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Se rinunciamo dunque al pregiudizio del monismo del valore, possiamo forse vedere anche in Nietzsche, nellindifferenza del cosmo

che balla la sua eterna samba, tre indicazioni contemporanee, che possono indicare al viandante-sambista, meditatore epicureo, una direzione che non sia unica e quindi univocamente determinata, permettendogli cos di rimanere in unottica fenomenologica, ovvero, come dicono gli astrofisici, al di qua dellorizzonte degli eventi: bellezza, il valore della percezione; bont, il valore dellazione; logica, il valore della ragione, tre prospettive incommensurabili che si unificano concretamente nel corpo vivente come dice Merleau-Ponty, mentre la volont il direttore dorchestra che costruisce lOpus Magnum ad immagine e somiglianza del mistero che ogni essere umano ... il mistero appunto dellarbitrio della volont che diventa atto solo nellincontro con linamovibile necessit.

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Discipline Nella stessa collana 1 - Metafora e dis- metafora Erio Bartolacelli, 2002 2 - Quando i bambini raccontano fiabe agli adulti Erio Bartolacelli, 2004 3 - La teoria dell attaccamento in psicoterapia Manfred Endres, Susanne Hauser, 2006 4 - Gorinto Giancarla Sandri Fioroni, 2006 Paolo Quattrini FENOMENOLOGIA DELL ESPERIENZA LEZIONI DI GESTALT A ORIENTAMENTO FENOMENOLOGICO ESISTENZIALE Zephyro Edizioni Prima edizione marzo 2007 2006 Zephyro Edizioni - Via Voghera, 16 - 20144 Milano www. zephyro. it ISBN 88-8389-095-6 Tutti i diritti riservati - All Rights Reserved Tutti i diritti di traduzione, di adattamento totale o parziale con qualsiasi mezzo sono riservati. Ogni permesso deve essere dato per iscritto dall autore. Progetto grafico: Mariluna quattrini- testo 19-09-2009 14:57 Pagina 4 Progetto grafico: Mariluna

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INDICE Introduzione 7 1 La realt 9 La genesi: realt potenziale e realt in atto 9 La conoscenza dell uomo 14 Fisica, metafisica e astrazione 18 Spirito e materia 21 Eros e spiritualit 32 Il problema del passato nell ottica fenomenologico esistenziale 40 2 Pensare e sentire 45 Teorie e filosofie nella psicoterapia della Gestalt 45 Pragmatismo e fenomenologia nella psicoterapia della Gestalt 55 Il pensiero di Brentano nella psicoterapia della Gestalt 61 Gestalt e costruttivismo 69 3 Agire 77 Comportamento ed etica 77 Deontologia ed etica nei rapporti gerarchici 90 Psicodinamica e politica 100 Etica 111 4 Teoria della psicoterapia 119 La distanza tra natura e cultura e la psicoterapia 119 Necessit dell illusione come orizzonte dell esistenza 122 Fondamenti logici di un approccio ateoretico nella psicoterapia della Gestalt 127 Creativit e salute mentale 134 Psicoterapia a orientamento fenomenologico esistenziale e arte 141 Psicologia della creativit e arte 147 Mitopoiesi e psicoterapia 151 Psicoterapia, etica ed empatia 157 Sinergie e interferenze tra sessualit e aggressivit 167 5 Tecnica della psicoterapia 177 La psicoterapia della Gestalt, lo zero e il vuoto 177 Il problema del contatto nella tecnica della psicoterapia della Gestalt: sedia vuota olismo e vipassana 185 La sedia vuota e la gestione delle emozioni 194 Trasparenza e confrontazione nella psicoterapia della Gestalt 202 Transfert e contatto nella psicoterapia della Gestalt 206 Il lavoro in gruppo nella psicoterapia della Gestalt 214 I sogni nell ottica fenomenologico esistenziale 219 Conclusioni 226 Riassumendo: l arbitrio e la necessit 226

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Appendice 239 Culture sciamaniche e culture astronomiche 239 Teoria del carattere 246 Psicoterapia del carattere 257 Note 269

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Introduzione Fin dall infanzia pi remota ho inseguito due bandiere: verit e libert. Da ragazzo pensavo che la verit, cio la vera essenza della realt, fosse competenza della fisica, e che la libert fosse competenza della politica, e quindi fisica e sociologia sono stati i miei primi amori e l occupazione principale della mia giovent. A guardare da adesso sembrano pochi anni, forse quattro o cinque, gli anni del liceo, ma nell esperienza di allora furono una vita, una vita intera, che cominci e fin per lasciare il posto a un altra vita che con la prima non sembra quasi avere a che fare, o solo come la farfalla ha a che fare con la larva. L imbozzolamento stato il periodo della terapia personale: altrettanti anni di vero e proprio letargo dell anima. In questo tempo si compiuto uno spostamento dell attenzione: invece del tangibile mondo dei fenomeni fisici e delle strutture sociali, l incerto mondo dei sogni, delle sensazioni e delle emozioni emerso prepotentemente e si imposto al mio interesse, riempiendo il concetto di realt di un contenuto nuovo, straordinariamente interessante, e rendendo la ricerca della libert un cammino concreto e diretto, non pi mediato da adesioni ideologiche. Verit e libert si sono fuse per me nell esperienza e nella comunicazione, che sono appunto i cavalli di battaglia dell approccio gestaltico: qui le cerco e le incontro, lavorandoci come si fa con le pietre preziose, che si tagliano in modo da metterne in risalto la luce. Sono diventato, insomma, psicoterapeuta e gestaltista per amore dell etica, come si diventa pittore per amore dell estetica, e amo questa pratica di un amore tranquillo e profondo, senza ripensamenti, senza soffrire la fatica e senza oppormi alle imprevedibili difficolt che continuamente presenta. Faccio questa professione da trenta anni e l insondabile abisso dell anima umana continua a presentarsi ai miei occhi con lo stesso incredibile splendore di sempre: neanche la consapevolezza di sfiorarne appena la superficie sminuisce per me il valore di questo contatto, e spero in realt, se la fortuna mi assiste, di continuare a fare questo mestiere fino all ultimo giorno della mia vita.

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1 La realt 1 a. La genesi: realt potenziale e realt in atto Ammesso e non concesso che la realt in atto sia finita, se sono infiniti i numeri, ne consegue necessariamente che la realt potenziale infinita. Non si sa in effetti se l universo finito o infinito, ma se, come sostengono i fisici, nell universo si genera continuamente nuova materia, probabilmente la materia stessa , almeno potenzialmente, infinita. Spazio e tempo sono dimensioni innate agli esseri viventi, che in questo modo possono amministrare la propria esistenza, la quale appunto nello spazio e nel tempo si svolge. Non sappiamo se spazio e tempo esistono indipendentemente dalla vita, o se risultano dall accoppiamento strutturale2 fra la vita e il mondo: Kant diceva che le cosiddette leggi del mondo fisico sono in realt la proiezione delle modalit di funzionamento della mente.3 La vita mondo, ma non tutto il mondo vita: comportando la vita un succedersi di eventi, se dove c vita c necessariamente un tempo e uno spazio abbastanza determinati, non la stessa cosa a livello delle particelle. Gli elettroni infatti percorrono orbitali in cui posizione e velocit sono indeterminabili contemporaneamente,4 cio luoghi dove la loro presenza non certa, ma semplicemente probabile. Spazio e tempo risultano cos relativamente indeterminati nel mondo delle cose, e potenza e atto riducono qui la distanza fra loro. Ora, se la realt in atto qualunque cosa abbia una qualche forma, la realt potenziale risulta il non ancora significato e concretizzato, e anche l ineffabile, quello che non pu essere significato e concretizzato, cio non pu prendere posto nel mondo materiale. La differenziazione fra realt potenziale e realt in atto sembra dunque risiedere in un piano di spazio e di tempo, il quale piano, oltre a essere relativo nella fisica stessa, risulta poi avere tanta importanza soprattutto per le specificit della vita. Il tema della creazione, cio dell origine nel tempo, importante insomma soprattutto per la mente umana, che sempre deve stabilire relazioni di priorit spaziotemporali per ragioni di sopravvivenza. Il problema della genesi appare da questo punto di vista un equivoco, o l equivalente del famoso scherzo nato prima l uovo o la gallina?. La genesi inestricabilmente connessa con la parentela, l eredit e il privilegio nel rapporto con gli dei: solo i veri discendenti hanno diritto, gli altri verranno a buon diritto scacciati dal paradiso. Gott mit uns dicevano i nazisti, e siamo il popolo eletto dicono ancora gli ebrei. Senza genesi non c privilegio, parentela e ritorno all ovile. Senza genesi c solo l infinito e una esistenza, qualunque cosa sia, da amministrare in una parte limitata dell infinito: un eterno ritorno, come lo chiamava Nietzsche. Con la genesi, che con la metafora familiare d senso senza ulteriori spiegazioni, il problema del futuro si risolve, perch l arrivo della vita umana si pone, come il suo inizio, fuori dell orizzonte limitato dell esistenza, e con l attributo di infinito si annichilano tutti i dubbi e le perplessit, dato che l infinito risponde a tutti i possibili bisogni; senza la genesi, bisogna trovare un ponte che transiti l esperienza umana fuori delle limitazioni della sua esistenza, pena quello strangolamento del senso che invita alla depressione. Per Tom maso d Aquino la creazione non un atto, ma una caratteristica dell essere:6 se essere quindi essere creativi, nel suo pensiero l essere abita necessariamente il tempo e lo spazio. Alcuni teologi d altronde ritengono che la creazione non venga dal nulla, ma ex nihil amoris, cio da un annullamento amoroso verso l altro, quello che in termini psicologici si direbbe un sacrificio narcisistico, certamente indispensabile alla creazione in senso lato: nel mondo trinitario di soggetto- relazione- interlocutore (che si ritrova dalla teologia cristiana fino alla teoria della formazione dell Io di O. Kernberg),7 si tratta di uno scordarsi di s per immergersi nell esperienza della relazione, fino a mettersi nei panni dell altro, Questo, a differenza dell identificazione, che perdersi nell altro,

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risulta essere il punto di arrivo in cui si allo stesso tempo la relazione, l altro e se stesso, realizzando il paradosso del tre in uno. Questo processo necessita di tempo e spazio perch raggiunga la coscienza umana: ma probabilmente la coscienza stessa che necessita di tempo e spazio come coordinate della comprensione, cosicch si potrebbe pensare che il mondo raggiungibile dalla coscienza solo attraverso parametri spaziotemporali, e che il problema dell origine sia congruo alla coscienza e non al mondo; si avvalora cos l ipotesi dell accoppiamento strutturale, che elabora il tema della genesi come reificazione di una metafora (operazione linguistica che in realt sarebbe rigorosamente demandata all evocazione invece che alla spiegazione). Sulla genesi dell universo, le risposte in senso scientifico necessitano di modelli delle leggi del tempo non afferrabili con l intuizione,8 mentre le domande tradizionali si fondano sul presupposto pregiudiziale che il tempo scorra linearmente e costantemente in un solo senso, in uno spazio di forma costante: le cosmogonie non possono allora che evocare l origine della coscienza, che del mondo compreso l interfaccia. In principio le cose erano tutte insieme, dice Aristotele:9 cio confuse, non differenziate, perch in un universo vuoto di coscienza niente dice questo quello e codesto quell altro. Effettivamente ci furono tempi non infinitamente remoti in cui la coscienza non c era, se per coscienza intendiamo quella umana: solo qualche milione di anni fa infatti sulla terra non esisteva n l uomo n la sua coscienza. Parrebbe improbabile che la nascita del mondo in s interessasse gli antichi, che chiamavano caos quello che c era prima e se ne disinteressavano immediatamente, mentre sembra legittimo supporre che per loro il vero problema fosse la nascita della coscienza, e la cosmogonia fosse appunto il passaggio dallo stato di natura allo stato di coscienza. Se confrontiamo i miti cosmogonici con la domanda come nata la coscienza, questi appaiono immediatamente meno ingenui e arbitrari. In principio era il cielo e la terra: non plausibilmente nel confronto fra il cielo e la terra che il primo barlume di differenziazione possa essere nato? Da Urano e Gea nasce Kronos, il tempo:10 non dall esperienza delle distonie fra il cielo e la terra che nasce probabilmente il tempo come entit differenziata? Zeus arriva pi tardi, un entit ben pi complessa delle precedenti, e richiede presumibilmente una coscienza molto pi sviluppata. Gli Dei sono allo stesso tempo fenomeni primari e secondari,11 sono le leggi dell universo e l effetto che fanno all essere umano che le vive sul piano esistenziale, cio attraverso il senso che producono nella sua esistenza. Col passare del tempo arrivano divinit minori, che segnano la coscienza dettagliata anche del mondo interno: nascono infatti personaggi come Eracle, trasparente metafora dell io, e Narciso, la consapevolezza della pericolosit di quello che oggi chiamiamo appunto narcisismo, l investimento energetico su se stessi. Dei ed eroi sono dunque una conoscenza allo stesso tempo simbolica, concettuale e sensibile del mondo attraverso il mito: non si chiamati solo a capire Narciso, quanto soprattutto a condividerne l esperienza e ad assumerne le conseguenze, dando posto nel proprio mondo interno alla necessit del sacrificio narcisistico. Anche il sacrificio narcisistico, infatti, una questione di coscienza: sacrificare il proprio narcisismo qualcosa che si sceglie, e per farlo a volte il cammino molto difficile, come insegna il mito di Orfeo, che per rassegnarsi a rinunciare alla sua amata immagine- Euridice12 dovette prima andare fino agli inferi, recuperarla e poi perderla di nuovo. Il sacrificio narcisistico un mistero, che richiede iniziazione,13 in quanto il narcisismo, come la Fenice, risorge eternamente dalle proprie ceneri, e questo non pu essere compreso se non esperienzialmente, dato che per la mente logica quello che muore non risorge. Per mettersi nei panni dell altro bisogna per un momento rinunciare a se stessi, e all inizio le persone temono questo movimento, quasi ci fosse il rischio di non poter tornare indietro. In realt appena ci si mette nei panni dell altro si scopre che si pu farlo appunto perch non si l altro, e l altro lo si scopre proprio riconoscendo le differenze da se stessi, cosicch appena si nei panni dell altro si subito di nuovo nei propri panni con una consapevolezza diversa, quella di essere diversi e uguali, se stessi e l altro contemporaneamente, e insieme la relazione che unisce. Il contatto un unit dinamica, in cui si contemporaneamente l uno e l altro, uno che

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guarda l altro come specchi che si rispecchiano all infinito e che si riconoscono per le uguaglianze e per le differenze. Il sacrificio narcisistico consiste nell abbandonare se stessi per entrare nell altro, e subito abbandonare l altro per tornare in se stessi, e subito abbandonare se stessi per entrare ancora nell altro, investendo narcisisticamente in questo movimento invece che in una posizione statica: piacersi in movimento invece che appoggiarsi alla propria immagine. Visto cos non sembra neanche un gran sacrificio, e in realt non lo : ma quando si prova a farlo ci si rende conto della difficolt, dovuta essenzialmente alla stupidit e alla limitatezza della mente, che trova terrorizzanti tutte quelle attivit dove deve abbandonare il controllo e muoversi in souplesse. Ai tempi d oro della teologia cristiana il concetto di io era abbastanza informe da non permettere la differenziazione fra sacrificio concreto dell io e sacrificio narcistico, e molta della retorica cristiana probabilmente dovuta a questa confusione. La genesi, da questo punto di vista, oltre che della coscienza anche genesi della coscienza dell io,14 del narcisismo e dei sacrifici narcisistici necessari per avere un io senza esserne asserviti e tiranneggiati. La coscienza si appoggia sull io senza essere identica, e questo disidentificarla dall io il cammino psichico che l articolazione del panteon di tutte le religioni accompagna. Gli Dei, che sono forze primarie e incomprensibili,15 sono irragionevoli e ingiusti: gli eroi dell io, per esempio Gilgamesh, Prometeo, Eracle, sono solo semidei, che queste forze subiscono e tentano di amministrare. Questo rivela una consapevolezza istintiva della secondariet, per tempo e importanza, dell io rispetto ai grandi protagonisti della storia dell uomo. solo col passare dei secoli che l io ha assunto piano piano la maggior parte delle funzioni di interfaccia fra l uomo e il mondo: come mostra l analisi di Julian Jaynes sulle differenze linguistiche fra l Iliade e l Odissea,16 questa trasformazione avvenuta abbastanza rapidamente, in tempi storici, ed ben riconoscibile dalle differenti metafore usate nei due poemi per significare l anima. Solo nell Odissea compare l immagine di uno spazio interno e, di conseguenza, l attesa di avvenimenti che questo spazio pu contenere. La domanda sull io, che cos e da dove viene, da una parte un bisogno di conoscerne l origine per poter riconoscere la necessit delle illusioni,17 dall altra una domanda densamente narcisistica, che vuole attribuire all io un importanza che il mondo gli nega: sono figlio del cielo e della terra, e allora cammino a testa alta per le strade del mondo. L articolazione genealogica risponde al desiderio non solo di discendere da provenienze importanti, ma anche da provenienze pi importanti di quelle degli altri, da famiglie di particolare rilievo, da popoli in un rapporto speciale con la divinit. In varie tradizioni, infatti, si parla di promesse o patti di un popolo con i propri Dei, che lo aiutano in cambio della sua venerazione: trasparente l allusione alle forze che desta nell essere umano l investimento energetico in archetipi, che lo trasportano come un veicolo negli accadimenti della vita. Se la genesi dunque la genesi della coscienza, solo attraverso il mito che pu essere detta: non si tratta di un avvenimento meccanico, un punto zero da cui prende origine il tempo, ma di un momento mitico da cui scaturisce il senso del mondo. Non un momento unico, localizzato per cos dire fra +1 e 1, ma un topos, un momento dell anima in cui si sveglia la coscienza e le cui coordinate sono dinamiche piuttosto che temporali. un momento dell anima, che in ogni gruppo umano si pu riferire temporalmente a un periodo pi o meno lungo, e non lo stesso per tutti. Insomma, dalla tensione dinamica fra cielo e terra, dall esserci contemporaneamente con le loro differenze, di queste due realt totalizzanti, che nella coscienza dell osservatore compare il tempo, nel suo intrinseco senso di contenitore di ogni cosa. Un origine che pu essere raccontata, piuttosto che spiegata: nessuna spiegazione potrebbe infatti dare ragione della drammaticit di questo avvento. 1 b. La conoscenza dell uomo Come la storia umana risulta veramente conoscibile solo sullo sfondo della storia della vita sulla terra, su questo stesso sfondo che possibile indagare la conoscenza in s. Conoscere non patrimonio esclusivo della specie

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umana: gli animali conoscono in gradi diversi il loro habitat, e molti sono capaci di imparare con l esperienza cose che non sapevano alla nascita. Ma come conosce, per esempio, un gatto? La vox populi dice che il gatto conosce per istinto, affermando con questo che non lo fa attraverso pensieri, cio processando concetti. Ma se un gatto non conosce attraverso concetti e teorie, allora in che senso conosce il mondo? Intanto non difficile immaginare che non conosce attraverso teorie, dato che nemmeno gli uomini nell antichit procedevano in questo modo:18 eppure il mondo lo conoscevano piuttosto bene. Come fa un gatto che vuole entrare in una casa a scovare una piccola apertura e a ricordare anche dove , tanto da essere capace in breve tempo di entrare e uscire senza nessuna difficolt? Certo il gatto non analizza concettualmente l edificio, non localizza concettualmente l apertura situandola in una posizione riconosciuta geometricamente e ritrovata deduttivamente. Se i gatti sanno la geometria certo nessuno l ha mai scoperto! Torniamo alla vox populi e all istinto, deus ex machina per ogni inspiegato: conoscere per istinto sarebbe come dire conoscere naturalmente, qualcosa che avviene senza bisogno di spiegare come. Ma come si pu sapere che un gatto conosce cos? Evidentemente la vox populi attribuisce per proiezione al gatto qualcosa che sa gi per altra via, cio per la propria esperienza umana: qui l uomo paradigma per il gatto. E come un essere umano conosce naturalmente, istintivamente, senza bisogno di aver studiato o di essersi addestrato per farlo? Ovviamente attraverso la percezione. Ora, mentre il pensiero struttura un mondo astratto,19 la percezione d orientamento e senso al mondo concreto, quel mondo che sta al di qua dell orizzonte degli eventi20 di chi percepisce, gatto o persona che sia. Se al limite si pu pensare una sedia da sola, non la si pu percepire da sola: la percezione abbraccia tutto quanto il campo del percettibile, e include noi stessi, che a questo campo apparteniamo (vediamo il nostro corpo, sentiamo i nostri rumori ecc.). Quando insomma percepisco una sedia, la percepisco insieme agli altri oggetti (e persone) vicini, incluso me stesso, all interno di una situazione localizzata nello spazio e nel tempo,21 cio proveniente da uno specifico passato e orientata a uno specifico futuro, della cui potenzialit la sedia fa parte integrante come utile, inutile, intralcio o irrilevanza, o qualunque altra contingenza. Percepirla equivale a darle un senso nella mia esistenza, a sentirla e ricordarla in quello che il panorama della mia esistenza, in cui atti e potenzialit intrecciano un balletto senza fine. La cosa percepita parte di un mondo che ha una sua struttura spaziotemporale: per questo la percezione dunque strutturante. La percezione precede il pensiero (anche un gatto percepisce), e si svolge a livello di sensazioni ed emozioni. Le emozioni implicano movimenti funzionali alla sopravvivenza, cio comportamenti che si ripetono simili davanti a inputs sensoriali analoghi, diventando in questo modo parole di una lingua (comportamentale appunto), che pur essendo approssimativa, abbastanza congrua a se stessa e al mondo da poter essere base affidabile per quella conoscenza che ha permesso a innumerevoli esseri viventi di abitare la terra per centinaia di milioni di anni.22 Il pensiero struttura un mondo astratto e insapore: conosciuto invece attraverso la percezione, il mondo al di qua dell orizzonte degli eventi (al di l di questo la percezione non arriva) sensorialmente significativo e bello o brutto che sia, pieno di vita e di significato, l opposto di quello che succede nello stato di depressione. Presumibilmente allude a questo il mito del Giardino dell Eden: prima di intossicarsi col veleno della concettualizzazione, la specie umana viveva nel paradiso del mondo sensoriale, nell avventura comune a qualunque animale, che non si preoccupa della sua vita, ma semplicemente la vive fino alla morte che gli tocca. Figlio della percezione il fenomeno.23 Il fenomeno il mondo che si rivela all individuo attraverso i sensi, in maniera sempre diversa, perch diverse sono le situazioni in cui percepiamo cose e persone, e sempre diverse nel tempo le intenzioni che ci muovono. Il fenomeno, come affermano Brentano, la Fenomenologia e la Psicologia della Gestalt, figlio dell intenzione del percipiente. L occhio vede il sole perch solare, diceva Goethe, cio formatosi in presenza e in funzione del sole. L occhio vede il sole d altra parte perch l essere vivente intende utilizzare qualunque cosa funzioni come strumento per muoversi nel suo ambiente e dare forma: le forme sono le figlie dell intenzione. Gli psicologi gestaltisti hanno mostrato come la percezione sia discontinua, come cio proceda per insiemi

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significativi, le Gestalten appunto, che il percipiente cerca intenzionalmente di concludere, lasciando sullo sfondo quello che non serve a questo scopo e chiamando in primo piano quello che permette di compiere l opera: non ci si accorge di tutto quello che c , ma principalmente di quello che d forma alle nostre intenzioni.24 La percezione dunque un operazione attiva, una creazione del mondo, come dice Proust:25 si percepisce insieme parti del mondo presente e ricordi e fantasie, che sull asse strutturante dell intenzione fanno la percezione, quotidianit o opera d arte che sia. Ma allo stesso tempo il fenomeno rivelazione: il mondo si manifesta contingentemente nella sua inafferrabilit rivelandosi, cio allo stesso tempo perdendo l illusoriet di un senso e velandosi di nuovo in un senso diverso, presente e irriducibile, un mistero che non ha da essere risolto, ma solo contemplato. Risolto, il mistero verrebbe semplicemente archiviato, contemplato d energia e voglia di vivere: un quadro di valore non si smette mai di guardarlo con meraviglia. Il fenomeno in primo luogo , poi anche serve, significa, rimanda, funziona insomma: ma solo in secondo luogo e all occorrenza. Il linguaggio parla, dice appunto Heidegger,26 sottoscrivendone in questo modo l autonomia esistenziale: il linguaggio non si limita a servire per la comunicazione, ma esiste e fa quello che vuole, manifestandosi cos nel suo essere al mondo: una lingua una lingua e non una rosa. Una lingua una lingua una lingua, direbbe Gertrud Stein. Il nucleo del fenomeno non categorizzazione, ma negazione di dipendenza: un fenomeno in s non dipende, per cos dire, da niente. Questo suona apparentemente in contraddizione con l evidenza che tante cose alterano la percezione: eppure n il fenomeno, n l opera d arte dipendono da niente, anche se naturalmente devono tener conto delle esigenze della committenza e dalle possibilit tecniche dell artista, come dice Baxandall,27 cio dalle limitazioni contingenti della loro esistenza. Malgrado queste limitazioni un opera d arte non pu dipendere, pena non essere pi un opera d arte: infatti, la volont che articola le parti in un insieme libera (anche se le parti sono pi o meno obbligate) di inventare infinite combinazioni, e di fronte all infinito la libert acquista la sua autenticit e il fenomeno la sua indipendenza. Il mondo si rivela ai sensi del percipiente, che sceglie e costruisce un insieme unico e irripetibile: lo specifico bene dellunico di stirneriana memoria.28 Il fenomeno unico, creazione e rivelazione, oggetto e soggetto allo stesso tempo, libert e necessit per il percipiente, abitante di quel mondo che allo stesso tempo costruisce e che non pu dis- costruire a volont. Non , come potrebbe sembrare, un gioco di parole, ma una realistica descrizione dell esserci del mondo. Essere nel mondo senza essere del mondo una indicazione chiarissima, se si considera l essenza intrinseca del fenomeno. Quando si parla di fenomenologia (teoria della conoscenza attraverso la percezione), si fa posto nel mondo del pensiero razionale, cio dell epistemologia (teoria della conoscenza attraverso le teorie), a un altro modo di conoscere,29 antico come la vita sulla terra e che si affianca alla conoscenza concettuale senza sottomettersi o superarla di importanza: la percezione infatti una dimensione incommensurabile30 con il pensiero. La fenomenologia non sostituisce l epistemologia, ma si articola con questa: la conoscenza concettuale, conoscenza esatta o conoscenza scientifica,31 che dir si voglia, occupa una dimensione parallela alla conoscenza sensoriale, e su questa realt si basa: quando osserviamo per esempio il quadrante di uno strumento, diamo infatti un credito certo alla nostra percezione sensoriale. Mezzo imprescindibile della conoscenza, epistemologica o fenomenologica che sia, comunque l attenzione. Pi antica dell epistemologia e della fenomenologia la conoscenza narrativo- metaforica, che pervade surrettiziamente ogni altra forma di conoscenza: la verit, la scienza, la conoscenza stessa sono fondamentalmente narrazioni, sul cui portato metaforico si muovono le operazioni conoscitive. Ma cosa c entrano le storie con la conoscenza? Per rispondere bisogna vedere cosa c entrano con l organismo e con l autoregolazione organismica, quel fenomeno per cui le varie funzioni dell organismo si regolano fra loro secondo il principio dell emergenza dei bisogni, senza il controllo di un centro che sta al di sopra delle parti e che d le direttive. Ora, se il fenomeno chiaro, non altrettanto immediate sono le modalit del suo funzionamento. evidente che circolazione, respirazione, digestione e motoriet si alternano prendendo e lasciando il primo piano secondo i bisogni dell organismo: ma come si relazionano fra loro, quando per esempio si corre dopo aver

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mangiato, e la motoriet assume il primo piano? Difficile immaginare che i bisogni si limitino ad articolarsi meccanicamente fra di loro riuscendo a realizzare cos una coordinazione veramente funzionale: pi realistico sarebbe immaginare qualcosa che le unifica, come un ritmo musicale, o magari un ritmo narrativo. La narrazione infatti ha un ritmo: una sequenza di eventi articolati fra loro nel tempo, che a buon diritto pu chiamarsi un ritmo. Quando la narrazione tiene un ritmo particolarmente significativo, nell esperienza umana assume qualit di metafora, cio di narrazione che ha il potere di rivelare i misteri della vita. I ritmi dell autoregolazione organismica sono, con tutta probabilit, le metafore primarie su cui si articolano le infinite forme del conoscere narrativo metaforico, e i libri sacri di tutte le religioni sono strumenti di conoscenza dell esperienza umana attraverso narrazioni che hanno funzione e valore di metafore. 1 c. Fisica, metafisica e astrazione Dato che qualunque oggetto32 pu venire ab- s-tracto attraverso la concettualizzazione, qualunque oggetto pu essere assimilato a un astrazione. Bisogna per ricordarsi che astrarre un processo, e ha un movente funzionale: non si astrae senza motivo. Bisogna ricordarsi anche che astrarre non significa trasportare un oggetto vero e proprio sul piano astratto, ma significa creare una sua rappresentazione sul piano astratto.33 L oggetto rimane dov . Astrarre significa trasportare se stessi sul piano dell astrazione: trasportarci, in specifico, la propria attivit mentale, la propria esperienza. Astraendo si smette di frequentare l oggetto sul piano in cui , e si comincia a frequentare la sua rappresentazione astratta, che non ha odore, non ha sapore e ha una bassa evocativit emozionale. Questo rende l oggetto molto pi maneggevole: sul piano astratto si possono maneggiare cose che su altri piani normalmente non sono nemmeno avvicinabili: leoni, miliardi, divinit, atrocit, ecc. Un esempio luminoso di astrazione l algebra: invece dei numeri, che indicano quantit precise di cose imprecisate, si usano lettere, che indicano quantit imprecisate di cose imprecisate. Con l algebra si possono costruire equazioni che mettono in luce le strutture ricorrenti: si tratta di uno degli strumenti fondamentali della ricerca scientifica. L astrazione ha ricadute importantissime sul piano fisico: un prescinderne per ritornarci pi agguerriti. uno strumento, non un alternativa. Se l astrazione, non essendo quantitativamente determinata, sfugge alla misurabilit diretta, , per, indirettamente funzionale alla misurabilit per la sua agevolazione all identit delle cose: un nome non di per s misura, ma ci che ha un nome pi facilmente identificabile. La misurabilit imprescindibilmente legata all identit: niente che non sia qualcosa misurabile, fino a prova contraria. L identit espressa linguisticamente dal verbo essere: qualsiasi cosa per essere misurabile bisogna che sia. L identit l essenza, l essenza identit. Ora, se assimiliamo algebricamente l identit a una lettera, possiamo sommare, sottrarre, moltiplicare o dividere questa identit, a prescindere dal fatto che sia misurabile o meno in s, perch tutto, una volta concettualizzato, diventa operazionabile e quindi, indirettamente, misurabile. Dato che tutto quello che misurabile (numericamente o algebricamente) per definizione fisico34 o astratto, consegue logicamente che, per definizione, quello che sta meta ta fusika35 prescinda dalla misurabilit. Tutto quello che ha una identit elusiva, ineffabile, non solo non fisico, ma neanche pu essere astratto: il mondo fisico, con il suo quantitativismo numerico, e il mondo astratto, con la sua algebra dell indeterminazione, tendono entrambi all identit, che espressa linguisticamente dal verbo essere. Essere tradizionalmente la categoria delle categorie, la cima del valore, sua maest l essenza. Si tratta per di un puro pregiudizio: considerata prevalente con un processo invertito. stata creata come il top delle categorie, ma le creazioni non prescindono dalle motivazioni, e l identit, l essere quindi, essenziale nell accumulo di beni, nella formazione di ricchezze, di capitali. La categoria dell essere indispensabile alla capitalizzazione, e quindi alla logica del potere. La categoria dell accadere non invece altrettanto utile per questo scopo. Le cose che accadono non sono infatti capitalizzabili, e sono quindi considerate come essenti deperibili, cio essenti di seconda categoria. L accadere succede per forza nel tempo e nello spazio, ma stranamente al tempo e allo spazio sfugge, non prescindendone

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attraverso l astrazione, ma semplicemente lasciandosi dietro queste categorie. Una volta accaduta una cosa accaduta per sempre, anche se accaduta in uno spazio e in un tempo diverso dal qui e ora: tempo e spazio, come il mare, non hanno suddivisioni, quindi accaduta comunque nello stesso continuum spaziotemporale dove c anche il qui e ora. L accaduto non si compra, non si vende, non si allunga, non si accorcia: si pu solo er- innern,36 come dice Heidegger, e per questo si colloca a mio parere meta ta fusika. L accadere un mistero insondabile: solo l umana stupidit che lo riduce ai fatti. Pur essendo indissolubilmente legato a tempo e spazio, l accadere, come mostra Popper, non dipende causalmente da tempo e spazio: vale a dire non soggiace alle leggi della meccanica, quindi, appunto, sta meta ta fusika. Da questo punto di vista, la superstizione il principale tradimento alla metafisica, cio alla trascendenza:37 mettendo sopra (latino super sisto: colloco sopra),38 cio su un piano trascendente qualcosa che sta sul piano fisico, non solo si producono degli idoli,39 ma soprattutto si nega all anima il suo spazio naturale, le verdi praterie dove galoppare senza limiti, e la si condanna a una triste prigione dove gli oggetti materiali diventano la sua massima aspirazione.40 Se consideriamo dunque l accadere dominio specifico della metafisica, e se consideriamo la non meccanicit sua caratteristica specifica, data l infinit degli avvenimenti possibili si pu capire che nel campo dello spirito41 tutto quello che viene esperito vero: pi o meno quello che doveva intendere S. Anselmo con le sue prove dell esistenza di Dio, passato alla storia come esempio di ingenuit devozionale. L umanit esperisce tanti Dei differenti, a volte in violento contrasto fra loro: ma da questo punto di vista, se sono esperibili esistono, con i loro paradisi e i loro inferni, in quanto le varie religioni sono autentici veicoli, anche se approssimativi, per raggiungere quei paradisi e quegli inferni. L affermazione che, comunque, c un solo Dio, e c un solo Spirito, dipende dal pregiudizio che attribuisce alla categoria dell essere il grado di massimo valore; nell infinito avvengono, con tutta probabilit, spiriti differenti, e le varie religioni sono i loro specifici veicoli: Allah grande e Maometto il suo profeta. Se il mondo fisico caratterizzato dalla misurabilit (che lo rende strumentalmente indipendente da tempo e spazio: identificato con le sue misure l oggetto rimane uguale a s attraverso i secoli), e quello astratto dalla sua intrinseca indipendenza da tempo e spazio (un concetto non cambia qualunque sia il tempo e lo spazio in cui lo si incontra), il mondo dell accadere indissolubilmente legato a specifici momenti spaziotemporali, non cio trasportabile su un piano immobile, congelato. C lo stesso problema nelle scienze naturali: non si pu osservare attraverso strumenti le ultrastrutture della vita, perch se la si congela in un preparato istologico, non pi vita. L unico modo per osservare la vita quello di partecipare: lo specifico metro di misura dell accadere umano l etica. Questo vuol dire che un occhio etico non vede in termini di differenziazione quantitativa, ma in termini di partecipazione. La conoscenza per partecipazione la modalit di conoscenza dei fenomeni artistici, cio la conoscenza estetica, e ugualmente la modalit di conoscenza dell accadimento. Mentre la superstizione lascia l illusione di poter utilizzare anche qui la conoscenza per differenziazione, il mondo dello spirito richiede invece un coinvolgimento personale in ci che accade, e solo dopo aver partecipato si possono operare differenziazioni che articolano ulteriormente questa conoscenza. Senza partecipazione le differenziazioni sono riferibili a un universo meccanico, un platonico, astratto e perfetto mondo delle idee, a cui il mondo psichico bene o male si adatta. Mondo fisico, mondo delle astrazioni, mondo spirituale: tre realt diverse che si articolano fra loro indissolubilmente, ma che prestano il fianco a gravissimi equivoci, evitabili solo con la consapevolezza della differenza fra le due possibili forme di conoscenza, quella per partecipazione e quella per differenziazione. Dioniso e Apollo ne sono gli eterni guardiani e dispensatori. 1 d. Spirito e materia Chgyam Trungpa, un Lama tibetano vissuto per molti anni in California, e uno dei tramiti pi importanti tra la cultura tibetana e quella occidentale, scrisse un libro sul tema del materialismo spirituale,42 cio su quel diffuso

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atteggiamento che considera s, lo spirito diverso dalla materia, ma come se fosse in sostanza una materia di un tipo pi raffinato, da distinguere da quella volgare, come si distingue l oro dal ferro. Ma che cos in realt lo spirito? La domanda piuttosto un altra: che vuol dire essere? Che cosa ? Che cosa non ? Ipotizziamo che la categoria dell essere sia specificatamente intrinseca al concetto di materia. Ammettiamo, cio, l essere della materia. Quando si estende questa intrinsecit all astratto, si riscontrano intuitivamente alcune incertezze: i concetti sono? Nel linguaggio comune non si direbbe che il concetto di sedia , mentre si direbbe senza esitazioni che una sedia . In una ottica filosofica invece la categoria dell essere la pi alta, e contiene per definizione tutte le altre, e quindi da questo punto di vista anche l astratto . Per Platone addirittura il mo ndo delle astrazioni, cio delle idee, l unico a cui si pu dare veramente l attributo di essere, in quanto il mondo materiale viene logorato dal tempo. Questa considerazione fu resa pi specifica da un filosofo indiano del XII secolo, Nagarjuna,43 quando afferm che non si pu dire che il mondo , in quanto diventa continuamente qualcos altro: l acqua evapora, i fiori appassiscono, le persone invecchiano, ecc. Il concetto di essere sembra dunque non coincidere nel pensiero filosofico e nel senso comune, e allora differenziando queste due aree, se in termini filosofici per definizione lo spirito , ci si pu chiedere se questo vale anche per il senso comune. Nagarjuna affermava che il mondo non , ma diventa: analogamente, secoli dopo Heidegger afferma che il problema principale dell umanit non l essere, ma l esistere, cio l essere nel tempo, il divenire, che implica la diversificazione delle scelte, cio la responsabilit dell amministrazione della propria vita. Scelta come ricerca di valore: nel senso comune lo spirito si identifica certamente con il valore. Da questo punto di vista il problema dello spirito si identifica con il problema della scelta responsabile, e se il senso comune ammette questa una scelta, difficilmente potrebbe accettare l affermazione questa scelta . Per sua natura infatti una scelta avviene, in quanto non c era prima di essere fatta, e dopo rimangono solo le conseguenze. Per tutte queste considerazioni si potrebbe allora dire che lo spirito sarebbe collocabile pi ragionevolmente nella categoria dell avvenire che in quella dell essere. comunque estremamente importante farsi questa domanda, perch al termine spirito si danno i significati pi diversi, che, a volte, non sono neanche tanto innocui. Un esempio di quello che produce il non chiedersi che cos lo spirito, appunto la superstizione: si dice che un gatto nero abbia il potere di portare sfortuna. Ma figuriamoci! solo un povero gatto che stato localizzato artificiosamente in un posto che non gli compete, e che viene investito di una trascendenza magica, cio che non richiede spiegazioni. E invece di qualcosa posto l arbitrariamente, cosa dovrebbe allora stare sopra? Quello che vi si trova gi, ovviamente! Se chiamiamo qualcosa superiore questo qualcosa deve essere trovato lass, non messo! Ma sopra dove? Se, per ipotesi, la materia sta sotto, cos e dov il sopra, il meta ta fusika? un campo di indagine in cui la mente si perde facilmente, non ci sono risposte risolutive e le opinioni sono innumerevoli, anche se attribuire lo spirito alla categoria dell accadere invece che a quella dell essere chiarifica in parte il problema. Un aiuto nella ricerca il principio di pregnanza. Il principio di pregnanza afferma, e la matematica insiemistica lo dimostra, che qualunque insieme pi della somma dei suoi elementi,44 cio un qualunque insieme, per esempio una stanza con tutto quello che c dentro, pi della somma dei muri, degli oggetti e delle persone che ci sono.45 Un orologio montato ha gli stessi pezzi dello stesso orologio smontato, e se da una parte abbiamo i pezzi smontati e dall altra parte gli stessi pezzi montati in un orologio, dal punto di vista dell essere esattamente la stessa cosa. Eppure l orologio montato ha qualcosa in pi. Si tratta di qualcosa di difficilmente riconducibile alla categoria di essere. C , ma come un esserci tra virgolette. Si potrebbe dire che c come potenzialit: un orologio montato permette qualcosa che un orologio smontato non permette, e potenzialit implica avvenimento. Quest esserci in realt una qualit attribuibile soprattutto a chi vede e usa l orologio, per esempio per arrivare in tempo, cio per stare negli avvenimenti. L o rologio montato e l orologio smontato sono rimasti allo stesso identico livello di essenza, ma l orologio montato permette che succeda qualcosa che l orologio smontato non potrebbe permettere.

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Il principio di pregnanza fu indicato dagli psicologi della forma con il termine Gestalt, che in tedesco significa appunto forma dotata di senso: vuol dire esattamente l insieme, il quale pi della somma delle componenti. Questo principio implica che un qualunque gruppo di elementi messi insieme formano comunque una Gestalt, pi o meno complessa, cio che ha pi o meno senso, apre pi o meno possibilit. Questo si vede particolarmente bene nell arte. Cosa fa di una poesia una poesia? Le parole? Nel mezzo del cammin di nostra vita: cosa c di bello qui? Sono delle banalissime parole che usate in un altra maniera, nessuno si sognerebbe di dire che siano particolarmente belle. Eppure via via che queste parole vanno avanti, Nel mezzo del cammin di nostra vita, mi ritrovai per una selva oscura, ch la diritta via era smarrita, come se fiorisse un senso, che lascia una forte impressione nella persona che ascolta. nelle parole questo senso, nella persona che ascolta? qualcosa che c , ma dove? Un gatto che ascolta una poesia, si accorge di questo senso? Esiste per lui la poesia? Un extraterrestre che ascoltasse una poesia terrestre, la riconoscerebbe come tale? Difficile dire! In un certo senso la poesia ha il suo valore, ascoltata o non ascoltata. In un altro senso, se la persona che ascolta non capisce, la poesia non ha nessun valore. Nella tradizione buddista si dice che il sole splende comunque al di l delle nubi che noi lo vediamo o no. La luce c , se la vediamo o no non dice niente sull esistenza o meno della luce, solo il nostro vissuto: non vederla non la fa meno luminosa, e nemmeno in realt fa noi pi lontani dalla luce! Ma soggettivamente parlando, se non si vede non si esperisce, e allora non entra a far parte della nostra esistenza. Come dire la poesia l, c , il valore della poesia c , se non si vede non smette di esserci, ma soggettivamente non si attinge a questa fonte, e questo significa non aprire le porte che questo evento potrebbe aprire. chiaro insomma che l essere dello spirito differente da quello della materia: il valore artistico di un quadro in una maniera diversa dal suo lato materiale. La materia qualcosa che sta l, mentre quando si ascolta un pezzo di musica e ci si lascia rapire, questo rapimento non qualcosa che sta l fermo, qualcosa che si muove! Quando ci si lascia incantare da un quadro, anche questo qualcosa che si muove, e allora si potrebbe dire che se la materia , lo spirito invece avviene: cio un avvenimento. Questo d allo spirito una dimensione radicalmente diversa, non convertibile in quella materiale: si pu parlare della bellezza di un quadro, ma questa bellezza rimane dove . Le parole la evocano, ma non la possiedono, le parole sono solo petali che fioriscono dal messaggio della grazia generativa come Heidegger traduce dal giapponese il termine koto ba, lingua.46 Nel pensiero di Heidegger, come nella lingua giapponese, lo spirito intrinsecamente diverso dalla materia, ma non un altro tipo di materia, n qualcosa che prescinde dalla materia: lo spirito strettissimamente connesso alla materia, addirittura non c spirito senza materia, perch lo spirito non nelle cose, , o meglio, accade tra le cose. La bellezza nella poesia non nelle parole, ma accade tra le parole, dipende da come sono relazionate tra loro le parole: il principio di pregnanza dipende infatti dall effetto composizione. La composizione fa esistere qualcosa che, si potrebbe dire metaforicamente, sta pi in alto. Per non altra materia, e non nemmeno energia, e soprattutto, piuttosto che essere, accade. Un quadro non ha nessuna speciale realt energetica misurabile con nessuno strumento, n nemmeno immaginabile che potrebbe averla. Questo un punto centrale: cos come non pu essere misurato quantitativamente, lo spirito non pu essere posseduto, non pu essere capitalizzato. Lo spirito non pu appartenere a una categoria sociale piuttosto che a un altra, ma di chi lo vive, di chi lo sperimenta, di chi lo fa esistere, di chi lo evoca, cio di chiunque! Una volta prodotto qualcosa di buona qualit spirituale, non si ha poi un capitale, non ci si pu mettere a posto per il resto della vita! Da questo punto di vista comunque lo spirito per ognuno una realt inevitabile, l esistere stesso nella quotidianit. Se l insieme delle parti di un quadro fa l opera d arte, le varie componenti di un essere umano coese nell unit dell insieme fanno dell essere umano qualcosa di pi del suo essere biologico. Da questo punto di vista non c bisogno di nessun intervento divino, di nessun deus ex machina per capire che un essere umano pi della sua realt biologica, perch matematicamente parlando deve per forza essere di pi:

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semplicemente non pu non esserlo. In realt tutto necessariamente si trascende: con un olismo integrale Pessoa diceva che anche Dio trascende se stesso.47 Quelle scuole di psicoterapia che si dicono olistiche (da oloj = intero),48 non smontano la persona nelle sue componenti per curarla, ma cercano di condurre la terapia guardandola nell insieme: ritengono che non si tratti di trovare il pezzo rotto ma di riconoscere l insieme della persona, e di relazionarsi con quello. Ogni persona un universo, ogni persona qualcosa di completamente differente: ma dove? Siamo sempre l, non in senso materiale, tra virgolette, e questo nella nostra esperienza solo se si riesce a vederla. Se non si riesce a vederla, ugualmente, ma come per esempio una bella musica non comprensibile. C molto attrito nel mondo della psicologia fra gli approcci olistici e quelli analitici. Gli psicologi olistici sostengono che scomponendo l intero in parti, la persona non esiste pi: come si fa ad interagire con essa, se non c pi? E se non si interagisce con la persona, si stanno solo facendo riparazioni meccaniche che non interessano l insieme: chi va in psicoterapia, non ha il problema di lubrificare un articolazione perch non gira, ha difficolt riguardo all insieme della sua persona, alla sua anima, per cos dire. Ora, se lo spirito accade tra persone e cose, questo significa tra l altro che la parola spirito, ha di per s una valenza neutra, cio non direttamente identificabile con buono! Anche durante un omicidio succede qualcosa fra le persone, ma non proprio quel che si pu dire qualcosa di apprezzabile. Considerare spirito tutto ci che ha attinenza con la relazione e misura dello spirito il valore, il punto di vista che Kierkegaard introdusse nel mondo del pensiero. Misurate, metaforicamente parlando, sul metro dell etica, le relazioni possono essere di nessun valore, di valore positivo, di valore negativo, e tutto quello che si pu immaginare di intermedio. La relazione misurabile eticamente: lo spirituale per Kierkegaard appunto ci che ha a che fare con il valore. L identificazione dello spirito nella relazione riconoscibile nella tradizione cristiana della Trinit: Padre Figlio e Spirito Santo. Il dogma della Trinit afferma che Dio il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, tutti e tre insieme. La psicologia contemporanea si avvicina sempre pi all idea che la parola io, la parola tu, la parola relazione siano delle astrazioni: non esiste tu, non esiste io, non esiste relazione, come entit separate, posso dire io solo nella misura in cui sono in relazione con qualcosa o qualcuno. Io un astrazione, e un labirinto in cui ci si perde: quando si cerca l io nella sua essenza non si trova niente, appunto perch non c niente! Io non esiste, se non in relazione a tu. Dal punto di vista psicologico questa affermazione implica che l essere umano esiste, o funziona, o si realizza come tale, attraverso un qualche tipo di dialogo, che sia con l altro o anche con se stesso. Anche quello con se stessi un dialogo: c un io e un altro io (quindi un io e un tu), tra cui avvengono scambi. Una dialettizzazione dell uno in due parti in relazione tra loro, che opportunit di conoscenza e di cambiamento: a parte il piano filosofico infatti, questa dialettizzazione strumento pratico nella psicoterapia di taglio esistenzialista, in cui ognuno deve prendersi cura personalmente della sua vita e farne qualcosa che ha senso. Non solo si pu procedere dalle parti all insieme, ma funziona anche all inverso: ogni parte in realt un insieme di parti a colloquio, e si pu scendere dall insieme alle sue componenti, scoprendone le caratteristiche e le qualit e risalendo successivamente a insiemi pi fluidi. Da questo punto di vista il mondo appare come una rete di interazioni fra poli, che interagendo tra loro costruiscono sintesi. Sul piano psichico l interazione tra i poli ha un tipo di esistenza diversa da quella della materia, ma l elemento movimento comunque centrale. La sintesi in movimento, non statica, e questo indica cosa c da guardare, e anche in che maniera guardare. E per quanto riguarda le sintesi, come guardare fondamentale. Negli esercizi di meditazione si dice che la fiamma della candela va guardata con una attenzione n troppo tesa n troppo lenta,49 come si accorda uno strumento: bisogna tenere uno sguardo accordato. Accordato non una posizione estrema, e questo pu sembrare un vantaggio perch in teoria le cose estreme sono pi difficili. Ma per l animo umano gli estremi sono i punti pi facili da raggiungere: negli estremi ci si lascia semplicemente cadere. Non cadere negli estremi come rimanere in bilico su di una lama di coltello: per non cadere occorre stare svegli.

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Nella tradizione cristiana c il termine svegliarsi per far capire in che modo bisogna guardare per percepire la dimensione spirituale: Cristo disse infatti metanoeite che fu tradotto con: Svegliatevi!50 Bisogna guardare come quando si svegli per vedere ci che trascende le parti. Il problema , insomma, come fare a vedere ci che emana da un quadro, e che pi della somma dei suoi componenti. Per insegnare a dipingere bisogna far vedere quadri, evocarne la bellezza e aiutare la persona a riconoscere la sua stessa esperienza. A forza di guardare tanti quadri, belli e brutti, improvvisamente prende forma la percezione del di pi. Si dice che San Paolo fu folgorato a Damasco: improvvisamente vide quello che c di pi, un insieme cos grande che lo chiam Dio. Nella psicologia l improvvisa visione dell insieme si chiama insight: capita che si guardi a lungo, con pazienza, o magari a volte distrattamente, e poi improvvisamente si rimane folgorati dalla visione. come se a un certo punto si cadesse nell esperienza, si aprissero gli occhi e si ricevesse qualcosa. La descrizione tradizionale del contatto con la trascendenza di qualcosa che viene incontro: il messaggero l angelo, e l angelo necessario, come dice Cacciari.51 Senza essere una voce di tradizione religiosa, in qualit di filosofo, cio di scienziato del pensiero, Cacciari riconosce la necessit dell angelo: la percezione della trascendenza non dipende da un processo di ricerca, ma ha connotazioni di imprevedibile avvento. come se in un territorio banale, quotidiano, giungesse improvvisamente una scintilla, come se improvvisamente si rivelasse qualcosa di altro genere, di altro livello. Hlderlin, uno dei maggiori poeti tedeschi, diceva che gli Dei vanno incontro agli uomini quando questi li chiamano con il loro canto.52 Hlderlin era anche un grande pensatore, e un valente oppositore di Hegel rispetto al senso della parola: chiamare il trascendente spetta per lui alla parola- azione, la parola viva e creativa, la parola poetica insomma, e non alla parola- concetto, all astrazione. Se non si pu raggiungere con i processi deduttivi, c comunque qualcosa che pu essere fatto volontariamente per avvicinarsi all insieme che trascende le parti, qualcosa che si potrebbe metaforicamente chiamare rivolgere lo sguardo verso l alto. Non si tratta per del sublime che schiaccia il volgare: lo spirito qualcosa che accade appunto fra la materia. Materia e spirito sono figli della stessa madre: nella tradizione buddista Nirvana e Samsara, sono entrambi figli della stessa illusione. Perch infatti soccorrere un bambino in difficolt certamente un opera buona? Anche un bambino materia. Soffre? Il dolore semplicemente uno strumento biologico per la sopravvivenza. evidente che non si tratta solo di soccorrere il bambino materiale, ma anche il suo spirito, che necessariamente accompagna le peripezie della materia: per soccorrerlo davvero bisogna guardare al bambino come tale, cio come trascendente se stesso, bisogna insomma vederlo come una persona e non come un oggetto. Rivolgere lo sguardo verso l alto significa guardare verso l insieme, verso la persona che e non verso il bambolotto, che non di rado un bambino rappresenta per gli adulti, atto a elicitare le peggiori istanze narcisistiche. Sembra abbastanza evidente dunque che spirito e materia non siano due cose separate, anche se sono due cose diverse: questa separazione solo un illusione, ma una illusione utile a un cammino. Non dato chiedere perch questo cammino:53 l essere in s della realt non indagabile, almeno non dal punto di vista esistenzialista.54 Per un pensiero psicologico per molto importante rendersi conto che l incontro con l altro non avviene a prescindere da s n a prescindere dall altro, e nemmeno a prescindere dalla relazione. L incontro con l altro un avvenimento che per un momento sposta l asse della realt: per un momento si d qualcosa che ha davvero qualcosa di divino. Buber, il teologo ebreo che ha descritto un cammino esperenziale alla trascendenza, diceva che Dio si trova nell incontro con l altro.55 Quando io e tu entrano in contatto, secondo Buber si produce una grandissima energia che fonde quello che c intorno, un esplosione capace cio di fondere la barriera che separa le persone dal mondo.56 Da questo punto di vista il miglioramento della qualit della vita57 di una persona non consiste allora solo nella recessione dei sintomi, ma nell incremento della vita spirituale, nell accorgersi appunto di quello che succede, fra s e gli altri, fra s e s, fra s e i fiori, fra s e le cose... tutti i fra che possono venire in mente. Il problema che la vita spirituale non proviene semplicemente dalla sanit fisica e psichica delle persone. vero che nasce spontaneamente qua e l, come le polle d acqua: ma fra qualche sorgente e una terra irrigata la differenza una grande quantit di lavoro! Le grandi civilt del passato hanno lavorato tantissimo per trasformare

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il mondo in un luogo fertile. Come il sole, lo spirito esiste comunque al di l dalle nuvole; le poesie esistono al di l degli effetti che fanno sulle persone, ma se le persone non trovano un supporto culturale per la trascendenza da sole ci riescono male, o comunque peggio di quello che potrebbero. evidente l importanza delle scuole: tutte le tradizioni spirituali hanno sempre affermato l importanza di una guida nel cammino. Per guida si intendono cose diverse in tradizioni diverse. In quella indiana per esempio la guida una e unica, il guru, che totalizza l a nima del discepolo. Nel tantrismo tibetano i maestri sono invece svariati, come anche nella tradizione sufi, mentre in quella cristiana molto variabile. La guida ha a che fare con l iniziazione, cio con tutto ci che esperienziale: una attivit altamente iniziatica per fare un esempio la falegnameria: studiando sui libri non si riuscirebbe mai a fare il falegname, perch l effetto che fa un utensile sul legno nessun manuale lo pu far capire. La pratica in un laboratorio di falegnameria insegna quello che nessun testo potrebbe insegnare: appunto quello che si chiama una iniziazione. Ugualmente si pu dire dell esperienza psicoterapeutica: non si pu fare psicoterapia studiandola astrattamente sui libri, ci vuole la guida di un terapeuta, bisogna essere iniziati ai processi di trasformazione per riuscire a orizzontarsi in essi in tempi utili, tempi cio compatibili con la brevit della vita umana. La funzione della guida appare ancora pi chiara dentro la metafora dell alchimia.58 Tutto il processo alchemico si risolve in una formula semplicissima, solve et coagula: gli alchimisti cercavano di scoprire il segreto della materia osservando i processi di trasformazione che avvengono mettendo due sostanze differenti in un crogiolo, scaldandole fino a farle fondere (solve), e poi lasciandole raffreddare (coagula). Poi mettevano un altro ingrediente, facevano dissolvere e lasciavano di nuovo coagulare osservando attentamente tutti i cambiamenti, di colore, di forma, ebollizioni, evaporazioni, eccetera.59 Ora, il processo del solve et coagula ha bisogno del crogiolo: senza un contenitore non si pu solvere niente, o comunque quello che eventualmente si dissolve cade in terra e si perde. Una pentola sembra una cosa irrilevante, non fa parte del processo, non si scioglie insieme al suo contenuto: ma pur essendo estranea al processo, indispensabile perch il processo avvenga. E poich nel contatto l io si dissolve, se non ci fosse un contenitore in cui ricoagularsi sarebbe pi facile perdere la via. Ci vuole un contenitore che permetta alla persona di dissolversi e poi potersi ricoagulare dentro: questo contenitore la guida. Il compito della guida l iniziazione: accompagna il processo commentando s, s, ah certo ora ti senti malissimo per esempio s, s, proprio cos che succede! Una spossatezza terribile! S, s, va bene cos puoi continuare. E l allievo rassicurato persegue il suo cammino senza interrompere il processo in corso. Se non ha un contenitore in cui depositarsi, quando il corpo dice pericolo, terreno sconosciuto! si spaventa, si ferma, torna indietro. Attraverso l iniziazione, cio l accompagnamento all esperienza, la guida permette alla persona di sperimentare dissolvimenti profondi senza il rischio di perdersi, vivendo il mistero dell evoluzione psichica, che consiste in un passaggio continuo dalla chiarezza alla confusione e poi a una nuova chiarezza.60 Prima c era chiarezza, poi tutto si confonde nella testa, eppure si la stessa persona: un fenomeno che chiunque abbia vissuto un processo di sviluppo psichico conosce benissimo. Dopo uguale a prima, eppure molto differente. Chi ha tentato di mappare le proprie esperienze analitiche, ha incontrato spesso una difficolt estrema di spiegare cosa successo, e quando ha cercato poi di dimostrare il cambiamento, tutto sembrava dimostrare che non era cambiato affatto. Eppure la persona sa bene di essere cambiata. Ma cosa cambiato? Molte persone raccontano questa esperienza, questo mistero della trasformazione che non trasforma, di quello che c anche se non si vede, e quando si vede ci si accorge che sempre stato l e che lo si era sempre visto e allo stesso tempo non lo si era visto: il paradosso su cui si muove ogni esperienza psichica profonda, a cui gli esseri umani reagiscono spesso con la reificazione, trasformando cio in cose i processi, che, come tali, non si possono possedere. Nella pratica psicoterapeutica la tendenza a reificare l esperienza un tema costante: c sempre la tentazione di vedere il problema invece della persona. Me se non si vede la persona, si possono chiudere i battenti: un problema un oggetto che per quanto si tiri, si allunghi e si accorci, continua a esistere proprio perch reificazione di una esperienza. Il fatto che guardando il problema non si vede la persona, cosi come spesso la persona non vede s stessa. Guardare la persona richiede uno sforzo notevole, perch la mente alquanto

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stupida: cerca gli oggetti e ci si ipnotizza sopra. La persona sta su un livello differente: guardarla implica esserci in relazione, accorgendosi dell effetto che fa quello che si percepisce. come salire in bicicletta e pedalare, invece di stare fermi a terra. L animo umano, che amministra la sopravvivenza dell organismo, oculato come ogni amministratore, vuole sempre mettere le mani su cose, e se gli si d anche la minima occasione ci si butta a capofitto: per guardarsi dal materialismo spirituale non bisogna concedere niente a questa tentazione continuamente presente, perch l anima, se si convince che un oggetto ha valenze spirituali, si aggrappa a quest idea e diventa superstiziosa. Questo significa che lo spirito non si manifesta semplicemente perch una persona spirituale: lo spirito va continuamente coltivato. Bisogna rendersi conto di come si amministra la propria vita, verificare se ne siamo soddisfatti e assumersene la responsabilit. Insomma, la vita spirituale si pu immaginare metaforicamente come un giardinaggio: si tratta di annaffiare, potare, concimare, imparare tante cose pratiche, darsi da fare per ottenere cose buone. Le cose buone non sono come gioielli preziosi che stanno dentro una teca: sono un attivit, che finisce nel momento in cui si smette di farla. Questo ridefinisce la vita in una visione di continuo operare, e di un operare che ha un senso, un valore, positivo o negativo: come se non ci fossero tempi morti, in ogni momento ognuno sta facendo qualcosa, sta coltivando il proprio giardino. una coltivazione tutt altro che facile, che esposta a tutte le intemperie prevedibili e imprevedibili del mondo. Le vie dello spirito sono cammini difficili, dove si cede facilissimamente alla tentazione dell illusione: una delle tentazioni pi forti l orgoglio, credere di essere speciali, di stare facendo qualcosa di speciale, di essere arrivati in alto, ecc. Questa solo una delle tante tentazioni: la pi classica nella tradizione cristiana, visto che qui Lucifero era l angelo della luce, e si piaciuto tanto da cadere in fondo al baratro. Un punto di vista possibile non dedicarsi al giardinaggio delle proprie opere e parole quotidiane per fare concorsi di roseti, ma per arrangiarsi un giardino dove vivere la propria vita: se il giardino sar brutto, la persona passer la vita in un posto brutto, se sar una meraviglia passer la vita in un posto meraviglioso. 1 e. Eros e spiritualit Freud teorizz l esistenza di un energia alla base della vita psichica, e la chiam libido. Ne teorizz anche un economia, affermando che quando questa energia si dirige sul mondo esterno si tratta di un investimento energetico vitale, l Eros, mentre quando si dirige su se stessi, sull importanza personale, produce patologia, e chiam questo narcisismo. Reich pensava che l investimento sul potere fosse inversamente proporzionale all investimento erotico: se una persona non investe nell Eros, finisce per investire nel potere, da cui il famoso slogan fate l amore non fate la guerra. Ora, il lato della vita per un certo verso meno problematico per l umanit quello materiale: nel senso che ci sono certamente molte difficolt legate alla povert, come mangiare, rimanere in buona salute, ecc., per i paesi non mancherebbero veramente di risorse, e sono impoveriti soprattutto dalle loro amministrazioni politiche. La povert dipende dalle enormi spese che il desiderio di prestigio, di potere comporta piuttosto che dal fatto che qualcuno mangi dodici polli al giorno invece di uno. Prestigio e potere molto relativamente servono per sopravvivere, e hanno piuttosto a che fare con il narcisismo: se una persona non investe eroticamente, la vita diventa insipida, e allora comincia a investire in altro modo. Una bella guerra, una scalata al potere, il successo sociale, non presentano granch di erotico, ma tensione ne hanno sempre tanta, perch anche il narcisismo, come l Eros, una tensione. La tensione una differenza di potenziale sia nel mondo psichico come in quello fisico. La corrente elettrica, per esempio, paragonabile a una cascata: c un filo che parte dalla centrale, si snoda sul territorio e poi torna alla centrale, e la corrente cade da un capo all altro del filo. A seconda di quanto grande questa differenza (che si chiama appunto di potenziale), si ha una corrente debole, forte, fortissima. Differenza di potenziale quella che c tra la cima e il fondo di una pista da sci: questa differenza di potenziale, questa tensione, che permette allo

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sciatore di sciare e di divertirsi. Tensione energia: sul piano psichico il termine energia ha evidentemente un senso metaforico, perch malgrado i molti tentativi fatti, nessuno stato in grado di dimostrare l esistenza di una specifica energia psichica, cio di qualcosa di misurabile oggettivamente.61 Essendo d altra parte comune a ognuno l esperienza di avere pi o meno energia, si finisce per usare senza virgolette questo termine per indicare un fenomeno esistenzialmente fondamentale, che Reich descriveva come l alternarsi di carica e scarica dell impulso. In genere le tensioni sono considerate sgradevoli, e le persone fanno del loro meglio per liberarsene il prima possibile. Cos facendo si liberano il prima possibile anche dell Eros, e allora i rapporti diventano piatti, la vita diventa piatta: senza tensione difficile tenere vivo il rapporto con un altra persona. Il rapporto vivo se ci si interessa di quello che l altro fa e dice. Quando si innamorati di qualcuno, per esempio, qualunque cosa l altro dica sembra la settima meraviglia del mondo: si ascoltano con aria rapita parole che sarebbero probabilmente considerate banali in altre situazioni. un miracolo riuscire ad essere cos interessati, e questo miracolo appunto l Eros. Se la tensione un fenomeno biologico, la direzione della tensione, la sua meta, per Freud ha una certa varabilit:62 non solo si pu investire eroticamente nel mondo esterno o regredire investendo narcisisticamente in se stessi, ma l investimento sul mondo esterno pu essere diretto sulle mete biologiche degli istinti, o sublimato, cio indirizzato verso mete che le trascendono, mete quindi spirituali.63 Freud, che era un materialista convinto e senza tentennamenti, riconosceva per l esistenza dello spirito: l arte, la scienza e vari altri fenomeni sono evidentemente qualcosa di diverso dal mondo materiale. Avendo una visione evoluzionista del mondo, elabor l idea di uno sviluppo dell investimento psichico dal piano materiale a uno pi alto: un raffinamento attraverso lo spostamento degli investimenti energetici da oggetti direttamente naturali, a oggetti, per cos dire, meno ovvi. Pens che lo spirito fosse lo spostamento dell investimento degli istinti dagli oggetti biologicamente destinati, al mondo della convivenza umana e della cultura, fenomeno che chiam sublimazione e a cui si riferiva pessimisticamente con l espressione disagio della civilt.64 Deriv il concetto di sublimazione dalla fisica: infatti si chiama cos il passaggio diretto della materia dallo stato solido a quello gassoso senza passare dalla fase liquida, come per esempio un pezzo di legno che brucia e appunto non si scioglie prima di andare in fumo. Questa immagine sembr a Freud particolarmente adatta a metaforizzare il passaggio dal piano materiale a un piano spirituale:65 quando ci si sposta sulle mete sublimate, si costituisce infatti un vero e proprio mondo con una sua coerenza interna, che a buon diritto pu essere considerato piano di realt a se stante, con le sue specifiche difficolt e i suoi specifici cammini. Freud introdusse anche l opinione che lo spirito facesse parte della vita di ognuno in una maniera pi concreta di quella che le tradizioni religiose propongono: queste affidano fondamentalmente l avventura spirituale, cio il cammino nel piano spirituale, alla fede, cio al rapporto con qualcosa che non si sperimenta, mentre la psicanalisi la riporta alla vita di tutti i giorni, e vede lo svegliarsi della creativit come segno di guarigione. Nelle scuole di psicoterapia a orientamento umanista, lo spirito diventato uno sfondo fondamentale della ricerca: qui il principale target della terapia aiutare le persone a diventare in grado di fare una vita spirituale, vista appunto come il luogo di una vita interessante, mentre il disturbo psichico qualcosa che impedisce alle persone di trovare uno sbocco dentro il grande mare dello spirito. Vanno in questa direzione le psicoterapie a carattere fenomenologico- esistenziale, che si appoggiano, cio, sul pensiero esistenzialista, da Kierkegaard66 a Heidegger,67 dove l esperienza centrale e dove il target non diventare sani, ma trovare il modo di fare della propria vita qualcosa di interessante: all interno delle psicoterapie a carattere fenomenologico esistenziale l asse dell attenzione si sposta nella direzione della qualit dell esperienza, cio del valore, categoria specifica del trascendente. Il grande spartiacque tra queste psicoterapie e quelle freudiane il fondamento epistemologico. Secondo il modello fisicalista, utilizzato da Freud (energia, investimento, sublimazione), un oggetto, per esempio una sedia, solo apparentemente quel che sembra, mentre in realt un aggregato di atomi: la verit nascosta dalle apparenze, e la scienza la svela. Questo permette e rende necessario un approccio interpretativo: sembra che questa sia una sedia, ma in realt un aggregato di atomi, e se non ci si rende conto di questo le interazioni con la sedia non potranno che essere superficiali. Oppure, a qualcuno pu sembrare che l altro sia, per esempio,

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Giuseppe, ma in realt una proiezione paterna: per chi non lo capisce, la relazione con Giuseppe destinata a lasciare spazio ai peggiori fraintendimenti. Dal momento che la realt non ci che sembra essere, l interpretazione diventa un miglioramento necessario del rapporto con la realt.68 L approccio freudiano si fonda sull idea che ci che noi viviamo una apparenza che cela realt pi profonde: interpretare questa apparenza fino allo svelamento della verit cambia il nostro rapporto col mondo, lo rende pi vero, pi umano, pi interessante. Nell ottica fenomenologico esistenziale, invece, fondamentale il fenomeno: la sedia sar pure un aggregato d atomi, per anche la sedia che io vedo, ed con questa sedia che mi devo relazionare. Da questo punto di vista, se, per esempio, sento dolore, non importa quale verit ci sia sotto questo dolore: anche se fosse a causa di una mia proiezione, il dolore che sento lo devo gestire in qualche modo. La realt insomma pu rimanere in s sconosciuta, ma ci da cui non posso prescindere l amministrazione della mia vita. Qui l approccio interpretativo non trova appigli: se ci che sento quello che , interpretarlo non serve a niente, sposta solo la mia attenzione da un altra parte e quello che c rimane l come un sasso. L unico strumento di elaborazione possibile lo sviluppo dell esperienza: sentivo male, non sento pi male: qualcosa cambiato. Non ci sono mete oggettivamente sane o patologiche: la scelta responsabile della direzione e i cambiamenti nell esperienza sono l unica elaborazione permessa da questo tipo di approccio. Per sviluppare l esperienza bisogna sperimentare, bisogna sentire, e allora qui si torna al tema dell Eros: la chiave che apre l esperienza l Eros, piuttosto che la sconfitta dell illusione. Non mi riferisco con questo termine a una teoria dell energia come quella freudiana, ma a un fenomeno conosciuto fin dagli albori del mondo e cos chiamato nella tradizione classica. Eros un fenomeno con mille facce, mille implicazioni, in sostanza il piacere di sentire: la vita tanto pi piacevole, vera, soddisfacente, umana, quanto pi c Eros, e tanto pi la vita diventa grigia, asfaltata, insensata e insignificante quanto meno Eros c , che in termini clinici poi quello che si chiama depressione. Nell esperienza situato il punto di passaggio tra la depressione e l interesse alla vita: l interesse, per qualunque cosa sia, una persona, un gatto, lo scrivere, l esperienza in s, le mete che Freud chiamava sublimate, ha comunque connotazioni erotiche. L Eros il ponte per qualunque meta: il mondo, nell approccio fenomenologico esistenziale, inarrivabile senza l Eros. Per poterci avere a che fare bisogna prima percepirlo, e per prendersi la briga di ascoltare le proprie sensazioni, se non sono dolorose allora devono in qualche modo essere piacevoli. Sentire pi semplice di quanto sembri: la parola sentire si riferisce solo ad emozioni e sensazioni. Alla domanda cosa senti non si pu, quindi, rispondere sento che: questo equivale a dire penso. Le emozioni hanno nomi, e anche certe sensazioni li hanno, anche se la maggior parte invece no: ci che non ha nome si esprime attraverso metafore, sento come se. Parlare attraverso metafore non facile: significa, praticamente, parlare in modo poetico, e il parlare poetico socialmente mal visto. considerato un comportamento strano, se non addirittura folle, e non pi permesso dal costume: non era cos in altri tempi, ma oggi si parla sopratutto per scambiare informazioni. Ora, la sensorialit dell esperienza legata, in un certo senso, a una fisiologia dell energia: le funzioni psichiche sono in effetti percettibili sensorialmente come correnti energetiche che vanno in giro per il corpo e si espandono o si bloccano qua e l. Le tradizioni orientali conoscono benissimo questa rappresentazione dell energia e hanno mappe dei percorsi (meridiani e paralleli) e sistemi di cura basati su queste. L agopuntura, per esempio, mette aghi dove meridiani e paralleli si incontrano per ristabilire equilibri energetici, che sono percettibili a livello di sensazioni corporee. Anche lo Shiatzu adopera le stesse mappe. Lo yoga poi un antesignano della psicosomatica: la parola ha in sanscrito la stessa radice di yugum, qualcosa che lega insieme, e lo yoga infatti una disciplina che lega il lato fisico e quello psichico. Si potrebbe dire che un lavoro sul piano psichico che avviene attraverso il corpo, posizione, respirazione ecc., e che si orienta attraverso le sensazioni. Se si vuole infatti che lo yoga funzioni, bisogna ascoltare nella propria esperienza corporea ci che succede durante la pratica: come uno scorrere di fiumi interni, i flussi dell energia appunto delle varie funzioni psichiche, che si diramano da punti centrali, i chakra,69 situati lungo un canale che attraversa tutto il corpo. Nella tradizione tantrica questi chakra possono stare aperti o chiusi: se una persona ha un chakra chiuso, la funzione relativa risulta inibita. Ad esempio una persona con il chakra del cuore chiuso ha difficolt ad amare, e non sono parole vuote, l esperienza clinica lo conferma ampiamente; non vuol dire che diventato cattivo, o che

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non vuole pi bene a nessuno, ma che dell amore non ha una esperienza sensoriale. La sensazione di amare la cosa pi piacevole del mondo, una grande fonte di piacere e di allegria: senza questa sensazione, amare diventa invece spesso un sacrificio. Se una persona ha il chakra del cuore aperto, anche se nella situazione pi terribile, ascoltando la sensazione dello scorrere di questa energia pu avere fiducia che l interesse per il mondo torner, e che potr sorridere di nuovo.70 La cura, insomma, dei propri chakra, dei propri fuochi interni, fortemente consigliabile, perch senza queste fiammelle interne i deserti della vita sono difficili da attraversare. Naturalmente anche l esperienza figlia della Maja, dell illusione.71 Ma che sia illusoria non vuol dire che non esista: il senso del mondo, per quanto sia una verit relativa, il piano di verit pi importante per chi vivo e non c da cercare qualcosa sotto, come non c da cercare sotto il sapore di una buonissima torta. Anche se il mondo dello spirito descritto in modi diversi dalle varie tradizioni religiose, costante l atteggiamento di considerare illusoria la realt e impermanenti le cose del mondo, e cio di cercare qualcosa di pi consistente. In genere, con questo non si intende che siano illusori gli atomi: se un mattone in testa non un illusione, lo invece l interesse per il mondo. Il fatto, per esempio, che avere tanti soldi sia importante un illusione: l investimento psichico, infatti, a rendere interessante la cosa, l attribuirgli insomma importanza. Questa attribuizione non oggettiva, come si vede bene dal fatto che persone diverse investono diversamente il loro interesse: legata comunque a un architettura di investimenti precedenti, che piano piano costituiscono le fondamenta della situazione presente. Nei cammini spirituali la libert consiste nell aprire gli occhi e abbandonare l illusione dell importanza di arrampicarsi per le scale della vita, ossia rendersi conto che l investimento e l oggetto sono due cose distinte: a un certo momento l oggetto si pu lasciar andare, e la libert si ottiene salvando l investimento e riuscendo a portarlo in direzione di qualcosa di pi interessante della meta biologica. Quando l investimento psichico si sposta almeno un po' dalle sue mete biologiche, si scorge in trasparenza l illusoriet del mondo che percepiamo. un processo molto diverso dall interpretazione: non si cerca una verit concettuale pi vera sotto quella apparente. Riconoscere l illusoriet del mondo significa smettere di rimanere aggrappati ai propri desideri e usare la vita per scopi meno ineluttabili, sfuggendo in questo modo alla morsa del destino, che natura e carattere infliggono agli esseri viventi.72 Almeno ufficialmente, la tradizione cristiana invita a smettere di accumulare soldi, potere e cose materiali, e occuparsi, invece, dell amore per tutte le creature, perch questa l unica cosa veramente importante, e l unica che non sia un investimento su un oggetto pi o meno fantasmatico. Nella tradizione Ind si trova un concetto particolarmente interessante, la gioia senza oggetto. In questa visione la gioia che dipende da un oggetto troppo impermanente, perch se va via l oggetto va via anche la gioia: l unica gioia fidevole quella senza oggetto. Non dissimile nell approccio cristiano: staccarsi dall oggetto e rimanere con l esperienza. La libert l autonomia dell energia psichica che l oggetto ha permesso di trasformare in esperienza: se invece l oggetto perde il suo posto di semplice tramite e viene preso sul serio, diventa una trappola. Un vecchio detto definisce l ignorante come colui cui indichi la luna e ti guarda il dito. E l esperienza fondamentalmente presenza, coscienza, amore. Senza il supporto di oggetti, comunque, difficile procedere, e si rischia facilmente di incorrere in stati depressivi. Ma Eros una forza che d senso e piacere, e se si riesce a coltivarlo abbastanza si pu andare in giro senza investimenti rigidamente vincolanti, perch comunque l esperire in s erotico, l esperienza della vita piacevole.73 L Eros il viatico fondamentale per lo spirito: lo spirito per sua natura un po'"freddo e se non si portano provviste di calore da casa, si rischiano bruttissimi raffreddori. Il freddo la mancanza della gratificazione nelle mete pulsionali, biologiche. Molta gente torna indietro dal cammino per mancanza di calore, e finisce per considerare sufficienti le periferie dello spirito, per esempio la vuota ripetizione di rituali. Nella tradizione buddista si dice che la meditazione ha sapore di th, volendo dire che il cammino spirituale che si fa attraverso la meditazione ha poco sapore, come il the. Chi si aspetta corni, trombe e fanfare rimane deluso: non niente del genere, meditando succede qualcosa che ha un profumo appena percettibile. Le persone che non sopportano ci, spesso si inventano trombe e tamburi che non ci sono: ma, come si sa, l inferno che caldo, i

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diavoli fanno rumore e c un gran movimento. La via della trascendenza ha bisogno di un accompagnamento amoroso: necessario farsi accompagnare da qualcuno che si ama. Come racconta Dante, per amore di qualcuno che si traversano certi territori, ed questo amore che scalda il cammino: nella tradizione psicoterapeutica ci che si chiama il transfert. La psicoterapia interviene sulla vita delle persone, che arrivano con automatismi comportamentali disfunzionali ai propri bisogni. Questi automatismi si strutturano precocemente per la sopravvivenza e poi funzionano da soli, come il pilota automatico che tiene la direzione dell aereo senza l intervento del pilota. Quando un automatismo si innesca, non si pi in grado di disattivarlo, non si sa pi neanche come ha fatto a mettersi in moto. Il comportamento automatico nascosto da una serie di veli emozionali, come paura, rabbia, sospetto, dolore, ecc., e se anche si riesce a passare un primo strato ce ne sono poi altri che impediscono la vista: dato che servono a sopravvivere, gli automatismi sono, infatti, ben protetti dalle intromissioni della coscienza. Per ragioni biologiche bisogna, del resto, che il bambino in base a poche prove strutturi una reazione a cui affidarsi: se batte una volta la testa nel muro, organizza subito un automatismo per evitare di batterla ancora. Se la dovesse battere tante volte per capire, attraverso una statistica affidabile, se i muri sono davvero pi duri della testa, la sua testa si romperebbe prima. Bisogna imparare rapidamente per sopravvivere, e spesso cos si imparano anche sciocchezze. Si mangia una mela acerba e poi per una vita si continua a credere che le mele siano cattive: se si provasse un altra volta... ma ci sono tutti gli automatismi che affermano irrevocabilmente: no, la mela cattiva! Per la sopravvivenza importante che se un cibo stato cattivo una volta, automaticamente non si riprovi a mangiarlo, ed molto importante che questi automatismi siano solidi, perch se si sfuggiti ad un avvelenamento la prima volta, non detto che vada bene una seconda volta. In una terapia a orientamento esistenziale l intervento consiste soprattutto nell aprire strade per nuovi tentativi: per convincere una persona a fare nuovi tentativi ci vuole qualcosa che pesi veramente sulla bilancia. Ora, nell esperienza umana pesano fondamentalmente due cose, il bastone e la carota: l esperienza dice che le carote pesano pi del bastone, quindi la migliore possibilit di aprire la strada ad alternative esperienziali l Eros, cio coinvolgere la persona nell eroticit dell esperienza. La difficolt pratica mantenere un limite tra Eros e sesso nei rapporti in cui non c posto per quest ultimo: sembra un problema, ma lo meno di quello che sembra, perch si tratta semplicemente di quello che tutti i genitori fanno, o dovrebbero fare, con i figli: il rapporto con i figli infatti, senza essere sessuale, e deve essere erotico.74 Le barriere generazionali infatti devono separare da sesso e competizione, non dall Eros: purtroppo gli esseri umani hanno spesso difficolt a separare Eros e sesso, e per paura di sconfinare pulsionalmente tengono i figli lontani, con conseguenze pi o meno disastrose. L Eros comunque l unico ponte con cui in pratica si riesce ad operare cambiamenti sul piano esperienziale: nessuno abbandona i propri automatismi senza un offerta alternativa abbastanza interessante da far correre il rischio di provarci un altra volta. Questo vale anche per i cammini dello spirito, che richiedono molto coraggio e capacit di fare esperienza. 1 f. Il problema del passato nell ottica fenomenologico- esistenziale Il passato sembra essere qualcosa di oggettivo, un dato di fatto indiscutibile, ma in realt ai fini della psicoterapia ci sono almeno due modelli distinti a cui far riferimento per interpretare l influenza che esercita sul presente: un modello sostiene che il passato influenza deterministicamente i fenomeni del presente: una corrente di pensiero molto diffusa, dove le cause degli eventi si ricercano nel passato. Se un paziente, per esempio, soffre di colite spastica, si cercano cause in fatti del passato per concludere, magari, che il sintorno deriva da certi interventi educativi del padre: in questa maniera si stabiliscono connessioni rigide e biunivoche fra causa ed effetto, e fra passato e presente. Questa impostazione comune nel panorama della psicologia attuale, forse proprio per la sua semplicit: nata in tempi lontani, prima che la complessit, l astro nascente di questa disciplina, si affacciasse all orizzonte. comunque troppo semplicistica per spiegare i fenomeni della mente e del comportamento:75 il passato non pu essere una determinante meccanica del presente, se non vogliamo vedere la vita come un prodotto dell accidente

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e del fato. Questo non vuol dire che il passato non abbia ripercussioni sul presente, significa solo che queste sono mediate dalle scelte della persona. L altro modello di pensiero radicalmente diverso. Non sono i fatti storici che determinano i fenomeni della mente, ma in un certo senso il contrario. Se, per esempio, si considera come dato che il modo di reagire della persona dipende anche dal suo carattere, in funzione di questo gli eventi storici producono determinati effetti e non altri. Se, mettiamo, un soggetto irascibile, finch non prende le distanze dal suo carattere reagisce a qualunque evento frustrante con rabbia: non solo l evento in s che causa la rabbia, ma il modo di collocarlo nel proprio panorama interiore. La storia permette cio alle nostre potenzialit di prendere forma. In altre parole, non importante quello che ci accade, ma quello che ne facciamo, che la formulazione base dell esistenzialismo. Si cercato a lungo di capire l uomo come una macchina della quale scoprire i meccanismi di funzionamento. Non si considera, con questa metafora, la complessit di un essere umano, con il suo trascendere se stesso. Un discorso pi adeguato richiede di allargare la metafora della macchina fino a comprendere il guidatore. Se un pilota sa guidare bene pu portare una macchina qualsiasi dove di solito va solo un fuoristrada. Non il destino che ci fa diventare quello che siamo, ma la nostra capacit di scegliere, ossia di gestire l organismo psicofisico. quello che si chiama il libero arbitrio, un concetto che appartiene anche alla tradizione filosofica e religiosa del Cristianesimo. Per chi lavora nell ambito delle relazioni umane, il concetto di libero arbitrio fondamentale: la psicoterapia affonda la sua operativit proprio nel libero arbitrio, specialmente quella appoggiata su un ottica fenomenologica esistenziale. Qui il significato del passato cambia: non pu pi essere considerato un fattore che determina il presente in modo meccanico, ma una base da cui si parte per ricostruire narrativamente le vicende di una persona. Non si richiede, perci, un analisi oggettiva di ci che accaduto: diventa centrale la verit narrativa e non quella storica. Il racconto di una persona deve diventare abbastanza coeso da permettere di comprendere la sua realt in divenire. Ora, in ogni struttura architettonica importante la trasmissione del sostegno. Per esempio il tetto di un edificio scarica il suo peso sulle travi, e queste lo scaricano sulle colonne portanti che, a loro volta, lo scaricano a terra. Se si sposta una colonna, viene a mancare la trasmissione del sostegno e il tetto crolla, perch le connessioni architettoniche sono vie di scarico dei pesi senza le quali la forza di gravit riprende i suoi diritti. Molti casi di mal di schiena dipendono dal fatto che nella vita quotidiana delle persone la trasmissione del sostegno non efficace: se si solleva da terra un oggetto tenendo il corpo in una posizione inadeguata, cio che renda difficile scaricare il peso, si creeranno tensioni a livello lombare che, nel tempo, possono provocare una lombalgia. Lo stesso avviene anche a livello psichico, sia cognitivo che emozionale. necessario che la storia di una vita sia congrua con la trasmissione del sostegno, ossia che costituisca un edificio che in grado di stare in piedi, altrimenti diventa difficile muoversi al suo interno. Questo appare clamorosamente evidente nei disturbi psicotici, dove le disfunzioni nella trasmissione di sostegno esistenziale sono macroscopiche. In un approccio esistenzialista, per spiegare la genesi di un disturbo non si pu pi usare un pensiero dicotomico, del tipo sano- malato, attribuendo a un agente esterno l origine del problema. Non possiamo neppure ricercarne l origine nel passato secondo una connessione biunivoca di causaeffetto, cio attraverso deduzioni. Il passato va considerato come un occasione che ha consentito al mondo interno di una persona di prendere forma. Considerando questo, cerchiamo di capire in che modo possa aver preso forma un disturbo. Ci sono certamente disturbi spiegabili meccanicamente, in seguito a deficit funzionali, a carenze di un tipo o di un altro, a contingenze esterne, ecc., e che non sono lo specifico interesse della psicoterapia. Ce ne sono per altri che dipendono, invece, dalle dinamiche del mondo interno: sul piano psichico la cosa importante il senso che gli avvenimenti prendono nella vita di una persona, e questo non meccanico n deducibile. Il senso infatti indissolubilmente legato al valore, che ha dimensioni soggettive e relative all insieme. Un determinato avvenimento riveste infatti un senso diverso secondo le contingenze: una ferita duole in modo diverso a seconda di quello che si prova per il ferente, e una disgrazia ha un peso differente a seconda di cosa la affianca. Rompersi una gamba mentre si ha un amore felice non lo stesso che rompersela dopo essere stati abbandonati. E nemmeno si pu affermare con sicurezza che questo faccia pi male, perch a volte un dolore

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ripara dall altro col sistema del chiodo schiaccia chiodo. Niente di oggettivo insomma si pu dire riguardo alla trasmissione del sostegno nell architettura di una storia guardandola dall esterno: la verit storica da sola pu essere ininfluente nella vita, se non viene assorbita dalla narrazione soggettiva della persona, la quale si d in questo modo una spiegazione del percorso che l ha portata al presente in cui si trova. Si pu dire che il passato immutabile, una volta accaduto. Ma anche questo discutibile, se si prende in considerazione il valore. Col tempo le storie cambiano di senso e di significato, cos come in un quadro che viene dipinto a poco a poco le cose gi dipinte diventano particolari di una scena pi grande, e il loro valore cambia.76 Cosa resta del valor militare delle guerre passate, se non la constatazione dell ingenuit degli esseri umani e della loro ristrettezza di vedute? Da questo punto di vista possiamo renderci conto che non solo la verit importante quella narrativa sul piano psicologico, ma che la stessa narrazione cambia con lo svolgersi della storia nel tempo, e il valore del passato cambia, e quindi si pu dire che, in un certo senso, anche il passato stesso cambia. Il passato in realt determina il presente nel caso che la persona frani meccanicamente dal passato al presente in preda alle proprie coazioni comportamentali: qui che la massima il destino il proprio carattere prende un senso evidente. E il carattere viaggia sulla linea di minore resistenza nell economia della propria achitettura: tutti i vizi umani, essendo la seduzione delle scorciatoie, diventano quindi banalmente un destino, e l edonismo in generale una prigione senza speranza,77 troppo dorata per poterci rinunciare in nome della libert, in quanto per affrancarsene sarebbe necessario fare strade pi difficili e dolorose di quelle che si offrono facilmente. La libert per a portata di mano di chiunque: si chiama responsabilit, cio scelta nelle infinite opzioni comportamentali di quella che la direzione voluta, assunte a proprio rischio e pericolo, data l impossibilit di conoscere il futuro e quindi anche l effetto delle proprie scelte. Il costo del biglietto assumersi il peso del rischio, un costo apparentemente altissimo, ma in realt esiguo. Chi lascia la via vecchia per quella nuova, sa quel che lascia, non sa quel che trova una massima che gli esseri umani accettano in genere in maniera acritica, come se fosse indiscutibile. Ma vero che si conosce quello che si lascia? Questa un affermazione per lo meno approssimativa, perch di certo le vie vecchie non sono esenti da pericoli come vorrebbe far credere il proverbio. un affermazione che avvalora tendenziosamente la conservazione, quel conservatorismo che lenisce le ansie di insicurezza delle persone. Ma se ripetere cifra di sicurezza, in realt sperimentare lo sarebbe ancora di pi: sperimentare su una base conosciuta permette di andare molto pi lontano, e fare tesoro del passato l utilit della storia, mentre ripeterlo scaramanticamente ne il danno.78 Lorenz e Popper sostengono che il futuro aperto,79 e in Kafka il visitatore del castello si accorge in punto di morte che non c divieto di ingresso:80 sicuramente il passato frena o facilita, ma le possibilit di scelta sono sempre uguali per tutti. Le macroscelte vengono sopravvalutate: non andare nella legione straniera o fare un lavoro qualsiasi che fa davvero differenza, ma come si amministra il fare il legionario o qualunque altro mestiere. La qualit, nella vita come nelle arti plastiche, non dipende dalla preziosit dei componenti, ma dall effetto composizione: come ha dimostrato la pop- art, si pu produrre valore estetico anche con la spazzatura. D altra parte il passato porta con s un altro problema, anche se collaterale, per la pratica psicoterapeutica: la mente umana tende infatti a aggrapparsi al passato, bello o brutto che sia stato, e le situazioni traumatiche diventano non di rado degli scogli su cui naufragano le vite delle persone. L approccio gestaltico tratta questi attaccamenti considerandoli Gestalten incompiute, che continuano a ripresentarsi in attesa di una qualche conclusione. Ora, quando si considera conclusa una situazione? In realt quando non c pi nulla da aspettarsi, n di buono n di cattivo. Aggrapparsi coincide dunque con una attesa, una mancanza, qualcosa di non ancora avvenuto. Dato che in genere gli episodi in questione sono ormai perduti nel tempo, concludere gli avvenimenti richiede un processo di riattualizzazione, che l uso dell immaginazione attiva e della rappresentazione teatrale facilita. Messi in scena, gli avvenimenti problematici o addirittura traumatici, possono essere portati avanti verso una conclusione che consiste nell esprimere quello che non c era mai stato modo di esprimere, entrando cos in contatto con le emozioni che sono state evitate e che definiscono in modo inequivocabile la situazione. Amore, odio, vita e morte del legame: rappacificazione o separazione, ma comunque indipendenza.

