont eccitata dal timore non lascia di esser volont


sto volontario misto, perch per esso vorrebbe

Que-

l'uomo non

GIURISPRUDENZA.
far ci

299
fare,

che

fa,

ma

pure

lo

fa,

volendolo

volendo

con dispiacere, pare


{

in certo

modo che

voglia e non voglia.

Antol. mor.

filos. e.

\y)

XXI. 2d. - Vinse

paura
si

la

Per subita paura sf/af/liarda: Inf. ma buona voglia: //". xvi. 50.

In due

modi

fa

ingiuria o con forza o con frode {Cic.

De

Off.

della

La frode che abusa della mente pi rea violenza, sicch frodolenti posseggono le infime bolge
1.

137).

e per pi tormentati:

D'ogni malizia ch'odio


Ingiuria
il

in cielo acquista,

fine,

ed ogni

fin

cotale
xi.

con forza o con frode altrui contrista. Inf.


I

22. si

gradi

dell'imputabilit in

qualunque reato

valutano

in

ragione diretta dell'influenza che su lo stesso esercita e


volont delV agente, perch
al

la intelligenza, e la

quando V ar-

gomento della mente aggiunto

malvolere, cha pur mal

chiede, che cerca solo di nuocere {Purg. v. 12), ed alla possa,


vi pu far la gente: i^t/". xxxi. 55. [La forza mal voler giunto air ingegno Sai che pu tutto. Pulci, Morg. Mag. i. 24. Della pena. La pena (l) e essenzialmente la ripara-

nessun riparo
e il

zione di un dovere violato, la retribuzione del male per male,

(1) Ci si

consenta recare alcune delle pi celebri teorie sulla genesi

del diritto punitivo. Degli Italiani,

pone
il

il

il Rossi, seguendo la dottrina di Kant, fondamento della punizione nel principio morale dell'espiazione;

Mancini

nella

giustizia

nell' utilit

fuse

insieme
il

in

un principio

composto;
il

Mamiani

nella giustizia retributiva;

l'essimi fa consistere

principio

supremo

della

pennuta non nella moralit, n certo nel fare

umana imitatrice della divinn, ma nel considerare la giustizia umana come una face delia giustizia eterna, nel riconoscere il diritto in
la giustizia

s medesimo, ovvero l'attuazione obbiettiva del bene assoluto nella forma


di retribuzione

contro

la

sua violazione;
il

il

Carrara nel principio della


del
diritto

tutela

giuridica,

essendo mestieri che

violatore

ripari a

scapito dei proprii diritti l'audace negazione che col delinquere fece alla

legge;

il

Tolnmei nel

diritto di far fidempiere la legge, di far

conseguire

quel dato line a cui la legge e e dev'essere rivolta, nel diritto


di giuridica

insomma
la
il

sanzione civile. De' Francesi

il

Jertauld vuole
il

che
per

san-

zione penale inchiuda diie conseguenze: la prima,


sociale
di costringere direttamente
il

diritto

potere
la

all'esecuzione

del suo

comando;

seconda,
il

diritto di castigare la ribellione e di distruggere

col castigo

triste effetto dell'esempio: Disobbedienza alla legge e punizione son due idee che necessariamente si concatenano fra loro. Faustino Ulia ritiene che la giustizia penale esista perch la societ esiste, perch e

300
il

COGNIZIONI SCIENTIFICHE.

risarcimento del danno sociale, cagionato dall'azione crimiil

nosa, ed ha per oggetto


fufjf/a il

timore e l'esempio,
e pecff/io: Jnf.

onde
1.

altri

male per altrui commesso,

132. -

La

sua ragione di essere sta nella violazione del precetto - perch io fui ribellante alla sua legge : Jnf. 1. 125. - la sua applicaziosuccessi.

ne dev'essere impreteribile, n pu dipendere da eventuali Oltre della sua certezza, il principio della tutela
Lasciate ogni speranza, voi che entrate.
Nulla speranza
gli

giuridica esge per logica necessit che sia irredimibile.

conforta mai,

Non che

di posa,

ma

di

minor pena.
debito
si a'

La

societ

vuol che

il

paghi: Purg. x. 108.


danni
:

Pianto giusto
porzionare

debbe venir dirietro


pena
al delitto

Par.

ix. 5.

Il

princpio vero, sul quale deve sorgere la dottrina del prola

speculativo

e logico,

non
tras-

istintivo ed emprico.
s

Non

si

potrebbe rinvenire una norma


si

giusta alla quantit delle pene da applicarsi, ove

curasse del tutto di tener ragione della quantit del male

che

si

racchiude nel commesso reato,


necessario a riguardarsi:
Purch sia colpa
e

lo

che Dante accenna

come
Il

duol d'una misura. Purg. xxx. 108,

martirio
l

debb' essere

al

furor dolor compito: Inf. xiv,


Petrarca

65.

gaggi commensurati col merlo [Par.vi.i^); W remuneil

rare altrettanto del merto: jPar.xx.40, -Anche

cantava che debbe:

Gir del pari

la

pena

col peccalo.
si

La

pena se

alla colpa
vii. 40.

si

misura, nulla giammai

giustamente

morse: Par.
ano

L'uomo,

ne' termini sui,

dovrebbe sodsiccome conse-

degli attributi,

una

delle condizioni

della sua vita,

guenza immediata e diretta del dovere che imposto alla societ di proil prof. Ortolan vuole che lo scopo vedere alla propria conservazione
;

del diritto penale sia quello

di

concorrere alla conservazione e al buon

essere sociale, contribuendo all'osservanza del diritto nella societ, merc


l'applicazione
diritto.

di un male inflitto in certi casi a colui che ha violato il fini prossimi E due sono per riuscire a questo fine remoto
ji

della pena: l'esempio

e la correzione morale, dei quali


il

il

pi importante

per la societ l'esempio. Tissot ritiene complesso


e compiuto del diritto penale,

supremo ha la sua ragione nella utilit e la sua misura nella giustizia: con la pena si ristabilisce la eguaglianza negata dal delitto. Ad. Franck trova la legislazione penale fondata sul principio della ripa razione e del diritto che ha la societ al
principio

come

quello che

pari dell' individuo di conservarsi e di difendersi.

GIURISPRUDENZA.
disfare,

.301

ohedlendo poi quanto (suhbdendo intese ir suso:

Par.

VII. 97.

Lo che per fermo non

si

Irasanda dai seguaci


colpa possono cre-

della teorica del Romagnos, del Giuliani, e del Rosmini.

Le circostanze che accompagnano


scere e diminuire l'imputabilit.
in l'avere del

la

Chi fa forza nelle cose e

prossimo merita pena;


;

ma

pi grave se adopera

violenza {Inf. xii. 46)

e maggiore se

non solo

la violenza,

ma

anche

la frode: Inf.

xxv. 25. Cos

si fa

pi nera la colpa,

quando

il

delinquente,

({hiotto della vendetta,

impronta

il

male altrui {Purg. xvn. 2*2), e tutto adopera a provveduto fine, s come cocca in suo segno diretta {Par. vin. 104), aspettando a nuocere e tempo e luogo (1) [Petr. 5on. 21), ed iscemasl

quando
offesa.

altri

spinto dall' ira o dallo sdegno d


la

la

ragione manifesta, qerch


e folle

momentanea mente nel bollore


le

dell'ira
forze,

cieca

non ha tempo

di raccogliere

sue
i

n a vedere

lo stato

delle cose,

n a riconoscere

un violento affetto, al dire di Seneca, Commota semel et concussa mens ei servii a quo impellitur (2). L' impubere et, a cui non isplende ancora la luce discretiva non imputabile:
suoi doveri, giacch da
Innocenti Iacea r et novella. Inf. xxxiii. 88.

L'adolescente per minoranza d'etade, lievemente merita per-

dono {Conv.
ancora

iv. 26),

che

in lui

la

parte razionale non pu

perfettamente discernere:
di colpa

Conv.

iv.

24.

Cos pure

va scevro

chiunque ha torta

la mente, e

non sano

l'intelletto:

secondo difetto di corpo pu esser la mente non

sana... per l'alterazione del cerebro: Conv. iv. 15.

-Maggior

carico poi acquistasi pel

mi uso che fruga

il

reo alla rica-

duta: Inf.
ni
al loco.

I.

97; V. 55. - Di qui la ragione perche altri sosten-

dietro

un canto

postosi di piatto L'attende,

come

il

cacciatore

-Ar. Compagni.
(8)

IX. 73.

Con agguatevok ingann falsamente colorato. Dino

Qual duro freno, o qual ferrigno nodo, s' esser pu, catena di diamante Far che V ira servi ordine e modo, Che non trascorra oltre il prescritto inante ?... E s' a crudel, s'ad inumano effetto Queir Impeto talor l'animo svia Merita escusa perch allor del petto Non ha ragione imperio, n balia. Ariosto, xlii.
Qual,
;
;

1. S.

302
fifano

COGNIZIONI SCIENTIFICnE.

minor penitenza, e perch


la...

6i\' \V\n felli

sien dipartiti, e

perch men crucciata


Oltre di che
si

giustizia gli martelli: Jnf.M.Hl.

prestano concorso morale alla colpa

rendono imputabili anche coloro che [Inf. \\x. 40), non solo

col consiglio fraudolente {Inf. xxiii. 115.; xxvii. 116; xxviii.


