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LUNIONE IN PENSIONE ANTICIPATA? LUnione in pensione anticipata?

Il rilancio di Re-Travicello Prodi sullanticipo della riforma previdenziale, prima ancora di aver concordato la cos detta fase due della manovra fiscale, serve evidentemente a porre i suoi maggiori alleati di fronte alla nuda realt, che impone a chi governa di passare dalle parole ai fatti, dopo linvito di Rutelli e Fassino a sostenere il rilancio economico del Paese. Del resto, come fa notare Alberto Alesina, sul Sole 24 Ore di gioved 26 ottobre, non forse vero che lItalia spende per pensioni pubbliche il 16% del suo Pil, tre punti in pi della media europea? Questo, unitamente al basso tasso di natalit, spiega molte cose, che riguardano sia la crisi delloccupazione giovanile, sia limpossibilit di garantire gli attuali trattamenti previdenziali a chi entri oggi nel mercato del lavoro italiano. E, su questi temi, Prodi dovr vedersela con lopposizione scontata della sinistra massimalista e dei sindacati, alienandosi, con ogni probabilit, il sostegno di cui ha finora beneficiato, nel varare la sua Finanziaria giustizial-populista. Poich, per, per nessun motivo lUnione pu andare in crisi proprio sul provvedimento-manifesto della sua politica sociale, come la manovra finanziaria di questa fine autunno, con ogni probabilit il rischio che sta correndo Prodi di andarsene proprio lui!- in pensione anticipata, potrebbe essere calcolato fino al millimetro, in quanto tendente ad obbligare i Partiti della maggioranza ad accettare il ricorso al voto di fiducia, previa riscrittura del decreto che anticipa la manovra in un articolo unico (pratica, questultima, al limite della costituzionalit!), contenente qualche centinaio di commi. Intanto, dietro al polverone sollevato da Prodi sulla riforma previdenziale, si intravedono gi le grandi strategie di fondo, che dividono la sinistra massimalista da quella riformista. Il primo scoglio riguarda il cos detto scalone, che consiste nellelevazione -a partire dal 1 gennaio 2008, cos come previsto dalla legge Maronidi 3 anni dellanzianit minima per andare in pensione, passando dagli attuali 57 a 60 anni, a condizione di aver maturato in entrambi i casi- unanzianit contributiva di 35 anni. Il secondo legato alla dinamica degli incentivi, intesa a prolungare pi o meno volontariamente lattivit lavorativa di coloro che abbiano gi maturato i requisiti per la pensione. Anche su questo punto, lUnione vede contrapposte al suo interno la componente riformista (non pregiudizialmente contraria alla meccanica dei disincentivi, intesa a scoraggiare con norme pi restrittive chi vada in pensione con let minima), e quella massimalista, che privilegia i soli sistemi incentivanti, di cui beneficiano quegli aventi diritto che scelgano volontariamente di prolungare la loro attivit lavorativa. Il terzo elemento del problema costituito dai cos detti lavori usuranti, che consentono di derogare dai limiti fissati dalla legge per i requisiti minimi di anzianit, ai fini della pensione. In tal senso, il Governo Prodi alla ricerca di una mediazione al suo interno, che consenta lindividuazione di una lista oggettiva dei lavori che debbono intendersi usuranti, a norma di legge. Anche in questo caso, ovviamente, corporazioni ed associazioni di categoria tendono ad allargare quanto pi possibile lelenco dei lavori usuranti, a beneficio dei propri affiliati. Lultimo ed il pi intricato nodo del problema risiede nellentit del passaggio temporale dal modello di pay-as-you-go (che rappresenta il sistema attuale, in cui chi ancora in attivit paga con i propri contributi la pensione a coloro che non lavorano pi, sperando di essere ricambiato quando un giorno toccher a lui lasciare il lavoro, per raggiunti limiti det. Com noto, tale modello entrato da tempo in crisi, a causa della bassa natalit e del mancato ricambio generazionale), a quello di fully-funded, che rappresenta il punto pi avanzato della previdenza integrativa, in cui ogni lavoratore, attraverso trattenute sul proprio salario, accantona un fondo, da utilizzare al momento in cui decider di lasciare lattivit lavorativa. Bench il modello fully-funded sia quello pi soddisfacente, sotto il profilo del risparmio previdenziale da parte dello Stato, rimane tuttavia quello pi a rischio, sotto il profilo sociale. Da un lato, infatti, i cos detti lavoratori-cicala potrebbero non risparmiare abbastanza durante la loro vita lavorativa, arrivando quindi allet della pensione senza fondi sufficienti, anche in

presenza di incentivi fiscali al risparmio pensionistico. Dallaltro, il lavoratore potrebbe incorrere molto facilmente in errori di investimento, per quanto riguarda la gestione del proprio fondo pensione. Per di pi, lo Stato dovrebbe comunque garantire, attraverso un fondo nazionale, finanziato dalla fiscalit, le fasce pi acute del disagio e della povert sociale, al fine di garantire una pensione minima agli indigenti. Ma, di tutto questo chi ne sta parlando seriamente, a destra come a sinistra? Roma, 27 ottobre 2006 Maurizio Bonanni

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