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2 Pensare e sentire 2 a. Teorie e filosofie nella psicoterapia della Gestalt L approccio gestaltico evolve il suo specifico background teorico man mano che Perls toglie alla psicoanalisi alcuni capisaldi teorici: la psicoterapia della Gestalt , in un certo senso, ci che resta della psicoanalisi, una volta che si adoperi al posto dell epistemologia fisicalista ottocentesca e della psicologia associazionista: 1) la psicologia della Gestalt, 2) l Esistenzialismo, 3) il Pragmatismo. Fino agli inizi del novecento, per trovare spiegazione ai fenomeni, l atteggiamento epistemologico predominante nelle scienze naturali era il riduzionismo, cio la riduzione al loro minimo comun denominatore (l atomo,81 secondo il modello della fisica classica), e la ricerca di come le varie combinazioni diano luogo ai molteplici aspetti del mondo. Come elemento di base del comportamento umano, Freud teorizz la libido, le cui innumerevoli peripezie chiarivano nell ottica psicoanalitica i vari aspetti della vita psichica. Con la fisica moderna e la scoperta che l atomo , a sua volta, composto di particelle, le quali non si possono nemmeno localizzare esattamente nel tempo e nello spazio,82 anche nelle scienze esatte la ricerca dell elemento di base perde il valore di modello privilegiato, e lascia il posto agli approcci relazionali. Qui l interazione fra le parti in campo diventa il problema primario, e si afferma la considerazione che interagire modifica entrambe le parti. Se nella prassi freudiana elementi centrali possono essere considerati l interpretazione dei sogni, e l elaborazione del transfert e della coazione a ripetere, in realt anche nella psicoterapia della Gestalt si procede elaborando i sogni, il rapporto fra paziente e terapeuta e i comportamenti ripetitivi. Anche qui, insomma, le costanti della sofferenza psichica sono, come per Freud, il transfert e la coazione a ripetere, e anche l approccio terapeutico simile: libere associazioni e dialoghi con la sedia vuota, sono ambedue una rivalutazione dell attivit analogica della mente. Cambia, invece, radicalmente il metodo, perch cambia il senso di queste costanti. Nella psicoterapia della Gestalt: a) il transfert piuttosto che una proiezione si considera un assenza di contatto, e cos lo si elabora; b) i comportamenti che si ripetono piuttosto che un meccanismo senza scopo vengono visti come tentativi di concludere una situazione rimasta per un motivo o per un altro, incompiuta; e soprattutto c) l elaborazione del sogno viene considerata un occasione di sperimentare altre parti di s mai conosciute, piuttosto che uno svelamento del rimosso, cio di quello che stato gi conosciuto e escluso dalla coscienza. In sintesi: 1) Perls basa il suo approccio sulla psicologia della Gestalt piuttosto che sulla psicologia associazionista, per la quale gli eventi mentali sono composti semplicemente da elementi sensoriali associati in progressione lineare per somiglianza contiguit o contrasto. Negli anni 30, con le ricerche di Martin Wertheimer, la psicologia della Gestalt aveva messo in luce come i dati sensoriali vengano assunti dall organismo in maniera differenziata, vale a dire non semplicemente secondo un grafico di aumento progressivo costante, ma piuttosto con un andamento sinusoidale, cio con una curva ciclicamente restrittiva dei dati che l organismo riesce ad assumere nella percezione del mondo. Qui la percezione risulta, insomma, attivamente organizzata, e i dati assumibili sono in primo luogo quelli richiesti per il completamento di una Gestalt, vale a dire di un insieme che riveste uno specifico interesse per l organismo. Una modalit organizzativa della percezione che oltre a una tendenza anche un bisogno.83

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con questo bisogno che Perls spiega le cosiddette fissazioni nevrotiche, cio come Gestalt incompiute che riemergono continuamente nell aspettativa di raggiungere una conclusione: La qualit pi importante e interessante di una Gestalt la sua dinamica, la necessit imperiosa che una Gestalt possiede che la porta a chiudersi e a completarsi. Tutti i giorni sperimentiamo questa dinamica. A volte il miglior nome che si pu dare a una Gestalt incompleta di chiamarla semplicemente situazione inconclusa.84 Un altro psicologo gestaltista, Edgard Rubin,85 elabor l idea del campo percettivo organizzato nella relazione figura/ sfondo: per valutare qualcosa, persona, oggetto, esperienza o anche astrazione che sia, necessario fare riferimento a un contesto, o sfondo che dir si voglia, come particolarmente evidente nella fotografia di animali poco conosciuti, a cui si affiancano, appunto, oggetti di dimensioni note per dare un idea della taglia. Gli sfondi per l organismo percipiente sono due: quello del mondo esterno, in cui l oggetto percepito si colloca, e quello del mondo interno, che sono le esigenze mutevoli dell organismo stesso. Perls sottolinea quest ultimo concetto, notando come evidentemente un campo di grano assume valenze molto diverse se, per esempio, a guardarlo un contadino che miete oppure un aviatore che sta per fare un atterraggio di emergenza: da qui deriva l idea che le libere associazioni non si situano sempre sugli stessi assi.86 La percezione, infatti, varia nel suo orientamento col variare dei bisogni dell organismo che percepisce, cos che le associazioni si situano via via su assi direzionali diversi: guardando da questo punto di vista, interpretarle come rivelatrici di un nucleo affettivo sottostante unitario non risulta pi legittimo, e Perls chiamava le libere associazioni libere dissociazioni. Da qui l esigenza nella psicoterapia della Gestalt di appurare in primo luogo il background emozionale87 della persona che sta associando.88 Perls deriva da Kurt Lewin la teoria del campo. In parallelo alle scoperte della fisica sulla contiguit e l interdipendenza dei campi di forza, Lewin aveva elaborato la teoria che il comportamento di un organismo conoscibile se si tengono presenti le influenze che l ambiente esercita su di esso.89 In base a questa idea Perls si allontan progressivamente dalla considerazione dell essere umano come realt a se stante,90 per muoversi verso una concezione di interdipendenza dei comportamenti, in cui la teoria della tecnica fin per subire una profonda metamorfosi rispetto alla psicoanalisi: nella psicoterapia della Gestalt il terapeuta esce d ufficio dalla posizione di neutralit e diventa ineluttabilmente parte in causa nel processo terapeutico. da Kurt Goldstein che Perls deriva l idea della funzione di autorealizzazione:91 secondo questa teoria gli organismi avrebbero la tendenza a crescere in dimensioni e in influenza sull ambiente, e ad organizzarsi di conseguenza sul piano energetico.92 Ora, Perls concepisce la funzione di autorealizzazione come polare alla funzione di sopravvivenza: crescere ed espandersi oltre a essere un vantaggio anche un rischio per quanto riguarda la sopravvivenza, per la quale un comportamento conservatore ha una evidente funzionalit. D altra parte, espandersi anche un bisogno ineluttabile. In questa ottica, l inquietudine faustiana assume da una parte una dimensione biologicamente determinata, e dall altra acquista una meta possibile, realizzabile nell equilibrio dinamico fra i due ordini di istanze, sopravvivenza e autorealizzazione. 2) L Esistenzialismo un taglio filosofico, che ribalta l ottica del pensiero classico: invece dell oggetto osservato mette infatti sotto il fuoco dell attenzione lo stesso soggetto osservante, e invece che sull essere pone l attenzione sull esistere, ossia l essere nel tempo. L opera di Kierkegaard,93 che oppone il pensiero soggettivo, ossia l esistenza del singolo pensatore, all indagine oggettiva dell Essere Assoluto dette avvio a questa corrente. Schopenhauer94 poi defin il senso di questo approccio filosofico nella volont come centro, e la rappresentazione come suo campo d azione: in un ottica esistenzialista la volont si situa, infatti, oltre le frontiere dell indagabilit. Si tratta di una visione particolarmente compatibile con la vita di Fritz Perls, ebreo berlinese reduce dalla prima guerra mondiale, toccato profondamente dagli orrori della guerra e del razzismo, senza fiducia nelle Istituzioni e nell Autorit come garante di verit: l unica via di salvezza in tanto sfacelo essere congrui a se stessi, e questo diventa la colonna portante del suo pensiero. La concezione del dolore come verit fondamentale, che da Schopenhauer a Sartre, anche se in forme diverse, si ripropone, invece un ombra a cui Perls, che concepisce la vita psichica come un fenomeno biologico piuttosto che culturale, si ribella: l uomo parte della natura, un avvenimento biologico, per cui anche la societ fa parte della natura. L azione deliberata, l autocontrollo, la coscienza, sono di conseguenza funzioni sociali biologiche. La

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reintegrazione pu avere successo solo se tutta la attivit umana, quella deliberata come quella spontanea, i sentimenti come i pensieri, sono considerati e trattati come processi biologici. E da un punto di vista biologico il dolore non pu essere considerato altro che un campanello di allarme, che avverte l organismo della necessit di intervenire sulla situazione in corso: non si tratta quindi di qualcosa n di pi reale, n di pi` importante e duraturo del piacere. Perls si differenzia esplicitamente dagli esistenzialisti, dicendo che questi: hanno il difetto di prendere concetti a prestito da altre fonti: Buber dal giudaismo, Tillich dal protestantesimo, Sartre dal marxismo, Heidegger dalla teoria del linguaggio, Binswanger dalla psicoanalisi, e afferma invece che: La terapia della Gestalt si sostiene sui propri fondamenti, perch i suoi fondamenti (l emergere spontaneo dei bisogni) rappresentano un fenomeno biologico primario. L autoregolazione organismica la teoria della personalit su cui Perls fonda la psicoterapia della Gestalt. Per evitare per il rischio che il comportamento si pensi interpretabile attraverso una teoria delle pulsioni, che lo renda meccanico e prevedibile, osserva poi: lasciando da parte la teoria delle pulsioni, se si considera l organismo semplicemente come un sistema in equilibrio che deve funzionare adeguatamente dal punto di vista della sopravvivenza, [ chiaro che] la situazione pi urgente quella che assume la funzione di controllo, di organizzazione del comportamento. Parole che ricordano da vicino la critica di Wittgenstein alla teoria dei desideri di Freud. Wittgenstein, infatti, considerava Freud un po' come il Goethe dei desideri: cos come Goethe aveva preso un abbaglio riguardo ai colori, affermando che sono miscugli di basi pure95 (quando risultano invece determinati dall interazione fra la luce e i corpi solidi su cui si riflette), anche Freud, secondo Wittgenstein, si era sbagliato teorizzando l esistenza dei desideri puri, che diceva di riscontrare nell analisi dei sogni, quali desideri di possedere un certo oggetto, di fare una determinata azione, ecc. Secondo Wittgenstein nell anima umana sono presenti inclinazioni generiche, che si precisano contingentemente in relazione agli oggetti disponibili:96 per esempio, in un ristorante, l appetito di una persona, con la consultazione del men, da generico diventa orientato su specifiche voci. Anche la concezione di Perls lascia alla persona larghi margini di scelta e quindi di libert, che mostrano l essere umano impegnato nella gestione della quotidianit come fatto centrale della sua esistenza. Qui la creativit gioca evidentemente un ruolo della massima importanza nell invenzione di comportamenti congrui alle situazioni in corso. Scelta e creativit hanno possibilit di esistenza solo nel qui e ora (l e allora), cio in un momento determinato nel tempo e nello spazio dove esistono specifici oggetti, specifiche situazioni e specifiche emozioni. per questo che qui e ora assume una importanza centrale nella psicoterapia della Gestalt: non c infatti possibilit di prendere decisioni al di fuori di un contesto (reale o immaginario che sia). Come la prassi psicanalitica nelle mani di Perls si trasforma man mano che ne sostituisce i pilastri teorici, anche l Esistenzialismo cambia faccia e inclina soprattutto verso il mettere in luce gli spazi liberi che responsabilit e creativit aprono nella vita umana. dove il pensiero degli esistenzialisti converge su questo che Perls lo integra nel suo: la rivendicazione del trascendente come elemento intrinseco a ogni attivit sociale da parte di Tillich, la spiritualit che Buber fonda sull incontro fra Io e Tu, la dignit resa all esperienza fisica della percezione e all essere nel tempo da Merleau- Ponty e Heidegger, la concezione del contatto come base del senso della vita in Minkoski, il rispetto della specificit della persona in Binswanger,97 sono infatti vere e proprie strutture portanti della pratica terapeutica nella psicoterapia della Gestalt. Perls, inoltre, dialettizza la differenziazione che Sartre teorizzava fra coscienza e azione, fra scrivere e vivere, fra essere per s e essere in s, nell espressione come azione cosciente: manifestazione consapevole di s che trascende sia l opacit dell essere in s, che la mancanza di peso dell essere per s. Manifestare il proprio mondo interiore il mezzo e lo scopo della psicoterapia della Gestalt: l espressione, pur senza esserlo, dato che modifica il mondo, partecipa della natura dell azione, senza per l insensatezza dell agire istintivo e grezzo, e d spazio sia alla pienezza della vita sensoriale che alla radicale libert della coscienza. Se Husserl la intendeva in primo luogo come osservazione rigorosa del fenomeno con sospensione di teorie e giudizi, in Heidegger la fenomenologia diviene la prevalenza dell importanza dell esistere, cio dell essere nel tempo, sull essere, e la manifestazione come unico luogo dove l ente diventa essente. Il manifestarsi non appare

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qui, dunque, come un fenomeno a cui destinare il rigore scientifico, ma soprattutto ci a cui dare valore per eccellenza. Cos il fainein, l apparire, il manifestarsi, l essere fenomeno, il massimo che si pu chiedere all ente (persona o oggetto che sia), ed degno in s del massimo rispetto: non deve cio essere riportato a un piano di realt di maggior valore, come si fa quando si interpreta.98 Il rispetto heideggeriano per il fenomeno, nella psicoterapia della Gestalt si fonde con la passione di Perls per il teatro: sulla scena l esprimersi degli attori tutto, ed fruibile in quanto tale. Il fenomeno si presenta, inoltre, corredato di una griglia di valutazione sul piano esperienziale, che quella qualitativa mi piace- non mi piace. La possibilit di valutare eperienzialmente l espressione, che ha uno spazio di manovra interazionale molto superiore all azione,99 ne fa uno strumento di lavoro importante e maneggiabile nel campo del comportamento umano. Distinguere l agire dall esprimersi un fatto di capitale importanza nella psicoterapia della Gestalt, ma risulta fondamentale anche per Freud: l acting out il comportamento vietato per eccellenza nella prassi psicanalitica. In effetti il setting psicoterapeutico non comunque il luogo dove si pu agire, come per esempio una palestra di arti marziali non il luogo dove si possono fare combattimenti reali: quando l agire al servizio della soddisfazione delle pulsioni, i pi forti si prendono tutto lo spazio e rendono pi difficile agli altri il loro sviluppo. L espressione, invece, permette alla persona di prendere spazio sia nel proprio mondo interiore che anche in quello esterno, dove verbale o non verbale che sia, si situa: per assolvere alla sua funzione di rappresentanza della persona l espressione infatti deve essere efficace, produrre cio effetti utilizzabili, e come tale risulta imparentata con l azione. Esistenzialismo e Fenomenologia significano poi anche in Maurice Merleau- Ponty una rivalutazione della percezione come fatto primario, luogo dove il mondo esterno e quello interno si incontrano. Nella sua visione sia percepire che pensare hanno sede nel corpo, e il corpo quindi contemporaneamente il luogo della riflessione e dell esperienza: per questo Merleau- Ponty considerato a buon diritto uno dei pilastri teorici della Gestalt, la quale si muove appunto contemporaneamente su questi due binari. Quando si parla di approccio fenomenologico nella psicoterapia della Gestalt si intende un rispetto del fenomeno come significato, sul piano cio della funzionalit, e come senso, sul piano cio della fruibilit del manifestarsi come esperienza, insomma come qualit della vita. 3) L importanza che ha rivestito il pragmatismo per la psicoterapia della Gestalt consiste nel fatto che un punto di vista che si appoggia sulla funzionalit, a differenza del razionalismo classico, che interessato soprattutto al rapporto con la verit. Differenziando le ipotesi in vive e morte, a seconda che siano plausibili o meno per la persona che le incontra, William James relativizza la conoscenza alla limitatezza umana e ncora la conoscenza alla sua utilit.100 Questo approccio permette a Perls di spazzare via gran parte degli accademismi della cultura europea, e di mettere a punto un pensiero molto pi agile ed efficiente, in grado di liquidare come bullshit101 le riflessioni senza utilit pratica. Il passaggio dai vecchi sistemi filosofici che si confrontano con l assoluto ai pi nuovi approcci relativisti comporta ovviamente la differenziazione dei parametri di verifica: vero/ falso non perde di funzionalit, ma evidente che dolore/ piacere, senza essere un parametro oggettivo, rappresenta pur sempre la possibilit fondamentale per la persona di rendersi conto se una certa cosa le gradita o no, se la desidera o no. Piacere/ dolore un parametro indispensabile sul piano esistenziale, dove ci che conta la verit relazionale, molto pi complessa di quella assoluta, e congrua a parametri specifici: il costruttivismo di Maturana, gli studi sulla comunicazione di Wittgenstein e il dualismo interazionista di Popper sono di grande aiuto in questa dimensione. Dall idea kantiana dell inconoscibilit della Realt in s il costruttivismo fa un passo avanti, proponendo la realt assoluta come un falso problema e la conoscenza come uno strumento capace di ottenere effetti sull ambiente, esattamente come una chiave apre una serratura:102 la chiave non sa niente della serratura, si limita a funzionare103 senza conoscere la serratura stessa e senza che l operazione, una volta riuscita, lasci una conoscenza, una mappa della serratura. Maturana e Varela propongono una visione scientifica dei processi conoscitivi: la conoscenza consiste semplicemente nei comportamenti che gli organismi usano per i loro bisogni, per rimanere aperti al mondo esterno senza perdere la loro identit organizzativa, senza decadere cio dalla classe di organizzazione a cui

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appartengono e in funzione della quale sono omeostatici.104 Con il concetto di autopoiesi,105 Maturana definisce la classe di organizzazione in maniera trasversale: i viventi, per esempio, piuttosto che come esseri che soddisfano certi bisogni attraverso certi comportamenti, vengono definiti come esseri che hanno certi bisogni e si comportano in modo da continuare ad averli. L accento non sulle modalit della soddisfazione, che sono ampiamente variabili, ma sui bisogni stessi, la cui costanza garantisce appunto l appartenenza alla classe. Guardando da questo punto di vista, qualcuno che non avesse fame, paura e impulsi sessuali decadrebbe dalla classe degli esseri umani, mentre finch queste istanze sono presenti appartiene alla classe, indipendentemente da s e come le gestisce. Questo punto di vista supporta nella psicoterapia della Gestalt l uso di riconoscere il background psichico della persona nei suoi bisogni,106 lasciando invece totalmente aperte le modalit di soddisfacimento. Si riconosce in questo modo una funzione ufficiale alla creativit: infatti, se il modo di soddisfazione non un sentiero obbligato, si tratta di cambiare strada di fronte all impossibilit, e dato che le alternative sono innumerevoli, chiaro che in un modo o in un altro una persona pu riuscire a soddisfarsi. Il concetto di conoscenza come chiave per aprire serrature, connette il processo con gli effetti piuttosto che con le sue premesse: supporta infatti una modalit di indagine indirizzata a effetti che non trovano la loro giustificazione in teorie (il paziente migliorato perch meno caotico, e secondo la teoria questo significa che pi sano), ma nel vissuto stesso della persona (sente di pi e gli piace, anche se questo comporta a volte di sentire pi male). Nella demitizzazione della conoscenza, una voce fondamentale certamente Wittgenstein, il quale afferma che il significato di una frase esiste solo nella misura in cui la sua stuttura logica viene rispettata:107 struttura e contesto relativizzano in questo modo le comunicazioni. La logica, che il nume tutelare delle comunicazioni, si chiama infatti con il suo nome completo logica formale, volendo significare con questo che il suo funzionamento legato alla correttezza della forma con cui la proposizione logica si esprime. Se tutti i cani hanno quattro zampe, se questo un cane allora ha quattro zampe quel tipo di proposizione logica chiamata sillogismo, mentre se tutti i cani hanno quattro zampe, se ha quattro zampe allora questo un cane quello che si chiama falso sillogismo, che un errore sul piano logico: la differenza fra le due un inversione di posizione fra il cane e le quattro zampe, cio un non rispetto della forma corretta della proposizione. questa mancanza di rispetto per la struttura della lingua che produce situazioni di incomunicabilit, e non il fatto che ognuno ha la propria esperienza che non pu mai giungere all altro in tutta la sua specificit. Nessuno infatti necessita che l altro viva esattamente la sua esperienza: il bisogno di comprensione si limita in realt al fatto che l altro la percepisca empaticamente e sia in grado quindi di adottare adeguatamente i comportamenti complementari (sofferenza- consolazione, paura- rassicurazione, entusiasmo- approvazione, ecc.).108 L alterazione manipolante delle strutture linguistiche, che sia fatto in maniera consapevole oppure inconsapevole, ha, comunque, la funzione di confondere l esperienza e negare i bisogni dell interlocutore: il rispetto della struttura delle comunicazioni in realt un azione deliberata e intenzionale che implica il superamento di difficolt a volte molto grandi e che richiede oltretutto un vero e proprio rigore morale. In realt Wittgenstein considera la comunicazione un azione del pi alto valore etico.109 Molte sono le conseguenze di questo punto di vista: una, per esempio, che nelle discrepanze sintattiche della comunicazione affiora quello che Freud chiamava il rimosso, bisogni cio che non sono palesi e che si manifestano malgrado l intenzione diretta della persona. Questo implica che la sintassi un modello di correttezza a cui riferire le comunicazioni dell interlocutore, e infatti, nella pratica della psicoterapia della Gestalt, si usa per trovare porte di accesso a parti dell esperienza che stanno fuori contatto: la persona a cui venga richiesto di rendere corretta la propria comunicazione, di solito non pu evitare di rendersi conto di qualcosa di nuovo riguardo a s stessa. Karl Popper,110 citando il Kant affascinato dall universo e dalle necessit morali dell uomo, afferma che gli esseri umani sono insostituibili, e per questo non possono essere macchine. Ogni qual volta muore un uomo un intero universo ad andare distrutto, dice, citando un suo antenato. Secondo Popper si pu dimostrare questa affermazione a partire dal materialismo stesso, e con questo afferma che il materialismo ha impliciti gli elementi

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del suo trascendimento. Nell ambito della dottrina materialistica, la teoria generalmente accreditata riguardo al problema della mente il cosiddetto parallelismo, dove i fenomeni psichici avvengono in parallelo a quelli neurologici, cio coincidono con quelli: a questa visione Popper oppone il cosiddetto dualismo interazionista, in cui i fenomeni psichici sono s appoggiati al sostrato neurologico, ma con un grado di indipendenza tale da permettere una interazione con questi. Si tratta di un punto di vista che, secondo Popper, permette di capire meglio i fenomeni psichici all interno dell evoluzionismo, dove ogni forma e struttura organica subisce la pressione della selezione naturale e tende a scomparire quando non vantaggiosa per la sopravvivenza: nel caso del parallelismo, infatti, la vita psichica non sarebbe altro che una inutile ridondanza, fenomeno chiaramente difficile da spiegare in un ottica evoluzionistica. Adottando il punto di vista di Popper, possiamo immaginare come questa pur relativa indipendenza permetta di indirizzare le proprie scelte fuori dai binari organici, in modo che la vita della persona non si risolva esclusivamente nella reazione alle pressioni ambientali, ma abbia la possibilit di orientarsi in funzione di bisogni etici, estetici e logici, e di utilizzare le capacit creative per risolvere i problemi che le varie e conflittuali istanze psichiche comportano. Popper mostra, inoltre, come il determinismo debba cedere le armi di fronte alla creativit, la quale cambiando imprevedibilmente le premesse, rende del tutto imprevedibili gli sviluppi futuri di qualsiasi situazione. Il supporto che il dualismo interazionista d alla psicoterapia evidente: intanto sottolineando l indipendenza dei processi psichici e la loro possibilit di interagire con i processi organici d la misura dell importanza della consapevolezza come spazio di manovra, in cui compare la possibilit d indirizzare in una direzione o in un altra la propria vita in modo responsabile; inoltre considerare il futuro imprevedibile a causa della creativit permette di porsi di fronte ai temi esistenziali senza la pregiudiziale di una prognosi negativa, che in campo psichico solo un atteggiamento pessimista con conseguenze di solito nefaste sulla terapia: se infatti neanche lo psicoterapeuta riesce a immaginare sbocchi positivi alla situazione, figuriamoci il paziente! La creativit in definitiva lo strumento fondamentale dell esistenza: se di fronte alla vita l essere umano non onnipotente, in realt non neanche impotente, e anche se con sforzo, difficolt e limitazioni, pu esercitare un opera di trasformazione del mondo che rende la vita un avventura che non si ferma mai e che in nessun modo pu essere ritenuta banale. 2 b. Pragmatismo e fenomenologia nella psicoterapia della Gestalt La psicoterapia della Gestalt che Perls porta in America, non ancora coesa nella sua novit, ma gi molto differenziata dalla psicoanalisi. In ego hunger and aggression gi si evidenzia una fondamentale differenza rispetto alla libera associazione freudiana: il flusso delle associazioni qui ancorato alle necessit dell organismo, invece che a un mondo inconscio e autonomo dall esterno. Anche il concetto di inconscio si stacca profondamente dalla visione di Freud: come Brentano, fondatore della psicologia esperienziale,111 anche Perls non concepisce possibile un atto inconscio: l atto in s presenza, quindi inevitabilmente coscienza. La percezione stessa in Perls, come negli psicologi della Gestalt e come in primo luogo in Husserl, un atto intenzionale, e quindi cosciente: non ci si accorge di ci che non si intende in qualche modo percepire. Si pu per far divenire inconscio, cio non guardare e quindi non vedere pi, quello che al vaglio delle difese interne risulta pericoloso. Perls considera inconsci anche i processi fisiologici che avvengono autonomamente nell organismo, e le organizzazioni significative istintive della percezione, ma non l azione del percepire, che nell ottica dalla psicoterapia della Gestalt richiede intenzione. La dinamica nella psicoterapia della Gestalt non pi, come nella psicoanalisi, tra conscio e inconscio ma tra fare i conti con quello che si percepisce oppure no: la chiave di volta del possibile cambiamento non semplicemente la coscienza, come in altre prospettive psicoterapeutiche, ma la responsabilit, un punto di vista che Perls condivide con Kierkegaard, il progenitore dell esistenzialismo. Con queste premesse, Perls incontra in America con Goodman il pragmatismo, un punto di vista filosofico funzionalista, molto adatto a sviluppare tecniche di intervento.

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William James aveva proposto, a suo tempo, che le ipotesi teoriche fossere limitate dalle condizioni esistenziali della persona stessa che le elabora: ci sono ipotesi vive e ipotesi morte, diceva, cio ipotesi magari validissime per qualcuno, ma fuori dalla portata di qualcun altro.112 Questo un punto di vista che ncora la conoscenza alle contingenze dell organismo, una delle preocupazioni principali di Perls. Cos la Gestalt si impregna di pragmatismo, e diventa un approccio tanto duttile da riuscire a espandersi in tutto il mondo con grande rapidit. Se vero che in un ottica pragmatista l interpretazione legata anche al vissuto della persona, anche vero che trattandosi di un approccio orientato al successo pratico delle operazioni, la traduzione, il rimando, questo quello, per la sua funzionalit qui resta comunque uno strumento operativo fondamentale. I grandi vantaggi dell interpretazione pragmatista (cio funzionalista) rispetto all interpretazione riduttiva (cio teoretica), fanno s che alcuni gestaltisti si accontentino, dimenticandosi che la psicoterapia della Gestalt si chiama cos perch la psicologia della Gestalt ne la base fondante. Figlie entrambe del pensiero di Brentano, la psicologia della Gestalt e la fenomenologia sono sorelle sia storicamente che concettualmente: con fenomenologia si intende qui il complesso sistema di pensiero basato sull intenzionalit della percezione che partendo da Brentano, attraverso Husserl arriva a Heidegger e a MerleauPonty. Lo strumento chiave della fenomenologia husserliana lepoch, la sospensione dal giudizio, che colloca il fenomeno in un ottica razionale snaturandolo del suo valore, e analogamente lo strumento chiave della psicoterapia della Gestalt mettere l attenzione su quello che si sente, prima che sul pensiero, perch il sentire d senso e allo stesso tempo rivela l intenzione di chi sente. Ora, fenomenologia e pragmatismo non sono necessariamente punti di vista in contraddizione fra loro ma vanno articolati, e non semplicemente mescolati. Il cavallo di battaglia della psicoterapia della Gestalt, in tutte le sue correnti, l espressione, nella quale possono esserci impliciti molto differenti: ci si pu esprimere funzionalmente, per capirsi, o si pu farlo un gusto esistenziale, cio per vivere. Spesso questa differenza non viene esplicitata nel lavoro clinico, ma non per questo non ha peso: l efficacia di una espressione non corrisponde necessariamente al senso dell esperienza. Il concetto di physis, natura, nel mondo classico, a differenza dell accezione scientifica moderna, non corrisponde solo a una natura naturata, oggetto della conoscenza, ma anche a una natura naturans, una natura attiva, soggetto di portata insondabile, che nell esistere si manifesta. Da un punto di vista fenomenologico il manifestarsi non un semplice oggetto che deve essere conosciuto, ma in s un avvenimento attivo, creativo, che fa il mondo, che contiene in s valore esistenziale, cio senso e motivazione per l esistenza: esprimersi anche funzionale, ma soprattutto vita. Un mistero che non richiede di essere risolto, ma contemplato. La conoscenza in senso pragmatista , invece, conoscenza (funzionalmente) oggettiva, con intercambiabilit dell oggetto del conoscere, cio conoscenza ab- s-tracta, tratta fuori dal contesto. Rispetto alla percezione insomma conoscenza di un altra parte del mondo, quella parte che del resto rimarrebbe inconoscibile se ci limitassimo al fenomeno secondario,113 e cio all effetto che fa il mondo nell atto della percezione, rimanendo cos imprigionati nel presente, come dice Erv Polster.114 Se la conoscenza astratta certamente indiscutibilmente utile, sta di fatto che nella nostra cultura ben pi organizzata della conoscenza fenomenologica, che resta generalmente affidata a un uso senza verifiche. Ora, soprattutto con Heidegger, Merleau- Ponty e Levinas, la psicologia dal punto di vista empirico di Brentano si sviluppata in una conoscenza dell uomo nella sua quotidianit fenomenica e nel tema della qualit della vita, formando una base teorica solida e soddisfacente per la pratica clinica nella psicoterapia della Gestalt: nella fenomenologia contemporanea l esperienza esce infatti dall elusiva soggettivit e diventa intersoggettiva, permettendo in questo modo un sistema di verifica attraverso i feedback, e dando al sentire la dimensione di conoscenza affidabile.115 La logia dei fenomeni, la scienza cio di quello che non si ripete mai nello stesso identico modo, fondamentale nella pratica clinica: l effetto che il mondo fa al percipiente la manifestazione dirett ta dei suoi desideri e del suo modo di dargli forma. Forme dell intenzione, come dice Baxandall,116 un critico d arte di grande levatura. La psicoterapia della Gestalt, quando riporta le persone alle loro intenzioni e alla logica della loro esperienza, si

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pu a buon diritto considerare per questo un vero e proprio approccio fenomenologico. La fenomenologia considera la percezione come intenzionale, e l atto di percepire quindi considerato indissolubilmente connesso all oggetto percepito.117 Non si astrae dalla specificit dell evento: conoscenza del fenomeno fenomenologico conoscere quello che sta al di qua dellorizzonte degli eventi. Fenomenologia e pragmatismo sono approcci diversi per diversi livelli di realt: l intenzione della fenomenologia quella di conoscere pi profondamente il mondo attraverso il sentire, quella del pragmatismo usare la mente in modo p funzionale. Sentire una operazione che condividiamo con gli animali. Emozioni e sensazioni ci danno una conoscenza diretta del mondo, insostituibile per vari motivi e fra questi prevale il suo essere la fonte del piacere di vivere: vivere senza sentire solo l ombra della vita. Pensare invece una funzione corticale, di quella parte del cervello che si evoluta solo nella razza umana, e quindi relativamente recente nella storia della vita sulla terra. Pensare pone ogni cosa al centro di una rete vastissima di significati, e apre possibilit straordinarie alle persone: ci che non pu fare, dare sensazioni. Per quanto profondamente si pensi non si sente di pi, cio per quanto si pensi, la vita non diventa pi soddisfacente. Hlderlin diceva che l uomo un Dio quando sogna (quando cio sta in contatto con la percezione sensoriale delle immagini del mondo), un mendicante quando pensa.118 Avendo il pragmatismo aperto alla Gestalt un cammino cognitivo particolarmente funzionale, viene ampiamente utilizzato come retroterra teorico, mentre la fenomenologia, per la complessit del suo approccio viene spesso trascurata nella pratica clinica: non di rado i gestaltisti si limitano a interpretare, anche se magari non riduttivamente. Il significato del termine interpretazione si pu infatti riferire a due accezioni diverse del verbo essere: pu essere inteso nel senso di equivalenza vera e propria, il segno = nelle equazioni, oppure nel senso di analogia. Provengono da questa differenza due tipi di interpretazione, quella riduttiva,119 che una decodifica di una espressione oscura, e quella non riduttiva, che un modo di allargare l espressione relazionandola con le esperienze personali e indirizzandola a una pi ampia visione del mondo. L interpretazione in senso non riduttivo una modalit che lascia evidentemente spazio al vissuto personale: malgrado riconosca il piano analogico, non necessariamente implica la sospensione dal giudizio, nel qual caso non pi sufficiente ad un contatto trasformatore con l esperienza del qui e ora. La pratica fenomenologica pi complessa: se ognuno ha diritto alla specificit della sua esperienza e quindi a un proprio punto di vista, non limitandosi ad avere ragione, per esempio, che il terapeuta pu funzionare professionalmente.120 Rispetto all interpretazione riduttiva, l ottica pragmatista ha gi il grosso vantaggio di risultare meno ostica per pazienti, dato che nella elaborazione prende in considerazione anche le contingenze esistenziali dell interlocutore: la problematica esperienziale, per, non pu essere contenuta e gestita solo razionalmente, tramite algoritmi,121 per quanto complessi siano e questo perch qualcosa di vivo, che analizzato, cio scomposto in parti, diventa morto come un preparato istologico al microscopio. Cos la psicoterapia della Gestalt implica necessariamente una conoscenza fenomenologica del mondo, che proceda attraverso un sentire che riconosce insiemi, non rintracciabili nella semplice somma delle parti. Una delle difficolt di questa modalit consiste, in genere, nel fatto che conoscendo fenomenologicamente si costretti a conoscere contemporaneamente anche se stessi: conoscere sentendo implica riconoscere appunto il proprio sentire con le sue implicazioni esistenziali, e questo impossibile farlo rimanendo in posizione asettica, o comunque fuori dal contesto del rapporto, o insomma senza ascoltare l insieme se stessi/ interlocutore. Conoscere fenomenologicamente una lama a due tagli che obbliga il terapeuta a fare i conti con la propria realt esistenziale anche mentre in seduta con i pazienti, cosa che non pochi preferiscono evitare. Ma, in che consiste la logia dei fenomeni, cio in definitiva, la logica del sentire? Heidegger ha legato indissolubilmente la fenomenologia all esistenzialismo, dove il problema non l essere, ma l esistere, cio l essere nel tempo. Il dipanarsi nel tempo di una esistenza comporta una logica fra virgolette, perch a differenza della logica lineare, che si muove per nessi biunivoci, digitali, sempre uguali e deducibili uno dall altro, l esistenza si muove anche per

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nessi analogici, che senza essere qualsiasi non sono per obbligati, e d luogo a insiemi, a Gestalten cio, le quali non possono essere ridotte in parti senza snaturarsi, e che quindi non possono essere conosciute attraverso le loro componenti. La logica del sentire una logica circolare, a feedback, dove la retroazione cambia continuamente le premesse stesse del discorso: a differenza della logica lineare, qui il pi, anche se positivo, non sempre meglio del meno. Per esempio, nell ambito del mangiare, di pi pu essere troppo, e l organismo si deve sempre dare da fare nello stretto range fra troppo e poco. La fenomenologia dunque procede attraverso una logica circolare, perch la logica del sentire si deve svolgere all insegna della realt organismica di chi esperisce: si potrebbe chiamare una logica karmica, ancorata al contingente e non astraibile dai bisogni e dalle innumerevoli esperienze che l organismo ha gi fatto, e i suoi progenitori avevano fatto prima di lui. logico per esempio che una persona aggredita si arrabbi, cio plausibile e probabile, ma non certo: lo stato contingente e la storia personale avranno certamente un peso sulla bilancia del suo sentire. Se non certa la reazione emotiva, infinite sono poi le modalit che questa reazione pu assumere in ognuno, in parte secondo tradizione culturale, in parte per secondo libera scelta. Se la deduzione ha qui una posizione marginale, la logia dei fenomeni risulta allora un arte, l arte del sentire, cio l organizzazione dell esperienza in insiemi dotati di senso esistenziale: come afferma Merleau- Ponty,122 percepire una espressione, dato che sentire una restituzione a se stessi dell esperienza in corso, e non pu essere considerato per questo un fatto semplicemente passivo. un comprendere che una radura nel bosco, come dice Heidegger,123 non una ab- s-trazione dall insieme di noi stessi e il bosco, a cui inesorabilmente apparteniamo. Il bosco di Heidegger risulta in definitiva analogo alla phisis del mondo classico. Non si pu capire fenomenologicamente il resto, senza comprendere contemporaneamente noi stessi, che al resto apparteniamo. Comprendere fenomenologicamente il modo di conoscere che condividiamo con gli animali: un gatto presumibilmente comprende se stesso all interno del contesto, e il contesto insieme a se stesso. Se l esperienza sempre pragmatica, l approccio pragmatista non necessariamente esperienziale: per entrare in contatto con l esperienza non si tratta di trovare un modo pi adatto di concettualizzarla. Rispetto a capire concettualmente, l esperienza semplicemente un altra cosa! 2 c. Il pensiero di Brentano nella psicoterapia della Gestalt Nella psicoterapia la teoria strettamente funzionale alla pratica, nel senso che i concetti spiegano perch si fa ci che si fa nella pratica, e cos la supportano. Con una metafora triviale, si potrebbe dire che la teoria sta alla pratica come il manico sta alla padella: difficile maneggiare una padella senza il manico. Ora, un paio di secoli fa accadde una rivoluzione sostanziale nella storia del pensiero. Un certo Kierkegaard, un temperamento nervoso e molto suscettibile, decise di infastidire il suo tempo con un affermazione all epoca semiblasfema: disse che la vita non una domanda che aspetta di trovare una risposta, ma un esperienza che aspetta di essere vissuta. Mentre il principale oggetto del pensiero era sempre stata la verit, qui invece risulta della massima importanza la responsabilit, vale a dire ci che ognuno intende fare della sua esistenza. Ma se l interrogativo principale cosa ognuno vuole fare della propria esistenza, la conoscenza stessa diventa ad personam: non si pu che costruire una propria teoria del mondo, adatta alla gestione della propria esistenza. Ognuno, in effetti, elabora sempre, pi o meno consapevolmente, una propria rappresentazione della realt: poich questa rappresentazione funzionale alla sopravvivenza, chiaramente ognuno tira l acqua al suo mulino, e rappresenta il mondo dal punto di vista dei suoi bisogni. L esistenzialismo legittima questa soggettivit: guardando da questo punto di vista, ognuno ha il diritto di elaborare una propria teoria della realt. Con Husserl, che estende il concetto di Brentano di intenzionalit della percezione verso il suo oggetto all intenzionalit dell atto di percepire, questo modo di conoscere il mondo diventa la fenomenologia, vale a dire la teoria della percezione intenzionale: la percezione, base biologica della conoscenza, viene considerata qui una funzione specifica dell organismo e quindi al servizio dell organismo, che percependo d senso al mondo. Per dare senso qui si deve intendere anche sensualit, piacere di sentire e di vivere: percepire rende il mondo

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pieno di senso e di conseguenza lo trasforma da landa fredda e desolata, che come appare negli stati depressivi nel luogo della desiderabilit, che il mondo abitabile. Evidentemente in questo punto di vista non c posto per una conoscenza che non sia contenuta e limitata dall essere dell organismo nel mondo: si tratta dell essere nel mondo e nel tempo, dell esistenza e della sua teoria, l esistenzialismo appunto, come lo chiamer Heidegger, dando una specifica base concettuale al termine. Brentano formula il concetto di riferimento intenzionale: con questo intende che non c percezione senza percepito. Non c amore senza amato, non c odio senza odiato, non esiste un attivit percettiva che va in giro e sente quello che c da sentire: nella visione di Brentano la percezione si struttura insieme al percepito, diventa percezione in presenza del percepito. Per Brentano dunque la percezione un operazione attiva. Il mondo che noi conosciamo, secondo questo punto di vista, non davvero come sembra, ma siamo noi che lo costruiamo cos nel restituire il percepito. C una differenza fondamentale tra l idea che Freud ha della percezione e quella che ne ha Brentano: nella visione freudiana la percezione analoga a ci che oggi chiameremmo un registratore, mentre nella visione di Brentano la percezione, piuttosto che una riproduzione pi o meno fedele, una traccia della realt, come una cicatrice la traccia del coltello che passato nella carne. Non appartiene al pensiero corrente l implicito che il veduto contenuto nel vedere, mentre invece uno dei fondamentali strumenti di lavoro della psicoterapia della Gestalt. L approccio gestaltico rimette il percepito nel percepire: quando il paziente dice sono arrabbiato, il terapeuta gli chiede sei arrabbiato con chi?, perch implica che non esiste rabbia senza oggetto della rabbia. Risulta evidente qui la derivazione teorica. Quando invece il terapeuta invita il paziente a scaricare la rabbia in un modo o in un altro, si tratta di una incongrua contaminazione dell approccio gestaltico con quello reichiano, che considera l emozione come un oggetto autonomo e non relazionale, e che come tale ritiene possa essere trattato. Freud deriva da Brentano il tema dell intenzione, ma per poterla conoscere oggettivamente, malgrado la sua intrinseca elusivit, concepisce l inconscio, un vero e proprio deus ex machina che permette di dedurre l esistenza di cause motivanti oggettive, le pulsioni, dai loro effetti contingenti e soggettivi, i cosiddetti derivati pulsionali. vero che gli esseri umani sono sempre diversi e non sono prevedibili, ma nel pensiero freudiano le intenzioni inconscie, le pulsioni, sono meccaniche, uguali a se stesse e orientate in primo luogo a oggetti interni, cio indipendenti dal contesto: in questa ottica l inconscio risulta stabile e conoscibile oggettivamente. La teoria della psiche di Freud elaborata sul modello della fisica dell epoca, dove il mondo veniva descritto come composizioni diverse degli elementi fondamentali e stabili, gli atomi: nella teoria freudiana si d un fattore primario, la libido, che in varie composizioni d luogo a tutto il mondo psichico nelle sue svariatissime forme. Un sistema di pensiero che permette appunto un indagine oggettiva della psiche. Il punto di vista gestaltico molto pi vicino alla visione di Brentano, dove la visione invece che a una fotografia assomiglia piuttosto a un quadro. Nella fotografia ci sono una infinit di particolari inutili, mentre in un quadro il pittore ha posto tutto quello che congruo al quadro e solo quello. La percezione come un dipinto, secondo Brentano: un prodotto intenzionato, la persona mette quello che vuole mettere. Questo non significa che non esistano aree oscure o inconsce nell esperienza umana, ma per Brentano non esiste, come per Freud, una coscienza inconscia, quel deus ex machina che d significato a tutto ci che risulta altrimenti incomprensibile, eliminando gli effetti del caso e gli insuccessi derivati dalla oggettiva difficolt di affrontare il mondo. Come nel pensiero di Brentano, nella Gestalt inconscio tutto ci che non sta sotto il fuoco dell osservazione: se si guarda qui inconscio tutto quello che sta l, e rimane inconscio anche tutto quello che non viene attivato da connessioni con processi consapevoli in atto. Se si registra qualcosa che, pur essendo potenzialmente interessante da conoscere, non si connette con niente di attivo, questo rimane quiescente, inconscio insomma: magari dopo un po' di tempo si connette a qualcosa che entrato in movimento, e diventa improvvisamente cosciente. Mentre l anima della tradizione cristiana immortale, indistruttibile e pu tutto quello che vuole, per Brentano la psiche capace di coscienza solo l dove rivolge l attenzione, e se guarda da una parte non vede dall altra. Anche Perls ritiene che inconscio ci che non si guarda, e che questo diventa cosciente quando ci si indirizza la propria attenzione. Guardare un operazione attiva, una costruzione, e quello che si costruisce non

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semplicemente oggettivo, qualcosa che fa capo all intenzione e alla responsabilit della persona, cio alla sua soggettivit. Freud usa come strada d accesso all inconscio le libere associazioni, mentre Perls afferma che le associazioni per essere significative devono essere riferite alla situazione dell organismo:124 se si associa liberamente il risultato diventa privo di senso, perch sono in realt i mutevoli bisogni esistenziali dell organismo, non quelli senza tempo dell incoscio, che si rivelano attraverso le associazioni, e quindi si possono comprendere solo ancorandole alle emozioni e le sensazioni di chi associa. Di conseguenza il metodo per lavorare con i sogni molto differente: mentre Freud chiede di associare liberamente sul sogno, in modo da ampliarlo al punto da far trasparire il mondo nascosto, che viene a questo punto compreso concettualmente attraverso l interpretazione dei simboli, Perls propone al paziente di identificarsi con ogni parte del sogno come se fosse un personaggio e di ascoltare cosa sente nei panni di quel personaggio. Quando il paziente parla essendo il personaggio, si manifestano evidentemente associazioni, che per non sono libere, ma vincolate alle emozioni che il paziente prova stando in quei panni, e che vengono comprese in primo luogo in una costruzione di senso, e solo in secondo luogo di significato. L operazione d forma alla dinamica endopsichica e apre possibili soluzioni sul piano esistenziale. Nella psicoterapia, il modo di interagire con la situazione pu essere infatti di tipo concettuale o esperienziale: interpretando si conosce sul piano astratto, mentre sul piano esperienziale bisogna inventare le parole per dirlo125 e i gesti per farlo per dare forma alla conoscenza. L elaborazione simbolica prevalentemente concettuale, mentre il piano esperienziale richiede soprattutto la mediazione della metafora: mentre il simbolo una mediazione tra la realt e i concetti, la metafora lo tra un esperienza e un altra esperienza. Nella logica freudiana l inconscio non conoscibile direttamente e per questo si analizzano i derivati dell inconscio:126 per esempio, si analizza concettualmente un lapsus e si interpreta, in base alla metapsicologia, cosa sta dietro in termini pulsionali e psicodinamici, ma il contenuto esperienziale del lapsus resta comunque fuori portata, dato che il sentire qui non considerato una via autonoma della conoscenza. Nel sogno, i freudiani prendono come base di realt le immagini e con l interpretazione ci adattano il vissuto, spiegando percha una tale situazione corrisponda un tale vissuto e appellandosi ad architetture intrapsichiche quando le connessioni non sono evidenti: nella psicoterapia della Gestalt al contrario, si prendono come base di realt le emozioni e le sensazioni del sogno, e si elabora il vissuto attraverso l espressione. Esprimendosi infatti, si pu articolare e diversificare gli accadimenti, dando forma a desideri e a modalit di interazione che aprono agli eventi futuri. Insomma, se si sogna un omicidio e si rimane emotivamente neutri, per un freudiano molto probabilmente segno di rimozione, mentre per un gestaltista no: base di realt qui l emozione, non l immagine, che invece metafora, e come tale solo evocativamente congrua. Nella visione freudiana, attraverso le rimozioni, gli spostamenti, le condensazioni, l inconscio presenta un discorso travestito: come se ci fosse dentro di noi un delinquente, che fa consapevolmente finta di essere una brava persona e parla in modo cifrato per non far riconoscere le sue malversazioni. L ottica gestaltica invece non si indirizza alla decodifica di un presunto fiume sotterraneo che scorre nascosto in parallelo alla superficie, e prende, piuttosto, in considerazione le difficolt di un organismo che deve sopravvivere nel mondo. Per fare un esempio, se non si abbastanza aggressivi non si trova il proprio spazio, se si troppo aggressivi si rischia di non sopravvivere. tutt altro che facile trovare un sistema per vivere nel mondo gestendone soddisfacentemente le difficolt. Nella logica freudiana il problema decodificare il mondo inconscio per dare significato alle stranezze della vita quotidiana, e per obbligare alle sue responsabilit il trasgressore interno: nella logica gestaltica si tratta di aiutare la persona a ottenere dalla vita ci di cui ha bisogno, di aiutarla a elaborare comportamenti che gli permettano di avere una relazione soddisfacente con il mondo. Il tema dell inconscio viene dunque risolto in modo differente dalla psicoterapia della Gestalt e da Freud: nella psicoterapia della Gestalt si intende per inconscio tutto ci che non attivo ed entra in moto solo quando viene chiamato in causa, mentre per Freud un organizzazione psichica sotterranea, attiva autonomamente, come un

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governo dentro il governo. L inconscio sarebbe, in questo senso, la nostra mafia interna, una intenzionalit nascosta che corre parallela e autonoma come se avesse una sua specifica coscienza e volesse delle cose differenti da ci che vuole l io. (Intendendo per io una funzione che indica la persona, con una struttura intrapsichica, che viene invece scritta con la lettera maiuscola: Io). Questo il punto di vista che giustifica il procedere attraverso le libere associazioni: in una visione gestaltica invece, dove inconscio ci che non si guarda, per avventurarsi in aree inconsce si procede a buccia di cipolla, dalla superficie verso la profondit, come sbucciando una cipolla, levando un velo dopo l altro ma mantenendosi sempre in contatto con l esperienza cosciente, cio con quello che la persona sente momento per momento: un approccio dunque dalla superficie, non di superficie.127 L idea fondante di questa modalit di elaborazione del vissuto il riferimento intenzionale di Brentano, la considerazione che il sentire sia legato al sentito: nella psicoterapia della Gestalt il rapporto con l incoscio non pi, come nella tradizione freudiana, l elaborazione dei suoi derivati, ma questo andare passo passo consapevolmente da un esperienza cosciente a un altra, sbucciando la cipolla alla ricerca delle situazioni che richiedono compimento e che, almeno sul piano dell espressione, pu essere sempre trovato. Poich nel pensiero gestaltico non vi un mondo inconscio oscuramente cosciente e autonomamente intenzionato, qui l operazione principale del lavoro psicoterapeutico non scoprire lo sconosciuto. Se il paziente sente rabbia, un freudiano direbbe: associa liberamente. Un gestaltista direbbe: Se ascolti questa sensazione di rabbia, a chi la riferisci? cercando cos di riportare la rabbia al suo oggetto, che contenuto nell esperienza cosciente dell emozione. Il freudiano, da parte sua, cerca le connessioni tra la rabbia del paziente e questo mondo interno inconsciamente conscio, mentre nella psicoterapia della Gestalt si porta la persona a connettersi con gli oggetti della sua emozione: se sei arrabbiato con me, dimmi che sei arrabbiato con me e ascolta che effetto ti fa dirmelo pu dire per esempio il terapeuta. Un altra affermazione fondamentale di Brentano riguarda il doppio processo costitutivo della percezione: c una percezione primaria e una percezione secondaria. La percezione primaria l accorgersi dell oggetto fisico che sta fuori, la percezione secondaria il fenomeno psichico, cio l effetto che avviene dentro la psiche in concomitanza con l oggetto percepito fuori. Si vede qualcosa: in riferimento al mondo fuori, si dice grande, piccolo, bianco nero; in riferimento al mondo dentro, piace o non piace. Mi piace, non mi piace, si riferisce alla qualit. Questi temi vengono trattati anche dalletologia, nella teoria degli istinti di Konrad Lorenz,128 nella quale un istinto si considera composto di tre parti: un elemento attivante esterno, variabile ma riconoscibile in base a un suo precursore fissato geneticamente; un meccanismo scatenante innato, fisso; un movimento scatenato, che negli organismi geneticamente predisposti allapprendimento fisso nello scopo ma variabile nella modalit, la quale dipende appunto da quello che lorganismo in questione ha contingentemente appreso nello specifico dellambiente in cui vive. In questa teoria appare chiaramente come il meccanismo scatenante innato abbia bisogno di un seppur minimo apporto esterno a cui riferirsi (riferimento intenzionale), in primo luogo riconoscendolo (fenomeno primario) e, in secondo luogo, scatenando una reazione emozionale e motoria dellorganismo (fenomeno secondario) che, per quanto soggettiva, quella che fa da ponte fra l organismo e il suo ambiente e che realizza la qualit della sua vita. L oggetto fisico misurabile quantitativamente, il fenomeno psichico qualitativamente. Se la percezione fenomeno fisico e insieme fenomeno psichico, quantit e qualit: l osservazione naturalmente quantitativa e qualitativa. L osservazione qualitativa avviene dentro di s,129 ma lo psicoterapeuta deve essere dentro la relazione con il paziente per rendersene conto: non pu accorgersi di cosa sente osservando l altro da una posizione di neutralit al di fuori dal contesto. Se vuole entrare in contatto col fenomeno secondario, cio con l effetto che gli fa la persona, la deve percepire facendo parte dello stesso contesto, e in questo caso si pu dire che il paziente, piuttosto che osservato, compreso esperienzialmente dallo psicoterapeuta.130

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Nella psicoterapia della Gestalt la comprensione che il terapeuta ha del paziente non una comprensione solo quantitativa, ma anche qualitativa, cio una copresenza nell esperienza: come si dice in fenomenologia, una conoscenza intersoggettiva. Se si arrabbiati con qualcuno come si fa a sapere se si arrabbiati proprio con quella persona o non piuttosto per esempio con la propria mamma?! Se si guarda con un ottica freudiana in realt non si pu sapere, mentre se si guarda con un ottica gestaltica il problema si sposta: non importa, infatti, se si arrabbiati con qualcuno proprio in quanto tale o per le proprie proiezioni, il problema cosa fare di questa rabbia, esprimerla, tenerla per s, reprimerla, al limite agirla. Il riferimento intenzionale comporta un altro importantissimo punto fermo per i gestaltisti: Perls chiamava la Gestalt la filosofia dell ovvio, volendo dire che, riferendosi all esperienza, il garante dell esperienza l ovviet, ed trasparente la stretta parentela con Brentano, che fonda la filosofia dell evidenza e il riferimento intenzionale: l indagine psicologica garantita dall evidenza perch nell intenzione c l intenzionato, dove c odio c anche un odiato e quell odio e quell odiato sono legati insieme; quell odio specifico a quell odiato e quell odiato specifico a quell odio, e quando si entra in contatto con quell odio si trova subito l odiato a cui si riferisce. La filosofia dell evidenza un punto di vista in cui per elaborare le aree inconscie bisogna cercare la connessione tra l esperienza e l esperito, una connessione ovvia, perch esperienza e esperito non sono veramente separabili. Nel lavoro gestaltico non si ricorre al tema dell incoscio e alle ipotesi metapsicologiche per chiarire le situazioni. Se si chiede secondo te perch successo? Sar successo per questo o per quest altro? Potrebbe essere successo per questo?, non per gestire concettualmente la situazione: queste domande sono solo canalizzazioni dell attenzione per avvicinarsi all esperienza. La coscienza che l approccio gestaltico porta la coscienza dell esperienza: qui si scopre davvero solo quello che si esperisce, quello che non si esperisce rimane ipotetico e abita nella dimensione dell astrazione. Dato che il pensiero gestaltico basato su un punto di vista organismico, cio guarda alla vita nell ottica dell organismo, una implicazione evidente che la psicoterapia della Gestalt necessariamente un approccio esistenzialista, poich nessun organismo ha il problema dell essere, ma solo quello dell essere nel tempo, cio dell esistere. Essere nel tempo significa, come dice Kierkegaard, che la vita non un oggetto di conoscenza, ma un esperienza che deve essere vissuta: d altra parte Binswanger, altro interprete fondamentale del pensiero esistenzialista, sostiene che se una persona delira che il vicino di casa un assassino, non ha paura perch pensa questo, bens pensa questo perch ha paura! Il delirio il tentativo della persona di dare senso alla propria paura, e di trovare un modo di gestirla o almeno di darle un posto nella propria vita. Nell ottica del riferimento intenzionale, per cui non c emozione senza oggetto dell emozione, si potrebbe dire che il delirio ha a che fare con una perdita (difensiva) di contatto fra la paura e la fonte del pericolo, a cui la persona deve trovare alternative per mantenere il senso della vita: se si sente paura, bisogna che ci sia un pericolo. Le alternative per sono razionalizzazioni che falsano il contesto, e alla fine peggiorano la situazione esistenziale. Gli psicologi della Gestalt hanno mantenuto nelle loro teorie della percezione l impianto intenzionale di Brentano: in questa ottica non si percepisce in modo lineare, vedendo semplicemente un particolare dopo l altro, ma a un certo momento si cominciano a cercare intenzionalmente particolari che concludano le Gestalt in corso, che mostrino cio insiemi sensati. La percezione va cercando un insieme sensato per l organismo, non affastella semplicemente una serie di particolari qualunque. Data questa intenzionalit, Perls ritiene che si possa fare il cammino inverso: l dove c un oggetto percepito c anche l intenzione che l ha costruito. Per esempio, ogni particolare di un sogno figlio di un intenzione: percependo l effetto che fa il particolare si risale all intenzione, diventando la tigre di un sogno e ascoltando cosa si sente essendo quella tigre, si rivela l intenzione con cui stata evocata nel sogno. 2 e. Gestalt e costruttivismo La psicoterapia della Gestalt un approccio organismico, e implica necessariamente un punto di vista evoluzionista: se si assume un ottica creazionista infatti, dato che questa non contempla la trasformazione come parte integrante del vivere, non resta pi niente di sensato da dire in tema di psicologia del cambiamento.

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Dal punto di vista evoluzionista la conoscenza uno strumento funzionale alla sopravvivenza. Si conosce per sopravvivere. Chi ha un gatto sa bene che, quando la mattina cerca di prenderlo per metterlo fuori di casa, non si lascia avvicinare: evidentemente il gatto conosce il mondo, e lo conosce anche bene, perch per quanto si cerchi di avvicinarlo con ipocrita noncuranza, non casca affatto nella trappola. Un gatto conosce meglio di molti esseri umani, che cascano nelle trappole pi banali. Il gatto non conosce, ovviamente, in termini concettuali, ma per accoppiamento strutturale131 o, in altre parole, in analogia con certe situazioni reagisce con certi comportamenti: per esempio di fronte a uno strisciante avvicinarsi della persona in lui accade un rapido allontanarsi. Ecco allora che da questo punto di vista il tema della conoscenza viene portato dagli umani indietro fino alle amebe, e copre uno spazio pi vasto di quello che di solito si prende in considerazione quando si parla del conoscere: rispondere con comportamenti che consentono la sopravvivenza struttura allo stesso tempo un mondo dotato di senso. Questo conoscere per sopravvivere, dai gatti alle amebe si chiama istinto, che nel linguaggio comune si definisce il sentire: il gatto sente qualcosa e scappa. Questo sentire sarebbe appannaggio anche degli esseri umani, se non avessero una inveterata tendenza a sostituire il sentire con il pensare, utilizzando soprattutto questo per conoscere il mondo. Non che il pensare non funzioni, ma anche il sentire funziona, e funziona molto bene, perch milioni e milioni di anni di vita sulla Terra hanno affinato attraverso il test della sopravvivenza le capacit di sentire degli organismi: chi non conosceva sentendo non solo non sopravviveva come singolo individuo, ma non lasciava molta discendenza. La vita emozionale semplicemente uno strumento di sopravvivenza, e per questo un sistema molto raffinato di conoscenza del mondo: se si ha paura, vuol dire che c qualcosa di minaccioso vicino. La minaccia pu essere indifferentemente concreta o fantasmatica, ma se c paura vuol dire che l organismo sta riconoscendo il mondo come minaccioso. vero che l emozione in realt non differenzia tanto tra mondo esterno e mondo interno, e non si pu sapere con certezza se il pericolo si immagina o se c davvero: ma dentro o fuori che sia, quando si ha paura comunque un pericolo si avvertito. Se il sentire via di conoscenza, quello che non abbiamo generalmente disponibile una verifica del sentire. Sentiamo, ma non sappiamo se questo sentire viene da dentro o da fuori, e il problema della conoscenza in realt il problema della buona conoscenza. Sempre si conosce in un modo o in un altro, ma in genere si conosce male, perch per essere buona la conoscenza deve essere un sistema dotato di verifica. Si tende a conoscere attraverso il pensiero, e ce ne fidiamo, appunto perch abbiamo da secoli sistemi per verificarlo. Da Platone in poi l umanit ha elaborato sistemi molto efficienti: con Cartesio132 sono diventati cos straordinari da poter permettere epistemologie, cio teorie della conoscenza attraverso teorie, seriamente affidabili. Un epistemologia infatti un sistema di verifica del processo conoscitivo attraverso il pensiero. Se per esempio qualcuno dice: la terra piatta, verifichiamo i metodi con cui l ha conosciuta e vediamo se hanno congruenza con l epistemologia a cui si riferiscono. Certe cose possono essere congrue a un epistemologia e non a un altra. Quello che si richiede al conoscere la congruenza non con qualunque epistemologia, ma con quella a cui si riferisce chi conosce. Le epistemologie devono riconoscere i presupposti a cui sono relative per essere affidabili, e in psicologia questo vale in modo particolare: le epistemologie di riferimento possono essere molto differenti, e quindi certi presupposti sacrosanti per una scuola, per un altra possono risultare pura idiozia, se non sono congrui con la sua base epistemologica. L epistemologia un sistema per verificare le teorie, i pensieri, la conoscenza concettuale. Per verificare il sentire e perch il sentire diventi sistema di conoscenza di cui ci si possa fidare, necessario, invece, un altro tipo di teoria della conoscenza: le fenomenologie, teorie della conoscenza attraverso la percezione, sono gli strumenti congrui a questa verifica. Le fenomenologie concordano sul fatto che la percezione individuale e soggettiva. Ora, come si verifica un mondo accessibile solo soggettivamente? Sul piano del pensare il quadro di riferimento classico la relazione fra soggetto e oggetto, in cui il soggetto copre l oggetto e in qualche modo si unifica a esso, vi aderisce, lo assimila in un eguaglianza del tipo io sono verde ed egli giallo: questa infatti implicitamente un eguaglianza, perch sottintende che l altro come me, ma di colore differente.

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La fenomenologia verifica in maniera completamente differente. Nell ottica fenomenologica, almeno in campo psicologico, non si pensa in termini di relazione soggetto- oggetto, ma soggetto- soggetto, cio in termini di relazione intersoggettiva, e questa visione collima pienamente con l ottica costruttivista: anche in questa non c un oggetto che va coperto di identit, ma c un incontro con un altro soggetto, differente per sua natura. Sia nel costruttivismo che nell ottica fenomenologica esiste solo il punto di vista, cio esiste solo la possibilit di conoscere dal punto da cui si guarda. La verifica si fonda allora nella relazione intersoggettiva: ascolto quello che l altro dice e sento un effetto, dico che effetto mi fa e l altro ha un effetto rispetto a quello che dico, e pi sono i rimbalzi e pi la distanza fra gli interlocutori viene abitata in modo congruo. In questo continuo rimbalzare consiste l intersoggettivit. E questo realmente oggettivo, perch davvero quando tu dici cos io sento questo, e davvero quando io dico cos tu senti quello che senti... L intersoggettivit quella che in termini filosofici si chiama circolo ermeneutico. un circolo perch non finisce mai: quello che sento io fa un effetto sull altro e quello che sente l altro fa un effetto su di me... e cos avanti all infinito. Non c un interpretazione che ferma questo movimento, c un interazione che procede all infinito, come all infinito procede la vita. L ermeneutica un interpretare che non interrompe il processo della vita. Fermo restando l importanza dei processi concettuali, se si pu prendere in considerazione il fatto che anche sentire emozioni e sensazioni un modo di conoscere, allora si pu capire come nell approccio gestaltico si lavori su due fronti paralleli, quello cognitivo e quello emozionale. Quando in una seduta si chiede alla persona: che cosa senti? ci si aspetta che facendo attenzione al sentire strutturi il mondo intorno a s in una maniera esistenziale, cio soggettiva nei termini del suo abitare dentro il mondo e del doverlo fare per la sopravvivenza, in quanto un essere vivente non pu prescindere da questo: il sentire nella Gestalt viene considerato un modo di conoscere particolarmente affidabile, perch affinato dall uso in milioni e milioni di anni di storia della vita sulla terra. Nell ottica della gestione dell intersoggettivit, un filosofo italiano, Pier Aldo Rovatti, ha proposto il concetto di abitare la distanza.133 In una seduta in effetti si abita la distanza, perch dire che la comunicazione intersoggettiva vuol dire che il soggetto non mai identico all altro soggetto: fra i due soggetti rimane sempre necessariamente una distanza, e questa distanza necessaria per una realt dinamica. Se non c distanza non succede niente. Un esempio concreto il ballo: due persone ballando abitano la distanza che c tra di loro e se stessero appiccicati l uno all altro non potrebbero ballare. Anche in una seduta, metaforicamente parlando, si balla, e in questo ballare vengono riattualizzate tutte le difficolt relazionali che il paziente ha: il paziente paga il terapeuta perch faccia un lavoro, che in un certo senso consiste nell assumersi la responsabilit del fatto che il paziente non sa ballare. Ballare con qualcuno che non lo sa fare poco piacevole, e richiede di aiutarlo a imparare: in questo il personale coinvolgimento del terapeuta inevitabile e, o si coinvolge o passa il tempo della seduta a farsi pestare i piedi dal paziente. L abilit di cui ha bisogno un terapeuta quella di far sperimentare al paziente una situazione dove riesce a ballare, a modo suo, magari in una qualche maniera idiosincratica, e riuscire a tornare a casa con i piedi interi! Naturalmente le persone fanno il meglio che possono, e il sintorno in realt il meglio che una persona sia riuscita a fare sul piano del comportamento. I comportamenti per sono architetture modificabili, e si lavora sui sintomi per aiutare le persone a dare forme pi soddisfacenti alla dinamica intrapsichica. Un comportamento, infatti, non altro che il modo in cui la persona gestisce le sue spinte interne: in preda alle varie correnti della sua anima costruisce qualcosa che magari lontano dall essere ottimale, ma il meglio che, nella condizione in cui e senza interferenze esterne, riesce a fare. La formazione di un comportamento si potrebbe illustare con la metafora della perla. Una perla comincia con un nucleo qualsiasi, un granello di sabbia sul quale si depositano molto lentamente strati successivi: anche un comportamento richiede un gran daffare per essere messo a punto. Comincia con una microesperienza iniziale, che pu avvenire anche semplicemente a livello teatrale e su questa pian piano se ne stratificano delle nuove: a un certo momento il comportamento diventa organizzato e utilizzabile in modo spontaneo. Il lavoro psicoterapeutico diretto alla costituzione di nuovi comportamenti, riguardo ad almeno tre aree in cui le persone in genere hanno bisogno di cavarsela abbastanza: l area della sopravvivenza, cio l area economica,

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quella affettiva e quella ludica. Labbastanza di Winnicott134 un metro di misura fondamentale del comportamento. Abbastanza: niente assoluto o decisivo, solo abbastanza realistico che queste tre aree debbano essere abitate in modo soddisfacente. Per strutturare nuovi comportamenti, importante che la persona colga differenziazioni nell esperienza: generalmente le persone dimenticano con grande rapidit, per cui anche quando sperimentano qualcosa di molto interessante, se non si pone il dito sopra, il ricordo sparisce in brevissimo tempo. Il senso della verifica qui legato all integrazione dell esperienza come luogo di diversit e di discernimento, e non avviene sul piano concettuale e linguistico, ma in primo luogo su una base sensoriale. Le persone imparano in primo luogo divertendosi, e come diceva la Montessori,135 imparano da chi amano: mettere l attenzione sul piacere struttura un atmosfera favorevole all apprendimento e d in genere una piccola scintilla affettiva sulla quale mettono pi facilmente radici le integrazioni. Per il lavoro di psicoterapia fondamentale la differenza fra identificazione ed empatia. L identificazione quello che nell etologia si chiama infezione emozionale, cio il sentire come proprio quello che sente l altra persona, un fenomeno naturale diffuso tra svariatissimi esseri viventi. Negli esseri umani, e probabilmente non solo, c un livello successivo, che si chiama empatia: non solo sento come mio quello che senti tu, ma mi ricordo che io sono io, mi accorgo che sento anche altre cose rispetto a te, e sento quello che sento verso di te, che senti ci che senti.136 Per inventare maniere nuove di comportarsi importante stare su un livello empatico, e ricordandosi che l emozione infettiva, ascoltare con attenzione e cercare di accorgersi se ci che si sente proviene da s o dall interlocutore. In una pratica fondata sull esperienza, dove per esperienza si considera non solo il fenomeno primario, ma anche quello che Brentano chiam secondario,137 la conoscenza richiede di essere relativizzata alle condizioni di chi conosce, e un epistemologia funzionale quella che teorizza questa relativit. Quando la psicoterapia della Gestalt mosse i primi passi teorici, il pragmatismo era il sistema di pensiero che meglio si adattava a questo: nell idea di William James credere fatto volontario e inevitabilmente connesso alle contingenze culturali e relazionali. James sottolinea che non ci si pu aspettare dall interlocutore che creda a una verit che gli porta pi svantaggi che vantaggi, o che metta gravemente in crisi la sua visione del mondo: si tratta in questo caso di una ipotesi morta a cui le persone rimangono inesorabilmente refrattarie.138 un punto di vista che non contrasta con la logica esistenzialista, che si basa appunto sul diritto di ognuno a amministrare come vuole la propria esistenza, e sul libero arbitrio anche in fatto di conoscenza. Il pragmatismo evidentemente una epistemologia congrua all esistenzialismo, dato che qui l autonomia di Weltanschauung del soggetto risulta indiscutibile: d altra parte la formulazione di James risulta non dissimile dal costruttivismo di Maturana, in cui la conoscenza sta al mondo come una chiave sta a una serratura, dove quindi conoscere un accoppiamento strutturale,139 e dialogare una co- costruzione. Il costruttivismo, il pi moderno sviluppo della teoria della scienza, molto pi duttile del pragmatismo e ugualmente congruo a una visione esistenzialista. Se il relativismo pragmatista si arrende all evidenza esperienziale dell interlocutore, il costruttivismo si appoggia su una visione evoluzionista del tema della conoscenza, dove non solo le operazioni conoscitive, ma gli stessi strumenti percettivi dipendono direttamente dal cammino dell Evoluzione, e conoscente e conosciuto sono inevitabilmente nella stessa barca. La conoscenza psicologica qui un avvenimento che si pu localizzare nella co- costruzione del dialogo fra soggetti, in modo da tenere presente le necessit contingenti delle parti in causa che, oltre a ogni altra considerazione, devono fare fronte ai quattro istinti fondamentali descritti dall etologia: fame, fuga, territorialit e sessualit. Fondamentale ponte teorico fra la fenomenologia esistenzialista e il costruttivismo il concetto di autopoiesi, che propone Maturana:140 si tratta di un rovesciamento del punto di vista relativo al tema dell identit che apre una falla sul sistema diagnostico tradizionale nel campo della psicopatologia. Da un punto di vista esistenzialista il diritto all autodeterminazione dello stile di vita fondamentale: non si pu dunque dichiarare che una persona disturbata senza che sia lei stessa ad affermarlo.141 Non possibile in questa logica descrivere un modello di essere umano sano, e neanche un modello di struttura psichica fondato sull osservazione dei comportamenti, e il concetto di autopoiesi, dove l appartenenza a una classe data dai

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bisogni e non dalle modalit di soddisfarli, spazza via appunto le classificazioni che attribuiscono patologie alle modalit comportamentali. Resta l esperienza soggettiva del disagio psichico, ed su questa che si pu sviluppare un sistema diagnostico fenomenologico, fondato appunto sulla comunicazione intersoggettiva. Il luogo dove la visione costruttivista non supporta l intervento psicoterapeutico quello della qualit: il pensiero concettuale procede per generalizzazioni, e conosce in termini universali, mentre la qualit indiscutibilmente e assolutamente unica e contingente. La funzionalit delle interazioni umane verificabile in modo molto differenziato su una epistemologia costruttivista: la co- costruzione di una ipotesi e l esperienza che ne consegue sono descrivibili in un linguaggio che mostri il cammino delle necessit organismiche degli interlocutori, ma il tema del valore resta fuori da tutto ci, e a un ottica solo costruttivista non resta che ancorarsi alla morale, o alla deontologia se si tratta di temi professionali. L etica, nel senso di esperienza e verificabilit personale del valore, si appoggia sulla fenomenologia in quanto conoscenza attraverso la percezione nella sua unicit e particolarit, con tutte le eccezioni che questo comporta e soprattutto con l intenzionalit (il libero arbitrio) come parte integrante del senso. L intenzione non conoscibile per deduzione e richiede la sua ammissione da parte del soggetto, senza la quale rimane semplicemente congettura, e la sua verificabilit risiede solo negli intrecci delle comunicazioni e dei vissuti delle persone coinvolte. L approccio fenomenologico esistenziale del resto si situa necessariamente al di qua dellorizzonte degli eventi, e sarebbe inutile per conoscere tutto ci che si situa al di l di questo: non potendo per ragioni di congruenza appoggiarsi a una teoria degli istinti, questo sistema di pensiero avrebbe serie difficolt a mappare una dinamica delle emozioni che fornisca una guida in termini di funzionalit nello svolgersi di una seduta. Se immaginiamo il sentire come una mano e il pensare come l altra, risulta chiaro il vantaggio di usarle entrambe invece che una sola: queste due forme di conoscenza possono accompagnare l essere umano di qua e di l dall orizzonte degli eventi, permettendogli cos di spaziare, con modalit diverse, in un campo veramente sconfinato.