97),

00'

di

ma anche inducendo a delinquere coi mai conforti e malvagi pungelli: Inf. xxviii. Ilio, 138; xxx. 89. Allora soltanto trionfa la libert, secondo la sentenza Montesquieu, quando le leggi traggono ciascuna pena
Il

dalla peculiar natura del delitto.

pi grande degl'Italiani,

dice C. Sozzi, nel


fantasia,

poema

il

pi sublime che vanti l'umana

volle tornata

in

onore questa dottrina,


s'

special-

mente

nel C. VII. del Paradiso:


Di tutte queste cose

avvantaggia
caggia.

L'umana
Solo

creatura:

e,

s'una manca,
clie

Di sua nobilt convien


il

peccato quel che la disfranca,

falla dissimile al

sommo

bene.

Perch dal lume suo poco s'imbianca. Ed in sua dignit mai non riviene, Se non riempie dove colpa vota, Contra mal dilettar coi giuste pene. Par. vu

76.
il

Egli vuole osservato


tire cio

il

contrapasso [Inf. xxviii. 142),


al

pa-

commisurato
nelle

precedente operare (//. xxx.70j,

massime
in

azioni ingiuriose.
i

Questa legge

si

osserva

pressocch tutti

supplizj per lui immagnati.

La colpa commisa non vuol esser solo giudicata secondo ma secondo la mente del legislatore. Il disubbidire su un punto, che non esiga violenza nell' ubbidire,
la materia,

aggrava

la

colpa:

.... non
Fu per s
Il

il

gustar del legno

la cagion di tanto esilio,


il

Ma solamente

trapassar del segno. Par. xxvi. 115.

mondo vuol dare

colpa all'oppresso,
il

ma

la

pena venuta

dal vero, dir dov'


In grido,

vero fallo:
la

La colpa seguir

parte offensa
la

come

suol

ma

vendetta
.

Fia testimonio al ver che la dispensa. Par. xvir. 115

Ecco,

dice

Tommaseo,

personificata colpa,

vendetta,' cio

pena, vero dispensator della pena, ed ecco nell'idolo poetico

una dottrina

di jus criminale

da farne una nuova genesi.

Del Giudice.

La punizione non semplicemente pena

GIURISPRUDENZA.
allo Ingiurianle,

303

ma pena
non

data

allo ingiuriante

da chi ha

una giurisdizione
giuria
Il

di punire.

Onde

se la

pena non data

dal giudice ordinario,


:

punizione,

ma

piuttosto in-

De Mon.

ii.

2.

giudice deve guardarsi da ogni apparenza di cupidit:


la

la

cupidit facilmente travia

mente

degli

uomini...; la

cupidit

per poca ch'ella

sia,
i.

o nubila o abbaglia l'abito

della giustizia:
scacciati
quelli
Id. i.

De Mon.
Il

13. il

E perci debbono essere


giudice a

che riducono
giudice non
-

perturbazione

d'animo:
gare
xiii.

deve ascoltare pure l'una


piegargli V intelletto: Par.

parie: Conv.
in

5.

L'opinione corrente non lo debbe pie-

falsa parte, n

affetto
eli

119. (//".

Guai se

la

pena,

giudicata

in

su

le

acfatta

cuse

xxviii. 44),

non

giusta

vendetta ed

contro coscienza.
giustizia che

Guai se

altri

potesse, dire:
la colpa

Ov' questa
xix. 77. -

7 condanna? Ov'

sua? Par.

La corte dev'esser verace {Purg.xw. 17), n soggetta ad inganno: A Minos fallir non lece: Inf. xxix. 120. - L'altrui giustizia non ci francherebbe di colpa: L'altrui bene a te che fia se 'l tuo metti in obhlio? Purg. x. 89. - Dante chiama l'esercizio dell'autorevole ministerio .del giudice, qual
l'esame ed
v. 18. il

giudizio dei

rei,

Vatto di cotanto uffizio: Inf.


il

Giudice esperto sa forzare

reo

alla

confessione

della propria colpa:

tanta accusa

Tua

confession con-

viene esser congiunta: Purg. xwi.^.

Oltre di che
si

ci

avverte che sentenza irrevocabile


la

non

pronunzi se non se dopo


07. -

pi diligente e matura di-

samina, onde non paia ingiusta la nostra giustizia agli occhi


de' mortali:

Par.

iv.

Giustizia in s,

in propria

natura considerata, una certa rettitudine e regola, che

da ogni parte scaccia

il

torto:

Molti han consiglio ia cor,

De Mon. i. 13. ma tardi scocca.


il

Per non venir senza consiglio all'arco. Purg. \1.1Z0.

Quelli che intendono


di

il

giusto e vogliono
ci

giusto,

prima

dar sentenza,

per timore di errare

pensano bene, e

lardi scoccano un arco, da cui una volta uscito lo strale non pu revocarsi. Gl'ingiusti, o I men saggi, fanno II contrario, a mo' degli antichi lorentini verso Danto, e a loro bene sta il suo rimprovero:

304

COGNIZIONI SCIENTIFICHE.

Ma

11

popol tuo l'ha in


il

sommo

della bocca.

hanno sempre pronto


giustizia,

loro giudizio,

han

la giustizia sulle

labbra, fan deliberazioni, pronunciano decreti che dicon di

ma se sia veramente giustizia, non imporla. Ogni grave soggetto vuoisi discutere nel silenzio delle passioni e nella calma della ragione:
Per

E questo ti fla sempre piombo a' piedi farti muover lento, com'uom lasso... ecc.

Pa?-.

xm,

112.

....

tenetevi stretti

A
nelle

giudicar .... Par. xx. 133.

Del giuramento.
cause criminali
ritenendolo
avviso,

Sulla
e
civili

prestazione del giuramento


molti

sono

del

contrario

non potendo esso aggiungere nulla alla forza della promessa che dalla morale e dal diritlo non derivassero. Ci sembra che l'Allighleri approvasse la prestazione del giuramento l ove dice:
allo superfluo,
Tutto m' offersi pronto al suo servigio Con l'affermar che fa credere altrui. Purg. xxvi.
104.

come un

versi che

si

spiegano coll'altro che segue:

Ma

se

le

tue parole or ver giuraro. Purg. v. 109.

Come pure
bene istituiti ramento che
d

il
i

Macchiavelli
cittadini

le leggi,

quando scrisse Nei governi temono assai pi rompere il giuperch temono assai pi la potenza
:

Dio che quella degli uomini.


che criminali.

La scuoia tedesca conin tutti


i

traria alla prestazione del


civili

giuramento

negozii

Dante, che sapea trar profitto di tutto ci che osservava


nella circostante natura,
s

che

la

sua poesia l'idealit

del reale, seppe cavare anche dalla vista di

un dannato a

morte una bellissima similitudine:


.... mi prese un
gielo
;

Qual prender suol colui eh' a morte vada. Purg. xx.

129.

COG^IZIOM POIICIOTIB

G. Venturi pubblicava nel 1811

un saggio

di

una dis-

sertazione [Gaz. Veronese, n. Il) con che facevasi a consi-

derare l'Alligheri sotto l'aspetto di Po/(9/oWo, nel che egli


dice,

stato

il

primo, per non dire

l'

unico fra
il

poeti

d'ogni nazione. Basta scorrere qua e

suo immortale

poema
arte,

per riscontrare dovunque modi e parole affatto stra-

niere al linguaggio italiano, che a bella posta con piacevole

secondo

la diversit
si

dei

soggetti,

quasi altrettante

gemme,
vili.

inserite

ritrovano.
in/",
i.

Dalla lingua latina:

70; xxxiv.
Par.
vii. 1.

1.:

Purg.

i.

46;
93

13;
;

IX.

140; x.44; xii.llO; xiii.29; xv. 38;


;

xix. 50.
,

73. 99
xiii.

XX. 3

xxx. 17 e seg.
;

e seg.

xii.

100; XV. 28; xxiii. 128


e

xxv. 98; xxviii. 91. 93.


1 e seg.
;

Dalla provenzale

spaynuola: Purfj. xxvi,


99
xiv. 96, 99

Dalla greca: Inf. xx. 9; xxiv. 11. 86. 87; xxxi. 61


X.

Purg.
;

128

xxviii. 131

Par.
(1)

i.

xvu. 24; xxi. Ili

xxvi. 17; XXXI. 104.


(1)

Nel Convito trovansi citate


:

le

greche parole: Protonoe: n. 4; An;

tictona
15. -

IH. 5
Id.
;

Autentin

iv.

Ilormen
Id.

iv.

22

Polysemus
ii.

Epis. xi, 7

Alleon:
11

Comos, tragos, oda:


di

10.

Prov. Greco citato: Cont.n.


15 si fa a dedurre
si dicesse di ci,

Perticari dalle seguenti parole del Convito,

che Dante non sapesse

greco: Quello che Aristotile

non
nell'

si

pu bene sapere; perch la sua sentenza non si trova cotale una translazione, come nell' altra. B credo che fosse l'errore dei
perch altrimenti non confesserebbe
ci

traslatori...,

la

sua ignoranza sul pail

rere di Aristotile per la discrepanza delle traslazioni. 51a

Fraticelli, in-

mostra come Dante pi volte nelle sue opere desse segno di aver letto i poemi di Omero, che certo gli fu mestieri aver letto nell' originale, perch a suo tempo, come ne dice Dante medesimo, non era ancora mutato di greco in latino, come l' altre scritture de' greci: Conv. i.7. - Un'articolo sul Grecismo di Dante trovasi in un Mss. del secolo XVIU della Palatina, contenente alcune Postille sulla
terpretatele altrimenti,

Divina Comedia del Lanzi e di G.D. S.-Ne scrissero inoltre Giangirolimo Gradenigo nel suo Jlagionamento intorno alla Letteratura Greco-italiana; Domenico M. Mapni nplla sua lezioue Dell'antichit delU laikre VOL.
II.

20

306

COGMZIOiM POLIGLOTTE.
Dalla francese: Inf.

xm. Vi;

xxiii.

48, 95;

xxvii. 67;

Piirg. XI. 51; xvi. 126; xx. 48; Par. xi. 89.

Dalla tedesca: Inf. xiv. 8; xxxii. 26.

Dalla inglese: Inf. xxxi. 113.

Dalle lingue orientali: Inf.


67; Purg. xi. 11
;

vii.

1;
;

x. 11;

xii. 88;
;

xxxi.

xxiii.

74

xxix. 51

Par.

vii. 1, 3

xxxi. 127.

Pietro Giuseppe Maggi nel 1854 prendeva ad illustrare


il

verso che Dante pone in bocca del gigante Nembrotto,


lui collocato al

da

nono e pi basso cerchio dell'Inferno:

Raphel mai amech sab almi. Qualche spiegazione n'era gi stala tentata, fin dal cinquecento, ed anche a' d nostri la
linguistica, specialmente in

Germania, s'affatic a scioglierne


gl'interpreti

l'enigma,
nel vero
il

ma non sembra che


Il

abbiano colto
la lingua,

concetto di Dante, o indovinata

da

Maggi non esita ad affermare che Dante ha inteso veramente di chiudere un significalo in quelle parole, desumendole dalle lingue orientali note al
cui tolse quel verso.

suo tempo. Yersatissimo in questa sorta di studj,

ei

pure
il

ne proponeva una pi corretta lezione, leggendo invece

mai amech zahi terpretazione nel lesto medesimo


verso:
el

Raph

ai-mi,
della

cavandone l'inSacra
Scrittura,
le voci,

donde
duce:

il

poeta presumibile ne togliesse

e lo tra-

{del)

gigante air acqua, al profondo [del] Zabio, cantra


Il

chi {vieni)?
scritta,

che consuona col contesto della scena de-

ove Nembrotto, torreggiando a mezza persona dal


si

pozzo,

volge gridando colla fiera bocca a Virgilio che


dicendo, secondo la nuova versione
del gigante, al
:

gli si accosta, e

contro
al

chi

vieni

tu all'acqua

profondo,

ossia

pozzo,

del

Zabio.

Noi non

seguiremo l'illustratore nella


questa versione,
nelle
loro

minuta
greche

analisi,

sulla quale appoggia

in

Firenze

il

Lenzoni ed

il

Mazzoni

Difese di

Dante; il Bulgarini nella Risposta al Cariero; il de Romanis nelle sue Annotazioni alla vita di Dante del Tiraboschi; il Dionisi nell'Anedoto V; r Arrivabene nel suo Secolo di Dante; il Panizzi nel suo Essay on the romantic narrative poetry of the Italians il Bruce Whyte nella sua Uist. des langues Bomanes. Da ultimo l'ab. Celestino Cavedoni pubblicava le sue Osservazioni critiche intorno alla qusetione se Dante
;

sapesse di yrcco, Modena, Soliani, 1800, in cui con GiannozzoManetti, valente polij?lotta del secolo

XV,

col Boccaccio, con Pier Vettori, col SalvinI,

ritiene cbe Dante ignorasse la greca lingua.

COGNlZIOiM POLIGLOTTE.
nella dotta spiegazione che d
di setta, o piuttosto di

307

del vocabolo ZahiOy

nome

capo religioso. Ci basti aggiungere


la

com'esso, a giustificare in Dante


cita

conoscenza dell'ebraico,
lui

allre voci di questa lingua

da

adoperate nel poema,


si

oltre all'erudizione di cose arabe che

scorge nel Convito.


Contedini;
Giorn,
l'in-

[Dal Giornale

dell' Istituto

Lombardo).
trova chiara e certa

r Abate
e

M. A. Land (Roma 1819,

Arcad. Maggio, 2 Luglio 1819)

terpretazione del verso Raphel mai ecc. nell'arabo idioma,

vuole che suoni letteralmente:


abissOy

Esalta
lo

lo

splendor mio

neW

siccome rifoUjor per


il

buone armi ebraiche, interpreta


aleppe:

e, armato d Pape Satan, pape Satan

mondo,

Ti mostra Satanasso!

ti

mostra nella maest dei

tuoi splendori, principe Satanasso. - In

un
si

articolo pubblicalo

nella Rivista

ital.

N.^ 36, 31 Gen. 1864, e caldaico,

vuole questo verso

un miscuglio
simi

di ebraico

linguaggi faraigliaris-

all'israelita Manoello,
l'Allacci, e

amico

di Dante,

come

ci

tra-

mand
Anche

che in volgare suonerebbe: Lascia o Dio!


il

perch dissolvere
il

mio esercito
il

(la

mia potenza) nel mondo?


diedero altre interpre-

Venturi e

de Cesare

ci

tazioni di questo verso.

Dal dialetto' romagnuolo: Inf.xviu.Gi; xxiii. 7; xxvii.


21; Purg. xxiv, 55.
(l)
Il

Dal dialetto tridentino: -

Prof. F. Lunelli pubblicava

l'elenco di alcuni vocaboli usati da Dante

nel

suo poema
che,
se-

che

si

riscontrano anche nel dialetto tridentino,


lu,

condo

sommano

a 117.
:

Dal dialetto friulano

Par. xiv. 27.


xxiii. 7;

Dal dialetto

lombardo: In f. ]ix.l&;

xxiv. 12;

fi) H Boccaccio nel Comento del ix dell'Inferno v. 133, dice che la e il Perticar trova pure roniavoce Spaldo pur voce romajrnuola gnuola la voce rQuardi Inf. xxvi. 108j, quel solo termine proprio che
;
(

Ilomagnuoli adoperano a nominare


e le colonne che difendono le vie;

Ilomagnuoli
dai rustici

il

di

termini che dividono i campi, i pali non che creasse dal gavagno di essi ringavagna del G. xxiv. Inf. v. 12; e lo Strocchi ritiene che Romagna traesse la voce cotenna a significare il porco,
i

per dire che Filippo

il

Bello

sarebbe morto

in caccia

dall'impeto d'un

cinghiale. Par, xix. 120.

308

COGNIZIOM POLIGLOTTE.
Par. xix. 67
;

xxvii. 20, 25; Purg. ni. 128; xin. 52; xx. 70;

XXI. 15.

(1)

Senza nulla parlare del tanti nomi


capriccio inventati da Dante,

di diavoli,

non

ma

che hanno acconcia

eti-

mologia
sua
turi
1.^

all'ufficio
Il

in

cui egli

ha voluto impiegarli nella

Cantica. -

ridetto articolo
la

aggiungeva che

il

Ven-

aveva pronta

materia per un volume non piccolo,

cui gli piaceva intitolare:

Dante

esotico o poliglotto.

(I)

Pietro Monti nel suo Saggio di Vocabolario della Gallia Cisalpina

e Celtico, e

appendice del Vocabolario dei dialetti delle Citt

Diocesi

di Como, Milano, Classici, 1856, prende ad illustrare nel line alcune voci
della divina

Gomedia spiegate

colle voci dei dialetti,

e pi specialmente

di quello della Valtellina.

DANTE E LA MUSICA

(1)

La Musica tutta relativa, siccome si vede nelle parole armonizzate, e nelli canti,
de' quali tanto pi dolce armonia resulta, quanto pi la relazione bella, perch massimamente in essa s'intende. La Musica trae a s gli spinti umani, che sono quasi principal-

mente vapori del cuore, sicch quasi cessano da


ogni operazione;
si

l'anima intera (alla dolce


1'

armonia) quando
il

ode,

e la virt di tutti

quasi corre allo spirito sensibile che riceve suono. Con\. t. 2. e. 14.

Non voglio mandare in oblivione lasuavissima musica e piena di sensuale dilettazione, la quale per tutta 1' opera contenuta
per le joconde
e limate rime con mirabile

arte composte, et eziando per la proporzione


dei versi con giusta

e debita misura. Lettore

Anonimo

della Div.

Com. in Ferrara,

del 1450

Cod. Riccard. 2560.

Storia della musica.


e nel sacro
nella

Am

sopra

gli altri Casella,

cantore eccellentissimo, e dopo morte singolarmente onorollo,

poema

lo fece

immortale.
:

Si
ii.

crede
76.

che costui

musica

gli fosse

maestro

Purg.

N solamente all'ingegno
fece onore

di costui

fu amorevole;

ma
:

ad un'altro suo cittadino, Belacqua;


diede
usato
in

nome

eterno

gli

guiderdone del piacere avutone in vita


di celere

poich fu
colui,

di

andare domesticamente a sentir sonar


e di
altri

ch'era compositore

strumenti

(1)

Sommamente
;

si dilett in

suoni e

in

canti nella sua giovinezza, e a

ciascuno, clic a qiie' tempi era ottimo cantore e sonatore, fu amico ed ebbe

sua usanza

ed assai cose da questo diletto tirato compose,


p. 38.- Dilettossi di

le

quali di

piacevole e maestrevole

nota a questi cotali facea rivestire. Boccaccio,

Vita di Dante,

musica
-

e di suoni. Aretino. -

La musica

l'algebra della bellezza.

Rosmini.