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3 Agire 3 a. Comportamento e etica I comportamenti hanno una funzionalit, sono orientati a ottenere qualcosa. Si dice buongiorno per scambiare una qualche affettivit, se pur minimale, con una persona: si annuncia che non si minacciosi, e ci permette di stabilire uno stato di pace con l interlocutore come premessa all incontro. In pratica i comportamenti sono il modo con cui gli istinti si attuano concretamente per gestire la relazione degli organismi con il mondo. Nel linguaggio del computer, gli istinti corrispondono ai programmi. Oltre al computer medesimo, che sarebbe lhardware, esiste infatti il software, i programmi che lo fanno funzionare: gli istinti sono dei veri e propri programmi, che aiutano l essere vivente a sopravvivere. Appena si rompe l uovo e il pulcino esce fuori, c un istinto che lo induce a beccare: un comportamento geneticamente fissato, che gli permette di sopravvivere senza aiuti esterni. Gli istinti sono i programmi che supportano un essere vivente nella difficile impresa della sopravvivenza: se il pulcino appena uscito dall uovo non avesse programmi che gli permettono di agire, pur senza conoscere niente nel mondo, non avrebbe chances di sopravvivere. Anche i comportamenti umani sono legati agli istinti, ma mentre in molti animali sono i comportamenti stessi a essere programmati (il pulcino uscito dall uovo deve beccare per forza), negli esseri viventi che, grazie alla protezione di genitori, non sono costretti a dover sopravvivere da soli subito, la natura ha messo a punto un sistema ben pi sofisticato: questi non sono programmati per avere specifici comportamenti, ma per imparare comportamenti adatti alla sopravvivenza nell habitat in cui si trovano, che, nel caso degli esseri umani, dal punto di vista geografico pu variare dalle regioni artiche a quelle equatoriali. Un esempio di programmazione a imparare riguarda il linguaggio. Da tanto tempo si cerca di insegnare a parlare ai primati pi evoluti, senza ottenere grandi risultati. Questo non dipende da una mancanza di intelligenza: gli scimpanz sarebbero abbastanza intelligenti per imparare una lingua, ma non hanno un programma genetico che permetta loro di farlo. Gli esseri umani, invece, hanno questo programma e non riguarda una specifica lingua, ma la possibilit di imparare, e cos possono imparare una quantit di lingue diverse. Essere programmati per imparare comportamenti implica la differenza fra avere a disposizione un set limitato e una infinita quantit di comportamenti possibili, con l unico limite delle proprie capacit creative: data la capacit di imparare una lingua, una persona pu imparare qualunque lingua sia stata inventata, o che si inventi da sola:142 nel programma genetico di apprendimento implicito lo scopo del comportamento (nell istinto della fame implicito lo scopo della nutrizione, in quello della fuga lo scopo di sottrarsi al pericolo, ecc.), mentre non ne definita la modalit, e si pu, per esempio, fuggire in qualunque maniera si riesca a farlo in relazione alla specificit dei pericoli che si possono presentare nelle diverse situazioni. L invenzione di forme di comportamento un tema centrale per gli esseri umani: gli adolescenti, per esempio, si devono inventare la vita, dovendo affrontare innumerevoli situazioni non ben determinate e per le quali di solito non ci sono comportamenti gi pronti. Quando la storia corre come un treno, come negli ultimi cinquant anni, a distanza di una generazione i comportamenti tradizionali sono diventati carta straccia: un ragazzo che cercasse di comportarsi a un ballo come si faceva cinquant anni fa non avrebbe nessun successo. Gli adolescenti devono per forza inventarsi comportamenti nuovi, che siano connessi col periodo storico che stanno vivendo. I comportamenti sono adeguati a un sistema sociale e culturale, cio sono tenuti in piedi e tengono in piedi una societ e una cultura: ogni cultura, per la sua sopravvivenza e quella dei suoi membri, pone limiti e regole che obbligano alla tradizione, anche quando per l individuo questa sia disfunzionale. Queste regole sono la morale, quello che oggi si chiama il politicaly correct; ogni societ tende a spacciare queste regole per etica, cio per un valore, mentre si tratta semplicemente di modalit comportamentali di validit comprovata dall uso, che se rispettate da tutti permettono una viabilit scorrevole alla vita sociale. Naturalmente si tratta di comportamenti che sono pi funzionali per alcuni e meno per altri, e si capisce quindi come l amore per la tradizione non sia universalmente radicato: non sono poche infatti le persone che inclinano alla trasgressione.

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In realt tradizione e trasgressione non sono le uniche alternative: i comportamenti sono determinati biologicamente nello scopo ma non nella forma, e soggetti al processo creativo, sottendono evidentemente spinte psicodinamiche che li costruiscono, facendoli condensare all interno dei loro campi di forze. Dietro un azione c un sentire e un pensare che potrebbero dare forma creativamente all azione: in genere si usano, invece, forme pi o meno stereotipate di comportamento, in cui si sacrificano alla voglia di successo le variopinte specificit dei propri bisogni contingenti. Solo dove la creativit entra in gioco, il comportamento prende forme imprevedibili che sfuggono alla trappola tradizione/ trasgressione. Merleau- Ponty diceva che il corpo allo stesso tempo il luogo del pensiero e il luogo dell esperienza percettiva, e che abitando insieme non richiedono quindi una ulteriore integrazione strutturale:143 ancora pi radicalmente si potrebbe affermare che pensare e sentire, nella loro incommensurabilit, costituiscono il campo di forze all interno del quale pu prendere forma l azione, e senza il quale non ci sarebbe posto per il libero arbitrio. Dove il sentire non si dialettizza con niente il comportamento rimane obbligato e inalterabile anche nelle situazioni in cui si rivela altamente disfunzionale: basta per un istanza interna che si contrapponga per raggiungere quella che Melanie Klein chiamava la posizione depressiva,144 una posizione psichica adulta che non si nutre pi dell illusione che le difficolt della vita vengano dall esterno, e attraverso questa limitazione apre agli infiniti spazi permessi dalla creativit. Per chiarezza concettuale bisogna inoltre distinguere fra un comportamento e il comportamento. Un comportamento sta a una storia come una parola sta a un discorso, mentre il comportamento si riferisce a quell insieme che i comportamenti articolandosi producono, un comportarsi che equivale a uno stile di conduzione delle proprie storie, e che per brevit si pu considerare equivalente a produzione di storie. Un comportamento isolato come una parola isolata, ha significato ma non ha senso. Come con le poche migliaia di parole di cui dispone una lingua si possono scrivere infiniti libri, cos con un numero limitato di comportamenti si possono far esistere infinite storie, e per questo l area del comportamento definibile come un campo dell arte: come l infinita variet delle forme visibili permette l esistenza delle arti plastiche, l infinita variet delle storie permette un arte del comportamento, il teatro, che se da una parte arte delle forme, dall altra si pu appunto considerare arte del comportamento. Il teatro, infatti, inventa continuamente modi di vivere storie in un altra maniera. Dall inizio dei tempi il teatro mappa le rotture dei confini.145 In una societ primitiva, e in modo diverso anche in una avanzata, fuori dei confini del comportamento conosciuto non c niente, tutto quello che non rientra nell usuale viene censurato, esiliato come errore o colpa, nel migliore dei casi come volgarit. Il teatro va dietro all esilio, va a vedere cosa succede quando qualcuno rompe un tab e viene esiliato: lo segue e canta la sua storia fuori del conosciuto, e cos inventa un altra parte di realt, articola comportamenti in nuove storie, adatte a mondi nuovi. Canta per esempio la storia di Edipo, il re dei trasgressori, dalla caduta fino alla morte: Edipo a Colono146 l ultima parte della sua vita, e il confronto con la compiutezza del suo destino. Amato dalle figlie e perseguitato dai figli, pretende giustizia per s, come una persona qualunque: cieco e mendicante fa appello alla clemenza dei cittadini, si difende, in un modo in cui ognuno pu riconoscersi, e pur vantando uno speciale rapporto col divino rimane fino all ultimo un uomo come tutti, malgrado abbia oltrepassato la barriera di un tab fatale. Il teatro lo accompagna in quello che si chiamerebbe il follow- up, quel seguire il paziente dopo la fine della psicoterapia per osservare gli effetti del lavoro fatto. Edipo viene seguito fino alla fine, viene mappata la sua avventura dalla caduta fino alla morte come testimonianza di ci che ha sperimentato al di fuori del terreno conosciuto. Un altro esempio evidente Romeo e Giulietta.147 Romeo e Giulietta rompono un tab, l inimicizia di clan. Una famiglia ha dei nemici, e l inaffidabile rampollo intreccia una relazione d amore proprio con la figlia dei nemici! Sarebbe dura anche oggi, ma all epoca in cui si svolge la storia quando si usciva di casa non si era certi di potervi ritornare. Le citt erano pericolose allora, molto pi di oggi, e farsi uccidere per futili motivi era facilissimo. All epoca la differenza fra amici e nemici era della massima importanza, un nemico era una questione seria: infatti, a un certo momento, a Romeo capita di uccidere il fratello di Giulietta, fatto che risulta tragico solo perch appunto il fratello della donna che ama, non perch un omicidio.

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Il teatro racconta, mappa, questa trasgressione alle regole che l amore fra Romeo e Giulietta, questo aneurisma, questa rottura fuori: la canta, le d forma apprezzabile e la riporta cos dentro all esperienza conosciuta, ed come se alla fine ritrovasse posto dentro il contesto sociale come qualcosa che si pu comprendere e per cui si pu avere compassione. Si pu dire allora Ah! In fondo non molto diverso di quello che succede normalmente. E allora dopo Romeo e Giulietta innamorarsi di qualcuno di una famiglia nemica non poi cos terribile. Si dice Ah! come Romeo e Giulietta, e gi in questo richiamo c come un permesso, una possibilit di esistenza, viene riportato nel novero delle cose possibili: anche se non viene necessariamente approvato, in qualche modo diventato normale. Il teatro dunque uno strumento fondamentale per il recupero della trasgressione. In un certo senso si potrebbe vedere come un meccanismo fisiologico, come un meccanismo di risparmio, che automaticamente cerca di recuperare il pi possibile delle esperienze umane, come se l umanit cercasse di non perdere i suoi figli, o di perderli il meno possibile, di dar loro comunque una chance. E in questa maniera la cultura (intendendo per cultura la consapevolezza delle interazioni dell essere sociale, dell avere un dialogo), si differenzia, cio le regole cominciano ad ammettere eccezioni: Eh s, lui si messo con la figlia dei nemici! Eh, ma era innamorato! Ah, se era innamorato allora..... E le eccezioni piano piano intaccano le regole, le fluidificano, le fanno diventare pi flessibili, e la compagine umana differenziandosi si allarga, e c pi spazio appunto per il differente. Questo significa meno omogeneit. Non c bisogno infatti che tutti facciano la stessa cosa, che tutti pensino la stessa cosa, che tutti seguano gli stessi rituali. Nella storia umana, a proposito delle differenze non c mai stata tanta tolleranza: accadono ancora massacri per differenze di religione, di lingua. La difficolt di accettare il diverso enorme, opporsi al diverso una reazione istintiva anche nella razza umana. Essendo un luogo dove si sperimentano modi di gestire le storie, il teatro strumento per avvicinare il diverso, perch permette di avvicinarsi al diverso in un contesto che, a sua volta, diverso dal mondo cosiddetto reale. Il teatro in effetti si svolge in uno spazio che, in un linguaggio psicologico, si direbbe transizionale: non n solo una fantasia, cio non avviene solamente in un luogo interno, ma non neanche il mondo esterno. Nella vita concreta non si pu uccidere impunemente, perch poi la persona muore: in teatro si uccide e nessuno muore. Trasgredire rispettando i limiti: il teatro ricerca in termini funzionali e sociali e d luogo anche a una produzione di valore etico, oltre che estetico. uno spazio di sogno o, si potrebbe dire, il sogno l antesignano del teatro. Il sogno sembra essere il fenomeno naturale a cui gli esseri umani si sono ispirati per inventare il teatro. Nel sogno pu succedere qualunque cosa, e l intensit non minore che da svegli, anzi lo di pi:148 le emozioni sono pi forti che nel mondo reale, ma poi al mattino tutto finito, tutto torna come prima. Una persona sognando vive spesso un esperienza che mai e poi mai potrebbe vivere da sveglio, e lo stesso nel teatro: si vivono storie e avventure, che mai e poi mai si potrebbero vivere nella vita quotidiana. Ci si pu rendere conto di quanto questo sia importante se si pensa che buona parte del tempo libero viene dedicato dalle persone al cinema, alla televisione, a letture o al teatro, tutte variazioni sul tema del sogno. Gli esseri umani in realt, appena hanno un po' di tempo libero si mettono a sognare. Su questa base naturale si sviluppata l industria dello spettacolo, che produce e offre in vendita prefabbricati tutti i sogni possibili, e anche quelli impossibili. Ora, considerata l importanza che hanno per la sopravvivenza, i comportamenti ovviamente sono valutati in primo luogo per la loro funzionalit: hanno per cos dire una preminenza di valore sul piano meccanico (riesce l individuo a sottrarsi al pericolo con questo comportamento e si salva, oppure no? ecc.). Nello specifico dell esperienza umana, dove l habitat della specie si identifica in massima parte nella societ, il comportamento per essere atto alla sopravvivenza deve avere una ratifica sociale, e quindi valutato secondo il metro morale. In genere, come se, una volta rispettate le regole, non importasse tanto il valore del comportamento, basta che funzioni: d altra parte anche l arredamento di una casa pu essere brutto e funzionale, per molto differente se anche bello. Il processo analogo per il comportamento: pu essere di basso livello etico e funzionare lo stesso, ma diverso se ha un livello etico alto. I quartieri periferici delle citt hanno in genere un architettura fatta secondo criteri commerciali, che non rispondono minimamente a bisogni estetici: mentre un paese medievale nasce e cresce in relazione ai bisogni

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delle persone che vi risiedono, i quartieri nuovi delle citt moderne sono buttati l e le persone vi vengono praticamente deportate. Sono i famigerati quartieri dormitorio, cos inadatti alla vita da indurre le persone a rientrare appunto solo per dormire. Per la vita delle persone fa differenza se l architettura bella o brutta: un quartiere esteticamente malmesso comporta anche una bassa qualit di vita. Sembrerebbe illogico, se le case esistono e funzionano, cosa abbassa la qualit della vita? Evidentemente la struttura del quartiere, la struttura dei palazzi, la struttura interna degli appartamenti, il valore estetico insomma dell architettura in questione influisce sulla qualit della vita delle persone, che visibilmente si degrada. Anche sul piano del comportamento, il valore (in questo caso specificatamente il valore etico), influisce sulla funzione. Il comportamento pu funzionare anche se non di grande livello etico: piano piano per, il basso livello etico inquina la quotidianit e la vita diventa grigia, brutta, senza gusto. Il rispetto di un livello etico nel comportamento non un problema morale, perch non si tratta di obbedire a leggi: alle leggi si obbedisce anche con un comportamento poco etico. Per esempio, essere scortesi non proibito dalla legge, per eticamente qualcosa di scadente, come se le persone scortesi accumulassero intorno spazzatura e facessero degrado intorno a s. Il valore etico non si pu dedurre dalle regole, non questione di obbedire o meno a regole di qualche tipo. Ha a che fare con l esperienza: un comportamento etico paragonabile a un oggetto bello. Che cosa differenzia un oggetto bello da un oggetto brutto? Non ci sono regole per questo, l estetica non ha leggi anche se rigorosa, e riguarda l esperienza: la bellezza di un quadro un vissuto della persona, che fa l esperienza del quadro. Lo stesso vale per il comportamento. Non si pu affermare che buono per considerazioni concettuali: sono le persone che osservandolo e sperimentandolo possono riconoscerlo come di maggiore o di minor valore, in base al loro esperire all interno della situazione nel suo insieme. Quando il comportamento ha valore etico? E quando la forma ha valore estetico? La bellezza di un quadro in cosa consiste? Un opera d arte si riconosce fondamentalmente dal fatto che si pu guardarla per tanto tempo senza annoiarsi: l esperienza estetica un esperienza che alimenta continuamente l interesse, la curiosit, il piacere e la fantasia di chi guarda. Questo si pu dire anche a proposito del valore etico del comportamento: c quando desta interesse nell interlocutore, lo sveglia, lo apre, gli fa venir voglia di partecipare e di rispondere. Le grandi opere teatrali e le grandi opere della letteratura portano spesso in scena comportamenti di straordinario valore etico. Ne I fratelli Karamazov,149 uno dei fratelli viene condannato alla Siberia per l uccisione del padre. Ivan, convinto che il fratello sia colpevole, ma che abbia ucciso perch istigato dai sui discorsi eversivi, va anch egli in Siberia. Pur essendo tecnicamente innocente, l anima di Ivan ferita senza rimedio dall accaduto: la modalit che allora sceglie per vivere la storia accompagnare il fratello nella prigionia. Dal punto di vista della ragionevolezza sembra una scelta senza senso, ma in realt un fatto straordinario, profondamente mitopoietico:150 una persona che rinuncia senza necessit a una vita borghese, pi o meno comoda, per andare in Siberia, che un vero inferno in terra! un avvenimento che trascina in una avventura incredibile, e porta a intuire l esistenza di qualcosa di cos grande valore per cui neanche l inferno della Siberia un prezzo troppo alto! Quando un comportamento ha valore etico porta ispirazione, fa sognare quanto un quadro di Leonardo, apre la via a un abisso di profondit e di potenzialit. come se, invece di essere schiacciati da una quotidianit ripetitiva e senza orizzonte, si aprisse un panorama immenso, si scoprissero dentro di s immense potenzialit: si scoprisse come la quotidianit stessa, il semplice ripetersi di una vita pi o meno sempre uguale, abbia all interno spazi infiniti, perch in realt pu essere vissuta in maniera che permette una continua ricerca e una creazione di valore etico. Il procedimento della creazione somiglia un po' a cucinare: i comportamenti, come gli alimenti, si cucinano, cio si compongono e si separano secondo l effetto generale che si cerca di ottenere. Quello che rende interessante questi accostamenti naturalmente la differenza fra le componenti: le potenzialit delle relazioni umane sono basate in realt sull incontro delle differenze. Veramente interessante infatti parlare con una persona che sente,

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vede, pensa cose diverse da noi, senza cercare di adattarla alla nostra esperienza n di adattarsi alla sua: per farlo bisogna per aprire dentro di noi lo spazio per la diversit. Ci vuole infatti uno spazio interno abbastanza grande da contenere le proprie cose e allo stesso tempo quelle dell altro, in modo che possano interagire fra loro fabbricando qualcosa di nuovo. come per il ping- pong: se non c qualcuno che faccia pong inutile fare ping: ma quello che fa pong necessariamente altro da s.151 Se si apre uno spazio interno che contiene il ping e anche il pong, c almeno la possibilit di giocare a ping- pong, che intanto gi qualcosa. Se c la possibilit di vedere da un punto di vista e contemporaneamente anche da un altro, e i due punti di vista diversi non si contendono la ragione, c anche la possibilit che la persona riesca a inventare un terzo punto di vista, pi ampio, che li contenga ambedue. Se ci si rende conto poi come il sentire e il pensare nella loro intrinseca diversit siano il motore dell azione, si capisce come proprio questo il modo in cui l anima umana si dipana, si allarga, esce dalle sue strettezze, conosce il mondo, si diverte e vive. anche il modo per cui possibile che una democrazia sia non solo formale, ma diventi sostanziale: la sostanza di una democrazia dovrebbe essere infatti lo spazio per il processo dialettico. Una democrazia vera e propria sarebbe quella dove una parte ha bisogno dell altra, invece di sopportarla malamente: la democrazia reale e non solo formale, e quindi anche davvero efficace, una situazione dove una tesi si pone di fronte all antitesi non per schiacciarla, ma per salire insieme fino alla sintesi. Cos funziona il processo dialettico descritto da Hegel sul piano filosofico, che rappresenta bene ci che per la psicologia risulta essere il processo creativo. Un atto creativo necessita di due poli, una tesi e un antitesi, che non potendo ridursi a uno per la loro irriducibile differenza, e non volendo annullarsi reciprocamente, poich reciprocamente si riconoscono esistenza e pari dignit, fanno esistere fra di loro una tensione: quando in questo campo energetico compare qualcosa che include ambedue i poli si ha la creazione. Creazione non per in s sinonimo di valore etico: nel campo del comportamento fra due poli non solo la salita alla sintesi che si pu produrre, ma anche la discesa al sintorno. Il comportamento sintomatico per lo pi identificabile con una mancanza di valore. Si pu infatti considerare la sintesi come una creazione, la cui caratteristica un livello energetico superiore ai poli, che permette di contenerli ambedue, e il sintorno una creazione che invece una caduta di livello, senza spazio sufficiente neanche per una delle due parti. Ma per riuscire a utilizzare le potenzialit di interesse reciproco e ottenere delle sintesi, necessario che gli esseri umani riescano a gestire le loro numerose difficolt: una delle pi grandi la competizione. Quando c guerra, la creativit va ovviamente in secondo piano di importanza rispetto alla vittoria: gli esseri umani sono tutti competitivi e quindi anche in caso di pace facile che il rapporto sia spesso competitivo anche quando apparentemente amichevole. Questo comporta di regola malessere, difficolt, rabbia e paura: le persone si spaventano, si chiudono e pi sono chiuse meno sono flessibili, e la competizione diventa allora l unica opzione possibile e la creativit non ha pi chances. Un modo tipico di essere competitivi in modo difensivamente mascherato pretendere di avere ragione. un comportamento molto diffuso, ed un modo di essere concorrenziali. D altra parte, paradossalmente difficile anche avere a che fare con persone che sono sempre d accordo: dopo un po' la situazione disperante e si ha voglia di stare da soli. Data la difficolt che la competizione comporta, le persone tendono a comportarsi in modo conformista, e per questo innocuo: ma i comportamenti innocui non hanno neanche nessun valore etico, e il risultato un impoverimento della vita, che provoca noia e alla lunga depressione. Questa una malattia sociale del nostro mondo, che varia secondo le difficolt della vita e le risorse di cui ognuno dispone: comunque il problema con cui si scontra continuamente la giovent. I giovani infatti si annoiano talmente tanto nel conformismo da comportarsi trasgressivamente solo per distrarsi un po'. Non si divertono abbastanza nella vita di tutti i giorni, stanno scomodi nel mondo, non sanno cosa fare. Questo dipende in gran parte dal fatto che non hanno un linguaggio comportamentale abbastanza articolato da riuscire a fare con gli altri qualcosa di sufficientemente interessante: la diversit o la sfuggono o la combattono. Sperimentando invece nuove modalit di condurre le proprie storie si pu sviluppare il linguaggio comportamentale fino a poter mettere in piedi dialoghi interessanti, e la vita quotidiana cos diventa una grande

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opportunit, un luogo pieno di potenzialit e di scambi: l altra persona, che pensa e vede cose diverse, e ha una diversa esperienza, diventa allora un indispensabile partner invece di essere sentito come una minaccia o un peso. Se le persone non sono pi standardizzate, ci che si pu fare con una persona non si pu fare con nessun altro al mondo: ogni persona, essendo unica e insostituibile acquista valore e peso, perch non c nessun altro con cui si possa tenere quello specifico dialogo. Per questo motivo sarebbe necessario che le persone non si arroccassero in un linguaggio comportamentale stretto e ripetitivo: purtroppo non ci sono tanti luoghi dove pu avvenire la sperimentazione. La famiglia difficilmente pu essere uno di questi luoghi, sia perch i genitori hanno tanto da fare, e anche perch hanno la preoccupazione di crescere i figli in modo che riescano nella vita, per cui di solito hanno troppa ansia per permettere loro di sperimentare tanto quanto avrebbero bisogno. In genere accade che pi i genitori si comportano normativamente, pi i figli diventano banalmente trasgressivi, invece di sperimentare la diversit. Nella trasgressione di solito non si impara tanto: a parte l eccitazione della rottura del tab il resto in genere banale, e dovendo farla di nascosto non c nemmeno l occasione per differenziare il comportamento, e la trasgressione cos diventa ancora pi rozza del modo di fare normale. Il comportamento, pur nelle sue infinite possibilit, tende a irrigidirsi nel carattere: una volta l espressione persona di carattere era addirittura elogiativa, e si intendeva una persona che si comporta sempre nella stessa maniera, che si arrabbia sempre o mai, o qualunque altra reazione standardizzata. Oggi le persone in genere non apprezzano pi cos tanto la rigidit, ma l idea di una scuola di comportamento continua a non essere tanto facile da accettare: infatti, meno il linguaggio articolato, pi si attaccati al proprio comportamento, e cambiarlo sembra impossibile. comprensibile: il comportamento difficile da lasciare, perch lo strumento su cui ci si gioca tutta la vita, e si finisce per aggrapparsi ad esso come se fosse una scialuppa di salvataggio, anche quando rischia il naufragio. Gentilezza e diplomazia sono parole chiave, ma hanno una brutta fama, perch diplomatico nel linguaggio comune significa ipocrita. Eppure non bisogna dimenticare che per esempio dovuto probabilmente alla diplomazia se l impero cinese durato per millenni: nella Cina confuciana, anche solo per chiedere un informazione si usavano formule di esagerata cortesia. Questa esagerazione in realt quello che nella meccanica si chiama il lubrificante. Il motore funziona con la benzina, ma senza l olio dura poco! Il lubrificante metafora di come non basti solo il comportamento specifico alla funzione per ottenere il risultato, ma servono anche vari coadiuvanti. Il comportamento specifico del motore il movimento dei pistoni che vanno su e gi, e questo lo fanno grazie alla benzina, ma il lubrificante indispensabile perch questo possa continuare nel tempo fino a diventare una produzione affidabile di energia. Una relazione un fatto estremamente complesso: ha un lato direttamente funzionale, e altri lati non lo sono, almeno apparentemente, ma incidono sul senso stesso della vita. Due persone che stanno in coppia, per esempio, non hanno solo da scambiarsi informazioni: mentre comunicano devono alimentare una mitologia amorosa, devono in qualche modo coltivare l importanza che una persona ha per l altra, se vogliono che la coppia non diventi una prigione. Questo non avviene per via meccanica, non c una ricetta su come si fa: si fa per via etica, che in quanto valore non pu essere predeterminato. Ora, non predeterminato significa spontaneo? E cosa significa spontaneit? C , per esempio, la spontaneit dei bambini che dicono e fanno la prima cosa che capita: con questa spontaneit non si riuscirebbe mai a suonare un pianoforte. Questa una spontaneit primaria, legata all amministrazione di cose semplici: quella di un artista invece evidentemente una spontaneit di ritorno. Cio, una volta acquisita una tecnica, che di per s non pu che essere rigida, la persona la lascia sullo sfondo in modo da assolvere ai bisogni dell organismo e non pi a quelli dell io.152 Anche se, evidentemente, un prodotto artistico qualcosa che affiora spontaneamente dall animo dell artista, nessuno crederebbe che, per esempio, la Divina Commedia sia stata scritta di getto cos come emergeva dall anima di un Dante spontaneo: evidente che un artista, Dante o Giotto, una persona che conosce molto profondamente il suo prodotto. La spontaneit dell artista la combinazione di una capacit di fusione di elementi spontanei con una cultura e una conoscenza sufficentemente profonda di ci che tratta.

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Cultura ritualizzazione delle restituzioni della percezione: il teatro non solo un luogo per la ricerca, anche un luogo di ritualizzazione dei comportamenti. Immaginiamo il comportamento come il suono di uno strumento musicale e il corpo umano come lo strumento stesso. Immaginiamo che i comportamenti stiano all essere umano come il suono di un violino sta al violino: chi suona il violino deve imparare a modularne i suoni, cosa che in genere per i vicini di casa risulta alquanto drammatica, visto che all inizio questi suoni sono molto approssimativamente musicali. Analogamente, all inizio si inventano, si fabbricano e si coordinano comportamenti in modi che sono alquanto approssimativi e vanno pian piano raffinati, sia sul piano estetico che su quello etico. Vanno limati e rilimati fino a farli diventare come una nota pura di un violino. Un violinista che ha imparato a suonare non produce pi un terribile strido, ma suoni piacevoli: la stessa cosa per il comportamento umano. Un modo di fare non si impara di getto: va provato e riprovato, cambiando voce, posizione, parole fino a renderlo adeguato al proprio gusto nel suo effetto espressivo e relazionale. A quel punto, se viene acquisito internamente, il comportamento ritualizzato. Quando ritualizzato, cos come nella musica il suono trascende il suonatore e prende una vita sua, un comportamento, in un certo senso, trascende la persona che lo tiene, e diventa spontaneo. Questo significa che imparare a comportarsi richiede prove. Nella nostra cultura non c un posto deputato a questo. Come comportarsi s impara da ragazzi, e da ragazzi quando c la possibilit di fare le prove? La famiglia generalmente offre modelli obsoleti, e con i compagni se non va bene alla prima occasione non c modo di riprovare, perch i ragazzi non sono tanto compassionevoli fra loro: fare una mossa sbagliata rischia di essere una tale perdita di immagine che molti non ci riprovano una seconda volta. Si fermano l e chiudono la porta. La situazione diventa a questo punto inaffrontabile, e cos crescono con lacune comportamentali enormi, e certe situazioni non le sanno gestire per niente: quando hanno provato il risultato stato spaventoso, e allora niente pi rischi. Quindi in famiglia non si pu, con gli amici ancor meno, a scuola inimmaginabile! E allora dove si impara a comportarsi? La fonte di informazioni fondamentale rimane il cinema, la televisione: i ragazzi guardano come si comportano gli attori e cercano di rifarlo. E questo inevitabile, per sarebbe forse interessante rendersi conto che se possibile imparare a suonare il violino, perch non si potrebbe imparare seriamente a comportarsi? Sarebbe interessante prendere in considerazione il teatro come luogo per imparare, proprio per fare le prove, e sarebbe estremamente utile che il teatro fosse pi diffuso come luogo di sperimentazione. Nelle coppie, per esempio, le persone trovano spesso difficolt nel dialogo: l altro rimane uno sconosciuto, una persona che, per quanto si cerchi di raggiungere, non si raggiunge mai. Perch, visto che anche l altra persona sta tentando disperatamente di fare la stessa cosa?! Di fatto i comportamenti delle coppie sono inadeguati, e non da un punto di vista cognitivo, ma piuttosto da un punto di vista etico: pur non facendo niente di male moralmente parlando, l altra persona invece di sentirsi attratta si sente disgustata, e allora piano piano il rapporto si sgretola. Non si tratta di ragione e torto, anche se a volte cos, ma in genere se si va ad approfondire ci si accorge che ambedue hanno le loro ragioni. E malgrado le ragioni, malgrado tutti e due vogliano disperatamente stare insieme, non sono in grado, perch davvero difficile. Nel mondo occidentale, fino a non molto tempo fa, all incirca fino alla grande frontiera dell ultima guerra mondiale, gli uomini facevano gli uomini e le donne facevano le donne, e in qualche modo si incontravano. Ma negli ultimi decenni si dissolto il linguaggio convenzionale e ognuno si ritrova con il proprio linguaggio, di solito troppo poco articolato, troppo approssimativo per riuscire a incontrare un altra persona, che ha anch essa un linguaggio poco articolato, poco differenziato, non veramente capace di tessere i fili necessari per fare ponte con l altro. Flessibilit non significa solo scoprire pi risposte, ma soprattutto scoprire l esistenza di altre possibilit. Significa cio acquisire una potenzialit: diventando possibilista una persona si mette in grado di inventare nuovi modi di fare, e pu anche accorgersi delle differenze e delle possibili articolazioni del comportamento. Articolazioni nel senso che in una frase detta ci sono parole, ma allo stesso tempo c , ad esempio, anche il tono di voce: se ci si accorge che il tono di voce mitiga il contenuto della frase gi si pu avere un tipo di risposta differente dall interlocutore. Si pu imparare che le cose si possono dire con tanti toni di voce diversi, con gesti e tempi che ne modulano in tante maniere il contenuto.

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Cos si pu sviluppare una capacit di creazione e di differenziazione del comportamento, e una capacit di riconoscerne il valore etico, per poter uscire da quella coazione a ripetere, responsabile dell abbassamento della qualit della vita. La coazione a ripetere, infatti, sposta l asse dell attenzione verso la faccia meccanica del comportamento dimenticandone il lato trascendente, fondamentalmente ineffabile e in nessun modo controllabile e misurabile oggettivamente, e quindi in nessun modo capitalizzabile, ma solo esperibile in quella fugacissima e solidissima realt che il qui e ora. 3 c. Deontologia ed etica nei rapporti gerarchici Il potere, nel senso del potere di un essere umano su altri esseri umani, quando non si tratti di diretta coercizione fisica, coincide anche, se non del tutto, con l autorit, cio con il rapporto gerarchico. Le ricerche dell etologia dimostrano che la gerarchia esiste gi nel mondo animale, e non quindi un invenzione umana, non insomma di origine culturale. Tutto ci che si trova in natura in primo luogo uno strumento di sopravvivenza, perch l evoluzione lascia indietro spietatamente ci che non serve, e lo fa sparire dalla faccia della terra: se il potere dell individuo su altri individui esiste, evidentemente ha una funzione nel dramma della sopravvivenza. La prima forma di rapporto di potere che si incontra in natura quello dei genitori, in quelle specie che proteggono i figli piccoli: come una chioccia protegge i suoi pulcini, anche un coccodrillo protegge i suoi piccoli. Il rapporto di protezione anche un rapporto di autorit, poich per poter essere protetti i figli vanno necessariamente dietro ai genitori: si vede, quindi, come l autorit, la gerarchia, ha una funzione importante nella sopravvivenza. I genitori hanno un potenziale di forza fisica e di esperienza molto utile ai figli: nella razza umana i bambini per molti anni non sono capaci di sopravvivere senza la protezione dei genitori, e d altra parte possono attingere alle loro riserve nella misura in cui cooperano con loro, senza andare in opposizione e in scontro di potere. Per avere, per, credibilit come superiore, fondamentale in natura rispettare il funzionamento delle gerarchie. In molte specie viventi, dopo lotte estenuanti gli individui si sottomettono al pi forte. Ma per chi avanza gerarchicamente la superiorit non solo un vantaggio, anche un compito: l individuo che vince protegge quelli che hanno perso.153 Chi sta sotto nella gerarchia, non solo riconosce la sua sconfitta, ma guadagna anche protezione. Appena questa cessa, incomincia a serpeggiare il malcontento e ricominciano gli scontri per le posizioni gerarchiche. I superiori gerarchici, per svolgere in modo funzionale il loro ruolo, devono proteggere i sottoposti: in natura, dove esiste, la gerarchia funziona cos, ossia si collabora con i superiori e si proteggono gli inferiori gerarchici. Il contenzioso il territorio: per gli esseri umani avere autorit implica accogliere qualcuno nel proprio territorio, non intromettersi nel suo, o chiedergli di abbandonarlo per diventare, per cos dire, un servo della gleba nel territorio del superiore.154 Fra gli esseri umani problemi importanti di territorio si presentano nelle divergenze di idee, cio di rappresentazioni del mondo. Qui il superiore, per non essere disfunzionale, dovrebbe offrire la sua rappresentazione senza pretendere che venga accolta155 immediatamente: la propria rappresentazione del mondo infatti per ognuno un vero e proprio territorio, e doverla abbandonare sempre un dramma che necessita tempo per essere sciolto. In natura proteggere gli inferiori gerarchici un atteggiamento che, agli effetti pratici, funziona bene: in un contesto umano sarebbe importante per i superiori rendersi conto che perch i sottoposti collaborino invece di obbedire di malavoglia, si devono sentire protetti oltre che comandati, e si devono sentire presi in carico personalmente. Essere presi in carico implica inevitabilmente essere conosciuti e capiti: senza capire la persona come si fa a sapere da cosa ha bisogno di essere protetta? I comportamenti delle persone possono essere pi o meno emozionalmente colorati, cio possono essere freddi o caldi, come si dice di solito. Nell accezione corrente, freddo equivale a sgradevole, quindi in partenza meno funzionale di caldo: per accogliere gli inferiori gerarchici in un contenitore caldo e quindi funzionale necessario quel coinvolgimento emotivo che si chiama benevolenza. Perch una persona si senta accolta, capita, apprezzata da un superiore, e sia quindi incline a investirlo di credibilit e a riconoscergli autorevolezza bisogna che senta la

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sua benevolenza. molto diversa la situazione se il superiore sfrutta i privilegi della posizione o se si relaziona con benevolenza: la stessa differenza che c nel rapporto con una persona amica anche se distante, e quello con un nemico che fa paura, ma a cui alla prima occasione buona si far lo sgambetto. Benevolenza non vuol dire paternalismo, che una falsa benevolenza: la politica una cosa sporca dicevano paternalisticamente i fascisti negli anni trenta lasciatela a noi. Concretamente benevolenza significa semplicemente volere il bene della persona, essere pi contenti se la persona contenta che se dispiaciuta. Non bisogna spendere molto per essere benevolenti: costa quasi meno che non esserlo. Non essere benevolenti non un gran risparmio e ci provoca anche tanti problemi. Quando si vince, una delle conseguenze della vittoria di non essere pi in competizione con chi ha perso, se si vuole stabilire un regime di pace con quella persona. Una delle grandi scoperte della psicologia moderna riguarda un compito essenziale dei genitori, ossia rispettare le barriere generazionali, che implica, fra l altro, anche non essere in competizione con i figli. I figli, infatti, possono facilmente vedere i genitori come persone straordinarie a patto che non entrino in competizione con loro e non approfittino della loro superiorit: in questo caso si stancano e finiscono per trovarli insopportabilli o peggio. Insomma, perch i sottoposti accettino un superiore bisogna che questi non si metta in competizione con loro: una delle difficolt fondamentali per lo stabilirsi di un clima di benevolenza nei rapporti gerarchici che spesso i superiori non sono affatto usciti dalla competizione con gli inferiori,156 per la paura dell instabilit del loro status. Essere benevolenti con gli inferiori gerarchici implica stare tranquilli al proprio posto e accettare che i pi deboli, se non si vuole che si ribellino, devono essere protetti, e non umiliati per dimostrare loro la propria superiorit. In fondo questo anche doveroso, perch abbastanza evidente che non un granch onorevole mettersi in competizione con gli inferiori gerarchici: un po' come prendersela con i pi piccoli, cosa assolutamente vietata da qualunque galateo cavalleresco. D altra parte, poich a nessuno piace avere un superiore eccessivamente controllante, dovrebbe essere chiaro che gli inferiori gerarchici sono necessariamente insofferenti, e sopportano la situazione solo nella misura in cui ne hanno un vantaggio. E il minimo di vantaggio possibile almeno la benevolenza. Per capire di pi sul tema dell autorit, bisogna per riflettere sul tema della conoscenza, e sulle varie modalit della conoscenza: i diversi modi di conoscere mettono infatti in luce aspetti diversi della realt. Oltre alle epistemologie, cio le teorie della conoscenza attraverso teorie, e le fenomenologie, cio le teorie della conoscenza attraverso la percezione, una delle modalit inerenti allessere nel mondo che arriva a noi dalla notte dei tempi la narrazione, e anche se a rigore non si potrebbe chiamare una teoria della conoscenza, la conoscenza come narrazione comunque inalienabile corollario dell esistenza umana. Le narrazioni sono potenzialmente infinite, e quindi anche le rappresentazioni del mondo: se non si possono dividere fra vere e false, differiscono comunque per molte ragioni, certo non ultima, dal punto di vista pratico, la validit operazionale. Prendendo a prestito dal pensiero costruttivista la metafora della chiave e della serratura, la validit operazionale di una narrazione o di un complesso di narrazioni, per esempio di quello che chiamiamo la scienza,157 proporzionale all importanza delle serrature che come chiave in grado di aprire, e in questo senso va valutata. Una delle principali narrazioni della scienza moderna l evoluzionismo: la narrazione delle origini dell umanit porta con s anche la narrazione delle origini della conoscenza, descritta dai biologi come uno sviluppo dai comportamenti programmati alla capacit programmata di assumere informazioni e sviluppare coordinamenti funzionali alla sopravvivenza. Un altra delle grandi narrazioni nella storia del pensiero il processo dialettico, introdotto a suo tempo da Eraclito158 e sistematizzato da Hegel159 nella Fenomenologia dello Spirito: questa narrazione racconta in modo comprensibile e convincente come due entit, tesi e antitesi, costituiscono insieme (co- costruiscono, in linguaggio costruttivista) una terza realt, la sintesi, che data dal coesistere delle due di partenza. Attraverso questo pattern narrativo si giunge al racconto dell integrazione dell attivit analogica della mente con quella digitale, che permette a sua volta una spiegazione narrativa del mito della creativit: questa permette di retroalimentare evoluzionismo e dialettica, e di creare un motore mitico autoportante per l essere nel mondo

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dell umanit. La creativit come mezzo e scopo, l ars gratia artis. Se si accetta la narrazione come forma di conoscenza, si pu tentare una comprensione del fenomeno dell autorit nel contesto umano in questi termini. Narrativamente, le differenze gerarchiche si possono far risalire grossomodo a due grandi e opposte provenienze: nella narrazione monarchica vengono dall alto, per volere di Dio, mentre in quella democratica vengono dalla base, dal popolo, per elezione. Se nella relazione con i genitori la narrazione monarchica indotta dalle contingenze, dato che non si sceglie da chi si nasce, nella relazione psicoterapeutica la situazione ben differente: come liberi professionisti gli psicoterapeuti vengono scelti dai pazienti, dopodich la relazione pu essere conosciuta con l una o con l altra narrazione. Il terapeuta, insomma, risulta in una posizione di autorit o, calvinisticamente, per un merito riconosciuto e riconfermato dall alto, o invece perch il cliente, di sua volont e con il suo potere di scelta ce l ha messo (ovviamente con il suo consenso). Nel primo caso si tratta di una superiorit per diritto, (di nascita, di credibilit sociale, di conoscenza scientifica, ecc.), che si riferisce a una intrinseca differenza di valore fra terapeuta e paziente. Nel secondo caso si tratta di una delega, quindi almeno revocabile o comunque replicabile: semplicemente una credibilit che chiunque pu aspirare a ottenere. La scelta fra queste due narrazioni una scelta di campo, una scelta politica, che nel migliore dei casi dovrebbe basarsi non solo su considerazioni morali, o deontologiche, come si dice in ambito professionale, ma anche etiche: cio dovrebbe essere fatta non solo riferendosi alla mappa, ma operando direttamente sul territorio. Ora, facilmente comprensibile in teoria la differenza fra il territorio e la mappa, ma curiosamente lo molto meno quando si tratta di riconoscerla nella pratica, tanto che spesso il territorio viene dimenticato e tutto si svolge sulla mappa. il caso della differenza fra morale e etica. Fermo restando che il significato dei termini relativamente soggettivo, si pu considerare il concetto di morale come correlato a un codice formale di princpi e di leggi, mentre per etica si pu intendere la misura del valore dell esperienza. La differenza sostanziale: la morale in questa accezione consiste in una serie di regole che la persona tenuta a rispettare ma non per forza a condividere, mentre il valore etico un esperienza che va fatta in prima persona. In un certo senso si potrebbe dire che mentre la morale un dovere, l etica necessariamente un piacere: ci che guida a un comportamento di valore etico l apprezzamento esperienziale che le scelte comportano. Evidentemente mappa e territorio devono essere congrui, ma altrettanto evidentemente congruenza non identit, e se la mappa contiene il viaggio certo che la relazione diretta con il territorio comporta riconoscimenti e decisioni che impegnano livelli percettivi, sensoriali e emozionali, non descritti dalla mappa, scelte che la mappa (in quanto nel migliore dei casi metafora e astrazione totale negli altri) non pu indicare ma solo contenere potenzialmente. Se per etica intendiamo dunque la misura del valore dell esperienza relazionale, una morale senza l etica sarebbe paragonabile a guidare una macchina con il parabrezza oscurato, deducendo gli spostamenti dai calcoli fatti in base alla carta stradale. Cos, un padre che, riguardo alla sua autorit, sposi la narrazione monarchica, pu rimproverare un figlio che non studia dato che da questo punto di vista moralmente parlando nel suo diritto, senza immaginare che, come risultato del suo rimprovero, il figlio potrebbe studiare ancora meno: infatti pu essere che, eticamente parlando, abbia combinato un disastro, calpestando aspettative e bisogni del figlio che pur non debitamente previsti dall ordine morale circolavano tuttavia nel percorso (animali e passanti investiti perch non erano segnati nella mappa). Se avesse preso in considerazione un punto di vista democratico, probabilmente avrebbe prestato pi attenzione ai possibili risultati dei suoi rimproveri, sapendo che la sua autorit proporzionale alla credibilit ottenuta presso il figlio. Se la morale indagabile concettualmente, l etica implica necessariamente il sentire, e il conoscere fenomenologico, cio la conoscenza dei fenomeni attraverso la percezione senza previa mediazione concettuale; uno strumento chiave per la psicoterapia, che deve continuamente orizzontarsi riportando la mappa al territorio, con tutti gli adattamenti concreti e contingenti che questo comporta. Senza una lettura fenomenologica del mondo, come diceva Jaspers,160 si pu magari arrivare a capire cosa significano i discorsi di uno schizofrenico, senza

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peraltro avere acquisito la capacit di comunicare con lui. Se la morale una lettura concettuale degli eventi, l etica ne dunque una lettura fenomenologica, una lettura cio attraverso il senso. Al di qua dellorizzonte degli eventi, cio nel mondo dell esperienza, non potremo orientarci tramite segnali oggettivi, segnali che siano semplici enti, o oggetti che dir si voglia, come sono i concetti. Non potremo quindi orientarci solo attraverso una morale, cio attraverso regole formali, a meno che lessente, quello che nel mondo e che del mondo si prende cura, non ponga gli enti (in questo caso i concetti), ci che semplicemente sta nel mondo, pi in alto di s, e questo non solo sarebbe paradossale ma svilirebbe il racconto con una soluzione banale, tipo deus ex machina. Qui l etica, intesa in senso kierkegardiano, cio come realt esistenziale, si offre come modalit di conoscenza co- soggettiva che si impone con le sue evidenze esperienziali e che non pu essere coartata concettualmente, in quanto fondamentalmente ineffabile e solo esperibile. Il valore etico un parametro di grande validit operazionale nellessere nel mondo: la conoscenza e la valutazione storica dell esperienza sono congrue allessere nel tempo, cio a quel passato- presente- futuro che permette di volere- progettare- realizzare e valutare l ottenimento o l insuccesso della propria opera, cio permette di scrivere le proprie storie in maniera consapevole e attiva. Conoscere fenomenologicamente significa stare dentro l esperienza senza prima concettualizzarla, senza cio costringerla a diventare un gioco infinito di rimandi. Conoscere una radura nel bosco,161 come diceva Heidegger, che per quanto si diradi, rimane comunque bosco, cio luogo di appartenenza esistenziale del soggetto che conosce, e per questo, suo luogo di senso. Fenomenologicamente parlando, la conoscenza concettuale tende a degradare gli essenti, cio le persone, a meri enti, cio cose: bisogna usare i concetti con certe precauzioni perch questo non avvenga, usarli cio con un ancoraggio all esperienza. Si potrebbe dire in realt che la conoscenza concettuale degrada gli essenti a enti quando disgiunta dall esperienza del valore etico, quando per esempio fatta con atti e parole162 privi di preoccupazione per il loro valore etico, cio insomma disprezzabili dal punto di vista etico. Se la conoscenza implica una sensibilit etica, la gestione dell autorit non ne ha certo meno bisogno. In pi, il rispetto dell interlocutore non ha solo dimensioni etiche ma anche conservative, perch l autorit si perde molto facilmente. Sul piano concreto infatti l autorit consiste in una attivit normativa, che per funzionare bene dovrebbe essere accompagnata da una colorazione mitologica: e di solito infatti, almeno per un certo periodo i figli considerano i genitori un mito finch piano piano non scoprono che in realt sono persone qualunque. Il tempo di questa scoperta, nel migliore dei casi coincide con l et adulta, quando ormai l autorit dei genitori ha esaurito la sua funzione protettiva. Se invece i figli fanno la scoperta troppo presto o troppo bruscamente, la delusione cos grossa che spesso la relazione di autorit si infrange: appena cade il mito, finisce anche la credibilit. Se il padre si rivela troppo sciocco, troppo avaro o altro e perde l ascendente sul figlio, questi passa da una cooperazione attiva a una obbedienza formale se non a una disubbedienza aperta. Obbedisce per esempio finch preso nella morsa materiale del potere, ma senza collaborare: se i genitori non hanno un qualche mezzo di coercizione da usare, senza l ascendente mitico non ottengono pi niente. Nel momento in cui si infrange il mito, si deteriora anche la funzionalit della relazione gerarchica, cio l autorit continua ad esistere in una forma priva di vita, e diventa disfunzionale allo sviluppo psichico dei figli. L autorit non investita mitologicamente, e quindi senza credibilit, un potere odioso che si cerca di combattere e a cui si cerca di sfuggire in tutti i modi possibili. Non pochi credono ancora che l autorit monarchica sia pi facile da mantenere, e che le persone si rassegnino al destino che li posiziona come inferiori: la storia dice che il potere delegato invece quello pi maneggevole, e gran parte delle nazioni alla fine sono passate, volenti o nolenti, a un regime almeno formalmente democratico. In effetti sono ormai molti quelli che per una ragione o per un altra, accettano il sistema democratico come il migliore dei sistemi politici finora messi in atto dagli esseri umani. Per capire le peripezie di questo tipo di organizzazione sociale, importante rendersi conto che la democrazia non naturale: al regno della natura appartiene la monarchia, che presente in buona parte delle specie sociali, ma non la democrazia. La democrazia consiste in una estensione dell autorit dal capo a tutti quanti, in modo che ognuno abbia la responsabilit e il potere di gestire la propria vita. Per questo cos difficile farla funzionare: la

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democrazia non va da s, va sostenuta con un grosso apporto di responsabilit personale. Una cosa molto importante da tenere presente che potere e responsabilit sono sinonimi. Non solo l uno implica l altra, ma sono sinonimi: si chiama infatti posto di responsabilit un posto di potere. Si risponde di quello di cui si pu rispondere, e se si risponde vuol dire che si pu. Poich la responsabilit ha l implicazione minacciosa del rispondere di quello che si fa, capita spesso di rifiutare il potere per rifiutare la responsabilit, cio per evitare di pagarne i costi. Ma questa la pi grande delle illusioni: la responsabilit non qualcosa che si pu prendere o lasciare, intrinseca alla vita, alla realt della scelta. Scegliere significa responsabilizzarsi, decidere di pagare un conto invece di un altro: sfuggire al conto pura illusione, il conto la vita lo presenta comunque. Questo avviene anche per quanto riguarda le parole: atti e parole si possono, infatti, sempre considerare come inseriti in un dialogo con un interlocutore, reale o fantasmatico che sia, e quindi si pu parlare di etica del dialogo. Se Buber afferma il valore trascendente del dialogo, Wittgenstein denuncia l incomprensione come effetto del non rispetto delle regole implicite in ogni dialogo. In questo caso il dialogo si sviluppa in rapporti truffaldini, come per esempio doppi legami, e non di rado gerarchizzazioni sleali, che, cio, non rispettano i doveri di protezione verso chi ha un grado gerarchico inferiore, come sono rispettati invece a livello animale. Per fare un esempio di gerarchizzazione leale fra esseri umani, basta ricordare come una volta il capitano di una nave era l ultimo a salvarsi in caso di naufragio. Il livello gerarchico non implica il valore, ma solo il potere dell essere umano, ed chiaro che ognuno di noi pu cose diverse e quindi ha poteri diversi.163 Rispetto allesserci nel mondo si tratta di una questione irrilevante: ognuno c come c e come riesce ad esserci, e sempre di una vita si tratta, con tutto il suo valore. Tornando al tema della psicoterapia, non si potrebbe certo affermare che le disparit di livello gerarchico non permettano un esperienza di valore etico, non pi di quanto si potrebbe affermare che un determinato soggetto non permetterebbe un opera pittorica di valore artistico: la relazione terapeutica, se operata da soggetto a soggetto, non viene inficiata n da un processo conoscitivo in termini concettuali, n dalla differenza di potere: inficiata invece moltissimo dalla mancanza di valore etico, o per lo meno dalla mancanza di consapevolezza del valore etico delle transazioni che si svolgono nella relazione stessa. Dato che l etica esperienza, la capacit di fare questo tipo di differenziazione richiede una modalit fenomenologica di conoscenza del mondo. L interesse per il valore etico dell esperienza non del resto pi altruistico che egoistico: dato che il valore etico indica la qualit dell esperienza, questa ugualmente importante per il cliente che per il terapeuta, per il quale il tempo del rapporto e il rapporto stesso sono parti integranti della vita quotidiana, proprio come per il cliente. Se non pu essere imbrigliata concettualmente, l etica non pu neanche essere insegnata, almeno nel senso tradizionale del termine: come succede anche per l estetica, si pu essere introdotti, iniziati, all esperienza etica (in questo caso nel rapporto stesso fra terapeuta e paziente), e cos imparare a differenziarne il gusto fino a acquisire una capacit di modularla coscientemente, secondo volont e responsabilit. In realt il problema delle gerarchie nella pratica psicoterapeutica inevitabile e primario: la psicoterapia riattualizza le relazioni genitoriali che sono appunto necessariamente gerarchiche, ed nelle transazioni con questi para- genitori, ossia i terapeuti, che si svolge molta parte dei processi terapeutici. Dare credibilit a uno sconosciuto richiede evidentemente una proiezione, un transfert,164 un trasferimento cio di una autorit conosciuta altrove, in genere nella relazione con i propri genitori, su qualcuno non ancora conosciuto. Autorit implica gerarchia, e il rapporto terapeutico , naturalmente entro certi limiti, un rapporto gerarchico. Ora, poich essenziale al dialogo rendersi conto delle concrete differenze di potere, personale e di ruolo, presenti in questo rapporto, diventa fondamentale nel rapporto terapeutico chiarire il tema del potere sul piano della sua narrazione, in modo da verificare se terapeuta e cliente sono d accordo con quella democratica o con quella monarchica, se hanno chiare le implicazioni e se ne accettano le conseguenze. Nel caso che siano in disaccordo, sarebbe prudente negoziare la situazione prima di procedere nella terapia, per evitare disguidi e, nel migliore dei casi, perdite di tempo. Paziente e terapeuta devono insomma scegliere la narrazione in cui si riconoscono.165 Se da una parte i pazienti tendono a vedere il terapeuta come un superiore in senso monarchico, dato il bisogno di autorit che il processo di sviluppo psichico induce, questo non comporta che anche il terapeuta si veda cos. Che il cliente attribuisca al

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terapeuta una superiorit gerarchica sostanziale, infatti, non implica che il terapeuta ci creda, che sarebbe piuttosto un effetto del controtransfert, come si direbbe in termini freudiani, piuttosto che di una considerazione ragionevole della situazione. Implica al limite, dal punto di vista della teoria della tecnica, che si lasci il cliente libero di vedere cosa vuole vedere, in modo da ridimensionere poi con i suoi tempi l immagine da transfert, senza ridimensionarla prematuramente.166 Quando il terapeuta si assume un ruolo di superiorit gerarchica sostanziale, invece di limitarsi ad essere autorevole, cio credibile, diventa autoritario, cio coercitivo nel rapporto col paziente, ripresentando in questo modo il tipo di situazione dove presumibilmente sono cominciati i problemi del cliente. Si tratta evidentemente di un atteggiamento disfunzionale alla terapia se consideriamo il confronto fra polarit come il normale modo di funzionamento della mente, e la sintesi come alternativa alla caduta nel sintorno: sembrerebbe difficile infatti che un cliente riesca a dialettizzare la propria esperienza con un rappresentante dell assoluto, o che il suddetto rappresentante possa dialettizzare la propria con quella contingenza per definizione limitata che il cliente: per questo (e naturalmente non solo per questo) nella pratica psicoterapeutica sembra dunque pi accreditabile l ipotesi democratica. L autorit in questo contesto non pu mai essere un giocattolo per soddisfare la propria vanit: sempre uno strumento affidato al terapeuta dal cliente per raggiungere scopi richiesti dal cliente, e che il cliente pu ritirare quando creda opportuno. Anche se qui la logica sembra essere un punto di appoggio sufficiente, questa comunque una considerazione sostenibile soprattutto su base etica: mentre le deduzioni cambiano cambiando il punto di vista, l esperienza del valore ha ben pi salde radici nell esperienza. 3 d. Psicodinamica e politica Nel lavoro psicoterapeutico, la maggiore resistenza che si incontra riguardo al pensiero comune quella relativa al concetto di personalit come ente collettivo. La cultura moderna molto pi progredita dal punto di vista politico che da quello psicologico, e se ormai opinione corrente che la democrazia con tutte le sue limitazioni una forma di governo migliore, sul piano psichico vige generalmente la monarchia assoluta di un io visto come unit reale e non metaforica. Riuscire a concepirsi come una pluralit di istanze che necessita una forma di governo uno sforzo paragonabile a quello del popolo che avesse cercato di concepirsi come entit politica collettiva sotto il regno di Luigi XIV, il quale notoriamente dichiarava senza ammettere repliche lo Stato sono io. Ma se si accetta l idea di una pluralit di istanze interne, ci si pu allora chiedere quali possano essere. A questa domanda Freud rispose teorizzando l Es, l Io e il Superio; Jung da parte sua sottoline il concetto di S, e in seguito una delle voci particolarmente significative fu quella di Karen Horney, che descrisse le istanze interne come nuclei di personalit, dotati ognuno di un livello pulsionale, egoico e superegoico, coesistenti contemporaneamente e in grado di generare conflitti all interno della personalit.167 Da questo deriva l immagine di un mondo interiore con le sue storie e le sue avventure, che possono essere pi o meno ascoltate e valorizzate o parzialmente soppresse a beneficio di un modo d essere ufficiale e formale. D altra parte, se invece di teorizzare ci spostiamo sul piano della metafora, possiamo vedere che Es, Io, Superio e S hanno una evidente analogia con quello che sul piano politico sono popolo, governo, istituzioni e nazione. Rispetto alla teorizzazione astratta, l utilit di questa metafora intanto quella di mettere in relazione il concetto di popolo con il concetto di Es, entit che l astrazione lascia avvolta di mistero e soggetta all attribuzione o alla negazione di ogni tipo di caratteristica: associandola invece al popolo si evidenzia una connotazione fondamentale dell Es, vale a dire la molteplicit, la quale, implicando infinite combinazioni possibili, apre all accezione di potenzialit creativa. In questa ottica anche il Superio perde un certo livello di pomposit, riducendosi a una costituzione con il suo apparato di leggi, e si converte in un concetto relativo e impersonale, come appunto sono le leggi, impersonali e adeguabili alle necessit dei tempi. Come le istituzioni sono naturalmente indispensabili per la vita di un paese, lo sono anche per la vita dell individuo: considerare per questo da un punto di vista funzionale invece che sostanziale permetterebbe un maggiore fair

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play fra le due parti (cittadini- istituzioni, individuo- morale), e ci rende la vita in un paese democratico diversa da quella in un paese governato da una dittatura. Se si riesce a superare l ostacolo della rappresentazione monistica168 della psiche e si accetta l ottica della Horney, si pu immaginare come le varie istanze tendano a raccogliersi in due tendenze, paragonabili al partito progressista l una e a quello conservatore l altra, che varie scuole di pensiero identificano con vari nomi, dagli antichissimi Yin e Yang ai pi moderni pulsionalit e narcisismo. Se sul piano politico la governabilit di un paese dipende dal relativo fair play fra progressisti e conservatori, analogamente, la vita psichica della singola persona legata alle vicende che si svolgono fra le sue esigenze di investimento sul mondo e quelle di conservazione dello status quo, che solo raggiungendo la consapevolezza della loro comunanza di interessi possono permettere un atteggiamento creativo piuttosto che teso ad aspirazioni irrealizzabili, o fossilizzato sulle abitudini. La difficolt consiste in definitiva nell ottenere dalle due parti in causa una disponibilit al reciproco interesse invece dell ostilit pi o meno esplicita che in genere dimostrano. Dato che gli esseri umani sono immersi nella vita politica da migliaia di anni, il senso dei termini e delle situazioni politiche sono alla portata di tutti, per cui l uso della metafora politica per ci che riguarda le vicende del mondo interno appare particolarmentemente adeguato: chiunque capisce che cos un governo e che cos una nazione. Invece, malgrado vari autori da molto tempo dibattano accanitamente sul problema del s, buona parte degli addetti ai lavori ha ancora un idea abbastanza confusa su cosa si intenda con questo termine, e non riesce a differenziarlo chiaramente dal concetto di io. Ora, se ovvia la differenza fra il governo di una nazione e la nazione stessa (neanche al pi sprovveduto degli italiani verrebbe in mente di identificare l Italia con il suo governo), sulla scia di questa metafora lo diventa anche quella fra il concetto di s e quello di io. I cittadini di un paese sono tanti, e vanno d accordo di rado, e anche le esigenze intrapsichiche sono molteplici e inevitabilmente antitetiche. Ma come spinte antitetiche possano produrre movimento non certo difficile da capire: qualunque motore si basa su questo principio. Un motore a scoppio, per esempio, costruito in modo che la pressione contrapposta dei pistoni spinga sull albero a camme facendolo girare, e i due vettori contrari invece di sottrarsi azzerandosi, si sommano diventando il movimento rotatorio che permette alla macchina di funzionare.169 Il problema, politicamente e psicologicamente, non sono in realt le differenze, ma i metodi di gestione delle differenze, che a differenza dell albero a camme, sul piano interpersonale e intrapersonale diventano rapidamente inefficaci e vanno reinventati continuamente. Oltre a chiarire il problema dell io e del s, la metafora politica d poi immediatamente ragione della realt del libero arbitrio, che non sarebbe peraltro facile da spiegare in una rappresentazione monistica della psiche. Se immaginiamo infatti nella persona svariate istanze interne, per loro natura incommensurabili, cio non riducibili a una sola, e quindi inevitabilmente pi o meno contrapposte per la loro differenza, scelta e responsabilit diventano inevitabili, e la libert diventa allora corollario della incommensurabilit delle parti, corollario cio della struttura stessa della psiche: data la contrapposizione, qualunque direzione, essendo comunque contrastata, diventa meccanicamente parlando equivalente, e il movimento invece di una inevitabilit diventa una questione di invenzione, di scelta. Da questo punto di vista il conflitto appare come l anima stessa della libert, che altrimenti non esisterebbe affatto. Per chiarire meglio il concetto, bisogna tener presente che gli istinti sono puri e semplici programmi genetici, che se venissero attuati tout court, o se comunque riuscissero a prevalere l uno sull altro, non farebbero altro che riprodurre a stampo dei comportamenti standardizzati, allo stesso modo di una catena di montaggio industriale. La contrapposizione delle istanze interne comporta l impossibilit di procedere meccanicamente, e ci garantisce la libert di scelta: la decisione non rinunciataria, un comportamento non determinato rigidamente dalle premesse, per essere messo in atto richiede un operazione creativa. Il termine conflitto ha bisogno a questo punto di una precisazione: per conflitto in senso patologico bisogna intendere non la contrapposizione in s, ma quella situazione in cui le due parti invece di operare una sintesi rimangono disperatamente antitetiche e in stasi. In ambito psichico quindi i conflitti non sono da risolvere, non perlomeno nel senso di annullamento della contrapposizione. Se si vuole usare il termine risolvere, va usato in un accezione dialettica: i conflitti vanno elaborati in maniera che portino movimento. Un immagine classica di questa idea l antico segno cinese Yin e Yang, composto di due parti uguali e contrarie, una bianca e una nera,

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che suggeriscono immediatamente un movimento rotatorio, una felice rappresentazione dell opposizione dialettica da cui nasce la vita psichica. L idea di una molteplicit di istanze interne in continua contrapposizione fra loro estremamente utile per orizzontarsi nel lavoro terapeutico: l ottica passa dal combattere sintomi o comportamenti disfunzionali, al confrontarsi con contrapposizioni che danno luogo a stasi invece di risolversi in movimento. Ora, nell approccio gestaltico il concetto di struttura endopsichica manca, dato che bisogna riferirsi sempre a ci che percettibile in quanto fenomeno. Qui la dinamica endopsichica si manifesta appunto sotto forma di conflitto: top dog contro under dog, come lo rappresentava Perls, o pi semplicemente polarities, secondo la definizione corrente.170 Polarit di ogni genere, proprio come polari si presentano il partito di governo e l opposizione. Anche se nell approccio gestaltico la terapia si pu attuare in svariati modi, a volte cos diversi l uno dall altro (almeno apparentemente), da riuscire a identificarli con difficolt come analoghi, una delle modalit di base comunque la sedia vuota,171 dove il lavoro consiste nella ricerca creativa di interazioni nuove col mondo, operata nel confronto dialettico delle due polarit incommensurabili (comunque si presentino, contenuto- forma, analogicodigitale ecc.), quando alla fine sia venuto a cadere il loro pregiudiziale antagonismo. Questa metafora d altronde chiarisce non solo la situazione intrapsichica, ma anche la dinamica delle situazioni politiche: chiarisce per esempio come sia indispensabile la presenza sia del partito progressista sia di quello conservatore, e come non abbia veramente senso parteggiare fanaticamente per l uno o per l altro, perch in realt tutti e due, in politica come a livello intrapsichico, sono portatori di un istanza di cui non si pu fare a meno. Mentre sono generalmente evidenti i limiti del conservatorismo, non altrettanto chiaro che anche i cambiamenti richiedono oculatezza: non sarebbe possibile infatti tenere in piedi una nazione esclusivamente in un ottica progressista, data l ovvia necessit di mantenere anche quello che c . chiaro quanto sia necessaria una relazione corretta fra istanze conservatrici e istanze progressiste: non si tratta certo di conservare indiscriminatamente, ma neanche di cambiare indiscriminatamente, perch come affermava Nietzsche, i valori sono qualcosa che l umanit ha realizzato con grandi fatiche e con grandi sofferenze, e se non si nutrono e non si proteggono finiscono per perdersi, perch in s stessi non sono di una sostanza cos imperitura come la tradizione cristiana vorrebbe.172 I valori che non si conservano scompaiono, ed necessario adoperarsi per proteggere quello che abbiamo faticosamente costruito: bisogna progredire e sperimentare, allo stesso tempo tenendo di conto tutto quello a cui attribuiamo valore. Se la rappresentazione psicodinamica della vita interiore d ragione del libero arbitrio, si pone per il problema di quali siano i limiti di questa libert. La prima domanda naturalmente se la libert vada cercata dentro l ambito della morale o se ci siano alternative. Questa tematica stata molto viva all inizio del Novecento, e su una dubbia interpretazione delle opere di Nietzsche si svilupp allora la teoria dell atto gratuito come espressione di massima libert individuale.173 Una maggior luce sull argomento mi sembra che venga dall articolazione del concetto di morale: per morale si intende in genere sia i mores, cio i comportamenti accreditati dalla tradizione, sia i dettami dell igiene mentale, di quelle considerazioni cio dettate dal riconoscimento dei limiti di sopportazione delle proprie strutture psichiche, e a volte si include anche il valore etico. Mentre il valore etico ha dimensioni intersoggettive, e i mores sono relativi alle contingenze di una cultura, l igiene mentale si pu considerare oggettiva enough:174 nessuno disconoscerebbe l impossibilit per un essere umano di bere acido solforico, n la troverebbe una limitazione del suo libero arbitrio. Ugualmente oggettiva la necessit di comunicare in maniera coerente con i propri interlocutori, e per questo non va considerata una limitazione della propria libert. Wittgenstein diceva che se non si rispettano le ricette si fa una cattiva cucina, ma se non si rispettano le regole di un gioco di carte semplicemente si gioca a un altro gioco:175 cambiare gioco senza segnalarlo all interlocutore, se non fa parte a sua volta di un altro gioco ancora, provoca di solito effetti mentalmente molto poco igienici per entrambi. Certi comportamenti, insomma, sono nocivi al metabolismo psichico proprio come certe sostanze lo sono per l organismo fisico, e si pu in realt parlare in tutti e due i casi di intossicazione. Se rispettando dunque un ottica di igiene mentale si ammette che la libert non pu avere niente a che fare con il trasgredire i propri limiti psicofisici, bisogna allora cercare intanto di capire quali siano questi limiti e quali comportamenti li rispettino.

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A questo proposito tutte le religioni hanno sempre cercato di dire l ultima parola, centrando ognuna certamente non pochi punti fondamentali, ma pronunciandosi in maniera cos assoluta e mescolando talmente le indicazioni igieniche con le specifiche tradizioni, da renderne difficile un uso laico. Dall immagine dello Stato come metafora della personalit pu invece venire un aiuto pi duttile: adottare una rappresentazione psicodinamica della vita interiore, concepirsi come qualcuno all interno del quale succede qualcosa, un interazione, uno scambio fra parti diverse, invece che come un blocco unico solido e compatto. Quando si riesce ad adottare questo modello ci si pu dare ragione di molte cose, e si acquista una possibilit di valutazione delle situazioni correlata a parametri propri di esperienza e di giudizio. Per valutare il senso e il valore dei singoli comportamenti ci si potr riferire intanto alle forme di governo che si vuole adottare: monarchia assoluta, repubblica, repubblica presidenziale, ecc. Si capisce allora come reprimersi sia un comportamento adatto in un sistema dittatoriale, ma che in una organizzazione democratica invece necessario trovare spazio per ogni tipo di minoranza, perlomeno a livello di espressione. Ugualmente, nella relazione con l altro un comportamento egocentrico non solo soddisfa un bisogno di affermazione, ma anche scontenta quella parte della persona che, essendo mossa dall affetto, desidererebbe il bene dell altro, e quindi dentro un ottica democratica pu essere considerato un comportamento oggettivamente disfunzionale. Nella metafora dello stato democratico, le istanze da una parte narcisistiche (status quo: immagine, ecc.) e dall altra pulsionali (i desideri propriamente detti: fame, sesso, territorio, bisogni fisiologici ecc.), le possiamo dunque riferire al bipartitismo tipico della democrazia: partito conservatore (dello status quo) cio, e partito progressista, il quale fa da portavoce a quei bisogni che nello status quo non hanno ancora trovato posto. Ora, il senso vero e proprio del termine democrazia non dovrebbe corrispondere semplicemente al prevalere di una maggioranza, ma piuttosto a un atteggiamento di fair play fra le parti, e a livello intrapsichico questo corrisponderebbe a un certo grado di accettazione di tutto quello che proviene dall interno, anche se magari intralcia i nostri intenti, che sia una malattia che ci impedisce di fare quello che si vuole, o uno stato d animo di cui si farebbe volentieri a meno. Se questi fenomeni si manifestano (e qualunque sintorno qualcosa che si manifesta), significa in realt che qualcosa dentro di noi cerca di far sentire la sua voce, magari una parte troppo debole per poter prendere il suo spazio in maniera pi chiara e meno disturbante. Come un bambino piccolo che piange, perch non ha altri strumenti per affermare la propria esistenza. Un concetto particolarmente utile per la pratica dell igiene mentale, quello di ecologia, perch comporta l idea che le parti di un sistema siano tutte in relazione tra loro e interagiscano armonicamente, collaborando a mantenere quella che si potrebbe chiamare una stabilit dinamica attraverso l utilizzazione delle fonti energetiche disponibili nell ambiente. L equilibrio di un ecosistema dura pi a lungo quanto meno fondato sulla distruzione di se stesso, e da questo punto di vista si pu considerare l assetto democratico un assetto ecologicamente soddisfacente. Una gestione ecologica della vita psichica necessita di una attenzione continua agli eventi interni, che vanno considerati con benevolenza e curiosit piuttosto che con il sospetto di chi sente minacciato uno status quo che vive come l unico possibile per s: invece che di sintomi si dovrebbe parlare di avvenimenti, rinunciando al pregiudizio che solo gli avvenimenti gradevoli possano avere diritto di riconoscimento. Qui il problema della salute psichica assume alcune convergenze con il paradigma della medicina omeopatica: nell omeopatia, infatti, non si parla mai di sopprimere ma piuttosto di far emergere, di far maturare e far arrivare a compimento gli eventi (per esempio una spinta aggressiva) che sono in corso nell organismo. Nella psicoterapia, o almeno negli approcci psicoterapeutici a orientamento olistico, succede pi o meno la stessa cosa: quando si manifesta un disturbo, invece di reprimerlo come un fattore estraneo e indesiderabile come nella medicina allopatica, lo si prende in considerazione come una manifestazione vitale. Non lo si considera, cio, indotto da qualcosa di estraneo, ma conseguente alla relazione fra parti interne che l influenza esterna pu peraltro mettere sotto stress e rendere pi difficile. In questa ottica i disturbi psichici (non organici) non possono essere quindi considerati situazioni curabili con l eliminazione di un agente patogeno, ma situazioni di carenza dove una qualche parte non si sviluppa abbastanza da riuscire a manifestarsi in modo soddisfacente. Questo pu dipendere fra l altro da cronicizzazioni di stati d animo. Le emozioni, infatti, hanno normalmente un

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decorso descrivibile con una curva ad andamento sinusoidale, cio iniziano, vanno verso un apice, lo raggiungono e poi decadono, di nuovo riprendono a crescere e poi tornano a zero: se questo non avviene, o se c un ostacolo in qualche punto del percorso che non permette di raggiungere l acme, spesso succede che l emozione si cronicizza, nel senso che non aumenta n diminuisce, e l organismo non raggiunge pi il punto di quiete. In questo modo una persona pu per esempio trascinarsi dietro una irritazione cronica, per cui rimane sempre di cattivo umore. Oltre che consumare energia, questo provoca anche atteggiamenti disfunzionali: se una persona , per esempio, cronicamente irritata infatti, questo suo umore non sempre congruo alle situazioni contingenti e la sua vita non diventa certo pi facile. Nell approccio gestaltico si lavora per portare a termine gli stati d animo sospesi riattualizzando attraverso il ricordo e la fantasia le situazioni che hanno determinato prima l emozione e poi l interruzione del decorso: in pratica si tratta di riattivare l emozione diventata cronica e farla arrivare all acme, dandogli spazio sul piano dell espressione. In questo modo pu dopo decrescere, lasciando all organismo la possibilit di ritornare al punto in cui ricettivo a quello che c nel presente, invece di essere fissato su una situazione emotiva che non riguarda il qui e ora, cio su un affare incompiuto che ha avuto inizio nel passato e che non si concluso ancora. Il libero arbitrio non consiste dunque nel potersi comportare in qualsiasi modo: come tutte le cose umane, la libert non pu essere assoluta, e anche a prescindere da considerazioni etiche, per igiene mentale deve almeno rispettare i limiti di tolleranza psicofisica dell organismo. Un concetto difficile da digerire questo, dopo che duemila anni di tradizione cristiana ci hanno abituato a considerare l anima come senza leggi n regole n limiti, praticamente senza fragilit, assolutamente indistruttibile e sottoposta solo a considerazioni spirituali. difficile riuscire a concepirsi come esseri psichicamente vulnerabili, che cio anche sul piano psichico possono farsi male: se per si riesce a capirlo, allora si pu forse cominciare a comportarsi con se stessi e con gli altri in maniera tale da rispettare le proprie limitazioni, smettendo di mettersi in situazioni che rendono la vita inutilmente difficile. Un riferimento immediato per esempio ai rapporti di coppia, dove le persone hanno spesso aspettative irragionevoli, nel senso che si aspettano di essere accettate in toto, perch dato che c l amore, allora qualunque cosa deve essere accolta. Ma questa in realt una sciocchezza: i rapporti umani sono delicatissimi, e vanno curati e gestiti con estrema attenzione, se si vuole che durino. Non affatto legittimo scaricare per esempio le proprie insoddisfazioni all interno del rapporto solo perch l altro, essendo una persona che ci ama, tenuto a perdonarci tutto. Si pone quindi a questo punto il problema di quali sarebbero i comportamenti legittimi all interno di un rapporto. un tema che si sviluppato in campo psicologico soprattutto negli ultimi decenni, da quando cio si cominciato a rendersi conto che i disturbi psichici sono sempre connessi con problemi di relazione e di comunicazione. Nella scuola di Palo Alto per esempio fu elaborata a suo tempo la teoria del doppio legame come origine della schizofrenia: l ipotesi che una comunicazione fortemente scorretta possa portare una persona alla pazzia. Se questo in parte cos (ed almeno un ipotesi molto plausibile), allora si pu capire quanto l igiene mentale sia necessaria in questo campo, quanto sia cio necessario rispettare le regole della comunicazione. Le ricerche della sistemica hanno comunque ampiamente dimostrato come la comunicazione sia un azione con un peso rilevante e non certo qualcosa di pi o meno innocuo. All interno della famiglia la maggior parte degli scambi di tipo verbale, e nonostante questo i livelli di violenza che si scatenano qui sono in un certo senso anche superiori a quelli che si vedono per la strada: se con le armi l umanit riesce a farsi a pezzi, in famiglia, semplicemente con le parole, pu fare anche di peggio. La base indispensabile per una comunicazione corretta naturalmente l ascolto.176 Se invece si fa attenzione, ci si rende conto che i discorsi, da quelli familiari a quelli politici, in massima parte sono solo una somma di soliloqui: spessissimo le persone che parlano non si ascoltano e non si rispondono. addirittura una tendenza generale quella di sovrapporsi con le parole invece di articolarsi: nessuno in definitiva si scandalizza particolarmente quando chi parla non ascolta per niente l interlocutore, mentre questa chiaramente una grande fonte di malessere. Un altra regola importantissima quella di dare un feedback alla comunicazione dell altro, di fargli sapere cio che qualunque sia la propria reazione comunque ci si accorti di quello che ha detto: l essere visti infatti un sine

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qua non per soddisfare i propri bisogni narcisistici, e i bisogni narcisistici sono appunto necessit imprescindibili. Mentre il termine narcisismo ha tradizionalmente una connotazione negativa, perch cos lo aveva interpretato inizialmente Freud che si occup soprattutto del narcisismo psicotico, gli ultimi decenni di indagine psicologica tendono invece a reinterpretare il narcisismo come un fattore non patologico in s. Per la psicologia del S177 il narcisismo sarebbe semplicemente l istanza a rimanere uguali a se stessi e a piacere a se stessi e agli altri. Che questo sia fondamentale evidente: una persona che non si piace e che non piace destinata a soffrire parecchio nella vita. I bisogni narcisistici sono ineluttabili, ed necessario soddisfarli in un modo o in un altro: almeno entro certi limiti, c bisogno di produrre oggetti e comportamenti a cui si possa aderire e che vengano apprezzati dagli altri, e per questo necessario sapere di essere visti. Per capire come bisogni pulsionali e bisogni narcisistici vadano considerati ugualmente importanti, basta pensare per esempio a un adolescente che si vergogna di prendere il suo spazio: da una parte ne avrebbe bisogno, perch se non lo fa non pu stabilire rapporti di nessun tipo, dall altra per ha anche bisogno di un immagine soddisfacente, cio non vuole solo essere visto, ma anche essere accettato e quotato socialmente. Sono tutte e due istanze indispensabili, perch la persona deve sia esistere nel mondo, che fare i conti con la reazione degli altri: ovvio quanto sia inutile per lui mettersi in mostra se fa brutta figura, perch probabilmente questo gli costa un rifiuto, cio esattamente il contrario di quello di cui avrebbe bisogno. La soluzione non consiste nel mettere da parte una delle due istanze, cio nel rinunciare a prendere spazio o nel rinunciare a voler fare bella figura: si tratta piuttosto di inventare un comportamento soddisfacente che permetta di fare abbastanza bella figura. Capita spesso invece che le persone non si diano da fare per riuscire, sulla pressione di questi bisogni, a inventare un modo di fare soddisfacente, ma che semplicemente si reprimano rinunciando a una parte essenziale della loro vita psichica. Quando c qualche istanza fisica che non viene ascoltata, o comunque quando nella persona c qualcosa che troppo pronunciato e qualcosa che non abbastanza espanso, la dinamicit apparente inficiata dalla coazione a ripetere comportamenti sicuri, che non permette flessibilit e creativit. Nella cultura occidentale c sempre una ricerca spasmodica della sicurezza, specialmente fra gli adolescenti, che spesso pensano allo smettere di essere timidi come soluzione di tutti i loro problemi: questa sicurezza un illusione grammaticale, come direbbe Wittgenstein, cio qualcosa che esiste solo sul piano delle parole. una sicurezza, infatti, irrealizzabile, dato che consisterebbe nella capacit di manifestare comunque i propri impulsi in modo narcisisticamente soddisfacente, mentre questo ovviamente pu essere solo il prodotto di un continuo lavoro di confronto con se stessi e con il mondo esterno, e non pu esistere una volta per tutte. Infatti, solo nei momenti in cui le due istanze contrapposte collaborano, trovando velocemente una soluzione dialettica, si ha quell impressione di unit che corrisponderebbe, appunto sul piano metaforico, all unit di governo: appena per la distanza fra le parti aumenta, quest illusione si interrompe e tutto naufraga in una pesantezza che porta all incertezza e all immobilit. La paralisi del governo nelle democrazie si affronta con le elezioni anticipate, cio richiedendo una manifestazione della volont popolare che permetta di nuovo di raggiungere un unit operativamente funzionale: sul piano psichico, si possono affrontare le situazioni sintomatiche allo stesso modo, dialettizzandone cio la compattezza178 nelle componenti in gioco. Non si guarda la persona immobile nella sua impossibilit, ma si sposta l attenzione sul piano delle emozioni in gioco, che spingendo una contro l altra con gran dispendio di energie, producono stasi invece che movimento: ripercorrendo all indietro il processo dialettico, se invece di guardare il sintorno ci si occupa delle sottostanti istanze contrapposte, le emozioni cio che dilaniano la persona, si ha la possibilit di interferire con un equilibrio, in realt dinamico e che, solo per ragioni contingenti, si presenta statico. Per questo motivo, in realt per essere rimesso in moto necessita di molta meno energia di quanto la compattezza del sintorno farebbe pensare. La tecnica della sedia vuota un modo di sottolineare formalmente questa discesa dalla compattezza del sintorno alla sottostante contrapposizione fra le varie istanze: un modo di facilitarne il confronto, normalmente impedito da quella collosit invischiante che l assenza di chiari confini fra le parti produce. Si tratta di una confluenza con se stessi, non dissimile da quella che si ha con le persone esterne, e certamente non meno paralizzante: con un linguaggio metapsicologico si potrebbe dire che la confluenza con l esterno una proiezione

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della confluenza con le corrispondenti interiorizzazioni. Nelle psicoterapie di derivazione freudiana si cerca, infatti, di elaborare il rapporto con i propri personaggi interni179 fino a renderlo abbastanza dinamico e fluido da permettere le continue trasformazioni che la vita comporta: l esperienza clinica insegna come questo sia in realt necessario e sufficiente, almeno per riuscire a svincolarsi dai cul de sac nevrotici. 3 e. Etica Parlando di etica e di morale bisogna tenere ben presente che una parola pu avere tanti significati, e di quale si tratta dipende dalle intenzioni di chi la usa: questi due termini non hanno un significato concettuale ben definito. In genere si intende per morale il rispetto delle norme sociali, mentre il termine etica si riferisce alla qualit dell esperienza. Il valore etico di una scelta non dimostrabile oggettivamente: dipende dalla capacit della persona di rendersi conto, dalla vastit dei suoi orizzonti, dal rigore dei suoi gusti, e in questo sta appunto la soggettivit dell esperienza. Tuttavia, il valore etico, malgrado l ambito soggettivo in cui si manifesta, di solito condiviso da molti, e bisogna pensare, quindi, che abbia connotazioni abbastanza generali: generalit nell esperienza non implica oggettivit, ma intersoggettivit, come il pensiero fenomenologico chiarisce. Il valore non mai astratto e sta necessariamente nell esperienza concreta: se la morale pu essere basata su principi concettuali, l etica non pu essere in nessun modo un astrazione. Si pu considerare: esperienziale; rigorosa ma non rigida; interpersonale; misteriosa: un mistero da contemplare, non da svelare. Queste caratteristiche competono tutte anche all estetica. Non scritto da nessuna parte infatti come si fa a creare una cosa bella: il valore estetico ha a che fare con l esperienza del bello. Anche se Kant diceva che il bello non semplicemente ci che piace,180 presumibilmente con questa affermazione non intendeva che non una realt esperienziale. Il senso etico indispensabile per articolare la morale, che altrimenti si identifica con la tradizione: quando avvengono i grandi salti storici e gli scollamenti fra le generazioni, le persone non rispettano pi i costumi tradizionali e la morale crolla. Per esempio, dopo la prima guerra mondiale, che ha distrutto in Germania molta parte della tradizione, nato il nazismo. I nazisti, come dimostrano le ricerche di Hanna Arendt,181 non erano sempre criminali in senso stretto: si pu dire piuttosto che personalmente non avevano nessun senso etico, e neanche avevano pi una solida tradizione a cui riferirsi. Paradossalmente si sono comportati in modo rigorosamente morale, cio rispettoso delle leggi del loro paese: prima hanno varato leggi contro gli ebrei, e poi li hanno sterminati sulla base di queste. Eichman, quando ricevette l ordine di sospendere le deportazioni,182 si indign e continu ostinatamente a portarle avanti fino all ultimo giorno della guerra, per rispetto della legge che le esigeva. Eticamente mostruoso, ma moralmente, per un tedesco del terzo Reich, paradossalmente era corretto: stava obbedendo alle leggi del suo paese, n pi n meno. Lo sterminio stato facilitato anche dal fatto che anche gli ebrei erano profondamente ossequiosi delle leggi: non hanno reagito ribellandosi, perch erano persone molto ligie allo stato. I nazisti istituirono un consiglio degli ebrei, una specie di governo ebraico che aveva potere assoluto sulla gente: dopo ordinarono al consiglio di deportarli, il consiglio lo fece e la gente si lasci portar via senza scappare, pur sapendo dove stava andando. Tutto moralmente corretto, anche se eticamente spaventoso. Dalle ricerche della Arendt molto evidente che, nelle alte sfere naziste, in gran parte vi erano persone, fra molte virgolette, normalissime, e hanno fatto cose orrende senza sentirsi affatto moralmente riprovevoli. La differenziazione fra morale e etica evidentemente indispensabile per fare valutazioni in campo politico, perch fermo restando la possibilit democratica di un partito conservatore e di uno progressista, stare da una parte o dall altra non garantisce il valore etico del proprio operato. Questa differenziazione molto importante,

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perch giudicando solamente in base alla ragione politica si rischia di trovare accettabile praticamente tutto, dato che qualunque cosa ha una sua giustificazione macchiavellica: se invece si valuta sotto un profilo etico ci si accorge delle differenze di valore, o almeno di quelle evidenti. L etica una discriminante fortissima per riuscire a individuare i comportamenti inaccettabili, l dove non passano le frontiere della morale: evidente che nell area protetta dalla morale vi sono anche realt molto cattive, ed importante riconoscerle, poter dire questo cattivo e non si fa, per potersi opporre e difendere. Sul piano intrafamiliare, spesso le persone non hanno nessun freno, per esempio sull invidia, e sono capaci di impedire ai figli di fare le loro esperienze, razionalizzandolo con una qualsiasi scusa morale: come fa il figlio a difendersi, dal momento che ci che si riferisce alla morale inattaccabile! Il gusto etico, invece, riconosce immediatamente il vero senso delle situazioni: un gusto che richiederebbe una specifica cultura, in modo che le persone avessero poi strumenti per difendersi. Aiutare le persone a evolvere un gusto etico significa aiutare le persone a proteggersi, in famiglia, nelle relazioni sentimentali, nelle relazioni col mondo. Accanto all etica, anche la morale a sua volta fondamentale: una nazione con tutta probabilit non starebbe in piedi affidandosi solo al senso etico dei cittadini. Ma mentre la morale un dovere l etica un piacere, come l estetica: non si dipinge un bel quadro per dovere, ma perch un piacere farlo cos. L etica funziona nello stesso modo: i comportamenti etici non sono un peso da portare, danno piuttosto un senso di soddisfazione e di piacere, come le opere artistiche. Anche nell interazione quotidiana cos: il comportamento di valore etico, per quanto possa essere faticoso e difficile, profondamento soddisfacente. Nei gruppi di psicoterapia esperienza corrente: il comportamento di valore etico generalmente soddisfa tutti i partecipanti. Ora, un gusto si evolve, non si impara: per evolvere un gusto bisogna chiedersi di continuo cosa si apprezza e per quali caratteristiche, e piano piano si sviluppa quella misteriosa capacit di distinguere ci che piace da ci che non piace. Il gusto estetico si evolve guardando e scegliendo, e il gusto etico si evolve allo stesso modo, a forza di osservare interazioni umane e dire questo mi piace e quest altro no, questo di pi e questo di meno, e chiedendosi cos che fa la differenza. Cacciari osserva183 che la trasgressione perfettamente comprensibile, mentre misterioso che ci sia la legge. assolutamento misterioso, infatti, come ci possa essere qualcosa che piace pi di qualcos altro: straordinario e inspiegabile che un quadro di Leonardo desti la meraviglia che desta. Etica ed estetica sfuggono alla spiegazione concettuale: nel momento in cui si traducono in concetti perdono la loro natura esperienziale. L esperienza alla portata di tutti: chiunque sa che qualcosa piace pi di un altra, che qualcosa pi interessante e qualcos altro meno. La straordinaria importanza del valore etico sta nel fatto che, in realt, esso la vera stella polare dei comportamenti: igiene mentale e tradizione sono i salvagente in assenza di gusto etico, ma solo questo pu realmente indicare la strada se si vuole esercitare nella vita il proprio libero arbitrio. In psicoterapia, in fondo, non si fa altro che educare le persone al valore etico: se da una parte hanno importanza sociale perch permettono di avere buone relazioni, le scelte di valore etico hanno soprattutto pi chances di riuscita nei percorsi della vita rispetto a quelle scelte che ne sono prive. Intanto si potrebbe dire che abbracciano pi parti del mondo, e pi mondo si abbraccia e pi si trova spazio nella vita. In pi hanno la caratteristica, come le scelte di valore estetico, di oltrepassare il limite del banale: sono in un certo senso scelte meno nevrotiche, sono meno in conflitto col mondo, e permettendo di non entrare in vicoli ciechi, aiutano a sopravvivere. Il comportamento cessa allora di scivolare nella rigidit, nella pesantezza, e diventa occasione di creazione. Siccome l etica non ha modelli, il valore etico va colto l per l sul filo dell intenzione e questo permette di interessarsi agli altri per qualcosa che non sia la competizione: per creare, gli interlocutori sono molto preziosi. Inventare pi facile se si pu fare con altre persone: periodi storici estremamente ricchi di creativit sono stati per esempio il Rinascimento a Firenze, oppure il periodo surrealista a Parigi, o l inizio del secolo a Vienna, dove un gran numero di persone era dedito ad attivit creative. In questi periodi, particolarmente fecondi, molti lavoravano insieme e scambiavano esperienze. Avere nella vita sociale interlocutori per il gioco della creazione d

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una soddisfazione particolare: l unica alternativa seria ai giochi che sono ritualizzazioni di scontri, dove invece di competere con le armi lo si fa con le carte, con il pallone ecc.184 L etica particolarmente importante nella psicoterapia, perchle persone di solito valutano solo secondo un ottica morale, e spesso non si rendono conto delle situazioni in cui si trovano. Ascoltando ci che i pazienti raccontano della loro vita familiare, si nota come, all interno delle famiglie, si compiano atti considerati normali e che, da un punto di vista etico, sono terribili: non ci si pu aspettare che riescano a cambiare qualcosa di essenziale nella loro vita se non diventano capaci di orizzontarsi eticamente. In che altra maniera infatti potrebbero riconoscere la differenza fra un modo di fare plausibile e uno inaccettabile? Se dovessero risolvere il problema su un piano concettuale, probabilmente una vita non sarebbe sufficiente per riflettere su ci che accade in un solo giorno. Il valore etico , inoltre, di particolare importanza perch d senso: un interazione di valore etico riempie di senso l esperienza, e un problema centrale per la psicoterapia la depressione, cio appunto la perdita del senso. Se per un qualsiasi motivo, infatti, le persone abbandonano gli schemi di comportamento tradizionali, spesso si perdono in un mondo senza senso, e il senso si ricostruisce, appunto, ri- iniziando la persona all esperienza. Oltre all esperienza, ci che d senso il mito, un contenitore per sua natura molto largo, con il grande vantaggio che ognuno pu riempirlo con qualsiasi contenuto, congruo o meno che sia. La guerra, per esempio, un mito portante, che d fortemente senso alla vita: basare la vita su questo mito vuol dire per ridurla a molto poco, oppure essere costretti a combattere continuamente, cosa a cui pochi alla fine hanno voglia di aderire. Altro grande contenitore mitologico l amore. Oggi le coppie consumano la relazione con grande rapidit, perch l amore non basta per contenere il rapporto. Spesso le persone affidano la propria vita al mito dell innamoramento, senza avere, per, una capacit di relazione: a lungo andare questo non resiste, perch il mito da solo non regge la quotidianit. I contenitori mitologici, che sono peraltro veicoli degli avvenimenti, sono troppo indifferenziati per supportare da soli l intera vita: le persone che si fanno trascinare da questi diventano come bambini che inseguono farfalle. La ballerina e il soldatino di stagno,185 due archetipi base dell anima femminile e maschile, se non sono abbastanza diluiti all interno della vita di tutti i giorni, non sono in grado di supportare una quotidianit di pace e di dare la direzione alla vita emozionale: sovraccaricando le aspettative, soffocano e si spengono nella frustrazione. Le emozioni sono il motore dei comportamenti, e il libero arbitrio possibile solo nella misura in cui si riesca a indirizzare le proprie emozioni dove si vuole, invece di andare dove ci conducono: l ottica gestaltista non consiste nel manifestare le proprie emozioni per poterle cos scaricare, ma nel dare forma a quel mosaico di impulsi che abbiamo al nostro interno e permettendo cos ad essi di fiorire invece che collassare in sintomi. Muoversi dal caotico verso lo straordinario (in senso naturalmente intersoggettivo) lo scopo del lavoro gestaltico. Mentre idea abbastanza corrente che non vi sia differenza fra il dire qualcosa in un modo o in un altro se il contenuto , comunque, lo stesso; evidente, invece, che in base a come si dice si pu, per esempio, ottenere o perdere quello che si desidera. Accade spesso che l esperienza relazionale venga considerata solo funzionalmente, senza verificare l indice di gradimento. Il problema del gusto che non oggettivabile concettualmente, ma qualcosa che si pu evolvere solo ascoltandosi attentamente: non tutti hanno lo stesso gusto estetico, e cos presumibile che non tutti abbiano lo stesso gusto etico. Quello che piace a qualcuno potr non piacere a un altro, ma non si potr dire, tuttavia, di Tiziano o di Giotto che sono cattivi pittori: anche se non si apprezzano non si potr dire che sono privi di valore. Ugualmente, non tutti apprezzeranno l opera di Albert Schweitzer come medico in Africa, o il lavoro di Madre Teresa di Calcutta per il popolo indiano, ma certo non si potrebbe dire che non siano comportamenti di grande valore etico. Senza riferirsi a una concettualizzazione, sembra dunque che etica ed estetica possano comunque raggiungere nella storia umana un livello condivisibile di consenso. Ora, un problema fondamentale dell etica quello del male. Nella sua intervista con Rogers, Buber afferma che il male pu essere considerato solo come una tendenza, mai come una sostanza, nel senso che il Male con la M maiuscola non altro che la reificazione di una esperienza: il male, cio, non esiste come cosa in s, solo un effetto del comportamento umano. Sentiamo male per molte ragioni e anche molto differenti, spesso eventi banalissimi186 fanno male, cio producono per qualcuno effetti con vario grado di devastazione. Chi sente male, direttamente o indirettamente, e

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chi si identifica o empatizza con chi ha questa esperienza, tende a reificare l esperienza e a chiamare Male l accaduto, come se facendone una cosa potesse opporsi ad esso pi decisamente ed efficacemente. Reificato, il Male diventa oltretutto mitico, e in quanto tale, anche in un certo qual modo seducente. Fare male a qualcuno facile, data la fragilit fisica e psichica dell essere umano, o piuttosto semplicemente dell essere vivente ( evidente che non esiste niente che possa essere chiamato male al di fuori della relazione diretta o indiretta con esseri viventi). Fare i propri interessi sproporzionalmente alle ricadute sugli altri dimostra chiaramente la scarsa considerazione verso i suddetti altri: in questo senso fare male figlio diretto dell egoismo, cio del premettere i propri interessi a quelli degli altri. La differenza il grado: ci sono egoismi che il senso comune ritiene tollerabili e altri che non lo sono. Una indicazione sensata senza essere moralistica la vecchia massima non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te. Un punto di vista egoistico manca in pieno la trinit soggetto- relazione- altro soggetto: la tradizione cristiana, nell affermare che Dio uno e trino sottende che, comunque, l uno nel trascendere trino, e quindi riferirsi a s indipendentemente dall altro e da ci che c in mezzo manca semplicemente il bersaglio della trascendenza. In questo senso si pu capire la tradizione cristiana, che considera il Male come assenza di Dio: l egoismo, inteso come il prescindere dal rapporto, un modo di perdere il cammino per la trascendenza. Qui il male in un certo senso figlio della stupidit, del premettere il basso all alto, il poco valore al molto valore: figlio della cecit, del non accorgersi, per cui Cristo disse padre perdona loro perch non sanno quel che fanno, intendendo presumibilmente che non si rendevano conto dell orrore della sofferenza che infliggevano a un essere vivente crocifiggendolo. Il valore della trascendenza non immediatamente, almeno non sempre, percepibile: non tutti sono in grado di apprezzare un quadro di Kandinskij e di attribuirgli pi valore di un camion di lingotti d oro. Per apprezzare bisogna vedere, e per vedere bisogna svegliarsi. In questo senso fare male figlio dell ignoranza. questo probabilmente il far male di Eichmann, il piccolo e squallido burocrate molto ligio nel fare bene il suo dovere di impiegato pubblico addetto allo sterminio, e che non aveva niente di personale contro gli ebrei, anzi, si qualificava personalmente amico degli ebrei. C poi il fare male di Gilles de Rais, di cui Battaille descrive il processo e la condanna.187 Gilles tortura bambini, poi li consola, e quando danno segno di consolazione li uccide, in modo che alla vittima rimanga sul volto quel sorriso cos attraente. Qui, oltre all egoismo di cui sopra, che di per s non si preoccupa affatto degli effetti sugli altri, c un vero interesse per il dolore dell altro: proprio questo dolore, giocato in tutte le possibili variazioni e risonanze, che attraente, desiderabile, eccitante. Il nome pi noto per questo far male sadismo. Fairbairn la chiama formazione antilibidica,188 e la spiega con una identificazione coatta nella posizione di chi impone, per solidificare l illusione di poter evitare la posizione di chi subisce, soprattutto per annullare quel che si subito in passato. C il gusto egoistico del trionfo, della posizione di superiorit sulla vittima, e c una attitudine magicoscaramantica che illude dell intangibilit della propria grandezza: non sono n sono mai stato sottomesso e costretto all altrui volont. Cio, fra l altro, non sono mai stato bambino, e non ho mai dovuto subire gli adulti. Banalit, sciocchezze trasformate in grandiosit, che, facendo tanto male, facile considerarle cose importanti: ma per torturare a morte una persona basta uno spillo, come sapevano i boia cinesi dell antichit. L ingenuit naturale dell essere umano porta a credere che una cosa di valore sia fatta di materiali di valore, ma un quadro fatto di tela e di colori, che sono solo una manciata di polvere colorata. E una bellissima cattedrale solo pietre e calce. l effetto composizione che fa di quelle pietre una meraviglia, non il valore delle pietre in s. Allo stesso modo, il dove si pianta lo spillo differenzia l agopuntura da tortura, non lo spillo in s. L essenza del male, come dice Hanna Arendt, non che banalit, mentre l effetto disastroso: l indifferenza a questo disastro, o il compiacimento nel provocarlo sono ugualmente banalit, stupidit e infantilismo che fanno male in proporzione al potere che le persone detengono sugli altri. Poich evidentemente improbabile una lotta all infantilismo e alla stupidit umana, che come diceva Einstein, insieme all universo, la unica altra cosa infinita, rimane come atteggiamento socialmente e politicamente sensato quello della lotta al potere degli esseri umani sugli esseri umani: dato che non pu essere abolito per ragioni ovvie, ossia nessun gruppo umano pu funzionare

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senza una organizzazione, e nessuna organizzazione funziona senza organizzatori, si tratta almeno di vincolare il potere alla delega e la delega alla verifica, cio sviluppare il sistema democratico fino a renderlo funzionante. La democrazia, come diceva Konrad Lorenz, anche se non funziona, comunque il miglior sistema di governo che l umanit abbia inventato. Pratiche sociali come la terapia della famiglia nei consultori, o come il telefono azzurro, sono tentativi di disassolutizzare il potere anche all interno della famiglia, e appaiono come un vero e proprio processo di democraticizzazione e di lotta al fare male, che peraltro l umanit ancora molto lontana dall aver reso efficiente.

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4 Teoria della psicoterapia 4 a. La distanza tra natura e cultura e la psicoterapia La psicoterapia come pratica culturalmente riconosciuta compare in Europa quando la troppa lontananza fra Natura e Cultura diventa una evidente origine di malessere. Alla fine del Settecento il dramma nel mondo occidentale si sposta dal conflitto fra dogma e ragione a quello fra Natura e Cultura. Secondo Hlderlin189 il dramma insanabile: Empedocle, pensatore razionale ma anche adepto dei misteri orfici (culto iniziatico del conoscere attraverso la partecipazione del conoscente al conosciuto) ha creduto di poter conoscere direttamente la Natura, invece di doverla avvicinare attraverso l Ordine Sociale e la Cultura, quelle vuote apparenze che preti e politici maneggiano. Ma Empedocle si accorge della sua ingenuit: la Natura sta al di l della portata dell uomo, e la Cultura ormai perduta per lui, cacciato come empio dai preti della sua citt. Cos il filosofo greco si ricongiunge definitivamente alla Natura gettandosi nell Etna: avendo cercato la Natura in spregio alla Cultura, deve morire. E Hlderlin impazz. Anche Kierkegaard oppone la Natura, nel senso dell esperire la propria esistenza, alla Cultura, nel senso della tradizione, ma anche della Verit Assoluta. Qui il nucleo del valore nell esperienza, non pi nella morale, la legge uguale in tutte le occasioni: nel proprio esperire che ognuno trova nella contingenza delle circostanze e delle scelte questo valore, sperimentandolo, non padroneggiandolo. Nell ottica di Kierkegaard non si buoni, si fanno atti di valore etico, e ogni volta comunque un avventura! Ma la Natura cos trovata esige per Kierkegaard la rinuncia all edonismo: tentazione costante per l essere umano sono le possibilit seducenti che, imponendosi con il piacere, traviano dalla scelta responsabile. Per raggiungere la Natura imprescindibile l assunzione di responsabilit, la scelta, il progetto personale, la rinuncia all impersonalit del piacere.190 E Kierkegaard rinuncia a sposare la sua fidanzata. Natura e Cultura, dionisiaco e apollineo, in Nietzsche non soffrono pi di questa spaccatura profonda: non c apollineo che non sia alimentato dal dionisiaco, e non c dionisiaco che non brilli della luce dell apollineo. Ma, dopo una vita spesa nell apologia di quel dionisiaco che la cultura reprime, senza per mai attentare, aldifuori dell ambito teorico, alle convenzioni borghesi, Nietzsche impazzisce. Il suo pensiero troppo radicale e non disposto a cedere a compromessi, che spesso vogliono che si faccia buon viso a cattivo gioco, e non vuole fare ci che rimprovera a Wagner,191 venduto al successo mondano. Gli resta l isolamento, e il crollo. Freud apre il cammino alla ricerca di una composizione di queste polarit nella vita quotidiana: la base naturale della vita la libido, ma anche per lui la Natura, entro certi limiti, deve cedere alla Cultura, e questo per lo meno disagevole.192 Freud pensa per in termini di socializzazione. L Es, il bambino selvaggio, viene socializzato a forza e inserito nelle scomode regole della Cultura mentre per Natura sarebbe violento e asociale, istintivamente nemico agli altri uomini. Una struttura intrapsichica, il Superio, con l appoggio del potere dei genitori, lo doma con la frusta dell angoscia e gli mette le briglie: la persona potr vivere la Natura solo sublimandola, cio trasformandola in qualcosa di socialmente accettabile. Qui le regole sociali sono realt indiscussa, e la morale, non l etica, l opposto dialettico del dionisiaco: lo spirito si impone all umanit con la forza. Kafka che apre un vero e proprio spiraglio di speranza in questa porta: come mette in evidenza Cacciari,193 il visitatore del Castello, dopo l attesa, di tutta una vita, del permesso di entrare, appena prima di morire, in un attimo di lucidit si rende conto che non ha avuto il permesso alla visita, ma in realt non c era neanche il divieto! Il divieto l illusione che si spezzata nel pensiero contemporaneo: la difficolt (almeno per quelli sani di mente) non ottenere il permesso per le proprie azioni, ma farle senza permesso, senza l imprimatur, senza la certezza del dogma, della bellezza accreditata istituzionalmente. Farle sotto la propria personale responsabilit, e in modo da esserne personalmente soddisfatti.

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A ognuno la possibilit di creare qualcosa di valore, e ad ognuno anche l obbligo, perch nel mondo della responsabilit si responsabili di ogni attimo della propria esistenza, e di ogni atto relazionale. Buber ritiene l altro la scala per salire alla trascendenza, appunto per il valore etico del dialogo. Per un dialogo parlare non basta, ci vuole anche ascolto, ovviamente, ma soprattutto intenzione e ricettivit: nel dialogo la persona si rivela come tale partecipando in prima persona all avvenimento, con le sue specifiche motivazioni e impressioni. Parlare la pi grande delle responsabilit, afferma Wittgenstein: il dialogo ha valore etico, parlare un avventura, e l importanza per questo del rapporto con l altro non pu in nessun modo essere ignorata. Se il contesto del discorso pu essere infatti impersonale, il metacontesto, ossia ci che contiene il dialogo stesso, il luogo della interazione personale fra i dialoganti, che pu essere di buona o di cattiva qualit a seconda delle reciproche intenzioni, e pu essere anche inefficace, ma in nessun caso neutra.194 Eppure le parole comunque rimandano: parola significante e significato, e il significato convenzione culturale, non coincide con l oggetto che significa. La Cultura intrinsecamente separata dalla Natura. A suo tempo Nietzsche aveva proposto un rivoluzionario punto di vista: non c in realt conflitto, e non sono n la Natura n la Cultura a dover cedere le armi, ma l io: l io in realt un illusione!195 Resta, al di l dell io, la relazione: O grande astro dice Zarathustra al sole che ne sarebbe della tua immensa letizia, se tu non avessi a chi risplendere?!.196 Sulla scia di questa intuizione, esistenzialismo e fenomenologia pongono l esperienza dell individuo al centro della realt: la persona non pu scegliere di sentire quello che sente, pu solo accorgersene o meno, ma inevitabilmente sceglie come reagire: la libert la responsabilit per il proprio operare. E qui si apre un nuovo capitolo: io scompare come realt autonoma per diventare funzione, smette di esistere come assoluto e diviene strumento, una illusione197 funzionalmente indispensabile. Fra io e tu, parola significante e oggetto significato, Natura e Cultura, si d quindi comunque una distanza, ma, piuttosto che separazione, questa distanza cifra di unione, ponte fra i due poli non sovrapponibili, incommensurabili, detto in un linguaggio matematico: la distanza qui lo spazio percorribile, il luogo stesso della relazione che non pu che essere dialettica, dinamica quindi, e che, come ogni movimento, pu esistere solo dove c spazio, e quindi distanza. Qui si inserisce l approccio gestaltico: dando voce e feedback ad ambedue i poli, Perls trasporta il doppio monologo, in cui si esaurisce di solito l interazione umana, sul piano del dialogo, che si struttura all interno stesso di questa distanza: invece di un linguaggio premasticato, qui indispensabile un inventare permanente, in cui solo la voce della Natura pu permettere alla potenzialit di trasformarsi in Cultura, cio di prendere forma. la distanza che Pier Aldo Rovatti198 propone abitabile, fra le parole e il loro significato, fra linguaggio verbale e non verbale: la distanza dalla certezza della parola, la consapevolezza che la parola non , ma rimandando chiama ci che significa. In questa distanza c lo spazio per giocare (in senso Winnicottiano), per un arte che esperienza, per segni che, essendo Natura nel momento stesso in cui intreccia la sua danza con la Cultura, sono in s esperienza e dove i rimandi, molteplici e contingenti dell attivit analogica della mente, creano un mondo in cui e di cui vive chi gioca, facendo e disfacendo oggetti, transazioni e relazioni che sono allo stesso tempo carne e sangue dell individuo e storia di tutti. 4 b. Necessit dell illusione come orizzonte dell esistenza L importanza dell avvenire in quanto indeterminazione. Avvenire come interfaccia fra determinato e indeterminato, passato come sassi del presente: l indeterminato si rivela continuamente, ed continuamente trampolino per l ulteriore rivelazione; rivelare non come onomazein, ma come commedia, scherzo, gioco di segni senza biunivocit di corrispondenza. In radure del bosco dei segni lichtet200 una apparizione, che si fa segno, e liberata (non completamente) dalla sua responsabilit, si d al gioco, illuminandolo di ricordo e promettendo scherzosamente qualcosa di pi, che non si d nell essere, ma che diventa il fare con allegria, e intenziona e fondamenta a buon diritto una fede.

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Ogni panorama ha un suo orizzonte, senza il quale sarebbe impossibile, per l appunto, orizzontarsi. L orizzonte esiste, naturalmente, nell osservatore, non nel panorama: fa parte del modo di funzionare della mente per quanto riguarda la percezione. Gli psicologi della Gestalt l hanno descritto come relazione figura- sfondo.201 La dinamica figura- sfondo, chiaro, non riguarda solamente lo spazio ma anche il tempo: l esistenza, come Heidegger ha chiamato l essere nel tempo,202 deve avere un orizzonte perch una persona ci si possa appunto orizzontare dentro. Ma cosa l orizzonte? Una linea, dove si smette di vedere e si comincia a immaginare: questo significa che la percezione diventa significativa solo al momento in cui cessa, al momento, cio, in cui si articola con l immaginazione. Sul piano del tempo l orizzonte appunto la linea dove finisce il presente e incomincia il futuro, l indeterminato, e dove si pu spingere lo sguardo solo per mezzo della fantasia, mossa dalle aspettative che abbiamo dalla vita in seguito al nostro comportamento. Dell illusione insomma: in spagnolo illusion significa interesse, fascino. evidente che il tempo in cui si esiste un articolazione di passato, presente e futuro, e che il valore specifico del presente riguarda il fatto che questo l unico settore del tempo dell esistenza in cui si possono operare scelte, e quindi in cui si pu direzionare il corso della propria vita: un presente senza nessun passato comunque perde senso,203 e soprattutto un presente senza un futuro ha dimensioni di grande tristezza, come si vede spesso nella vita delle persone anziane. Ma guardare nel futuro, cio immaginare, non altro che giocare, ludere, con le possibilit, che finch non vengono poste in atto rimangono solo possibilit, o illusioni quando sono possibilit desiderate. L illusione possibilit desiderata: ma la vita non va indirizzata verso questo? la prudenza che invita alla cautela in questo campo, affinch il desiderio non obnubili il ragionamento e porti verso vicoli ciechi. Tutto sommato, la cattiva fama che l illusione ha nella nostra cultura odora alquanto di puritanesimo, come se fosse un peccato pi che un imprudenza. Se l illusione indispensabile all esistenza, naturalmente non significa che qualunque illusione lo sia ugualmente: illudersi che l umanit vada verso un futuro sensato non ha la stessa valenza dell illudersi di non venire arrestati dopo aver compiuto un omicidio. Bisogna potersi illudere che il nostro fare vada verso un futuro apprezzabile, altrimenti questo fare perderebbe di senso. Senso, non significato, qualit, non quantit. L illusione indispensabile alla qualit della vita, e la depressione sinonimo di mancanza di illusioni. Se non tutte le illusioni si equivalgono, come orizzontarsi in questa selva? Quali le illusioni consigliabili e quali sconsigliabili? La domanda potrebbe essere, intanto, quali sono verosimili e quali no, ma la storia insegna che gli eventi umani sono stati spesso inimmaginabili in anticipo, e quindi anche la verosimiglianza ha un valore relativo. I peggiori inconvenienti derivano in realt dal confondere illusione con probabilit, e quindi si tratta alla fine semplicemente di mantenere le proprie illusioni204 senza attribuire loro valenza divinatoria, senza scommettere, insomma, sul cavallo che desideriamo vincente e senza trasferire il desiderio sul cavallo probabile, ma desiderare che vinca uno e scommettere, allo stesso tempo, sull altro. Ma l anima umana viaggia sul veicolo del mito, e questa doppiezza lo inficia. Come essere rispettosi del mito senza diventare stupidi, e senza, d altra parte, essere neppure traditori delle proprie aspirazioni? Una risposta potrebbe avere a che fare con un sano sacrificio narcisistico: non prendere le proprie aspirazioni per valori assoluti, neanche quando abbiano dimensioni indiscusse, come il bene dell umanit o di qualche persona amata. Le aspirazioni, infatti, sono relative ai propri punti di vista, che per quanto solidi non possono esaurire il ventaglio delle innumerevoli possibilit. Scegliere in definitiva significa scegliere il valore che si vuole perseguire, e per questo necessario per la persona riconoscere l esperienza del valore. Ma allora il problema si pone in altri termini: le illusioni si possono scegliere, cio, sono volontarie?

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La risposta naturalmente no, l illusione ci che la persona si illude205 di avere davanti. Eppure la volont gioca un suo ruolo in questa vicenda: non di rado, si coccola e vizia l illusione fino a trasformarla in un orrendo marmocchio prepotente, che si crede di sangue reale, malgrado la provata fede repubblicana del genitore. Vista attraverso la metafora del bambino, l illusione presenta un essere nel tempo che potremmo vedere come sviluppo, e che, come lo sviluppo dei bambini, soggetto a mille traversie, che possono portare a svariatissime modalit di gestione del rapporto col mondo. Una metafora analoga potrebbe essere quella del giardino: le piante non, per cos dire, volontarie, ma ci si pu interagire volontariamente abbastanza da far crescere un giardino di un tipo o di un altro. Metaforicamente si parlerebbe allora di seminare illusioni, innaffiarle, concimarle, potarle all occorrenza, magari invece di sradicarle. Lo pseudosvelamento della rivelazione avvicina all ineffabile. Il comportamento appetitivo orientato sulla pregnanza capta (scopre o inventa) sempre nuove Gestalten, in un movimento contingentemente appoggiato su un eterno ritorno, interrotto per, crepato da un tempo ex- statico, e nemmeno semplicemente che ex- siste: un fuori dal tempo meccanico, un quando che insiste nell er- innern,206 collocandosi cos nel luogo della coscienza, topos della contemporaneit dove spazio e tempo esistono, necessariamente non esistendo. Da questo punto di vista, la pratica riguardo alle illusioni sembra dunque essere analoga a quella del giardinaggio, e allora possiamo forse parlare direttamente del giardino di illusioni che ognuno coltiva, senza giudizio in merito alla sostanza, ma con uno sguardo oculato rispetto allo scopo per cui e alle modalit con cui vengono coltivati. Le piante si coltivano, infatti, sempre per uno scopo, che sia nutrimento, medicina o bellezza, e ugualmente si fa con le illusioni: molte illusioni di tipo sociale, come per esempio la patria, o se vogliamo pi semplicemente la squadra per cui si fa il tifo, servono per dare al singolo individuo la sensazione di essere insieme a molti altri e di avere una maggiore importanza. Tutti vogliono essere qualcuno, ma non tutti possono esserlo, e allora un compenso si trova in una appartenenza che allarghi i confini del proprio narcisismo. comprensibile, anche se alquanto orribile, che si possa considerare questa appartenenza come qualcosa di grande valore, se non addirittura di sacro, quando non altro che una espansione del proprio egoismo. Ma ipotizziamo pure che si vogliano allargare i confini dell egoismo: ci si pu allora chiedere apertamente in compagnia di chi vogliamo stare, gli egoismi di quali persone vogliamo difendere. Ci sono tante patrie possibili a cui appartenere, tanti tipi di squadre per cui fare il tifo: sposare ci che il caso ha posto davanti ai nostri occhi, come il posto dove si nati, semplicemente un rifiuto acritico della responsabilit della propria esistenza. Appellarsi qui al peso del karma non sarebbe altro che un escamotage di bassa lega: il karma primario qualcosa che ci ha portato fin dove siamo,207 ma da dove siamo possiamo andare in una infinit di posti, anche se non in tutti. Si tratta del karma secondario,208 senza il quale la dottrina del karma risulta monca. L esistenzialismo sostiene che non importa ci che per destino ci tocca, ma cosa si fa con ci che il destino ci assegna. Cos, imbarcarsi in una avventura politica invece che in un altra, per esempio in una lotta democratica invece che in una avventura autoritaria, sar una scelta di quali egoismi vogliamo appoggiare, se quelli di persone che amano vivere in un mondo dove c posto per il maggior numero possibile di persone in buono stato, oppure quelli di gente che contenta di tenere gli altri sotto il proprio potere. Salvi i principi del libero arbitrio, ognuno sceglie ci che gli pare e ne paga le conseguenze. In politica questo evidente: in regime democratico ognuno sta dalla parte che vuole. Non altrettanto evidente per quel che riguarda invece la psicoterapia, dove cosa sia sano e cosa non lo sia una scelta politico- filosofica che in genere viene spacciata per verit scientifica: qui le illusioni sono considerate diversamente secondo l interpretazione che ogni psicoterapeuta d della realt. La democrazia una di queste illusioni sociali: una aspettativa, una speranza che, col tempo, si possa realizzare un sistema politico che assicuri difesa e buona organizzazione sociale per tutti. Non si tratta di chiedersi se vera o falsa, ma piuttosto se plausibile, e soprattutto se vale la pena di darsi da fare per farla esistere.

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E naturalmente si tratta di cosa si vuole salvaguardare socialmente: la libert dell individuo o l ordine sociale? La stabilit patrimoniale o uno spazio civile, dove le persone possano vivere la loro avventura umana? E in che consiste l avventura umana, nell annullamento dell indeterminato e quindi nella chiusura in un futuro sicuro, prescritto e controllato come una ricetta di cucina, o in una apertura del futuro, dove l organizzazione e la solidariet sociale aiutano la persona ad affrontare l indeterminato e a scrivere la sua propria storia?209 Le risposte a queste domande orientano nella coltivazione delle illusioni in maniera responsabile, in modo che chi lo fa possa abitare nel suo giardino, e non in uno in cui capitato per caso e che magari nemmeno gli piace. Naturalmente ci sono coloro che sostengono che i matrimoni combinati dai genitori riuscivano meglio: fortunatamente tanti sono del parere contrario. Se consideriamo il progresso come un altra illusione, non si tratter quindi di credervi o no, ma piuttosto di decidere se vogliamo appoggiare questa illusione e investire tempo ed energie per farla esistere concretamente. Nietzsche ammoniva a difendere i valori:210 perch mai difenderli, se i valori avessero esistenza autonoma? I valori non abitano al di fuori delle vicende umane, e tramontano insieme alle culture che li hanno coltivati. Eroismi del passato appaiono oggi atti al limite del ridicolo, in trasparenza si vede ormai l illusione che li ha prodotti. La natura delle illusioni, come quella dei bambini, quella di sorridere a una umanit che gli sorride, e a questo scopo si coltivano: nel coltivarle bisogna chiedersi se si tratta di qualcosa a cui vogliamo sorridere, con i suoi annessi e connessi. Un esempio tipico di illusione di cattiva qualit la superstizione: la superstizione in realt il principale tradimento alla metafisica: mettendo sopra (superstitio), su un piano trascendente, qualcosa che sta sotto, cio sul piano materiale, non solo si producono degli idoli, ma soprattutto si nega all anima il suo spazio naturale, le verdi praterie dove galoppare senza limiti, e la si condanna a una triste prigione dove le reificazioni, i sottoprodotti dell ego, diventano le sue massime aspirazioni. Superstizione reificazione, vedere come res avvenimenti, processi, esperienze, realt dinamiche non traducibili in cose senza avvilirne l essenza. La reificazione pi massiccia che esista lo Stato (il re, il governo) e quel particolare tipo di governo che l io. L io un illusione indispensabile per la sua funzione di coordinamento delle istanze dell organismo, e come tale va evidentemente coltivata. Questo non significa che la si debba prendere per realt stabile: come la decosificazione dello Stato ha trasformato a suo tempo la monarchia in repubblica, cos l io da un punto di vista psicoterapeutico richiede una decosificazione costante, una pratica di democraticizzazione dei suoi processi interni che impedisca quell irrigidimento che inevitabile by product della conservazione del mondo, sua specifica funzione e ragion d essere. 4 c. Fondamenti logici di un approccio ateoretico nella psicoterapia della Gestalt L approccio gestaltico si considera generalmente ateoretico. Affermare che a- teoretico non la stessa cosa che dire a- teorico. Non si tratta cio di un approccio mancante di un corpus teorico definito e quindi affidato solo al senso dell esperienza, ma di un approccio non rigidamente determinato da un corpus teorico dottrinario, in cui la teoria precorre l esperienza e la prevede. Dire che ateoretico dice cosa non : non dice ancora niente di come e quali caratteristiche ha sul piano della teoria. Un approccio ateoretico si pu immaginare, per esempio, dotato di una teoria non dottrinaria, ossia una teoria della conoscenza in cui il legame fra le cause e gli effetti non debba essere biunivoco e quindi rigido, e dove dunque non si debba far derivare il comportamento delle persone da meccanismi psichici oggettivi. Il punto di vista introdotto da Franz Brentano permette, appunto, questa possibilit, ed per questo che l opera di Brentano ha una dimensione fondante nel pensiero gestaltico. Brentano infatti distingue fra due ordini di fenomeni, quello primario e quello secondario.211 Il fenomeno primario (primario in quanto viene prima) l accorgersi dell oggetto, localizzandolo fuori di noi: la sua conoscenza astratta, algoritmica,212 (digitale), attraverso misurazioni meccaniche come lunghezza, larghezza, peso, colore, composizione chimica, ecc.

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La conoscenza del fenomeno primario pu avere dimensione teoretica, cio pu essere basata su una costruzione concettuale dottrinaria, come per esempio la fisica, che descrive la relazione fra soggetto conoscente e oggetto conosciuto, e che retta da una connessione sufficientemente rigorosa fra cause ed effetti. Pu essere cio una conoscenza oggettiva, su base epistemologica (teoria della conoscenza attraverso teorie), ci che si chiama pensare. Quello secondario (che appunto segue, viene secondo all altro), invece, il fenomeno psichico, vale a dire la percezione dell effetto che, il percepire l oggetto produce dentro di noi, ci che si chiama sentire (una conoscenza per via analogica). Questo non misurabile in modo costante, dal momento che lo stesso oggetto pu fare effetti diversi allo stesso soggetto a seconda delle intenzioni che lo muovono, come chiunque pu verificare nella propria esperienza. La conoscenza risulta in questo caso soggettiva, cio relativa alle condizioni esistenziali del soggetto conoscente, cio esperienziale o empirica che dir si voglia, insomma su base fenomenologica (teoria della conoscenza attraverso la percezione). Per Brentano, data l intenzionalit nella percezione, la relazione di causa ed effetto nell esperienza umana smette indiscutibilmente di essere biunivoca: in campo psichico, se un effetto proviene evidentemente da una certa causa, non ne la necessaria conseguenza.213 La percezione, dunque, per Brentano doppia: non c un solo fenomeno ma due contemporaneamente. Assumendo questo punto di vista si pu allora prendere in considerazione la contemporaneit di due vie di conoscenza, sentire e pensare, che non si elidono a vicenda,214 ma si integrano dialetticamente, alla maniera in cui Merleau- Ponty intende la dialettica, senza cio una sintesi costante, che corrisponderebbe a una reificazione, ma in un campo di forze che permette il circolo ermeneutico: una interazione senza fine fra le due polarit. in questo senso che si pu parlare di approccio ateoretico nella Gestalt, per lo meno in quella a orientamento fenomenologico esistenziale: sulla base del pensiero di Brentano, qui si ritiene che i fenomeni psichici sfuggano radicalmente alla prevedibilit e traccino cammini sostanzialmente aperti verso il futuro. La definizione di ateoretico riguardo all approccio gestaltico non comporta, dunque, una sottovalutazione dell importanza della teoria e della logica: implica piuttosto non solo la logica lineare che regge la relazione con i fenomeni fisici, ma anche la logica circolare (la logica che calcola il feedback), cio la logica biologica, indispensabile nella relazione con i fenomeni psichici.215 Fra l altro, sono le stesse leggi della logica a dimostrare, nella matematica insiemistica, l ineluttabilit del punto di vista olistico. logicamente dimostrabile, infatti, che l insieme sempre pi della somma delle parti: la logica biologica, cio la logica dell intero organismo (che un insieme) avendo come bisogno primario il sopravvivere, olisticamente la logica esistenziale che, almeno per gli esseri umani, implica la possibilit di operare scelte coscientemente nell amministrazione della propria esistenza. Coscienza implica libert: in un range pur limitato di mondo, le scelte possibili sono comunque infinite quando entra in gioco la creativit, come dimostra Popper.216 In questo senso ateoretico implica che si tratti contemporaneamente e in modo diverso: a) la relazione con i fenomeni fisici, che pu essere considerata basata su relazioni di causa ed effetto relativamente biunivoche (digitali);217 b) la relazione con i fenomeni psichici, che invece va considerata aperta al libero arbitrio e alla creativit, e che quindi risulta imprevedibile (analogica). Indagare l anima sarebbe, a rigore, cercare a tastoni nel buio qualcosa che non c , dice Adorno, non volendo presumibilmente insinuare l inutilit dell indagine psicologica, ma rifiutando un procedimento appunto teoretico in cui si possano anticipare le manifestazioni del mondo psichico, che essendo propriamente creazioni, prima di apparire non ci sono. Ora, nel pensiero di Brentano la percezione riferita intenzionalmente ai suoi oggetti: qui, se non si possono dedurre le intenzioni, le si possono comunque riconoscere attraverso il sentire, che riconduce l oggetto della percezione218 all intenzione che l ha mossa. Con Husserl la fenomenologia ammette l intenzionalit della percezione stessa,219 come dire che si vede quello

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che si cerca con lo sguardo. Caratteristica dell intenzione la scelta, che per sua natura non meccanica: ci che si visto non dipende solo dal fatto che era l, ma anche dal fatto che si guardato con l intenzione di vedere qualcosa di utilizzabile per i propri bisogni, e che si messo per questo in primo piano lasciando il resto sullo sfondo. Dal fatto che si visto si pu dedurre che era l, ma non si possono dedurre logicamente (concettualmente) i bisogni con cui si guardato, che invece sono congrui a una indagine sensoriale (cosa sento mentre guardo, che immagini mi evoca lo stato d animo di quel momento, ecc.). Cercare di indagare con un processo deduttivo, risalendo una catena di cause ed effetti, un operazione solo apparentemente logica, quando le corrispondenze fra cause ed effetti non sono biunivoche.220 Se si accetta il punto di vista di Brentano, che vede nella intenzionalit la colonna portante del mondo psichico, data l impossibilit di stabilire strette connessioni di causa ed effetto fra avvenimenti intenzionati, bisogna considerare l indagine psichica come un processo empirico di co- costruzione fra terapeuta e paziente, e basilarmente fra il paziente e s stesso, la creazione di una verit narrativa,221 piuttosto che la scoperta della verit storica di una vita. L importanza della verit narrativa sta nella sua intrinseca capacit di pizzicare la vena mitopoietica della persona, come si direbbe nel linguaggio junghiano,222 non certo quella di evidenziare concettualmente meccanismi psichici per impadronirsi del loro potere di controllo algoritmico. la capacit, insomma, di cercare forme per le intenzioni, secondo l espressione di Baxandall,223 che altrimenti, rimangono relegate nel campo della realt potenziale. Se si guarda dal punto di vista di una ricerca intenzionata e articolata dalla capacit di scelta, libera in quanto cosciente e creativa, poich non si d una ineluttabilit degli avvenimenti, non si d neanche una teoresi pi stretta del senso comune, dei comportamenti che li concatenano. Venendo meno in questo modo un corpus teorico dottrinario, a buon diritto si parla nella Gestalt di approccio a teoretico. Spesso parlando di Gestalt si afferma che un modo di vivere, una filosofia: perch fare una affermazione di questo genere? Una delle differenze fondamentali fra la psicologia e la filosofia consiste nell idea che la psicologia, per vocazione scientifica, si occupi di meccanismi e misurazioni, e quindi di quantit (la qualit sfugge alla misurazione esatta). La filosofia, invece, non ancorata a questa limitazione, e si allarga senza remore nel campo della qualit: la Gestalt, che sostanzialmente una ricerca di qualit, si imparenta per questo alla filosofia. Il tema essenziale della Gestalt la volont, e a questo proposito il pensiero filosofico dell Ottocento fa sentire ampiamente la sua voce: Kierkegaard, Schopenhauer e Nietzsche parlano forte. Rispetto a queste voci, dichiaratamente aristocratiche, che difendono, cio, i valori contro il disfacimento con la metafora degli aristoi, opposti alla massa, Perls immette un elemento nuovo: in opposizione al conflitto fra sopra e sotto, fra nobile e vile, propone una dinamica democratica fra parti sostanzialmente equivalenti, il top dog e l under dog.224 La democrazia, piuttosto che una sintesi di tipo hegeliano, nel pensiero di Perls risulta qualcosa che avviene nello spazio vuoto fra polarit, intese come tutto quello che, non trovando un minimo comun denominatore, d luogo a poli, che lasciano necessariamente una soluzione di continuit tra di loro. Si tratta di un processo piuttosto che di una struttura, e precisamente dell esprimersi, ossia del dare forma all esistenza. La differenziazione di Perls fra top dog e under dog viene riproposta dai Polster esplicitamente come polarit:225 qui le istanze assumono non solo valore equivalente, ma anche indipendenza dal contenuto. Trattandosi di qualcosa che avviene fra poli distinti, evidentemente improbabile sapere in anticipo il risultato, tanto pi considerando la mutevolezza dei fenomeni secondari: fra le polarit si stabiliscono sintomi, compromessi o sintesi ma nessuna teoresi pu stabilire quali essi debbano essere. Invece di un potere di conoscenza algoritmica, la psicodinamica della creativit richiede una misura del valore: se il risultato di una operazione non appare obbligatoriamente deducendolo, questo significa che deve essere fatta una scelta, e che, per orientarsi, necessario un riconoscimento di valore. Se consideriamo le polarit come differenze irriducibili (non riconducibili una all altra), all interno dell area volont ne troviamo tre evidenti: percepire, pensare, agire.

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Una caratteristica importante di questi tre irriducibili poli della volont che ognuno richiede il suo specifico metro di misura di valore: la percezione richiede l estetica, il pensiero richiede la logica e l azione richiede l etica. Questo non significa, evidentemente, che, per esempio, percezione e azione non abbiano bisogno di logica, ma significa che la logica la misura del valore del pensiero: un pensiero logico ha valore come pensiero, mentre un azione si avvale s della logica ma non questa che ne determina il valore. Inoltre un azione pu essere pi o meno bella, ma non questo che le d il suo specifico valore: un azione ha valore in quanto tale quando buona, cio quando risulta valida all interno di una misurazione etica. Ugualmente, un ragionamento che sia bello ma non logico, non risulta valido come ragionamento. Neanche un architettura logica, anche se socialmente sensata, risulta per questo bella e quindi di valore artistico. Estetica, logica e etica fanno la qualit della volont: il valore, che altrimenti risulta accidentale, riceve cos spiegazione, articolazione, percorso. un terreno in cui ci si muove a piccoli passi, come si dice nella Gestalt. Un cammino per l Ulisse qualunque, l eroe senza specificit,226 il Teseo proletario senza filo di Arianna. d uso nella nostra cultura studiare la logica, e anche studiare l estetica; meno usuale, invece, studiare l etica, che si confonde inesorabilmente con le leggi e con il costume. Maestri d etica erano nei tempi antichi gli eroi delle leggende: oggi lo sono gli eroi dei film. Ma gli eroi delle leggende facevano il costume, mentre in genere gli eroi dei film semplicemente alimentano il narcisismo dell essere adeguati al costume. In realt, le domande che sottendono il cosa vuoi? dovrebbero essere cosa scegli di percepire di bello, cosa scegli di pensare di logico, cosa scegli di fare di buono?. Quando la volont di cattiva qualit sono queste attivit a essere deficitarie in un modo o nell altro. Il disprezzo di Nietzsche e di Kierkegaard per ogni sistema la loro professione di ateoreticit: nessun sistema, nella sua meccanicit, pu produrre valore, il valore non si scompone in parti, e non ci sono ricette per riuscire a fare opere d arte. Eppure, anche il valore si costruisce poco a poco: anche Leonardo ha studiato. La sistemicit del pensiero uno strumento, e in realt non affatto di ostacolo al valore quando non venga scambiato per un valore in s: serve infatti, come una guida turistica, per orientare la persona nei passaggi difficili. Naturalmente ognuno tira l acqua al suo mulino, e l importante non impedire il resto, quanto piuttosto coltivare quello che si ama: come ammonisce Nietzsche, i valori si perdono se non vengono coltivati. Storia, letteratura, psicoterapia, forniscono racconti che offrono l occasione di una critica etica: i racconti richiedono contemporaneamente estetica, etica e logica per essere di grande valore. Dostoevskij docet. La narrazione il luogo d incontro delle tre parti dell eperienza umana, luogo d incontro privilegiato dei tre ordini di valore. Se la narrazione dunque luogo del valore, non pu essere luogo di teoresi: i racconti a sfondo rigido vengono detti didattici, e questo ne indica appunto l ineluttabile assenza di valore. Il racconto abita di sua natura un terreno ateoretico, e la vita umana un tessuto di racconti. Un racconto richiede sensatezza perch lo si stia ad ascoltare, e se non bello annoia, ma sarebbe davvero ottimale se fosse anche buono: Hollywood ha fatto di questo una formula commerciale, il famoso lieto fine, molto apprezzato dal pubblico, anche se orrendamente banale. Quanti riconoscerebbero come lieto fine l esilio volontario di Ivan Karamazoff in Siberia? gi incredibile che il domani un altro giorno di Rossella O Hara in Via col vento abbia avuto grande successo di pubblico. L insegnamento base dell etica cristiana che l eroe si sacrifica e muore per il resto dell umanit: un insegnamento troppo poco articolato per servire da esempio nella quotidianit contemporanea nelle nazioni ad alto sviluppo industriale, che del benessere personale fanno il target per quella produzione che alla base della loro economia. La vita moderna richiede esempi meno estremi. Galileo che ritratta: parlare di nascosto invece di salire ai fasti del martirio, un sacrificio narcisistico di altissimo valore etico. Il coraggio della clandestinit, mutatis mutandis. Il valore del comportamento di Rossella O Hara molto nascosto. Lei terribilmente egoista, contorta, non affidabile, ma quando perde definitivamente la partita non esce di scena con uno dei tanti possibili suicidi fisici o morali che il dramma permette: a testa alta riconferma il suo comportamento, che evidentemente proprio quello in cui si riconosce. Agli altri starci o no, ma domani si ricomincia. Infinita, arrogante testardaggine? Pu darsi, ma con una capacit di accettare la sconfitta, e questo un comportamento di indiscusso valore etico, anche senza il

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corredo di umilt che la tradizione cristiana imporrebbe. Quando lo Zarathustra di Nietzsche 227 incontra il mendicante, gli dice: non sono abbastanza povero per farti l elemosina. Cio, non abbastanza povero da dovere arricchire il mio orgoglio con la tua umiliazione. Un altro esempio di valore etico non ammantato di umilt, e del tutto imprevedibile. evidente che si tratta di comportamenti non rigidi, non gi pronti e offerti da prodromi che necessariamente sfociano l: dai prodromi che li generano, infiniti altri avvenimenti avrebbero potuto discendere. Gli eventi psichici sono necessariamente appoggiati a un sostrato fisico, dice Popper, uno dei pi grandi epistemologi contemporanei, ma non con un rapporto di 1 a 1:228 cio, a uno specifico mutamento fisico non corrisponde un determinato movimento psichico e solo quello. Quindi, in definitiva, anche nel suo pensiero, il fisico e lo psichico sono correlati con una modalit che non permette un approccio conoscitivo di tipo teoretico al mondo psichico. Guardando da questi punti di vista risulta dunque che un approccio ateoretico alla conoscenza del mondo psichico non solo possibile, nel rispetto della logica, ma anche necessario. 4 d. Creativit e salute mentale Il termine creativit in un certo senso una black box:229 ha un nome e se ne conoscono gli effetti, ma non per questo si sa in cosa consiste. Come la forza di gravit: tutti sanno che se si inciampa si cade, ma che cosa sia la forza di gravit un altra storia. Della creativit si sa che ricomposizione: mettendo insieme cose vecchie e conosciute ne vengono fuori di nuove che prima non c erano. Ma allora mettere per esempio un bicchiere sopra un altro bicchiere significa creare qualcosa? In teoria si, ma in pratica si parla di creativit solo quando la ricomposizione risulta dotata di valore, per esempio una macchina, che ha un valore di utilit (il motore a scoppio per esempio), o un quadro che ha valore estetico. L utilit facile da riconoscere, il valore estetico meno, dato che, pur nel suo rigore, non ha leggi.230 L esperienza estetica, come tutte le esperienze, soggettiva: se si vive qualcosa come una fonte d interesse si riconosce il valore dell opera, se per, per limiti di un tipo o di un altro, non si vede niente, allora non c molto da fare.231 Per comprendere la dinamica della creativit utile il concetto di processo dialettico. Hegel ritiene che lo sviluppo della storia umana avvenga attraverso un processo di fusione di opposti in una sintesi che li trascende: il processo dialettico consiste nel trovare un nuovo mondo, dove c posto per una parte e per l altra del conflitto.232 Sul piano psichico succede lo stesso: cos come una nazione si compone di persone, una personalit consiste in una variet di istanze che si connettono tra loro, si strutturano in una apparente unit e si danno una modalit di gestione, con tutti i problemi che la gestione comporta. Se non ci fosse il codice della strada e i vigili urbani, in pochissimo tempo il traffico di una citt si paralizzerebbe. Anche il traffico intrapsichico, cio l interazione tra tutte queste istanze interne, si paralizzerebbe in tre minuti se non ci fosse una organizzazione che le connette e le indirizza, permettendo loro di diventare operative invece di perdersi nel caos o rimanere a livelli primitivi. Per capire cos il mondo interno, si pu immaginare di avere dentro di s una citt, con abitanti, traffico, uffici, regole e trasgressioni, con tribunali e ogni genere immaginabile di attivit. Il regime politico pu essere di qualunque tipo: come quello esterno, il mondo interno pu essere retto con principi autoritari o democratici, e ci saranno allora, come le nazioni, personalit a regime monarchico, altre a regime repubblicano, ci saranno regimi corrotti, altri un po'"meno corrotti, insomma tutta la variet che si pu immaginare. Come ci sono paesi culturalmente statici, anche le personalit sono pi o meno statiche: alcuni pensano e fanno sempre le stesse cose, senza immettere mai nella loro vita psichica novit che potrebbero rappresentare un pericolo per la loro rappresentrazione del mondo. Le personalit autoritarie sono spesso meno creative, perch il processo creativo mette appunto in circolo sempre nuovi dati e non facile da circoscrivere: in genere sono i regimi democratici, o comunque quelli pi tolleranti, a permettere una maggiore fioritura delle arti e delle scienze. La creativit facilitata dal rispetto per la diversit: essendo ricomposizione, ha bisogno di ingredienti diversi da ricomporre in nuovi insiemi.

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La diversit , insomma, la base per qualunque atto creativo, quando per amata e non solo accettata con rassegnazione: quando A, tesi, invece di combattere contro B, antitesi, comincia a interessarsene e via via se ne innamora, solo allora A e B possono mettersi insieme creando qualcosa di nuovo. Non basta che A e B stiano ognuno dalla propria parte, immobili e senza energia: occorre una tensione vitale per fare con A e B qualcosa di nuovo. Il prototipo biologico di questa operazione chiaramente il dimorfismo sessuale: l attrazione fra maschile e femminile il prototipo dell amore per la diversit, trovare nella diversit qualcosa di straordinariamente attraente, e Jung propose l idea che stia proprio nella differenza tra maschile e femminile la tensione che crea energia senza mai esaurirsi, il motore della creativit.233 Un esempio sul piano grafico il simbolo dello Yin e dello Yang, due forme che combinano la loro diversit in modo dinamico: c una tale tensione nell immagine che il disegno sta fermo a fatica e si ha quasi l impressione che giri su se stesso. Per creare necessario, dunque, partire da due realt incommensurabili, non riducibili l una all altra: per esempio due pistoni che vanno in direzioni opposte, oppure un maschio e una femmina, o qualunque altro caso di irriducibilit, come anche un conflitto intrapsichico. Da tesi e antitesi si pu passare alla sintesi, ma non sempre succede, e tesi e antitesi possono rimanere in una opposizione immobilizzante, un collasso in cui le due parti annullano le loro energie: a livello intrapsichico, in psicopatologia, si chiama sintorno. Se, invece, per esempio due persone vanno a vedere un film che piace a uno dei due, e un altra volta un film che piace all altro, si tratta di un compromesso: una situazione, che implica, da una parte rinuncia e sopportazione, ma che dall altra ha parecchi vantaggi rispetto al sintorno. La soluzione ottimale, sia nel mondo esterno che in quello interno, sarebbe la sintesi. Ma sintesi invenzione, e ovviamente per questo non ci sono ricette: l invenzione sopraggiunge, non programmabile, non si pu dire domani inventer. E ogni ideazione completamente diversa da un altra, e non la si pu in nessun modo realizzare se non si dentro il processo che la riguarda. Se si solo A e si guarda B dall alto in basso non succede nulla: si rimane A e si continua a guardare B con un certo disprezzo. Solo quando si disperatamente A e disperatamente B, e non si pu cedere nessuna delle due posizioni perch si sta in tutte e due, solo a questo punto si fa il salto e si trova posto contemporaneamente per A e per B, dando forma a qualcosa che prima non c era, una realt che trascende quella di partenza. Inventare non significa solamente trasformare, ma anche trasformarsi: non si pu inventare rimanendo come prima. L emisfero sinistro e destro lavorano utilizzando due linguaggi differenti, il digitale e l analogico:234 la creativit comporta integrazione fra digitale e analogico, e se l invenzione modifica il mondo esterno, l inventare modifica quello interno. Il linguaggio digitale , in sostanza, l attivit di nominazione, e quando, per esempio, chiamo bicchiere l oggetto che ho in mano, lo connetto a tutti i bicchieri gi visti, alla sua funzione e a tutti gli oggetti che ne hanno una contigua, ecc.: cio colloco immediatamente questo oggetto al centro di una ragnatela di significati, poich nella parola bicchiere insita anche la relazione con la bottiglia, con il piatto ecc. In questa maniera so subito quale rapporto funzionale ha con quasi tutte le cose del mondo, perch il linguaggio digitale opera rapidamente per via concettuale un vastissimo processo di combinazione fra i dati archiviati nella memoria. Il linguaggio analogico, invece, connette l oggetto con ci che gli analogo. Per esempio, connetto questo bicchiere con il pranzo di oggi perch ho bevuto in un bicchiere simile, e quel bicchiere mi riporta a sua volta a una certa specifica scena dotata di analogie contingenti, e quella scena mi riporta a un altra ancora, e cos si dipana un cammino tortuosissimo in cui non mai prevedibile il salto successivo: saltando qua e l si connettono le cose pi svariate e imprevedibili.235 Questo processo cos com non si pu considerare un atto creativo: una poesia non consiste semplicemente in una serie di associazioni ma nasce dell integrazione fra la descrizione e l evocazione che operano le parole. Un tessuto che non viene da s, va fatto intenzionalmente, va creato: la fusione fra il portato analogico e il portato digitale un qualcosa di assolutamente unico, la specifica persona che, in quel momento, l ha inventato cos. La creativit un attivit che richiede di essere coltivata: l integrazione fra due parti non naturale in senso

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stretto, anche se non patrimonio esclusivo della razza umana, dato che, almeno, anche i delfini, a quanto pare, inventano.236 Nell invenzione ha partecipato non solo il sentire, ma anche il pensare e per questo i sogni non sono invenzioni vere e proprie. Una poesia una lega composta come fossero due metalli, dal digitale e dall analogico: il bronzo contiene rame e stagno, ma non pi n rame n stagno, e la poesia non pi n digitale n analogico. Si attribuisce spesso ai bambini una capacit creativa, ma questo dipende in realt da una incapacit: il bambino inventa cos facilmente perch non ha un linguaggio digitale sviluppato, con il peso che ci comporta in termini di significato esatto e complesso delle parole, e inventa quindi facilmente cose semplici. Per un bambino una cosa quasi un mondo in s, una realt senza confini, che pu malgrado questo associare facilmente a qualunque altra cosa: stando principalmente sul piano analogico, ha pochi riferimenti digitali, e ogni cosa gli risulta collegabile a parole sorprendenti per un adulto.237 Un bambino, a volte, guarda un sasso come se fosse chissacch: i genitori gli dicono butta via quel sasso!, e magari un sasso quello che finisce per buttar via, ma prima gli sembrava un oggetto incantato, e i genitori pensano per questo che ha molta fantasia. Chiuso nella scatola del nome, cio del concetto, il sasso perde per un adulto tutte quelle connotazioni meravigliose che sono date dalla percezione sensoriale: messo al centro di una rete di connessioni dove quello che conta la funzionalit, diventa semplicemente una cosa che non serve a niente. A questo punto difficile mantenere in piedi le connessioni analogiche: l oggetto stato ridimensionato a tal punto da rendere ormai difficile farsi trasportare da esso nel mondo della fantasia. Se non si un artista, difficile farsi ispirare da qualcosa di intensamente funzionale, come per esempio una sedia: eppure guardando da un angolazione dove batte sopra la sedia un raggio di sole, se per un attimo non la si guarda pi, ma si notano le curve e i colori del legno, allora, forse, nella percezione pu nascere un nuovo insieme. Nella comunicazione essere creativi significa, in pratica, prendersi il rischio di dire qualcosa di nuovo: sembra molto difficile, ma in realt non vuol dire che debba essere qualcosa di valore universale, non importa, cio, che interessi necessariamente a qualcun altro oltre a chi lo dice e agli interlocutori. Deve interessare, per, a chi lo dice, deve cio essere interessante come esperienza, e avere interlocutori significa allora avere persone con cui si pu dire e fare cose nuove, con cui si pu insomma giocare: la creativit gioco.238 La difficolt che, per poter giocare liberamente, bisogna scendere a livelli prepulsionali, dove i movimenti non hanno ancora un significato compiuto: la realt in cui si muovono gli adulti gi strutturata, e restringe il campo d azione. Tutto ci che ha un fine come vincere, guadagnare, avere una relazione sentimentale, ecc., ha senso per chiunque, ma ha costi alti: se qualcuno vince, per esempio, qualcun altro ha sicuramente perso, e se l importante vincere, chi ha perso non si certo divertito. Giocare con elementi non strutturati significa invece, per esempio, scherzare, dire sciocchezze, mettere in scena situazioni ecc., e siccome in questo caso, non c bisogno di vincere, non c neanche l anancasticit della sconfitta.239 La difficolt di scendere sul piano del pre- pulsionale dipende da un motivo molto semplice: combinando elementi non strutturati non si sa in anticipo se, sul piano della forma, emerge qualcosa di socialmente accettabile o no, e una delle istanze fondamentali dell animo umano il narcisismo, ossia il bisogno di piacere e piacersi. Questo un argomento serio, perch ha a che fare con la sopravvivenza:240 chi non riesce a piacere, almeno un po', al limite pu non trovare nemmeno un lavoro. Se esercita una libera professione o, per esempio, ha un negozio, se non piace ai clienti non fa affari e fallisce. Il narcisismo, per lo meno entro certi limiti, un bisogno fondamentale: diventa patologia se si trascorre la giornata davanti allo specchio, ma evidentemente non lo di per s il bisogno di piacersi. C bisogno di un immagine accettabile per avere una vita sociale: per questo motivo si sta sempre molto attenti a come ci si comporta e si cerca di evitare il rischio di far brutta figura, un pericolo che nessuno vuole affrontare, soprattutto gli adolescenti, che ne hanno, in genere, una vera e propria fobia. Gli esseri umani non sono completamente autonomi: cercare lo specchio degli occhi degli altri un comportamento, entro certi limiti, normale:241 almeno un minimo di gratificazione narcisistica una necessit fondamentale. Quando si scrive qualcosa, e qualcuno ha la gentilezza di dire mi piaciuto leggerlo!, o quando si cucina, e qualcuno dice quanto buono! un gran piacere, e si ha voglia di farlo ancora.

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Una comunicazione creativa , dunque, pericolosa, in quanto espone al rischio di fare brutte figure: d altra parte c sempre la possibilit di buoni risultati, e la gratificazione narcisistica un incentivo. La cosa pi importante, per, che la creazione in s straordinaria, quello che pi riempie la fame del cuore. Quando si crea come se l anima si nutrisse, e a volte l unico nutrimento che l anima veramente accetta: anche le gratificazioni narcisistiche pi forti, la gloria, la fama, il successo, in definitiva vanno e vengono, mentre invece il piacere di creare lascia l anima soddisfatta in maniera profonda. Si parla di creazione quando si raggiunge valore, e la creazione dunque strada verso il valore: uno dei valori umani la bellezza. La bellezza di un quadro si sprigiona dinamicamente dalla tensione che c tra le linee, tra le macchie di colore. Se il soffitto di una stanza ha qualcosa di piacevole, non dipende dal fatto che le travi in s hanno una qualit estetica, ma dal fatto che queste travi, che si percepiscono come linee, in composizione fra loro sviluppano una tensione che all occhio risulta interessante. I palazzoni della speculazione edilizia sono di solito orribili: eppure sono una composizione di linee come qualsiasi bel palazzo rinascimentale. La differenza sta in linee tracciate esclusivamente in un ottica funzionale, e la persona che ha disegnato il progetto non si preoccupata se quelle linee producessero una tensione che all occhio desse anche un senso di bellezza. Costruire un bel palazzo costa di pi che costruirlo brutto: in questo ultimo caso sufficiente innalzare i muri, ma per fare un palazzo bello bisogna essere meno rigidamente funzionali, e diventa pi difficile perch per ottenere questa tensione fra le linee bisogna seguire ci che dice l occhio, anche quando questo sguardo complica le cose e aumenta i costi. Per poter tener conto delle tensioni tra i vari elementi, bisogna creare specifiche forme che le contengano. Per quanto riguarda il mondo interno possiamo dire che sono all opera, secondo la metafora politica, istanze conservative e istanze progressiste,242 o, con un linguaggio psicologico, istanze pulsionali e istanze narcisistiche: una persona continuamente in tensione fra i desideri che ha e la figura che ci fa. Considerando questo, evidente che la creativit tutt altro che un optional nell esperienza umana. Avere un desiderio, infatti, un problema perch bisogna dargli una forma che non faccia fare una brutta figura. Per esempio, se a un ragazzo piace una ragazza, per manifestarlo senza fare una brutta figura deve inventarsi un modo di corteggiarla che lei possa apprezzare, e questo in genere il problema fondamentale di ogni adolescente: che forma dare a questo desiderio? Non basta andare l e dire mi piaci, bisogna riuscire a dirlo in maniera tale che lei venga attratta, affascinata, o almeno si interessi: la comunicazione creativa una sintesi di tensioni interne, insomma parola viva. La creativit non una dote, che qualcuno ha e qualcuno no, non dipende dalla personalit del soggetto: piuttosto una situazione in cui ognuno si pu mettere o non mettere. Mettersi richiede un certo sforzo, poich bisogna mantenere dentro di s la tensione creativa e sopportarla: non si pu essere creativi senza una tensione interna. Ci sono sempre, contemporaneamente, istanze formali e istanze contenutistiche, si ha un desiderio e si ha bisogno di dargli una forma: la tensione fra questi due poli l inesauribile motore della creativit. Se non si regge questa tensione, e per stare in pace si sopprime una delle due parti in gioco, viene a cadere la possibilit di creare: ci che viene fuori non animato dalla tensione tra i due poli, non ha la freschezza e la vivezza di qualcosa appena nato. Considerando la creativit come una situazione in cui mettersi,243 si capisce quanto sia utile imparare come si fa, e il lavoro psicoterapeutico consiste, in un certo senso, nell aiutare le persone a produrre meno sintomi e pi sintesi. Sotto la pressione dei conflitti interni, collassare nel sintorno la via pi facile e l aiuto psicologico serve a risalire, perlomeno, verso il compromesso, che , evidentemente, meglio del sintorno, e su verso la sintesi, verso l operazione creativa: manifestarsi con una sintesi viva delle forze intrapsichiche porta relazioni vive, invece di comportamenti sclerotizzati negli standard delle convenienze sociali. Scambiare concetti, invece, in genere abbastanza poco creativo, anche perch i concetti sono poveri di energia e proprio per questo facilmente manovrabili: si separano e si rimettono insieme in tanti di quei modi da illudere di fare un qualche senso anche quando non cos.244 Mettere fuori il proprio mondo interno difficile, perch oltre a essere difficilmente percettibile, quello che succede

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dentro non ha gi un nome: bisogna parlarne per metafore, cio usando un linguaggio creativo. Le parole sono contenitori, come le valigie, e possono essere piene o vuote, vive o morte. Spesso gli esseri umani si scambiano parole vuote, come valigie vuote: uno d le sue valigie vuote in cambio di altre valigie vuote, e alla fine ritorna a casa portandosi dietro nient altro che valigie vuote. La parola viva quando costruita col sangue e con la carne, quando emerge da una tensione interna. Non significa che debba per forza essere doloroso: abbiamo la tendenza a considerare negative tutte le tensioni, ma la tensione creativa non affatto spiacevole, se non si confonde con l ansia. Per diventare creativi bisogna imparare a sopportare e a trovare piacevole, affascinante, appassionante, questa tensione: cos la comunicazione diventa un po'"pi viva e la vita un po'"pi interessante. 4 e. Psicoterapia a orientamento fenomenologico esistenziale e arte Il termine psicoterapia implica il concetto di malattia da curare, e in effetti, a suo tempo, Freud elabor la psicanalisi come cura per le nevrosi: col passare del tempo, per, sia la psicanalisi che i suoi derivati, hanno preso sempre pi in considerazione la normalit. Ma quando non cura malattie, a cosa altro serve la psicoterapia? Nel pensiero freudiano centrale il concetto di fissazione, Freud, cio, interpreta la patologia come un insieme di comportamenti coatti legati rigidamente a conflitti insolubili. Jung parl di inflazione, un punto di vista differente, ma sempre connesso con la fissit: nella visione junghiana, quando l energia psichica, come si potrebbe dire con una metafora anatomica, ristagna in una parte del tessuto psichico invece di irrorarlo tutto, provoca disturbi, da una parte per eccesso e dall altra per mancanza. In seguito, nel mondo psicologico si diffuso il concetto di blocco, di interruzione del flusso, ed questo che si considera generalmente come oggetto della psicoterapia negli approcci umanistici. Ripetere o fluire, ripetere o creare considerata di solito la differenza fra il mal funzionamento e il buon funzionamento psichico. Da questo punto di vista la terapia dunque un processo che elicita la creativit. E che differenza c allora con l arte, che la pratica, per eccellenza, della creativit? La differenza pi consistente la qualit di ci che viene creato. Creare, infatti, non implica necessariamente un prodotto di qualit: un bambino scarabocchiando crea, ma questi scarabocchi non vengono considerati prodotti artistici, perch di solito non raggiungono lo standard minimale di qualit estetica per essere considerati tali. A differenza dell arte, la psicoterapia rivolta in primo luogo allo stabilirsi del processo creativo, e secondariamente alla qualit del prodotto: considera, cio, pi importante che la persona diventi capace di assumere un atteggiamento creativo nella gestione della vita quotidiana, piuttosto che di produrre opere d arte rimanendo per il resto in bala delle sue fissazioni. Quando si parla di arte, invece, si pensa ai prodotti indipendentemente dalle sofferenze di chi li ha creati: si apprezza la qualit della pittura di Van Gogh senza pensare alla follia che ha devastato la sua vita. Per la psicoterapia evidentemente le priorit sono diverse: si tratta di riuscire a smuovere i blocchi che determinano le coazioni a ripetere, in modo che la persona sia pi libera di andare dove vuole. Vediamo, dunque, che fin qui riguardo alla creativit sono implicati almeno due temi differenti, il processo creativo e la qualit del prodotto. Nel campo dell arte ci sono molte attivit didattiche a supporto del processo creativo: corsi di scrittura, di pittura, di teatro, e via dicendo, con tecniche di insegnamento che, in buona parte, sono rivolte a svincolare la percezione dai pregiudizi. Invece di percepire il mondo come , in genere ci limitiamo a leggere i pregiudizi percettivi che abbiamo interiorizzato nel tempo, senza lasciarci quasi mai sorprendere dalla percezione, come dicono i fenomenologi, e accontentandoci di difenderci dallo sconosciuto e dai pericoli che comporta. Anche nella psicoterapia a orientamento fenomenologico l attenzione della persona richiamata continuamente alla consapevolezza di cosa sente davvero nel momento presente, e distolta da ci che dovrebbe sentire in una situazione del genere, cio distolta dai suoi pregiudizi percettivi. Distogliersi dai pregiudizi percettivi significa distogliersi dal preconcetto, cio da modelli: quando una persona smette, per esempio, di vedere qualcosa come bello solo perch si avvicina a un modello di bellezza ufficialmente riconosciuto, in quel momento si apre all esperienza estetica, cio pu percepire in prima persona il

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pi o meno bello, ed in grado, inoltre, di ricercare, attraverso la sperimentazione e il proprio gusto personale, ulteriori livelli di qualit. Estetica (dal greco aisthanomai, sento) la misura della qualit del sentire, il metro del gusto, e quindi strumento imprescindibile per la qualit della vita. Per gustare bisogna sentire: pensare non sostituisce in nessun modo il sentire, e non pu sorreggere da solo la qualit della vita. Si provi a pensare a una torta di crema e si confronti questo con l esperienza di mangiarla. Ci che, per, sufficiente per la qualit della vita, pu non esserlo per una opera d arte: un bambino scarabocchiando si diverte, anche se non costruisce qualcosa che raggiunge la complessit necessaria ad essere culturalmente significativo. Nella psicoterapia diventare capaci di divertirsi significativo, anche senza arrivare a prodotti di livello artistico: si pu vedere cos che psicoterapia e arte non coincidono, ma malgrado ci, fino a un certo punto si sovrappongono. Bisogna considerare, a questo punto, anche un altra differenziazione essenziale, quella fra la qualit estetica e la qualit etica. Se, in generale, nel campo dell arte la ricerca la qualit estetica, nel campo della quotidianit, area a cui si rivolge la psicoterapia, il tema etico importantissimo: kalos kai agaths, bello e buono, come si diceva nel mondo classico. Distogliersi dai pregiudizi etici significa passare da un atteggiamento fondato semplicemente sul rispetto delle leggi, cio sulla morale, a uno fondato sul gusto esperienziale degli avvenimenti, cio sull etica vera e propria, dove buono ci che ha sapore di buono, non ci che codificato come tale, come sostenevano invece i Farisei nella famosa diatriba con Ges.245 La capacit di svegliarsi dalla visione pregiudiziale del mondo, cio da quei giudizi che precedono l esperienza, essenziale, sia per la psicoterapia, almeno quella a indirizzo fenomenologico esistenziale, sia per l arte, e contemporaneamente, sia per l estetica che per l etica. In realt, sia la psicoterapia che l arte si muovono nei sentieri della profondit dell accorgersi, ma divergono nel tema degli strumenti espressivi. L accorgersi non svincolabile dalla restituzione, cio dall esprimere ci di cui ci si accorti: l accorgersi inscindibile dall esprimere, ed esprimere a un livello complesso come il mondo degli esseri umani adulti, richiede un linguaggio vero e proprio. Il concetto di linguaggio ha molti impliciti: uno di questi che il linguaggio ha modalit che vanno imparate, in quanto esprimersi implica l intenzione di essere capiti, cio di produrre un effetto sugli interlocutori, e il linguaggio comprensibile a tutti per via innata (il non verbale) piuttosto rudimentale. L intenzione di farsi capire rende necessaria una certa quantit di convenzioni condivise, come si sa, dalle lingue: se non si parla la lingua cinese, non si pu capire un discorso in cinese. Bisogna anche considerare che il linguaggio non serve solo per comunicare con gli altri, ma anche con se stessi. improbabile capire se stessi se non si sviluppa un linguaggio di cui riconosciamo i segni e le strutture:246 nominare aiuta anche a ricordare, poich ci a cui non diamo nome sfugge alle dita della memoria. Ci si accorge di ci che ci accade nella misura in cui si restituisce l essersi accorti, verbale o non verbale che sia la restituzione: un pittore restituisce l essersi accorto di un paesaggio con un quadro, un vigile urbano restituisce con una multa l essersi accorto di una infrazione, un innamorato rende con metafore la percezione dell amata, ecc. Maggiore la differenziazione del linguaggio, pi si ha la sensazione che la percezione della persona sia stata profonda. Naturalmente la restituzione non l oggetto stesso della percezione: i girasoli di Van Gogh non sono gli stessi che il pittore guardava dipingendo il quadro, sono qualcosa di nuovo e diverso, anche se collegato generativamente all oggetto della sua percezione. Sono una creazione. Evidentemente la creazione, che si costruisce restituendo la propria percezione del mondo, avr maggiore qualit anche in relazione alla differenziazione del linguaggio impiegato. Anche una multa per divieto di sosta la creazione di un oggetto che prima non c era, ma il linguaggio, congruo al ruolo del vigile, si limita a segnare croci su un prestampato, e questa operazione, anche volendo, non permette la creazione di un oggetto di qualit. Per l artista, insomma, necessario un linguaggio molto evoluto, o, almeno, pi evoluto di quello sufficiente per la vita quotidiana e per la psicoterapia. Qui arte e psicoterapia si possono distanziare molto: in genere la psicoterapia

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lavora con il linguaggio di cui il paziente dispone gi, senza pretendere, su questo piano, grandi sviluppi, e quindi, in realt, accontentandosi dei prodotti di linguaggi pi o meno elementari. Nella psicoterapia, se non si tratta di sviluppare il linguaggio fino a livelli professionali, comunque fondamentale riuscire a distinguere la differenza fra esprimersi e parlare di: i processi di restituzione, infatti, possono passare per via analogica, cio evocativa, dove gesti e parole chiamano il sapore dell esperienza a cui si riferiscono, o si possono utilizzare cammini digitali, dove il legame fra il vissuto e la restituzione essenzialmente concettuale, e quindi convenzionale e privo del sapore dell esperienza: esprimere a una persona la propria irritazione non lo stesso che dirle non sono d accordo con il tuo comportamento.247 Questa inclinazione a parlare di una defaillance tipica della cultura occidentale: in altre culture la parola pi vicina alla sua originaria essenza evocativa. Per esempio, in giapponese linguaggio si dice koto ba, che nella traduzione di Heidegger suona petali che fioriscono dal messaggio della grazia generativa. In questa espressione manifesta la dimensione necessariamente creativa dell esprimersi, anche per quanto riguarda il piano verbale. Esprimersi molto diverso da parlare di: lo charme del teatro svanirebbe se gli attori parlassero di invece di esprimersi, e una regola base per gli scrittori suona in inglese dont tell, show!, non lo dire, fallo vedere! Dirlo significherebbe far morire di noia il lettore: a teatro un personaggio ferito non dice che sente male, ma grida il suo dolore! Fra verbale e non verbale quest ultimo che ha maggiore forza espressiva: con le parole si parla di, a meno che non si tratti di un linguaggio poetico, di una lingua, nel senso giapponese del termine, che poi la lingua della poesia, la parola- azione, come la chiamava Hlderlin, invece della parola- concetto.248 Muoversi verso la parola poetica, cio dare forza espressiva alle parole, significa parlare con consapevolezza della qualit, e utilizzare l occasione per incrementarla. Di nuovo le esigenze dell arte e quelle della psicoterapia divergono: se il parlare diventa pi espressivo chiaro che migliora la qualit della propria esperienza, ma non affatto detto che si raggiunga un livello artistico. Si vede come, pur essendo reami diversi, arte e psicoterapia abbiano parecchio in comune, e come molti tratti di cammino siano gli stessi: quindi comprensibile che si utilizzino il disegno e la pittura come strumenti di psicoterapia, o la musica, o la danza, o il teatro, o qualunque altra modalit espressiva possa esistere. Parlo di utilizzazione, infatti espressione non sinonimo di psicoterapia, anche se esprimersi in linea di massima fa bene, curativo, soprattutto per gli atteggiamenti ripetitivi. Diciamo che l espressione comunque cura, e si pu lavorare in tanti modi intorno a questo tema, indirizzandosi di pi verso il prodotto artistico o di pi verso la fluidificazione degli stereotipi che rendono la vita pesante. Winnicott249 diceva che per un bambino non c differenza fra scoprire e inventare, e l uso dell arte nella psicoterapia si pu assimilare ai primi passi di un bambino nel mondo della creazione: nessuno dice a che punto la persona si debba fermare e, cominciando con una psicoterapia, niente vieta che possa divenire un artista. Ora, se l estetica la qualit delle forme e l etica la qualit delle storie che l umanit inventa, esiste una forma d arte dove le due qualit sono ugualmente importanti, e questa il teatro: a seconda che prevalga il senso dello spettacolo, cio della forma, o il senso del dramma, cio della storia, estetica e etica saranno pi importanti. Questo rende l arte drammatica particolarmente adatta alla pratica psicoterapeutica, e permette svariate modalit di approccio: fare spettacolo di ci che si mette in scena, bello o brutto che sia, certamente una forma di cura, nel senso che, invece di essere il dolore, nel momento in cui viene manifestato, si ha il dolore, e cos non c solo il dolore, ma la persona e il dolore, e fra questi due poli possono avvenire scambi. Questa modalit si pu chiamare teatroterapia. Elaborare il dramma, cio il muoversi della storia al di fuori di ci che sembrerebbe l ineluttabilit del destino, mentre non altro che la prigione delle proprie coazioni, un altro modo di lavorare, che si chiama, in genere, drammaterapia. Accanto al tema dello staccarsi dai pregiudizi percettivi per poter raggiungere la percezione diretta, le storie comportano infatti anche un problema, diciamo cos, politico: finch prevale la legge del pi forte, si scrivono storie sempre pi o meno uguali, come si vede nella letteratura di quart ordine, o nei telefilms, mentre cominciano a dipanarsi, con modalit complesse, quando non trattano pi semplicemente di buoni e cattivi, e del prevalere degli uni sugli altri: quando in una storia non si pu sopprimere una parte sacrificandola all altra, allora bisogna