Chi potrebbe descrivere la soavit


i

e la variet musicale della verseggiatura dantesca, e

pellegrini concetti,

che l'armonioso plettro del cantore di Casella pu destare negli studiosi


dall'arte principe? Gioberti.

Nel paradiso...

la

- 11 Paradiso uua vera musica delle pura musica della luce. Schelling.

sfere...

310
musici,
i

DANTE E LA MUSICA.
colli

le teste

de' quali

ornava

di sculture

d'intagli. Purg. iv. 121.

di piccolo pregio gli obbligata la storia di questa

arte, conciossiacch

prendendo spesso da

lei le

comparazioni,

qualora

gli

occorse di rappresentare con similitudine di

sensibile esempio alcun suo pi

nuovo ed elevato concetto,

ebbe quindi occasione a conservare memoria di alcuni istrumenti e di alcune usanze dell'arte, che per lo mutare dei
tempi sarebbero ora ignorate. Cos da un luogo del canto

XXX

della

prima cantica

(v. 49)

dedusse Vincenzo Galilei


organi e de' moderni. Cos

l'antichit del liuto. Cos dalle dantesche descrizioni argo-

ment

la differenza degli antichi

della giga, (strumento, che al dire di Francesco Buti, faceva

dolcissimo suono)

chi ha riserbato ricordanza fuorch

il

quattordicesimo della ni Cantica? v. 118.


Cos
ci

tenne memoria di un modo

di

cantare a pi voci,

quando una

sta ferma sullo stesso tuono, e un'altra va va-

riando tuono:
E come in voce voce si discern, Quando una ferma e l'altra va e riede. Par.
e
viii.l7.

d'una foggia
mi

di

cantare che tuttavia

si

usa nelle chiese,

mostra com'ella
lo

sia antica:
rivolsi attento al

primo tuono,
parea
suono.

E,

Te

Deum luudamus, mi
al dolce

Udir in voce mista

Tale immagine appunto mi rendea


Ci ch'i' udiva, qual prender si suole

Quando a cantar con organi


Ch'or
Il
s or si

si

stea

no

s'

inlendon

le parole.

Purg.

ix. 139.

nostro secolo

avanzato troppo in

un

vizio pessimo

le arti, che per compagnia si aiutano e si avvaLa musica ora dispregia manifestamente la poesia, senza la quale una volta non fece mai passo. Il suono degl' instrumenti par che superbisca di volersi scompagnare dall'umana voce; e qualora le si unisce, eie fa la pi rea compagnia rea del mondo, e studiasi di offuscarla ed assordarla. Ne' balli si direbbe che di mal grado la musica

di

separare

lorano.

si

mescoli, poich quanta parte di

lei

s'intromette? poca,
i

e la pi trista; tanto

appena per notare e misurare


la poesia,
il

tempi.

Ma

nella et di

Dante

canto,

il

suono, la danza

DAME
(come
lezza)

E LA MUSICA.

311

nei secoli felici


si

della Grecia maestra d'ogni genti:

ondech

facevano bellissima e amichevolissima compagnia il nome di ballata rimane in testimonio ad alquante

poesie di Petrarca e di Boccaccio, che uomini e donne al suono di musica ballando cantavano. Talora avveniva che

per intervalli di cadenze o d pause convenienti alle ragioni varie de' balli un poco si arrestassero le voci e la danza,

continuando tuttavia
a

il
il

suono

dal quale scorte le persone,

tempo

il

ballare e

canto ripigliavano. Accadeva talora

che cantando e danzando in giro dovessero esprimere cosa onde l'allegrezza crescesse: di che la danza rinforzando,
gli

che

avresti veduto spinger quei davanti, tirare quei dietro si teneano per mano, alzar la voce, farsi nella faccia

e ne' gesti pi gai: 7^wf(3f.xiv.l9.-/^af.x.-70. Par.xviii.7G. Lodi della nasica. Oltre che istorico della musica,

quanto lodatore
suoni

di essa

Egli

ti

dice che la percezione dei

delle pi nette

e insieme pi

all'animo

gradite.

E quindi Cacciaguida afferma


Dio quello che avvenir dee

ch'egli chiaramente vede in

al suo pronipote Dante come l'uomo riceve per l'orecchia nell'animo una grata conso-

nanza

di voci e di strumenti:

Da

indi, si

come viene ad orecchia


ti

Dolce armonia d'organo, mi viene

vista

il

tempo che

s'apparecchia. Par. xvn,

13.

Anzi egli tiene che a commover l'animo


fetto,

in

qualunque

afal

nulla sia

pi efficace de' suoni,

che veramente

cuore

con maravigliosa possa discendono. Egli vuole de:

scriver la sera

stendere sulla

terra

un comunal poeta avrebbe cominciato a le brune ali e 'l bruno manto della
ti

notte ecc.: questo poeta afl'ettuosissimo

richiama a quella

tenera melanconia che sul cadere del giorno risente chiun-

que
in

la

mattina

si

divise dalle sue cose pi care, o per cercare

mar

ricchezza, o per negozi con viaggio terrestre.

E questa

melanconia nel terrestre viaggiatore vicn desia dal suono


delle

campane che

in quell'ora,
i

annunziando

il

fine delle

diurne fatiche, soleva chiamare


dei beneficj della giornata.

cristiani a ringraziar

Dio
l.

E vedi

nel C. vui del Purg. v.

quanta anima

egli

d a quel

llebile

suono, e

come

lo

fa

signore del cuor nostro.

312

DANTE E LA MUSICA.
tali

E
con
che

concelti

avea

egli

della

infinita
gli

avidit.
il

Yeggasi com'
si

egli

musica da dilettarsene esprima il diletto


ri-

dava

canto dell'amico suo Casella, dal quale


fa,

trovatolo nel Purgatorio

secondo l'usanza che aveva

in questa mortale vita, cantare

che
che

affetto

prega

il

gentil
;

una canzone. Yeggasi con musico a donargli un poco del

piacere dell'arte sua


il

veggasi com'egli vuole che tu intenda


le quali

piacer della musica di tutti sovrano, e sugli animi

potentissimo,

che. dice che quelle anime


di finire
il

doveano
e

pur avere tanta ansia

lor purgativo viaggio,


si

giungere alla tanto sospirata gloria,

arrestarono

come

incantate alla dolcezza di quella musica,


Quasi obliando d'ire a
farsi belle.

Purg. n. 75.

Ascolta

il

divin poeta:
:

Ed io Se nuova legge non ti toglie Memoria o uso all' amoroso canto, Che mi solea quetar tutte mie voglie,
Di ci
ti

piaccia consolare alquanto


che, con la sua persona affannata tanto.

L'anima mia, Venendo qui,

Amor
Cominci

che nella mente


egli allor s

mi ragiona^

dolcemente,

Che

la

dolcezza ancor dentro mi suona.

Lo mio Maestro, ed io, e quella gente Ch' eran con lui, parevan si contenti, Com' a nessun toccasse .altro la mente. Noi eravam tutti fissi ed attenti
Alle sue note, ed ecco
il

veglio onesto... PUrg.


i

ii.

200.

E ben
disperati

egli sentiva

come

in tutti

mali grande e dol-

cissimo conforto la musica. Per appena uscito dagli orrori


d'Inferno,
e

venuto

a'

tormenti consolabili del


e a

Purgatorio,

procura

a s stesso

quelle

anime buone

alcuno alleggiamenlo di cantare.


Ahi quanto son diverse quelle
foci

Dalle infernali! che quivi per canti

S'entra, e laggi per lamenti feroci. Purg.xu. 112.

Quegli asprissimi dolori.


Ove r umano
spirito si purga,

di salire al elei diventa degno.

Purg.

i.

4,

vincerebbono

la

pazienza e ucciderebbono la speranza


il

di

quelle povere genti elette, se a ciascun girone, dove

do-

DANTE E LA MUSICA.
lore
ineffabile

313

sligne

il

sucidiime della moria! vita,

non

avessero perpetuo rimedio di canti devoti.

la

che noi conosciamo.

musica del secondo regno pur del modo umano Ma nell'animo a lui capiva un'armonia
suo Paradiso, nel quale non
gli

ancora pi beata e alta e troppo maggiore del nostrg caduco intendere. Di questa riemp
altro diletto altra cura
il

che contemplare

eterni veri,

e con suoni

e con melodie

e danze perpetue
il

celebrare

il

sommo
dori, e

vero.

E qui

ci

mancherebbe

tempo se con

lui

volessimo volare per quelle


beare alquanto
l'

sfere, tra quei Santi,

e splen-

affannata anima con quelle musiche

celestiali.

elle

abbiano
il

Or volete sapere per alcun modo che ragione allo strepito della nostra terrena musica? Udite,

udite

forte concetto del divinissimo poeta:

Qualunque melodia pi dolce suona Quaggi, e pi a s l'anima tira,


Farebbe nube che squarciata tuona, Comparata al sonar di quella lira
...

Par. xxni. 97.

in dolcezza, eh' esser


il

non pu nota,

Se non col dove

gioir s'insempra. Par. x. 147.

Volete intendere quali s'immaginasse Dante quelle sovru-

mane armonie? come


l'anima
gli

nella

mente
l'

le

sentisse? com'enlro

risonassero? Egli dice che talora ne fu inebriato;


idea,

che talvolta non pot rinovarsene

bench ne serbasse

eternamente vivo

il

piacere:
il

Si che m' inebbriava

dolce canto. Par. xxvu.

3.

Da mia memoria

labile e caduco. Par. xx. 12.


si parti
'1

Che mai da me non

diletto. Par. xxui. 123.

Che pi? conoscete quanto indicibilmente egli amava la sua donna; come tutto viveva in lei, come per appressarsele

un poco

suir uscire di Purgatorio egli

si

lanciasse

per mezzo un'incendio smisurato.

E nondimeno
perfino

fu talvolta
il

che quella musica

di

Paradiso

gli tolse

pensiero

della sua Beatrice: Par. x. GO; xviii. 118.

musica nel Poema. Tutta la Divina Comedia piena di musica e di armonia. Ma Dante per la
musica Quanta
fece
e quale ne porse nelle sue dolcissime poesie 1

ben pi che amarla e dilettarsene e lodarla. Gi


suono, lui vivente, solcano
si
i

col canto

e col

musici

ac-

compagnarle; come

vede

in quella bellissima

Canzone:

314

DANTE E LA MUSICA.
Amor
che nella mente mi ragiona,
si fa

ch'egli, ripigliando gli usi della vita terrena,

dal suo

Casella

cantare nell'ingresso

del Purgatorio;
il

dalla

quale

soavit

vedemmo
il

rapiti

il

poeta stesso e

suo compagno

Virgilio e quelle

anime fortunale.

Tutto

sacro

poema

mirabilmente pieno

d'armonia e

musica verissima. Primieramente dico la musica ossia la temperatura e modulazione de' suoni propria unicamente
del

nostro idioma,

la

quale come

si

trova eccellente in

questo autore, cos fu in diversi gradi comune a molti di


quel secolo beatissimo:
nel sedicesimo

venne alterata

al-

quanto

e ristretta;

peggior assai nell'et seguente: a tempi

nostri caduta in tanta confusione e barbarie, che non oso

parlarne. Chi vuol

sima

gli

conviene cercarla

dunque rinvenirla pura schietta ricchisin Dante che n' vero tesoro.,.
ed esprime

Egli pienissimo di quella musica la quale con varii e accordati [suoni imita

furon mai

pi gentili e pi teneri

sdegni pi lieri? dove le


sperare pi caro? dove
il

umani affetti Dove gli amori? dove gli disperazioni pi atroci? dove lo
gli

giubilare pi estatico?
la

il

dolersi

pi miserabile? dove pi affettuosa


pi graziosa
la

gratitudine? dove
il

riverenza? dove pi cortese

salutare?

dove

il

pregar pi efficace? dove pi impero

pi terrore ne' rimproveri e nelle

comandi? minacce? Egli veramente


ne'

descrisse fondo all'universo nella sacrata opera, alla quale

poser
scritto

mano

cielo

e
e

terra.... -

Giordani,
il

V. Abozzo

sopra Dante

la

Musica, e

Discorso, Meriti di

Dante sulla Musica, Opere


Il

di Pietro Giordani, T. IX. p. 140,

Milano, Borroni e Scotti, 1856.

notare nel divino poema


s

luoghi, ne' quali le parole

sono scelte

proprie e

propriamente accomodate da ren-

dere col suono materiale l' effetto de' sentimenti, sarebbe non terminarla mai che ninno di questa armonia imitativa, sia massima propriet ed eleganza, fu cercatore quanto l'Allighieri, il quale nel principio 'del xxi% dell' Inf. ce lo dice egli stesso con quei versi, che pur sono di essa armonia
;

bellissimo esempio:
Se
io avessi le
si

rime e aspre e chiocce.


al tristo

Come

converrebbe

buco,

DANTE E LA MUSICA.
Sovra
'1

315

qual pontan tutte l'altre rocce,

Io premerei di mio concetto il succo Pi pienamente; ma perch io non l'abbo,

Non senza tema a

dicer

mi conduco. Ranalli,
lettera a

i.

640

E
e'

il

Tommaseo
i

in

una sua

Giovanni Salghetti
Divina Comedia.
passi

indicava

versi

pi musicabili
d' autori

nella

Per saggio de' passi

illustri,

che a

me

pajouo pi accomodali alla musica, e da onorare in doppia

maniera
tutte

l'arte italiana, ecco quelli di' io

ho intanto
Avvertite

Irascelti

da trentatr canti de' cento


di questi

di Dante.
le

che non
s

canti

ho notate
si

bellezze

maggiori,
a

perch

ce n' di riposte

da non poter accostare


perch ciascuna arte bella
confini:

moltitudine di uditori;

una ha la

sua indole propria e


piace
l'arte

proprii

onde non

tutto

musicabile quel eh' poetico; n tutto quel che in pittura


e

commove
della
si

si

pu

scolpire acconciamente;

n nel-

stessa

parola,

quel che riesce potentemente


nello sce-

narrato,

pu con pari
nel

efficacia dialogare. Se,


io

gliere con tale intendimento,

abbia colto nelle ragioni

dell'arte

vostro talento,

vedrete voi,

che saprete
riguar-

certamente da voi stesso discernere quel che meglio vi torna.


L'uscire che Dante fa della valle pericolosa, e
il

dare dall'alto, collo spavento negli occhi e l'affanno nell'anima, quasi presentendo
fa
i

nuovi pericoli che l'aspettano

(l),

contrapposto all'uscita d'Inferno sulla pianura solinga,


il

e alle serene imaglni che lo allegrano,


cielo,
il

dolce colore del


il

bel pianeta, le quattro stelle, la fresca rugiada,


della

tremolar

marina,
(2).

il

giunco schietto che


se
dal

sull'onda

commossa
naturali
il

rinasce

proemio del Purgatorio

ascendasi a quello del Paradiso, dalla letizia delle bellezze

pensiero
(3)
;

rapito

a veramente soprannaturale

grandezza

e la

musica che tenesse dietro a quel volo,


gli ascoltanti
(4)

solleverebbe con se

a intentata sublimit.
la

All'angusta lenta salita

per

prima scala del monte

(1) Inferno,
(2)

Canto

1, terz.6.

Guardai in

allo... aterz.9,
13, fosse

persona viva.
-

Purgatorio,

CI.

t.5.

Dolce color, a

davante.

Poit.3.

Va dunque,
(3) (4)

alla fine

onde la svelse.

Paradiso, C.

1, 1. 1.
t. 3.

La gloria

a.

t.

3,

non pu

ire.

Purg. C. 10,

Noi salivam a

t. 7,

per deserti.

316
sanlo
alla
alla
si

DANTE E LA MUSICA.

contrappongono musica le ascensioni


(1),

in

forma che pu essere ispiratrice

di Beatrice

con Dante dal monte


poeta coloro

regione luminosa

e per essa al ciel della luna (2),


al

e da questo al pianeta

dove appariscono

che fecero

ma

in

bene non per puro generoso amore del bene, parte per voglia di fama (3).
il

Pitture variate, la mesta

ora

della

sera

(4),

il

sorriso
;

d'una valle
d'Inferno
piterno
cui

fiorita,

ove

le
il

contrapposto a queste
(6),
il

anime operando pregano (o) e primo entrare la disperata porta


gli

primo affondare
(8),

occhi

nel bujo

semcui

(7).

A
il

Caronte tumulto

e alla

bufera agitante coloro


(9),

travolse
le

de' sensi

alle Furie,

le

minacce, e

diaboliche ire sono represse dallo spirito sde(10)


;

gnato camminante sull'acque

avete

di

contro l'apparire

dell'angelo navigante e volante (11); e i due che col suono delle verdi ali fanno fuggire la biscia insidiante alla valle
de' pii (12).
I

tormenti

de' golosi (13),

de' violenti (14),

degli acci-

diosi invidi e iracondi (15),

hanno riscontro
(17),
i

nelle

pene che

purgano

pigri ^16)

superbi

superbi in Purga-

torio ridicono l'orazione insegnata agli uomini da

Ges

(18),

da Dante recala
Par. C.

in parole semplici e affettuose:

e al loro

Quando Beatrice a t, 31, ad esso riedi. Giunto mi vidi a 1. 12, permanendo unita. (3) Par. C. 5, t. 30. Lo suo tacer a t. 33, amori. (4) Purg. C.8, 1. 1. Era gi V ora a t. 2, si muore. (5) Purg. C. 7, t. 23. Oro e argento a t. 20, parSn di fiori (6) Inf. C. 3, 1. 1. Per me si va a 1. 10, turbo spira. (7) Inf. C. 4, 1. 1. Ruppemi a t. 4, veruna cosa. (8) Inf. C. 3, t. 33. Quinci fur quete a t. 42, volge in desio. (9) Inf, C. 5, t. 9. Ora incomincian a 1. 14, minor pena. (10) Inf. C. 9, 1. 12. E altro disse a t. 40, alcun ritegno. (II) Purg. C. 2, t.5. Ed ecco, qual a t. 8, a lui n' uscio (12) Purg. C.8, t. 8. r vidi a 1. 14, verr via via. E poi t, 33. Da quella parte a t. 36, rivolando iguali.
(I) 1, 1. 16.

(2J

Par. C.

2, t. 9.

(13)

Inf. C. 6, t. 2.

Nuovi tormenti a
ficca a t.21,
l'

t. 3,

somersa.

(14) Inf. 12, 16.

Ma

arco tiro. Poi 32. Noi ci

movemmo

t.

36, dolorosi

anni.

(15) Inf. 7. 36. (16J

Una palude a

t.
Sl

42,
1.

parola integra.
carro

Purg.

4,

29.

Ma

se

te

10,

mena?
posso.