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inventare qualcosa di nuovo in cui ci sia posto per l una e per l altra, e questo il concetto base della democrazia. La democrazia una forma di governo e una forma di pensiero, entrambe appoggiate sul presupposto della creativit, dello sviluppo verso spazi sempre maggiori dove c posto per tutti, normali o meno normali che siano: una concezione che guarda alla differenza come una ricchezza e non come una minaccia. Sul piano intrapsichico l apprezzamento della differenza permette di fare spazio alle parti represse, e un ottica dialettica permette di poterle utilizzare come forza propellente invece di doverle schiacciare con sforzo e dolore. Si vede quindi che il processo creativo ha dimensioni comunque terapeutiche, anche se per ottenere precisi risultati richiede una gestione specificatamente indirizzata a questo scopo: per quanto la psicoterapia non si identifichi completamente con l arte, le almeno in parte identica, per cui usare l arte per scopi psicoterapeutici risulta una modalit indiscutibilmente congrua. Le artiterapie si possono considerare uno specifico settore della psicoterapia: sono caratterizzate da una attenzione rivolta alla ricerca della qualit dell esperienza piuttosto che all analisi di patologie, e sono in realt particolarmente indicate nei contesti formativi, negli interventi di comunit e in contesti sociali vasti, dove l attenzione alle patologie sarebbe pi di peso che di aiuto. 4 f. Psicologia della creativit e arte Se non si vuole fare uso di paraventi metafisici, bisogna per forza immaginare che l arte abbia come prodromo qualche fenomeno psichico naturale. Nietzsche ne individua due, l ebbrezza e il sogno, nelle quali vede l origine di due forme primarie di arte, quella dionisiaca e quella apollinea.250 Dall ebbrezza ritiene che prenda origine la musica,251 che induce movimento, mentre fa risalire al sogno le arti plastiche, che tendono all immobilit della forma perfetta: il teatro tragico, con la sua capacit di coinvolgere emotivamente, e dove, allo stesso tempo, la rappresentazione tende alla perfezione estetica, appare come una sintesi compiuta delle due. Anche se con peso diseguale, queste possono essere viste come polarit sempre presenti in ogni opera d arte: bellezza e vita, come diceva Dostoevskij. Istanze universali, non difficile riconoscerne l analogia nella differenziazione di Kohut fra pulsionalit e narcisismo,252 visti come poli dell esperienza umana: la pulsionalit, infatti, quell investimento di interesse nel mondo esterno che spinge la persona a muoversi per andargli incontro, mentre il narcisismo una ricerca della perfezione253 che tende inevitabilmente alla immobilit, sia in senso positivo che negativo. Si parla di dionisiaco quando la spinta delle pulsioni erompe e altera la perfezione immobile dell equilibrio narcisistico precedente; di apollineo quando la disgregazione dell immagine che il movimento ha provocato viene ricomposta in un insieme dotato di valore estetico, viene compreso in una nuova unit sperimentata come perfetta, e narcisisticamente soddisfacente. Mentre l opera apollinea in genere arte di regime, che canta i trionfi e i fasti dello status quo e delle classi al potere, l arte dionisiaca tale in quanto scatenatrice di pulsioni: dall iniziale musica orgiastica si sviluppa, attraverso varie forme intermedie, in quella che oggi l arte leggera, cio la musica leggera, la letteratura d evasione (gialla, rosa, d avventura, horror, eccetera). Qui tutta l attenzione puntata sull effetto emotivo, e la qualit determinata dal risultato, mentre la ricomposizione non il problema, tanto vero che di solito banale: l assassino va in prigione, gli amanti si incontrano, gli eroi sopravvivono e salvano il salvabile.254 Riguardo al dionisiaco, bisogna ricordare che la dinamica delle emozioni soggiace a leggi psicobiologiche insormontabili, che non possono essere variate per esigenze di copione, n nell interazione con l osservatore, n all interno dell opera, a meno che non si definisca un contesto dove sia intrinsecamente sensato, come per es. nella pittura surrealista. , inoltre, necessario che l evento si inserisca nella storia, e si faccia posto per lo meno nel ricordo, perch einmal ist keinmal,255 come dice Milan Kundera:256 questo pu avvenire in tante modalit e fare una regola sarebbe impossibile per la quantit di eccezioni, ma possibile appellarsi al buon senso e dire che l evento deve essere significativo e quindi legarsi ad altri eventi, per esempio, per la sua somiglianza e analogia, o per la sua totale dissimiglianza, o per qualunque altro motivo emotivamente significativo. Perch l opera possa poi diventare anche fenomeno apollineo, bisogna d altronde che la nuova forma da raggiungere non sia semplicemente convenzionale, ma piuttosto squisita nello spontaneo e armonioso aderire

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rigorosamente all arbitrio delle leggi estetiche. Dionisiaco e apollineo hanno dunque leggi diverse, ma rigorose: l arte dionisiaca fallisce l dove non suscita emozioni, (un libro giallo scontato, un horror che non fa paura, una storia d amore squallida), mentre il peggio per l arte apollinea sarebbe aderire a un modello, cio copiare, oppure rappresentare le pulsioni soddisfatte senza intoppi, o non soddisfatte per intoppi banali, per esempio per intoppi nevrotici. Non ci sarebbe niente di pi banale, apollineamente parlando, di un personaggio che si tormenti fra le preoccupazioni e alla fine con grandi sforzi produca un sintorno nevrotico. Oggi l arte dionisiaca e quella apollinea, come fenomeni separati, si considerano in definitiva forme d arte minore: l arte di buona qualit va necessariamente a coprire l intero processo di rottura e ricomposizione dell equilibrio narcisistico, sia nella musica che nelle arti plastiche, e soprattutto nella letteratura: l arte, nel senso moderno del termine, la diretta discendente della tragedia greca. L ingrediente specifico dell arte la creativit, e qualunque scarabocchio un elemento pulsionale che prende la forma voluta dal pittore, cio si veste narcisisticamente attraverso un invenzione. Quando l artista d forma alle sue pulsioni attraverso un pedissequo rispecchiamento dello status quo personale o sociale, una situazione dove, in un linguaggio psicopatologico, investita narcisisticamente, in modo difensivo, un immagine rigidamente immobile, e non la dinamicit della vita pulsionale. Nell esperienza soggettiva di chi osserva, la sensazione generalmente sar di noia e il giudizio di banalit. Ponendoci ora davanti a un prodotto artistico e volendo fare una critica ragionata, dovremo quindi osservare questi elementi: 1) l equilibrio precedente; 2) l irruzione pulsionale che lo altera; 3) il processo di ricomposizione; 4) il nuovo equilibrio raggiunto. 1) Se l equilibrio precedente qualcosa di banale, in genere qualunque spinta pulsionale pu perturbarlo, ma ugualmente con facilit si ristabilisce un qualsiasi altro equilibrio, e resta difficile dispiegare in mezzo un gusto estetico abbastanza complesso, su cui forgiare ci che segue. Come dice Winnicott, non c invenzione senza tradizione:257 se inventare significa rielaborare le forme preesistenti, non impossibile, ma certo pi difficile, partire da un inizio banale. 2) L irruzione pulsionale dovrebbe essere, nella sua dirompenza, specifica a quell equilibrio, se si vuole mantenere una coerenza che supporti. 3) Il processo di ricomposizione, dove bisogna che si manifesti il proprio senso dell armonia, che , teoricamente, a piacere, ma in pratica ancorato alla tradizione culturale della persona e alla sua esperienza, con una libert di movimento esplorativo che dipende dalle contingenti speficit dell artista. 4) Il nuovo equilibrio raggiunto: comunque il punto d arrivo, e anche se pu non essere il momento culminante dell opera deve comunque essere significativo, magari nella sua insignificanza, di un ottica umana non forzata ideologicamente (nel qual caso abbiamo l opera didascalica, che sinonimo di qualit scadente), ma decantata spontaneamente dalla confusione iniziale, dove il calore delle pulsioni irrompenti aveva fuso insieme le precedenti differenziazioni. Tutto questo si estende, pur con le dovute precauzioni,258 al mondo delle sensazioni, anche se non coincide tout court con il pulsionale. Ogni emozione infatti consiste in un particolare insieme di sensazioni, che possono quindi essere considerate le componenti base del dionisiaco: le sensazioni di per s costituiscono un universo praticamente illimitato in confronto a quello relativamente ristretto delle emozioni. Se le pulsioni, cio le emozioni,259 comportano movimento, il quale perturba e trasforma, le sensazioni non implicano reazioni precise che necessitino una forma correlata alla funzione e in armonia con, e non sono quindi un incentivo drammatico all arte: sta di fatto per che un impatto sulle persone ce l hanno, e anche potente, e scatenano una disponibilit ad agire indifferenziata che proprio per questo suo essere svincolata dalla funzionalit della forma, ben si presta all operazione creativa, che assomiglia in questo caso pi all estatico giocare dei

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bambini nella prima infanzia che alle serie composizioni degli adulti. Mentre le emozioni hanno a che fare in un certo senso con comportamenti limite in situazioni limite, per la maggior parte del tempo quotidiano stiamo sotto a questo limite, e a questo livello i comportamenti non sono ancora codificati dalla tradizione: tutta la parte di esperienza che a buon diritto rimane a livello inferiore dell emozione, per quanto riguarda la restituzione aperta a una pressoch illimitata possibilit di invenzione, che vera e propria sperimentazione estetica, e certamente anche etica. D altra parte, per quel che riguarda la critica d arte, il problema (o dovrebbe essere) l effetto che l opera provoca sull osservatore: in realt l opera d arte viva solo se in grado di spostare l equilibrio dell osservatore e di facilitare nuovi movimenti, nuove esplorazioni, nuovi giochi in senso winnicottiano. Tutto questo vale quindi ovviamente per quella che potremmo chiamare un arte naturale, che non significa naturalistica: pur avvalendosi di qualsiasi forma espressiva, naturalistica o no, quest arte si indirizza infatti alla capacit naturale dell essere umano di recepirla, vale a dire alla sua capacit di farsi inebriare e di farsi trasportare nei sogni, rimanendo al di qua di quelle colonne d Ercole la cui trasgressione, come Ulisse ben sa, non ha mai portato fortuna a nessuno. 4 g. Mitopoiesi e psicoterapia Mentre il significato si appoggia direttamente al pensiero razionale e alla funzionalit, iI senso sfugge necessariamente alle spiegazioni: in caso contrario sarebbe una specie di significato e non, come invece , una realt incommensurabile rispetto a questo. Il significato si capisce, il senso si percepisce, cio si sente. Questo non significa che prescinde dalla funzionalit, solo che non si esaurisce nella funzionalit: qualcosa di poco diverso e ugualmente funzionale pu avere ancora pi senso, o poco senso, o addirittura un senso di valore negativo. Questo risulta particolarmente evidente nell architettura: una costruzione pu funzionare come tale, a prescindere dall effetto che fa a vederla, ma con poche variazioni si pu passare da un edificio insignificante o addirittura repellente a uno attraente, come mostra Brent Brolin260 nel suo libro sull architettura delle facciate. Cos si passa con poche variazioni di particolari, da storie insignificanti ad altre piene di fascino. Alcune storie accompagnano l umanit dalla notte dei tempi, e sono state riprese da varie culture con mille variazioni su tema: sono i miti, le storie per eccellenza. Se con l astrattismo il significato ha cessato di rappresentare un ruolo centrale nel mondo delle arti, nelle storie il significato deve esserci, altrimenti diventano incomprensibili e non fruibili. Come nei films francesi, pu essere per ridotto al minimo: scrivere un romanzo presenta sicuramente maggiori difficolt sul piano del senso piuttosto che su quello del significato. Senso percezione, e la percezione si realizza attraverso la strutturazione di Gestalten, insiemi che la mente dell osservatore costruisce in congruenza con i bisogni dell organismo: la persona affamata percepir preferenzialmente insiemi formati da elementi contingentemente presenti davanti ai suoi sensi e configurati dalla mente secondo le linee di forza del senso del nutrimento. Oppure, nella necessit di scappare, la persona percepir preferenzialmente il paesaggio secondo le linee di forza del senso della fuga.261 Guardando da un punto di vista fenomenologico possiamo constatare il da sein, l esserci, di Gestalten in quanto si manifestano fenomenicamente, senza conoscerne la struttura, ipotizzabile ma non percepibile. Qui si constata insomma l esistenza e la forza del mito senza teorizzarne l essenza. Assumendo, invece, un punto di vista metapsicologico,262 si pu immaginare che siano all opera delle configurazioni strutturali strutturanti, quelli che Jung chiama archetipi.263 Costruire storie dotate di senso quella complessa attivit che, in termini junghiani, si chiama mitopoiesi, e che consiste nel dare corpo a istanze archetipiche, che cos da potenziali diventano concretamente presenti. Questo punto di vista implica che le storie sottendano strutture fisse: d altra parte anche le arti plastiche si appoggiano su archetipi di senso, come mostra Kandinskij,264 senza che questo impedisca loro di abitare nella dimensione dell infinito. Anche le storie possono essere infinite, malgrado gli archetipi, o come si potrebbero chiamare, le archeogestalten, le costringano in cammini entro certi limiti obbligati, come le sponde obbligano un

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fiume in una specifica direzione. Kandinskij parlava della linea come la storia di un punto, e si potrebbe dire che un mito la storia di una archeogestalt, o piuttosto una storia di una archeogestalt, che di storie pu animarne appunto infinite. Dal punto di vista della psicoterapia importante osservarne le modalit di svolgimento nella vita delle persone, perch non di rado nelle incongruenze fra comportamento e mito che si vanifica il senso della vita, e si ricompone nell elaborazione delle stesse incongruenze. Gli argini che le archeogestalten pongono alle storie perch queste diventino miti sono relativamente semplici: si tratta di successive cadute e risalite fino a una risoluzione finale, che pu essere sia lieta sia terribile. come se, in cammino per un lieto fine, l anima si accontentasse anche di quello tragico, data l onnipresenza dell ombra della morte che incombe sull essere umano: il mito richiede comunque l accettazione del destino, cio di tutto quello che per una ragione o per un altra non pu essere evitato, e l opposizione a questo spesso il nodo da sciogliere nella vita delle persone.265 In realt si potrebbe dire che le storie sono il tentativo di sperimentare come la vita vale la pena di essere vissuta malgrado debba necessariamente finire, e i miti sono storie che riescono in questo intento: la mitopoiesi ha quindi una dimensione necessaria alla vita quotidiana e alla pratica psicoterapeutica, dove non si tratta solo di risolvere vecchie Gestalten inconcluse, in cui la persona ancora invischiata, ma soprattutto di elicitarne di nuove che vadano in direzioni congrue, in senso olistico alla persona. Le direzioni nella vita sono tante quanti sono i miti: la persona che sceglie ha possibilit proporzionali alle sue conoscenze del mondo, incluso quelle letterarie, cio mitologiche. Qualcuno ha detto che ci sono persone che non avrebbero conosciuto l amore se non ne avessero letto, e con tutta probabilit l amore romantico non sarebbe come oggi senza l apporto letterario del Petrarca e degli chansoniers provenzali. Teatro e letteratura sono necessit basilari del genere umano. L interrogativo mitopoietico per i bambini la domanda cosa vuoi fare da grande, e Snoopy266 risponde: il barone rosso, oppure il capostazione, e via dicendo. Quanto sia importante questa domanda si pu capire dalle difficolt che in genere hanno i pazienti a rispondere: nella maggior parte dei casi hanno scordato i miti dell infanzia, e non ne hanno di propri nella maturit. Se, tecnicamente, la chiusura di Gestalten obsolete relativamente facile, non lo per niente l apertura di nuove, e questo, come dice un gestaltista israeliano, Shraga Serok,267 peraltro il problema fondamentale, dal punto di vista della psicoterapia della Gestalt, e in particolare di quella a orientamento fenomenologico esistenziale. La mitopoiesi ha una funzione orientativa: il senso della vita non consiste per nel raggiungimento delle mete mitologiche, la meta solo una specie di stella polare. La vita non comincia con il raggiungimento della stella polare, ma consiste nel viaggio verso un punto di tendenza: la stella polare arbitraria, e in s insignificante, ma struttura importantissima per l orientamento; senza un punto fisso di riferimento improbabile riuscire a orientarsi nel mondo, e senza una attivit mitopoietica difficile, per un essere umano, non passare la vita girando intorno a un palo. Girare intorno a un palo una metafora molto ben riuscita: l immagine non spiega e non dimostra che si tratta di un comportamento sbagliato, ma evoca uno stato d animo da cui la persona ascoltando si ritrae. Senza spiegare, svela a chi ascolta l importanza di prendere le proprie decisioni. Metafore e miti non obbligano nella scelta, ma costituiscono una rete di viabilit, dove la persona pu scegliere qualsiasi direzione e percorrere la strada che vuole, e costituiscono una specie di carta geografica dell anima che amplifica le possibilit di movimento nell arco della vita. La psicoterapia accompagna il viaggiatore senza indicare la meta, ma aiutandolo negli inciampi e richiamandolo alla sua responsabilit nei confronti dei suoi bisogni e dei suoi desideri. Un campo in cui la mitopoiesi chiaramente basilare l innamoramento, e la difficolt di formazione della coppia pane quotidiano nella psicoterapia. Che le storie d amore si svolgano secondo pattern riconoscibili, che permettono loro di vivere, un ipotesi difficile da dimostrare, ma altrettanto difficile da negare. Con una formulazione narrativo metaforica, si potrebbe dire che le storie d amore hanno delle trame fisse, con svariatissime variazioni su tema che ripetono lo stesso schema di base.

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Le variazioni possono essere infinite, ma lo schema di base deve essere rispettato, altrimenti la storia perde di senso: se, per esempio, Cenerentola ereditasse e diventasse ricca, tutto il dramma della favola verrebbe a mancare. Se le persone vogliono che le loro storie d amore sopravvivano, devono rispettare le regole: altrimenti la storia muore o diventa un altra storia, con altre regole da rispettare. Se Cenerentola si scordasse che il suo lui un Principe, questi probabilmente finirebbe per cercare un altra Cenerentola, e se il Ranocchio si scordasse che la sua lei una Principessa, probabile che lei finisca per cercarsi un altro Ranocchio. Le storie dell innamoramento si possono ricondurre a due grandi filoni: 1) patriarcale: per esempio Cenerentola e il Principe (la popolana e l aristocratico), Il Cavaliere che salva la Damigella (l uomo forte e la donna fragile), Il Cacciatore con la Bella Addormentata o con la Ninfa al bagno (l uomo esperto e la donna innocente); 2) matriarcale: per esempio la Principessa che bacia il Ranocchio (l aristocratica e il popolano), la Bella e la Bestia (la donna charmante e l uomo rude). Nel primo gruppo di storie caratteristica comune che l uomo, Principe, Cavaliere, Cacciatore, non ha bisogno del consenso della donna: traccia quelle direttive dell azione che danno il senso della vita, , insomma, il vertice culturale. Si tratta evidentemente di un patriarca, e il tipo di rapporto fra uomo e donna che questi miti sottintendono sta alla base delle societ patriarcali. Questi miti non tollerano una pretesa matriarcale: una donna che si innamori di un Principe bisogna che gli lasci lo status di Principe fino alla fine, pena la fine dell innamoramento. Nella favola della Principessa che bacia il Ranocchio c , invece, un animale repellente che viene nobilitato da lei ed elevato allo status di Principe. La situazione sottende una subordinazione delle caratteristiche maschili, che qui appaiono come subumane e repellenti, a quelle femminili, che sono invece principesche: si tratta evidentemente di un sistema di valori dove quelli femminili predominano, cio di una cultura di tipo matriarcale. In questo caso l uomo che non deve attentare allo status di Principessa della moglie, pena la caduta dell innamoramento. Nel mito della Bella e la Bestia (una variante del Ranocchio), abbiamo ugualmente una figura femminile in primo piano: la Bella non ha paura della Bestia, malgrado questa sia irsuta, zannuta e terrifica, e la tratta come se non fosse sgradevole e terrificante, ma come se, per un certo verso, fosse addirittura interessante. Questa favola, pur appartenendo a una mitologia matriarcale (la Bella una figura indiscussa mentre la Bestia pur sempre una bestia), presenta l uomo da una parte come qualcosa di orribile e quindi inferiore per valore, e dall altra come spaventosamente forte (vedi King Kong), quindi superiore: i passi obbligati sono che lei non deve mai temere la Bestia, e lui non deve mai usare la sua forza contro di lei. Se guardiamo queste relazioni da un punto di vista psicologico, si pu dedurre come in una coppia matriarcale il rapporto madre- figlio sia paradigmatico per la relazione, mentre, dall altra parte, i miti patriarcali sottendono chiaramente modalit tipiche del rapporto padre- figlia, che appare come la configurazione paradigmatica nella coppia. Non pochi dei drammi delle coppie sono imputabili a una mancanza di sintonia riguardo a questi temi, che si riferiscono ad una precisa distribuzione dei ruoli, cio l uomo forte con la donna debole, l uomo esperto con la donna ingenua, la donna forte con l uomo debole, la donna apollinea con l uomo dionisiaco eccetera: il mito vive finch le due persone rispettano il personaggio proiettato dall altra, e muore in caso contrario. Se l innamoramento muore prima che il rapporto sia ben consolidato, la coppia in genere si separa. L intervento psicoterapeutico passa per una rivisitazione dei miti dell innamoramento, che possono essere utilizzati come falsariga per la lettura degli eventi in via di elaborazione nella seduta. Quotidianit e sogno devono trovare una loro congruenza, che evidentemente non significa identit: spesso compito dello psicoterapeuta condurre una mediazione fra questi due poli. Altra area, pane quotidiano per la psicoterapia, quella del lavoro. L espressione mi piace o non mi piace il mio lavoro, ha implicita una componente mitopoietica: mi piace un lavoro significa per me ha senso farlo, e il senso si muove appunto su pattern mitopoietici.

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Anche qui i pattern affiorano trasparentemente nelle favole. La ballerina e il soldato sono due miti fondamentali per il fare nel mondo, storie su cui sognano da sempre i bambini: dispensare grazia senza chiedere niente, e combattere resistendo alla paura. Splendore ed eroismo. Se splendere e combattere sono termini con vaste implicazioni negative, legate a realt obsolete, come aristocrazia e patria, in pratica sono, ugualmente, nuclei di svariatissime attivit che con il potere sociale e la distruzione hanno poco e nulla da dividere: si pu, per esempio, realizzare splendide opere d arte, o fare guerra alla povert e all ignoranza. Splendore e eroismo sono mitologemi che affiorano dovunque: per esempio, si dice di qualcuno bravo nel suo lavoro che un mago, e il mago un mito portante per storie, il cui senso riposa nelle avventure di un personaggio alle prese con difficolt insormontabili, che riesce a superare con la sua abilit, lasciando lo spettatore pieno di ammirazione: una variazione sul tema dell eroismo. Un altra figura base operante da sempre nell immaginario degli esseri umani la grande madre, che con il suo amore incondizionato soccorre e salva. La luce dell amore richiama evidentemente il mito dello splendore. Splendore e eroismo in queste storie si intrecciano con soccorrere e risolvere. Quando il mago non risolve e la grande madre non soccorre, si sentono in genere molto frustrati, e qui si vede se la storia profonda o superficiale: un mago vero non risolve per farsi bello, ma perch tentare di risolvere il suo interesse e il suo piacere, che ci riesca o no. Ugualmente si pu dire della vera grande madre, che soccorre perch ama soccorrere e non perch gli altri le siano grati e la gratifichino narcisisticamente. Eroismo e splendore richiedono infatti un sacrificio narcisistico per emanare la loro luce. Qui si inserisce direttamente il lavoro psicoterapeutico: molte persone rinunciano ai sogni perch costano troppo, e il lavoro consiste allora nell aiutarle a trovare forme da dare al comportamento, che non siano fuori portata dalle loro possibilit, e anche nell aiutarle a operare sacrifici narcisistici accettabili e sostanzialmente vantaggiosi. 4 h. Psicoterapia, etica e empatia Per etica qui si intende la misura del valore dell insieme dei comportamenti che compongono un fatto (intendendo per fatto una sezione arbitraria nel continuum degli avvenimenti che compongono la storia umana), che si realizza solamente nell esperienza di chi direttamente o indirettamente lo esperisce. Dato che il valore un mistero, nel senso che esperibile ma non spiegabile, l etica necessariamente un argomento spinoso, dove difficile fare affermazioni: allo stesso tempo di importanza centrale, sul piano tecnico, nella psicoterapia, avendo a che fare, ovviamente, con i rapporti che gli esseri umani hanno fra loro. Bisogna premettere che lo scopo di una psicoterapia non di cambiare quel che la persona , il che sarebbe impossibile, ma di cambiare ci che fa. La psicoterapia un operazione orientata al cambiamento di ci che le persone fanno, perch sono i loro comportamenti e non il loro essere a causarne le sofferenze: o perlomeno, alle sofferenze provocate dal comportamento si pu porre rimedio. Gli esistenzialisti dicono: non importa cosa toccato in sorte alla persona, importa quello che se ne fa! Si potrebbe pensare che in una seduta di psicoterapia in pratica non si fa niente. Questo sarebbe per un errore di valutazione, perch in genere, almeno nelle psicoterapie di derivazione freudiana o che si rivolgono comunque al cosiddetto profondo, si fa qualcosa che non si fa mai altrove, ovvero dire proprio ci che passa per la mente. Succede normalmente che una persona dica ci che veramente pensa o immagina, senza filtrarlo per controllarne l effetto?! Fare una psicoterapia implica dunque comportarsi in modo molto diverso dal solito, e infatti non tutti sono in grado, per esempio, di sottostare a un analisi freudiana classica, dove il lavoro rigidamente centrato sull associazione libera. Dire ci che passa per la mente sembra una cosa banale, ma un cambiamento comportamentale di grandissima importanza. Cambia qualcosa addirittura a livello neurologico.268 Generalmente infatti usiamo l emisfero sinistro del cervello, che parla il cosiddetto linguaggio digitale, dove le connessioni sono logiche, di causaeffetto, di successione spaziotemporale: parlare un linguaggio digitale significa tessere una tela fitta, a maglie tutte uguali. Per dire invece ci che passa per la mente bisogna farlo con l altro emisfero del cervello, il destro, che parla il linguaggio analogico.269 Questo linguaggio non connette per via logica ma per connessioni analogiche: pu connettere, ad esempio, questo bicchiere bianco con qualcosa di bianco che ho visto ieri, e con questo bicchiere ha una connessione solo analogica, cio ha un colore analogo.

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Parlare un linguaggio analogico come passare un torrente saltellando di sasso in sasso: questo forma un tessuto lasso, come le garze, un tessuto molto diverso da quello che tesse il linguaggio digitale. La psicoterapia centrata dunque su uno specifico cambio di comportamento: invece di parlare sempre e rigorosamente un linguaggio digitale, si tratta di parlare anche un linguaggio analogico. un operazione in cui si incontra in genere molta difficolt, anche se sembrerebbe strano dato che il linguaggio digitale di fatto il linguaggio del lavoro, mentre il linguaggio analogico quello della poesia, del gioco, il linguaggio dei bambini, che in s anche pi divertente. In realt una esperienza difficile da gestire, perch saltellando continuamente, in modo imprevedibile, va a finire spesso in luoghi che si vogliono evitare, luoghi scomodi per la conversazione, luoghi proibiti per una ragione o per l altra. Per quanto riguarda il cambio in generale dei comportamenti, questo implica la loro valutazione, che in campo psicologico funzione specifica della diagnostica: differenziare comportamenti patologici da comportamenti sani aiuta a capire cosa sta succedendo nel mondo interiore della persona, e che genere di intervento possa essere di aiuto. La diagnostica si applica per ai casi di comportamenti pesantemente anomali, mentre gran parte dei pazienti in psicoterapia presentano modi di essere disfunzionali ai propri bisogni senza essere veramente patologici. La psicoterapia tratta, insomma, in genere comportamenti che si potrebbero definire non adeguati al contesto, disfunzionali piuttosto che patologici. Ora, la misura della correttezza dei comportamenti considerata di solito la morale, da mores, costumi, come dire quello che costume fare: la morale corrisponde cio alle regole tradizionali, che nella tradizione giudaicocristiana per esempio sono rappresentate dalle tavole dei dieci comandamenti. La morale comunque da sola non basta per orientarsi: la legge rigida e fa affermazioni generiche, mentre la vita complicata, e porta spesso in situazioni dove non si rispettano le regole in qualsiasi maniera ci si comporti. Per esempio, se avviene un incidente e qualcuno rimane ferito, o c qualcuno che si sente male, notte e la strada deserta, e c una macchina parcheggiata: che si deve fare, lasciare il ferito a dissanguarsi o rompere un vetro e rubare la macchina per portarlo all ospedale? La morale dice che bisogna soccorrere, ma dice anche che non si pu rubare. E allora? Il problema non risolvibile sul piano morale, e deve essere affrontato su quello etico: evidente qui la differenza tra etica e morale. Dal punto di vista morale, l esempio fatto insolubile. Se si lascia il ferito a dissanguarsi si fa un peccato mortale, se si ruba la macchina se ne fa un altro. Dal punto di vista morale, cio dal punto di vista della valutazione del singolo comportamento, non c soluzione. Per trovare una soluzione bisogna guardare da un punto di vista d insieme, cio bisogna riuscire a vedere l insieme della situazione: la persona ferita, la macchina da rubare, il proprietario della macchina, la distanza dall ospedale, la distanza dai telefoni. Una visione d insieme un fatto intuitivo: ci sono tantissime variabili che non sono gestibili in maniera oggettiva e richiedono anche valutazioni soggettive della persona, le quali sono esposte alla possibilit di errore: come fa per esempio la persona, che vede solo fino alla curva della strada, a sapere se pi in la non c un telefono per chiamare i soccorsi? E mettiamo che vada pi in l della curva e non lo trova, come fa a sapere che non c un telefono dopo la seconda curva? A un certo momento deve rinunciare ad aspettarsi che dietro la prossima curva ci possa essere un telefono, e il momento di rinunciare pu essere calcolato solo approssimativamente e secondo responsabilit. Questo quadro della situazione basato sulla propria responsabilit e nell ottica di una visione d insieme, il punto di vista etico.270 L etica ha caratteristiche paradossali: assolutamente rigorosa e allo stesso tempo non rigida. Non scritto da nessuna parte che bisogna cercare il telefono fino a dietro la terza curva, e dopo non pi peccato rubare la macchina, mentre prima si. L etica qualcosa che si appoggia sulla scelta individuale, sulla responsabilit personale, sulla capacit dell essere umano di gestire la situazione con le sue limitate risorse, quindi assumendosi il rischio, e infatti, nella mentalit comune, una persona che rischia di andare in galera per salvare qualcun altro un eroe, non un delinquente.

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Invece, se una persona ruba la macchina per andare a comprarsi le sigarette, tutta un altra cosa. Ma dov il limite? Il problema veramente difficile da gestire sul piano astratto, perch il ragionamento lineare non gestisce i paradossi, e bisogna allora appellarsi a qualcosa che, nella tradizione scientifica, non ha una gran fama, cio il buon senso, che regolato dall intuizione.271 La visione etica una visione d insieme, e per risolvere il dilemma tra il divieto di rubare la macchina e l obbligo di portare la persona all ospedale, bisogna assumere appunto una visione d insieme. I comportamenti separati sono come ingranaggi, un singolo comportamento non altro che una componente di quell insieme, ossia il rapporto fra le persone. Il rapporto non semplicemente la somma dei comportamenti: un rapporto qualcosa che apre un mondo di possibilit all essere umano, e infatti le persone hanno una vera fissazione per stare insieme. La gente di solito va in vacanza in posti affollatissimi, dove c una grande quantit di rapporti, di buona qualit e di cattiva qualit, e c la possibilit o, perlomeno l illusione, di poter dare forma alle proprie potenzialit attraverso l incontro con gli altri. Da tempo immemorabile le persone lasciano le campagne per andare in citt, vero e proprio mito per i giovani: oltre a migliori possibilit economiche, nelle citt c pi opportunit di rapporti, per la grande quantit di persone e di situazioni possibili. Gli esseri umani hanno una fame incredibile di rapporto, ma poich ne hanno anche una gran paura, in genere si limitano a guardare cinema e televisione, dove vedono appunto persone che si incontrano, interagiscono drammaticamente, ecc.: lo spettatore sta al di qua dello schermo, al sicuro e tranquillo, accontentandosi di assistere al dramma e di viversi l ombra dell esperienza rappresentata, che, a sua volta, solo un ombra della realt. Ci si accontenta anche dell ombra dell ombra del rapporto, tanta la fame che se ne ha.272 I rapporti fioriscono sui comportamenti, emergono dal tessuto dei comportamenti che connettono le persone tra di loro: l atmosfera di una riunione, di una sala da ballo, di un qualunque posto, di una qualunque situazione generata dai rapporti, che si sono stabiliti fra le persone attraverso i loro comportamenti. Il problema sta nel fatto che i comportamenti possono essere liberi solo entro certi limiti: gli esseri umani devono sopravvivere, e i comportamenti sono gli strumenti della sopravvivenza. Sopravvivere richiede azioni che permettano scambi: c bisogno, cio, di un vero e proprio metabolismo psichico e sociale, che permette agli esseri umani di ottenere il necessario per la sopravvivenza. Per vivere bisogna scambiare con l ambiente, e per gli esseri umani il grosso dell ambiente la societ, quindi devono necessariamente scambiare con la societ per sopravvivere. Ognuno costretto a interagire con gli altri con comportamenti che interpretino i suoi bisogni biologici, cio quei bisogni che permettono di sopravvivere individualmente e come specie. Un concetto importante per capire il comportamento degli esseri umani la territorialit, istinto che condividiamo con molti altri animali. A cosa serve il territorio si capisce bene: avendo un orto ci si possono seminare ortaggi, niente orto niente ortaggi, niente ortaggi fame sicura, almeno agli albori del mondo. In un mondo di coltivatori, infatti, avere un territorio o non averlo la differenza tra la vita e la morte: molto pi difficile sopravvivere aspettando di poter raccogliere qualche frutto selvatico che piantando e raccogliendo dal proprio orto. Ma piantare ha un senso se poi nessuno porta via i frutti, perch se qualcuno pianta e un altro prende i frutti, al primo il territorio non servito a molto. Il concetto di territorio si identifica chiaramente con quello di propriet. Territorialit la capacita di considerare qualcosa come proprio. Si pu anche pensare che l egoismo non sia la migliore delle qualit, ma se si guarda dal punto di vista biologico si capisce comunque che essere capaci di sperimentare il senso di propriet richiede una struttura psichica estremamente complessa: per poter riconoscere, per esempio, che questo oggetto mio e quell altro no bisogna, per esempio, avere la capacit di rendersi conto delle differenze fra questi due. Si tratta di una organizzazione molto differenziata, naturalmente sul piano emozionale, non certo su quello concettuale: un pesce non pensa questo pezzo di scoglio mio, ma probabilmente sente un senso di sicurezza in quella parte di costa, che vive come territorio suo. Si sa con certezza che il fatto di viverlo come suo d al pesce pi forza per difenderlo dai concorrenti. Un commesso viaggiatore ha per territorio il suo giro di clienti, a cui vende le sue merci. Se il territorio si riduce oltre certi limiti, non guadagna pi abbastanza per sopravvivere: bisogna quindi che coltivi e difenda il suo territorio. Lo stesso per la propria abitazione: la casa ha la porta d entrata che si tiene chiusa, salvo in quei luoghi dove c un tal rispetto reciproco da poterla tenere aperta perch si sa che nessuno entra in maniera

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irrispettosa. La porta d ingresso si chiude per delimitare il territorio: qui dentro mio. E questo universalmente accettato. Si rispetta anche il fatto che ci sia un luogo, dove ognuno va ogni mattina, che c una sedia per chi fa quel lavoro, e che il lavoro suo. Se una mattina la persona arrivasse e trovasse qualcun altro seduto sulla sua sedia si arrabbierebbe parecchio, perch se non pu lavorare non pu sopravvivere. Finch si tratta del lavoro o della casa, il tema del territorio facilmente comprensibile, mentre molto meno evidente quando ha a che fare con l interazione diretta tra le persone: la morale necessariamente approssimativa, non facile tradurla nel dettaglio e dire cosa si pu fare e cosa non si pu fare. Un modo di differenziarla, sempre nella tradizione, la cortesia. Ci sono le azioni immorali, come per esempio ferire qualcuno, e quelle scortesi: essere sgarbati non immorale, ma scorretto dal punto di vista della civile convivenza. Ma qui la situazione si complica: nella pratica clinica, specialmente in quella di gruppo, si vede che spesso la cortesia, piuttosto che articolare la morale, crea un diaframma che impedisce il contatto. La persona per non essere scortese si comporta in modo formale, e il risultato che effettivamente non si producono danni, ma il contatto si interrompe: le persone sono gentili e cortesi, ma distanti. Questo fenomeno da un punto di vista della stabilit sociale sembrerebbe non avere controindicazioni: guardando invece dal punto di vista clinico produce dei problemi consistenti. Si dice che ai tempi di Freud in campo psichico il problema pi diffuso fosse l isteria: oggi , probabilmente, la depressione. La depressione legata spesso alla mancanza di contatto fra le persone: tutti sono gentili e cortesi, ma spesso non succede nulla di interessante e si pu morire di noia. Le conseguenze che ne derivano possono essere di tutti i tipi, da comportamenti sintomatici, a delinquenziali, ad altri, magari autodistruttivi. Un modo per non morire di noia , per esempio, drogarsi: tutti i tipi di psicotropi, dall alcool alla cocaina, sono mezzi per rompere questo muro di separazione tra gli esseri umani, e per riuscire a divertirsi. Fino a poco tempo fa l alcool era il mezzo di uso pi comune: alle feste le persone bevevano per disinibirsi, per prendere coraggio e parlare fra loro. Oggi forse pi in uso la cocaina, ma il concetto non molto differente. Per vivere in modo interessante e soddisfacente non basta essere corretti e non far niente di male: bisogna fare qualcosa di pi che essere formali, senza d altra parte essere trasgressivi a tutti i costi, poich in genere non cos che si approda in luoghi interessanti. L etica diventa, a questo punto, la soluzione pi efficace, poich proprio quella visione d insieme che permette di muoversi in modo da non essere formali senza diventare dannosi per s e per gli altri. Infatti dal punto di vista etico non si guarda solo il proprio comportamento, ma anche la reazione dell altra persona e la propria reazione alla reazione dell altro, e inoltre risulta chiaro come bisogna permettere all altro di distendersi in una complessit di stati d animo perch l interazione possa proseguire. E questo non basta capirlo razionalmente, necessaria una relazione empatica. Empatia non un termine di uso comune; spesso si scambia con la simpatia o l identificazione, che sono processi differenti. L empatia la capacit di accorgersi cosa sente l altro senza confondersi con lui, ed certo una capacit naturale, ma solo praticandola si riesce a gestirla in modo funzionale. un po'"come suonare il pianoforte: bisogna esercitarsi per suonarlo bene. L empatia radicalmente diversa dall identificazione. La nostra cultura ha una fortissima inclinazione a credere che l identificazione sia il fatto amoroso per eccellenza, che sia la misura stessa dell amore: questo un grave qui pro quo. L identificazione, in realt, precede l empatia nello sviluppo psichico, e quindi il solo identificarsi un processo regressivo, quando non addirittura patologico. La capacit di identificazione nell etologia si chiama infezione emozionale. In uno stormo di piccioni per esempio, se uno di essi si alza in volo tutti gli altri fanno altrettanto. Questo un fenomeno di infezione emozionale: tutti gli altri si infettano della paura dell uccello che scappa. A cosa serve evidente: se in uno stormo solo uno si accorge di un predatore e prende il volo, tutto lo stormo si salva. Se non esistesse l infezione emozionale, l oca che vede la volpe si salverebbe, ma la volpe potrebbe fare

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una strage di quelle che non si erano accorte di lei. Si tratta evidentemente di un meccanismo biologico molto utile per la sopravvivenza della specie. Nella relazione madre- bambino l infezione emozionale altrettanto fondamentale: il bambino sente la paura della mamma e le corre accanto. vitale che si spaventi quando sente la mamma spaventata, perch se lei dovesse spiegargli come e perch c pericolo, il bambino avrebbe ben poche possibilit di evitarlo. Nella crescita poi, ci che a un certo momento dovrebbe insorgere la capacit di differenziare la propria emozione da quella dell altro: la capacit di accorgersi che la mamma spaventata mentre lui no, in modo che piano piano il piccolo possa ricorrere direttamente alla sua percezione del mondo invece di usare sempre vicariamente quella della mamma. La capacit empatica compare durante lo sviluppo accanto all infezione emozionale: a un certo momento il bambino comincia a rendersi conto anche delle proprie emozioni, differenziandole da quelle dell altro. A rendersi conto, per esempio, che l altro sente un dolore che egli non sente, e se anche prova dolore a causa del dolore dell altro, il suo, comunque, non quello dell altro.273 In genere chi esercita una professione d aiuto invece di sviluppare una capacit empatica si difende con l anestesia: mentre il paziente ha la gamba rotta il medico non sente niente, e cos il paziente lo percepisce freddo e distante. A un buon medico, a un buon terapeuta, ad un buon avvocato, a chiunque eserciti nel campo delle professioni d aiuto, sarebbe richiesta la capacit di accorgersi di ci che il cliente sente, ma senza fermarsi all identificazione: si richiederebbe, cio, che si rendesse conto delle emozioni del cliente (senza confondersi con lui), e a queste reagisse con le proprie. In assenza di questo la relazione d aiuto non ha davvero colorazioni eticamente accettabili. L empatia una vera e propria capacit, ed in realt la base per la percezione del valore etico. Per percepire il valore della situazione bisogna infatti stare contemporaneamente sia nella propria esperienza che in quella dell altro, anche nelle sfumature che la situazione comporta, la maggior parte delle quali non sono immediatamente afferrabili, ma rimangono come sospese nell immaginazione e nell intuizione della persona. Perch una persona abbia la possibilit di fare scelte d insieme, deve percepire l insieme. Per percepire l insieme deve percepire al di l di s, il che significa percepire almeno un altra persona, magari allargando poi la visione anche ad altri che, in modo pi sfumato, stanno nella relazione: amici, parenti, figli, vicini, persone in un modo o nell altro connesse. Una tale complessit di considerazioni gestibile attraverso quello che si potrebbe chiamare il gusto etico. La parola gusto si usa normalmente in riferimento all estetica, che apparentata all etica nell essere una misura di valore e nell essere per questo rigorosa e senza leggi.274 Il termine gusto riferito all etica potrebbe sembrare forse discutibile, ma in effetti si riferisce a qualcosa che ha ugualmente caratteristiche di rigore e assenza di regole. Bisogna fare a questo punto una considerazione: con magistrale chiarezza Binswanger sostiene che quando un paziente paranoico ha paura del vicino di casa e, magari, pensa che sia un assassino, non ha paura perch lo crede un assassino, ma immagina che sia un assassino per giustificare a s stesso la paura che lo pervade.275 Questa inversione di punto di vista si pu applicare sia all estetica che all etica: se qualcosa nella propria esperienza ha valore, questo non tale in astratto, ma viene miracolosamente esperito come tale. La bellezza nell occhio di chi guarda, dice una massima popolare. In questo senso il termine gusto etico risulta appropriato. A questo punto nasce un problema: se l etica un gusto, poich de gustibus non disputandum, in teoria ognuno la potrebbe gestire a suo modo. In realt, nel campo dell etica, accade lo stesso che in quello dell estetica: le persone dissentono moltissimo fra loro a proposito delle opere d arte, ma esiste, allo stesso tempo, un consenso abbastanza generale, per cui, ad esempio, nei confronti di Michelangelo o Beethoven, pur non piacendo a tutti, sarebbe difficile trovare consensi all opinione che siano artisti senza valore. Cos anche le opere di grandi poeti e drammaturghi, come Shakespeare e Dostoevskij, che si muovono a cavallo fra etica e estetica, in parte perdono senso col cambiamento dei punti di vista che regolano le societ umane, ma qua e l continuano a scintillare di lampi di inestinguibile luminosit etica attraverso secoli e culture diverse. Dal momento che, naturalmente, l etica non di facile gestione, la morale risulta comunque indispensabile come

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indicazione per la convivenza civile, e gli esseri umani finiscono poi inevitabilmente per dettagliare cosa bello fare e cosa no nell ambito del proprio gruppo sociale. Vi sono culture molto articolate in questo e altre meno: quelle pi articolate permettono ovviamente pi spazio alla vita psichica, perch hanno uno spazio differenziato per ogni cosa. Le persone, le situazioni, sono sempre diverse, e se non si differenzia si usa il metodo di Procuste: ci che troppo lungo si accorcia e ci che troppo corto si allunga e si fa qualcosa di approssimativamente buono per tutti, anche perch con le difficolt che si incontrano, in genere, per sopravvivere, il dettaglio perde di importanza. sempre stato cos nel passato, ma da quando le difficolt di sopravvivenza nel mondo sono relativamente diminuite, il dettaglio ha acquistato importanza, e ormai evidente che, se c posto o meno per la propria specificit, costituisce una forte differenza. Inoltre i costumi sono tanto pi trasmissibili e funzionali quanto minore la distanza tra una generazione e l altra: quanto pi differenza c tra sistemi di vita, economia e comunicazione, tanto pi difficile tramandare comportamenti. E attualmente l abisso tra le generazioni ha creato, a questo proposito, tanti problemi quanti non se ne erano visti mai prima d ora. Un comportamento, infatti, funziona all interno di una tradizione, di un sistema economico stabile, di un sistema insomma abbastanza uguale a se stesso, ma questo non avviene pi quando cambiano le premesse. La modalit tradizionale funziona quando c un sistema economico, che ripropone alle generazioni successive le stesse possibilit delle generazioni precedenti, ma quando il cambiamento cos rapido da costringere la generazione successiva a fare scelte completamente differenti (le cose che una volta non erano da prendere in considerazione diventano improvvisamente appetibili), l esempio dei genitori diventa inutilizzabile per i figli. Quando i figli non possono utilizzare i costumi tradizionali si trovano abbandonati a se stessi: una capacit etica li aiuterebbe a fare scelte in base a una visione d insieme, quindi in modo fondamentalmente pi sensato. Le persone che intraprendono una psicoterapia, nella maggior parte dei casi, sono persone normali con difficolt nella gestione della loro relazione con il mondo, perch non hanno abbastanza strumenti per cavarsela. Per un motivo o l altro non hanno assunto i costumi dei genitori: non ne hanno altri, e la spontaneit a questo proposito solo un mito. Nessun pattinatore sul ghiaccio, anche se sembra cos naturale nei movimenti, lo davvero: pattinare sul ghiaccio il prodotto di una cultura altamente sofisticata, e la spontaneit qui un fenomeno che segue l addestramento. Il vivere sociale ancora pi complicato che pattinare sul ghiaccio, e ha poco a che vedere con la spontaneit primaria, cio quella dei bambini. Ha piuttosto a che fare con un complesso livello di capacit di percepire, distinguere e soprattutto esprimere un prodotto culturale che le persone spesso non hanno sviluppato, semplicemente perch non ne hanno avuto l occasione. In famiglia c una tradizione, che i figli spesso non assumono, se non parzialmente, e all esterno trovano un mondo che li costringe a scoprire rapidamente altri modi di comportarsi: nella scuola, nei gruppi di amici, nella strada, la solidariet scarsa, e riuscire a destreggiarsi da ragazzi non proprio facilissimo. Non sono condizioni ottimali per imparare. Come quello estetico, il gusto etico non si basa su criteri oggettivi ma su criteri esperienziali, e per questo bisogna avere una gamma di esperienze da poter paragonare fra loro. A livello sociale mancano luoghi dove le persone possano sperimentare comportamenti e scoprire quali hanno per loro pi valore: il valore valutabile solo su base esperienziale. Il bisogno di sicurezza, invece, tende a dedurre regole comportamentali da un numero minimo di esperienze: si fallisce una volta e si dice no, questo non si fa! e non si riprova pi. Al contrario, si fa qualcosa che ha successo e allora si far sempre, e si ripete anche quando l esperienza non lo conferma pi. Sperimentare poco e attenersi alle regole sono le ricette comuni per evitare sofferenze: qualcosa di diverso succede, purtroppo, quasi solo in contesti psicoterapeutici, in particolar modo nella psicoterapia di gruppo, dove il lavoro verte fondamentalmente sulle interazioni fra le persone. Questo un luogo dove necessariamente si sperimenta e quindi si pu piano piano sviluppare un gusto etico, cio una capacit propria di distinguere sul piano comportamentale ci che buono e ci che lo meno, attraverso l esperienza del valore. Rimane indiscutibile che il gusto etico ha dimensioni soggettive: la pratica insegna, per, che nella gestione delle interazioni umane fa differenza non avere un gusto etico, piuttosto che non avere lo stesso gusto etico degli altri.

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In realt ci si pu capire benissimo con altri che hanno gusti etici diversi, mentre non sono raggiungibili coloro che nella comunicazione non hanno consapevolezza di nessun gusto etico e si muovono per il mondo solo in base a una morale di un tipo o di un altro, cio in base alla mappa e non al territorio: sono quelli che in genere amano definirsi integralisti. La pratica clinica insegna che il lavoro psicoterapeutico ha tantissimo a che vedere con l offrire alle persone la possibilit di sviluppare un gusto etico, e diventare, quindi, capaci di mettersi in relazione con gli altri attraverso una percezione d insieme: per questo si pu dire che il tema dell etica centrale nella psicoterapia. 4 i. Sinergie e interferenze fra sessualit e aggressivit Per quanto riguarda le problematiche sessuali, nella pratica della psicoterapia bisogna tenere presente che per lo pi il problema non risiede nell area propriamente sessuale, ma va cercato, piuttosto, nell area dell aggressivit, una pulsione che un elemento importante per la vita sessuale degli esseri umani. Dal punto di vista della teoria etologica degli istinti,276 quando si parla di aggressivit si intende territorialit, la tendenza, cio, a conquistare e a mantenere gli spazi necessari per i propri bisogni: le scoperte dell etologia hanno dimostrato che nelle specie territoriali l attivit sessuale strettamente correlata con il possesso di un territorio, tanto che in assenza di questo, in certi casi, l individuo giunge ad una totale inibizione della sessualit. La funzionalit del fenomeno, dal punto di vista evoluzionistico, evidente: in questa maniera si riproducono solo gli individui che hanno avuto la capacit di conquistarsi un territorio, e la specie si mantiene forte. Gli esseri umani naturalmente non si esauriscono, come gli animali, nei loro istinti, e possono, entro certi limiti, seguire cammini scelti liberamente: d altra parte non bisogna dimenticare che fino al secolo scorso nel mondo borghese europeo era prassi normale che una ragazza sposasse un uomo con il doppio dei suoi anni in quanto ormai affermato professionalmente ed economicamente solido, aveva migliori possibilit di provvedere alla famiglia. Laddove, invece, le donne possono essere economicamente indipendenti e l organizzazione sociale garantisce certi servizi, i matrimoni sono ormai svincolati dalla capacit dell uomo di conquistare un territorio: anche le donne, infatti, sono perfettamente in grado di farsi carico di questo compito. Il tema della territorialit nell esperienza tradizionale femminile , invece, meno esplicito, ma non per questo meno rilevante. proverbiale la reciproca gelosia delle donne, e il potere delle madri in famiglia: anche in questi casi si tratta di territorio. Pur essendo aree che non si possiedono con la forza, sono comunque zone di influenza: la competitivit femminile invece di mettere a confronto la maggiore forza, spesso prende la forma di una gara a chi la pi debole, e quindi bisognosa, e quindi da amare di pi. Come la forma tradizionalmente maschile della territorialit evidentemente di capitale importanza per la sopravvivenza individuale e della specie, lo altrettanto quella femminile che, tendendo alla solidit dei legami e quindi in definitiva delle alleanze, assicura la compattezza nel tessuto sociale: uno dei maggiori strumenti di sopravvivenza di cui la specie umana dotata appunto la sua capacit di cooperazione, che non ha uguali in tutto il resto del mondo animale. La territorialit, in definitiva, indispensabile per dare uno sfondo alla vita sessuale, specialmente quando questa non svincolata dalla procreazione: anche ipotizzando che la procreazione non sia pi il cardine della sessualit, non si pu certo immaginare che con questo vengano ipso facto a cadere i meccanismi di attrazione che sono relativi ad essa. L aggressivit d altra parte, oltre che alla conquista, serve alla difesa del proprio territorio, e bisogna tenere presente che della difesa del territorio fa parte anche la difesa delle istanze e delle idiosincrasie della persona, che facilmente, in una distanza ravvicinata, entrano in contrasto con quelle dell altra persona: difendere la propria specificit chiaramente indispensabile per la vitalit stessa del rapporto. Quando, infatti, il contrasto con il partner facilmente risolvibile, informarsi reciprocamente sui propri bisogni pu essere sufficiente: ma nella maggior parte dei casi non cos semplice, e le due persone devono avere abbastanza aggressivit da riuscire a sostenere a lungo le proprie posizioni se vogliono arrivare a una soluzione dialettica, invece di arenarsi in una inibizione reciproca. Una delle funzioni specifiche dell aggressivit in questo campo poi la gestione dell ansia, che un emozione

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appartenente alla famiglia della paura. La paura il vissuto soggettivo dello scatenarsi dell istinto alla fuga, e fuga e territorialit sono istinti antagonisti: paura e rabbia277 infatti, salvo eccezioni, si neutralizzano a vicenda. Se l aggressivit , tutto sommato, il miglior rimedio per la paura, lo anche per l ansia, che paura di aver paura, una fuga interna della persona impossibilitata a riconoscere semplicemente di aver paura. Ora, in realt l ansia una delle emozioni pi generalmente riscontrabili nel contesto sessuale: ha spesso la forma di un ansia da vicinanza, che, una volta elaborata, si risolve in paura di quelle emozioni che il contatto scatena, e con cui si costretti a entrare in rapporto con l altro proprio nelle aree che si meno capaci di gestire. evidentemente nell aggressivit che la persona pu trovare la forza per difendere il proprio territorio e affermare la propria specificit, in quanto l istanza istintuale demandata a questo scopo: non ci si pu infatti aspettare che una persona semplicemente manchi di paura, dato che temere, cio in definitiva essere prudenti, la precauzione minima indispensabile per vivere a lungo. L aggressivit inoltre ha una funzione centrale nel corteggiamento: affermare che indispensabile per conquistare un partner comporta naturalmente grossi rischi di fraintendimento, perch aggressivit richiama il termine aggressione, e in ogni modo nel linguaggio comune immediatamente connessa con la violenza. Anche il termine conquista evoca in genere fantasie cruente, ma qui varie associazioni fuori del contesto militare (vedi per es. conquiste della scienza, conquiste dell umanit, ecc.) ne mitigano l effetto. Proprio a partire da queste associazioni si pu mettere in luce un fattore estremamente importante per l argomento in questione. Trovandosi di fronte a uno spazio estraneo, si possono infatti verificare due condizioni molto diverse l una dall altra: la prima consiste nel divieto di accesso, esplicito o implicito che sia, mentre la seconda semplicemente l assenza del permesso d ingresso.278 Mentre oltrepassare un divieto di accesso evidentemente una violazione, cio un atto di conquista pi o meno violento (come minimo scortese), anche entrare in un territorio non vietato senza avere uno specifico permesso una forma di conquista: questa per una conquista senza vittime. Cos fare la corte a una persona richiede abbastanza aggressivit da riuscire a dire e fare cose per cui non si ha affatto il permesso, anche se non sono esplicitamente vietate: d altra parte una sessualit che facesse a meno del corteggiamento si potrebbe svolgere solo in assenza di territorialit, e in assenza quindi dei legami e delle strutture che questa comporta. Bisogna tener presente del resto che il proprio territorio diventa ad un certo punto anche una specie di prigione: non facile infatti cedere quello che si considera proprio, e anche con le migliori intenzioni, come si suol dire, l ospite come il pesce, dopo tre giorni puzza. Ci vuole ben altro che una semplice buona disposizione d animo per accettare che qualcuno possa stare nel nostro spazio privato, necessario cio che diventi almeno in parte suo, che insomma in qualche modo se lo conquisti. La sessualit richiede infatti una vicinanza che non conciliabile con la privatezza del territorio, e se non si potesse ricorrere all aggressivit, con la quale si pu appunto conquistare un partner e conseguire, quindi, libero accesso al suo territorio, le persone non avrebbero, agli effetti pratici, grandi possibilit di vivere delle relazioni sessual- sentimentali. Le modalit della conquista, anche se contingentemente molto diverse, hanno, in realt, una struttura simile, dalla quale si pu intuire il pattern territoriale sottostante: i miti e le fiabe sono di grande aiuto per capire meglio la significativit delle interazioni. Due favole tracciano trasparentemente i cammini principali su cui si muove il corteggiamento dal punto di vista del territorio: Cenerentola e il Principe Azzurro, e La Principessa che bacia il Ranocchio. La prima favola racconta come, guardando dal punto di vista di Cenerentola, il Principe la salva da una famiglia che la umilia e la calpesta:279 si tratta quindi di una conquista che per l interessata diventa una liberazione: attraverso questo atto cambia di stato sociale, e da ultima delle servette diventa la padrona di casa. In realt fortemente percettibile in questo mito l eco di un antica tradizione, tutt ora in voga in certe parti del mondo: si tratta dell usanza del rapimento, che in certe popolazioni addirittura un rituale obbligatorio per il matrimonio. La sua provenienza culturale trasparentemente la consuetudine di rapire le donne alle trib nemiche, e questa favola si potrebbe quindi considerare, in definitiva, la rappresentazione di un esogamia violenta ritualizzata.280 Nella storia il Principe ha perso le connotazioni cruente ma non ha perso le stigmate della sua essenza, cio il

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maggiore livello di potere rispetto alla famiglia di lei, e il cavallo, che se simbolicamente assolve di certo varie altre funzioni, sembra peraltro portare ancora gli echi delle scorrerie delle trib confinanti: se cambiata la forma della conquista, la sostanza dell atto non cambiata, dunque, sul piano concettuale. Il successo incondizionato che l immagine del Principe Azzurro riscuote sempre fra le donne di ogni et e di ogni cultura, indica chiaramente l importanza nella vita sentimentale dell attivarsi di questo archetipo, e mette in chiaro il ruolo centrale dell aggresivit in questa interazione: l uomo, infatti, deve essere forte, anche se rispettoso, capace di proporsi senza chiedere permessi e soprattutto capace di sopportare rimproveri e accuse senza offendersi e senza desistere dalle sue intenzioni, solo cambiando forme e tempi del corteggiamento in modo da adeguarsi alle esigenze della persona che sta cercando di conquistare.281 A questo proposito, c anche da fare qualche considerazione dal punto di vista sociologico: nelle culture arcaiche, quasi senza eccezioni se non al limite del mito, l attivit guerriera era svolta dagli uomini. L aggressivit in questo modo veniva a significare anche capacit di conquistare territori e beni per la propria famiglia e capacit di difenderla: una qualit, dunque, molto desiderabile per una donna che volesse essere rappresentata e difesa, tanto da farle dimenticare gli ovvi svantaggi di avere un coniuge violento, come si capisce dal famoso detto popolare mio marito non mi ama pi: non mi picchia pi. Nella favola della Principessa che bacia il Ranocchio,282 abbiamo invece un animale che viene elevato allo status di Principe. Il fattore territorialit in questa storia meno evidente, ma ugualmente importante: se il territorio per i maschi della specie umana stato per lungo tempo la terra in senso stretto (i nobili erano appunto possessori di terre), per le femmine era la rete di relazioni familiari e sociali tessute attraverso gli anni: farsi amare da qualcuno un modo di farsi largo nei territori del cuore e di legare a s una persona, trasformare orribili ranocchi in magnifici principi una vera e propria manifestazione di conquista, che richiede abbastanza potere da fare spazio nella propria vita e fra le proprie relazioni a un estraneo che non abbastanza forte, da farsi largo da solo. Bisogna, inoltre, tenere presente un altro fattore di importanza non secondaria: il potenziale erotico dell aggressivit. Il fattore erotismo una componente molto importante della vita sessuale: l esperienza del rapporto pu variare moltissimo di intensit, e una maggior intensit, cio un maggiore stimolo erotico, in genere motivo di apprezzamento. Ora, in realt l effetto erotico pu essere legato a innumerevoli fattori, diversi da persona a persona: molti di questi fattori sono, infatti, connessi agli eventi contingenti in cui la persona ha vissuto i primi stimoli sessuali, oppure a particolari configurazioni pi o meno idiosincratiche, in cui le vie del destino hanno portato alla cristallizazione delle sue dinamiche intrapsichiche. Ci sono per anche connotazioni erotiche diciamo cos oggettive, nel senso che sono significative in genere per tutti gli esseri umani, indipendentemente da razze o cultura. Una di queste per esempio il movimento: i balli di origine africana hanno conquistato culturalmente il mondo appunto per la loro estrema eroticit. Un altro fattore eroticamente oggettivo appunto l aggressivit: naturalmente si tratta di un argomento da affrontare con cautela, tanti sono i possibili fraintendimenti. L aggressivit infatti si colloca su un largo tratto che va dalla forza alla violenza, dalla capacit di autonomia alla mancanza di rispetto per l altro, dal coraggio al sadismo. Lo spostamento di registro dall una all altra sponda comporta una forte dose di soggettivit da parte delle persone implicate, e quindi non possibile fare delle differenziazioni categoriche che escludano possibili fraintendimenti: d altra parte non per questo bisogna rinunciare a riconoscere e descrivere fenomeni che il buon senso presenta continuamente agli occhi di tutti. La sessualit infatti , senza possibili alternative, un miscuglio e un incontro di attivit e passivit, il luogo, cio, dove contingentemente l attivit di un partner si incontra con la passivit dell altro e viceversa. La necessit erotica quella di poter vivere fino in fondo la posizione che si assume, e niente aiuta quanto il fatto che il partner viva a sua volta fino in fondo la posizione complementare: un aggressivit che il partner non senta lesiva dei suoi bisogni sar quindi un incentivo non secondario dal punto di vista erotico. Il problema naturalmente nasce quando la persona non sa distinguere, o non sa difendere i propri limiti, quando per esempio si fa travolgere da dinamiche sadomasochistiche, erotizzando dipendenze autodistruttive e lasciandosi tormentare dall aggressivit di un partner sadico: siccome per ben difficile stabilire dal di fuori la rilevanza che i fatti rivestono soggettivamente, salvo nei casi pi macroscopici, solo la persona in questione pu dire se si tratta di innocui incentivi erotici o di prevaricazioni dei suoi limiti.

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Strettamente connesso con il tema dell erotismo c quello della seduzione: mentre il corteggiamento ricalca schemi profondi che vanno al di l dell individuo stesso, la seduzione un processo pi o meno consapevole, e che deve essere appreso. La seduzione un modo di attirare a s l interlocutore, cio di far si che la sua attenzione e il suo interesse si destino. Messaggi chiave nel corteggiamento sono forza e rassicurazione: anche qui si tratter di mandare questi stessi messaggi, modulandoli e adattandoli alle antenne dello specifico interlocutore, fino ad ottenere il massimo effetto di richiamo. Se il corteggiamento orientato, soprattutto, alla fusione dei territori, bisogna invece considerare la seduzione come un processo centrato sullo scopo di stabilire e aumentare la tensione erotica fra due persone: la qualit pi importante per questo la capacit di sopportare l ansia che la tensione provoca, e infatti la capacit seduttiva e la passione per il gioco d azzardo si riscontrano spesso come caratteristiche nella stessa persona. Le tecniche della seduzione, che sono ovviamente infinite, hanno comunque in genere come schema principale il messaggio non mi interesso alle cose di cui hai paura che io mi interessi, mentre mi interesso a cose che ti piace che mi interessino, e quando l altra persona non ha pi paura che si interessi alle cose di cui sopra, sar lei, infine, ad offrirgliele. Si pu descrivere anche come un movimento di toccata e fuga: toccare per destare interesse e sparire quando l altro inizia a essere inquieto, in modo che l interesse possa alimentarsi dell assenza senza essere minato dalla paura. Nel rapporto sessualit- aggressivit si pu manifestare dunque uno squilibrio, sia per la presenza di componenti troppo aggressivi che per carenza di aggressivit. In non pochi casi vediamo nella coppia una chiusura da parte dei suoi membri, che sembrano disertare, sottraendosi al contatto e producendo un (pi o meno) reciproco rincorrersi. Ci si pu chiedere se queste mancanze di contatto siano funzionali a qualcosa, se, cio, un aspettativa catastrofica giace sullo sfondo.283 Ora, quello che avviene nell incontro che si produce una reazione emotiva, a cui l altro risponder con un altra reazione emotiva e via di seguito: si cerca di evitare il contatto con l emozione, propria o dell altro, e questo richiede considerazioni su come e perch non si tolleri un emozione. Le emozioni si manifestano con trasformazioni fisiologiche pi o meno evidenti, ed esperienza comune che nelle grandi tempeste emotive il corpo viene scosso e portato ai limiti della tolleranza fisica: sappiamo che di shock emotivo si pu addirittura morire. Da questo punto di vista l intolleranza a un emozione si configura come una vera e propria debolezza fisica, su cui ha un influenza determinante l esperienza: una persona che abbia represso per tutta la vita un emozione e quindi non sia allenata a sostenerla, facilmente pu sentirla come intollerabile, e pu non essere in grado di affrontarla. Se immaginiamo, dunque, una persona che abbia difficolt a gestire livelli emozionali molto energetici, possiamo capire come tutti i suoi automatismi psichici tendono a preservarlo da questo rischio, bloccando qualunque tipo di spirale ascendente: l aggressivit , appunto, uno stato emozionale che si presta particolarmente a un escalation, il cui esito non facilmente prevedibile. A livello pi specificatamente intrapsichico c , inoltre, da considerare il problema della fragilit dei legami: da alcune persone l aggressivit sentita come un pericolo mortale perch i legami che hanno con l entourage non sono abbastanza solidi (in realt o in fantasia) da sopravvivere a uno scontro veramente duro. Che si tratti di proiezioni dei propri legami familiari, magari oggettivamente fragili, su legami in realt molto pi solidi, o che si tratti di inesperienza o di eccesso di prudenza, per queste persone, comunque, i comportamenti aggressivi sono da evitare il pi possibile, con il risultato che, in linea di massima, le situazioni si caricano sempre pi di aggressivit e questa, a sua volta, sempre pi temuta e repressa. Ora, da una parte bisogna considerare che reprimere ha una sua dolorosit intrinseca, di cui bisogna seriamente preoccuparsi, se non altro perch innesca, appunto, queste spirali senza fine, che oltre a produrre malessere disperdono grandi quantit di energie. Oltre a questo, la repressione di un istanza comporta la perdita di un vero e proprio strumento a livello psichico: per questo, fra gli esseri umani il corteggiamento assume un importanza ulteriore. I rapporti di coppia infatti, sono in genere, abbastanza estesi nel tempo da aver modo di far emergere prima o poi conflitti e frustrazioni latenti: la capacit di amministrare il proprio territorio e di saperlo difendere all occorrenza anche dal partner importantissima per la vita della coppia. Non c solo il problema che senza corteggiamento non si conquista un

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partner, ma a ci si aggiunge che, se non lo si ottiene attraverso il normale canale della conquista, qualunque altro modo lascia nella persona dubbi e insicurezze sulla solidit del rapporto di fronte a possibili pressioni emotive. La repressione dell aggressivit che ne consegue diventa alla lunga letale per il rapporto. Da una parte insomma la vita sessuale richiede partners, e per incontrarli bisogna spingersi fino ad assumere comportamenti apertamente attraenti, con tutta la competizione che questo comporta da parte degli altri, e quindi il rischio di scontri; oltre a questo, l attrazione comporta legame, e mettersi in un rapporto comporta mettersi in un avventura che richiede la capacit di affrontare e risolvere i problemi relativi a un territorio in comune. Possiamo considerare ora altri riflessi dell aggressivit sulla sessualit all interno di un rapporto: il fatto che l aggressivit sia indispensabile alla vita sessuale non significa infatti che qualunque livello di aggressivit sia funzionale, n sul piano della conquista n su quello della difesa. Se, infatti, una persona si difende troppo e non permette mai agli altri di avvicinarsi abbastanza, si impedisce di avere una vita sessuale. Altrettanto ostacolante, anche se in modo meno evidente, un comportamento talmente aggressivo da prevaricare il partner, il quale lascia la persona nel livello autistico dell esperienza, deprivandola degli stimoli che un partner non prevaricato fornirebbe nel rapporto. Il registro su cui l aggressivit deve essere tarata in campo sessuale spazia, dunque, fra la capacit di avvicinarsi all altra persona e di farsi conoscere, e il rispetto (in mancanza di meglio) delle specificit del partner, senza il quale sembrerebbe pi realistico parlare di autoerotismo che di rapporto sessuale. Nella coppia il legame affettivo evidentemente quello che permette alle due persone di fidarsi reciprocamente e quindi di aprirsi, di esporre cio le aree psichiche intime (e quelle sessuali sono in genere fra le pi vulnerabili), senza mettersi in pericolo. D altra parte appare chiaro che, sia la disponibilit a esporsi sia l aggressivit di una persona, variano secondo le circostanze, e al momento in cui si determina nella coppia una qualche frizione, si ha una flessione momentanea dell apertura. In caso di aggressivit cronica, si capisce bene come si possano determinare chiusure altrettanto croniche, le quali trasformano il contatto in qualcosa di sgradevole: quando infatti l organismo impegnato nella difesa o nell attacco, ogni contatto potenzialmente pericoloso e quindi non piacevole. Questo vale anche dal punto di vista strettamente fisico e, infatti, il contatto con la muscolatura tesa non granch piacevole sul piano sensuale: in questa maniera viene, dunque, a mancare il supporto della sensualit, che pur sempre il grande mare da cui si levano alte le onde della sessualit e in cui, alla fine, vanno a ricadere. Sensualit e affetto sono componenti fondamentali del rapporto umano, che sostrato imprescindibile del rapporto sessuale. Quando, dunque, non riuscendo a raggiungere l apice, e quindi la remissione, a causa di inibizioni varie, l aggressivit diventa cronica, il clima del rapporto si tinge di inquietudine, e quelle interazioni, che, normalmente, non generano attrito perch vengono lubrificate dalla reciproca benevolenza, diventano piano piano occasioni di conflitti che, caricatisi di vari altri possibili elementi, possono via via disturbare seriamente il rapporto. Questo pu avvenire malgrado la migliore buona volont da parte della persona, che, magari, sta reprimendo un aggressivit che non sottoscrive: per tenerla sotto controllo, infatti, deve isolare una parte di s, sottraendola al contatto con l altro. Questa operazione pu essere fatta in modo pi o meno manifesto, ma molto difficilmente il partner non se ne render conto, e anche nel caso che sia stata eseguita con la pi grande capacit di occultamento, rimarr sempre la percezione a livello inconscio, che pur non potendo esprimersi con aperte recriminazioni, sar comunque terreno per la produzione di sintomi compensatori. Insomma, il partner defraudato di una parte del proprio coniuge ha facilmente modo di proiettare in questa situazione tutte le sue insicurezze, e sia che possa attribuire apertamente la responsabilit all altro oppure no, entrer, direttamente attraverso recriminazioni o indirettamente attraverso sintomi, in uno stato di risentimento che, vissuto come una punizione dal coniuge gi impaurito della propria aggressivit, produrr ancora pi paura e chiusura, instaurando una spirale di tensione e di allontanamento nella coppia. Quell aggressivit che paura mascherata (secondo il vecchio detto la miglior difesa l attacco), porta a non prendere neanche in considerazione la possibilit di un rapporto molto ravvicinato, in quanto una situazione pacifica gi un grande ottenimento. Una situazione del genere, anche nel caso che non provochi un diretto ritirarsi difensivo del partner, sar comunque probabilmente una delusione per il naufragare di tutti i tentativi di

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avvicinamento e, di conseguenza, un progressivo disinvestimento energetico nel rapporto. Da questo punto di vista sembra, insomma, che buona parte dei cosiddetti problemi sessuali possano essere considerati piuttosto problemi di gestione dell istanza territoriale, e come tali vadano affrontati nella pratica psicoterapeutica.

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5 Tecnica della psicoterapia 5 a. La psicoterapia della Gestalt, lo zero e il vuoto La storia dello zero piuttosto sorprendente.284 Lo zero arriva in Europa molto tardi, addirittura nel tredicesimo secolo. difficile immaginare che un concetto, per noi cos normale, sia stato introdotto solo nel 1200, ma evidentemente prima si facevano i conti senza lo zero. Il concetto di zero trov addirittura una fortissima opposizione da parte della Chiesa: all epoca il pensiero aristotelico era indiscutibile, e Aristotele era stato uno strenuo oppositore dell esistenza del vuoto. Il pensiero aristotelico, infatti, empirico, e da un punto di vista dell esperienza lo zero non esiste: essendo non esistenza, quindi non esperibilit. Prima dello zero sono in uso i numeri negativi, come indicatori della presenza di debiti:285 dato che lo zero un astrazione, pu trovare supporto solo attraverso un pensiero come quello platonico, che afferma l esistenza delle idee, cio di realt per definizione non esperibili. Ma lo zero c o non c , esiste o non esiste? un numero come gli altri oppure no? In realt, anche se, come numero, lo zero c , non si possono fare con esso calcoli e operazioni come con gli altri numeri, dato che non si pu dividere per zero: infatti la riprova delle divisioni la moltiplicazione, e nessun numero moltiplicato per zero pu dare un altro numero. Esempio: 9 : 3 = 3 riprova: 3 x 3 = 9 9 : zero = ? riprova: bisognerebbe trovare un numero che, moltiplicato per zero, dia 9, e questo non esiste, perch qualunque numero moltiplicato per zero d zero. Quindi se lo zero un numero, non come tutti gli altri: si potrebbe dire che un numero immaginario, se nel linguaggio matematico per numero immaginario286 non si intendesse normalmente la radice quadrata di 1. Anche lo zero comunque, in un certo senso, un numero immaginario, dato che non pu partecipare a tutte le operazioni. un numero che serve solo in certe operazioni molto astratte, cio uno strumento della logica: la logica usa strani strumenti, anche strumenti che non esistono, eppure servono. Questo strumentario, inesistente ma utile, non serve solo alla matematica ma anche ad altro. Per esempio, oltre ai banchieri, lo zero stato molto utile anche ai pittori e agli architetti del Rinascimento per la costruzione della prospettiva, che oggi assolutamente ovvia ma che all epoca era sconosciuta. La prospettiva nasce con lo zero: all infinito infatti si riduce a un punto con zero dimensioni. Nei disegni prospettici, le linee dei piani degli edifici convergono verso lo stesso punto, che allo stesso tempo lo zero e l infinito. Lo zero lo strumento che permette il grande rinnovamento dell architettura e della pittura del Rinascimento. Nella filosofia entra solo dove il pensiero smette di spiegare: finch il pensiero spiega non c spazio per lo zero e tutto pieno di spiegazioni. Quando Kierkegaard afferma: La vita non una domanda che aspetta una risposta ma un esperienza che aspetta di essere vissuta, l lo zero ci precipita dentro: se la vita un esperienza e non una domanda ci sono tanti angoli bui, parti sconosciute, con un livello zero di coscienza. Il pensiero dell800 un pensiero di pieno in cui piano piano, da Kierkegaard a Schopenhauer a Nietzsche, si fa largo il vuoto, per arrivare poi al 900, quando l esistenzialismo si afferma apertamente. L esistenzialismo non un tessuto che copre tutto l orizzonte, non un pensiero di soli pieni: ha pieni e vuoti, dove i pieni acquistano un senso dentro i vuoti, dentro le prospettive. Prospettiva riconoscere che gli occhi vedono limitatamente al punto da cui guardano, e che vedono il movimento perch il vedere non una operazione astratta, ma uno strumento che si evoluto all interno degli organismi in relazione alla loro sopravvivenza: per sopravvivere si devono muovere, e il vedere implica il riconoscimento del movimento e della sua gestibilit. La prospettiva una visione relativa che riconosce la sua relativit e la funzione della sua relativit, cio la sopravvivenza. una conoscenza del mondo che non si crede assoluta, ma consapevolmente limitata e relazionata al sopravvivere.