(17)
(18)

Purg.
Purg.

11. 38. Io
11,
1.

cominciai

alla fine,

non

Padre a

t. 7,

sprona.

DANTE E LA MUSICA.
pregare,
curvati
sotto gran soma,

317
le altere

s'oppongono

parole di Farinata che s'alza coi petto e colla fronte, quasi

avesse in dispetto

l'Inferno

suoi strazii

(1).

Dal fiero

Fiorentino nemico agli avi di Dante, passate al Fiorentino

amico

di Dante,

Casella (2);

e questa imagne

mite s'ine

terponga tra Farinata e Sordello, anima amorevole nel disde-

gno

(3);

e Sordello

vi far

meglio

sentire

Romeo

(4),

Casella

meglio sentire Carlo Martello,


(5).

tuttoch principe,

amato da Dante

Ma
che,
e
in

se cercate luoghi d'affetto, avete l'apparire di Beatrice


a Virgilio l'amico suo
(6);

mossa da amore, [raccomanda


Inferno Francesca
,(9).

(7),

in

Purgatorio

la

Pia

(8),

in

Paradiso Piccarda

Piccarda apparisce

cantando

Ave

Maria; e
Avete
le

vi

rammenta VAve che suona

scolpito sulle labbra

dell'angelo nel monte santo (10).


in Paradiso

danze armoniose e raggianti

(11).

parecchie comparazioni de' giri celestiali alle danze ter-

rene mi muovono a interrogarvi se certe similitudini sparse


per luoghi non musicabili, non vi paressero poter musicarsi

da

s, in

modo, se non da comporne un trattenimento tutto


le similitudini delle
(13),

tessuto di quelle, da darle per intermezzi e riposi. Tali mi

parrebbero

pecorelle semplici (12), del


(14).

loro infuriato

delle

colombe quiete

Poi quelle

(I) Inf. 10, 8.


(2J

Tosco a
23.

t.

27,

ben quell'arte.

Purg.

2,

U anime
Ma
vedi a

t. 3,

TpeuU vai

Poi 3G,

Ed

io a

t.

41,

Dio manifesto.
(3)
(4)

Purg.
Par. Par.

6, 20.

t.

24,

abbracciava.
a
25.

6, 8,

43.
5.

E
Io

dentro

alla line loderebbe.


t.

(5)

(6) Inf. 2. 68. Io


(7) Inf. 5, 25.

non m'accorsi era a t. 24, mi


cominciai a

mora mora.
Poi 42

fa parlare.
si tace.

Io

32,

Ma

se

a conoscer

alla fine,
(8)
(9)

morto cade. Purg. 0, 44. Deh quando alla Par. 3, 4. Quali per vetri a
a 4i, piit tardo.

fine,
t.

gemma.
occhi santi. Poi 41, Cosi par-

8,

lommi
(10)

Purg.

10, 12.

L'Angel
essa a

1.

16; suggella.
felice.

(II) Par. 7, 3.
t.

Ed

t. 6,

Par. 10.20 Poi ti

cantando a

27, rivolte.

(12j
(13)
(14J

Purg.
Purg.

2, 17.

Inf. 12, 8.
2,

Come le 28. non sanno. Qual a saltella. 42-43. Come quando- Maggior cura.

318
della

DAME
gloria

E LA MUSICA.

umana che smuore


si

Del coraggio di Dante, che


di Beatrice

che guarda a
(B); del

lui

come colore d'erba. come fiore al mattino (2) ; con piet come madre a figliuolo
(1)

riha

vaneggiante
suflragio,

suo svilupparsi dalle anime chiedenti

come
e

chi vince al giuoco dai

cia

(4);

di chi dubita se
i

domandanti la manvegga o no il vero (5); e di


s

chi intende tra


le
(6);

suoni dell'organo, or

or no,

le

paroalla

e dell'orinolo
le

che armoniosamente richiama

mattutina preghiera

anime amanti (7). Se questi cenni punto punto vi fanno, seguiter sopra Dante e il Tasso e l'Ariosto e il Petrarca e altri Lrici se no, smetteremo. Addio di cuore. - J\. Tommaseo.
:

\.TommdiSQO, Bellezza e Civilt, all'articolo: Corrispondenza della Musica con la Poesia, Firenze, Le Mounier, 1837.
pag. 127.

V. Tommaseo, Inspirazione
547-363.

e Arte, all'articolo:

Dionisi

d' ilicarnasso, dell'arte retorica:

Saggio delle note, Firenze,

Le Mounier, 1858,
Purg.

p.

(1)

(2) Inf. 2, 43.

(3)

(4

Le vostra - Acerba. Quale i fioretti - stelo. Par. 1, 34. Ond' ella appresso - deliro. Purg. 6, 1. Quando 5 da essa.
11, 39.

(5) (6)

Purg.
Purg.

7, 4,

Quale

colui

non

9, 49.

Tale imagine

parole.

(7)

Par. 10, 47. Indi come alla fine.

HISICOGRAFIA DELIA DIVISA

COMEDIA.

Galilei

Vicenzo,

Il

lamento del
dell' illustre

Co. Ugolino.

Questa

Composizione Musicale
Donizzetti Gaetano,

genitore del gran Galileo

ricordata dal Pselli e dall'Arteaga.


Il

Canto xxxiii, L'Ugolino, Napoli

Calcografia de' reali teatri, 1827,


Ziwjarelll JScol, L'Ugolino.

Se

tu odi la terribile

cantica dove quel disperato padre piange insieme e ragiona


del crudelissimo strazio e della

morte sua

de' figliuoli,

stimerai che la sdegnosa anima dell'Allighieri fosse passata

ad informare
fieri

il

corpo del Zingarelli,

e lugubri accordi.

tralasciare

quando trovava quei non dovrei di toccare


musicale
di di

di questo

suo lavoro,

che invitato

al collegio

Parigi, fu

messo a stampa come esempio

sovrana eccel-

lenza di arte.

Puoti.

Morlacchi Francesco, Perugino, Parte del Canto xxxiii, dell' Inferno, posta in musicale declamazione con accompa-

gnamento
parlato
il

di Piano-forte,

Milano Ricordi, 1834.


di

Ne ha
il

Mezzanotte neWOrniologia

Perugia ed

prof.

Bacciomeo nel l\uovo Giornale dei

letterati di Pisa.

Dalle Osservazioni sopra la poesia dei Trovatori del Co.

Galvani rileviamo che varii canti di Dante furono messi in


musica, nel

XYI

secolo dal Josquinio dal Yillacrt e da altri

compositori fiamminghi.
11

intitolata

Maestro Cav. Paccini componeva (1864) una sinfonia Dante: Vi si dipinge col magistero de' suoni i
dell' Inferno
ii),

tormenti

[P.
la

i),

le

pene mitigate dalla speranza


(P. in),

nel Purgatorio (P.

beatitudine nel Paradiso


di

finalmente

il

ritorno

trionfale

Dante

sulla

terra accla-

mato e celebrato da

tutte le genti.

DAME

lE BEILE ARTI.
mi sedea in parte, nella quale rieordaiidomi di lei, disegnava un angelo sopra
certe tavolette.

Io

VITA NUOVA,
non
,

35.
l'

intender Dante bisogno saper


cristiana,

arte

poich' egli

a cosi dire,

che la glorificazione in versi della scultura


e della

pittura e dei

monumenti

religiosi dei

tempi di mezzo. LAPITl'K.

Storia dell'arte.
zano
si

A misura

che

l'arti belle si

avan-

al loro

perfezionamento,

la gloria

dei

passati artisti

avanti,

va ecclissando, e chi vien dopo fa dimenticare chi fu se gi non succedano etati grosse, tempi in che
fiorisce,

l'ingegno non vi

annebbiato dalle
umane
posse,

tristi

usanze.

vanagloria delle

Cora' poco verde in sulla

cima dura,
grosse
i
!

Se non giunta

dall' etati

Purg.

xi. 91.

Cimabue
e la

la pittura

debbe

principii del

suo rinasci-

mento,

gloria

di

aver dato origine

ad

una nuova

maniera di disegnare e di colorire; ma il sole della pittura sorse con Giotto; egli tant' oltre condusse l'arte da venirne a modello di grandezza e tenerne il principato.
Credette Cimabue nella pintura

Tener

lo

S che la

campo, ed ora ha Giotto il grido, fama di colui oscura. Purg. xi. 95.

a'

Oderisi da Gubbio, della scuola di Cimabue, miniatore tempi di Dante celebratissimo, o come dicono Francesi enluminer, riman vinto dal suo discepolo Franco, bolognei

se, nella variet

ed armonia dei
le glorie

colori, e nelle altre belle

qualit della composizione e del disegno.

Da questo Franco
e al dire
:

ebbero principio
del Malvasia,
il

della Felsina pittrice,

retaggio della buona pittura

0, dissi lui, non se' tu Oderisi, L'onor d'Agubhio, e l'onor di quell'arte Ch' alluminare chiamata in Parisi?

DAME

E LE BELLE ARTI.

321

Frate, diss'egli, pi ridon le carte

Che pennellcggia Franco bolognese: L'onore tutto or suo, e naio in parte. Purg.

xi. TI.

Anche Iddio, nuova, che disegna sempie da


Dell'Arte.
chi'l guidi [Par. xviii. 109;,

colui che
s,

mai non
la

vide cosa

che dipinge,
tanto

ma non ha
arie
io

ama

sua

che

sempre

la

mira con compiacenza, e mai non leva

sguardo

da essa: .... comincia


Tanto, che mai da
a vagheggiar nell'arte
1'

Di quel Maestro che dentro a s


lei

ama
4.

l'occhio non parte. Par. x. 10.

L'arte di Dio
nella

la Natura:

De Mon.
il

i.

La natura

mente
in

del primo movitore eh' Iddio, dipoi nel cielo

come

instrumento,

mediante

quale
si

la

similitudine
il

dell'eterna bont nella materia inferiore

spande...

cielo
)e

instrumento dell'arte divina...

dello arletlce Iddio:

Mon.
la

il.

2.

Quando

materia di

supremo arlelce prende a disporre sua propria mano, a sigillarvi la chiara luce
il

e perfezione della prima ideale virt, o vogliam dire della

eterna idea da
in questa cera

lui

chiaramente vista nella sua mente, allora


la

Tutta

per {ezion... s'acquista: Par.xm.l'.

L'arte

si

chiama anche nipote a Dio:


/n/". xi.

Si che vostr' arie a Dio quasi ner>ote,

105;

per imiti essa

la

natura,

siccome norma del bello.

Ove

l'arte imiti l'arte,


celeste. Gli artisti

sempre pi s'allontana dalla parentela


ricavar

ma

dai capolavori

non dci^giono imitare a modo servile, forza di sguardo a contemplar


dall' arte

la natura.

L'

ingegno

non dcbbe andar scompagnato


pensier della mente:
lo

ritrova e combina l'uno, conduce l'altra ad eletlo conve-

nientemente

il

Natura

suo corso prende


xi. 99.

Dal divino intelletto e da su' arte. Inf.

e altrove:
Tratto t'ho qui con infjegno e con arte.

Purg. xxvn. 130


I

ix. 71

x. 8.
:

precetti della ragione abbiano autorit d'inviolabili

l'arte

sia freno

dell'ingegno:
lascia

Non mi

pi ir
limite,

lo fren dell'arte.

Purg.xxxiu.lil.
a'
21

Ogni arte ha un
VOL.
II.

che trascendere anco

supremi

322

DANTE E LE BELLE

ARTI.
sia

ingegni vietalo: ogni arlista, come


di

giunto air.cslremo

suo potere, per toccare la perfezione dell' opera sua, debbe rimanersene; altrimenti, dice il Guerrazzi, il bello

precipiterebbe nelle rovine delia maniera, e meglio Dante:

non sarebbcr
l

arti
qiial

ma mine:
pi
a

Par.

viii.
si

108.
Purg.x\i\.(il.

gradire oltre

mette,

:<Jon

vede pi dall'uno all'altro

stilo.

... or convien die '1 mio seguir desista Pi dietro a sua bellezza, poetando,

Come
(all'

all'ulttriO suo ciascuno artista. Par. xxx. 31.

ideale dell'arte)

Difficolt dell' artista, Difficolt dell'espressione. tenuto a valersi di mezzi al lutto materiali, nell' esprimere adeguatamente la poesia del concetto che quasi nella mente
fjH

fallisce,

raggia {Conv.uiA); spesso la materia arrendevole gli e mal risponde al disegno ed al fine imaginato:
Vero
Molte
cle,

come forma non

s'

accorda
127.

fiate alla

'ntenzion dell'arte,

Pefcli' a risponder la

materia sorda. Par.

1.

Non
II.

disposta ed apparecchiata a ricevere quella

forma: Conv.
rilevare

1.- Spesso anche la scienza e Vahito delVarte impotente a

ritrarre la

forma che
le

gli sta
:

nell'intelletto,

le

figure com' ei

ha concctte

Par.

xviii. 86.

L' artista

dia

V abito

dell' arte e

man

che trema. Par.

xiii. 77.

Quindi quella grande idea del bello che l'artefice sublime non crede aver mai afferrata, presentandosi sempre maggiore dell'opera il concetto, e la perfezione diviene perpetuo desiderio dell' arte,
l'intelletto.

anche quantunque
i.

la

man

obbedisca al-

Buonarroti, Son.

Fine dell'arte.
zione della bellezza,

il

Il

fine
:

dell'arte la rappresenta-

piacere

Mai V appresent arte Piacer

Purg. xxxi.
se

49.

il

Buonarroti cantava:

3Ia
lei

non potea
sola tolgo

bellezza Accender me, che da


eterne,
lo

non somma far mie opre


alla

splendore

Son. 39. - Per fido esempio

ma

vocazione Nascendo, mi fu data la bellezza Che di du' arti m' lucerna e specchio: Madr. vii. Ma questa rappresentazione del bello non debb' esser l'unico e supremo fine dello
artista,

che egli non ha da mirare solo

al diletto,
la

an-

cora e sovratlutto valersi di questo per cattivare

miglior

DAME
parte di noi:
lo

E LE BELLE ARTI.

'i*2Ji

che vale quanto innamorarla del ben ri-

chiesto al vero ed al IrashiUo [Par. xiv. 93),


di

commuoverla

grandi e gentili
Arte
f'

afletti:

pasture

Da
L'artista

pigliar occhi per aver la mente. Par. xxvii. 9i.

dalle opere riflettere sulla moltitudine la virt che


Chi pinae figura
Se non pu esser
lei,

non pu infondere nell'opere dell'Ingegno, non ha


non la pu porre. Cam.
xiu. 3,

e
:

che nullo dipintore potrebbe porre alcuna ligura, se intenzionalmente non si facesse pria tale, quale la figura esser dee: Conv. iww. e. 10. - Il vizio dell' artefice si apprende di leggieri all'oe all'austero
pera,

verso faceva comento;

e perch, come dice


s slesso,
il

il

Buonarroti

natura altrui
nell'arti,

pinger

Ed

in ogni

opra palesar V affetto; e qual


ogni
la

perch
volta
officio.

vizio trov

sempre grandi fomenti


divina origine

ebbero dimenticato

ed

il

nobile

luspirarJonc.
belle, ciriamale

Come

nelle lettere,

anche nelle

arti

mirabilmente dal poeta

visibile

parlare (Purg.

X. D5j, necessaria l'inspirazione: senza


villa l'arte

questa celeste fa-

non

si

alzer mai a vera grandezza:

r mi son un che, quando Amore spira, noto, ed a quel modo


Che detta dentro, vo
Raflaollo
significando. Purg. xxiv. 32.

chiamava inspirazione certa idea, che in mancanza donna da copiare, nascevagli nell'animo [Leti. piti. 1.84); e il Buonarroti hai mortale al divin non vanno gli
di bella
:

occhi Che sono infermi., e non ascendon dove Ascender sen-

za grazia
spirazione.

penser

vano. -

Onde non

caso

diccsi in-

Dell'Arte cristiana. Il divino e lo spirilo, di lor non sono capaci di bellezza artistica, e non possono diventar Ijelli se non in qualche modo umanandosi e
ragione,

svelandosi sensatamente nel


rituali

modo

stesso che le qualit spi-

dell'animo

si

fanno a noi manifeste per l'espressione

e l'arieggiare dei volti:

Trasumanar

significar...

Non

si poria.

Par.

i.

11.

Volendo pertanto sotto forma sensibile ritrarre

esseri

324

DANTE E LE BELLE ARTI.


s\i\v\lm\\,' spiritali bellezze: Canz.vn.^.) mestieri
la

puramente

accordare T elemento artistico con

dottrina cattolica della


iv.

condizione dei corpi glorilcati {Par.

43)

mestieri

che

ne' mirabili aspelli rappresentati risplenda non so che divino

che

li

trasmuti da' primi concetti


sol di

Par.

u\. 58), se

vogliamo
sguardo,
- In

che abbiano spirto


t

pensier santi: Par. xx. 15. Allora


e

lor

lieti

sembianti,

amore

meraviglia

e dolce

ci

faranno esser cagion de' pensier santi: Par.


dell' arte cristiano.

xi. 76.

questo tutta la teoria


Dante, dice
1

il

Blamonti, lo scrittore pi sublime dopo


inspirati, dai quali tolse concetti,

libri

divinamente

imma-

gini, similitudini

per significare a dovere

le glorie celesti,

altres la scorta pi sicura del pittore cristiano, e insieme

fonte inesausta

delle

pi recondite

e squisite

bellezze,

tutte spirituali e nobilissime.


ci

ponga innanzi e

ci

Yeggas con quali immagini dipinga le forme e la sembianza di


dal corpo mortale e
visibili agli occhi

quegli spiriti avventurosi che, sciolti


rivestiti di etere sottilissimo, si

rendono
idealit,

poi. Nella Piccarda de' Donati {Par. ni. 10-15. Id. 58) vi

ha

tanta

bellezza artistica

e tanta

quanta a mente

umana

dato pensare ad esprimersi. Certo nessuno aggiunse

Dante nel ritrarre gli Angeli in tanta copia e con si variate immagini nel Purgatorio e nel Paradiso, e nessun poeta, non eccettuati Byron e Moore, seppe trarre da questa credenza tanta e cos profonda poesia
31; XXXI. 130; xxxii. 105,112. Potenza artistica del poeta.
abilit
dell'artista,
:

Purg. viu. 25

Par.

ii.

Dante meraviglia

la

che con

tanta variet e vivezza avea

effigiato le

immagini
Qunl
di

istoriate nel

e nel xii del Purgatorio:


stile,

pennel fu maestro e di

Che ritraesse l'ombre e gli atti, ch'ivi Farien mirar ogni ingegno sottile?
Morti
li

morti, e
di

vivi

parean vivi:
il

Non vide me'

me

chi vide

vero...