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Fra una visione assoluta e una prospettica c la stessa differenza che si ha passando, per esempio, da una visione geocentrica ad una visione eliocentrica, dove la terra un pezzetto di pieno in mezzo a un immenso vuoto. La prospettiva implica, dunque, movimento, e implica prospettiva e movimento quella considerazione287 secondo la quale il problema per un essere vivente non essere, ma esistere, cio essere nel tempo: per ci non importa quel che si , ma cosa si fa di quel che si . Ci sono sistemi di pensiero che implicano lo zero, mentre altri non lo implicano. I sistemi che non lo implicano sono un po'"ingenui, ma quelli che fanno dello zero una certezza assoluta, paradossalmente, sono ancora pi ingenui. Quelli che credono che il mondo reale sono come le vacche, ma quelli che credono che il mondo non reale sono anche peggio: Nagarjuna, uno degli organizzatori del pensiero buddista classico, affermava che niente , perch qualunque cosa col tempo cambia.288 Ad esempio un fiore prima fiore, poi appassisce e muore, si trasforma in terra e non pi fiore. L essere non c , perch tutto diventa qualcos altro. C , invece, l esistere, cio il mondo nel tempo e nello spazio, e lentamente si trasforma (quindi, in un certo senso, non ). Ma dire che non reale assurdo: impossibile dirlo quando un sasso ti cade sul piede! Lo zero un concetto, non una realt concreta, ma un concetto importantissimo per spiegare l esistenza: senza lo zero sarebbe difficile spiegare la trasformazione, che caratteristica imprescindibile dell esistere. Torniamo all esempio del fiore. Un fiore prima un fiore, ma poi si secca e si trasforma in spazzatura: come avviene la trasformazione? Attraverso l azzeramento graduale e parziale del suo essere. Quell equilibrio dinamico, che il fiore, tende a disfarsi a causa dell entropia,289 mentre l organizzazione biologica prima, e quella della materia poi, spingono in senso contrario e producono sempre nuove forme, con il risultato di ci che poi si chiama trasformazione. Lo zero non c mai davvero, eppure sempre presente come punto di tendenza. Anche se non esiste, implicito in ogni trasformazione: per usarlo correttamente va per messo e poi tolto dall operazione. In realt attraverso l uso dello zero che nella pratica psicoterapeutica l esperienza si articola con il pensiero. Si tratta di una operazione che permette di esplorare aree psichiche difficilmente raggiungibili altrimenti, ed una base fondamentale della tecnica della psicoterapia della Gestalt: pu accadere, per esempio, che in una seduta si chieda alla persona cosa sente, e che la persona risponda niente. Se si usa lo zero nei propri processi mentali questo niente non un niente ma qualcosa, rappresentato dal numero zero; se qualcosa (anche se si chiama zero) allora si pu chiedere di che colore questo niente? Ti simpatico? Quanto alto questo niente? ecc. A questo punto non si ha pi solo un nulla, ma magari un nulla rosso, simpatico e alto 3 metri... Ora lo zero si dimentica e ci che resta quel qualcosa alto 3 metri, rosso e simpatico. Nell esempio lo zero ha permesso di far esistere qualcosa che prima non esisteva, di entrare in rapporto con qualcosa che prima risultava inavvicinabile: l intervento avrebbe dovuto fermarsi al niente detto dal paziente, mentre con l uso dello zero pu andare avanti. Nella pratica clinica usare o non usare lo zero implica delle forti differenze. Quando un paziente afferma di non sentire niente, resta solo l opzione di attribuirgi l opera di un meccanismo di difesa. Se, invece, attraverso il supporto concettuale dello zero si attribuiscono caratteristiche a questo niente, il risultato che si ottiene crea un enorme differenza per l elaborazione dell esperienza del paziente: l uso dello zero, in questo caso, permette di non dover interpretare il suo comportamento, e incidentalmente di non criticarlo. A proposito di questo c un altra considerazione da aggiungere. Molti psicologi usano l interpretazione come se avesse valore teraputico assoluto: Winnicott sosteneva invece che questa serve solo per dare significato alle cose che si ripetono.290 Da questo punto di vista un terapeuta, quindi, non tenuto a interpretare tutto in un paziente, ma solo ci che si ripete: in caso contrario si vanifica il senso stesso dell interpretazione, la quale dovrebbe servire a sciogliere le coazioni, i comportamenti che restano uguali a se stessi malgrado il variare delle situazioni. Non serve interpretare qualunque cosa perch, escluso ci che si ripete, che meccanismo, il resto esperienza, vita, una realt cio che fortunatamente non richiede l abolizione del caso per poter essere compresa. Il caso appunto il livello zero del significato, il terreno dove fioriscono occasionalmente significato e senso. Ma se la vita non la si interpreta bisogna trovare allora altre vie di trasformazione, e lo zero appunto l anima della prospettiva. di grande importanza anche come riparo alla paranoia dell interpretazione, che interpreta le interpretazioni delle

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interpretazioni: lo zero permette di immaginare un mondo a macchie di presenze e assenze, qui c qualcosa, qui non c niente. Lo zero ci che permette al caso di esistere: il caso infatti il livello zero di significato, e porta una visione del mondo che lascia spazi di manovra fra la presenza e l assenza, dove cio possono esserci o non esserci relazioni fra persone o cose, concrete e astratte che siano. quello che permette ogni movimento, perch ad es. ci muoviamo fisicamente in un vuoto riempito di aria, e ci si pu muovere solo perch l aria si sposta e cos si occupa il vuoto che ha lasciato. L aria un riempimento morbido del vuoto: ci si pu muovere, appunto, perch potenzialmente c il vuoto. Mentre l inconscio freudiano tende a una significativit totalizzante, negli approcci fenomenologici esistenziali che si fondano sul pensiero di Brentano, l inconscio non si concepisce strutturato a tessuto fitto, n come una coscienza inconscia, ma piuttosto un luogo di pieni e vuoti, non coeso internamente: non si considera insomma come una subpersonalit oscura che trama dall ombra. In questa ottica non tutto risulta significativo nell esperienza umana, n dotato di senso. Senso e significato vanno a macchie e il vuoto d respiro: letteralmente si pu respirare perch si vuotano i polmoni e poi li si riempie. Le persone sono convinte, spesso, di dover diventare diverse da ci che sono, di essere sostanzialmente sbagliate e dover diventare giuste, e molti consumano inutilmente anni nel perseguire questo scopo. In realt il buon senso mostra come le persone sono quel che sono e non possono cambiare quel che sono: possono invece cambiare ci che fanno e fare infinite cose diverse. Se cambiare l essere impossibile, allora l improbabile (anche se molto difficile) diventa la strada praticabile:291 questo propone il pensiero esistenzialista, che usa lo zero come lo usano gli architetti, per creare la prospettiva. Per avere una prospettiva, una storia deve andare verso l infinito, e ci deve andare allo stesso tempo che va verso lo zero, cio verso la sua fine. Ci sono storie affascinanti e altre no, e le seconde in genere non lo sono proprio perch mancano di prospettiva: le prime hanno una dinamica, danno la sensazione di andare verso.... Una storia una serie di avvenimenti poggiati sul senso delle cose, sui bisogni, sulle emozioni... Dove si apre la prospettiva? Si apre se la storia supera se stessa, nel caso che, dopo la sua fine, la storia non ricominci daccapo. conclusa, portata a zero, ed allora che si apre verso infinite altre possibilit. Si apre, cio, verso l infinito, quando arrivati in fondo niente pi come prima: una storia trascende se stessa quanto la sua fine vanifica tutta l esperienza, paradossalmente senza per vanificarla. Per esempio, la storia di Biancaneve si conclude con vissero felici e contenti: qui la storia supera se stessa, perch anche se i due si lasciassero o uno morisse, quell amore ormai avvenuto, ha avuto senso e niente sar pi come prima. Il loro amore non sar pi quell illusione che era, perch ora si concretizzato e inizia un altra storia. Oppure guardiamo l Odissea. Gli eventi che hanno costruito la storia, si vanificano nel momento in cui Ulisse di nuovo a Itaca: qui tutte le sue avventure passate smettono di avere importanza, si vanificano emozionalmente, sono solo il ponte che ha portato al presente. Il punto zero della storia il ritornare di Ulisse a casa, al punto di partenza, a una pacifica vita quotidiana dove svanisce l illusione che tutto ci che ha passato sia importante. Allo stesso tempo la sua avventura resta importantissima nel ricordo, e come occasione in cui pollon d antropon iden astea kai noon egno.292 Una storia ha una prospettiva se si scopre che non aveva importanza ma che allo stesso tempo ne valsa la pena, affascinante quando trascende se stessa, quando vanifica ci che successo e i protagonisti, nell averla vissuta scoprono qualcosa che trascende le sue premesse: nel caso di Ulisse l aver conosciuto molte genti e le loro citt. Uno scopo fondamentale della psicoterapia della Gestalt appunto, aiutare i pazienti a vivere storie che trascendono se stesse, a dare insomma una dimensione prospettica alla loro vita, in modo che si portino dietro la sensazione che valsa la pena viverla. Il fatto che zero e infinito coincidano un paradosso, e il problema che l essere umano normalmente resiste al paradosso: vorrebbe che le cose fossero ben definite, non ama che siano reali e irreali allo stesso tempo. Una particolarit nella pratica psicoterapeutica che l aiuto psicologico risulta particolarmente funzionale quando si accetta che ci che dicono i pazienti importantissimo e contemporaneamente senza nessuna importanza. Se

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si pensa solamente che ci che dicono non abbia importanza, si perde il contatto, ma se si pensa solo che sia importantissimo accade la stessa cosa. Bisogna riuscire a stare sul punto di confine: la prospettiva si apre quando ci che la persona dice lo si considera s importante, ma viene visto come in via di vanificazione, altrimenti si rischia di reificare il disagio e di patologizzare la situazione. Quando si accetta di dare a una persona un aiuto psicoterapeutico, bisogna cercare di vedere prospettive che la persona non vede da sola: quando sente di avere tutte le strade chiuse, se non si riesce a vedere le prospettive che si aprono dietro quelle strade che sembrano chiuse, non si pu aiutare. Le prospettive non sono risposte, sono una proiezione nel futuro, e questo significa: da qui al futuro, e non: il futuro senza qui. Prescindere dal presente non sarebbe una proiezione nel futuro, ma uno spostamento nel futuro. La proiezione nel futuro : faccio questa azione con questo scopo. Nella psicoterapia della Gestalt essenziale la visuale prospettica, vedere cio la persona in prospettiva e aiutarla a vedersi in questo modo. Vedersi in prospettiva vedersi dinamicamente, cio orientati verso scopi, perch la prospettiva un illusione di movimento e il movimento richiede intenzione. Se non si ha almeno un illusione di moto, non si ha accesso al moto: l essere umano non si mette in moto se non ha una prospettiva, e deve essere una prospettiva vitale. Solo allora si muove e la sua energia lo sostiene. La prospettiva illusoria, piena di variabili, ed allo stesso tempo assolutamente reale. Quando si guarda l, quel l esiste e non esiste: esiste perch la relazione contingente dei propri occhi con il mondo, non esiste perch si pu cambiare la direzione degli occhi in qualunque momento. Permette di muoversi: non che provoca il movimento, ma lo permette dandogli un orizzonte. importantissimo insomma in un ottica clinica imparare a vedere le prospettive, che peraltro non stanno nelle cose del mondo, ma proprio negli occhi di chi guarda. Per guardare in maniera prospettiva sono essenziali lo zero e l infinito. Questi concetti, essendo incontrollabili sono ansiogeni: per evitare in genere l ansia si preferisce chiudere le proprie storie in uno spazio senza prospettiva, perch questo sembra dare pi sicurezza. Pensare includendo lo zero porta fuori dai limiti della quotidianit, da quello che si crede normalmente che esista, da quello che si pensa essere il mondo: porta in un punto dove ognuno diventa artefice della sua storia. Questo un luogo difficile, che richiede una presa di responsabilit, ma significa anche una concreta possibilit di libert..., non libert di fare tutto quello che si vuole, ma di provare ad andare per la propria strada! La libert di una persona quella di fare qualcosa di valore di ci che le capita per destino. Il libro di Alice293 per esempio, stato scritto da una bambina malata gravemente: nella sua breve vita stata piena di allegria e comunicava gioia a amici e familiari. Questo riuscita a fare della sua disgrazia: essere comunque felice e cercare di rendere felici le persone intorno. Ognuno pu amministrare ci che gli capita in infiniti modi: alcuni di niente fanno un tesoro, altri invece di molto fanno una maledizione. Ora, lo zero nemico giurato dell affermazione che niente per caso, un affermazione dove esiste solo il pieno e non il vuoto. Ma se non esistesse il caso si dovrebbe cercare un significato per tutto, e si scivolerebbe quindi nel delirio di riferimento, cio nell interpretazione dell interpretazione. Se invece accettiamo la presenza dello zero, compare un vasto spazio che non significa niente, e se c questo vuoto, quest assenza di significato e di senso, allora le storie possono avere una prospettiva, possono muoversi nell infinito in direzioni imprevedibili: altrimenti sono murate dentro il significato e il senso che d loro il destino, e tutto quello che si pu fare solo interpretarle. Se esiste lo zero, il caso, una storia si struttura all interno del caos, la forma si appoggia sull informe, sul caso: la cosa che ha senso si appoggia su ci che non ha senso, e senso e non senso, significato e non significato, possono coesistere senza elidersi a vicenda. Un problema dunque che le storie sono vive solo se hanno una prospettiva, cio se, vivendole, piano piano possiamo trascenderle. Possiamo dunque essere d aiuto ai nostri pazienti solo se riusciamo a vedere una possibilit di trascendenza nelle loro storie, cio solo se in qualche modo, ai nostri occhi si aprono verso l infinito. L infinito, come lo zero, una dimensione astratta. L astrazione spesso viene confusa con la spiritualit, ma non c entra davvero niente. L astratto una realt funzionale: i concetti (anche quello di astrazione) esistono (sul piano astratto), ma sono un prodotto degli esseri umani, che li hanno costruiti per una funzione. L astratto non il piano dell esperienza concreta, ma non neanche il piano spirituale: il mondo platonico delle idee, dei concetti. Per

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molti secoli si pensato che i concetti, essendo pi perfetti della realt concreta, fossero migliori, trascendenti: in realt il concettuale coincide con il linguaggio descrittivo. Quando si cerca di essere precisi spiegando e descrivendo la propria esperienza, pi ci si sforza e meno si riesce a farsi capire: i concetti non hanno vita propria, ma servono semplicemente come rimandi, e sul piano esperienziale sono assolutamente approssimativi. Evocare invece strettamente congruo alla prospettiva: la funzione della prospettiva sempre evocare, e serve al senso della vita o pi semplicemente al senso della storia: la storia diventa pi sensata se ha svariate prospettive. Se lo zero un astrazione, il vuoto invece una concretezza, nel senso che si pu costruire e sperimentare: Torricelli invent il barometro considerando l esistenza del vuoto un fatto reale, per esempio ormai di uso comune la tecnica per conservare i cibi sotto vuoto. Come metafora poi ben conosciuta nell esperienza psichica: ho la mente vuota, non mi viene niente da dire, ecc.. Il vuoto necessario per qualunque processo creativo: senza uno spazio libero non c e posto per niente di nuovo, e il vuoto (fertile), come lo zero, uno strumento essenziale per la tecnica della psicoterapia della Gestalt. 5 b. Il problema del contatto nella tecnica della psicoterapia della Gestalt: sedia vuota olismo e vipassana. Per contatto nella psicoterapia della Gestalt si intende una situazione di scambio: si dice che si in contatto con qualcuno o con qualcosa quando fra i due poli in questione succede qualcosa. Nella Gestalt a orientamento funzionalista, sul piano teorico il concetto di contatto non viene ulteriormente esplicitato: il funzionamento ha contemporaneamente significato e senso, e la parola contatto allude senza specificare.294 Nell orientamento fenomenologico esistenziale invece, si pone necessariamente la domanda su che cos il contatto, che significato e che senso ha. Certo, l implicito fondamentale della parola contatto comunque il fatto che permette qualcosa: per esempio quando un interruttore fa contatto pu passare la corrente, quando la sigaretta entra in contatto con la fiamma si pu accendere, ecc. Se per trasportiamo la faccenda sul piano psichico, le cose si complicano: con entrare in contatto ci si riferisce a cosa? Che si intende dicendo che una persona entra in contatto con un altra? Toccare fisicamente un esempio sufficiente di entrare in contatto? E se non c contatto fisico, cos che entra in contatto? Dire che la frontiera dellio che entra in contatto non una risposta molto soddisfacente, dato che si tratta di un concetto molto astratto. I concetti si chiarisono quando si connettono con la teoria della conoscenza che sottendono: in un ottica costruttivista si pu considerare contatto come equivalente a co- costruzione: se due persone co- costruiscono qualcosa sono in contatto, altrimenti no. In questo senso essere in contatto significa operare scambi in maniera tale da poterne riscontrare funzionalmente le tracce. In un ottica fenomenologica si pu dire che l essere in contatto corrisponda al costituirsi del senso. Due persone sono in contatto quando la situazione acquista senso per loro, quando cio si costituisce una Gestalt di cui fanno parte entrambe con le loro specifiche intenzioni, un insieme di cui si avverte la presenza e che non pu esistere senza entrambi. Nella psicoterapia della Gestalt a orientamento costruttivista e fenomenologico esistenziale, contatto una cocostruzione che ha senso, cio che percettibile sensorialmente oltre che pensabile concettualmente. Ci sono vari livelli di senso naturalmente, e cos ci sono vari livelli di contatto, e se pragmaticamente si possono mettere tutti nel contenitore della stessa parola, in sostanza si tratta di cose diverse. Ci sono infatti contatti irrilevanti e contatti fondamentali: la differenza consiste in quello che si scambia nel contatto, nel senso che questo ha e nelle conseguenti implicazioni esistenziali, consiste cio nella qualit dell interazione. Contatto nella psicoterapia della Gestalt a orientamento fenomenologico esistenziale implica qualit: agli effetti pratici per contatto si intende uno scambio dotato di senso e qualit, uno scambio cio che riveste valore per la vita delle persone, e non valore in senso semplicemente quantitativo o astratto, ma in senso esperienziale. Uno scambio fra le intenzioni dei partecipanti. Ora, se l ottica pragmatica mette in primo luogo l attenzione su come avvicinare i due poli in gioco, per quella

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trascendentale, orientata appunto alla qualit, particolarmente funzionale pensare in termini di distanza. Contatto infatti significa sufficiente vicinanza perch qualcosa succeda, ma allo stesso tempo sufficiente distanza perch qualcosa di consistente possa accadere. Per amare qualcuno bisogna stargli vicino, ma allo stesso tempo abbastanza lontano da poterlo vedere, altrimenti si tratta di semplice simbiosi, che tutta unaltra cosa. Una distanza sufficiente, una distanza abitabile: abitare la distanza295 una metafora che aiuta particolarmente a mettere l attenzione su quello che avviene fra i due poli. Un esempio evidente di abitare la distanza il ballo: due persone fanno qualcosa insieme nello stesso spazio e hanno bisogno l una dell altra per farlo. Il ballo una metafora densa del contatto fra due persone: la parola non descrive solamente l azione che viene fatta, ma evoca contemporaneamente un mondo intero di senso, di potenzialit. Contatto dunque distanza abitata: ma quanta distanza richiede l abitabilit? Un concetto fondamentale nella psicoterapia della Gestalt quello di confluenza: indica una interruzione esperienzialmente riconoscibile del contatto, che viene operata con la troppa vicinanza. Da qui risulta evidente come per essere in contatto bisogna essere perlomeno abbastanza distanti da essere due individui separati, con il loro specifico sentire. E non solo esserlo, ma anche volerlo essere: contatto apprezzare le differenze si dice nella Gestalt. La confluenza interruzione del contatto per troppa vicinanza, nel senso che non resta abbastanza spazio perch si possa riconoscere l intenzione dell interlocutore e si possa quindi ballare insieme: per farlo il minimo indispensabile infatti che le due persone siano e si rendano conto di essere separate e autonome nelle intenzioni e nei movimenti. Da l in poi la distanza (e la vicinanza) necessaria relativa allampiezza di quello che si vuole realizzare, ed evidentemente improbabile immaginare una regola, se non quella dellovvio: se non succede niente, o le persone non sono interessate al contatto, o la distanza sbagliata. Quanto alla vicinanza necessaria, introiezione, deflessione, retroflessione e proiezione sono invece interruzioni per distanza: l altro troppo lontano perch si possa fare qualcosa insieme.296 Con queste difese in atto, o per troppa vicinanza o per troppa lontananza l altro non dialetizzabile, cio non pu prendere parte a un processo di sintesi: dire che la pratica gestaltica gira intorno al contatto, significa che la tecnica della psicoterapia della Gestalt funziona elicitando una distanza abitabile e l operazione di abitarla. La sedia vuota lo strumento specifico per tutto questo: metaforizza infatti i due poli e supporta l abitare lo spazio in mezzo. Per abitare la distanza bisogna fare qualcosa, cio comportarsi, e sono allora necessarie alcune considerazioni sul tema dei comportamenti. Da un punto di vista biologico i comportamenti sono sintesi di piccoli movimenti geneticamente ereditati, i quali di per s stanno sotto il limen dell efficienza indirizzata a uno scopo. Le sintesi invece fanno capo alla conoscenza del mondo: la forma con cui si realizza l efficienza non prestabilita, ed culturalmente impregnata di tutte le specifiche esperienze del soggetto, delle percezioni, dei feedback, anche delle semplici informazioni di cui dispone. Un comportamento pu essere aggraziato, grezzo, approssimativo, preciso, molto efficace, poco efficace, straordinario, brutale e cos via: tutte queste caratteristiche sono la specifica costruzione delle persone stesse, pur poggiando evidentemente anche su specificit e inclinazioni ereditate. Le unit comportamentali si aggregano a loro volta in insiemi pi vasti, gli atteggiamenti, che li modulano secondo i bisogni che lo scorrere del tempo impone alla persona. Ora, ogni comportamento un equilibrio dinamico fra il suo contenuto e la sua forma: un equilibrio che non il solo possibile, e se si riesce a scendere sotto l apparente compattezza del comportamento fino alle polarit che sottende si possono ricreare infinite altre unit comportamentali. Questo quello che avviene nella sedia vuota: si scende dal comportamento problematico alle polarit sottostanti e si cerca una nuova composizione, pi soddisfacente per la persona.297 In ognuna delle due posizioni polari, la persona una persona, vale a dire con tutte le capacit, le incapacit, la forza, le debolezze, le fragilit che gli sono tipiche, e per entrare in contatto con l altro polo deve mettere insieme un atteggiamento che permetta lincontro.

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Un atteggiamento un invenzione e uno strumento: deve soddisfare i bisogni interni di chi lo adotta, e allo stesso tempo deve funzionare, cio svolgere una funzione con un esito soddisfacente, dentro la situazione relazionale. Essere in contatto avere un tipo di rapporto efficace, che abbia cio un qualche effetto sugli interlocutori. un rapporto che non lascia le cose come erano prima, un rapporto che interpreta le intenzioni degli interlocutori, gli d forma e vita. Sul piano politico questo richiede diplomazia, e si potrebbe dire che in genere necessario tenere un atteggiamento diplomatico se si vuole trattare con qualcuno, anche se si tratta di se stessi. Un possibile modello di lavoro con la sedia vuota il seguente: la seduta si svolge contemporaneamente su due piani differenti, uno creativo e uno organizzativo. a) Il piano creativo la percezione stessa: percepire infatti un operazione creativa, malgrado che a uno sguardo superficiale possa sembrare altrimenti. La percezione non meccanica, non cio metaforizzabile attraverso l immagine della macchina fotografica o del registratore: percepire significa restituire qualcosa in analogia con quello che arriva ai sensi, cio creare nel mondo esterno o almeno in quello interno, qualcosa che non c era prima. In un ottica olistica, si tratta inoltre di percepire la pregnanza, quello che pi della somma delle parti, e l intenzione dell interlocutore appunto questo: percepirla, implica in primo luogo immaginarla. La complessit di queste creazioni dipende evidentemente da molti fattori, che vanno dal livello di attenzione della persona, alla sua capacit di fare libere associazioni, e soprattutto alla sua abilit creativa. Dall attenzione dipende infatti la quantit degli stimoli ricevuti, dalla libera associazione la ricchezza della restituzione e dall abilit creativa la sua qualit. Sia l attenzione, sia soprattutto l associazione libera richiedono tempo: percepire non si pu fare frettolosamente, bisogna calarsi dentro l esperienza utilizzando il tempo necessario ed eventualmente chiedendolo, invitando cio l interlocutore a un ritmo pi lento di comunicazione. La libera associazione durante lascolto dellaltro richiede la cosiddetta attenzione fluttuante: si ascolta l altro e se stessi contemporaneamente, lasciando che il dentro e il fuori si incontrino e si sposino. un lavoro vero e proprio, una operazione cio a cui partecipa la coscienza e che ha bisogno di disciplina, non che si produca spontaneamente. L abilit creativa un mistero in gran parte insondabile: coltivarla permette comunque di espanderla, almeno entro certi limiti. b) Il piano organizzativo si potrebbe immaginare come guardare il paziente sullo sfondo di una carta geografica che descrive tre regioni, o fasi, attraverso cui il processo terapeutico si svolge. La prima fase (fase del maternage) va dall inizio della seduta, in qualunque forma si presenti, fino all evidenziamento di emozioni a cui la persona interessata, e della situazione che le hanno determinate: fino a che cio sia stato chiarito cosa successo d importante (qui e ora o l e allora), e che cosa ha sentito la persona. La seconda fase (fase della responsabilit) termina invece quando si sia appurato cosa sceglie la persona riguardo all intervento terapeutico, se cio vuole far evolvere lo stato d animo o la situazione che l ha determinato, o se vuole qualcosaltro di gestibile nella seduta. In parole povere si tratta dell interiorizzazione del conflitto, quando cio la persona si arrende a volere qualcosa da se stesso: quello che in termini kleiniani si chiamerebbe il passaggio dalla fase schizoparanoide a quella depressiva. La terza fase (fase dell esperienza) consiste infine nell organizzazione di una situazione dove la persona possa prendere una decisione che la porti avanti nella direzione del desiderio espresso, che la aiuti cio a trasformare il suo stato d animo o ad uscire da una situazione non soddisfacente, o a dare forma a una interazione finora non sperimentata. Il modo di strutturare l esperienza appunto la sedia vuota, dove viene fatto sedere l interlocutore fantasma con il quale la persona entra in dialogo, con quello che si potrebbe chiamare un distanziamento creativo: il compito del terapeuta (oltre a quello di stare a sua volta in contatto col paziente) a questo punto quello di supportare alternativamente i due interlocutori stando attento a che: 1) esprimano quello che sentono (non introiettino); 2) esprimano quello che vogliono uno dall altro (non deflettano);

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3) si ascoltino reciprocamente e si capiscano (non proiettino); 4) rispondano alla comunicazione dell altro (non retroflettano). Il dialogo va protratto a lungo, fino a che cio si determini un cambiamento psicofisico nella persona, la quale se ne dichiari soddisfatta.298 Contrariamente a quanto alcuni gestaltisti credono, i personaggi in questione non sono l per mettersi d accordo, o almeno, una volta messi d accordo sul gioco da giocare, sono l per giocare una serie tendenzialmente infinita di mani, il cui fine non una vittoria ma il giocare in s. Un gioco infinito299 insomma, o il circolo ermeneutico (che eun altro nome per la stessa cosa), quella circolazione di rimbalzi che non sono rimandi ma testimonianze di una partecipazione che si pu concludere solo momentaneamente, come si conclude un gioco quando si va a dormire, per svegliarsi poi a un nuovo giorno e a nuovi giochi. La sedia vuota insomma dichiaratamente luogo del circolo ermeneutico: interiorizzando il conflitto, mette in scena lo spazio abitabile e permette di vedere le operazioni che si svolgono in mezzo. Questa visibilit permette allo psicoterapeuta di intervenire richiamando l attenzione del paziente sul ballo che potrebbe (sempre che la persona lo voglia) avvenire. Ballare, giocare, o qualunque altra forma in cui il circolo ermeneutico si manifesti, richiede dunque distanza, spazio: spazio significa spazio vuoto, cio vuoto. Si danno almeno due tipi di vuoto, quello che annulla, il vuoto sterile, e quello che genera, il vuoto fertile. Il termine vuoto fertile Perls lo mutua da S. Friedlander, ma il concetto gia noto nel pensiero buddista, dove si indica con l espressione l unione del vuoto con la chiarezza, o l unione del vuoto con l amore. Il vuoto fertile, che nella cultura classica metaforizzato dalla cornucopia, un vuoto percorso appunto da un campo di forze che evoca continuamente e che allo stesso tempo struttura ci che evoca: nella pratica psicoterapeutica si manifesta al momento in cui il paziente non ha pi parole e cade nel silenzio. C un bell esempio letterario a questo proposito: il romanzo Il lamento di Portnoy, di P. Roth,300 un monologo che dura fino all ultima pagina, quando il protagonista dice che a quel punto non ha pi niente da dire. Le ultime due righe del libro sono queste: ecco, ora forse possiamo cominciare disse l analista. Il lavoro clinico incomincia realmente solo al momento in cui il paziente entra nel vuoto. Accompagnare il paziente nel vuoto relativamente facile: basta per esempio richiamare la sua attenzione sul vissuto degli interlocutori e immediatamente ci arriva, dato che si pu solo immaginare cosa passa nella mente degli altri, e per poter immaginare bisogna prima accorgersi che non si sa, cio entrare nel vuoto mentale. L altro lato del problema per la fertilit del vuoto. Il campo di forze che per eccellenza fertilizza il vuoto l intenzione della persona. L intenzione entra nel mondo della psicologia all inizio del 900 con F. Brentano e non ne esce pi, malgrado i molti tentativi di assassinarla commessi da svariate correnti di pensiero, sempre con lo scopo di togliere di mezzo una grave minaccia al potere della scienza, che basato soprattutto sulla capacit di prevedere i risultati degli esperimenti. Aiutare la persona a fertilizzare il vuoto non proprio facile: si tratta di richiamare lattenzione sulle sue intenzioni, cio su cosa vuole, e volere per gli adulti in qualche modo tab, l erba voglio non cresce nemmeno nel giardino del Re, dicevano in passato le madri ai figli per farli rinunciare a volere. Malgrado il lungo addestramento che le persone hanno a reprimere il proprio volere, questo resta comunque attivo, anche se nascosto nelle pieghe dellanima, elusivo alle ricerche della coscenza. Per trovarlo ci vuole unattenzione acuta: fertilizzare il vuoto in realt una pratica dell attenzione. per disciplinare lattenzione che nell addestramento alla meditazione si fissa la fiamma della candela: non perch la fiamma sia di per s interessante, ma perch la cosa pi facile da fissare, dato che fa piccoli movimenti che tengono desta l attenzione e aiutano a tenerla li. Non la fiamma il punto focale del processo, ma lattenzione di chi guarda. Lo scopo dell esercizio infatti diventare capaci di tenere l attenzione dove si vuole invece di subire i suoi movimenti inconsulti: lattenzione normalmente saltella qua e l come un bambino irrequieto. Disciplinare l attenzione essenziale per usare il vuoto come sorgente inesauribile, come essenziale per qualunque altra operazione complicata: la scuola un lungo addestramento a questo scopo.

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Ora, chiunque sia stato a scuola sa per esperienza quante volte gli occhi stiano sul libro e la mente altrove: a scuola, disciplinare l attenzione significa riportare con le buone o con le cattive la mente dove stanno gli occhi, rinunciando a qualunque altro interesse. Esiste per almeno unalternativa. Freud invent una terapia centrata sulla pratica delle libere associazioni, che l operazione opposta: invece di chiamare la mente dove guardano gli occhi, si tratta di mandare gli occhi dove va spontaneamente la mente. Si dice infatti: osserva cosa ti passa per la mente, guarda cosa pensi, cosa immagini, cosa senti. Anche questa una disciplina con le sue difficolt, dato che spesso la persona non vuol sapere cosa gli passa davvero per la mente, ma molto diversa dall altra, e non richiede di mettere in secondo piano la propria specifica intenzione. Ora, la fenomenologia, con Husserl introduce nel mondo filosofico un concetto che in realt una pratica, l epoch: il soggetto percipiente, che tradizionalmente considerato neutro ed esterno all operazione, qui diventa teatro di avvenimenti interni, il cui esito permette o meno l avvenire della percezione. L epoch sospensione del giudizio (del pensiero): se la persona riesce a sospenderlo, la percezione, o piuttosto quella parte della percezione che il fenomeno secondario, come lo chiama Brentano,301 si manifesta, in caso contrario no. Ma se non giudica (non pensa), la persona allora cosa fa? Se sul piano filosofico la risposta complicata, sul piano neurologico non lo affatto: si tratta dello spostamento dellattenzione dall emisfero sinistro del cervello a quello destro, che psicologicamente parlando significa passare da una predominanza dell attivit digitale della mente su quella analogica alla situazione inversa. Lepoch permette la percezione pura, senza riserve mentali: la percezione istintiva del mondo, come ce lavrebbe un animale. Questa percezione non solo una operazione meccanica, che si limita a ricalcare come un registratore quello che arriva ai sensi dal mondo esterno, ma lascia anche che si formi intorno al ricalco l alone di associazioni uniche e irripetibili prodotte appunto dall attivit analogica della mente. In questo modo ogni percezione , come mostra bene Proust,302 una vera e propria opera d arte, molto lontana da un operazione ripetitiva e risolvibile quantitativamente: un modo di conoscere il mondo attraverso il senso invece che attraverso il significato. Questa conoscenza implica insieme alla percezione la restituzione (per lo meno a se stessi) del percepito, e in questo senso diventa opera, invenzione, dato che ogni percezione diversa da unaltra, e richiede una specifica restituzione con una specifica forma. Restituire la percezione in senso fenomenologico equivale a dipingere, fare poesie, cantare al mondo, che allora ci viene incontro, e cos viene incontro chi siede sulla sedia vuota se si riesce a percepirlo senza giudizio e a comunicargli la propria percezione, ed questo che significa sentire nella psicoterapia della Gestalt. piuttosto interessante come questo non sia sostanzialmente diverso dell antica pratica del vipassana, di tradizione indo- buddista: osservare se stessi, quello che accade dentro di noi, il nucleo di questa pratica e richiede lo stesso tipo di atteggiamento. Si tratta di accorgersi infatti di avvenimenti che per lo pi non hanno nome proprio, e che sono evocabili solo attraverso metafore: sento come se . . . ecc. Le metafore si costruiscono con le immagini che arrivano appunto per via associativa. Gi qui c una forte vicinanza fra la fenomenologia dell epoch e il vipassana: per il punto fondamentale di convergenza la visione olistica. Se per olismo si intende il punto di vista per cui l insieme trascende la somma delle parti, per visione olistica bisogna quindi intendere la visione dell insieme invece che delle parti. Se l insieme infatti pi della somma delle parti, vanamente se ne descriverebbero le parti per renderlo visibile: la pi accurata delle descrizioni porterebbe solo a un dettagliamento della somma delle parti e mai all insieme. La visione olistica consiste nel guardare direttamente l insieme, lasciando sfuocate le parti: ci significa vedere linterlocutore come sempre trascendente le sue parti. L insieme il succo, il distillato, la quintessenza dellosservato: il fenomeno secondario, nella sua natura composita e pregnante, e anche l essere nel tempo secondo Heidegger,303 un essere che avvenimento e valore e non mera categoria linguisticamente necessaria. Essere nel tempo specifico degli insiemi, entit dinamiche uniche e irripetibili (per l irripetibilit delle contingenze), opere d arte che continuano a formarsi e a scomparire nel mondo interno come in quello esterno: sono questi i fenomeni a cui la fenomenologia specialmente rivolge la sua attenzione.

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Il punto di vista fenomenologico implica anche necessariamente l intenzione dell osservante all interno dell operazione dell osservare, e intenzione implica scelta all interno di una gerarchia di valori: senza riferirsi a una teoria della percezione, anche il vipassana chiama ad accorgersi, a rendersi conto nell osservare se stessi, di qualsiasi cosa l osservante si accorga: non dando una direzione alla ricerca, questa pratica si affida alla natura della mente, che naturalmente vede pi in l di quello che c ,304 nel senso che ha naturalmente una inclinazione olistica e sceglie secondo libero arbitrio. Scopo dichiarato del vipassana osservare l osservante, rendersi conto del suo essere fra realt e irrealt: scopo dichiarato della fenomenologia percepire l essere nel tempo, non pensarlo come astrazione: percepirlo e viverlo esistenzialmente. Si potrebbe dire che lo scopo comunque passare dall uso della categoria di essere come annichilimento dell esperienza, a trasformare il pensiero stesso in esperienza vissuta. Senza questo atteggiamento la sedia vuota si ridurrebbe a un gioco di societ. Essere nel tempo comporta nascere e morire, e nellimpermanenza di ogni cosa scegliere e seguire quello che si scelto responsabilmente come valore, per scoprire poi con lesperienza nuovi punti di vista e nuove scale di valore: capita per esempio che per molto tempo si consideri importantissimo un amore o un odio, per poi rendersi conto che guardando il panorama della vita da un punto di vista pi ampio risulta solo una illusione, passata nella mente come i riflessi del mondo passano sulla superficie dello specchio. La tecnica della sedia vuota trova sostegno in entrambi i punti di vista: per la fenomenologia una restituzione in parole dellincontro con se stessi, un circolo ermeneutico che avviene tra s e s: dal punto di vista del vipassana un modo di accorgersi delle proprie reazioni a quello che passa nel mondo interno, e alla fine, di lasciar tornare l esperienza nel vuoto da cui proviene. La sedia vuota strumento psicoterapeutico nella psicoterapia della Gestalt in quanto paradigma del contatto come distanza che deve essere abitata: permette di vedere e quindi di maneggiare con consapevolezza quello che la persona farebbe spontaneamente se non fosse in difficolt. Qui il paziente pu essere accompagnato nel vuoto e iniziato dal terapeuta allesperienza del contatto e della creazione: se invece di perdersi in un vuoto sterile scopre la ricchezza del vuoto fertile, la sua relazione con la vita pu alleggerirsi notevolmente. 5 c. La sedia vuota e la gestione delle emozioni Se si immagina metaforicamente la personalit come la fiamma del fuoco, il nucleo pi piccolo e pi giallo, che la parte pi calda, rappresenta il nucleo infantile, con emozioni meno integrate ma molto energetiche: un nucleo che d alla persona la sua pi profonda vitalit, ma che anche difficile da gestire, come stata difficile da gestire la persona durante la sua infanzia. Sarebbe insomma il se stesso che stato da bambino, con aperte quelle vie di contrattazione e di scambio che i genitori sono stati capaci di aprire, e con tutto il resto della personalit pi o meno selvaggio e intrattabile. La parte pi estesa della fiamma rappresenta invece la parte adulta della personalit, pi riflessiva e lungimirante: il rapporto fra queste due parti spesso emozionalmente sovraccarico e per questo poco maneggevole Agli effetti pratici, la gestibilit emozionale di questo (come del resto di qualunque altro rapporto) si basa fondamentalmente sulla capacit di trasformazione della paura e del dolore in rassicurazione e consolazione o rabbia, a seconda delle necessit del momento: Rassicurazione rabbia consolazione Paura dolore La rabbia, essendo l adattamento fisico al combattimento, necessaria quando c da lottare, altrimenti diventa un impedimento, e sono invece soluzioni adatte rassicurazione e consolazione. Ora, evidente l importanza dell aggressivit, ma anche fondamentale che la persona riesca a sviluppare la funzione rassicurativa e quella consolatoria, che sono almeno in parte prodotti dell educazione, e che non sono efficaci dove non sono state adeguatamente coltivate nella vita familiare: se non si impara come si fa, non si riesce a rassicurarsi n a consolarsi, e allora o si rimane prigionieri del dolore e della paura, o la rabbia deve fare

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da pass- partout per tutte le situazioni, e la relazione con se stessi diventa particolarmente difficile. Curiosamente, mentre il dolore ha pieno diritto di cittadinanza e di espressione nella pratica gestaltica, la paura molto meno: raro vedere un terapeuta incoraggiare in un paziente l espressione della paura, invitarlo a dettagliarla negli effetti fisici e nella valutazione del peso e dell effetto in generale che fa su di lui e chiedergli quali possibili aiuti sarebbe disposto a offrirsi per sopportarla meglio. La paura, come tutte le emozioni, una esperienza psicofisica, dipende dalla presenza nel sangue dei neuromediatori che fanno l emozione: quelli possono cambiare quantitativamente in tempo breve, e se si sta attenti si nota, e si fa l esperienza della diminuzione della paura. Scopire cosa la fa diminuire fa parte del processo di rassicurazione, ed una prassi ben conosciuta per il dolore, ma non praticata abbastanza per quanto riguarda la paura. Una causa plausibile probabilmente l inveterata abitudine di tutti, terapeuti compresi, di gestire la paura negandola, visto che la paura fa paura, e si ha l impressione che pi ci se ne accorge e pi paura si ha. Tornando all immagine della fiamma e all idea del nucleo infantile parzialmente ingestibile, o almeno con tutti i vizi di gestibilit che la persona ha avuto da bambino nel rapporto con i genitori (bizze, non ascolto, rifiuto, chiusura, tirannia, mancanza di fiducia, braccio di ferro, ipersensibilit, idiosincrasie varie, eccetera), si pu dire insomma che ognuno si trova continuamente a interagire col mondo avendo un bambino del genere a carico, che quando non collabora viene trascinato con la forza della parte adulta, come a volte le mamme strascicano i figli riluttanti per la strada. Ora, obbligare un bambino recalcitrante a un attivit semplice come lo spostamento nello spazio non veramente un problema, ma se si immagina che l attivit in questione sia per esempio un esame all universit, o anche semplicemente una festa da ballo (quando il bambino di cui sopra sia per esempio timido e impacciato), fargli fare quello che non vuole diventa tutta un altra questione. La difficolt maggiore quanto pi sintonia fra la parte adulta e la parte infantile richiede la complessit della situazione: con la sedia vuota ci si pu inserire in queste distonie305 e lavorare per stabilire vie di comunicazione fra le parti della personalit, che permettano ai personaggi in questione di conoscersi negli specifici bisogni e scopi, per arrivare a una collaborazione nel processo di invenzione di movimenti sintonici, nel rispetto delle differenze e delle idiosincrasie, che raggiunga quelle armonie di alterit che sono metaforicamente parlando i passi di danza. Questo tipo di intervento306 si potrebbe chiamare ballando con il proprio bambino interno. Ora, il contesto dell intervento, oltre alla storia che il paziente presenta nella seduta individuale, pu essere anche appunto la situazione di gruppo, dove incontra le sue difficolt di comunicazione, e dunque si trova a inventare i passi di danza nel processo che potremo chiamare ballando con l altro. Si pu allora procedere cos: considerato che l interlocutore d l opportunit alla persona di muovere insieme passi di danza, quando questo si rivela troppo difficile intervenire proponendo il ballo con il bambino interno, che in caso di successo con tutta probabilit aprir la strada all inventare i passi anche per il ballo con l altro. Non che ballare con l altro sia la cosa veramente importante e che ballare con il proprio bambino interno sia necessario solo come terapia, solo che biologicamente siamo attrezzati per privilegiare il rapporto con il mondo esterno, per ovvie ragioni di sopravvivenza, e quindi siamo pi vitalmente motivati: direi piuttosto che il fatto che le difficolt col mondo esterno obblighino a occuparsi di quello interno sia una circostanza fortunata, che permette agli esseri umani una delle cose pi difficili da realizzare naturalmente, occuparsi cio direttamente di se stessi. La sedia vuota permette di distendere questa operazione nello spazio e nel tempo, e aiuta a cercare forme nel rapporto con se stessi, che generalmente collassa in una adesione che non lascia spazio di movimento. Per quanto riguarda la difficolt di gestione delle emozioni, nel rapporto con il mondo interno non si incontra solo l opposizione con impulsi che vanno in altre direzioni, ma anche quella dei tab,307 cio di impedimenti culturalmente o geneticamente308 determinati. Se impulsi contrastanti possono negoziare i loro contenuti sulla sedia vuota, i tab appaiono meno congrui a questo modo di procedere, dato che qui si tratta comunque di arrendersi a una inevitabilit. Ci si pu per arrendere con le buone o con le cattive, e l esperienza insegna che con le buone funziona meglio. A questo scopo importante capire la logica di un divieto, e la sedia vuota permette di darsene una ragione: parlando con se stessi ci si pu rendere conto infatti quanto per esempio il tab dell incesto sia importante, se si considera che vivere una vita sessuale con qualcuno del clan, cio con qualcuno con cui da sempre si abituati

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ad avere contatto, ovviamente pi facile ma meno eccitante che realizzarla con un estraneo. Per riuscire in un impresa del genere bisogna prendere il coraggio di avvicinare qualcuno non conosciuto, che pu anche rivelarsi un nemico, superare le barriere della diffidenza e stabilire un contatto a rischio,309 entrando in questo modo nel grande mondo che si estende al di l del ristretto orizzonte del proprio clan.310 Inoltre, le modalit di rapporto che si possono avere con gli altri, che corrispondono fondamentalmente a quattro posizioni gerarchicamente differenziate, inferiorit, superiorit, uguaglianza e complementarit (nella relazione sessuale), quando non sono intercambiabili assicurano una specie di porto franco di ruolo, cio la possibilit di vivere fino in fondo una posizione senza preoccuparsi di compromettere la chance di vivere le altre, dato che sono escluse a priori. Avendo una posizione filiale con qualcuno, se c un divieto di incesto possibile manifestarsi e farsi conoscere anche nelle aree che la necessit di mantenere una tensione sessuale non permetterebbe di scoprire. Quanto questo sia importante per lo sviluppo si pu capire pensando che l io si forma attraverso l autoconoscenza che acquista nell esperienza: dove l io non si sperimenta non acquista le parole per dirlo,311 secondo l espressione di Marie Cardinal, e resta mancante di una parte. Il lavoro sulla sedia vuota aiuta la differenziazione fra queste posizioni, attraverso lo sperimentare il contrasto interno fra vari sentimenti e il rispetto, che con l aiuto del terapeuta, si impara ad avere per ogni istanza. Da un punto di vista etologico chiaro che in una specie territoriale come quella umana, dove la prole convive con i genitori anche dopo la maturit sessuale, la proibizione all incesto un fattore importantissimo per evitare pericolosi scontri endofamiliari e conseguenti disgregazioni del clan. Funziona perseguitando ogni trasgressione con il senso di colpa: nella mitologia greca il senso di colpa era impersonato dalle Erinni, le terribili Furie, dalle quali non c era scampo per tutta la vita, ed per questo che gli impulsi trasgressivi tendono a scaricarsi nei sogni, dove la persecuzione finisce di solito al massimo all alba. Se finisce la persecuzione, non finisce per il senso di colpa, che sta in agguato dientro ogni angolo, minacciando la persona e impedendogli di fare operazioni meno che accettabili. Si pu lavorare con il senso di colpa con la tecnica della sedia vuota istituendo un tribunale, in cui la persona via via avvocato dell accusa, avvocato della difesa, giudice e imputato: dare voce a ognuno di questi personaggi permette di raggiungere un giudizio equo, o perlomeno accettabile dalla persona, la quale alla fine il suo stesso giudice, e di arrivare a chiudere la Gestalt. Dal racconto di una paziente: Quando ero fuori casa, avevo sempre difficolt a comunicare con familiari e parenti: non avevo voglia di telefonare, non avevo proprio voglia di sentirli. Per questo non telefonavo. Loro ci restavano male, e quando tornavo, o anche quando chiamavo in ritardo, mi rimproveravano. La prospettiva di essere rimproverata mi produceva ancora pi resistenza a telefonare. D altra parte, se non telefonavo mi sentivo in colpa per essere in debito con loro, per essere egoista. Nella seduta con il tribunale, mi accusavo di non avere considerazione per persone che mi volevano bene, e mi difendevo dicendo che non pensavo che fossero preoccupate per me, che non sentivano la mia mancanza e che neanche io sentivo la loro, e quindi non c era ragione di telefonare: se l avessi fatto sarebbe stata una falsit con me e con loro. L accusa insisteva dicendo che non si trattava di ragione o torto, di falsit o di verit, ma del fatto che persone care soffrivano a causa mia. La conclusione del processo fu che dovevo scontare una pena per questo: con voglia di farlo o senza voglia avrei dovuto telefonare a casa, anche ritenendo che non fosse necessario, e questo mi avrebbe liberato della colpa della mancanza di attenzione per persone care. A farlo senza voglia ero disponibile: quello che mi costava tanto era di obbligarmi ad avere un desiderio che non avevo, e il senso di colpa riguardava soprattutto questo. Questa esperienza mi ha permesso in seguito di avere meno difficolt nei rapporti affettivi. Sempre con la sedia vuota in questo approccio si conduce anche la supervisione. A questo proposito per, bisogna intendersi sul termine: se supervedere significhi vedere da un punto di vista superiore, cosa che implica come il supervisore debba ritenersi un superiore gerarchico, oppure ci si distacchi dal significato etimologico della

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parola e si intenda per supervisione l aiutare la persona a guardarsi, e a sperimentare un rapporto con se stesso mentre conduce una interazione terapeutica con un altra persona. In quest ultimo caso evidentemente, da parte del supervisore non c posto per consigli o dichiarazioni di principio, che interferirebbero sui processi di riflessione e sulle decisioni, responsabili ma necessariamente libere, del terapeuta in supervisione rispetto alle modalit di conduzione della sua professione. L approccio fenomenologico esistenziale, non implicando modelli di essere umano, non permette una logica di superiorit, per cui per la supervisione in questo caso comunque congrua la seconda ipotesi. Il problema dunque cosa si vuole supervedere, e come farlo senza porre il proprio intervento al di sopra del punto di vista della persona supervisionata. Ora, in una seduta si pu distinguere due parti, la struttura e gli avvenimenti contingenti: se non vogliamo interferire con lo stile personale dello psicoterapeuta, la supervisione bisogna che sia orientata alla struttura della seduta, cio a quella parte indispensabile per rimanere coerenti con il background teorico della psicoterapia in questione. Gli avvenimenti contingenti infatti non sono in linea di massima quelli che distinguono il modello dell intervento: troviamo per esempio libere associazioni dovunque, o espressione delle emozioni, o racconti del proprio passato. Modelli diversi di intervento utilizzano per in modo diverso questi elementi, ed quindi sulla specificit dell utilizzo che bisogna che verta la supervisione. Nella PTG a indirizzo fenomenologico esistenziale, embricati in varie maniere, sono di primaria importanza: 1 - l interiorizzazione del conflitto, quello che si esegue formalmente attraverso l uso della sedia vuota, ma che pu essere condotto anche senza supporto formale; 2 - l espressione del proprio mondo interno, distinta dal parlare del proprio mondo interno; 3 - il rivolgersi sempre all intelocutore e mai parlare di, cio la detriangolazione; 4 - il prendersi la responsabilit delle proprie intenzioni (non c vivente senza intenzioni); 5 - il rispondere responsabilmente alle intenzioni dell interlocutore, confermandolo o confermandolo, ma senza disconfermarlo; 6 - il rispetto di quella che Brentano chiamava la teoria del riferimento intenzionale, confermata dalla teoria degli istinti dimostrata da Lorenz: non c emozione senza un oggetto specifico (reale o immaginato) di quella emozione. 7 - trattandosi di un approccio olistico, non bisogna per dimenticare che il punto veramente importante qui , a partire da tutte queste componenti, elicitare un insieme: per raggiungere un nuovo insieme di senso, non sarebbe infatti sufficiente eseguire meccanicamente queste operazioni. Lo strumento per questo la relazione personale fra terapeuta e paziente: qui l interiorizzazione del conflitto non solo accorgersi che si vuole qualcosa da se stessi, ma anche includere il terapeuta in questa ammissione. Il terapeuta come essere umano, non come strumento tecnico, e quindi qualcuno che ha le sue intenzioni, e non solo punti di vista tecnici. La posizione del terapeuta alquanto delicata: deve avere le sue intenzioni e non deve interferire con quelle del paziente. In genere, il modo di risolvere il dilemma consiste nel trincerarsi dietro desideri generici e ben supportati dalla teoria: certo meglio che niente, ma non l optimum. Sarebbe infatti meglio che il terapeuta avesse preferenze specifiche riguardo all operato del paziente, ma non pretendesse che venissero soddisfatte: sapere che l interlocutore interessato in genere d aiuto alla condivisione del mondo interno, e se poi non ci si deve adattare ai suoi desideri, allora diventa una presenza davvero interessante. Nella PTG a orientamento fenomenologico esistenziale, la supervisione dovr vertere dunque su questi punti, ma non con una disamina meccanica, e soprattutto senza una correzione scolastica, dell operato: il terapeuta in supervisione dovr essere accompagnato in una esperienza che gli permetta di riflettere su se stesso all opera e di trarre conclusioni a questo proposito sia sul piano del sentire che su quello del pensare. Nella logica di impostare una esperienza utile a questo scopo, una strada percorribile quella di chiedere al terapeuta in supervisione di mettersi nei panni del paziente con cui in difficolt e di condurre poi una simulata in cui il supervisore lavora con il personaggio in questione.

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Mettendosi nei panni del suo paziente difficile, il terapeuta metter in scena momenti di empasse relazionale sperimentandoli dalla parte dell altro, e potr in questo modo viverne gli impliciti esistenziali: si potr rendere conto allora come per esempio possa essere difficile rispondere alle sue domande, o doloroso prendere in considerazione certi punti di vista. Allo stesso tempo per, vedendo la situazione con gli occhi del suo paziente, sar in grado di intravedere possibilit che non aveva preso in considerazione, e riuscir a capire la situazione con una vivezza particolare, con una visione per cos dire tridimensionale dell interlocutore. Il supervisore a questo punto libero di condurre la seduta come gli pare, in quanto non sta proponendo un modello giusto di intervento, ma solo l esperienza di quello che prova il paziente quando il terapeuta si comporta in quel modo: l esperienza personale del terapeuta, anche se sta impersonando il suo paziente, e questa sempre molto significativa. Da parte del supervisore non si tratta insomma di fargli vedere come si fa, ma di offrirgli la possibilit di sperimentare cosa proverebbe il suo paziente se lui si comportasse in quella maniera, lasciando a lui la scelta sull uso di questa esperienza. Il terapeuta rimane libero di assumere modalit di lavoro ed escamotages tecnici del supervisore nell ottica di una loro funzionalit sperimentata personalmente, e non raccomandata dall alto. I punti di cui sopra vengono quindi messi in atto nella seduta, e il terapeuta nei panni del paziente sperimenta l effetto della loro applicazione nella specificit dell empasse da lui messo in scena, e l eventuale efficacia nell impresa di supportare insiemi di senso necessari alla storia del paziente e congrui alle sue richieste. Il temenos in cui vengono a cottura questi nuovi insiemi di senso il rapporto personale del paziente con il terapeuta: la funzionalit di questo forno dipende da vari fattori, ma prima di tutto dal contatto. Il paziente deve toccare psichicamente il terapeuta perch questo avvenga, e il terapeuta deve quindi rendersi toccabile: a questo proposito si parla in genere di trasparenza, cio di lasciar vedere al paziente che cosa prova nello specifico delle interazioni con lui. evidente quanto sia delicata la situazione: gli esseri umani provano continuamente molte cose diverse, e non sempre congrue alla situazione: il supervisore dovrebbe essere particolarmente rigoroso nell essere trasparente e allo stesso tempo congruo, non mettendo in mezzo stati d animo che non riguardano la specifica situazione con il paziente. Si tratta di una situazione non paritaria, e quindi necessita di certe cautele: i pazienti stanno ai terapeuti come i figli stanno ai genitori, e si pu dire in linea di massima che con i pazienti non si pu fare e dire niente di quello che non si potrebbe fare e dire con i figli. Quando il supervisore esercita una cauta trasparenza, questo permette al terapeuta di apprezzarne l efficacia e anche l importanza della cautela, in quanto pu toccare con mano gli abissi che si aprono dovunque sul cammino, e la necessit di un procedere con prudenza. La trasparenza dell interlocutore permette di sperimentare il miracolo del contatto, il contatto cio delle intenzioni, a conferma dell opinione di Buber che lo riteneva la via fondamentale per la trascendenza. 5 d. Trasparenza e confrontazione nella psicoterapia della Gestalt. Per trasparenza nella psicoterapia della Gestalt sarebbe congruo intendere un comportamento che lascia vedere, non solo intravedere, quello che c dietro, cio gli impulsi che lo motivano e gli scopi a cui indirizzato. Lasciar vedere infatti significa anche permettere al paziente di poter decidere di non voler avere pi niente a che fare con quel terapeuta, avendolo conosciuto in modo chiaro e trasparente. Bisogna considerare che il setting terapeutico non una situazione qualsiasi, nel senso che sottende per lo meno due elementi specifici: 1) il paziente ha delle aspettative che il terapeuta implicitamente accetta, per lo meno in parte, e a cui deve far fronte, se non si vuole qualificare semplicemente come truffatore; 2) il paziente paga per un servizio, che certo da definire, ma che non pu non esserci, sempre se il terapeuta non vuole qualificarsi come truffatore. Quali siano le aspettative accettate e quale sia il servizio fornito certamente dipende dal taglio della psicoterapia, e non deve essere pedissequamente esplicitato a ogni paziente, ma certo deve essere a disposizione di chi voglia

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richiedere spiegazioni. Ora, nel termine psicoterapia implicito il senso del servizio che il terapeuta offre: un aiuto alla persona per la gestione della sua vita. Aiuto implica difficolt, e la difficolt in questione comunque quella di assumere la propria esperienza, qualunque si ritengano le ragioni che la causano. Allora, la psicoterapia dovrebbe essere un aiuto a integrare l esperienza, e il terapeuta qualcuno che aiuta a questo. Il senso comune dice che un esperienza difficile da integrare quando pesante, dolorosa o pericolosa: fatica, dolore e paura, direttamente o indirettamente, sono quindi gli ostacoli principali da gestire. Se accettiamo questo, di conseguenza bisogna concludere che il terapeuta quando accetta un cliente fa con lui un contratto non scritto in cui implica di avere qualcosa da offrire per aiutarlo nella gestione della fatica, del dolore e della paura, e certamente implica che non lo prende in terapia per procurargli ulteriori disagi con l esercizio della propria prepotenza. Per cosa paga il paziente? Non certo per la qualit del prodotto (anche i cattivi terapeuti mangiano), ma come per qualunque professione, per la forza lavoro del terapeuta. E qual la forza lavoro del terapeuta? La sua attenzione, e la sua intenzione. Il paziente paga perch il terapeuta faccia attenzione a lui invece che ai suoi propri affari, come farebbe se non stesse lavorando, e lo faccia con l intenzione di fare qualcosa che lo aiuti. Ci sono ampie fluttuazioni all interno di ogni corrente di pensiero, e ancora di pi quando c di mezzo la pratica, e quindi non si pu dire cosa vero e cosa no: in regime democratico ognuno pensa ci che vuole. Si pu per schierarsi, e fare dichiarazioni che evidenziano la posizione di una persona e distinguono alleanze e contrapposizioni riguardo al concetto di aiuto. Si tratta per questo di definire quale aiuto si intende fornire al paziente, quale sua aspettativa si ritenga legittima e quale no. Una voce chiara e generalmente accettata in contesto gestaltico quella di Buber,312 che dichiara la necessit di riconoscere l interlocutore come un tu, e di non trattarlo come una cosa. Le parole di Buber sono molto suggestive, e forse proprio questo permette interpretazioni vaghe. Kant fu pi chiaro a questo proposito, e formul un analoga proposizione dicendo che bisogna trattare l interlocutore sempre come un fine e mai come un mezzo, un mezzo per esempio per soddisfare i propri desideri.313 Se si tratta il paziente come un fine, cio come qualcuno dotato del diritto di scegliere e di seguire la sua via, e non come un mezzo, per esempio per dimostrare le capacit del terapeuta, la trasparenza richiede di esplicitargli se si disponibili a aiutarlo in quello che chiede, o se l aiuto che si disposti a fornire altro, e di lasciare al paziente la scelta se fare o no l esperienza che gli viene proposta. Richiede di comunicargli la propria posizione, e di non trascinarlo senza avvertirlo in esperienze che magari finiranno per aumentare le difficolt per esempio intrinseche al suo carattere. L ignoranza del terapeuta a questo proposito ovviamente non considerabile una scusante valida. In questo senso la trasparenza un dovere dunque, implicito nel contratto: ed anche un diritto, oppure no? E qui siamo ai diritti del terapeuta, argomento importante e poco trattato. Che diritti ha il terapeuta? Meno del paziente, perch una parte dello scambio fra i due consiste nella parcella: il denaro energia indifferenziata, di cui il terapeuta ha bisogno come mezzo di sussistenza. Mentre il paziente ha il diritto di aspettarsi di essere trattato come un tu, il terapeuta con il suo operare che deve riuscire a farsi trattare come un tu dal paziente: nell ottica della psicoterapia della Gestalt questo il lavoro per cui pagato. Farsi trattare come un tu richiede che il paziente si comporti da persona che distingue un tu da una cosa: per questo necessario avere una dignit, e non quindi lasciando avvilire il paziente che si otterr che si comporti dignitosamente, e che, ponendosi come interlocutore responsabile, riesca nell operazione terapeutica. Nella misura del possibile bisogna che il terapeuta adopri le proprie risorse per non lasciare che il paziente affoghi nella palude del disprezzo. Trattare e farsi trattare come un tu certo significa confrontarsi, ma confrontarsi significa mettersi di fronte, farsi

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vedere, non come qualcuno sembra credere, sfidare l interlocutore: a meno che non si abbia tanta paura del contatto che sfidare l interlocutore e cercare di spaventarlo sia l unica maniera di sopportarne il confronto. Nemmeno si tratta del diritto di imporre la propria presenza al paziente, che avendo pagato ha il diritto di non dare proprio nessuna attenzione al terapeuta. Ma allora che diritti ha il terapeuta? Come il paziente, ha il diritto di ritirarsi dalla relazione e di smettere di incontrare l altro, se il lavoro gli troppo gravoso, o troppo frustrante. Confrontarsi significa offrirsi, ma come sappiamo nella Gestalt vige il buon senso: non si offre un piatto pesante a chi ha il mal di stomaco, e ugualmente non si offre la propria presenza in terapia se non nella misura che presumibilmente sia digeribile per l interlocutore. L equivoco nasce dall uso assoluto dei termini: lasciar trasparire non significa lasciar trasparire tutto, tutto non calcolabile col metro umano. E se non tutto si tratta di scegliere, e il parametro dovr pur essere la congruenza alla situazione: in una situazione terapeutica bisogner scegliere quello che pi consono a questa. Cosa fa bene al paziente? Come ha detto Kohut,314 la psicologia un campo definito dall empatia: quello che fa bene al paziente va capito per via empatica, cio mettendosi nei suoi panni. Mettendosi nei panni del paziente si capisce subito una verit fondamentale: la frustrazione non fa bene, semplicemente inevitabile, date le limitazioni della realt e quindi anche del terapeuta (di tempo, di capacit, di amore, ecc.). Che pi limitato pi frustrante. Un terapeuta molto frustrante molto limitato: non di rado semplicemente stupido. Sempre Kohut parla dell importanza di riconoscersi nel feedback dell interlocutore: importante per il paziente potersi riconoscere, non necessariamente in modo gratificante, ma certo in modo da poter utilizzare l immagine che gli viene restituita. Un immagine dispregiativa non pu giustificarsi fregiandosi del titolo di verit (essendo la verit multiforme, almeno al di fuori da contesti integralisti), e difficilmente sar utilizzabile da parte del paziente se non in un ottica autoterroristica, che appunto quella da cui proviene culturalmente, e che la psicoterapia avrebbe la pretesa di migliorare. Si tratta di nutrire dunque la fame del paziente, restituendo soprattutto le immagini di cui ha bisogno per integrare un repertorio linguistico e gestuale sufficiente a gestire la sua vita relazionale, che pu essere infinitamente variabile ma che comunque ancorata alle necessit biologiche dell essere umano. Sempre per via empatica si scopre subito che al paziente fa bene fare l esperienza di essere interessante per l interlocutore: un terapeuta non dovrebbe accettare come paziente una persona che non capace di trovare interessante. Al limite sarebbe un caso in cui si potrebbe configurare il reato di truffa. L esperienza insegna poi che comunicare pi difficile di agire: e si capisce bene, dato che comunicando, anche se si trova una soddisfazione emotiva, non si raggiunge il fine pulsionale, non si raggiungono cio gli oggetti del desiderio. E allora dove si trova l energia per comunicare? La comunicazione, sprovvista di un fine pulsionale, non pu essere che un atto di amore. Amore non certo un termine scientifico, ma neanche la Gestalt si arrampica sugli specchi della scientificit: il segreto di Pulcinella che tutta l operazione psicoterapeutica si regge sull amore, sulla benevolenza. La compassione, come si dice nella tradizione buddista. I bambini imparano da chi amano diceva Maria Montessori,315 e anche i grandi naturalmente. E non si ama i propri torturatori. Li si invidia a volte, li si vuole, ci si molto attaccati, li si copia, ma fortunatamente non li si ama: si amano le persone che miracolosamente e per misteriose ragioni ci amano, e da questi si impara a trascendere il dolore e la paura che la vita comporta. Quali siano le aspettative accettate e quale sia il servizio fornito certamente dipende dal taglio della psicoterapia, e non deve essere pedissequamente esplicitato a ogni paziente, ma certo deve essere a disposizione di chi voglia richiedere spiegazioni. Ora, nel termine psicoterapia implicito il senso del servizio che il terapeuta offre: un aiuto alla persona per la gestione della sua vita. Aiuto implica difficolt, e la difficolt in questione comunque quella di assumere la

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propria esperienza, qualunque si ritengano le ragioni che la causano. Allora, la psicoterapia dovrebbe essere un aiuto a integrare l esperienza, e il terapeuta qualcuno che aiuta a questo. Il senso comune dice che un esperienza difficile da integrare quando pesante, dolorosa o pericolosa: fatica, dolore e paura, direttamente o indirettamente, sono quindi gli ostacoli principali da gestire. Se accettiamo questo, di conseguenza bisogna concludere che il terapeuta quando accetta un cliente fa con lui un contratto non scritto in cui implica di avere qualcosa da offrire per aiutarlo nella gestione della fatica, del dolore e della paura, e certamente implica che non lo prende in terapia per procurargli ulteriori disagi con l esercizio della propria prepotenza. Per cosa paga il paziente? Non certo per la qualit del prodotto (anche i cattivi terapeuti mangiano), ma come per qualunque professione, per la forza lavoro del terapeuta. E qual la forza lavoro del terapeuta? La sua attenzione, e la sua intenzione. Il paziente paga perch il terapeuta faccia attenzione a lui invece che ai suoi propri affari, come farebbe se non stesse lavorando, e lo faccia con l intenzione di fare qualcosa che lo aiuti. Ci sono ampie fluttuazioni all interno di ogni corrente di pensiero, e ancora di pi quando c di mezzo la pratica, e quindi non si pu dire cosa vero e cosa no: in regime democratico ognuno pensa ci che vuole. Si pu per schierarsi, e fare dichiarazioni che evidenziano la posizione di una persona e distinguono alleanze e contrapposizioni riguardo al concetto di aiuto. Si tratta per questo di definire quale aiuto si intende fornire al paziente, quale sua aspettativa si ritenga legittima e quale no. Una voce chiara e generalmente accettata in contesto gestaltico quella di Buber,312 che dichiara la necessit di riconoscere l interlocutore come un tu, e di non trattarlo come una cosa. Le parole di Buber sono molto suggestive, e forse proprio questo permette interpretazioni vaghe. Kant fu pi chiaro a questo proposito, e formul un analoga proposizione dicendo che bisogna trattare l interlocutore sempre come un fine e mai come un mezzo, un mezzo per esempio per soddisfare i propri desideri.313 Se si tratta il paziente come un fine, cio come qualcuno dotato del diritto di scegliere e di seguire la sua via, e non come un mezzo, per esempio per dimostrare le capacit del terapeuta, la trasparenza richiede di esplicitargli se si disponibili a aiutarlo in quello che chiede, o se l aiuto che si disposti a fornire altro, e di lasciare al paziente la scelta se fare o no l esperienza che gli viene proposta. Richiede di comunicargli la propria posizione, e di non trascinarlo senza avvertirlo in esperienze che magari finiranno per aumentare le difficolt per esempio intrinseche al suo carattere. L ignoranza del terapeuta a questo proposito ovviamente non considerabile una scusante valida. In questo senso la trasparenza un dovere dunque, implicito nel contratto: ed anche un diritto, oppure no? E qui siamo ai diritti del terapeuta, argomento importante e poco trattato. Che diritti ha il terapeuta? Meno del paziente, perch una parte dello scambio fra i due consiste nella parcella: il denaro energia indifferenziata, di cui il terapeuta ha bisogno come mezzo di sussistenza. Mentre il paziente ha il diritto di aspettarsi di essere trattato come un tu, il terapeuta con il suo operare che deve riuscire a farsi trattare come un tu dal paziente: nell ottica della psicoterapia della Gestalt questo il lavoro per cui pagato. Farsi trattare come un tu richiede che il paziente si comporti da persona che distingue un tu da una cosa: per questo necessario avere una dignit, e non quindi lasciando avvilire il paziente che si otterr che si comporti dignitosamente, e che, ponendosi come interlocutore responsabile, riesca nell operazione terapeutica. Nella misura del possibile bisogna che il terapeuta adopri le proprie risorse per non lasciare che il paziente affoghi nella palude del disprezzo. Trattare e farsi trattare come un tu certo significa confrontarsi, ma confrontarsi significa mettersi di fronte, farsi vedere, non come qualcuno sembra credere, sfidare l interlocutore: a meno che non si abbia tanta paura del contatto che sfidare l interlocutore e cercare di spaventarlo sia l unica maniera di sopportarne il confronto. Nemmeno si tratta del diritto di imporre la propria presenza al paziente, che avendo pagato ha il diritto di non dare

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proprio nessuna attenzione al terapeuta. Ma allora che diritti ha il terapeuta? Come il paziente, ha il diritto di ritirarsi dalla relazione e di smettere di incontrare l altro, se il lavoro gli troppo gravoso, o troppo frustrante. Confrontarsi significa offrirsi, ma come sappiamo nella Gestalt vige il buon senso: non si offre un piatto pesante a chi ha il mal di stomaco, e ugualmente non si offre la propria presenza in terapia se non nella misura che presumibilmente sia digeribile per l interlocutore. L equivoco nasce dall uso assoluto dei termini: lasciar trasparire non significa lasciar trasparire tutto, tutto non calcolabile col metro umano. E se non tutto si tratta di scegliere, e il parametro dovr pur essere la congruenza alla situazione: in una situazione terapeutica bisogner scegliere quello che pi consono a questa. Cosa fa bene al paziente? Come ha detto Kohut,314 la psicologia un campo definito dall empatia: quello che fa bene al paziente va capito per via empatica, cio mettendosi nei suoi panni. Mettendosi nei panni del paziente si capisce subito una verit fondamentale: la frustrazione non fa bene, semplicemente inevitabile, date le limitazioni della realt e quindi anche del terapeuta (di tempo, di capacit, di amore, ecc.). Che pi limitato pi frustrante. Un terapeuta molto frustrante molto limitato: non di rado semplicemente stupido. Sempre Kohut parla dell importanza di riconoscersi nel feedback dell interlocutore: importante per il paziente potersi riconoscere, non necessariamente in modo gratificante, ma certo in modo da poter utilizzare l immagine che gli viene restituita. Un immagine dispregiativa non pu giustificarsi fregiandosi del titolo di verit (essendo la verit multiforme, almeno al di fuori da contesti integralisti), e difficilmente sar utilizzabile da parte del paziente se non in un ottica autoterroristica, che appunto quella da cui proviene culturalmente, e che la psicoterapia avrebbe la pretesa di migliorare. Si tratta di nutrire dunque la fame del paziente, restituendo soprattutto le immagini di cui ha bisogno per integrare un repertorio linguistico e gestuale sufficiente a gestire la sua vita relazionale, che pu essere infinitamente variabile ma che comunque ancorata alle necessit biologiche dell essere umano. Sempre per via empatica si scopre subito che al paziente fa bene fare l esperienza di essere interessante per l interlocutore: un terapeuta non dovrebbe accettare come paziente una persona che non capace di trovare interessante. Al limite sarebbe un caso in cui si potrebbe configurare il reato di truffa. L esperienza insegna poi che comunicare pi difficile di agire: e si capisce bene, dato che comunicando, anche se si trova una soddisfazione emotiva, non si raggiunge il fine pulsionale, non si raggiungono cio gli oggetti del desiderio. E allora dove si trova l energia per comunicare? La comunicazione, sprovvista di un fine pulsionale, non pu essere che un atto di amore. Amore non certo un termine scientifico, ma neanche la Gestalt si arrampica sugli specchi della scientificit: il segreto di Pulcinella che tutta l operazione psicoterapeutica si regge sull amore, sulla benevolenza. La compassione, come si dice nella tradizione buddista. I bambini imparano da chi amano diceva Maria Montessori,315 e anche i grandi naturalmente. E non si ama i propri torturatori. Li si invidia a volte, li si vuole, ci si molto attaccati, li si copia, ma fortunatamente non li si ama: si amano le persone che miracolosamente e per misteriose ragioni ci amano, e da questi si impara a trascendere il dolore e la paura che la vita comporta. 2) automanipolazione emotiva: che si potrebbero vedere come autoinduzioni di stati d animo gratificanti attraverso la messa in scena di situazioni: a) erotiche, b) sadomasochiste, c) di soccorso all altro, d) di ammirazione (guru da una parte, figlio/ a prediletto dall altra), e che in sostanza non sono altro che modi di approfittare della situazione per compensare le proprie carenze esistenziali.

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Dal punto di vista gestaltico si tratta di situazioni dove la persona amplifica delle potenzialit interazionali a scapito di altre magari pi pressanti ma in qualche modo scomode: sono operazioni mentalmente molto poco igieniche, che come minimo disturbano la comunicazione, ma che possono anche avere conseguenze gravi. A meccanismi pi lontani dalla consapevolezza ma molto meno problematici sono invece imputabilili 3) reazioni emotive a personaggi contenitori di proiezioni congrue e contingenti al processo di crescita: proiezioni cio di speciali capacit di approvazione e di apprezzamento che sono connesse con il naturale bisogno di stare in rapporto con una figura genitoriale positiva, che viene in un primo tempo sopravvalutata e poi gradualmente ridimensionata. Questa sopravvalutazione di una figura accettante un livello leggero di transfert: nel processo terapeutico la presenza dell aspettativa transferenziale di una comprensione particolarmente profonda, come in genere gli eventi di una vita normale non permettono, cio appunto la proiezione sull analista di un immagine genitoriale veramente adeguata, una realt funzionale e comunque inevitabile. La presenza di questa aspettativa infatti fa s che l esporre ed esporsi del paziente davanti all analista sia caricato di una intensit emotiva come quella del bambino che giocando da solo sotto gli occhi della madre aspetta e riceve da lei (quando va bene) quel feedback di riconoscimento che secondo l opinione di Winnicott gli permette di investire di significato l attivit esplorativa, facilitandogli con questo l integrazione delle capacit creative.318 Queste considerazioni valgono anche per il transfert dell analista, che proietta sul paziente un immagine filiale, verso la quale gli esseri umani possiedono quella disponibilit indifferenziata che permette loro appunto di accudire ai figli, i quali all inizio sarebbero in realt dei perfetti estranei: senza questo investimento che tinge affettivamente il rapporto, il processo terapeutico sarebbe probabilmente destinato a naufragare, dato che i bambini (e gli esseri umani in generale) imparano soltanto da chi amano, e dato che comunque per venire su passabilmente sani si ha bisogno di una madre good enough,319 secondo la ben nota espressione di Winnicott. Capita dunque del tutto normalmente, come afferma Harold Searles,320 che i pazienti finiscano per essere visti dall analista anche sotto un profilo sentimentale, come un padre che si dicesse entusiasticamente a proposito della propria figliola se non fosse mia figlia me la sposerei! Anche l aspetto negativo di questo livello di transfert, dalla proiezione sull analista di un immagine non abbastanza accettante, al paziente visto come figlio frustrante che si rifiuta di crescere e di gratificare le aspettative genitoriali, quando non assunto come istanza moralizzatrice, pu instradare tramite l identificazione con l altro verso la scoperta delle sue caratteristiche, facilitando quindi l esito positivo della terapia. Nel caso delle reazioni emozionali a proiezioni contingenti al processo di crescita, la parziale assenza di contatto si sovrappone al tema della relazione d aiuto: paziente e terapeuta non hanno un rapporto, e quindi un contatto, alla pari. Il terapeuta infatti pi vicino al mondo interno del paziente di quanto il paziente lo sia a quello del terapeuta, come i genitori sono pi vicini al mondo interno dei figli che viceversa: ogni relazione d aiuto in realt una relazione paragenitoriale. Si tratta di un assenza di contatto quindi congrua alla relazione stessa, che si identifica in fondo con il tab del coinvolgimento pulsionale fra (para) genitori e (para) figli. Bisogna tenere presente un aspetto importante di questo tab per quanto riguarda la crescita psichica: evitando il coinvolgimento pulsionale (territorialit e sesso), si evita anche che l apprezzamento si quantifichi, cosa che avviene nello scontro e nella scelta del partner. Se queste sono eventualit vietate, i figli non dovranno mai confrontarsi con la misura pratica dell apprezzamento dei genitori, e potranno beneficiare di un nucleo fantasmatico di apprezzamento incondizionato che la base essenziale per quell atteggiamento possibilista che permette poi la sperimentazione. I problemi pi grossi si incontrano invece nelle 4) reazioni emotive a personaggi contenitori di proiezioni stabili:

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che sono le situazioni pi lontane dalla coscienza e pi coercitive per il comportamento. Si tratta infatti di I) - reazioni emotive a figure dell infanzia proiettate nel presente; II) - reazioni emotive a persone utilizzate come sostituti di parti mancanti di s (oggetti- S);321 III) - reazioni emotive congrue a tipologie di interazioni assimilate nell infanzia e vissute come l unica opzione possibile; IV) - reazioni emotive a proiezioni identificative; vale a dire i livelli profondi del transfert.322 Se guardiamo dal punto di vista gestaltico, possiamo descrivere questi fenomeni come consistenti mancanze di contatto: I) - per quanto per esempio situazioni e persone si possano assomigliare, le differenze saranno sempre pi rilevanti delle somiglianze, e limitarsi a notare e vivere queste ultime significa perdersi una bella fetta di realt; II) - vivere poi l interlocutore come sostituzione di una parte mancante, in flagrante contrasto con l imperativo categorico kantiano di considerare gli altri sempre come un fine e mai come un mezzo, per non ridurre l interlocutore a mera funzione; III) - la fissit dei modelli di interazione la si pu chiaramente considerare come una consistente mancanza di contatto, dato che restringe il campo d esperienza vitale della persona; IV) - la sterilit poi di certe interazioni dipende da una vera e propria mancanza d interlocutore, quando la persona totalmente sprovvista di motivazioni personali e sembra esistere solo in funzione dell identificazione con l altro. 5) Reazioni emotive al transfert dell altro (controtransfert): Il transfert provoca nella persona a cui diretto una reazione emotiva specifica, il cosiddetto controtransfert, attraverso un meccanismo simile all induzione ipnotica. Una persona che sia messa infatti in una data situazione (che accetta), sviluppa, come ben sanno gli attori, almeno l ombra del vissuto emotivo che il suo ruolo comporta: se non si rende conto che l emozione dipende dalla situazione, magari perch si tratta di una transazione passata attraverso comunicazioni non verbali, la persona pu sposare acriticamente la situazione in cui implicata. Accorgersi delle dimensioni controtrasferenziali di certi vissuti emotivi essenziale da una parte per non venire trascinati nelle storie che l altro inconsciamente mette in scena: dall altra, a una osservazione attenta il proprio stato d animo pu rivelare sempre per via controtransferenziale lampi di intuizione profonda riguardo alla situazione in corso. Per definizione dunque tranfert e controtranfert sono complementari. Per capirne la meccanica ci si pu riferire per esempio all esperienza della psicoterapia relazionale, che mette in luce come un determinato ruolo tenda a indurre risposte complementari o simmetriche, ma comunque specifiche, e difficilmente evitabile, se non disponendo di un alto livello di differenziazione emozionale. D altra parte, se prendiamo come modello metapsicologico di riferimento la teoria della relazione oggettuale di Otto Kernberg, dove una parte essenziale nel processo di sviluppo dell Io consiste appunto nell identificarsi in ruoli, i quali sono complementari fra loro,323 appare chiaro che il porsi per esempio in un ruolo filiale tende necessariamente a indurre nell altro un ruolo paterno. Anche nella teorizzazione di Goodman, dove il s si realizza al momento del contatto,324 l atteggiamento della persona inevitabilmente influenzato dall atteggiamento dell interlocutore: il contact boundary non pu quindi prescindere dalle immagini proiettate dall altro, e allora in definitiva al transfert non pu non corrispondere un emozione controtransferenziale. Il tema delle proiezioni, dal punto di vista gestaltico richiede comunque qualche spiegazione sui problemi relativi al contatto. Possiamo per esempio guardare la situazione da questo punto di vista: immaginiamo che il contatto sia lo stato entropicamente325 pi basso, e che il non contatto sia invece l invenzione biologica. Se consideriamo che l io si sviluppa attraverso l assunzione di informazioni, che con il continuo aumento lo costringono a continue riorganizzazioni tali da metterlo in grado di gestire livelli maggiori di conflittualit interna, appare chiaro come un

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meccanismo di filtro delle informazioni sia indispensabile per dosarne l afflusso in relazione alla tolleranza delle strutture, in modo da evitare destabilizzazioni a cui l io non pu al momento far fronte. Essere capaci di interrompere l afflusso di percezioni sia dall esterno che dall interno assomiglia parecchio a mettere gi il telefono, cio appunto a interrompere il contatto. Si tratta quindi di un meccanismo difensivo vero e proprio, che essendo di per s indispensabile per la sopravvivenza psichica, diventa patologico per eccesso di uso, proprio perch, evitando l immissione di informazioni destabilizzanti, impedisce il normale processo di sviluppo dell organizzazione dell io, e mantiene s la persona coesa, ma a un livello in cui non capace di gestire situazioni oltre un certo grado di complessit.326 Questa ottica del problema del contatto permette fra l altro una comprensione immediata del meccanismo del delirio, che appare come una costruzione ragionevole su presupposti irragionevoli, cio non aderenti alla realt. Se consideriamo infatti l aderenza alla realt come fondata su: 1) la percezione di dati; 2) l elaborazione razionale e intuitiva dei medesimi; possiamo capire come la sottrazione di dati modifichi sensibilmente i risultati di questo processo. Se quindi si fortemente motivati a ottenere uno specifico risultato, si tratta solo di eliminare quei dati che porterebbero a conclusioni differenti: insomma un po' come truccare un bilancio. I deliri in sostanza da questo punto di vista appaiono estremizzazioni di un fenomeno inerente al funzionamento della mente, e patologico solo per la sua disfunzionalit, dato il costo, cio l enorme dispendio di energia per tenere coeso il S (in senso kohutiano), rispetto a quella che rimane disponibile per la vita pulsionale. Attraverso la metafora delle due facce della stessa medaglia si pu ricucire abbastanza la distanza teorica fra ottica fenomenologica e ottica metapsicologica:327 il modello metapsicologico che comunque meglio si presta a conciliarsi con l approccio gestaltico la psicologia del S,328 che con la sua lettura del narcisismo come contrapposizione polare alla pulsionalit piuttosto che come fenomeno in s patologico, permette una interpretazione metapsicologica calzante e senza forzature delle polarities, individuate dai Polster come caratteristiche costanti della psiche,329 e d ragione di essere (sempre in sede metapsicologica) alla tecnica della sedia vuota. Il concetto del S come espressione di una perpetua dialettica fra il polo narcisistico e quello pulsionale permette poi una prospettiva di sviluppo della personalit senza limiti e senza mete prestabilite, che ben si accorda con l ottica fenomenologico esistenziale del pensiero gestaltico, dove la creativit non ha altri limiti se non quelli che l ovvio gli impone. 5 f. Il lavoro in gruppo nella psicoterapia della Gestalt Anche se evidente intuitivamente, non facile descrivere nei particolari la differenza fra essere in un rapporto di tipo psicoterapeutico con una persona sola o con un gruppo, data la grande quantit di variabili in gioco. Restringendo l attenzione agli elementi fondamentali su cui si appoggia la tecnica della psicoterapia della Gestalt, si pu dire che nella seduta individuale il paziente in rapporto con un solo interlocutore, abbastanza stabile emozionalmente, che lo aiuta intenzionalmente a gestire le sue difficolt relazionali, mentre nell incontro di gruppo sono presenti altre persone, che dovendosi occupare ognuna delle proprie specifiche difficolt, nel migliore dei casi risultano imprevedibili nei movimenti, e mettono quindi gli interlocutori in situazioni di ogni genere. Se da una parte questo complica la faccenda, dato che il setting non ha pi la stabilit in cui di solito si conducono le operazioni psicoterapeutiche, dall altra obbliga la persona a prendere contatto con aree del proprio mondo interiore che, potendo, eviterebbe il pi possibile per la difficolt di gestirle. Da questo punto di vista la difficolt si trasforma allora in risorsa, una volta superata la difficolt tecnica della gestione di un setting instabile. Si potrebbe obbiettare che le stesse difficolt prima o poi si presentano comunque, anche nel setting individuale: questo vero solo se si tiene conto, come nell approccio freudiano, delle difficolt strutturali,330 che sono limitate, mentre se si pensa, come nella psicoterapia della Gestalt, in termini di difficolt esistenziali, campo molto pi

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vasto, non si pu immaginare che, anche se sono importanti, necessariamente si presentino da sole. Possono rimanere inevase per un tempo indefinito molte pratiche, anche se per la persona nel suo intero potrebbero essere urgenti. Il principio dell emergenza dei bisogni riguarda infatti quelli dell organismo biologico, e non si configura per quelli della personalit in quanto pregnanza: si pu contare che si presentino spontaneamente all attenzione i bisogni geneticamente assegnati allo specifico organismo, ma non si pu sperare che il trascendente prenda forma naturalmente. Se l individuo non messo alla prova pu probabilmente passare tutta la sua vita senza avere sentore delle proprie e delle altrui potenzialit. Le potenzialit esistenziali sono il reciproco delle difficolt esistenziali: le difficolt elicitano la resilienza,331 l apertura mentale della persona e la vastit della sua esperienza. Da un punto di vista fenomenologico esistenziale, la ricchezza di una persona la sua esperienza, e questo dipende fondamentalmente da quanta parte di mondo gli si offerta durante la sua vita. Si sa che i bambini sottostimolati non si sviluppano adeguatamente, ma in realt questo accade anche agli adulti, che soffrono anche loro della sottostimolazione, e possono per questo stagnare in vite sterili dibattendosi in problemi insolubili di piccolissimo cabotaggio. Un gruppo di psicoterapia permette alla persona di incontrare l altro nella sua diversit, e non in funzione di iniziatore all esperienza, come con lo psicoterapeuta, ma come esperienza in s: l altro cio non promette stabilit emozionale, non l per aiutare, ma variabile potenzialmente infinita che riconosce e si riconosce, sviluppando cos il proprio stile di vita in una logica funzionale nel senso del valore e a nient altro, a parte la propria sopravvivenza. A proposito dell esperienza, abitano nella psicoterapia della Gestalt due punti di vista parecchio discordanti: uno che qualunque esperienza nutre e arricchisce la persona; l altro che la persona integra solo quelle esperienze che non sono troppo distanti dai confini del suo io: le altre passano e vanno, o magari lasciano anche danni. Riferendosi a questo secondo orientamento, meno radicale e pi ragionevole, la terapia in gruppo nella psicoterapia della Gestalt si pu considerare consigliabile quando rappresenti un opzione percorribile per il paziente, quando cio egli sia in grado di affrontare l instabilit del setting con una probabile (a giudizio ovviamente del terapeuta) apertura piuttosto che con una chiusura difensiva. Nel caso invece che l instabilit del setting presumibilmente (sempre a giudizio del terapeuta) intensifichi le reazioni difensive del paziente, il rapporto individuale ha il grande vantaggio che si adatta al fronte d onda del contatto cos come si presenta momento per momento, e il terapeuta pu accompagnare il paziente nelle sue variazioni cromatiche amplificando quelle che tendono a scomparire e mettendo la sordina a quelle che tendono a prevaricare il resto, in modo da aiutare la persona a riconoscere e a padroneggiare il proprio stile comportamentale. Se la seduta individuale infatti il setting pu rimanere abbastanza stabile da permettere allo psicoterapeuta di aiutare il paziente a esperire e utilizzare le proprie emozioni come ponte relazionale: il terapeuta si adatta all intensit e alle forme impiegate dal paziente e lo aiuta a rimodellarle in funzione di una maggiore sensatezza dell esperienza. La psicoterapia in gruppo richiede insomma alcuni escamotages tecnici specifici, che permettano di muoversi in un setting instabile. Ci sono per esempio alcune regole da dare, e una volta esplicitamente accettate da tutti i membri del gruppo, da far rispettare. Prima regola che si pu esprimere qualunque emozione, dalla pi amorosa alla pi distruttiva, ma non si pu agire niente. Chi non accetta questa regola non pu partecipare al lavoro del gruppo. Questo naturalmente richiede di rendere chiara la differenza fra esprimere e agire, che nella psicoterapia della Gestalt non coincide con verbale e non verbale: sul piano verbale la differenza per esempio fra un insulto, che corrisponde a parlare dell interlocutore, a manifestare il peggiore degli auguri, che corrisponde a parlare di se stessi e dei propri desideri, e quindi rientra nell area dell espressione.

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Anche sul piano non verbale la discriminante lo spazio privato dell altro, che non va invaso, sempre riferendosi al buon senso come criterio di valutazione. Si parla sempre all altro e mai dell altro, presente o assente che sia: nel caso di assenza dell interlocutore lo si colloca immaginativamente nella sedia vuota e gli si rivolge direttamente la parola. Parlare di qualcuno invece che a qualcuno un modo molto efficiente di interrompere il contatto e di rendere inefficace la comunicazione. Nell approccio sistemico si chiama triangolazione, un termine che descrive bene visivamente questo meccanismo di difesa. Mentre nel setting individuale si tratta di comportamenti ugualmente fondamentali, ma che vengono amministrati implicitamente dallo psicoterapeuta, in un contesto di gruppo diventano regole esplicitate e che richiedono consenso, altrimenti il lavoro in gruppo diventa ingestibile per la troppa instabilit del setting. Sia in individuale che in gruppo, nella psicoterapia della Gestalt l attenzione orientata principalmente al senso, e secondariamente al significato: richiesto quindi di manifestare in primo luogo quello che si sente, e secondariamente quello che si pensa. Nel gruppo particolarmente importante mantenere questa disciplina perch attraverso il pensiero e quindi il giudizio passano gran parte delle interazioni difensive e soprattutto aggressive fra le persone: mantenere la comunicazione sul piano del sentire non lascia passare aggressivit non esplicite e difficili da controbattere, e permette alle persone di starsi di fronte, o piuttosto di confrontarsi, come si dice tecnicamente, mantenendo la propria dignit in qualunque attrito personale, indipendentemente dalla forza dell interlocutore. Va esplicitato evidentemente anche il tema della privacy: niente di quello che succede nel gruppo pu essere riportato fuori (pena l espulsione dal gruppo), e va esplicitato infine l obbligo di un punto di vista che spesso viene dato erroneamente per scontato, cio la democrazia. La Gestalt a orientamento fenomenologico esistenziale infatti si basa su un punto di vista radicalmente democratico: ognuno responsabile della propria esistenza, e ognuno la amministra a modo suo. Il terapeuta aiuta, ma non ha una ragione superiore al paziente. Se possiede un grado di autorit perche il paziente glielo ha dato, e se lo pu riprendere quando vuole. Lo psicoterapeuta ha facolt di ritirarsi dalla relazione se la ritiene insoddisfacente, ma non possiede nessuna verit che pu imporre su quella del paziente: la relazione non fra soggetto conoscente e oggetto conosciuto, ma tra soggetto e soggetto, ognuno dotato della sua autorevolezza nel rapporto con la verit. Disse una volta una persona al suo psicoterapeuta: dottore, io sar anche schizofrenica, ma devo pur vivere!, riferendosi al fatto che non aveva altro modo che il suo per gestire il rapporto con il mondo. Fra i vari luoghi di sperimentazione del cambiamento, la terapia di gruppo pu usare la drammatizzazione, con svariate modalit tecniche, a seconda dell intenzione e quindi del background di pensiero dello psicoterapeuta. Nell approccio gestaltico a orientamento fenomenologico esistenziale il teatro ha preferibilmente senso etico, di ricerca cio di qualit dell esperienza: la sperimentazione teatrale permette allo sperimentatore di articolare un linguaggio comportamentale con cui costruire la sua quotidianit relazionale senza essere impastoiato dalle coazioni di una comunicazione rimasta a un livello scolastico e quindi rigorosamente non creativa. Per questo motivo la drammatizzazione richiede: a) che il lavoro si basi interamente sulla richiesta del cliente, che dichiara di voler rappresentare quella scena e si assume tutte le responsabilit del risultato. La persona non deve giustificare la sua scelta dal momento che se ne assume le responsabilit (gli si pu comunque chiedere le sue aspettative, eventualmente proporgli il confronto fra i risultati e le scelte e chiedere le sue reazioni in merito); b) che la persona che chiede di rappresentare la scena prenda il ruolo di regista e non assume nessuna parte come attore. Questo lo obbliga a responsabilizzarsi dell insieme invece di aggrapparsi a una parte: cos che con la Gestalt dell intera scena che deve a questo punto fare i conti. Come regista infatti interpreta il testo, facendosi carico dell insieme ed essendo costretto ad assumersi la responsbilit delle approssimazioni all interno della sua intenzione comunicativa: cosa vuol far vedere e come, che impatto vuol avere sugli spettatori. Divertimento, noia, interesse, curiosit, coinvolgimento, sono prodotti del suo operare, non appartengono impersonalmente alla

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scena. In questo modo si responsabilizza della sua comunicazione, che diventa coscentemente rivolta direttamente agli altri; c) che il regista non dica agli attori come fare la parte, ma faccia lui stesso ogni parte. Gli attori poi copiano, rifacendola come lui l ha fatta: stesse parole, stesso tono di voce, stesso volume, stessi gesti. Vietato migliorarla: la modalit con cui il regista mostra la parte significativa cos com . Se al regista non piace, pu chiedere cambiamenti, mostrandoli naturalmente in prima persona, e pu anche cambiare gli attori se non fanno quello che vuole lui. Il regista padrone della scena. Una volta rappresentata la parte come vuole il regista, la scena viene ripetuta all infinito e chi vuole che una parte sia rappresentata in modo diverso, si mette alle spalle dell attore e recita la parte nella maniera che ritiene soddisfacente.332 Tutti possono doppiare, gli spettatori, gli attori stessi, il regista e il trainer. Si tratta di una ricerca comportamentale che non indirizzata alla scoperta di una verit (il comportamento giusto, adatto, sano, ecc.) ma al rivelarsi della multiformit della realt, che in questo modo appare agli esseri umani come una molteplicit di forme di cui ognuno pu disporre a suo piacere per costruire frasi comportamentali significative e eventualmente dotate di valore etico, secondo le intenzioni della persona stessa. 5 g. I sogni nell ottica fenomenologico esistenziale Freud propose un ipotesi molto semplice sul significato dei sogni: afferm che il sogno la realizzazione fantasmatica di desideri. La diffusa difficolt di comprendere correttamente questo punto di vista risiede nei due termini realizzazione e desideri. In primo luogo infatti il sogno per Freud non rappresentazione, ma realizzazione (naturalmente fantasmatica, cio sul piano della fantasia) di desideri.333 Per esempio, dato che il sogno realizzazione e non rappresentazione, se si ha sete si sogna di bere: se fosse rappresentazione si sognerebbe di avere sete. L ipotesi di Freud parte dalla considerazione che si sogna di notte, quando il corpo disattivato, e se si ha sete non si pu essere portati dai muscoli all acqua, come di giorno. Quando il corpo si disattiva, i desideri si realizzano fantasmaticamente, cio per immagini. Realizzando i desideri, il sogno li rende manifesti: chi sogna di bere ovviamente ha sete, e questo apre la strada allindagine psicologica della vita interna delle persone. L altra considerazione la differenza tra desiderio e desideri. Siccome infatti i desideri non vanno mai da soli, un sogno non ha un solo filo conduttore, ma ce ne sono di solito cos tanti da farlo apparire incomprensibile. Nello stesso sogno compare un desiderio e magari contemporaneamente anche il suo opposto: pu essere per esempio che il sognatore faccia morire qualcuno e poi si senta in colpa. Quando si sogna cose che non desideriamo, come per esempio negli incubi, secondo Freud sono i desideri non conosciuti, inconsci, che stanno affiorando. Questo punto di vista taglia fuori molte opzioni nelle quali spesso le persone trovano interesse, come i sogni premonitori per esempio, o altre amenit del genere che con la psicologia non c entrano affatto. Dal punto di vista psicologico infatti, che il sogno possa avere un significato premonitore non serve assolutamente a niente: conoscere il futuro non ha nessuna funzione psicologica. L ipotesi che sia la realizzazione fantasmatica di desideri invece molto utile, in quanto illumina lati della personalit non immediatamente riconoscibili. L attivit onirica non un privilegio umano: i cani per esempio sognano, e se anche gli animali sognano significa che si tratta di un fenomeno naturale. Questo implica che il sogno debba avere una funzione biologica, perch in natura l evoluzione spazza via tutto quello che non aiuta a sopravvivere. Si potrebbe intanto dire che serve a calare la tensione: realizzare un desiderio anche solo in maniera fantasmatica diminuisce la frustrazione, ma magari sembra poco probabile che un meccanismo complesso come il sognare si sia potuto evolvere solo per non sentire la frustrazione. Se immaginiamo per che un cane affamato sogni di mangiare, chiaro che attraverso le immagini del sogno avrebbe indicazioni su cosa mangiare e dove trovarlo, e questo avrebbe evidentemente un valore in termini di sopravvivenza. Visto in questa ottica il sogno un progetto: un progetto infatti non altro che una fantasia dettagliata. Pi dettagliata, pi d indicazioni su come pu essere realizzata.

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Insomma come se durante la notte facessimo progetti per realizzare i nostri desideri su una dimensione pi elastica di quella diurna. come se si cominciasse con supponiamo che e poi si facessero delle fantasie: questa capacit assunta consapevolmente uno strumento di grande versatilit. Cos infatti lavora per esempio un architetto: pensa a una casa nei dettagli, immaginando difficolt e soluzioni. La differenza che il sogno capita passivamente, mentre la fantasia senza difficolt si puoesercitare attivamente, andando consapevolmente alla ricerca di soluzioni. I sogni sono insomma pieni di rivelazioni su quello che la persona desidera. Ma nel linguaggio comune, questo il mio sogno vuol dire che quello che desidero di pi, e ognuno vorrebbe credere che il sogno dice che lo otterr. Se per esempio si sogna di vincere alla lotteria, si vuol credere che un annuncio che si vincer alla lotteria ed molto deludente considerare invece che quel sogno rivela solo che si desidera vincere alla lotteria. Cos, di solito, la persona vuole che il sogno annunci la realizzazione vera del suo desiderio, e non si rassegna all idea che ne sia una realizzazione fantasmatica. Di solito poi si identifica il significato del sogno con le immagini che si ricordano, ma probabilmente queste non sono altro che il vestito che gli si mette per via associativa. Ci sono sogni infatti, ai limiti della capacit di percepirle, che non hanno questo vestito: sono le sensazioni e le emozioni in realt che funzionano da propellente per la vita umana, piuttosto che le immagini, che semplicemente aiutano a gestirle. I sogni costituiscono una parte molto importante della fisiologia della vita e verosimilmente producono comunque un effetto, anche quando non passano dal livello concettuale della comprensione e nemmeno della memoria. Dal punto di vista fenomenologico- esistenziale comunque la domanda su cosa sia un sogno perde di importanza, dato che qui non lo si pu comunque interpretare. Un quadro di riferimento dentro cui l interpretare ha un valore infatti quello in cui la realt ha una faccia apparente e una vera, e dove interpretare significa passare appunto dall apparenza alla verit, come nel pensiero freudiano: ma dal momento che da un punto di vista fenomenologico esistenziale la realt ci che appare ai sensi, qui il sogno niente altro che un esperienza. Mangiare un gelato e sognare di mangiare un gelato sono due esperienze, ovviamente differenti, in quanto una agta e l altra immaginata, ma siccome le esperienze sono in definitiva un complesso di sensazioni, un sogno, in quanto vissuto sensoriale, di fatto una esperienza come un altra. Anche andare al cinema un esperienza, e il sogno un tipo di esperienza simile a guardare un film, dove tutto il vissuto passa attraverso la vista e l udito, e non c tatto, n odorato, n gusto. Nell approccio gestaltico insomma non c un quadro teorico di riferimento che possa dare ragione dell interpretazione riduttiva, cio analitica concettuale, e permettere una elaborazione per questa via. Se invece ci si riferisce a un punto di vista ermeneutico, che compatibile con la Gestalt, si pu intendere il sogno come una metafora: mentre l elaborazione simbolica, attribuendo significati univoci, alla fine produce rigidit, trattare il sogno come una metafora come dire che ricorda qualcosa della vita, poi sogno e vita se ne vanno ognuno per conto suo e la vita non rimane trattenuta, imprigionata nel sogno. I sogni sono mitopoietici, attivano la vita interiore: se si chiudono nel contenitore dei simboli diventano come gioielli in cassaforte, non se ne vede pi la luce. Questo d altra parte soddisfa l umana necessit di possesso, il possesso a costo di uccidere ci che possediamo: come avere un uccellino in mano, stringerlo a morte perch non scappi. Fromm teorizz l importanza della differenza fra avere e essere, che sul piano sociopolitico corrisponde all alternativa fra il mondo degli oggetti e una cultura dell esperienza: questa differenza fu appunto una delle spinte che port Perls a differenziarsi dal movimento freudiano. Perls cercava infatti un approccio psicoterapeutico che non strangolasse il vissuto con i concetti, e trovava che la psicanalisi, pur essendo stata a suo tempo un movimento di liberazione, avesse sviluppato una tendenza a rinchiudere dentro simboli e concetti il lato dionisiaco dell esperienza umana. Considerando appunto il sogno come unesperienza, elabor un tipo di intervento centrato sullamplificazione del rapporto delle varie parti dellesperienza fra di loro, che consiste in pratica nel mettersi nei panni di ogni personaggio del sogno e farlo interagire con gli altri, in modo da portare in luce impliciti e evitamenti. Manifestando il vissuto recproco di ogni personaggio, il sognatore tesse una rete di intersoggettivit che, senza snaturare quel fenomeno che il sogno, lo apre in maniera esegetica. Nel lavoro a orientamento esperienziale non si tratta di lavorare il sogno, ma di lavorare dal sogno. Il lavoro che

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riguarda i sogni e che ha a che fare con l esperienza sempre un lavoro dal sogno: l esperienza vita, e la vita non pu essere congelata in significati, pu solo andare avanti, e lavorare dal sogno significa accompagnarla in questo processo. Inoltre, quando si parla di elaborazione di sogni sia nellapproccio freudiano classico che in quello a orientamento fenomenologico esistenziale, ci si riferisce a sogni raccontati, che stanno cio nel contenitore del rapporto fra sognatore e ascoltatore, dove cio presente una intenzionalit a cui si voglia dare forma. Se un sogno viene raccontato infatti, e in particolar modo in una seduta di terapia, questo significa che c un bisogno da soddisfare, che si tratta cio di un affare inconcluso. Il sogno pu essere elaborato a partire da qui: se la persona l ha raccontato, vuol dire che ha bisogno di qualcosa, e dato che un sogno consiste in un complesso di sensazioni, o vuole farsi aiutare a far cessare delle sensazioni sgradevoli, oppure a vivere ancora delle sensazioni gradevoli. Naturalmente quello che fa fede da questo punto di vista lo stato d animo generale che il sogno ha lasciato, e non le emozioni suscitate dalle singole parti del sogno: le immagini stanno al sogno come le parole a un discorso, ed l insieme che fa il senso. Se il sogno un affare incompiuto, significa che la persona non riuscita a sognare fino in fondo, cio qualcosa gli ha impedito di arrivare in fondo alla storia e di concluderla. A partire dallo stato d animo finale gli si pu chiedere cosa manca perch il suo sogno possa essere compiuto: superare l impedimento a fare nel sogno quello che avrebbe evitato l emozione sgradevole, o nella realt quello che gli permetterebbe di realizzare lo stato danimo piacevole, un abilit che il sognatore non desidera avere (in caso contrario se la potrebbe attribuire nel sogno), ma che data la sua richiesta, evidentemente gli necessaria, e dove necessit e desiderio si presentano come antagonisti, come cio persone dentro la persona, si apre il terreno per l intervento terapeutico. Lelaborazione del sogno qui si basa sull idea che il sogno non sta fuori dalla vita, non abita una dimensione con la quale non si pu interagire. un avvenimento della vita: andata cos, avrebbe potuto andare diversamente. Se si desidera che sia andato diversamente, ci si pu chiedere cosa manca nella storia sognata perch questo potesse succedere: lesperienza insegna che quel che manca nel sogno manca in realt anche nella vita, e cercare di svilupparlo da una parte porta a trovarlo anche nell altra. In questo tipo di lavoro si parte dall emozione che resta al risveglio, che del sogno il contenitore. Come guardando un film, il contenitore dell esperienza lo stato d animo che resta alla fine. Quando ci si sveglia, non si sa se ci ricordiamo tutto il sogno oppure no, per l emozione che resta dipende evidentemente dal suo insieme: anche se si dimentica una parte del film che si evisto, lo stato d animo che si vive alla fine dello spettacolo infatti allincirca lo stesso. Per lavorare su un sogno in questa ottica non necessario che sia grande, pieno di cose, bello o comunque completo: c bisogno quasi solo dell emozione che si prova al risveglio. Per esempio, il sognatore dice al risveglio ho provato angoscia. Che tipo di angoscia? si domanda, angoscia come se stessi per morire, come se dovessi dare un esame e non avessi studiato, come se ti dovessero fare una operazione rischiosa? Ascoltando attentamente emozioni e sensazioni ci si accorge di moltissime sfumature, da cui per via associativa si pu dare forma a parti elusive dell esperienza fatta. Questo implica considerare le immagini paradigmi dell emozione e non le emozioni paradigmi delle immagini: le immagini infatti qui sono evidentemente funzionali alla gestione di sensazioni e di emozioni, come del resto implica una concezione del sogno come soddisfazione fantasmatica di desideri. Una modalit possibile per utilizzare il sogno per il suo valore metaforico consiste nel raccontarlo continuando ogni frase compiuta con l espressione: e questa la mia vita: lo si trasforma cos direttamente in una metafora, che evoca quello che connesso non esplicitamente con le immagini, e questo pu far emergere per esempio pattern che si ripetono nella vita senza che ci se ne accorga. Una differenza essenziale tra simbolo e metafora che la metafora non ha un senso univoco, e non ha nemmeno sempre lo stesso senso. Lavorando col sogno in momenti diversi vengono in mente cose diverse. Usare metafore un po'"come pescare: si prendono sempre pesci diversi, perch a livello intrapsichico in ogni momento le connessioni cambiano. Come faceva Stevenson nel suo mestiere di scrittore, si pu poi lavorare un sogno considerandolo come parte

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di una storia. In linea di massima un sogno strano, stravagante, inspiegabile: pu dare risultati interessanti immaginare che sia solo un capitolo di una storia, e scrivere il prima e il dopo, scrivere cio un racconto di cui il sogno il cuore, giustificando e spiegando con la storia le stranezze e le assurdit del sogno. Scrivere racconti molto difficile, ma scriverli sulla base di un sogno lo molto meno, perch il sogno con il suo mistero invita a spiegare che cosa successo e perch successo. Il risultato come se una scatola chiusa si fosse aperta e il contenuto si fosse diffuso per l organismo; come se l energia contenuta nel sogno si fosse diffusa nell anima della persona e fosse diventata benzina per la quotidianit. Anche questo un modo di lavorare che lascia essere il sogno un esperienza e nient altro: un esperienza che si dipana in uno scritto. Un altro modo in cui si pu lavorare un sogno metterlo in scena teatralmente, cio farlo vedere invece di raccontarlo. Gi la messa in scena comporta di per s molti problemi, come realizzare la scena, cosa far dire alle persone, eccetera: mentre si risolvono questi problemi come se il sogno stesso si dipanasse. Mettere in scena un sogno un modo di allargare l esperienza, in maniera assolutamente imprevedibile. Poi si pu semplicemente osservare il sogno e commentare la propria esperienza, oppure si possono fare doppiaggi, variando parti del sogno. Un esempio di tecnica del lavoro dal sogno. La paziente racconta questo sogno: nel sogno ho la sensazione chiara che parlo con qualcuno e gli dico: ci vediamo all angolo, dove c la libreria F. M. Ricci, e ho l immagine di questo nero della libreria, molto elegante, e niente altro. Ho questo flash, e un senso di sospensione. T La sensazione piacevole o spiacevole? P mi colpisce il fatto dell eleganza, con decorazioni bizantine di oro morbido, e anche parlare con la persona della libreria mi lascia un senso piacevole, un senso di morbidezza piacevole. T quindi sembra che il sogno sia all insegna di sensazioni piuttosto che di emozioni, e sono sensazioni di eleganza e di morbidezza. P si, e sensazioni visive dei colori... T e che ti piacerebbe ottenere elaborandolo? P una strana cosa, semplicemente riprodurre questa sensazione. Trovare un modo nel lavoro di viverla anche fuori dal sogno. T quello che ti piacerebbe quindi creare qualcosa di morbido e elegante. Da dove viene fuori questo senso di eleganza e morbidezza? P legata ai colori e all atmosfera: quello che vedo una giornata primaverile, con dei colori nitidissimi, il sole caldo di primavera, un muro giallino, l aria leggera e questo angolo con il negozio. La forma greca dell ingresso e della vetrina, da cui si sprigionano colori bizzantini: l oro morbido, brunito, il rosso. T composti come, questi rossi e questi ori? P come un dipinto bizantino, lo sfondo dorato e le tuniche rosse, c un solo viso, chiaro, il resto piatto. Il viso contornato di capelli neri. T come potresti costruire un immagine all insegna di questi colori, rosso- oro e nero, per farne per esempio il marchio per carta intestata che prima hai detto che stai cercando di disegnare? P l uomo della libreria ha un viso giovane e gli occhi molto neri, che escono fuori vispi. Mi sento un po' in contraddizione fra la sua riservatezza e questi occhi... T come sarebbe quel marchio fatto con quei colori se tu dessi fondo alla tua fantasia invece di essere seria e responsabile? Se invece di farlo come si deve lo facessi come vuoi? P per il marchio sono legata all idea della vecchina. T e se facessi quella vecchina con questi colori, in maniera morbida ed elegante? P mi verrebbe a colori, tonda invece che quadrata, la farei rossa e oro. T descrivila.

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P farei un cerchio che non si chiude, forse un ovale, utilizzerei le due parti yin e yang per senza incastrarle fra loro, ma sovrapponendole, e una la farei rossa. Sovrapponendole in modo che la parte che si sovrappone sia sfumata tra il rosso e l oro. Toni chiari, d oro, sopra e rosso sotto, e con il giallo sfumato nel centro, versi lo yin e lo yang. T che effetto ti fa? P mi fa un effetto molto particolare, di rompere un tab: lo yin e lo yang sono fatti in un certo modo, come ho osato modificarli? Mi sembra di aver contravvenuto a un divieto, e d altra parte ho fatto una cosa che mi piace da morire. Il prodotto mi piace da morire. E poi sento sorpresa per un terreno mai tentato. Mi sento decisamente bene. Sono attratta da questa cosa. T la mia impressione che hai trovato un filo guida per la tua specificit, che non si afferma attraverso un binomio giusto- sbagliato, ma attraverso un intuizione di eleganza e morbidezza, e mi sembra che se segui queste sensazioni diventi capace di non fermarti davanti alle barriere del conforme: un terreno nuovo e inesplorato.

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Conclusioni Riassumendo: l arbitrio e la necessit. L olismo334 non , come certe correnti di pensiero sembrano credere, un punto di vista opinabile: invece una equivalenza logica, solida come il teorema di Pitagora, dato che una delle parti di un insieme quella che nell insiemistica si chiama l insieme delle parti, e che in pratica equivale all effetto composizione, cio alla relazione fra le parti, che risulta evidentemente una inevitabilit. Si pu dire dunque che l olismo semplicemente il riconoscimento della realt dell insieme, che pur non essendo pi o meno reale, e neanche pi o meno importante delle sue parti, comunque qualcos altro. Assumere un punto di vista olistico insomma un modo di guardare che abbraccia tutte le parti insieme e la relativa composizione, e che si accorge di qualcosa che all attenzione polarizzata sulle parti rimane invisibile. Se ne pu fare esperienza con quei disegni tridimensionali fatti al computer, in cui l immagine tridimensionale invisibile e compare improvvisamente solo con una certa inclinazione dello sguardo, cio se si guarda tutto il disegno insieme: l immagine comunque l, ma se non la si guarda in maniera olistica non si vede niente.335 Come l insieme non risulta dalla semplice somma dei componenti, cos il valore dell insieme non la somma dei valori dei componenti: un quadro di valore vale ben pi del costo dei colori e della tela di cui composto. Il valore dell insieme specifico all insieme, essendo l insieme una realt a se stante, ha anche un valore a se stante, che percepibile solo in concomitanza con la percezione dell insieme stesso. Per quanto ne sappiamo, l esperienza esclusivo appannaggio degli esseri viventi: etica e estetica, oltre che a una chiave logica, sono quindi ancorati a una chiave biologica. Come non si applicherebbe un giudizio estetico a un opera musicale che fosse composta con ultrasuoni, dato che uscirebbe dal range di udibilit e quindi di esperibilit, cos non applicabile un giudizio etico a fatti che escono dalla logica (biologica) delle emozioni. Freud teorizz un sostrato naturale della vita psichica che chiam Es, e che indag attraverso la mitologia: le scienze naturali hanno poi proposto una mappa geografica dei componenti istintivi descritti nelle modalit, negli scopi e nelle parentele interspecifiche, che Lorenz propose di considerare come carta dei diritti dell essere vivente.336 Nel campo della vita, la logica si trasforma da lineare a circolare: il problema di un organismo infatti quello di sopravvivere, non di essere coerente a delle idee, e riguardo alla sopravvivenza la logica diventa appunto biologica. Un organismo aggredito, per esempio, non pu reagire semplicemente in base al fatto di avere o meno ragione, ma bisogna che gestisca la situazione coerentemente con il tema della sopravvivenza, che implica considerare non solo la propria reazione, ma per lo meno anche la reazione dell esterno alla propria reazione, e la propria reazione alla reazione dell esterno (in caso di aggressione appunto, se l avversario troppo forte magari meglio ritirarsi anche se si ha ragione). Una logica con feedback, circolare, biologica insomma. A differenza della logica, che si muove nell infinito e sceglie le vie ottimali, la biologia vincolata alla storia degli eventi dell Evoluzione, alle forme che concretamente si sono affermate attraverso l imperscrutabile filtro della selezione naturale.337 La dinamica delle emozioni insomma non segue il sentiero logico, ma semplicemente un sentiero logico e proprio quello, dato che un comportamento si appoggia su meccanismi complicatissimi, e certo l Evoluzione non ha dotato ogni organismo di meccanismi specifici personali: la specificit risiede nell uso di quei meccanismi, come la specificit di un libro consiste nell uso delle parole, non nelle parole stesse. L esperimento degli Harlow338 sulle piccole scimmie sul tema della paura e della rassicurazione una chiave obbligata della logica della paura in tutti le specie viventi in cui il contatto fisico e il calore corporeo rivestono importanza: la scimmietta con la madre di peluche raggiunge uno stato di rassicurazione, mentre quella con la madre di metallo, fredda e dura, rimane paralizzata dalla paura. Anche l esperimento di Helga Fischer con le oche,339 mostra lo stesso tema nella classe degli uccelli. Con un follow up ne fa vedere anche le conseguenze nella vita adulta, e addirittura mostra la riparativit che certi eventi portano all handicap di partenza: l oca orfana, che non ha avuto rassicurazione e che non riesce a entrare in

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contatto con le altre oche, a un certo momento migliora le sue capacit di contatto adottando pulcini non suoi. Gli organismi insomma, sono degli insiemi che sono come sono, anche se avrebbero potuto essere in un altra maniera. In questo senso bisogna differenziare due livelli di realt su cui gli organismi si trovano: quello biologico, in cui devono obbedire alle leggi biologiche, pena la sopravvivenza individuale e della specie (se non mangiano muoiono, se non si riproducono scompare la specie), e quello esistenziale, in cui hanno libert di scelta. Dato che il livello biologico strutturato, nel senso che codificato materialmente nel DNA, suscettibile di un analisi biologica, cio si pu arrivare a determinarne le forme, dato che sono direttamente o indirettamente prestabilite. Sul piano esistenziale si pu invece solo indagare una differenziazione di sfondi, e solo ammettendo un filtro concettuale come quello che Maturana esprime con il termine autopoiesi:340 l appartenere a una classe, dice, non dipende da come si gestiscono i bisogni, ma solo dal fatto di avere quei determinati bisogni. Per esempio un essere vivente ha bisogno di nutrirsi: si appartiene alla classe dei viventi indipendentemente da se e come lo si fa. In questo esempio indagabile come sfondo la classe dei viventi, ma non le modalit comportamentali dell individuo. Insomma, mentre si possono conoscere le strutture biologiche di un essere vivente, e quindi anche di un essere umano, il piano esistenziale non indagabile scientificamente. C una linea di frontiera: da una parte strutture indagabili, dall altra l avventura della gestione di queste strutture in una libert contenuta nel range delle strutture stesse, ma paradossalmente ugualmente effettiva, data l infinit delle scelte possibili, come Popper dimostra chiaramente341 nella sua opera L io e il suo cervello: la stretta del determinismo si rompe con l intervento del fattore creativit, che moltiplica all infinito le possibilit, pur all interno di un area limitata.342 Se il livello esistenziale non indagabile in quanto non dipende deterministicamente dalle sue premesse (una stessa causa va verso molti possibili effetti), per valutabile per il suo valore, ed per questo che il tema del valore indispensabile per una visione critica della psiche. Un organismo, e quindi un essere umano, ancorato com a una logica di sopravvivenza, non risponde evidentemente solo al valore del pensiero, cio della logica, ma anche al valore dell azione, incommensurabile alla logica, cio all etica, e al valore esperienziale dell oggetto prodotto dall azione, cio all estetica. Logica, etica e estetica sono metri di misura di quell insieme che un fatto, che essendo frutto in parte di predeterminazioni biologiche e in parte di libere scelte, non per questo conoscibile solo in chiave causalistica, cio non considerabile un effetto necessario di una o pi cause, ma deve essere valutato sul piano del valore. L esperienza si manifesta contemporaneamente su questi tre piani, quello logico, quello etico e quello estetico: un fatto che abbia valore solo su uno dei tre piani risulta in genere non del tutto soddisfacente. Se, come indispensabile in qualsiasi approccio esistenzialista, che l approccio olistico per eccellenza, consideriamo essenziale riconoscere il topos del valore nell esperienza, un giudizio critico in materia di anima si muove insomma preferibilmente su tutti e tre questi piani. Per molti secoli la tradizione cristiana ha distolto l attenzione della cultura occidentale dal problema di cosa sia la vita: essendo la vita vera quella dopo la morte, la vita diventava un falso problema, un interrogativo che non meritava lo sforzo di una risposta, e si considerava sufficiente obbedire ai dettami della chiesa per andare in paradiso. Molto diverso nel mondo classico, dove la risposta era areth, virt, nel senso di ricerca del kals kai agaths, bello e buono, cio nel perseguire il valore nella sua accezione esperienziale. Nietzsche identific in un primo tempo il valore nell Arte, e nella nascita della tragedia vide il nascere del miracolo dell arte, che considerava il senso pi alto della vita, nell interazione fra due irriducibili polarit, l apollineo e il dionisiaco. Al tempo dello Zarathustra per l Arte superata in Nietzsche dalla Verit: il coraggio di riconoscere la Verit, il veicolo che fa dell uomo una corda tesa fra l animale e il superuomo. Nella tesi nietzschiana la Verit assume dimensioni assolute: linguistica e relativit sono ancora lontane dal panorama filosofico del tempo. La parola in Nietzsche, come sar poi anche in Buber, ha dimensioni bibliche:

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Nietzsche profeta, e la sua parola un martello che scolpisce nella roccia il futuro dell umanit. La differenza fra il primo e il secondo Nietzsche l intuizione dell eterno ritorno. E volete sapere che cosa il mondo per me? Debbo mostrarvelo nel mio specchio? Questo mondo: una immensit di forza, senza principio, senza fine, una grandezza fissa, ferrea di forza, che non diviene pi grande e nemmeno pi piccola, che non si consuma, ma solamente si trasforma, come totalit immutabilmente della stessa grandezza, un bilancio senza spese e senza perdite, ma anche senza incremento, senza entrate, circonchiuso dal nulla come dal suo confine, niente di evanescente, di dissipato, di esteso all infinito, incastonato come una forza ben determinata in uno spazio determinato e non uno spazio da qualche parte vuoto, bens come forza per ogni dove, come giuoco di forze e di onde energetiche, uno e molto al tempo stesso, che, mentre si accumula da un lato, dall altro diminuisce, un mare di forze in se stesse tempestose e fluttuanti, in eterna trasformazione, in eterno ricorso, con anni immani di ritorno, con flusso e riflusso delle sue forme, spinte violentemente dalla semplicit alla pi varia molteplicit, dalla quiete e dalla fissit e dalla freddezza massime all incandescenza, alla sfrenatezza pi selvaggia, alla massima contraddizione, per poi tornare dalla sovrabbondanza alla semplicit, dal giuoco delle contraddizioni indietro fino al piacere dell unisono, in continua affermazione di se stesso anche in questa identit dei suoi anni orbitali, e benedicente se stesso come ci che in eterno non pu non ritornare, come un divenire che non conosce saziet, fastidio, stanchezza.343 L assunto di Nietzsche vede il mondo collocato in uno spazio finito e in un tempo infinito, ipotesi naturalmente non pi sostenibile dopo Einstein, che dimostra l interdipendenza di spazio e tempo.344 Se l ipotesi obsoleta sul piano logico, la narrazione comunque suggestiva, e d forma a una intuizione fondamentale di Nietzsche. L implicazione primaria dell eterno ritorno l assenza di meta nell universo: l arte stessa non che un epifenomeno che compare e scompare, si forma e si distrugge senza scopo, senza un punto d arrivo migliore di quello di partenza. Indipendentemente dall idea dell eterno ritorno, comunque in questo panorama che bisogna collocare il problema, una volta che si rinunci a un universo al di l dell universo, dove vigano leggi differenti e dove quindi non si debba fare i conti con le limitazioni di questo mondo. Guardando poi da una prospettiva fenomenologica, l essere vivente non ha neanche la possibilit di astrarsi dal suo contesto: come dice MerleauPonty, non c pensiero che abbracci tutto il nostro pensiero.345 Da questo punto di vista l oggettivit sarebbe addirittura un errore epistemologico. Insomma, se la storia non va da nessuna parte, cio non ha una direzione oggettiva, il che probabile, oppure se dovunque essa vada non risolve con questo la vita dell individuo, il che lampante, il problema : che senso ha perseguire qualcosa in questa vita, e eventualmente cosa? Il lascito del mondo classico, oltre al logos kals kai agats, bello e buono. A questo proposito, il mondo moderno comporta due problemi: uno un accanito monismo riguardo al tema del valore, da cui neanche un superfilosofo come Nietzsche riusc a divorziare, dato che per tutta la vita cerc una formulazione unificante del valore: prima Arte, poi Verit, poi Potenza; l altro la coscienza moderna della soggettivit del giudizio, ineluttabilmente legato alla soggettivit dell esperienza. Se passiamo dalla visione hegeliana della dialettica alla critica che ne fa Merleau- Ponty,346 che considera il concetto hegeliano di sintesi come una reificazione (una illusione grammaticale, direbbe Wittgenstein), e ritiene invece che tesi e antitesi formino un campo di forze in cui si possono muovere realt nuove che non inficiano quelle di partenza, la necessit del monismo del valore si rivela chiaramente come un pregiudizio culturale nato e cresciuto attraverso secoli di monoteismo, fino a diventare base acritica e indiscutibile del pensiero stesso. Logos, e kals kai agaths tornano quindi ad essere un opzione plausibile. Lo scoglio della soggettivit invece molto pi duro. Non solo la soggettivit un evidenza, ma anche un etica che avesse carattere oggettivo sarebbe assurda, come anche Wittgenstein vede e ribadisce:347 il problema non dunque quale sia l oggettivit nel campo del valore, ma come muoversi con la soggettivit. L assenza

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dell oggettivit lascia spazio alla volont: se la vita non guidata da ragioni oggettive, la propria volont che la guida. A proposito della volont, bisogna chiarire un punto importante: qui, libert della volont un concetto appartenente a quello che Vattimo chiama pensiero debole,348 non va presa come un affermazione forte,349 assoluta. Come aveva ben visto Nietzsche, la volont ha un suo antagonista fondamentale, che il destino. Si potrebbbe dire che la volont sta al destino come la velocit di un auto sta al peso: senza peso l auto non farebbe presa sul terreno e il motore non sarebbe in grado di trasformare la sua potenza in un movimento concreto. nell antagonismo con il destino che la volont umana prende forma e realt: nell antagonismo con gli accidenti del mondo esterno e con le forze oscure che premono dentro di noi spingendoci in direzioni impersonali, che la volont d una forma specifica alla vita, la quale rimarrebbe altrimenti, come diceva Shakespeare, il borbotto di un ubriaco che non significa niente. Ma la volont dove si dirige? Caminante son tus huellas el camino y nada mas: caminante, no hai camino, se hace el camino andando Viandante, sono solo le tue orme / il sentiero, e niente pi: / il sentiero non esiste, / il sentiero si fa andando, / dice Machado,350 fugando con un geniale colpo di spugna le illusioni sull esistenza del cammino. E, se non c il cammino, si pu pensare che ci sia almeno il viandante? Nietzsche sembra sicuro di questo: il Viandante del viandante e la sua ombra351 non dubita dell esistenza della Verit, ma certo non passato attraverso il tritacarne dell esistenzialismo, n attraverso la necessit psicanalitica di uccidere il padre e la madre. Nel relativismo integrale del pensiero contemporaneo in realt anche la figura del viandante comincia a tremolare, e si dissolve nell aria come i fantasmi a mezzogiorno: a questi lumi di luna il Nirvana, cos odiato da Nietzsche diventa una agognatissima via d uscita. A questi lumi di luna pare evidente che qualsiasi risoluzione per la gestione della propria vita, per quanto soggettiva sia, ormai accettabile purch esista, cio implichi spazio e tempo, e nello spazio e nel tempo, cio nell esperienza concreta, si realizzi. Spariti cammino e viandante, resta la volont, esperibile nella sua contingenza, ed chiaro che cammino e viandante erano una metafora su cui dispiegare la potenzialit, visto che lo svelamento necessariamente rivelazione,352 dato che l essere umano capace di maneggiare la realt soltanto attraverso forme. Una buonissima metafora, piena di tutte quelle suggestioni che la lunga esperienza umana in fatto di migrazioni comporta. Ma, come tutte le metafore, guai a prenderla sul serio: una metafora un mezzo di trasporto, uno degli innumerevoli mezzi di trasporto di cui l umanit pu disporre, innumerevoli come il pontin te kumton aniritmon glasma, l innumerevole sorriso delle onde del mare, di Eschilo.353 Altre metafore? La vita samba potrebbe dire un brasiliano. E perch no? Un eterno ritorno perfettamente interpretato dal movimento della samba, che oscilla eternamente sullo stesso asse senza cercare di raggiungere niente, se non l eterna ripetizione di se stesso. La volont dunque libera dal cammino, in quanto solo una delle possibili metafore, ma non libera dalle metafore, in quanto senza forma non c vita, o, come diceva Kant in altro contesto, senza l aria la colomba non vola:354 l aria che permette alle ali di funzionare, ed la metafora che permette alla ragione di funzionare (o il concetto: ma Nietzsche affermava che i concetti sono appunto metafore disseccate). Cos la volont deve fare i conti con il destino, come i costruttori di automobili devono fare i conti con la forza di gravit. L arbitrio incontra la necessit, e insieme danno luogo alla storia. Se si dovesse dare un idea generale del destino umano, evidentemente si terrebbe conto delle limitazioni fisicochimiche- biologiche della vita: respirare per esempio un destino a cui nessuno ha mai cercato ragionevolmente

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di sottrarsi in nome dell autodeterminazione. E il peso della casualit. E ancora, il destino il proprio carattere, si dice. Ci sono destini scritti nelle vite familiari attraverso molte generazioni, come ha scoperto la psicologia relazionale. Il destino delle contingenze: Buber fu abbandonato dalla madre nella prima infanzia, e certo questo ha influito nel farlo diventare un geniale specialista del rapporto umano. Milton Erickson rimase paralizzato per anni nell adolescenza, senza poter muovere un dito, e lui stesso descrive come questa esperienza fu alla base della sua capacit di osservare i minimi dettagli, dato che vedere era l unica attivit che gli era permessa dalla malattia.355 Insomma il destino si manifesta in tante forme nell esperienza umana, e la volont responsabile appunto di quello che ognuno fa del proprio destino, e cio la propria storia. importante ricordare che non c l opzione di non avere volont: non rispondere una risposta ha detto Watzlawick,356 e non volere niente comunque un volere. Nella logica nietzschiana l eterno ritorno vanifica l importanza della volont, e proprio in questo, la libera: se l universo nel suo complesso non muta e non modificato dalle scelte della persona, le scelte medesime sono, in quanto oggettivamente irrilevanti, realmente libere. Il problema non dunque, come ogni artista sa, cosa bisogna scegliere, ma cosa vuoi tu, proprio tu e nessun altro. Ma, all interno di questa stessa logica, che importa tutto ci? Niente, all universo non gliene importa pro prio niente: importa solo alla persona che fa le sue scelte. Ma anche a quella, che gli importa di scegliere una cosa o un altra, se il mondo non ha valore in s? Fenomenologicamente parlando, nell esperienza di ognuno bello e brutto, buono e cattivo esistono. Se buono e cattivo concidono a volte con gli interessi spiccioli del soggetto, brutto e bello non di rado sono anche culturalmente irrelati, e per questo sono offerti puri all evidenza sensibile. Esiste anche l esperienza del buono: i santi, i buoni per antonomasia, non sono ricordati per aver fatto qualcosa di buono. Molti santi sono stati cos assorti nella loro spiritualit da non aver avuto molto tempo per il resto del mondo.357 Eppure quanti santi sono spesso percepiti come buoni, come se avessero un odore di bont: si dice appunto essere in odore di santit. Personalmente ne ho conosciuto uno da vicino, che dopo morto stato anche canonizzato:358 nel mio vissuto aveva intorno un aura che non potrei chiamare altrimenti che di bont, una specie di luce, di piacevolezza della presenza, che era peraltro parchissima, essendo un uomo di poche parole, e che non era interessante in senso materiale, cio non l ho mai visto fare qualcosa di buono in senso concreto. Di certo amerei incontrare spesso persone di quel genere, e anche mi piacerebbe essere cos. Buono per me stato con quella persona un esperienza chiara, e che il valore l avesse lui o che io abbia dato valore a quello che lui era mi indifferente: per un bambino scoprire o inventare sono la stessa cosa, dice Winnicott a ragione. Bello e buono, kals kai agaths, sono esperienze, la cui unica legge quella della percezione: per essere sicuri che esistono bisogna percepirle, altrimenti, come ciechi, bisogna accontentarsi del racconto che altri fanno del mondo. La bellezza nell occhio di chi guarda, una suggestiva espressione della saggezza popolare: la psicologia moderna la spiega con il concetto di investimento energetico. In questa prospettiva il valore cio non si riconosce, ma si d. Il valore esiste potenzialmente nel soggetto percipiente, che lo d a quello che vuole, e nel darlo sperimenta valore, e di valore riempie la sua vita. Si tratta di una formulazione entro certi limiti in contrasto con l ottica esistenzialista, dove il valore appartiene al mondo: ma se la percezione implica una restituzione a se stessi dell esperienza, questa restituzione un atto, e come tale riceve valore dalle scelte creative del soggetto, e la bellezza in questo senso anche qualcosa che si fa. Non si tratta pi qui solo di una scoperta del mondo, ma di una creazione di mondi, dove la volont si realizza nella rappresentazione (Schopenhauer), o, come dice Baxandall, l intenzione si realizza nella forma. Wittgenstein, critico di Freud, propone un modello in cui non esistono desideri gi pronti negli scaffali del mondo

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interno:359 esistono inclinazioni, atmosfere musicali, come le chiamava Schiller, che prendono forma incontrandosi col mondo esterno attraverso il filtro della committenza e delle possibilit tecniche dell artista (Baxandall). La filologia, il primo amore di Nietzsche, l indagine storica di come le intenzioni prendono forma e mutano nel tempo, una vera e propria anatomia comparata della cultura. Ammettendo che questo chiarisca la modalit, non chiarisce la sostanza: dentro o fuori dell occhio di chi guarda, esiste o no la bellezza? Cacciari, citando Schoenberg, dice:360 E invece poni mente: che vi sia una legge ci dovresti salutare quale miracolo! E che vi sia chi si ribella Non che trita banalit. Il tema del valore investe anche il mondo della ragione, il logos: se la razionalit ne la tecnica, la profondit della logica il suo valore. L enorme importanza dello Zarathustra la sua immensa profondit, che come un sole manda luce e calore nell infinito intorno a s. Una luce e un calore che chi li riceve pu utilizzare in qualunque maniera (diceva Overbeck: Nietzsche la persona nelle cui vicinanze ho respirato pi liberamente),361 come si pu utilizzare il sole per salvare o torturare, far vivere o far morire: il sole manda comunque i suoi raggi, e anche Zarathustra, che comunque paga il suo debito al destino dicendo: Du grosses Gestirn, was wre dein Glck, wen Du nicht httest, welchem Du leuchtest?362 O grande astro, che ne sarebbe della tua immensa letizia se non sapessi a chi risplendere?. L astro- Zarathustra- Nietzsche ha anche lui bisogno di qualcosa: qualcuno a cui risplendere, in mancanza del quale la sua immensa letizia si pu immaginare diminuita dalla vanificazione. Il pensiero acquista il suo valore radicandosi nel bisogno umano. Dall incontro della volont di Nietzsche con il suo destino nasce l insegnamento di Zarathustra: il bisogno di amare, che la biologia gli assegna in quanto mammifero, si risolve nel solitario Nietzsche, reduce dal disastro sentimentale con Lou Salom Andreas, nello splendere all umanit con il suo pensiero profondo, senza quasi niente in cambio se non una pensione che gli permise appena di sopravvivere. Ma non solo profondit la qualit nello Zarathustra: anche bellezza, e anche bont. Non bont in senso pietistico ovviamente: Zarathustra non buono in questo senso, ma i suoi atti hanno una qualit etica che si sposa alla qualit della profondit e alla qualit estetica. Il concetto di Macht, potenza, con cui Nietzsche termina la sua opera non certo il trionfo dell ego, come stato erroneamente interpretato da molti, ma un affermazione di valore che trascende l ego (che comunque riteneva un illusione): Nietzsche diceva che i forti sono miti, perch non hanno bisogno di difendersi, e der Wille zur Macht certamente una volont che persegue valore, non i meri fantasmi del proprio egoismo. In questa Macht Nietzsche vede il realizzarsi della bellezza, della profondit e anche di quel valore dell azione che potremo chiamare bont, se si potesse svincolare questo termine da millenni di impliciti pietistici: la potenza di Nietzsche in definitiva congrua all opzione etica dell aut- aut di Kierkegaard (alternativa al perdersi dietro la tirannia del piacere come scelta obbligata). Se rinunciamo dunque al pregiudizio del monismo del valore, possiamo forse vedere anche in Nietzsche, nell indifferenza del cosmo che balla la sua eterna samba, tre indicazioni contemporanee, che possono indicare al viandante- sambista, meditatore epicureo, una direzione che non sia unica e quindi univocamente determinata, permettendogli cos di rimanere in una ottica fenomenologica, ovvero, come dicono gli astrofisici, al di qua dell orizzonte degli eventi: bellezza, il valore della percezione; bont, il valore dell azione; logica, il valore della ragione;

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tre prospettive incommensurabili che si unificano concretamente nel corpo vivente, come dice Merleau- Ponty, mentre la volont il direttore d orchestra, che costruisce l Opus Magnum a immagine e somiglianza del mistero che ogni essere umano . Se l arte, il mondo della bellezza, si struttura per Nietzsche sull asse apollineo- dionisiaco, e la ragione, il mondo della logica, sull asse vero- falso (uguale- diverso), la storia, il mondo dell azione, si struttura sull asse volontdestino, cio arbitrio- necessit. L Opus dell Uomo consiste allora in questo: affrontare il destino con la propia volont creando forme di valore etico estetico e logico. Una volont che non incontrasse contingenze sarebbe ab- s-tracta, solo potenziale e impotente (Croce affermava che l opera d arte potenziale non esiste):363 la volont si manifesta nel reale incontrando la cieca contingenza e creando forme che pur accogliendo il destino, lo plasmano in modo da soddisfare anche la volont, perch contengono e esprimono insieme l esistere dell Uomo nella sua molteplicit interiore, e il mondo in cui contingentemente vive, il mistero appunto dell arbitrio della volont che diventa atto solo nell incontro con l inamovibile necessit.

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Appendice A. Culture sciamaniche e culture astronomiche

Come la psicologia , secondo l espressione di Kohut, un campo determinato dall empatia,364 la psicoterapia un campo determinato dal libero arbitrio: nessun senso infatti potrebbe avere lavorare sul rapporto con se stessi se questo non potesse cambiare in base alle proprie scelte, e se queste per qualunque ragione non potessero a un qualche livello essere libere. E una scelta in effetti, in quanto occasione di scegliere, per sua natura libera, in caso contrario non sarebbe una scelta anche se formalmente ne presentasse le apparenze: scelta implica la concreta possibilit di scegliere, non quella solo potenziale. La libert umana non necessita l assoluto: poter scegliere fra due opzioni gi una scelta vera e propria. Il range entro cui gli esseri umani possono scegliere limitato: senza delimitazione verrebbe meno la definizione di umano, che come Maturana propone, significa poter continuare ad essere limitato (autopoiesi).365 Delimitano l umano le leggi della natura: un essere umano deve respirare aria, deve nutrirsi, deve mantenere una determinta temperatura. Da questo non pu uscire, se non per diventare disumano. La libert dell uomo sta nei limiti del rispetto delle leggi della natura: nessun uomo pu vivere sotto una certa temperatura se non utilizza un sistema o un altro per mantenere il calore necessario alla sua condizione umana. Non solo la necessit non diminuisce l ampiezza della libert, ma ne anche l unica garante: se l uomo non fosse costretto a nutrirsi, che valore avrebbero le sue scelte e le conseguenti peripezie in questo ambito, le lotte per la giustizia sociale eccetera, e che senso avrebbero le scelte e le straordinarie invenzioni con cui si sviluppata l agricoltura nei secoli? La libert figlia diretta della necessit. La storia della conoscenza comincia dagli animali: animali e uomini primitivi conoscono il mondo attraverso la percezione, cio il sentire. Emozioni e sensazioni danno le informazioni sul mondo indispensabili alla sopravvivenza. Gesti e suoni sono un mezzo di comunicazione preverbale efficiente, ma limitato all esperienza: con gesti e suoni si esprime quello che c e nient altro. Dalla comunicazione non verbale all uso della parola il passo lungo: la parola stabilizzante perch una realt che rimane uguale a se stessa nelle continue fluttuazioni dell esperienza. Non dato sapere come avvenne, ma a un certo momento si stabilizzarono certi elementi, presumibilmente prima sul piano del suono e del gesto ritualizzato e poi sul piano del segno sulla pietra. Questa prima stabilizzazione permise verosimilmente la nascita delle culture sciamaniche, le quali fecero del mondo interno un complesso intreccio di esperienze, che, snodandosi nei labirinti dei rituali, portarono gli esseri umani ad acquisire conoscenze profondissime sulla vita. Un successivo elemento di stabilizzazione, ancora pi radicale, fu l osservazione del cielo e del ripetersi infinito e esatto del moto degli astri, e dalle culture sciamaniche si svilupparono le culture astronomiche (babilonese, egiziana, azteca, inca, ecc.). Attraverso una trasfigurazione in destini immutabili, ripetuti sempre uguali come i movimenti delle stelle,366 le storie di uomini e animali delle culture sciamaniche, passano qui da strumenti evocativi di una conoscenza narrativo metaforica, a descrizioni stabilizzate di una conoscenza digitale del mondo. Le storie degli astri sono storie di Dei: non evocano infatti contenuti individuali che ognuno rielabora a modo suo, ma descrivono cammini esemplari e compiuti, che non ammettono deroghe ed eccezioni. Sono modelli, a cui gli esseri umani devono adeguarsi: come in cielo cos in terra, dice una antichissima formula, ripetuta in culture e contesti diversi.367 I babilonesi con tutta probabilit furono gli inventori dell astrologia, che appunto afferma questo principio: quello che succede fra le stelle ha un corrispettivo nel mondo degli uomini. Furono probabilmente anche gli inventori di quella specie di tabella di Mendeleev degli elementi psichici che l enneagramma,368 arrivato a noi come tradizione orale medioorientale, che con le varie composizioni di tre forze, quella positiva, quella negativa e quella neutra descrive tutti i possibili caratteri che si presentano nella personalit.369 Cercando di fare in terra come in cielo, gli esseri umani svilupparono con sforzi immensi straordinarie avventure che li avvicinavano al cielo, dai megaliti di Stonehenge, agli ziggurat, alle piramidi, che in vari modi sono connessi con fenomeni celesti:370 La cultura atzeca era tanto spinta in questa direzione che il computo del tempo calcolato

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nel loro calendario, segnando nel periodo dei conquistadores la fine di un era, influ pesantemente sulla caduta di quella civilt, che si arrese a quello che sembrava un destino scritto nelle stelle. Se le storie di uomini e animali avevano reso conosciuta la natura e l avventura terrena dell umanit, le storie degli astri sono una conoscenza che travalica l umano, sono la conoscenza di leggi rigide e aldil della compassione. Leggi al di fuori del contesto umano, leggi astratte, e come tali incomprensibili alla mente comune: sono ancora le storie il mezzo di apprendimento di queste leggi, che diventano miti. Gli astri diventano Dei, cio esseri superiori e imperscrutabili, ma dotati di desideri e volont, e quindi comprensibili e conoscibili. A questo punto gli esseri umani hanno due canali di conoscenza: 1) quello sciamanico, cio la conoscenza diretta delle esperienze della vita, (di quello che sta al di qua dell orizzonte degli eventi) e che procede per analogie, cio usa un linguaggio analogico, con cui costruisce metafore che iniziano allo sconosciuto, e 2) la conoscenza derivata dall osservazione degli astri, che li insegue al di l dell orizzonte per mezzo del pensiero astratto, e che usa un linguaggio digitale con cui costruisce allegorie, che descrivono cripticamente le leggi del cosmo. Entrambi questi canali usano le storie come mezzi di espressione, che per lungo tempo diventano un intreccio inestricabile di metafore e allegorie, complicato ulteriormente della passione affabulatrice dell uomo che le colora di particolari suggestivi anche se incongrui ai processi conoscitivi. Questa confusione sottende comunque una tensione non esplicita, che Nietzsche individu nel mondo greco con la polarit Apollineo- Dionisiaco: Apollo il Dio del sole, della perfezione, della bellezza, e Dioniso il Dio del vino, dell ebbrezza in tutte le sue forme, dello scatenarsi della natura della vita. Nietzsche propose una visione dinamica della cultura classica, in cui Apollo e Dioniso sono polarit che contengono il perenne intrecciarsi di bellezza e vita, come diceva Dostoevskij. Freud parlava di libido e istinti dell Io, e Heinz Kohut teorizz in seguito una bipolarit energetica, che indic con i termini narcisismo e pulsionalit:371 con pulsionalit si riferiva all insieme di impulsi che nell uomo, come negli animali in genere, assicurano la vita, cio la sopravvivenza dell individuo e della specie, e con narcisismo una inclinazione a ci che per la persona stessa e per la sua cultura di appartenenza significa il termine bellezza.372 Mentre la pulsionalit facilmente comprensibile in termini biologici, la bellezza in realt un valore, e quindi un mistero vero e proprio: non uguale per tutti, eppure c non poco accordo fra gli esseri umani a questo proposito. Bellezza e vita (narcisismo e pulsionalit) richiedono ambedue sia il linguaggio analogico (cio evocativo), che quello digitale (cio descrittivo) per essere capite, e contemporaneamente il fascino per ci che sta al di qua dell orizzonte degli eventi e per quello che sta aldil dell orizzonte: per i misteri della terra e per i misteri del cielo insomma. I misteri accompagnano l uomo da sempre nella via della conoscenza, ma bisogna specificare che ci sono due categorie completamente distinte di misteri: quelli da svelare e quelli da contemplare. Se la meccanica della natura fa parte della prima categoria, e lo svelamento avviene in un linguaggio digitale e la conoscenza risulta di tipo quantitativo, le opere d arte fanno parte della seconda: non c davvero bisogno di spiegare un quadro, ma semmai di aiutare l osservatore a contemplarlo, come fa appunto la critica esegetica per mezzo di un linguaggio analogico, cio evocativo. Il mistero che deve essere contemplato il mistero del valore, cio della qualit, che non pu essere per definizione espresso in termini quantitativi: qualit e quantit rimangono necessariamente incommensurabili, cio non riducibili a un minimo comun denominatore. In questa confusione di elementi, Platone porta un grande strumento di chiarificazione: con lui il mondo degli Dei, superiore e perfetto e conosciuto attraverso i miti, diventa il mondo delle idee, che obbediscono alle leggi della logica e attraverso la logica possono essere conosciute.373 Le idee, come le stelle, sono perfette e immutabili, non transitorie come le cose della terra: invece di abitare in cielo abitano per un altro mondo, ugualmente lontano dall uomo, che la dimensione astratta. Le idee abitano in

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un luogo al di fuori del tempo e dello spazio, e per questo non sono soggette all usura come tutte le cose del mondo terreno. Sono evidentemente queste le basi del sapere scientifico, che trover in Cartesio il suo definitivo sistematore.374 Attraverso i secoli che separano Platone da noi, questo punto di vista sul modo di conoscere il mondo si chiamer razionalismo, e si intreccer con alterne vicende con il suo antagonista, l empirismo. L empirismo (da peira esperienza) nasce dal grande allievo di Platone, Aristotele, che, figlio di un medico sapeva che non bastavano le idee per guarire i malati. Aristotele afferm che non poteva esserci essenza senza sostanza, e che quindi le idee non potevano essere la realt ultima, e che l esperienza era parte fondamentale di questa.375 Conoscere attraverso l esperienza e conoscere attraverso le idee, cio i concetti, sono le due strade insostituibili per un rapporto profondo col mondo, e sottendono chiaramente i due tipi di culture primarie, quelle sciamaniche e quelle astronomiche. Come in natura l ontogenesi ripercorre la filogenesi, cos anche nello sviluppo psichico dell essere umano l ontogenesi del conoscere ripercorre la filogenesi delle culture: Freud descrisse due momenti successivi del funzionamento della mente nei bambini, il processo primario e quello secondario. Il processo primario quello in cui a una stessa parola si legano vari significati, ovverossia che procede attraverso un linguaggio analogico, mentre in quello secondario significante e significato sono biunivoci, cio procede attraverso un linguaggio digitale. Linguaggio in realt coincide con conoscenza: si pu parlare in definitiva di conoscenza digitale e di conoscenza analogica. Queste due vie di conoscenza si trovano radicalmente separate al momento della nascita della psicologia moderna: Wundt, che fonda la psicologia razionalista, cerca di conoscere l uomo come fosse una macchina, e lo descrive in modo digitale, come un insieme di leggi intorno al processo di stimolo- risposta; Franz Brentano invece teorizza l intenzionalit come parte fondamentale del mondo psichico, indagabile evidentemente solo in maniera analogica. In analogia con l oggetto della percezione si riscontra infatti l intenzione del percipiente.376 Da Brentano prende origine la fenomenologia, che sar sistematizzata dal suo allievo Husserl, e che si porr al lato dell epistemologia come altra modalit di teorizzare la conoscenza: mentre infatti l epistemologia teoria della conoscenza attraverso la teoria, la fenomenologia teoria della conoscenza attraverso la percezione. Nell epistemologia confluisce il vecchio razionalismo, e fenomenologia un nome moderno del vecchio empirismo: se pensare la base della prima, sentire lo della seconda. Sentire e pensare si possono immaginare come la mano sinistra e la mano destra della mente: il problema non quale meglio, il problema imparare a usarle tutte e due in modo che si integrino piuttosto che darsi disturbo. Malgrado quanto si possa credere, pensare e sentire non entrano mai in conflitto, essendo due attivit incommensurabili: dove sembra che accada, sono semplicemente i nuclei emozionali contenuti nel pensare che entrano in conflitto fra di loro. Il dovere viene presentato spesso come figlio del pensare, come un fenomeno astratto, ma la morale sempre figlia dell etica: non c evidentemente precetto morale che non sia stato precedentemente sentito come buono, solo la sua generalizzazione che un processo astratto. Il pensare ancella del sentire: pensare serve a dirigersi attraverso il labirinto di contraddizioni e di bisogni diversi, spesso in contrasto fra loro, che il sentire produce, e che spingono con forza equivalente, impedendo alla persona le scelte di largo respiro. Solo pensando si riesce a oltrepassare lorizzonte degli eventi e a muoversi in una prospettiva che implichi non solo il passato ma anche il futuro, e non solo la realt concreta, ma anche quella ipotetica, che poi una volta ipotizzata una strada per divenire anche lei concreta. Non solo un problema di conflitto che rende difficile articolare il sentire e il pensare, c anche qualcos altro. Gli impliciti che la tradizione cristiana ha lasciato sul pensiero occidentale portano a credere che la coscenza sia un fenomeno semplice: in realt bisogna articolarla almeno in due componenti essenziali, gli occhi e l attenzione. La scuola il luogo per eccellenza della distrazione: gli occhi guardano dove dovrebbero ma l attenzione altrove,

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e come ognun sa, in definitiva non si ha per lo pi coscienza n della materia scolastica n degli interessi propri, e n si impara n ci si diverte. Imparare a tenere gli occhi e l attenzione dalla stessa parte un impresa difficile, tanto pi se si vuole sentire e pensare su cosa si sente, e sentire poi su cosa si pensato, senza confondere le due operazioni ma sempre intrecciandole con la disinvoltura con cui si conduce un ballo intricato: scambiare pensare e sentire come si cambia la dama in una quadriglia sarebbe l uso corretto di queste due grandi tradizioni culturali che accompagnano l umanit dai tempi pi remoti, e sarebbe anche l integrazione dei due processi, quello primario e quello secondario, dato che come dice Hillman, il Puer,378 una delle componenti inalienabili di una personalit adulta che possa essere considerata sana. Naturalmente non si pu parlare di culture senza parlare di sviluppo, e d altra parte i termini sono in piena contraddizione: cultura qualcosa che dura nel tempo, e quindi richiede conservazione, mentre lo sviluppo richiede cambiamento. Il fatto che con il termine cultura si intende implicitamente l integrazione di queste due polarit, cio si intende una conservazione all interno del cambiamento. La dinamica di questo fenomeno complessa, e per capirla bisogna tornare agli albori della conservazione nell esperienza umana, cio alla ritualizzazione. Gi negli animali una inclinazione naturale alla ritualizzazione permette di assumere comportamenti funzionali: possiamo immaginare questo come prodromo delle ritualizzazioni che costituiscono il sapere, sciamanico prima e astronomico poi. Un limite ineludibile dei rituali per la loro fissit: il rituale non variabile secondo necessit, perch perdendo la sua forma perde anche la sostanza. Il rituale infatti non significa, cio non ha un nucleo astratto che pu rimanere inalterato mentre la forma cambia, ma semplicemente accompagna l esperienza di chi lo esegue,379 indirizzandola verso i punti salienti sperimentati da chi l ha elaborato inizialmente in base alla propria esperienza, e risultando sensato plausibilmente per la stretta parentela genetica fra i progenitori e i discendenti della cultura a cui appartiene. Di grande aiuto per la flessibilit della relazione fra conservazione e progresso certamente la scrittura. La parola, il verbo, il Logos, ha una straordinaria caratteristica: dato un testo, per esempio un testo sacro, lo si pu interpretare all infinito, mentre lo scritto rimane sempre lo stesso. La conservazione salva, ed consentito il progresso. Naturalmente non che questo risolva il problema, solo aiuta, e le culture che non si appoggiavano sulla scrittura sono rimaste costrette nella rigidit dei rituali, che non gli hanno permesso uno sviluppo tecnico indispensabile per difendersi da chi poteva. Per fare un esempio, per gli Incas la ruota era indissolubilmente legata al culto del sole, e non poteva essere utilizzata per scopi profani, e questo ha dato ai conquistadores una superiorit tecnica definitiva. Le tradizioni orali sono rigidamente ancorate alla gestione dei rituali da parte di autorit ortodosse: la cultura democratica comincia con la libert di intepretazione dei testi. Un caso eccezionale, fra le conoscenze sciamaniche e quelle astronomiche l enneagramma: si tratta di una tradizione mediorientale, di origine presumibilmente babilonese, che si riferisce a uno schema di combinazioni meccaniche di tre forze con cui spiega tutto il mondo sensibile. Come nella tavola di Mendeleev, che combina variamente protoni elettroni e neutroni per descrivere tutti gli elementi, nell enneagramma sono in gioco una forza positiva, una negativa e una neutra: il riconoscimento delle manifestazioni contingenti del carattere lasciato all esperienza, e risulta per questo una singolare combinazione di razionale e empirico. Si potrebbe considerare un caso di integrazione dei due tipi di culture, e forse per questo che mantiene un valore operazionale anche nella psicoterapia contemporanea. In realt propone un sistema psicodiagnostico ben articolato sul piano psicodinamico, che dispone del grande vantaggio di non ridurre le persone alle loro sintomatologie. Ognuno poi ha il suo carattere, e sommando vantaggi e svantaggi tutti i caratteri si equivalgono agli effetti pratici, in quanto semplicemente specializzazioni. Il peso del carattere infatti risulta proporzionale a quanto incondizionatamente la persona lo assume: anche se divorziare pu essere molto difficile, la separazione legale dal carattere accessibile a tutti, posto che lo vogliano. La difficolt, piuttosto che sul piano simbolico e cognitivo, risulta piuttosto su un livello emozionale, dove la passione che ogni emozione comporta a fare da freno per il cambiamento.

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7 b. Teoria del carattere Nella psicologia junghiana la personalit risulta dalla cooperazione degli archetipi, componenti di base attraverso i quali l energia psichica scorre. Metaforicamente la si rappresenta come una collana di perle, dove le disfunzioni dipendono dall inflazione dei componenti: se una perla assorbe troppa energia si gonfia mentre le altre si raggrinziscono, e l insieme si scompensa. Nella psicoterapia della Gestalt la visione analoga: Perls parlava di autoregolazione organismica, un sistema di organizzazione articolato sul principio dell emergenza dei bisogni, e inficiato dalla tendenza degli esseri umani a volerla sapere pi lunga della natura stessa, premettendo le considerazioni razionali ai bisogni emotivi. Anche nell enneagramma della personalit, questa antichissima griglia diagnostica che Claudio Naranjo descrive e correla esaustivamente con la psicodiagnostica moderna,380 le alterazioni dell equilibrio organismico (le passioni) si possono vedere come esagerazioni di funzioni in s normali: il carattere, definito come una cristallizzazione difensiva della fluidit naturale, risulterebbe in questo senso dall inflazione cronicizzata di una funzione psichica. Per capire il mondo psichico, aiuta pensare in una logica organismica. Il livello fisico dell organismo vive attraverso varie funzioni (digestiva, circolatoria, respiratoria ecc.): per quello psichico la stessa cosa, sono le relative funzioni che gli permettono di esistere. Un essere umano mangia, si muove, respira: tutte queste funzioni sono entro certi limiti autonome, ma non indipendenti l una dall altra. Si respira in modo diverso a seconda di quello che sta succedendo, la circolazione si adatta alle circostanze, tutte le funzioni sono connesse in modo tale da riuscire a coordinarsi fra di loro in un modo efficente, quella che si chiama appunto l autoregolazione organismica. Nella psicologia della Gestalt, riguardo al funzionamento della mente si parla di dinamica figura- sfondo: tutte le parti sono attive contemporaneamente, ma si muovono una rispetto all altra in una specie di danza che le porta alternativamente in primo piano e sullo sfondo, secondo le necessit dell organismo.381 Questo significa che mentre si occupa a tutto tondo di quello che ha messo al centro dell attenzione, la mente percepisce perifericamente anche il resto, comprendendo poi il tutto in una composizione prospettica: le funzioni psichiche, pur essendo sempre tutte presenti, vanno continuamente avanti e indietro dal primo piano allo sfondo, formando in questo modo una struttura dinamica e coordinata che non ha bisogno di essere regolata dall esterno. Un sistema autoregolante organizzato in maniera non autoritaria. Sul piano dell organizzazione sociale, Marx teorizz uno stato sociale transitorio, detto a ciascuno secondo i suoi meriti, come mezzo per arrivare a quello ideale, detto a ciascuno secondo i suoi bisogni: questo quello che avviene davvero nell autoregolazione organismica.382 Qui sono i bisogni dell organismo a fare da direttori d orchestra: le funzioni si alternano fra loro secondo il principio dell emergenza di questi bisogni. Nella storia umana diffusa invece la tendenza a scivolare verso sistemi autoritari: quando i militari per esempio prendono il potere dicono Siamo qui momentaneamente per fare ordine!, e poi invece non se ne vanno pi. Ed un principio biologico, i militari non vengono mica dalla luna: quando una funzione rimane troppo a lungo in primo piano, diventa inamovibile. Vari autori indicano tre contenitori generali di tipi di carattere. Sigmund Freud descrive:383 1) caratteri centrati sull autosufficienza, 2) caratteri centrati sull azione, 3) caratteri centrati sulle reazioni emotive; Karen Horney descrive:384 1) caratteri centrati sull indipendenza, 2) caratteri centrati sul potere, 3) caratteri centrati sull amore;

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Heinz Kohut descrive tre tipi di transfert (e, indirettamente, di carattere):385 1) il transfert speculare, 2) il transfert gemellare, 3) il transfert idealizzante; Claudio Naranjo distingue tre tipologie caratteriali generali:386 1) i caratteri centrati sul pensiero, 2) quelli centrati sull azione, 3) quelli centrati sul sentimento. I caratteri centrati sul pensiero, secondo la descrizione di Naranjo sono una tipologia in cui il bisogno centrale quello di stare a distanza di sicurezza dall oggetto d amore, di dipendere il meno possible, per non cadere in situazioni emotivamente troppo acute per poterle gestire: corrispondono ai caratteri centrati appunto sull indipendenza descritti dalla Horney e a quelli centrati sull autosufficienza descritti da Freud. Il tipo di attenzione che richiedono nei rapporti con figure parentali non quello passionale ma piuttosto un attenzione a distanza che veda e confermi la loro esistenza. Sul piano trasferenziale questo fenomeno ben descritto dal termine speculare di Kohut: non l attenzione di una persona in carne e ossa, ma quella di uno specchio magico, che ripete come nelle favole che s, sei tu il pi bello del reame. Il terapeuta risulta un oggetto- S, qualcuno cio che sostituisce una funzione carente nel paziente. Sempre nella descrizione di Naranjo, i caratteri centrati sull azione tendono a concepire la vita come un azione continua: tutto si risolve in un qualche tipo di fare (o di far fare), e si evitano le paludi che pensiero e sentimento potrebbero provocare. L azione produce potere, da quello militare a quello assistenziale, e i caratteri centrati sull azione sono inevitabilmente legati al tema del potere, e corrispondono a quelli descritti cos dalla Horney e da Freud. Il tipo di attenzione che questi caratteri richiedono quella da compagni (di avventure): l interlocutore preferibilmente qualcuno con cui fare insieme. Sul piano trasferenziale la persona investita dalla proiezione genitoriale tendenzialmente un alter ego, un gemello: si tratta di quello che Kohut chiama un transfert gemellare. Sia per Naranjo che per la Horney che per Freud, i caratteri centrati sul sentimento vedono l amore dell altro come la cosa essenziale (ecco, sta dicendo questo e quest altro: ma in sostanza, vuol dire che mi vuol bene o no?). Il tipo di attenzione che richiedono quello che si ha verso l oggetto d amore. Tendono a valorizzare moltissimo l amore dell altro, come se l altro fosse una persona speciale, dotata di un potere speciale (l amore appunto) capace di riempire loro la vita: sul piano trasferenziale: si tratta evidentemente del transfert idealizzante di Kohut. Queste differenziazioni provengono dall osservazione diretta degli esseri umani, e da un punto di vista rigorosamente epistemologico possono risultare difficilmente dimostrabili: la conoscenza empirica ha d altra parte la sua specifica attendibilit e come tale pu essere presa in considerazione. A partire da queste osservazioni, l origine del carattere rimane comunque ignota: si possono per elaborare ipotesi, o narrazioni, se si accetta la narrazione come strumento di conoscenza, appunto metaforica (la metafora infatti non altro che narrazione). Spetter poi alla clinica il compito di verificarne l attendibilit. Si pu immaginare che il legame dell amore nasce quando se ne presenta la necessit: fino a che il bambino sta nell utero un solo organismo con la madre, nessun abisso li separa, e non c bisogno di legami. Ma al momento del parto si produce una separazione sul piano fisico: un abisso che solo il legame dell amore (lattaccamento dei cognitivisti)387 attraversa come un ponte, e in qualche modo sana. Il legame dell amore nasce dunque dalla sofferenza della separazione, e della separazione necessariamente porta le tracce. Il calore dell appartenere all organismo madre si rompe presumibilmente in tre: un impulso rabbioso a riunirsi a tutti i costi a quello che ora diventato una alterit desiderabile e amata, un senso di diffidenza verso l organismo madre che abbandona, e una mancanza di illusione di poter trovare di nuovo il paradiso che stato appena perduto. Risentimento, diffidenza e disillusione.