Purg. xii.94.

anche il poeta, nel descrivernele, si mostra potente di parola e maestro di stile. Come signor della parola e poeta veramente, cio oratore, aggiunge il parlar vivo che
spira visibile dalla pietra. Que' mirabili intagli, altri a linee ombreggiate (segnate nella superficie con righe a modo che 6.), s'incide nel rame, parvi discriminis umbrae. Metam.
i.

Ma

DANTE E LE BELLE ARTI.


altri a rilievo,
ci

325

e per parole clie

sono eloquenti all'occhio e alla mente, volano e si scolpiscono nel pensiere e per
che prendono l'intelletto. Dante, colla
i

fantastiche visioni

teoria e coli' esempio, ci apprende

pi
ci

alti

segreti dell'arte.

E Dante sapea bene osservare


spettiva, che
inezze dell'arte, ed
il,

che chiamarci proPurf/.

dal suo maestro avea bene imparate tutte le

un bell'esempio ne abbiamo nel

ov' descritto l'Angelo che veniva da lungi sopra una

barca.

E
una
pi

nel X del P?/tv/. v. 94.


effigie

si

scusa dell'aver posto che

possa esprimere con l'atto


consecutivi
;

non uno

solo,

ma

affetti

perch Colui che mai non vide cosa

nuova Produsse esso visibile parlare. L'artista potr benissimo giungere a imprimere negli atteggiamenti e nel volto delle sue figure la domanda e la risposta, ma non mai un
dialogo continuato,
gliate e dipinte,

perch l'attitudine delle figure intae

una

E
valse

il

poeta dei

pittori,

permanente. non solo nella divina sua Comedia


parole,

a significar

colle

dice
il

G. B. Nicolini,

ma
con-

seppe atteggiarli,
passioni,
i

come richiedea
la

loro costume, le loro


gli

personaggi, che

natura del suo tema

sentiva di metter sulla scena per brevi istanti, e con quel

senso squisito del vero, del bello, e del sublime, che


tura concede a pochi
artisti.

la

na-

Di quanta sapienza e fantasia


abituali e proprie dei

era mestieri per trovar


vizii,

le attitudini

alcuni dei quali son partiti fra loro di cosi breve con-

fine, e di

esprimere nei gesti

rapidi

movimenti dell'animo
iv

in

un modo
Pi chiaro assai che per parlar distinto. Par.
12,

Fu notato
Comedia,

che,
si

dopo aver
segue

letto la descrizione

della divina

crede aver visitato una galleria.


lo stesso Mcolini, colla

L' AUighieri,

mente

la

pi

poetica e la pi capace d'ardite visioni, seppe ordinare con

maraviglioso accorgimento
colla facilit di
pittura,

le parti del

suo lavoro, disporre

un grande

artista le
il

masse della sua vasta


dell'aquila... Aicolini,

e senza scuotere

frcn deirurte, sollevarsi sugli


felicit

altri poeti coll'ardire e colla

Opere, Dell Universalit e nazionalit della Divina Comedia^

Volili, 243.

320

DAME
clil

E LE BELLE ARTI.
al

Ma

potrebbe dare

nostro poeta sufficiente

ammiritraiti

razione pel

modo

di

pennelleg^iare o meglio scolpire ogni

suo personaggio? In qual altro


gli

poema

si

trovano

uomini con colori

veri e vivi e proprii e variati,

come

sono nella divina Comeda, Filippo Argenti, Farinati, Ca-

Vanni Guido di Montefellro, Beltramo, Adamo di Brescia e il conte Ugolino? E procedendo nel Purgatorio,, ehi fece mai pi belio e venerando il secondo Catone? E chi mai dipinse costume pi soave di quello tVi Casella, pi affetvalcante, Pier delle Vigne, Brunetto, Bonifazio Vili,
Fucci,

tuoso di quel

di

Manfredi, e pi commovente di quello di

Buonconte e pi magnanimo di quello di Sordelk)? I ritratti d Guido del Duca, di Ugo Capelo^, del poeta Stazio, di Forese, di Guido GuiniceUi, sono quali dovevano* essere. E nelParadiso, principalmente, folgoreggiano
i

ritraili di S.

Tomaso

d'Aquino,

di

Cacciaguida, di S.Pier Damiano, di S-BenedellO"

e di San Pietro, sfavillante di non pi udita ira contro gli

indegni usurpatori del loco suo... Nei


le

modo

di significare-

cose con quella brevit,, eleganza, vivezza

che te

le

fa

apparir megfio uno scultore che un pittore,, non ha alcuno-

pur uguale,

ma
le

superiore a' pi perfetti;

giacch

in lui

non pur vedi

forme,

ma

le

vedi tondeggianti e rilevanti


sia,

come

nella

scultura

o intaglia che
:

ben

gli

si

pu

dire eolle stesse sue parole


Maestro,
i

tuoi ragionamenti

Mi son

s eerti, e pi-endon s

mia

fedt.

Che

gli altri

mi sarian carboni

spenti. Inf, xx. 100.

Ranalli,

Ammaesh\ della

Lelterut. IV,

((i2-ec.

In Dante la parala dipinge e offre al quadro del pittore


belli e pronti e

armonicamente temprati

colori. -

Tommaseo^

Bellezza
corporeo,

Civilt, p. IG'.
il

Dante, nel descrivere ralleggiamenlo,


il

modo, l'abito
il

gesto, le fattezze de' suoi personaggi, pitlore

scultore,

seconda

le occorrenze,
arti,
i

eleggendo

punta

di

prospettiva propria delle due


di colori

e ora lavorando a giuoco

e di tinte,

col chiaroscuro, ora


il

preciso

dello

contorni e divertsificandoU sfumando dando alle sue immagini il risentito e scalpello, dal poco risalto dei bassi, dei

aiezzirilievi sino

airinterno contorno;

al perfetto

spiccare

DANTE E LE BELLE ARTI.


e londcggare delle statue.

327
i

chi dubita che

divini crea-

tori della pittura e della statuaria italiana a quella

poesia

non s'inspirassero? La poesia, infatti, l'arte in cui si riuniscono e s'immedesimano pregi delle due industrie lgurative, i quali sono spesso impossibili ad accordare col pennello e colle raspe, che lavorano sopra una materia
i

esteriore,

in

cui

contrarli
la

attuarsi;
tiva e
il

dove che

poesia, che ha per tratto

non possono simultaneamente l' immaginaduttile e

pensier umano, conciliatore delle differenze nella


si

unit propria, e

serve dello strumento soffice,


per

arrendevole

della parola,
il

esprimere

le

opposizioni

accoppiare insieme

bello pittorico e scultorio... V. Gioberti,

Del Primalo,

p. 378. lo Schelling,
il il

L'Inferno di Dante, scrive


figure, la parte plastica

regno delle
la

del

poema,

Purgatorio

parte

pittoresca.

Potenza degli

Artisti.

Anche

dalle

finte sciagure

valgono a spremerci dagli occhi lagrime vere:


Come, per sostentar solaio o
tetto,

Per mensola talvolta una figura Si vede giunger le ginocchia al petto, La qual fa del non ver vera rancura Nascere a chi la vede ... Pury. x. 130.

Del colorito.

renderci le pieghe de' panneggiai

menti non sono acconci

colori troppo vivi,

ma

ci fa

duopo

romperli con altre tinte, onde ne viene una delicata e soave

sfumatura

di colori:

Per salta

la

pennn, e non

lo scrivo,

Che r immaginar nostro a colai

pieghe.,

Non che
li

'1

parlare, troppo color vivo. Par. xxiv. 25.

disegno adombra
1.

la

cosa;

colori l'avvivano:

l'A-

riosto,

58:
Ch' io non adombri o incarni
il

mio disegno.
il

Del modello.
Come

ci

ricordato per lui

pittore che

dipnge col modello sott'occhio:


pintor che con esemplo pinga. Purg. wxii.
:

6.

E Jacopo da Lentino avea prima cantato


Com' uomo, che ha mente
In altro esemplo, e pinga

La simile pentura.

328

DANTE E LE BELLE ARTI.


avverte come
l'

ci

esemplo e

l'

esemplare abbiano ad andar

iVun modo: Par. xxviii. 35.


liiice
]a

necessaria ad una pittura.


dove
il

N dimentica
la
si

luce necessaria

ad una pittura; qualora


sole

collochi

in parie
,

non giunga, non pu mostrarsi qual


sguardi colla bellezza de' colori e

n dilettare

gli altrui
il

dell'arte che vi pose

maestro:

Come
Glie
>'

pintura in tenebrosa parte

non

si

pu mostrare,
di color

dar diletto

n d'arte. Canz.xi..

vedea
Un'altra istoria nella roccia imposta:

Per eh'

io

varcai Virgilio, e

f'

mi presso,

Acciocclic fosse agli occhi miei disposta. Purg. x. 52.

Capolavori de^li Artisti.


gono
in

capolavori degli
ci

artisti,

figurati secondo V artifizio di miglior sembianza,

attrag-

modo che
ci

in

pur vederli
e perch
ci

in noi stessi

ne esaltiamo.
artista

E per
che
li

le loro bellezze,

mostrano qual era

creava,

sono
mi
di

cari e desiderabili:
dilettava di guardare

3Icntr' io

Le immagini

tante umilitadi,

per lo Fabro loro a veder care. Purg. \. 97. Gli occhi miei eh' a mirar erano