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Si pu immaginare che nei caratteri centrati sul pensiero e sull indipendenza, l amore per la madre sia come ridotto al minimo, compresso nella dimensione pi piccola possibile per tentare di controllare il legame con qualcuno che si considera pi grande, ma di cui non ci si fida un granch. Il tono emozionale del legame risulterebbe una cronica diffidenza nei confronti dell interlocutore affettivo (l attaccamento evitante dei cognitivisti), e i caratteri centrati sul pensiero effettivamente sono emozionalmente diffidenti con le persone che amano. Nei caratteri centrati sull azione si pu immaginare invece che la madre risulti deprezzata (rispetto all idealizzazione) al momento della separazione, che risulti vista come nient altro che un alter ego, un gemello appunto, qualcuno che si pu trattare senza tanta cura, anche senza tanto rispetto, proprio come si tratta se stessi. Di fronte a qualcuno che ha i nostri stessi limiti, plausibile che il tono emozionale del legame sia la disillusione: l altro in partenza non miticamente soddisfacente, e si cerca di compensare la mancanza di qualit con la quantit, nello specifico l amore con il potere. Dal punto di vista del transfert questi caratteri presentano una mancanza di stabilit nella proiezione di immagini autorevoli (come succede anche nell attaccamento disorganizzato dei cognitivisti).388 Nei caratteri centrati sul sentimento, dove l altro idealizzato come la sorgente della felicit e dove quindi il suo amore la cosa pi importante del mondo, le tracce del dramma della separazione si possono riconoscere in come l amore legato al risentimento (l attaccamento ambivalente dei cognitivisti): se l altro fa quello che si vuole amato appassionatamente, ma appena diventa insoddisfacente con altrettanta passione suscita risentimento. Il tono emozionale del legame qui appunto il risentimento, dove l altro amato o odiato per la stessa ragione, perch ha comunque una statura ideale. Diffidenza, disillusione e risentimento: sono tre ben note streghe che affliggono l umanit, ma sono anche tre strumenti di difesa di fronte all ingestibilit dell abisso che separa gli esseri umani, senza i quali probabilmente nemmeno esisterebbe questa incredibile capacit che abbiamo di stare insieme a qualunque costo. Nella logica di questo punto di vista, tutti gli esseri umani sono dotati di tutte e tre le streghe: quando una in primo piano, le altre due vanno sullo sfondo. Questo si pu rappresentare metaforicamente con l immagine di una casa che sta in un panorama e che ha un suo arredamento: se facciamo rappresentare il carattere dalla casa, potremo chiamare temperamento il panorama e atteggiamento l arredo,389 cos che se il carattere dato da una delle tonalit affettive, le altre due determinano temperamento e atteggiamento, e tutte e tre concorrono in modo diverso a formare un complesso sistema di interazioni che stringono la persona in una morsa di automatismi. Queste tre tonalit emozionali di base si possono poi riscontrare all osservazione clinica in forma egosintonica, rimosse, o in formazione reattiva: si presentano cos nove diverse attitudini, leggibili come vere e proprie funzioni: il risentimento in forma egosintonica svolge una funzione di autoalleanza; rimossa, diventa il motore occulto di una istanza di autorappresentazione; in formazione reattiva diventa poi il suo contrario, cio la funzione di autostima. La diffidenza in forma egosintonica ha una funzione di separazione; rimossa diventa una prudenza eccessiva e non veramente motivata, quella prudenza cronica che funziona bene come autodifesa; in formazione reattiva diventa una apparente generosit che consiste nell andare incontro per scansarsi meglio all ultimo momento, una funzione di evitamento la cui anancasticit riposa appunto su un solido fondo di diffidenza. La disillusione in forma egosintonica svolge funzione di possesso;

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rimossa diventa funzione omeostatica, che rinuncia al bisogno particolare per una necessit coatta di preservare l insieme; in formazione reattiva diventa normativit (non si deve essere disfattisti!). Se oltre alle specificit dell organismo si pu pensare che sia l esperienza della nascita a determinare il tipo generale di carattere,390 sono probabilmente le esperienze e le scelte contingenti che nella prima infanzia orientano la tonalit di base a presentarsi in un modo o in altro, a seconda di quale funzione riesce meglio a gestire la situazione esistenziale: questa poi si trasforma in specializzazione e quindi in passione. Come se ci si specializzasse nella funzione circolatoria, e poi tutto ruotasse appassionatamente intorno a questa: si mangia, si respira, si parla, si prende un caff, ma questo alla circolazione che effetto fa?, e tutta la vita ruota intorno a quella funzione. Le funzioni che si inflazionano nei nove caratteri che l enneagramma descrive, sarebbero dunque in sostanza: Uno funzione normativa; Due - funzione di autostima; Tre - funzione di autorappresentazione; Quattro funzione di autoalleanza; Cinque - funzione di separazione; Sei - funzione di autodifesa; Sette - funzione di evitamento; Otto - funzione del possesso; Nove - funzione omeostatica. Dall inflazione della funzione normativa, la capacit cio di mettere a posto, di regolamentare, si pu far derivare l ira, la passione dell uno, carattere incline all ordine e al comando. Senza la funzione normativa non si potrebbe realizzare niente di complesso, e il caratere ira specialista di organizzazione. A livello patologico, questa configurazione d luogo a sintomi ossessivi.391 Dall inflazione della funzione di autostima si pu far derivare l orgoglio, passione del due, carattere incline allo splendore: per realizzare qualcosa c molto bisogno di autostima, altrimenti la persona neanche ci prova, e il carattere due di solito davvero capace di fare cose splendide. A livello patologico presenta sintomi istrionici. Dalla funzione di autorappresentazione viene, in questa logica, la vanit, passione del tre, carattere centrato sulle buone apparenze. L importanza della funzione di autorappresentazione si potrebbe illustrare con una affermazione indiscutibile: la pubblicit l anima del commercio. Questo vale per il commercio in senso stretto, ma naturalmente anche se lo si intende come metafora di scambi. Sintomi isterici sono associati ai livelli patologici di questo carattere. Si pu connettere con la funzione di autoalleanza, l invidia, passione del quattro, carattere versato nella sensibilit e nella compassione per se stesso. L invidia permette di stare sempre dalla propria parte, anche se a volte paradossalmente sembra il contrario: se una persona subisce una ingiustizia non se lo pu semplicemente dimenticare: non giusto, non giusto, grida la funzione di autoalleanza. Ma se si esagera con la compassione di s si finisce per piangersi addosso e per complicarsi inutilmente la vita. Su un piano gravemente patologico questo produce sindromi borderline. Come prodotto della funzione di separazione esageratamente esercitata si pu riconoscere l avarizia, passione del cinque, carattere analitico per eccellenza: la funzione quella che per esempio permette di mettere le bucce nel secchio della spazzatura e il cibo nelle pentole: senza, magari si metterebbero anche le bucce nella pentola. Questa funzione variamente sviluppata secondo le persone e le culture: nel mondo moderno l inclinazione al pensiero analitico un esempio della funzione di separazione, e lo anche la fissazione della pulizia. Senza questa funzione sarebbe impossibile creare un sistema di pensiero o un opera d arte, perch sarebbe impossibile fare qualcosa che sia esattamente quello e non qualcos altro. Separa, permette di fare un quadro, una poesia o un ingranaggio, cose che devono essere fatte precisamente in un certo modo. Esagerata porta all isolamento, e sul piano patologico porta a una personalit schizoide. Sotto l obbedienza alla paura, cio la vigliaccheria, passione del sei, carattere dominato dalla logica e dalla consequenzialit, si vede facilmente la funzione difensiva inflazionata e imposta come indiscutibile istanza primaria. Non c bisogno di spiegare come questa funzione sia fondamentale alla sopravvivenza: compito universalmente riconosciuto delle madri raccomandare ai figli la prudenza. A livelli patologici si riscontrano qui formazioni fobiche. Meno immediato intuire una funzione di evitamento inflazionata come nucleo motore della gola, passione del

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sette, carattere votato al piacere, ma in realt soprattutto a scansare il dolore. Funzione essenziale, affine a quella di separazione, ma che opera sul movimento: l evitamento un fatto dinamico. Camminando in una stanza permette di evitare le sedie, parlando, di dire sciocchezze o di offendere qualcuno. essenziale per la possibilit di muoversi nel mondo, ed associato a una inclinazione fortemente narcisistica. Come la funzione del possesso inflazionata generi la lussuria, passione dell otto, carattere autoaffermativo per eccellenza, abbastanza evidente: l appetito vien mangiando si dice. A forza di dire mio si finisce per non saper dire altro. D altra parte anche questa una funzione essenziale: se non si sa dire questo mio quando ce n bisogno, finisce che gli altri si portano via tutto. Sul piano patologico porta a comportamenti psicopatici. L accidia, passione del nove, evidentemente una esagerazione dell omeostasi: la funzione omeostatica la tendenza a tenere in equilibrio tutto quanto. Dove si andrebbe a finire se non ci fosse una funzione psichica che fa in modo che tutto stia insieme?! Naturalmente per tenere in equilibrio bisogna rinunciare alla spontaneit, e un carattere nove che esagera, scivola facilmente nella malinconia. Queste nove funzioni, che in principio dovrebbero collaborare disinteressatamente fra di loro, sono in realt potenziali tiranni: ognuna infatti sfruttando lo stato di emergenza, pu porsi come funzione dominante e interrompere il processo di autoregolazione organismica. Se una funzione rimane in primo piano pi del necessario, si altera infatti quell autoregolazione che non solo permette all organismo la vita, ma anche la libert: a quel punto non si vive pi per vivere, ma si vive per la funzione, come quelli che tenevano la macchina per passare la domenica a lavarla. Essere asserviti a una funzione significa non avere pi un organismo per fare quello che si vuole, ma essere un organismo al servizio di quella funzione: il problema del carattere insomma il problema della libert. La funzione che prende il potere si impadronisce per prima cosa dei mezzi di comunicazione, cio della lettura cognitiva del mondo, e come fa ogni tiranno, informa poi tendenziosamente la popolazione, cio l organismo, in un ottica che la giustifica e la riconferma nella sua posizione di controllo.392 Quando una delle nove funzioni diventa cronicamente preminente, definisce l intorno in base alle sue specificit, cio dichiara permanente quello stato di bisogno che specificamente le compete: il mondo infatti viene normalmente percepito positivamente o negativamente rispetto alla funzione attiva nel momento, e il nucleo emozionale si attiva o torna quiescente a seconda che la percezione dia segnali a carattere prevalentemente negativo oppure sia tornata in limiti sopportabili, secondo il principio di autoregolazione organismica. La percezione del mondo a questo punto risulta sfasata, dato che calcoliamo in base alle informazioni che abbiamo, e queste sono evidentemente tendenziose: sono informazioni di regime, al servizio della funzione al potere. Dentro di noi non vige la libert di stampa, proibito far circolare notizie che potrebbero mettere in crisi la funzione preminente: questo genere di informazioni vengono censurate in varie maniere, a seconda del carattere e della persona. Il punto chiave per poter prendere decisioni dunque l informazione: il carattere si regge sulle informazioni che l organismo riceve. Ora, come viene alterata l informazione per far s che la funzione rimanga preminente? In realt questo dipende in gran parte dal fantasticare, un attivit della mente a cui tutti segretamente si dedicano.393 In noi c infatti una produzione continua di fantasie catastrofiche e grandiose. Ma questo a che serve? Per rendersene conto bisogna capire il senso biologico di quello che nell etologia si chiama comportamento appetitivo, cio la spinta istintiva ad andare in giro cercando senza una meta precisa: in parole povere la curiosit. Un coccodrillo per esempio in genere sta fermo finch la fame non lo smuove, mentre un procione va in giro anche senza avere tanta fame: annusa di qua e di l, senza intenzioni specifiche, e finisce per trovare qualcosa da mangiare prima di aver passato la soglia della necessit. Un animale dotato di un comportamento appetitivo ha pi chanches di sopravvivenza di uno che non ce l ha, perch difficilmente costretto a scedere sotto il livello del bisogno, e rischia meno di arrivare a uno stato di emergenza. Ora, se si ha sete ma si sta dormendo, visto che non si pu portare il corpo all acqua, si porta l acqua al corpo sognando di bere: il sogno si considera per questo come una soddisfazione fantasmatica del desiderio. Nelle immagini del sogno d altra parte ci sono concrete indicazioni, date da ricordi e da elaborazioni inconsce, che

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possono aiutare il sognante a trovare poi da bere una volta sveglio: il sogno si pu dunque vedere in un certo senso come una manifestazione del comportamento appetitivo. Questa attivit negli esseri umani si sviluppata nei sogni a occhi aperti: la fantasia porta a noi, anche se solo in immagine, quello di cui abbiamo bisogno, e con questo ci d elementi per costruire i progetti con cui trasformiamo il mondo.394 Che succede quando una funzione preminente? Nel carattere sei per esempio, che dipende dalla funzione di autodifesa, c sempre bisogno di allarme, perch cos si sempre pronti a difendersi. Con la fantasia allora si cerca tutte le possibili ragioni di allarme, in modo da essere pronti ad ogni evenienza: si immagina non solo i pericoli probabili, ma anche quelli magari anche solo remotamente possibili. Contemporaneamente si sogna di mettere fine una volta per tutte a queste minacce, e magari di realizzare un mondo dove tutta l umanit possa vivere sicura: fantasie grandiose che sono il corollario di quelle catastrofiche. Coscientemente o no, facciamo continuamente fantasie che alimentano il carattere. Per il carattere due per esempio: potrebbero non accorgersi di me! sarebbe una fantasia catastrofica, ora dir qualcosa di stupendo e tutti mi ammireranno sarebbe una cosa grandiosa. Diventata esagerata, l attivit immaginativa tende a una rappresentazione unilaterale del mondo che vede solo la faccia che attiva la funzione preminente: la reazione difensiva dell organismo alla minaccia evocata dall attivit immaginativa si condensa in una fissazione, vale a dire in un atteggiamento ideologico che iperstimola il nucleo emozionale, costringendolo a un attivit continua. Per contrastare il campo di forze creato dalle fantasie, il nucleo emozionale iperstimolato costringe a modificare il mondo nel senso richiesto dalla funzione, incrementando implicitamente la fissazione: si inflaziona la funzione e si alimenta la passione. Si possono immaginare, e all osservazione clinica si riscontrano, nove ideologie, o fissazioni, fisiologiche a questi processi di inflazione. Per il carattere uno il perfezionismo; Per il carattere due lo splendore; Per il carattere tre il successo; Per il carattere quattro il dolore della mancanza; Per iI carattere cinque l isolamento; Per il carattere sei la certezza che la relazione fra causa ed effetto sia biunivoca; Per il carattere sette l autoindulgenza; Per il carattere otto il trionfo; Per il carattere nove la pace. Evidentemente si tratta di atteggiamenti che non sono criticabili in quanto di per s privi di valore: sono discutibili solo per la loro mancanza di relativit. Bisogna infatti tenere sempre presente che il tema del carattere si riferisce a organismi in relazione con il mondo, e gli organismi obbediscono a una logica circolare: se in termini assoluti avere due chili di cioccolata meglio che averne mezz etto, dentro lo stomaco averne mezz etto pu essere piacevole, ma averne due chili certamente un pericolo mortale. Ugualmente, tendere alla perfezione un pregio, ma esagerare, per esempio costruendo orologi che segnano cos perfettamente il tempo da non andare fuori regolazione per un secolo, comporterebbe un prezzo di costo che renderebbe impossibile la vendita, e la perfezione diventerebbe allora un difetto. Il perfezionismo diventa ideologia quando la perfezione funzionale a se stessa e non ai bisogni dell organismo. Si capisce allora che il problema del carattere un problema fondamentalmente ecologico: le ideologie sono letture del mondo funzionali a un progetto, e non a quell ecosistema che l organismo: una psicoterapia del carattere semplicemente un processo di ristabilimento di un equilibrio ecologico. 7 c. Psicoterapia del carattere Un ecosistema non n buono n cattivo, semplicemente un equilibrio dinamico. L alterazione di un ecosistema non n una cosa buona n una cosa cattiva, solo la perdita di un equilibrio dinamico: se, per esempio, si altera l ecosistema di una palude, la palude diventa qualcos altro, magari dei campi coltivati. Negli anni 90, nel Mare Adriatico invasioni di alghe hanno alterato l ecosistema precedente costituendone uno nuovo, basato appunto sulla preponderanza delle alghe. Le alghe erano contentissime: hanno invaso il Mare Adriatico e costruito un ecosistema loro. Agli esseri umani invece questo non piaciuto, perch volevano nuotare

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in acque trasparenti, cosa di cui alle alghe non importa assolutamente niente. Se non si capisce questo, non si capisce il senso del concetto di psicoterapia del carattere. Un ecosistema non n buono n cattivo, una cosa neutra, solo il suo proprietario che ha un interesse in merito. L organismo un ecosistema, e si pu alterare in tanti modi: l unica persona a cui questo interessa il proprietario dell organismo. Per esempio, una alterazione tipica di quell ecosistema che un organismo, il metodo di produzione del foie gras. Per fare il foie gras, le oche vengono tenute in gabbie strettissime dove non si muovono e vengono nutrite a forza: il loro organismo viene alterato gravemente, ma si ottiene un eccellente fegato per il foie gras. In questo caso gli esseri umani sono contentissimi, le oche per niente. E allora, cos buono e cos cattivo? Bisogna uscire dal pregiudizio del buono e cattivo in assoluto per capire la logica del carattere e dei suoi correttivi. Un organismo un ecosistema: il carattere un alterazione di un ecosistema. L esempio pi classico di un alterazione di un ecosistema l industrializzazione. L industrializzazione produce veleni, intossica, fa sparire parte della natura, e tutto questo perch agli esseri umani i prodotti dell industrializzazione fanno comodo, cio l alterazione dell ecosistema che l industrializzazione comporta porta un tale vantaggio agli esseri umani che non si preoccupano gran che dei suoi effetti collaterali. Il carattere un alterazione dell ecosistema che ha uno scopo: in realt una specializzazione. Se una persona si specializza ha dei vantaggi: se ad esempio specializzata in neurochirurgia, ha un abilit che pu vendere da molte parti. Mettiamo che una persona si specializzi in organizzazione, come per esempio fa una persona di carattere uno: anch essa ha qualcosa che pu vendere da molte parti. Il problema arriva se la sua vita abbonda di organizzazione ma mancano altre cose che all organismo servirebbero: se si guarda il carattere come specializzazione, si capisce intanto che il problema non quello di cambiare carattere, perch avere una specializzazione di un tipo o di un altro cambia ben poco. Il problema piuttosto di non fare per esempio il neurochirurgo 24 ore su 24. Chi ha una specializzazione in neurochirurgia bisogna che si limiti a usarla mentre lavora, e non anche in famiglia: se fa il neurochirurgo invece di fare il padre o il marito, probabilmente la famiglia finisce male. Il problema che il processo di industrializzazione non si ferma. Quando una nazione si industrializza, non si limita a farlo fino a soddisfare i bisogni della popolazione: una volta sviluppata al livello che potrebbe essere sufficiente, rimane comunque in una logica di crescita, e lo stesso succede per il carattere. Dal punto di vista degli interessi dell organismo il problema quello di riequilibrare la situazione: cio, oltre ad essere specializzati in una direzione, c bisogno di avere anche le capacit che le altre funzioni permettono. Con termini tradizionali e evocatori, si possono chiamare passioni ci che altera l autoregolazione organismica, e virt i comportamenti che rimettono in equilibrio l ecosistema.395 La virt non , e non pu essere un oggettivit, si deve misurare dentro la propria specifica esagerazione: consiste nel contenersi dove si sta esagerando, e in una maniera congrua alla propria esagerazione. Per esercitare una virt bisogna conoscere la relativa esagerazione: la virt lo specifico correttivo della propria specifica esagerazione. Per questo importante conoscere tutti caratteri, altrimenti non si capisce davvero il senso delle singole virt. Il carattere uno soffre di una esagerata normativit: emana continuamente norme, mette tutto a posto, organizza ecc... Chiamiamo la virt di questo carattere serenit: che cosa vuol dire in pratica? Non spingere il fiume un vecchio detto che illustra questo concetto. Il carattere uno tende a ordinare e a dare ordini: ora, non insistere perch gli ordini vengano eseguiti sarebbe una possibile forma di serenit. Tutte le grandi civilt sono nate con l opera di un legislatore, ma quello che ha dettato le leggi, per esempio Solone, non andava certo a guardare se la gente obbediva alle sue leggi: Solone si limit a emare un sistema di leggi che dette ordine al mondo greco. Il carattere uno tende a dare ordine al mondo: se immaginiamo la disillusione alla base di questo carattere, si pu capire che la persona cerca di mettersi al riparo dalla supposta scarsa competenza dell interlocutore ordinando quello che ritiene utile per tutti quanti. il suo modo di tenere in piedi un rapporto di amore, e si sente amato se

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l intelocutore obbedisce: altrimenti, sentendosi disprezzato, cerca di assumere con la forza il controllo della situazione. La specialit del carattere uno quella di essere capace di progettare un ordine del mondo: assumere un atteggiamento sereno sarebbe per esempio continuare a dare ordini in modo differenziato, cio fare correttivi successivi agli ordini che ha dato. Se l interlocutore non obbedisse dovrebbe dargli altri ordini, non ripetere gli stessi insistendo perch vengano eseguiti. La differenza sottile ma molto importante: in realt chi insiste sugli stessi ordini non interessato alla meta, quanto piuttosto a essere obbedito. Se fosse interessato alla meta, quando l altro disobbedisce si accorgerebbe che da l non si passa, e userebbe un altro sistema per arrivare dove vuole. Si pu anche considerare la cosa da un altro punto di vista: essendo il carattere uno stile di legame, intuibile che la sua funzione quella di controllarlo, e un tipico sistema di controllo dell esperienza la reificazione: nel carattere uno l amore reificato nel controllo, e l essere amati si riconosce dall obbedienza dell interlocutore. L obbedienza qui risulta come la moneta corrente, quella che ha corso legale: le altre forme d amore richiedono un processo di traduzione, un cambio, per essere riconosciute in pieno. Comandare serenamente significherebbe allora farlo per lo scopo intrinseco all ordine stesso, e non come una maniera contorta di estorcere amore. La virt del carattere due si chiama umilt. Nella tradizione cristiana questo termine tende a scivolare verso il significato di umiliazione, ma questo tipo di umilt non ha niente a che fare con l umiliazione. La specializzazione del carattere due l abbondanza, lo splendore: questo splendore da una parte un amore per lo splendore, dall altra amore verso se stessi splendidi. Lo splendore come produzione di fuochi d artificio ha una funzione, viene prodotto qualcosa che una interessante merce di scambio. Se una persona entusiasta di se stessa, questo interessa certamente a lui, ma di solito non ha valore come merce di scambio. E un ecosistema vive di scambi, un organismo vive di scambi: se chiude le frontiere, un organismo destinato a morire. Noi viviamo di aria, di acqua, di cose da mangiare ecc.: se ci si tappa la bocca e il naso, in circa tre minuti si muore. La magnificenza dei caratteri due un grosso pericolo se non viene usata come prodotto di scambio: infatti se la persona occupata a risplendere per se stessa, tutto ci che diminuisce il tono dello splendore minaccioso. E minaccioso per esempio diventa allora imparare, perch per imparare bisogna ammettere di essere ignoranti, e se si ignoranti lo splendore cala. I caratteri due, che per riuscire a essere splendidi necessariamente devono essere molto sensibili, sono spessissimo persone dotate: in quanto esteti naturali, per esempio hanno dotazioni naturali per l arte, che non di rado non sviluppano per non scendere nell esperienza dell incapacit tecnica. Essere dotati per dipingere vuol dire che sottoponendosi a una lunga disciplina la persona pu diventare un pittore professionista: ma il carattere due ha una terribile difficolt con tutto ci che sgradevole, e quindi anche con la disciplina, perch se la cosa pi importante splendere, tutto quello che diminuisce lo splendore una minaccia. L umilt per un carattere due sarebbe imparare cose nuove e difficili, sarebbe abbassarsi a dire ho bisogno, datemi, voglio, cio a chiedere e a prendere: le persone di carattere due per ragioni di splendore non hanno mai bisogno di nulla, ma per un organismo non aver bisogno di nulla in realt un grosso svantaggio! Chiedere e prendere generalmente non sono considerate prove di umilt, invece per i caratteri due paradossalmente per riequilibrare il loro ecosistema fondamentale proprio chiedere e prendere di pi: la reificazione dell amore in questo carattere l adorazione, e chiedere e prendere mal visto, perch toglie all interlocutore l opportunit di essere adorante. La virt congrua ai caratteri tre difficile da spiegare, come si capisce anche dal suo nome: la veridicit. Non verit, ma veridicit: una parola che richiede spiegazioni. I tre sono specializzati in autorappresentazione, cio in pubblicit di se stessi. Ora, la pubblicit facilmente riconoscibile: per esempio alla televisione si vede subito se quello che viene proiettato un film o una pubblicit. Prendiamo per esempio la pubblicit di un automobile: luccica troppo, non c un filo di polvere o un graffio o un difetto, tutto perfetto. O il muro di una casa: nella pubblicit non un muro normale, pieno di imperfezioni, completamente omogeneo, non ci sono difetti. Anche le persone sono truccate in modo da essere completamente omogenee.

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Il carattere tre, insomma, tende a mostrare superfici troppo perfette. Tutto questo ben rappresentato nel film The Truman show, dove il protagonista scopre che il mondo perfetto in cui vive non altro che uno spettacolo televisivo: proprio il mondo perfetto del carattere tre. Nell ultima scena, quando il protagonista sta per uscire da questo scenario, l organizzatore dice: ma perch esci? Fuori uguale a qui, solo peggio. una buona metafora del problema del carattere tre: dopo essersi costruito un mondo cos armonico, la persona ha grosse difficolt a uscirne fuori. Divorziare dal carattere sarebbe quello che fa Truman, cio uscire da questo mondo senza difetti sapendo che fuori peggio. Questa la virt della veridicit, scegliere qualcosa con pi difetti perch pi vera. Non che l altro sia falso, solo che non proprio vero: la parola veridicit indica un tipo di verit molto dettagliata, quella appunto che ha necessariamente difetti. Un esempio classico della perfezione esagerata tirare tanto a lucido la propria casa da farla diventare un museo o una esposizione di mobili, dove n gli ospiti n i padroni di casa stanno davvero comodi. La veridicit significa accettare che il pavimento non uno specchio; significa accettare che le sedie non stanno perfettamente ciascuna nel loro posto. La pubblicit stessa da un po' sta cambiando, e mostra di pi i difetti di cose e persone, e questo potrebbe essere un indicazione piuttosto chiara per le persone di carattere tre: addirittura commercialmente funziona di pi una rappresentazione con difetti che una senza difetti. Se funziona commercialmente, funziona certamente anche a livello interpersonale. Veridicit quindi significa limitare il miglioramento di se stessi: va bene truccarsi un po', ma senza esagerare, la troppa perfezione nuoce anche alla pubblicit. Per riequilibrare l ecosistema, per un carattere tre si tratta di presentarsi all interlocutore con quei difetti che lo fanno pi realistico, e in realt pi apprezzabile. La reificazione dell amore d altra parte qui l ammirazione, che richiede distanza: i difetti avvicinano troppo, e minacciano le capacit di controllo. La virt del carattere quattro si chiama equanimit. Equanimit ha la stessa accezione del termine giustizia, equo animo per bilanciare in modo equo le cose. La specialit dei caratteri quattro sarebbe di lottare con l ingiustizia, proteggendo i perdenti: ma come avvocati delle cause perse, arrivano a eccessi dove appena l oppressore viene abbattuto, subito lo compatiscono. L equanimit sarebbe misurare la situazione: quando sembra che qualcosa non sia giusto, si dovrebbe mettere sulla bilancia le cose e verificare quanto pesano. Il fatto che i caratteri quattro hanno difficolt col mettere le cose sulla bilancia: se da una parte della bilancia c la propria o l altrui sofferenza, dall altra parte della bilancia bisogna metterci qualcosa, altrimenti come si misura il peso? Il problema per una persona di carattere quattro in realt differenziare tra non giusto e ho sentito male. Equanimit sarebbe anche rendersi conto che, quando gli altri hanno preso qualcosa, spesso semplicemente successo che loro non hanno corso il rischio di allungare le mani anche loro, e se non si preso niente dipende da questo piuttosto che da una ingiustizia. La virt del carattere quattro sarebbe paradossalmente non restarsene con le mani in tasca, ma allungarle e prendere la fetta di torta che vuole invece di lamentarsi delle mancanze. Allungare le mani non una virt canonica, ma il carattere quattro esagera con il dolore della mancanza fino a alterare il suo ecosistema: si tratta di non confondere la mancanza con l ingiustizia, e la capacit di riconoscere la mancanza deve servire all organismo per difendersi prendendo quello che gli serve. La reificazione dell amore per qui l ammirazione: se allunga le mani non pu pi ammantarsi d innocenza e non pu pi aspettarsi di essere ammirato per la sua forza nel sopportare l ingiustizia. La specialit del carattere cinque quella della separazione, la capacit di spaccare il capello in quattro: un carattere incline alla speculazione proprio perch particolarmente capace di analizzare, cio di separare nel pensiero insiemi e sottoinsiemi e sottoinsiemi dei sottoinsiemi, e dispone cos di uno strumentario capace di analizzare profondamente la realt. La trappola l esagerazione dell attivit analitica: analizzare grosso modo equivale a smontare, e i caratteri cinque sono capaci di smontare l universo. Il problema che per poter vivere ci vuole un mondo montato: se si smonta

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solamente poi si vive in un deposito di rotelline. La virt del carattere cinque il distacco. Le persone con questo carattere non sono in realt distaccati come sembra: smontano tutto perch hanno paura del mondo montato e funzionante. Alla fine per manca il piacere di vivere: tutto smontato e messo al suo posto e tutto molto tranquillo, non c pi la paura ma non c pi nemmeno il piacere. Un ambasciatore del mondo vivibile per esempio il profumo del caff: ma il profumo del caff un complicatissimo fenomeno prodotto dalla selezione delle piante, dalla tostatura dei chicchi, dalle mille tradizioni su come mettere l acqua bollente sulla polvere ecc... Il risultato il profumo del caff, che ha molto poco a che vedere con processi analitici e invece molto con quelli sintetici, cio col mettere insieme, col costruire. Il distacco che al carattere cinque manca la mancanza di preoccupazione per l effetto finale, manca l accettazione dell eventuale fallimento: sono persone che in genere hanno un grande mondo interno, ma lo manifestano poco perch non si fidano che gli interlocutori lo apprezzino. Hanno, in parole povere, una grande sfiducia nell interlocutore. La virt del distacco sarebbe smettere di preoccuparsi tanto delle reazioni degli altri. Non che i caratteri cinque abbiano difficolt a fare sintesi: hanno difficolt a farle sotto gli occhi di qualcuno che potrebbe non apprezzarle. Si rintanano perch hanno paura, non per il piacere di rintanarsi: la virt del distacco sarebbe distaccarsi dalla paura del risultato, di quello che sentiranno gli altri, di come reagiranno. Paradossalmente, per loro pu essere pi facile parlare in pubblico o scrivere libri, perch in questo modo non sono in contatto diretto con l interlocutore. Del resto, se una persona costruisce il suo mondo interno con poche verifiche esterne, finisce per sviluppare un linguaggio idiosincratico, e allora con ragione avr paura che gli altri non lo comprendano. Se non si cimenta nella comunicazione, se non prova a parlare, se non sviluppa un linguaggio comprensibile non solo formalmente, non difficile che abbia poi davvero difficolt ad essere capito. La virt del distacco consiste nel dare meno importanza al rifiuto e alla frustrazione, esperienze da cui i caratteri cinque stanno il pi possibile alla larga. L isolamento del cinque pi che una rinuncia una forma di pessimismo difensivo, un ritirare per prudenza l investimento energetico: come se l interesse si depotenziasse e non ci fosse pi spinta verso il mondo esterno. La reificazione dell amore in questo caso la comprensione: un amore ridotto al minimo, ma sotto quel minimo non c flessibilit, di quel minimo la persona con un carattere cinque non proprio disposta a rinunciare, non ha il distacco necessario a saltare il fosso senza quella rete di sicurezza. La virt del carattere sei il coraggio. Non si tratta n della capacit di affrontare pericoli, n di non avere paura: il coraggio consiste semplicemente nel sopportare la paura, fare comunque quello di cui si ha paura. I caratteri sei hanno infatti un problema con la paura, non con i pericoli. Possono essere spericolati, ma non tollerano la sensazione della paura, e gestiscono questa intolleranza in varie maniere: alcuni semplicemente si proteggono stando al riparo, altri si difendono con il senso del dovere, altri ancora prima aggrediscono e poi si avvicinano, e tutti quanti in realt evitano in modi diversi di sentire la paura. Ora, per fare le cose malgrado la paura, la paura bisogna saperla riconoscere, mentre i caratteri sei la evitano tanto che alla fine non ne riconoscono il sapore. Conoscono gli effetti secondari della paura, lo stomaco che si stringe, il freddo, la paralisi fisica... ma questa non la paura ai suoi inizi, sono gli effetti di quando ormai in atto la frana. Siccome non sopportano di sentire paura, si specializzano nel guardare il pericolo in tutti i suoi aspetti: spostano l attenzione dalla paura al pericolo, e in questa maniera diventano ossessionati dai pericoli, dalle cose che potrebbero andar male, dalle possibili disgrazie ecc... La virt del coraggio consiste semplicemente nel sopportare la paura quando c un pericolo: i caratteri sei invece cercano di scoprire i pericoli in anticipo per poterli evitare e non dover aver paura. Questo atteggiamento, che tende a prevedere tutto in modo da evitare qualunque pericolo, sarebbe moderabile con un po' di rassegnazione: bisogna rassegnarsi ad avere paura quando capita, senza preoccuparsi eccessivamente, e il coraggio necessita appunto la capacit di sapersi rassegnare quando non c niente da fare. Data la iperresponsabilit a cui tende questo carattere, e la sua tendenza a temere la colpa, la reificazione dell amore qui risulta il perdono: molto di quello che fanno in funzione di giustificare la loro esistenza. e di ottenere un perdono per la latente aggressivit di cui sono dotati. La specializzazione del carattere sette l evitamento. L evitamento di cose sgradevoli naturalmente, e con il

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trucco della gola: sembra che insegua sempre le cose pi buone e non si vede che si allontana dalle cose dolorose e paurose. La virt si chiama sobriet, come dire, non esagerare nell evitamento: il carattere sette un finto edonista e un vero evitatore delle sgradevolezze, ed essendo costretto a saltare di qua e di l per non assumersi la dolorosit del mondo, tende a rimanere alla superficie, estendendosi piuttosto in larghezza. Ha in effetti una grande capacit di trovare mille vie d uscita, mille possibilit, mille forme di vivere. uno specialista nel non farsi intrappolare: se si dedica a una cosa sola poi questa lo intrappola, quindi di solito tende a tenere il piede in varie staffe. La sobriet consiste nello stare anche dove c da soffrire, se questo porta nella direzione che la persona vuole perseguire, invece di sperdersi in mille possibilit. Mettiamo che ci si imbarchi in una avventura scientifica: si ricerca, si prova e si riprova, ma difficile avere successo. Quanti vetrini avr pulito Fleming prima di scoprire la penicillina? La vita dello scienziato pu essere a volte di una noia infernale: bisogna ripetere all infinito procedimenti che non portano a niente, e solo di rado capita qualcosa di importante...! Il carattere sette ha difficolt ad attraversare i deserti: essendo coatto all evitamento del dolore, se si vede davanti un deserto in genere cambia direzione. Diventa spesso capace di fare tante cose, ma in genere non le conosce al di l del muro della sofferenza, perch appena sente male tende ad andare da un altra parte. La sobriet sarebbe sopportare il dolore e proseguire nel proprio cammino. La reificazione dell amore in questo caso il consenso con l interlocutore. Il consenso infatti sta in mezzo alle persone e non coinvolge in modo serio: si pu sempre cambiare idea. Per essere capaci di concordare su qualunque argomento la sobriet pero chiaramente un ostacolo consistente. La virt del carattere otto sarebbe invece una vera innocenza. I caratteri otto sono specialisti di vittoria finale: meglio non farseli nemici, perch di solito finch non hanno vinto la guerra non si fermano. Questa loro necessit di trionfo basata su una pretesa di innocenza: una pretesa davvero, perch i caratteri otto tendenzialmente non sono affatto innocenti. La loro innocenza ha infatti una implicazione truffaldina. come se dicessero all interlocutore fai anche tu come me, e con questo pretendessero di mettersi in pari: il fatto per che loro si sono addestrati una vita ad essere forti, mentre l interlocutore magari un omino piccolo e fragile che in pi detesta la violenza. una innocenza questa che assomiglia parecchio alla legge del pi forte. In realt i caratteri otto si approfittano spudoratamente del fatto che sono mediamente pi forti degli altri, soprattutto per la loro determinazione al trionfo. La virt sarebbe una vera innocenza, quella di mettersi nei panni dell interlocutore, cosa che in genere evitano proprio di fare: loro stanno nei loro panni e gli altri si arrangino. I caratteri otto sono votati alla forza e non importa loro se l altro debole, anzi hanno una certa tendenza a disprezzare la debolezza: mettersi nei panni degli altri e non avere due pesi e due misure, ma riconoscere gli interlocutori per quello che sono e che possono, sarebbe l innocenza che li traghetterebbe fuori dal loro mondo violento. La reificazione dell amore ovviamente la sottomissione, ma l interlocutore si dovrebbe sottomettere spontaneamente perch potessero continuare nella pretesa di innocenza su cui basano la loro combattivit. I caratteri nove sono specialisti di rinuncia. A tutti capita di rinunciare, ma i nove sono capaci di farlo senza soffrire acutamente, perch riescono a gestire bene il mondo attraverso la rinuncia... Un esempio classico la mamma che mangia gli avanzi dopo aver dato da mangiare a tutta la famiglia. Pu sembrare che lei si sia sacrificata, ma in realt con il suo comportamento ha ben amministrato la sua famiglia: ci che le interessa veramente infatti la pace, e amministra questa pace rinunciando. I caratteri nove rinunciano per il loro tornaconto, e il loro tornaconto la pace. Naturalmente questo ha un costo, che col tempo si accumula e pesa: i caratteri nove sono infatti abbastanza inclini alla malinconia, avendo sotto sotto un bell abisso di rinunce, che da qualche parte comunque si fanno sentire. Per equilibrare questa specifica esagerazione, la virt sarebbe la spontaneit: i caratteri nove sono troppo

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interessati alla pace per essere spontanei, la spontaneit va pochissimo d accordo con la pace. Spessissimo sono persone di cui difficile conoscere l opinione: non dicono quello che pensano perch hanno paura di creare conflitti, e preferiscono adattarsi ad assumere (apparentemente) le opinioni degli altri. La spontaneit sarebbe osare di manifestare almeno delle piccole specificit, sopportando il rischio generalmente fantasmatico di combinare un disastro e di perdere l amore dell interlocutore e la pace dell anima. La reificazione dell amore in questo carattere la vicinanza, e difficilmente convengono sul vecchio detto meglio soli che male accompagnati.

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note Capitolo 1 La realt 1. G. Galetti, A. Alugi, Ancora sulla nascita e morte della materia, internet, feb 2002. 2. H. Maturana - Varela, L albero della conoscenza, Garzanti, Milano 1982. 3. I. Kant, Critica della ragion pura, Adelphi, Milano 1976. 4. II principio di indeterminazione di W. Heisemberg: I principi fisici della teoria dei quanti, Boringhieri, Torino, 1976. 5. Se qualcosa pu essere pensabile esiste, diceva S. Anselmo, e Se qualcosa compare nei racconti degli esseri umani esiste, diceva Jung. 6. AA. VV., Perch c qualcosa invece di niente, Itaca libri, Milano 2005. 7. O. Kernberg, Teoria delle relazioni oggettuali e clinica psicanalitica, Boringhieri, Torino 1980. 8. W. Heisemberg, I principi fisici della teoria dei quanti, Bollati Boringhieri, Torino, 1976. 9. Aristotele, Organon, Adelphi, Milano 1989. 10. Esiodo, Teogonia, Bur, Bergamo 2004. 11. Nel senso che Brentano d a questi termini. 12. Naturalmente non l unica, ma una delle possibili letture di questo mito. 13. Cosa che probabilmente accadeva nei rituali dei misteri orfici. 14. Per io nella PTG si intende non tanto una struttura intrapsichica, quanto un termine linguistico identificativo del soggetto: nonostante la genericit della parola, questa riveste tradizionalmente una posizione di personaggio letterario, a cui possono essere attribuite storie e specificit. 15. Non comprensibili dall io, in quanto per loro natura impersonali. 16. J. Jaynes, Il crollo della mente bicamerale e l origine della coscienza, Adelphi, Milano 1996. 17. Necessit sempre pi evidente via via che il contesto della vita umana diventa la relazione con gli altri, cio con gli altri io. 18. Prima che Platone e Aristotele costruissero le basi per il pensiero scientifico, il mondo, appunto, presocratico, era molto pi vicino a una conoscenza intuitiva del mondo, dove le teorie erano poco differenziate e poco verificate. 19. Dire per esempio quella l una sedia, significa porre l oggetto al centro di una miriade di legami con altri oggetti concreti e astratti, passati e futuri, con situazioni avvenute o avvenibili, presenti e assenti sotto l orizzonte degli eventi. 20. P. Sirtoli e M. Guagnelli: Per sfuggire all attrazione gravitazionale di un corpo celeste occorre possedere una velocit minima detta velocit di fuga. L orizzonte degli eventi una superficie immaginaria che circonda ogni buco nero, ed caratterizzata dal fatto che in ogni suo punto la velocit di fuga equivale alla velocit della luce. Cfr. internet. Al di l dell orizzonte degli eventi non c modo di conoscere direttamente cosa succede, ma un area solo immaginabile: per questo Freud chiam cos la Metapsicologia, per significare che si tratta di una psicologia astratta. 21. Oggetto anch esso di percezione prima che di concettualizzazione: l agguato, di cui i gatti sono maestri, richiede un tempismo perfetto. 22. In questa ottica il comportamento si rivela un vero e proprio linguaggio, che con un numero finito di parole pu scrivere infinite composizioni: essendo il comportamento strumento di sopravvivenza, la sua funzionalita implica necessariamente il fatto che sia congruo al contesto ambientale, e per farlo necessariamente lo conosca. Si tratta di quella conoscenza che Maturana chiama accoppiamento strutturale. 23. Primario e secondario, secondo la visione di Brentano. 24. M. Merleau- Ponty, Fenomenologia della percezione, Il Saggiatore, Milano 1965. 25. M. Proust, Il tempo ritrovato, Rizzoli, Roma 1994. 26. M. Heidegger, In cammino verso il linguaggio, Mursia, Azzate 1973. 27. M. Baxandall, Forme dell intenzione, Einaudi, Torino 2000. 28. M. Stirner, L unico e la sua propriet, Adelphi, Azzate 2002.

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29. M. Merleau- Ponty, Fenomenologia della percezione, Il Saggiatore, Milano 1965. 30. Si dicono incommensurabili due quantit che non abbiano un minimo comun denominatore. 31. L aggettivo scientifico ha varie implicazioni: la pi comune la ripetibilit dell esperimento e la misurabilit dei risultati. Non a questo tipo di implicazioni che mi riferisco qui. Per scientifico intendo piuttosto un intervento non arbitrario, non riferito cio nei risultati a una ideologia dell uno non condivisa dall altro, ma riferibile a un comune buon senso che pu essere concordemente riconosciuto. 32. Nel senso di ob- jectum, ci che messo davanti. 33. Un po' come quando il computer crea un alias che rappresenta un contenuto e attraverso cui questo pu essere attivato. 34. La misurabilit addirittura l assioma del mondo fisico: ci che fisico misurabile (anche se in certi casi indeterminatamente), e ci che misurabile fisico. 35. Aldil del mondo fisico. 36. Ted. ricordare, rimettere dentro, interiorizzare. 37. La metafisica, ci che sta oltre il mondo fisico, e la trascendenza, ci che trascende il mondo fisico, vengono qui usati come sinonimi. 38. F. Calonghi, Dizionario italiano latino, Rosenberg & Sellier, Torino 1862. 39. F. Nietzsche, Il crepuscolo degli idoli in Opere, Adelphi, Milano 1967. 40. Sembra comunque che la limitatezza della mente umana non possa prescindere dalla reificazione per avvicinarsi al trascendente, e probabilmente la superstizione di molti permette alla fine la trascendenza di pochi, che poi trickelts down, come la ricchezza reaganiana, sugli altri, (sempre sperando che non sia invece l ignoranza generale che trickelts up su tutto il resto). 41. Il termine spirito qui usato come sinonimo di trascendenza. 42. Trungpa Chogyam, Al di l del materialismo spirituale, Astrolabio, Roma 1976. 43. Nagarjuna, Lo sterminio degli errori, B. U. Rizzoli, Milano 1992. 44. Elementi di insiemistica, Patron, Bologna 1963. 45. Di pi, ma non meglio: un campo di concentramento pi dei suoi occupanti, ma sicuramente non meglio. 46. M. Heidegger, op. cit. 47. F. Pessoa, Faust, Einaudi, Torino 1961. 48. Termine coniato da J. Smuths, Cfr. Holism and evolution (The Macmillan Company, New York 1926). 49. Cio non bisogna guardare rigidamente, perch si rimane ipnotizzati, ma neanche distrattamente, perch si perde la visione: per esempio, nell esercizio della candela bisogna guardare come da svegli, accorgendosi dei movimenti della fiamma e mantenendo continuamente la coscienza della relazione tra primo piano e sfondo. 50. Vangelo, Mazza, Firenze 1951. 51. M. Cacciari, L angelo necessario, Adelphi, Milano 1986. 52. F. Hlderlin, Perione, Edizioni Studio Tesi, Pordenone 1989. 53. Nella Fenomenologia dello Spirito, Hegel affermava l idea che Dio avesse creato la materia per potersi conoscere attraverso il confronto: si tratta di un modo di spiegare l utilit di questa differenziazione. 54. E neanche da quello costruttivista. 55. M. Buber, Il principio dialogico, S. Paolo Torino 1993. 56. Molti si ricordano ancora di come a vent anni era meraviglioso stare insieme con gli altri, senza niente di specifico da dire o da fare, dormire tutti insieme, non sapere quando si torna: in realt non si tratta d altro che di un incontro con l altro senza pregiudizi. Non erano in s grandi cose, a volte erano addirittura cose di piccolissimo conto, ma avevano un sapore che si ricorda per decenni. Si sente che c era qualcosa di meraviglioso l! Non che fosse la cosa in s, ma c era una scintilla di luce, si era insieme in una fluidit invece che in uno stato dove tutto viene chiuso in canoni prestabiliti e alla fine lascia un senso di insoddisfazione. 57. Da una parte evidente l importanza di lavorare per un miglioramento delle condizioni umane: se la gente muore di

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fame, questo fa parte della realt della materia e di quello che la realt materiale provoca. Per vero anche che il miglioramento delle condizioni materiali degli esseri umani non migliora di per s la qualit della vita. 58. C. G. Jung, Psicologia e alchimia, Bollati Boringhieri, Torino 1989. 59. In realt gli alchimisti hanno fatto tante scoperte chimiche notevoli, e forse non solo quelle: la pietra filosofale, nella logica della fisica moderna corrisponde alla cosiddetta fusione a freddo, che finora non stata realizzata, ma neanche dimostrata impossibile. 60. C. G. Jung, Psicologia del transfert, Bollati Boringhieri, Torino 1989. 61. W. Reich teorizz l orgone come base dell energia psichica, ma non ne dette una dimostrazione plausibile. 62. S. Freud, Pulsioni e loro destino: Metapsicologia, Bollati Boringhieri, Torino 1980. 63. Intendendo per spirito ci che per il principio di pregnanza trascende il mondo materiale. 64. S. Freud, Il disagio della civilt, Bollati Boringhieri, Torino 1980. 65. Anche nella tradizione buddhista le virt sono i vizi purificati, cio spostati sul piano spirituale: invece di avidit di denaro diventa per es. avidit di conoscenza, invece di avarizia di amore diventa per es. avarizia di perdere tempo, ecc. 66. S. Kierkegaard, Timore e tremore, Sansoni, Firenze 1993. 67. M. Heidegger, I seminari di Zollikon, Guida, Napoli 2000. 68. Cosa fra l altro strettamente connessa con la cultura tradizionale ebraica: e Freud in realt doveva molto alla tradizione chassidica. Uno dei grandi compiti tradizionali dell Ebraismo infatti l interpretazione dei testi sacri, e quando questa sar compiuta il mondo sar perfetto. 69. Abhinavagupta, Considerazioni sull assoluto, Luni, Milano 1998. 70. Le vestali nella Roma antica erano le custodi del fuoco sacro: forse una tradizione del tempo in cui l uomo non sapeva accendere il fuoco, e quando c era bisognava custodirlo perch non si spegnesse mai. Allo stesso tempo questo evoca talmente il tema del fuoco, sacro perch interiore, da far pensare ai chakra, che si percepiscono infatti sensorialmente come fiammelle: anche il fuoco dei chakra quando si spenge non semplice riaccenderlo. 71. Le nostre percezioni sono intenzionate, vediamo quello che ci serve nella logica della nostra vita: illusorio che le cose abbiano l importanza che gli diamo, o in altre parole, relativo alla nostra condizione di esseri umani. 72. Lo scopo del lavoro di interpretazione tende poi alla fine a uno scopo non dissimile, ma il cammino molto diverso, e diverse le insidie che si incontrano. 73. Questa era la bandiera del movimento hippy. 74. Una delle poche cose sicure che la psicologia ha scoperto negli ultimi cent anni il concetto di barriera generazionale: ci devono essere delle barriere che separano le generazioni in due aree: sesso e competizione. importante ricordarsi che le aree sono due, perch spesso i genitori si ricordano solo del sesso e non della competizione, ma se c una cosa che disturba i figli che i genitori si mettano in competizione con loro. 75. Non tutti coloro che hanno avuto un padre rigido sviluppano per esempio la colite spastica. 76. C. Sini, Il silenzio e la parola, Marietti, Genova 1982. 77. S. Kierkegaard, Aut aut, in Opere, Sansoni, Milano 1993. 78. F. Nietzsche, Sull utilit e il danno della storia, in:"Opere di F. Nietzsche", Adelphi, Torino 1967. 79. K. Lorenz, Il futuro aperto, Rusconi, Milano 1989. 80. M. Cacciari, Le icone della legge, Adelphi, Milano 1985. Capitolo 2 Pensare e sentire 81. Dal greco a- temno, cio la particella che non pu essere ulteriormente divisa. 82. W. Heisenberg, I principi fisici della teoria dei quanti, Bollati Boringhieri, Torino 1976. Il principio di indeterminazione di Heisenberg dimostra come la posizione di una particella e la sua accelerazione sono riconducibili a una equazione a due incognite, in cui determinare una si rende indeterminata l altra. 83. M. Wertheimer, Gestalt Theorie, Social Research, New York 1944. 84. In realt, secondo questa teoria, non solo i dati percettivi vengono assunti selettivamente, ma vengono anche ridotti

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nella loro gamma di significato dall'interazione reciproca all'interno della Gestalt che vanno a formare, nella quale giocano un ruolo specifico funzionale all'insieme. Proprio per questa interdipendenza, e per questa reciproca e specifica modificazione, si pu capire come ogni parte di una Gestalt rifletta l'insieme e ne permetta la comprensione intuitiva. 85. E. Rubin, Visual perception essential reading, Yantis, Psychology Press, Philadelphia 2001. 86. F. Perls, Io fame aggressivit, F. Angeli, Milano 1995. 87. Il background emozionale colloca l individuo al centro della sua situazione esistenziale, cio dei suoi bisogni organismici. 88. Operazione condotta per es. nel lavoro sui sogni tramite la preventiva identificazione del paziente in ogni elemento del sogno. 89. K. Lewin, Principi di psicologia topologica, ed. OS., Firenze 1980. 90. Modalit tuttora tipica dell'approccio psicanalitico. 91. K. Goldstein, The organism, Zone Books, New York 2000. 92. Non lontano dall istinto della territorialit, formulato da K. Lorenz nell'etologia: alcune specie animali ereditano geneticamente la tendenza istintiva a conquistare territorio, cosa che evidentemente permette maggiori possibilit di sopravvivenza all'individuo e alla specie: K. Lorenz, Il cosiddetto male, C. E. Principato, Messina. 93. S. Kierkegaard viene considerato il precursore dell Esistenzialismo. 94. A. Schopenhauer, Intelletto e volont, Principato, Messina. 95. J. W. Goethe, La teoria dei colori, Acquerelli, Bussorlengo 1995. 96. P. Assoun, Freud e Wittgenstein, Puf, Paris 1988. 97. L. Binswanger diagnostica non in base a un modello di essere umano sano, ma in relazione alle possibilit perdute dalla persona che si arena in certi comportamenti: L. Binswanger, Tre forme di esistenza mancata, Il Saggiatore, Milano 1964. 98. Il linguaggio per Heidegger strumento per eccellenza della manifestazione. 99. Una volta fatta, dall azione non si torna indietro: quello che si espresso invece si pu successivamente tentare di esprimerlo meglio. 100. W. James, La volont di credere, Principato, Milano 1969. 101. Pura merda. 102. H. Maturana - Varela, L albero della conoscenza, Garzanti, Milano 1982. 103. L uso di un grimaldello un esempio della ricerca di innescare a tentoni in una serratura un processo di apertura. 104. Conocere un pericolo mortale significa essere in grado di comportarsi in modo da evitarlo e quindi di non morire, non decadendo cos dalla classe dei viventi. 105. H. Maturana - Varela, Autopoiesi e cognizione, Marsilio, Venezia 2001. 106. Per appartenere alla classe degli esseri umani deve senz'altro avere quelli che hanno tutti. 107. L. Wittgenstein, Ricerche filosofiche, Einaudi, Torino 1967. 108. O. Kernberg, Teoria delle relazioni oggettuali e clinica psicanalitica, Bollati Boringhieri, Torino. 109. L. Wittgenstein, Pensieri diversi, Adelphi, Milano 1977. 110. K. Popper - J. Eccles, L'Io e il suo cervello, Armando, Roma 1981. 111. F. Brentano, La psicologia dal punto di vista empirico, Ed. Laterza, Bari 1977. 112. Si sentono qui le avvisaglie del costruttivismo. 113. Il fenomeno secondario di Brentano. 114. E. Polster, Imprisoning in the present. 115. M. Merleau- Ponty, Fenomenologia della percezione, Il Saggiatore, Milano 1965. 116. M. Baxandall, Forme dell intenzione, Einaudi Torino 2000. 117. Il riferimento intenzionale di F. Brentano. 118. F. Hlderlin, Iperione, Edizioni Studio Tesi, Pordenone 1989. 119. Riduttiva significa che riduce una cosa all altra: questo quello e niente pi. Alla base di questa operazione c l ipotesi epistemologica di capire il mondo riducendo il molteplice a composizioni di un unico elemento primario (la visione fisicalista). 120. Invece avere ragione lo sport pi praticato da sempre da tutti i tipi di autorit.

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121. Un esempio di algoritmo la combinazione di una cassaforte: facendo certe operazioni e solo quelle, e usando una certa sequenza e solo quella, si arriva a uno specifico risultato, cio si apre la cassaforte. 122. M. Merleau- Ponty, Fenomenologia della percezione, Il Saggiatore, Milano 1965. 123. Con la metafora del bosco Heidegger evoca la condizione dell essere umano che capisce il mondo in cui abita facendone allo stesso tempo parte, come fosse una pianta che cerca di capire le piante che lo circondano. 124. Il sistema di lavoro che Freud usa, cio comunicare tutto ci che passa per la mente (stando distesi per scendere nel tono parasimpatico, che facilita il processo primario, cio le libere associazioni o l attivit analogica che dir si voglia) per Perls privo di significato, proprio perch il suo concetto di inconscio diverso. Nel pensiero di Freud, l inconscio , almeno fino a un certo punto, un entit semiautonoma a cui le associazioni si riferiscono, permettendo cos di dare forma conoscibile a questo fiume sotterraneo altrimenti riscontrabile solo nei suoi derivati. Nel pensiero di Perls, invece, le associazioni sono riferite allo stato dell'organismo, cio allo stato emozionale della persona, e nella pratica della psicoterapia della Gestalt non hanno una funzione conoscitiva rivolta al passato, ma hanno soprattutto una funzione costruttiva, rivolta all intenzione e quindi al futuro. 125. M. Cardinal, Le parole per dirlo, Ed. Tascabili Bompiani, Milano 2002. 126. La Metapsicologia , come dice la parola, una psicologia ipotetica, che si conosce deduttivamente dai derivati dell inconscio, i comportamenti inspiegabili in una ottica razionale. 127. Diceva Salvador Dal che la pelle la parte pi profonda dell essere umano. Cfr. I. Gibson, Lorca- Dal. El amor que no pudo ser, Plaza Jans, Madrid 1999. 128. K. Lorenz, L etologia, Bollati Boringhieri, Torino 1980. 129. E la reazione sensoriale ed emozionale dello psicoterapeuta nei confronti del comportamento del paziente. 130. La transitoriet del verbo vivere un escamotage linguistico che metaforizza l intenzionalit e quindi la partecipazione attiva della persona. 131. H. Maturana - Varela, L albero della conoscenza, Garzanti, Milano 1982. 132. R. Cartesio, Discorso sul metodo, San Paolo ed., 2003. 133. P. Rovatti, Abitare la distanza, Feltrinelli, Milano 1994. 134. D. W. Winnicott, Sviluppo affettivo e ambiente, Armando editore, Roma 1986. 135. M. Montessori, Il Metodo della Pedagogia Scientifica applicato all educazione infantile nelle Case dei Bambini, Citt di Castello, Tip. Casa editrice S. Lapi, 1909. 136. D. Bishop, Empatia. 137. Cio l effetto qualitativo che la percezione quantitativa del mondo fa sul percipiente, con tutte le sue specificit strutturali e contingenti Cfr. F. Brentano, La psicologia dal punto di vista empirico, Ed. Laterza, Bari 1977. 138. W. James, La volont di credere, Rizzoli, 1984. 139. Avvengono accoppiamenti strutturali l dove in presenza e in funzione del contesto si sviluppano delle capacit: per esempio in presenza e in funzione della luce si sviluppato l occhio, che regredisce rapidamente in quegli organismi che vivono al buio, come il proteo delle grotte. 140. H. Maturana - Varela, Autopoiesi e cognizione, Marsilio, Venezia 2001. 141. L. Binswanger conia il termine di stramberia per uscire dalle secche, da una parte di non poter giudicare in quanto esistenzialista, e dall altra di non poter fare a meno di riconoscere che qualcosa non va in quella che definisce esistenza mancata. (L. Binswanger, Tre forme di esistenza mancata, Il Saggiatore, Milano 1964). Capitolo 3 Agire 142. Sono noti per esempio casi di gemelli che si sono inventata una lingua che solo loro capivano. 143. M. Merleau- Ponty, Fenomenologia della percezione, Il Saggiatore, Milano 1965. 144. In alternativa alla posizione schizoparanoide, dove quello che disturba viene scisso e proiettato all esterno. Cfr. U.

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Galimberti, Dizionario di psicologia, voce teoria Kleiniana, UTET, Torino 1992. 145. V. Turner, Dal rito al teatro, Il Mulino, Bologna 1986. 146. Eschilo, Edipo a Colono, Orsa Maggiore, Torriana 1989. 147. W. Shakespeare, Giulietta e Romeo, Einaudi, Torino 1960. 148. K. Lorenz diceva che l emozione si sente in modo inversamente proporzionale al movimento: l immobilit del sogno che la amplifica al massimo. 149. F. Dostoevskij, I fratelli Karamazov, Sansoni, Firenze 1966. 150. Capace di dare vita a quell afflato mitologico che riempie di senso e di energia gli esseri umani. 151. Anche nel caso di un interlocutore interno. 152. Jung parlava di differenza fra Io e S. 153. Nel senso che entra in funzione un comportamento programmato che si muove in questa direzione. Questo esiste tendenzialmente anche nella specie umana, ma a una tendenza non impossibile resistere quando intervengono bisogno pi pressanti. 154. Che in questo caso sar tradito alla prima occasione. 155. Vedi il discorso sulle resistenze nella psicoterapia della Gestalt. 156. La posizione di inferiorit non necessariamente intrinseca: pu essere relativa alla posizione specifica, pu essere semplicemente transitoria, pu essere apparente, strumentale, e cos via. 157. Che a parte tutto resta anche comunque una narrazione. 158. Eraclito, I frammenti e le testimonianze, Mondadori, Milano 1980. 159. Che Elvio Fachinelli, freudiano e marxista, considera non essere una teoria, ma semplicemente il modo di funzionare della realt: Cfr. E. Fachinelli, Il bambino dalle uova d oro, Feltrinelli, Milano 1999. 160. K. Jaspers, Psicopatologia generale, Il pensiero scientifico, Citt di Castello 2000. 161. La radura nel bosco" sarebbe il momento in cui il soggetto oggettualizza contingentemente il mondo, senza per uscire dallo stato di appartenenza al mondo: la radura infatti comunque parte integrante del bosco. La vita del resto, un bosco dove le radure sono pi del folto, almeno l dove le persone si rendono conto del loro "esserci". 162. Che come gli atti rivestono valore etico: L. Wittgenstein, Pensieri diversi, Adelphi, Milano 1977. 163. Una delle grandi fonti di incomprensione a questo proposito l'attribuzione di valore che gli esseri umani fanno al problema del livello gerarchico, che pongono spesso al di sopra del valore della stessa esperienza, aspettandosi poi nella terapia, da un miglioramento dell esperienza, un banale riscatto delle proprie posizioni gerarchiche. 164. A. A. V. V., La clinica delTransfert, ed. Press, Roma 1991. 165. Il terapeuta non deve cio alimentare col silenzio le fantasie grandiose del paziente che lo immagina onnipotente: deve piuttosto praticare sufficiente trasparenza nella relazione da permettere il graduale ridimensionamento da parte del paziente: se il paziente non accetta sar meglio che cambi terapeuta. 166. R. Langs, Tecnica di psicoterapia psicanalitica, Bompiani, Torino 1979. 167. K. Horney, I nostri conflitti interni, Martinelli, Firenze 1975. 168. L idea cio che la psiche sia un insieme compatto invece che una rete di spinte che si intrecciano fra loro. 169. K. Horney, I nostri conflitti interni, Martinelli, Firenze 1975. 170. L idea cio che la psiche sia un insieme compatto invece che una rete di spinte che si intrecciano fra loro. Anche un motore elettrico funziona per spinte contrapposte: in un anello di Thoreau i poli positivi e negativi alternativamente si attraggono e si respingono producendo cos movimento. (E. Poster, La psicoterapia della Gestalt integrata, Giuffr editore, Varese 1986). 171. Nella tradizione gestaltica si chiama anche hot seat, ma il termine sedia vuota suggerisce pi direttamente il suo uso: un posto vuoto che si pu riempire con i personaggi necessari al dialogo interno dl paziente. 172. F. Nietzsche, Sull utilit e il danno della storia in Opere di F. Nietzsche, Adelphi, Torino 1967. 173. S. T. Coleridge, La ballata del vecchio marinaio, B. U. R., Milano 1985. 174. Abbastanza, nell accezione in cui Winnicott usa il termine. 175. L. Wittgenstein, Ricerche filosofiche, Einaudi, Torino 1967. 176. E. Mazlich, How to talk to the children so kids will listen, Avon Books, N. Y.

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177. H. Kohut, Narcisismo e analisi del S, Bollati Boringhieri, Torino 1980. 178. G. Sassanelli, Le basi narcisistiche della personalit, Bollati Boringhieri, Torino 1982. 179. Anche se pi o meno fortemente attivati dal transfert sull'analista. 180. I. Kant, Principi di estetica; estratti dalla Critica del Giudizio, a cura di G. De Ruggiero, Giuseppe Laterza & figli, Bari. 181. H. Arendt, La banalit del male, Feltrinelli, Milano 1996. 182. Da Himmler, il quale, prevedendo la sconfitta della Germania, per salvarsi la vita voleva essere riconosciuto come chi aveva fermato lo sterminio. 183. M. Cacciari, Le icone della legge, Adelphi, Milano 1985. 184. J. P. Carse, Giochi finiti e giochi infiniti, Mondadori, Milano 1967. 185. H. C. Andersen, Fiabe. 186. H. Arendt, La banalit del male, Feltrinelli, Milano 1996. 187. G. Bataille, Il processo di Gilles de Rais, Guanda 1982. 188. W. R. D. Fairbairn, Studi psicanalitici sulla personalit, Bollati Boringhieri, Torino 1992. Capitolo 4 Teoria della psicoterapia 189. F. Hlderlin, La morte di Empedocle, Garzanti, Cernusco 1998. 190. S. Kierkegaard, Aut aut in Opere, Sansoni, Milano 1993. 191. F. Nietzsche, Il crepuscolo degli idoli in Opere di F. Nietzsche, Adelphi, Torino 1967. 192. S. Freud, Il disagio della civilt, Bollati Boringhieri, Torino 1980. 193. M. Cacciari, Le icone della legge, Adelphi, Azzate 1985. 194. L. Wittgenstein, Pensieri diversi, Adelphi, Milano 1977. 195. La morte dell io, questa straordinaria intuizione, ebbe anche echi disastrosi e produsse ideologie che chiedevano la rinuncia all importanza dell io individuale (il particolarismo piccolo borghese), in favore di quella dell io collettivo, la Nazione: l individuo al servizio dello Stato che con la sua grandezza trascende il singolo, lo Stato totalitario dove Natura e Cultura convergono per definizione, dato che lo Stato stesso a definire cos Natura. 196. F. Nietzsche, Cos parl Zarathustra in Opere di F. Nietzsche, Adelphi, Torino 1967. 197. F. Polidori, Necessit di una illusione, Guerini, Milano 1995. 198. P. Rovatti, Abitare la distanza, Feltrinelli, Milano 1994. 199. Dare nome. 200. Si fa chiara e fa chiaro. 201. E. Rubin, Visual Perception Essential Reading, ed Yantis, Psychology Press, Philadelphia 2001. 202. M. Heidegger, Essere e tempo, Longanesi Milano 1976. 203. Come si capisce se si immagina di perdere la memoria, o come si vede dallo sforzo che i discendenti di emigrati fanno per recuperare qualche radice, ecc. 204. Quale esse siano se vogliamo riconoscere l importanza del libero arbitrio, 205. Non di rado illusione e speranza si confondono, ma la speranza ha coscienza della sua fragilit. 206. Rimettere dentro, ricordare. 207. Coincide col concetto di passato, che come evidente, non pu essere cambiato, e getta la sua ombra sul presente. 208. Coincide col concetto di libero arbitrio, dove libert e necessit si intrecciano. 209. K. Lorenz, Il futuro aperto, Rusconi, Milano 1989. 210. F. Nietzsche, Sull utilit e il danno della storia in Opere di F. Nietzsche, Adelphi, Torino 1967. 211. F. Brentano, La psicologia dal punto di vista empirico, Ed. Laterza, Bari 1977. 212. Un esempio di algoritmo la combinazione di una cassaforte: facendo certe operazioni e solo quelle, e usando una certa sequenza e solo quella, si arriva a uno specifico risultato, cio si apre la cassaforte. 213. La riscoperta dell'intenzionalit annoda problematiche di natura epistemologica e metodologica sulla consistenza della psicologia come il sapere scientifico sull'uomo, che necessariamente si articola con altri universi di discorso

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rilevanti per l'esperienza umana del mondo (l'etica, il diritto, la politica). Il nocciolo della questione pu essere visto nell'alternativa radicale che si pone tra causalit (fisica) e intenzionalit (psicologica). L'opposizione cos istituita segnala come possa mutare il contesto argomentativo in cui ci si interroga sul valore delle teorie e sul senso delle operazioni scientifiche che si compiono, giacch sono soggette a logiche deontiche differenti (necessit versus possibilit). Ipotizzare che tra due fenomeni vi sia un legame di causaeffetto significa ammettere che l'uno contenga le condizioni di determinazione (necessaria) dell'altro. Per contro, ipotizzare che tra due fenomeni vi sia un nesso di intenzionerisultato significa riconoscere che l'uno esibisce le condizioni di interpretazione (possibile) dell'altro. Cfr. Enciclopedia Treccani voce intenzionalit. 214. Gi biologicamente parlando, le forme primarie di intenzionalit, e cio percezione e azione, esigono una dinamica esplicativa che non si opponga alla causazione. Tra logica della causalit e principio di intenzionalit non si d esclusione reciproca, ma embricazione. Proprio la relazione di causazione intenzionale consente di risolvere il problema mente- corpo in una pluralit di livelli, per cui gli stati mentali sono sia causati dalle operazioni del cervello che realizzati nelle strutture del cervello (Searle 1983; trad. it. 1985, p. 266). 215. Jonson- Lairdh mostra che se ci si affida a una visione logicista dei processi di pensiero, basata unicamente sull'idea di manipolazione sintattica di simboli non interpretati, si riesce a spiegare la competenza deduttiva solo in linea di principio e in forma astratta, senza riuscire a cogliere le modalit concrete del ragionamento; soprattutto, non si riesce a render conto, simultaneamente come giusto che sia in psicologia, sia della correttezza sia delle possibilit di errore insite in un medesimo ragionamento. La proposta di Jonson- Lairdh di considerare quest'ultimo un processo, basato su rappresentazioni mentali. Cfr. Enciclopedia Treccani voce intenzionalit. 216. K. Popper - J. Eccles, L'Io e il suo cervello, Armando ed., Roma 1986. 217. Il comportamento delle particelle subatomiche comporta una componente di stranezza; cfr. M. Jauch, Sulla realt dei quanti, Adelphi, Milano 1980. 218. Ogni fenomeno psichico caratterizzato da ci che gli scolastici medievali chiamarono l'in/ esistenza intenzionale (ovvero mentale) di un oggetto, e che noi, anche se con espressioni non del tutto prive di ambiguit, vorremmo definire il riferimento a un contenuto, la direzione verso un obietto (che non va inteso come una realt), ovvero l'oggettivit immanente. Ogni fenomeno psichico contiene in s qualcosa come oggetto, anche se non ciascuno nello stesso modo. Nella presentazione qualcosa presentato, nel giudizio qualcosa viene o accettato o rifiutato, nell amore qualcosa viene amato, nell'odio odiato, nel desiderio desiderato, ecc.; Brentano 1874; trad. it. 1997, 1 vol., pp. 164-66. 219. Husserl d alla caratteristica intenzionale dei fenomeni psichici proposta da Brentano uno spessore metodologico radicale, cos da illuminare tutta la complessa trama dell'esperienza di s accessibile all'uomo... Husserl indaga l intenzione come propriet costitutiva della coscienza. Egli osserva che, per essere coscienti, occorre che ci si diano degli oggetti: non pu esserci coscienza senza che qualcosa la informi di s. Gli atti, o i modi, in cui gli oggetti si offrono alla coscienza la definiscono come "coscienza d, cio le assegnano la sua natura intenzionale. Cfr. Enciclopedia Treccani voce intenzionalit. 220. Questa argomentazione vale anche per quanto riguarda la relazione mente- corpo: se non logicamente dubitabile la relazione somatopsichica, quando si attribuiscano intenzioni all organismo non logico considerare biunivoca la relazione fra sintorno fisico e problematiche psichiche che lo causino. 221. L'intenzionalit ci consente di delineare un progetto di reinterpretazione dell'umano in termini non naturali ma culturali, non machine- like, ma person- lke (Moravia 1986, p. 278). Questo si propone Margolis nel costruire l intenzionale nei termini di precise pratiche sociali e di determinate istituzioni culturali che reggono le condotte umane (Margolis 1973, p. 281). Sostenere che il culturale l'intenzionale (Margolis 1983, p. 12) vuol dire aprire il meccanismo mentale alla creativit dei programmi storico- sociali con cui gli uomini si identificano. Vista nella filigrana della trama interpretante, l intenzionalit umana rivela sia i vincoli del suo essere al mondo che le aperture alle sue possibilit

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ermeneutiche. Un'immagine di tale ambivalenza dell intenzionalit data dalla marca di intenzionalit che contrassegna il pensiero narrativo e, quindi, anche i racconti che tessono l'esperienza di s (Bruner 1990). In tal caso l'intenzionalit agisce da trama o struttura ordinatrice (Brooks 1984) per le forme della consapevolezza con cui le persone, elaborando l'autonarrazione, entrano nella storia del mondo e vi lasciano, pi o meno deliberatamente, il segno della cultura cui danno voce. Cfr. Enciclopedia Treccani voce intenzionalit. 222. C. G. Jung, Simboli della trasformazione in Opere complete, Bollati Boringhieri, Torino 2002. 223. M. Baxandall, Forme dell intenzione, Einaudi, Torino 2000. 224. F. Perls, Ego Hunger and aggression, Vintage Books, New York 1969. 225. M. e I. Polster, Terapia della Gestalt 254. chiaramente qualcosa di immediatamente fruibile per tutti, e specialmente per chi fa una vita povera di emozioni: da qui l'immenso successo della televisione, che fornisce in continuazione prodotti di questo genere a masse di persone emotivamente sottoalimentate. 255. Una volta sola come se non fosse niente. Un avvenimento inusuale non ha veramente peso nell economia di una storia, quell escamotage di cui un esempio classico il deus ex machina con cui il teatro romano di pessima qualit risolveva i vicoli ciechi delle narrazione. 256. M. Kundera, L insostenibile leggerezza dell essere, Adelphi, Milano 1985. 257. D. W. Winnicott, Gioco e realt, Armando Armando, Roma 1974. 258. V. Kandinskij, Punto linea superficie, Adelphi, Milano 1985. 259. Pulsione il termine con cui Kohut indica le spinte dell organismo, e corrisponde approssimativamente agli istinti nell etologia: emozione indica un fenomeno riscontrabile soggettivamente, che si pu intendere appunto come il vissuto soggettivo della spinta degli istinti. 260. B. C. Brolin, Architecture in Context: Fitting New Buildings with Old, New York 1980 . 261. F. Perls, Ego Hunger and aggression, Vintage Books, New York. 262. Cio un punto di vista che ipotizza al di l del conoscibile: S. Freud, Metapsicologia Op. comp. 12 vol, Bollati Boringhieri, Torino 1982. 263. Archetipi. 264. V. Kandinskij, Punto linea superficie, Adelphi, Milano 1985. 265. S. Kierkegaard, Timore e tremore; Aut aut, in Opere, Sansoni, Milano 1993. 266. C. Schulz, Snoopy s stories, Rizzoli, Milano 1987. 267. S. Shraga, Unfinished businnes and Unstarted Businnes as a Completion of the Entire Gestalt, (comunicazione al vicongresso internazionale di Gestalt Therapy tenuto in Siena anno 1991). 268. R. Sperry, Organizzazione e comportamento cerebrale, Scienza 1961. 269. Non tutti i neurologi sono d accordo con questo punto di vista, e forse dal punto di vista neurologico si tratta di una rappresentazione troppo semplice: sul piano della pratica psicoterapeutica risulta comunque una descrizione, o almeno una metafora, convincente e molto utile. 270. Vangelo, Mazza, Firenze 1951. 271. Che l intuizione non sia importante naturalmente solo una chiacchiera, perch chiunque abbia a che fare con la ricerca scientifica sa benissimo che questa funziona attraverso l intuizione: in genere per fare delle scoperte, prima si intuisce di cosa si tratta, poi si mettono in moto una serie di procedimenti logici per spiegare l intuizione. Prima arriva l intuizione, poi i procedimenti logici. 272. La Rochefoucault diceva: la vita un inferno in cui pochi bruciano: i pi stanno sulla porta a guardare. 273. Interno al funzionamento dell empatia ci sono vari punti di vista: E. Stein, una allieva di Husserl, scrisse negli anni 30 la prima ricerca dettagliata sull argomento. E. Syein, L empatia, Franco Angeli, Milano 1986.

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274. impossibile infatti formulare leggi o regole su come fare qualcosa di bello, d altra parte assolutamente rigorosa, anche se soggettiva, la differenza tra una cosa bella e una cosa brutta. 275. L. Binswanger, Tre forme di esistenza mancata, Il Saggiatore, Milano 1964. 276. K. Lorenz, Il cosiddetto male, Garzanti, Milano 1975. 277. La rabbia un emozione della famiglia dell aggressivit, nello specifico di quel lato dell aggressivit che la difesa del territorio minacciato. 278. M. Cacciari, Le icone della legge, Adelphi, Milano 1985. 279. Invece dal punto di vista della famiglia di lei quello che si pu vedere come il Principe con il suo potere sociale la obblighi a cedergli la figlia, che tenderebbe a trattenere in qualit di forza- lavoro. 280. Qui l'uomo evidentemente non si aspetta il consenso della donna e traccia da solo le direttive dell'azione, quelle che danno il senso della vita: lui insomma il vertice gerarchico sul piano culturale. Si tratta chiaramente di un patriarca, e il tipo di rapporto fra uomo e donna che questo mito sottintende quello che sta alla base delle societ patriarcali. 281. W. Shakespeare, La bisbetica domata in Op. comp., Einaudi, Torino 1960. 282. Il mito della Bella e la Bestia una variante di quello del Ranocchio e della Principessa: anche qui c' una figura femminile in primo piano, la Bella, la quale non ha paura della Bestia, malgrado che sia irsuta zannuta e terrifica, e la tratta, invece come se fosse un essere umano, n sgradevole n terrificante, ma per un certo verso addirittura interessante. 283. Ovviamente stiamo ipotizzando casi in cui quello che viene nascosto sono informazioni su come fatta la persona, non su cosa ha fatto, il che porterebbe ad affrontare problemi che esulano dal contesto in esame. Capitolo 5 Tecnica della psicoterapia 284. A. Watt, Lo Zen, Bompiani, Milano 1972. 285. Esperienzialmente questo corrisponde al senso di mancanza. 286. Si dice immaginario perch non c nessun numero che moltiplicato per s stesso dia un numero negativo: un numero negativo moltiplicato per un altro numero negativo d sempre un numero positivo. 287. Che il cuore dell esistenzialismo. 288. Nagarjuna, Lo sterminio degli errori, B. U. Rizzoli, Milano, 1992. 289. L inevitabile degradarsi dell energia, che tende senza sosta verso un punto zero. 290. D. W. Winnicott, Gioco e realt, Armando Armando, Roma 1974. 291. Come diceva sempre lo Scherlock Holmes di Conan Doyle: A. C. Doyle, Le memorie di Sherlock Holmes 1894. 292. Conobbe il pensiero e le citt di molte genti. 293. A. Sturiale, Il libro di Alice, Edizioni Polostampa, Firenze 1996. 294. La pratica per poi risente di questa indifferenziazione. 295. P. Rovatti, Abitare la distanza, Feltrinelli, Milano 1994. 296. Come noto dalla pratica clinica, per smettere di introiettare bisogna dar forma al proprio vissuto, per interrompere la deflessione bisogna rispondere all imput principale invece che a uno secondario e fuorviante, per non retroflettere bisogna rivolgersi direttamente all interlocutore e per non proiettare c da guardare le travi nel proprio occhio invece che le pagliuzze in quello dellinterlocutore. 297. F. Perls, Verbatim, Astrolabio, Roma 1988. 298. Nel caso che il tempo non sia sufficiente, o per qualsiasi altra ragione non sia portata fino in fondo, l operazione resta ovviamente incompiuta, e come tale va accettata. 299. J. P. Carse, Giochi finiti e giochi infiniti, Mondadori, Milano 1967. 300. P. Roht, ll lamento di Portnoy. 301. F. Brentano, La psicologia dal punto di vista empirico, Ed. Laterza, Bari 1977. 302. M. Proust, Il tempo ritrovato, Rizzoli, Roma 1994.

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303. M. Heidegger, Essere e tempo, Longanesi, Milano 1976. 304. E che altrettanto naturalmente quando cerca qualcosa di specifico scarta tanta parte dell osservato che alla fine non vede pi neanche quello che c . 305. Nelle situazioni non rare, dove il bambino a strascicare l'adulto, dove cio il bambino avoca a s anche il giudizio riguardo alla gerarchia dei valori, difficile mettere in luce il conflitto, in quanto l'adulto che non ha l'energia emotiva per gestire il rapporto nemmeno la forza del giudizio sufficiente per opporsi agli eventi e almeno protestare: apparentemente si trova d'accordo col bambino, ma questo ricorda molto l'atteggiamento rassegnato di certe madri di bambini tirannici. 306. Il termine intervento potrebbe far pensare alla sedia vuota come un intervento tecnico che il soggetto psicoterapeuta attua sull oggetto paziente, cosa che peraltro snaturerebbe la specificit della psicoterapia della Gestalt. Ma non questo, e non neanche un passaggio contingente da io - tu a io- esso: si tratta piuttosto di una relazione io tu, dove io cerca la strada per un contatto meno disturbato con tu per un personale interesse nella qualit del contatto, e quando propone a tu la propria fantasia e la propria esperienza, non lo fa come un depositario di verit, ma semplicemente come quando si aiuta un automobilista in panne spingendogli la macchina per rimetterla in moto, cosa che non risponde minimamente a uno schema di rapporto io- esso. D'altronde il guardare all'interlocutore non solo come fenomeno coeso, ma anche come realt psicodinamica (nel senso della tensione che muove le polarit sempre verso nuove sintesi) non nessuna diminuzione di rispetto, sempre che non lo si guardi come una somma di parti ma come l'unit che . Parlare all'altro come se fossero due persone (e possiamo immaginarci come molte pi persone che due) non mi sembra insomma una mancanza di rispetto: certo comporta le sue difficolt, visto che due interlocutori hanno due attenzioni, e non necessariamente rivolte dalla stessa parte. Parlare con pi persone esperienza quotidiana, e non comporta necessariamente la cosificazione degli interlocutori, n a mio avviso la perdita del rapporto io - tu n come sostanza, n necessariamente come intensit. 307. Mentre le inibizioni bloccano l'impulso alla nascita, e in questo caso quindi non esiste il problema della scelta in quanto non c' neanche la tentazione, secondo Freud c un istanza psichica autonoma, il Superio, che attraverso i tab si contrappone agli altri impulsi, ostacolando cos la realizzazione di certi desideri, ma non al limite la loro manifestazione sintomatica come fantasie, atti mancati, e soprattutto inquietudine. Se questo da una parte pu sembrare un'inutile fonte di instabilit, in realt l'inquietudine spinge gli esseri umani sempre a nuove ricerche e a una continua sperimentazione, rappresentando in definitiva comunque una colonna portante di quell'universo che si alimenta della sublimazione degli impulsi insoddisfatti, cio la civilt, la quale risulta poi d'altra parte estremamente funzionale per la sopravvivenza della specie. Qui la funzione della sedia vuota appare evidente: se non si pu negoziare con la strada interrotta, si pu certamente lavorare alla costruzione di sentieri alternativi, dove l impulso vietato portatore di una energia indispensabile al cammino. 308. Per esempio, in varie specie animali l'incesto, cio le attivit sessuali con determinati componenti del gruppo di appartenenza, impedito da meccanismi inibitori programmati geneticamente. 309. Le specie costrette all'esogamia, che subiscono cio una pressione selettiva in questa direzione, sono dunque avvantaggiate per la sopravvivenza, dato che le inibizioni all'incesto sono una caratteristica evolutiva vincente sia per la possibilit di evitare l'eredit di difetti genetici che per la selezione di caratteri psichici utili. 310. Nell'organizzazione psichica umana in opposizione all'incesto si forma secondo Freud una vera e propria struttura, il Superio: Freud ritiene che il tema dell'incesto sarebbe proprio quello intorno al quale si sviluppa il senso morale degli

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esseri umani. La propriet primaria sarebbe quella del coniuge, l'omicidio primario quello a scopo di rapina (della propriet primaria), e chi in primo luogo sarebbe tentato a questo omicidio e a questa rapina sono i figli della coppia: l'affermazione della propriet coniugale e la rinuncia agli impulsi che la minacciano costituirebbero quindi l'atto di fondazione della civilt. 311. M. Cardinal, Le parole per dirlo, Ed. Tascabili Bompiani, Milano 2002. 312. M. Buber, Il principio dialogico, S. Paolo, Torino 1993. 313. I. Kant, Critica della ragion pura, Adelphi, Milano 1976. 314. H. Kohut, Narcisismo e analisi del S, Bollati Boringhieri, Torino 1980. 315. M. Montessori, Il Metodo della Pedagogia Scientifica applicato all educazione infantile nelle Case dei Bambini, Tip. Casa editrice S. Lapi, Citt di Castello 1909. 316. Dal punto di vista pratico l analisi del transfert si identifica poi col trattamento delle resistenze, e dal momento che queste sono direttamente proporzionali alla pressione che viene esercitata, in una terapia come la Gestalt a orientamento fenomenologico esistenziale, dove per principio si evita la pressione sul paziente, difficile trattare teoricamente questo concetto senza finire in un cul de sac. 317. Perls, Hefferline, Goodman, Teoria e pratica della psicoterapia della Gestalt, Astrolabio, Roma 1971. 318. D. W. Winnicott, Gioco e realt, Armando Armando, Roma 1974. 319. Abbastanza buona. 320. H. Searles, Il paziente borderline, Bollati Boringhieri, Torino 1988. 321. H. Kohut, Narcisismo e analisi del S, Bollati Boringhieri, Torino 1980. 322. Se da una parte si tratta di processi con un'alta dose di tossicit per la vita delle persone, dall'altra non bisogna dimenticare che sono anche situazioni altamente energetiche: nelle fissazioni infantili sono infatti presenti investimenti libidici di grande entit. 323. O. Kernberg, Teoria delle relazioni oggettuali e clinica psicanalitica, Bollati Boringhieri, Torino 1980. 324. Perls, Hefferline, Goodman, Teoria e pratica della psicoterapia della Gestalt, Astrolabio, Roma 1971. 325. Quello cio che richiede il livello pi basso di energia, cio insomma il punto in fondo alla discesa, dove rotolano naturalmente gli oggetti. 326. Per ragioni tecniche pu essere interessante distinguere fra un assenza di contatto primaria e una secondaria, intendendo per primaria quella riferita alle aree che sono escluse strutturalmente dal contatto, cio quelle che l io per ragioni storiche non in grado di controllare (aree scisse, aree rimosse, ipotesi morte), e per secondaria quella che avviene nel presente, attraverso il rifiuto delle informazioni destabilizzanti. L interesse per questa suddivisione dovuto al fatto che l'assenza secondaria di contatto un punto raggiungibile con manovre coscienti, e attraverso l elaborazione di questa si pu risalire poi a quella primaria. 327. Resta il problema di operare la ricucitura anche nella pratica, dove in realt ben pi complicato. 328. H. Kohut, Narcisismo e analisi del S, Bollati Boringhieri, Torino 1980. 329. M. e I. Polster, Terapia della Gestalt integrata, Giuffr editore, Varese 1986. 330. Difficolt cio nella struttura della personalit, come le fissazioni in fase orale e anale, gli investimenti narcisistici, ecc. 331. Lo sviluppo di capacit di fronte alle crisi. 332. Una modalit tecnicamente pi rigorosa quella di far doppiare solo il personaggio principale, cio quello di chi fa il regista, lasciando inalterato il resto della scena: in questo modo, non potendosi appoggiare all effetto sul mondo esterno, la ricerca si orienta verso l autosupporto di una soddisfazione interiore qualunque sia il risultato del comportamento. 333. S. Freud, L interpretazione dei sogni in Opere di S. Freud Op. comp. 12 vol, Bollati Boringhieri, Torino 1982. Conclusioni 334. J. Smuts, Holism and evolution, The Macmillan Company, New York 1926. 335. Magic Eye: a new way of looking at the wolrd, Thing Entreprises, 1993.

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336. K. Lorenz, L'etologia, Bollati Boringhieri, Torino 1980. 337. C. Darwin, L Evoluzione, Newton Compton, Roma 1994. 338. H. F. Harlow e M. K. Harlow, Social deprivation in monkeys, Sci. Am. 1962.H. 339. H. Mamblona Fischer, On the evolution of attachement behaviour in Attachment and human developpement vol 2 n02, 1/4/2000. 340. H. Maturana, Autopoiesi e cognizione, Marsilio, Venezia 1985. 341. K. Popper - J. Eccles, L'Io e il suo cervello, Armando ed., Roma 1986. 342. Come all interno di un segmento ci sono infiniti punti. 343. F. Nietzsche, L eterno ritorno, Monanni, Milano 1927. 344. A. Einstein, Il significato della relativit, Bollati Boringhieri, Bergamo 1979. 345. M. Merleau- Ponty, Fenomenologia della percezione, Il Saggiatore, Milano 1965. 346. M. Merleau- Ponty, L'aventure de la dialectique, Gallimard, Paris 1955. 347. N. Malcolm, Ludwig Wittgenstein, Bompiani, Milano 1988. 348. G. Vattimo, Il pensiero debole a cura di Vattimo e Rovatti, Feltrinelli, Milano 1983. 349. Nel pensiero forte l espressione significa equivalenza in senso matematico, come in una equazione: nel pensiero debole suona invece come se fosse, cio connette metaforicamente. 350. A. Machado, Poesias completas, Colleccin Austral, Madrid 1994. 351. F. Nietzsche, Il viandante e la sua ombra in Opere di F. Nietzsche, Adelphi, Torino 1967. 352. Una nuova velazione, un velo di Maia che nella sua contingenza si avvicina al qui e ora di chi esperisce. 353. Eschilo, Prometeo incatenato, Orsa Maggiore, Torriana 1989. 354. I. Kant, Critica della ragion pura, Adelphi, Milano 1976. 355. M. Erickson, Le nuove vie dell'ipnosi, Astrolabio, Roma 1978. 356. P. Watzlawick, Pragmatica delle comunicazioni umane, Astrolabio, Roma 1971. 357. A san Francesco, famoso per la sua pietas con gli animali, attibuito un episodio di bont, il bacio al lebbroso, che un evidente malinteso pietistico: le cronache raccontano che san Francesco era stato tormentato tutta la vita dallo spettro della lebbra, che era la sua maggiore prigione, e che quella volta, di fronte al lebbroso si rese probabilmente conto di come, se avesse buttato a mare la sua paura, sarebbe stato finalmente libero. In questa accezione baciare il lebbroso fu per lui la porta della libert, e non, o almeno non solo, un atto di compassione. 358. Don Giulio Facibeni, il fondatore della Madonnina del Grappa, un Opera Pia di Firenze. 359. M. Mancia, Wittgenstein e Freud, Bollati Boringhieri, Torino 2005. 360. M. Cacciari, Le icone della legge, Adelphi, Milano 1985. 361. M. Montinari, Che cosa ha detto Nietzsche, Adelphi, Milano 1999. 362. F. Nietzsche, Cos parl Zarathustra in Opere di F. Nietzsche, Adelphi, Torino 1967. 363. B. Croce, Estetica, Adelphi, Milano 1990. Appendice 364. H. Kohut, Narcisismo e analisi del S, Bollati Boringhieri, Torino 1980. 365. H. Maturana - Varela, Autopoiesi e cognizione, Marsilio, Venezia 2001. 366. De Santillana, nel Mulino di Amleto dimostra per esempio come la storia shakespeariana di Amleto adombri un mito ben pi antico, dietro il quale si intravede il complesso fenomeno della precessione degli equinozi, evidentemente gi noto a culture antichissime, anche se non dotate di strumenti di indagine di elevata tecnologia. 367. L evidenza per direbbe che si tratta del rovesciamento di una ben pi realistica verit: cos in cielo come in terra. Il mondo della trascendenza infatti per sua natura ineffabile, e pu prendere forma tramite accostamenti terreni: si tratta del linguaggio metaforico, che con il supporto del conosciuto si avventura nell inesplorato. 368. C. Naranjo, Nevrosi e carattere, Astrolabio, Roma 1996.

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369. Qui personalit usato nella stessa accezione in cui Jung usa il termine S. 370. Recentemente stata proposta la tesi che le tre piramidi della piana di Giza corrispondono per grandezza e posizione reciproca alle tre stelle della cintura di Orione (Bauval e Gilbert, Il mistero di Orione, Corbaccio editrice, Milano 1997). 371. H. Kohut, Narcisismo e analisi del S, Bollati Boringhieri, Torino 1980. 372. Cio il valore della forma. 373. Platone, La repubblica, Laterza, Bari 2003. 374. R. Cartesio, Discorso sul metodo, San Paolo, Roma 2003. 375. Aristotele, Organon, Adelphi, Milano 1989. 376. F. Brentano, La psicologia dal punto di vista empirico, Ed Laterza, Bari 1977. 377. E. Husserl, Idee per una fenomenologia e per una filosofia fenomenologica, Einaudi, Torino 1965. 378. J. Hillman, Puer aeternus, Adelphi, Milano 1999. 379. La capacit di accompagnare del rituale sta appunto nella contingenza della sua forma. Genuflettendosi, per esempio, si accompagna l esperienza di riconoscere la superiorit: questo rituale pu cambiare di forma mantenendo efficacia solo se lo si esegue in una maniera che sottolinei la stessa relazione. 380. C. Naranjo, Nevrosi e carattere, Astrolabio, Roma 1996. 381. E. Rubin, Visual perception essential reading, ed. Yantis, Psychology Press, Philadelphia 2001. 382. K. Marx, Il capitale, editori Riuniti, Roma 1994. 383. S. Freud, Il disagio della civilt, in vol. 10 p. 575 di Freud, Opere, ed. Bollati Boringhieri. 384. K. Horney, Autoanalisi, Astrolabio, Milano 1971. 385. H. Kohut, Narcisismo e analisi del S, Bollati Boringhieri, Torino 1980. 386. C. Naranjo, Nevrosi e carattere, Astrolabio, Roma 1996. 387. J. Bowlby, Costruzione e rottura del legame affettivo, Raffaello Cortina editore, Milano 1982. 388. Smettono facilmente di riconoscere come autorit persone che non soddisfano le loro aspettative. 389. Carattere, temperamento e atteggiamento sono termini che sono stati usati con molti significati diversi: vengono usati qui in una accezione specifica e funzionale a una pratica. 390. Non di rado riconoscibile il carattere gi nei primi mesi di vita, ed confermabile con il follow up, come ho avuto modo di sperimentare personalmente. 391. Per le correlazioni con il DSM confrontare Naranjo, Nevrosi e carattere, Astrolabio, Roma 1996. 392. Sempre in questa logica di gestione del potere, la funzione preminente non sempre mostra la sua vera faccia: pu benissimo travestirsi per imporre meglio la sua definizione della situazione. 393. Il famoso segreto di Pulcinella. 394. L attivit immaginativa, prodotta dal comportamento appetitivo che sempre cerca fonti di stimolo e quando non le trova se le crea, attiva tutte le funzioni psichiche: quella che gi tendeva al primo piano avoca a s la maggior parte delle fantasie e cos si autostimola continuamente. 395. Per i nomi delle virt e i numeri dei caratteri si fa riferimento a quelli proposti da Claudio Naranjo in Carattere e nevrosi.

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